Home mode communication - Stefano Pasquino

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“Home mode communication” di Stefano PASQUINO

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Home mode Communication Stefano Pasquino maggiori info su http://www.pasquinostefano.it

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“Home mode communication”

di Stefano PASQUINO

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INDICE Introduzione 3 CAPITOLO I La “home mode” della comunicazione per immagini 4 CAPITOLO II La realtà della cultura della Kodak 5 CAPITOLO III “Polaroid people” 6 CAPITOLO IV “Approccio sociovidistico” 7 CAPITOLO V “Analisi delle funzioni degli album di famiglia” 13 CAPITOLO VI “Le foto sui muri” 15 CAPITOLO VII “Immagini al termine della vita” 18 Considerazioni finali 19 RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI 20 RIFERIMENTI WEBOGRAFIA 20

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INTRODUZIONE La sociologia sulle immagini: analisi di un linguaggio. Il linguaggio visuale sta diventando sempre più il linguaggio privilegiato per la comunicazione. Al giorno d’oggi le persone che vivono nel mondo occidentale vedono in un giorno più immagini di quelle che chi ha vissuto in epoca pre-tecnologica poteva vedere in un anno [Chaplin 1999]. 1 Uno dei canali principali attraverso cui le persone interagiscono tra loro è quello visivo. La comunicazione visuale è un fatto sociale totale, che mette in scena la società e la cultura nella loro globalità, chiamando necessariamente in causa tutte le scienze dell’uomo e della società. Si possono così superare i confini disciplinari tradizionali, come viene chiaramente evidenziato da Richard M. Chalfen2 che sarà il nostro autore di riferimento per sviluppare la presente tesi sulla “Home mode communication”. Chalfen valorizza il concetto di (auto-)messa-in scena, essendo le foto-ricordo una modalità (circolare) di autorappresentazione e di comunicazione. Chalfen si richiama esplicitamente alla teoria costruttivista di Nelson Goodman, e certamente questo in parte spiega l’interesse dei sociologi per il suo lavoro; ma ciò che va evidenziato è il fatto che egli pone in relazione la tesi di Sol Worth secondo il quale la rappresentazione iconica altro non è se non un modo in cui l’individuo “struttura il proprio mondo”.

Foto – Richard M. Chalfen

1 Chaplin E., Cultural Studies e rappresentazioni visuali: la crazione dei significati attraverso gli aspetti visuali del testo, in Faccioli P. e Harper D. (a cura), Mondi da vedere (1999), cit.:70-89, Franco Angeli, Milano 2 Richard M. Chalfen è professore di antropologia alla Temple University di Philadelphia. Ha svolto attività di ricerca e consulenza per la Kodak e Polaroid. http://www.richardchalfen.com

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CAPITOLO I La “home mode” della comunicazione per immagini La comunicazione è definita come “processo sociale, all’interno di un contesto specifico, in cui i segni sono prodotti e trasmessi, percepiti, e trattati come messaggi dotati di un significato che può essere inferito” [Worth 1981:165]. Istantanee, cortometraggi e home video sono forme di comunicazione home mode. La home mode si definisce come un modello di comunicazione interpersonale o a piccoli gruppi, che ha il suo centro nella casa (home). Uno dei filoni di ricerca più interessanti della sociologia sulle immagini è rappresentato dagli studi delle foto e dei video di famiglia (home mode communication)3. L’oggetto dell’analisi di Chalfen sono le foto (o i video) che la gente comune produce nell’ambito della propria vita quotidiana. Quando sfogliamo l’album di famiglia o vediamo i filmini delle vacanze, crediamo di ricordare e invece reinvestiamo e ricostruiamo il nostro passato in funzione di quella che riteniamo essere la nostra identità attuale. La comunicazione home mode è un sistema simbolico che serve agli individui per strutturare il proprio mondo e che ha senso solo all’interno del suo particolare contesto e uso convenzionale. La base sociale della comunicazione home mode è costituita da un insieme di conoscenze condivise e regole di comportamento che si riconoscono nella realtà della cultura della Kodak.

Foto – Album di famiglia (Pasquino) Foto – Album di famiglia (Pasquino) Giardini del Duomo di Vercelli 1976 Giardini del Duomo di Vercelli 1938 Pietro – Stefano – Maria /Pasquino Pietro – Evasio/Pasquino 3 Grady J., Le potenzialità della sociologia visuale, in Faccioli P. e Harper D. (a cura), Mondi da vedere (1999), cit.:491-521, Franco Angeli, Milano

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CAPITOLO II La realtà della cultura della Kodak La cultura della fotografia è così diffusa, e il fatto di fare foto così normale e radicato, che tutti comprendono cosa si intendeva fotografare. Ma cos’è la “normalità” nel fare foto? Chi ha detto cosa è normale e cosa non lo è? La nascita di un figlio o un viaggio sono le giustificazioni più comuni per l’acquisto di una nuova macchina fotografica. Ci sono buone ragioni per cui le persone fanno più foto ai bambini quando sono piccoli che quando sono grandi. Kodak Culture è riferita a qualsiasi cosa una persona debba imparare, sapere o fare al fine di partecipare in modo appropriato a ciò che è stato definito come home mode della comunicazione per immagini. Studiando la cultura della Kodak, si arriva a sapere come le persone si organizzano socialmente per produrre versioni personalizzate delle loro esperienze di vita e come la cultura della Kodak fornisca un modo strutturato e schematizzato di vedere il mondo in termini di costruzione della realtà e di interpretazione. La cultura della Kodak non fu possibile fino a quando certi processi tecnologici non furono semplificati e resi accessibili ad un gran numero di persone [ Jekins 1976, Coe & Gates 1977; Olshaker 1978]. L’anno 1988 segnò l’accessibilità della macchina fotografica, con le famose parole: “Premi il pulsante, noi facciamo il resto”. Questa tendenza a provvedere alle necessità della comunicazione home mode, continua fino ai giorni nostri. La quantità di foto familiari annualmente prodotte è enorme ed in continua crescita. Come ama dire Kodak: “Che cosa sarebbe il mondo senza le immagini?”4

Spot pubblicitario della Kodak sul sito:

http://www.zeusnews.it/index.php3?ar=stampa&cod=7652 il 09/06/2008

4 Spot pubblicitario della Kodak.

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CAPITOLO III “Polaroid people” Gli album di famiglia 5 contengono più foto riguardanti la nascita e non la morte, o i successi e non gli insuccessi o le delusioni, i momenti di vacanza e non di attività professionale. Quello che compare nella foto non è un mondo reale, fatto di gente in carne ed ossa, ma è la rappresentazione visuale di una comunità simbolicamente formata. Questo mondo simbolico viene chiamato da Chalfen “Polaroid people”. In che modo delle apparizioni istantanee di particolari persone influenzano il nostro ricordo delle persone che abbiamo, in passato, conosciuto direttamente, o strutturano un’impressione su chi non incontreremo mai? Per esempio, come arriviamo a conoscere una nonna o un nonno ormai morti? Che cosa significa “comunicare dall’album”, e di converso, non comunicare da lì? Come integriamo queste immagini fotografiche con altre informazioni che ci vengono da altre fonti su persone, fatti, azioni, successi specifici? Lo scopo di chi fa ricerca sulla comunicazione visuale “home mode” è quello di scoprire quanto e in che misura il mondo simbolico della gente Polaroid influenzi la conoscenza del mondo reale, quanto e in che misura la vita venga trasformata in versioni della vita stessa simbolicamente rappresentata, quanto e in che misura le due comunità (quella reale e quella simbolica) si leghino l’una all’altra. Va chiarito che la gente della Polaroid della cultura Kodak, è solo “dentro” le fotografie, e non va confusa con le persone reali che scattano e guardano le foto.

http://www.vmv.it/album+di+famiglia_1-1-74-0-0.aspx

5 http://www.vmv.it/album+di+famiglia_1-1-74-0-0.aspx - ALBUM DI FAMIGLIA - Le foto di come eravamo, nei nostri album di famiglia. Del VIRTUAL MUSEUM VALLEE Il VMV è un Centro Culturale che raccoglie un patrimonio iconografico disperso in vari contesti locali. È uno spazio collettivo aperto a tutti coloro che vogliono formare una community che dibatte e diffonde l’identità della Valle d’Aosta.

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CAPITOLO IV “Approccio sociovidistico” La proposta metodologica di Chalfen per l’analisi della comunicazione visuale home mode è definita dall’autore stesso approccio sociovidistico, termine cn il quale vuole integrare i contributi della sociolinguistica con quelli della vidistica di Worth [1966]6. L’approccio vidistico è teso ad isolare ed individuare gli elementi della comunicazione filmica, considerata in quanto linguaggio dotato di suoi propri codici, regole e modelli. La sociolvidistica estende l’analisi al contesto sociale e culturale in cui tale comunicazione ha luogo ed è quindi la descrizione sistematica e l’analisi delle forme simboliche visuali all’interno di un processo di comunicazione sociale, a sua volta determinato da, e identificato come, un processo culturalmente strutturato [Chalfen 1981]7.

Griglia d’analisi della sociovidistica8

EVENTI COMPONENTI

PARTECIPANTI SCENARI ARGOMENTIFORMA DEL MESSAGGIO CODICE

PIANIFICAZIONE DI FRONTE

ALL'OBIETTIVO

DIETRO ALL'OBIETTIVO MONTAGGIO ESPOSIZIONE

Attraverso la griglia d’analisi della sociovidistica il processo di comunicazione fotografica viene scomposto nei suoi elementi (partecipanti, scenario, soggetto, forma del messaggio e stili o codici) ed eventi base (pianificazione, ripresa, montaggio e esposizione), in modo che ciascuno di essi possa essere rapportatola contesto sociale di riferimento. Questo procedimento rende possibile la comparazione di fotografie di gruppi diversi, culture diverse e diversi stili di ripresa. Per ogni foto si tratterà di descrivere il chi, che cosa, dove e quando della foto stessa. A questo punto è necessario domandarsi se il framework sociovidistico sia sufficiente in sé o se l’analisi della comunicazione visuale debba essere integrata con altre fonti.

6 Worth S. (1966), Film as Non-Art: An Approach to the Study of Film, “American Scholar”, n.35: 322-334 7 Chalfen R. (1981), A Sociovidistic Approach to Children’s Filmaking: The Philadelphia Project, “Studies in Visual Communication”, vol.7: 22-31 8 Fonte: Chalfen R., 1997.44.

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Chalfen è solito intervistare i componenti delle famiglie di cui analizza gli album, perché sostiene che le immagini da sole dicono tutto e non dicono niente. Sono coloro che le guardano che, usando prima gli occhi, poi il cervello, poi la mente e infine la voce, dicono qualcosa sulle immagini9. I processi di comunicazione per immagini consistono di 5 tipi di “eventi di comunicazione” e 5 tipi di “componenti” possono essere usati per descrivere il funzionamento di ogni evento10.

Griglia d’analisi album di famiglia Album di famiglia anni 60/70 n.57 foto b/n e n.3 foto colori – Soggetto:

Stefano Pasquino dalla nascita alla prima Comunione

EVENTI COMPONENTI

PARTECIPANTI SCENARI ARGOMENTI FORMA DEL MESSAGGIO CODICE

PIANIFICAZIONE io e mia madre giardini di casa/città i fiori/ la casa foto album occhi verso

fotocamera DI FRONTE

ALL'OBIETTIVO famiglia in posa viaggi mare/montagna foto tessera abiti della festa

DIETRO ALL'OBIETTIVO

padre (solo lui sa usare la macchina

fotografica)

gita santuari/parchi foto scuola ritratto prima Comunione

MONTAGGIO album dei ricordi

monumenti di Vercelli famiglia/parenti/amici foto ricordo in cornice

sempre alla luce del giorno esterni

ESPOSIZIONE solo parenti o amici matrimoni figlio che cresce polaroid istantanee campo

medio lungo EVENTI PIANIFICAZIONE: qualsiasi decisione formale o informale riguardo la produzione di una o più immagini fotografiche. Che tipo di preparazione sociale avviene prima della foto? Chi decide quando vanno fatte? DI FRONTE ALL'OBIETTIVO: le persone tendono a mettersi in posa o agire in modo diverso. DIETRO ALL'OBIETTIVO: a chi si chiederà di usare la macchina fotografica? Ci sono luoghi o momenti specifici che richiedono l’uso della macchina fotografica? MONTAGGIO: qualsiasi azione che trasformi, elimini, disponga le immagini, ci sono immagini viste come brutte? Quali sono i criteri? Foto tagliate, disegni sulle foto, didascalie. Operazioni del montaggio che si fanno per creare una resa simbolica preferita del passato, della realtà.

9 Patrizia Faccioli, Giuseppe Losacco (2006), Manuale di Sociologia Visuale, Franco Angeli cit.:93 10 Richard M. Chalfen (1987), Snapshot Version of Life, Bowling State University Popular Press, Bowling Green, Ohio

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ESPOSIZIONE: azioni dopo la ripresa (foto/film) per essere viste in un contesto pubblico, come si organizzano socialmente gli eventi di esibizione? COMPONENTI PARTECIPANTI: tutti quelli che fanno le foto, vi compaiono, le guardano. SCENARI: la componente sfondo fa riferimento a quando e dove ha luogo un particolare evento di comunicazione. ARGOMENTI: il contenuto dell’immagine, in termini di soggetti, attività, eventi e temi rappresentati nelle foto. Che cosa è ritratto in questa foto? FORMA DEL MESSAGGIO: è la forma tangibile, la “specie” o il genere dell’immagine; i messaggi home mode includono foto tessere, foto album di famiglia, ritratto della Comunione in cornice. CODICE: comprende i caratteri che definiscono una particolare forma di messaggio o “stile” di costruzione e composizione di immagine. Produzione domestica. Che cosa si trova nella produzione domestica di immagini? Tra le prime ricerche effettuate con questo scopo ricordiamo quella condotta da Bourdieu11 sulle fotografie delle famiglie contadine della Francia degli anni 60. Due terzi delle foto esaminate da Bourdieu mostrano tre eventi fissi: cerimonie famigliari, incontri con amici e vacanze estive. Album della famiglia Pasquino. Il punto di partenza di un album di famiglia è la nascita di un bambino, che spesso coincide con l’acquisto della macchina fotografica. (Nel caso della famiglia Pasquino l’acquisto della macchina fotografica è avvenuto qualche mese dopo la nascita del figlio Stefano per motivi economici).

Stefano Pasquino - Album della famiglia Pasquino anni 60/70 Pagina 1

11 Pierre Bourdieu – Sociologo francese - http://it.wikipedia.org/wiki/Pierre_Bourdieu

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Seguono le foto del primo anno di vita, con tutta la serie delle “prime volte”.

Album della famiglia Pasquino anni 60/70

Pagina 2 – Pagina 4

Parenti e amici.

Album della famiglia Pasquino anni 60/70

Pag. 5 Stefano P. e cugina Emauela Pag. 12 Stefano P. al matrimonio dello zio paterno Evasio

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I riti di passaggio e quindi i cambiamenti di status a comparire nelle foto, Comunione, Cresima, compleanni.

Album della famiglia Pasquino anni 60/70

Pag. 16 Stefano P. Comunione (foto ritratto in cornice) Età adulta. Le foto scattate in occasione dei riti di passaggio concretizzano in forma simbolica la rete di relazioni, sia quella ristretta che quella più allargata.

Foto del matrimonio di Stefano Pasquino (Album di famiglia del 1994)

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Nella vita matrimoniale diventando adulti si inseriscono immagini di riunioni di famiglia, eventi speciali, vacanze, e oggetti della cultura materiale: casa, auto, barca.

Foto delle vacanze della famiglia di Stefano Pasquino (Album di famiglia del 2005)

Nuovo ciclo di vita. Il cerchio si chiude con la nascita di un bambino, che da inizio a un nuovo ciclo di vita simbolicamente rappresentato nell’album. (La nascita del figlio Lorenzo è coincisa con l’acquisto della prima videocamera da parte di Stefano Pasquino).

Prima foto di Lorenzo Pasquino (Album di famiglia del 1996)

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CAPITOLO V “Analisi delle funzioni degli album di famiglia” Le foto di famiglia rinforzano le relazioni e il senso di comunità, perché il mondo ritratto negli album consiste in una determinata e selezionata cerchia di persone (parenti e amici) ripresi in una gamma limitata di ambienti e attività, anno dopo anno.

Foto Album famiglia Pasquino 2002 (foto in cornice sulla parete del soggiorno)

Funzione di interazione. Sia fare le foto che mostrarle è un’occasione e un modo di interagire. Le foto personali non vengono presentate a chiunque, perché mostrare un album di famiglia equivale a invitare lo spettatore a fare delle supposizioni sulla famiglia stessa12. Funzione di presentazione di sé. Si possono capire le foto di famiglia a partire dalla prospettiva drammaturgica che Goffman [1969]13 ha usato come chiave di lettura metaforica per l’analisi della presentazione di sé nella vita quotidiana.

12 Stokes P. (1992), The Family Photograph Album: So Great a Cloud of Witnesses, in Clarke G. (ed), The Portrait in Photography, Reaktion Books, London: 193-223 13 Goffman E. (1969), Espressione e identità, Mondadori, Milano (ed. orig.:1959)

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Funzione di memoria. Le foto di famiglia aiutano a riordinare i ricordi delle persone, dei luoghi, degli eventi e dei dettagli [Chalfen 1997]14. L’album serve quindi per ricordare eventi considerati importanti, di conseguenza si mette nell’album quello che si vuole ricordare in futuro, cioè si costruisce il passato. Funzione di documentazione. L’album di famiglia documenta e conserva un’immagine del mondo in cui le cose stavano in modo da consentire di afferrare i momenti per poterli rivivere successivamente [Chalfen 1997]15.

14 Chalfen R. (1997), Sorrida, prego! La costruzione visuale della vita quotidiana, Angeli, Milano (ed. orig.:1987) 15 Chalfen R. (1997), Sorrida, prego! La costruzione visuale della vita quotidiana, Angeli, Milano (ed. orig.:1987)

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CAPITOLO VI “Le foto sui muri di casa come gli album di famiglia” Che cosa fa la gente comune con le proprie immagini? Ciò implica lo studio di quello che la gente comune fa materialmente con le proprie immagini, come la gente si organizza per esporle e secondariamente come si organizza per presentare se stessa attraverso le immagini. La ricerca che abbiamo sviluppato ha come materiale di analisi le foto in cornice collocate sul muro della cucina/soggiorno della casa Tarizzo di Rivarolo Canavese (TO), casa dei suoceri di Stefano Pasquino.

Foto sul muro della Famiglia Tarizzo La foto dei figli; Danila, Piero e Vittorina nel cortile di casa (1969)

Foto sul muro della Famiglia Tarizzo

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Le foto dei nipoti; Viola, Giulia, Lorenzo e Lisa e una foto della Sig.ra Tarizzo Con le figlie e le nipoti (le donne della famiglia)

Foto sul muro della Famiglia Tarizzo La foto della nipote Viola Tarizzo nel giorno della laurea

Foto sul muro della Famiglia Tarizzo Partendo da queste foto abbiamo indotto una serie di assunti di livello generale su cui si fonda la costruzione sociale di senso comune del mondo visuale delle fotoricordo:

- Il raffigurativo delle immagini un tempo è stato reale, è successo davvero - Le immagini non mentono, riportano esattamente ciò che è stato - Il raffigurato, quando è stato ripreso, si stava svolgendo spontaneamente e

naturalmente - I personaggi ripresi sono sempre spontanei - La presenza della fotocamera era sempre palese

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- Ogni errore tecnico è tacitamente accettato - E’ dato per scontato che gli spettatori siano mentalmente in grado di

completare il senso dell’immagine indipendentemente dal raffigurato - Gli spettatori dovrebbero sempre cercare di rivivere ciò che è raffigurato

attraverso la scontata familiarità tra spettatori e raffiguranti.

L’insieme di questi assunti contestualizza, di volta in volta, la razione spettatori-immagini e ne fonda la strategia interpretativa facendoci cogliere le immagini come copie della realtà. E’ questa una capacità che abbiamo sviluppato anche attraverso altri media tecnici e canali percettivi.

La ricerca sugli album di famiglia e sulle foto sui muri, non trova quindi la sua ragione nel loro valore documentario, ma nella loro selettività soggettiva: analizzare le foto di famiglia significa entrare in relazione con la famiglia stessa per capirne i significati. Così come quando le foto vengono mostrate agli amici, vengono fuori elementi molto personali: collegati alle foto ci sono i ricordi, associazioni, informazioni che vanno oltre il contenuto delle foto. E ancora, analizzando molti album, e molte famiglie, anche appartenenti a culture diverse, si possono scoprire regolarità nell’uso della comunicazione visuale e questo porta a interrogarsi sul rapporto fra uso e valori, costumi e visioni del mondo.

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CAPITOLO VII “Immagini al termine della vita” La fine del ciclo vitale è raramente documentata nelle istantanee, poiché la maggioranza non accetta come argomenti appropriati gli ultimi momenti, la morte, le procedure, la cerimonia del funerale. Nella maggioranza dei casi non abbiamo foto di parenti morenti o morti16. Negli album della famiglia Pasquino sono presenti due foto rare secondo le teorie di Chalfen. La prima rappresenta il Sig. Carlo Paggi (bis-nonno di Stefano P.) pochi giorni prima della sua scomparsa a causa di una grave malattia, (testimonianza della figlia Paggi Giuseppina – nonna di Stefano P., la foto fu scattata da amici nel cortile dove il Carlo Paggi accatastava la legna per i vicini di casa). La seconda rappresenta il piccolo Antonio Pasquino (fratello di Stefano P.) deceduto due giorni dopo la nascita. (la foto è stata scattata da un parente).

Foto - Carlo Paggi (1935) Foto – Antonio Pasquino (1965) 16 Chalfen R. (1997), Sorrida, prego! La costruzione visuale della vita quotidiana, Angeli, Milano (ed. orig.:1987)

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Considerazioni finali Studiare le pratiche della vita quotidiana significa osservare i modi in cui gli individui, nella vita quotidiana, usano il linguaggio visuale come canale privilegiato di comunicazione. Fare ricerca su "quello che fa la gente con le immagini" significa studiare come le dimensioni visuali della globalizzazione vengono tradotte in comunicazione visuale per negoziare e scambiare i significati, per affermare appartenenze ed esclusioni, per definire le identità nel passato, nel presente e nel futuro, per dare un senso al quotidiano e per comunicare con gli altri. La produzione (come nel caso dei family album), lo scambio (come nel caso delle immagini inviate tramite i telefoni cellulari o internet) e tutte le pratiche della vita quotidiana associate alla comunicazione visuale possono essere analizzate come interpretazioni ed affermazioni sulla realtà. Ed è in questo ambito, credo, che si stanno continuamente aprendo scenari nuovi, legati alle tecnologie di visione e di visualizzazione, che vanno a modificare le relazioni sociali e i processi di costruzione del senso e delle identità.

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Bibliografia Chaplin E., Cultural Studies e rappresentazioni visuali: la crazione dei significati attraverso gli aspetti visuali del testo, in Faccioli P. e Harper D. (a cura), Mondi da vedere (1999), cit.:70-89, Franco Angeli, Milano Chalfen Richard M., (1987), Snapshot Version of Life, Bowling State University Popular Press, Bowling Green, Ohio Chalfen R. (1981), A Sociovidistic Approach to Children’s Filmaking: The Philadelphia Project, “Studies in Visual Communication”, vol.7: 22-31 Chalfen R. (1997), Sorrida, prego! La costruzione visuale della vita quotidiana, Angeli, Milano (ed. orig.:1987) Goffman E. (1969), Espressione e identità, Mondadori, Milano (ed. orig.:1959) Grady J., Le potenzialità della sociologia visuale, in Faccioli P. e Harper D. (a cura), Mondi da vedere (1999), cit.:491-521, Franco Angeli, Milano Patrizia Faccioli, Giuseppe Losacco (2006), Manuale di Sociologia Visuale, Franco Angeli cit.:93 Stokes P. (1992), The Family Photograph Album: So Great a Cloud of Witnesses, in Clarke G. (ed), The Portrait in Photography, Reaktion Books, London: 193-223 Worth S. (1966), Film as Non-Art: An Approach to the Study of Film, “American Scholar”, n.35: 322-334 Webografia http://www.richardchalfen.com Richard M. Chalfen http://www.vmv.it/album+di+famiglia_1-1-74-0-0.aspx ALBUM DI FAMIGLIA http://it.wikipedia.org/wiki/Pierre_Bourdieu Pierre Bourdieu