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INGEGNERIA DELLE SCARPATE IN ROCCIA E. Hoek & J. W. Bray terza edizione riveduta ristampa 2001 Traduzione * in Italiano del testo "Rock slope engineering" a cura di Dott. Geol. Silvio Laureri versione 1.1 Dicembre 2010 * Per gentile concessione della Institution of Mining and Metallurgy

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INGEGNERIA DELLE SCARPATE IN ROCCIA

E. Hoek & J. W. Bray

terza edizione riveduta

ristampa 2001

Traduzione∗ in Italiano del testo "Rock slope engineering" a cura di

Dott. Geol. Silvio Laureri

versione 1.1

Dicembre 2010

∗Per gentile concessione della Institution of Mining and Metallurgy

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Presentazione Prof. M. Fornaro

L’entrata di un nuovo testo scientifico nel ‘giro’ degli addetti ailavori - soprattutto a livello universitario - può suscitare interessied impressioni diverse. Da un lato ci si può aspettare un ag-giornamento della materia, oggi in continua evoluzione tecnica,indispensabile in un mondo professionale sempre più tecnologicoed esigente; dall’altro resta tuttavia importante poter criticamen-te disporre di consolidati principi e di mezzi conoscitivi, semprenecessari per qualsiasi sviluppo di ricerca scientifica e per una co-stante innovazione tecnica, anche - direi soprattutto - nelle Scienzegeoapplicative ed ingegneristiche che operano su rocce e terreni.

A tal riguardo, prima come Ingegnere (‘minerario’ e quindi cul-turalmente vicino all’ ambiente editoriale della IMM britannica,istituzione promotrice dell’opera originaria di cui trattasi) e poicome Geologo ‘applicato’ (dopo un metamorfismo... ‘per contat-to’, si potrebbe forse dire) non posso che esprimere, anzitutto,un giudizio ‘didattico’ positivo su un testo classico che sarebbesuperficiale ed ingiusto ritenere superato.

Più corretto,in ogni caso, è considerarlo formativo, essendo statotale per almeno due generazioni di studiosi. Al di là infatti di tantaletteratura, specifica sul tema, nel frattempo pubblicata e diffusanel mondo scientifico internazionale, questo testo ha senza dubbiosvolto una preziosa funzione pionieristica per allievi geoingegnerid’ogni Paese e, soprattutto, data la sua ‘architettura’ compositiva(esaustiva ma non pedante), di accattivante guida per autodidatti,professionisti e cultori della materia, nel settore innovativo dellaMeccanica delle Rocce, sorella minore (ma solo di età) della Geo-tecnica, nata prima e rivolta piuttosto al comportamento delleTerre.

Ben tornato quindi, tale testo fra le nostre mani con una nuovaveste editoriale (economica) ma con la ‘genuinità’ dei suoi conte-nuti originali, peraltro tradotti con competenza in lingua italiana;non si tratta, in questo caso, per un lettore anonimo, di assecon-dare una certa ‘pigrizia’ scolare - oggi evidentemente da superarenel contesto internazionale - bensì di facilitare proprio quegli sti-moli all’apprendimento di prima mano della fisicità dei fenomeniche possono poi, una volta compresi correttamente, venire appro-fonditi ed implementati con altri testi stranieri, segnatamente inlingua inglese. Ciò anche in virtù del residuo ‘bilinguismo’, volu-tamente mantenuto fra le righe e nelle didascalie illustrative dellibro stesso.

Un doveroso riconoscimento quindi all’amico italo-ticinese, Dott.Geol. Silvio Laureri, in parte almeno, lui stesso ‘autodidatta’,avendo tratto dalla propria positiva esperienza - professionale e dilavoro - quegli elementi pratici e sperimentali sul campo che glihanno fatto sempre meglio apprezzare, arricchendoli tecnicamentedi propria mano, i fondamenti teorici contenuti nel testo originale

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di H&B, sino a volerli tradurre, con un tenace impegno personaledi tanti anni - quasi per antica riconoscenza di Allievo ‘virtuale’verso gli Autori medesimi, diventandone, in certo senso, ‘Collegaad honorem’ - e mettere, come oggi si usa, in rete.

In ogni caso, gli auguro un comunque meritato apprezzamento del-l’Accademia ed una proficua diffusione presso gli Ordini di linguaitaliana, nell’interesse soprattutto delle Scienze Geomeccaniche.

Università di Torino, marzo 2010

Prof. Ing. Mauro Fornaro

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Ringraziamenti

Desidero ringraziare coloro che, a vario titolo, hanno propiziatola pubblicazione del mio lavoro dii traduzione cominciando dal-la Institution of Mining and Metallurgy, nella persona dell’Eu-rIng. Dr G.J.M. Woodrow DCE, che ha rinnovato e confermatol’autorizzazione a pubblicare.

Tra gli amici e colleghi che m’hanno elargito consigli per il lavorodi concetto mi riesce difficile stabilire una graduatoria d’impor-tanza e mi pare semplicistico elencarli in ordine alfabetico. Perciòtrovo opportuno citare i loro nomi nell’ordine cronologico col qua-le si sono succeduti i rispettivi apporti e specificando il tipo diquesti.

Il Dr Ing. Renzo Bindi indirizzò e seguì i miei primi passi nellastesura dell’intera versione nei primi anni ’80 del secolo scorso;vari colleghi d’ufficio e di cantiere - durante e dopo il mio serviziopresso l’Ufficio Strade Nazionali del Cantone Ticino mi consiglia-rono - ognuno per il proprio campo di specializzazione - nell’af-finamento della nomenclatura. Il Dr Geol. Alberto Bruschi mifornì la registrazione delle riproduzioni digitali di tutte le figuredel testo. Infine - ultimi, ma non postremi - il Dr Ing. EdoardoFornaro e soprattutto Suo fratello, il Prof. Mauro Fornaro negliultimi due anni si sono adoperati generosamente il primo valutan-do, il secondo verificando il testo e certificando con una lusinghierapresentazione la sua attualità e validità.

Il Prof. Otello Del Greco ha avuto la bontà di redigere una effi-cace, personale e singolare recensione per il Periodico ‘Gallerie’.L’amico Stefano Beltraminelli, Ingegnere informatico - ultimo manon postremo - ha curato con scrupolo e precisione la compilazionee l’impaginazione di tutto il testo.

Tutti costoro ringrazio sentitamente.

Dr Geol. Silvio Laureri

Bellinzona, 20 di Dicembre 2010

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Prefazione alla prima edizione

Nella progettazione dello scavo di grandissime scarpate, la cuirealizzazione sta diventando sempre più frequente sia per operedi genio civile che per coltivazione mineraria, l’ingegnere deve te-ner conto di due esigenze contrastanti. Da un lato il prevederescarpate più ripide garantisce un ingente risparmio, a causa dellariduzione della cubatura di scavo. Dall’altro l’eccessiva ripidezzad’una data scarpata dà adito al rischio di crolli, quindi di perditedi vite umane e gravi danni alle cose. Come può l’ingegnere ela-borare un progetto ideale, che è un compromesso fra la scarpataabbastanza ripida da essere accettabile economicamente e quellaabbastanza poco acclive da essere sicura?

L’ammasso di roccia d’ogni scarpata ha caratteristiche uniche,perciò non vi sono nè accorgimenti-tipo nè soluzioni ordinarie chegarantiscano il risultato ideale ogni volta che vengono adottati. Lasoluzione pratica scaturisce dai dati geologici di base - conoscenzadella resistenza della roccia, della situazione idrogeologica - e dauna dose adeguata di buon senso ingegneristico. Questi ingredientivengono mescolati in proporzioni differenti per ogni caso, sicchéil solo ausilio disponibile è un insieme di strumenti e di metodiche aiutano l’ingegnere ad acquisire i dati necessari con rapiditàed efficacia ed a elaborarli in modo metodico.

Questo trattato si propone di descrivere tali strumenti e meto-di e d’illustrare la loro applicazione a problemi pratici tramitenumerosi esempi di soluzioni collaudate. Nella trattazione la par-te matematica è stata ridotta al minimo, mentre sono stati in-trodotti numerosi nomogrammi e metodi grafici atti a consentireall’ingegnere non specializzato di raggiungere rapidamente solu-zioni approssimate del problema che gl’interessa. Tali soluzioniapprossimate sono spesso soddisfacenti, ma non escludono che insituazioni particolari l’ingegnere senta il bisogno di ricorrere ad ungeotecnico specialista per avere aiuto. L’ingegnere, per aver ten-tato di risolvere da solo il problema, sarà perfettamente in gradodi chiarire allo specialista le sue esigenze e di trovare insieme a luila soluzione ingegneristica più pratica.

Gli Autori non giudicano di doversi scusare per il fatto che iltesto è stato stampato in offset litografico, riproducendo cartelledattiloscritte, e che alcuni disegni e figure non sono perfetti: infattisi è preferito mettere in circolazione un manuale ingegneristico abuon prezzo, piuttosto che un esempio elegante di arte tipografica.Sono stati lasciati ampi margini a disposizione per le annotazionidel Lettore e gli Autori sperano che ogni copia serva per un usointenso invece di languire in una inattività decorativa.

Londra Evert HoekNovembre 1973 John Bray

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Prefazione alla terza edizione riveduta

‘Ingegneria delle scarpate in roccia’ è stato ampiamente ri-veduto nel 1977, onde questa successiva terza edizione contienerelativamente pochi cambiamenti, a parte il formato diverso. Lemodifiche più importanti sono:

• L’inserimento, alle pagine 106–113, d’una equazione di rot-tura non lineare pubblicato recentemente;

• L’aggiunta d’un capitolo rinnovato, che descrive i metodi deiconci di Bishop e di Janbu per l’analisi dei cedimenti di scar-pata cilindrici e planari, nonchè l’applicazione del metodo diBishop al caso di un ammasso di roccia che manifesta carat-teristiche di rottura non lineare. Questo capitolo riveduto èstato inserito alle pagine 247–253;

• La sostituzione dell’Appendice 1, che tratta la rottura a cu-neo sulle scarpate rocciose, con una nuova appendice riguar-dante l’analisi statistica dei risultati di prove di resistenza inlaboratorio. La decisione di tralasciare la versione originaledell’analisi del cuneo è stata presa perchè detto argomento èoggetto d’una pubblicazione specialistica1 e perchè la diffu-sione di calcolatrici programmabili e di elaboratori da tavoloha reso molto più accessibile l’analisi del cuneo presentatain Appendice 2;

• L’aggiunta d’un Indice.

Per il lettore può essere interessante sapere che sono state pubbli-cate traduzioni in Turco e Giapponese di questo libro e che, per dipiù, ora sono in allestimento quelle in Spagnolo, Russo e Cinese.

Londra Evert HoekGennaio 1981 John Bray

1HOEK, E., BRAY, J.W. & BOYD, J.M. ‘The stability of a rock slopecontaining a wedge resting on two intersecting discontinuities’. QuarterlyJournal of Engineering Geology, Vol. 6, No. 1, 1973.

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Ringraziamenti

Questo testo è il risultato d’un programma quadriennale di ricercasulla stabilità delle scarpate nelle miniere a cielo aperto, condottoalla Royal School of Mines dal 1968 al 1972. Il progetto è statosovvenzionato dalle seguenti società.

Anglo American International (UK) Ltd. nell’interesse di seisocietà consociate.Bougainville Copper (Pty) Ltd.Consolidated Gold Fields Ltd.English China Clays Ltd.National Coal Board Open Cast Executive.Palabora Mining Company Ltd.Rio Tinto Espanola S.A.Rio Tinto Zinc Corporation Ltd.Roan Selection Trust Ltd. nell’interesse di due società conso-ciate in Zambia.

Le seguenti società consociate della Australian Mineral Indu-stries Research Association.Broken Hill Proprietary Company Ltd.Conzinc Riotinto of Australia Ltd.Electrolytic Zinc Company of Australasia Ltd.Mount Isa Mines Ltd.New Broken Hill Consolidated Ltd.North Broken Hill Ltd.Western Mining Corporation Ltd.

Il Sig. M.J. Cahalan del Segretariato di Ricerca della Rio Tin-to Zinc Corporation ha svolto la funzione di coordinatore delprogetto.

Gli Autori desiderano ringraziare la liberalità delle società citateed anche la loro propensione a fornire informazioni ed assistenzapratica ogniqualvolta sono state chieste.

La ricerca è stata eseguita da un gruppo di membri dell’organicoe di studenti di ricerca alla Royal School of Mines: a tutti loro vaun grato riconoscimento per l’importante contributo prestato.

La seconda e la terza edizione di quest’opera sono state riveduteda E. Hoek quando era alle dipendenze della Golder Associates.Siamo oltremodo grati a questa Società per la generosità dimo-strata allora. Molti contributi pratici sono merito di membri dellaorganizzazione Golder, onde li ringraziamo per il loro aiuto.

Numerose persone hanno dato apporti importanti in forma di com-menti critici, discussioni approfondite o dati messi a disposizione.Sarebbe impossibile elencarli tutti. Ci limiteremo perciò a coloroche hanno prestato gli aiuti più significativi:

Prof. Ted Brown dell’Imperial College in Londra,Sig. Pierre Londe della Coyne and Bellier, Parigi,

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Prof. Dick Goodman dell’University of California, Berkeley,Prof. Branko Ladanyi dell’Ecole Polytechnique, Montreal,Sig. John Ashby della Golder Associates in Seattle,Sig. Ken Mattews della Golder Associates in Vancouver eDr. Nick Barton della Terra Tek in Utah.

L’originale di questo scritto è stato dattilografato dalla Sig.raTheo Hoek, che ha partecipato anche all’allestimento di moltischizzi e fotografie. Il suo aiuto ed appoggio pluriennale meritaun caloroso ringraziamento.

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Indice

Indice viii

1 Considerazioni economiche e progettuali 1Introduzione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 1Effetti economici dell’instabilità . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 2Ricerche per pianificare la stabilità . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 8Bibliografia . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 12

2 Meccanica di base nei cedimenti di scarpata 13Applicazione della meccanica del continuo alla stabilità delle scarpate . . . . . . . . . . . . . . 13Relazione tra altezza massima ed angolo di scarpa in pendii artificiali . . . . . . . . . . . . . . 14Ruolo delle discontinuità nei dissesti di scarpata . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 14Attrito, coesione e massa volumica . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 17Scivolamento per gravità . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 18Influenza della pressione idrostatica sulla resistenza al taglio . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 20La legge della forza efficace . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 21L’effetto della pressione idrostatica in una fessura di trazione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 21Il consolidamento per la prevenzione degli scivolamenti . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 22Coefficiente di sicurezza d’una scarpata . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 22Cedimenti di scarpata per i quali può essere calcolato il coefficiente di sicurezza . . . . . . . . . 24Relazione fra altezza critica del pendio ed angolo di scarpa . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 27Scarpate per le quali non può essere calcolato il coefficiente di sicurezza . . . . . . . . . . . . . 27Impostazione probabilistica della progettazione di scarpate . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 30Bibliografia . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 31

3 Presentazione grafica dei dati geologici 34Introduzione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 34Definizione dei termini geologici . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 35Definizione dei termini geometrici . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 36Metodi grafici per la presentazione dei dati . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 37Proiezione equivalente . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 38Rappresentazione d’un piano in proiezione, mediante un cerchio meridiano ed un polo . . . . . 43Determinazione della linea d’intersezione di due piani . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 43Determinazione dell’angolo fra due rette date . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 44Metodo alternativo per trovare la linea d’intersezione di due piani . . . . . . . . . . . . . . . . 45Messa in grafico ed analisi dei rilievi di campagna . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 45Valutazione dei potenziali problemi delle scarpate . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 54Metodo raccomandato di presentazione e d’analisi dei dati per la progettazione di cantieri

estrattivi a cielo aperto . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 59Bibliografia . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 62

4 Acquisizione dei dati geognostici 64Introduzione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 64Rilievi geologici regionali . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 65Rilievo delle strutture affioranti . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 69Fotogeologia delle strutture in affioramento . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 70Misurazione della scabrezza delle superfici . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 72Carotaggi per scopi strutturali . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 72

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Presentazione dei dati geologici . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 81Bibliografia . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 83

5 Resistenza al taglio della roccia 85Introduzione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 85Resistenza al taglio di discontinuità piane . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 86Influenza dell’acqua sulla resistenza al taglio di discontinuità piane . . . . . . . . . . . . . . . . 86Rottura di taglio lungo un piano inclinato . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 87Scabrezza delle superfici . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 88Esecuzione di prove di taglio su discontinuità in roccia . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 92Valutazione della resistenza alla compressione e dell’angolo d’attrito dei giunti . . . . . . . . . . 99Resistenza al taglio di discontinuità riempite . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 105Resistenza al taglio di ammassi rocciosi fittamente fessurati . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 108Prove su roccia fittamente diaclasata . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 112Determinazione della resistenza al taglio tramite analisi a ritroso di rotture di scarpata . . . . . 117Raccolta e preparazione dei campioni . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 121Bibliografia . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 127

6 Circolazione dell’acqua sotterranea; permeabilità e pressione 133Introduzione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 133Circolazione dell’acqua sotterranea nelle masse rocciose . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 134Reti idrodinamiche (o di flusso) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 141Misure di permeabilità in sito . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 141Prove di pompaggio in fori di sondaggio . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 147Misura della pressione dell’acqua . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 150Commenti d’ordine generale . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 153Bibliografia . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 156

7 Scivolamento su superficie piana 158Introduzione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 158Condizioni generali per l’innesco dello scivolamento su superficie piana . . . . . . . . . . . . . . 158Analisi del dissesto planare . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 160Analisi di stabilità per via grafica . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 166Influenza dell’acqua sotterranea sulla stabilità . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 168Profondità critica della frattura di trazione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 170La frattura di trazione come indicatore d’instabilità . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 173Inclinazione critica del piano di cedimento . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 174Influenza dell’erosione al piede d’una scarpata . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 175Consolidamento d’una scarpata . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 176Analisi del distacco su una superficie scabra . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 176Caso pratico numero 1 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 177Caso pratico numero 2 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 184Caso pratico numero 3 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 189Esempio pratico numero 4 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 202Esempio pratico numero 5 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 208Bibliografia . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 211

8 Scivolamento a cuneo (o tridimensionale) 212Introduzione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 212Definizione della geometria del cuneo . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 215Analisi dello scivolamento a cuneo . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 215Analisi del cuneo tenendo conto di coesione e pressione idrostatica . . . . . . . . . . . . . . . . 219Nomogrammi della stabilità del cuneo per solo attrito . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 221

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Esempio pratico di analisi d’un cuneo . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 224Bibliografia . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 238

9 Scivolamento rotazionale 240Introduzione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 240Condizioni per lo scivolamento rotazionale . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 240Origine dei nomogrammi degli scivolamenti rotazionali . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 242Ipotesi sulla circolazione dell’acqua sotterranea . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 244Costruzione di nomogrammi dello scivolamento rotazionale . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 245Impiego dei nomogrammi dello scivolamento rotazionale . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 245Posizione del cerchio critico di rottura e della frattura di trazione . . . . . . . . . . . . . . . . . 254Esempio pratico numero 1 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 257Esempio pratico numero 2 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 258Esempio pratico numero 3 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 259Metodi dei conci di Bishop e di Janbu . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 262Bibliografia . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 270

10 Dissesto per ribaltamento (‘Toppling’) 273Introduzione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 273Tipi di dissesto per ribaltamento . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 273Modalità di ribaltamento secondari . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 278Analisi del dissesto per ribaltamento . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 278Coefficiente di sicurezza nell’analisi in equilibrio-limite dei dissesti per ribaltamento . . . . . . . 284Osservazioni generali sul dissesto per ribaltamento . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 286Bibliografia . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 287

11 Impiego degli esplosivi 288Introduzione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 288Volate di produzione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 288Progettazione delle volate di produzione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 300Valutazione del risultato d’una volata . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 306Modifica degli schemi di brillamento . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 308Danni provocati dall’esplosione e loro controllo . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 309Tecniche di brillamento particolari per migliorare la stabilità delle scarpate . . . . . . . . . . . 320Bibliografia . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 326

12 Argomenti vari 328Introduzione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 328Influenza della curvatura della scarpata sulla stabilità . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 328Depressurizzazione della scarpata . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 332Protezione superficiale delle scarpate . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 336Prevenzione della caduta di pezzi di roccia . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 339Monitoraggio ed interpretazione dei movimenti delle scarpate . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 342Uno sguardo verso il futuro . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 347Bibliografia . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 349

Appendice 1: Analisi dei dati delle prove di resistenza in laboratorio 350

Appendice 2: Calcolo rapido per la soluzione del problema del cuneo 354

Appendice 3: Coefficienti di sicurezza di scarpate in roccia ancorate 369

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Capitolo 1 Considerazioni economiche e progettuali

Introduzione

Questo libro tratta della stabilità delle scarpate in roccia, dei me-todi per valutarla e delle tecniche per migliorarne la sicurezza neicasi potenzialmente pericolosi. Il cedimento di scarpate in roc-cia, o meglio i provvedimenti di sicurezza necessari per prevenir-lo, costa, quindi è giusto che ci soffermiamo a considerare alcuneconseguenze economiche del comportamento delle scarpate primad’inoltrarci nel suo esame approfondito.

Parecchi studiosi [1-8]2 hanno analizzato l’influenza che l’angolodi scarpa ha sul progetto e sul costo dell’estrazione mineraria acielo aperto, perciò rimandiamo a quelle pubblicazioni il lettoreinteressato all’argomento, che vi è trattato in modo più esaurien-te di quanto sia possibile in questa introduzione. Uno dei fatti piùevidenti che dette indagini mostrano è che le scarpate d’una mi-niera vengono generalmente profilate secondo l’angolo più ripidopossibile per ridurre al minimo il rapporto fra il volume di rocciascavata e quello di minerale estratto. Poiché i vantaggi economiciconseguiti in questo modo possono essere vanificati da un dissestoimportante, la valutazione della stabilità dei pendii è una partepreminente del programma di coltivazione d’una miniera a cieloaperto.

Stewart & Kennedy [1] dimostrano che non è solo l’inclinazionedelle scarpate finite ad influire sulla resa economica globale d’unaminiera a cielo aperto: essi evidenziano mediante l’analisi dei co-sti che spesso è notevolmente vantaggioso profilare scarpate ripidedurante la fase iniziale d’attacco. Questi Autori inoltre dimostra-no che, oltre alla stabilità, esistono altri fattori che influenzano lascelta dell’inclinazione delle pareti di una miniera a cielo aperto.Ad esempio, le grandi macchine da miniera non possono essereimpiegate se le balze sono strette, mentre che le piste di smarinodevono avere pendenza compresa entro i limiti imposti dalle esi-genze operative ideali dei mezzi di trasporto: ciò significa general-mente adozione di scarpate poco ripide. In alcuni casi addiritturai regolamenti minerari locali definiscono l’altezza e la larghezzamassime dei gradoni.

Mentre l’inclinazione complessiva del pendio è evidentemente im-portante per l’economia dell’intera coltivazione mineraria, la sta-bilità delle singole balze è normalmente oggetto di interesse più im-mediato per i tecnici responsabili delle operazioni minerarie quo-tidiane. Il dissesto di un ripiano sede di una importante pista dismarino, o che si trova adiacente ad un confine di proprietà, o adun’installazione principale, può provocare uno scompenso gravenel programma di coltivazione. Occorre inoltre tenere presente

2I numeri fra parentesi si riferiscono all’elenco bibliografico riportato altermine d’ogni capitolo.

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che queste rotture locali, pur se relativamente limitate, possonoverificarsi quasi senza preavviso, causando perdite di vite umanee danni alle attrezzature.

La stabilità di una singola balza dipende dalle condizioni geologi-che locali, dalla conformazione dell’intero pendio in quella zona,dalla presenza d’acqua sotterranea ed anche dalla tecnica di scavoadottata. Tutti questi fattori ovviamente varieranno entro cosìampi limiti, in funzione delle diverse situazioni minerarie, che èimpossibile fissare regole generali su quanto alto e quanto ripidodebba essere un gradone per risultare sicuramente stabile. Allor-quando è dubbia la stabilità di una balza, giudicata importantein una particolare operazione mineraria, essa va stimata tenendoconto delle strutture geologiche, delle condizioni idrogeologiche edegli eventuali altri fattori che caratterizzano il pendio cui appar-tiene. Scopo di quest’opera è appunto di proporre all’ingegnereod al geologo metodi appropriati per compiere tale valutazione.

Effetti economici dell’instabilità

La migliore introduzione all’argomento può essere rappresentatada un esempio comprendente l’esame dei fattori più importantiche influenzano il comportamento del pendio roccioso, come puredelle conseguenze economiche della sua instabilità.

Geometria dello scivolamento a cuneo perl’esempio dell’analisi di stabilità d’una bal-za. Particolarità della conformazione delcuneo e delle caratteristiche del materia-le roccioso utilizzate in questa analisi: -le superficie di discontinuità sulle qualiil cuneo scivola s’immergono entrambe a45◦rispetto al fronte di scarpata, dandoluogo ad un cuneo simmetrico. Entram-be hanno un angolo d’attrito di 30◦ed unacoesione di 1000 lb/ft2. Il peso specificodella roccia è di 160 lb/ft3.

Durante le fasi iniziali dei lavori di scavo sul pendio illustrato inFig. 1 sono affiorate due discontinuità principali. Le misure d’o-rientazione e d’inclinazione di tali discontinuità e la proiezione deiloro valori all’interno dell’ammasso roccioso mostrano che la li-nea d’intersezione delle discontinuità affiorerà sulla superficie delpendio quando questo raggiungerà l’altezza di 30 m. Occorre ac-certare le condizioni di stabilità di questo pendio e, qualora si troviche esse sono inadeguate, valutare i costi dei vari tipi d’interventoapplicabili.

Il grafico in Fig. 2 correla il coefficiente di sicurezza3 con l’angolodi scarpa: le curve ivi tracciate si riferiscono ai due casi oppostidi roccia asciutta e, rispettivamente, satura. Nel seguito dellatrattazione un’analisi approfondita metterà in evidenza l’influssonotevole che la presenza d’acqua entro la roccia d’una scarpatapuò avere sulla sua stabilità ed il fatto che il drenaggio è uno deimezzi più efficaci per incrementarla.

3Le definizioni di questo e d’altri termini usati per l’analisi della stabilitàverranno date in seguito. Per capire questo esempio non è necessaria unaconoscenza approfondita del metodo d’analisi.

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Figura 1: esempio di scivolamento a cuneo suuna balza di miniera a cielo aperto.

Figura 2: variazione del coefficiente di sicurezzain funzione dell’angolo di scarpa.

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Una scarpata sarà soggetta a scoscendimenti se il coefficiente disicurezza assume un valore inferiore ad 1: perciò dalla Fig. 2 siricava che la scarpata in roccia satura d’acqua cederà se vieneprofilata secondo un angolo superiore a 64◦. La scarpata in rocciaasciutta, invece, appare teoricamente stabile per qualsiasi valoredell’angolo di scarpa: tuttavia il coefficiente di sicurezza pari acirca 1.2 non è considerato sufficiente a garantire la sua stabili-tà. Un coefficiente di 1.3 è considerato normalmente il minimoaccettabile nella maggior parte delle situazioni minerarie in cui ènecessario che la scarpata rimanga stabile per un lasso di temporelativamente breve. Per scarpate che devono durare più a lungo,come quelle che sorreggono piste di servizio, è più adeguato unvalore pari ad 1.5.

Nell’esempio di Fig. 2 il valore 1.3 è considerato sufficiente; ciòsignifica che se non si adottano altri provvedimenti per renderestabile la scarpata, questa dovrebbe essere scavata con un’incli-nazione di 46◦, se satura, oppure di 55◦, se asciutta, per essereconforme al grado di sicurezza voluto.

Una stima dei costi è adeguata solo se vi sono compresi gli oneriaggiuntivi derivanti dagli scavi e dai movimenti di terra necessariper rimediare ad eventuali movimenti franosi. Abbiamo seguitoquesto criterio per una certa gamma d’angoli di scarpa ed abbiamorappresentato i risultati nel grafico della Fig. 3. Nel calcolare lamassa di roccia da abbattere per rendere meno ripido il pendioabbiamo ammesso che il fronte di scavo abbia una larghezza di91.44m (= 300 ft). In molti casi la riduzione dell’angolo discarpa potrebbe anche ripercuotersi su quello dei gradoni che sitrovano più in alto e coinvolgere tonnellaggi molto maggiori diquelli prospettati in Fig. 3.

In questa figura compaiono anche due grafici che consentono diricavare il carico esterno da applicare mediante ancoraggi orizzon-tali, perpendicolari al fronte della scarpata e fissati nell’ammassoroccioso a tergo dei piani di discontinuità, al fine di ottenere uncoefficiente di sicurezza di 1.3 per scarpate sia asciutte che sature.

Il costo delle varie soluzioni così prospettate all’ingegnere dipen-derà dall’ubicazione geografica della miniera, dalla disponibilitàdi servizi specializzati nella posa di drenaggi o di ancoraggi pre-tesi e dal salario della mano d’opera locale. Per ricavare le cifrepresentate in Fig. 4 sono state poste le seguenti ipotesi:

a. Come costo-base unitario è stato assunto quello per tonnellatadi materiale abbattuto dal fronte mediante esplosivo. Quindila curva A in Fig. 4 deriva direttamente dalla omologa in Fig. 3.

b. Il costo di smarino del materiale scosceso per un crollo è com-putato, per ipotesi, 2.5 volte il costo-base minerario. Questo èrappresentato dalla curva B, che inizia da un angolo di scarpadi 64◦, cioè quello della scarpata meno ripida sulla quale puòteoricamente verificarsi un dissesto.

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Figura 3: tonnellaggi di scavo e carichi nei cavid’ancoraggio.

Curva A: tonnellaggi da scavare per renderemeno ripida una scarpata di 30.5md’altezza e 91.5m di fronte (100 ×300 ft).

Curva B: tonnellaggi da sgomberare nel ca-so che avvenga uno scivolamento acuneo.

Curva C: carico nei cavi d’ancoraggio neces-sario per raggiungere un coefficien-te di sicurezza pari a 1.3 nel caso discarpata satura d’acqua.

Curva D: carico nei cavi d’ancoraggio neces-sario per raggiungere un coefficien-te di sicurezza pari a 1.3 nel caso discarpata asciutta.

Figura 4: confronto dei costi delle diverseopzioni.

Curva A: costo per tonnellata di roccia abbat-tuta con esplosivo dal fronte nellasoluzione della curva A in Fig. 3.

Curva B: costo di smarino del materialescosceso.

Curva C: costo di posa degli ancoraggi su unascarpata satura d’acqua.

Curva D: costo di posa degli ancoraggi su unascarpata asciutta.

Curva E: costo di posa in opera del drenaggiodella scarpata.

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Figura 5: costi relativi alla profilatura dellascarpata secondo un angolo di 60◦accettando ilrischio d’un cedimento. Il costo prima del crol-lo è dato dalla curva A in Fig. 4. Il costo delloscavo della scarpata e dello smarino del mate-riale franato è dato dalla risultante delle curveA e B.

c. La progettazione e l’impianto d’una rete di drenaggio comportaun costo fisso di 75.000 unità, indipendentemente dall’angolodi scarpa (curva E).

d. Il costo degli ancoraggi pretesi, installati da un’impresa spe-cializzata, è ipotizzato pari a 10 unità per tonnellata di carico.Ciò è rappresentato con le curve C e D.

Tenendo conto d’un complesso di dati come quello presentato inFig. 4, l’ingegnere è ora in grado di confrontare i costi relativi allescelte fattibili. Alcune di queste opzioni sono:

a. Ridurre l’angolo di scarpa a 46◦per ottenere un coefficiente disicurezza di 1.3 in condizioni di roccia satura (curva A).

Costo totale: 116.000 unità

b. Ridurre l’angolo di scarpa a 55◦e mettere in opera un sistemadi drenaggi per ottenere un coefficiente di sicurezza di 1.3 diuna scarpata asciutta (curve A ed E).

Costo totale: 159.000 unità

c. Profilare la scarpata a 64◦per provocarne il crollo e sgomberareil materiale scosceso (curve A e B).

Costo totale: 166.000 unità

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d. Profilare la scarpata a 80◦e mettere in opera cavi d’ancoraggioper ottenere un coefficiente di sicurezza di 1.3 in condizioni diroccia satura (curve A e C).

Costo totale: 137.000 unità

e. Lasciare verticale la scarpata, mettere in opera un sistema didrenaggi e d’ancoraggi per ottenere un coefficiente di sicurezzapari a 1.3 nel caso di scarpata asciutta (curve A, D ed E).

Costo totale: 155.000 unità

f. Profilare la scarpata a 60◦, col presupposto che lo scoscendi-mento possa non verificarsi ma che ci si prepari per lo smarinonel caso che avvenga (Fig. 5).

Costo massimo totale: 159.000 unitàCosto minimo totale: 70.000 unità

E’ necessario mettere in evidenza che le stime presentate sonoipotetiche e valgono solo per questa particolare scarpata. I costidi queste e d’altre scelte varieranno da un pendio all’altro, percui è arbitrario tentare di ricavare regole generali dalle figure cheabbiamo riportato.

In base alle stime di cui sopra, la maggior parte degli ingegneriminerari deciderebbe probabilmente di ridurre l’angolo di scarpa a46◦, eliminando in tal modo il rischio. Il costo di questa soluzioneè infatti minore di quello delle altre esaminate, eccettuato quellominimo della soluzione f. Ridurre l’angolo di scarpa a 46◦ha unvantaggio importante rispetto ad altre soluzioni, poiché esclude ilrischio di veder franare la scarpata a causa di contingenze impre-viste, dopo aver speso ingenti somme in misure di sicurezza. Ilcosto globale, se ciò accadesse, sarebbe elevatissimo.

In alcune circostanze accade che non sia possibile ridurre l’angolodi scarpa nella misura necessaria per ottenere un coefficiente disicurezza adeguato a tutte le condizioni. Allora bisogna prenderein considerazione una delle altre soluzioni.

La soluzione f illustrata nella Fig. 5 è stata inclusa più che altrocome riconoscimento del fatto che spesso viene adottata nelle mi-niere a cielo aperto, per lo più senza che il problema sia statoapprofondito con uno studio del tipo di quello dell’esempio fatto.Il grafico in Fig. 2 mostra che se l’inclinazione della scarpata incondizione di saturazione è superiore a 64◦, v’è la probabilità chequesta frani. L’ingegnere minerario può prendere in considerazio-ne il rischio di scavare il pendio ad un angolo di 60◦, presupponen-do che le condizioni di saturazione si verifichino in concomitanzadi forti piogge ogni 10–20 anni e sperando che ciò non accada du-rante i lavori. Se è fortunato e la rottura non avviene, il costocomplessivo ammonterà a 70.000 unità. Viceversa, se sono statiprevisti interventi appropriati per contrastare e per risanare uncedimento, l’onere totale di 159.000 unità, da sopportare qualoraesso avvenga, è ancora entro i limiti fissati dalle altre soluzioni.

Le pubblicazioni di Kennedy & al. [9–10], che trattano la previsio-ne d’una grossa frana nella miniera di Chuquicamata in Cile e la

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sua riuscita sistemazione, hanno dimostrato che è possibile accet-tare i dissesti come fossero una parte delle operazioni minerariepreviste, a patto che venga ridotto al minimo il rischio di perdi-te di vite umane e di attrezzature. La previsione del probabilecomportamento della scarpata, derivante da un’analisi di stabilitàcome quella esposta in precedenza, è essenziale per adottare tuttii provvedimenti cautelativi contro le conseguenze d’una frana.

Ricerche per pianificare la stabilità

Una miniera a cielo aperto tipica può subire solo due o tre dissestidi scarpata durante la sua coltivazione. In che modo possono esse-re identificati i tratti potenzialmente pericolosi sui molti chilometridi scarpate profilate in una grande miniera?

La risposta è che solo in scarpate per le quali il rischio di cedimentoè elevato compaiono certe combinazioni di discontinuità4 geologi-che, di caratteristiche geometriche e di condizioni geoidrologiche.Se tali combinazioni possono essere individuate durante gli stu-di geologici preliminari e quelli fatti all’apertura della miniera, siriesce ad inquadrare i problemi d’instabilità che probabilmente sipresenteranno in queste zone. Le scarpate su cui non si riscon-trano dette concomitanze non richiedono indagini più approfon-dite. Bisogna tuttavia tener presente che in genere, non appenasi apre lo scavo, vengono alla luce discontinuità non rilevate. Sidovranno allora affrontare i problemi d’instabilità man mano chesi presentano.

Tale impostazione del programma di studi sulla sicurezza dellescarpate nelle miniere a cielo aperto è abbozzata nella tabellapresentata in Fig. 6, ove si propone di suddividerlo in due fasidistinte.

La fase 1 consiste nell’esame preliminare dei dati geologici ac-quisiti attraverso la campagna geognostica, che normalmentecomprende l’interpretazione di foto aeree, il rilievo geologico disuperficie e le trivellazioni con corone diamantate. Si consideriche questi dati vengono raccolti già per la stima delle riser-ve di minerale e che di solito è necessario riesaminarli comefattori importanti per la stabilità. La valutazione preventivadelle condizioni di stabilità può essere fatta con l’ausilio di va-ri, semplici metodi, che saranno trattati nella prima parte diquesto libro. Con lo studio preliminare è possibile distinguereda una parte le scarpate stabili, sulle quali non è probabilealcun cedimento e che perciò possono essere progettate dan-do la preminenza alle esigenze operative, dall’altra le scarpateper le quali il rischio di dissesto é alto e che perciò richiedonoun’analisi più dettagliata.

4Il termine discontinuità, nel significato qui inteso, si riferisce a faglie,giunti, piani di stratificazione o ad ogni altra superficie su cui può verificarsiun movimento.

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FORMULAZIONE D'UN PROGRAMMA PER LO STUDIO DI STABILITÀ DELLE SCARPATE

1. Raccolta preliminare di dati geologici da foto aeree, rilievi di campagna e carote di sondaggi.

2. Analisi preliminare dei dati geologici per individuare i lineamenti principali. Esame di tali lineamenti nella prospettiva di stimare la probabilità di distacco di frane sulle scarpate dello scavo in progetto.

3. Scarpate sulle quali o non esiste alcuna discontinuità sfavorevole, od il dissesto non comporterebbe danni. Per siffatti pendii non è necessaria un'analisi di stabilità più approfondita. Gli angoli di scarpa sono determinati in base a criteri operativi.

6. Prove di taglio su superfici di discontinuità, specialmente se sono ricoperte d'argilla o levigate.

5. Ricerca geologica particolareggiata delle aree di scarpata instabili, con rilievi di campagna ed esame di carote di sondaggi. Possono essere necessarie perforazioni speciali o cunicoli esterni al giacimento minerario.

4. Scarpate dove esistono discontinuità riconosciute sfavorevoli, nonché pendii dove il cedimento sarebbe pregiudizievole in qualunque fase della coltivazione mineraria: sono da studiare in maniera approfondita.

7. Installazione di piezometri in fori di sondaggio per rilevare le modalità di circolazione e le pressioni dell'acqua sotterranea e per registrare le oscillazioni della falda durante la coltivazione mineraria.

8. Riesame delle zone instabili del pendio, alla luce delle informazioni dettagliate di cui ai punti 5, 6 e 7, usando i metodi dell'equilibrio-limite per scivolamenti circolari, planari od a cuneo. Verifica dell'eventualità d'altri tipi di dissesto provocati da degradazione, ribaltamento ("toppling"), o da danni dovuti al brillamento.

9. Verifica delle scarpate per le quali, trattandosi d'un progetto di miniera a cielo aperto, il rischio di cedimento è elevato. Le alternative sono: a) ridurre l'angolo di scarpa; b) rendere stabili le scarpate con drenaggi oppure, in casi eccezionali,

con chiodi da roccia o cavi pretesi; c) accettare il rischio di cedimento ed effettuare una serie di misure a

registrazione continua per essere in grado di predire il collasso.

10. Stabilizzazione delle scarpate tramite drenaggio o consolidamento, fattibile se il risparmio conseguito con l'innalzamento dell'angolo di scarpa è maggiore del costo di progetto e di costruzione d'una struttura di rinforzo. Sono necessarie misure "in situ" supplementari per determinare le caratteristiche di drenaggio dell'ammasso roccioso.

11. Accettazione del rischio di cedimento, subordinata alla capacità di previsione e d'intervento senza subire danni al personale ed alle installazioni. Metodo più pratico di previsione basato sulle misure di movimento della scarpata.

Figura 6: Analisi della stabilità delle scarpate in miniere a cielo aperto Figura 6: analisi della stabilità delle scarpate in miniere a cielo aperto.

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La fase 2, che si applica solo alle scarpate per le quali la po-tenziale instabilità potrebbe dimostrarsi pericolosa in qualchemomento della coltivazione mineraria, comporta uno studiomolto più approfondito della geologia, delle condizioni geoi-drologiche e delle caratteristiche geomeccaniche dell’ammassoroccioso. Sulla base dei dati acquisiti viene poi sviluppata un’a-nalisi di stabilità i cui risultati rappresenterebbero gli elementiquantitativi sui quali la direzione della miniera può fondaredecisioni razionali. La seconda parte di questo libro tratteràdei metodi che possono essere adottati per eseguire tali studiparticolareggiati di stabilità.

A questo punto il Lettore probabilmente vorrebbe domandare: chisvolge tale compito e quanto può costare? Premettiamo che le con-siderazioni esposte qui di seguito rappresentano l’opinione degliAutori e che quindi non debbono essere reputate regole generali.E’ ovvio che da una miniera all’altra e da regione a regione le con-dizioni varieranno ampiamente, perciò la decisione finale su comerisolvere i problemi di stabilità di una miniera a cielo aperto deveessere presa dalla Direzione responsabile dopo una debita valuta-zione dei fattori che rivestono importanza per quella particolareminiera.

L’ideale è che le ricerche preliminari, elencate per la fase 1, venga-no integrate negli studi di fattibilità e di valutazione della miniera.Molti dei dati necessari per le indagini preliminari sulle scarpatepossono infatti essere ottenuti ad un costo minimo, se si è avutal’avvertenza di raccoglierli durante la campagna di sondaggi. Nonv’è alcun motivo per cui detti studi preliminari non possano esse-re condotti dai geologi od ingegneri impegnati negli accertamentidi fattibilità della miniera, dato che le verifiche non sono diffici-li e non comportano alcuna elaborazione matematica complessa.Un’assistenza esterna in questa fase è necessaria solo se gli inge-gneri od i geologi della società giudicano indispensabile discuterela loro valutazione con qualcuno che abbia esperienza in fatto dianalisi delle scarpate, al fine di scoprire se non siano stati tra-scurati punti importanti. In certi casi i proprietari o la Direzionedella miniera possono anche reputare più opportuno affidare talecompito a consulenti esterni, ingegneri o geologi, che, in condizioninormali, sono in grado di formulare una valutazione preliminaredelle difficoltà potenziali in fatto di scarpate, con un impegno dilavoro variante da uno a tre mesi/uomo.

Dalle miniere a cielo aperto in esercizio si potrà ricavare una cono-scenza più approfondita della geologia delle aree di scavo che han-no manifestato indizi d’instabilità. In tali condizioni i problemisi saranno definiti da soli e probabilmente le ricerche preliminariesaminate prima non saranno necessarie. Tuttavia alcuni dissestipotranno essersi già sviluppati a tal punto che i provvedimenti disistemazione necessari saranno più dispendiosi di quello che sa-rebbero stati se fossero stati adottati prima, nel quotidiano lavorominerario.

Una volta individuate le zone di scarpata instabili, gli studi piùparticolareggiati che poi si rendono necessari sono tanto diversi

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da miniera a miniera che è difficilissimo stilare direttive generali.E’ improbabile che, eccettuati i più importanti gruppi minerari,ci siano in ogni società geologi od ingegneri sicuri della propriacompetenza nel trattare i problemi di scarpate più complessi senzafar ricorso ad assistenza esterna. Ciò accade non tanto perchè imetodi d’analisi delle scarpate siano difficili, quanto per il fattoche essi rispondono solo in parte all’interrogativo sulla stabilità.Il resto scaturisce da giudizi ingegneristici basati sull’esperienzadi chi ha affrontato una gran varietà di problemi di scarpate.

Uffici specializzati in geotecnica, che hanno condotto studi su nu-merose miniere a cielo aperto, sono in grado di fornire proficueconsulenze e, grazie alla loro dimestichezza con simili problemi,spesso rendono i loro servizi più convenienti ed efficaci che nonquelli di studi ‘fatti in casa’. Se si sceglie la via della consulen-za, è utile che un ingegnere od un geologo della miniera abbiaun’adeguata conoscenza dei metodi d’analisi di stabilità perchés’instauri un collegamento efficace fra la direzione ed i consulenti.E’ auspicabile che questo libro supplisca all’esigenza d’una fonted’informazioni esauriente su detti metodi.

Qual’è il probabile costo d’uno studio di stabilità di scarpata con-dotto da uno specialista e quanto potrebbe costare l’adozione dellemisure proposte come risultato dello studio medesimo? La rispo-sta a simili domande è soggetta allo stesso grado d’incertezza diquella della visita d’un Medico, eppure pochi di noi esiterebbero acercare un Dottore se sospettassimo che la nostra salute è in peri-colo. La gestione d’alcune miniere può essere gravata da notevolioneri per la necessità di porre rimedio a dissesti di scarpata, men-tre quella d’altre può esserne affatto esente. L’esperienza insegnache l’ammontare dell’1% dei costi totali d’estrazione può essereuna quota adeguata da destinare alla progettazione di scarpateed all’esecuzione degli interventi di stabilizzazione. Quando non èstata data un’impostazione corretta alla progettazione di scarpatesicure, i costi da sostenere per porre rimedio a crolli inattesi du-rante la coltivazione della miniera possono facilmente oltrepassarela percentuale citata.

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Capitolo 1 Bibliografia

1. MOFFIT,R.B., FRIESE-GREENE, T.W. and LILLICO, T.M.Pit slopes - their influence on the design and economics ofopen pit mines. Proc. 2nd Symposium on Stability in OpenPit Mining, Vancouver 1971. Pubblicato da A.I.M.E. NewYork 1972, pagine 66–67.

2. STEWART, R.M. and KENNEDY, B.A. The role of slopestability in the economics, design and operation of open pitmines. Proc. 1st Symposium on Stability in Open Pit Mining,Vancouver 1970. Pubblicato da A.I.M.E. New York 1971,pagine 5–21.

3. STEFFEN, O.K.H., HOLT, W. and SYMONS, V.R. Optimi-sing open pit geometry and operational procedure. PlanningOpen Pit Mines, Johannesburg Symposium 1970. Pubblicatoda A.A.Balkema, Amsterdam 1971, pagine 9–31.

4. HALLS, J.L. The basic economics of open pit mining. Plan-ning Open Pit Mines, Johannesburg Symposium 1970. Pub-blicato da A.A.Balkema, Amsterdam 1971, pagine 125–131.

5. SODERBERG, A. and RAUSCH, D. Pit planning and layout.Surface Mining. Editor Eugene P. Pfleider. Pubblicato daA.I.M.E., New York 1968. Capitolo IV.

6. BLACK, R.A.L. Economic and engineering design problemsin open pit mining. Mine and Quarry Engineering, Jan.,Feb. and March 1964, 20 pagine.

7. GROSZ,R.W.The changing economics of surface mining.Proc. Intnl. Symposium on Computer Application in MiningIndustry. Pubblicato da A.I.M.E., New York 1969, pagine401–419.

8. STEWART, R.M. and SEEGMILLER, B.L. Requirements forstability in open pit mining. Proc. 2nd Symposium on Sta-bility in Open Pit Mining, Vancouver 1971. Pubblicato daA.I.M.E., New York 1972, pagine 1–7.

9. KENNEDY, B.A., NIERMEYER, K.E. and FAHM, B.A. Amayor slope failure at the Chuquicamata Mine, Chile. MiningEngineering. A.I.M.E., Vol.12, No.12, 1969, pagina 60.

10. KENNEDY, B.A., and NIERMEYER, K.E. Slope monitoringsystems used in the prediction of a mayor slope failure at theChuquicamata Mine, Chile. Planning Open Pit Mines, Jo-hannesburg Symposium 1970. Pubblicato da A.A. Balkema,Amsterdam 1971, pagine 215–225.

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Capitolo 2 Meccanica di base nei cedimenti di scarpata

Applicazione della meccanica del continuo alla stabilitàdelle scarpate

Una questione che viene sollevata spesso nelle discussioni sullastabilità delle scarpate è quanto alta e con quale inclinazione pos-sa essere profilata una scarpata in roccia. Diversi Autori [11-15]hanno affrontato questo problema supponendo che l’ammasso diroccia si comporti come un mezzo elastico continuo. Il successoconseguito nella progettazione di scavi sotterranei tramite l’appli-cazione di criteri fotoelastici all’analisi delle tensioni o del metododegli elementi finiti, ha indotto molti ricercatori ad applicare lestesse metodologie alle scarpate. Invero, dal punto di vista del-la ricerca i risultati sono stati molto interessanti, ma in terminipratici d’ingegneria delle scarpate rocciose questi metodi hannoutilità limitata. Ciò è dovuto alla inadeguata conoscenza delleproprietà meccaniche della roccia, tale da rendere oggetto di me-ra supposizione la scelta dei parametri da introdurre nelle analisi.Per esempio, se si tenta di calcolare l’altezza-limite d’una pareteverticale in calcare molto tenero basandosi sulla sua resistenza dimatrice, si ottiene un valore che supera 1000 metri. Evidente-mente questa altezza ha un’attinenza minima con la realtà, percui bisognerebbe ridurre di un ordine di grandezza i parametri diresistenza per calcolare un’altezza accettabile della parete.

E’ opportuno citare una pubblicazione del Terzaghi [17], dove que-sti, nello studiare il problema della stabilità d’una fondazione e diuna scarpata, afferma: ‘...le condizioni naturali possono preclu-dere la possibilità di procurarsi, tramite metodi analitici o non,tutti i dati necessari per prevedere il comportamento d’un realemateriale di fondazione. Se è necessario un calcolo di stabilità intali condizioni, esso deve essere basato su ipotesi che hanno pocoin comune con la realtà. Tali calcoli fanno più male che bene poi-ché sviano l’attenzione del progettista dalle inevitabili ma notevolilacune della sua conoscenza...’.

In Europa Müller [18] ed i suoi collaboratori hanno dato risalto permolti anni al fatto che un ammasso roccioso non è un mezzo con-tinuo e che il suo comportamento è determinato da discontinuitàcome faglie, giunti e piani di stratificazione. In pratica, la maggiorparte dei progetti di scarpate rocciose è basata comunemente suldiscontinuo e questa sarà l’impostazione adottata in tutti i meto-di presentati da questo libro. Tuttavia, prima di abbandonare laquestione della meccanica del continuo, gli Autori desiderano sot-tolineare che non si oppongono per principio alla sua applicazioneed invero, quando si ha a che fare con situazioni di movimentoglobale o di circolazione dell’acqua sotterranea, i risultati ottenuticon un metodo numerico come quello degli elementi finiti posso-no essere molto utili. Sviluppi dei metodi numerici, come quelliriportati da Goodman & al. [19] e Cundall [20], mostrano che il

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divario fra il continuo elastico ideale ed il discontinuo reale si stacolmando gradualmente, quindi gli Autori prevedono che le tecni-che adesso interessanti come metodi di ricerca potranno diventarestrumenti utili di progettazione ingegneristica.

Relazione tra altezza massima ed angolo di scarpa inpendii artificiali

Benchè si ammetta che la stabilità d’un ammasso roccioso é deter-minata dalle discontinuità geologiche, devono esserci situazioni incui l’orientazione e l’inclinazione di queste fanno sì che il semplicescivolamento di lastre, blocchi o cunei non è possibile. Un cedi-mento in tali scarpate comporterà sia una combinazione di movi-menti sulle discontinuità sia rotture di materiale roccioso sano. Insiffatti casi si potrebbe prevedere di scavare scarpate più alte dellamedia, ma quale prova c’è che questa sia un’ipotesi ragionevole?

Un’importantissima raccolta di dati su scarpate di scavo é statacompilata da Kley & Lutton [21] e Ross-Brown [22] ha ottenutodati aggiuntivi. La documentazione si riferisce a scarpate in mi-niere a cielo aperto, cave, scavi per fondazioni di dighe e trinceeautostradali. Le altezze di scarpata ed i corrispondenti angoli discarpa in materiali classificati come roccia dura sono stati messiin grafico nella Fig. 7, che comprende pendii sia stabili che instabi-li. Trascurando per il momento i secondi, il grafico mostra che lescarpate più alte e più ripide scavate senza inconvenienti, nei limitidi quanto è risultato dai dati a disposizione, si raggruppano lun-go una linea ben definita, che sulla figura è segnata a tratteggio.Questa linea funge da guida pratica ed utile per le scarpate piùalte e ripide prevedibili per la progettazione ordinaria di minierea cielo aperto. In alcune circostanze eccezionali potrebbero esserefattibili scarpate più alte e più ripide, ma queste potrebbero es-sere giustificate solo se uno studio di stabilità molto approfonditodimostrasse che non v’è rischio di provocare un crollo di massa.

Ruolo delle discontinuità nei dissesti di scarpata

La Fig. 7 mostra che, mentre molte scarpate ripide ed alte va-rie decine di metri sono stabili, altre molto meno ripide ed altecedono. La differenza è dovuta al fatto che la stabilità delle scar-pate varia con l’inclinazione delle superficie di discontinuità entrol’ammasso roccioso, quali faglie, giunti e piani di stratificazione.Quando le discontinuità sono verticali od orizzontali non può averluogo un semplice scivolamento, quindi il collasso della scarpatacomporterà la rottura di blocchi compatti, come pure movimentilungo alcune delle discontinuità. Viceversa, se l’ammasso roccio-so è attraversato da superficie di discontinuità che s’immergonoverso il fronte della scarpata con angoli compresi fra 30◦e 70◦,può avvenire uno scivolamento semplice cosicché la stabilità ditali scarpate è ridotta sensibilmente rispetto al caso di quelle nellequali compaiono discontinuità solo orizzontali e verticali.

Discontinuità piana su una balza diminiera a cielo aperto.

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Figura 7: relazione tra altezza ed angolo di scarpa per pendii in roccia dura,basata sui dati raccolti da Kley & Lutton [21] e Ross-Brown [22].

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Discontinuità piane inclinate che affiorano alpiede di una scarpata rocciosa possono pro-vocare instabilità se sono inclinate secondoun angolo maggiore di quello d’attrito tra lesuperficie di slittamento.

Figura 8: altezza critica d’una parete verticale drenata, interessata da unadiscontinuità piana immergentesi secondo un angolo ψp.

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L’influenza dell’inclinazione d’un piano di rottura sulla stabilitàd’una scarpata é illustrata in modo evidente dalla Fig. 8, ove l’al-tezza critica d’una scarpata in roccia asciutta è messa in relazionecon l’angolo della discontinuità. Nel costruire questa curva si èipotizzato che compaia una sola famiglia di discontinuità in unammasso di roccia molto dura e che una di queste superficie affio-ri al piede della parete, come mostrato nello schizzo della Fig. 8.Si vedrà che l’altezza verticale critica H diminuisce da un valoredi oltre 60m (= 200 ft), per discontinuità verticali ed orizzontali,a circa 21m (= 70 ft) per una discontinuità inclinata a 55◦.

Evidentemente la presenza od assenza di discontinuità ha un’in-fluenza determinante sulla stabilità delle scarpate in roccia, percui l’identificazione di tali lineamenti geologici è una delle opera-zioni più delicate della ricerca sulla stabilità. Nei capitoli seguentiesamineremo i metodi per affrontare il problema.

Figura 9: relazione fra la forza di taglio τ necessaria per provo-care lo scivolamento lungo una discontinuità e la forza normale σagente in direzione normale ad essa.

Attrito, coesione e massa volumica

Prendiamo ora in considerazione l’angolo di attrito, la coesione ela massa volumica, che sono le caratteristiche più importanti d’unammasso di roccia o di terra per l’esame della stabilità dei pendii.

L’attrito e la coesione sono i fattori meglio definiti nel grafico forzadi taglio/forza normale di Fig. 9. Questo grafico è una versionesemplificata dei risultati che si otterrebbero se un campione diroccia attraversato da una discontinuità geologica, ad esempio ungiunto, fosse sottoposto ad un insieme di forze che provochi uno

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scivolamento lungo la discontinuità. La forza di taglio τ necessariaper provocare lo scivolamento è direttamente proporzionale allaforza normale σ. La pendenza della linea che correla la forzadi taglio a quella normale definisce l’angolo di attrito φ. Se lasuperficie di discontinuità inizialmente è cementata o ruvida, laforza di taglio τ dovrà raggiungere un valore finito per provocarelo scivolamento quando la forza normale è nulla. Questo valoreiniziale di forza di taglio definisce la coesione c della superficie.

La relazione fra le forze di taglio e normale per una superficierocciosa o per un campione di terra ideali è espressa dalla formula(di Mohr–Coulomb: N.d.T.):

τ = c+ σ tanφ (1)

Nella Tabella 1 sono elencati i valori tipici degli angoli di attritoe della coesione, ricavati mediante prove di taglio su una gammadi rocce e terre, insieme con la loro massa volumica. I valorisono esposti per dare al Lettore un’idea degli ordini di grandezzaprevedibili e devono essere impiegati solo per formulare valutazionipreliminari della stabilità di scarpate.

Esistono molti fattori che determinano, per rocce o terre, un com-portamento diverso dalla semplice relazione lineare fra resisten-za al taglio e forza normale illustrata in Fig. 9. Queste varia-zioni saranno analizzate nel Capitolo 5 insieme con i metodi perl’esecuzione di prove di taglio.

Scivolamento per gravità

Si consideri un blocco di massa W appoggiato su una superficiepiana inclinata d’un angolo ψ rispetto all’orizzontale. Il bloccoè soggetto solo alla forza di gravità, quindi la massa W agisceverticalmente verso il basso, come illustrato nello schizzo a fianco.La componente di W che agisce parallelamente al piano e chetende a provocare lo scivolamento del blocco è W sinψ; quella cheagisce normalmente al piano e che tende a stabilizzare il blocco èW cosψ.

La forza normale che agisce perpendicolarmente alla superficie discivolamento potenziale è data da:

σ =W cosψ

A(2)

ove A è l’area di base del blocco.

Ammettendo per ipotesi che la resistenza al taglio di questa su-perficie sia definita dall’equazione 1 e sostituendo a σ il valoredato dall’equazione 2 si ottiene:

τ = c+W cosψ

Atanφ

cioè:

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TABELLA 1: CARATTERISTICHE - TIPO DI TERRE E ROCCE

Descrizione Massa specifica (saturo/asciutto) Angolo d'attrito

gradi Coesione

Tipo Materiale lb/ft3 kN/m3 lb/ft2 kPa

Priv

e di

coe

sion

e

Sabb

ie Sabbia sciolta monogranulare

Sabbia addensata monogranulare Sabbia sciolta ben graduata Sabbia addensata ben graduata

118/90 130/109

124/99 135/116

19/14 21/17 20/16 21/18

28-34 * 32-40 * 34-40 * 38-46 *

Ghi

aie

Ghiaia monogranulare Ghiaia con sabbia ben graduata

140/130 120/110

22/20 19/17

34-37 * 48-45 *

Rocc

e ab

battu

te /

fran

tum

ate

Basalto Calcare tenero Granito Calcare Arenaria Marna

140/110 80/62

125/110 120/100

110/80 125/100

22/17 13/10 20/17 19/16 17/13 20/16

40-50 * 30-40 * 45-50 * 35-40 * 35-45 * 30-35 *

Dot

ate

di c

oesi

one

Argi

lle

Bentonite soffice Argilla organica molto soffice Argilla leggermente soffice, organica Argilla glaciale soffice Argilla glaciale compatta Morena di fondo a granulometria assortita

80/30 90/40

100/60 110/76

130/105 145/130

13/6 14/6

16/10 17/12 20/17 23/20

7-13 12-16 22-27 27-32 30-32 32-35

200-400 200-600

400-1000 600-1500

1500-3000 3000-5000

10-20 10-30 20-50 30-70

70-150 150-250

Rocc

e

Rocce ignee dure (granito, basalto, porfido) Rocce metamorfiche (quarzite, gneiss, ardesia) Rocce sedimentarie dure (calcare, dolomia, arenaria) Rocce sedimentarie tenere (arenaria, carbone, calcare tenero, marna)

** 160-190

160-180

150-180

110-150

25-30

25-28

23-28

17-23

35-45

30-40

35-45

25-35

720000- 1150000 400000- 800000 200000- 600000 20000- 400000

35000- 55000 20000- 40000 10000- 30000 1000- 20000

* I valori massimi degli angoli d’attrito in materiali privi di coesione siriscontrano per sollecitazioni a basso confinamento o normali, come si vedrànel Capitolo 5.** Per roccia compatta la massa volumica non varia in modo significativo tralo stato secco e quello saturo, fatta eccezione per materiali come le arenarieporose.

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R = cA+W cosψ tanφ (3)

ove R = τA è la forza di taglio che si oppone allo scivolamentoverso il basso.

Il blocco sarà proprio sul punto di scivolare, ossia in una condi-zione di equilibrio-limite, se la forza agente, diretta lungo il piano,è esattamente uguale alla forza resistente:

W sinψ = cA+W cosψ tanφ (4)

Se la coesione c = 0, la condizione d’equilibrio-limite definitadall’equazione 4 si semplifica in:

ψ = φ (5)

Influenza della pressione idrostatica sulla resistenza altaglio

L’influenza della pressione idrostatica sulla resistenza al tagliodelle superficie in contatto può essere dimostrata nel modo piùefficace mediante l’esperimento della lattina di birra.

Si posi una lattina di birra aperta, riempita d’acqua, su una tavoladi legno inclinata, come mostrato nello schizzo a lato. Le forze cheagiscono in questo caso sono esattamente le stesse che agiscono sulblocco di roccia, come mostrato nel disegno alla pagina precedente.Per semplicità, la coesione fra la base della lattina ed il legno èposta uguale a zero. In accordo con l’equazione 5 la lattina con ilsuo contenuto d’acqua scivolerà lungo la tavola quando ψ1 = φ.

La base della lattina venga ora forata in modo che l’acqua possaentrare nello spazio fra la base e la tavola dando luogo ad unapressione idrostatica u, quindi ad una forza di sollevamento U =uA, ove A è l’area di base della lattina.

La forza normale W cosψ2 è ora ridotta da questa forza di solle-vamento U e la resistenza allo scivolamento diviene:

R = (W cosψ2 − U) tanφ (6)

Se il peso per unità di volume della lattina con l’acqua è γt mentrequello dell’acqua è γw, allora W = γthA ed U = γwhwA, ove he hw sono le altezze indicate nello schizzo piccolo. Da questoapparirà che hw = h cosψ2, quindi:

U =γwγtW cosψ2 (7)

Sostituendo in (6):

R =W cosψ2(1−γwγt

) tanφ (8)

onde la condizione per l’equilibrio-limite definita nell’equazione 4diviene:

tanψ2 = (1− γwγt

) tanφ (9)

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Supponendo che l’angolo d’attrito tra lattina e legno sia 30◦, lalattina non bucata scivolerà se il piano è inclinato di ψ1 = 30◦

(secondo l’equazione 5). Viceversa la lattina bucata scivolerà perun’inclinazione molto più piccola poichè la forza U ha ridotto laforza normale, quindi anche la resistenza per attrito allo scivola-mento. La massa totale della lattina più l’acqua è solo di pocomaggiore della massa dell’acqua. Ponendo per ipotesi γwγt = 0.9 eφ = 30◦, l’equazione 9 mostra che la lattina bucata scivolerà se ilpiano è inclinato di ψ2 = 3◦18′.

La legge della forza efficace

L’effetto della pressione dell’acqua sulla base della lattina di birrabucata è analogo all’influenza della pressione idrostatica che agiscesulle superficie d’un campione sottoposto a prova di taglio, comeillustrato nello schizzo a lato. La forza σ che agisce normalmentealla superficie di taglio viene ridotta alla forza efficace (σ−u) dallapressione idrostatica u. La relazione fra la resistenza al taglio e laresistenza normale, definita dall’equazione 1, diventa allora:

τ = c+ (σ − u) tanφ (10)

Nella maggior parte delle rocce litoidi ed in molte terre sabbiosee ghiaiose le caratteristiche di coesione e di attrito (c e φ) nonvengono modificate in modo significativo dalla presenza d’acquaquindi la riduzione della resistenza al taglio di questi materialiè dovuta quasi interamente alla diminuzione della forza normaletrasversalmente alle superficie di rottura. Ai fini delle caratteri-stiche di resistenza delle rocce litoidi, delle sabbie e delle ghiaie,quindi, è più importante la pressione idrostatica che non il tenoredi umidità. In fatto di stabilità delle scarpate, la presenza di unpiccolo volume d’acqua ad alta pressione intrappolato entro l’am-masso roccioso è più importante d’un grande volume d’acqua chesi scarica liberamente da un acquifero drenato.

Nel caso di rocce tenere, come le siltiti e le marne, ed anche diargille, sia la coesione che l’attrito possono modificarsi in modospiccato a seguito di variazioni del tenore d’umidità, per cui, quan-do si eseguono prove su questi materiali, è indispensabile garantireche il contenuto d’umidità durante l’indagine sia il più vicino pos-sibile a quello ‘in situ’. Si noti che la legge della forza efficacedefinita nell’equazione 10 è applicabile anche a questi materiali,ma che in più c e φ cambiano.

L’effetto della pressione idrostatica in una fessura di tra-zione

Si consideri il caso del blocco che poggia sul piano inclinato, ma,in questo esempio si supponga il blocco attraversato da una fes-sura di trazione riempita d’acqua. La pressione idrostatica nellafessura di trazione aumenta linearmente con la profondità, cosic-chè lungo il piano inclinato agisce una forza totale V , diretta inavanti, dovuta alla pressione idrostatica, che spinge sulla faccia

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posteriore del blocco. Ammettendo che la pressione idrostaticasi trasmetta attraverso l’intersezione tra la fessura di trazione ela base del blocco, lungo questa si riscontrerà la distribuzione dipressioni illustrata nello schizzo a margine. Questa pressione idro-statica si traduce in una forza di sollevamento U che riduce la forzanormale agente in senso opposto.

La condizione d’equilibrio-limite per questo caso di blocco sog-getto alle forze V ed U in aggiunta alla sua massa W è definitada:

W sinψ + V = cA+ (W cosψ − U) tanφ (11)

Da questa equazione si evince che viene accresciuta la forza de-stabilizzante tendente a provocare lo slittamento del blocco lungoil piano e che viene diminuita la resistenza d’attrito opponentesiallo scivolamento, quindi che sia V sia U comportano una diminu-zione di stabilità. Benché le pressioni idrostatiche in gioco sianorelativamente piccole, esse agiscono su aree estese, quindi le forzerisultanti possono essere molto grandi. In molti degli esempi pra-tici che di seguito passeremo in rassegna la presenza dell’acquanel pendio risulta critica per la stabilità poichè genera forze disollevamento e spinte nelle fessure di trazione.

Il consolidamento per la prevenzione degli scivolamenti

Uno dei mezzi più efficaci per rendere stabili blocchi o lastre diroccia che rischiano di scivolare lungo superficie di discontinuitàinclinate è quello di mettere in opera barre o cavi d’ancoraggiopretesi. Si consideri il blocco che giace sul piano inclinato e che èsoggetto alla forza di sollevamento U ed alla forza V dovute allapressione idrostatica nella frattura di trazione. Una barra messain tensione ad un carico T viene installata secondo l’angolo d’in-clinazione β rispetto al piano inclinato, come illustrato. Il vettoredella tensione T della barra, che agisce parallelamente a detto pia-no, è T cosβ mentre quello che agisce normalmente alla superficied’appoggio del blocco è T sinβ. La condizione di equilibrio-limiteper questo caso è espressa da:

W sinψ+ V − T cosβ = cA+ (W cosψ−U + T sinβ) tanφ (12)

Questa equazione mostra che la tensione dell’ancoraggio riduce laforza destabilizzante che agisce lungo il piano ed aumenta quellanormale, quindi la resistenza per attrito fra la base del blocco edil piano.

Coefficiente di sicurezza d’una scarpata

Tutte le equazioni che definiscono la stabilità d’un blocco su di unpiano inclinato sono state presentate per la condizione di equilibrio-limite, cioè quella nella quale le forze che tendono a provocare loscivolamento sono esattamente controbilanciate da quelle che vi sioppongono. Allo scopo di confrontare la stabilità di scarpate postein condizioni diverse da quelle dell’equilibrio-limite sono necessari

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degli indicatori: quello usato più comunemente è il coefficiente disicurezza. Questo può essere definito come rapporto fra la forzatotale disponibile per contrastare lo scivolamento e la forza totaleche tende a provocarlo. Considerando il caso del blocco staccatoper opera della spinta idrostatica e stabilizzato da un ancoraggiopreteso (equazione 12), il coefficiente di sicurezza è dato da:

F =cA+ (W cosψ − U + T sinβ) tanφ

W sinψ + V − T cosβ(13)

Quando la scarpata sta per cedere, s’instaura una condizione diequilibrio-limite nella quale la forza resistente e quella agente sonouguali, come sancito dall’equazione 12, ed il coefficiente di sicu-rezza è F = 1. Se la scarpata è stabile le forze resistenti sono mag-giori di quelle agenti ed il coefficiente di sicurezza sarà superioreall’unità.

Si supponga che, in una situazione reale di miniera, l’osservazio-ne del comportamento d’una scarpata riveli indizi d’imminentedissesto e che si decida perciò di tentare di stabilizzarla. L’e-quazione 14 mostra che il valore del coefficiente di sicurezza puòessere incrementato diminuendo sia U che V mediante drenag-gio, od aumentando il valore di T mediante la posa di barre ocavi d’ancoraggio pretesi. E’ inoltre possibile modificare la forza-peso W del blocco che cede, ma l’influenza di questa operazionesul coefficiente di sicurezza deve essere attentamente valutata, dalmomento che sia le forze agenti sia quelle resistenti diminuisconoal diminuire di W .

La tensione dell’ancoraggio necessaria per fornire un dato coeffi-ciente di sicurezza F è minima se l’angolo β soddisfa l’equazione:

tanβ =1

Ftanφ (14)

Questo risultato si ottiene differenziando l’equazione 13 rispettoa β e ponendo dT

dβ = 0 e dFdβ = 0.

L’esperienza pratica dimostra che, in una situazione come quellaappena descritta, un aumento del coefficiente di sicurezza da 1.0ad 1.3 è per lo più sufficiente nel caso di scarpate di miniera, perle quali non è necessario un tempo di stabilità molto lungo. Perscarpate critiche adiacenti a piste di servizio o ad installazioniimportanti si preferisce di solito un coefficiente di sicurezza di 1.5.

Questo esempio è stato citato per sottolineare il fatto che il coef-ficiente di sicurezza è un indicatore molto apprezzabile per la pro-gettazione quando lo si usi come termine di paragone. In questocaso i tecnici ed i dirigenti della miniera, basandosi sull’osservazio-ne del comportamento della scarpata hanno concluso che sussisteuna condizione d’instabilità e che il valore del coefficiente di si-curezza è 1.0. Se si adottano misure di prevenzione, il calcolodel nuovo coefficiente di sicurezza esprime, con il suo incremen-to, l’entità della loro efficacia rispetto alla condizione d’instabili-tà precedente. Hoek & Londe [23], in una rassegna generale deimetodi di progettazione di scarpate in roccia e di fondazioni, af-fermano che il dato più utile per l’ingegnere progettista è quello

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che fornisce la risposta della struttura alle variazioni di parametrisignificativi. Quindi le decisioni su interventi di prevenzione comei drenaggi possono essere prese in funzione del tasso d’incrementodel coefficiente di sicurezza, anche se non si puo’ fare affidamentosul valore assoluto calcolato per quest’ultimo. ‘Lo scopo dell’in-gegnere progettista è giudicare con buon senso, non calcolare conesattezza’: affermazione significativa che traiamo da tale rassegnagenerale.

Nell’elaborazione dello studio di fattibilità per una futura minieraa cielo aperto o per un’opera di ingegneria civile, l’ingegnere geo-tecnico ha spesso il compito di progettare scarpate dove non ne èesistita alcuna in precedenza. In casi simili mancano esperienze diriferimento sul comportamento delle scarpate. L’ingegnere potràcalcolare un coefficiente di sicurezza pari a 1.3 per un particolareprogetto basato sui dati disponibili ma non saprà mai se tale va-lore corrisponda ad una scarpata abbastanza stabile poiché nonha avuto la possibilità di osservare il comportamento di scarpatesimili esistenti in quel particolare ammasso di roccia. In tali con-dizioni si consiglia all’ingegnere d’essere prudente nella scelta deiparametri da inserire nel calcolo del coefficiente di sicurezza. Do-vrebbe far ricorso a valori prudenzialmente bassi sia della coesioneche dell’attrito e, se le condizioni idrogeologiche sono sconosciute,dovrebbe introdurre nei calcoli il più alto livello prevedibile per lafalda. Si possono effettuare anche analisi particolareggiate suglieffetti del drenaggio e degli ancoraggi, come nel caso di cui sopra,ma il progettista della scarpata non corre il rischio d’incappare insorprese sgradevoli al momento dello scavo se ha scelto parametriprudenziali di resistenza della roccia.

Negli ultimi capitoli di questo libro verranno presentati numerosiesempi pratici per illustrare i vari tipi di progetti di scarpate roc-ciose nei quali potrà imbattersi il Lettore. In tali esempi sarannoesaminati i problemi inerenti l’acquisizione dei valori di resisten-za della roccia, dei dati strutturali e delle condizioni delle acquesotterranee da introdurre nel calcolo del coefficiente di sicurez-za; inoltre saranno formulati consigli sui valori del coefficiente disicurezza più congrui per ogni tipo di progetto.

Cedimenti di scarpata per i quali può essere calcolato ilcoefficiente di sicurezza

Nel trattare del meccanismo fondamentale di cedimento delle scar-pate si è fatto ricorso al modello del blocco unico che scivola lungoun piano inclinato. E’ questo il modello più semplice possibile didissesto, ma, nella maggioranza dei casi reali, bisogna contemplareun fenomeno più complesso. In alcuni casi i metodi di calcolo delcoefficiente di sicurezza qui presentati non potranno essere appli-cati perché il processo di rottura non comporta uno scivolamentogravitazionale semplice. Casi simili verranno presi in considera-zione più avanti in questo capitolo. Si può far ricorso al meto-do dell’equilibrio-limite per analizzare i dissesti di scarpata comequelli elencati qui di seguito.

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Scivolamento planare

Come illustrato nello schizzo a lato, si verifica uno scivolamen-to planare quando una discontinuità geologica, come un piano distratificazione, ha direzione parallela al fronte di scarpata e s’im-merge verso lo scavo secondo un angolo superiore a quello d’at-trito. Il calcolo del coefficiente di sicurezza ricalca lo schema diquello adottato per il blocco singolo (equazione 14). L’area di ba-se A e la massa W del blocco che scivola sono calcolati in basealla conformazione geometrica del fronte di scarpata e del pianodi scivolamento. Nel calcolo si può includere anche una fratturadi trazione parallela al ciglio della scarpata.

Una dettagliata disamina sull’analisi del cedimento planare si tro-va nel Capitolo 7.

Scivolamento a cuneo

Quando due discontinuità hanno direzione obliqua rispetto al fron-te di scarpata e le loro tracce affiorano sul medesimo, il cuneo diroccia che delimitano scivolerà lungo la linea d’intersezione, am-messo che questa abbia un’inclinazione significativamente maggio-re dell’angolo di attrito. Il calcolo del coefficiente di sicurezza èpiù complicato che non nel caso dello scivolamento planare poichédevono essere calcolate sia le aree d’appoggio su entrambi i pianidi scivolamento, sia le forze normali ad essi.

L’analisi degli scivolamenti a cuneo viene presa in esame nel Ca-pitolo 8.

Scorrimento rotazionale

Quando il materiale è molto tenero, come in una scarpata di ter-ra, o quando l’ammasso roccioso è molto fratturato, come in unadiscarica di detriti, il cedimento sarà delimitato da una superficiedi discontinuità singola che tende a seguire un andamento curvo.Questo tipo di dissesto, illustrato nello schizzo a lato, è stato de-scritto in modo esaurientemente dettagliato in molti trattati dimeccanica delle terre, per cui non v’è alcuna utilità a riprendere,in questo libro, codeste trattazioni approfondite. Nel Capitolo 9viene presentata una serie di cinque grafici sugli scorrimenti rota-zionali, nonché numerosi esempi reali che mostrano in qual modopossa essere calcolato il coefficiente di sicurezza per casi semplicidi scorrimento rotazionale di scarpate.

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Figura 10: Relazione fra angolo d’inclinazione ed altezza di scarpata per diversi materiali

Rottu

ra d

i mat

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com

patto

di r

occi

a a

stra

ti or

izzo

ntal

i. An

alis

i no

n re

alis

tica  

Cedimento planare su 

superficie di 

discontinuità passanti, 

quali giunti di fissilità o 

di stratificazione 

Superficie di rottura a 

gradini in am

massi 

rocciosi a b

locchi duri 

come calcari 

Scorrim

ento di tipo 

rotazionale in rocce 

molto fittamente 

diaclasate e in discariche 

di detrito roccioso 

Scorrim

ento rotazionale 

in  terre ed argille, tipico 

di scarpate di riporto ed 

in rilevati di detriti 

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Relazione fra altezza critica del pendio ed angolo di scar-pa

Una delle forme più pratiche di presentare i dati per il progettod’una scarpata è un grafico che correla le altezze di scarpata egli angoli di scarpa per condizioni-limite, sul modello della cur-va tratteggiata nella Fig. 7. Sono stati analizzati numerosi casitipici di frane e nella Fig. 10 viene messa in grafico la relazioneosservata fra le altezze critiche di pendio e gli angoli di scarpa.Questa ha lo scopo di fornire al lettore un’idea complessiva deltipo di relazione esistente per vari materiali e dell’influenza eser-citata dall’acqua sotterranea sulla stabilità. Il Lettore dovrebbeguardarsi dall’assumere questa figura come base per la proget-tazione d’una particolare scarpata, dal momento che i fattori ingioco possono differire da quelli ipotizzati per ottenere i risultatiivi presentati. Ogni singola scarpata deve essere studiata facendoricorso ai metodi esposti nei Capitoli 7, 8 e 9.

Scarpate per le quali non può essere calcolato il coeffi-ciente di sicurezza

Le modalità di cedimento esaminate finora comportano tutte ilmovimento d’un ammasso di materiale su una superficie di scivo-lamento. Un’analisi del dissesto od un calcolo del coefficiente disicurezza per tali scarpate richiede che sia nota la resistenza altaglio sulla superficie di scivolamento (definita da c e φ). Esisto-no però alcuni tipi di dissesto di scarpata che non possono essereanalizzati con i metodi già descritti, anche se sono noti i para-metri di resistenza del materiale, poiché il fenomeno non compor-ta un semplice scivolamento. Questi casi verranno trattati nelleprossime pagine.

Distacco per ribaltamento (‘toppling’)

Si consideri ancora una volta un blocco di roccia poggiante sudi un piano inclinato, come mostrato in Fig. 11a. In questo casole dimensioni del blocco sono definite da un’altezza h e da unalunghezza di base b e si pone per ipotesi che la forza resistenteal moto del blocco verso il basso sia dovuta solo all’attrito, cioèc = 0.

Se il vettore che rappresenta la massa W del blocco cade entro labase b, lo scivolamento del blocco si verificherà qualora l’inclina-zione ψ del piano sia maggiore dell’angolo di attrito φ. Tuttavia,se il blocco è alto e stretto (h > b), il vettore W può cadere al difuori della base b ed in tal caso il blocco si ribalterà ovvero ruoteràsullo spigolo d’appoggio inferiore.

Le condizioni per lo scivolamento e/o il ribaltamento di questoblocco singolo sono mostrate in Fig. 11b. I quattro campi deldiagramma sono definiti come segue:

Dissesto per ribaltamento in una cavad’ardesia.

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Figura 11a: geometria del blocco su piano inclinato.

Figura 11b: condizioni di scivolamento e ribaltamento del blocco su pianoinclinato.

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Campo 1: ψ < φ e bh > tanψ, il blocco è stabile e non

scivolerà né si ribalterà.Campo 2: ψ > φ e b

h > tanψ, il blocco scivolerà ma non siribalterà.

Campo 3: ψ < φ e bh < tanψ, l blocco si ribalterà ma non

scivolerà.Campo 4: ψ > φ e b

h < tanψ, il blocco può scivolare eribaltarsi simultaneamente.

Per studiare la stabilità d’un siffatto blocco possono essere im-piegati i metodi dell’equilibrio-limite solo per i campi 1 e 2. Ildissesto che comporta ribaltamento, cioè per i campi 3 e 4 a de-stra della curva in Fig. 11b, non può essere analizzato in questomodo. Nel Capitolo 10 verranno presi in considerazione i metodidi studio dei dissesti per ribaltamento.

Scarpate soggette a sgretolamento (‘ravelling’)

Coloro che frequentano zone di montagna avranno familiarità congli accumuli di detrito che si trovano alla base di scarpate ripide.Questi detriti sono generalmente costituiti da frammenti di rocciache si sono staccati dalla parete rocciosa e che, cadendo uno peruno, hanno formato l’accumulo (detrito di falda). L’espansione ela contrazione cicliche, conseguenti al gelo ed al disgelo dell’acquain fratture e fessure entro l’ammasso roccioso, sono fra le causeprincipali dello sgretolamento dei declivi, ma in questo tipo didissesto può avere una parte anche il graduale deterioramento delmateriale che cementa i singoli blocchi l’un l’altro.

La degradazione, od il deterioramento che colpisce certi tipi di roc-cia, in affioramento, darà luogo anche all’ allentamento dell’am-masso roccioso ed all’accumulo graduale di materiali sul fronte edal piede del pendio. Alcune delle ripercussioni di tipo ingegneristi-co della degradazione sono state passate in rassegna da Goodman[24], che fornisce notizie bibliografiche utili sull’argomento [25–30].

Sono stati fatti pochi tentativi seri di analizzare il processo didissesto delle scarpate per sgretolamento, poiché la caduta di pic-coli pezzi singoli di roccia non costituisce un rischio grave. Se lastabilità d’un accumulo di detrito o di materiale degradato ha laprobabilità d’essere compromessa dallo scavo d’una scarpata, lasicurezza dello scavo stesso può essere valutata tramite uno deimetodi descritti nei Capitoli 7, 8 e 9. Il metodo d’analisi delloscorrimento rotazionale, descritto nel Capitolo 9, potrebbe essereapplicato di regola, a meno che, per la dimensione dello scavo,diventi probabile intaccare l’ammasso della roccia sana in posto.

E’ importante che il progettista della scarpata riconosca l’influenzadella degradazione sulla natura del materiale col quale ha a chefare; questo argomento sarà trattato in modo più particolareggiatonel Capitolo 7.

Sgretolamento del materiale superficialealterato in un pendio.

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Impostazione probabilistica della progettazione di scar-pate

La teoria delle probabilità ha due funzioni distinte nella progetta-zione delle scarpate:

a. nell’analisi delle popolazioni o delle famiglie di discontinuitàstrutturali, per stabilire se esistano orientazioni dominanti opreferenziali entro l’ammasso roccioso;

b. come alternativa al coefficiente di sicurezza, nel senso di indi-catore della stabilità (od instabilità) della scarpata.

La prima funzione sarà presa in esame nel Capitolo 3, che trattala presentazione grafica dei dati geologici; la seconda, cioè quellain cui la probabilità di cedimento sostituisce il coefficiente di sicu-rezza come indicatore di stabilità è stata sostenuta energicamenteda McMahon [31] ed è stata applicata da numerosi altri Autori[32–35].

E’ facilmente comprensibile come il ricorso alla seconda funzionenon abbia ripercussioni sulle altre fasi dello studio sulla stabili-tà. Infatti la raccolta di dati geologici segue il medesimo schemafondamentale descritto in questo libro. La meccanica del dissestoviene trattata con lo stesso procedimento e le stesse limitazioniche si applicano ai tipi di cedimento analizzabili. La teoria del-le probabilità non offre attualmente alcun vantaggio particolarenell’analisi dei tipi di dissesto per ribaltamento, sgretolamento odeformazione (‘buckling’).

Crollo di colonne di dolerite a giunti sub-verticali causato dalla degradazione di unaformazione scistosa sottostante.

Gli Autori hanno scelto di presentare in questo libro tutte le anali-si di stabilità in termini di coefficiente di sicurezza. Tale decisioneè stata presa poiché si giudica che la disamina sia più chiara peril Lettore non specialista, al quale è dedicato questo testo. Il Let-tore che crede d’aver compreso i principi fondamentali dell’analisidelle scarpate è caldamente esortato ad esaminare la bibliografiasull’uso della teoria delle probabilità per decidere da solo se siapreferibile sostituire il coefficiente di sicurezza con la probabilitàdi cedimento.

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Capitolo 2 Bibliografia

11. BLAKE, W. Stresses and displacements surrounding an openpit in a gravity loaded rock. U.S. Bureau of Mines Report ofInvestigations 7002, Aug. 1967, 20 pagine.

12. BLAKE, W. Finite element model is excellent pit tool. Mi-ning Engineering, A.I.M.E., Vol. 21, No. 8, 1969, pagine 79–80.

13. YU, Y.S., GYENGE, M. and COATES, D.F. Comparison ofstress and displacement in a gravity loaded slope by photoe-lasticity and finite element analysis. Canadian Dept. Energy,Mines and Resources Report MR 68-24 ID, 1968.

14. WANG, F.D. and SUN, M.C. Slope stability analysis by fi-nite element stress analysis and limiting equilibrium method.U.S. Bureau of Mines Report of Investigations 7341, January1970, 16 pagine.

15. STACEY, T.R. The stresses surrounding open-pit mine slo-pes. Planning open pit mines. Johannesburg Symposium,1970. Published by A.A.Balkema, Amsterdam, 1971, pagine199–207.

16. HOEK, E. The influence of structure upon the stability ofrock slopes. Proc. 1st Symposium on Stability in Open PitMining, Vancouver, 1970. Published by A.I.M.E., New York,1971, pagine 49–63.

17. TERZAGHI, K. Stability of steep slopes in hard unweatheredrock. Geotechnique, Vol. 12, 1962, pagine 251–270.

18. MULLER, L. The european approach to slope stability pro-blems in open pit mines. Proc. 3rd Symposium on Rock Me-chanics. Colorado School of Mines Quarterly, Vol. 54, No. 3,1959, pagine 116–133.

19. GOODMAN, R.E., TAYLOR, R.L. and BREKKE, T.L. Amodel for the mechanics of jointed rock. A.S.C.E. Procee-dings, J. Soil Mech. Foundation Div., Vol. 94, No. SM3, 1968,pagine 637–659.

20. CUNDALL, P.A. A computer model for simulating progressi-ve large-scale movements in blocky rock systems. Symposiumon Rock Fracture, Nancy, France. October 1971, Section 2–8.

21. KLEY, R.J. and LUTTON, R.J. Engineering properties ofnuclear craters: a study of selected rock excavations as re-lated to large nuclear craters. Report U.S. Army Engineers,No. PNE 5010, 1967, 159 pagine.

22. ROSS-BROWN, D.R. Slope design in opencast mines. Ph.DThesis, Imperial College, London University, 1973, 250 pagi-ne.

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23. HOEK, E. and LONDE, P. Surface workings in rock. Advan-ces in Rock Mechanics. Proc. 3rd Congress of the Interna-tional Society for Rock Mechanics, Denver, 1974. Publishedby National Academy of Sciences, Washington, D.C., 1974,Vol. 1A, pagine 612–654.

24. GOODMAN, R.E. Methods of geological engineering in di-scontinuous rocks. West Publishing Co., St Paul, Minnesota,1976, 472 pagine.

25. RUXTON, B.P. and BERRY, L. Weathering of granite andassociated erosional features in Hong Kong, Bulletin Geolo-gical Society of America, Vol. 68, 1957, pagina 1263.

26. DEERE, D.U. and PATTON, F.D. Slope stability in residualssoil, Proc. 4th Pan American Conference on Soil Mechanicsand Foundation Engineering, San Juan, Puerto Rico, Vol. 1,1971, pagine 87–170.

27. FOOKES, P.G. and HORSWILL, P. Discussion of enginee-ring grade zones. Proc. Conference on In-situ testing of Soilsand Rock, Institution of Civil Engineers, London, 1970, pagi-na 53.

28. SAUNDERS, M.K. and FOOKES, P.G. A review of the rela-tionship of rock weathering and climate and its significanceto foundation engineering. Engineering Geology, Vol. 4, 1970,pagine 289–325.

29. DEERE, D.U., MERRITT, A.H. and COON, R.F. Enginee-ring classification of in situ rock. Technical Report No.AFWL-67-144, Air Force Systems Command, Kirtland Air ForceBase, New Mexico, 1969.

30. SPEARS, D.A. and TAYLOR, R.K. The influence of weathe-ring on the composition and engineering properties on in-situcoal measure rocks. International Journal of Rock Mechanicsand Mining Sciences, Vol. 9, 1972, pagine 729–756.

31. McMAHON, B.K. A statistical method for the design of rockslopes. Proc. First Australia-New Zealand Conference on Geo-mechanics. Melbourne, 1971, Vol. 1, pagine 314–321.

32. McMAHON, B.K. Design of rock slopes against sliding onpre-existing fractures. Advances in Rock Mechanics, Proc. 3rdCongress of the International Society for Rock Mechanics,Denver 1974. Published by National Academy of Sciences,Washington D.C., 1974, Vol. 11B, pagine 803–808.

33. SHUK, T. Optimisation of slopes designed in rock. Proc. 2ndCongress of the International Society for Rock Mechanics,Belgrade, 1970, Vol. 3, Sect. 7–2.

34. LANGEJAN, A. Some aspects of safety factors in soil me-chanics considered as a problem of probability. Proc. 6thInternational Conference on Soil Mechanics and FoundationEngineering, Montreal, 1965, Vol. 2, pagine 500–502.

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35. SERRANO, A.A. and CASTILLO, E. A new concept aboutthe stability of rock masses. Advances in Rock Mechanics,Proc. 3rd Congress of the International Society for Rock Me-chanics, Denver, 1974. Published by National Academy ofSciences, Washington D.C., 1974, Vol. 11B, pagine 820–826.

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Capitolo 3 Presentazione grafica dei dati geologici

Introduzione

L’influsso principale delle discontinuità geologiche sul comporta-mento delle scarpate in roccia è stato già messo in evidenza, per cuipochi ingegneri o geologi dubiterebbero della necessità di basarei calcoli di stabilità su un’adeguata disponibilità di dati geologici.Ma che cosa s’intende per adeguata disponibilità di dati? Di qualetipo e quanto particolareggiati devono essere i dati da raccogliereper un’analisi di stabilità?

Questa domanda assomiglia molto a quella se sia nato prima l’uo-vo o la gallina. È questione da poco raccogliere dati riguardantiscarpate stabili, ma un pendio in condizioni di stabilità critichepuò essere definito tale solo se è disponibile una quantità di in-formazioni sufficiente per valutarne la sicurezza. La raccolta didati, perciò, deve essere condotta in due fasi come suggerito nelloschema di Fig. 6.

La prima fase comprende l’esame delle carte geologiche regiona-li esistenti, di foto aeree, di affioramenti facilmente accessibili edelle carote prelevate mediante sondaggi esplorativi. Un’analisipreliminare di tali dati permetterà d’individuare le scarpate cheprobabilmente si trovano in condizioni critiche di stabilità e cherichiedono uno studio più approfondito.

La seconda fase consiste nell’esame più particolareggiato delle ca-ratteristiche geologiche di queste zone critiche e può richiederel’esecuzione di appositi sondaggi al di fuori del giacimento mine-rario, lo scavo di trincee o cunicoli esplorativi, nonché il rilievodettagliato e l’analisi delle discontinuità.

Un aspetto importante delle ricerche geologiche, sia nella primache nella seconda fase, è la presentazione dei dati in una formache possa essere compresa ed interpretata da altri eventualmentechiamati a collaborare all’analisi di stabilità o consultati per ve-rificarne i risultati. Ciò significa che ogni persona interessata de-ve essere a conoscenza dell’esatto significato dei termini geologiciusati e deve capire il sistema di presentazione dei dati.

Le definizioni ed i metodi grafici seguenti vengono proposti cometraccia al Lettore che può non essere ancora abituato ad usarli.Ciò non implica che questi siano le migliori definizioni o metodifruibili, per cui il Lettore che ha già preso familiarità con altrimetodi può certamente continuare a seguirli. Quello che importaè che le tecniche usate in ogni ricerca dovrebbero essere definitechiaramente in legende allegate al rapporto, in modo da evitareogni errore derivante da malintesi.

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Definizione dei termini geologici

Materiale roccioso o roccia intatta: nel contesto di questa tratta-zione si riferisce all’insieme consolidato e cementato di particelleminerali che forma i blocchi compatti fra le discontinuità nell’am-masso roccioso. Per la maggior parte delle rocce ignee e metamor-fiche dure, la resistenza della roccia intatta è maggiore di uno odue ordini di grandezza rispetto a quella dell’ammasso roccioso,onde nei processi di dissesto di scarpata generalmente non si ri-scontra la rottura del materiale intatto. Nelle rocce sedimentarie,più tenere, il materiale intatto può essere relativamente debole,quindi la sua rottura può avere una parte importante nel dissesto.

Ammasso roccioso: è la roccia in situ resa discontinua da sistemi dilineamenti strutturali come giunti, faglie e superficie di stratifica-zione. Una rottura di scarpata in un ammasso roccioso è per lo piùassociata ad un movimento su queste superficie di discontinuità.

Detrito roccioso o roccia frantumata (= marino) designa un am-masso roccioso che è stato scompaginato da interventi meccanici,come abbattimento con esplosivo, scarificazione o frantumazione,tali da distruggere la coesione naturale della roccia in sito. Il com-portamento di questo detrito roccioso o roccia frantumata è similea quello d’una sabbia o ghiaia lavata con la differenza principaledovuta alla spigolosità dei frammenti di roccia.

Discontinuità o superficie di debolezza sono quei lineamenti strut-turali che separano blocchi intatti di roccia entro un ammasso.Molti ingegneri li denominano indistintamente giunti, ma questaè una semplificazione riduttiva, dal momento che le loro proprie-tà meccaniche variano in accordo con il loro processo genetico.Quindi faglie, filoni, piani di stratificazione, clivaggio, giunti didecompressione e giunti di taglio mostreranno tutti caratteristi-che distinte e reagiranno in modi diversi alle forze applicate loro.E’ disponibile un’imponente bibliografia che tratta questo argo-mento, per cui rimandiamo ad essa [36-37-38] per qualsivogliaapprofondimento il Lettore interessato. Per gli scopi di questatrattazione il termine discontinuità verrà usato di regola per defi-nire il piano di debolezza strutturale sul quale può verificarsi unmovimento. Si potrà fare riferimento al tipo di discontinuità soloquando la descrizione fornirà all’ingegnere progettista gli elementiper decidere in merito alle caratteristiche meccaniche da associaread una data discontinuità.

Uno schema strutturale ordinato nelleardesie.

Discontinuità principali sono lineamenti strutturali piani, conti-nui, come le faglie, che possono comportare una tale debolez-za, rispetto a qualsiasi altra discontinuità nell’ammasso roccioso,da condizionare il comportamento d’una determinata scarpata.Lamaggior parte dei grandi scoscendimenti che si sono verificati negliscavi minerari a cielo aperto sono connessi a faglie, per cui bisognadedicare una speciale cura al rilevamento di tali strutture.

Famiglie di discontinuità si riferisce agli insiemi comprendenti di-scontinuità che hanno approssimativamente la stessa inclinazioneed orientazione.La maggior parte delle discontinuità si associano

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in famiglie che hanno direzioni preferenziali, in quanto risultantida specifici processi genetici [36]. In alcuni casi le famiglie so-no chiaramente definite e facili da distinguere, mentre in altri loschema strutturale appare disordinato.

Continuità: mentre i lineamenti strutturali principali, come le fa-glie, possono prolungarsi per molte decine di metri o perfino chilo-metri, le discontinuità minori, come i giunti, possono essere moltolimitate nella loro estensione. Il dissesto in un sistema dove lediscontinuità terminano entro l’ammasso roccioso in esame com-porterà la rottura dei ponti di roccia intatta interposti fra questediscontinuità. La continuità inoltre ha un’influenza notevole sullapermeabilità d’un ammasso di roccia, dal momento che quest’ul-tima dipende dall’estensione su cui le discontinuità sono collegateidraulicamente.

Milonite o riempimento è il materiale compreso fra le due paretid’una discontinuità strutturale come una faglia. Questo materialepuò consistere in frammenti prodotti dallo scorrimento d’una su-perficie sull’altra od essere materiale precipitato da una soluzione,o prodotto da alterazione. Qualunque sia l’origine del materiale diriempimento d’una discontinuità, la sua presenza avrà un’influen-za importante sulla resistenza al taglio della discontinuità stessa.Se lo spessore del riempimento è tale che le pareti della disconti-nuità non possono venire a contatto, la resistenza al taglio globales’identificherà con quella del riempimento. Se lo strato di milo-nite è così sottile che può verificarsi contatto fra le asperità dellesuperficie della roccia, ciò modificherà la resistenza al taglio delladiscontinuità ma non la determinerà [39].

Uno schema apparentemente disordinatoin una scarpata di roccia dura.

Scabrezza: Patton [40–41] sottolinea l’influenza della scabrezzadelle superficie sulla resistenza al taglio di discontinuità struttu-rali nella roccia. Questa scabrezza agisce sia in piccola scala, alivello di granuli e di superficie di rottura, sia in grande scala, alivello di pieghe e ondulazioni nella discontinuità. La meccanicadel movimento su superficie scabre sarà discussa nel capitolo chetratta della resistenza al taglio.

Definizione dei termini geometrici

Inclinazione: è l’inclinazione massima d’una superficie di disconti-nuità strutturale rispetto all’orizzontale e viene espressa dall’ango-lo ψ illustrato nello schizzo a lato. Talvolta, quando si esamina laporzione esposta d’un piano inclinato obliquamente, è molto diffi-cile individuare l’inclinazione vera invece di quella apparente, cheè propria d’una retta qualsiasi sul piano. L’inclinazione apparenteè sempre minore di quella vera. Uno dei modelli più semplici perillustrare l’inclinazione d’un piano consiste nell’immaginare unapallina che rotola verso il basso su di un piano inclinato obliqua-mente. Il percorso della pallina seguirà sempre la linea di massimapendenza, che corrisponde all’inclinazione vera del piano.

Direzione d’immersione od azimut d’immersione è la direzionedella traccia orizzontale della linea d’inclinazione, misurata in sen-

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so orario a partire dal Nord, come indicato dall’angolo α nelloschizzo a lato.

Direzione è la traccia dell’intersezione d’un piano sghembo conun piano orizzontale di riferimento e forma angoli retti con l’in-clinazione e la direzione d’immersione del piano inclinato. L’im-portanza pratica della direzione d’un piano sta nel fatto che essarappresenta la traccia visibile d’una discontinuità sulla superficieorizzontale d’un ammasso roccioso. Quando ci si serve di direzio-ne ed inclinazione per definire un piano, è fondamentale che se nespecifichi l’azimut d’immersione. Così un piano può essere desi-gnato da una direzione N 45 E (ovvero 045◦) ed un’inclinazione di60◦dalla parte di SE. Si noti che anche un piano con inclinazionedi 60◦dalla parte di NO può avere direzione N 45 E.

Definizione dei termini geometrici:- Immersione - Azimut d’immersione -Direzione.

Nel presente testo i piani saranno sempre definiti tramite inclina-zione e direzione d’immersione. Questa convenzione è stata adot-tata per evitare ogni possibile equivoco e per facilitare i calcolirelativi alla geometria delle scarpate nei successivi capitoli; dellastessa si servono vari uffici di consulenza geotecnica per i pro-grammi di calcolo della stabilità tramite l’elaboratore. Tuttavia igeologi sono liberi di usare le misure di direzione e d’inclinazioneper annotare le loro osservazioni di campagna, se così preferiscono:in tal caso si fa ricorso ad un programma ausiliario per trasfor-mare queste misure in inclinazione e azimut d’immersione primad’immetterle nei programmi di calcolo della stabilità.

Pendenza: è l’inclinazione d’una retta, come l’intersezione di duepiani, o l’asse d’un foro di sondaggio oppure d’un tunnel.

Verso: è l’azimut della proiezione orizzontale d’una linea, misu-rato in senso orario dal Nord. Quindi corrisponde alla direzioned’immersione d’un piano.

Nel registrare le misure d’inclinazione e di direzione d’immersionemolti geologi usano il sistema di scrivere queste quantità 35/085.Dal momento che l’inclinazione d’un piano deve essere compresafra 0◦e 90◦, la misura angolare definita da 35◦corrisponde all’in-clinazione. Analogamente l’angolo 085 si riferisce alla direzioned’immersione, che è compresa fra 0◦e 360◦. Alla stessa convenzio-ne si può ricorrere per definire la pendenza ed il verso d’una lineanello spazio. Esortiamo il Lettore a seguire questa convenzioneperché gli gioverà ad eliminare errori di registrazione in campa-gna: infatti, anche se sbaglierà invertendo l’ordine dei numeri, saràchiaro per tutti che quello di due cifre si riferisce all’inclinazionee quello di tre alla direzione d’immersione.

Metodi grafici per la presentazione dei dati

Uno degli aspetti più importanti dell’analisi delle scarpate in roc-cia è la raccolta e presentazione sistematica dei dati geologici, inmodo che possano facilmente essere esaminati ed impiegati nelleanalisi di stabilità. L’esperienza insegna che le proiezioni sferi-che forniscono uno strumento efficace per la presentazione di datigeologici. L’ingegnere od il geologo che non hanno familiarità con

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detto metodo sono caldamente esortati a studiare con attenzionele pagine che seguono. Poche ore spese in questo studio eviterannomolte ore di frustrazione e d’incertezza più tardi, quando il Let-tore si troverà impegnato nello studio di progetti e nella letturadi rapporti nei quali viene seguito questo metodo.

Molti ingegneri diffidano dei metodi di proiezione sferica poichénon sono loro familiari e perchè sembrano complicati e privi dinesso apparente con i metodi ingegneristici più convenzionali dirappresentazione. Per molti anni gli Autori di questo libro hannovisto le proiezioni sferiche sotto la stessa luce, ma di fronte al-la necessità di analizzare problemi di scarpate tridimensionali inroccia, con l’aiuto d’un paziente collega geologo, si sono sforzatidi dissipare il mistero che per loro aleggiava su questi metodi, evi sono riusciti in poco tempo. Dopo d’allora la fatica è stataripagata più volte dall’efficacia e dalla versatilità che le proiezionisferiche assicurano al geomeccanico.

Si può far ricorso a vari tipi di proiezione sferica, tenendo presentile rassegne che ne hanno fatte Phillips [42], Turner & Weiss [38],Badgley [43], Friedman [44] e Ragan [45]. In questo libro vieneusata esclusivamente la proiezione equivalente, talvolta chiamataproiezione di Lambert o reticolo di Schmidt.

La proiezione conforme o stereografica, d’altra parte, offre certivantaggi, particolarmente quando viene impiegata per costruzionigeometriche ed è preferita da molti Autori. Fatta eccezione perle modalità di tracciamento delle linee di contorno degli addensa-menti polari, che verranno descritte più avanti in questo capitolo,le costruzioni ricavate sui due tipi di reticoli sono identiche, per cuiil Lettore non avrà difficoltà nell’adattare i metodi imparati nel-l’impiego di proiezioni equivalenti alle analisi mediante proiezionistereografiche.

Proiezione equivalente

La proiezione equivalente di Lambert sarà ben nota alla maggio-ranza dei Lettori come sistema usato dai geografi per rappresenta-re su di un piano la superficie sferica della Terra. Nell’applicazionedi tale proiezione alla geologia strutturale le tracce dei piani sul-la superficie d’una sfera di riferimento sono usate per definire leinclinazioni e le direzioni d’immersione dei piani stessi. Immagi-nate una sfera di riferimento libera di muoversi nello spazio, mache non può ruotare in alcun senso; qualsiasi linea radiale con-giungente un punto della superficie con il centro della sfera avràuna direzione fissa nello spazio. Se questa sfera ora viene spostatain modo da porre il suo centro sul piano considerato, il cerchiomeridiano che risulta dall’intersezione del piano stesso con la sfe-ra definirà in maniera univoca l’inclinazione e l’orientazione delpiano nello spazio. Poiché la medesima informazione è data suentrambi gli emisferi - superiore ed inferiore - solo uno di que-sti è necessario, quindi nelle applicazioni d’ingegneria s’impiegal’emisfero inferiore di riferimento per la presentazione dei dati.

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Oltre che dal cerchio meridiano, l’inclinazione e l’orientazione delpiano possono essere definite dal suo polo. Il polo è il punto in cuila superficie della sfera intercetta la semiretta radiale normale alpiano.

Per illustrare l’informazione data dal cerchio meridiano e dallaposizione del polo sulla superficie dell’emisfero di riferimento in-feriore si ricorre ad una rappresentazione bidimensionale, otte-nuta proiettando il polo sul piano orizzontale, ossia equatoriale,di riferimento. Il metodo di proiezione è illustrato nella Fig. 12.Le proiezioni polare ed equatoriale d’una sfera sono mostrate inFig. 13.

I reticoli equivalenti polare ed equatoriale, sono presentati allepagine 41 e 42 ad uso del Lettore. Copie fedeli non distorte ofotografie di questi reticoli saranno utili per seguire gli esempidati in questo capitolo e più avanti nel libro.

Il metodo più pratico d’uso del reticolo di proiezione per metterein grafico informazioni strutturali è quello di fissarlo su una tavo-letta di compensato dello spessore di 1/2 cm, come mostrato inFig. 14. Un foglio di plastica trasparente per disegno, applicatosul reticolo e fissato con nastro adesivo trasparente lungo tuttoil perimetro, terrà fermo il reticolo stesso e ne proteggerà le gra-duazioni dall’usura. I dati strutturali vengono messi in grafico suun foglio di carta da lucido fissato sul reticolo mediante uno spilloaccuratamente centrato, come nell’esempio. La carta da lucidodeve essere libera di ruotare attorno allo spillo ed è fondamentaleche questo sia infisso esattamente al centro del reticolo, altrimentila susseguente analisi sarà invalidata da errori non trascurabili.

Prima di cominciare qualsiasi elaborazione bisogna segnare la po-sizione del Nord sul foglio da disegno in modo da disporre d’unpunto di riferimento.

Figura 12: metodo di costruzione d’una proiezione equivalente.

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Figura 13: proiezionisferiche polare ed equa-toriale.

Figura 14: I dati geologi-ci vengono messi in gra-fico ed elaborati su unfoglio di carta da lucidofissato al centro del re-ticolo di proiezione permezzo d’uno spillo, comesi vede in figura. Il reti-colo è applicato ad unatavoletta di compensatoo di materiale consimile.

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Reticolo equatoriale equivalente, graduato ad intervalli di 2◦.

Disegnato con l’ausilio dell’elaboratore dal Dr. C.M. St John della RoyalSchool of Mines, Imperial College, Londra.

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Reticolo polare equivalente, graduato ad intervalli di 2◦.

Disegnato con l’ausilio dell’elaboratore dal Dr. C.M. St John della RoyalSchool of Mines, Imperial College, Londra.

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Rappresentazione d’un piano in proiezione, mediante uncerchio meridiano ed un polo

Consideriamo un piano che ha un’inclinazione di 50◦ed un azimutd’immersione 130◦. Il cerchio meridiano ed il polo che rappresen-tano questo piano vengono costruiti come segue:

Fase 1: sulla carta da lucido fissata sopra il reticolo per mezzodello spillo centrale, si ricalchi la circonferenza e si segni il puntodel Nord. Si misuri la direzione d’immersione di 130◦in senso ora-rio a partire dal Nord e se ne segni la posizione sulla circonferenzadel reticolo.

Fase 2: si ruoti la carta da lucido intorno allo spillo fino a farcoincidere il segno della direzione d’immersione con l’asse E-O delreticolo: nell’esempio la carta viene ruotata di 40◦. Si misurino50◦a partire dal cerchio esterno del reticolo e si tracci l’arco me-ridiano che identifica il cerchio meridiano corrispondente al pianoche s’immerge secondo questo angolo.

La posizione del polo, che ha un’inclinazione di (90◦–50◦), vienetrovata misurando 50◦dal centro del reticolo, come indicato, oppu-re - in alternativa - 40◦dal margine del reticolo. Il polo giace sullaproiezione della linea di direzione d’immersione che, in questa fasedella costruzione, coincide con l’asse E-O del reticolo.

Fase 3: la carta da lucido viene ora fatta ruotare di nuovo fino allasua posizione iniziale in modo che il segno del Nord vada a coin-cidere col segno del Nord sul reticolo. La configurazione finale delcerchio meridiano e del polo che rappresentano un piano inclinatodi 50◦con direzione d’immersione di 130◦è quella illustrata.

Determinazione della linea d’intersezione di due piani

Due piani aventi inclinazioni di 50◦e 30◦e rispettivamente direzionid’immersione di 130◦e 250◦, s’intersecano. Si chiede di trovarel’inclinazione e l’orientamento della linea d’intersezione.

Fase 1: Del primo di questi piani si è già detto sopra, mentreper ottenere il cerchio meridiano che definisce il secondo si se-gnino i 250◦della direzione d’immersione sulla circonferenza delreticolo, ruotando poi la carta trasparente fino a portare questosegno sull’asse E-O e tracciando l’arco meridiano corrispondenteall’inclinazione di 30◦.

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Fase 2: Si ruoti ora la carta trasparente fino a far coincidere l’in-tersezione dei due cerchi massimi con un punto dell’asse E-O delreticolo: l’inclinazione della linea d’intersezione risulta di 20.5◦.

Fase 3: La carta trasparente, infine, venga di nuovo ruotata perriportare il segno del Nord sul punto del Nord del reticolo: si trovacosì il verso delle linea d’intersezione, che è 200.5◦.

Determinazione dell’angolo fra due rette date

Date due direzioni nello spazio, ad esempio linee d’intersezioneo perpendicolari a piani, individuate da pendenza di 54◦e 40◦erispettivamente verso di 240◦e 140◦, si chiede di trovare l’angolofra tali linee.

Fase 1: Si segnino sul reticolo i punti A e B che individuano questelinee, seguendo le modalità descritte nella procedura per ubicareil polo.

Fase 2: Si faccia ruotare poi la carta trasparente fino a porta-re quei due punti sul medesimo cerchio meridiano del reticolo,cosicchè l’angolo formato dalle due linee può venire determinatocontando le graduazioni dei paralleli fra A e B lungo il cerchiomeridiano. Questo angolo risulta di 64◦.

Il cerchio meridiano sul quale giacciono A e B definisce il pia-no che contiene queste due linee, la cui inclinazione e direzioned’immersione sono rispettivamente 60◦e 200◦.

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Metodo alternativo per trovare la linea d’intersezione didue piani

Due piani, che hanno rispettivamente 50◦e 30◦d’inclinazione e130◦e 250◦di azimut d’immersione, siano definiti dai loro poli Ae B, come illustrato. La linea d’intersezione di questi due pianiviene individuata come segue:

Fase 1: Si ruoti la carta trasparente fino a portare entrambi ipoli sullo stesso cerchio meridiano. Questo definisce il piano checontiene le due normali ai piani dati.

Fase 2: Si determini il polo di questo piano misurando l’inclina-zione sull’asse E-O del reticolo. Il polo P definisce la normale alpiano che contiene A e B: questa normale è comune ad entrambii piani, essa, infatti, rappresenta la loro linea d’intersezione.

Quindi, il polo d’un piano passante per i poli di altri due pianidefinisce la linea d’intersezione di quei piani.

Messa in grafico ed analisi dei rilievi di campagna

Nel mettere in grafico i rilievi di campagna relativi ad inclinazioneed azimut d’immersione, è opportuno lavorare con poli piuttostoche con cerchi massimi, poiché i poli possono essere segnati diret-tamente su un reticolo di proiezione polare, come quello presentatoa pagina 42. Supponiamo che un piano abbia inclinazione e dire-zione d’immersione di 050/60: il suo polo è individuato sul reticoloricorrendo al valore di 50◦della direzione d’immersione (scritto incorsivo accanto al cerchio equatoriale) e misurando il valore di60◦dal centro del reticolo lungo la linea radiale. Si osservi che perquesta operazione non è necessario far ruotare la carta trasparentecentrata sul reticolo, per cui, con poco esercizio, la graficizzazionepuò essere eseguita molto rapidamente.

Verrebbe la tentazione di mettere in grafico direttamente sul re-ticolo polare le letture alla bussola, senza il passaggio intermediodell’annotazione sul libretto di campagna, ma gli Autori diffidanodal seguire questa scorciatoia. La ragione è che le misure possonoessere necessarie per altri scopi, come un’analisi tramite elabora-tore, caso in cui è di gran lunga più facile lavorare con numerianziché con punti d’un grafico.

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Figura 15: Stereogramma dei poli di discontinuità in un ammasso di rocciadura:- piani di stratificazione,- giunti,- faglia.

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Per di più, è difficile correggere errori su un grafico con parecchiecentinaia di poli e, se i dati non sono stati registrati altrove, sipuò perderne. Molti geologi, per annotare i dati di campagna,preferiscono usare un registratore vocale portatile a nastro anzi-ché il taccuino; il Lettore in ogni caso non esiti a fare prove pertrovare il metodo più adatto alle sue esigenze particolari. Quandosi graficizzano dati di campagna è raccomandabile usare simbolidiversi per rappresentare i poli che si riferiscono ai vari tipi di li-neamenti strutturali. Perciò le faglie possono essere simboleggiateda punti neri marcati, i giunti da cerchietti, i piani di stratificazio-ne da triangoli e così via. Poiché questi caratteri strutturali hannorequisiti di resistenza al taglio sensibilmente differenti, l’interpre-tazione d’un grafico di poli al fine della analisi di stabilità vienesemplificata se i diversi tipi di struttura possono essere identificatifacilmente.

In Fig. 15 è rappresentato un insieme di 351 poli di piani di stra-tificazione, di giunti, nonché d’una faglia. Poiché la faglia ha unalocalizzazione precisa nell’ammasso roccioso, è necessario consi-derare la sua influenza solo quando si analizza la stabilità dellascarpata in corrispondenza alla sua posizione. Viceversa le misu-re dei piani di stratificazione e dei giunti provengono da un’aread’affioramento roccioso estesa e costituiscono la base dell’analisidi stabilità di tutte le altre scarpate nell’ambito dei lavori di scavoprevisti.

Ancora in Fig. 15 sono evidenti due distinti addensamenti di poli:uno che comprende quelli dei piani di stratificazione nel settorenord-orientale del reticolo e l’altro che si compone di quelli deigiunti a Sud del centro del reticolo. I poli rimanenti appaionoben distribuiti e, a prima vista, non si nota nessun altro addensa-mento significativo. Per evidenziare se vi siano altri addensamentiimportanti di poli si procede ad elaborare i contorni di isodensità.

A questo scopo sono stati proposti [42–47] vari metodi, ma qui nedescriveremo solo due, scelti dagli Autori in base a numerose proveche hanno consentito di valutarne comparativamente la rapidità,la comodità e la precisione.

Metodo di conteggio delle celle curvilinee di Denness

Per ovviare a certi svantaggi di altri metodi di perimetrazione,specie quando si abbia a che fare con concentrazioni di poli moltovicine alla circonferenza del reticolo, Dennes [46] ha ideato un me-todo di conteggio nel quale la sfera di riferimento è divisa in 100celle. La cella centesimale di conteggio, individuata sulla sfera diriferimento e contrassegnata da A nello schizzo a fianco, viene pro-iettata sul reticolo di proiezione equivalente come figura curvilineaA′. Quando la cella di conteggio cade a cavallo dell’equatore dellasfera di riferimento, solo i poli che si trovano entro la sua metàinferiore verranno rappresentati sul reticolo, poiché solo l’emisferoinferiore serve nel procedimento di costruzione del grafico. La cel-la di conteggio contrassegnata B e la sua proiezione B′ illustranoquesto caso. I poli che si trovano sopra l’equatore vengono messiin grafico dalla parte opposta del reticolo, quindi il numero totale

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Reticolo di conteggio di Denness: tipo A Reticolo di conteggio di Denness: tipo B Numero di celle per anello

Angolo Numero di celle per anello

Angolo

1 0.100 360.00 3 0.172 120.00 7 0.283 51.43 10 0.360 36.00 12 0.447 30.00 16 0.539 22.50 18 0.616 20.00 20 0.700 18.00 22 0.775 16.37 24 0.855 15.00 25 0.923 14.40 27 1.000 13.33 28 1.064 12.85

Figura 16: dimensioni dei reticoli di conteggio a celle curvilinee di Denness.

di poli che cadono in una cella centesimale posta a cavallo dell’e-quatore si ottiene addizionando i poli che cadono nelle porzionipunteggiate di entrambe le proiezioni contrassegnate B′.

In Fig. 16 vengono presentati i particolari dei due tipi di reticolo diconteggio ideati da Denness. Il reticolo di tipo A serve per l’analisidi diagrammi di poli caratterizzati da addensamenti in prossimi-tà della circonferenza del reticolo, che rappresentano strati congiunti verticali. Il reticolo di tipo B è piú indicato per l’analisi dipoli di discontinuità inclinate: perciò ne raccomandiamo l’uso aiLettori poiché queste sono d’importanza preminente per l’analisidi stabilità di scarpate rocciose. In Fig. 17 è riprodotto un retico-lo di conteggio del tipo B tracciato nella stessa scala dei reticolistereografici delle pagine 41 e 42 e del diagramma di poli di Fig. 15.

Per impiegare questo reticolo a perimetrare un insieme di poli indiagramma, occorre allestirne una copia trasparente o ricalcarlo.Si tenga conto che molte fotocopiatrici apportano distorsioni ecambiamenti di scala non trascurabili; perciò, prima d’iniziareun’analisi, occorre assicurarsi di avere a disposizione copie fedelinon distorte.

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Figura 17: reticolo di conteggio di Denness a celle curvilinee, tipo B.

Figura 18: cerchi di conteggio da impiegare per tracciare i contorni degliaddensamenti di poli.

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Si centri il reticolo di conteggio trasparente sullo stereogrammadei poli e gli si sovrapponga un foglio vergine di carta da lucido;su questo si traccino poi il centro del reticolo ed il segno del Nord.Si annoti a matita al centro d’ogni cella centesimale di conteggio ilnumero di poli che cadono al suo interno. I perimetri delle zone diisodensità di poli si tracciano congiungendo i centri delle celle convalori uguali sparse sul diagramma. Se emerge che in certe zonedel diagramma c’è insufficienza di dati, si può ruotare il reticolodi conteggio come indicato con le linee tratteggiate nel disegno alato. Le nuove posizioni delle celle di conteggio servono per ot-tenere conteggi supplementari che vengono annotati nel centro ditali celle. Se necessario, il reticolo di conteggio può essere spo-stato dal centro per un piccolo raggio, in modo da procurare datisupplementari lungo una direzione radiale.

Alle zone di isodensità di poli vengono assegnati di regola valo-ri percentuali. Quindi, nel caso dei 351 poli messi in grafico inFig. 15, la zona del 2% si ottiene congiungendo le celle con 7 poli,mentre quelle con 17–18 poli corrispondono alla zona del 5%.

Metodo di conteggio del cerchio flottante

Uno degli svantaggi dell’impiego del reticolo di conteggio per pe-rimetrare un addensamento di poli è che la conformazione geome-trica del reticolo di conteggio stabilisce una relazione indiretta conla distribuzione dei poli. Se un grappolo di poli cade sul limitefra due celle di conteggio, la localizzazione corretta dell’addensa-mento può essere ottenuta solo permettendo alla cella di flottaredalla sua posizione originaria e centrandola sull’addensamento piùfitto. In alcuni casi sono necessari vari spostamenti del reticolo diconteggio per ottenere la quantità d’informazioni occorrente allacostruzione di contorni significativi. Una riflessione su questa pro-cedura di conteggio suggerisce che è forse più logica l’alternativadi usare le singole celle di conteggio in modo flottante, cioè conmovimenti legati alla modalità di distribuzione dei poli stessi piut-tosto che secondo un rigido schema geometrico arbitrario. Questaconsiderazione ha comportato la scelta del metodo di conteggiodetto del cerchio flottante o libero [38], descritto qui di seguito.

La Fig. 18 offre un modello che il Lettore può copiarsi per costruireun conta-punti circolare da usare su reticoli del diametro datoalle pagine 41 e 42 ed in Fig. 15. Il diametro dei cerchietti èun decimo di quello del reticolo, perciò la loro area è l’ 1% diquella del reticolo di proiezione. I cerchietti sono esattamente inopposizione e vengono usati in coppia quando si contano i polivicini alla circonferenza del reticolo.

Per costruire un conta-punti circolare si disegni il modello dato inFig. 18 su di un foglio di plastica trasparente usando strumenti dadisegno ed inchiostro, onde assicurarsi una riproduzione precisae durevole. I materiali ideali per costruire un conta-punti sonofogli di plastica usati per proiezioni, pellicole fotografiche verginisviluppate, o sottili fogli di plastica rigida e trasparente. Al centro

Il luogo dei centri del cerchio di conteggiodefinisce il contorno dell’addensamentocorrispondente al 3%.

di ognuno dei cerchietti si perfori un forellino di circa 1 mm didiametro.

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Il disegno a lato (nella pagina precedente) illustra l’uso del conta-punti per tracciare il contorno d’una zona di densità 3% sul dia-gramma di poli dato in Fig. 15. Si muova uno dei cerchietti all’in-torno fino a trovare una posizione in cui circonda 10-11 poli (3% di351 poli = 10.5) e si segni a matita un punto attraverso il forellinoal centro del cerchietto; si ripetano tali operazioni per successivispostamenti analoghi, costruendo una serie di punti. Quando unodei cerchietti viene posizionato in modo da cadere in parte al difuori del reticolo, il numero totale di poli da considerare compresinel suo ambito è dato dalla somma dei poli di questo e dell’altrocerchietto, che risulterà nella posizione diametralmente oppostasul reticolo stereografico, come mostrato nello schizzo a lato. Illuogo delle posizioni del centro del cerchietto definisce il perimetrodella zona con densità 3%.

Procedura raccomandata per il tracciamento delle curve di isoden-sità

La procedura che segue è considerata come quella che realizza ilmigliore compromesso fra rapidità e precisione nel tracciamentodelle curve di isodensità dei poli.

a. si usi un reticolo di conteggio Denness tipo B (Fig. 17) perottenere il totale del numero dei poli che cadono in ogni celladi conteggio;

b. si sommino questi totali parziali per ottenere il numero com-plessivo di poli segnati sul reticolo e determinare il numerodi poli per centesimo di area, corrispondenti ai diversi valoripercentuali di contorno;

c. si traccino contorni molto approssimativi sulla base dei conteggidei poli segnati sulla carta da disegno;

d. s’impieghi il conta-punti circolare (Fig. 18) per perfezionare icontorni, partendo da quelli di valore basso (cioè 2 o 3%) eprocedendo verso le concentrazioni di poli più alte.

Il grafico delle curve di isodensità illustrato nello schizzo a margineè stato allestito per lo stereogramma dei poli di Fig. 15 in circaun’ora di lavoro, seguendo la procedura sopra descritta.

Analisi dei dati strutturali mediante elaboratore

Mettere in grafico e disegnare le curve di isodensità per pochefamiglie di dati di geologia strutturale può essere non solo interes-sante ed istruttivo, ma anche caldamente raccomandato ad ogniLettore che desideri comprendere a fondo i metodi descritti nellepagine precedenti. Tuttavia, quando si tratta di elaborare grandiquantità di tali dati, il compito diventa molto noioso e può richie-dere al gruppo di lavoro un dispendio di tempo inaccettabilmentealto, tempo che potrebbe essere dedicato con maggior profitto adaltri progetti.

L’elaboratore è uno strumento ideale per trattare dati di geologiastrutturale nell’esercizio quotidiano della professione, per cui mol-

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ti studi d’ingegneria civile e mineraria nonché uffici di consulenzageotecnica si servono dell’elaboratore per tali compiti. Una trat-tazione esauriente sull’argomento esulerebbe dallo scopo di questocapitolo, per cui rimandiamo il lettore interessato ai lavori di Spen-cer e Clabaugh [48], Lamm [49], Attewell e Woodman [50] nonchèMathab & al. [51] per specifiche informazioni sulle varie impo-stazioni del trattamento dei dati di geologia strutturale medianteelaboratore.

Dimensione ideale del campione

La raccolta di dati di geologia strutturale costa molto tempo edenaro, per cui è importante che il numero di dati raccolti sia ilminimo necessario per definire in maniera completa le caratteristi-che geometriche dell’ammasso roccioso. Una definizione adegua-ta della conformazione dell’ammasso roccioso può essere ottenutasolo tenendo presente con chiarezza l’oggetto della ricerca. Nelcontesto di questo libro, definire la geometria dell’ammasso signi-fica fornire una base per la scelta del meccanismo di dissesto piùprobabile. Questa rappresenta una delle decisioni più importan-ti nell’intero processo di analisi della stabilità di un pendio poi-ché una scelta errata del meccanismo di dissesto invaliderà quasicertamente l’analisi. Un ammasso di roccia a resistenza elevata,nel quale due o tre famiglie di discontinuità fittamente sviluppatedeterminano addensamenti di poli sugli stereogrammi, cederà dinorma per scivolamento su una o due superficie, o per ribalta-mento. Un lineamento singolo da parte a parte, come una faglia,può avere una funzione determinante nel dissesto d’una scarpata,per cui è importante che i dati attinenti ad esso siano identificatiseparatamente, onde non vadano persi nell’operazione di calcolodella media che si effettua costruendo le curve di isodensità dei po-li. Un ammasso di roccia tenera, come un giacimento di carbone,che può essere stratificato orizzontalmente e fratturato vertical-mente, oppure un ammasso di roccia dura nel quale l’orientazionedei giunti sembra casuale, possono subire cedimenti secondo unasuperficie cilindrica, allo stesso modo delle terre.

Da questa breve disamina risulta chiaro che la raccolta e l’inter-pretazione dei dati di geologia strutturale per l’analisi di stabilitàdi una scarpata non possono essere trattate come meccanici eser-cizi di statistica. L’ammasso di roccia non sa nulla di statistica,mentre che, oltre alla densità delle concentrazioni di poli, moltisono i fattori che debbono essere tenuti in considerazione quandosi valuta quale sia il più probabile meccanismo di cedimento di unadata scarpata. Una stima dell’importanza di questi altri fattori,come la resistenza dell’ammasso roccioso e le condizioni idrogeo-logiche del pendio, dovrà guidare il geologo nel decidere quantidati di geologia strutturale siano necessari per poter individuarerealisticamente il meccanismo di dissesto.

Per il Lettore che non ha avuto molte esperienze in fatto di analisidi stabilità delle scarpate e che può trovare difficile decidere sedispone di sufficienti dati di geologia strutturale, abbiamo trattoda un lavoro di Stauffer [47] le seguenti direttive sul trattamento

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degli stereogrammi di poli.

1. Per prima cosa si mettano in grafico 100 poli e si costruiscanole curve di isodensità.

2. Se non è evidente un’orientazione preferenziale, si mettano ingrafico altri 300 poli e si costruiscano le curve di isodensità pertutti i 400. Se il diagramma non mostra ancora un’orientazionespiccata, è probabile che vi sia una distribuzione casuale.

3. Se la fase 1 porta ad una concentrazione singola di poli con unvalore del 20% o superiore, probabilmente la struttura è davve-ro rappresentativa, per cui l’aggiunta di nuovi dati porterebbevantaggi esigui.

4. Se la fase 1 dà per risultato una concentrazione singola condensità inferiore al 20%, bisogna raccogliere nuovi dati comesegue:

12 - 20%, si aggiungano 100 poli e si costruiscano le curve diisodensità per tutti i 200;

8 - 12%, si aggiungano 200 poli e si costruiscano le curve diisodensità per tutti i 300;

4 - 8%, si aggiungano da 500 a 900 poli e si costruiscano lecurve di isodensità per tutti i 600–1000;

meno del 4%, si costruiscano le curve di isodensità per almeno1000 poli.

5. Se la fase 1 porta a identificare vari addensamenti , di solito èmeglio mettere in grafico almeno altri 100 poli e costruire le cur-ve di isodensità per tutti i 200 prima di tentare di determinarela dimensione ideale del campione.

6. Se la fase 5 porta a contorni dell’1% con meno di 15◦di di-vergenza e senza alcuna concentrazione superiore al 5%, peresempio, è possibile che il diagramma rappresenti una strut-tura a pieghe con i poli che cadono entro una distribuzione acintura [45].

7. Se la fase 5 produce un diagramma con contorni netti dell’1%con circa 20◦di divergenza e varie concentrazioni del 3–6%, bi-sogna aggiungere 200 poli supplementari e costruire le curve diisodensità per tutti i 400.

8. Se la fase 7 porta alla diminuzione dei maggiori addensamentidi poli ed al loro spostamento, le concentrazioni apparenti delgrafico di partenza erano dovute verosimilmente al modo incui i dati erano stati raccolti: perciò è consigliabile raccoglierenuovi dati e fare una nuova analisi.

9. Se la fase 7 dà addensamenti nelle stesse posizioni di quelli dellafase 5, aggiungere altri 200 poli e contornare tutti i 600 pergarantire che gli addensamenti sono reali e che non dipendonodalla campionatura.

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10. Se la fase 5 produce vari addensamenti compresi fra il 5 ed il6%, ma contorni dell’1% molto irregolari, bisogna aggiungerealmeno altri 400 poli.

11. Se la fase 5 porta a vari addensamenti di meno del 3%, moltodispersi, e se il contorno dell’1% è molto irregolare, sarannonecessari almeno 1000 e possibilmente 2000 poli e deve esseretrascurata ogni concentrazione inferiore al 2%.

Il lavoro di Stauffer costituisce uno studio molto dettagliato sulsignificato statistico degli addensamenti di poli, ma non è statoscritto con l’intento di una applicazione specifica. Di conseguenzaè bene intendere le direttive sopra riportate come orientamento enon come regole fisse.

In questo senso ci piace riprenderne la seguente avvertenza:

‘Un occhio esercitato può identificare insiemi di punti, raggrup-pamenti di celle e simmetrie d’assieme anche da pochi campionid’orientazione debolmente preferenziale. Tuttavia è probabil-mente vero che i geologi sono più propensi a riconoscere unaorientazione in un diagramma piuttosto che a disconoscerlaperché priva di significato. Ciò è comprensibile: infatti mol-ti geologi esaminano un diagramma con l’intento di trovarequalcosa di significativo e sono restii ad ammettere che le loromisure siano poco indicative. Il risultato è una tendenza gene-rale a fare interpretazioni più dettagliate di quanto la naturadei dati realmente garantisca’.

Gli Autori giudicano necessario aggiungere la propria persona-le avvertenza sottolineando che uno stereogramma con curve diisodensità dei poli è un aiuto necessario ma non sufficiente nelleindagini sulla stabilità delle scarpate. Esso deve sempre essereabbinato a perspicaci rilievi di campagna, onde la decisione fina-le sul metodo d’analisi da impiegare per una particolare scarpatafinisca per basarsi sulla valutazione equilibrata di tutti i dati difatto disponibili.

Valutazione dei potenziali problemi delle scarpate

Differenti tipi di dissesto di scarpata sono associati a differen-ti strutture geologiche: perciò è importante che il progettista discarpate sia in grado di riconoscere i potenziali problemi di stabi-lità durante la fase iniziale della progettazione. Nelle pagine cheseguono tratteremo alcuni degli schemi strutturali che possonoessere osservati quando si esaminano stereogrammi di poli.

La Fig. 19 mostra i quattro principali tipi di dissesto considera-ti in questo libro ed illustra l’aspetto dei grafici di poli tipici dicondizioni geologiche che comportano il rischio di tali cedimen-ti. Si osservi che nel valutare la stabilità anche il fronte di scavodella scarpata deve essere incluso nella rappresentazione stereo-grafica, poiché lo slittamento può verificarsi solo come risultatodel movimento verso la superficie libera profilata dallo scavo.

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Gli stereogrammi di Fig. 19 sono stati semplificati perché risultinopiù chiari. In una scarpata rocciosa reale possono essere presenticombinazioni di vari tipi di strutture geologiche e ciò può dar luogoad ulteriori tipi di scoscendimento. Per esempio la presenza didiscontinuità che possono condurre al ribaltamento, e parimenti dipiani sui quali possono aver luogo scivolamenti a cuneo, potrebbeprovocare il distacco d’un cuneo separato dall’ammasso rocciosotramite una fessura di trazione.

In una ricerca sul campo tipica, per la quale i dati strutturalisono stati riportati su reticoli di proiezione, può essere presenteun certo numero di addensamenti di poli. È vantaggioso esserein grado d’identificare quelli che rappresentano piani di rotturapotenziale e di eliminare quelli che rappresentano strutture senzaalcuna influenza sui dissesti di scarpata. John [52], Panet [53] eMcMahon [32] hanno messo a punto vari metodi per identificaregli addensamenti importanti di poli, ma gli Autori preferiscono uncriterio elaborato da Markland [54].

Il metodo di Markland è concepito per verificare la possibilità d’u-no scivolamento a cuneo nel quale il distacco si localizzi lungo lalinea d’intersezione di due discontinuità planari, come illustratoin Fig. 19. Anche uno scivolamento a blocco, Fig. 19b, può essereverificato con questo criterio poiché è un caso particolare di scivo-lamento a cuneo. Se il contatto è mantenuto su entrambi i piani,il dissesto può avvenire solo lungo la linea d’intersezione, quindiquesta deve affiorare sul fronte di scarpata. In altre parole, lapendenza della linea d’intersezione deve essere minore dell’incli-nazione del fronte di scarpata, misurata lungo la direzione dellalinea d’intersezione, come mostrato in Fig. 20a.

Come sarà spiegato nel capitolo che tratta degli scivolamenti a cu-neo, il fattore di sicurezza della scarpata è funzione della pendenzadella linea d’intersezione, della resistenza al taglio delle superficiedi discontinuità e della conformazione geometrica del cuneo. Ilcaso-limite si verifica quando il cuneo degenera in un blocco, cioèquando le inclinazioni e le direzioni d’immersione dei due pianisono le stesse e quando la resistenza al taglio è dovuta solo all’at-trito. Come già spiegato, in tali condizioni lo scivolamento avvienequando l’inclinazione del piano è maggiore dell’angolo di attrito φ:quindi una prima approssimazione del grado di stabilità del cuneosi raggiunge verificando se la pendenza della linea d’intersezio-ne è maggiore dell’angolo d’attrito della superficie rocciosa. LaFig. 20b mostra che la scarpata è potenzialmente instabile quandoil punto che corrisponde alla linea d’intersezione dei due piani ca-de entro l’area compresa fra il cerchio meridiano simboleggiante ilfronte di scarpata ed il cerchio che rappresenta l’angolo di attritoφ.

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Figura 19: principali tipi di dissesti di pendio e proiezioni stereografiche dellecondizioni strutturali tipiche all’origine di tali cedimenti.

a. Scorrimento rotazionale in terreno di riporto, sterili o roccia fittamente fratturata, privadi lineamenti strutturali identificabili. - Cerchio meridiano che rappresenta il fronte discarpata. - Ciglio della scarpata.

b. Scivolamento a blocco in roccia con struttura molto ordinata, come un’ardesia. - id. - id.- Direzione di scivolamento. - Cerchio meridiano che rappresenta il piano corrispondenteal centro dell’addensamento di poli.

c. Scivolamento a cuneo su due discontinuità che s’intersecano. - id. - id. - id. - Cerchimassimi che rappresentano i piani corrispondenti ai centri degli addensamenti di poli.

d. Cedimento per ribaltamento in roccia dura, che può formare una struttura colonnare fra-zionata da discontinuità subverticali. - id. - id. - Cerchio meridiano che rappresenta ilpiano corrispondente al centro dell’addensamento di poli.

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Figura 20a: lo slittamento lungo la retta d’in-tersezione dei piani A e B è possibile quando lapendenza di questa è minore di quella del frontedi scarpata, misurata nella direzione dello sci-volamento, cioè:ψf > ψi.- Direzione di scivolamento, - Direzione d’immersionedel fronte di scarpata, - Fronte di scarpata.

Figura 20b: si ipotizza che lo scivolamento av-venga quando l’inclinazione della retta d’inter-sezione supera l’angolo di attrito, cioè:ψf > ψi > φ.- La scarpata è potenzialmente instabile quando l’inter-sezione dei cerchi massimi che rappresentano i pianicade nell’area punteggiata.

Figura 20c: rappresentazione dei piani median-te i loro poli e determinazione della retta d’in-tersezione dei piani mediante il polo del cerchiomeridiano che passa per i loro poli.- Polo del cerchio meridiano che passa per i poli deipiani A e B e definisce la retta d’intersezione.

Figura 20d: valutazione preliminare della stabi-lità d’una scarpata di 50◦in un ammasso di roc-cia con quattro famiglie di discontinuità strut-turali.- Lo scivolamento a cuneo è possibile lungo le retted’intersezione I12 e I23.

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Il Lettore che ha dimestichezza con l’analisi dei cunei intuirà chetale area può essere ridotta ancora tenendo conto dell’effetto della‘convergenza’ fra i due piani di discontinuità. Viceversa, la stabili-tà può diminuire se nella scarpata è presente acqua. L’esperienzainsegna che questi due fattori tenderanno ad annullarsi a vicendanei problemi tipici di cunei e che la sommaria ipotesi formulataper costruire la Fig. 20b è sufficiente per la maggior parte dei pro-blemi pratici. Occorre ricordare che questo criterio di verifica èconcepito per riconoscere le discontinuità critiche e che, dopo aver-le individuate, è necessaria di norma un’analisi più approfonditaper determinare il fattore di sicurezza della scarpata.

Un affinamento del criterio di Markland è stato elaborato da Hoc-king [55] ed è invalso nella pratica per consentire all’interessatodi distinguere fra lo scivolamento del cuneo lungo la linea d’in-tersezione e quello lungo uno dei piani che formano la base delcuneo. Se sono soddisfatte le condizioni poste da Markland, cioèse la linea d’intersezione dei due piani cade entro lo spicchio pun-teggiato che compare nello schizzo a fianco, e se la direzione d’im-mersione d’entrambi i piani cade tra la direzione d’immersione delfronte di scarpata ed il verso della linea d’intersezione, allora loscivolamento avverrà lungo il piano piuttosto che lungo la linead’intersezione. Questa verifica aggiuntiva è illustrata negli schizzia margine.

Scivolamento a cuneo lungo αI . Le Fig. 20a e 20b mostrano i piani di discontinuità come cerchimassimi, ma - come è stato spiegato nelle pagine precedenti - i datidi campagna di tali strutture vengono disegnati di solito in formadi poli. In Fig. 20c i due piani di discontinuità sono rappresentatidai rispettivi poli e viene seguito il metodo descritto a pagina 47allo scopo di trovare la linea d’intersezione di quei piani. La cartada lucido sulla quale sono stati segnati i poli viene ruotata fino ache entrambi cadono sul medesimo cerchio meridiano. Il polo diquest’ultimo definisce la linea d’intersezione dei due piani.

Come esempio d’applicazione del criterio di Markland si consideriil reticolo stereografico dei poli dato in Fig. 20d. Si chiede di esa-minare la stabilità del fronte d’una scarpata avente inclinazione di50◦e direzione d’immersione di 120◦; si assume per questa analisiun angolo d’attrito di 30◦. Preparato un altro foglio trasparenteda sovrapporre, vi si riportino i seguenti elementi.

a. Il cerchio meridiano che rappresenta la superficie della scarpata.

b. Il polo che rappresenta la superficie della scarpata.

c. Il cerchio d’attrito.

Scivolamento sul solo piano 1. Questo foglio trasparente venga sovrapposto al reticolo stereogra-fico con le curve di isodensità dei poli ed entrambi siano ruotatiinsieme sopra il reticolo stereografico per trovare i cerchi massimiche passano per gli addensamenti dei poli. Le linee d’intersezio-ne sono definite dai poli di questi cerchi massimi, come mostratoin Fig. 20d. In questa figura si vedrà che la maggior parte dellecombinazioni pericolose di discontinuità sono rappresentate dagli

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addensamenti di poli contrassegnati dai numeri 1, 2 e 3. L’interse-zione I13 cade fuori dell’area critica ed è improbabile che dia luogoad instabilità. L’addensamento di poli con il numero 4 non saràcoinvolto in scivolamenti, ma come mostrato in Fig. 19d, potrebbedar luogo a ribaltamenti od all’apertura di fratture di trazione. Ipoli dei piani 1 e 2 giacciono fuori dell’angolo compreso fra la dire-zione d’immersione del fronte di scarpata e la linea d’intersezioneI12, quindi il distacco di questo cuneo avverrà per scivolamentolungo la linea d’intersezione I12. Tuttavia, nel caso dei piani 2e 3, il polo che rappresenta il piano 2 cade entro l’angolo fra ladirezione d’immersione del fronte di scarpata e la linea d’interse-zione I23, quindi il cedimento avverrà per scivolamento sul piano2. Questa sarà la condizione d’instabilità più critica e determineràil comportamento della scarpata.

Metodo raccomandato di presentazione e d’analisi deidati per la progettazione di cantieri estrattivi a cieloaperto

Foglio trasparente con stereogramma perverificare l’eventualità di scivolamenti acuneo.

Durante gli studi preliminari di fattibilità per una nuova miniera acielo aperto è necessario stimare gli angoli di sicurezza delle scar-pate per calcolare il rapporto tra le quantità di minerale estrattoe di roccia sterile e per dimensionare lo sbancamento preliminare.Le sole conoscenze strutturali a disposizione in questa fase sonotutto ciò che risulta dall’esame delle carote dei sondaggi eseguitiper valutare l’entità delle riserve di minerale estraibile, nonchè dalrilievo geologico di tutti gli affioramenti naturali esistenti in zona.Queste informazioni, per scarse che siano, assicureranno una baseper la valutazione preliminare dei potenziali problemi di stabilitàdelle scarpate: per la loro elaborazione gli Autori suggeriscono ilmodo illustrato dalla Fig. 21.

La Fig. 21 mostra una planimetria a curve di livello di una ipote-tica miniera a cielo aperto, cui sono sovrapposti gli stereogrammicon le curve di isodensità dei poli tratti dai dati strutturali ac-quisiti. Sono state identificate due regioni strutturali distinte,chiamate A e B, ed è stato tracciato il confine che le separa. Persemplicità non sono state indicate le faglie principali, ma è fon-damentale che in disegni a grande scala di questo tipo compaianotutti i dati sulle faglie, affinché sia possibile valutare i potenzialiproblemi di stabilità che queste comportano.

Un foglio trasparente da sovrapporre, preparato come descrittonelle pagine precedenti, venga allineato con la direzione d’immer-sione d’ogni settore della scarpata, secondo le indicazioni del di-segno. Per allestirlo si è supposto che l’angolo di scarpa sia dap-pertutto di 45◦e che l’angolo di attrito medio delle superficie didiscontinuità dell’ammasso roccioso sia di 30◦.

La valutazione di stabilità data in Fig. 21 mostra che le zone occi-dentale e meridionale dello sbancamento sono probabilmente sta-bili con la scarpata ipotizzata di 45◦. Ciò suggerisce che, se laroccia è dura e priva di faglie importanti, queste scarpate possonocon ogni probabilità essere profilate più ripide o che, in alterna-

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tiva, questa zona dello sbancamento può essere attraversata conuna pista di trasporto su un gradone interposto fra due pendiiripidi.

Viceversa, la zona nord-orientale dello sbancamento prospetta nu-merosi problemi potenziali di stabilità. La parte settentrionale èprobabilmente soggetta a scivolamenti a blocco sulla superficie didiscontinuità A1. Si noti che il polo A1 è quasi coincidente con ilpolo del fronte di scarpata, ciò che preannuncia un potenziale sci-volamento a blocco. Sui piani A1 ed A3 sono possibili scivolamentia cuneo nell’ambito dell’angolo nord-orientale dello sbancamento,mentre sulle scarpate orientali possono verificarsi distacchi perribaltamento dovuti ai piani A2. Indizi d’instabilità potenzialecome quelli contemplati nella Fig. 21 consigliano di prendere inseria considerazione la riduzione dell’angolo di scarpa nella partenord-orientale della ipotetica miniera.

E’ interessante notare che possono verificarsi dissesti strutturali ditre tipi nello stesso settore strutturale, a seconda dell’orientazionedel fronte di scarpata. Ne scaturisce la raccomandazione di ricor-rere, ove possibile, alla riprofilatura delle scarpate per eliminare oridurre al minimo il rischio di dissesto.

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Figura 21: presentazione dei dati di geologia strutturale e valutazione preliminaredella stabilità in una ipotetica miniera a cielo aperto.

- Potenziali scivolamenti a blocco, - Potenziali scivolamenti a cuneo, - Fondo dell’ipotetico scavominerario, - Potenziale ribaltamento, - Regione strutturale A, - Regione strutturale B.

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Capitolo 3 Bibliografia

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