Amo gli spaghetti. Mangiarli e cucinarli è un mio diletto, per questo ho sempre dedicato loro attenzione e ricerca. Mi attraggono perché possono assumere mille forme, essere accompagnati in millanta modi, ma non perdono mai la loro identità. Gli spaghetti hanno una fierezza tutta particolare, che mi seduce ogni volta che me li trovo davanti. Non smetterò mai di cucinarli.

Ho in mente una cucina radicale, che vada alle radici della cultura locale, delle abitudini, dei costumi e delle tradizioni che caratterizzano da sempre la mia terra. Signore te ne ringrazi è un omaggio a una sensibilità ancestrale, per me ricchissima, che attribuiva valore alle cose ordinarie, conferendo loro un’importanza straordinaria.

La semplicità è un punto di arrivo, un obiettivo che perseguo per avvicinarmi il più possibile alle persone che mangiano i miei piatti.

Le cucine sono piccoli mondi chiusi, laboratori totalizzanti in cui si sperimentano idee ed emozioni. L’unico conforto a questo strappo con la realtà è la brigata, di cui riscopro ogni giorno l’importanza quando scorgo nello sguardo di chi mi è accanto un sentimento di comprensione. Non servono parole, il nostro legame è invisibile e sotterraneo, è un modo di essere: insieme.

Ho chiuso gli occhi, come prima di addormentarmi, e la lucentezza dei ricordi si è imposta alla mia attenzione. I nonni, la terra, i profumi, gli innamoramenti: voglio cucinare per sentirli sempre vicini, affinché quello che faccio sia un sogno senza essere mai un’ossessione.

L’Orto nel piatto è la forma più compiuta della mia idea di cucina: una selezione di erbe spontaneamente adagiate su una base vegetale e millimetricamente distanziate l’una dall’altra per fare di ogni boccone e di ogni sapore una sensazione differente, buona o cattiva che sia. Una vetrina del panorama vegetale di cui dispongo, quindi il riflesso autentico di un’idea di stagionalità senza compromessi e della sinergia stretta con il territorio che amo.