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Il cuore non va in vacanza Sherryl Woods

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Sherryl Woods

Il cuore non va in vacanza

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Titolo originale dell'edizione in lingua inglese: Flirting with Disaster

Mira Books © 2005 Sherryl Woods

Traduzione di Fabio Pacini

Tutti i diritti sono riservati incluso il diritto di riproduzione integrale o parziale in qualsiasi forma.

Questa edizione è pubblicata per accordo con Harlequin Enterprises II B.V. / S.à.r.l Luxembourg.

Questa è un'opera di fantasia. Qualsiasi riferimento a fatti o persone della vita reale è puramente casuale.

Harmony è un marchio registrato di proprietà

Harlequin Mondadori S.p.A. All Rights Reserved.

© 2012 Harlequin Mondadori S.p.A., Milano Prima edizione Harmony Romance

agosto 2012

Questo volume è stato stampato nel settembre 2012 presso la Mondadori Printing S.p.A.

stabilimento Nuova Stampa Mondadori - Cles (Tn)

HARMONY ROMANCE ISSN 1970 - 9943

Periodico mensile n. 107 dello 01/10/2012 Direttore responsabile: Alessandra Bazardi

Registrazione Tribunale di Milano n. 72 dello 06/02/2007 Spedizione in abbonamento postale a tariffa editoriale

Aut. n. 21470/2LL del 30/10/1981 DIRPOSTEL VERONA Distributore per l'Italia e per l'Estero: Press-Di Distribuzione

Stampa & Multimedia S.r.l. - 20090 Segrate (MI) Gli arretrati possono essere richiesti

contattando il Servizio Arretrati al numero: 199 162171

Harlequin Mondadori S.p.A. Via Marco D'Aviano 2 - 20131 Milano

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A sei anni, scappare di casa era stata un'esperienza spaven-tosa. A trentadue, avrebbe dovuto essere più semplice e meno traumatico. Invece, dopo essere rimasta nascosta per tre settimane, Maggie giunse alla conclusione che non era affatto così. Oh, la logistica era più semplice, ma lo stress emotivo e le lacrime non erano molto differenti. Da piccola, se n'era andata per dimostrare ai suoi genito-ri che non aveva più bisogno di loro. Munita di una minu-scola valigetta nella quale aveva infilato i suoi due peluche preferiti e un'abbondante scorta di caramelle, era uscita in strada e aveva cominciato a camminare, allontanandosi di una mezza dozzina di isolati proprio mentre iniziava a fare buio. Quando si era ritrovata sola in una zona che non co-nosceva, aveva avuto paura, ma, troppo cocciuta per am-mettere di aver commesso un errore, si era arrampicata su una poltrona a dondolo immersa nelle ombre della veranda di una casa nella quale non c'era nessuno e, stringendosi al petto il suo vecchio orsacchiotto spelacchiato, si era addor-mentata. I suoi genitori disperati l'avevano trovata lì il mattino se-guente, avvertiti da una telefonata del padrone della casa, il cui figlio si era accorto della sua presenza. Caso aveva voluto che a tradirla fosse stato proprio un compagno di scuola, il pestifero Terry Henderson, il ragaz-

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zino più pettegolo di tutte le elementari. Era davvero ironico che, ventisei anni più tardi, Maggie stesse ancora scappando di casa nel tentativo di dimostrare qualcosa ai suoi genitori. L'unica differenza era che stavol-ta era sicura che Terry Henderson non le avrebbe rotto le uova nel paniere. Stando a quello che aveva sentito, si tro-vava all'estero, in missione per conto della Cia in un non meglio specificato paese mediorientale. Se non altro, era riuscito a mettere a buon uso la sua propensione per la mal-dicenza. Seduta su una sedia a dondolo sulla veranda della casetta che aveva preso in affitto sulla spiaggia di Sullivan's I-sland, Maggie sorseggiava il suo terzo bicchierone di tè ghiacciato osservando lo spettacolo delle lucciole che gio-cavano a rincorrersi nella penombra del crepuscolo. L'aria era immobile, satura di umidità, e il silenzio che regnava attorno aveva il sapore della solitudine. Sebbene adesso fosse cresciuta, per molti versi non era meno spaventata di quanto lo fosse stata a sei anni, e altrettanto testardamente determinata a starsene lontana finché non fosse riuscita a dare un senso a quello che era successo. Maggie non ricordava bene quale fosse stato il motivo preciso che l'aveva spinta a scappare di casa da bambina, ma stavolta, ovviamente, la colpa era di un uomo. Cos'altro avrebbe potuto indurre una donna ragionevolmente sana e matura ad abbandonare la propria casa e il proprio lavoro, riempiendosi di sufficienti dubbi da tenerla inchiodata sul divano di uno strizzacervelli per anni a venire? Che poi l'uomo in questione fosse egli stesso uno strizzacervelli, era un altro capolavoro di ironia del destino. Il solido, sicuro, affidabile Warren Blake, medico psico-logo, era esattamente il tipo d'uomo che la sua famiglia a-veva sempre sognato per lei. Suo padre lo trovava simpati-co, sua madre lo adorava. Warren non creava disturbo. Non aveva piercing, né tatuaggi. Era in grado di conversare ci-

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vilmente di tutto. Ed era un sudista. Cosa avrebbero potuto chiedere di più, dopo la parata di improbabili candidati che Maggie aveva sciorinato davanti ai loro occhi nel corso de-gli anni? Benedetta dall'approvazione genitoriale per la prima vol-ta in vita sua, Maggie si era convinta di essere innamorata di Warren e aveva deciso di sposarlo. La data per il matri-monio era stata fissata. Poi, con gli inviti già nella posta, Warren aveva chiama-to l'alt, dicendo che era rinsavito e si era reso conto che il loro matrimonio sarebbe stato un errore. Lo aveva fatto con tale gentilezza, che sulle prime Maggie non aveva capito cosa stava cercando di spiegarle. Ma alla fine, quando il messaggio era passato, era arrivata la mazzata e lei era an-data su tutte le furie. Per una volta aveva fatto la cosa giu-sta, scelto l'uomo giusto e la ricompensa era quella? L'umi-liazione totale? Devastata, aveva preparato le valigie – Louis Vuitton, stavolta – ed era scappata di casa, non da quella dei suoi, ma dalla propria. Fatte le debite proporzioni, non era che, in termini di distanza, fosse andata poi molto più lontana, ma a livello emotivo, relativamente alle pressioni che ave-va addosso, Sullivan's Island distava anni luce da Charle-ston. Lì, poteva starsene seduta sulla veranda per giorni, scacciando pigramente le zanzare, senza mai essere chia-mata a prendere decisioni delle quali poi si sarebbe pentita, come era stato per la decisione di fidanzarsi con Warren. Poteva mangiare sandwich al pomodoro per colazione e un barattolo di gelato da mezzo chilo per pranzo. Poteva mettere la radio a tutto volume e ballare in salotto a qualun-que ora del giorno e della notte, se avesse avuto l'energia per farlo. Poteva andare a nuotare senza aspettare le regola-mentari due ore dopo i pasti e tornare indietro seminando sabbia in ogni angolo della casa, se così le andava. In effetti, stava facendo tutte quelle cose già da un po',

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ma adesso, superata l'euforia iniziale, cominciava ad averne le tasche piene. Era una creatura sociale. Le piaceva la gen-te. Sentiva la mancanza della sua galleria d'arte a Charle-ston. Era quasi pronta a riprendere a frequentare gli amici, almeno a piccole dosi. Il punto era che si era messa in testa di non tornare a ca-sa senza prima aver capito quale demone si fosse imposses-sato di lei fino a convincerla che sposare Warren fosse cosa buona e saggia. Doveva esserci una ragione se aveva cre-duto di essere innamorata di un tizio che era l'esatto oppo-sto di tutti gli uomini con i quali era uscita in precedenza. Nei rari momenti in cui si sentiva disposta a dare un po' di credito a Warren, era costretta a riconoscere che lui aveva risparmiato a entrambi un sacco di inutili sofferenze. Allora perché la rottura del fidanzamento l'aveva mandata in tilt? Non per via dell'umiliazione. Almeno, non completa-mente. A Maggie non era mai importato un fico secco di quello che pensavano gli altri, al contrario di sua madre, che era ossessionata dall'opinione della gente e aveva vis-suto la cancellazione del matrimonio della figlia come una tragedia. Non certo a causa del cuore spezzato. D'accordo, sì, il suo ego era un po' ammaccato, ma il suo cuore godeva di ottima salute. Anzi, a essere sincera, già dopo cinque gior-ni, ripensando a quello che era successo, aveva tirato un so-spiro di sollievo lungo un chilometro. Non che avesse in-tenzione di dirlo a Warren. L'uomo doveva torcersi sotto il peso dei sensi di colpa. Dunque, se né il suo cuore né il suo orgoglio erano ri-masti mortalmente feriti, qual era il problema? Si sentiva così depressa perché, dopo aver assistito a quell'ultimo crollo, si ritrovava a trentadue anni priva di speranze, senza opzioni percorribili a portata di mano? Turbata da quella nozione, Maggie si trascinò fuori dalla sedia a dondolo ed entrò in cucina per recuperare un altro

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mezzo chilo di gelato – stavolta al cioccolato – dal frigori-fero. Di questo passo, sarebbe tornata a Charleston grassa coma una balena. Non era una prospettiva allettante, ma lei la liquidò con un'alzata di spalle e affondò il cucchiaio. Dal momento che aveva deciso di darci un taglio con gli uomi-ni, che importanza avrebbe avuto se avesse messo su cin-que o sei chili? Accese la radio e trovò una stazione che trasmetteva suc-cessi degli anni '60. Preferiva il genere western-country, ma ascoltare canzoni struggenti che parlavano di storie d'a-more finite male sarebbe stato un eccesso di autoflagella-zione perfino per lei. Stava tornando a passo di danza verso la sua postazione sulla veranda, quando scorse tre persone ferme davanti alla zanzariera della porta. Sfortunatamente, a dispetto del buio, le riconobbe al volo. Erano la sua migliore amica, Dinah Davis, il suo nuovo marito, Cordell Beaufort, e il traditore Warren. Se avesse avuto l'energia, se la sarebbe battuta dal retro, ma, nelle condizioni in cui era, si rassegnò ad accoglierli con gentilezza, come si conveniva a una donna cresciuta nel sano rispetto delle tradizioni del vecchio Sud. Le sem-brava di sentire ancora le parole di sua madre. Gli ospiti, per quanto indesiderati, vanno sempre ricevuti con cortesia. Tuttavia, mentre si avviava verso la porta stampandosi un sorriso in faccia, Maggie giurò a se stessa che, la prossi-ma volta che le fosse capitato di scappare di casa, si sareb-be rifugiata in un remoto villaggio all'altro capo del mondo, dove nessuno avrebbe mai potuto trovarla. Se quello voleva essere un pronto intervento psicologico, non stava funzionando. Maggie non era un'esperta di quel genere di cose, ma avere tre persone che la fissavano con e-spressione ansiosa – tra le quali il principale responsabile della sua attuale condizione – non serviva certo a miglio-

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rare il suo stato d'animo, anzi, lo peggiorava. D'altro canto, Warren avrebbe dovuto saperlo. Probabil-mente si era trovato in situazioni simili a quella centinaia di volte, con tossicodipendenti, alcolizzati, schizofrenici e via discorrendo. E quasi sicuramente anche con alcune delle donne che aveva lasciato. Forse era in quel modo che aveva costruito la sua fama di terapista, il vigliacco. «Magnolia Forsythe, ma tu mi stai a sentire, oppure no?» chiese Dinah Davis Beaufort, una ruga di preoccupazione scavata in mezzo alla fronte di un volto altrimenti privo di imperfezioni. Dinah e Maggie erano amiche da sempre e fu per questo, forse soltanto per questo, che Maggie si astenne dall'infu-riarsi perché aveva usato il suo odiatissimo nome di battesi-mo. Magnolia, capite? Ma cosa avevano bevuto i suoi geni-tori quel giorno? Maggie guardò la sua migliore amica... anzi, ex-migliore amica, decise in quell'istante... con aria truce. «No.» Non a-veva voglia di ascoltare una sola parola da quei tre. Ciascu-no di loro aveva in parte contribuito a farla cadere in de-pressione e lei dubitava fortemente che avessero il consi-glio giusto per tirarla fuori dal buco nel quale era precipita-ta. «Te l'avevo detto che non le sarebbe piaciuto» borbottò Cordell Beaufort. Fra tutti i presenti, Cord sembrava il più rilassato, il più normale, concluse Maggie. A un certo punto, ebbe perfino l'audacia di strizzarle l'occhio. Poiché il futile tentativo di sedurlo che lei aveva messo in piedi l'anno precedente, prima del definitivo ritorno di Dinah da uno dei suoi inca-richi all'estero, era un'altra delle cause del suo attuale disa-gio, lo ignorò e si concentrò a individuare tutte le possibili vie di fuga dal salotto. Certo che se una donna, pur di avere un po' di pace, era costretta a fuggire dalla propria casa, si-gnificava che era conciata davvero male. Avrebbe dovuto

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essere in grado di cacciare via i ben intenzionati visitatori, ma quando, violando le dannatissime regole di sua madre, ci aveva provato, subito dopo il loro arrivo, nessuno l'aveva presa sul serio. Tanto valeva fare finta di stare al gioco, di-re quello che si aspettavano di sentirle dire e aspettare che se ne andassero. «Non mi importa se non le piace» disse Dinah, scura in volto. «Dobbiamo portarla via da questo posto. Stare qui non le fa bene. Guardala. Non ha un filo di trucco addosso e non si è nemmeno pettinata.» Ispezionò l'amica con oc-chio critico. «E hai visto com'è vestita? Sembra che si sia tagliata quei jeans con le cesoie da giardinaggio!» «Sono in spiaggia, Dio santo! E piantala di parlare come se avessi lasciato la stanza» sbottò Maggie. Dinah si comportò come se non lei esistesse. «Non è sa-lutare. Deve tornare a casa. Ha bisogno di uscire, di vedere persone, di fare qualcosa. Il nostro progetto sarebbe perfet-to per lei.» «Secondo te» precisò Cord. «Maggie potrebbe avere un'opinione diversa.» Dinah si accigliò. «Be', se non avesse voglia di dare una mano, che almeno si ricordi che ha una galleria da mandare avanti, una vita da vivere.» L'ultimo, sottile filo che permetteva a Maggie di tenere sotto controllo la rabbia si spezzò. «Di quale vita stai par-lando?» chiese in tono aggressivo. «Di quella che avevo prima che Warren, qui, si svegliasse una mattina a due set-timane dal matrimonio e decidesse che non ero il suo tipo? Oppure di quella fatta di momenti come questo, dove ven-go messa nella condizione di dovere spiegare ai miei amici come diavolo sono riuscita a sbagliare così tanto in così po-co tempo? A meno che non ti riferisca al mio pietoso tenta-tivo di sedurre Cord prima che tu veleggiassi in città per re-clamare ciò che era tuo.» Fra tutti loro, Warren fu l'unico che ebbe la buona grazia

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di mostrarsi contrito. «Maggie, sai anche tu che tra di noi non avrebbe mai potuto funzionare» disse con grande pa-zienza, la stessa della quale si era servito per darle la noti-zia che il matrimonio era cancellato. «Io sono soltanto quello che ha avuto il coraggio di dirlo ad alta voce.» «Be', hai scelto proprio un bel momento per rendertene conto, non c'è che dire» ribatté acidamente lei, anche se or-mai aveva riconosciuto da tempo che lui aveva fatto la cosa giusta. «Che razza di psicologo sei, se non riesci nemmeno a capire di essere totalmente incompatibile con una persona un anno... o almeno sei mesi... prima di sposarla?» Warren continuò a guardarla senza battere ciglio. «Il no-stro fidanzamento è durato solo sette settimane, Maggie» le ricordò con lo stesso tono sommesso e irritante. «Quella che aveva una fretta indiavolata di sposarsi eri tu.» «Ero innamorata di te!» gridò lei, infastidita dalla sua de-terminazione a usare la logica in un frangente ad alto tasso emotivo. «Non vedevo che senso avesse sprecare tempo in un lungo fidanzamento.» L'espressione tollerante di Warren rimase saldamente al suo posto. Era uno dei tratti che era arrivata a odiare di lui. Si rifiutava di litigare. Era sempre così dannatamente ragio-nevole. Forse per uno strizzacervelli era un'ottima qualità, ma in un fidanzato era quanto mai irritante, soprattutto per una donna alla quale piaceva farsi una bella litigata una volta ogni tanto. «Maggie, per quanto possa lusingarmi pensare che tu ab-bia perso la testa per me nel giro di una settimana, sappia-mo entrambi che tutta quella fretta originava dal tuo biso-gno di tenere il passo con Dinah e Cord. Non appena loro si sono sposati, ti sei fatta prendere dal panico. Non sopporta-vi l'idea di restare indietro e io ero a portata di mano.» «Ti sbagli» protestò testardamente lei, per nulla contenta del ritratto che aveva dipinto. «Ne sei proprio sicura?» chiese lui con calma. «Aveva-

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mo già deciso di smettere di vederci dopo una serie di ap-puntamenti uno più disastroso dell'altro, quando, nel bel mezzo del pranzo di nozze di Dinah e Cord, tu hai deciso che avremmo dovuto concedere alla nostra relazione un'al-tra opportunità.» «Perché i miei ti adoravano, perché tutti non facevano che ripetermi che eri un uomo perfetto. Ho cercato di mo-strarmi aperta» ribatté lei. «Non è questo che fanno le don-ne intelligenti che tu tanto ammiri?» Cord tentò senza molto di successo di soffocare una risa-tina, che gli valse un'occhiataccia da parte di Warren e Di-nah. «Io ho la sensazione che Warren abbia ragione» disse quest'ultima. «Ti sei aggrappata a lui come un naufrago a una zattera.» «Oh, che ne vuoi sapere?» sbottò Maggie di rimando. «Tu e Cord siete talmente presi uno dall'altra da non essere consapevoli di quello che vi succede attorno.» «Se fosse come dici tu, non saremmo qui» replicò Dinah, per nulla turbata dalla velenosa frecciata dell'amica. «A proposito, come mi avete trovata? Ero convinta di aver nascosto bene le mie trace.» In realtà, non si era sfor-zata più di tanto. Nell'abisso di autocommiserazione nel quale era precipitata, le era sembrato impossibile che qual-cuno si prendesse il disturbo di venirla a cercare. «Sono una giornalista» le rammentò Dinah. «Datemi un telefono e vi scoverò il classico ago nel pagliaio. E poi ti conosco. Sapevo che non potevi esserti allontanata troppo da casa. Tu hai Charleston nel sangue.» «Che meraviglia» borbottò Maggie con una smorfia. A-veva bisogno di allargare i propri orizzonti. Forse era quel-lo che non funzionava nella sua vita. Non aveva mai avuto il desiderio di stare in un posto diverso dalle Terre Basse della South Carolina. Forse, se avesse viaggiato in lungo e in largo per il mondo come aveva fatto Dinah durante la

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sua carriera di giornalista televisiva, Maggie avrebbe sco-perto che si poteva essere perfettamente felici anche in Eu-ropa, Asia, o Australia. Se non altro, si sarebbe sottratta ai continui giudizi di sua madre. «Vuoi davvero discutere dei pro e dei contro del vivere a Charleston?» chiese Dinah in tono sarcastico. «Non particolarmente» disse Maggie. «Allora concentriamoci sul rimettere in carreggiata la tua vita. Non puoi startene qui da sola a piangerti addosso, Maggie.» «Non mi piango addosso» ribatté l'interessata. «Sono in vacanza.» «Oh, per favore. Ho visto quel barattolo di gelato e co-nosco i sintomi. Questa è depressione. È ovvio che sei nei guai e noi vogliamo aiutarti.» «In che modo? Sindacando le mie scelte con quelle facce da funerale? Preferisco farne a meno, grazie. Dannazione, Dinah, sei stata tu a mettere in testa a Warren l'idea di usci-re con me. Considerando com'è andata a finire, dovrei o-diarti.» In effetti, Maggie era piuttosto irritata a causa di quella faccenda. Se la sua amica non avesse interferito, non le sa-rebbe mai venuto in mente di mettersi con uno come War-ren. Sicurezza e affidabilità erano caratteristiche che un sacco di donne consideravano fondamentali, ma lei era di-versa. Alla lunga, le trovava noiose. Preferiva il tipo del bel tenebroso, molto sexy e un po' pericoloso. Alla Cord, per intendersi. A essere completamente onesta, doveva riconoscere di aver trattato la storia con Warren alla stregua di un esperi-mento. Lui non la eccitava, non aveva il potere di farle bat-tere forte il cuore, di capovolgere il suo mondo con un ba-cio, però non l'avrebbe nemmeno fatta soffrire. Alla resa dei conti, era costretta ad ammettere di essersi sbagliata. Warren l'aveva fatta soffrire, più di quanto avesse immagi-

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nato. Se non riusciva a essere felice nemmeno con uno co-me lui, allora con chi? Era quello l'interrogativo che la tormentava da quando si era rifugiata a Sullivan's Island. Se non era abbastanza inte-ressante, attraente e affascinante per Warren, tanto valeva che si rassegnasse a rimanere zitella. Lui rappresentava l'ul-tima spiaggia. La sua rete di sicurezza. Un piano di riserva, un po' quello che era stato Bobby Beaufort, il dolce, ma monotono fratello di Cord, per Dinah, prima che gli ormoni e il buonsenso la dirottassero verso l'uomo di cui aveva davvero bisogno. Nell'attimo in cui quel pensiero prese forma nella sua mente, Maggie inarcò le sopracciglia. All'epoca, era stata proprio lei a ripetere a Dinah che sicurezza e affidabilità non bastavano a fare un buon matrimonio e certamente non erano una garanzia di felicità. Se lo aveva saputo per la sua amica, come aveva potuto credere che avrebbe funzionato per lei? Da quel punto di vista, loro due erano molto simili. «Posso dire una cosa?» chiese Cord, posando su di lei uno sguardo pieno di calore umano. Maggie scrollò le spalle. «Accomodati pure.» «Ecco come la vedo io» iniziò lui. «Nulla ti impedisce di trascorrere il resto dei tuoi giorni in questa bella casetta sul-la spiaggia, se è questo che vuoi. Sono sicuro che la tua galleria possa andare avanti da sola, grazie alla competenza delle collaboratrici che hai assunto. E se anche non fosse così, che importa? Avresti sempre il fondo in banca di pa-pà. Non ti manca niente.» Maggie si inalberò. Non le piaceva sentirsi ritrarre come la classica ragazza ricca e viziata che non aveva bisogno di lavorare per vivere. Aveva messo tutta se stessa in Images, l'elegante galleria d'arte che era diventata un punto di riferi-mento per le famiglie più in vista di Charleston e per i turi-sti danarosi che visitavano il centro storico della città. Non la considerava un hobby e andava orgogliosa del suo suc-

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cesso. Inoltre, ricavava una buona dose di perversa soddi-sfazione dal sapere che sua madre inorridiva all'idea che la sua unica figlia si fosse data al commercio, come diceva lei. Juliette Forsythe sarebbe dovuta vivere a metà del 1800, non nei primi anni del 2000. Per quel che riguardava le sue collaboratrici, Maggie non sapeva da dove Cord avesse tratto la nozione che fossero competenti. Avrebbe potuto già ritenersi fortunata se non a-vessero mandato in rovina il posto. Ipotesi della quale, in verità, si era altamente infischiata fino a un minuto prima. Se Cord era consapevole della sua crescente indignazio-ne, non lo diede a vedere. «Maggie è una donna in gamba» continuò blandamente, rivolgendosi a Dinah e Warren. «Ha avuto un periodo difficile, ma io penso che dovremmo la-sciarla libera di decidere quale direzione dare alla sua vita. Può tornare a gestire la galleria, se è questo che le interes-sa. Può venire a darci una mano con il nostro progetto e fa-re la differenza nella vita di una persona. Oppure, può re-starsene qui a crogiolarsi nell'autocommiserazione. Dipen-de solo da lei. Io sono convinto che, appena ce ne andremo e avrà lo spazio per respirare, prenderà la decisione giusta.» Maggie riconobbe subito la trappola. In pratica, Cord le stava dicendo che le volevano bene comunque, indipenden-temente da quello che faceva o non faceva. In questo mo-do, però, buttando la palla nel suo campo, la costringeva a prendere coscienza del fatto che si stava comportando co-me una perfetta idiota. D'accordo, sì, aveva perso un uomo. E con questo? War-ren non era il primo e non sarebbe stato nemmeno l'ultimo, a dispetto del suo giuramento di tenersi alla larga dai ma-schi della specie da qui all'eternità. «Okay, okay, messaggio ricevuto» bofonchiò con un so-spiro. «Cos'è questo stupido progetto del quale volevate parlarmi?» Cord esultò, ma si impose di non sorridere. «Costruire-

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mo una casa per una famiglia in difficoltà» disse con serie-tà. «La congregazione della chiesa ha avuto l'idea, un bene-fattore ha donato il terreno e il sacerdote mi ha chiesto di mettere insieme una squadra di volontari per la costruzione. Ovviamente, lavoreremo solo durante i weekend e le altre feste comandate. Dinah e sua madre hanno l'incarico di raccogliere i fondi necessari per comprare i materiali che non riusciremo a recuperare attraverso le donazioni.» «Cosa vi aspettate che faccia io?» chiese sospettosamen-te Maggie. «Quello che ti verrà detto di fare» intervenne Dinah con una lucina divertita negli occhi. «E lo stesso vale per me. Sarà un'esperienza rinfrescante per tutti. Lavoreremo di martello e pennello insieme agli altri.» Maggie si girò verso Warren. «E tu?» «Dipende da te» rispose lui. «Avevo promesso di dare una mano, però, se la mia presenza fosse un problema, mi terrò lontano. L'ultima cosa che desidero è crearti ulteriori disagi.» Maggie dubitava che Warren avesse una tale manualità da essere indispensabile alla buona riuscita del progetto, quindi la sua eventuale assenza dal cantiere non sarebbe stata una perdita irreparabile, ma perché prendersi il distur-bo di mandarlo via? Forse era giunto il momento di mostra-re a tutta Charleston che Maggie Forsythe, a dispetto del matrimonio sfumato, stava benissimo. Era giunto il mo-mento di rialzare la testa e comportarsi come la donna forte e indipendente che si era sempre vantata di essere. «Fa' quello che vuoi» disse a Warren con il massimo di indifferenza che le riuscì di produrre. «Per me non ci sono problemi.» «Allora ci aiuterai?» chiese Dinah. «Sì» confermò Maggie. «Se non lo facessi, chissà che razza di posto verrebbe fuori. È evidente che l'unica ad ave-re un po' di gusto qui dentro sono io.»

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«Dobbiamo costruire una normalissima casa con tre ca-mere da letto per una madre con tre figli a carico» la avver-tì Cord. «Non una dimora di lusso. Non perdiamo di vista l'obbiettivo finale.» «Tu pensa a tirare su i muri e il tetto» ribatté Maggie con enfasi. «Io mi occuperò di trasformarla in una vera casa.» Ma, non appena finì di dirlo, scorse un lampo di soddi-sfazione nello sguardo di Dinah e si domandò se non aves-se commesso il secondo errore della giornata, dopo aver aperto la porta a quei tre.

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Tramonto rosso fuoco di Emilie Richards

Tracy, Wanda, Janya e Alice sono legate da una profonda amici-zia. Wanda si prepara ad accogliere la figlia Maggie, che non è l'unica nuova arrivata; ci sono anche Blake, che sta ricostruendo il Sunset Bridge, e Hanit e Kanira Dutta, una coppia con figli.

Tornare a Cedar Cove di Debbie Macomber

Da quando Rachel e Bruce Peyton si sono sposati, la figlia di lui, Jolene, ha sviluppato un'insana gelosia nei confronti della matri-gna, che è peggiorata alla notizia che Rachel è incinta. La tensione è diventata tale che Rachel ha preferito andarsene per un po', per guardare dentro di sé e trovare una soluzione.

Il cuore non va in vacanza di Sherryl Woods

Maggie Forsythe è una donna indipendente, ma essere abbandona-ta alla vigilia delle nozze minerebbe la stabilità di chiunque. Ecco perché decide di rifugiarsi nella casa al mare, lontana da tutto ciò che possa ricordarle il fallimento. Finché la sua migliore amica Dinah non va a recuperarla...

Stagione d'amore di Nora Roberts

Devin MacKade ha deciso di muoversi lentamente. Ha perso la te-sta per Cassie e ora che lei è finalmente libera, lui ha paura. Non può davvero sbagliare mossa nel momento più importante della sua vita. Intanto Shane, il suo fratello minore, non se ne sta a guardare.

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Il profumo dei sogni di Susan Wiggs

A volte, nonostante una vita praticamente perfetta, si è portati a compiere delle scelte che ci allontanano dai nostri obiettivi. Ma l'amore è una forza incondizionata, che ci muove e ci so-spinge senza indugi. È proprio quello che accade a Sonnet Romano, che con una carriera ideale, un fidanzato perfetto e una prestigiosa promozione ad attenderla rinuncia a tutto per tornare da sua madre ad Avalon non appena scopre che la don-na sta portando avanti una gravidanza a rischio. Tornare, però, significa fare i conti con il passato e persino accettare un lavo-ro che la porta a stretto contatto con Zach Alger, il più grande errore della sua vita. O forse no?

Tra i boschi di Virgin River di Robyn Carr

Aiden Riordan ha deciso di cambiare vita, così ha lasciato il proprio incarico di medico della Marina e ora si sta godendo un meritato riposo tra i monti di Virgin River. È proprio nell'incanto dei boschi che incontra Erin Foley, anche lei va-canziera ma non troppo incline a socializzare. Ma Aiden non si dà per vinto, finché non riesce a strapparle un bacio. Non sa, però, che il passato sta tornando a tormentarlo sotto le spoglie della sua folle ex moglie. Folle a dir poco! È infatti pronta a tutto pur di ostacolare i suoi nuovi progetti di felicità. Ma a Virgin River c'è posto solo per l'amore.

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