Hugo Von Hoffmansthal-Lettera Di Lord Chandos (Ein Brief)-Rizzoli (1974)

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Hugo von Hofmannsthal Lettera di Lord Chandos introdurne di C LAUDIO MAGRIS traducane di MARCA VIDUSSO FERIANI testo tedesco a fronte Biblioteca Universale Rizzoli

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Carta de Hugo von H.

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Hugo von Hofmannsthal

Lettera di Lord Chandos

introdurne di C L A U D I O MAGRIS

traducane di M A R C A VIDUSSO F E R I A N I

testo tedesco a f ronte

Bib l io teca Universa le Rizzol i

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Proprietà letteraria riservata ^ 195 1 by S. Fischer Verlag G m b H , Frankfurt am iMain

© 1974 R C S Rizzoli Libri S.p.A., Milano

I S B N 88-17-16546-8

Titolo originale dell'opera:

EIN BRIEF da: H. v. H . , Gesammelte Werhe in Ein^filauigaben. Prosa I I

prima edizione: aprile 1 9 74 terza edizione:giugno 1991

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L ' I N D E C E N Z A D E I S E G N I

La forza plastica, scrisse Hofmannsthal, ha le radici nella giustizia; i n nome d i quest'esigenza etica egli perseguì la compiutezza nel l imite e nel contorno, nella linea e nella chiarezza, inalzando i l senso della forma e della norma come un baluardo QQXUmJa se­duzione dell'ineffabile e dello j ^ ^ o . d i cui pure egli si era fatto .portavoce, nei suoi esordi straordinaria­mente precoci e pericolosi di ragazzo prodigio. I l caso Hofmannsthal resta infatti tra i più singolari della let­teratura europea per la sua folgorante ascesa e per la sua successiva e cauta correzione di rotta. Nato a Vienna nel 1874, sorprese già intorno al 1890 gl i ir­requieti e vivacissimi ambienti letterari della capitale absburgica (ormai avvolta dalle ombre del suo crepu­scolo) con delle liriche arcane e trasognate, pervase da una musicali tà estenuata e da un soffio di morte e d'abbandono; salito alla ribalta della fama con queste poesie scritte sui banchi di scuola e pubblicate con lo pseudonimo «Lor i s» , Hofmannsthal iniziava così una carriera pubblica di poeta adolescente ed eccezionale, carriera che avrebbe fatto di lui l 'amico-awersario di D 'Annunzio , i l librettista d i Richard Strauss, l 'inter­prete — smarrito eppur composto — dell'autunno della vecchia Austria e della vecchia Europa. Anziché

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bruciarsi in una genialità acerba ed inetta a crescere, Hofmannsthal si costrinse ad una rapida matur i tà ca­pace di arginare nell 'ordinato equilibrio e nella torn i ­ta armonia quella sensibi l i tà morbosa e decadente da cui egli stesso si sentiva incalzato.

Squisita voce dell'estetismo e del decadentismo, os­sia di forze tese a corrodere e a negare la società otto­centesca, Hofmannsthal riuscì a divenire anche i l poeta ufficiale e difensivo della sua compagine socia­le, dcWAustria fe/ix veneranda e dignitosa, gaudente e presaga della fine, amabile culla conservatrice dei p iù rivoluzionari fermenti della cultura dell'avvenire. Scrittore nato con la vocazione alla rottura e alla d i ­sgregazione, egli cercò instancabilmente di trasforma­re la moderni tà in tradizione e d i ricondurre ogni i n ­quietante passo verso Tgnoto nel solco rassicurante di un r e t a r l o familiare; alfiere della nuova letteratura, si pose volontariamente al margine del processo di rinnovamento radicale attuato dalla lirica europea. Coscienza turbata che si autocostringe ad entrare nei ranghi d'una nobile e vulnerabilissima conservazione spirituale, Hofmannsthal è anche un Rimbaud che r i ­prende — o continua — a scrivere dopo aver consta­tato la bancarotta della parola; è un poeta che dalla pagina bianca di una crisi della letteratura vissuta e sofferta nella persona ritorna, con garbo e ritegno, al­la pagina ornata.

La Lettera di Lord Chandos, che risale al 1902, costi­tuisce i l grado zero non già della scrittura, ma della poetica di Hofmannsthal; costituisce un manifesto del deliquio della parola e del naufragio dell ' io nel con­vulso e indistinto fluire delle cose non più nominabil i

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né dominabil i dal linguaggio; in tal senso i l racconto è

/la geniale denuncia di un'esemplare condizione nove­centesca. I l protagonista abbandona la vocazione e la professione di scrittore perché nessuna parola gli sem­bra esprimere la realtà oggettiva; i l segreto flusso del-la vita lo afferra e compenetra a tal punto che egli si smarrisce completamente negli oggetti, si dissolve in una rivelazione del Tut to che distrugge l 'unità della persona in un sussultante trascolorare di emozioni e reazioni. Con questo famoso racconto, considerato spesso quale un esempio del più esasperato impressio­nismo, Hofmannsthal va ben aldilà della trepida atr mosfera fin de siècle\e nel Colloquio con rubriaco d i Kafka, nel quale le cose non stanno più al loro posto e la lingua non le dice più, anche nella Lettera di Lord Chandos non si vuol tanto alludere all'ineffabilità del­l'esperienza individuale quanto indicare la necessità d'una letteratura non più limitata alla sfera della sen­sibilità soggettiva. Ciò che sconvolge i l giovane Lord e letterato non è i l silenzio della realtà, ma la simulta­nea moltepl ici tà delle sue voci, sempre pronte a mol­tiplicarsi ulteriormente; la penna dello scrittore non rimane interdetta dinanzi a un'opaca mancanza d i si­gnificato, ma viene invece sopraffatta dalla sfibrante e ininterrotta epifania che l'assale da tutte le parti. A n ­che i l giovane Tòrless d i Musi! s'accorge, nell 'omoni­mo romanzo del 1906, della «seconda vita delle cose, segreta e sfuggente», d i « u n a vita che non si esprime con le parole e che pure è la mia v i ta» ' : g l i oggetti hanno un'esigenza retrostante, annidata dietro la loro

' R. Musil: I turbamenti del giovane Tòrless, tr. di A. Rho, in R. Musil, Rac­conti e teatro, Tonno 1964,p. 150.

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facciata e sotto la loro superfìcie, ed è proprio l ' in tu i ­zione di questa seconda — o terza, o quarta — realtà che mette fuori gioco le possibilità del linguaggio. L'oggetto assume una dimensione mistica perché ogni sua componente (e tutte le altre che s'intravvedono dietro ad essa) viene inalzata a valore assoluto: in luo­go della banalità indifferenziata cara a tanta letteratu­ra della crisi, per la quale tutto è fungibile e non v i è nulla di essenziale, per Lord Chandos ogni min imo e fuggevole dettaglio è essenziale e insostituibile; è una sterminata congerie di realtà assolute a non permette­re la gerarchia, l'organizzazione e la selezione necessa­rie ad ogni operazione linguistica, espressiva o comu­nicativa. I l Lord si trova immerso in un universo ma­gico ed animistico, nel quale ogni oggetto (ed ogni sua vibrazione) è una presenza totale non suscettibile d'essere inquadrata e inglobata in una categoria supe­riore. G l i oggetti se ne stanno immot i e insieme reat­t iv i e scattanti; le cose più semplici e concrete — co­me un erpice o un annaffiatoio — diventano i canali o i recipienti d i una rivelazione così intensa da travol­gere la ragione individuale e i l suo linguaggio. A l l ' a r i ­stocratico Lord nutrito di cultura umanistica i l mondo si rivela non un cosmo gerarchicamente ordinato, bensì un brulicare di essenze incoercibili ad ogni si­stemazione, come nel pensiero sciamanico.

Nella rinuncia d i Lord Chandos alla letteratura si attua la dissoluzione del soggetto quale principio ordi­natore della realtà, quindi in pr imo luogo la crisi del soggetto poetico. N o n è un caso che in questa parabo­la della frantumazione della letteratura moderna i l protagonista che la esemplifìca sia un nobile. A diffe-

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renza di quanto accade in altre letterature europee, in quella austriaca i l declino dei valori individuali (ovve­ro lo sfacelo della ragione e del linguaggio tradiziona­li) non s'identifica col tramonto della civiltà borghese bensì con quello della civiltà aristocratica. I l ritardo col quale la cultura austriaca vive la crisi europea (affrontando i l tema del rapporto fra l'ethos indiv i ­duale e quello collettivo un secolo dopo Goethe) si converte i n posizione d'avanguardia: fin dall ' inizio la cultura^austriaca recepisce la civiltà borghese come d i ­sordine, anarchia, appiattimento orizzontale, rottura della totali tà organica, riduzione. Hofmannsthal insi­ste su questa dimensione aristocratica, sulla signorilità e sul garbato riserbo d i questo commiato dello scritto­re dalla parola; analoghe cadenze di reticenza e di al­lusiva oscurità possiede pure la Lettera deWultimo Conta-rin, altro documento d'una scelta hofmannsthaliana dell'ombra e del silenzio. De l resto anche i l Malte di Rilke, esempio radicale della nullificazione dell 'io , biografico e narrativo (totalmente scisso ed assorbito nelle cose irrelate e indecifrabili) è simbolicamente un aristocratico disgregato dalla realtà più brutalmen­te moderna, i l quale recupera una rigorosa oggettività esasperando sino all'autodistruzione la propria sogget­tività sensitiva. Impersonale apparato di registrazione del reale, Lord Chandos è anch'egli contrassegnato da una ipersensibilità che gl'impedisce qualsiasi distacco dall'esperienza e qualsiasi superamento del vissuto: ignara di nessi causali e di successione temporale, la sua coscienza vive soltanto in un'estensione spaziale che si dilata incessantemente, in una perfetta sincro­nia di eventi, sensazioni e pensieri ricondotti tut t i sul-

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/ > < n ^ £ d c l k ^ i m u l t a n c i t à ; egli non p u ò archiviare alcun attimo della sua vita, tutto continua a vivere in lui in un lancinante conflitto che minaccia d i far saltare le cerniere della sua personali tà , per Teccesso di laceran­t i contenuti che v i sono compressi. Lord Chandos v i ­ve cioè nella persona i l crollo delFordine, prima anco­ra di viverlo nella scrittura^jdecide perc iò d i sparire, di mimetizzarsi e dissimularsi nel silenzio. Nel s u ò ^ stupendo saggio Hofmannsthal e il suo tempo (ed. 1951) Hermann Broch vide nel poeta i l sintomo ed insieme la voce amaramente consapevole di un'epoca votata al vuoto di valori e alla fittizia copertura estetica di tale deserto, la testimonianza più tipica e più alta di una cultura tesa a celare le proprie scissioni col travesti­mento estetizzante ed eclettico ossia col Kitsch. N o n immune, prima e dopo questo racconto, dalle tenta­zioni della maschera, Hofmannsthal si libera proprio nella Lettera di Lord Chandos da ogni finzione, per de­nunciare la verità di uno scacco privo d' i l lusioni d i r i ­vincita.

Destituito della sua carica conoscitiva, Ìl segno linguistico diviene allora ostentazione e vani tà , esibi­zione imbarazzante: diviene indecente, come dice i l protagonista di una delle migliori commedie hofmann-sthaliane, / / difficile (1921) . Dopo la Lettera di Lord Chandos la sfiducia nei confronti del segno — o la r i ­volta contro di esso — sono divenute uno dei grandi temi ricorrenti della letteratura contemporanea: per Moosbrugger, nzWUomo seniza qualità d i Musi l (1930) , gli elastici allentati degli oggetti creano un groviglio irriducibile al discorso e tutt 'al più esprimibile i n una

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parola isolata, dai confini semantici estensibili a pia­cere; Clarisse, nel momento culminante della sua fol­lia, prescrive regole che impediscano la combinazione delle parole secondo le norme della sintassi e traccia dei segni assoluti che sono in realtà dei significanti p r iv i d i significati, pure espressioni senza contenuto. NcìVAuto da fé d i Canetti (1935) si procede ulterior­mente su questa strada: i l demente curato da Georges Kien indica i l medesimo oggetto con un termine ogni volta diverso, per non lasciarsi imprigionare dal pote­re della definizione fissa e immutabile; nel secondo dopoguerra la problematica della «Wiene r G r u p p e » riprende con accanimento questo motrvo: nella Testa di vitus hering (1965) Konrad Bayer sgretola l'architet­tura della frase per sgretolare i l predominio spirituali­stico del soggetto sulle cose e dunque una sintassi or­ganizzata in base alla supremazia dell ' io, mentre / / mi­glioramento della mitteleuropa d i Oswald Wiener (1969) si pone quale attacco frontale contro la menzogna lette­raria, quale furente sforzo di distruggerla per ritrova­re, oltre i l segno, l'immediatezza vitale.

Già ai suoi tempi, ed ancor giovane, Hofmannsthal si ritrasse da questo itinerario e sembrò talora tornare indietro, al lussureggiante istorismo camaleontico dei suoi Piccoli drammi drappeggiati i n panni rinascimenta­l i o medievaleggianti, abusando della propria versati­lità dispersiva e volgendosi ad una saggistica affabil­mente restaurativa o al mimetismo dei l ibrett i operi­stici capaci d i rifare i l verso alla ferinità arcaica come in Elettra (1903) ma anche di creare la malinconica e profonda grazia del Cavaliere della rosa (1911) . Ma aldi-

_ là d'ogni nostalgia tradizionalista continuava ad affio-

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rare la rivoluzionaria consapevolezza della fine e del­l'assenza: sulla composta bellezza della sua opera si stendono tragiche ombre di morte e di colpa come nel Racconto della 672° Notte o nella Storia di cavalleggeri (1904). E nel romanzo inconcluso Andrea o i ricongiun­ti, iniziato fra i l 191 2 e i l 19 1 3, si riaffaccia i l capola­voro innovatore. Frammentario ed esoterico eppure terso e trasparente, Andrea è la cronaca di un viaggio e di una vita, uno specchio in cui combaciano perfetta­mente realtà esterna e realtà interiore e i n cui si r i ­compongono tutte le scissioni della personali tà: un romanzo che scorre come un fiume dal perenne r in ­novamento, un fiabesco scenario settecentesco e ve­neziano, un cerchio magico che mira a rappresentare tutte le possibilità del reale e tutte le dimensioni del tempo, un tentativo — altissimo e vittorioso nella sua inevitabile incompiutezza — di afferrare la simulta­neità e la totalità della vita, quell'epifania globale che aveva sommerso e spezzato la coscienza e la penna d i Lord Chandos.

C L A U D I O MAGRIS

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C R O N O L O G I A D E L L A V I T A E D E L L E OPERE

1874 - 1° febbraio Nasce a Vienna Hugo von Hof­mannsthal. I n lui si uniscono, come scrisse H . Broch, due patrie: l'austriaca e la lombarda. G l i antenati d i parte paterna erano di origine boema e di religione ebraica; i l nonno, August Hofmann von Hofmann­sthal, aveva sposato la nobile milanese Petronilla Rho. Dal padre Hugo riceve una raffinata educazione aperta ai valori dell'arte, della musica, del teatro.

1890 Ancora ginnasiale — frequenta i l famoso « Akademisches G y m n a s i u m » di Vienna — comincia a conoscere i letterati che si incontravano nel Caffè Griensteidl, tra questi H . Bahr, A . Schnitzler, R. Beer-Hofmann. D i questi anni sono le sue prime poesie ap­parse, con lo pseudonimo Loris Mel ikow, nella « M o d e r n e R u n d s c h a u » d i Vienna. Hofmannsthal d i ­viene famoso per i brevi drammi in versi {Ieri, 1 8 9 1 , La morte di Tir^ano, ÌS92,1/folle e la morte, 1893) in cui si manifestano i temi cari al giovane precoce: arte, morte e preesistenza con una scrittura satura di musi^ calità e d i pienezza formale.

1897 Durante un viaggio in Italia, Hofmannsthal scrive d i getto opere teatrali (//piccolo teatro del mondo. Il

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ventaglio bianco. La donna alla finestra. Le no^ di Sobeide, L'imperatore e la strega); l 'anno successivo La donna alla finestra viene rappresentata alla «Fre ie B ù h n e » d i Ber­lino,

1899 Dopo essersi dedicato al l 'Universi tà soprat­tutto a studi d i filologia romanza, si laurea su proble­m i linguistici degli scrittori della Plèiade; ben presto desiste dal tentativo d i conseguire la libera docenza con l'opera Ueber die Entwicklung des Dichters V. Hugo (1901) .

1901-1902 Sposatosi con Gertrud Schlesinger, si ritira a vivere a Rodaun nei pressi d i Vienna come l i ­bero scrittore, interrompendo p e r ò i l suo soggiorno per numerosi v i a ^ i n Italia e i n Francia. A Rodaun Hofmannsthal ospita, nel 1901 e 1902, R, A . Schròder e R. Borchardt con i quali ha anche in se­guito intensi scambi epistolari ( i l carteggio con Bor­chardt apparve a Francoforte sul Meno presso l 'edito­re Fischer nel 1954). È del 1901-02 la grande crisi d i cui ci dà piena testi­monianza \2. Lettera di Lord Chandos.

1903-1907 G l i incontr i che Hofmannsthal ha.con Stefan George (a Monaco, a Rodaun, a Berlino) si protraggono, assidui, fino al 1906, anno i n cui avvie­ne tra i due la rottura per le profonde divergenze nella concezione dell'arte e del ruolo dell'artista. I n segui­to ai contatti con George e la sua cerchia, Hofmann­sthal fa pubblicare una scelta delle sue poesie pres-

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so le famose edizioni dei « Fogli per l'arte » (Blàtter Jur die Kunst, Berl in, 1903, 19042). collaborazione con i l regista M . Reinhardt porta nel 1903 alla rap­presentazione a Berlino di Elettra (pubblicata a Berli­no, Fischer, 1904) che ha un successo enorme. Se­guono nel 1906-07 le nuove edizioni, per i t ip i d i S. Fischer, dei Piccoli drammi (2 vol i . ) e degli Scritti in pro­sa, (2 vo l i . , i l 3'' volume è uscito nel 1918),

1911-1918 Intanto si fa sempre più intensa la col­laborazione con R. Strauss, per i l quale Hohmann-sthal scrive / / cavaliere della rosa ( 1 9 1 1 , rappresentato nello stesso anno a Dresda) e Arianna a Masso (1912, a Stoccarda). De l 1912 è altresì La vecchia leggenda di ognuno (prima rappresentazione a Berlino, nello stesso anno).

Fino allo scoppio della guerra Hofmannsthal alter­na soste a Rodaun a viaggi a Roma (con Strauss) e a Parigi, dove incontra Diaghilev per i l quale scrive la Leggenda di Giuseppe (prima rappresentazione a Parigi, con musiche d i Strauss, nel 1914). A l l o scoppio della guerra Hofmannsthal capisce subito quali minacce i n ­combono sulla vecchia Europa. Dopo un breve perio­do trascorso come ufficiale i n Istria è richiamato al Ministero della Guerra a Vienna, e i n quegli anni gli vengono affidate missioni politiche segrete in Belgio, Polonia, Scandinavia, e Svizzera.

Nel maggio 1918 i l viaggio che Hofmannsthal fa in Grecia in compagnia dell 'amico Harry Kessler è estremamente importante come dimostrano i Momenti in Grecia (usciti nel 1924).

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1919-1929 Calderón e i l teatro spagnolo del Ba­rocco costituiscono un costante interesse negli anni postbellici, e di una simbologia greve, impregnata d i moduli barocchi, sono i tardi drammi allegorici / / grande teatro dei mondo di Salisburgo ( iv i rappresentato nel 1922 — Hofmannsthal fu promotore dei festival sa-lisburghesi) e La torre (1925-27) . Quest 'ultimo viene rappresentato a Monaco e ad Amburgo (ma con l i m i ­tato successo) nel 1928, e nello stesso anno va in sce­na, a Dresda con musiche di Strauss, l'opera in due at­t i Elena Egizia. Non meno simbolica è La donna senz'om­bra (1919) , racconto i n prosa e opera, rappresentante la creatura umana alla ricerca della propria individua­lità.

La collaborazione con Strauss (per l'opera Arabelia) e i contatti con i l diplomatico e storico C. J. Burck­hardt durano fìno alla fine della sua vita.

Ancora a pochi mesi dalla morte egli p u ò rivedere l'amato paesaggio italiano: Ravenna, Firenze, i l Lago Trasimeno.

1929 - 15 luglio Due giorni dopo i l suicidio del f i ­glio Franz, e poco prima del suo funerale a Rodaun, Hofmannsthal muore colpito da un'emorragia cere­brale.

Tra le numerose opere postume varrà ricordare so­prattutto i l romanzo incompleto Andrea o i ricongiunti, apparso nel 19 3 2 a Berlino, ma a cui Hofmannsthal aveva posto mano già nel 1907, scrivendo poi nel 1912-13 l'unica parte compiuta dal t i tolo La meravi­

gliosa amica - La dama col cagnolino.

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T E S T I M O N I A N Z E E G I U D I Z I C R I T I C I

« I n quel giorno d'estate riattraversammo le ampie sa­le del castello — le gallerie di quadri, la sala da musi­ca, nella cui atmosfera aleggia ancora quella festosità che Hofmannsthal amava tanto e a cui aveva saputo dare forma così affascinante ncìVAvventuriero e nel Ca­valiere della rosa. Ma c'era nello stesso tempo la malin­conia della caducità. Osservammo i r i trat t i d i fami­glia, quello del principe Reuss, che ai tempi di Guy aveva vissuto molto a Parigi, nella tipica foggia civet­tuola del secolo. Poi entrammo nel parco. Sedevamo sotto i l grande castagno, i n lontananza i l paesaggio austriaco, e parlavamo delle tenute confinanti, specie del castello, per lu i sinistro, del conte W. con la rara collezione d i Donatello. Anche nella migliore atmo­sfera Hofmannsthal poteva sentire una branca diabo­lica che gl i mozzava i l fiato. Continuava a guardare con piacere i l gioco dei bambini sui vasti prati. Poi ar­rivò l 'automobile. Era sua caratteristica non amare commiati ripetuti . D i solito si separava anche dagli amici p iù i n t i m i con un addio rapido e quasi secco. Ma m i colse una strana malinconia al lorché dall'auto­mobile fece ancora un cenno verso di noi. C'era qual­cosa di definit ivo in questa partenza così come in que­sto giorno pur così raggiante... Al lora io non sapevo

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2. Lettera di Lord Chandos

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perché. » (Helene von Nostitz, Aus dem alien Europa, Menschen und Stàdie, Reinbek-Hamburg: Rowohlt , 1964,pp. 149-50; r ed., Leipzig, Insel, 1925.)

«Egli ha amato l'idea della morte assieme a quella della bellezza e della signorilità: fatto tipicamente au­striaco. La morte è presente in tutta la sua opera, an­che in quella lieta, e già l'adolescente, i l fanciullo di spirito principesco, l'ha definita i n versi "un grande Dio dell'anima". Ogni sua espressione melodica e pie­na di grazia — in prosa, in dialogo, in poesia — è i n ­trisa della bellezza di morte. » (Thomas Mann, In Me-moriam, « N e u e Freie Presse», 21 luglio 1929; cit. da H . von Hofmannsthal, Der Dichter im Spiegel der Freunde, hrsg. von H . A. Fiechtner, M ù n c h e n - B e r n , Francke, 1963, p. 287.)

« D o p o la morte del fedele e geniale Hugo von Hof­mannsthal dovetti ammettere con rassegnazione che la mia produzione operistica si era conclusa... Hof­mannsthal è stato l 'unico poeta che oltre a forza poeti­ca e a talento scenico possedesse quel grado d' imme­desimazione capace d'offrire a un compositore opere teatrali musicabili, di scrivere insomma un libretto adatto per la scena, di notevole valore letterario e, non meno, che si prestasse alla musica. Io ho fatto l 'occhiolino ai migl ior i poeti tedeschi, perfino a D'Annunzio, e sono entrato in trattative con loro (ripetutamente poi con G. Hauptmann); ma in cin-quant'anni ho trovato solo i l meraviglioso Hofmann­sthal. Egli non possedeva solo inventiva per soggetti musicali; sebbene poco musicale e, come Goethe, do-

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tato solo d i intuizione, egli aveva una sagacia davvero prodigiosa per ciò che rispondeva alle mie esigenze. » (Richard Strauss, Der Librettista dalle « N o t e Pos tume»; cit, da H . v. Hofmannsthal, Der Dichter im Spiegel der Freunde, cit., p. 241.)

« Incro l lab i lmente egli si è proteso a dare all'uomo una collocazione nel cosmo e a ricercare un equilibrio etico da ristabilirsi tra io e essere, perché la vita d i ­venti uni tar ietà . Con tutta la sua flessibilità austriaca la vita d i Hofmannsthal è un pezzo solo, immutabile; e ancor più lo è la sua crescita ininterrotta. A manife­starlo è l'opera saggistica, mostrando non solo l 'unita­rietà dei gruppi simbolici che fanno parte della co­stante problematica e, viceversa, ne sono l'ossatura; bensì anche la loro continua e sempre più libera evo­luzione (immune da ogni vizio allegorico) nella quale si rispecchia stilisticamente la crescita di tutta la sua personali tà. Ventitreenne, scrive nel 1896 di una no­vità (una raccolta d i schizzi di P. Altenberg): "Questo libello è dominato da forze misteriose come lo è i l grazioso magnete da potenze immani situate nel l ' in­certo". E nel 1929, i n un saggio, uno degli u l t imi e più bell i , sul bicentenario di Lessing, Hofmannsthal riprende la stessa immagine affermando del festeggia­to: "Eg l i è un'asta d'acciaio oscillante, fissa a uno zoc­colo di granito, all ' intelletto". Anche se Hofmann­sthal fu meno granitico, meno razionale del tedesco settentrionale, la frase resta sempre un'autoafferma­zione, e autoaffermazione è quella del 1896: l'una an­ticipa la sua uni tar ie tà , l'altra la conferma e in più, nella diversi tà della stilizzazione, mostra tutta la ric-

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chezza di sviluppo che una vita ebbe entro questo arco di tempo. » (H. Broch, Hofmannsthal und seine Zeit, cit. da H , B. Dichten und Erkennen, Essays Bd. I , Zùr ich , Rhein-Verlag, 1955, pp. 180-81.)

«Pare dischiudersi una prospettiva paralizzante: le due più forti potenze dell'epoca s'incontrano già sulla soglia della vita. "Una grande e significativa alleanza degli spir i t i" , ecco quello che George vede delinearsi. Egli è pronto a spartire i l regno, offre a Hofmannsthal una sorta di condominio onde imporre una "salutare dittatura" alle lettere tedesche: possibilità enorme, an­data perduta solo per la tenace resistenza dell'austria­co, per la sua irresolutezza, per la sua incertezza. Ma no, non era una possibilità e tanto meno era da augu­rarsela. A quel tempo la parola "dittatura" aveva an­cora un suono innocente, eppure Hofmannsthal non fu mai capace di pensare in termini di dominio e di violenza. Per voler seguire George, Hofmannsthal avrebbe dovuto rinunciare alla sua natura e alle sue convinzioni circa una diversa idea del poeta e del suo compito, idea secondo noi più umana, certo più com­plessa da formulare e più difficile da mettere in atto: di fronte all'autoritario aut-aut di George essa poteva sembrare perdente. Ancora una volta si fronteggiaro­no idea eroica e idea umana del mondo. I l dilemma era se i l poeta avesse i l dir i t to di sentirsi migliore o comunque diverso dal resto degli uomini , o se anche a lui fosse imposto di essere come tut t i gli altri . » (R. Alewyn, Hofmannsthal und St. George (1954), cit. da H . von Hofmannsthal, Der Dichter im Spiegel der Freunde, cit . ,pp. 296-97.)

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« N o n bisogna disconoscere la brama di felicità ispira­trice di quello snob che dall 'ambito della vita pratica cerca di evadere in un ambito sociale che sembra pro­fondamente affìne allo spirito nel rifiuto dell 'utilità. Le fanciulle che appaiono nelle poesie di Hofmann­sthal non si potevano certo trovare nel ceto medio. Ma lo spirito che si impegna in quelle avventure nel­l'alta società non ha vita facile. Esso non può accon­tentarsi dello splendore della bella vita, e in mezzo ad esso deve ripetere l'esperienza del "non è questo", dalla quale si era allontanato. Proust è l 'unico che sia riuscito a rendere questo. Le sue fotografie giovanili assomigliano a quelle di Hofmannsthal, come se la storia avesse progettato due volte, in due diversi luo­ghi, lo stesso esperimento. Con Hofmannsthal esso è fallito. L'intellettuale che, accompagnato da cani sal­tellanti, si dedica a liete cacce, oppure si propone molte "cavalcate nel crepuscolo, nel vento e al lume delle stelle", è difficile che si senta a suo agio. Lo spi­ri to viene accettato in società a prezzo della sua auto­denuncia. Al le simpatie boeme d i Hofmannsthal cor­risponde i l fatto che quest'uomo socievole si studia nascostamente d i tenersi lontano da altri intellettuali. Nel suo paradis artificiel non dominano né un Bergotte né un Elstir: "Purtroppo la società che frequento è talmente illetterata che non so proporle nessun colla­boratore da prendersi sul serio". (Th. W. Adorno, Pri- yC smi. Saggi sulla critica della cultura, Torino, Einaudi, 1972, pp. 197-98.)

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B I B L I O G R A F I A

Ein Brief (è questo i l t i tolo originario della Lettera di Lord Chandos) apparve a Berlino in « D e r T a g » (n. 489 e 491 del 18 e 19 ottobre 1902). E n t r ò poi a far par­te del volume Das Màrchen der 6 72. Nacht und andere Er-zahiungen (Wien-Leipzig, 1905) e, in seguito, della p r i ­ma parte degli scritti i n prosa (Berlin, Fischer, 1907). Si può trovare ora alle pp. 7-22 di Hugo von Hof­mannsthal, Gesammelte Werke in Eintt^lausgaben, Prosa I I , Frankfur t /M. Fischer, 1951 . Questa edizione in 1 5 volumi (tutti presso l'editore Fischer d i Francoforte) è la più completa esistente. Ma la mancanza di un appa­rato critico e di varianti rende insostituibili, per studi approfonditi, le prime edizioni se non i manoscritti dell'autore. G l i inediti d i Hofmannsthal sono ora di proprietà della Houghton Library (Harvard Univer­sity, USA); dalla metà degli anni '60 i l «Freies Deut-sches Hochstif t» di Frankfur t /M. ha in programma un'edizione storico-critica da affidare a più curatori (cfr. D . Lùders , Die Kritische Ausgabe Sàmtlicher Werke Hugo von Hofmannsthals, i n «Jahrbuch fùr Internationale Germanis t ik» , Jahrgang I , 1969, Bad Homburg v.d.H., 1969, pp. 169-180). Esiste una H.v.H.-Ge-sellschaft a Frankfur t /M. che pubblica i Hofmannsthal-Blàtter.

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Per le traduzioni italiane si ricorderà Hugo von Hofmannsthal, Narra^doni e Poesie, a cura di Giorgio Zampa, Milano, Mondadori , 1972: antologia densa, che compendia decenni di v ivo interesse in Italia per l'autore austriaco con versioni di G. Bemporad, E. Croce, G. Pintor, E Pocar, O. Schanzer, L . Traverso.

Tra gl i studi specifici su Ein Brief sì potranno ve­dere: H . S. Schultz, Hofmannsthal and Bacon. The sources of the Chandos Letter, i n «Compara t ive Li terature», X I I I (1961) , pp. 1-15; G. Wunberg, F. Bacon. Der Empfànger des Lord Chandos Briefs von Hugo von Hofmann­sthal, i n « G e r m a n Life and Let ters» , X V (1962) , pp. 194-201 ; Id . , Rationale Epiphanie. Der Brief des Lord Chandos, in G. W., Der fruhe Hofmannsthal, Stuttgart, Kohlhammer, 1965, pp. 106-11 7; R. Tarot, Hugo von Hofmannsthal. Daseinsformen und Dichterische Struk-tur, Tiibingen, Niemeyer, 1970.

Una bibliografia pressoché completa fino al 1963 è stata raccolta da H . Weber, Hugo von Hofmannsthal. BÌ-bliographie des Schrifttums 1892-1963, Berlin, De Gruyter, 1966 con gl i indici delle prime e successive edizioni, delle traduzioni, degli epistolari pubblicati e della critica.

Tra g l i scritti d i carattere generale varrà ricordare i l famoso saggio di Hermann Broch {Hofmannsthal und

^ seine Zeit in H . Broch, Dichten und Erkennen, Essays Bd. I , Z u r i c h , 1955, pp. 43-181) , scritto nel 1949-50, in cui i l discorso su Hofmannsthal s'innesta sul proble­ma, caro all'autore, della decadenza dei valori e sui conflit t i tra concezione etica ed estetica della vita e dell'arte nel l 'e tà contemporanea. Stimolanti sono i saggi che R. Alewyn , uno dei migl ior i studiosi di Hof-

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mannsthal, ha scritto in un lungo arco di anni e poi raccolto nel volume Ueber Hugo von Hofmannsthal, Gòttingen, Vandenhoeck und Ruprecht, 1958 (1963^). Altre opere importanti sono: W. Jens, Hofmannsthal und die Griechen, Tiibingen, Niemeyer, 1955; M . Marianel-l i , Hugo von Hofmannsthal. La «pre-esistenza», Pisa, N i -stri-Lischi, 1963; M . Hoppe, Literatentum, Magie und Mystik im Friihwerk H.v.-H.s. Berlin, De Gruyter, 1968; E. Kobel, Hv.H Berlin, De Gruyter, 1970; R. Tarot, H.V.H., cit. Si confrontino anche i capitoli de­dicati a Hofmannsthal da A, Pellegrini, Novecento tede­sco, Milano-Messina, Principato, 1942 (pp. 29-50); da C. Magris, / / mito absburgico nella letteratura austriaca moderna, Torino Einaudi, 1963 (pp. 235-255) e da L . Mittner, Storia della letteratura tedesca. Da l Realismo alla Sperimentazione (1820-1970) , tomo I I , Torino, E i ­naudi, 1971 (pp. 978-1015) .

Una panoramica degli studi su Hofmannsthal nel periodo 1934-1963 ci viene offerta dall'antologia a cura di S. Bauer (Darmstadt, Wissenschaftliche Buch-gesellschaft, 1968); G. Wunberg ha curato i l volume Hofmannsthal im Urteil seiner Kritiker. Dokumente z^r Wir-kungsgeschichte H.v.H.s., Frankfur t /M. , Athenaeum, 1972, raccogliendo saggi scritti dal 1892 al 1 9 5 1 .

Sempre utile è i l volume di ricordi: H . A. Fiech­tner (Hrsg.), H.v.H. Der Dichter im Spiegel der Freunde, Bern-Mùnchen , Francke, 1963^ I l curatore v i ha premesso una pregevole biografia alle pp. 5-33.

La cronologia, i documenti, la bibliografia e le iliustratàoni sono a cura di Emilio Bonfatti.

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Il giovane Hugo von Hofmannsthal. Litografia di K a r l Bauer. (Da A. Soergel - C . Hohoff, Dichtung und Dichter der Zeit. Vom Na-turalismus bis zur Gegenwart, parte I , Dusseldorf, Bagel-Verlag, 1961, p. 449.)

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T H R / I N I - N

L O R I S

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Terzina II, composizione del giovane Hofmannsthal (Loris) ap­parsa nella rivista « P a n » (1895) con le illustrazioni E . R . Weiss. (Da A. Soergel - C . Hohoff, op. cit., p. 454.)

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Una delle quattro silografie di E . G . Cra ig per la prima edizione de // ventaglio bianco {Der weisse Fàcher, Leipzig. Insel, 1907). I l breve dramma in versi, però, era stato scritto da Hofmannsthal nel 1897, in Italia. ( D a A. Soergel - C . Hohoff, op. cit., p. 464.)

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Frontespizio di Ein Brief, apparso per la prima volta nel volume: H . von Hofmannsthal, Das Màrchen der dll. Nacht und andere Erzàhlungen 1.-5. Tausend, Wien-Leipzig. 1905. L a Lettera era stata già pubblicata nel 1902 su un giornale di Berlino. L a riproduzione di questo frontespizio ci è stata gentilmente forni­ta dalla redazione della « Kritische Hofmannsthal-Ausgabe » presso il « Freies Deutsches Hochstift » di Frankfurt am Main .

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Frontespizio di K a r l Walser per la prima edizione del Cavaliere della rosa (Berlin, Fischer, 1911); una delle opere più famose di Hofmannsthal, musicata da R. Strauss. L a prima rappresentazio­ne avvenne a Dresda nel 1911. (Da A. Soergel - C . Hohoff, op. ctt.,p. Ali.)

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Modello scenico di Rudolf Heinrich per il H atto del Cavaliere della rosa. ( D a Hofmannsthal-Blàtter, Heft 7, 1971, Heidelberg, Stiehm-Verlag, 1971,p.79.)

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L E T T E R A D I L O R D C H A N D O S

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E I N BRIEF

Dies ist der Brief, den Philipp Lord Chandos, jüngerer Sohn des Earl of Bath, an Francis Bacon, später Lord Verulam und Viscount St. Albans, schrieb, um sich bei diesem Freunde wegen des gänzlichen Verzichtes auf literarische Betätigung zu entschuldigen.

Es ist gütig von Ihnen, mein hochverehrter Freund, mein zweijähriges Stillschweigen zu übersehen und so an mich zu schreiben. Es ist mehr als gütig, Ihrer Besorgnis um mich, Ihrer Befremdung über die geistige Starrnis, in der ich Ihnen zu versinken scheine, den Ausdruck der Leichtigkeit und des Scherzes zu geben, den nur große Menschen, die von der Gefährlichkeit des Lebens durchdrungen und dennoch nicht entmutigt sind, in ihrer Gewalt haben.

Sie schließen mit dem Aphorisma des Hippokrates: t Qui gravi morbo correpti dolores non sentiunt, iis mens aegrota t» und meinen, ich bedürfe der Medizin nicht nur, um mein Übel zu bändigen, sondern noch mehr, um meinen Sitm für den Zustand meines Innern zu schärfen. Ich möchte Ihnen so ant­worten, wie Sie es um mich verdienen, möchte mich Ihnen ganz aufschließen und weiß nicht, wie ich mich dazu nehmen soll. Kaum weiß ich, ob ich noch derselbe bin, an den Ihr kostbarer Brief sich wendet; bin denn ichs, der nun Sechsund-zwanzigjährige, der mit neunzehn jenen « neuen Paris », jenen

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UNA LETTERA

Questa è la lettera che Lord Philipp Chandos, i l figlio minore dell'Earl di Bath, scrisse a Francesco Bacone, che fu poi Lord Verulam e Visconte di Saint Alban, per giustificarsi con l'a­mico delia propria totale rinuncia all'attività letteraria.

È gran bontà da parte vostra, riverito amico, sorvolare sul mio silenzio di due anni, e scrivermi. Bontà anche più grande, dare alla vostra apprensione per me, al vostro stupore per l'inerzia spirituale in cui vi appaio calato, quell'espressione di lievità e di scherzo che è dote esclusiva dei grandi uomini, i quali siano colpiti ma non scorati dalla perigliosità della vita.

Voi concludete con l'aforisma di Ippocrate: «Qui gravi morbo correpti dolores non sentiunt, iis mens aegrotat », e giudicate che io abbia bisogno della scienza medica non sol­tanto per contenere i l mio male, ma più ancora per rendermi avvertito delle condizioni del mio spirito. Vorrei rispondervi nel modo che nel vostro interesse per me vi meritate, vorrei aprirmi completamente con voi, e non so come riuscirvi. Non so per certo, se sono ancora quel medesimo, cui è rivolta la vostra preziosa lettera; poiché, sono io oggi, a ventisei anni, lo stesso del diciannovenne che scrisse quel « nuovo Paride >,

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3. I^/tera di Lord Chandos

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« Traum der Daphne », jenes < Epithalamium » hinschrieb, diese unter dem Prunk ihrer Worte hintaumelnden Schäfer­spiele, deren eine himmlische Königin und einige allzu nach­sichtige Lords und Herren sich noch zu entsinnen gnädig genug sind? Und bin ichs wiederum, der mit dreiundzwanzig unter den steinernen Lauben des großen Platzes von Venedig in sich jenes Gefüge lateinischer Perioden fand, dessen geistiger Grundriß und Aufbau ihn im Innern mehr entzückte als die aus dem Meer auftauchenden Bauten des Palladio und San-sovin? Und konnte ich, wenn ich anders derselbe bin, alle Spuren und Narben dieser Ausgeburt meines angespanntesten Denkens so völlig aus meinem unbegreiflichen Innern ver­lieren, daß mich in Ihrem Brief, der vor mir liegt, der Ti tel jenes kleinen Traktates fremd und kalt anstarrt, ja daß ich ihn nicht als ein geläufiges Bild zusammengefaßter Worte sogleich auffassen, sondern nur Wor t für W o r t verstehen konnte, als träten mir diese lateinischen Wörter , so verbunden, zum ersten Male vors Auge? Allein ich bin es ja doch und es ist Rhetorik in diesen Fragen, Rhetorik, die gut ist für Frauen oder für das Haus der Gemeinen, deren von unserer Zeit so überschätzte Machtmittel aber nicht hinreichen, ins Innere der Dinge zu dringen. Mein Inneres aber m u ß ich Ihnen darlegen, eine Sonderbarkeit, eine Unart, wenn Sie wollen eine Krankheit meines Geistes, wenn Sie begreifen sollen, daß mich ein ebensolcher brückenloser Abgrund von den scheinbar vor mir liegenden literarischen Arbeiten trennt als von denen, die hinter mir sind und die ich, so fremd sprechen sie mich an, mein Eigentum zu nennen zögere.

Ich weiß nicht, ob ich mehr die Eindringlichkeit Ihres Wohlwollens oder die unglaubliche Schärfe Ihres Gedächt­nisses bewundern soll, wenn Sie mir die verschiedenen kleinen

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quel «Sogno di Dafne», quell'* Epitalamio », quei diverti­menti pastorali ebbri di parole pompose, che una celeste re­gina e alcuni lord e signori troppo indulgenti hanno la bontà di ricordare ancora? E poi, sono proprio io quello che a venti­tré anni, sotto i loggiati di pietra della piazza grande di Ve­nezia, trovò in sé quell'intreccio di periodi latini i l cui disegno astratto e la cui costruzione gli suscitarono nell'animo un entusiasmo più grande che non gli edifìci del Palladio e del Sansovino sorgenti dal mare? E ho potuto, se pure sono quel medesimo, smarrire cosi totalmente nel mio animo incom­prensibile ogni traccia e segno di questo frutto del mio più impegnato intelletto, al punto che dalla vostra lettera che mi sta sotto gli occhi, i l titolo di quel piccolo trattato mi guarda estraneo e freddo, e addirittura non sono riuscito ad afferrarlo subito come una scorrevole composizione di parole luna con­nessa all'altra, ma ho potuto intenderlo solo parola per parola, quasi che quei vocaboli latini cosi congegnati si presentassero per la prima volta ai miei occhi? Eppure sono proprio io, e questi interrogativi sono retorica, retorica che è buona per le donne o per la Camera dei Comuni, i cui strumenti di potere, tanto sopravvalutati ai nostri giorni, non giungono tuttavia a penetrare nell'essenza delle cose. Ma devo palesarvi i l mio animo, una stranezza, una insofferenza, se volete ima malattia del mio spirito, per portarvi a capire come un abisso egual­mente insuperabile mi divide dai lavori letterari che apparen­temente mi si prospettano dinanzi, come da quelli che mi sono alle spalle, e che esito a definire miei, tanto estraneo è i l lin­guaggio che essi mi parlano.

Non so se devo ammirare di più l'intensità della vostra benevolenza o l'incredibile acutezza della vostra memoria,

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Pläne wieder hervorrufen, mit denen ich mich in den gemein­samen Tagen schöner Begeisterung trug. Wirkl ich , ich wollte die ersten Regierungsjahre unseres verstorbenen glorreichen Souveräns, des achten Heinrich, darstellen! Die hinterlassenen Aufzeichnungen meines Großvaters, des Herzogs von Exeter, über seine Negoziationen mit Frankreich und Portugal gaben mir eine Ar t von Grundlage. Und aus dem Sallust floß in jenen glücklichen, belebten Tagen wie durch nie verstopfte Röhren die Erkenntnis der Form in mich herüber, jenertiefen, wah­ren, inneren Form, die jenseits des Geheges der rhetorischen Kunststücke erst geahnt werden kann, die, von welcher man nicht mehr sagen kann, daß sie das Stoffliche anordne, denn sie durchdringt es, sie hebt es auf und schafft Dichtung und Wahr­heit zugleich, ein Widerspiel ewiger Kräfte, ein Ding, herrlich wie Musik und Algebra. Dies war mein Lieblingsplan.

Was ist der Mensch, daß er Pläne macht! Ich spielte auch mit anderen Plänen. Ihr gütiger Brief läßt

auch diese heraufschweben. Jedweder vollgesogen mit einem Tropfen meines Blutes, tanzen sie vor mir wie traurige Mük-ken an einer düsteren Mauer, auf der nicht mehr die helle Sonne der glücklichen Tage liegt.

Ich wollte die Fabeln und mythischen Erzählungen, welthe die Alten uns hinterlassen haben, und an denen die Maler und Bildhauer ein endloses und gedankenloses Gefallen finden, aufschließen als die Hieroglyphen einer geheimen, unerschöp­flichen Weisheit, deren Anhauch ich manchmal, wie hinter einem Schleier, zu spüren meinte.

Ich entsinne mich dieses Planes. Es lag ihm ich weiß nicht welche sinnliche und geistige Lust zugrunde: Wie der gehetzte Hirsch ins Wasser, sehnte ich mich hinein in diese nackten, glänzenden Leiber, in diese Sirenen und Dryaden, diesen Nar-

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quando mi rammentate gii svariati piccoli progetti che mi dilettavano nei giorni della nostra bella esaltazione. È vero, intendevo narrare i primi anni di regno del defunto nostro glorioso sovrano Enrico V i l i ! Le annotazioni lasciate da mio nonno, i l duca di Exeter, intorno ai suoi negoziati con la Francia e i l Portogallo mi costituivano una sorta di avvio. E da Sallustio fluiva in me in quei giorni felici e vividi, come da inesausti canali, la individuazione della forma, di quella profonda, vera, intima forma, che si può intuire solo di là dal gioco degli artifizi retorici, quella di cui nulla più si può dire, se non che ordina la materia che essa penetra, la eleva e

^ genera a un tempo poesia e verità, un contrappunto di forze eterne, una cosa meravigliosa come la musica e l'algebra. Questo era i l mio progetto più caro.

Ma chi è l'uomo, per poter fare progetti! Anche con altri propositi mi trastullavo. La vostra buona

lettera l i fa pur essi riaffiorare. Benché nutriti di una goccia del mio sangue, l i vedo ballare come meste zanzare contro un fosco muro, su cui non posa più i l chiaro sole dei giorni felici.

Le favole e i racconti mitici che gli antichi ci hanno tra­mandato e in cui i pittori e gli scultori trovano un piacere infinito e spensierato, io l i volevo dispiegare come i gerogli­fici di una misteriosa, inesauribile saggezza, di cui talvolta mi pareva di avvertire l'afflato, come dietro un velame.

Ricordo quel progetto. Alla base gli stava non so quale voglia sensuale e spirituale: come nell'acqua i l cervo inse­guito, così io anelavo di immergermi in quei corpi nudi e splendenti, in quelle Sirene e Driadi, Narciso e Proteo, Perseo

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cissus und Proteus, Perseus und Aktäon: verschwinden wollte ich in ihnen und aus ihnen heraus mit Zungen reden. Ich wollte. Ich wollte noch vielerlei. Ich gedachte eine Sammlung « Apophthegmata» anzulegen, wie deren eine Julius Cäsar verfaßt hat: Sie erinnern die Erwähnung in einem Briefe des Cicero. Hier gedachte ich die merkwürdigsten Aussprüche ne­beneinanderzusetzen, welche mir im Verkehr mit den gelehr­ten Männern und den geistreichen Frauen unserer Zeit oder mit besonderen Leuten aus dem Volk oder mit gebildeten und ausgezeichneten Personen auf meinen Reisen zu sammeln ge­lungen wäre; damit wollte ich schöne Sentenzen und Refle­xionen aus den Werken der Alten und der Italiener vereinigen, und was mir sonst an geistigen Zieraten in Büchern, Hand­schriften oder Gesprächen entgegenträte; ferner die Anord­nung besonders schöner Feste und Aufzüge, merkwürdige Verbrechen und Fälle von Raserei, die Beschreibung der größ­ten und eigentümlichsten Bauwerke in den Niederlanden, in Frankreich und Italien und noch vieles andere. Das ganze Werk aber sollte den Titel Nosce te ipsum führen.

Um mich kurz zu fassen: Mi r erschien damals in einer Art von andauernder Trunkenheit das ganze Dasein als eine große Einheit: geistige und körperliche Wel t schien mir keinen Gegensatz zu bilden, ebensowenig höfisches und tierisches Wesen, Kunst und Unkunst, Einsamkeit und Gesellschaft; in allem fühlte ich Natur, in den Verirrungen des Wahnsinns ebensowohl wie in den äußersten Verfeinerungen eines spani­schen Zeremoniells; in den Tölpelhaftigkeiten junger Bauern nicht minder als in den süßesten Allegorien; und in aller Na­tur fühlte ich mich selber; wenn ich auf meiner Jagdhütte die schäumende laue Milch in mich hineintrank, die ein struppi­ges Mensch einer schönen, sanftäugigen Kuh aus dem Euter

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e Atteone: volevo scomparire in essi, ed in essi esprimermi. Lo volevo. Volevo anche tante altre cose. Pensavo di fare una raccolta di « Apophthegmata », sull'esempio di Giulio Cesare: ricordate la citazione in una lettera di Cicerone. Intendevo riunirvi i detti più straordinari che mi fosse capitato di cogliere nella consuetudine con gli uomini dotti e le dame d'ingegno del nostro tempo, o con qualche personaggio singolare del popolo o con persone istruite ed eccellenti incontrate nei miei viaggi; volevo aggiungervi belle sentenze e riflessioni tratte dalle opere degli antichi e degli italiani, e tutto quanto mi apparisse atto ad abbellire lo spirito, fosse tolto da libri, mano­scritti o dialoghi; inoltre i l resoconto di splendide feste e cortei, di crimini nefandi e casi di follia, la descrizione degli edifici più imponenti e caratteristici d'Olanda, di Francia, d'Ita­lia, e altro ancora. Però l'opera nel suo insieme doveva recare i l titolo Nasce te ipsum.

Per farla breve: allora, in una sorta di costante ebbrezza, tutto quanto esiste mi appariva come una grande unità: il mondo spirituale e quello fisico non mi sembravano giustap­porsi, né l'essere cortese e quello animale, né l'arte e la non arte, la solitudine e la compagnia; in tutto io sentivo la na­tura, nelle deviazioni della follia come nelle estreme raffina­tezze di un cerimoniale spagnolo; nelle goffaggini di giovani contadini, non meno che nelle più dolci allegorie; e in tutta quanta la natura io sentivo me stesso; quando nella mia ca­panna di caccia tracannavo i l tiepido latte schiumante che un uomo irsuto mungeva in un secchio di legno da una bella

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in einen Holzeimer niedermolk, so war mir das nichts anderes, als wenn ich, in der dem Fenster eingebauten Bank meines Studio sitzend, aus einem Folianten süße und schäumende Nahrung des Geistes in mich sog. Das eine war wie da^ andere; keines gab dem andern weder an traumhafter überirdischer Natur, noch an leiblicher Gewalt nach, und so gings fort durch die ganze Breite des Lebens, rechter und linker Hand; überall war ich mitten drinnen, wurde nie ein Scheinhaftes gewahr: Oder es ahnte mir, alles wäre Gleichnis und jede Kreatur ein Schlüssel der andern, und ich fühlte mich wohl den, der im­stande wäre, eine nach der andern bei der Krone zu packen und mit ihr so viele der andern aufzusperren, als sie aufsperren könnte. Soweit erklärt sich der Titel, den ich jenem enzyklo­pädischen Buche zu geben gedachte.

Es möchte dem, der solchen Gesinnungen zugänglich ist, als der wohlangelegte Plan einer göttlichen Vorsehung er­scheinen, daß mein Geist aus einer so aufgeschwollenen An­maßung in dieses Äußerste von Kleinmut und Kraftlosigkeit zusammensinken mußte, welches nun die bleibende Verfassung meines Innern ist. Aber dergleichen religiöse Auffassungen haben keine Kraft über mich; sie gehören zu den Spinnennet­zen, durch welche meine Gedanken hindurchschießen, hinaus ins Leere, während soviele ihrer Gefährten dort hangenbleiben und zu einer Ruhe kommen. Mi r haben sich die Geheimnisse des Glaubens zu einer erhabenen Allegorie verdichtet, die über den Feldern meines Lebens steht wie ein leuchtender Regen­bogen, in einer stetigen Ferne, immer bereit, zurückzuweichen, wenn ich mir einfallen ließe hinzueilen und mich in den Saum seines Mantels hüllen zu wollen.

Aber, mein verehrter Freund, auch die irdischen Begriffe entziehen sich mir in der gleichen Weise. Wie soll ich es ver-

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mucca dall'occhio dolce, provavo la stessa sensazione di quan­do, seduto sulla panca inserita nella finestra del mio studio, cavavo da uno scrirto dolce e schiumante nutrimento al mio spirito. Una esperienza valeva l'altra; una non era inferiore all'altra né nell'energia vitale né nel carattere onirico sopran­naturale, e cosi era per tutto quanto la vita abbracciava, da ogni lato; in tutto ero coinvolto profondamente, mai mi avvidi di una parvenza fallace. Oppure intuivo che tutto era identità, e ogni creatura la chiave per un'altra, e mi sentivo come colui che doveva essere in grado di afferrarle una dopo l'altra e di schiuderne tante altre con essa, quante quella ne potesse dis­serrare. Così si spiega i l titolo, che avevo in animo di dare a quel libro enciclopedico.

Chi fosse incline a tale modo di sentire, dovrebbe giudi­care saggio piano di una provvidenza divina il fatto che il mio spirito fosse destinato a cadere da una cosi gonfia presun­zione a questo estremo di scoramento e di debolezza, che è ora lo stato permanente dell'animo mio. Ma tali concezioni religiose non hanno alcuna presa su di me; appartengono alle tele di ragno attraverso le quali i miei pensieri si liberano nel vuoto, mentre tanti altri vi rimangono imprigionati e giun­gono a una quiete. I misteri della fede si sono composti per me in una nobile allegoria che posa sopra la distesa della mia vita come un arcobaleno splendente, sempre remoto, sempre pronto a scomparire se mai pensassi ad avvicinarmi e a volermi avvolgere nel lembo del suo mantello.

Però, egregio amico, anche i concetti terreni mi sfuggono alla stessa maniera. Come posso tentare di descrivervi questi

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suchen, Ihnen diese seltsamen geistigen Qualen zu schildern, dies Emporschnellen der Fruchtzweige über meinen ausge­reckten Händen, dies Zurückweichen des murmelnden Was­sers vor meinen dürstenden Lippen?

Mein Fall ist, in Kürze, dieser: Es ist mir völlig die Fähigkeit abhanden gekommen, über irgend etwas zusammen­hängend zu denken oder zu sprechen.

Zuerst wurde es mir allmählich unmöglich, ein höheres oder allgemeineres Thema zu besprechen und dabei jene Worte in den Mund zu nehmen, deren sich doch alle Menschen ohne Bedenken geläufig zu bedienen pflegen. Ich empfand ein un­erklärliches Unbehagen, die Worte « Geist », « Seele » oder «Körper» nur auszusprechen. Ich fand es innerlich unmöglich, über die Angelegenheiten des Hofes, die Vorkommnisse im Parlament, oder was Sie sonst wollen, ein Urteil herauszubrin­gen. Und dies nicht etwa aus Rücksichten irgendwelcher Art , denn Sie kennen meinen bis zur Leichtfertigkeit gehenden Freimut: sondern die abstrakten Worte, deren sich doch die Zunge naturgemäß bedienen muß , um irgendwelches Urteil an den Tag zu geben, zerfielen mir im Munde wie modrige Pilze. Es begegnete mir, daß ich meiner vierjährigen Tochter Katharina Pompilia eine kindische Lüge, deren sie sich schul­dig gemacht hatte, verweisen und sie auf die Notwendigkeit, immer wahr zu sein, hinführen wollte und dabei die mir im Munde zuströmenden Begriffe plötzlich eine solche schillernde Färbung annahmen und so ineinander überflössen, daß ich den Satz, so gut es ging, zu Ende haspelnd, so wie wenn mir un­wohl geworden wäre und auch tatsächlich bleich im Gesicht und mit einem heftigen Druck auf der Stirn, das K ind allein ließ, die Tür hinter mir zuschlug und mich erst zu Pferde, auf

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strani tormenti dello spirito, questo scattare in alto dei rami carichi di frutti di fronte alle mie mani protese, questo ritirarsi dell'acqua mormorante dinanzi alle mie labbra assetate?

I l mio caso, in breve, è questo: ho perduto ogni facoltà di pensare o di parlare coerentemente su qualsiasi argomento.

In un primo tempo mi divenne gradualmente impossibile trattare temi sia elevati sia comuni e formulare quelle parole, di cui ognuno suole servirsi correntemente senza stare a pen­sarci. Provavo un inspiegabile disagio solo a pronunciare le parole < spirito », « anima » o < corpo ». Trovavo impossibile, nel mio intimo, esprimere un giudizio sulle questioni della corte, i fatti del parlamento, o quel che vogliate. E ciò non per qualche sorta di prudenza, e difatti conoscete la mia franchezza che giunge a sconfinare con la leggerezza : ma le parole astrat­te, di cui la lingua, secondo natura, si deve pur valere per recare a giorno un qualsiasi giudizio, mi si sfacevano nella bocca come funghi ammuffiti. Mi accadde di voler riprendere Katharina Pompilia, la mia figlioletta di quattro anni, per una bugia infantile di cui si era resa colpevole, e di volerla richia­mare alla necessità di essere sempre veritiera; e in quella le idee che mi fluivano nella bocca assunsero di colpo una così labile colorazione e traboccarono le une nelle altre in modo tale che, portata in qualche modo penosamente a termine la frase, come mi avesse colto un malessere, e davvero pallido in volto e con un forte senso di oppressione alla fronte, lasciai sola la bambina, chiusi la porta alle mie spalle, e appena quan-

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der einsamen Hutweide einen guten Galopp nehmend, wieder einigermaßen herstellte.

Allmählich aber breitete sich diese Anfechtung aus wie ein um sich fressender Rost. Es wurden mir auch im familiären und hausbackenen Gespräch alle die Urteile, die leichthin und mit schlafwandelnder Sicherheit abgegeben zu werden pflegen, so bedenklich, daß ich aufhören mußte, an solchen Gesprächen irgend teilzunehmen. Mi t einem unerklärlichen Zorn, den ich nur mit Mühe notdürftig verbarg, erfüllte es mich, derglei­chen zu hören, wie: diese Sache ist für den oder jenen gut oder schlecht ausgegangen; Sheriff N . ist ein böser, Prediger T. ein guter Mensch; Pächter M . ist zu bedauern, seine Söhne sind Verschwender; ein anderer ist zu beneiden, weil seine Töchter haushälterisch sind; eine Familie kommt in die Höhe , eine andere ist im Hinabsinken. Dies alles etschien mir so unbe­weisbar, so lügenhaft, so löcherig wie nur möglich. Mein Geist zwang mich, alle Dinge, die in einem solchen Gespräch vorkamen, in einer unheimlichen Nähe zu sehen: so wie ich einmal in einem Vergrößerungsglas ein Stück von der Haut meines kleinen Fingers gesehen hatte, das einem Blachfeld mit Furchen und Höhlen glich, so ging es mir nun mit den Menschen und ihren Handlungen. Es gelang mir nicht mehr, sie mit dem vereinfachenden Blick der Gewohnheit zu erfassen. Es zerfiel mir alles in Teile, die Teile wieder in Teile, und nichts mehr ließ sich mit einem Begriff umspannen. Die ein­zelnen Worte schwammen um mich; sie gerannen zu Augen, die mich anstarrten und in die ich wieder hineinstarren m u ß : Wirbel sind sie, in die hinabzusehen mich schwindelt, die sich unaufhaltsam drehen und durch die hindurch man ins Leere kommt.

Ich machte einen Versuch, mich aus diesem Zustand in

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do fui a cavallo, preso un buon galoppo sulla prateria solitaria riuscii a riprendermi un poco.

Epperò questa infezione si dilatò via via, come una ruggine che si attacchi all'ingiro. Anche nelle conversazioni familiari e domestiche, ogni giudizio, di quelli che si danno per solito alia leggera e con ignara sicurezza, divenne per me a tal punto problematico, che dovetti smettere di partecipare a tali discorsi. Mi riempiva di un'inspiegabile irritazione, che a fatica dovevo per forza dissimulare, udire affermazioni quali: la tal cosa è andata bene o male a questo o quello; i l giudice N . è un uomo malvagio, i l predicatore T. è buono; i l fittavolo M. è da compiangere, i suoi figli sono degli scialacquatori; un altro va invidiato, perché le figlie sono econome; una famiglia è in ascesa, un'altra è in via di declino. Tutto ciò mi pareva indimostrabile, falso, lacunoso al massimo. I l mio spirito mi induceva a vedere ogni cosa che comparisse in siffatti discorsi, vicina in modo inquietante; come una volta avevo visto in una lente di ingrandimento una zona della pelle del mio mignolo, e mi era parsa una pianura con solchi e buche, così ora mi accadeva con gli uomini e le loro azioni. Non riuscivo più a coglierli con lo sguardo semplificatore dell'abitudine. Ogni cosa mi si frazionava, e ogni parte ancora in altre parti, e nulla più sì lasciava imbrigliare in un concetto. Una per una, le parole fluttuavano intorno a me; diventavano occhi, che mi fissavano e nei quali io a mia volta dovevo appuntare lo sguar­do. Sono vortici, che a guardarli Ìo sprofondo con un senso di capogiro, che turbinano senza sosta, e oltre i quali si approda nel vuoto.

Feci un tentativo di salvarmi da questa condizione, col

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die geistige Wel t der Alten hinüberzuretten. Piaton vermied ich; denn mir graute vor der Gefährlichkeit seines bildlichen Fluges. A m meisten gedachte ich mich an Seneca und Cicero zu halten. An dieser Harmonie begrenzter und geordneter Be­griffe hoffte ich zu gesunden. Aber ich konnte nicht zu ihnen hinüber. Diese Begriffe, ich verstand sie woh l : ich sah ihr wundervolles Verhältnisspiel vor mir aufsteigen wie herrliche Wasserkünste, die mit goldenen Bällen spielen. Ich konnte sie umschweben und sehen, wie sie zueinander spielten; aber sie hatten es nur miteinander zu tun, und das Tiefste, das Per­sönliche meines Denkens, blieb von ihrem Reigen ausge­schlossen. Es überkam mich unter ihnen das Gefühl furcht­barer Einsamkeit; mir war zumut wie einem, der in einem Garten mit lauter augenlosen Statuen eingesperrt wäre; ich flüchtete wieder ins Freie.

Seither führe ich ein Dasein, das Sie, fürchte ich, kaum be­greifen können, so geistlos, so gedankenlos fließt es dahin; ein Dasein, das sich freilich von dem meiner Nachbarn, meiner Verwandten und der meisten 1 and besitzenden Edelleute dieses Königreiches kaum unterscheidet und das nicht ganz ohne freudige und belebende Augenblicke ist. Es wird mir nicht leicht, Ihnen anzudeuten, worin diese guten Augenblicke be­stehen; die Worte lassen mich wiederum im Stich. Denn es ist ja etwas völlig Unbenanntes • und auch wohl kaum Eienenn-bares, das in solchen Augenblicken, irgendeine Erscheinung meiner alltäglichen Umgebung mit einer überschwellenden Flut höheren Lebens wie ein Gefäß erfüllend, mir sich an­kündet. Ich kann nicht erwarten, daß Sie mich ohne Beispiel verstehen, und ich muß Sie um Nachsicht für die Albernheit meiner Beispiele bitten. Eine Gießkanne, eine auf dem Felde verlassene Egge, ein Hund in der Sonne, ein ärmlicher Kirch-

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rivoigermi al mondo spirituale degli antichi. Evitai Platone: la pericolosità del suo volo ideale mi respingeva. Ritenni di attenermi tra tutti a Seneca e a Cicerone. Quell'armonia di concetti definiti e ordinati, speravo potesse guarirmi. Ma non riuscii ad accostarmi ad essi. I concetti, l i capivo bene : vedevo levarsi dinanzi a me i l loro meraviglioso gioco di rapporti, quasi splendide fontane che scherzano con globi dorati. Po­tevo aggirarli, e vedere l'intreccio del gioco; ma era un fatto di loro esclusiva reciprocità, e la parte più profonda, personale del mio pensiero rimaneva esclusa dalla loro danza. Per loro influsso, mi colse un senso di spaventosa solitudine; mi sen­tivo come uno che fosse rinchiuso in un giardino, non popo­lato che da statue senza occhi; di nuovo cercai rifugio in liberi spazi.

Da allora meno un'esistenza che a voi, temo, sarà difficile capire, tanto essa scorre vuota di spirito e di pensiero; un'esi­stenza, che per certo si discosta appena da quella dei miei vicini, dei miei parenti, e della maggior parte dei nobili pro­prietari terrieri di questo regno, e che non è del tutto priva di momenti lieti e vivificanti. Non mi è facile spiegarvi in cosa consistano tali buoni momenti; ancora una volta le parole mi si rivelano inadeguate. Poiché è qualcosa di assolutamente indefinito e indefinibile ciò che in tali momenti mi si annun­cia, colmando di un fiotto straripante di vita più alta, come si colma un vaso, una qualsiasi evenienza del mio vivere quoti­diano. Non posso sperare che mi comprendiate, senza farvi un esempio, e devo pregarvi di compatire la banalità dei miei esempi. Un innafliatoio, un erpice abbandonato su un campo, un cane al sole, un povero cimitero, uno storpio, una piccola

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hof, ein Krüppel, ein kleines Bauernhaus, alles dies kann das Gefäß meiner Offenbarung werden. Jeder dieser Gegenstände und die tausend anderen ähnlichen, über die sonst ein Auge mit selbstverständlicher Gleichgültigkeit hinweggleitet, kann für mich plötzlich in irgendeinem Moment, den herbeizufüh­ren auf keine Weise in meiner Gewalt steht, ein erhabenes und rührendes Gepräge annehmen, das auszudrücken mir alle Worte zu arm scheinen. Ja, es kann auch die bestimmte Vor­stellung eines abwesenden Gegenstandes sein, dem die unbe­greifliche Auserwählung zuteil wird, mit jener sanft und jäh steigenden Flut göttlichen Gefühles bis an den Rand gefüllt zu werden. So hatte ich unlängst den Auftrag gegeben, den Rat­ten in den Milchkellern eines meiner Meierhöfe ausgiebig Gift zu streuen. Ich ritt gegen Abend aus und dachte, wie Sie ver­muten können, nicht weiter an die Sache. Da, wie ich im tiefen, aufgeworfenen Ackerboden Schritt reite, nichts Schlimmeres in meiner Nähe als eine aufgescheuchte Wachtelbrut und in der Ferne über den welligen Feldern die große sinkende Sonne, tut sich mir im Innern plötzlich dieser Keller auf, er­füllt mit dem Todeskampf dieses Volks von Ratten. Alles war in mir: die mit dem süßlich scharfen Geruch des Giftes ange­füllte kühldumpfe Kellerluft und das Gellen der Todesschreie, die sich an modrigen Mauern brachen; diese ineinander ge-knäulten Krämpfe der Ohnmacht, durcheinander hinjagenden Verzweiflungen; das wahnwitzige Suchen der Ausgänge; der kalte Blick der Wut , wenn zwei einander an der verstopften Ritze begegnen. Aber was versuche ich wiederum Worte, die ich verschworen habe! Sie entsinnen sich, mein Freund, der wundervollen Schilderung von den Stunden, die der Zerstö­rung von Alba Longa vorhergehen, aus dem Livius? Wie sie die Straßen durchirren, die sie nicht mehr sehen sollen ... wie

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casa di contadini, in tutto ciò mi si può palesare la rivelazione. Ciascuna di queste cose, e mille altre consimili, su cui l'occhio suole scivolare con naturale indifferenza, può improvvisamen­te, in un qualsiasi momento che in alcun modo mi è possibile richiamare, assumere un colore nobile e toccante, che nessuna parola mi pare atta a rendere. Sì, può accadere che anche la precisa evocazione di una cosa assente sia destinata alla imper­scrutabile sorte di essere colmata di quell'empito dolce e im­petuosamente crescente di sentimento divino. Ora. non molto tempo fa, avevo disposto di spargere abbondante veleno per i topi nelle latterie di uno dei miei possedimenti. Verso sera me ne uscii a cavallo, e potete immaginare come non pensassi più alla cosa. E poi, come procedevo al passo sui campi scon­volti da solchi profondi, con nulla vicino di più sinistro di una covata di quaglie che si levavano in volo, e lontano sopra i campi ondosi il grande sole calante, di colpo mi si spalancò dentro quella cantina, piena della lotta con la morte di quel popolo di ratti. C'era tutto dentro di me: l'aria fresca e sta­gnante carica dell'odore dolceacuto del veleno, e lo strepito degli stridi di morte che si rompevano contro i muri ammuf­fiti; i convulsi spasimi dello sfinimento, di disperazioni che si incalzano confusamente; la folle ricerca di uno scampo; il freddo sguardo di furore di due che si incontrano a una fessura bloccata. Ma a che cercare di nuovo quelle parole che ho rinnegato! Rammentate, amico mio, in Livio, la stupenda descrizione delle ore che precedono la distruzione di Alba Longa? Come la gente vaga dissennatamente per le strade che non dovrà più vedere., come prende congedo dalle

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I sie von den Steinen des Bodens Abschied nehmen. Ich sage Ihnen, mein Freund, dieses trug ich in mir und das brennende Karthago zugleich; aber es war mehr, es war göttlicher, tieri­scher; und es war Gegenwart, die vollste erhabenste Gegen­wart. Oa war eine Mutter, die ihre sterbenden Jungen um sich zucken hatte und nicht auf die Verendenden, nicht auf die unerbittlichen steinernen Mauern, sondern in die leere Luft, oder durch die Luft ins Unendliche hin Blicke schickte und diese Blicke mit einem Knirschen begleitete! — Wenn ein dienender Sklave voll ohimiächtigen Schauders in der N ä h e der erstarrenden Niobe stand, der m u ß das durchgemacht haben, was ich durchmachte, als in mir die Seele dieses Tieres gegen das ungeheure Verhängnis die Zähne bleckte.

Vergeben Sie mir diese Schilderung, denken Sie aber nicht, daß es Mitleid war, was mich erfüllte. Das dürfen Sie ja nicht denken, sonst hätte ich mein Beispiel sehr ungeschickt ge­wählt. Es war viel mehr und viel weniger als Mit le id : ein un­geheures Anteilnehmen, ein Hinüberfließen in jene Geschöpfe oder ein Fühlen, daß ein Fluidum des Lebens und Todes, des Trauraes und Wachens für einen Augenblick in sie hinüber geflossen ist - von woher? Denn was hätte es mit Mitleid zu tun, was mit begreiflicher menschlicher Gedankenverknüp­fung, wenn ich an einem anderen Abend unter einem N u ß ­baum eine halbvolle Gießkanne finde, die ein Gärtnerbursche dort vergessen hat, und wenn mich diese Gießkanne und das Wasser in ihr, das vom Schatten des Baumes finster ist, und ein Schwimmkäfer, der auf dem Spiegel dieses Wassers von einem dunklen Ufer zum andern rudert, wenn diese Zusam­mensetzung von Nichtigkeiten mich mit einer solchen Gegen­wart des Unendlichen durchschauert, von den Wurzeln der Haare bis ins Mark der Fersen mich durchschauert, daß ich in

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pietre del selciato. Questo, amico, portavo in me, e insieme i l rogo di Cartagine, ma era qualcosa dì più, di più divino, di più animale; ed era presente, i l presente più pieno e più vero. V i era una madre, che aveva stretti a sé Ì suoi piccoli motenti e non ad essi volgeva gli sguardi, non agli implacabili muri di pietra, ma nell'aria vuota o, più oltre, nell'infinito, e accom­pagnava quegli sguardi con uno stridio di denti! Uno schiavo pieno di impotente orrore che sia stato accanto a Niobe im­pietrita deve aver provato quello che io hó provato, quando dentro di me l'anima di quell'animale digrignava i denti con­tro l'orrendo destino.

Perdonatemi questa descrizione, e non crediate che fosse compassione, quello che provavo. Questo non dovete pensarlo, vorrebbe dire che ho sbagliato a scegliere questo esempio. Era assai più e assai meno che compassione: una sm.isurata partecipazione, un trasfondermi in quelle creature, o la sensa­zione che un fluido di vita e di morte, di sogno e di veglia si fosse riversato per un momento in esse — da dove? Perché, cosa avrebbe a che fare con la compassione, con una compren­sibile umana associazione di idee, i l fatto che un'altra sera mi capiti di trovare sotto un noce un innaffiatoio pieno a metà dimenticato da un garzone giardiniere, e questo innaffiatoio, e l'acqua che esso contiene, resa cupa dall'ombra dell'albero, e un insetto che remiga sullo specchio di quest'acqua da una sponda oscura all'altra, che questo insieme di cose insignificanti mi trapassi di un fremito per la presenza dell'infinito, mi fac­cia rabbrividire dalle radici dei capelli fino al midollo, così

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Worte ausbrechen möchte, von denen ich weiß, fände ich sie, so würden sie jene Cherubim, an die ich nicht glaube, nieder­zwingen, und daß ich dann von jener Stelle schweigend mich wegkehre und nach Wochen, wenn ich dieses Nußbaums an­sichtig werde, mit scheuem seitlichen Blick daran vorübergehe, weil ich das Nachgefühl des Wundervollen, das dort um den Stamm weht, nicht verscheuchen w i l l , nicht vertreiben die mehr als irdischen Schauer, die um das Buschwerk in jener Nähe immer noch nachwogen. I n diesen Augenblicken wird eine nichtige Kreatur, ein Hund, eine Ratte, ein Käfer, ein verkümmerter Apfelbaum, ein sich über den Hügel schlän­gelnder Karrenweg, ein moosbewachsener Stein mir mehr, als die schönste, hingehendste Geliebte der glücklichsten Nacht mir je gewesen ist. Diese stummen und manchmal unbelebten Kreaturen heben sich mir mit einer solchen Fülle, einer sol­chen Gegenwart der Liebe entgegen, daß mein beglücktes Auge auch ringsum auf keinen toten Fleck zu fallen vermag. Es erscheint mir alles, alles, was es gibt, alles, dessen ich mich entsinne, alles, was meine verworrensten Gedanken berühren, etwas zu sein. Auch die eigene Schwere, die sonstige Dumpfheit meines Hknes erscheint mir als etwas; ich fühle ein entzük-kendes, schlechthin unendliches Widerspiel in mir und um mich, und es gibt unter den gegeneinanderspielenden Mate­rien keine, in die ich nicht hinüberzufließen vermöchte. Es ist mir dann, als bestünde mein Körper aus lauter Chiffern, die mir alles aufschließen. Oder als könnten wir in ein neues, ahnungsvolles Verhältnis zum ganzen Dasein treten, wenn wir anfingen, mit dem Herzen zu denken. Fällt aber diese sonderbare Bezauberung von mir ab, s6 weiß ich nichts darü­ber auszusagen; ich könnte dann ebensowenig in vernünftigen Worten darstellen, worin diese mich und die ganze Wel t

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che dovrei uscire in parole di cui io so che, se le trovassi, ri­chiamerebbero sulla terra quei cherubini, ai quali non credo; e che poi mi allontani in silenzio e, dopo settimane, avverten­do la presenza di quel noce, sia titubante a rivolgergli uno sguardo turbato, non volendo disperdere la sensazione del me­raviglioso che tuttora spira attorno a quel tronco e fugare le presenze soprannaturali che continuano ad aleggiare tra i ce­spugli vicini. In tali momenti una qualsiasi creatura insigni­ficante, un cane, un topo, un insetto, un melo intristito, una carrareccia che si snoda sulla collina, una pietra muscosa ven­gono a significare per me assai più dell'amante più bella e generosa nella più felice delle notti. Queste creature mute, talvolta inanimate si levano verso di me con una tale pienezza, una tale presenza d'amore, che i l mio occhio letificato non riesce a scorgere dattorno nulla che sia morto. Mi pare che tutto, tutto quello che c'è, tutto di cui mi sovviene, tutto quanto sfiorano i miei più confusi pensieri, sia qualche cosa. Anche la pesantezza, la strana ottusità del mio cervello mi appare come un qualche cosa. Sento dentro di me e attorno a me una solleticante infinita rispondenza, e tra gli elementi che si contrappongono nel gioco non v'è alcuno in cui non sarei in condizione di trasfondermi. Mi sembra allora che il mio corpo sia fatto di pure cifre, che mi rivelano il segreto di ogni cosa. O che potremmo entrare in un nuovo, significan­te rapporto con tutto il creato, se cominciassimo a pensare col cuore. Ma quando questo strano incantamento mi abban­dona, non sono capace di parlarne, e non saprei spiegare con parole sensate in cosa sia consistita questa armonia che com-

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f durchwebende Harmonie bestanden und wie sich mir fühlbar gemacht habe, als ich ein Genaueres über die inneren Bewe­gungen meiner Eingeweide oder die Stauungen meines Blutes anzugeben vermöchte.

Von diesen sonderbaren Zufällen abgesehen, von denen ich übrigens kaum weiß, ob ich sie dem Geist oder dem Körper zurechnen soll, lebe ich ein Leben von kaum glaublicher Leere und habe Mühe, die Starre meines Innern vor meiner Frau und vor meinen Leuten die Gleichgültigkeit zu verbergen, welche mir die Angelegenheiten des Besitzes einflößen. Die gute und strenge Erziehung, welche ich meinem seligen Vater verdanke, und die frühzeitige Gewöhnung, keine Stunde des Tages unausgefüllt zu lassen, sind es, scheint mir, allein, wel­che meinem Leben nach außen hin einen genügenden Hal t und den meinem Stande und meiner Person angemessenen Anschein bewahren.

Ich baue einen Flügel meines Hauses um und bringe es zustande, mich mit dem Architekten hie und da über die Fort­schritte seiner Arbeit zu unterhalten; ich bewirtschafte meine Güter, und meine Pächter und Beamten werden mich wohl etwas wortkarger, aber nicht ungütiger als früher finden. Kei­ner von ihnen, der mit abgezogener Mütze vor seiner Haustür steht, wenn ich abends vorüberreite, wird eine Ahnung haben, daß mein Blick, den er respektvoll aufzufangen gewohnt ist, mit stiller Sehnsucht über die morschen Bretter hinstreicht, unter denen er nach den Regenwürmern zum Angeln zu su­chen pflegt, durchs enge, vergitterte Fenster in die dumpfe Stube taucht, wo in der Ecke das niedrige Bett mit bunten La­ken immer auf einen zu warten scheint, der sterben w i l l , oder auf einen, der geboren werden soll; daß mein Auge lange an den häßlichen jungen Hunden hängt oder an der Katze, die

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penetra me e i l mondo intero e in qual modo mi si sia palesata, esattamente come non potrei precisare i moti delle mie vi­scere e i sussulti del mio sangue.

A parte queste singolari evenienze, di cui del resto non so neppure se siano da ascrivere allo spirito o al corpo, con­duco una vita incredibilmente vacua e mi torna difficile celare a mia moglie la mia intima apatia, e alla mia gente l'indiffe­renza che provo per Ì problemi inerenti alle mie proprietà. Soltanto la buona e severa educazione di cui sono debitore al mio defunto padre, e la precoce abitudine a non lasciare in­fruttuosa una sola ora della giornata, credo conservino alla mia vita un bastevole appoggio e il decoro che si conviene al; mio rango e alia mia persona.

Sto rifacendo un'ala della mia casa, e riesco talvolta ad intrattenermi con l'architetto sui progressi del suo lavoro; amministro i miei beni, e i miei fittavoli e dipendenti mi troveranno forse meno loquace di prima, ma non meno bene­volo. Nessuno di quelli che sulla soglia di casa si scoprono il capo quando verso sera io passo a cavallo, potrà indovinare che i l mio sguardo, che essi sono abituati a incontrare rispetto­samente, si spinge con tacita nostalgia sulle assi imputridite sotto le quali essi sogliono cercare i vermi per i loro ami, pene­tra oltre la stretta finestra a inferriata nella camera smorta, dove nell'angolo un angusto letto coperto di cenci colorati pare sempre in anesa di qualcuno che vuole morire, o che deve essere dato alla luce; che i l mio occhio indugia a lungo sul brutto cagnolino o sul gatto che scivola flessuoso tra i vasi

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geschmeidig zwischen Blumenscherben durchkriecht, und daß es unter all den ärmlichen und plumpen Gegenständen einer bäurischen Lebensweise nach jenem einem sucht, dessep un­scheinbare Form, dessen von niemand beachtetes Daliegen oder -lehnen, dessen stumme Wesenheit zur Quelle jenes rät­selhaften, wortlosen, schrankenlosen Entzückens werden kann. Denn mein unbenanntes seliges Gefühl wird eher aus einem fernen, einsamen Hirtenfeuer mir hervorbrechen als aus dem Anblick des gestirnten Himmels; eher aus dem Zirpen einer letzten, dem Tode nahen Grille, wenn schon der Herbstwind winterliche Wolken über die öden Felder hintreibt, als aus dem majestätischen Dröhnen der Orgel. Und ich vergleiche mich manchmal in Gedanken mit jenem Crassus, dem Redner, von dem berichtet wird, daß er eine zahme Muräne, einen dump­fen, rotäugigen, stummen Fisch seines Zierteiches, so über alle Maßen liebgewann, daß es zum Stadtgespräch wurde; und als ihm einmal im Senat Domitius vorwarf, er habe über den Tod dieses Fisches Tränen vergossen, und ihn dadurch als einen halben Narren hinstellen wollte, gab ihm Crassus zur Ant­wort: « So habe ich beim Tode meines Fisches getan, was Ihr weder bei Eurer ersten noch Eurer zweiten Frau Tod getan habt.».

Ich weiß nicht, wie oft mir dieser Crassus mit seiner Muräne als ein Spiegelbild meines Selbst, über den Abgrund der Jahrhunderte hergeworfen, in den Sinn kommt. Nicht aber wegen dieser Antwort, die er dem Domitius gab. Die Antwort brachte die Lacher auf seine Seite, so daß die Sache in einen Witz aufgelöst war. Mi r aber geht die Sache nahe, die Sache, welche dieselbe geblieben wäre, auch wenn Domitius um seine Frauen blutige Tränen des aufrichtigsten Schmerzes geweint hätte. Dann stände ihm noch immer Crassus gegenüber, mit

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di fiori, e che, tra tutti i poveri e goffi oggetti del vivere con­tadino, esso cerca quello solo, la cui forma non evidente, i l cui posare o poggiare non avvertito da alcuno, la cui muta essenza può far sprigionare quella misteriosa, tacita, sconfinata esaltazione. Giacché quel mio felice ineffabile sentire può rive-larmisi alla vista di un remoto solitario fuoco di pastori, più facilmente che a quella del cielo stellato; allo stridio dell'ul­timo grillo prossimo alla morte, quando già i l vento d'autunno sospinge nubi invernali sui campi deserti, più che al maestoso tuonare dell'organo. E talvolta mi paragono a Crasso, l'ora­tore, di cui si racconta che prese ad amare così fuor di misura una murena addomesticata del suo laghetto, un pesce ottuso, muto, dall'occhio rosso, da divenire la favola della città; e quando un giorno in Senato Domizio lo biasimò per aver pianto sulla morte di quel pesce, nell'intento di farlo passare per un mezzo matto. Crasso gli rispose : « Allora io ho fatto per! la morte del mio pesce ciò che tu non hai fatto per la morte né della tua prima né della tua seconda moglie ».

Non so quante volte questo Crasso con la sua murena mi torni alla mente come un'immagine riflessa di me stesso, oltre l'abisso dei secoli. Ma non per la risposta data a Domizio. Quella risposta gli guadagnò i l favore di quanti prima ride­vano di lui, di modo che la cosa fu ridotta a un motto di spirito. Ciò che mi tocca è la cosa in sé, la cosa che sarebbe rimasta la stessa anche se Domizio avesse pianto per le sue mogli lacrime di sangue del più genuino dolore. Crasso gli starebbe pur sempre di fronte, con le sue lacrime per la sua

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seinen Tränen um seine Muräne. Und über diese Figur, deren Lächerlichkeit und Verächtlichkeit mitten in einem die er­habensten Dinge beratenden, wekbeherrschenden Senat so ganz ins Auge springt, über diese Figur zwingt mich ein unnennbares Etwas in einer Weise zu denken, die mir voll­kommen töricht erscheint, im Augenblick, wo ich versuche sie in Worten auszudrücken.

Das Bild dieses Crassus ist zuweilen nachts in meinem Hirn , wie ein Splitter, um den herum alles schwärt, pulst und kocht. Es ist mir dann, als geriete ich selber in Gärung, würfe Blasen auf, wallte und funkelte. Und das Ganze ist eine Ar t fieberisches Denken, aber Denken in einem Material, das un­mittelbarer, flüssiger, glühender ist als Worte. Es sind gleich­falls Wirbel , aber solche, die nicht wie die Wirbel der Sprache ins Bodenlose zu führen scheinen, sondern irgendwie in mich selber und in den tiefsten Schoß des Friedens.

Ich habe Sie, mein verehrter Freund, mit dieser ausgebrei­teten Schilderung eines unerklärlichen Zustandes, der ge­wöhnlich in mir verschlossen bleibt, über Gebühr belästigt.

Sie waren so gütig, Ihre Unzufriedenheit darüber zu äußern, daß kein von mir verfaßtes Buch mehr zu Ihnen kommt, « Sie für das Entbehren meines Umganges zu entschädigen ». Ich fühlte in diesem Augenblick mit einer Bestimmtheit, die nicht ganz ohne ein schmerzliches Beigefühl war, daß ich auch im kommenden und im folgenden und in allen Jahren dieses meines Lebens kein englisches und kein lateinisches Buch schreiben werde: und dies aus dem einen Grund, dessen mir peinliche Seltsamkeit mit ungeblendetem Blick dem vor Ihnen harmonisch ausgebreiteten Reiche der geistigen und leiblichen Erscheinungen an seiner Stelle einzuordnen ich Ihrer unend­lichen geistigen Überlegenheit überlasse: nämlich weil die

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murena. E a questa figura, di cui il ridicolo e la pochezza sal­tano agli occhi nel consesso di un Senato strapotente e occu­pato con i problemi più alti, a questa figura un qualcosa d'imprecisabile sospinge i l mio pensiero in guisa tale, che mi appare affatto insensata nel momento che mi provo ad espri­merla con parole.

L'immagine di questo Crasso è a volte nel mio cervello, la notte, come una scheggia attorno alla quale tutto suppura, pulsa e ribolle. Allora mi sento come se io stesso entrassi in fermentazione, e buttassi vesciche, vampe e turgori. E tutto è una sorta di febbrile pensare, ma pensare in un elemento che è più incomunicabile, più fluido, più ardente delle parole. Sono vortici, ma a differenza dai vortici della lingua, questi non paiono condurre a sprofondare nel vuoto, bensì al con­trario in qualche modo mi riportano in me stesso e nel più riposto grembo della pace.

Mio onorato amico, vi ho annoiato oltre i l lecito con questa diffusa descrizione di uno stato inesplicabile che per solito rimane celato dentro di me.

Siete stato così amabile da esprimere i l vostro rammarico che non vi pervenga più alcun libro scritto da me, < a com­pensarvi della privazione della mia compagnia ». In quel mo­mento ho sentito con una certezza non scevra del tutto di un sentimento doloroso, che anche negli anni venturi, e in quelli seguenti, e in tutti gli anni di questa mia vita non scriverò più nessun libro, né in inglese né in latino: e ciò per questo solo motivo, la cui per me penosa singolarità io lascio alla vostra infinita superiorità spirituale di collocare con limpido sguardo al suo giusto posto nel regno dei fenomeni spirituali e mate­riali che a voi si dispiega armonicamente: perché la lingua.

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Sprache, in welcher nicht nur zu schreiben, sondern auch zu denken mir vielleicht gegeben wäre, weder die lateinische noch die englische noch die italienische und spanische ist, sondern eine Sprache, von deren Worten mir auch nicht eines bekannt ist, eine Sprache, in welcher die stummen Dinge zu mir sprechen, und in welcher ich vielleicht einst im Grabe vor einem unbekannten Richter mich veranrworten werde.

Ich wollte, es wäre mir gegeben, in die letzten Worte dieses voraussichtlich letzten Briefes, den ich an Francis Bacon schreibe, alle die Liebe und Dankbarkeit, alle die ungemessene Bewunderung zusammenzupressen, die ich für den größten Wohltäter meines Geistes, für den ersten Engländer meiner Zeit im Herzen hege und darin hegen werde, bis der Tod es bersten macht.

A.D. 1603, diesen 22. August. P H I . C H A N D O S

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in cui mi sarebbe dato non solo di scrivere, ma forse anche di pensare, non è il latino né l'inglese né l'italiano o lo spagnolo, ma una lingua di cui non una sola parola mi è nota, una lin­gua in cui mi parlano le cose mute, e in cui forse un giorno nella tomba mi troverò a rispondere a un giudice sconosciuto.

Vorrei che mi fosse concesso, nelle ultime parole di que­sta lettera, probabilmente la mia ultima, che scrivo a France­sco Bacone, di condensare tuno l'amore e la riconoscenza, tutta la sconfinata ammirazione che serbo e serberò per i l più grande benefattore del mio spirito, per i l primo inglese del mio tempo, finché la morte non spezzi i l mio cuore.

A.D. 1603 questo 22 agosto PHI. CHANDOS

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S O M M A R I O

5 L'indecenza dei segni di Claudio Magris 13 Cronologia della vita e delle opere 1 7 Testimonianze e giudizi cr i t ic i 22 Bibliografìa

3 1 L E T T E R A D I L O R D C H A N D O S