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foto Domenico Pistonesi

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foto Domenico Pistonesi

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Il CAI è vicino alla gente di montagna

Non è infrequente sentire i gestori di risto-ranti in zona pedemontana sollecitare i sociCAI, notoriamente tra i maggiori frequen-

tatori delle nostre montagne, a individuare ed eventual-mente segnare sentieri già esistenti ma scarsamenterintracciabili che gravitano nella loro zona, per poterliproporre ai loro occasionali clienti escursionisti.Noi della TAM siamo poco favorevoli alla segnaturadei sentieri perché riteniamo che chi desideri frequen-tare la montagna debba farsi accompagnare da unaguida o debba rendersi autonomo imparando quantonecessario, contemporaneamente non possiamo nonriconoscere la fondatezza della richiesta di quantihanno fatto del turismo montano una risorsa econo-mica da sfruttare.Cosa rispondere a questa richiesta? Richiesta ragione-vole poiché infatti per alcuni di questi ristoranti l’unicosentiero segnato da offrire è quello dell’anello dei Si-billini. Cosa fare, ci siamo chiesti senza venir meno aquei principi, a quei valori sostenuti da sempre dallanostra Associazione? Come evitare che gli stessi alber-

gatori si muovano autonomamente, com’è già successo,combinando guai irreparabili? La collaborazione con i ristoratori ci è sembrata la so-luzione migliore: incontrarsi con loro e con loro indi-viduare i sentieri, chiedere al Sindaco del Comune diappartenenza di fare da tramite con il Parco e nel frat-tempo offrirci quali segnatori esperti CAI per l’even-tuale segnatura.Dai ristoratori disponibili si potranno attingere i fondinecessari per vernici e tabelle.Questa iniziativa ci appare certamente valida soprattuttoper due ordini di motivi: in primis adoperandoci per gliinteressi della gente del luogo, facciamo bene alla mon-tagna perché leghiamo l’uomo alla montagna, inoltrediamo di noi l’immagine di un’Associazione che sta dallaparte di quanti vivono di montagna, facendo nostre leloro richieste e sostenendole presso le Istituzioni.Il Gruppo TAM sezionale, se il Gruppo Regionale CAIdovesse approvare tale iniziativa denominata “ Gli altrisentieri “, è disponibile fin d’ora a coordinare il pro-getto e sollecitare i nostri soci a collaborare perché l’i-dea diventi realtà.

Domenico Pistonesi

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In questa immagine sono visibili i due estesi corpi di frana attivi, che potrebbero costituire le evidenze più superficialidi un più ampio fenomeno gravitativo profondo coinvolgente l’intero versante.

Andrea Antinori

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I martedì dell’arrampicata

G rande e costante partecipazione per l’atti-vità di arrampicata nella palestra pressola scuola Leonardo da Vinci nel corso

dell’anno 2015!Si cimentano giovani e meno giovani nel provare l’emo-zione del movimento verticale e oltre all’arrampicata,la palestra sta diventando un’occasione di incontro pertutti i soci: questo non può che farci piacere perché con-ferma la bontà della proposta realizzata.

Ringraziamo la sezione CAI di Fermo per provvederea quanto necessario per la funzionalità e la sicurezzadella struttura.

Vi aspettiamo tutti i martedì alle 21.30.

Il CAI regala sempre delle grandi Emozioni…!

“Lo Staff 2015”

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foto di Mauro Testatonda

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Emozioni sul monte Argentella03 maggio 2015

O re 04,45 del mattino la sveglia, sul como-dino, inizia a suonare peraltro senza riu-scire al suo scopo, perché sono già sveglio

da circa quindici minuti. Ogni volta che devo andarein montagna, l’attesa è sempre carica di adrenalina etutto è sempre come se fosse la prima volta.Ho appuntamento alle 05,20 con Marco e alle 05,45con Andrea i miei due compagni di avventure alpini-stiche, dobbiamo essere a Foce entro le ore 07,00.In questa piccola frazione ci aspettano tre nostri amiciOlandesi Rob, Dirk e la sua compagna Jovanka.Il sole è ancora basso, anche se il cielo è pieno di nuvolecolor grigiastro, le previsioni meteo per la giornatasono buone.Facciamo un piccolo briefing per accordarci sul tra-gitto da fare e materiale tecnico da portare;Tra corda, ramponi, picozza e attrezzatura varia per sa-lite su roccia, lo zaino fa ben sentire la sua presenzasulle spalle.Si parte!Camminiamo per circa quarantacinque minuti attra-verso il piano della Gardosa, qui incontriamo con

grande piacere Pistonesi con la figlia Roberta, si stannopreparando per fare sci alpinismo nella valle dei laghidi Pilato. Più avanti incontriamo anche Ares uno dei nostriistruttori di Alpinismo, è insieme al Soccorso Alpinodi Ascoli per un’esercitazione. Approfittiamo della suapresenza per farci dare qualche dritta sul tragitto cheabbiamo programmato di fare.Arrivati alla seconda fonte, giriamo a destra e iniziamoa salire attraverso il bosco che si trova alla base delfosso dell’Argentella. Dopo venti minuti usciamo dalbosco e la nostra visuale è completamente coperta dalmaestoso versante del monte Argentella che si affacciasul piano della Gardosa. Qui ci fermiamo e decidiamodi cambiare tragitto, per rendere la giornata ancora piùimpegnativa. L’idea iniziale era quella di prendere, ap-pena usciti dal bosco, a destra per la cresta che si trovatra il fosso dell’Argentella e il fosso Mozzacarne per poiraggiungere la cima.Prendiamo a sinistra in una strettoia tra due rocce einiziamo a salire il fosso dell’Argentella. C’è ancora neve, molto sporca e piena di detriti cadutidall’alto, ci rendiamo subito conto che la variante presaall’ultimo momento metterà a dura prova la nostra re-sistenza fisica e capacità di saper camminare su un ter-reno variegato con tratti che superano i 70° dipendenza.

foto di Gino Pierini

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Attraversiamo la piccola strettoia ci ritroviamo suuno slargo con a sinistra una piccola caverna e a de-stra, un centinaio di metri più avanti, un accumulodi neve alto circa venti, trenta metri con una pen-denza superiore ai 75°.Con piccozza in mano faccio strada, cercando ad ognipasso di realizzare degli scalini che rendano un po’ piùfacile la salita agli altri.Affidandomi alla presa della piccozza riesco a superarel’ostacolo, mentre aspetto gli altri, mi guardo intornoe cerco di farmi un’idea sul percorso da seguire.Da qui in poi la valle si apre e la neve, salendo con losguardo, piano scompare; di fronte a noi appare unpendio composto da roccia e erba molto scosceso conun dislivello da affrontare di circa 1200 metri. Ci fermiamo per un veloce spuntino, ci “rimboc-chiamo le maniche” e iniziamo a salire.Con pazienza e costanza a piccoli passi saliamo suun pendio che non permette di distrarsi neanche perun attimo.Ogni tanto ci fermiamo per un piccolo break e sui no-stri volti, sorridenti per qualche battuta, si comincia anotare un po’ di stanchezza. Da quando siamo uscitidal canalone, all’inizio della valle, sono passate più ditre ore e la cima sembra non avvicinarsi mai. Andiamoavanti per un’altra ora su un pendio sempre a piccosulla valle che richiede anche l’utilizzo della piccozzaper farsi sicura durante la salita.

Mentre a fatica saliamo, leggermente sparpagliati io,Andrea e Marco ci troviamo, rispetto agli altri, più asinistra avendo le spalle a valle. Tutto a un tratto sento un forte urlo di Andrea“SASSO, SASSO, ATTENZIONE SASSI”. Alzo lo sguardo e vedo un ENORME sasso, seguito daaltri più piccoli, rotolare senza far rumore giù per ilpendio dritto verso noi tre.Istintivamente tutti e tre siamo corsi sul nostro latodestro, con la coda dell’occhio ho visto passare accantoa me a tutta velocità un’ombra nera, mi giro e vedo chela frana prosegue il suo cammino fin dentro il cana-lone dove fino a qualche ora prima salivamo tutti noi.Alzo lo sguardo e vedo i volti di Marco e Andrea pie-trificati abbiamo nello stesso istante l’immagine di cosapoteva succedere se la frana ci prendeva in pieno den-tro il canalone.Sono certo che quel giorno non eravamo solo noi sei afare l’escursione.Mi avvicino ad Andrea e lo abbraccio ringraziandoloper essersi accorto di quello che stava accadendo, nes-suno di noi aveva sentito le pietre venire giù, il pendioerboso aveva fatto da silenziatore.Rob con la corda fa conserva a Jovanka che, a causa delforte pendio, si sente più sicura legata all’imbrago conla corda. Continuiamo la salita dirigendoci più sulladestra del versante, giacché sulla sinistra si continuanoa sentire ogni tanto pietre che rotolano a valle.

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Camminiamo per un’altra ora, facendo a turno da ve-detta rivolgendo lo sguardo in alto per anticipare altreeventuali frane, ma per fortuna dal nostro lato la situa-zione si rivela tranquilla.Finalmente intravediamo la cresta sulla nostra sinistra,da percorrere per arrivare in cima.La prendiamo, la pendenza non sembra diminuire, lacima è a un paio di ore ma dobbiamo, prima di rag-giungerla, percorrere un tratto roccioso con difficoltànon elevate sul 3° grado.La stanchezza e la diminuita prontezza di riflessi ciconsiglia di attrezzare con una corda fissa il tratto dapercorrere, con poco più di un’ora siamo finalmentein cima.Dopo sette ore e mezzo di cammino, in cima all’Argen-tella sotto un vento forte e freddo, ci godiamo il pae-saggio che come sempre lascia senza respiro. La magnifica valle di Pilato da un lato, l’enigmaticamontagna della Sibilla con le sue leggende e misteridall’altro, Piano Grande che ospita il caratteristico pae-sino di Castelluccio.Una sosta veloce con foto di gruppo e poi si riparte indirezione di Palazzo Borghese.Ora inizia, finalmente, la discesa che seguendo semprela cresta che porta fin sopra Pian delle Cavalle e, primadi arrivare all’incrocio con il sentiero che proviene daForca Viola, scendiamo a destra, c’e ancora neve. Ilpaesaggio è bellissimo, si vede la parete di Palazzo Bor-ghese che sovrasta la piana con il laghetto di un colore

blu intenso, che si è formato grazie allo sciogliersi dellaneve. Dirk e Jovanka rimangono stupefatti dal mix dicolori e sensazioni che il luogo suscita; iniziamo la di-scesa, la pendenza e la neve un po’ molle ci permettonodi correre e scivolare, tra risate e schiamazzi sem-briamo tutti dei ragazzini che hanno visto la neve perla prima volta.In brevissimo tempo raggiungiamo il laghetto sovra-stato dall’imponente parete di Palazzo Borghese, unabreve sosta qualche foto e via! Si riparte. Imbocchiamoil sentiero che percorre tutto il canale che si trova difronte a Palazzo Borghese, dopo un’ora di camminosbuchiamo accanto al cimitero di Foce, ancora dieciminuti e siamo alle macchine.Arrivo alle ore 17,30, dopo ben dieci ore di cammino,una piccola sosta alla Taverna della Montagna, con al-cune bottiglie di birra fresca.Facciamo un resoconto della giornata e ci soffermiamoun po’ di più a discutere dello scampato pericolo; neigiorni a seguire veniamo a sapere che altre frane, lostesso giorno, sono cadute nella valle di Pilato.Jovanka che gestisce un blog in Olanda ci dice chepubblicherà la sua positiva esperienza, a breve.Mi permetto di scrivere una citazione di NicolasHelmbacher che secondo me riassume questa gior-nata, “La montagna ci offre la cornice… tocca a noi in-ventare la storia che va con essa”.

Gino Pierini

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Lo scapicolloTrovare un vecchio sentiero

V ale la pena di segnalare o meglio avanzarela proposta per conoscere questo per-corso, un itinerario rivolto a quegli escur-

sionisti motivati alle esplorazioni di luoghi sconosciuti,spesso scomodi, ma adeguati a coloro che ricercano ilnon comune e solito sentiero.Si tratta della traccia “scapicollo” così nominata da Al-bina abitante sotto la chiesa di Santa Croce, precisa-mente a pià della chiesa in comune di Montefortino. Naturalmente non diremo la località precisa, dando lapossibilità all’escursionista girovago di verificare, tro-vare come una caccia al tesoro, questo percorso sco-nosciuto ai soci del CAI di Fermo.Dalla casa di Albina (non diciamo il cognome) si per-corre un vasto prato verso occidente fino ad una vallea,un fosso profondo che proviene dalla montagna il cuinome è ben noto. Qui alla fine del prato si riscontra una vecchia carra-reccia abbandonata verso un antico appezzamento diterreno, anch’esso dismesso, ormai invaso da un gio-vane bosco.Un sentierino si snoda sul lato destro, costeggia ilcampo fino ad inoltrarsi nel bosco fitto in leggera pen-denza verso la valle ripida sottostante.

La traccia ormai rubata dal bosco, a volte più evi-dente, scende verso la forra, dopo varie svolte sor-passa una croda verticale oltre la quale di deve girarea sinistra, mentre a destra un altro stradello prosegueverso il basso. Sul passo, dove la traccia si divide, tro-viamo i resti della presenza dell’uomo: una vecchiacorda di acciaio legata ad una roccia.Aggirato lo scoglio il prosieguo avviene a ridosso diun enorme parete rocciosa a picco sulla valle. Il sen-tiero o meglio il diverticolo ora si disperde, ora ri-prende un po’ più in basso, spesso continua rasente lafalesia di scaglia rosata. La visione delle rocce plioce-niche mostra le varie formazioni geologiche, le strati-ficazioni, l’evoluzione e la formazione glaciale dellavalle profonda.Avanzando si oltrepassa una rupe ricoperta di edera,mentre la rupe si distende in discesa verso il fiume sot-tostante, qui la traccia antica si divide ancora, la prima

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foto di Massimo Spagnoli

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scende, la seconda sale all’interno di un canalino roc-cioso fino ad un balcone dal quale si osserva davantiuna profonda valle collaterale.A destra si potrebbe scendere verso il fiume da unatraccia segnata dagli animali, a sinistra invece si saleancora in un altro canalino che scavalca la falesia dallaquale siamo venuti fino al bosco sovrastante.Salendo questo versante, un dolce clivio in leggerapendenza, tra giovani faggi, roverelle e piccole radureprative si raggiunge una strada non asfaltata. (EE+; ore 4; Δ 100mt.)Di che strada si tratta? Saprà l’escursionista pratico in-dividuare tutto il percorso dello Scapicollo?

Massimo SpagnoliGianfranco Pistolesi

Vivere la montagna in sicurezza, preparazione e professionalità

L’importanza dei corsi CAI

Se è vero che l’ avventura richiede corag-gio, quest’ultimo però senza cono-scenza, senza consapevolezza delle

proprie possibilità e senza una preparazione tecnicaadeguata spesso è deleterio. Confidare nelle sole forzefisiche, con il desiderio di vivere qualcosa di nuovo, puòportare a superare i propri limiti, specialmente nei casiin cui forte fisicamente è il protagonista, al punto chepoi tornare sui propri passi diventa impossibile e solol’intervento del soccorso alpino scongiura il peggio. Talefenomeno, l’improvvisazione dell’escursionismo fai date, è più accentuato nel periodo estivo-autunnale,

quando l’improvvisato escursionista, a digiuno di corsipreparatori confidando nel bel tempo si avventura suterreni sconnessi fra rocce e boscaglie. Ma la montagnaspesso riserba sorprese, tanto più grandi tanto più èscarsa la preparazione, così immaginando facili sentieri,con animo leggero l’escursionista è preso dal panicoquando all’improvviso lo coglie del tutto impreparato,il mal tempo, la nebbia o disorientato si trova su terreniscivolosi a strapiombo su pareti di roccia.Come evitare tutto ciò? È vero che i pericoli si evitano di-ventando responsabili, ma occorre qualcosa di più: Quelsalto di qualità che solo permette di superare quel limiteche separa l’improvvisazione dalla professionalità. E laprofessionalità si acquisisce solo attraverso la trasmissionedella conoscenza e delle esperienze. E ciò avviene permezzo dei corsi di formazione organizzati dalle sezioniCAI: Corso di escursionismo, escursionismo avanzato,escursionismo in ambiente innevato, alpinismo, sci alpi-nismo, arrampicata su ghiaccio, orientamento e cartogra-fia E se tutto ciò non bastasse nel corso viene sempreinserita una lezione di geologia, di meteorologia e diverselezioni di nevologia, ( poi dipende dal corso scelto, adesempio è normale che nel corso di alpinismo oltre questelezioni ci siano anche lezioni che riguardano la scelta delmateriale e del tipo di abbigliamento).Nozioni utilissime. Ad esempio prima della partenzasi imparerà conoscere le condizioni meteo che proba-bilmente si incontreranno in quota, e spesso solamentealzando lo sguardo verso la vetta si può intuire le raffi-che di vento già dalle conformazioni delle nubi, in in-verno si impara a misurare la pericolosità dei pendiiinnevati, o in caso di nebbia improvvisa si riesce a ri-tornare sui propri passi grazie alla conoscenza dell’usodella bussola. Non sono cose da sottovalutare: anchenei mesi caldi a 3000 metri la temperatura può scivo-lare a pochi gradi perfino nelle ore centrali del giorno,e la nebbia è sempre in agguato. Insomma corsi organizzati sapientemente e gestiti daesperti della montagna, da istruttori, che combinano le-zioni teoriche in sede ed uscite pratiche dalla durata dicirca quattro settimane. Durante questi corsi l’obiettivonon è tanto arrivare alla fine del sentiero, ma l’insegna-mento: Innanzitutto insegnare cosa portare dentro lozaino e come vestirsi per scongiurare ipotermie o nei casiopposti colpi di calore, poi in successione le tecniche dimovimento su pendi e rocce, le tecniche di arrampicatasu roccia e ghiaccio, le tecniche di salita su pendii innevaticon dislivelli importanti ed infine l’orientamento.Se inoltre consideriamo che i corsi vengono svolti davolontari, maggiore dovrebbe essere il riconoscimento.È in ultimo l’amore verso la montagna il motore ditutto, il motore di tutto il sodalizio che rende sicura la

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pratica dell’escursionismo e dell’alpinismo attraversol’insegnamento. Vivere la montagna con sicurezza, èquesto il vero fine dei corsi.Posso raccontare brevemente la mia esperienza: Ho iniziato a vagare per monti diversi anni fa, e pro-prio il mio spirito libero mi teneva lontano da formeassociative. Ma ben presto dopo aver gironzolato per

l’arco alpino, sentivo dentro di me mancare qualcosa.Il senso di avventura e di libertà implodeva e non riu-scivo a controllarlo. Sentivo forte la sfida, raggiungerela cresta per altre vie, ma non sapevo come. Guardavogli altri che arrampicavano e cercavo di emularne i mo-vimenti, ma inutilmente. Compresi che senza l’iscri-zione al CAI, e senza corsi preparatori non sarei

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foto di Marco Cognigni

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andato lontano. Paradossalmente il senso di libertà,chiedeva regole, per essere ancora più libero. Così midecisi, mi iscrissi e feci il mio primo corso: il corso dialpinismo. Per me fu come una molla. Si aprirononuovi scenari ed iniziai ad arrampicare, sempre conpiù costanza. Ma ciò non mi bastava. Che cos’era l’azi-mut? Come disegnare la rotta? Come muoversi con si-curezza in situazioni di poca visibilità? Come usare ilGPS? Come usare la bussola? Domande che non tro-vavano risposte, così decisi di fare un nuovo corso:orientamento e cartografia.

Ora mi sento più sicuro. So usare la bussola e sono ingrado di prepararmi una traccia. Calcolo azimut e con-troazimut, le pendenze sui pendii e le distanze. Mirendo conto di essere più completo, meno improvvi-sazione e più professionalità. In futuro mi iscriverò adaltri corsi, perché ogni corso da sempre qualcosa in piùnon fosse anche per le esperienze ricevute da un nuovoistruttore. Non si finisce mai di imparare, ma credo diessermi avviato sulla giusta via.

Wolf Man (Marco Cognigni)

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Ghiacciatori del Sud crescono…terminato a febbraio il 1 Corso di Alpinismo

su Cascate di Ghiaccio

Si è concluso lo scorso febbraio il corsoavanzato di alpinismo su cascate dighiaccio (AC1) organizzato dalla

“Scuola di Alpinismo e Arrampicata Libera del Pi-ceno”, scuola intersezionale facente capo rispettiva-mente alle sezioni CAI di Ascoli Piceno, Fermo e SanBenedetto del Tronto.Sotto la direzione di Guido D’Amico (Istruttore Nazio-nale di Alpinismo nonché socio della sezione diFermo), il corso è stato il primo della Scuola ad essereorganizzato esclusivamente per questo tipo di disci-plina. Difatti questa attività, nella lunga lista dei corsiorganizzati in passato dalla Scuola, era inglobata esclu-sivamente all’interno dei programmi avanzati di alpi-nismo invernale.Il vantaggio di aver organizzato un corso monotema-tico sull’arrampicata su cascate di ghiaccio ha per-messo al corpo istruttori e ai setteallievi di affrontare in manieraspecifica e approfondita le diversesfaccettature di una disciplina re-lativamente recente e allo stessotempo molto impegnativa. Aisette allievi iscritti al corso si sonoinoltre aggiunti quattro IstruttoriSezionali della Scuola di Sora(FR) che hanno colto l’occasionedi questo corso avanzato per per-fezionare le loro conoscenze ri-guardo questo tipo di attivitàalpinistica.Dopo le due prime lezioni incen-trate principalmente sulla ge-stione e la valutazione dei rischiconnessi all’alpinismo su ghiaccioverticale, i temi trattati attraversole sette lezioni teoriche sono statii più disparati. Durante le serate trascorse nellesale messe a disposizione dalle treSezioni, si è passati dalla cono-scenza dell’equipaggiamento e deimateriali alla storia del cascati-smo, dalla morfologia del ghiaccioall’impiego dell’apparecchiatura

ARTVA per il soccorso in valanga, dalla catena di si-curezza alla preparazione di una salita su cascata. Tuttiargomenti che sono stati poi ripresi e approfonditinelle altrettante giornate passate in ambiente.La prima uscita pratica è stata effettuata nella falesia didry-tooling denominata "Città di Pietra" ai Prati diTivo, ai piedi del Corno Piccolo. Qui gli allievi hannoavuto modo di avere un primo approccio utilizzandole piccozze e i ramponi direttamente sulla roccia e per-fezionando i movimenti e le tecniche base per l’arram-picata con gli "attrezzi". La seconda parte della giornataè stata dedicata invece all’utilizzo dei dispositivi di ri-cerca ARTVA, pala e sonda, mediante simulazioni edesempi pratici.Valutando di fine settimana in fine settimana le con-dizioni del ghiaccio in Appennino le lezioni si sonospostate nei fondovalle del Monte Gorzano dove dopolunghi e faticosi avvicinamenti sono state salite le ca-scate Grande del Gorzano e Nonciombozzo. Tutti gliallievi hanno così saggiato in moulinette le condizionidel ghiaccio appenninico e hanno provato le tecnichedi assicurazione, la realizzazione delle soste, l’abalakov,le modalità di infissione delle viti da ghiaccio e le tec-niche di progressione su cascata.

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Come ciliegina sulla torta il corso si è trasferito peruno stage conclusivo di tre giorni nell’alto bellunese,tra le pareti dei Serrai di Sottoguda. Le tre giornate trascorse tra le cascate dei serrai hannopermesso di perfezionare ulteriormente le capacità diogni singolo allievo e affinare ulteriormente la tecnicadi progressione. Sono state affrontate cascate a più lunghezze e gli al-lievi hanno avuto modo di sperimentare la progres-sione simulata da primo di cordata sempre in totalesicurezza con la corda dall’alto. Non è mancata l’occa-

sione anche per salire le cascate più blasonate dellazona come Excalibur, la Spada nella Roccia, la Cascatadel Sole e la maestosa Cattedrale.Come da buona abitudine il corso si è concluso in con-vivialità con l’immancabile cena finale e la consegnadegli attestati di partecipazione.Proporre questa nuova tipologia di corso per la Scuolaè stato sicuramente un interessante banco di prova e l’e-sito positivo fa ben sperare per altre future occasioni.

Paolo Galletti

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foto di E. Vallorani e P. Cardi

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MONTI e VAIInizio spumeggiante per il gruppo

ciclo escursionismo

Ilgruppo MTB sezionale ha iniziato l’anno so-ciale organizzando con successo un corso dimanutenzione della bici e tecnica di guida.

Ciò ha consentito a quanti hanno lasciato, a causa delfreddo, in ripostiglio nella stagione invernale il propriomezzo, di riprendere confidenza con atti e gesti forseun po’ arrugginiti.Il 18 marzo ci siamo quindi ritrovati in sezione per laprima lezione sulla manutenzione. Abbiamo incon-trato la collaborazione del negozio Bike & Ski, sponsordel gruppo, e quindi di Riccardo Cutini e del mecca-nico Luca Codoni, coadiuvati dal noto biker fermanoLuca Paci che ci hanno così illustrato le operazioni dimanutenzione alla bici indispensabili prima di ogniuscita; il sabato successivo tutti i membri e alcuni sim-patizzanti esterni si sono ritrovati presso il campo diatletica di Fermo per una lezione pratica condotta dal-l’istruttore Paci e da Luca Codoni.Particolari attenzioni sono state dedicate alla partenzain salita, alla discesa nel ripido tecnico, alla gestionedella frenata e all’impostazione della curva: atti e gestila cui padronanza è indispensabile per garantire un’u-scita in sicurezza, come consuetudine del CAI.Il momento formativo in sezione e l’uscita pratica sonostate replicate la settimana successiva e hanno indub-biamente favorito la ricostituzione di uno spirito digruppo, goliardico e solidale, come da tradizione.Nel 2015 il gruppo Monti e Vai si è posto ambiziosi obiet-tivi: un ciclo trekking in Molise nel mese di giugno e unweek end lungo nel Canton Ticino (Svizzera) nei primidi luglio, che spero possano incontrare il favore dei vec-chi soci e di nuove leve, consolidando una tendenza degliultimi anni che vede il gruppo in costante crescita.

Vi presento il gruppo MONTI e VAIPresidente Mariano ValoriVicepresidente e segretario Andrea RibichiniConsiglieri Lorenzo Monelli

Fabio Renzi Rossano Berducci Andrea Cerquozzi

Membri Lucio PagliariccioTeresa Gentili Carlo Marziali Silvia De Cato Saverio NicoSabrina Longarini

Lorenzo Monelli

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Il CAI è maschilista?Come le donne si trovano nel CAI

Nel CAI di Fermo abbiamo 295 iscrizionimaschili e 144 femminili, dato numericoche comprende anche i giovani: un bel nu-

mero, complimenti alla nostra sezione che sa promuo-vere l’amore per la montagna con successo!Ci siamo chiesti se in un’associazione a prevalenza ma-schile, la componente femminile trovasse qualche diffi-coltà di qualche tipo o fosse invece agevole e incoraggiantela partecipazione; in ogni caso quali condizioni incontrauna donna nella frequentazione del CAI? Le risposte trovate sono di componenti femminili dellanostra e di altre sezioni CAI (Ascoli Piceno, San Be-nedetto del Tronto, Macerata). Siamo certi che l’argo-mento è di pregnante interesse per voi tutti!

Sabrina LongariniLa donna nella sua prima uscita in un’escursione è og-getto di curiosità da parte dei soci maschi e ci sono at-tenzione e premura nell’accompagnarla, normalmentei soci sono pienamente disponibili. In seguito se unadonna vuole impegnarsi le occasioni ci sono, non trovodei limiti. Passata la prima fase, quella dell’accoglienza,la donna deve poi trovare un ruolo nel gruppo, unruolo attivo e propositivo.Ma nell’ambito del CAI si sale di considerazione se leprestazioni si elevano dal punto di vista tecnico.

Raffaella Di StefanoNella mia frequentazione del CAI non ho trovato osta-coli, nessun elemento di negatività ma opportunità dicrescita; se davo impegno ricevevo incoraggiamentoperché i soci mi spronavano e da tutto ciò derivava lamia gratificazione.Se una donna è single, è lei che si deve fare avanti, vice-versa se si è in coppia è lui che ti apre la porta. Ho fre-quentato vari corsi e ho trovato più freddezza in quellidi arrampicata perché fa una certa differenza se l’istrut-tore è incoraggiante o invece denuncia che gli pesa; piùaccoglienza invece, ho sentito nel corso di scialpinismo.Penso che a livello di CAI ufficiale il rapporto tradonna e montagna vada bene.Iscritta dal ’95, sono stata fuori per due anni, non hopoi incontrato difficoltà nel frequentare la montagnaavendo stabilito relazioni, anche assieme al mio com-pagno, con altre sezioni del territorio.

Beatrice DonzelliSono entrata in contatto con il CAI giovanissima: fre-quentando la scuola elementare ho partecipato al pro-getto “La scuola chiama, la montagna risponde”, cosìho conosciuto la montagna e oggi, ventitreenne, trovola mia esperienza bellissima. Nel corso degli anni l’associazione mi ha spinto e mo-tivato ad andare avanti a livello tecnico, così sono oraaccompagnatore di alpinismo giovanile; parimenti ri-levante la mia crescita personale che mi consente diavere sicurezza e nelle attività di escursionismo e ar-rampicata in falesia, è minore nell’alpinismo per una

foto di Marco Cognigni

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minore frequentazione, ma sono ancora troppo gio-vane e avrò tempo. Penso che il CAI abbia valorizzato le potenzialità diuna giovane che vive in armonia con l’ambiente dimontagna e che quindi ha positivamente risposto,sono fortunata!

Teresa GentiliVorrei iniziare osservando che quando in sede i ragazzi,i soci, gli amici che praticano una certa attività si ritro-vano, si dicono: “Che facciamo domenica, dove an-diamo, vieni anche tu e tu…”, c’è un cameratismo apertoe socievole e il gruppo è gioioso. Questa situazione micolpisce perché è differente invece per una donna orga-nizzarsi per un’uscita che non sia una semplice passeg-giata: deve valutare se si verificano le condizioni perinserirsi in quel gruppo, deve chiedere il consenso di am-missione e, avutolo, deve fare attenzione a non essere unelemento di disturbo o che rallenta troppo la progres-sione. Quando si pratica una disciplina che richiede tec-nica o la donna è più brava dei maschi, o è una seccatura;salvo che non sia in una coppia o la compagna di…Ma, nonostante la fatica di inserirsi in un mondo ma-schile, riconosco di essere stata accolta e devo moltoalle persone che hanno gradito la mia presenza.

Giovanna GaetaniParafrasando la dichiarazione di Golda Meir a OrianaFallaci: “per avare successo una donna deve esseremolto più brava di un uomo”, lascio immaginare cosaci vuole a fare la prima in una cordata etero.

Marzia PalestriniHo la qualifica, presa nel 2010, di ISFE: Istruttore (re-gionale) Sci Fondo Escursionismo e sono socia CAIdal 1995, quando ho iniziato a frequentare il CAI fa-cendo escursionismo estivo, poi, non volendo abban-donare la montagna nella stagione invernale, mi fuproposto di iscrivermi al corso di SciFondoEscursio-nismo e quindi mi sono lanciata. E pensare che io ho sempre avuto il terrore degli sci,perché ritenevo fosse pericoloso... infatti, nel 1996 hofatto la mia prima grave caduta con gli sci che ho supe-rato con un adeguato ma determinato trattamento.Nell’associazione sono sempre stata apprezzata e inco-raggiata a fare e a partecipare. Perseguire l’obiettivo didiventare istruttore è stato un mio personale obiettivo,che mi è venuto spontaneo grazie alla bella esperienzache ho fatto con il gruppo sciescursionistico della miasezione e anche delle altre sezioni marchigiane. Il genere non c’entra, mi sono appassionata a quest’atti-vità perché mi ha dato e mi da tuttora tanto: nel contatto

con la natura e la montagna invernale; nel respirare l’ariafresca delle giornate di sole invernali, ma anche quellepiù brutte; nel piacere di fare le curve nella neve, anchese a volte sono soltanto due o tre le curve di cui vadofiera in tutta un’escursione; nell’ammirare il paesaggio,gli alberi bianchi, le orme di una lepre sulla neve; nel-l’osservare come a volte anche un piccolo ciuffo d’erbapossa diventare con la sua galaverna una fantastica scul-tura di ghiaccio; nel condividere con altre persone, chenecessariamente, diventeranno, sono diventate o sonogià amiche… si, anche l’amicizia direi è fondamentale ela montagna - come diceva lo slogan per i 150 anni delCAI - è vero UNISCE! …non può essere altrimenti sesi entra nel vero spirito della natura, quello che ci ricordache siamo tutti uguali, tutti esseri umani, tutti sullostesso pianeta, tutti piccole anime che vagabondano suquesta terra in cerca di armonia e pace.Non da ultimo è fondamentale il piacere della scoperta,il piacere di studiare un itinerario - anche breve, anchesemplice - e riuscire a farlo senza intoppi, vedendo che levalutazioni fatte a casa durante lo studio erano tutte piùo meno giuste... È un po’ come vincere la caccia al tesoro! E sai qual è il tesoro? mangiare un bel piatto di pastaalla fine dell’escursione quando hai veramente fame esai che te lo sei guadagnato.Dunque per quanto mi riguarda NON posso dire cheil CAI sia un’associazione maschilista.

Henriette d’Angeville che scalò il Monte Bianco nel 1838. (autoritratto)

Page 16: Home - CAI Sezione di Fermo · tra il fosso dell’Argentella e il fosso Mozzacarne per poi raggiungere la cima. Prendiamo a sinistra in una strettoia tra due rocce e iniziamo a salire

Ho frequentato anche un corso A1 ed un corso SA1,ho fatto trekking di varia lunghezza, mi sono trovataspesso in gruppi dove ero quasi l’unica donna... nessunproblema e nemmeno ho avuto trattamenti speciali. Nella mia sezione sono sempre stata incoraggiata apartecipare proprio perché le donne sono poche e in-vece tutti sono convinti che sia giusta la presenza diuomini e donne; ogni volta che ho detto che volevofrequentare un corso, mi hanno incoraggiato a farlo,proprio perché è giusto migliorare la formazione deisoci e insieme con altre amiche ho spesso proposto eorganizzato iniziative, ricevendo supporto anche con-creto e logistico dai soci o membri del Direttivo, ancheda quelli più anziani o esperti.Posso dire di non trovare differenze nel trattamento

di uomini e donne, però non so se in tutte le disciplineè uguale, non so se nell’ambiente alpinistico ci sia unpo’ di maschilismo.Io credo che, a parte casi particolari di persone partico-larmente ottuse - che purtroppo capita di incontrare nelCAI ma anche in altri contesti - se il CAI è un’associa-zione prevalentemente maschile è colpa delle donne. Di conseguenza c’è il rischio che un’associazione pre-valentemente maschile diventi anche maschilista. Se questo accade è però colpa delle donne. Siamo noi donne a doverci fare "profetesse" della nostraesperienza in montagna con il CAI, siamo noi a doverpropagandare alle altre donne che possono imparare adamare e frequentare la montagna, perché ne vale vera-mente la pena. Spesso purtroppo le donne sono un po’pigre e timorose (direi meglio "sfaticate" o "frignone") equindi lasciano il campo solo agli uomini. Questo è unerrore: gli uomini che ho incontrato nel mio percorso nelCAI non mi hanno mai fatto pesare di essere donna. Ilproblema - se e quando esiste - siamo noi stesse a crearlo.

Se io m’impegno, con umiltà e voglia di imparare e di dareil meglio delle mie possibilità sempre e in ogni escursione,io posso crescere… questa non è una prerogativa ma-schile, questa è una prerogativa dell’essere umano.Certamente non voglio essere estremista nell’altro senso:non voglio dire che se ho bisogno non devo chiederloperché altrimenti sembro una "femmina frignona", madevo essere semplicemente me stessa, partecipando at-tivamente con le mie facoltà fisiche e mentali in ogni si-tuazione, senza pretendere galanterie (non pretenderòmai di non portare una corda nello zaino perché ci sonoi maschi che sono più forti) né senza strafare  (se neces-sario posso aiutare un uomo a portare il suo zaino).Io cerco semplicemente di imparare dalle persone piùesperte, in ogni uscita, senza voler mai dimostrareniente a nessuno, cercando piuttosto di passare gior-nate piacevoli in piacevole compagnia.Questo, inoltre, azzera o riduce fortemente anche le dif-ferenze di età e dunque… la montagna unisce, perchépuò unire anche generazioni e non solo generi diversi.Per non far essere il CAI maschilista siamo noi donnea doverci impegnare in prima persona anche all’in-terno degli organismi gerarchici; non dobbiamo aspet-tare che ci chiedano la nostra opinione di donne, madobbiamo essere noi a dirla, alla stregua degli altri,perché l’opinione di ciascuno è importante.Ovviamente non mancano e non sono mancate le di-vergenze di opinione ma questo è giusto e normale,l’importante è trovare la maturità per trovare un puntod’accordo e andare avanti senza sfasciare quanto siamoriusciti a costruire finora.Beh, si può migliorare qualcosa? Noi abbiamo la spe-ranza di contribuire a ciò.

Intervista a cura di Ivana Santoni

Hanno collaborato a questo numeroMarco Cognigni, Paolo Galletti, Lorenzo Marinelli, Gino Pierini, Domenico Pistonesi, Ivana Santoni, Massimo Spagnoli, Mauro Testatonda

FERMO, 19 giugno 2015 Autorizzazione Tribunale di Fermo n. 2/06 del 05-05-2006

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AIUTIAMO IL NEPALQuesto è il titolo di “Montagne 360” di giugno.A FERMO stiamo raccogliendo dei fondi destinati alla famiglia dellosherpa e guida amico dei nostri soci Massimo “Nerò” e Zuccarini: in-sieme hanno viaggiato due volte in quella terra meravigliosa, ma oradevastata dal terremoto, rimanendo sempre in contatto.Recatevi nella nostra sede, in largo Mora, 5 per offrire il vostro attesocontributo. Grazie