Quasi Sindaco - G. Pasquino

115
I m u r i b i a n c h i

description

Quasi sindaco è il racconto personale di un'avventura politica: la candidatura a sindaco di Bologna di Gianfranco Pasquino nel 2009 alla testa della lista civica "Cittadini per Bologna". Con ironia, ma anche con qualche preoccupazione per le molte, non sempre gradevoli, facce della città di Bologna, l'autore offre la sua interpretazione di candidato e di studioso di scienza politica. Ne emerge un ritratto di gruppo nel quale domina il Partito Democratico intorno al cui blocco di potere ruotano persino troppe persone, prodiani compresi, e associazioni e cooperative i cui stretti rapporti hanno finito per rendere impossibile qualsiasi innovazione e qualsiasi trasformazione. La delusione è stata grande di fronte a una maggioranza di bolognesi che hanno preferito la conservazione e che, alla fine, hanno trovato la loro città commissariata dopo anni di mediocre governo della politica. Il lettore trarrà gli insegnamenti che vuole, e ce ne sono molti. Bologna ci parla della sinistra, delle sue difficoltà, delle sue inutili e controproducenti furbizie, della auspicabilità di liberare la politica dai rapporti di potere e di convenienza e di suscitare conflitto aperto con regole chiare per cambiare positivamente, ma anche di una società nient'affatto dinamica e ingabbiata in vecchi schemi.http://urly.it/11qa

Transcript of Quasi Sindaco - G. Pasquino

Page 1: Quasi Sindaco - G. Pasquino

I m u r i b i a n c h i

Page 2: Quasi Sindaco - G. Pasquino

Progetto grafico e copertinaBosioAssociati, Savigliano (CN)

ISBN 978-88-8103-756-8© 2010 Edizioni Diabasis

via Emilia S. Stefano 54 I-42121 Reggio Emilia Italiatelefono 0039.0522.432727 fax 0039.0522.434047

www.diabasis.it

Clicca qui per leggere la scheda editoriale dell'opera.

Page 3: Quasi Sindaco - G. Pasquino

Gianfranco Pasquino

Quasi sindacoPolitica e società a Bologna

2008-2010

Page 4: Quasi Sindaco - G. Pasquino

Ai quattromila quattrocento quarantotto elettoridella lista “Cittadini per Bologna”

con gratitudine.

Page 5: Quasi Sindaco - G. Pasquino

Gianfranco Pasquino

Quasi sindacoPolitica e società a Bologna2008-2010

Appena una premessa

Capitolo primoFare politica

Capitolo sestoIncontrarsi, così

Capitolo secondoSe queste sono primarie

Capitolo settimoDisinformazia

Capitolo terzoI visitors

Capitolo ottavoVaste programme

Capitolo quartoIl candidato latitante

Capitolo nonoBilancio e commiato

Capitolo quintoLa zampa di Prodi

AppendiceProgramma dei“Cittadini per Bologna”

Page 6: Quasi Sindaco - G. Pasquino

Appena una premessa Indice

Dalla metà di ottobre del 2008 all’8 giugno del 2009 mi sono gradualmente impegnato in un’avventura politica rappresentata dalla campagna per diventare sindaco di Bologna. Fin dall’inizio ero perfettamente consapevole che la vittoria costituiva una missione impossibile. Tuttavia, ero anche convinto che quella campagna potesse effettivamente equivalere ad una “missione”, vale a dire a un tragitto politico e programmatico nel corso del quale sarei riuscito ad incidere in qualche modo sull’opinione pubblica e sulla politica bolognese. Adesso, sono in grado di affermare che, da un lato, ho sottovalutato la difficoltà del compito e, dall’altro, ho nettamente sopravvalutato la disponibilità e l’apertura dell’opinione pubblica bolognese e la qualità della politica locale.

In seguito, per molti mesi successivi, mentre ero impegnato in altre attività − insegnare all’Università di Bologna, fare ricerca all’Italian Academy for Advanced Studies in America alla Columbia University, dirigere il Master in Relazioni Internazionali Bologna-Buenos Aires, scrivere commenti di politica, tenere conferenze, passeggiare lungo le spiagge della Romagna −, ho pensato, senza lasciarmi ossessionare, a come era andata la nostra campagna elettorale e al suo sicuramente deludente esito. Ma ho anche riflettuto sullo stato di degrado politico e amministrativo in cui è caduta la città, naturalmente, con alcune eccezioni importanti, e dal quale neppure l’eccellente opera di un bravo Commissario mandato dal governo, Annamaria Cancellieri, riesce a risollevarla. Tuttavia, l’interludio del Commissario e la “sospensione della politica”, oltre a stabilizzare la situazione, hanno messo in evidenza le grandi potenzialità, purché se ne abbiano le capacità e la volontà, di una corretta amministrazione quotidiana. Mentre nelle sedi dei partiti, nelle redazioni di alcuni quotidiani, nei salotti borghesi, molti ben pasciuti coccodrilli versavano inutili e tardive lacrime sulla città “ferita” dal commissariamento, tutto meritatissimo, anche dai piangenti, e “umiliata”, per colpa di buona parte dei suoi cittadini-elettori e dei suoi dirigenti politici, lentamente, ma amaramente, maturava in me la convinzione che dovessi mettere per iscritto quanto abbiamo fatto, malfatto, non fatto, tentato di fare. Che lo dovessi in particolare ai miei elettori, a coloro che hanno votato la lista civica “Cittadini per Bologna”, a coloro che in quella lista sono entrati, a coloro che

Page 7: Quasi Sindaco - G. Pasquino

variamente ci hanno aiutati e finanziato.Quello che segue è un racconto non soltanto

personale, ma politico. Mi auguro che sia utile; lo credo indispensabile. È giusto che quanto abbiamo fatto, noi “Cittadini per Bologna”, sia ricordato. Può servire di insegnamento, prima di tutto a noi. Ma è anche una riflessione delicata sulla politica in quella che una volta era considerata la capitale rossa del buongoverno. Ecco, nelle pagine che seguono desidero che i lettori e gli elettori trovino un tentativo di spiegazione, senza cedimenti a una tradizione che non esiste più, ad un mito che si è logorato da più di un decennio, a lamentazioni spropositate e a ingiustificabili esibizioni di orgoglio cittadino. Questa è la mia personale spiegazione, inevitabilmente incompleta, che sarò lieto di mettere a confronto con altre spiegazioni, in una città nella quale, peraltro, il confronto aspro e argomentato, ma civile, sembra essere quasi totalmente scomparso. Peccato, poiché confrontandosi con le opinioni altrui e con qualche dato duro si riesce sempre ad imparare qualcosa. Almeno, ci si può provare.

Bologna, settembre 2010

Page 8: Quasi Sindaco - G. Pasquino

Capitolo primoFare politica

Indice

“Ma chi te lo fa fare?”: è stata la domanda più frequente dopo che, all’inizio del febbraio 2009, annunciai ufficialmente la mia candidatura1 in una conferenza stampa al Bar La Linea (che ringrazio per la sempre gentile ospitalità). Quella domanda ce la eravamo posti molte volte anche noi, prima di creare la nostra Associazione, “Cittadini per Bologna”, e di decidere che, sì, questa volta non potevamo proprio tirarci/tornare indietro. Erano molte le considerazioni che ci avevano spinto a “farlo”. Credo di non sbagliare se affermo che il nostro piccolo, avremmo presto, ma già troppo tardi, capito, che era troppo piccolo, gruppo era fortemente motivato a misurarsi in una campagna elettorale per una molteplicità di ragioni. Dunque, anzitutto, me lo ha fatto fare il gruppo. Con quasi tutti loro, meno due o tre, che nutrivano altre non confessate mire e che se ne sarebbero andati, condividevo, in maniera più o meno ampia, due motivazioni. La prima era che pensavamo di avere qualcosa di importante da immettere nel circuito del discorso politico e programmatico di Bologna. Sapevamo che tipo di città avremmo voluto disegnare e quali contenuti, non soltanto utili, ma originali, collocare nel nostro sintetico programma. Non volevamo certamente scrivere una superflua e fuorviante enciclopedia delle cose da fare, tipo quelle 283 famigerate pagine della Fabbrica del Programma di Prodi 2006, che costituiscono l’esempio peggiore, indimenticabile, tutto da evitare. La seconda motivazione era, e non ci sembrava affatto illusoria alla luce dello stato confusionale del Partito Democratico, proprio quella di cambiare quel partito e i suoi dirigenti.

Grande fu lo scandalo quando «la Repubblica» locale mise come titolo a una mia intervista che mi auguravo la sconfitta del PD e dei suoi dirigenti. Era un’affermazione che non ho ritrattato e che, anzi, considero assolutamente meritoria. Conteneva una pluralità di significati sui quali, purtroppo, nessuno volle allora misurarsi. La sconfitta dei dirigenti del Partito Democratico poteva anche cominciare con l’essere costretti ad andare al ballottaggio con il loro mediocre (poi si scoprì che era anche qualcosa di più grave) candidato, perdere molti voti, dovere dare le dimissioni.

1 Guarda la galleria fotografica della campagna elettorale.

Page 9: Quasi Sindaco - G. Pasquino

Non ho niente né da aggiungere né da cambiare: titolo e obiettivo sono, e rimangono, anche se polemicamente esagerati, sostanzialmente corretti. A distanza di molti mesi, sono, però, più che lieto di constatare che il segretario provinciale del Partito Democratico, Andrea De Maria, ha dovuto lasciare la carica. Il partito, che è un’associazione costosamente benefica e assistenziale, gli ha offerto un posto, leggere “stipendio”, a Roma, tanto là a fare danni sono in molti. Che il “vigilante” Claudio Merighi, braccio armato di Delbono, e grande sparatore di dichiarazioni offensive nei miei confronti, subito premiato con la carica di vice-sindaco, ma poi travolto dalle dimissioni del suo pupillo, ha trovato posto, per ragioni che mi sfuggono, nella segreteria, evidentemente altro luogo assistenziale, del Presidente della Regione Emilia-Romagna, Vasco Errani. Purtroppo, per tutti, Salvatore Caronna, l’altro grande sponsor di Delbono, ha trovato asilo politico fino al 2014 nel Parlamento Europeo. Sul suo significativo contributo al governo del partito di Bologna e dell’Emilia- Romagna, parlano le dimensioni dei voti perduti dal 1999 ad oggi, intorno al quindici per cento.

In quella limpida dichiarazione e in quel preciso proposito, non ero affatto stato “frainteso”, anche se, naturalmente, «la Repubblica» non aveva nessunissima intenzione di riferire esattamente le mie dichiarazioni quanto piuttosto di mirare a screditarmi negli ambienti della sua sinistra da salotti e altri luoghi poco raccomandabili per chi volesse provare a cambiare la politica. Non so quale sia stato il grado di successo del quotidiano in termini di vendite e di influenza. Comunque, quei salotti, che già frequentavo molto sporadicamente, cessarono qualsiasi invito dal momento in cui sembrò, fine novembre 2008, che avrei potuto essere candidato. Per quanto già ampiamente screditati dalla manfrina che avevano condotto prima di ingoiare senza una sola riserva il paracadutamento di Cofferati nel giugno del 2003, i salotti della cosiddetta borghesia rossa continuarono imperterriti nel loro cieco settarismo, mai discutendo il merito o il demerito della mia candidatura (prima i programmi, poi, magari anche le persone, con la loro storia, la loro biografia, le loro eventuali qualità), sempre sostenendo acidamente e obliquamente che avrei fatto perdere il candidato del PD. Un omaggio francamente esagerato, sicuramente non fondato su nessun dato accertabile.

Quanto alle altre motivazioni della candidatura, sono inevitabilmente legate a me, alla mia persona, alla mia biografia professionale e politica. Allora e ancora di più

Page 10: Quasi Sindaco - G. Pasquino

adesso, i cittadini di Bologna sono esposti alla intollerabile valanga di esternazioni dei candidati e dei collaboratori dei quotidiani locali che dichiarano a voce alta di “amare la città”. È un tripudio di ipocrisia. Anche a noi, “Cittadini per Bologna”, e a me, una città meglio amministrata piacerebbe molto. Per questo decidemmo di fare la campagna elettorale e di prendere parte alle elezioni. La nostra quota di “amore” continua, però, ad andare ad altre cose molto più importanti: la giustizia sociale, il governo delle leggi, l’eguaglianza di opportunità, persino, una certa idea di patria e di Europa nonché comprensibilmente di Bologna. Certo, non riusciamo affatto a provare amore per i comportamenti, non soltanto elettorali, di molti bolognesi. Dunque, volevamo mettere all’opera non alcuni vaghi e altisonanti sentimenti amorosi, tutti da sottoporre a verifica, ma il nostro impegno per migliorare la vita di coloro che sanno che, seppure a fatica, una Bologna migliore è possibile a condizione che venga sconfitto il blocco di potere costruitosi e cementatosi intorno al PCI e poi trasferitosi armi e bagagli, senza nessuna defezione e, quel che più conta, senza nessuna perdita di “posti di lavoro”, sul Partito Democratico.

Oltre all’impegno, che avremmo imparato essere molto costoso in termini di energie, tempo, denaro, amarezze e frustrazioni, altri due elementi furono alla base della mia decisione. Da un lato, la reazione contro un’ennesima, ancorché classica, ipocrisia: quella di coloro che sostengono che le proprie personali candidature sono motivate da “spirito di servizio”. Pronunciata, poi, con grande sussiego, qualche volta appena sussurrata, da personaggi che traggono da cariche politiche il loro abbondante sostentamento, comunque superiore a qualsiasi compenso da loro acquisibile sul mercato, questa frase era e rimane assolutamente irritante. Chi fa politica, quand’anche cominciasse, ma ci credo pochissimo, per spirito di servizio, capisce rapidamente quanti sono i privilegi, di condizioni di lavoro, di status, di reddito, di visibilità, qualche volta persino di prestigio (sic) di cui gode. Non a caso quasi nessuno dei politici smetterebbe mai di sua propria volontà. Sarebbe, dunque, molto più apprezzabile che coloro che fanno politica dichiarassero sinceramente che lo fanno per “ambizione”. Se poi la loro ambizione si limita a quei privilegi, peccato. Toccherà agli elettori e all’opinione pubblica castigarli. Personalmente, la mia ambizione è sempre consistita nel cercare di cambiare le situazioni, ovviamente,

Page 11: Quasi Sindaco - G. Pasquino

sperando di migliorarle con idee, proposte, scritti, interventi, stile di comportamento e, soprattutto, sostenendo con voce alta e forte il mio dissenso, e argomentandolo trasparentemente, in pubblico. Sì, fra le varie motivazioni che mi hanno spinto a candidarmi c’era proprio l’ambizione unita alla convinzione che saremmo riusciti a fare vedere che è possibile produrre qualcosa di molto diverso da una politica burocratica e che è possibile farlo anche con pochi soldi.

Infine, ed è la motivazione più delicata da esprimere, ma che pensavamo, in seguito, almeno io ho cambiato idea, che fosse ampiamente diffusa in città: per “senso civico”. Ci sono certamente a Bologna molte persone che vogliono partecipare e che si impegnano in associazioni dei più vari tipi. Le abbiamo incontrate. Purtroppo, molte di loro, non tutte, hanno poi, probabilmente perché non siamo riuscite a convincerle, deciso di mantenere i loro tradizionali comportamenti di voto. Quel che rimane, però, è che il mio “senso civico” e quello di molti dei miei collaboratori si è espresso, come centinaia di persone possono testimoniare, nell’incontrare e nel dialogare con tutti coloro che ne avessero voglia: davanti ai supermercati, nelle strade e nelle piazze, nelle iniziative pubbliche che abbiamo organizzato. La politica non è solo partecipazione. È anche dialogo fra persone: ascoltare, conversare, spiegare, persuadere, rivedere le proprie idee. Ci abbiamo provato. Da questo punto di vista non abbiamo nulla da rimproverarci. Da altri punti di vista, ovviamente, anche alla luce dell’esito, sicuramente sconfortante e piuttosto al di sotto delle nostre aspettative, è evidente che abbiamo parecchio da rimproverarci e da spiegarci, oltre che da imparare. Nel corso di questo libro, cercherò nella maniera più esauriente e più candida possibile, ma certo mai disinteressata, di capire che cosa è successo, perché è successo e se poteva essere diverso.

AvvertenzaFarò riferimento alle persone, individuate con nomi e cognomi, soltanto quando è strettamente necessario. Non è mia intenzione coinvolgere in questo racconto nessuno che non lo voglia. D’altronde, anche se “Cittadini per Bologna” non è affatto stata una mia avventura personale, e colgo l’occasione per ringraziare coloro che si sono lealmente impegnati con me, questo piccolo libro contiene il mio punto di vista, non l’unico possibile, ma certamente un punto di vista autentico e sincero. Per questo, sono costretto ad oscillare fra due pronomi “io”, quando mia è l’opinione e mia la responsabilità, e “noi” quando ho fondati motivi per credere che la posizione che esprimo era ed è condivisa dai “Cittadini per Bologna”.

Page 12: Quasi Sindaco - G. Pasquino

Capitolo secondoSe queste sono primarie

Indice

Le primarie per la scelta del candidato del Partito Democratico alla carica di sindaco di Bologna sono cominciate molto prima di qualsiasi data ufficiale. All’inizio dell’ottobre 2008, un paio di giorni dopo che il collega professor Paolo Pombeni mi aveva comunicato che sarebbe stato il Presidente del Comitato per la Rielezione del Sindaco Sergio Cofferati, questi, già ricandidatosi, dopo averlo ricevuto per discutere una prima impostazione della campagna elettorale, annunciava la sua rinuncia per motivi di famiglia. Senza perdere un attimo di tempo, forse persino sollevati da un peso, i dirigenti del PD locale, vale a dire, il segretario provinciale Andrea De Maria e il segretario regionale Salvatore Caronna, lanciarono la candidatura di Flavio Delbono. Con interventi evidentemente già concordati in anticipo, a sostegno di Delbono arrivarono subito le dichiarazioni dell’anziano ex-sindaco nonché presidente dell’Assemblea cittadina del PD, Renato Zangheri, del quasi segretario nazionale, Pierluigi Bersani, quattro anni prima evocato come “briscolone”, e del Presidente della Regione Emilia-Romagna, Vasco Errani, comprensibilmente soddisfatto dell’uscita dalla scena regionale di un probabile aspirante alla sua carica.

Debbo subito ricordare che, nella sua qualità di segretario provinciale di Bologna, Caronna si era impegnato allo spasimo, proprio quattro anni prima, per evitare le primarie che era consapevole di non riuscire a controllare. Adesso, la situazione era cambiata. Da un lato, lo Statuto del Partito Democratico impone le primarie per tutte le cariche elettive monocratiche; dall’altro, evidentemente, candidando un ex-Margherita, oltre a prevenirne le temibili e temute richieste che Delbono, Assessore al Bilancio e Vice-presidente della Regione Emilia-Romagna, avrebbe fatto pervenire per una sua promozione alla Presidenza, era plausibile acquisire anche qualche prestigioso appoggio cittadino. Fatto sta che prima che si stilasse un regolamento, esisteva già un front runner appoggiato dai pezzi da novanta del Partito bolognese ed emiliano. Al riguardo, sarebbe interessante conoscere il parere dei prodiani e, in special modo, della portavoce di Prodi, la quale si è ritagliata il ruolo di vestale delle primarie alla sola condizione che riguardino gli altri. E dire che, quando le

Page 13: Quasi Sindaco - G. Pasquino

primarie le chiedeva ad alta voce, contro la riconferma di Cofferati, il Presidente del Quartiere Santo Stefano, Andrea Forlani, per tutta l’estate 2008 i dirigenti del PD avevano detto picche oppure opposto, strategia abituale per molti di loro, una combinazione di sprezzante sbeffeggio e di sublime indifferenza. Nonostante vari maltrattamenti e altre disavventure, Forlani è tuttora nel partito.

In qualche modo, mentre gradualmente entravano in lizza, oltre a Forlani, l’assessore della Giunta Cofferati, Virginiangelo Merola, e il Presidente del Consiglio provinciale (dopo dieci anni di presidenza del Consiglio comunale), Maurizio Cevenini, nel mese di ottobre venne stilato un primo regolamento. In effetti, avendo già partecipato alle non luminosissime primarie del 1998, arrivando secondo con distacco, dietro la candidata di buona parte dell’apparato dei Democratici di Sinistra e del sindacato CGIL-SPI, Cevenini deve essere considerato, da tutti i punti di vista, oltre che “legittimante”, recidivo. Quanto ad alcuni dei “Cittadini per Bologna”, unitamente ad un relativamente ristretto gruppo di persone, lavoravamo da tempo per conseguire tre ambiziosi obiettivi. Primo, fare sì che le primarie diventassero uno strumento, facilmente attivabile, ma non necessariamente obbligatorio, che sarebbe anche stupido qualora esistesse un unico candidato, per di più insediato in una carica monocratica e con buone probabilità di rielezione: non siamo dogmatici fondamentalisti. Secondo, ottenere che le primarie fossero aperte, ovvero che vi potessero partecipare e votare tutti coloro che si riconoscevano grosso modo nell’area della sinistra democratica, e di coalizione, in modo da attrarre e, certo, anche da vincolare all’esito, i partiti e le associazioni di coloro che vi partecipavano. Terzo, renderle intelligentemente tempestive, ovvero tenute in un periodo non troppo distante dalla data delle elezioni alle quali fanno riferimento in modo da sfruttare al meglio la carica di partecipazione e di slancio che primarie fatte bene, vale a dire secondo le regole, sono in grado di sprigionare. Sono esigenze tuttora valide.

Fissiamo il punto preliminare più importante. Quello che è stato a lungo oggetto di discussione all’interno del nostro gruppo, non era la mia personale candidatura a sindaco, ma le modalità con le quali ottenere che quelle tre richieste entrassero nel dibattito, fino ad allora, assolutamente ripiegato su se stesso, autoreferenziale e non privo di propensioni manipolatorie, che si svolgeva nel Partito Democratico. Le ritenevamo prioritarie e

Page 14: Quasi Sindaco - G. Pasquino

sistemiche, vale a dire, che venivano prima di ogni altra considerazione e che non dovevano giovare a qualcuno, ad uno specifico candidato o partito, ma al sistema politico bolognese.

Quando fu abbastanza chiaro che nessuna delle richieste che avevamo debitamente inoltrato sarebbe stata presa in considerazione, ci ritrovammo ad oscillare fra due poli: prendere atto e lasciare perdere oppure entrare nelle primarie e portare le nostre richieste nel cuore, meglio, nel molle e pesante corpaccione del partito. Nonostante l’evidente complessità della seconda opzione, si manifestò una chiara maggioranza a favore della mia partecipazione alle primarie del Partito Democratico. Personalmente, continuavo ad essere dubbioso. Forse conoscevo il partito e i partitanti meglio dei miei giovani, entusiasti, ma, per lo più, piuttosto ingenui, sostenitori. Quando decidemmo, eravamo, però, colpevolmente arrivati molto, troppo vicini alla data di scadenza per la raccolta delle firme. Qui fecero la loro comparsa il bizantinismo del regolamento e le opportunità di manipolazione nella sua applicazione, che la maggior parte dei dirigenti del PD aveva intenzione di utilizzare a fondo, con impegno, puntiglio, furbizia.

Secondo il regolamento, per essere valida la candidatura doveva essere presentata con due modalità alternative. Prima modalità: raccogliendo un certo numero di firme degli iscritti, all’incirca 400 dei 12.500 iscritti al Partito Democratico. A richiesta, i responsabili dell’organizzazione si affrettarono a comunicarci che, per un guasto al server, non sarebbe neppure stato possibile inviare un breve messaggio neppure ai 4.500 iscritti dotati di posta elettronica. Nessuno dei circoli cittadini del Partito sedicente Democratico, tranne quello al quale erano iscritti due dei miei collaboratori, si è prestato a raccogliere le firme. La seconda modalità consisteva nella raccolta di un certo numero di firme, se non sbaglio una cinquantina, dei componenti dell’Assemblea cittadina. Molti di costoro avevano fin dalla partenza già dato la loro firma ai vari candidati del partito. Poiché avevo votato nelle cosiddette “primarie” per Veltroni, vale a dire, più correttamente, l’elezione diretta del segretario ad opera dei simpatizzanti per il PD, svoltesi nell’ottobre 2007, (personalmente, non soltanto per evitare un esito “plebiscitario”, avevo votato per Rosy Bindi segretaria nazionale e per Antonio La Forgia segretario regionale), ero da considerare un “fondatore” del PD, con tanto di riconoscimento cartaceo. Quindi, avevo titolo per candidarmi alle primarie. Poiché, però, qui viene il bello, non mi ero

Page 15: Quasi Sindaco - G. Pasquino

iscritto, non potevo firmare per la mia candidatura. A quel punto, chiedemmo di avere accesso ai registri degli iscritti bolognesi per contattarli e chiedere se erano disposti a firmare per la presentazione della mia candidatura. La risposta, era ancora Kafka che, stilato il regolamento, dava la linea, fu chiarissima (sic). La parafraso. “Se Pasquino non conosce gli iscritti, è logico e giusto che non possa chiedere loro la firma e, di conseguenza, non riesca a candidarsi.” Il fatto è che, molto probabilmente, conoscevo di persona quelle quattro centinaia di iscritti le cui firme mi servivano, ed ero da loro sufficientemente conosciuto. Ma non potevo sapere chi era effettivamente iscritto oppure no semplicemente guardandoli in faccia uno per uno e chiedendolo loro di volta in volta. Comunque, in tempi brevi, neanche una settimana, raccogliemmo, senza potere utilizzare né i registri né i numeri di telefono (difesa assoluta della privacy, sulla quale lascio ai lettori la prerogativa, se vogliono, di commentare) circa 1.500 firme di sostenitori della mia candidatura, delle quali, però, soltanto 280 circa regolarmente iscritti al PD: non poche, ma non abbastanza.

Ci restava la seconda strada: chiedere le firme ai delegati all’Assemblea cittadina che fortunatamente si riuniva proprio in quei giorni. Frettolosamente, mi fu addirittura concesso di parlare. Dissi poche essenziali parole a quell’assemblea svogliata e distratta, non particolarmente interessata né a me né al loro stesso rituale dibattito. Comunque, era una assemblea poco frequentata; vi contai meno di duecento persone presenti su, credo, quattrocento componenti. Sintetizzo. «Molti di voi mi conoscono da anni. Sanno quali battaglie ho combattuto. Con molti di voi condivido numerose posizioni politiche ed etiche. Con altri, ho, naturalmente, differenze di opinione, anche profonde. Ma è chiaro che apparteniamo grosso modo alla stessa area politicoculturale. Se volete che io riesca a candidarmi, è necessario che un certo numero di voi mi dia la sua firma che non lo impegna per nulla a votarmi nelle primarie». Discorso breve e chiaro, senza concessioni, ma anche senza esasperazioni. Senza neanche un attimo di respiro chi presiedeva l’Assemblea, ovvero Luisa Lazzaroni, che sarebbe diventata famosa per fare da tramite fra Delbono e Cinzia Cracchi, diede la parola all’iscritto successivo, un presidente di quartiere. Ricevetti subito una risposta nient’affatto diplomatica o sibillina, in politichese, si direbbe franca. «Pasquino ha bisogno di firme? Si arrangi. Sono affari suoi». Nessuno intervenne dal palco

Page 16: Quasi Sindaco - G. Pasquino

a sostenere la tesi opposta, cioè che la mia presenza nelle primarie poteva essere utile anche per dimostrare l’apertura del partito, per fare circolare altre idee, se le avevo, per incoraggiare la partecipazione. Continuammo la raccolta, mentre nel pomeriggio del venerdì, per la precisione alle ore 15.42, ricevetti una curiosa posta elettronica da Mara Grilli, segretaria del prof. Carlo Galli, il quale aveva aggiunto alle molte cariche da lui già accumulate, anche quella di Presidente del Comitato per le Primarie del PD. La lettera allegata aveva il seguente contenuto gentilmente informativo:

Caro amico,ti comunico che il totale delle firme di

sottoscrizionedella tua candidatura alle prossime primarie,raccolte presso i circoli del PD alla data del 13 novembre2008, è di 4.

Mi affrettai a ringraziare mentre la situazione evolveva.

La scadenza fissata per la consegna delle firme era le ore 14 di martedì 17 novembre. Nel corso del pomeriggio di lunedì, i miei collaboratori furono informati per telefono e poi da una nota di agenzia che, con nostra enorme sorpresa, il candidato Delbono ci cedeva graziosamente e generosamente un certo numero, all’incirca una ottantina, di “sue” firme di iscritti al Partito Democratico, disponeva evidentemente di un buon surplus, affinché noi raggiungessimo la quota prestabilita per la candidatura. Già questa ci parve una scorrettezza regolamentare e politica. Quei firmatari avrebbero dovuto prima essere informati che cosa si stava facendo delle loro firme. Poi, avrebbero dovuto spiegare perché mollavano Delbono. Infine, perché intendevano appoggiare me. Quando, come ciliegina sulla torta, il candidato Delbono si spinse addirittura a dichiarare che, seconda plateale scorrettezza, firmava lui stesso la mia candidatura, ci siamo addirittura sorridentemente irritati. Poiché erano da poche settimane terminate le primarie USA, pensammo che, si parvissima licet…, sarebbe stato come se Barack Obama avesse firmato per la candidatura di Hillary Clinton e/o viceversa!

Ci siamo interrogati sul perché di quella bizzarra decisione, non sappiamo presa da chi. La risposta che ci siamo dati è che deve essersi svolto un conciliabolo “democratico” intorno al quesito: “Pasquino ci danneggia di più se raccoglie le firme e concorre oppure

Page 17: Quasi Sindaco - G. Pasquino

se non ce la fa e rimane fuori a piede e mente liberi?”. La risposta era facile. “Dentro” avrebbero potuto isolarmi, ad esempio, rendendo il mio accesso alle sezioni e agli iscritti quasi impossibile, e, una volta sconfittomi, mi avrebbero non soltanto escluso del tutto, ma anche “silenziato”. Fuori, non si sapeva che cosa avrei potuto fare. Vinsero i “dentristi”, ma giocarono male le loro carte. Infatti, in testa all’elenco delle firme “cedute” si trovava quella del Sen. Walter Vitali che, quando si profilava la mia candidatura, molto correttamente mi aveva detto personalmente di non sostenermi essendo stato lui, sindaco, a reclutare Delbono come Assessore al Bilancio del Comune di Bologna. Ne seguivano altre, il primo pacchetto in ordine alfabetico, poi alla rinfusa. Una volta deciso che la seconda opzione. “Pasquino a correre fuori”, era più temibile, i dirigenti del PD, continuo a usare questa espressione perché l’attribuzione delle responsabilità non è assolutamente chiara, decisero di annunciare senza imbarazzo che, grazie alle firme datemi da Delbono, ero automaticamente diventato candidato. Potevo soltanto rinunciare. Per ragioni politiche, vale a dire che sarei sempre stato etichettato come il candidato di second’ordine, in campo soltanto grazie alla “generosità” (carità pelosa?) di Delbono e di alcuni dirigenti del PD, e per ragioni etiche, vale a dire, il regolamento si rispetta sempre, a meno che si riesca a cambiarlo, non avevo altra scelta che la rinuncia. È interessante notare che nella successiva Assemblea cittadina, ancora una volta molto scarsamente frequentata, che ha ratificato l’esistenza di quattro candidati, tutti già con cariche amministrative, nessuno ha neppure menzionato il mio nome. Come se non fossi mai esistito.

Dunque, dopo una frenetica consultazione fra di noi, respingemmo l’offerta. Primo, dovevamo prendere atto che non eravamo stati capaci di raccogliere il numero richiesto di firme. Secondo, la cessione da parte di Delbono era, in effetti, una decisione dei dirigenti del PD, in particolare una furbata del segretario De Maria. Terzo, si sarebbe rivelata una polpetta avvelenata. Per tutta la campagna delle primarie, chiunque avesse voluto avrebbe potuto zittirci ricordandoci che eravamo in lizza soltanto per gentile concessione e che, dunque, mi comportassi riconoscendo la magnanimità del partito che troppo spesso mettevo sotto accusa per i suoi metodi e il suo stile, certamente lontani, anzi estranei, da una apprezzabile concezione democratica.

Prendemmo, dunque, atto, nonostante il vigoroso e

Page 18: Quasi Sindaco - G. Pasquino

rumoroso dissenso del nostro esperto di primarie nel mondo, Marco Valbruzzi, che la strada delle primarie non era più percorribile. Avremmo, fra l’altro, dato più che l’impressione che le procedure fossero state rispettate e avremmo legittimato l’esito. Al contrario, ad almeno uno dei candidati era stato offerto l’uso delle strutture del partito, compreso l’accesso indiscriminato all’indirizzario degli iscritti, e facilitazioni di ogni altro genere. Sarebbe, probabilmente, stato necessario raccontare tutto questo per filo e per segno, immediatamente. Tuttavia, da un lato, continuare nella polemica esplicita contro il Partito Democratico, che vantava la democraticità delle sue procedure, non ci sembrava una operazione particolarmente eccitante e, a quel punto, neanche produttiva di conseguenze positive, e per chi? Dall’altro, l’attenzione dei mass media si era, giustamente, subito orientata verso i quattro candidati, verso i loro sostenitori, che andavano schierandosi, verso le loro rispettive campagne e le idee. La votazione avrebbe avuto luogo entro meno di quattro settimane, il 14 dicembre 2008, data che già avevamo criticato perché, troppo distante, dal voto cittadino (8 giugno 2009), non avrebbe in alcun modo consentito di sfruttare l’abbrivio di primarie fatte bene.

Alla luce di quanto già sapevamo, e poi abbiamo anche ulteriormente appreso, il ritornello “Pasquino doveva fare le primarie”, più volte, anche in maniera sgradevole, cantato dallo staff prodiano, appare assolutamente pretestuoso. In uno slancio di democraticità, quei prodiani avrebbero fatto molto meglio a preoccuparsi dell’evidente squilibrio iniziale, poco democratico, a favore del loro candidato Delbono, squilibrio che, incidentalmente, ebbe conseguenze negative sulla partecipazione popolare alle primarie. Il 14 dicembre andarono a votare meno della metà degli elettori bolognesi che nell’ottobre dell’anno precedente erano accorsi alle improvvisate urne per Veltroni. Avendo ottenuto qualcosa meno del cinquanta per cento dei voti espressi, Delbono venne dichiarato vincitore. Insomma, un risultato complessivamente non proprio entusiasmante.

Prendemmo atto, seppure con qualche amarezza e altrettanta irritazione, ma consapevoli dei nostri errori, che quel “passaggio” si era chiuso. Avevamo, però, capito anche che non eravamo debolissimi. Dentro il Partito Democratico il nostro sostegno era minimo, ma non nullo. Fuori c’erano più di mille e quattrocento bolognesi che avevano firmato per la mia candidatura. Avere rifiutato di farsi ingabbiare in un una trappola

Page 19: Quasi Sindaco - G. Pasquino

preconfezionata, non significava automaticamente essere costretti a rifugiarsi sull’Aventino, pardon sulla Montagnola. Anzi, proprio l’esperienza fatta suggeriva ancora più forte l’esigenza di cambiare le regole, il partito, le modalità di fare politica. Per un po’ decidemmo di aspettare alla prova del programma con critiche, con idee, con proposte e con una visione della città, il candidato che era stato incoronato dalle primarie, mentre i dirigenti “democratici” continuavano ad esercitarsi fondamentalmente e concretamente sull’organigramma. Per i cultori dell’organigramma, l’inizio era stato assolutamente promettente. La candidatura di Delbono aveva reso vacanti due ottime cariche: Assessore al Bilancio e Vice-Presidente della Regione Emilia-Romagna. Nel frattempo, sempre più insistente era il brusio, interno ed esterno, sulla possibilità e plausibilità di una nostra lista civica.

Page 20: Quasi Sindaco - G. Pasquino

Capitolo terzoI visitors

Indice

Non sono certamente la più socievole delle persone. Anzi, valuto al più alto livello la mia privacy. Accetto pochi e selezionati inviti. Sono piuttosto a mio agio con me stesso, con i miei libri, con i film. Tuttavia, quando sono una persona pubblica sono perfettamente consapevole di avere degli obblighi e delle richieste che devo soddisfare. Sono stato una persona pubblica, come Senatore di Portomaggiore (Ferrara) per due legislature 1983-1987, 1987-1992, in Parlamento con il gruppo della Sinistra Indipendente; e come Senatore di Rimini, 1994-1996, in Parlamento con il gruppo dei Progressisti. Ho fatto cinque campagne elettorali e, come si capisce facilmente, ne ho perse due (storie degne di un altro libro che, forse, un giorno verrà). Ho parlato di politica e di istituzioni dovunque, in Emilia-Romagna e altrove. Gli inviti in Emilia-Romagna sono notevolmente diminuiti, fino alla quasi completa scomparsa quando è diventato segretario del partito, comunque si chiamasse, Salvatore Caronna. No problem. Sono un pubblico ufficiale anche quando insegno Scienza politica. Credo di non avere negato incontri e ricevimenti a nessuno degli studenti che me li hanno chiesti. Ascolto e rispondo, anche alle poste elettroniche. A maggior ragione, un candidato a una carica elettiva deve essere disponibile a interagire e interloquire con chiunque voglia parlargli. I casi qui riportati e descritti hanno, però, qualcosa in comune che va oltre la pura e semplice relazione fra persone. Racconta moltissimo sulla politica e sui politici bolognesi.

Dopo la dichiarazione della mia candidatura, il clan di Delbono ha a lungo fatto circolare la voce che io mi sarei ritirato da un momento all’altro. In verità, i “Cittadini per Bologna” non hanno pensato mai, neanche per un momento, di intrattenere l’idea di una ritirata. Abbiamo, semmai, avuto il timore di non riuscire a raccogliere le firme per presentare in tempo la lista con tutte le candidature. Noi non avevamo alle spalle né un partito con i suoi militanti e con i molti soldi del finanziamento pubblico né un’organizzazione con collaboratori collaudati e spesso pagati. Mentre affrontavamo questi e altri problemi quotidiani, che si accavallavano, cominciarono anche le richieste di incontri. La prima in ordine di tempo fu quella di Mauro

Page 21: Quasi Sindaco - G. Pasquino

Zani. Già potente segretario del Partito Democratico di Sinistra di Bologna e poi dell’Emilia-Romagna, Presidente della Provincia di Bologna, deputato al Parlamento italiano e poi al Parlamento europeo, Zani è un politico capace e leale. I nostri rapporti politici sono stati caratterizzati da tre episodi importanti almeno per me.

Nel 1992, Zani, segretario regionale dell’Emilia- Romagna, mi comunicò che la mia candidatura a Senatore di Portomaggiore non era più possibile. I compagni di Ferrara rivolevano quel seggio. Mi offrì, in cambio, il collegio senatoriale di Castelnuovo Monti- Sassuolo. A mo’ di informazione, chiesi quanto “sicuro” era. Onestamente, Zani mi disse che poteva “scattare”, ma anche no. Accettai. Feci una durissima e faticosissima campagna elettorale, caratterizzata anche da qualche errore dei dirigenti locali. In seguito a due circostanze fatali, fui sconfitto risultando il primo dei non eletti. Nella zona del collegio che riguardava Castelnuovo persi voti a favore del candidato di Rifondazione Comunista, Jones Reverberi. Sfortuna volle che nel sorteggio il simbolo di RC finisse proprio in alto a sinistra dove tradizionalmente stava quello del PCI (diventato Partito Democratico della Sinistra). Nella zona di Sassuolo si produsse una non del tutto imprevedibile frana a favore della Lega Nord. Nessun commento da parte di Zani.

Il secondo incontro fu molto più interessante e con straordinarie conseguenze che durano tutt’oggi. La sconfitta nel giugno 1999 della candidata del PDS a sindaco di Bologna, Silvia Bartolini, a favore di Giorgio Guazzaloca, aveva provocato le dimissioni di tutta la segreteria del Partito bolognese. Il deputato Zani, persona molto informata dei fatti, venne inviato a commissariare il partito. Il 2 luglio 1999, «la Repubblica» già scriveva che il prossimo segretario del partito sarebbe stato Salvatore Caronna, il cui merito, altamente politico e organizzativo, era di essere stato l’unico che non aveva tirato fuori il coltello nelle riunioni di segreteria. Dal canto suo, Zani portava notevoli responsabilità, se si vuole, indirette, nella sconfitta del partito a Bologna. Le sue responsabilità andavano divise con Walter Vitali, il sindaco uscente e ricandidabile, che aveva prematuramente gettato la spugna e tutto il resto a fronte delle critiche, non tutte immotivate, ma tutte pericolose, del segretario della Federazione, Alessandro Ramazza che voleva indebolirlo e succedergli. Quando nel marasma fu chiesto a Zani, che era già anche stato Presidente della Provincia di Bologna, la sua

Page 22: Quasi Sindaco - G. Pasquino

disponibilità, ma non alla candidatura, bensì a partecipare alle primarie, Zani rifiutò sostenendo, sembra, di non volere lacerare il partito facendo le primarie. Gravissimo errore: il partito rimase lacerato, Zani avrebbe vinto le primarie e la carica di sindaco. Forse avrebbe anche governato la crisi incombente del partito e, magari, cacciato i mediocri burocrati carrieristi. Volere troppo bene al partito, alla sua fasulla unitarietà, può, talvolta, causare del male.

Proprio nel nome di una fasulla unità, nel dicembre 1999, Zani non soltanto appoggiò la candidatura di Caronna alla segretaria del Partito Democratico di Sinistra di Bologna contro la mia, ma non prese in nessuna considerazione le nostre critiche alla gestione del partito, passata e... futura. Persi avendo, peraltro, ottenuto quasi il venti per cento dei voti. Sembra che ai “compagni” non fosse andata giù la mia dichiarazione di rinuncia allo stipendio di segretario della Federazione e di semplice richiesta di rimborso spese per il telefonino e per i taxi. E la federazione intraprese la strada delle “magnifiche sorti e progressive2” ottenendo, sotto la guida originale e fantasiosa di Caronna, lo straordinario risultato di non riuscire ad esprimere nel 2003-2004 neanche un candidato alla carica di sindaco (ma già allora circolò il nome di Delbono) e di dovere chiedere e/o accettare che vi venisse paracadutato uno che la città non l’aveva mai neanche visitata: Sergio Cofferati.

A riprova che, lo debbo proprio dire in questo modo, la mia politica non si intesse né di rimpianti né di rancori, il terzo incontro con Zani avvenne all’insegna di un’importantissima convergenza politica contro le modalità con le quali alcuni tanto avventurosi quanto disperati dirigenti nazionali dei Democratici di Sinistra e della Margherita andavano precipitosamente alla costruzione del Partito Democratico. Dopo avere letto alcuni miei articoli coraggiosamente pubblicati dal direttore Antonio Padellaro su «l’Unità», Zani mi telefonò per chiedermi se ero disposto ad appoggiare e firmare una Terza Mozione per il Congresso di scioglimento dei Democratici di Sinistra. In concorrenza con la mozione dei “sì, senza se e senza ma” e dei “no, ce ne andiamo”, avremmo decorosamente sostenuto che un altro partito era indubbiamente necessario, persino possibile, magari federato e, addirittura, “democratico e socialista”. La Terza Mozione, debitamente contrastata in tutti i congressi di sezione ai quali andai a presentarla e a difenderla, conquistò

2 Rif . Canto XXXIV “La ginestra, o il fiore del deserto”, v. 51, G. Leopardi (1836).

Page 23: Quasi Sindaco - G. Pasquino

all’incirca il dieci per cento e noi fummo “fatti” politicamente “fuori”. Mentre Zani annunciò che non si sarebbe ricandidato all’Europarlamento, nel tripudio degli aspiranti e del già europarlamentare Vittorio Prodi, da parte mia presi atto che, in seguito alla nascita del Partito Democratico non avevo più nessun luogo e nessun referente con il quale fare politica. Zani diede vita ad un’Associazione “DemocraticieSocialisti”, alla quale aderii subito, che, però, gracile, poco dinamica e ancora meno propositiva, non decollò mai.

Nel corso del mese di marzo del 2009, del tutto inaspettatamente, Zani mi chiese un appuntamento e divenne il mio primo visitor. Lo ricevetti a casa senza avere appurato quale sarebbe stato l’oggetto del colloquio. Ancora adesso non lo saprei individuare con precisione e per non fargli nessun torto mi limito a scrivere quello che mi sembra di avere capito. Sostanzialmente, Zani appariva preoccupato dalla prospettiva della mia candidatura. Il suo timore era che causassi una divisione abbastanza profonda nell’elettorato del Partito Democratico (di quei dirigenti, che continuavano a sbeffeggiarlo, a Zani giustamente non importava proprio nulla) e che creassi una situazione nella quale i candidati della destra riuscissero a intrufolarsi. Faceva ancora la sua comparsa, persino in un autorevole, intelligente e dignitoso dirigente politico, il vecchio, non sempre criticabile, riflesso dell’uomo di partito, ma Zani prese atto delle mie intenzioni. Espresse le sue perplessità, ma non cercò in nessun modo di dissuadermi. Nessun consiglio; nessuna offerta d’aiuto. Forse toccava a me chiedere. Ma non volevamo cambiarlo questo Partito? Certamente, nessuno della sua Associazione “DemocraticieSocialisti”, della quale facevo parte e per la quale avevo anche tenuto una conferenza pubblica su “Laicità e Costituzione”, mi invitò a parlare da loro, a chiarire le ragioni della mia candidatura né, tanto meno, si espresse, privatamente o pubblicamente, a mio favore o mi diede sostegno di qualsiasi altro tipo. Alla fine dell’agosto 2010 Zani ha lanciato sul suo blog l’idea di un “candidato civico di sinistra”.

Il secondo visitor è ugualmente importante, ma la visita fu molto più imbarazzante. Con Guido Fanti, già sindaco di Bologna (1966-1970), Presidente della Regione Emilia-Romagna (1970-1976), prima Deputato e poi Senatore (1976-1987) del PCI, più volte Europarlamentare, ci eravamo conosciuti per l’appunto in Senato. Suo figlio, Lanfranco, si era variamente interessato alla Scienza Politica, la materia che insegno,

Page 24: Quasi Sindaco - G. Pasquino

chiedendo consigli e suggerimenti anche dopo la laurea. Oramai pensionato per ragioni d’età, Fanti non aveva affatto rinunciato alla politica, mantenendo reale interesse e vivace passione per le idee e i programmi. Già nel 2003-2004 era riuscito a raccogliere molte e buone energie per la formulazione di un programma di governo per la città. Naturalmente, né Cofferati né i Diessini, senza neppure procedere ad un rispettoso omaggio verbale, lo avevano minimamente preso in considerazione. Altro che programma: la priorità fu data alla processione di Cofferati nei quartieri della città, con oculata manipolazione degli interventi e degli eletti alla Assemblea cittadina che avrebbe incoronato la straordinaria, credevano, dicevano, personalità del leader sindacalista. Tutto il resto, non c’era neppure bisogno di dirlo, era carta straccia. Sulle pagine de «la Repubblica» di Bologna, mentre criticavo vigorosamente le modalità con le quali il Cofferati era stato “unto” dal suo partito, non avevo lesinato osservazioni ugualmente critiche, non sui punti programmatici elaborati dal gruppo di persone che avevano collaborato con Fanti, ma sull’illusione che qualcuno ne tenesse conto. In assenza di un candidato che le facesse proprie, quelle proposte erano destinate a rimanere lettera morta.

Evidentemente non fui affatto convincente cosicché nell’inverno 2008-primavera 2009 Fanti rilanciò, quasi con le stesse persone, il suo sforzo programmatico. La differenza importante rispetto a cinque anni prima fu che Fanti sembrava ormai molto lontano dal Partito Democratico, al quale non aveva aderito, e dai suoi dirigenti locali. Ugualmente lontani e collocati nel gruppo che si chiamava Sinistra e Libertà, erano non pochi di coloro che avevano contribuito alla stesura del programma da sottoporre ai candidati. La presentazione del programma, ad opera dello stesso Fanti, e il susseguente dibattito avvennero in una sala della Provincia. Poi fu la volta degli interventi dei candidati in ordine alfabetico. Ricordo che quello di Delbono, il primo ad intervenire, in una delle pochissime occasioni in cui accettò di essere presente con gli altri candidati, fu breve e vago, quasi sottovalutasse o non fosse all’altezza della situazione. Direi tutt’e due. Quando toccò a me, che avevo letto il programma, utilizzai il mio tempo sia per intervenire su alcuni punti controversi sia per dire che anche noi, “Cittadini per Bologna”, stavamo preparando il nostro programma. Sarebbe stato fatto di proposte chiare e facilmente traducibili. Conclusi dichiarando che avremmo volentieri “saccheggiato” il programma che Fanti metteva a

Page 25: Quasi Sindaco - G. Pasquino

disposizione dei candidati e della città. Non era soltanto un tentativo di captare la benevolenza di Fanti, il quale comunque non disponeva di voti. Era un’indicazione politica di disponibilità a discutere con quell’area che sapevo divisa al suo interno cosicché, quando Fanti mi chiese un incontro personale, accettai subito.

Rimandato una prima volta per ragioni di salute dell’ottantaquattrenne ex-sindaco, l’incontro ebbe luogo al bar del Bologna Center della Johns Hopkins. Era il periodo delle vacanze pasquali per gli studenti i quali, dunque, non c’erano. Fu un colloquio tanto cordiale quanto imbarazzante e improduttivo. In maniera soave, Fanti mi fece capire che il candidato del PD non gli aveva destato una impressione positiva. Colsi l’occasione per rincarare la dose e fargli notare che quel candidato non soltanto non aveva neanche sfogliato il suo programma e che, pur dovendolo discutere, non si era preparato, ma che il programma glielo avrebbero consegnato chiavi in mano gli uffici del PD. Fanti continuò sottolineando che i candidati della destra, ovviamente, non gli erano graditi. Ma la ragione per la quale aveva voluto incontrarmi, me ne resi conto soltanto alla fine del colloquio, durato una mezz’ora, era un’altra molto più importante. Fanti voleva, da un lato, sondare le mie intenzioni (ero davvero deciso a candidarmi?); dall’altro, voleva capire se, rinunciando alla mia candidatura, fossi disposto a confluire in Sinistra e Libertà che, però, non avrebbe voluto me come candidato, ma aveva deciso di sostenere Delbono. Insomma, la sua era una richiesta felpata di mia desistenza. Ancora una volta, nonostante il suo non gradimento per il candidato del PD, l’anziano ex-comunista era soprattutto preoccupato di non “fare perdere” il partito, quindi, bloccando qualsiasi cambiamento. Confesso che rimasi alquanto sorpreso, ma anche molto turbato da questo atteggiamento.

Un paio di settimane dopo la mia sorpresa fu ancora più grande quando ricevetti una telefonata di Delbono, che conoscevo appena, con una richiesta di incontro bilaterale. Trovai la cosa molto divertente e intrigante. Gli proposi di vederci nell’ufficio nel quale ricevo gli studenti al Bologna Center, territorio non ostile e a lui già noto poiché da diversi anni vi teneva un corso di Economia. Quell’anno vi aveva rinunciato a causa della campagna elettorale. Appresi qualche mese dopo nel corso dell’inchiesta sulle sue malefatte che si era “dimenticato” di denunciare al fisco i compensi ricevuti. Non so neppure come definire l’incontro con Delbono. Probabilmente, erano stati i dirigenti del PD, nessuno

Page 26: Quasi Sindaco - G. Pasquino

dei quali, incidentalmente, mi cercò mai né prima né durante la campagna elettorale, a spingerlo a questo passo, ma per dirmi che cosa? Non lo so, ma lo intuisco. Non poteva essere per parlare del tempo atmosferico in quella primavera del 2009, appena perturbata. Né per avere notizie sui miei corsi (“Contemporary Italian Politics” e “Political Systems of the Developing World”) al Bologna Center. Né del mio grado di soddisfazione, alto, con l’insegnamento e con i servizi, eccellenti,molto migliori di quelli dell’Università di Bologna (alla quale, peraltro, Delbono non insegnava da più di dieci anni) offerti dall’Università “americana”, come la Hopkins è abitualmente definita. Né per valutare la campagna elettorale, faticosa e, aggettivo d’obbligo, “interessante”. Insomma, in venticinque minuti di inutile e vuoto colloquio, Delbono non riuscì a chiedermi la sola cosa che preoccupava i suoi sponsors del PD: mi sarei ritirato oppure sarei arrivato diritto e filato al primo turno di giugno? Eppure, ai centri per anziani e ai giornalisti, lui parlava, un giorno sì e quello dopo anche, del mio imminente ritiro. Venticinque minuti buttati: un brutto, inutile, deprimente, per lui, incontro.

Peggiore fu, per la perdita tempo, l’ultimo incontro ripetutamente ricercato, da Gian Guido Naldi, forse a nome di Sinistra e Libertà, della quale credo fosse il coordinatore cittadino. Sapevo vagamente che era un ex-sindacalista fortunosamente diventato consigliere comunale. Da lui richiestomi e un paio di volte rimandato a causa di altri suoi impegni, l’incontro avvenne, ancora una volta nel mio ufficio al Bologna Center, verso la fine di aprile. Naldi sì, sapeva abbastanza bene che cosa voleva chiedermi, ma altrettanto sicuramente non sapeva come chiedermelo. Tanto per cominciare il suo problema consisteva nel trovare il modo con il quale rivolgersi a me: con il tu oppure con il lei, con il cognome oppure con l’appellativo Professore? Già questo portava via un po’ di tempo nella sua conversazione che non aveva né capo né coda, ma soltanto qualche contenuto che esprimeva poco e male, forse, ma dubito, vergognandosi un po’. Insomma, davvero, volevo andare avanti? Bella domanda a pochi giorni dall’inizio della raccolte delle firme per presentare candidatura e liste. Ovviamente, sì, per l’appunto se riusciremo a raccogliere le firme. Ma avevo valutato le difficoltà? Ovviamente, sì: ogni giorno, tutti i giorni le valutavamo, e sapevamo che erano molte e serie. Non avevo pensato ad accompagnarmi/aderire alla loro lista (non sono i verbi del contorto e tormentato Naldi; i suoi non

Page 27: Quasi Sindaco - G. Pasquino

li ricordo più)? Non avevano pensato loro di appoggiare la mia candidatura, pur mantenendo la loro lista? Sapevo che c’era un intenso dibattito interno, con alcuni a sostenermi, e anche con pesanti pressioni contrarie del PD che non aveva nessuna difficoltà a promettere cariche e posti. Queste cariche promesse costituivano un elemento di grande rilevanza per l’avida e trucida omonima del Naldi, Milena, che mi accusava frequentemente, in dichiarazioni al limite dell’ingiuria, rilasciate alle agenzie, senza sapere di che cosa parlava, di nefandezze quali personalismo e presidenzialismo come se l’elezione di un sindaco non implicasse intrinsecamente un po’ di personalizzazione della politica e un po’ di presidenzialismo delle istituzioni. Eletta in Consiglio comunale, premiata con un Assessorato, la Naldi è poi stata travolta dal Commissariamento.

Alla fine, il Naldi tirò fuori in maniera un po’ scomposta il suo arruffato e intimorito coniglio dal cilindro. “Sì, insomma, avevo mai pensato al Parlamento europeo?” Ecco, mi rivelò, Claudio Fava, coordinatore nazionale di Sinistra e Libertà, mi chiedeva se fossi interessato ad una candidatura nelle loro liste. [In effetti, un segretario di Fava mi aveva cercato un paio di volte per combinare un appuntamento che non ci fu mai.] Per fortuna, il periodare del Naldi era tanto lento e impasticciato che ebbi abbastanza tempo per assorbire la sua del tutto strabiliante offerta e per dire che mi pareva di essere già abbastanza impegnato in una complicata campagna elettorale per fare il sindaco, che miravo a offrire alla città una alternativa di sinistra, nella sinistra, che il Parlamento europeo, ancorché affascinante, era tutt’un’altra storia, che ringraziavo, ma che no. Ripensandoci qualche tempo dopo capii che l’offerta di Naldi mirava non soltanto a farmi desistere da sindaco, ma a cancellare la lista “Cittadini per Bologna” poiché loro, i Naldi & Company, temevano che avrei portato via voti dalla loro lista, dal ristretto bacino in cui pescavano. Il colloquio si concluse con Naldi che, senza nessuna mia domanda in tale senso, mi annunciò che lui non si sarebbe ricandidato. Usciva dalla politica. Nel marzo 2010 Gian Guido Naldi è stato eletto, immagino per puro “spirito di servizio”, al Consiglio Regionale dell’Emilia-Romagna nelle liste di “Sinistra e Libertà”.

Quale lezione complessiva tirare dagli incontri con questi visitors? Ci ho riflettuto spesso. Intendiamoci: niente di lancinante e, in fondo, neppure sorprendente. Qualcuno, per malinteso senso di appartenenza e,

Page 28: Quasi Sindaco - G. Pasquino

forse, di gratitudine, non riesce a strappare il cordone ombelicale neppure da un partito che con la storia del PCI c’entra pochissimo e che oramai è ridotto ad una dispensa di posti. In questo modo ne perpetua una cattiva esistenza. Qualcuno sa che i posti sono, per l’appunto, dispensati dal Partito Democratico e, quindi, si limita ad un gioco delle parti per ottenere alcuni di quei posti. Lungi dal contribuire alla trasformazione della sinistra, tutti finiscono per sanzionare lo status quo e il degrado della politica locale, di cui sono e debbono essere considerati ugualmente responsabili. Nel frattempo, molti, 38 in particolare, quelli esclusi dal Consiglio comunale a causa del Commissariamento, si sono riposizionati, pronti ad agire nella campagna elettorale del 2011 nello stesso modo di quella del 2009 per riavere le posizioni allora conquistate e, magari, qualcosina in più. Il buongoverno della città è una variabile che non occupa mai il primo posto nelle loro considerazioni. La prova provata la abbiamo già avuta.

Page 29: Quasi Sindaco - G. Pasquino

Capitolo quartoIl candidato latitante

Indice

In questo capitolo, non parlerò del latitante Berlusconi che, pure, rifiutò qualsiasi dibattito con Rutelli nella campagna elettorale del 2001 e fece altrettanto sfidato da Veltroni nel 2008. Non riferirò le critiche indignate e ipocrite dei politici e degli elettori del centro-sinistra contro chi snobba i dibattiti, strumento della democrazia, con gli altri candidati. A Bologna, nessuno si prese la briga di segnalare le assenze dalla maggior parte dei dibattiti, in verità, quasi tutti, di Flavio Delbono. “Ma dai, quel che si critica a Roma, non vale mica anche per Bologna”. La latitanza, qualche volta una vera e propria fuga, di Delbono dai dibattiti ebbe anche alcuni momenti di sicura ilarità. Ma avevano ragione i suoi consiglieri e i suoi strateghi (quasi certamente, De Maria e Merighi): meglio latitare e fuggire che fare brutte figure. In effetti, le brutte figure erano cominciate addirittura prima dell’inizio della campagna delle primarie quando, all’inizio di novembre 2008, i potenziali candidati: Maurizio Cevenini, Andrea Forlani, Virginiangelo Merola, Gianfranco Pasquino e per l’appunto Flavio Delbono erano stati invitati a un dibattito pubblico tenuto alle Scuderie di piazza Verdi sul welfare e la sua riforma. Mani in tasca, con tono a metà fra il saccente e lo sprezzante, Delbono aveva parlato unicamente dei costi economici del welfare, cittadino e regionale, mostrando di non avere nessuna conoscenza dei sistemi di welfare nei paesi scandinavi e socialdemocratici, e di non capire i grandi compiti sociali che un welfare efficacemente strutturato e periodicamente aggiornato continua a svolgere in Europa. Non una affascinante prestazione oratoria, non una convincente esibizione di sapere tecnico, non un promettente esordio pubblico. Tutto questo giustifica la decisione rapidamente presa dai suoi sponsor nel Partito Democratico di fare un uso cauto e limitato del loro candidato soltanto di fronte a platee amiche (i centri per anziani), soprattutto evitando il dibattito e ancor di più il contraddittorio. Alla luce della flagrante latitanza del candidato e di quello che abbiamo saputo dopo, suscita non poca ilarità lo slogan che campeggiava sui grandi manifesti affissi e pagati dal PD fin da metà campagna elettorale: “c’è Delbono a Bologna”.

Furono, dunque, accuratamente schivate le riunioni organizzate dalla Compagnia delle Donne (non posso

Page 30: Quasi Sindaco - G. Pasquino

resistere a scrivere che, eppure lì, il suo fascino, la sua, in città piuttosto nota ed esibita, ars amatoria, avrebbe potuto essere considerata tale da sopperire alle carenze di ars oratoria), dove venne sostituito dalla figura gradevole e gentile di Maurizio Cevenini. In effetti, sempre in maniera signorile, Cevenini spupazzò l’impacciato candidato del suo partito, nessuna scusa per il bisticcio, alla partita di calcio. Lì, comunque, non c’era dibattito e non doveva parlare. Non so se Delbono avesse mai visto in precedenza lo stadio Dallara. Tutti sanno oppure dovrebbero imparare che la presenza di un mantovano, per di più interista, addobbato con la sciarpa del Bologna, squadra della quale non aveva probabilmente mai visto neppure una partita prima della campagna elettorale, risultava alquanto ridicola. Mi è rimasta una, credo legittimità, curiosità. Se qualcuno l’ha fatto, chi ha pagato il biglietto della Tribuna Vip e, in subordine, poiché personalmente disponevo dell’abbonamento di Tribuna Gold, perché nessuno mi ha invitato fra i Vip? Ero candidato anch’io.

Senza procedere ad un elenco puntiglioso degli incontri ai quali il candidato del PD sfuggì, mi limito a ricordare quelli, due, organizzati all’inizio e alla fine della campagna elettorale, dall’Agesci, che, in quanto cattolici, avrebbero dovuto essere un suo gruppo di riferimento tutt’altro che ostile al quale, però, avrebbe dovuto dire qualcosa. Peccato perché in quelle occasioni gli organizzatori chiesero anche, opportunamente, ai candidati di impegnarsi ad agire in maniera responsabile, ovvero riferendo all’elettorato quanto e come del loro programma riuscivano ad attuare, un interessante tentativo di introdurre e fare valere l’accountability: la volontà/capacità di essere e di rimanere responsabili. Non spettacolari, ma utili, furono anche gli incontri organizzati fra tutti i candidati da Radio Tau, la radio dell’Antoniano, abilmente condotta da Paolo Bonazzi il quale faceva domande intelligenti e applicava fermamente e correttamente a tutti gli interventi la par condicio. Praticamente, ho visto e ascoltato il candidato del PD in due sole occasioni che, però, lo si vedrà subito, non sono affatto qualificabili come dibattiti: il primo sullo sport, il secondo sulla cultura.

Non tanto i contenuti, appiccicaticci, l’abituale insieme confezionato burocraticamente, “bisognerebbe fare questo e quello”, ma con l’aggiunta dell’esperto contabile, “costa”, quanto, piuttosto, le modalità della presentazione, non giungo fino a dire lo “stile”, perché non ce n’era, mi sono rimaste impresse. Delbono

Page 31: Quasi Sindaco - G. Pasquino

svolgeva, in maniera svogliata, un compito che gli era stato preparato da Ivan Pizzirani, presente, come ogni buon allenatore, in sala, a sostenere il suo pupillo. L’argomento, però, “ruolo, compiti, futuro delle associazioni sportive amatoriali cittadine”, proprio non interessava al candidato che, in questa come in altre occasioni, non mostrava neanche il minimo interesse per le persone concrete che erano venute ad ascoltarlo, quasi tutte, probabilmente suoi elettori. L’altro elemento rivelatore, di quello che non fu in nessun modo un dibattito, è costituito, non saprei come meglio dire, dal timing e dalla sequenza degli interventi. Gli organizzatori avevano invitato i candidati per le ore 21 in ordine alfabetico. Come è mia consuetudine, arrivai puntuale e mi accomodai fra il pubblico, abbastanza numeroso, ad ascoltare quello che avrebbe detto il candidato Alfredo Cazzola. Non soltanto è sempre possibile, quando si ha un minimo di conoscenze di base, imparare dagli altri, ma nel caso di Cazzola era evidente che si poteva imparare qualcosa dalla sua esperienza (Virtus, molto vincente, e Bologna F.C., alquanto sofferente) tutt’altro che breve, marginale e irrilevante. Inoltre, quel che diceva avrebbe non soltanto potuto essere istruttivo per me, ma mi avrebbe consentito di calibrare meglio la mia presentazione, di segnare e segnalare le differenze, persino, eventualmente, di criticare i punti sui quali non fossimo stati d’accordo. Insomma, Cazzola non era un candidato qualsiasi, ma un candidato importante, persona molto informata dei fatti.

In maniera furtiva, ma senza dubbio preconfezionata, Delbono arrivò non soltanto quando Cazzola aveva già terminato il suo intervento, ma, evidentemente per non incontrarlo, un paio di minuti dopo. Parlò, senza entusiasmo né suo né del pubblico, e se ne andò velocemente per evitare di ascoltarmi. Avendo, invece, seguito gli interventi di entrambi i candidati, quando toccò a me potei permettermi di segnalare le differenze, esprimere le critiche, mettere in rilievo quanto nel mio programma per le moltissime associazioni sportive bolognesi avremmo proposto di fare e avremmo fatto in stretto, essenziale contatto con loro. Sottolineai, in particolare, quanto importante è lo sport amatoriale per i ragazzini e, sì, lo so, può sembrare retorico, quanto significativo è il contributo alla vita di una società civile, anche come strumento di integrazione dei giovanissimi immigrati.

L’altra occasione di incontro è stata, in un certo senso, ancora più imbarazzante. Questa volta l’invito

Page 32: Quasi Sindaco - G. Pasquino

veniva dalla Lega delle Cooperative. L’argomento era la cultura a Bologna. Dopo un’introduzione del Presidente Gianpiero Calzolari che presentò il documento da loro elaborato, l’ordine degli interventi fu, in maniera del tutto inaspettata, alfabetico all’incontrario. Vale a dire che toccò a me iniziare. Naturalmente, nel ristretto gruppo dei “Cittadini per Bologna” avevamo fatto numerose riflessioni sulla “cultura a Bologna”, sulle sue diverse componenti e sulle loro prospettive. Altrettanto, naturalmente, le mie esperienze, sia all’Università sia al Mulino sia, più in generale, come fruitore di musei e di cinema, non da ultima, dell’importante attività svolta dal Lumière, mi consentivano di avere qualcosa più di una semplice infarinatura sul tema. Ricordai anche ai presenti, fra i quali alcuni giornalisti poco interessati e anche, apparentemente, meno informati, che Bologna era addirittura già stata qualche anno prima Capitale europea della Cultura. Ma, contrariamente a quanto erano riuscite ad approfittare di quella qualifica e opportunità altre città, a Bologna non si vedevano tracce di quell’esperienza. Aggiunsi che la cultura è un insieme di attività, di reti, di rapporti e, in non tanto implicita critica all’Assessore in carica, sottolineai che la cultura di una città per esprimersi ha bisogno di essere anzitutto conosciuta da persone che frequentano quella città e che la vivono. Affermai, con una punta di dispiacere e di polemica, ma anche di critica nei confronti del rettore Pier Ugo Calzolari e del sindaco Sergio Cofferati, come né l’uno né l’altro avessero pensato all’Università di Bologna come luogo di produzione di cultura usufruibile, in forme e modi da delineare, da tutta la città. Conclusi criticando la proposta delle Coop di un Parco della Cultura come se mettendo insieme gli artisti in una specie di falansterio a loro venisse meglio l’ispirazione. La creatività, sostenni con qualche esagerazione retorica, arriva nei momenti più impensati, magari proprio passeggiando in una città ricca di storia e di cultura del più vario tipo.

Ovviamente, rimasi ad ascoltare l’intervento del candidato Flavio Delbono, non soltanto Assessore al Bilancio della Regione Emilia-Romagna, ma anche professore di Economia all’Università di Bologna, dunque, almeno presumibilmente, consapevole dell’esistenza di una grande Università nella quale, peraltro, erano dieci anni almeno che non insegnava più. Dei possibili rapporti culturali fra Comune e Università, di che cosa avrebbe fatto lui, una volta diventato sindaco, non disse praticamente nulla. Il poco che disse non merita di essere riassunto. Mi limito a

Page 33: Quasi Sindaco - G. Pasquino

sottolineare che, ancora una volta, il candidato del PD parlò di soldi e di bilancio, di costi e di disponibilità, salvo, ovviamente, dirsi d’accordo con la proposta della Lega Coop (ci sarebbe mancato altro, anche se quei voti mi parevano assicurati in partenza), una volta verificato lo stato delle finanze del Comune. In questa occasione, come nelle precedenti, l’approccio di Cazzola al tema, mentre Delbono sgusciava via, avendo sempre qualcosa di urgente da fare, qualche altro impegno elettorale o istituzionale da onorare, fu di tipo professionale-manageriale.

Ovviamente, un conto è la creatività degli artisti un conto molto diverso è che cosa debbano fare le istituzioni per favorire, sostenere, facilitare quella creatività in termini di risorse, di ambiente, di opportunità e come, senza nessuna connotazione negativa, sfruttare al meglio la creatività e la cultura che si esprimono a Bologna. Senza dubbio, Cazzola aveva le idee chiare in materia, alcune condivisibili, altre no, tutte presentate con vigore. Se ne sarebbe potuto discutere in concreto, nell’impostazione generale e nei dettagli, nelle priorità e negli obiettivi. Concludo sottolineando che quanto di cultura è esistito a Bologna sotto la giunta Cofferati è stato ampiamente promosso e sostenuto dalla Fondazione CarisBo grazie al suo Presidente Fabio Alberto Roversi Monaco e dalla Fondazione del Monte grazie al suo Presidente Marco Cammelli. Insomma, l’approccio professionale e manageriale non è soltanto utile e necessario. È indispensabile e, messo all’opera dalle persone giuste, risulta decisamente efficace. Sarà anche il caso di ricordare che si contrappone all’approccio clientelare e assistenziale troppo spesso praticato in Italia dalle amministrazione locali sia di sinistra che a guida democristiana. Il resto, ovvero, la produzione culturale, sta tutta nelle mani e nelle menti di coloro che fanno con la loro paziente attività e con la loro intensa creatività la cultura di una città, e non solo.

In conclusione del mio racconto che reputo istruttivo non unicamente per me, non posso non parlare di un altro candidato sfuggente e latitante: Giorgio Guazzaloca. Già nella campagna elettorale contro lo sfidante Cofferati nel 2004, l’allora sindaco scelse di evitare i duelli, probabilmente per non scendere dal livello istituzionale a quello strettamente politico, l’unico frequentabile dal sindacalista. Fu un errore perché Guazzaloca avrebbe non soltanto potuto vantare i suoi meriti di sindaco e le realizzazioni della sua Amministrazione (che ci sono state), ma anche mettere

Page 34: Quasi Sindaco - G. Pasquino

in evidenza il dilettantismo generico del suo sfidante e la sua assoluta non conoscenza della città. La latitanza non funzionò. Anzi, lasciò la città, in un certo senso, più povera di informazioni importanti sul fatto e sul da farsi, ma anche sulla personalità non proprio amabile dello sfidante. Peccato che anche nel 2009 Guazzaloca abbia scelto la stessa, perdente, strategia, complicata dal suo abbandono del ruolo di capo dell’opposizione comunale per tutto il periodo 2004-2009, grazie alla ricca “borsa di studio” concessagli dall’amico Presidente della Camera, Pierferdinando Casini, all’Autorità per le Comunicazioni.

Nella campagna del 2009 non ricordo di avere visto Guazzaloca in nessun incontro collettivo. La sua eventuale saggezza istituzionale da ex-sindaco, la sua, probabilmente superiore, conoscenza concreta dei problemi, persino la sua possibilità di critica fondata delle malefatte e delle non fatte di Cofferati e dell’assurdo continuismo nel nulla ad opera del PD, avrebbero certamente giovato alla campagna elettorale e alla conoscenza dei problemi, delle priorità, delle soluzioni offerte alla cittadinanza. Per Guazza un’opportunità non sfruttata; per gli elettori di Bologna una privazione non meritata; per una certa concezione di democrazia, sicuramente non esclusivamente mia, una ferita. Anche con i peggiori degli avversari, con i più arroganti e con i più strepitanti, i dibattiti su programmi e persone costituiscono un arricchimento, reciproco e di tutti. Dubito che questa concezione si stia affermando e temo che neppure nella campagna elettorale del 2011 riusciremo ad assistere ad un vero, ampio, efficace confronto democratico.

Coda. Nessuno degli osservatori e dei commentatori della politica bolognese ha colto e evidenziato un elemento piccolo, ma di straordinario impatto che attiene proprio alla possibilità e all’utilità dei dibattiti, e che contiene anche un interessante antecedente. Grazie anche alla presenza della nostra lista e ai voti che abbiamo ottenuto l’8 giugno 2009, il candidato del PD mancò la vittoria al primo turno. Fra il primo e il secondo turno, che, ripeto, non si sarebbe probabilmente tenuto se la nostra lista fosse stata assente, dunque, grazie a noi “Cittadini per Bologna” e ai nostri elettori, si ebbe finalmente il dibattito/duello radiofonico che ha contato di più, non per la vittoria di Delbono, mai in dubbio, ma per le sue serie e gravi conseguenze. Con la frase pronunciata in diretta da Alfredo Cazzola a metà giugno: «Le porto i saluti della

Page 35: Quasi Sindaco - G. Pasquino

signora Cinzia», cominciò il percorso che condusse alla scoperta di intrecci vacanzieri-affaristici del candidato che sarebbe diventato sindaco. È ipotizzabile che molti sapessero. Ma, come si dice sempre in questi casi: “massima fiducia nella magistratura”. Quello con i giudici sarà un dibattito/dibattimento al quale l’ex-sindaco non potrà sfuggire. Se, come appare probabile, gli intrecci affaristici erano stati accettati, tollerati, nascosti da troppi comprimari del blocchetto di potere agglutinatosi intorno al Partito Democratico e ai suoi dirigenti, ne sapremo di più su un deplorevole modo di fare politica. La parola definitiva spetta alla magistratura, ma qualche semplice e limpida frase che riconosca che in politica conta anche l’etica, e che proprio l’etica può essere l’elemento di diversità positiva della sinistra, parrebbe ancora oggi oltremodo opportuna. Invece, il PD e, sembrerebbe, anche la città hanno semplicemente rimosso il caso Delbono che potrebbe piombare come un masso nella campagna elettorale della primavera 2011.

Page 36: Quasi Sindaco - G. Pasquino

Capitolo quintoLa zampa di Prodi

Indice

È da almeno quindici anni che Romano Prodi e i prodiani influenzano profondamente, in via diretta o indiretta, la politica della città di Bologna. Dieci anni di Presidenza della Provincia per il fratello Vittorio, al quale, poi, quando si dichiarava pronto a candidarsi a sindaco, è stata offerta l’elezione al Parlamento europeo: altri dieci anni, ancora in corso. La scelta di Flavio Delbono come assessore al Bilancio nella rimpastata giunta del sindaco Walter Vitali è stata, oltre che raccomandata da Stefano Zamagni, benedetta da Romano Prodi. Quando venne paracadutato da Roma il Cofferati, in una intervista assolutamente ossequiente fattagli da Giorgio Tonelli per il TG3 dell’Emilia-Romagna, in piena piazza Santo Stefano, fra un sospiro e l’altro, lunghi, Prodi dichiarò: «una candidatura degna, spazio spazio …; anzi, altrospazio … degnissima». Veniva in questo modo eliminato dalla scena nazionale chi poteva diventare un pericolosissimo concorrente addirittura per la candidatura alla Presidenza del Consiglio. Insomma, almeno uno di quei lunghi sospiri era di “scampato pericolo”.

Con la sua sventurata e nient’affatto necessitata richiesta del voto di fiducia nell’ottobre 1998, il Presidente del Consiglio Prodi aveva suicidato il suo primo governo. Ma la mitica esperienza dell’Ulivo, che certamente contribuì alla vittoria elettorale del 1996, anche se il contributo decisivo fu la mancata alleanza fra Berlusconi e la Lega Nord, era venuta meno molto tempo prima. Le molte sbandierate “convenzioni di collegio”, vale a dire le assemblee nelle quali i parlamentari tornassero nei collegi uninominali, nei quali erano stati eletti, a fare politica, a interloquire con gli elettori, anche quelli che non li avevano votati, a spiegare quello che facevano e perché, non nacquero mai. Prodi governava, mica poteva sporcarsi le mani a fare politica, magari diventando, come succede nelle migliori democrazie parlamentari, il capo politico della coalizione che lo aveva condotto dal niente alla vittoria. Guai, poi, a considerare le non poche e non tutte ostili critiche che gli venivano rivolte cercando di imparare. Chi criticava Prodi veniva immediatamente collocato fra i cattivi, fra i nemici. Meglio, invece, il Direttore della rivista «il Mulino » (o chi per lui) che, evidentemente, del tutto a digiuno di nozioni di costituzionalismo,

Page 37: Quasi Sindaco - G. Pasquino

formale e materiale, scrisse, a proposito della sconfitta nel voto di fiducia nel 1998, di “operazione di inaudita violenza politica”. Nulla di tutto questo. Il compito fondamentale dei parlamentari consiste proprio nel dare e nel togliere la fiducia ai governi. Non si trattava affatto di “inaudita violenza”, ma di normale procedura democratica. A riprova della confusione politica e istituzionale, direi culturale, nella quale era piombata la rivista, qualche tempo dopo vi venne pubblicato anche un articolo nel quale si tesseva l’elogio di Fausto Bertinotti, ovvero il maggiore, ancorché nient’affatto l’unico, responsabile della caduta del primo governo Prodi.

Non erano soltanto i direttori e i componenti della redazione della rivista ad essere in stato confusionale. Anche il Comitato Direttivo della “Associazione di cultura e politica il Mulino”, peraltro, in un gioco dei quattro cantoni, composto per lungo tempo da molte delle stesse persone, non aveva, per quanto fossero poche, le idee particolarmente chiare. A tenere la Lettura 2007 del Mulino, incidentalmente un evento culturale suggerito da me una ventina di anni prima, venne invitato non un socio dell’Associazione, non un autore della Società Editrice, non un collaboratore dell’Istituto Cattaneo, ma addirittura il Presidente del Consiglio in carica il quale, peraltro, aveva due delle caratteristiche da me appena indicate, chiaramente in secondo piano rispetto a quella di capo del governo. Probabilmente, i lungimiranti componenti del Comitato Direttivo avevano previsto, mancando l’evento per appena poco più di un mese, la caduta del secondo governo Prodi. La Lettura, dedicata all’Europa, si tenne all’inizio del mese di dicembre 2007. Il governo Prodi cadde alla fine del gennaio 2008. Ebbi variamente modo di esprimere il mio dissenso, non sulla persona del socio Prodi, non sulla tematica della lettura, perfettamente appropriata all’oratore che era stato per cinque anni e più il Presidente della Commissione Europea, e altrettanto coerente con gli scopi di un’Associazione che poteva vantarsi di avere avuto fra i suoi soci il più grande europeista federalista italiano, Altiero Spinelli. Già variamente e qualche volta nient’affatto ingiustamente accusati di essere troppo vicini al centro-sinistra, i soci del Mulino, fra i quali, un paio di Presidenti del Consiglio: Giuliano Amato, invitato a tenere la Lettura in una delle poche date in cui non era neppure ministro, e Romano Prodi; diversi ministri: passati, Nino Andreatta e Gino Giugni, e presenti Tommaso Padoa Schioppa e Arturo Parisi, dovrebbero, a mio parere, essere più

Page 38: Quasi Sindaco - G. Pasquino

gelosi della loro autonomia, che non significa affatto disinteresse, dalla politica. Dovrebbero difendere vigorosamente i confini fra la riflessione e la proposta politica e l’azione politica. Ne scaturì una brutta e prolungata polemica, anche personale, fra Prodi, che mi trattava come un nemico politico, e Pasquino, che argomentava una visione alternativa, perdente e definitivamente sconfitta, di un’Associazione che non ha bisogno di farsi pubblicità invitando un Presidente del Consiglio in carica, sperando di mascherare in questo modo la sua mancanza di idee e incapacità di iniziativa. Tutto questo culminò in quello che, se vi avessero assistito, i giornalisti lo avrebbero definito un gustoso, ancorché amarognolo, siparietto.

L’Assemblea Annuale dell’Associazione Il Mulino si svolge l’ultimo sabato del mese di gennaio. Il governo era caduto qualche giorno prima. Ad Assemblea appena iniziata, Romano Prodi entrò con il suo maglione nella saletta già affollata. Mi vide, venne, penso perché non c’erano altre sedie libere, a sedersi relativamente vicino a me e sibilò: «adesso sarai contento!». Di primo acchito, non afferrai la frase. «Cos’hai detto?», «Che sarai contento», «Scusa, di che cosa?», «Che è caduto il governo, era quello che avevate sempre desiderato». «Stai scherzando? Il peggior governo Prodi è, per me, preferibile al miglior governo Berlusconi». Ma, certamente, non lo convinsi. Riporto in coda a questo capitolo un articolo pubblicato su «l’Unità» il 10 marzo 2008 che esprime con chiarezza la mia valutazione di Prodi, persona e uomo di governo. Ma, quello scambio mi è parso, da un lato, rivelatore della mentalità sospettosa e da assedio che Prodi e la quasi totalità dei prodiani condividevano e della loro incomprensione del senso delle critiche, poche e fin troppo blande, che gli venivano da coloro i quali, soci dell’Associazione, scrivevano sui quotidiani («Il Corriere della Sera», «la Repubblica», «Il Sole-24 Ore», «La Stampa», «l’Unità»). Dall’altro, ma non lo capii subito, era un’anticipazione della sua piattaforma nei confronti della mia candidatura. Quando, tempo dopo questo scontro verbale,in una Assemblea dell’Associazione, tenuta, credo, nel dicembre 2008, mi chiese se mi candidavo a sindaco e risposi di sì, lui mi disse chiaramente: «vai avanti». Nessuna smentita successiva, fra l’altro, mai proveniente personalmente da lui, può cancellare quella breve frase, priva di requisiti e di sottintesi.

Dopo avere consapevolmente rifiutato di entrare in primarie pilotate (si veda l’apposito capitoletto),

Page 39: Quasi Sindaco - G. Pasquino

cominciai a delineare la mia posizione politica: a sinistra, tentando di costruire qualcosa di simile all’Ulivo, ovvero una coalizione riformatrice con uno slancio che derivasse dall’appoggio dei cittadini insoddisfatti della vecchia politica, di una parte consistente del Partito Democratico e degli ancora più vecchi spezzoni della sinistra bolognese. Apriti cielo! La zampa di Prodi si abbatté inesorabile, con enorme sicumera e attraverso comunicati torrenziali lanciati per l’appunto dall’on. Sandra Zampa, a me ignota allora e tutt’ora sconosciuta, già, come imparai, capo ufficio stampa del Presidente, evidentemente mandata alla Camera sulla quota dei prodiani. No, l’Ulivo era il loro copyright, senza nessuna loro autocritica per non avere saputo farlo crescere, con neppure una innaffiatina delle tanto vantate “convenzioni di collegio”. No, la mia candidatura era improponibile. Avrei dovuto fare le primarie. Notoriamente, infatti, l’on. Zampa era stata prescelta attraverso primarie competitive e combattute. Anzi, continua a battersi, molto riservatamente, affinché in caso di elezioni anticipate tutti i parlamentari vengano candidati e ricandidati esclusivamente sulla base dell’esito di primarie aperte. Sono sicuro di non sbagliarmi.

Dunque, adesso, è giunto il momento di parlare delle primarie secondo Prodi. Certamente, non dovremmo aspettarci una vera e propria filosofia politica delle primarie (invece, rintracciabile, per gli interessati, in un paio di articoli da me scritti per la rivista «il Mulino», nel 1997 e nel 1998), ma può essere utile ricordare almeno due o tre fatti essenziali. Primo, per potenziare la sua leadership, nient’affatto unanimemente e senza riserve sostenuta all’interno della Margherita (ah, Rutelli…; ah, qualche democristiano mai pentito), al suo ritorno dall’Europa, Prodi richiese che si indicessero consultazioni primarie. Nel frattempo, le vere e proprie primarie, non le prime a svolgersi in Italia (ho già fatto un breve cenno al caso di Bologna 1998), ma le più importanti, si svolsero in Puglia, fra Nichi Vendola (Rifondazione Comunista) e Francesco Boccia (Margherita). Grazioso dono di D’Alema, che pensava di mettere a tacere Vendola, furono vinte proprio dal candidato di Rifondazione che avrebbe poi vinto anche le primarie successive nel 2010 ugualmente volute da D’Alema che deve essere all’oscuro del detto: errare humanum est, perseverare diabolicum, le primarie pugliesi rimangono un esempio molto istruttivo. Non mi è chiaro perché, ma nella primavera del 2005, Prodi cominciò a manifestare qualche riserva sulla necessità

Page 40: Quasi Sindaco - G. Pasquino

di fare svolgere primarie nazionali. Quando variegate coalizioni di centro sinistra vinsero le elezioni in nove regioni su quindici dichiarò che quelle erano state le “sue” primarie, vale a dire, affermazione che non può essere in nessun modo corroborata, che erano state vinte anche grazie al suo nome. La sorda opposizione della Margherita ad una incoronazione che veniva dai Democratici di Sinistra e che li snobbava platealmente lo obbligò, infine, a chiedere vere primarie. Insomma, non proprio verissime poiché tanto la Margherita quanto, quel che più conta, i Democratici di Sinistra (troppi polli nel loro pollaio) rinunciarono a presentare un loro candidato. La vittoria di Prodi, nonostante le sue preoccupazioni, non fu mai minimamente in discussione. Semmai, l’interrogativo era rappresentato dall’affluenza degli elettori. Un po’ tutti i dirigenti e i loro giornalisti di riferimento diedero i numeri, scegliendo di stare molto cauti per prudenza, ma anche per potere esaltare un eventuale successo numerico che ci fu. Che non può essere sminuito, ma che non deve neppure essere magnificato.

La storia, peraltro, non finiva lì. Berlusconi e i quattro saggi di Lorenzago nel Cadore replicarono a fine legislatura (dicembre 2005) cambiando la legge elettorale e producendo una “porcata” nella nobile e azzeccata valutazione di uno di loro, il ministro leghista Lord Calderoli. Cancellati i collegi uninominali, fecero la loro comparsa lunghe liste bloccate, ovvero senza nessuna possibilità per gli elettori di sovvertire l’ordine dei candidati. Si stabilirono due soglie di accesso alla Camera (quattro per cento su scala nazionale) e al Senato (otto per cento regione per regione). Spuntò anche un premio di maggioranza alla coalizione vincente, più contenuto rispetto a quello imposto dalla Legge del ministro fascista Acerbo, applicata nel 1924, leggermente differente rispetto a quello della Legge Truffa, che, applicata e fallita nel 1953, nonostante recenti tentativi di rivalutazione, truffa effettivamente era e rimane.

Come Comitato Nazionale Promotore delle Primarie, di cui sono fin dalla sua nascita Presidente, segnalammo subito pubblicamente, in un paio di riunioni e relativi comunicati stampa, due problemi. Primo problema: le primarie per Prodi si erano svolte troppo in anticipo rispetto alla data delle elezioni politiche, fissata per l’aprile del 2006. In assenza di una intensa e continuata attività sarebbe andato del tutto perduto qualsiasi essenziale slancio di mobilitazione popolare. Insomma, l’elettorato delle primarie, invece di

Page 41: Quasi Sindaco - G. Pasquino

funzionare da volano, si sarebbe seduto oppure sarebbe arrivato privo di energie alle urne d’aprile. Secondo e molto più grave problema: non era davvero concepibile e accettabile che i capipartito e i capicorrente platealmente e semplicemente nominassero i “loro” parlamentari. Calcolando, operazione alquanto facile, grosso modo quanti parlamentari sarebbero stati eletti nelle varie circoscrizioni, stabilire l’ordine di beccata era un’operazione che anche un bambino avrebbe potuto effettuare. In quelle condizioni, era facile prevedere che nessun candidato avrebbe avuto il minimo interesse e qualsivoglia incentivo a fare campagna elettorale. I meglio piazzati, spesso anche paracadutati, già sicuri di essere eletti, non vedevano ragione alcuna di impegnarsi nella campagna elettorale. A maggior ragione, quelli piazzati in fondo alle liste bloccate, non potevano che ritrarsi da un impegno oneroso destinato a essere frustrante e frustrato.

Dunque, decidemmo di proporre pubblicamente e poi con una lettera a Prodi quella che reputavamo essere una soluzione democratica, efficace, praticabile e che, incidentalmente, secondo noi, mantiene intatta tutta la sua validità. Nella lettera inviata al candidato Presidente del Consiglio, capo della coalizione detta Unione, Romano Prodi, gli domandammo di suggerire e agevolare l’indizione in maniera selettiva di elezioni primarie per la scelta di un numero variabile di candidati/e al Parlamento. Tutti i posti con il numero dispari, 1, vale a dire il capolista in ogni circoscrizione, 3, 5, 7, sarebbero comunque stati riservati ai partiti della coalizione. Qualora in determinate zone esistesse una o più associazioni in grado di presentare candidature da loro espresse oppure ritenute particolarmente valide, se quelle candidature non venivano accettate, si sarebbero tenute primarie per i posti 2, 4, 6, 8. Naturalmente, anche ad eventuali candidati dei partiti era consentito di partecipare alle primarie.

La nostra proposta suggeriva che quelle primarie per i parlamentari dovessero tenersi nel periodo più ravvicinato possibile alla data delle elezioni in modo da sfruttare una molteplicità di effetti: partecipazione/ mobilitazione, informazione, comunicazione, visibilità. Aspettammo a lungo la risposta, mentre variamente la discutevamo in mezzo alla sorda ostilità dei dirigenti dei partiti, a cominciare da quelli dei più piccoli, tutti gongolanti grazie alla prospettiva di scegliersi come parlamentari i loro fedelissimi. Infine, ricevemmo una brevissima lettera di Prodi, datata 28 febbraio 2006,

Page 42: Quasi Sindaco - G. Pasquino

che ci comunicava, “Carissimi”, che, purtroppo, non c’era più il tempo per organizzare le primarie. Infatti. Ma erano passati tre lunghi mesi da quando avevamo fatto una proposta alquanto dettagliata. Questo era il Prodi primarista convinto. Adesso, attendiamo dalla Zampa che, coerentemente, si impegni nella richiesta di primarie per i parlamentari, coraggiosamente offrendosi come utile “case study”. Dopodiché la risicata vittoria elettorale, nel corso di una campagna nella quale il candidato Presidente del Consiglio aveva dilapidato un vantaggio iniziale consistente, fa pensare che, forse, lo strumento democratico “primarie”, se utilizzato correttamente e tempestivamente, sarebbe riuscito a contribuire a un esito alquanto differente.

Grande, invece, e continuativo è stato il contributo di Romano Prodi al candidato Flavio Delbono che aveva vinto risicatamente le primarie bolognesi. Prodi partecipò agli eventi più importanti della sua campagna: dal lancio ufficiale della candidatura, un costosissimo convegno organizzato e pagato dalla Lega delle Cooperative che invitò il Premio Nobel Amartya Sen, noto anche per la sua profumata professionalità, all’ultima messa nella chiesa di San Petronio il giorno stesso delle elezioni! Trovò anche il tempo di accompagnare il suo candidato al Palazzo del Prefetto di Bologna in occasione della Festa della Repubblica, 2 giugno 2009. Insomma, mise la sua pesante zampa senza riserve né, meno che mai, critiche, in tutta la campagna elettorale. Non so se se ne sia mai pentito. Quello che è sicuro è che, prima di abbandonare il sindaco inquisito, lasciò passare troppo tempo. E, alla fine, dettò il classico comunicato di lode ad un gesto di responsabilità e di “amore” per la città. In verità, quel che trapelò fu un amore piuttosto tardivo dal momento che se le dimissioni del sindaco inquisito fossero arrivate qualche giorno prima, come tutti nel suo entourage erano tenuti e obbligati a sapere, Bologna avrebbe evitato il commissariamento e sarebbe andata a elezioni già nel marzo del 2010, in contemporanea alle regionali, risparmiando, oltre al tempo e al denaro, anche l’umiliazione del commissariamento.

La lezione di un galantuomo, in «l’Unità» 10 marzo 2008

No, Romano Prodi non è, come sostiene Galli della Loggia sul «Corriere della Sera» quotidiano che, lo aveva prima esplicitamente endorsed, appoggiato all’americana, per la penna del suo

Page 43: Quasi Sindaco - G. Pasquino

stesso Direttore, poi, spesso, fatto acidamente criticare dai suoi editorialisti, un imbarazzante nonno che un ingrato centro-sinistra ovvero, meglio, gli smemorati, non per caso, ex-comunisti, avrebbero già messo in soffitta, e non esclusivamente per ragioni elettorali. Non è neppure un disoccupato, un nonno per tutte le stagioni e per tutte le cariche, come ha pensato qualche fantasioso giornalista, a corto di idee, candidandolo a sindaco di Bologna. La risposta di Prodi è stata del tutto prevedibilmente negativa, e la motivazione già allora apprezzabile: dedicare più tempo ai suoi nipotini. Adesso ne sappiamo di più, con parole che sembrano venire dall’Ecclesiaste: c’è un tempo della politica, nazionale e internazionale e c’è un tempo dell’impegno altruistico anche fuori dalla politica (e non necessariamente nelle banche e nei consigli di amministrazione, peraltro non necessariamente luoghi riprovevoli). Proprio chi, come me, lo ha criticato più di una volta, su questo giornale (e altrove) per le sue concezioni politiche e per le sue modalità d’azione e di comunicazione, ha non soltanto il dovere, ma anche il diritto di ricordare, anche e soprattutto agli immemori smemorati del centrosinistra italiano, quanto in Parlamento e nel paese, dobbiamo ai governi guidati da Romano Prodi e a lui stesso, personalmente.

Senza la sua disponibilità, per due volte il paese e noi avremmo dovuto subire (sì, è esattamente il verbo che considero maggiormente appropriato) governi guidati da Berlusconi e, nel secondo caso, ovvero nel 2006, avremmo corso il serio rischio di un abbozzo di regime: dieci possibili anni consecutivi di governo del centro-destra nonché 60 la loro conquista di tutte le cariche, Presidenza della Repubblica compresa, e la fuoruscita dell’Italia dal consesso dell’Europa che conta. Senza Romano Prodi (e senza l’intelligenza politica di Beniamino Andreatta) l’avvicinamento fra ex-democristiani e ex-comunisti e l’esperienza dell’Ulivo, prodromo del Partito Democratico sarebbero semplicemente stati impossibili. Soltanto la pazienza politica e personale di Prodi unitamente, se si vuole, alla sua tenacia, hanno permesso la durata e persino la innegabile, perché testimoniata da cifre e da riconoscimenti internazionali, opera di risanamento dell’economia italiana dentro una coalizione altrimenti portata ai litigi e alle differenziazioni personalistiche al limite del narcisismo. Aggiungo, particolare nient’affatto banale, che, quando vado in giro per conferenze, ma anche quando sono in coda al supermercato, sento spesso dire che Romano Prodi è una brava

Page 44: Quasi Sindaco - G. Pasquino

persona, non un esponente della “casta”. Non è un’affermazione frequente quando il discorso cade su persone che hanno ricoperto prestigiose cariche di rappresentanza e di governo. Né si deve dimenticare che, non soltanto in Italia, sono rarissime le fuoriuscite dalla politica che non vengano contrattate e scambiate con qualche altra visibile carica di potere e altamente remunerativa. Dovrei forse menzionare il ruolo acquisito dall’ex-cancelliere tedesco Gerhard Schröder in Gazprom o quello conferito all’ex-Primo ministro inglese Tony Blair, inviato speciale in Medio-oriente?

Certamente amareggiato, Romano Prodi esce, senza cercare rivincite e ricompense, dalla scena politica italiana, alla quale ha dato molto, e dalla quale, oltre alle amarezze, ha anche ricevuto molto. Un giorno, non troppo lontano, dovremmo, credo, interrogarci su quello che non ha funzionato nei governi di Prodi o, meglio, nelle alleanze composite a suo fondamento. Il Partito Democratico sta tentando una risposta politica abbastanza coraggiosa: meglio meno, ma meglio (in termini di compagni di strada e di governi), che non esaurisce il problema. È una risposta che, senza sottovalutarne le difficoltà, Prodi condividerebbe, magari interrogandosi se non sarebbe stato possibile anche prima tentare soluzioni coraggiose. La scelta di non ricandidarsi, di non dare facili armi alle destre, di non cercare altre cariche, certamente praticabili, costituisce una lezione non soltanto politica, non soltanto di stile, ma anche di sostanza che merita rispetto e apprezzamento. Dovrebbe essere accompagnata, appena saremo usciti dalla tormenta elettorale, da un’operazione di verità e da una rivendicazione dei successi.

Nel decennio di una transizione politico-costituzionale incompleta, forse sottovalutata da Prodi (e dai suoi, non sempre all’altezza, consiglieri) nella sua gravità e nella ricerca di soluzioni, sono stati i due governi di Romano Prodi che hanno, prima, portato l’Italia nell’Euro e, poi, ricondotto l’Italia nei parametri di Maastricht. Vedremo se i prossimi governi sapranno fare meglio, mentre Prodi, con il nostro augurio, si impegnerà non soltanto ad essere un nonno premuroso, ma anche a diventare un operatore internazionale in grado di esprimere le sue capacità e la sua non formale solidarietà.

Scritto il 9 marzo 2008.

Page 45: Quasi Sindaco - G. Pasquino

Capitolo sestoIncontrarsi, così

Indice

Ho sempre pensato, ma l’ho anche scritto, che la politica consiste soprattutto nel creare, costruire, curare i rapporti fra le persone, quelle che hanno potere e quelle che hanno il voto, quelle che desiderano il potere e quelle che vogliono, democraticamente, toglierglielo, quelle che sanno prendere le decisioni e quelle che suggeriscono, variamente, nel loro piccolo, quali decisioni dovrebbero essere prese, infine, quelle persone, molte, che subiscono le conseguenze, negative e positive, delle decisioni. Nel suo significato originale, è molto importante saperlo e ricordarlo, il sostantivo greco “politica” è un plurale: “le cose che avvengono nella città” (polis). Non soltanto sono cose che ci riguardano come cittadini, ma su quelle cose dovremmo volere esercitare, ricorrendo ad un ampio repertorio di strumenti, una qualche influenza e riuscire a farlo. Uno, ovviamente, non l’unico, degli strumenti da utilizzare in politica è il dialogo fra persone. Certo, anche se Bologna è una città relativamente piccola, non è possibile passeggiare sotto i portici e nell’agorà di piazza Maggiore parlando con tutti i cittadini. Ma, almeno, ci si può e ci si deve provare.

A Bologna, molti ricordano quando piazza Maggiore era un brulicare di capannelli di persone, nient’affatto esclusivamente anziani e pensionati, che parlavano di politica. Molti ricordano anche grandi comizi di massa, straordinario modo di comunicare la linea del partito, di criticare gli avversari, di misurare le capacità e persino la personalità dell’oratore. Con l’avvento della televisione, molti, probabilmente troppi, hanno pensato che, nella nuova politica, del contatto con le persone si potesse/si possa fare a meno. Certo, la TV raggiunge milioni di persone, dappertutto, in qualsiasi momento, ma come? E quanto lascia in loro di informazione sulla politica e sui politici? A livello locale, in una comunità piccola e ancora relativamente, seppur problematicamente, coesa, come Bologna, quanto può essere influente la TV e quanto può essere integrata e contrastata da una seria attività di contatto con le persone? Senza sentirci troppo velleitari, noi, “Cittadini per Bologna”, pensammo che, comunque, dovevamo andare per strada, ai supermercati, alle fermate degli autobus, davanti ai cancelli di alcune scuole, ai nuovi uffici comunali. Quanto fruttuoso potesse essere non lo

Page 46: Quasi Sindaco - G. Pasquino

sapevamo; che fosse politicamente importante, per noi e per il nostro modo di fare campagna elettorale, perseguendo anche l’obiettivo di cambiare la politica in città, ne eravamo assolutamente convinti.

Bologna si è spesso vantata di avere un ricco e vivace tessuto di associazioni. In linea generale, si può effettivamente notare che le associazioni bolognesi sono molte e di vario tipo. Tuttavia, guardando più da vicino, come ho avuto modo di fare durante la campagna elettorale, l’elemento che mi è apparso con chiarezza è che alcune associazioni/organizzazioni sono persino troppo collegate con il Partito Democratico. Sono contigue, al limite, per usare un termine antico, ma ancora pregnante, fiancheggiatrici. Potremmo nobilitare tutto questo evidenziando come il Partito Comunista abbia perseguito, con successo, la strategia gramsciana dell’egemonia. Quello che è restato, dopo la trasformazione del PCI e la perdita di una forte e vitale identità, è, a tutti gli effetti, un blocco di potere. Per quel che attiene al passato, l’ho definito “triangolo virtuoso”: un grande partito sempre al governo, un grande sindacato, un ampio movimento cooperativo. Attraverso la credibilità dei suoi dirigenti e la competenza dei suoi amministratori, il Partito ha garantito stabilità politica e offerto prevedibilità dei suoi comportamenti. Il sindacato sapeva che sarebbe stato sostenuto nelle sue vertenze con gli industriali i quali, a loro volta, sapevano, e ricevevano regolarmente conferma, che il partito manteneva quel che prometteva. Dunque, era possibile investire e lavorare in competizione e in concomitanza con le ugualmente soddisfatte cooperative. Naturalmente, se viene meno anche uno solo dei tre lati del triangolo, tutto cambia. Anzi, peggiora.

Superfluo rilevare che, sì, il lato più importante, il “partito-amministrazione”, si è, prima incrinato, poi piegato e forse spezzato. Non appare più recuperabile. Le cooperative, diventate molto professionalizzate, stanno sul mercato e prendono le distanze. Il sindacato boccheggia. Gli industriali guardano preoccupati e, quando possono, operano sui mercati europei e mondiali. A tutti, però, l’assetto politico cittadino interessa, non solo come produttori e operatori economici, ma proprio come cittadini. Non riuscirei a spiegare altrimenti, se non con l’esistenza di un acuto sentimento di cittadinanza, di positiva bolognesità, quanto ho rilevato nei miei incontri e nei miei colloqui. Ma, naturalmente, non posso neppure tacere la faziosità e la latitanza, ovvero i mancati inviti e le esclusioni, il

Page 47: Quasi Sindaco - G. Pasquino

rifiuto aprioristico del dialogo. Comincio proprio da quelle che credo debbano essere

considerate discriminazioni. Premetto subito che, in campagna elettorale come a casa propria, ciascuno ha il diritto di invitare e, ancor più, di non invitare chi vuole. Per esempio, se la CGIL e la Camera del Lavoro di Bologna non hanno il minimo interesse per quello che penso, dico, farei in termini di lavoro e del suo ambiente cittadino, è logico e giusto che non perdano tempo con me. A maggior ragione, ha fatto bene Cesare Melloni, di cui, pure, ricordo una “sparata” contro le primarie tanto micidiale quanto ignorante di qualsiasi cosa vogliano e possano essere le primarie, a non prendermi in nessuna considerazione. Leggermente più complesso è il discorso che riguarda la CNA poiché alcuni dirigenti mi conoscono abbastanza bene. Ho accettato i loro inviti in diverse sedi, in tempi non sospetti perché non elettorali, esprimendo il mio sincero apprezzamento per il loro lavoro. Cosicché sono rimasto molto stupito quando ho saputo che avevano invitato tre candidati, ma non me. Lo stupore è stato ancora maggiore quando ho visto un’intera pagina pubblicitaria a pagamento su «la Repubblica» nella quale la CNA pubblicizzava le sue proposte e le sue richieste al futuro governo cittadino ricorrendo all’espediente “più”. Ricordo qui, ma il lettore potrà vedere tutto nell’appendice, che avevamo annunciato fin dalla conferenza stampa di inizio febbraio che il nostro programma sarebbe stato all’insegna proprio del “più”. Ad esempio: “Bologna più colta”; “Bologna più bella”; “Bologna più europea”, per dare anche l’idea che avremmo costruito tenendo conto di quanto già esisteva. Questa impostazione non poteva essere sfuggita agli uffici studi della CNA (la loro pagina è di fine marzo 2009) poiché la avevamo ribadita in più occasioni e anche messa su non pochi cartoncini che distribuivamo in varie iniziative. Insomma, la mia esclusione dall’incontro con i candidati, ancorché sgradevole, è comprensibile. Il plagio ci è sembrato un piccolo, meritato omaggio alla nostra inventiva, ma, in special modo, un comportamento piuttosto reprensibile.

Non soltanto perché da vent’anni abito a Porta Lame, anno dopo anno ho partecipato fra la piccola folla di ex-partigiani e di cittadini, mai fra le autorità sul prato, alla commemorazione della Battaglia di Porta Lame: 7 novembre 1944. Fra le autorità ho regolarmente visto i sindaci, Renzo Imbeni, Walter Vitali, Giorgio Guazzaloca compreso, e, ma non tutte le volte, Sergio Cofferati. Naturalmente, più spesso che no, ho anche notato l’alta

Page 48: Quasi Sindaco - G. Pasquino

sorridente figura di Maurizio Cevenini. Personalmente, ho chiarissimo il nesso storico, politico e morale fra Resistenza, antifascismo e democrazia. In diverse occasioni, ho avuto l’opportunità di parlarne e anche di scriverne, persino su qualche pubblicazione dell’ANPI bolognese. Insomma, non dovrei essere uno sconosciuto per il Presidente William Michelini. Quando ci siamo incrociati alla Certosa, per il 21 aprile, dove qualcuno stava portando per mano Delbono, sistematicamente Michelini ha evitato di riconoscermi. Poi, a fatica, mi ha stretto la mano. Infine, ha fatto sapere ai miei collaboratori che, no, insomma, non aveva proprio il tempo di ricevermi. Non ne vedeva la necessità. Giusto anche questo. Notoriamente, il candidato del Partito Democratico aveva già dato ampia prova del suo interesse e del suo apprezzamento per la Resistenza. Oppure, forse no; ma Michelini non aveva nessun dubbio e, soprattutto, non voleva che dubbi venissero instillati fra i suoi iscritti. Che collateralismo ci sarebbe mai se i partigiani e le loro famiglie si mettessero anche a sollevare riserve sul candidato ufficiale del Partito Democratico e a valutare i candidati sulla base di quello che hanno detto e fatto e che promettono e argomentano? Qualche mese dopo, a elezioni celebrate, andai a fare una conferenza sulla Costituzione, invitato dal Presidente dell’ANPI di Castelmaggiore il quale mi spiegò, candidamente, e gliene sono grato, che aveva dovuto piegare molte resistenze interne alla sua associazione per invitarmi e sconfiggere molte obiezioni contro la mia presenza. Alcuni avevano annunciato di boicottare la conferenza. Altri espressero la loro preferenza per ascoltare, invece di me, un noto esperto di Costituzione e Resistenza: l’ancora per poco segretario del Partito Democratico di Bologna.

Più complessa è la storia di un invito che non venne mai. Ma, avrei dovuto aspettarmelo? Sono diventato socio dell’Associazione di cultura e politica “il Mulino”, su indicazione di Nicola Matteucci, nel 1970. Non è il caso che ripercorra qui tutti ruoli che ho variamente ricoperto in questi quarant’anni. Mi limito soltanto a evidenziare che ho diretto la rivista per quattro anni. Ne sono fiero e chi vorrà leggere uno qualsiasi di quei fascicoli bimestrali e confrontarli con uno qualsiasi dei fascicoli degli ultimi dieci-dodici anni, capirà perché. Ho sempre pensato che la cultura e la politica possono incrociarsi in maniera molto feconda, altrimenti, avrei scelto di fare altro e non di insegnare Scienza politica. Quando venni eletto senatore, abbandonai ogni incarico e rimasi

Page 49: Quasi Sindaco - G. Pasquino

“socio di base”. Quando a metà degli anni Novanta mi si offrì di tornare alla direzione della rivista «il Mulino», rifiutai a malincuore poiché consideravo il mio impegno come Senatore incompatibile con il dirigere in maniera autorevole la rivista. Cercai sempre di segnare il territorio del Mulino affinché non venisse invaso, come certamente non avrebbero voluto i Fondatori, dalla politica quotidiana. Quando, di recente, il socio Michele Salvati condusse un suo intervento in Assemblea tutto all’insegna del “Noi del Partito Democratico…” per spiegare perché il Mulino, non avendo capito le radici sociali, economiche e politiche del berlusconismo, ha perso smalto e incisività, ne rimasi inorridito. Lo dissi. Risultai in minoranza e venni anche subito redarguito e zittito.

Ma, perché avrei dovuto ricevere un invito dall’Associazione “il Mulino”? Forse perché cinque anni prima, il Comitato Direttivo aveva invitato il candidato Sergio Cofferati a parlare ai soci? A suo tempo, espressi in via informale, non essendovi nessuna sede depositata per parlare di questo, tutta la mia contrarietà. L’invito a me poteva forse essere giustificato dal fatto che l’Associazione “il Mulino” si occupa anche di politica e l’Istituto Cattaneo fa ricerche di politica, compreso un bel libro proprio sulle elezioni municipali del 1999 (ma su Bologna ricordo molte altre importanti pubblicazioni del Cattaneo e dell’Editrice)? Forse perché un socio dell’Associazione era in lizza in prima persona nelle elezioni della città in cui è nata e ha sede l’Associazione stessa? Nel periodo in cui era stato sindaco Walter Vitali, uno dei fondatori del Mulino, Luigi Pedrazzi, fu vicesindaco. Però, un conto è essere cooptati a fare il vicesindaco, un conto molto diverso, magari soltanto più interessante, è fare una campagna elettorale per diventare sindaco. La storia politica di Pedrazzi registra, peraltro, anche una campagna elettorale, di sicuro la più famosa di quelle svoltesi a Bologna, nota come Dossetti, lo sfidante, contro Dozza, il sindaco in carica. Avrebbe, magari, potuto l’Associazione interessarsi, per esempio, a come e quanto era cambiata la politica locale e non solo, in poco più di cinquant’anni. L’Istituto Cattaneo avrebbe potuto trovare qualche originale interrogativo di ricerca. Oppure, molto più semplicemente, la rivista «il Mulino» avrebbe potuto apprezzare un mio articolo, un resoconto, una riflessione, un intervento, una tavola rotonda. Infine, ma a nessuno, proprio nessuno dei soci, è mai venuta la curiosità di sapere perché mi ero candidato e come è andata?

Page 50: Quasi Sindaco - G. Pasquino

Non intendo formulare nessuna spiegazione. Mi limito a constatare che l’Associazione e il suo Comitato Direttivo sono imbottiti di soci di stretta osservanza PD, i quali, dunque, vedevano proprio di malocchio la mia candidatura. Ma, almeno, a elezioni consumate, una discussione, anche critica, la si sarebbe pure potuta fare. Sembra proprio di no. Peccato: un’occasione perduta magari per riflettere su un tema non banale: “politica e cultura a Bologna”. Temo che l’Associazione abbia da tempo perduto qualsiasi capacità di approfondimento e di elaborazione politica. Un guizzo di vitalità, anche, ripeto, critica, nei confronti della mia candidatura, sarebbe stato del tutto inaspettato, addirittura destabilizzante.

Gli altri incontri, tranne uno, furono tutti programmati, da noi, “Cittadini per Bologna”, richiesti e accolti con molto favore e gentilezza. Mi riferisco all’Unione Industriali e al suo, allora Presidente Gaetano Maccaferri; all’Associazione Nazionale Costruttori Edili (ANCE) e al suo allora Presidente Marco Buriani, all’Unione Piccoli Proprietari e Immobiliari (UPPI), all’Ordine degli Ingegneri e alla Cooperativa Taxisti di Bologna (COTABO). Prima di passare ai particolari che mi hanno favorevolmente impressionato, voglio sottolineare tre importanti e apprezzabili elementi comuni a questi incontri, pur nella enorme diversità delle attività svolte dalle cinque associazioni menzionate. Primo elemento: grande disponibilità ad ascoltare le mie posizioni e proposte, non soltanto per cortesia e in modo formale, ma interloquendo e, se necessario (eccome era necessario!), correggendo e suggerendo motivatamente scelte alternative. Secondo elemento comune: una evidente, non ostentata, ma sicura e elevata, professionalità nel loro settore. Ciascuna delle associazioni e dei loro rappresentanti mostrò grande competenza e approfondita conoscenza dei problemi cittadini nonché notevole capacità di progettare soluzioni. Terzo elemento comune: certo, le soluzioni formulate dalle varie associazioni non potevano non rispecchiare le preferenze e gli interessi dei soci e dei rispettivi dirigenti, ma, al tempo stesso, sentivo e capivo che, nelle visioni specifiche, c’era sempre uno sforzo concreto di prospettare qualcosa che fosse benefico, utile, efficace per rilanciare la città. In particolare, il piano traffico formulato dall’Unione Industriali mi sembrò ottimo e compatibile con molte delle indicazioni derivanti, per esempio, dall’esperienza quotidiana e dal buon senso dei taxisti. Quanto suggerito dall’ANCE poteva utilmente essere messo a

Page 51: Quasi Sindaco - G. Pasquino

confronto sia con le esigenze dei piccoli proprietari e degli inquilini sia con quanto avevo appreso dalla Cooperativa per il Risanamento, anch’essa operativamente molto concreta. Non che ognuno avesse ragione, ma un buon sindaco e un buon assessore dovrebbero sapere individuare i punti di convergenza, utilizzare le opportunità come delineate da queste associazioni, sfruttare le eventuali sinergie.

Intelligentemente, molto meglio degli inutili saggi subito nominati dal sindaco Delbono, e tempestivamente Stefano Bonaga e Enrico Pettazzoni hanno proposto all’inizio del 2010 che si svolga un’Istruttoria Pubblica nella quale chiunque lo voglia potrà presentare progetti fattibili per migliorare Bologna e la qualità della vita dei suoi cittadini. Sarebbe utile, preliminarmente, raccogliere, analizzare, compulsare e condensare quanto, ed è molto, è già disponibile presso quelle associazioni. Mi auguro che Bonaga e Pettazzoni vogliano sollecitare i responsabili a mettere in pubblico i loro progetti3. Pubblicità e trasparenza, insieme alla competenza, sono modalità indispensabili per ridare slancio alla città e per farle riprendere la strada della crescita.

Sicuramente, lo slancio non verrà dalle attività di due colossi cittadini con i quali ho avuto gli incontri più deprimenti. Del dibattito sulla cultura organizzato dalla Lega delle Cooperative e introdotto dal suo Presidente Gianpiero Calzolari, al quale non ero del tutto ignoto, ho già riferito ampiamente. Però, è importante che il lettore conosca fin d’ora un aspetto centrale. A conclusione delle presentazioni dei candidati, mentre l’affabile candidato del PD fuggiva, ovviamente per adempiere ad altri impegni, poiché diverse persone mi avvicinavano, mi fermai, anche attratto da alcune pizzette, una decina di minuti, giusto il tempo utile a Calzolari per elogiare la mia presentazione, riconoscendomi abbastanza competenza e originalità in materia dell’ampio settore della cultura a Bologna. Tornato a casa verso le 13.30, il mio computer ricevette un flash di agenzia nel quale il Presidente della Lega Coop, Calzolari affermava che il progetto migliore per il rilancio e la riorganizzazione della cultura a Bologna l’aveva espresso Delbono. Che dire? Rimasi meravigliato e, come me, forse, anche coloro, giornalisti compresi, che erano stati presenti al dibattito.

L’ultimo incontro, non in ordine di tempo, ma in questa sequenza e, soprattutto perché è quello che ho

3 A fine settembre 2010 si sono svolti i primi incontri per un'Istruttoria pubblica sul welfare a Bologna, per elaborare proposte per il bilancio di previsione 2011.

Page 52: Quasi Sindaco - G. Pasquino

fatto più fatica a capire e “assorbire” è stato quello con il potente Presidente del Consorzio Cooperative Costruzioni. Quarant’anni di mio insegnamento all’Università di Bologna non possono non lasciare tracce. Ma, il Presidente Piero Collina non è una piccola, trascurabile traccia. Non soltanto è stato in assoluto, con Angelo Panebianco, uno dei primi quattro-cinque studenti che hanno frequentato il mio nascente corso di Scienza Politica, ma, insieme a Panebianco, è stato uno dei due primi laureati in quella materia sotto la mia supervisione. Lo ho anche aiutato a scrivere e pubblicare un articolo derivante dalla sua tesi di laurea sulla nascente classe politica regionale. Nel 1970 si erano per l’appunto svolte le prime elezioni regionali. Ricordo ancora il titolo dell’articolo: Astri nascenti o stelle cadenti? Ci eravamo, poi, variamente visti, qualche volta anche alla partita del Bologna. Condividevamo una visione politica in senso lato socialista e, come socialista, Collina aveva fatto carriera nella cooperazione. Il Presidente del CCC mi ricevette, previo appuntamento, nel suo ufficio all’ultimo piano del Palazzo della Coop a Borgo Panigale. Il colloquio fu breve e chiarissimo. Non approvava la mia decisione di candidarmi con una Lista civica. Non mi avrebbe votato. Non mi avrebbe dato soldi, che, in verità, neppure chiesi, perché, affermò, le Coop non davano più soldi ai candidati. Rischiavo di impedire la vittoria al primo turno del candidato ufficiale del PD. Avrei fatto meglio a ritirarmi. Quanto al programma, tutto chiaro: il Civis doveva essere fatto il più presto possibile. Le Cooperative Costruzioni avevano già investito una notevole quantità di denaro; molti mezzi erano stati comprati da tempo e stavano parcheggiati negli hangar con il rischio di deperimento e obsolescenza. Si perdevano un sacco di soldi. Tutto questo, tranne i soldi che andavano perduti, fu ripetuto con tono fermo e deciso, che non ammetteva contraddittorio, anche al suo autista che ci riportava verso il centro, il quale, per quanto non elettore a Bologna, era sinceramente interessato a come vedevo la situazione cittadina. Devo ammettere che il dott. Collina impartì al suo ex-professore un’ottima, sintetica e pratica lezione su che cosa è e come si costruisce, si preserva e si prolunga nel tempo un blocco di potere.

Questo capitoletto non può considerarsi concluso senza riportare un avvenimento che sembrò destare scandalo (e qualche riserva anche fra i “Cittadini per Bologna”): la mia partecipazione alla Convention organizzata dal candidato Alfredo Cazzola per

Page 53: Quasi Sindaco - G. Pasquino

presentare il suo programma e la sua “squadra”. Invitato personalmente per telefono e variamente “coccolato”, presi la decisione di andare per due motivi, differenti, ma convergenti. Primo, il candidato Cazzola era un concorrente accreditato, lui sì che rappresentava qualcosa di nuovo, anche rispetto a precedenti candidature civiche collocate nel centro-destra, e, come si sarebbe poi anche visto, contati i voti, di significativo. Mi sarebbe comunque stato utile conoscere le sue proposte e vedere le persone che lavoravano con lui. Secondo, a me interessa, come persona e come studioso (allora anche come candidato), la politica. Chi la fa, come viene fatta, come cambia, per di più in una città come Bologna, da almeno dieci anni attraversata da insoddisfazioni diffuse e pulsioni nuove. Dunque, il candidato civico di sinistra nonché studioso di politica andò ad assistere alla Convention di Cazzola senza nessun timore e senza nessuna disponibilità a essere cooptato. Volevo essere informato in prima persona. Consideravo Cazzola un concorrente, un avversario politico, un concittadino, capace di rappresentare quasi un quarto dell’elettorato di Bologna, non un nemico di classe. Non ho affatto cambiato idea, e neanche ho cambiato la mia collocazione politica.

Apriti cielo. Il lettore mi perdonerà questa frase fatta, ma di fronte all’esplosione di faziosità e di stupidità dei commenti, ho scoperto una parte piuttosto maligna del volto di una città che avevo fino ad allora considerato esemplarmente tollerante anche delle differenze politiche. Insomma, avevo tradito la sinistra. Avevo svelato le mie vere intenzioni. Avevo, secondo la brillante trovata di una sconosciuta esponente della brillantissima lista civica “Bologna 2014”, perso la bussola. Per fortuna che ci pensò lei, accuratamente truccata e profumata, soprattutto, dopo avere convocato i fotografi dei tre maggiori quotidiani cittadini (credo che poi la foto sia stata pubblicata, c’era da aspettarselo, soltanto da «la Repubblica»), a recapitarmi gioiosa e trafelata una vera bussola. È così che si fa la nuova politica ovvero, almeno, che la facevano quelli di “Bologna 2014”. Ma, rimane la sgradevole sensazione che la faziosità sia oramai arrivata ovvero, peggio, si sia diffusa anche in una città che si era, nel corso del tempo, fin troppo vantata, della qualità del suo confronto politico.

Page 54: Quasi Sindaco - G. Pasquino

Capitolo settimoDisinformazia

Indice

«Le idee camminano sulle gambe degli uomini» (Mao Tse-Tung) “e delle donne” (aggiunta mia). Anche le proposte e i programmi elettorali, le priorità e le soluzioni ai problemi possono camminare sulle gambe degli uomini e delle donne. Anzi, è giusto che vengano affidati agli uomini e alle donne affinché ne parlino, li spieghino, li confrontino con altre idee di altri uomini e donne, eventualmente, li integrino, li aggiornino, li correggano, li cambino. Tutto questo è politica nel senso migliore della parola. Naturalmente, in una società dalle molteplici attività, interessi e preferenze, vale a dire, persino in una città di dimensioni relativamente piccole come Bologna, la comunicazione politica non può essere fatta circolare esclusivamente sulle gambe degli uomini e delle donne. Ha bisogno dei mezzi di comunicazione di massa, ovvero delle radio, dei giornali, delle televisioni: tramiti e traditori. Non si spiegherebbe altrimenti la costante battaglia per l’accesso alla citazione sui giornali, alla battuta sulle radio, alle comparsate in TV. Di qui, a livello nazionale, la legge sulla par condicio che garantisca pari opportunità a tutti i concorrenti. Però, a livello locale, ognuno fa quel che può, ovvero, molto spesso, fa quel che può permettersi di pagare. E i giornalisti, a loro volta, fanno quello che vogliono. Da quello che fanno e da come lo fanno si misurano non soltanto la loro imparzialità, ma anche le loro competenze e la loro professionalità, nonché, ancora di più, la loro collocazione politica, eventualmente, il loro “partito preso”.

Naturalmente, i “Cittadini per Bologna” non disponevano di nessun ufficio stampa con personale specializzato e portavoce professionisti. Non soltanto non potevamo permetterceli, ma pensavamo, in maniera relativamente ingenua, che, da un lato, quel po’ di notorietà di cui godevo in città fosse sufficiente, dall’altro che, creando gli eventi e partecipandovi, saremmo riusciti a comunicare in maniera adeguata i contenuti della nostra campagna elettorale e delle nostre proposte programmatiche. Non è andata esattamente in questo modo. Ce ne siamo accorti presto, ma cambiare la logica dei mass media, in special modo quando hanno già scelto una strada, è molto difficile anche per persone e “politici” molto più potenti di noi (ci voleva pochissimo a esserlo). Ciò

Page 55: Quasi Sindaco - G. Pasquino

detto, appare opportuno fare molte distinzioni concernenti sia il mezzo di comunicazione sia gli operatori quel mezzo.

Comincerò dalla televisione poiché, naturalmente, non abbiamo potuto frequentarla quasi mai. Semplicemente, non avevamo i soldi per comprare il loro tempo e spazio. Quindi, credo di avere sostanzialmente fatto un’unica apparizione unitamente a una fila di aspiranti sindaco più fitta del solito a un programma specificamente elettorale trasmesso di mattina pochi giorni prima del primo turno di votazioni dal TG3 dell’Emilia-Romagna, più, forse, trenta secondi di “appello al voto”. Sono anche grato a Telecentro e alla giornalista Antonella Zangaro che mi ha intervistato almeno un paio di volte con domande intelligenti e utili affinché gli elettori si formassero un’opinione sul candidato sindaco e sulle nostre proposte per la città. Ovviamente e, dal loro punto di vista, giustamente, viste le mie opinioni in materia di laicità, di bioetica e di ricerca scientifica, la rete della Curia “è-TV” non mi degnò di nessunissima attenzione. Come si dice, Amen.

Credo, ma non ho tenuto un’agenda con date e argomenti, di avere fatto sporadiche apparizioni su Sky e anche a Omnibus de La7, prima che iniziasse la campagna elettorale, con miniriferimenti alla possibilità della mia candidatura e niente più. Dopodiché, correttamente, iniziò per me un lungo periodo di black-out. Prima però, all’inizio del febbraio 2009, quando non soltanto non era ancora cominciato il periodo elettorale, ma non vi era nessuna certezza che sarei/saremmo riusciti a raccogliere le firme per la mia candidatura, venni invitato al programma notturno di Gigi Marzullo, “Sottovoce”, Rai Uno. Quando il conduttore seppe che il mio sito mi identificava come possibile candidato a sindaco di Bologna, nonostante non infrangessimo in nessun modo la, peraltro non ancora operante, “par condicio”, apparve letteralmente terrorizzato. L’intervista, debitamente registrata e, mi dicono, trasmessa quasi subito, forse la sera stessa o quella successiva (purtroppo, non l’ho ancora vista e neppure so se è accessibile), mi provocò nel suo svolgersi grande ilarità. Il conduttore, che scomparve velocissimamente dopo la mia ultima riposta, non la pensava allo stesso modo. Non mi sono rivisto, ma di tanto in tanto intrattengo l’idea di chiedere il link a qualcuno. Penso che prima o poi lo farò. L’insegnamento consiste, però, nella nevrosi che coglie alcuni conduttori televisivi, mentre altri perforano la par condicio a loro piacimento.

Page 56: Quasi Sindaco - G. Pasquino

Il discorso è molto diverso nel caso delle radio. Sono stato un paio di volte a Punto Radio, intervistato dal l’ex-assessore Verde, Amorosi, a rispondere anche a domande del pubblico. Sono stato, se ricordo correttamente, due volte a Radio Tau, dove l’ottimo conduttore Paolo Bonazzi, ha fatto opera di utile informazione intervistando tutti i candidati che accettarono il suo invito. Curiosamente, non intervennero Cazzola, Delbono e Guazzaloca. Sono anche stato ospite una sola volta di Radiocittà Fujiko. Al proposito è necessario un approfondimento. L’intervista fu gradevole, con domande intelligenti, di interesse, suppongo, per gli ascoltatori. Qualche tempo dopo, all’incirca verso la metà del mese di maggio 2009, Radio Città Fujiko fece lo scoop. A loro dire, un ascoltatore scoprì che avevo vinto una borsa di ricerca per la Columbia University, per essere precisi per trascorrere quattro mesi (15 gennaio-15 maggio 2010) all’Italian Academy for Advanced Studies in America. Mi chiesero conferma che io diedi loro senza nessuna preoccupazione. Molto “professionalmente”, non vollero svelare la loro fonte, la gola profonda di New York, ma si mostrarono alquanto allarmati e scandalizzati. Ma come, me ne andavo negli Stati Uniti quattro mesi nella primavera successiva alle elezioni? E, immagino, fosse questa l’implicazione scandalosa, il mio lavoro di sindaco? Non c’era proprio nulla di cui scandalizzarsi. Primo, perché era del tutto ovvio che, nell’assolutamente ipotetico caso in cui fossi diventato sindaco, avrei immediatamente rinunciato alla borsa di New York. Secondo, avrebbero semmai dovuto complimentarsi con me ed essere molto orgogliosi, in quanto cittadini di Bologna, che un loro concittadino ottenesse una prestigiosa borsa di ricerca presso una delle più importanti Università della Ivy League. Temo che siano loro sfuggiti entrambi questi elementi. Non li ho sentiti più. Non ho bisogno di aggiungere che ho passato quattro splendidi mesi all’Italian Academy di New York, seguendo il dipanarsi della telenovela Cracchi-Delbono et al., e mi viene soltanto da sorridere quando ascolto e leggo i “cosmopoliti” di Bologna che fanno paragoni, ahiloro, impervi e azzardatissimi, con la grande città americana, forse impareggiabile, sicuramente imparagonabile con Bologna.

La storia più intricata e ricca di implicazioni, che chi vuole potrebbe ancora dipanare, è quella che coinvolge Radio Città del Capo e il suo direttore, l’Agenzia DIRE e «la Repubblica». Da molti punti di vista è esemplare della possibilità di manipolazione delle notizie che può

Page 57: Quasi Sindaco - G. Pasquino

derivare, ma lo dovremmo sapere tutti, da citazioni virgolettate che eliminano la frase precedente e quella successiva che, persino, tolgono qualche parola strategica nella frase citata e, naturalmente, dal risalto che si dà a quale frase nonché dalla interpretazione che viene suggerita. Contro tutto questo, purtroppo, non esiste difesa possibile, soprattutto quando la potenza di fuoco dell’avversario politico (e della loro sinergia: Radio Città del Capo, DIRE e «la Repubblica» facevano, senza nessun pudore, politica) deriva dalla proprietà del mezzo e dalla prerogativa di avere comunque l’ultima parola. Vado per ordine.

Debbo, però, fare una premessa perché, fin dal primo momento della mia dichiarazione che avrei presentato una lista civica e sarei stato candidato a sindaco, «la Repubblica» si lanciò in una furibonda campagna di sottovalutazione della mia candidatura e di sottile denigrazione, anche personale. Per quanto abituato agli aggettivi esagerati e ai verbi “montati” che popolano e arricchiscono le pagine nazionali di quel quotidiano, devo dire che, ingenuamente, mi aspettavo un trattamento diverso, non preferenziale, ma equo, fair. Tutto sommato, dopo più di vent’anni di collaborazione alle pagine locali del quotidiano, senza mai una critica da parte loro, che, anzi, talvolta mi utilizzavano come fonte attendibile, senza citarmi, segno, credo, di condivisione, pensavo ingenuamente di essere abbastanza conosciuto e di avere logicamente e politicamente diritto ad essere trattato come un candidato serio, ancorché, comprensibilmente, non meritevole della stessa quantità di spazio da concedere ai tre candidati maggiori: Cazzola, Delbono, Guazzaloca.

Tuttavia, mi limito a un esempio. Era proprio necessario e convogliava qualche informazione utile che, con grande raffinatezza, Valerio Varesi mi attribuisse della “incontinenza scrittoria” dovendo menzionare un mio capitoletto sul degrado della politica cittadina scritto per un libro curato da Daniele Corticelli e mettendolo insieme alla prefazione da me scritta per il libro di Alberto Mazzuca, Guazzaloca. Una vita in salita? Non si dovrebbe escludere a priori che persino qualche lettore di «la Repubblica» fosse interessato a sapere, più del giudizio sommario di Varesi, il contenuto di quei testi, sempre supponendo, in maniera ardita che l’autore dell’articolo li avesse letti.

Ero già rimasto alquanto sgradevolmente sorpreso quando il direttore in persona si profuse in un entusiastico editoriale a sostegno della Lista Bologna

Page 58: Quasi Sindaco - G. Pasquino

2014, secondo lui, la sola “grande novità” della campagna elettorale in corso. Avrebbe, da un lato, potuto rilevare che si trattava chiaramente di una “lista civetta” sponsorizzata dal PD, deliberatamente orientata, imbottita com’era di docenti universitari, a strappare voti ai “Cittadini per Bologna” e al candidato sindaco di quella lista, lui stesso professore universitario. Da più di un decennio impegnata a livello nazionale in una necessaria critica del conflitto di interessi, «la Repubblica» di Bologna avrebbe forse anche potuto fare a meno di immortalare, foto dopo foto, il leader di quella lista molto impropriamente accanto al logo della Fondazione Alma Mater, quasi che fosse espressione ufficiale dell’Università di Bologna. Infine, a elezione consumata, Balzanelli avrebbe potuto commentare anche sullo straordinario flop di Bologna 2014 (novecento inutilissimi voti in tutto) nonostante lo spazio che il suo giornale le aveva generosamente concesso. Il resto si chiarì quando, meno di un mese dopo, il neo-eletto sindaco Delbono nominò Max Bergami capo di un Comitato di Saggi che avrebbero dovuto fare proposte per il governo della città: impegno premiato, “sacrificio” ricompensato. Ma le scelte strategiche non doveva farle l’amministrazione che aveva avuto il consenso dei cittadini? Per quale ragione era preferibile affidarle ad un gruppettino di professori e di operatori economici? Fortunatamente, le dimissioni del sindaco hanno travolto anche questa innovazione di cui non si sentiva, e non si dovrebbe sentire, nessun bisogno.

Quanto al trattamento riservatomi in campagna elettorale, la mia prima lamentela è in una e- mail inviata al direttore, ma da lui non pubblicata, concernente un paio di articoli di un loro ineffabile collaboratore saltuario, che si era ritagliato lo spazio del dialogo con il Cardinale e la Curia, in maniere sottilmente papista. La riporto per esteso.

Friday, May 08, 2009 1:58 PMSubject: Caro Direttore, i tuoi editorialisti, in particolare

quel Gianni De Plato, che i lettori dovrebbero conoscere anche come compagno di una prominente dirigente del PD, nonché ex-capogruppo della Margherita in Provincia, hanno un problema. Ancora adesso non sanno, non hanno capito, non vogliono rassegnarsi al fatto che sono candidato anch’io, con tanto di firme, di programma, di lista di candidature, di sito, e, se ne facciano una ragione, persino di elettori probabili. Glielo spieghi tu come stanno le cose? Grazie grazie.Gianfranco Pasquino

Page 59: Quasi Sindaco - G. Pasquino

Per completezza di informazione, aggiungo che editorialisti e giornalisti di «la Repubblica» continuarono a “dimenticarsi” quasi del tutto della mia presenza in campagna elettorale, in particolare, nelle ultime quattro cruciali settimane. E avevano il coraggio di stupirsi quando incontrandoli causalmente lo facevo loro notare.

Ma l’incidente più grosso e più grossolano arrivò qualche giorno dopo quando il quotidiano pubblicò in bella evidenza un articolo nel quale riportava “virgolettata”, vale a dire come se fosse una mia affermazione parola per parola, una richiesta che non avevo fatto e che, per la conoscenza ventennale che aveva di me, il direttore avrebbe dovuto ritenere incredibile. Comunque, come minimo, avrebbe dovuto verificarla con me prima della pubblicazione: regola di elementare correttezza, in speciale modo, ma nient’affatto soltanto, nei rapporti fra persone che si conoscono. Segue il titolo. Prego notare i due verbi: “detta” e “gela” che condensano il messaggio che «la Repubblica» ha deciso di convogliare al lettore. Naturalmente, ad ogni mia affermazione, vera o inventata, «la Repubblica» si premurava di fare sempre accompagnare una replica del PD, attività nella quale si cimentavano un po’ tutti, in special modo, Merighi, Caronna e Luca Rizzo Nervo, che neanche sapevo chi era.

Il caso

Il politologo detta le condizioni. Merighi lo gela: “È rimasto legato alla vecchia politica” Pasquino: “Intesa sul ballottaggio? Il PD ci offra degli incarichi”.

Seguì questo scambio emblematico:

Wednesday, May 13, 2009 3:20 PMSubject: lettera al direttore con richiesta di pubblicazione

Caro Direttore, non soltanto il suo quotidiano non controlla le notizie, ma le manipola. Il sottotitolo di un’intervista di cui nessun vostro giornalista si assume la responsabilità firmandola: “Il PD ci offra degli incarichi” riporta una assoluta falsità. A totale smentita di quanto avete scritto, come ho detto al vostro giornalista Gulotta, che si è ben guardato dal riferirlo, è disponibile a tutti la registrazione della trasmissione radiofonica, Radio Città del Capo, martedì, 8.45-9.30.Gianfranco Pasquino

Page 60: Quasi Sindaco - G. Pasquino

Balzanelli mi rispose che, invece, era tutto vero e che lui aveva ascoltato la registrazione dell’intervista radiofonica. Ecco il seguito, a cominciare dalla mia lettera successiva a una breve telefonata:

Sent: Wednesday, May 13, 2009 6:35 PMSubject: i virgolettati non dicono affatto che sono disposto ad accettare cariche

al contrario. Infatti, come riportato qui sotto: “gli assessorati non sono per me, io non sono in dirittura d’arrivo per gli assessorati”. Più sotto “penso che non sia assolutamente fuori luogo offrire delle cariche a persone. Questo non significa affatto che sono disponibile ad accettarle”. Più chiaro e netto di così non si può. Nei non virgolettati vedo soltanto forzature. Aldo, mi spiace, ma c’è molta interpretazione, a mio modo di vedere, e tu non puoi non saperlo, assolutamente forzata. Metti la mia lettera e, se vuoi, il tuo commento.Gianfranco

From: Aldo BalzanelliTo: GPSent: Wednesday, May 13, 2009 6:19 PMSubject: da aldo

ho sentito la registrazione, i virgolettati dell’agenzia sono testuali e non decontestualizzati. aggiungo che a domanda “se vi offrono degli assessorati siete sensibili?” tu rispondi che “al di là del sensibile contano le politiche , poi ci sono gli assessorati. non per me, io non sono in dirittura d’arrivo per gli assessorati”.

Ed ecco i testi, con le loro piccole, cruciali, manipolazioni, delle agenzie.

Er) bologna. Pasquino: ballottaggio? mi chiamino perun ruolo interesse per sport-scuola, ma anche fuori dall’amministrazione.

(Dire) bologna, 12 mag. - Dopo aver a lungo lanciatofrecciate a flavio delbono, ora il “pericoloso” gianfrancopasquino detta le condizioni per convergere. Non solo ilpolitologo non esclude affatto un’intesa per il ballottaggio, ma durante un’intervista radiofonica su città del capo apre anche il capitolo di eventuali incarichi per sé o i suoi se il centrosinistra vincerà elezioni del 6 e 7 giugno. Incarichi non necessariamente nell’amministrazione, ma eventualmente anche in aziende partecipate dal comune. “Anzitutto – dice pasquino – penso che non sia assolutamente fuori luogo offrire delle cariche a persone. Questo non significa

Page 61: Quasi Sindaco - G. Pasquino

affatto che sono disponibile ad accettarle”. Però, è il ragionamento del candidato dei cittadini per bologna, “se un determinato candidato si è comportato in maniera adeguata in campagna elettorale, ha delle competenze, ha dei progetti, delle idee, può benissimo accettare una carica. All’interno della quale, nell’ambito ovviamente della coalizione vincente, suggerisce, propone e forse attua determinate politiche. Credo anche che non sia sbagliato pensare a cariche non necessariamente nell’amministrazione. Ci sono molti luoghi dove ci sono delle possibilità di fare delle cose rilevanti. Quindi si può anche prendere in considerazione quello”. (Segue)(Bil/ dire) 18:17 12-05-09

Da ultimo, brilla, per la sua fantasiosa ricostruzione, in questi casi bastano poche parole fuori posto e pochi aggettivi apposta, per ottenere l’esito voluto, l’Agenzia Dire. Ho evidenziato mettendola in corsivo la frase che non ho mai pronunciato e che DIRE piazza lì, per fortuna, non virgolettandola.

(Dire) bologna, 12 mag. - Insomma, per quello che riguarda pasquino, la trattativa può aprirsi. “Ci sono alcuni punti programmatici sui quali noi pensiamo che, se attuati o facili da attuare, allora è possibile che il nostro appoggio possa andare al candidato del centrosinistra”. Ad esempio, dice, “azzerare tutte le consulenze, evitare qualsiasi cumulo delle cariche che invece continuano ad essere allegramente accumulate dagli esponenti del centrosinistra, evitare qualsiasi conflitto d’interesse”. E poi testamento biologico e registro delle unioni civili. Pronto anche ad accettare assessorati, ma “all’interno di un quadro in cui sia assolutamente chiaro chi è il responsabile di alcune tematiche”, precisa pasquino. Per esempio, “abbiamo alcune proposte specifiche su argomenti importanti. Per esempio, il modo in cui si tratta con le associazioni sportive locali. Si può discutere anche su tematiche che riguardano la scuola, che per noi è una priorità”. Però, precisa il politologo, “non sono in nessuna dirittura d’arrivo per gli assessorati”.

Concludo questa interessante ricognizione, che ha dovuto essere estesa per la delicatezza degli argomenti trattati, con la mia dichiarazione di voto, espressa a Telecentro. Dissi chiaramente che non avrei votato per nessun candidato che non desse garanzie di laicità e di europeismo. Di conseguenza, non ho poi votato per Delbono. Ma, per il PD, i conti non erano ancora regolati. Non potendo prendersela con me, non iscritto al partito e quindi fuori del raggio della sua micidiale influenza, tre giorni prima di Ferragosto, non si sa bene chi, non si capisce bene in base a quale norma di quale

Page 62: Quasi Sindaco - G. Pasquino

regolamento, vennero “cancellati dall’albo degli elettori”, per un anno, (ma nessuno di loro ha poi rinnovato la tessera), alcuni di coloro che, come Riccardo Lenzi e Luca Grosso, avevano fatto campagna elettorale con me ed erano poi entrati nella lista “Cittadini per Bologna”. Naturalmente, dato lo stato di mala organizzazione del partito, altri, ugualmente “collaborazionisti” e ugualmente candidati, sono sfuggiti alla pesantissima punizione che avrebbe impedito loro di fare politica, subalterna, nel PD. Non solo con il senno di poi, non c’erano problemi ben più importanti? Regolati i conti con i “Cittadini per Bologna”, con la vendetta di Ferragosto, qualcuno cominciò anche a fare i conti in tasca al neo-sindaco del PD.

Nel frattempo, erano giunte al termine, per esaurimento – che cosa avrei mai potuto scrivere su quel giornale e con che spirito? – le mie collaborazioni con «la Repubblica». Nel corso della campagna elettorale, nelle due o tre occasioni nelle quali il direttore in persona mi telefonò, gli chiesi se, a conclusione dell’avventura elettorale, mi avrebbe voluto ancora come commentatore. La risposta fu regolarmente e, per me, sorprendentemente, affermativa. Ma il modo con il quale «la Repubblica » aveva maltrattato la nostra campagna elettorale e la mia candidatura aveva lasciato una ferita più che psicologica non rimarginabile. Naturalmente, non mi feci vivo per tutto il mese di giugno. Lasciai passare il ballottaggio e un paio di settimane di raffreddamento. All’inizio di agosto non mi era arrivata nessuna telefonata. Non mi era pervenuto nessun cenno. Non avevo visto nessun segnale di fumo.

Per circa vent’anni avevo scritto un articolo sulla strage della stazione di Bologna dell’agosto 1980: responsabilità, reazioni della città, sentenza, segreto di Stato, e così via. Anche questo dice qualcosa del mio rapporto con la città. Era un tema non politico, ma civile, sul quale Balzanelli avrebbe potuto molto facilmente riannodare i rapporti. Nessuna telefonata. Quella mattina del 2 agosto andai, come avevo fatto quasi sempre, alla commemorazione davanti alla Stazione. Il «Corriere di Bologna» portava in bella evidenza, al centro della prima pagina, un mio intervento. Tornato a casa, ecco il resto:

Page 63: Quasi Sindaco - G. Pasquino

Ore 11.47. Oggetto: da Aldo vedo che sei passato al corrierino, almeno una telefonata potevi farmela Risposta Ore 11.54. Oggetto: non sono passato al corrierino.

Ho chiesto ospitalità e me l’hanno data. Credo che latelefonata dovevi/dovresti farmela tu.Gianfranco Pasquino

Non credano i giornalisti di «Repubblica E-R», né, tantomeno, l’ex-direttore, che io intenda attribuire a loro una spropositata e ingiustificata influenza sui miei destini elettorali. Sarebbe un omaggio certamente immeritato. Li considero responsabili di qualcosa di molto peggio: un insieme di arroganza senza professionalità e di manipolazione/distorsione delle notizie, degli eventi, delle dichiarazioni. Non hanno informato i loro elettori. Hanno sistematicamente deformato le informazioni. Ma, forse, non sono soltanto io a pensarla così dal momento che il direttore Balzanelli è stato sollevato dal suo incarico e mandato a Roma proprio come, ovviamente soltanto una fortunata coincidenza, il segretario bolognese del PD Andrea De Maria. Auguri di buone passeggiate romane.

Ciò detto e fissato, sono rimasto nel complesso piuttosto soddisfatto di come i quotidiani cittadini hanno riportato la nostra campagna elettorale e dello spazio che mi hanno concesso, quasi tutti loro senza nessun pregiudizio e con correttezza e equilibrio, non generosissimi di spazio, ma senza mai mancare la notizia. Persino, «l’Unità», molto parca, ha evitato critiche fuori luogo. Nello scarsissimo spazio datomi non si è impegnata in falsità. Parlerei di benevole indifferenza. «Il Resto del Carlino», grazie a Rita Bartolomei che ha costantemente verificato la veridicità di quello che andava scrivendo e al suo direttore, Pier Luigi Visci, che mi ha fatto una pregevole intervista, e «Il Corriere di Bologna», sotto la direzione di Armando Nanni, hanno svolto il loro compito di quotidiani di informazione al servizio dei loro lettori. Lo stesso ha fatto «L’Informazione di Bologna», a dimostrazione che esistono giornalisti capaci, seri e non faziosi. È proprio a fronte di questo schieramento di professionalità che i comportamenti de «la Repubblica» risaltano in maniera ancora più deplorevole. Purtroppo, coloro che leggevano soltanto «la Repubblica», si sono fatti un’idea distorta e sostanzialmente sbagliata sia di quel che ho detto e fatto sia degli obiettivi che mi proponevo. A questo non ho modo di porre rimedio se non con le righe che ho scritto qui e con la mia credibilità personale.

Page 64: Quasi Sindaco - G. Pasquino

Capitolo ottavoVaste programme

Indice

L’espressione “vaste programme”, usata con tono elegantemente sarcastico dal Generale de Gaulle, serviva a liquidare i progetti pretenziosi e utopistici da qualunque parte venissero. Era un richiamo alla realtà delle cose e alla loro realizzabilità che, curiosamente, veniva da un uomo che non soltanto aveva voluto, ma aveva saputo cambiare, più volte e profondamente, la realtà. Non intrattengo in nessun modo, con buona pace di coloro che mi hanno accusato di presidenzialismo, come se fosse chi sa quale gravissima malattia, l’idea di svolgere un ruolo simile a quello di De Gaulle. Sarebbe, più che assurdo, ridicolo. Ma, certamente, ho pensato che era giunto il momento di tentare di cambiare almeno un pochino la realtà bolognese e che ero fiducioso che ci saremmo, in piccola, ma significativa parte, anche riusciti. Infatti, fra le varie illusioni che ho coltivato prima, durante e, persino, incrollabilmente, dopo la campagna elettorale, c’era quella di riuscire a svolgere un’operazione pedagogica. La pedagogia fa parte del bagaglio professionale dei buoni professori. Oppure è una deviazione professionale? Ma anche i partiti e gli uomini politici possono, e talvolta debbono/dovrebbero, cercare di educare i loro sostenitori e i loro elettori. E, i migliori fra i politici, che diventano statisti, ci riescono. Bisogna sapere calibrare gli insegnamenti, a seconda dei pubblici e degli uditori. Bisogna anche, in quanto uomini e donne impegnate in politica, sapere, con pochissime variazioni, essere efficacemente ripetitivi, battere sullo stesso tasto. La ripetitività, che sarebbe un vizio (e una noia) da parte dei professori ai quali spetta, invece, tentare di essere originali e creativi, è indispensabile in politica affinché il messaggio raggiunga più persone possibile, più volte, e le convinca.

Quei sei lunghi mesi di campagna elettorale per l’elezione del sindaco di Bologna rischiavano, fin dall’inizio, di essere colmati da mediocri gossip (mancò, infatti, ancorché serpeggiante, il più rilevante) e da cosiddetti scoop piuttosto che da confronti anche aspri fra le possibili soluzioni da dare ai problemi della città e fra le diverse interpretazioni del ruolo che deve svolgere un sindaco. Nel mio girovagare negli ambienti nei quali mi invitavano, ho notato immediatamente che la richiesta più pressante non riguardava quasi mai la

Page 65: Quasi Sindaco - G. Pasquino

predisposizione di un programma particolarmente dettagliato, ma piuttosto le modalità con le quali vengono individuate sia le priorità che le soluzioni e, in non limitata misura, la credibilità, autorevolezza e competenza di chi avrebbe dovuto tradurre il programma in decisioni politiche, in atti concretamente operativi. Esisteva un desiderio abbastanza diffuso: la richiesta di un sindaco dotato di stile, autorevolezza, rappresentatività, certamente, tutte qualità da sottoporre a verifica.

Gli interrogativi di fondo non riguardavano soltanto che cosa fare (le liste della spesa sono, con un minimo di esperienza, relativamente facili da stilare), ma come e quando farlo. Molti, un po’ meno a sinistra, dove regge ancora il mito del Programma esaustivo, sul quale si affannano tecnici e intellettuali, vorrebbero sentire e leggere poche chiare parole su quanto deve e può essere fatto rapidamente e con quali costi e vantaggi. Molti altri, questa volta con chiara prevalenza degli elettori già orientati a sinistra, vorrebbero, non soltanto essere consultati, ma essere chiamati a partecipare all’individuazione delle priorità e alla elaborazione delle soluzioni. Esiste la consapevolezza che soluzioni non improvvisate e non calate dall’alto, ma effettivamente partecipate, risulterebbero anche più facili da attuare e, eventualmente, preso atto della loro inadeguatezza, anche più facilmente rivisitabili e migliorabili. Anche alla luce della non positiva esperienza dell’amministrazione Cofferati, tutta impregnata dalla granitica autoreferenzialità del sindaco, il primo insegnamento consisteva, quindi, nella necessità di ricercare modalità di coinvolgimento attivo, fattivo, decisivo di una cittadinanza che si pensa dotata di molte competenze diffuse.

Nessun sindaco può essere competente su tutte le tematiche del governo locale. Se lo fosse, potrebbe permettersi il lusso di fare a meno, con grande risparmio di tempo e di denaro pubblico, di nominare assessori e di assumere costosi consulenti. Al contrario, una delle qualità più importanti di un sindaco consiste proprio nel sapersi circondare di assessori competenti e intelligenti, nient’affatto ossequiosi, con prestigio nelle rispettive comunità professionali, che sappiano consigliarlo, ma anche contraddirlo, in maniera documentata e convincente. Bravo allora sarà non il sindaco che manifesta piglio decisionista e autoritario, salvo poi tornare sulle sue decisioni senza neppure riconoscere gli errori, dai quali potrebbe imparare molto, ma quel sindaco che, dopo essersi consultato

Page 66: Quasi Sindaco - G. Pasquino

con i suoi assessori e collaboratori, decide la strada da seguire, coordina l’attività di coloro che lavorano ai progetti, sa assumersi le responsabilità. Ecco la ragione principale per la quale deve essere il sindaco, in piena autonomia, a scegliere gli assessori e, eventualmente, a sostituirli, magari spiegando quali obiettivi, diversi o nuovi, intende perseguire con quelle sostituzioni. Questa era la prima “lezione” o, se si preferisce, insegnamento che, in vari modi, ho cercato di fare circolare sia come critica al passato sia come apertura e impegno sul futuro.

Il compito più nobile, più complesso e più gratificante di un sindaco, dovunque, non soltanto a Bologna, non soltanto in Italia, consiste nel rappresentare sia la cittadinanza, anche coloro che non lo hanno votato e continuerebbero a non votarlo, sia un’idea di città, formulata nel corso della campagna elettorale e, quindi, sottoposta all’elettorato, basata certamente sulla tradizione di quella città, ma proiettata in un futuro plausibile, che può essere costruito anche seguendo linee innovative. Non è affatto detto che esista un’unica, non controversa, idea di città, ma proprio per questo mi pareva (continuo, peraltro, a pensarla allo stesso modo) che i candidati avessero il dovere politico e, se posso esagerare, etico, tralasciando le minuzie programmatiche che rischiano di frammentare la cittadinanza in gruppuscoli che poi chiederanno il conto, di cercare di delineare la visione della città che desiderano. Gli aspiranti sindaco debbono anche garantire che, con il loro eventuale prestigio, autorevolezza, credibilità, sapranno tenere fede alla promessa, vale a dire, rappresentare nelle scelte amministrative e nel profilo politico la visione che hanno enunciato, elaborato, proposto e che, in parte, deve essere già nota all’elettorato e coerente con la loro rispettiva storia professionale e politica. Di tutto questo, invischiati i vari candidati in polemiche piccine, per quanto non irrilevanti, poiché rivelatrici di conoscenze e di stili nient’affatto entusiasmanti, si è purtroppo, visto poco.

Il mio tentativo era indirizzato, da un lato, a portare il dibattito politico ad un più elevato livello; dall’altro, a mettere in evidenza l’importanza dello stile amministrativo e della visione politica, di governo e di rappresentanza, che i candidati dovevano offrire e che i mezzi di comunicazione e le varie associazioni dovevano esigere, esplorare e, eventualmente, criticare. Non abbiamo mai pensato che, neppure il migliore dei candidati a sindaco, ma anche a qualsiasi altra carica

Page 67: Quasi Sindaco - G. Pasquino

elettiva monocratica importante, potesse avere un programma preconfezionato e perfetto, da offrire in maniera inattaccabile e non perfezionabile, chiavi in mano e subito applicabile all’elettorato bolognese. Continuo a essere convinto che non sia possibile scrivere, o fare scrivere da fabbriche e fabbrichette, nessun programma in grado di cambiare Bologna dall’alto e da cima a fondo, come, probabilmente, sarebbe necessario, avendo la città abbondantemente esaurito la sua spinta propulsiva. Qui, è nuovamente appropriato il riferimento ironico di De Gaulle al vaste programme, spesso tanto vasto quanto vago. Feticcio di cartapesta, abbiamo spesso pensato e qualche volta anche detto, noi, alquanto infastiditi da tutte le richieste che mettevano al primo posto “il programma, il programma”, come se gli elettori leggessero e votassero i programmi senza tenere conto né delle loro esistenti preferenze politiche, spesso nient’affatto oscillanti e vacillanti, né di chi lo presentasse, quel programma. Come se alcuni elettori non fossero per nulla interessati a sapere come era stato formulato quel programma e non guardassero anche alla credibilità di chi lo proponeva e se avrebbe poi saputo attuarlo, con quale grado di competenza, con quali spazio di autonomia, anche dal suo partito, di certo dai vari gruppi di interesse (i “poteri forti”, Curia compresa) e con quali modalità.

Non erano soltanto domande che ci facevamo. Erano anche prospettive o, se si preferisce, insegnamenti che volevamo portare alla cittadinanza. Certamente, i “Cittadini per Bologna”, proprio perché vivevano nella loro città da anni e ci lavoravano, possedevano delle idee sia su quello, molto, che non funziona, sia quello, moltissimo, che è non soltanto doveroso, ma possibile e indispensabile fare. Peraltro, tutti noi eravamo consapevoli dei nostri limiti di conoscenze, anche tecniche, ma, soprattutto eravamo, e continuiamo ad essere, convinti che preparare un programma non è un’operazione tecnica (altrimenti, perché non mettere coerentemente in pratica lo slogan “tutto il potere ai tecnocrati”?, tentazione ricorrente, ma di minima importanza nella situazione bolognese), quanto, di gran lunga, un’operazione altamente politica e, persino, corposamente democratica. Insomma, nessuno staff di esperti può elaborare un programma esauriente e efficace che sia più di un libro dei sogni e che sia qualcosa di diverso da un, pure interessante e utile, catalogo di bisogni.

Fin dall’inizio, ovvero dalle prime dichiarazioni

Page 68: Quasi Sindaco - G. Pasquino

pubbliche su che tipo di città avremmo voluto, sottolineammo che, anzitutto, eravamo totalmente disponibili ad ascoltare quanto i cittadini bolognesi avrebbero voluto sottoporci; e, in secondo luogo, che avremmo, naturalmente parlato molto volentieri con tutte le associazioni di categoria e con tutte le associazioni di cittadini. Fermo restando che la sintesi sarebbe ovviamente spettata a noi. Tuttavia, doveva essere chiaro che anche il migliore dei programmi si incontra e si scontra con una realtà che cambia. Anzi, proprio se è un buon programma, alcuni dei suoi punti intervengono sulla realtà e la cambiano. Dunque, l’interlocuzione costante, frequente e regolata con la cittadinanza in tutte le forme che riuscissimo a immaginare era una componente importante e integrale della nostra visione. Aggiungemmo, pertanto, che una nostra priorità sarebbe consistita nella riforma dello Statuto e del Regolamento comunale per costruire canali specifici di partecipazione continuativa e facilmente attivabile e, con riferimento al funzionamento del Consiglio comunale, affinché, in forme e modi da inventare, le associazioni fossero effettivamente in grado di interloquire con gli eletti, rappresentanti e governanti. Nient’affatto da ultimo, giungemmo a suggerire che sarebbe stato opportuno ricorrere al “bilancio partecipato”, vale a dire consentire ai cittadini bolognesi e alle loro associazioni di formulare proposte per utilizzare al meglio una quota, all’incirca del 15-20 per cento, del bilancio, per opere e attività da loro indicate e motivate. Era questo un terreno sul quale, da un lato, l’Assessore al Bilancio della Regione Emilia-Romagna avrebbe dovuto sentirsi a suo agio; dall’altro, l’imprenditore Cazzola avrebbe potuto dire molto.

Evidentemente, mancò a noi la forza per imporre entrambe le tematiche sull’agenda politico-elettorale. Riflettendo, oggi, però, sono giunto a una conclusione leggermente, ma significativamente, diversa. Inevitabilmente, l’imprenditore Cazzola, abituato a prendere decisioni e ad assumersene la responsabilità, ragionava in un’altra ottica, certo, non partecipativa, ma non necessariamente non-democratica. Ottenuto il mandato avrebbe governato secondo il programma che aveva sottoposto agli elettori i quali, dopo cinque anni, avrebbero avuto l’opportunità di premiarlo, con la rielezione, oppure di punirlo, sconfiggendolo. Quanto al candidato del PD, personalmente, non elaborava nulla, mentre il Partito che lo candidava, pur fregiandosi dell’aggettivo “democratico”, aveva nella componente

Page 69: Quasi Sindaco - G. Pasquino

maggioritaria della sua fatiscente cultura politica, la prevalenza di una concezione di “democrazia guidata”, compresa la convinzione che il partito, concreto e effettivo rappresentante del suo elettorato, deve “guidare” il sindaco, anche imponendogli priorità e modalità di attuazione.

Quanto ai punti programmatici, decidemmo di esordire affrontando i due temi più caldi del dibattito allora in corso: la sicurezza, la partecipazione e l’urbanistica, per meglio intenderci, l’organizzazione della città e la mobilità. Nel diffuso disinteresse degli organi di stampa cittadini, la prima riunione venne aperta dal professore di Sociologia Marzio Barbagli, la seconda sulla democrazia deliberativa, introdotta dal professor Rudolf Lewanski e la terza, coordinata dall’arch. Carmela Riccardi, che ci avrebbe poi abbandonati, dall’ing. Ivan Cicconi e dall’arch. Pierluigi Cervellati. Nel frattempo, il tema della sicurezza in città sembra passato quasi del tutto in secondo piano, mentre quello della mobilità e del traffico, con la costruzione del Civis, ha oramai preso una certa direzione. Ma le esigenze che ponemmo allora mi sembrano ancora valide e inevase. Anche se il paragone con il passato tiene soltanto in una certa misura, una città è più sicura, come lo fu Bologna fino all’incirca ad una ventina di anni fa, quando, per dirla molto schematicamente tutti i suoi cittadini se ne curano (qui sta il vero significato dell’espressione “amare Bologna”) e operano per mantenerla coesa, pulita e vivibile. Oltre, naturalmente, al ricorso alla legge e all’utilizzo delle forze dell’ordine, magari, come abbiamo sempre sostenuto, con poliziotti di quartiere e presenza in strada anche dopo le ore 20, la sicurezza viene meglio garantita da chi manifesta grande considerazione per l’arredo urbano complessivo della città. Non sono in grado di dire se la consapevolezza dei nessi fra lo stato della città e la sicurezza dei cittadini sia cresciuta. Ho visto foto di un neo-sindaco con tanto di elmetto giallo in testa, assolutamente poco a suo agio nel lavoro del tutto temporaneo di eliminazione dei graffiti, e di un vice-sindaco a spalare la neve, lavoro certo più consono alla sua preparazione. Poi, entrambi ci hanno, fortunatamente, dovuto lasciare, ma il loro lascito non è stato, ancora fortunatamente, cospicuo: qualche foto sui giornali, ma niente più. E a togliere i graffiti provvedono il Commissario di governo e i commercianti.

Per quel che riguarda le soluzioni, abbiamo sostenuto che è vero che la sicurezza non è né di destra né di sinistra. È di tutti i cittadini, dei loro rappresentanti e

Page 70: Quasi Sindaco - G. Pasquino

dei loro governanti. Ma abbiamo anche cercato di fare passare l’idea che le risposte alla sicurezza possono effettivamente e concretamente essere di sinistra e di destra. Anche se troppo spesso la sinistra si dimostra inutilmente e erroneamente permissiva, la sua risposta dovrebbe consistere nell’applicazione rigorosa e non allarmistica delle leggi esistenti accompagnata da misure che conducano all’educazione alla convivenza civile. La destra fa, invece, un uso propagandistico della paura per l’insicurezza personale al fine di giustificare misure che sono spesso prevalentemente repressive e che non possono condurre a nessun miglioramento duraturo. In campagna elettorale, ho talvolta citato una slogan ad effetto dei laburisti di Tony Blair: “duri con il crimine, duri con le cause sociali del crimine”. Fermo restando che questo slogan deve poi essere tradotto in azioni concrete su entrambi i versanti, vale a dire, “crimine e cause sociali”, continua a sembrarmi un buon inizio poiché impone alla sinistra di non nascondere la testa nella sabbia, ma di riconoscere e affrontare il problema. Una cittadinanza insicura non soltanto non riuscirà a “perseguire la sua felicità”, ma sarà anche meno attiva, meno partecipante, meno democratica.

Qui, inserisco quella che non è una digressione, ma una integrazione del discorso “città pulita e sicura”. Fra le nostre idee e i nostri suggerimenti stava anche quello di fare “adottare” dai commercianti qualche tratto di strada o intere strade occupandosi direttamente del loro decoro, con evidenti vantaggi di ricaduta per i clienti certamente attratti da luoghi puliti e più accoglienti, e di affidare giardini e parchi ad associazioni cittadine interessate all’ambiente. Contavamo anche sullo spirito di emulazione: cercare di rendere la nostra erba molto più verde di quella del vicino! Naturalmente, tutto questo fa appello a un senso di partecipazione che abbiamo riscontrato essere significativamente inferiore all’immagine fin troppo positiva che la città continua ad avere di se stessa. Non sembra un’immagine aggiornata. Ma sia l’emulazione sia la partecipazione possono essere incoraggiate e stimolate da un’amministrazione comunale intelligente e credibile.

Quanto al traffico, ai trasporti, alla mobilità, all’urbanistica, la nostra posizione era che bisognasse, anzitutto, formulare una idea di città. In secondo luogo, che questa idea di città non potesse essere rinchiusa dentro le mura di Bologna, ma che, in terzo luogo, si proiettasse come città metropolitana. Tutti accogliemmo con favore la disponibilità di Beatrice Draghetti, Presidente della Provincia, direttamente toccata dalla

Page 71: Quasi Sindaco - G. Pasquino

eventuale transizione alla città metropolitana, di operare in tal senso collaborando attivamente anche fino alla sua scomparsa. A prescindere da qualsiasi altra considerazione, continuiamo a ritenere che i problemi del traffico e dei trasporti sono risolvibili soltanto nell’ambito della città metropolitana, la quale continua a fare le sue incursioni carsiche, un po’ alla superficie un po’ sotto il dibattito, nient’affatto entusiasmante, ma senza riuscire a fare concreti e risolutivi passi avanti.

Nel nostro programma stava anche un punto solo apparentemente poco importante: “Bologna più laica”. Ovviamente, si può essere credenti e laici così come, anche a Bologna, ci sono molti non-credenti che sono tutt’altro che laici. Sono piuttosto fondamentalisti, collocati a sinistra, settari e faziosi. Avevamo anche ripetutamente sottolineato che Bologna non era mai salita sul treno dell’Europa, a eccezione dei molti imprenditori capaci di competere sui mercati esteri, non soltanto delocalizzando, e i molti studenti bravi, curiosi, ambiziosi e intraprendenti che, grazie al programma Erasmus, circolano sul territorio europeo “dal Manzanarre al Reno”, ma arrivando spesso anche fino al Tamigi e oltre.

Anche grazie alle imminenti elezioni europee, da tenersi in concomitanza con il primo turno delle elezioni comunali, e alla condivisione di molte battaglie e molti valori, decidemmo di organizzare una rischiosissima iniziativa pubblica in piazza Maggiore, un dibattito fra Marco Pannella e me. Discutemmo un po’ di tutto (è mai possibile, con il leader dei Radicali, concentrarsi esclusivamente su due o tre argomenti?): dall’Europa al testamento biologico dalla Costituzione italiana alla ricerca scientifica sulle staminali sotto gli occhi di San Petronio che, lui sì tollerante, ci osservava benevolmente dalla sua basilica. Grande sarebbe poi stata la delusione, dopo diverse altre iniziative comuni di volantinaggio, quando nello stesso giorno a Bologna la lista europea dei Radicali ottenne il 5,08 per cento (11.518 voti) e la lista comunale “Cittadini per Bologna” si trovò appena all’1,96 per cento (4.448 voti). Radicali, radicali, su chi avete fatto convergere i vostri voti comunali?

Anche la seconda manifestazione in piazza Maggiore, seguita nuovamente da 500-600 persone, si collocava perfettamente dentro la nostra prospettiva programmatica complessiva. Mentre il candidato del PD e i suoi sponsor facevano persino fatica a pronunciare la parola “sinistra”, organizzammo un dibattito sulla politica e sull’informazione, moderato da Silvia Truzzi,

Page 72: Quasi Sindaco - G. Pasquino

con l’ex-Direttore de «l’Unità»” Antonio Padellaro. Sostituito da parecchi mesi attraverso una congiura di palazzo alla direzione dell’Unità, Padellaro stava organizzando il lancio di un nuovo quotidiano di sinistra: «Il Fatto Quotidiano» che, grazie alla sua informazione non addomesticata e ai suoi editoriali acuminati sta avendo grande e meritato successo. L’occasione consentì di discutere ottimamente tanto della debolezza e subalternità culturale della sinistra italiana quanto della sua provata incapacità di utilizzare i mass media e, più in generale, della sua incomprensione delle modalità con le quali ricostruire una politica di sinistra, incidentalmente, magari trovando, anche a Bologna, qualche candidatura di sinistra. Si può.

In definitiva, che cosa siamo riusciti a fare in materia di visione della città e di formulazione di punti programmatici? Credo che abbiamo messo a disposizione in special modo una proposta di metodo: indicare la priorità del problema, suggerire alcune linee di soluzione, sollecitare la cittadinanza e le associazioni, discuterne secondo regole precise e in piena trasparenza, assumere la responsabilità delle decisioni, garantirne la riformabilità. Abbiamo tentato un’operazione pedagogica ambiziosa, caratterizzata da ottimismo democratico, ovvero fiducia nei cittadini, nel popolo sovrano, meglio se interessato, informato e partecipante, ma al quale vanno comunque predisposte e offerte tutte le opportunità possibili di informazione e di partecipazione. Su questo terreno si misura davvero il senso civico, non soltanto dei cittadini, ma anche dei rappresentanti e dei governanti. Questo, non resta che concluderne con l’autorevolezza di De Gaulle, era effettivamente un vaste programme. Non ce ne siamo affatto pentiti. Tutto rimane a disposizione. Anche noi siamo disponibili, ma, per carità, non si scriva che “cerchiamo posti”. Cerchiamo esclusivamente di mettere a frutto, con soddisfazione nostra e di altri cittadini, il senso civico che ci ha motivati e abbondantemente sostenuti nella missione che si è rivelata, almeno temporaneamente, impossibile: cambiare la cultura politica di un’ampia parte della città di Bologna. Però, non è affatto finita.

Page 73: Quasi Sindaco - G. Pasquino

Capitolo nonoBilancio e commiato

Indice

In questo piccolo libro, sono stato costretto ad affrontare una varietà di temi, complicati e delicati. Per lo più, i fenomeni politici sono molto complessi, difficili da dipanare, impossibili da isolare, come si fa con altri tipi di ricerche, in laboratorio. Soprattutto, nessuna campagna elettorale è qualcosa che possa essere analizzato in laboratorio. Si sviluppa, giorno per giorno, in maniera raramente prevedibile. Non può essere controllata che in minima parte dagli attori, da coloro che vi sono coinvolti, ma neppure dagli osservatori esterni. Produce situazioni nuove e sorprendenti, alcune delle quali, ma nient’affatto tutte, sono riconducibili alla storia della città, del suo governo, dei suoi partiti, delle sue associazioni e, naturalmente, delle persone che la frequentano e la vivono. Ho, per l’appunto, cercato di collocare l’esperienza della mia campagna elettorale nella storia, nella politica, nella società bolognese che conoscevo. Giunto alla conclusione, non soltanto è opportuno, ma è anche certamente doveroso che io proceda ad un bilancio equilibrato, sicuramente nient’affatto distaccato, dell’insieme delle azioni, delle proposte, delle realizzazioni riguardanti lo sforzo fatto. Debbo farlo, naturalmente, mettendo a confronto gli obiettivi che abbiamo perseguito con i risultati, ovviamente anche quelli negativi, che abbiamo conseguito. Procedendo in questo modo, mi auguro di riuscire anche a fornire elementi per valutare lo stato attuale della politica cittadina.

Partecipando alle elezioni bolognesi, il primo obiettivo che volevamo perseguire era di quello di dare un contributo significativo al cambiamento della politica locale. Poiché parte notevolissima di questa politica dipende, fin troppo e da fin troppo tempo, dalle modalità con le quali il più grande partito bolognese, attualmente il Partito Democratico, interpreta il suo ruolo, seleziona i suoi dirigenti e le sue candidature, attua le sue politiche e intesse le sue alleanze sociali, economiche e, da ultimo, amministrative, indirettamente, volevamo incidere su alcuni almeno di questi procedimenti all’interno del PD. Abbiamo visto come i dirigenti hanno difeso con le unghie e con i denti, con l’arroganza e con l’indifferenza, ma anche con la furbizia e la manipolazione, i loro confini e i procedimenti dei loro arcana imperii. Con il senno di poi

Page 74: Quasi Sindaco - G. Pasquino

potremmo anche interrogarci se, tutto sommato, non saremmo riusciti ad esercitare maggiore influenza accettando di partecipare, seppur in maniera chiaramente subalterna e perdente, alle primarie. Il punto è delicato, ed è rimasto controverso anche nell’ambito dei “Cittadini per Bologna”. Da un lato, avremmo certamente ottenuto di parlare agli iscritti del PD, pur nella consapevolezza che la maggioranza di loro non era affatto predisposta favorevolmente nei miei confronti e molti sarebbero stati richiamati all’ordine, come era già avvenuto nella fase raccolta firme per le primarie, dai persino troppo attivi Presidenti dei circoli e dei loro collaboratori.

Questo la dice lunga sul superamento del centralismo democratico ad opera del conformismo acritico e del carrierismo cinico. Non mi pare un passo avanti. Dall’altro, però, saremmo stati poi ridotti al silenzio. Infatti, non avevo forse sempre teorizzato che le primarie si fanno fra gentiluomini e gentildonne che, tutti/e, una volta sconfitti/e, riversano lealmente il loro appoggio sulla candidatura vincente affinché conquisti la carica in gioco? Di conseguenza, non avremmo avuto nessuna opportunità di parlare di politica con i molti elettori di sinistra, ovvero semplicemente non inquadrati e interessati, insoddisfatti non soltanto della politica nazionale, ma ancora di più della qualità della politica locale. Cosicché il farsi ingabbiare in primarie pilotate e blindate avrebbe reso sostanzialmente impossibile qualsiasi operazione di pedagogia politica. Inoltre, ma questo sono in grado di rilevarlo e di dirlo soltanto adesso, ex-post facto, la sconfitta nelle primarie mi avrebbe impedito di parlare fruttuosamente di politica e di programmi, di priorità e di soluzioni con le associazioni economiche e professionali cittadine, oggi la vera fonte di ricchezza, non soltanto monetaria, di Bologna.

I risultati di una campagna elettorale sono, naturalmente e anzitutto, misurabili con i numeri. Sicuramente, quattromila quattrocento quarantotto (4.448) elettori sono un seguito insoddisfacente. Potrei aggiungere, unicamente per, tutt’altro che magra, consolazione che molte persone incontrandomi, in seguito, nei luoghi più diversi si sono rammaricate di non avermi votato, aggiungendo che avevo ragione. Tuttavia, quei numeri elettorali hanno avuto due conseguenze che reputo importanti e positive. La prima l’ho già sottolineata. Quei voti hanno impedito al candidato del PD di vincere al primo turno e hanno consentito allo sfidante Cazzola di scoperchiare il vaso

Page 75: Quasi Sindaco - G. Pasquino

di Pandora della varietà di traffici, più o meno illeciti, ma sicuramente deplorevoli, dell’allora candidato Delbono. La natura e la dimensione di quei traffici saranno accertate dalla magistratura. Fin d’ora sono, però, emersi legami e tentativi di copertura tutt’altro che consoni a una certa idea di etica in politica che un grande partito dovrebbe intrattenere e fare valere in particolare nei confronti dei suoi candidati, dei suoi amministratori e dei suoi dirigenti. Quanto alla seconda conseguenza, la sconfitta, che mi auguravo, del gruppo dirigente del Partito Democratico, essa è effettivamente avvenuta. Qui vengono meno i numeri e si stagliano altissimi e concretissimi i fatti. Li ripeto. Il segretario provinciale ha dovuto andarsene a Roma. Il vigilante di Delbono è stato costretto al silenzio. Il nuovo segretario provinciale, Raffaele Donini, sembra di una pasta chiaramente migliore dei suoi due (l’altro è Salvatore Caronna) predecessori. Sul punto che interessa gli iscritti e gli elettori del Partito Democratico, vale a dire primarie aperte e competitive, ha preso una posizione, molto limpida e coerente. Tutti i candidati del Partito Democratico che lo vorranno, una volta raccolte le firme a sostegno, saranno ammessi a concorrere; non vi sarà nessun candidato sostenuto dal partito in quanto tale. Insomma, qualcosa di positivo si va muovendo nel Partito Democratico di Bologna. Che sia, tanto indirettamente quanto si vuole, anche merito dei “Cittadini per Bologna”?

L’inevitabile e meritato commissariamento della città, la cui responsabilità va attribuita al sindaco breve e al suo non troppo ristretto circolo di sponsor e di sostenitori, ha creato un ampio spazio per una discussione politica pubblica, libera e disincantata. Purtroppo, non sembra affatto che né nel centro-destra, già in partenza non molto innovativo e da qualche mese in preda a convulsioni di provenienza nazionale destinate a durare, né nella variegata area di sinistra emergano visioni originali della Bologna che è desiderabile. Sulla cosiddetta intellighenzia bolognese, quasi tutta beata nella sua autoreferenzialità, ma poi pronta a convergere sul candidato ufficiale del partito, ho già detto, Ma, meglio di me, dicono sempre le loro dichiarazioni mai seguite da azioni e meno che mai da innovazioni. Da qualche parte deve essere finita la Guerra Fredda, ma a Bologna fa, di tanto in tanto, la sua comparsa, secondo l’intellighenzia, non un avversario politico da sconfiggere con le idee, ma un nemico da demonizzare e esorcizzare con la conseguenza che chi parla con il nemico è certamente,

Page 76: Quasi Sindaco - G. Pasquino

a tutti gli effetti, un traditore. Personalmente, miravo anche a offrire alla città

un’alternativa, non soltanto di contenuti politici, ma di stile. Chi avesse voglia di sfogliare le dichiarazioni sparate a ripetizione dalle sedi del PD, di Italia dei Valori e di Sinistra e Libertà, vedrebbe che, in primo luogo, un’alternativa di stile è assolutamente necessaria; in secondo luogo, che l’alternativa non può assolutamente venire da quelle sedi e da alcuni di quei personaggi, non soltanto di genere maschile. A Bologna, la politica dell’insulto era nota e praticata già almeno diversi anni prima che, nell’agosto 2010, la scoprissero e amplificassero i quotidiani nazionali.

L’elemento e la considerazione più problematica riguardano la società civile bolognese. Raramente una società civile è migliore della classe politica che esprime. In generale, le classi politiche rappresentano adeguatamente, nel bene e nel male, in positivo e in negativo, le loro rispettive società civili. Ed è per questa fedeltà di rappresentanza che, spesso, si parla della politica come “specchio” della società. Paradossalmente, quanto più fedele è la rappresentanza politica tanto più difficile sarà il cambiamento politico (e sociale) poiché la politica si appiattisce sulle preferenze e sui desideri della sua società. Qualche volta, emergono classi politiche più avanzate e innovative delle loro società. Allora, assistiamo a fasi di trasformazioni importanti, di fervore progettuale, di vero e proprio progresso. Secondo alcuni, è stata proprio questa la situazione di Bologna dall’inizio degli anni Cinquanta, sindaco il comunista Dozza, fino alla fine degli anni Sessanta, sindaco il comunista Fanti. Una classe di politici e di amministratori eccellenti, alcuni dei quali sono ancora vivi, che, sfruttando intelligentemente la sfida di Dossetti nel 1956, condusse la nient’affatto avanzata società bolognese e la sua città a livelli di assoluta eccellenza.

In seguito, subentrò una lunga fase di compiacenza che ebbe la fortuna di reggersi sulle conquiste e sugli allori del recente passato. Mentre infuria (mica vero) la critica alla personalizzazione della politica, pochi si rendono conto che è stato soprattutto il Partito Comunista a personalizzare alla grande la sua politica, non soltanto con l’esaltazione del ruolo del suo segretario, il Migliore, ma con la celebrazione proprio della persona dei suoi sindaci e, ovviamente, delle loro qualità di “stare in mezzo al popolo”, in Emilia Romagna e a Bologna persino più che altrove. Unicamente serie carenze di cultura politica e istituzionale possono oggi

Page 77: Quasi Sindaco - G. Pasquino

trascurare, sottovalutare e, peggio, sminuire l’importanza che ha la personalità di un sindaco eletto direttamente dai suoi concittadini, il quale li deve, non soltanto governare, ma anche rappresentare, essendo lui con la sua carica il volto visibile della sua città. Espresso dai suoi elettori, lui è però, se capisce qualcosa di amministrazione e di politica, davvero sindaco di tutti.

È quando la personalizzazione è un prodotto effimero e superficiale di una popolarità acquisita non attraverso i rapporti fra persone, ma con la esposizione ai mass media che gonfiano alcuni elementi, ma che possono anche sgonfiarli senza riferimento a nessun parametro politico e/o democratico, che se ne vedono gli effetti deteriori. Con candidati dalla personalità discutibile, scialba, “sgodevole4”, come si dice in città, è chiaro che la personalizzazione si ribalta in negativo e la rappresentanza/rappresentatività perde tutta la sua importanza, anche emotiva, simpatetica. Sottilmente, questo procedimento al ribasso induce scetticismo e produce insoddisfazione. Proprio agli scettici e agli insoddisfatti, che temevamo sarebbero stati anche tentati dal rifugiarsi nell’astensionismo, volevamo offrire un’alternativa praticabile. Difficile dire quanto ci siamo riusciti; probabilmente, non molto, anche per un motivo che, inizialmente, non avevamo percepito.

Da qualche tempo, Bologna è entrata nella fase che Marx definirebbe di “falsa coscienza”. Crede di essere qualcosa di ammirabile e non riesce neppure a prendere adeguata consapevolezza dei suoi problemi, dei suoi ritardi, delle sue incapacità. Nella campagna elettorale, volevo segnalare anche questo divario fra le credenze del e sul passato e le tristi realtà quotidiane. Nonostante la sua insoddisfazione, l’elettorato bolognese, in special modo, quello di sinistra, ha preferito pensare che i problemi e i ritardi non erano affatto strutturali, ma congiunturali, essenzialmente dovuti alla mancanza di visione di Guazzaloca e all’immobilismo (nonché mancanza di “amore” per la città) di Cofferati. Chi avesse guardato al quinquennio precedente la vittoria di Guazzaloca, avrebbe subito capito che i germi si erano già manifestati e che la loro proliferazione aveva aperto la strada abilmente e tempestivamente imboccata da Guazzaloca nella sua vittoriosa campagna elettorale. Sulle debolezze strutturali ho fatto il punto in un recente articolo pubblicato sul «Corriere di Bologna » che metto in appendice a questa conclusione.

4 Vedi il Dizionario Bolognese di Ariafritta.it

Page 78: Quasi Sindaco - G. Pasquino

È assolutamente evidente che chi davvero intende cambiare la città non deve semplicemente proporsi di trovare una candidatura vincente. Deve mirare molto più in alto e molto più avanti. Il compito consiste nel ricostruire un nuovo senso civico. Come stanno le cose è difficile che questo senso civico possa essere il prodotto di un partito senza identità, ma con molti carrieristi e carrieriste. La tentazione di pensare, come forse farebbe Max Weber, alla comparsa di un grande predicatore politico, è forte. Ma questa non è la sede per formulare futuribili. La mia esperienza mi consente di mettere in rilievo quanto abbiamo visto. Quanto conosco della scienza politica mi suggerisce che il cambiamento sarà difficile e tutt’altro che rapido. Purtroppo, al momento, non vedo neppure i primi segni di un risveglio.

Il cartoncino con il quale lanciammo l’Associazione “Cittadini per Bologna” e la mia candidatura a sindaco portava due frasi: «A Bologna servono le tue idee e un tuo contributo» (avremmo dovuto aggiungere, anche finanziario!) e «se l’aria che tira non è buona non bisogna adeguarsi, bisogna cambiare l’aria». Ecco, a Bologna l’aria non è ancora cambiata. La presa di coscienza della gravità di quello che è accaduto non è ancora sufficientemente diffusa. So che ha ragione Max Weber. Il vero politico è colui che non si lascia abbattere da una sconfitta, ma è subito pronto a ricominciare. Per quel che mi riguarda, non adesso, non qui.

Il varco dell’inciviltà, in «Corriere di Bologna»12 giugno 2010

Democrazia, anche quella, preziosa, nelle città, non è mai soltanto scelta, a opera degli elettori, dei candidati dei partiti per ottenere rappresentanza e governo. È anche partecipazione dei cittadini, ovvero controllo, protesta e proposta, ma soprattutto esercizio di senso civico. Una città che viene commissariata dovrebbe, anzitutto, interrogarsi sulla qualità della classe politica espressione del suo elettorato. Poi, chiedersi quanto conta l’opinione pubblica. Infine, riflettere sull’esistenza e sulla qualità del senso civico dei suoi cittadini. Dopodiché, ciascuno ha non soltanto il diritto, ma il dovere di provare l’umiliazione che gli spetta. La presenza di un Commissario è il segnale che parte della democrazia è venuta meno, ma anche che a Bologna il senso civico latita(va) da tempo. Annamaria Cancellieri non è la causa di una democrazia che non c’è, ma l’effetto del fallimento della democrazia, poca, dei partiti bolognesi e, in larga misura, anche dei loro elettorati. Eppure, molti, non soltanto sulle loro “barche”,

Page 79: Quasi Sindaco - G. Pasquino

continuano a raccontarsi la favola di una città che non esiste più da almeno vent’anni. E insistono a fare proposte che, peggio che sbagliate, sono semplicemente, nella città che esiste, irrealizzabili.

Vado in giro, parlo con le persone, prendo l’autobus, mi guardo intorno. Vedo, come tutti, una città sporca e poco civile, che non è affatto accogliente e ospitale, che non considera gli studenti una “risorsa” (magari venissero considerati “persone” con doveri e diritti), che non si impegna affatto a rendere la vita insieme migliore per tutti. Al contrario, gli studenti, soprattutto, quelli fuori sede (anche quelli che vengono da Rimini e da Reggio Emilia? Oppure soltanto i fuori sede meridionali?) sarebbero i responsabili del degrado, unitamente agli immigrati, soprattutto quelli di colore, anche se, dicono alcuni, pochi, bolognesi, sono essenziali per l’economia cittadina. In doppia fila, parcheggiano gli stranieri? Le cacche sono di cani che vengono da Marte? Le cicche, spesso ancora fumanti, le buttano soltanto quelli che vengono occasionalmente a Bologna? La signora sovrappeso e in pelliccia che guidava uno scooter contromano sotto i portici di via Lame e che, alla mia esclamazione: “ma signora!”, mi ha risposto con un vaffa, non era bolognese? La verità è che sono i comportamenti tutt’altro che civici dei bolognesi che hanno aperto gli spazi all’incivismo altrui.

Il Commissario riuscirà a fare della buona e indispensabile amministrazione. Ma chi vuole che Bologna torni ad essere una città civile, non necessariamente un modello, dovrebbe cominciare a ripensare ai troppi luoghi comuni, oramai solo falsa coscienza, della città di un tempo che fu. Dovrebbe evitare i paragoni con New York, Londra e Parigi. Dovrebbe, da un lato, dare quotidiani esempi personali di senso civico; dall’altro, dire, scrivere, chiedere che le prossime autorità comunali, a cominciare dal sindaco (dalle candidature a sindaco), promettano e si impegnino ad essere anche autorevoli predicatori di senso civico. Allora, forse, Bologna avrà qualche possibilità di ridiventare gradevole e ammirata.

In modi diversi, poiché tutti avevamo i nostri impegni quotidiani, e con gradazione diversa di impegno, sono lieto di ricordare che hanno lavorato per la Associazione e la Lista “Cittadini per Bologna”, in rigoroso ordine alfabetico: Federica Baraldi, Marcello Bruni, Fabrizia Calda, Corrado Crepuscoli, Francesco Delli Santi, Isabella Filippi, Luca Grosso, Nino Iorfino, Riccardo Lenzi, Daniela Mennichelli, Ornella Napolitano, Paolo Orioli, Alfonso Principe, Tiziana Sonia Spelta, Giacomo Todaro, Simona Tonna, Elisa Traldi. Pochi, ma davvero buoni. A loro il mio ringraziamento sincero.

Page 80: Quasi Sindaco - G. Pasquino

Indice

APPENDICEProgramma dei “Cittadini per Bologna”

Amministrare BolognaPremessaBologna più veloce

Servizio Ferroviario MetropolitanoTramLa metropolitana è superataPeople moverCivisParcheggi pubblici di interscambioParcheggi privatiMerciViabilità ciclabileMobilità pedonaleCar sharingRiduzione velocità veicoliRimozione discontinuità viabilitàVerifica esenzioni circolazione e parcheggioPassante nordSirio e RitaPrevenire la domanda di mobilità

Bologna più energicaFonti rinnovabiliEfficienza energeticaSviluppo aree verdiRifiutiUtilizzo acqua piovanaProdotti ortofrutticoli

Bologna più bellaBologna più vostraBologna più ricca

Bologna costituisce un insediamento ideale per le attività economicheCreazione di un tavolo permanente di confronto Comune – Associazioni imprenditoriali – Università

Bologna più sicuraBologna più giusta

La politica della Casa per tuttiL’integrazione sociale ed economica dei cittadini stranieri

Bologna più dottaBologna più artisticaBologna più sportivaBologna più eticaBologna più europeaNon finisce qui

Page 81: Quasi Sindaco - G. Pasquino

ASSOCIAZIONE “CITTADINI PER BOLOGNA”PROGRAMMA DI MANDATO (2009-2014)

PER LE DONNE E GLI UOMINI DI BOLOGNAPER UNA BOLOGNA MIGLIORE

Alle cittadine e ai cittadini di Bologna

Amministrare Bologna Torna al Programma

Una città di medie dimensioni, ma di grandi tradizioni, ricca di attività e abitata da cittadini esigenti, non è un compito facile. Chi vuole adempiere con successo a questo compito può riuscirci soltanto operando insieme a chi a Bologna vive e lavora, a chi, come i suoi cittadini, vuole renderla migliore, più bella, più sicura, più giusta. Nessun sindaco ha la bacchetta magica, ma i bravi sindaci sanno che possono coordinare e guidare le attività della loro città verso obiettivi condivisi, costruendo consenso. Sanno anche che le risorse sono poche e le aspettative sono, giustamente, molte. Un bravo sindaco è colui che non si mette semplicemente al servizio dei cittadini, ma li sollecita a partecipare e crea le condizioni per una loro partecipazione incisiva. Si scopriranno così i problemi più sentiti e più pressanti e si individueranno sia le soluzioni praticabili a quei problemi sia le modalità con le quali attuarle. Un bravo candidato sa che, per quanto bello e esaustivo possa essere il suo programma elettorale, nessuno è in grado di prevedere quello che può succedere in un mandato che dura cinque anni. Sa anche che le scelte fatte e non fatte hanno conseguenze in tutte le attività cittadine. Dunque, deve essere consapevole che sarà costretto ad aggiustamenti, ad adattamenti, persino a trasformazioni, al momento imprevedibili. Questo è il riformismo: riuscire a riformare, con il consenso, le riforme pensate e attuate. Il bravo sindaco si circonderà di assessori competenti che sapranno aiutarlo e criticarlo e che godranno di grande autonomia nell’esercizio dei loro compiti. Per la scelta degli assessori chiederemo a tutti gli interessati di mandare il loro curriculum e di spiegare perché sono disponibili a dedicare cinque anni della loro attività professionale a governare Bologna e quali obiettivi intendono perseguire. Un bravo sindaco sa che non è sufficiente decidere e comandare. Sa che è assolutamente importante seguire l’attuazione di quanto è stato deciso. Pertanto, in totale discontinuità con i comportamenti dell’amministrazione uscente, il sindaco, consapevole che ogni atto amministrativo sia per la parte

Page 82: Quasi Sindaco - G. Pasquino

della gestione corrente sia per gli investimenti, può essere realizzato esclusivamente grazie all’impegno dei dipendenti pubblici, farà ampio affidamento su di loro. Li coinvolgerà nei procedimenti, ne valorizzerà la professionalità. I dipendenti comunali sono sicuramente in grado di contribuire al buon governo della città e al benessere dei cittadini, e sono assolutamente disponibili a svolgere i loro compiti con efficienza e efficacia. La valorizzazione del loro lavoro e delle loro competenze consentirà anche di azzerare le consulenze e di liberare risorse per scopi più importanti, di welfare e di giustizia sociale.

Un sindaco bravo non deve ripetere, come un pappagallo, quasi per convincersi, che sarà al servizio della città. Deve, invece, essere una persona ambiziosa che cercherà di operare in maniera responsabile e apprezzata, senza produrre conflitti e tensioni, perché vuole lasciare la città più gradevole, più vivibile, più felice di come l’ha trovata. Questa è, comunque, la mia ambizione e questa è la ragione per la quale mi sono candidato a fare il sindaco per il quinquennio dal 2009 al 2014. Quanto segue sono i punti programmatici che la Associazione “Cittadini per Bologna” ha formulato e ha il piacere di sottoporre al voto delle cittadine e dei cittadini di Bologna. Questo è un programma in corso d’opera, in progress e davvero progressista. Cambierà, migliorerà, diventerà più ricco e più bello perché i cittadini bolognesi vi contribuiranno e perché noi impareremo.

Gianfranco Pasquino

Premessa Torna al Programma

La maggior parte dei problemi sociali, economici, di mobilità e di sicurezza di Bologna, e dei comuni limitrofi, non trovano una soluzione soddisfacente se non vengono affrontati in una prospettiva politica nuova che abbia come obiettivo la ricerca di nuovi modelli per il vivere urbano.

Se analizziamo Bologna oggi ci rendiamo conto che, al di là degli oggettivi problemi legati alla mobilità ed alla sicurezza, emerge una generale insoddisfazione per la qualità della vita. Il ricordo normalmente va agli anni in cui la città era vissuta da tutti ed era un piacere intrattenersi nelle strade di Bologna perché ricche di cultura, di emozioni e di relazioni. Ma cosa è successo nel corso degli anni? Come mai quel clima caldo, vitale e coinvolgente si è perso?

Noi riteniamo che questo sia avvenuto fondamentalmente per due motivi. Il primo è che Bologna, come altre realtà italiane, ha ceduto lentamente a dinamiche economiche che hanno portato a svuotare la città, di persone e di attività, favorendo forme puramente speculative. Il secondo motivo è “la città diffusa”. Basandosi sul principio che l’automobile garantiva mobilità per tutti si sono create aree di territorio

Page 83: Quasi Sindaco - G. Pasquino

con funzioni nettamente distinte, aree commerciali, aree residenziali e per il tempo libero. A distanze sempre maggiori.

Questi due fattori sono alla base di diversi fenomeni che di fatto impoveriscono il vivere urbano, ad esempio: la speculazione immobiliare centrata sulle esigenze di alloggio degli studenti, la fuga delle attività artigianali non più possibili in un contesto urbano sempre più costoso, la chiusura di molte attività culturali, le preferenze urbanistiche per centri dedicati ed esterni alla città, l’incremento del traffico dovuto ad una maggiore esigenza di mobilità. L’impoverimento del tessuto urbano di fatto comporta anche una caduta del presidio umano che, invece, favorisce forme di solidarietà e di controllo indotto. In un contesto urbano vissuto le persone si conoscono e si crea una rete di relazioni virtuose, oltre che per la qualità della vita, anche per la sicurezza dei cittadini. Laddove le persone si conoscono e c’è una rete, esiste un maggiore controllo e quindi un naturale deterrente verso le forme di devianza e di degrado.

Se osserviamo oggi il centro ci rendiamo conto che è diventato un luogo di passaggio. Ogni giorno ci sono persone che arrivano in centro e quelle che vi abitano sono impegnate in spostamenti verso l’esterno per soddisfare le proprie esigenze. Ne consegue che il territorio non è più vissuto, è un luogo che non appartiene più a nessuno. Se questa è la situazione in centro, l’esterno della città non è migliore in quanto l’espansione verso la periferia è avvenuta, appunto, seguendo logiche di insediamento diffuso.

Cosa fare? Proviamo a ragionare in una nuova ottica. Se perseguiamo la ricerca di nuovi modelli del vivere urbano faremo discendere, quasi in automatico, molte risposte ai singoli problemi. La politica non deve più affrontare i problemi in maniera isolata ma deve inquadrarli in un contesto più ampio che abbia come finalità la creazione di un ambiente più vivibile, meno inquinato, meno rumoroso e con servizi ed offerta di attività più diffuse. Da un approccio del genere derivano senza dubbio anche nuovi impulsi per settori economici alternativi a quelli tradizionali, settori capaci di essere nuova forza trainante per continuare un percorso di crescita economica. Questo lo si ottiene solo se si adotta una visione integrata e sostenibile di sviluppo. È su questi obiettivi che bisogna orientare la bussola di ogni intervento che si farà sulla città nella consapevolezza che qualsiasi tema costituisce un piccolo tassello di uno scenario di maggiore vivibilità da offrire ai cittadini.

Bologna più veloce Torna al Programma

Una città di medie dimensioni, ma con importanti attività, come l’Università, la Fiera, l’Aeroporto, attira una traffico intenso e notevole di persone e merci. A Bologna la mobilità

Page 84: Quasi Sindaco - G. Pasquino

è un problema irrisolto. È necessario agire in maniera organica e virtuosa migliorando il servizio pubblico in una direzione sostenibile per l’ambiente e, allo stesso, tempo prevenendo e riducendo l’esigenza di mobilità. Il piano della mobilità deve guardare al territorio metropolitano garantendo intermodalità sia per le persone che per le merci.

Il piano che vogliamo offrire alla città si struttura sui seguenti punti:

1. Servizio Ferroviario Metropolitano (SFM) Tutti ne parlano (soprattutto la Provincia), ma le risorseper il servizio, per il materiale rotabile e per il personale li mette solo la Regione. Alcuni Comuni almeno hanno preso in carico la pulizia delle stazioni e fermate. Bologna no, si vedano le condizioni della fermata di Casteldebole e dei suoi parcheggi. Per la linea per Budrio la Regione e la Provincia hanno avallato un piano del Comune per l’interramento a binario unico anche se sarebbe stato possibile avere il doppio binario e quindi una maggiore versatilità; pertanto la capacità della tratta resterà limitata. Il Comune deve contribuire anche ai servizi, ed attivare subito la fermata “Aeroporto”.

Dobbiamo sviluppare ed investire quanto più possibile sul servizio SFM che costituirà l’ossatura fondamentale del trasporto pubblico dell’area metropolitana.

2. Tram A partire dagli anni Sessanta molte città europee e quasi tutte le italiane hanno seguito logiche di sviluppo della mobilità basate solo sull’automobile. Da allora si sono soppresse le reti tranviarie, si sono impoverite quelle ferroviarie e si è investito solo sulla rete stradale con il risultato che oggi, in Italia, il 90% delle persone e delle merci viaggia con mezzi privati. Questa tendenza in Europa si è arrestata e si sono finalmente riscoperte le potenzialità del trasporto su ferro. In oltre 20 città europee a partire dal 1985 si è ripristinata la rete tramviaria: Nantes, Grenoble, Rouen, Valenciennes, Montpellier, Parigi, Bordeaux, Orleans, Lione, Marsiglia, Nizza, Strasburgo, Mulhouse, Croydon, Nottingham, Birmingham, Sheffield, Manchester, Atene, Heilbronn, Saarbrücken, Messina, Sassari, Cagliari, Bergamo, Alicante, Barcellona, Bilbao, Valencia.

Il tram è un mezzo capillare sul territorio, modulare, veloce, intermodale e capace di soddisfare le esigenze di spostamento di persone ed anche di merci. È inoltre un mezzo economico che può essere installato (re-installato nel caso di Bologna) con tempistiche rapide e con basso impatto architettonico.

A Bologna esistono 4 direttrici dove il tram può ricominciare a circolare con successo, eseguendo i lavori scaglionati nel tempo:

1. Corticella-Stazione-Indipendenza-S. Stefano-Murri-San Ruffillo (parte linea 27 e parte 13);

Page 85: Quasi Sindaco - G. Pasquino

2. (Casalecchio-) Andrea Costa-S. Isaia-Indipendenza-Stazione-Fiera-Pilastro (circa linea 20);3. Casteldebole-Barca-Battindarno-E. Ponente-S. Felice-Bassi-E. Levante-S. Lazzaro (linea 19);4. B. Panigale-E. Ponente-Saffi-S. Felice-Bassi-Mazzini-Longo-Ponticella (parte linee 13 e 27).

Può sembrare un piano fantasioso, ma non lo è, è molto ambizioso. Costruendo metà linea per volta ogni due anni si inaugura un tratto. Dopo il secondo tratto in esercizio ci sarà la gara dei quartieri e dei comuni limitrofi per avere un prolungamento. Ovunque è successo così.

3. La metropolitana è superataNessun cantiere italiano è stato aperto meno di 8 anni,

con le strade e le piazze completamente occupate salvo piccole striscioline laterali. Non ci si illuda che la “talpa” entri da una parte, esca dall’altra e le stazioni si costruiscano in una notte. I costi non sono inferiori a 100 milioni €/km. Anche a Torino, dove erano partiti molto veloci adesso il prolungamento per Rivoli è fermo con le stazioni al grezzo ed allagate da circa 5 metri di acqua. Linee lunghe meno di 12 km spesso trasportano pochissime persone.

Le stazioni della metropolitana non possono essere capillari come le fermate del tram: quando parliamo di spostamenti dobbiamo pensare alla durata del viaggio da porta a porta. Raggiungere la fermata, andare nel sottosuolo, alla stazione di arrivo uscire dal sottosuolo e raggiungere l’obiettivo di viaggio: se sommiamo questi tempi al tempo del tragitto ci rendiamo conto che su percorsi non lunghi la metropolitana non ha alcun vantaggio. Nel caso della nostra città teniamo presente che il 75% degli spostamenti avviene entro i 5 km: il tram è più veloce.

Per l’efficacia è evidente che se si sceglie questo mezzo come primario non possiamo pensare di creare solo una linea e mezza, dovremmo realizzare una vera e propria rete altrimenti parte della mobilità resterebbe comunque delegata ai mezzi di superficie.

Per la sicurezza degli utenti, la metropolitana è svantaggiata per due motivi. Si crea un’estensione del territorio urbano: in superficie esiste un problema di sicurezza che potrebbe ripresentarsi amplificato nella nuova zona urbana? E soprattutto facendo viaggiare le persone in sotterranea eliminiamo un presidio dalla superficie: i viaggiatori. Come sarà la città di sera quando tutti viaggiano nel sottosuolo? Il risultato della rete metropolitana è che sarà necessario, come è ben evidente in altre città, un maggiore investimento in attività di controllo sia per la superficie più sguarnita che per la nuova zona sotterranea.

4. People mover Avere tutte le infrastrutture di trasporto possibili ed immaginabili non solo crea notevoli costi per la costruzione, ma rischia una esplosione dei costi di esercizio. L’aggiunta di “rotture di carico” è deleteria per il Trasporto Pubblico. Se si

Page 86: Quasi Sindaco - G. Pasquino

vuole un collegamento forte dell’aeroporto, è sufficiente mandarci il tram, se lo si vuole fortissimo, è la linea ferroviaria di forza (sia TAV che gli Interregionali) che deve passare dentro l’aerostazione, come a Zurigo e Francoforte. Anche se la gara è appena stata aggiudicata, dato che i lavori non sono ancora iniziati, nulla vieta di rinunciarvi (con modeste penali).

5. Civis Ormai ce lo abbiamo, dobbiamo farne un buon uso. Far passare il Civis in strada Maggiore e via San Vitale non è necessariamente “devastante”, perché sono larghi e lunghi come gli attuali autobus, ma se ne può e se ne deve discutere con i cittadini cercando anche alternative. Se con il loro passaggio avremo una corrispondente riduzione di autobus, avremo migliorato la situazione almeno da un punto di vista ambientale. Possiamo invece rinunciare ad alcuni sottoprodotti nocivi, come il cambio di tensione della rete filoviaria da 600 a 750 V, che costa oltre 10 milioni di Euro e non porta nessun vantaggio. Possiamo pensare di rivedere e migliorare il percorso facendolo proseguire verso le zone occidentali della città.

6. Parcheggi pubblici di interscambio Al fine di alleviare la pressione veicolare in area cittadina è fondamentale sviluppare un sistema di interscambi, lontano dal centro, che possa essere integrato con SFM e Tram. Le aree di parcheggio da utilizzare, già costruite, sono quelle della Fiera e del Giuriolo. Area da potenziare è quella di via Tanari. Da non sviluppare l’area Staveco (se non per i residenti in zona) poiché accrescerebbe la pressione di vetture sul centro.

7. Parcheggi privati Al fine di ridurre il consumo del territorio e destinare

quanto più possibile la superficie urbana al trasporto sostenibile si passerà ad una più accurata gestione della sosta a pagamento (sulle direttrici del TPL pagano tutti, anche i residenti) ed un rilascio dei permessi per entrare in centro più selettivi, per evitare l’affitto dei garage ai non residenti. Una preziosa opportunità per il centro è oggi costituita dalla dismissione di aree demaniali ex militari, è necessario rivedere i progetti ad oggi abbozzati al fine di destinare le risorse necessarie in questa direzione.

8. Merci Per il trasporto merci in centro si sviluppa un piano, “BolognaMerci”, che preveda la razionalizzazione della distribuzione. Si prevede un raggruppamento delle merci in area opportuna esterna al centro (sull’esempio del Cityporto di Padova). Il servizio sull’ultimo miglio viene realizzato grazie a vetture elettriche o a basso impatto ambientale.

Al fine di agevolare le attività commerciali in Centro, stante le attuali limitazioni al traffico, il Comune promuove

Page 87: Quasi Sindaco - G. Pasquino

un servizio, “ComuneConsegna”, su prenotazione, con veicoli a bassa emissione capaci di trasportare colli ingombranti dal negozio richiedente sino ad un parcheggio di interscambio ad uso dell’utente privato finale.

Una volta realizzata la rete tranviaria, sviluppo del “Cargo Tram”, su esempio di quanto fatto a Dresda, Zurigo, Vienna.

9. Viabilità ciclabile La bicicletta è uno dei tasselli che contribuiscono a creare un ambiente meno inquinato, meno rumoroso e più virtuoso da un punto di vista energetico. La bicicletta può superare il 20% degli spostamenti, rispetto al 5% odierno, se si procede nelle seguenti direzioni:

a. Sviluppo rete ciclabile:- Consolidamento intermodalità (con SFM e tram); regolamentazione particolare del Centro Storico (biciclette contromano).- Individuazione linee di flusso dirette centro-periferia- Consolidamento e collegamento piste ciclabili percorribili a 20km/h.- Integrazione rete ciclabile bolognese con la provincia.- Riduzione conflitti con i pedoni.b. Sicurezza:- Azione di traffic calming (aree 30 km/h) utilizzando le intersezioni e gli attraversamenti pedonali e ciclabili rialzati su esempio di Cattolica (RN).- Revisione segnaletica ed adozione modelli FIAB per rotonde ed attraversamenti.

c. Servizi e promozione:- Diffusione bike sharing (con bici più versatili di quelle attuali, pesanti e poco maneggevoli). - Incremento rastrelliere.- Promozione utilizzo bici attraverso campagne mirate- Creazione di incentivi per la rottamazione delle vecchie biciclette.- Creazione parcheggi custoditi automatici sotterranei. Si utilizzano i sottopassaggi abbandonati in centro oltre a parcheggi ad hoc creati in zone strategiche quali la stazione.

10. Mobilità pedonale La mobilità pedonale deve essere garantita e protetta in tutta la città, con priorità per le zone prossime alle fermate delle linee di TPL. La sosta selvaggia sarà repressa con il massimo impegno e, laddove necessario, i marciapiedi e le altre aree pedonali saranno protetti con fittoni. Lungo le strade prive di marciapiede si provvederà con un piano straordinario. I cantieri dovranno sempre garantire il passaggio pedonale.

11. Car sharing Il Car sharing deve essere più capillare sul territorio (muovendosi dal centro verso la periferia) e deve

Page 88: Quasi Sindaco - G. Pasquino

sperimentare la possibilità di costituire parchi di vetture elettriche plug in.

12. Riduzione velocità veicoli Necessario ridurre la velocità delle vetture nelle zone di traffico promiscuo al fine di eliminare le situazioni di pericolo per la mobilità ciclopedonale. È altresì importante ridurre la velocità al fine di migliorare la qualità acustica dell’ambiente ed ottenere, al contempo, una riduzione delle emissioni. È ipotizzabile una riduzione della velocità con le seguenti attività:

- il Comune, di intesa con le imprese motoristiche presenti sul territorio, verifica la possibilità di sviluppare uno strumento (in aftermarket) che sia capace di regolare automaticamente la velocità della vettura in funzione di un segnale inviato dall’esterno. L’intero centro costituirebbe una zona con velocità limitata a 30 km/h e, su ogni strada, in ingresso nella zona limite, si installa un dispositivo che setta in automatico il valore di velocità della vettura. In uscita dal centro il sistema setta il nuovo valore di velocità limite o azzera il limite stesso e può essere esteso per tutta l’area urbana con limite 50 km/h. Si sperimenta dapprima sul parco pubblico e, se efficace, lo si estende come obbligo a tutti i veicoli che hanno il permesso di entrare in centro storico.- Si incrementano i controlli da parte delle forze dell’ordine sul rispetto della velocità.

13. Rimozione discontinuità viabilità La rimozione delle discontinuità di percorso è necessaria se vogliamo ottenere la riduzione delle aree congestionate ed ottenere una riduzione delle emissioni. A tal fine si può agire nelle seguenti direzioni:

- si risolvono per mezzo di rotonde criticità quali quella dell’incrocio Prati di Caprara o di piazza XX settembre; la viabilità in zona stazione può essere risolta con sottopassi pedonali (il 90% dei viaggiatori è già “sotto”), al posto del sottopasso stradale;- si provvede alla sistemazione dei nodi stradali di Casalecchio e Rastignano e della Trasversale di Pianura con soluzioni “soft”, soprattutto per Casalecchio;- si verifica la reale necessità di costruire ulteriori ponti sul Reno in concomitanza con la realizzazione delle linee tranviarie.

14. Verifica esenzioni circolazione e parcheggio È a tutti evidente che le aree della ZTL sono quotidianamente attraversate da traffico intensissimo. Al fine di agire positivamente sulla qualità dell’ambiente si valutano le seguenti azioni:

- verifica dei permessi di accesso al centro storico;- il permesso di accesso al centro in mancanza di residenza in area, anche se proprietari di un box auto, viene sottoposto a fasce orarie (no ore di punta 7.30-9.30

Page 89: Quasi Sindaco - G. Pasquino

e 17.00-19.00);- si intensificano i controlli sull’uso di alcuni tipi di permessi, per ridurne gli abusi.

15. Passante nord Allo stato attuale costerebbe oltre 2 miliardi di Euro. Siamo sicuri che “unificare” Autostrada e Tangenziale mettendo alla fine delle autostrade delle barriere con Telepass e regalandolo a tutti gli automobilisti non costerebbe meno? La congestione è dovuta quasi solo ad alcune importanti Fiere ed alle uscite non ancora adeguate. Teniamo inoltre presente che, visto lo sviluppo della rete ferroviaria e le ormai evidenti esigenze di spostare le merci su ferro, andremo verso una certa riduzione del traffico veicolare. Perché allora non destinare risorse in altre direzioni più sostenibili per l’ambiente?

16. Sirio e Rita Si prosegue con lo sviluppo dei sistemi di controllo degli accessi. Introduzione di un “Sirietto” per sorvegliare le piste ciclabili spesso usate da motociclisti.

17. Prevenire la domanda di mobilità Se vogliamo ridurre la domanda di mobilità e, al

contempo, sviluppare un diversa modalità del vivere urbano, dobbiamo tornare agli usi promiscui. Bisogna, in altri termini, integrare nello stesso quartiere funzioni residenziali, commerciali, terziarie e ricreative, raggiungibili con mezzi alternativi all’auto. Se seguiamo uno schema del genere oltre a ridurre la richiesta di mobilità generiamo di pari passo una crescita della vivibilità delle diverse aree della città, particolarmente di quelle periferiche.

Gli strumenti per prevenire la domanda di mobilità sono:

- Aree urbane car free Sull’esempio di altre esperienze europee (vedi ad esempio il dossier di Legambiente sulla costruzione di città senz’auto), si provvede all’istituzione sulle aree dimesse demaniali o private, di zone abitative car-free ed energeticamente autosufficienti. Le abitazioni e le attività dell’area saranno ad impatto zero. Gli edifici saranno tutti in classe energetica A, interamente autosufficienti dal punto di vista energetico. Nell’area sarà limitato l’accesso a a motoveicoli o autoveicoli. Lo sviluppo e la realizzazione delle aree a impatto zero avviene a costo zero per il Comune attraverso bandi di concorso pubblici.

- Integrazione di quartiere Il comune, quartiere per quartiere, coinvolgendo i cittadini, individua quali sono le principali assenze di funzioni nell’area e struttura un piano di crescita e promozione dei singoli servizi o attività.

Page 90: Quasi Sindaco - G. Pasquino

Bologna più energica Torna al Programma

Il miglioramento dell’ambiente cittadino, oltre ad essere una necessità per la salute di tutti, costituisce anche una importante potenzialità economica. Uno dei primi provvedimenti è la corretta utilizzazione dell’energia, indispensabile per rispondere a diverse e sentite esigenze quali:

- distaccarsi quanto più possibile dalle fonti fossili;- creare un ambiente cittadino meno inquinato;- incentivazione di settori economici dal forte potenziale di crescita;- sperimentare modi di vita non centrati sull’esigenza dimobilità legata all’automobile.

La pianificazione energetica del comune deve guardare al medio periodo ponendosi come obiettivo minimo il raggiungimento, entro il 2020, dello scenario 20-20-20: 20% riduzione delle emissioni di CO2, 20% di produzione energetica da fonti rinnovabili, 20% incremento dell’efficienza energetica. Di pari passo il Comune seguirà una strategia per favorire, nel lungo periodo, la completa indipendenza dalle fonti fossili.

Nell’ambito del programma di riqualificazione dell’ambiente rivestono un ruolo importante anche azioni mirate allo sviluppo delle aree verdi, alla promozione della raccolta differenziata, al risparmio dell’acqua potabile ed alla qualità dei prodotti ortofrutticoli.

Il raggiungimento degli obiettivi è possibile strutturando, oltre alle azioni sulla mobilità previste nell’area Bologna più veloce, attività sulle seguenti aree:

1. Fonti rinnovabili Per fonte energetica rinnovabile si intende una qualunque delle seguenti: solare termico, solare fotovoltaico, eolico, idroelettrico, geotermico, biomasse, biogas:

Diffusione delle fonti rinnovabili e riduzione emissioni CO2È fondamentale promuovere l’uso delle rinnovabili

nell’edilizia, sia sul nuovo che sull’esistente attraverso le seguenti azioni:

- il Comune di Bologna effettua un censimento dei tettidegli edifici ad uso industriale e Commerciale destinati acostituire il “Condominio Solare Bolognese”; - si richiede, per tutti i nuovi edifici, di installare in locouna potenza elettrica da rinnovabile pari alla taglia del contatore elettrico richiesto. Qualora l’installazione in loco non fosse attuabile si impone l’acquisto di energia da fonte rinnovabile presso il “Condominio Solare Bolognese” o altra sede sita nel Comune di Bologna;- si richiede, per tutti i nuovi edifici, di installare in locouna potenza solare termica da rinnovabile pari alla potenza richiesta per la produzione di acqua calda sanitaria;

Page 91: Quasi Sindaco - G. Pasquino

- si richiede per gli edifici che prevedono il rifacimentodell’impianto di riscaldamento di installare potenza termica proveniente per almeno il 50% da gruppo cogenerativo. Se non possibile, il 100% della potenza termica dovrà essere ricavato da generatori a condensazione;- di intesa con le associazioni di categoria si istituisceun registro degli operatori delle rinnovabili;- diventa un atto libero e senza oneri comunali realizzare un impianto domestico. L’impianto dovrà essere eseguito da personale autorizzato e si ha il solo obbligo di comunicazione al Comune di Bologna dell’avvenuta realizzazione.- si chiariscono attraverso il RUE le procedure di approvazione degli impianti da fonti rinnovabili, eliminando tutti gli impedimenti, anche per gli edifici “classificati”.- si incentiva la realizzazione degli impianti dimicroteleriscaldamento di potenza termica non superiore a 50 kW.

Formazione, promozione e ricerca Il Comune di Bologna, di intesa con la Provincia, la Regione, con le associazioni di categoria ed enti di formazione, effettua le seguenti attività:- promuove, in accordo con Università e Scuole Superiori, l’istituzione della figura di “Tecnico delle Energie Rinnovabili”;- istituisce un monitoraggio e promuove un coordinamento delle attività di ricerca sulle fonti rinnovabili presenti del territorio provinciale;- istituisce fondi di ricerca tematici per lo sviluppo delle rinnovabili;- individua incentivi allo sviluppo delle attività industrialilegate alle rinnovabili;- effettua attività di sensibilizzazione al tema energetico in tutte le scuole medie e superiori presenti sul territorio bolognese;- effettua campagne di sensibilizzazione al tema energetico all’interno del comune.

2. Efficienza energetica Il comune adotta una politica di efficienza energetica che riguarda sia l’edilizia industriale ed abitativa (pubblica e privata) che l’illuminazione pubblica.

- si istituisce il Registro Energetico Comunale degli edifici;- si introduce, come obbligo, la certificazione energetica degli edifici nuovi e si richiede per obbligo la certificazione energetica degli appartamenti o edifici esistenti all’atto della compravendita o della stipula di un contratto di locazione;- si introduce una tassa comunale energetica in funzione delle classi di merito con valore pari a zero per la classe A

Page 92: Quasi Sindaco - G. Pasquino

(per le classi si utilizza quanto definito da CasaClima). La tassa entra in vigore al momento della presentazione del primo certificato (atto di compravendita o locazione);- il Comune definisce un piano di dettaglio che preveda il passaggio della illuminazione pubblica a led;- si effettua una revisione delle modalità operative dei sistemi di riscaldamento e teleriscaldamento pubblici- nella definizione dei fabbisogni luminosi il Comune di Bologna concerta l’azione di intesa con le associazioni che hanno competenza in tema di inquinamento luminoso.

3. Sviluppo aree verdi Il ricorso al verde costituisce un’opportunità per abbellire la città, per ridurre l’impatto della CO2 e per migliorare il microclima dell’area mitigando i picchi di temperatura estivi. Consente inoltre un ombreggiamento per controllare l’irraggiamento solare diretto sugli edifici e sulle superfici circostanti durante le diverse ore del giorno. Al fine di promuovere la diffusione delle arre verdi si effettuano le seguenti azioni:

- si elabora un piano per la riforestazione urbana;- si verificano le percentuali di verde assegnate nelle aree demaniali ex militari; - le alberature infestanti presenti su area pubblica vengono sostituite essenze autoctone;- si incentiva la sostituzione delle alberature infestanti su area privata con altre meno nocive.

4. Rifiuti Il Comune diffonderà quanto più possibile la raccolta differenziata avviando la raccolta porta a porta. L’obiettivo è quello di ridurre quanto più possibile la percentuale di utilizzo dei termovalorizzatori. Il Comune presenterà un piano che incentiva tutte le attività artigianali e industriali indirizzate verso il recupero e la raccolta differenziata.

5. Utilizzo acqua piovana Negli edifici di nuova costruzione, nei PRU e nelle ristrutturazioni di interi stabili deve essere obbligatorio il riutilizzo dell’acqua piovana delle coperture per:

- innaffiamento giardini ed aree verdi;- usi non potabili condominiali (lavaggio automobili, pulizia cortili);- usi non potabili privati (WC, lavatrice);- negli edifici esistenti si applicano incentivi per il medesimo scopo.

6. Prodotti ortofrutticoliIl Comune si impegna a promuovere produzioni e

distribuzioni di prodotti a km zero. Si impegna altresì a verificare in maniera oggettiva la qualità dei prodotti distribuiti nelle mense pubbliche, particolarmente in quelle scolastiche.

Page 93: Quasi Sindaco - G. Pasquino

Bologna più bella Torna al Programma

La bellezza di una città è certamente fatta dai suoi edifici artistici e dai suoi monumenti, e Bologna ne ha molti. È fatta anche dalle sue strade e dalle sue piazze, e Bologna non teme confronti. Infine, è fatta dal suo arredo urbano, ovvero dallo stato di conservazione degli edifici tutti e dalla pulizia delle strade e delle piazze. Qui sta il punto dolorosamente debole della situazione attuale. Bologna è una città tenuta male, sporca, in degrado. Insieme alla sicurezza e al traffico, le pessime condizioni fisiche sono l’elemento che preoccupa maggiormente i suoi abitanti.

Bisogna restituire a Bologna la sua bellezza attraverso interventi e comportamenti coerenti. Facendo leva su Hera e sulle cooperative di servizi e di manutenzione, bisognerà procedere alla messa in ordine di tutta la città. Un maggiore controllo dei territori scoraggerà e, all’evenienza, consentirà di individuare e punire coloro che devastano sistematicamente alcune zone della città e i suoi edifici. Sarebbe bello che i cittadini, come succede in altre città del mondo, “adottassero” una strada, una piazza, un giardino, un edificio, ad esempio, una scuola e si impegnassero a mantenerli puliti e scintillanti, in una sana emulazione. Tocca anche a noi, cittadini di Bologna, impedire l’azione dei vandali, e fare tornare la città bella come è stata fino a qualche tempo fa.

Noi pensiamo che un piano per restituire una città più bella ai suo cittadini possa essere strutturato sui seguenti punti:

- restyling degli edifici fatiscenti;- manutenzione costante dell’arredo urbano;- valorizzazione delle aree verdi e delle colline;- valorizzazione e ristrutturazione dei corsi d’acqua bolognesi;- incremento delle aree gioco per i bambini;- installazione di fontane e bagni pubblici;- verifica della possibilità di rendere via Riva Reno pedonale e fluviale.

Bologna più vostra Torna al Programma

L’esperienza amministrativa trascorsa e ormai, fortunatamente, conclusa ha messo in evidenza che il desiderio di partecipazione dei cittadini al governo della città può venire facilmente trascurato, ignorato, mortificato. Talvolta, è possibile che essa sia anche eterodiretta, manipolata, assoggettata. Quello che, invece, noi ci proponiamo di fare è esattamente l’opposto: offrire a tutti i

Page 94: Quasi Sindaco - G. Pasquino

cittadini, le associazioni, i gruppi, che ritengono di avere idee e proposte politiche in grado di migliorare la nostra comunità, la possibilità (concreta, garantita e regolata) di partecipare alle scelte relative al governo del nostro Comune. La partecipazione che promettiamo, lungi dall’essere ignorata, non sarà neppure calata dall’alto. La nostra idea è quella di una partecipazione regolamentata e regolare, concreta e concretizzabile.

Uno Statuto più democratico. Lo Statuto Comunale di Bologna elenca, nel Titolo II, alcuni strumenti finalizzati alla promozione delle più svariate iniziative popolari. Tuttavia, tali strumenti si sono dimostrati insufficienti e inadeguati per incanalare le numerose e crescenti richieste di partecipazione dei singoli individui o delle associazioni nella definizione delle priorità del governo cittadino. Riteniamo necessario, quindi, rivedere o migliorare questa parte dello Statuto comunale, introducendovi strumenti di democrazia diretta e deliberativa che permettano a tutti i cittadini che lo riterranno utile ed opportuno di prendere attivamente parte al governo della città.

Un primo strumento che intendiamo introdurre nello

Statuto è il referendum propositivo, utilizzando il quale, cittadini o gruppi di cittadini, potranno avanzare le loro specifiche proposte su alcuni importanti ambiti di intervento amministrativo. Raccogliendo un adeguato numero di firme, tutti i cittadini potranno richiedere l’indizione di un referendum il cui esito risulterà vincolante qualora abbia presto parte alla votazione almeno il 50% + 1 dell’intero corpo elettorale (o, in alternativa, il 50% + 1 di tutti coloro che hanno partecipato alle più recenti elezioni amministrative). Naturalmente, argomentazioni e soluzioni simili valgono anche per la necessaria introduzione nel nostro Statuto del referendum abrogativo.

Un secondo strumento che ci impegniamo ad inserire nello Statuto è il bilancio partecipativo, prendendo ispirazione delle principali esperienze note a livello nazionale e, soprattutto, internazionale. Oltre a dare un rilievo statutario a questa pratica partecipativa, intendiamo proporne una regolamentazione chiara e certa, che permetta ai cittadini interessati di conoscere in anticipo modalità, sedi e strumenti per far conoscere ed esporre i propri progetti all’amministrazione comunale, alle associazioni interessate e tutti gli altri concittadini. Per sfruttarne pienamente le potenzialità, introdurremo un “Piano del bilancio partecipativo” prolungato nel tempo e diffuso sul territorio. Potranno essere indette assemblee pubbliche in ogni quartiere, all’interno delle quali, con modalità trasparenti ed aperte i residenti indicheranno e sceglieranno con modalità democratiche alcuni interventi (di arredo o riqualificazione urbanistica, relativi a modifiche o miglioramenti sulla viabilità, ecc.) che, nei limiti delle proprie disponibilità finanziarie e potestà normative, l’amministrazione comunale

Page 95: Quasi Sindaco - G. Pasquino

recepirà. L’amministrazione sarà anche obbligata a prevedere, annualmente, nel bilancio comunale, un proprio “Piano di investimenti”, all’interno del quale verrà indicata la cifra (che potremmo fissare in una quota intorno al 20 per cento dell’intero Piano) da riservare alle opere e agli investimenti scelti attraverso procedure di bilancio partecipativo.

I vari strumenti finalizzati alla promozione della partecipazione non sono adatti indiscriminatamente per ogni settore del governo cittadino. Per questo motivo, riteniamo saggio affidare tematiche rilevanti come l’elaborazione dei piani strutturali, la progettazione di importanti interventi infrastrutturali, la discussione concernente le politiche sulla viabilità, sullo sviluppo sostenibile (es. l’Agenda 21), sull’integrazione o la coesione sociale, ad un precedente ed informato dibattito deliberativo tra tutti i cittadini, le associazioni o i gruppi che ne hanno interesse o ne sono interessati. Per queste e per tematiche simili proponiamo l’introduzione di procedimenti deliberativi in grado di favorire la creazione di un consenso vasto sulla formulazione di determinate politiche pubbliche, migliorandone al contempo la qualità.

Introdurremo una “Norma sulla Partecipazione all’elaborazione delle politiche comunali”, in linea con quanto avvenuto in altri contesti italiani, primo fra tutti il caso della Regione Toscana, che ha elaborato (e finanziato) una simile normativa. Considerata anche la natura innovativa e sperimentale di tale norma, riteniamo opportuno prefissarne una scadenza, prevedendo che, alla conclusione dei primi cinque anni del mandato governativo, la norma decada automaticamente. La norma provvederà a redigere una normativa generale che regolamenti: le modalità di attivazione dei processi deliberativi, i componenti da coinvolgere obbligatoriamente, i sistemi interni cui giungere alle decisioni, le sedi dedicate alle fasi dibattimentali e decisionali, le forme di pubblicizzazione degli incontri e degli esiti. Focus groups, giurie di cittadini, assemblee cittadine, dibattiti pubblici, sondaggi deliberativi saranno perciò alcune delle forme di partecipazione utilizzabili a partire dalle linee guida dettate dalla nostra “Norma sulla Partecipazione”.

Infine, sulla promozione e sul controllo di questo tipo di partecipazione, così come su di una corretta interpretazione della normativa, sarà chiamata a vigilare una Autorità Garante di assoluta e comprovata indipendenza ed esperienza che avrà anche il compito di suggerire le modalità tecniche di organizzazione e di svolgimento delle pratiche deliberative, tenendo in considerazione le esigenze finanziarie e le differenti tipologie di tematiche sottoposte a deliberazione.

Poiché riteniamo che la partecipazione sia un diritto dei cittadini e che una comunità composta da cittadini attivi, informati ed influenti sia una risorsa necessaria per migliorare le tante qualità della città, elaboreremo una

Page 96: Quasi Sindaco - G. Pasquino

“Carta dei diritti di partecipazione dei cittadini bolognesi” che verrà estesamente resa nota all’intera cittadinanza e rappresenterà una garanzia inalienabile per tutti quei cittadini bolognesi che riterranno di avere soluzioni da avanzare per il miglioramento di Bologna e vorranno farlo nel modo più influente, decisivo e partecipato possibile.

In democrazia, chi comanda e deve continuare a comandare è il popolo. Anche quando elegge i propri rappresentanti nelle cariche istituzionali e questi rappresentanti, a loro volta, nominano degli esperti, dei consulenti, dei garanti, ecc., per condurre alcune, specifiche, funzioni amministrative, gli elettori devono continuare ad essere sovrani. Il popolo è chiamato a valutare l’operato di chi, per conto suo e perseguendo il suo unico interesse, decide sul presente e sul futuro della propria vita. Gli elettori riusciranno a valutare cosa i loro rappresentanti hanno fatto, non fatto o malfatto nelle azioni pubbliche qualora sia presente un rapporto di totale ed incondizionata trasparenza tra rappresentanti e rappresentati. Nel XXI secolo, la trasparenza è possibile e fortemente incentivata dalle tecnologie, in particolare da un utilizzo accorto e intelligente di internet e dei numerosi strumenti disponibili di governo e di democrazia elettronica.

Per favorire il rapporto di chiarezza e trasparenza tra elettori ed eletti, tra i bolognesi ed i rappresentanti istituzionali dei bolognesi, predisporremo due utili strumenti, pensati con la precisa intenzione di rendere qualsiasi rapporto o provvedimento politico assolutamente visibile.

Il primo intervento riguarda il miglioramento della Rete Civica Virtuale (Iperbole), che permetta ad ogni cittadino di accedere direttamente, dalla propria abitazione, a tutte le informazioni sul governo cittadino. Ogni bolognese avrà, dunque, la possibilità di prendere visione di ogni decisione, delibera o di ogni altro atto discusso, presentato od implementato dalla Giunta o dal Consiglio comunale. Inoltre, la Rete Civica diventerà un servizio non soltanto informativo per tutti i bolognesi, ma, soprattutto, uno strumento operativo grazie al quale i cittadini, adeguatamente informati, otterranno direttamente, certificati, pareri, ricevute di pagamento e altre pratiche di loro interesse.

Un secondo strumento che introdurremo sarà l’Anagrafe pubblica degli amministratori bolognesi (APAB). Attraverso questo elemento, intendiamo innanzitutto rendere assolutamente trasparenti alcune caratteristiche di rilievo pubblico di tutti coloro che, direttamente o meno, svolgono un’attività istituzionale o paraistituzionale in Comune o per suo conto. L’anagrafe conterrà le informazioni sui redditi, sulle proprietà mobiliari o immobiliari, sui ruoli o le funzioni svolte, sulle varie cariche possedute attualmente e in passato, di tutti gli eletti al Consiglio comunale, dei componenti della Giunta e, anche, di coloro che verranno nominati ad amministrare le aziende dei servizi pubblici locali o delle società “partecipate” (municipalizzate).

Page 97: Quasi Sindaco - G. Pasquino

Con questo strumento, oltre ad incrementare la trasparenza nel rapporto tra rappresentanti e rappresentati, intendiamo inoltre prevenire l’insorgenza di quei fenomeni, nocivi per un corretto ed imparziale funzionamento della democrazia, legati alla presenza di conflitti di interessi, tra salvaguardia del bene pubblico e perseguimento dell’interesse privato.

Una città nella quale i cittadini partecipano tutte le volte che lo desiderano, controllano, suggeriscono e criticano, sarà sicuramente una città meglio governata.

Una Pubblica Amministrazione più efficiente. Se l’amministrazione di una città deve essere un servizio per i cittadini, la buona amministrazione, deve essere sempre più sinonimo di un buon servizio, efficace ed efficiente, per tutti i bolognesi. Migliorare la nostra qualità amministrativa significa, innanzitutto, rendere più snello, trasparente, efficiente ed economico il funzionamento della struttura organizzativa interna al comune. Per questa ragione, introdurremo le seguenti modifiche o riforme nei comportamenti e nelle organizzazioni pubbliche cittadine:

- una riforma del decentramento che attribuisca ai Consigli di Quartiere il potere esclusivo di decidere su tutte le materie che non richiedano, al fine di perseguire maggiori livelli di efficienza ed efficacia, un coordinamento comunale;- il rafforzamento del senso di appartenenza dei dipendenti comunali motivandoli sempre più a svolgere il ruolo, importante e gratificante, di “civil servants”. È necessario, quindi, riscoprire e rivalorizzare quel senso di appartenenza alla comunità che faceva dei dipendenti comunali un imprescindibile elemento costitutivo di quella Bologna ammirata in Italia e nel mondo, anche ripensando il ruolo di un sindacato interno spesso corporativo e poco lungimirante;- una vera autonomia organizzativa degli Enti locali. Ci impegneremo perché il Comune di Bologna sia tra i promotori di una costante ed influente pressione degli Enti locali nei confronti del Governo nazionale, al fine di impedire l’approvazione di ulteriori norme che finiscano per comprimere l’autonomia locale e mortificare le esigenze dei territori;- l’esternalizzazione dei servizi solo quando è conveniente. A Bologna nessuno a tutt’oggi è in grado di dire se, quando si è fatta la scelta di appaltare servizi prima gestiti direttamente o di smantellare le municipalizzate per affidare i servizi a S.p.A. A partecipazione pubblica (vedi in questo caso HERA e ATC, ma anche, nel primo caso, servizi minori, per quanto non meno rilevanti, quali l’assistenza agli anziani affidata a cooperative sociali), si sono confrontati i costi delle gestioni “tradizionali” con quelli evidenziati da rigorosi studi di fattibilità sulle gestioni esternalizzate;- il mantenimento dei servizi pubblici sotto il controllo

Page 98: Quasi Sindaco - G. Pasquino

dell’amministrazione pubblica locale, a prescindere dalle modalità con cui vengono gestiti. Questo controllo deve essere tanto più efficace quanto più i servizi vengono appaltati a soggetti privati o a Società partecipate dal Comune. L’attività di controllo va rafforzata applicando specifiche metodologie di monitoraggio.

Bologna più ricca Torna al Programma

Sappiamo che la ricchezza non si misura soltanto con la disponibilità di denaro. Sappiamo anche che la produzione di ricchezza monetaria serve a soddisfare esigenze, a garantire opportunità, a ridurre le diseguaglianze.

1. Bologna costituisce un insediamento ideale per le attività economiche:- Interconnessione nazionale ed internazionale: autostrade, ferrovia, aeroporto, collegamenti ferroviari con Milano (1 ora) e Roma (2 ore), aerei (max 2/3 ore per qualunque destinazione europea).- Capitale umano: un’università (la prima italiana nel mondo) in grado di fornire risorse competenti in ogni ramo dello scibile.- Servizi: fiera, interporto, tessuto imprenditoriale e camera di commercio aperta a scambi internazionali, prossimo incubatore tecnologico nella ex manifattura tabacchi.- Clima e servizi sociali: da migliorare ma sicuramente interessanti nel panorama italiano.

Con l’attuazione dell’Area Metropolitana, e con un’adeguata campagna di marketing internazionale, si dovrà raggiungere una massa critica in grado di aumentare l’appeal nei confronti di società ed enti internazionali.

2. Creazione di un tavolo permanente di confronto Comune – Associazioni imprenditoriali – Università.

Commercio, Degrado, Viabilità e Micro-criminalitàIl commercio a Bologna viene interpretato dagli

operatori come un unico problema connesso al sistema della viabilità e della micro-criminalità. La vivibilità delle aree tanto centrali quanto esterne non può prescindere da queste questioni ma alla base bisogna prevedere una presenza continuativa sul territorio sia di operatori economici che di consumatori.

Occorre, in altri termini:- favorire l’insediamento di attività – fisse o mobili – in grado di creare attrazione. Potrebbero essere nuove “gallerie commerciali”, nuovi parcheggi pubblici che favoriscano dei percorsi pressoché obbligati, tensostrutture volte ad ospitare attività culturali-

Page 99: Quasi Sindaco - G. Pasquino

commerciali-teatrali, ecc.- coinvolgere il settore mobilità e l’ATC, valutando nuove idee sull’agibilità, su Sirio e la sosta, sull’incentivazione al mezzo elettrico, il car-pooling, la creazione di ulteriori zone a traffico limitato, la regolamentazione carico/scarico merci, ecc.- coinvolgere i teatri, i cinema ed i luoghi di spettacolo, l’Università, gli antiquari ed i galleristi, i commercianti per sistematizzare in un calendario gli eventi culturali e sociali; - individuare per ciascun “rione” commerciale della città, in collaborazione con le Associazioni di categoria, di un referente che funga da coordinatore per le attività sopraelencate, e di un tavolo di concertazione con il comune, in modo da sperimentare nuove proposte per garantire vivibilità e piacevolezza dell’abitare.

Il TurismoIl turismo a Bologna non è divenuto un settore strategico

e i consistenti incrementi, percentuali ma non assoluti, nel numero di presenze negli anni passati sono da ricondurre alla pressoché assente strategia delle politiche economiche cittadine.

Occorre, invece, pianificare a sistema le opportunità turistiche del territorio, coinvolgendo l’Università, sia come punto di eccellenza della cultura, sia come entità da far visitare per affrontare nuove politiche di attrazione.

Occorre potenziare il Sistema Turistico Locale nella logica che ciascun sistema, da solo, non è sufficiente a determinare presenze consistenti, ma che se messe a sistema, permettono di competere con altri sistemi turistici. Occorre ad esempio:

- pensare ad uno specifico assessorato al turismo; - proporre Bologna come scenario architettonico di eventi artistici e culturali;- curare un accordo con la regione per una proposta di sistema museale in rete con altre città d’arte regionali e studiare un percorso treno/bus che colleghi in modo permanente le eccellenze di questa rete; - proporre un accordo con le associazioni degli albergatori per pacchetti tutto compreso, soprattutto in occasione di eventi fieristici, che comprendano visite e tour artistici e rappresentazioni teatrali.

Le Società Partecipate- maggior controllo sulle “mission” delle società partecipate e sulla loro gestione;- trasparenza degli emolumenti corrisposti a vario titolo ai vertici aziendali; - divieto di cumulo di incarichi nelle società controllate/ partecipate dal comune, salvo deroghe esplicitamente giustificate; - tentare, attraverso l’accordo con gli altri soci pubblici, di ridurre le partecipazioni pubbliche ad un livello di

Page 100: Quasi Sindaco - G. Pasquino

minoranza “qualificata” che permetta di monitorare e mantenere il perseguimento dell’interesse pubblico senza coinvolgimenti e influenze sulla gestione; - gestire in modo dinamico le partecipazioni reinvestendo quelle dismesse in nuovi stimoli per l’economia locale.

Bologna più sicura Torna al Programma

La sicurezza non è un optional. Non è neppure semplicemente un affare di numeri, con i reati che spesso aumentano, qualche volta diminuiscono, anno dopo anno. È anche un problema di percezione dai parte dei cittadini che si sentono, per l’appunto, insicuri. In Emilia-Romagna 25 persone su cento hanno dichiarato di provare insicurezza paura, le donne due volte più degli uomini. È un problema al quale il Sindaco si impegna a dare una risposta creando le condizioni per prevenire i reati e per rendere la vita dei suoi concittadini più sicura. Ovunque, uno dei compiti più importanti dei governi consiste proprio nel garantire sicurezza ai cittadini e nel tutelare l’ordine pubblico. È vero che la sicurezza non è né di destra né di sinistra, Certamente, è di tutti. Ma è anche vero che le risposte al problema possono effettivamente essere di destra o di sinistra. La risposta di destra, proclami, repressione e ronde, non soltanto non ci piace. Non funziona. La risposta di sinistra, almeno della sinistra come la concepiamo noi, è, anzitutto, l’applicazione della legge, la certezza della pena, l’ordine ristabilito e mantenuto dalla polizia locale e dagli altri corpi, nel rispetto dei diritti dei cittadini, ovviamente, in particolare, di quelli che non delinquono. Noi crediamo che sia compito del governo locale con gli strumenti di cui dispone offrire protezione ai suoi cittadini. Certamente, le associazioni di cittadini possono a loro volta contribuire all’ordine pubblico curandosi dei loro spazi di competenza, ma non vediamo l’esigenza di fare ricorso alle ronde. Crediamo che una migliore illuminazione dei luoghi a rischio e la presenza sul territorio di telecamere che diano anche l’allarme contribuiranno a scoraggiare i potenziali criminali. Riteniamo necessario attivare un numero telefonico di pronto soccorso per ogni evenienza. Pensiamo che la polizia municipale debba organizzarsi per essere presente e circolante sul territorio cittadino nell’arco dell’intera giornata. Opereremo affinché si giunga ad un efficace coordinamento di tutte le forze dell’ordine. Non intendiamo criminalizzare a priori nessuno. Sappiamo, però, dai dati inconfutabili che alcuni reati, come rapine, borseggi, furti negli appartamenti, vengono commessi in maniera sproporzionata da due gruppi sociali: gli immigrati e gli studenti. Sono i due gruppi che, per ragioni d’età e di mancata integrazione, ovunque compaiono nelle statistiche come quelli più a rischio di commettere reati. Pertanto, unitamente alle misure di

Page 101: Quasi Sindaco - G. Pasquino

prevenzione e di sanzione che possono essere attuate dal Comune, promuoveremo misure di integrazione degli studenti e degli immigrati. Spazi abitativi che non siano ghetti; apertura delle biblioteche e di luoghi di studio fino a tardi; decentramento degli esercizi pubblici, bar e pubs che rendano più allegre e vivibili anche le periferie; responsabilizzazione delle associazioni degli studenti e degli immigrati. Crediamo che sia indispensabile operare anche sulle cause sociali del crimine, favorendo l’integrazione, ma non possiamo e non dobbiamo chiudere gli occhi sulla situazione attuale. La percezione dell’insicurezza diminuirà perché il governo cittadino saprà intervenire sulle cause dell’insicurezza prevenendo i crimini, scoraggiando e facendo perseguire i criminali, favorendo maggiore controllo sociale e migliore integrazione.

Bologna più giusta Torna al Programma

La povertà in Italia rimane una grave questione sociale e Bologna, famosa per l’efficienza della sua rete di servizi sociali e strutture sanitarie, anche se in misura minore dal resto d’Italia, non è esente da questo fenomeno. Infatti, i poveri, i soggetti a rischio di povertà e la condizione di disagio a Bologna sono in aumento e i servizi specifici offerti sono fortemente in crisi.

I senza fissa dimora e i senza reddito possono essere calcolati, attualmente, in circa 1.000 persone; gli anziani soli (29.248, di questi 22.900 sono donne, in aumento) corrono il rischio di diventare invisibili per il fenomeno dell’emarginazione (per esclusione o per auto-esclusione); le famiglie, primo e a volte unico vero ammortizzatore sociale, sono le più colpite dal declino economico e dal processo di impoverimento; gli immigrati regolari, (circa 78.000), fanno fatica ad integrarsi; i cassaintegrati (attualmente 15.000) e i precari, sono una categoria destinata ad aumentare.

Nel sottolineare la carenza di interventi preventivi lungo il percorso che porta alla povertà le Criticità più evidenti sono:

a) La politica della Casa per tutti. Non si può combattere la povertà senza partire dal diritto alla casa. Se non hai un tetto, non c’è welfare o rete di servizi che ti possa aiutare davvero. Non si può parlare di benessere o di coesione sociale senza partire dalle politiche abitative. Occorre modificare l’approccio culturale all’abitare promuovendo il diritto alla casa non come bene di investimento privato ma come bene d’uso. Su questo punto noi ci impegniamo a:

- promuovere il diritto ad una casa in affitto a prezzi sostenibili per tutte quei nuclei familiari che hanno difficoltà ad affrontare il libero mercato della compravendita e della locazione di alloggi;- costituire un “Fondo sociale affitti”;

Page 102: Quasi Sindaco - G. Pasquino

- recuperare, oltre alle caserme, le case e le scuole abbandonate e con un eventuale piccolo sforzo di ripristino igienico-sanitarie dei locali malmessi far fronte all’emergenza abitativa con una gestione più trasparente nell’assegnazione delle case popolari;- mettere a disposizione tutti gli appartamenti di proprietà pubblica da affidare in autogestione con l’assistenza del Comune per il Gruppo Appartamento Uomini Adulti, possibilità che viene già offerta a Bologna in modo insufficiente;- estendere agli altri Comuni della Provincia il previsto Piano straordinario di edilizia destinata all’affitto, da realizzarsi con il contributo determinante dei Privati e della Cooperazione.

b) L’integrazione sociale ed economica dei cittadini stranieri, già resa difficoltosa dalla Bossi-Fini per il costante rischio di un ritorno alla condizione di irregolarità, vincolando la durata del permesso alla durata del contratto di lavoro, trova ulteriori difficoltà nell’ancora lontana inclusione culturale di quegli italiani che si sentono minacciati dal diverso. Molti giovani studenti immigrati, inoltre, giunti a maggiore età e quindi non più tutelati e non ancora lavoratori, corrono il rischio di essere espulsi dall’Italia, dove magari sono nati e cresciuti. I ricongiungimenti familiari, la nascita e la socializzazione dei figli dei migranti, e il nuovo fenomeno di giovani immigrati minorenni che arrivano da soli devono indurre un incremento dei rapporti tra gli immigrati e le istituzioni della società ricevente, producendo un processo che porterà l’immigrato ad essere membro e soggetto attivo della città, un cittadino in tutti i sensi anche indipendentemente dalla volontà dei soggetti coinvolti e rappresentano un punto di svolta dei rapporti interetnici, obbligando a prendere coscienza di una trasformazione irreversibile nella geografia umana e sociale di Bologna.

A questo scopo la Consulta Comunale degli stranieri e degli apolidi è un importante strumento di dialogo con le comunità degli stranieri residenti, per coinvolgerli sui temi collettivi, per conoscere e capire meglio le loro esigenze e per sostenere insieme lo sviluppo solidale della nostra società. Accanto all’inclusione sociale ed economica dell’immigrato non è meno importante l’inclusione “culturale” di quegli italiani che si sentono minacciati dal “diverso”.

Infine, proponiamo la creazione di un Osservatorio formato dalle istituzioni e da rappresentanti delle Associazioni volontaristiche per meglio evidenziare gli strati sociali poveri o in fase di forte disagio economico. Con sportelli sociali più funzionali e presenti in ogni quartiere si potrà ampliare e migliorare l’offerta dei servizi sanitari e sociali e aumentare i contributi alle famiglie con 3 o più figli e/o anziani fragili, disabili. L’aumento degli immigrati rende necessario un incremento dell’attività di mediazione. Facilitare l’introduzione del Microcredito che potrebbe dare una risposta ad alcune forme di povertà, ai problemi di

Page 103: Quasi Sindaco - G. Pasquino

liquidità delle famiglie a basso reddito e alla disoccupazione giovanile. Carcerati: Alla luce del decentramento in atto, i Quartieri potrebbero organizzare un pacchetto di lavori socialmente utili da affidare, ad esempio, a Cooperative (come la Cooperativa Sociale Verso Casa) che da diversi anni si occupano del reinserimento lavorativo di ex carcerati o carcerati. Altra possibilità di reinserimento è il cosiddetto “Progetto Papillon” nato tre anni fa tramite borse lavoro concesse a carcerati di lunga durata impiegati prevalentemente nella consegna di pasti a domicilio e nei Centri diurni.

Bologna più dotta Torna al Programma

Non c’è altra città in Italia che possa fregiarsi legittimamente del titolo “dotta”. L’Università di Bologna è un grande luogo di concentrazione, di produzione e di diffusione di sapere. La cultura è centrale, non soltanto per la fama di Bologna, ma anche per il suo benessere attuale e per la sua prosperità futura. È indispensabile che fra Comune e Ateneo si attivi un interscambio di idee e di proposte attraverso le quali potrà emergere un circolo virtuoso che coinvolgendo le competenze dei docenti e dei responsabili di molte istituzioni culturali, quali il MaMBo, il Lumière, il Teatro Comunale, il Teatro Duse, L’Arena del sole, solo per citarne alcune (arte, film, musica e spettacolo) utilizzino al meglio tutto quanto farà di Bologna una città ancora più dotta. Tra le priorità della nostra città in questo momento mettiamo non solo l’università, ma la scuola tutta. Pensiamo alla Bologna del futuro, ad un Comune in cui l’educazione e l’istruzione dei giovani e siano una priorità, un Comune che abbia il coraggio di investire in un processo di cambiamento, di miglioramento qualitativo, per favorire progetti anche audaci di scuole nuove, per una città con la quale le istituzioni scolastiche si debbono confrontare in modo paritetico, senza sudditanza, per costruire un’alleanza culturale fortissima. Il rapporto tra Scuola ed Ente locale non si può ridurre a semplici richieste di finanziamenti. Occorre costruire una profonda dialettica tra istanze sociali, nuovi bisogni materiali e culturali, stili di vita, diritti e doveri di cittadinanza – rappresentati dagli Enti locali – e la professionalità pedagogica, metodologica, didattica, la capacità di produrre e trasmettere cultura, propri dei professionisti della scuola che debbono essere valorizzati e non mortificati.

La scuola Il sistema educativo bolognese è forte e ben radicato nel

territorio, anche grazie all’impegno degli Enti locali che vi hanno dedicato risorse umane ed economiche, alla qualità professionale, pedagogica e didattica dei docenti, alla considerazione di cui gode la scuola nelle nostre Comunità, ai

Page 104: Quasi Sindaco - G. Pasquino

rapporti di fiducia ed alla partecipazione attiva delle famiglie. La generalizzazione della scuola dell’infanzia, l’estensione

del tempo scuola per scelta educativa oltre che per esigenze sociali, gli alti livelli di scolarizzazione superiore, l’attenzione alle esigenze occupazionali in particolare femminile, sono caratteristiche molto note di questo sistema formativo e di questo territorio, che ha visto nell‘investimento in formazione e ricerca il volano dello sviluppo economico e sociale. Questo sistema ha retto con difficoltà, ma con impegno crescente a fronte di una duplice congiuntura: progressivo incremento della popolazione scolastica (dal 2004 si registrano 3.000 studenti in più ogni anno scolastico) grazie anche all’accoglienza di un consistente flusso immigratorio (11 per cento di alunni stranieri presenti nelle scuole bolognesi di ogni ordine e grado). Tale investimento assume oggi, a fronte di una crisi senza precedenti, un rilievo più che mai strategico anche come sponda per la qualificazione o la riqualificazione delle lavoratrici e dei lavoratori sospesi o espulsi dal lavoro. I dati sono preoccupanti: Scuola primaria 2.435 alunni in più, 243 posti in meno; Scuola media 3.091 alunni in più, 688 posti in meno; Scuola secondaria 665 posti in più, 427 posti in meno.

Il nostro sistema scolastico provinciale non può sostenere – specie a fronte del consolidato trend di crescita della popolazione scolastica – il prospettato taglio di circa 1.500 unità di personale docente ed ATA nei prossimi due anni (500 docenti nel solo prossimo anno), aumenta la loro precarizzazione mentre occorrerebbero invece almeno 250 docenti in più per il prossimo anno scolastico, oltre ad almeno 40 docenti aggiuntivi per il sostegno agli alunni con disabilità, a fronte dell’incremento della popolazione scolastica di 3.000 studenti. A tali tagli non potrà corrispondere alcun ruolo di supplenza da parte degli Enti Locali, in considerazione delle loro competenze in materia e dell’attuale stato delle condizioni della finanza locale.

Intendiamo pertanto metter in campo ogni risorsa sia per assicurare l’attivazione di tutte le sezioni a tempo pieno ad oggi esistenti nella scuola dell’infanzia e delle nuove sezioni richieste dalle famiglie per il prossimo anno scolastico sia affinché venga accolta la domanda, aggiuntiva, rispetto al numero attuale delle sezioni a tempo pieno attive in provincia di Bologna, espressa dalle 3.200 famiglie che hanno iscritto i propri figli nelle prime classi della scuola primaria. Soltanto una scuola in piedi, può garantire la vita stessa e il perpetuarsi della democrazia, che ha bisogno, per mantenersi, di saperi che circolano, di diversità culturali, di conoscenze, di senso critico diffuso, di competitività intellettuale. Lavoreremo dunque per mantenere istituzioni scolastiche in piedi, con una “spina dorsale”, con insegnanti che riscoprano il gusto (e i vantaggi) dell’autoformazione, della valutazione (per se stessi e per i loro studenti) e della carriera. Solo cosi pensiamo di contribuire alla formazione di cittadini in grado di conservare la propria identità nazionale e di rapportarsi alle altre culture, rispettando e riconoscendo il

Page 105: Quasi Sindaco - G. Pasquino

valore della diversità come fonte di arricchimento. A questo serve la scuola: ad aiutare le persone a

crescere, e a tenere insieme la comunità sociale. L’istruzione è un “diritto di cittadinanza”. E a questo non vogliamo e non dobbiamo rinunciare.

La cultura è qualità sociale e investimento strategico Accedere alla cultura (qualsiasi siano le sue

manifestazioni: cinema, teatro, musica ecc.) ed al patrimonio culturale significa partecipare alla vita sociale, migliorare il nostro benessere, accrescere il nostro capitale umano, stimolare la nostra progettualità. Le occasioni di consumo culturale valorizzano il tessuto sociale, la coesione della nostra comunità, generano fiducia, senso di identità e di cooperazione.

Noi viviamo nell’era della società della conoscenza, la competitività dei territori nell’economia moderna è strettamente connessa alla diffusione della cultura, come riconosciuto dall’Agenda di Lisbona del 2000 in cui gli Stati della UE hanno stilato una strategia: trasformare entro il 2010 il sistema europeo nell’economia più competitiva del mondo che punta sulla conoscenza, sull’innovazione e sulla creatività. Una buona atmosfera culturale è la chiave per la produzione di creatività. Un ambiente culturale (educativo o di comunità) libero, interdisciplinare, multiculturale e stimolante è il giusto volano per la produzione di creatività e di talenti o per attrarre e trattenere i cosiddetti cervelli, fattori strategici per la crescita del territorio.

La cultura rende la città più attraente Una rete capillare di efficienti strutture culturali (come scuole, musei, biblioteche, cinema, teatri ecc.) oltre a efficaci manifestazioni quali festival, rassegne, mostre, tutte capaci di appoggiare e stimolare l’apprendimento e la scoperta per tutto l’arco della vita costituiscono un investimento fondamentale per offrire oltre ad un attraente presente un futuro prospero al nostro territorio: più persone in giro per gli spazi e i luoghi della città, più visitatori quindi più commercio, meno degrado e meno disagio sociale.

Cosa fareIl sistema culturale bolognese ha enormi potenzialità. È

caratterizzato da forte eterogeneità con istituzioni culturali di rilievo nazionale (tra tante l’Università, i musei, le biblioteche, la Gam, la Cineteca, la Fondazione Lirico Sinfonica- Teatro Comunale, l’Accademia di Belle Arti), con teatri, festival, imprese della cultura, delle comunicazione, del cinema, dei contenuti digitali, con organizzatori di eventi culturali, artisti, scrittori, fumettisti, designer, numerose associazioni. Inoltre Bologna è riconosciuta dall’Unesco città della Musica, unica in Italia e seconda in Europa solo a Siviglia. Ha una significativa presenza di imprese che operano nella filiera della produzione audiovisuale cinematografica e televisiva.

Page 106: Quasi Sindaco - G. Pasquino

Questo sistema è un patrimonio strategico per lo sviluppo della città, ma già dal 2009 è stato fortemente compromesso dal cospicuo taglio al Fondo Unico dello Spettacolo e dai tagli delle sovvenzioni locali e delle erogazioni delle Fondazioni Bancarie. Il Comune interverrà facendosi promotore di una azione di coordinamento con gli altri soggetti istituzionali (Ministero, Regione, Provincia e Fondazioni Bancarie) oltre che con gli attori del settore per definire un Piano Strutturale per la Cultura a Bologna.

Questo Piano darà risposte lungo le seguenti linee programmatiche:

- Cultura come investimento, come leva produttiva capace di contribuire alla crescita della città e di attrarre nuove risorse.- Valorizzazione delle sinergie tra le realtà culturali della città e della provincia, mettendo in comunicazione il centro con le periferie, nell’intento di qualificare l’offerta complessiva e renderla più capillare, eliminando aree di abbandono.- Valorizzazione delle istituzioni culturali della loro capacità progettuale e della loro operatività. Potenziare il loro dialogo con la società civile in particolare modo con l’associativismo. - Favorire il pluralismo dell’offerta culturale costruendo convenzioni con le istituzioni o con i soggetti che gestiscono spazi culturali comunali che prevedano il sostegno all’attività di nuovi soggetti.- Costruire sinergie con il principale “produttore culturale” che è l’università per condividere obiettivi e strategie per valorizzare il ruolo dell’Alma Mater nel tessuto cittadino.- Progettare e realizzare spazi di auto-produzione aperti ai giovani, agli artisti ed alle associazioni culturali, che operino in contatto con i quartieri, nell’intento anche di riqualificare strutture dimesse ed ottimizzare l’utilizzo degli spazi cittadini esistenti.- Potenziare le azioni che utilizzano la cultura come strumento di inclusione sociale e che permettano uno scambio interculturale. - Costruire una politica di pianificazione territoriale che metta al centro la realizzazione di infrastrutture culturali. - Creare le condizioni perché Bologna possa competere per affermarsi come città del cinema e del multimediale. - Dotarsi di strumenti di commercializzazione e di promozione nazionale ed internazionale delle produzioni culturali locali. - Predisporre uno sportello di assistenza delle nuove realtà associative o dei giovani artisti. - Progettare sostegni all’insediamento di imprese che operino in settori creativi.

Bologna più artistica Torna al Programma

Page 107: Quasi Sindaco - G. Pasquino

Bologna è città d’arte e di artisti, grazie alla presenza e all’attività dell’Accademia di Belle Arti ma anche e soprattutto ad una tensione culturale, ad un interesse per le cose dell’arte e per la bellezza che sono elementi strutturali della sua stessa identità di comunità civile. Ma ormai da troppi anni, gli artisti sono tenuti da parte, al di fuori delle sedi in cui vengono prese le decisioni importanti, quelle che segnano la vita della città e la trasformazione del suo tessuto urbano. Ognuno vive nel proprio atelier, riferendosi magari a strutture e situazioni non locali, e senza avere di fatto rapporti culturalmente significativi con l’amministrazione e con i concittadini.

Per non disperdere il vivacissimo patrimonio di idee e di proposte che gli artisti vanno di continuo elaborando e che potrebbero mettere a disposizione dell’intera collettività, è dunque necessario coinvolgerli nell’elaborazione del nuovo volto della città, un volto che potrà nascere soltanto ed esclusivamente dall’incontro tra cultura di tradizione ed esigenze dei nuovi abitanti, sia pur portatori di valori diversissimi.

Gli artisti, per la loro stessa natura, sono tra i primi, tra i più attenti e disponibili a fiutare il vento del nuovo e ad accogliere suggerimenti fino ad ieri persino impensabili.

Bisogna dunque invitarli tutti – dal maestro affermato alla giovane promessa – a portare idee su come dovrà essere questa “Bologna più bella”, idee non necessariamente formalizzate (questo sarà compito di altri all’interno della “macchina comunale”, dai responsabili dell’ufficio tecnico e del verde pubblico a quelli dei musei cittadini) ma esteticamente vitali, probabilmente provocatorie e persino eccessive; ma, in ogni caso, stimolanti e ricche di potenzialità.

Ogni artista sceglierà liberamente il tema, il linguaggio e il mezzo della propria proposta, la presenterà sotto forma di progetto o di immagine in un incontro pubblico che avrà luogo entro la metà di maggio, e la vedrà spargersi per tutta la città grazie alle nostre «farfalle», molto più che banale, scontato materiale elettorale, in quanto veri e propri «volantini d’autore», «qualcosa che inviti alla riflessione, e possibilmente all’azione».

Si potrà così coniugare la libertà creativa con il dialogo, il dibattito con l’intuizione del futuro, in una città che sappia diventare meno prudente, meno conformista, fors’anche meno noiosa di quanto non sia stata negli ultimi quindici anni.

Gli istituti culturaliAll’impegno culturale e alle proposte estetiche che

giungono dall’esterno deve corrispondere un miglior funzionamento del Settore Cultura dell’Amministrazione comunale.

L’Assessorato alla Cultura deve trasformarsi in luogo d’incontro per tutte le realtà operanti per la cultura a

Page 108: Quasi Sindaco - G. Pasquino

Bologna (pubbliche e private, istituti e associazioni, musei, teatri, gallerie, riviste, ecc.) e deve porsi come loro interlocutore e mediatore, fino a diventarne il punto di riferimento, utilizzando come strumento non secondario anche costanti momenti di coordinamento.

I musei comunali devono tanto acquisire sempre maggiore autonomia quanto coordinare molto più strettamente il lavoro, tramite gli incontri periodici presso all’Assessorato.

La formula dell’Istituzione non funziona. Nata per sveltire le procedure burocratico-amministrative e per attirare interlocutori privati, l’Istituzione ha negli anni dimostrato che questo di fatto non accade: a livello decisionale si sono piuttosto moltiplicati incarichi e ruoli, con il conseguente, inevitabile scarico reciproco di responsabilità e il rallentamento concreto delle procedure; sul piano dei rapporti con i privati, non si riesce ad attrarre il loro interesse e non si può contare su contributi sostanziali e costanti, tanto che l’Istituzione resta a tutti gli effetti un ufficio comunale con più dirigenti e più passaggi decisionali.

È invece necessario che ogni istituto abbia il proprio, specifico direttore con un ruolo chiaro e responsabilità certe. Il direttore dovrebbe venir incaricato dal sindaco su proposta dell’assessore alla cultura per un periodo, rinnovabile, di cinque anni. Il conferimento di tale incarico dovrebbe avvenire entro sei mesi dall’insediamento della Giunta e sulla base di una proposta di programmazione presentata dai candidati all’Assessore corredata dalle previsioni di spesa.

Predisporremo spazi di lavoro (atelier, spazi teatrali) e di soggiorno (foresteria?) per attirare operatori dei diversi settori culturali (musicisti, attori, artisti, poeti) provenienti da altre parti d’Italia e d’Europa e garantire loro possibilità di lavoro a Bologna. Riserveremo particolare attenzione a tutte le forme di acquisizione di beni culturali, tramite gli strumenti della donazione, legato testamentario, acquisto, deposito permanente.

- SI al finanziamento pubblico della cultura perché va considerata come servizio sociale di grande importanza, ma solo in presenza di rigorose analisi costi-benefici. - NO alla cultura dell’effimero, alla “movida con grandi eventi e grandi sponsor”. - SI alla cultura come crescita quotidiana, nel lavoro costante, continuativo e metodologicamente orientato a una strategia delle politiche culturali che tenda a rafforzare e qualificare gli istituti esistenti, ma aperti ai contributi esterni ed alle proposte di altri.

Bologna più sportiva Torna al Programma

L’attività sportiva porta con sé forti valenze educative e culturali, alcune delle quali collegate al benessere sociale

Page 109: Quasi Sindaco - G. Pasquino

(welfare). L’attività sportiva è fatta di componenti associative, aggreganti, solidaristiche, sociali, ludiche, turistiche e, nell’ultimo decennio, ha assunto caratteristiche spontanee di integrazione multiculturale. Non è esagerato affermare che i valori di una attività sportiva correttamente praticata contribuiscono a migliorare la qualità della vita.

In materia di sport, l’ente locale ha competenze specifiche dettate dalla legge regionale del 25 febbraio 2000, n. 13 “Norme in materia di sport” e per quanto attiene la gestione degli impianti sportivi integrata dalla legge nazionale del 27 dicembre 2002, n. 289 “Nuove norme per le società sportive dilettantistiche” con modalità di affidamento delle gestioni disciplinate dalla regionale del 6 luglio 2007, n. 11. L’Associazione “Cittadini per Bologna” intende contribuire alla diffusione dell’associazionismo sportivo nei quartieri e ridare vita al patto di collaborazione firmato negli ultimi mesi del mandato dalla giunta Vitali, patto in parte disatteso dalla giunta Guazzaloca e totalmente disatteso dalla giunta Cofferati. Sappiamo che i dirigenti che si impegnano nella gestione delle attività sportiva danno un contributo rilevante alla città, al buon uso del territorio, persino al controllo sociale delle tensioni. Il Comune dovrà, dal canto suo, impegnare risorse per rendere tutti gli impianti a norma e sicuri per gli utenti, giovani, adulti, anziani.

Al fine di individuare le carenze e gli obiettivi programmatici, l’Amministrazione comunale organizzerà nei primi mesi del mandato una “Conferenza cittadina sullo sport” coinvolgendo tutti gli interessati, senza nessuna preclusione. Darà poi vita ad una “Consulta comunale dello sport” affinché chi avrà la delega allo sport possa verificare periodicamente lo stato di attuazione del programma e individuare tempestivamente i bisogni emersi. Particolare attenzione va data alla promozione dello sport fra i giovani. Avviamento, addestramento, allenamento, agonismo sono tutte attività alle quali il Comune può contribuire con il suo sostegno perché lo sport migliora i rapporti personali e sociali. Naturalmente, la promozione dello sport comincia dalle scuole poiché in quei contesti è più facile e più opportuno creare situazioni favorevoli alla pratica sportiva inserendole nella programmazione didattica. Infine, il Comune stabilirà rapporti di collaborazione, in forme che saranno via via individuate, con le Federazioni sportive del Comitato Olimpico Nazionale Italiano e con le sue articolazioni provinciali. In una società più colta, più giusta, più accogliente, lo sport può svolgere la sua parte. Il Comune lo favorirà adeguatamente.

Bologna più etica Torna al Programma

I comportamenti di coloro che hanno potere politico e economico condizionano in maniera significativa la vita di

Page 110: Quasi Sindaco - G. Pasquino

una città. Dipende anche dallo stile della leadership politica se i cittadini si impegnano, collaborano, si sentono soddisfatti, accettano sacrifici, danno il loro essenziale contributo al governo della loro città. L’ultimo quinquennio è stato anche dal punto di vista etico-politico assolutamente deludente. Al tempo stesso, neppure la laicità è stata tutelata. Vogliamo capovolgere la tendenza con poche, chiare, verificabili azioni che hanno carattere esemplare. Vogliamo cambiare la politica cittadina a cominciare dalla moralità pubblica. Ci impegniamo a:

- formulare e rispettare rigorose regole di incompatibilità e di non cumulabilità delle cariche; - svelare e eliminare tutti i conflitti di interessi nell’ambito delle cariche pubbliche e fra cariche pubbliche e attività private;- contenere e ridurre i costi diretti (indennità) e indiretti (nomine e consulenze) della politica; - rendere pienamente operativo un registro per le Unioni Civili e consentire a tutti di stilare il loro Testamento biologico.

Bologna più Europea Torna al Programma

La città è comparativamente piccola, ma la sua storia e la sua statura ne fanno una città europea, riconosciuta come tale. Non soltanto Bologna è già stata nel 2000 una delle capitali della cultura europea, ma, ad esempio, il grande accordo sulle modalità di organizzazione e valutazione delle Università, il Bologna process, è stato firmato proprio qui nel 1999. Molte delle attività commerciali e industriali della città e della provincia hanno un indispensabile sbocco europeo (e, spesso, anche mondiale). Gli imprenditori e gli operatori economici sanno che la loro capacità di creare benessere e produrre profitti dipende dalla loro presenza e dal loro successo sulla scena europea. Già agiscono di conseguenza. I loro meriti vanno riconosciuti e il Comune deve impegnarsi a sostenerli nelle loro attività internazionali. Anche l’Università può contribuire alla vita europea della città. Dovrà, però, riorganizzarsi per attirare non soltanto più studenti, che già vengono, ma in piccoli numeri, grazie al programma Erasmus, a studiare in molte Facoltà, ma anche i docenti, attraverso scambi che possono essere molto produttivi. Il comune assume l’obbligo politico di sostenere tutte queste attività che contribuiscono all’economia, alla società e alla cultura di Bologna. Il comune metterà a disposizione un fondo inteso a premiare le migliori iniziative dei bolognesi sul piano europeo. Su un altro piano l’Associazione dei Comuni Italiani ha dato vita a Associazioni di carattere europeo nelle quali proponiamo che il Comune di Bologna si impegni ad esercitare un ruolo più penetrante e propositivo. In politica contano non soltanto le azioni, ma

Page 111: Quasi Sindaco - G. Pasquino

anche i simboli. Proponiamo di intitolare una via cittadina al più grande europeista italiano: Altiero Spinelli, di cui è da poco stato celebrato il centesimo anniversario della nascita. Socio fra i più influenti dell’Associazione “il Mulino”, Spinelli insegnò anche un paio d’anni al Bologna Center della Johns Hopkins. Quindi, ebbe un legame con la città, ma quel che più conta seppe svolgere un ruolo importante affinché l’Italia facesse parte effettiva e attiva del gruppo di paesi che operano nella prospettiva di un’Europa federale.

Non finisce qui Torna al Programma

Abbiamo ancora molto da dire e molto da proporre. Siamo perfettamente consapevoli che altri problemi emergeranno e altre tematiche attireranno la vostra e la nostra attenzione, anche durante la campagna elettorale. Non abbiamo nessuna difficoltà a farci correggere, emotivamente, e a migliorare le nostre proposte. Quanto abbiamo scritto qui indica con chiarezza quali sono le nostre priorità e quali saranno le nostre linee di intervento. Se e quando sorgeranno emergenze, le affronteremo con il metodo che abbiamo delineato: consultando i cittadini, facendoli esprimere sulle soluzioni, interloquendo con loro, convinti come siamo che “l’unione fa la forza” e che riusciremo tutti a vivere meglio a Bologna soltanto stabilendo un rapporto intenso fra chi ha la responsabilità provvisoria di governare e coloro che lo hanno eletto, ma desiderano partecipare all’esercizio del governo della città.

8 maggio 2009

Page 112: Quasi Sindaco - G. Pasquino

Indice dei nomi(Per cercare nel documento, digitare CTRL+F, scrivere il nome e premere Invio)

Amato, G.Amorosi, A.Andreatta, B.Andreatta, N.Balzanelli, A.Baraldi, F.Barbagli, M.Bartolomei, R.Bartolini, S.Bergami, M.Berlusconi, S.Bersani, P.Bertinotti, F.Bindi, R.Blair, T.Boccia, F.Bonaga, S.Bonazzi, P.Bruni, M.Buriani, M.Calda, F.Calderoli, R.Calzolari, G.Calzolari, P.U.Cammelli, M.Cancellieri, A.Caronna, S.Casini, P.Cazzola, A.Cervellati, P.Cevenini, M.Cicconi, I.Cofferati, S.Collina, P.Corticelli, D.Cracchi, C.Crepuscoli, C.D’Alema, M.De Gaulle, C.De Maria, A.De Plato, G.Delbono, F.Delli Santi, F.Donini, R.Dossetti, G.Dozza, G.Draghetti, B.Errani, V.Fanti, G.Fanti, L.Fava, C.Filippi, I.Forlani, A.Galli, C.Galli della Loggia, E.Giugni, G.Grilli, M.Grosso, L.Guazzaloca, G.

Imbeni, R.Iorfino, N.La Forgia, A.Lazzaroni, L.Lenzi, R.Lewanski, R.Maccaferri, G.Marx, K.Marzullo, G.Matteucci, N.Mazzuca, A.Melloni, C.Mennichelli, D.Merighi, C.Merola, V.Michelini, W.Naldi, G.G.Naldi, M.Nanni, A.Napolitano, O.Orioli, P.Padellaro, A.Padoa Schioppa, T.Panebianco, A.Pannella, M.Parisi, A.Pedrazzi, L.Pettazzoni, E.Pizzirani, I.Pombeni, P.Principe, A.Prodi, R.Prodi, V.Ramazza, A.Reverberi, J.Riccardi, C.Rizzo Nervo, L.Roversi Monaco, F.Salvati, M.Sen, A.Schröder, G.Spelta, T.S.Spinelli, A.Todaro, G.Tonelli, G.Tonna, S.Traldi, E.Truzzi, S.Valbruzzi, M.Varesi, V.Vendola, N.Visci, P.Vitali, W.Weber, M.Zampa, S.Zamagni, S.Zangaro, A.Zangheri, R.Zani, M.

Page 113: Quasi Sindaco - G. Pasquino

Candidatonelle amministrative

2008-2009a sindaco di BolognaGianfranco Pasquino

autorevole professoredi scienza politicae già parlamentareper tre legislatureracconta alla soglia

di queste nuove primariela sua avventura di sindaco

il degrado brutto faziosoe amministrativo della città

narratonel carattere Simoncini Garamond

su carta Arcoprintdelle Cartiere Fedrigonidalla tipografia Sograte

di Città di Castelloper conto di Diabasis

nel dicembreduemila

dieci

Page 114: Quasi Sindaco - G. Pasquino

I muri bianchi.Biblioteca di cultura civile

Guido Calogero, Le regole della democrazia e le ragioni del socialismo a cura di Thomas Casadei, postfazione di Norberto Bobbio

Michael Walzer, Il filo della politica. Democrazia, critica sociale, governo del mondo a cura di Thomas Casadei

Guido Calogero, La scuola dell’uomo a cura di Paolo Bagnoli

Il metodo della libertà. Piero Gobetti tra eresia e rivoluzionedi Paolo Bagnoli

Vivere eguali. Dialoghi inediti intorno a Filippo Buonarroti Alessandro Galante Garrone, Franco Venturi

Page 115: Quasi Sindaco - G. Pasquino

“Libro bianco su Bologna”. Giuseppe Dossetti e le elezioni amministrative del 1956a cura di Gianni Boselli

Per il Bene Comune. Dallo stato del benessere alla società del benessere di Bruno Amoroso, prefazione di Johnny Dotti

Autorità. Una questione apertaa cura di Stefano Biancu, Giuseppe Tognon

Le mie città. Mezzo secolo di urbanistica in Italia di Vezio De Lucia, prefazione di Alberto Asor Rosa

Per una nuova urbanità. Dopo l’alluvione immobiliaristaa cura di Paola Bonora e Pier Luigi Cervellati