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42 DI REPUBBLICA 42 GIOVEDÌ 25 APRILE 2013 DI A R I O DI REPUBBLICA no certo le contraddizioni stesse dell’antifascismo, e pesò il modo con qui il 1943- 45 fu vissuto nelle differenti parti dell’Italia, ma la rispo- sta rimane insufficiente se non si considera anche la “memoria pubblica” posta (segue dalla prima pagina) E un ampio snodarsi di generosità, in- certezze, paure, in uno scenario in cui quadri mentali consolidati crollavano assie- me al fascismo. «C’era la sen- sazione di essere coinvolti in una crisi veramente radica- le», ha scritto Luigi Mene- ghello: «che cos’è l’Italia? Che cos’è la coscienza? Che cos’è la società?». Si leggano le lettere al padre scritte allo- ra da Giovanni Pirelli: «mi sento vuoto», annotava alla vigilia dell’8settembre, «per- ché tutto si è disciolto, ciò che mi pareva saldissimo, nella realtà dei fatti». E la scelta re- sistenziale implicava percor- si sin lì impensabili: «per molti di noi – ha ricordato Ita- lo Calvino – rifiutare la men- talità fascista voleva dire in- nanzitutto rifiutarsi di amare le armi e la violenza», ora era- vamo di fronte ad un muta- mento drastico. Avrebbe innescato proces- si molteplici, la congiuntura drammatica del 1943-45. Con percorsi diffusi di “resi- stenza civile”, intrecciati o af- fiancati alla lotta armata, ma anche con mille forme di “non scelta”, o di presa di di- stanza da un conflitto che aveva in sé il rischio quotidia- no della tragedia, dell’incru- delirsi del vivere. Una grande complessità, che non può però nascondere un aspetto centrale: si affermarono allo- ra modi di “essere italiani” in contrasto aperto con altri. Nella scelta di donne e uomi- ni prese corpo insomma la polemica di Piero Gobetti contro la “società degli Apo- ti” propugnata da Giuseppe Prezzolini nel 1922: la società di coloro che “non la bevo- no”, distanti allora tanto dal fascismo trionfante quanto dall’antifascismo soccom- bente (e portati in realtà a prosperare all’ombra del pri- mo). Di qui la forza di orienta- mento reale venuta dalla Re- sistenza: «Occorre rifare l’Ita- lia e gli italiani insieme», scri- veva Carlo Dionisotti nel ‘45. Di qui un sostegno all’etica pubblica capace di farsi sen- tire in più occasioni nella vi- cenda successiva. Molto me- no, certo, di quel che sarebbe stato possibile. Più debole del dovuto, e del necessario, nell’influenzare la vita della Repubblica. Perché? Pesaro- nella “ufficialità”. Ci vorrà la mobilitazione antifascista del luglio ’60 contro il governo Tambroni e il congresso missino per mu- tare il clima e innescare il processo che avrebbe porta- to al centrosinistra. Allora il panorama certo mutò, ma si ebbe anche una sorta di cor- tocircuito non virtuoso: dal- la rimozione della Resisten- za ad una ufficializzazione retorica di essa che ne bana- lizzava spesso contenuti, ra- gioni, contraddizioni. Dal- l’oblio ad una memoria pub- blica astrattamente apolo- getica che si sovrapponeva alle differenti memorie pri- vate senza riuscire a risolver- le in sé. Senza offrire real- mente ad esse un orizzonte comune. Venne poi il ’68, con la con- trapposizione ideologica fra “Resistenza rossa” e “Resi- stenza tricolore” (ma anche con interrogativi reali sulla nostra democratizzazione incompiuta). E venne anche una attualizzazione dell’an- tifascismo drammatica- mente provocata da una “strategia della tensione” in- tessuta di terrorismo neofa- scista e trame eversive (ma la poi in essere, nei differenti climi politici. Si pensi alla “guerra fredda”, quando la discriminante anticomuni- sta venne a prevalere su quel- la antifascista e la Resistenza fu largamente emarginata (e sostanzialmente mutilata) SERGIO LUZZATTO Partigia Mondadori 2013 FREDIANO SESSI Il lungo viaggio di Primo Levi Marsilio 2013 GIORGIO BOCCA Il provinciale Feltrinelli 2012 GIAMPAOLO PANSA Il sangue dei vinti Sperling & Kupfer 2010 MIRIAM MAFAI Pane nero Ediesse 2008 CLAUDIO PAVONE Una guerra civile Bollati Boringhieri 2006 ROBERTO CHIARINI 25 aprile Marsilio 2005 GIANNI OLIVA L’alibi della Resistenza Mondadori 2003 MAURIZIO VIROLI Per amore della patria Laterza 2001 RENZO DE FELICE Rosso e nero Dalai 1999 LIBRI C’ è una campagna di denigrazione della Re- sistenza: diretta dall’alto, coltivata dai cor- tigiani. Il loro gioco preferito è quello dei morti, l’uso dei morti: abolire la festa del 25 aprile e sostituirla con una che metta sullo stesso piano par- tigiani e combattenti di Salò, celebrare insieme come eroi della patria comune Giacomo Matteotti ucciso dai fascisti e il filosofo Gentile, presidente dell’acca- demia fascista, giustiziato dai partigiani, onorare in- sieme le vittime antifasciste della risiera di San Sab- ba e quelle delle foibe titine… L’uso dei morti per dimostrare che le idee per cui morirono gli uni equivalgono a quelle per cui mori- rono gli altri è inaccettabile. La pietà per i morti è an- tica come il diritto dei loro parenti e amici a pianger- li, ma non è dei morti che si giudica, ma di quando era- no vivi e stavano al fianco degli sterminatori nazisti. SILLABARIO 25 APRILE GIORGIO BOCCA La ricorrenza della Liberazione ha segnato le diverse stagioni della Repubblica. E ancora oggi il suo uso politico rischia di strumentalizzarne il significato Risulta chiaramente dalle testimonianze scritte all’epoca che la Resistenza obbligò tanti cittadini a scelte difficili e fu un momento di formazione Formazione Pesarono le contraddizioni all’interno dello stesso antifascismo e il modo in cui il 1943-45 fu vissuto nelle differenti parti d’Italia Contraddizioni GUIDO CRAINZ FESTA Sopra, partigiani festeggiano la Liberazione insieme a soldati inglesi. Sotto, un manifesto del tempo di guerra. In alto a sinistra, la prima pagina dell’Italia Libera, organo del Partito d’Azione che annuncia la Liberazione di Milano e l’esecuzione di Mussolini © RIPRODUZIONE RISERVATA Storia di una festa civile nata per essere condivisa 25APRILE

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la Repubblica

DI REPUBBLICA

■ 42

GIOVEDÌ 25 APRILE 2013 DIARIODI REPUBBLICA

no certo le contraddizionistesse dell’antifascismo, epesò il modo con qui il 1943-45 fu vissuto nelle differentiparti dell’Italia, ma la rispo-sta rimane insufficiente senon si considera anche la“memoria pubblica” posta

(segue dalla prima pagina)

Eun ampio snodarsidi generosità, in-certezze, paure, inuno scenario in cuiquadri mentali

consolidati crollavano assie-me al fascismo. «C’era la sen-sazione di essere coinvolti inuna crisi veramente radica-le», ha scritto Luigi Mene-ghello: «che cos’è l’Italia?Che cos’è la coscienza? Checos’è la società?». Si legganole lettere al padre scritte allo-ra da Giovanni Pirelli: «misento vuoto», annotava allavigilia dell’8settembre, «per-ché tutto si è disciolto, ciò chemi pareva saldissimo, nellarealtà dei fatti». E la scelta re-sistenziale implicava percor-si sin lì impensabili: «permolti di noi – ha ricordato Ita-lo Calvino – rifiutare la men-talità fascista voleva dire in-nanzitutto rifiutarsi di amarele armi e la violenza», ora era-vamo di fronte ad un muta-mento drastico.

Avrebbe innescato proces-si molteplici, la congiunturadrammatica del 1943-45.Con percorsi diffusi di “resi-stenza civile”, intrecciati o af-fiancati alla lotta armata, maanche con mille forme di“non scelta”, o di presa di di-stanza da un conflitto cheaveva in sé il rischio quotidia-no della tragedia, dell’incru-delirsi del vivere. Una grandecomplessità, che non puòperò nascondere un aspettocentrale: si affermarono allo-ra modi di “essere italiani” incontrasto aperto con altri.Nella scelta di donne e uomi-ni prese corpo insomma lapolemica di Piero Gobetticontro la “società degli Apo-ti” propugnata da GiuseppePrezzolini nel 1922: la societàdi coloro che “non la bevo-no”, distanti allora tanto dalfascismo trionfante quantodall’antifascismo soccom-bente (e portati in realtà aprosperare all’ombra del pri-mo).

Di qui la forza di orienta-mento reale venuta dalla Re-sistenza: «Occorre rifare l’Ita-lia e gli italiani insieme», scri-veva Carlo Dionisotti nel ‘45.Di qui un sostegno all’eticapubblica capace di farsi sen-tire in più occasioni nella vi-cenda successiva. Molto me-no, certo, di quel che sarebbestato possibile. Più deboledel dovuto, e del necessario,nell’influenzare la vita dellaRepubblica. Perché? Pesaro-

nella “ufficialità”. Ci vorrà la mobilitazione

antifascista del luglio ’60contro il governo Tambroni eil congresso missino per mu-tare il clima e innescare ilprocesso che avrebbe porta-to al centrosinistra. Allora ilpanorama certo mutò, ma siebbe anche una sorta di cor-tocircuito non virtuoso: dal-la rimozione della Resisten-za ad una ufficializzazioneretorica di essa che ne bana-lizzava spesso contenuti, ra-gioni, contraddizioni. Dal-l’oblio ad una memoria pub-blica astrattamente apolo-getica che si sovrapponevaalle differenti memorie pri-vate senza riuscire a risolver-le in sé. Senza offrire real-mente ad esse un orizzontecomune.

Venne poi il ’68, con la con-trapposizione ideologica fra“Resistenza rossa” e “Resi-stenza tricolore” (ma anchecon interrogativi reali sullanostra democratizzazioneincompiuta). E venne ancheuna attualizzazione dell’an-tifascismo drammatica-mente provocata da una“strategia della tensione” in-tessuta di terrorismo neofa-scista e trame eversive (ma la

poi in essere, nei differenticlimi politici. Si pensi alla“guerra fredda”, quando ladiscriminante anticomuni-sta venne a prevalere su quel-la antifascista e la Resistenzafu largamente emarginata (esostanzialmente mutilata)

SERGIOLUZZATTOPartigiaMondadori2013

FREDIANOSESSIIl lungoviaggio diPrimo LeviMarsilio2013

GIORGIOBOCCAIl provincialeFeltrinelli2012

GIAMPAOLOPANSAIl sangue dei vintiSperling &Kupfer 2010

MIRIAMMAFAIPane neroEdiesse2008

CLAUDIOPAVONEUna guerracivileBollatiBoringhieri2006

ROBERTOCHIARINI25 aprileMarsilio2005

GIANNIOLIVAL’alibi dellaResistenzaMondadori2003

MAURIZIOVIROLIPer amoredella patriaLaterza 2001

RENZO DE FELICERosso e neroDalai 1999

LIBRI

C’è una campagna di denigrazione della Re-sistenza: diretta dall’alto, coltivata dai cor-tigiani. Il loro gioco preferito è quello dei

morti, l’uso dei morti: abolire la festa del 25 aprile esostituirla con una che metta sullo stesso piano par-tigiani e combattenti di Salò, celebrare insieme comeeroi della patria comune Giacomo Matteotti uccisodai fascisti e il filosofo Gentile, presidente dell’acca-demia fascista, giustiziato dai partigiani, onorare in-sieme le vittime antifasciste della risiera di San Sab-ba e quelle delle foibe titine…

L’uso dei morti per dimostrare che le idee per cuimorirono gli uni equivalgono a quelle per cui mori-rono gli altri è inaccettabile. La pietà per i morti è an-tica come il diritto dei loro parenti e amici a pianger-li, ma non è dei morti che si giudica, ma di quando era-no vivi e stavano al fianco degli sterminatori nazisti.

SILLABARIO25 APRILE

GIORGIO BOCCA

La ricorrenza della Liberazioneha segnato le diversestagioni della Repubblica. E ancora oggi il suo usopolitico rischia di strumentalizzarne il significato

Risulta chiaramentedalle testimonianze scritteall’epoca che la Resistenza obbligòtanti cittadini a scelte difficilie fu un momento di formazione

Formazione

Pesarono le contraddizioniall’interno dello stessoantifascismo e il modoin cui il 1943-45 fu vissutonelle differenti parti d’Italia

Contraddizioni

GUIDO CRAINZ

FESTASopra, partigiani festeggiano la Liberazioneinsieme a soldati inglesi. Sotto, un manifesto del tempo di guerra. In alto a sinistra, la primapagina dell’Italia Libera, organo del Partitod’Azione che annuncia la Liberazione di Milano e l’esecuzione di Mussolini

© RIPRODUZIONE RISERVATA

Storia di una festa civilenata per essere condivisa

25 APRILE

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L’8 SETTEMBRE Nel 1943 è firmatol’armistizio tra Italia eAlleati. Al nord iniziano aformarsi le prime armatedi resistenza ai tedeschi

L’insurrezione dell’aprile 1945rappresentò la vittoria sulletentazioni di attendismo militareStoria d’Italia dal dopoguerra a oggi, 1989

Paul Ginsborg

L’abbiamo ricordato come ilgiorno della Liberazione ed ègiusto. Era il giorno della paceQuesto Novecento, 1996

Vittorio Foa

La data non ha acquisito neglianni lo spessore di un segnodella identità nazionale25 aprile. La liberazione, 1995

Pietro Scoppola

Le tappe

Gli autori

IL TESTO del Sillabario di GiorgioBocca è tratto da Partigiani dellemontagne (Feltrinelli). Stefano Bar-tezzaghi ha pubblicato recentemen-te Dando buca a Godot (Einaudi).Guido Crainz insegna Storia con-temporanea all’Università di Teramo.Il suo ultimo libro è Il paese reale (Don-zelli).

I Diari on line

TUTTI i numeri del “Diario” di Repub-blica, comprensivi delle fotografie e deitesti completi, sono consultabili su In-ternet in formato pdf all´indirizzo webwww. repubblica. it. I lettori potrannoaccedervi direttamente dalla homepa-ge del sito, cliccando sul menu “Sup-plementi”.

LA FINE DELLA GUERRAL’atto di capitolazionedelle forze armatetedesche firmato l’8 maggio segna la fine della guerra

LA CATTURA DEL DUCEIl 28 aprile 1945Mussolini e la Petaccisono catturati e fucilati. I corpi sono esposti apiazzale Loreto a Milano

LA LIBERAZIONE Il 25 aprile 1945 il Clnordina l’insurrezionegenerale. Il 26 èliberata Genova, 29 gliAlleati entrano a Milano

PIEROCALAMANDREIUomini ecittà dellaResistenzaLaterza 2011

LUCACANALILaResistenzaimpuraManifestolibri 2010

TOMMASOPIFFERGli alleati e laResistenzaitalianail Mulino2010

PETERTOMPKINSL’altraResistenzail Saggiatore2009

LUTZKLINKHAMMERL’occupazione tedescain ItaliaBollatiBoringhieri2007

SANTOPELIStoria dellaResistenzain ItaliaEinaudi 2006

FILIPPOFOCARDILa guerradellamemoriaLaterza 2005

NUTOREVELLILa guerra dei poveriEinaudi 2005

MAURIZIORIDOLFIAlmanaccodellaRepubblicaMondadori2003

LIBRI

Libri, blog e opere d’arte: quando i giorni sono i veri protagonisti

Lasciate perdere gli anni, pensa-te ai giorni del mese. Il 25 apri-le di qualsiasi anno, per esem-pio dopo il 1945, non è più sol-

tanto un giorno, come invece il 24 o il 26.È una bandierina piantata sul calenda-rio perpetuo. Non rimanda solo a unamemoria ma anche a un’idea ricorren-te, un pezzo di identità collettiva, qual-cosa che, comunque, c’è e continua ainterpellarci: perché, «cada» di lunedì,giovedì o domenica, un 25 arriva adogni aprile. Nel 1498 è stato il giorno incui (in almeno alcune delle edizioni delConte di Montecristo), il conte Spada hadettato la disposizione testamentariache avrebbe consentito a EdmondDantès (grazie all’abate Faria) il ritornoe la vendetta. È stato il giorno di nascitaper Torquato Tasso (1595), per Gugliel-mo Marconi (1874) e Tarcisio Burgnich(1939); quello di morte per Leon Batti-sta Alberti (1472) e Emilio Salgari(1911). Nel 25 aprile del 1941, MarcelDuchamps, ottenuto il permesso diuscire da Parigi occupata come piazzi-sta del formaggiaio parigino GustaveCandel, trasportò cinquanta delle sueopere Boîtes-en-valise a Grenoble, dadove Peggy Guggenheim le avrebbe

spedite a New York. Altro? Il 25 aprile1981 il protagonista del romanzo auto-biografico di Pier Vittorio Tondelli PaoPao, in licenza dal servizio militare, siapprestava a partecipare alla corsa po-distica non competitiva Strabologna.

Non è certo ad alcuno degli eventiche costituiscono questo tritume ditempo che si riferiscono tutte le piazze,le vie, i viali dedicati al 25 aprile per l’I-talia. La convergenza odonomastica (inomi delle strade delle città si chiama-no infatti “odònimi”; le date sono“cronònimi”) non è perfetta, visto chemolte città ricordano ciascuna il giornodella propria Liberazione: Sassuolo, il23; Brà e Omegna, il 24; Vercelli, il 26; Fi-renze, il 27; per altri motivi al 26 aprile èdedicata anche una piazza di Bitonto euna via di São Paulo, Brasile.

Per capire cosa siano una data biso-gna andare sul “Dicono di oggi”, attivodallo scorso 1° gennaio con il sottotito-lo: «Era una notte buia e tempestosa. Vabene. Ma in quale data?». Ogni giornopropone citazioni letterarie che con-tengono la data corrente. Il 1° gennaio èper esempio il compleanno di Lolita, eHumbert Humbert si preoccupa del-l’adolescenza che incombe sulla suaninfetta. Ma ci sono capodanni anchein Jack Kerouac e in Zadie Smith, e unvistoso calendario con il foglio del 1°gennaio 1940 compare alle spalle di

STEFANO BARTEZZAGHI

Giacomo Balla, in un suo augurale Au-toritratto di quell’anno. Era un lunedì.

Il blog è stato ideato da AntonellaSbrilli, professoressa di storia dell’artecontemporanea alla Sapienza, che nel1994, con lo pseudonimo di Toni Brizi,aveva pubblicato per Giunti Il gioco deigiorni narrati, un piccolo almanacco di366 pagine (più bibliografia): ogni gior-no, una pagina; ogni pagina, una cita-zione. Il database che le era servito peril libro, e che ha successivamente accu-mulato e (come si dice) aggiornato ne-gli anni, si dispiega ora nel blog, con ilcontorno di scrittori, artisti, filosofi chesi sono ispirati alla scansione delle date(da Alighiero Boetti all’artista DanielaComani, che in Sono stata io. Diario1900-99racconta in prima persona 366fatti storici del Novecento, giorno pergiorno).

In Ada o ardoredi Vladimir Nabokov,come nota Sbrilli in un suo breve saggio(Memoria per le date, Date per la me-moria, Guaraldi 2013), «mentre gli an-ni si confondono, i singoli giorni ri-splendono nel dettaglio, come oggettitrovati». È lo stesso anche per le datestoriche, quelle che Enrico Deaglio nel-la sua nuova rubrica quindicinale per il

Venerdì di Repubblica (“Annali”) ha in-cominciato a raccontare, partendo conil 18 aprile (il giorno del 1948 che diviseciò che il 25 aprile di tre anni prima ave-va visto unito). In uno dei volumi col-lettivi sui Luoghi della memoria (curatida Mario Isnenghi per Laterza), l’iden-tità italiana è esplorata anche con saggiintitolati al 20 settembre, al 1° maggio,al 10 giugno, al 25 luglio, al 18 aprile, ci-tati senza anno, come amici di cui sipuò omettere il cognome. L’onta, il la-voro, la guerra, la destituzione, lo scon-tro elettorale sono associati a quei gior-ni, in una forma che oltrepassa l’even-to storico, pur rilevantissimo, che ri-spettivamente li ha resi memorabili.

In ogni data, giorno e mese si riferi-scono al tempo ciclico; l’anno, al tem-po che progredisce. Infatti si può dire“un giovedì” o “un primo giugno” manon si può dire, invece, “un Duemilau-no”, a meno che l’anno non diventi asua volta emblematico, come è succes-so con il 1848 (tanto fuori dal tempo daconsentire il delizioso anacronismo diquel vecchio Carosello: «È arrivato Lan-cillotto, qui succede un quarantotto»).Perché gli anni, come insegna ancheLucio Dalla, “vengono”, mentre i gior-ni “tornano”. E allora, bentornato an-che quest’anno, 25 aprile. Il nostro bi-sogno di te non è finito.

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Milano accorsa ai funeralidelle vittime di Piazza Fonta-na disse subito al Paese chequella strategia non sarebbepassata). Venne infine la tra-gica deformazione brigatistacon i suoi caricaturali simbo-

li, e al dissolversi di quell’in-cubo, nella conclamata “finedelle ideologie”, emerse unaopposta e ben più diffusadeformazione di memoria.

«La libertà sembra diven-tata ormai quella di poter di-

menticare» scriveva il Censisal declinare degli anni Ottan-ta: registrava così un dissol-versi del senso storico cheaveva al centro una “riappa-cificazione morbida” con ilpassato, in particolare con ilpassato fascista. In quel qua-dro, anche, “i vinti” divenne-ro non più gli emarginati e ideboli ma i fascisti e i tortura-tori di Salò, e nel 2003 Il san-gue dei vinti di GiampaoloPansa si limitò a proseguireun ciclo. Un ciclo rafforzatonel 1994 dalla vittoria di uncentro-destra che compren-deva il Msi non ancora depu-rato a Fiuggi e, soprattutto,aveva come perno un’ideolo-gia e un modo di “essere ita-liani” che apertamente con-fliggono con lo spirito del 25aprile (il discorso di Berlu-sconi ad Onna nel 2009 fuun’isolata e quasi inspiegabi-le eccezione). Comprendia-mo meglio, allora, quella te-nace estraneità se non avver-sione al 25 aprile di una partedel Paese: quella data è lì a ri-cordare a tutti che ci fu un’I-talia che seppe scegliere.Seppe pagare di persona perle proprie idee e per il benecomune.

Il 25 luglio, il 20 settembre, il Primo maggioil 18 aprile, il 10 giugno sono pietre angolarisu cui con il passare del tempo si sono costruitela memoria comune e l’identità della nazione

Identità

QUELLE DATE SPECIALICHE DIVENTANO BANDIERE

FOTO: CONTRASTO