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1 GUSTO Semestrale di informazione attualità & cultura N° 1 gennaio/giugno2019

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GUSTOSemestrale di informazione attualità & cultura N° 1 gennaio/giugno2019

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Noi

Jolanda   Pietrobelli  iscrittasi   all'Ordine   Giornalisti   Pubblicisti   nel   1974,proviene dalla Scuola di Giornalismo di Urbino conclusa con una tesi  su Picasso.E'   autrice   di   numerose   monografie   sull'arte   contemporanea.   ha   diretto   perquindici anni la collana della galleria pisana il Prato dei Miracoli.  Con lo studiodelle   Grandi   Religioni   e   aprendosi   alle   varie   tecniche   di   consapevolezza   esviluppo interiore, porta avanti la pratica di antiche tradizioni giapponesi come ilReiki   con   il   quale   ha   iniziato   a   sondare   il   campo   delle   energie   sottili,approfondendo molti  maestrati.  Ha acquisito   il  master  di  Reiki  metodo  Usuinegli anni 90, conseguendo   il   Livello <Teacher>. Ha   ricevuto l'attivazione allivello   master   nel   metodo   <Tiger   Reiki>     l'attivazione   al   livello   master   nelmetodo   <chi­ball­   orb  of   life>,   l'attivazione  a   <Universal   Reiki>.   E'  DeekshaGiver. Si occupa di Arte e   di Discipline Olistiche. Ha fondato la Casa editriceCristinAPietrobelli.

Elisa   Benvenuti  è     una   psicologa   libera   professionista   e   psicoterapeutaformatasi   presso   la   Scuola   di   specializzazione   in   Psicoterapia   dell'IstitutoGestalt Firenze (IGF). Socia fondatrice e presidente dell'Associazione Aurora chepromuove   nella   città   di   Pisa   il   benessere   psicologico   dell'individuo   e   dellacomunità attraverso attività gratuite come gruppi sul benessere, laboratori sulcorpo e laboratori creativi.  Da anni si  interessa a diverse discipline olistiche,lavorando con il Reiki e interessandosi alle diverse scuole.È Deeksha Giver.

Bunella Pasqualetti    Diplomata all’Istituto Dirigenti di Comunità e IstitutoMagistrale. Practitioner di PNL   Master di Reiki, pittrice, ricercatrice olistica.Un tempo artista  "fauve", per quel suo modo ruggente di trattare il colore, inquesto ultimo decennio è  approdata cautamente ad una forma di espressionesgoggiolata  di  eco americano.  Oggi   la  sentiamo molto   forte nel  maneggare   ilcolore   che   l'artista   sublima   negli   accostamenti,   sollecitati   da   una   distintasensibilità contemporanea, che fa di lei un'entità stabile nel suo concetto di arte.Dopo un periodo ricco di partecipazioni, alludo ai mitici anni '80 per approdareai   più   fermi   anni   90,   la   Pasqualetti   si   è   poi   isolata,   per   assecondare   unaevoluzione, grazie alla quale pur non avendo cambiato la filosofia di pensiero, hapotuto ampliare la propria conoscenza della materia, trovando stimoli alla suasensibilità pittorica/ poetica.

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In copertina:Gianni Tucci Maestro di Arti Marziali

NoiJolanda PietrobelliElisa BenvenutiBrunella Pasqualetti 

CollaborazioniChiunque  è   libero  di   collaborare  con   testi,   foto  e  quanto  altro,   fornendo   il  materiale  allaredazione, al seguente indirizzo di posta elettronica: c  [email protected] purché siain sintonia con la linea   del   giornale. È  chiaro che gli autori sono responsabili dei propriscritti.Gusto  semestrale di informazione attualità & cultura . 4° annoN°1 Gennaio/ Giugno 2019 è scaricabile in pdf gratuitamente dal sito www.libreriacristinapietrobelli.it

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Sommario

Alla Feltrinelli di Pisa un grande marzialista: Gianni Tucci 5Sergio Freggia: Sogni sorrisi e macerie 11Riflessioni emozioni sulla vecchiaia 15Sviluppo della multisensorialità 18Il cervello  23Chi è Max Planck 26Lettera di Albert Einstein su Dio… 29Yerathel e i 10 Comandamenti 32Trattato di Anelologia… 35Eutanasia il paradosso della libertà negata 41Il cervello dopo la morte è attivo per tre ore 51La dissociazione psicologica dei mangiatori di carne 54Cuore e scompenso cardiaco 57Chiamami con i miei veri nomi 63Al Kosmos Club la festa del Wesak 65A colloquio con Herman 71

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Eccellente scrittore, uomo di elevata cultura, un accurato ricercatore

ALLA FELTRINELLI DI PISA UN GRANDE MARZIALISTA: 

GIANNI TUCCIIl maestro ha pubblicato due libri sulle arti marziali

 

di Jolanda Pietrobelli

Parlare   del   Maestro   Tucci   eccellente   marzialista,   parlare   altresì   del   prof.   Tucci,matematico, scrittore, intellettuale raffinato e parlare del ricercatore olistico, non èpoi così semplice.La prima cosa che mi viene in mente è <geniale> perché   individuarlo come uomo digrande cultura è riduttivo. Non sono qui   a elargire complimenti, ci conosciamo daparecchi anni e la stima è dovuta al suo valore indiscusso.Di libri ne ha scritti parecchi con case editrici di livello nazionale, e tutti inerenti ilsuo campo di azione. La sua ultima fatica presente negli scaffali di Feltrinelli, constadi due tomi pubblicati da Luni Editrice.Il 1° ha per titolo <Karate una storia infinita>, un viaggio attraverso la storia del

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Karate, parte da luoghi e origini descrivendo la genesi di un’arte.Il 2° ha per titolo <Bubishi una storia arcana> e questo   racchiude le varie tecnichedelle arti marziali.Questi due volumi passando attraverso le altre pubblicazioni, rappresentano 60 annidi   studio,   l’autore   ha   iniziato   giovanissimo   la   pratica   di   varie   discipline   dicombattimento sia orientali che occidentali.Mi   piace   a   questo   punto,   riportare   ciò   che   l’editore   ha   scritto,   perché   in   esso   ècontenuta l’anima dell’autore.

Gianni Tucci è un maestro eclettico di arti marziali. La sua preparazione universitarialegata alla pratica con i più grandi maestri di Karate e i contatti con le più grandipersone che hanno animato il mondo delle discipline orientali si sono condensate inquesto volume che racchiude le esperienze, le riflessioni e gli spunti di una vita interapassata a studiare e ricercare.Vengono presentati  e   raccontati  con dovizia  di  particolari   i  più   importanti  stili  dikarate  al  mondo,   con   la  penna di   chi  non  solo   li  ha  praticati   e   insegnati  ma haconosciuto   i  maestri   caposcuola   che  gli  hanno   trasmesso  direttamente  non  solo   ilsapere e le corrette indicazioni per la pratica, ma quella impalpabile sensazione del“vivere” fianco a fianco nella pratica che solo la lunga frequentazione può dare.Il titolo del volume indica la strada al praticante e al lettore più esigente di cosa sia“vivere”   il   karate.   l’autore   insiste   molte   volte   nel   corso   del   testo   sulla   profondadifferenza che sussiste tra il budo e lo sport, in sostanza tra una pratica tradizionaleche porta alla conoscenza e una pratica, diciamo più “occidentale” che invece porta avincere una medaglia.

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Un volume che raccoglie le esperienze di una vita presentate con la precisione e lamodestia insite nell’animo del grande maestro.

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Note biografiche Gianni Tucci, professore ordinario di matematica applicata, dopo aver iniziato la suaformazione nelle arti marziali nel lontano 1959 col Judo, nel quale ha conseguito ilgrado di I Dan,  si è dedicato allo studio del Karate Shotokan sotto la direzione del M°Naotoshi   Goto,   proseguendone   successivamente   la   pratica   e   perfezionandosi   sottol'egida dei migliori Maestri in Italia e all'estero; fra di essi possiamo citare HiroshiShirai, Tetsuji Murakami, Henry Plée, Masaru Miura e Roland Habersetzer.

Oltre allo Shotokan, il M° Tucci ha praticato altre scuole  di Karate a contatto pieno enon, assieme a stili meno noti come il Nanbudo Sankukai con il M° Yoshinao Nanbu eil M° Sergio MorStabilini; ha poi studiato le basi del Karate Shotokai, Ashiara, ShitoRyu e Koshiki Ryu, non disdegnando di dedicarsi al karate Uechi Ryu e lo Shidokandel maestro Yoshiji Soeno,  riuscendo inoltre a studiare il lavoro di alcuni antichi stilidi Okinawa ( Tode ).   A parte il Karate, il M° Tucci ha praticato anche il Kung Fu WuShu stile Nan Quan (Guandong­ Xiajiaquan), il Tai ji Quan e il Qi Gong (disciplinenelle quali vanta un'esperienza quarantennale) con Sifu Weng Jiang e     il Ju Jitsu(WJJF – WJJKO), di cui detiene la qualifica di Istruttore.

Egli  è   inoltre   istruttore  di  Kali,  Eskrima,  Arnis  de  Mano   (I.S.A.M.),   istruttore  diPesistica e Cultura fisica (F.I.PE ­ CONI), di Warm­up Dance (U.I.S.P.),   ginnasticametodo   Pilates   e   di   Attività   Fisica   Adattata   (AFA).       Il   prof.   Tucci,   nominatoAccademico dello Sport nel 1983 dirige, oltre all' ASD Kosmos Club, anche l'attivitàdell'Associazione Reikija  Toscani  Usui   (A.R.T.U.),  da   lui   fondata nel  2000;  cinturanera 6° Dan FIJLKAM, dal 2014 detiene il grado di 7° Dan, conferitogli dalla   WTKA(World Traditional Karate Association).

Nel corso della sua lunga carriera marziale, il M° Tucci ha avuto modo di tenere daiprimi anni  ’80,  numerose conferenze sugli  argomenti  studiati,  spaziando dalle artimarziali, alle tecniche di longevità e di riequilibrio energetico.

Tra   le   tante   vale   la   pena   ricordare   le   numerose   partecipazioni   alla   RassegnaNazionale   "Tra   sogno,   magia   e   benessere".       Attualmente   sta   svolgendo   ricercheteorico/pratiche   sulle   cosiddette   "energie   sottili"   o     "vibrazionali"   e   sul   campoenergetico umano, insieme ai suoi allievi dei corsi di Tai ji Quan, Qi Gong e Reiki.Il   suo   costante   impegno   in  questo  ambito   specifico,   lo  ha  portato  alla   fondazionedell'Associazione Reikija Toscana Usui, e al successivo interesse per la nutrizione e leterapie bionaturali.

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Bibliografia

Il prof. Tucci è noto in Italia e all’estero, oltre che per le sue capacita tecniche, ancheper  la     ragguardevole  produzione editoriale,  parte  della  quale   è  anche  raccolta   inmolte Biblioteche italiane. Un bene, considerando il fatto che buona parte dei libriscritti   dal   M°   Tucci   è   ormai   irreperibile   sul   mercato.       Ha   iniziato   nel   1977pubblicando il libro “ Karate Katas Shotokan: da cintura bianca a cintura nera”, per itipi della Sperling & Kupfer ( cinque ristampe ), proseguendo poi con i testi  “TamboKarate “ (1981) e “ Tai chi chuan: la danza del guerriero “ (1986),  anch’essi pubblicatida Sperling & Kupfer.

Per le edizioni Mediterranee ha dato alle stampe : “ Ninja 1 ­ segreti, storia e leggenda“ (pubblicato nel 1990); “ Ninja 2 ­ stelle, catene e pugnali “ (1990);  “ Il libro completodello Shiwari”(1997) e  “Combattimento col coltello (Knife fighting) “ (2005).

Nel mese di maggio 2008 ha pubblicato, presso Cristina Pietrobelli Editore, l'ultimafatica editoriale in ambito marziale,  dal titolo "Key stick combat".   Nel 2010, sempreper i tipi Cristina Pietrobelli Editore è infine uscito il suo nono libro: “ REIKI – unpercorso tra scienza storia e leggenda”.   

                                                                              

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L’ultima fatica del noto personaggio pisano 

SERGIO FREGGIA: <SOGNI SORRISI E MACERIE>

Alle Officine Garibaldi presentato il libro

di Riccardo Comparini

Leggere “Sogni sorrisi e macerie” di Sergio Freggia è come fare un viaggio nei meandridella   nostra   storia   comune,   coniugazione   perfetta   tra   una   sorta   di   neorealismopasoliniano   e   sentimento   verghiano,   storie   di   ordinario   verismo   provinciale   che   ,proprio per questo, acquistano una valenza più ampia e globale. I personaggi di Sergiocombattono, ingiuriano, soffrono, bestemmiano, ma assumono al contempo il ruolo dialter  ego  per  ciascuno  di  noi.  Disperazione  e  gioia  si   fondono  mirabilmente   in unmosaico umano che perfora i nostri animi e li fa propri, paradossi in carne ed ossadelle nostre virtù e dei nostri peccati più reconditi. Sergio disegna una parallela “Vitadifficile” di Dino Risi ambientandola nella nostra città, nelle piazze illuminate nell’oradel   desio,   baciata   dal   tepore   primaverile,   grondante   di   variegata   umanità   esconfortante disumanità.   I  personaggi che animano le varie vicissitudini  sembranousciti dalla penna acuta e sensibile di Zavattini, come nel racconto “Tirrenia­Tombolo1945”, storia di sciuscià indigeni che, al soldo dei militari USA stanzianti nella base diCamp   Derby,   eseguono   i   lavori   più   umili   ma,   al   tempo   stesso,   confortati   dallepremurose   attenzioni   della   materna   Iolanda,   vittima   essa   stessa   del   cinismosentimentale di un soldato americano che dapprima la rende madre e poi abbandonaad un destino miserabile la donna stessa e il frutto del loro amore.

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“Margherita e il bandito” ci trascina in un dramma di stampo dannunziano, vicenda diun balordo senza scrupoli che, pur di riuscire a svoltare nella vita e farsi mantenereda una benestante ereditiera, non rinuncia ai mezzi più abominevoli e abbietti perportare a compimento il suo squallido piano. E come non sorridere di fronte al battesimo “mondano” di Mauro, il quale irretito dairacconti piccanti del cugino Mario, decide di fare il grande passo e segue docilmente ilparente   in   un’alcova   “casereccia”   in   via   della   Nunziatina,   dove,   suo   malgrado,affonderà  nelle prosperose carni di  una monumentale matrona ultrasessantenne laquale   inibirà   a   tal   punto   le   giovani   pulsioni   del   protagonista   da   renderlocompletamente   inoffensivo.   Mossa   da   materna   pietà,   e   intuendo   il   disagio   delmalcapitato, anche a causa di uno spiacevole incidente avvenuto “sul campo”, ribaltala situazione e, a gran voce, ne declama il vigore maschio e le sublimi arti amatorie.Al tempo stesso non può non commuovere l’amara storia del ciabattino Cecco, vessatoda una moglie subdola e perfida che, approfittando del quotidiano tasso alcolico delconsorte, non esita ad accoppiarsi con l’amante sotto lo stesso tetto per poi pagarneduramente   le   conseguenze   una   volta   scoperta   l’ignobile   tresca.  Ma   ci   sono  anchepagine  più   toccanti,  dure,   che   trasudano   indelebilmente  passioni   istintive  miste  aricordi strazianti, passi vitali necessari per capire e comprendere ancora di più i cenniautobiografici dell’autore, che a fasi alterne affiorano più o meno velatamente tra lerighe di alcuni racconti: le viscide attenzioni di sedicenti preti i quali, nel nome didogmi religiosi “ad personam” si trasformano in orchi ripugnanti e ignobili torturatoriverso quei poveri ragazzi a loro affidati.

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E poi gli anni passati nella Legione Straniera, universo parallelo che racconta di storievissute ma dal mondo dimenticato, interpreti principali che pagano un prezzo alto inprima persona diventando loro malgrado eroi che nessuno celebrerà mai, lodevolmenteriassunti in poche righe ma non per questo privi di significato e di forti connotazionipolitico­sociali. La vicenda di Amhed Salem sembra una narrazione dei nostri giorni, ilrifiuto da parte del protagonista dei rigidi dettami islamici impartiti con la forza dalpadre­padrone, violento sia con i figli che con le sue quattro mogli, il quale non esiteràad uccidere   la  madre  carnale  di  Amhed,   colpevole  delle   “aperture  occidentali”  delfiglio. Particolarmente toccante poi è la figura del veterano che reca sulla propria pellele tracce indelebili di mille battaglie, tatuaggi simbolici di dolori e sofferenza che nefanno un modello per i suoi commilitoni, un eroe consapevole che ormai il più è fatto, ilcammino   intrapreso   anni   fa   è   ormai   giunto   al   termine.   Con   il   suo   fido   cane,   eindossata l’uniforme delle grandi occasioni, si avvia verso l’ultimo appuntamento trale dune del “suo deserto” , senza proclami   frasi di commiato di circostanza, in unsilenzio surreale e dignitoso, quasi in punta di piedi.

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Dunque   questa   in   poche   parole   la   filosofia   che   permea   la   narrazione   lucida   e

disincantata   della   raccolta   di   Sergio,   una   galleria   di   “ultimi”   che   raggiungono

comunque una sorta di riscatto sia materiale che interiore, attori tutt’altro di secondo

piano che fotografano in maniera encomiabile l’Italia del secolo scorso, provincia che si

fa nazione, partendo da una Pisa che man mano abbraccia il liberty dei primi del ‘900

per poi assumere l’aspetto di una “Germania anno zero” nell’immediato dopoguerra,

passare  dal  boom economico   fino  ai  giorni  nostri.  Cecco,  Piero,  Giuseppe,  Oreste,

Teresa di Pisa non sono altro che i vari Cecco, Piero o Giuseppe di Milano, Roma,

Genova, Napoli, caratteristi universali veri, genuini, figure assolute non solo tra le

pagine del libro ma anche della nostra vita comune di tutti  i  giorni,  tessere di un

puzzle terribile ma allo stesso tempo unico e meraviglioso della nostra storia.

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RIFLESSIONI EMOZIONI SULLA VECCHIAIA

di Mariapia   Bobbioni

Mi permetto di entrare con durezza per cui la medicina che lavora negli Istituti perAnziani parla di livello Cognitivo e si impegna a catalogare lo stato di demenza delvecchio. Ciò che lascia perplessi è il non tener conto della struttura soggettiva, dellapossibilità di avere un inconscio, che consenta, anche in maniera surreale, di ritrovareuna memoria di sé, il   proprio racconto . Spesso quando si incontra una persona nonpiù giovane, se non con handicap visibile psichico e fisico, ci si dimentica  ciò  che saràstato   e   si   fa   ben   poco   per   rioffrirglielo.   Freud   nella   caducità   fa   intendere   chesalvaguardare un tratto del sapere, sia fondante in quanto in relazione al desiderio delsoggetto   e anche al suo talento. Pare che la persona di età  non venga facilmenteconsiderata, soprattutto all’interno delle strutture, per ciò che è stata. Questo perchérallenta i suoi gesti , le sue azioni e nel nostro sociale viene inteso come una sorta difine. La nostra epoca, come ben sappiamo,si nutre principalmente di velocità ingorde emai soddisfatte.  Per ragioni personali mi sono imbattuta in diverse strutture di livellomedio alto e ho imparato molto circa la fatica ingiusta che gli operatori compiono inquanto, difficilmente  riconosciuti economicamente in modo adeguato, e poco motivatial valore del mestiere che starebbero facendo. Viene superficialmente preparato   adascoltare l’ospite e non formato ad ascoltarsi per quanto concerne le proprie emozioni esentimenti. Non sa cosa significhi restituire e rioffrire il talento che l’ospite aveva ingioventù e che certamente potrebbe rianimare. E’ noto che la difesa dal dolore la sipuò  attuare   in molti  modi   tra   i  quali   ironizzare    o  agire  con  freddezza ai   confinidell’indifferenza, o semplicemente ignorando la domanda dell’ospite. Desidero offrireframmenti di storia di persone che, pur essendo giudicate cognitivamente dementi,hanno mostrato sprazzi di consapevolezza certamente restituiti dall’inconscio .Un giorno mi sono trovata a leggere e a mostrare foto di moda a un gruppetto perchéla mia mamma è sempre stata interessata a questo, lavorando da giovane, con suasorella,  progettando  abiti.  Così   il  gruppetto  di  signore  curiose  offrì   l’intervento  diBianca che solitamente si esprimeva con toni di voce cupi e tristi,improvvisamente,sedotta   dalle   immagini,   soprattutto   dalle   belle   fotografie   degli   abiti   delle   sorelleFontana, cominciò a parlare in libertà con voce nuova e una differente espressione delvolto raccontando che anche lei lavorava in una sartoria a Milano che riproducevatutti i modelli di alta moda e lei in particolare tagliava e componeva e lo faceva per lasignore ricche e belle della città. Ecco, per una mezz’ora Bianca aveva ritrovato il suoracconto senza alcuna forzatura, come se fosse “l’altra”, non quella considerata 

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  demente. Ebbi la curiosità di chiedere alle operatrici se davvero Bianca fosse statauna sarta di gran livello,  e mi fu confermato.  Un giorno vidi Giuseppina, decoratadelle sue collane. Bloccata al suo seggiolone non faceva altro che ripetere come in unacantilena  senza   fine:“voglio   la  mia  mamma”   e  non  so  perché   spontaneamente  miavvicinai e senza riflettere molto le dissi: “Ma Giuseppina, che belle collane e che belcerchietto ha” per un attimo tacque e un’ ospite, ritenuta un’amica, intervenne dicendo“Io   le   regalo   sempre   le   collane,   ma   lei   non   è   mai   contenta”.   Così   mi   espressi:”Giuseppina, lei ha un’amica adorabile che le vuole bene, l’ascolti e lasci stare la suamamma là dove sarà”. Giuseppina mi guardò, smettendo immediatamente di urlare edi piangere. Naturalmente questo non le impedì di ripeterlo ma tutte le volte in cui mivedeva, e io mi avvicinavo a lei smetteva di piangere, mi sorrideva e mi mostrava lacollana   di   quel   momento.   Un   signore   di   nome   Ercole,   non   poi   così   vecchio,   madesideroso di protezione, stava volentieri all’interno della struttura e vagava semprelà dove trovava musica. Fu così che scoprii che da giovane aveva studiato canto lirico,mi disse anche che seguiva un corso di arte terapia e mi invitò nella sua stanza permostrarmi i suoi disegni davvero poetici. Andava sempre a trovare mia madre, che inquel   momento   amava   ancora   cantare,   così   alcune   domeniche   pomeriggio   letrascorrevamo incarnando dei personaggi con le relative romanze;  a lui piaceva molto“ e lucean le stelle” e la mamma si divertiva a dirgli “Mario, Mario son qui”.  Il giornoin cui portavo la mamma a Milano sapevo che non avrei più  rivisto Ercole, ma loinvitai a procedere in un gruppetto leggero e d’invenzione con altri ospiti; mi promiseche avrebbe affrontato il viaggio per Milano per stare con noi. Un altro viaggio lo hachiamato prima, e ho pensato che avesse   raggiunto il suo momento per lasciare unluogo che lui  comunque   subiva. La mia riflessione si dirige all’idea che sia di grandevalore confrontarsi con il mondo della vecchiaia tenendo fede al proprio racconto e alproprio   stile   in   un   dialogo   in   cui   le   relazioni   con   gli   altri   non   siano   legate   allasopravvivenza o a una certa decenza del vivere ma nel valore del far circolare umanitàche   significa   fino   all’ultimo   essere   curiosi   del   mondo   che   ci   circonda;   Freud   finoall’ultimo   attimo   della   sua   vita   ha   studiato   e   ha   scritto,   questo   è   un   grandeinsegnamento.  Ognuno secondo il  proprio   modo può   tollerare la caducità  che nonpossiamo impedire. La morte è un grande limite, ma fa parte della vita; la dignità èche il mondo permetta di ridurre ad ogni essere umano il peso di dolore.

Nella foto:Mariapia Bobbioni psicanalista e studiosa di storia della moda, vive e lavora a Milano. Permolti  anni  ha tenuto  una supervisione a Parigi  presso  la AIHSP con  il  Dott.  Alain De Mijolla.  Siinteressa alla femminilità  e ai linguaggi del corpo e dell'abito. Docente di psicanalisi della moda indifferenti  ambiti  universitari  quali  Politecnico,  Bicocca  e  presso   il  Centro  Studi  per   le  PsicanalisiContemporanee (master in studi e applicazioni dell’osservazione psicanalitica).

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Dalla quantità e dalla qualità delle informazioni chepercepiamo dal mondo esterno dipende anche la qualità

della nostra stessa vita

SVILUPPO DELLAMULTISENSORIALITÀ

L’espansione sensoriale è possibile, attraverso il risveglioprogressivo della Ghiandola Pineale

      

Normalmente,  noi  usiamo solo   i  5  organi  di   senso  che  abbiamo sviluppato   fin  dapiccoli:  visione, udito, tatto, olfatto e gusto. Questi non sono altro che dei semplicicanali che portano le informazioni al cervello, che le elabora in modo tale da farcivedere un oggetto o sentire uno stimolo uditivo.Dalla quantità e dalla qualità delle informazioni che percepiamo dal mondo esterno,dipende anche la qualità della nostra stessa vita.Eppure,   il   cervello  ha   l’ulteriore   capacità   di   ricevere   segnali   e  decodificarli   con   ilmetodo   della   visualizzazione   percettiva.   Usando   determinate   risorse   psichiche,attraverso   una   serie   di   esercizi   mirati,   possiamo   attingere   direttamente   alleinformazioni – senza passare dall’uso dei 5 organi di senso.Oltre ai cinque sensi ordinari infatti c’è un altro senso che permette al nostro cervellodi ricevere le informazioni “direttamente” senza vedere o sentire, ed  è   il   “Sapere“,mediante l’“Intuizione”….L’espansione sensoriale è possibile, per tutti, attraverso il risveglio progressivo della

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Ghiandola Pineale o “terzo occhio”, che produce ciò che e’ comunque conosciuto comeDMT, sostanza in grado di portare l’individuo ad avere viaggi extradimensionali, eextratemporali.La conoscenza e l’uso consapevole di tale Ghiandola ha origini antiche: già gli Egizi e iRomani conoscevano i benefici e l’importanza di attivare questo potenziale nell’essereumano.Queste potenzialità  sensoriali, naturalmente, possono essere riscoperte solo al di làdelle funzioni oggi normalmente conosciute riguardanti il nostro cervello e la nostramente conscia. Possiamo risvegliarle più o meno velocemente in funzione delle diverseesperienze e delle diverse credenze acquisite durante la nostra vita.Per iniziare, è necessario imparare a lavorare con le informazioni: riceverle dalle fontiobiettive,   identificarle   e   interpretarle   correttamente,   per  poi   prendere   le  decisionigiuste. Dobbiamo credere nelle nostre capacità mentali e guardare oltre i confini delpossibile, coltivando le opportunità che la vita ci offre.

Dott.ssa Mara Amirzhanova 

La dottoressa Mara Amirzhanova, nata nell’Unione Sovietica, vive in Italia da moltianni dove esercita la professione di medico. Presidente dell'Associazione InfovisioneItalia,   da  diversi   anni   insegna  un  metodo  per   sviluppare   la   capacità   del   cervelloumano di ricevere informazioni dal mondo circostante direttamente, senza l'uso degliorgani sensoriali.E' stata per molto tempo studiosa ed allieva di numerosi scienziati e ricercatori russi,operanti anche nel campo della parapsicologia militare, esperti con i quali continuatuttora a collaborare.

Corsi per sviluppare la multisensorialità tenuti dalla dott.ssa

Corso 1° livelloLo   scopo   del   corso   è   permettere   l’attivazione   e   l’espansione   delle   capacitàextrasensoriali di ogni persona. Capacità che abbiamo sin dal momento della nascita,ma che pochi di noi usano nelle loro effettive e concrete potenzialità.  Questo primo livello  permetterà di:Attivare un nuovo canale sensoriale Aumentare la percezione dell’energia interna Iniziare a controllare la mente ed il pensiero Iniziare a ricevere le informazioni in modalità alternative

 Corso 2° livelloIn questo livello si amplierà la capacità di “Vedere” la realtà circostante senza usare ilcanale abituale degli occhi e riuscire a “Vedere” in maniera alternativa, cioè a ricevere

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immagini visive direttamente con il nuovo canale sensoriale attivato.

Corso per bambini fino a 12 anniLivello unico per i bambini, inizieranno da subito ad utilizzare la capacità di “Vedere”la realtà  circostante senza usare il  canale abituale degli  occhi  ricevendo immaginidirettamente con il nuovo canale sensoriale attivato. 

La guerra occulta alla ghiandola pineale

La Ghiandola pineale produce ciò che e' comunque conosciuto come DMT, sostanza ingrado di portare l'individuo ad avere viaggi extradimensionali, e extratemporali.Ciò  accade di notte durante i sogni,  quando la Ghiandola pineale e'  maggiormenteattiva. Apparentemente, ad oggi non si da' molta importanza al terzo occhio come inpassato ciò ha portato ad atrofizzare graduale di tale organo ed alla perdita di valori"obsoleti"   quali   la   spiritualità,   l'amore   per   il   prossimo   ma   ciò   coincide"incredibilmente" anche con un rimbambimento delle masse.All'interno   della   Ghiandola   pineale   scorre   acqua,   che   con   il   passare   del   tempocalcifica.   Questo   porta   ad   una   atrofizzazione   della   Ghiandola.   Tale   processo   dicalcarizzazione   ed   atrofizzazione   viene   accelerato   prevalentemente   a   causadell'alimentazione moderna: in particolare con l’uso dei composti di Fluoro usati comeadditivi nelle acque, bevande, alimenti e presidi medici comuni, come i dentifrici bibitegassate, acqua fluorizzata, zuccheri raffinati.La Ghiandola pineale si attiva e si "decalcifica" di notte, con l'oscurità e con il sonno,pertanto per riattivare tale organo atrofizzato, nella maggior parte della gente sononecessarie queste due azioni: dormire e meditare.Il consiglio è quindi di evitare il più possibile l’assunzione di fluoro, leggete le etichettedell’acqua in bottiglia se ancora ne fate uso, cercate dentifrici senza fluoro

Altre fonti di assunzione di fluoro sono:

chewingummedicinalibevande gassate (coca cola – pepsi etc…)the in bottiglia o lattinagatoradebastoncini di pesce (meccanicamente disossati)bastoncini di pollo (meccanicamente disossati)cibi cucinati in contenitori col fondo in teflon (Il fluoro è impiegato nella produzione diplastiche a bassa frizione come il teflon, e in liquidi refrigeranti come il freon.)alcuni sali da cucina fluoratialcuni tipi di anestetici (Enflurane, Isoflurane & Sevoflurane)

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La ghiandola pineale (detta anche corpo pineale, epifisi cerebri, epifisi o “terzo occhio”)è   una   piccola   ghiandola   endocrina   nel   cervello   dei   vertebrati.   Essa   produce   lamelatonina,  derivato  della  serotonina,  un ormone che   influenza  la  modulazione  diveglia/sonno e   le   funzioni  dei  modelli   stagionali.  La sua  forma assomiglia  ad unapiccola pigna (da cui il nome), e si trova vicino al centro del cervello, tra i due emisferi,nascosta in una scanalatura in cui aderiscono i due corpi arrotondati dell’ipotalamo.

Top Secret – cio che non vogliono far sapere

La Ghiandola pineale è  rappresentata dalla Chiesa Cattolica Romana, ecco nell’immagine il “cortiledella pigna” nei Musei Vaticani.( foto)

In   ogni   essere   umano   la   Ghiandola   Pineale   o   terzo   occhio   può   essere   attivato   afrequenze del mondo spirituale e vi permette di avere il senso della conoscenza deltutto, dell’euforia divina e dell’unità  intorno a voi. La ghiandola pineale, una voltasintonizzati su frequenze proprie con l’aiuto della meditazione, yoga o vari esotericimetodi   occulti,   permette   ad   una   persona   di   viaggiare   in   altre   dimensioni,popolarmente conosciuti come viaggio astrale o proiezione astrale o visione remota.Con la pratica avanzata e i metodi antichi è anche possibile controllare i pensieri e leazioni di persone nel mondo fisico. Sì, è bizzarro, ma gli Stati Uniti, i governi dell’exUnione Sovietica e le varie organizzazioni occulte hanno fatto questo tipo di ricercaper età e hanno avuto successo ben oltre la nostra immaginazione.Le   società   antiche   come   gli   Egizi   e   Romani   ne   conoscevano   i   benefici   e   l’hannoesemplificato   nelle   loro   vaste   simbologie   contenenti   il   simbolo   di   un   occhio.   Unriferimento alla ghiandola pineale è  anche sul retro della banconota da un dollaronegli Stati Uniti con quello che viene chiamato “occhio che tutto vede”, che si riallacciaalla capacità di un individuo (o gruppo di individui) di utilizzare questa ghiandola per

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andare verso l’altro lato (nel mondo spirituale) e, eventualmente, controllare i pensierie le azioni di persone nel mondo fisico sapendo cosa stanno pensando in ogni momentonel nostro mondo fisico. Varie ricerche condotte fino ad oggi confermano che ci sonoalcuni periodi nella notte, tra l’una e le quattro del mattino in cui vengono rilasciatesostanze chimiche nel cervello che provocano sentimenti di connessione alla propriafonte superiore.Come stanno uccidendo la nostra ghiandola pinealeAlla fine degli anni ’90, uno scienziato di nome Jennifer Luca realizza il primo studiosugli effetti di fluoruro di sodio sulla ghiandola pineale. E determina che la ghiandolapineale, situata al centro del cervello, è stata un obiettivo per fluoruro. La ghiandolapineale semplicemente assorbe più   fluoro rispetto a qualsiasi  altra parte fisica delcorpo, anche le ossa.La ghiandola pineale è come un magnete per il fluoruro di sodio.Questo calcifica la ghiandola e ne blocca la fondamentale funzione di bilanciare gliinteri   processi   ormonali   nel   corpo.Varie   ricerche   sul   fluoruro   di   sodio   hannodimostrato che esso va ad accumularsi proprio nella pineale, che di gran lunga è laghiandola più importante nel cervello. Il fluoro è l’unica sostanza in grado di attaccareil centro più importante del cervello. Il Fluoruro è di sodio è prevalente negli alimenti,nelle bevande e nell’acqua potabile e da bagno: è messo nel 90% delle acque . I filtriper l’acqua che si acquistano nei supermercati non tolgono il fluoro dall’acqua. Solo ladistillazione e il processo di osmosi inversa è in grado di farlo. Il modo più economicoper evitare il fluoruro è quindi quello di acquistare un distillatore d’acqua.Il Fluorurodi sodio è nel nostro approvvigionamento di acqua, cibo, pepsi, coke e letteralmenteinstupidisce le masse. Il fluoruro è stato introdotto in acqua dai nazisti e dai russi neiloro campi di concentramento per rendere la popolazione del campo docile e non indiscussione con le autorità.Io non sono un teorico della cospirazione, ma credo che se sidisattiva la sede dell’anima, questa disconnette la nostra unità con il nostro Dio e lapotenza della nostra fonte di spiritualità  e ci trasforma in uno schiavo mondano disocietà  segrete,  di  organizzazioni occulte che controllano mostruosamente il  mondodelle imprese.

“Non credere in qualcosa semplicemente perché l’hai sentito. Non credere in qualsiasicosa semplicemente perché se ne parla da parte di molti. Non credere in qualsiasi cosasemplicemente perché si trova scritto nei tuoi libri religiosi. Non credere in qualsiasicosa   soltanto  per   l’autorità   dei   tuoi   insegnanti   e   degli   anziani.   Non   credere  nelletradizioni perché sono state tramandate per molte generazioni. Ma dopo l’osservazionee l’analisi, quando scopri che qualcosa è d’accordo con la ragione e favorisce il bene ebeneficio di tutti, allora accettala e vivi su di essa.“­Buddha­

http://www.allafontedelbenessere.it/ 

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 Si elabora si registra e di conseguenza si agisce inmaniera inconscia lui porta tutta la memoria

IL CERVELLO  Freud: L'inconscio non conosce né giudizi di valore né il

bene e né il male  e nemmeno la moralità

di Claudio Bargellini

Il cervello è diviso in tre sezioni: la parte rettile (cervelletto e tronco encefalico parteinferiore), il cervello medio (con la parte superiore del tronco), e il cervello anteriore(talamo,   ipotalamo,   la   corteccia   cerebrale,   ipofisi,   la   ghiandola   pineale   e   il   corpocalloso).A vista si distinguono due emisferi, uno destro e uno sinistro. I due emisferi uniti dalcorpo calloso formano la corteccia cerebrale, ogni emisfero ha competenze diverse ediverse prestazioni.L’ipotalamo coordina i due sistemi che mandano istruzioni al corpoLa corteccia cerebrale controlla le funzioni motorie, è qui che ha sede la memoria el’atto del pensare.Quindi è nella corteccia che ha sede il nostro pensiero conscio.La parte rettile  del  cervello  è  detta più   comunemente cervelletto,  questo controllatutte le informazioni e i nostri pensieri, si potrebbe dire che qui comunica la scintilladella matrice, la scintilla Divina, esso è la sede di tutta la conoscenza, dato che era connoi sin dall’inizio, è anche il trasmettitore e il ricevitore per tutte le altre parti del

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corpo.E’ nel cervelletto che si  elabora, si  registra e di  conseguenza si agisce  in manierainconscia, lui porta tutta la memoria.L’ipofisi (ghiandola tra i due emisferi) è la governatrice del cervello è un po’ come lamemoria Ram del computer, permette di elaborare le informazioni.I ritmi e le vibrazioni arrivano al corpo attraverso la ghiandola pineale, ma riceveanche le vibrazioni dal corpo stesso, pertanto le sensazioni negative la influenzanomoltissimo. Tutti i  segnali  in arrivo vengono smistati  dal Talamo (personalmente lo chiamo laTalamo,  mi   rende  di   più   al   femminile,  ha  molta   sensibilità),   fa     da   centralinistainserisce  gli   spinotti  per  dirigere  ai  vari   responsabili   le   informazioni,  ma come  lecentraliniste   (non tutte)  ascolta   le  conversazioni,  anche  quelle  non proprio  belle  epurtroppo le memorizza, da qui a fare pettegolezzo la strada è breve.Il Talamo, pertanto viene condizionato da subito, e spesso in maniera negativa, siadalla società che dai genitori e ciò comporta il blocco (feedback) di tutte quelle belleinformazioni,   come   la   felicità,   la   gioia   ed   altro,   tutto   questo   è   dovuto   aicondizionamenti che la società ci inculca, la felicità e la gioia non sono per l’uomo cosìdetto “civile”. La centralinista decide quindi  che cosa   far  passare e  che cosa no,  ma  è  di  parte,preferisce le informazioni globali proveniente dalla società, dal comportarsi secondo“regola”, seguire i dogmi le leggi, che dare linea ai sentimenti.Il riprogrammare il centralino o meglio la centralinista, non è cosa facile, ma noi ciproveremo.Altro dato importante è l’uso che abbiamo fatto della corteccia, in effetti è utilizzatasolo o quasi, in maniera automatica e la maggior parte di essa rimane lì in attesa diqualcosa…che dovrà prima o poi accadere.     Noi faremo in modo che qualcosa accada.     Per   la  nostra  tecnica  sarà  molto   importante   il   lobo   frontale,   infatti  qualsiasi  cosamettiamo in questa zona essa influenzerà tutti i campi energetici sia nel bene che nelmale.Ci dobbiamo ricordare che le immagini che arrivano nella corteccia cerebrale e piùprecisamente nel lobo frontale creano la nostra realtà.Le   immagini   olografiche   prodotte   da   questa   parte   del   cervello   sono   decisamentecondizionanti   per   il   nostro   pensiero   e   ripeto   per   creare   la   realtà,   vi   ricordate?Osservare in maniera consapevole.Saranno proprio  le  immagini  olografiche che ci  permetteranno di  ricondizionare lanostra mente inconscia.Parliamo ora della mente conscia e di quella inconscia, e per farlo ci faremo aiutare daqualche illustre ricercatore in questo campo. Freud: L'inconscio non conosce né giudizi di valore, né il bene e né il male, e nemmenola moralità.

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Riflettiamo bene su questa  affermazione:  non conosce,  non riesce  quindi  a  capire,l’inconscio non pensa, ma subisce il pensiero, nostro e degli altri. Jervis: Secondo una definizione intuitiva, l'inconscio è l'insieme di quegli aspetti dellamente   che   non   sono   accessibili   alla   coscienza.   In   questo   senso   si   può   parlare   dimeccanismi inconsci,   in quanto si suppone che esista una "fabbrica" dei pensieri  edelle idee che noi non conosciamo.Jervis parla di fabbrica dei pensieri e delle idee, ma dice che noi non li conosciamo, èvero, ma è anche falso perché noi faremo in modo di conoscerli, fabbricandoli.Chiariamo   il   concetto   di   conscio   e   di   inconscio,   senza   più   avventurarsi   nellapsicoanalisi:Il conscio o meglio la mente cosciente è il nostro “io”, è la mente decisionale, quella chevaluta (dovrebbe) tutte le azioni, sappiamo però che questa mente lavora poco, ha pocaautonomia e peggio ancora non può fare più cose insieme e spesso si lascia trascinaredalle memorie inconsce.La mente inconscia è molto importante, in lei vi è il software per gestire tutti i nostriorgani, in lei vi è tutta la memoria, chiusa in tanti Hard disk sempre disponibili.Purtroppo dentro gli Hard disk c’è di tutto, anche quello che non vorremmo, ci sono icomportamenti   stereotipati,   i   dogmi,   i   tabù   inculcati,   i   paletti   alla   conoscenza,   icondizionamenti ambientali e familiari, i comportamenti “consoni”, quello che si puòdire e quello che non si può, in questa mente non vi è, come vi dicevo prima, la gioialibera, l’amore libero, e soprattutto la felicità, non vi è non perché ci starebbe male, masolo perché la nostra centralinista (la condizionante) dice alt!E se pensiamo che il sub inconscio lavora ventiquattro ore su ventiquattro senza ilnostro   minimo   controllo,   il   tutto   ci   preoccupa   un   pò.   La   mente   inconscia   o   subinconscio, gestisce tutti gli organi del nostro corpo e le loro funzionalità, ma allora cichiediamo quando il corpo si ammala cosa ha fatto questa mente? Forse l’abbiamodistratta.

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 La scienza è solo il progressivo accostamento al mondo reale 

CHI È MAX PLANCK Premio Nobel per la fisica 1918

Max Planck, nato Max Karl Ernst Ludwig Planck (Kiel, 23 aprile 1858 – Göttingen, 4ottobre 1947),  è  stato un fisico tedesco,   iniziatore della fisica quantistica e premioNobel per la Fisica.Nacque da una famiglia di giuristi e pastori protestanti; il padre, il giurista JuliusWilhelm Planck, partecipò alla redazione del codice civile tedesco.Si   trasferì  a  Monaco per  frequentare   il  ginnasio per  poi  andare alle  università  diMonaco e di Berlino. Ottenne una cattedra nelle università di Kiel e di Berlino.Fu anche ottimo pianista, si interessò di problemi filosofici, fu attivo fino a tarda età:ma la sua vita fu turbata dalla morte delle figlie Emma e Grete in giovane età (1916­1919) per malattia, e del figlio maggiore Karl nella battaglia di Verdun ­ e poi la mortedel figlio Erwin, impiccato nel 1945 dai nazisti perché coinvolto nell'attentato di lugliocontro Hitler. La morte di Erwin fu per lui un brutto colpo egli affermò infatti che:«Erwin era una parte preziosissima del mio essere. Era il mio sole, il mio orgoglio, lamia speranza. Non ci sono parole che possano esprimere che cosa ho perso con lui.»[1]Solo  Hermann,  uno  dei   cinque   figli  avuti  dal  primo matrimonio  con Marie  Merck(deceduta nel 1909), gli sopravvisse. Planck si risposò con Marga von Hösslin.Per via dell'importanza da lui attribuita alla religione lanciò critiche agli atei. Inoltreaffermò: "Tutta la materia ha origine ed esiste solo in virtù di una forza che porta laparticella di  un atomo a vibrare e mantenere il  sistema solare insieme. Dobbiamo

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supporre che dietro questa forza ci sia una mente cosciente ed intelligente, matrice ditutta la materia".Nel 1900 Planck rese noto che gli scambi di energia nei fenomeni di emissione e diassorbimento   delle   radiazioni   elettromagnetiche   avvengono   in   forma   discreta(proporzionale alla loro frequenza di oscillazione, secondo una costante universale), enon in forma continua, come sosteneva la teoria elettromagnetica classica.Nel 1901 Planck passò dall'ipotesi quantistica alla vera e propria teoria quantistica:gli atomi assorbono ed emettono radiazioni in modo discontinuo, per quanti di energia,cioè   quantità   di   energia   finite  e  discrete.   In   tal  modo  anche   l'energia  può   essereconcettualmente rappresentata, come la materia, sotto forma granulare: i quanti comegranuli di energia indivisibili. La teoria gli valse il premio Nobel per la fisica nel 1918.Riguardo alla relazione tra scienza e religione, egli scrisse, "Scienza e religione nonsono in contrasto, ma hanno bisogno una dell'altra per completarsi nella mente di unuomo che riflette seriamente". (in Conoscenza del mondo fisico)Nel 1929 gli fu assegnata la Medaglia Copley.

I rapporti col nazismoCon l’avvento dei nazisti al potere il clima in tutto il paese divenne particolarmentedifficile  per   gli   ebrei.   Egli   non   entrò  mai   in   reale   conflitto   con   le  politiche  dellaGermania di Hitler e anzi espresse delle posizioni di disappunto con Einstein che nelleinterviste si rammaricava della situazione tedesca. Il 19 marzo 1933 Planck scriveuna lettera a Einstein in cui esprimeva il suo disagio per le “voci di ogni sorta che sonocircolate in questo periodo in quiete difficile sulle sue dichiarazioni pubbliche privatedi natura politica. […] queste notizie rendono oltremodo arduo per tutti coloro che lastimano e la venerano prendere posizione in suo favore.” Secondo Planck infatti  ledichiarazioni di Einstein avevano reso peggiore e difficile situazione dei suoi “fratellidi razza e di religione.”Il 16 maggio 1933 in qualità di presidente della Kaiser Wilhelm Gesellschaft ebbe uncolloquio con Hitler dicendogli che “ci sono diversi tipi di ebrei, alcuni preziosi per ilgenere umano e di nessun valore” e che secondo lui era giusto fare distinzione (a causadell’espulsione di massa di professori e ricercatori impossibilitati al mantenimento dilavori presso le pubbliche istituzioni). Al che Hitler rispose che “Un ebreo è un ebreo;tutti gli ebrei si attaccano come sanguisughe. Dovunque c’è un ebreo, immediatamentesi radunano altri ebrei di tutti i tipi.”Planck successivamente tornò a insistere dicendo a Hitler che l’espulsione degli ebreisarebbe stata dannosa per la scienza tedesca, Hitler quindi  incollerito rispose: “Lenostre   politiche   nazionali   non   saranno   revocate   o   modificate,   nemmeno   per   gliscienziati. Se il licenziamento degli ebrei significa l’annichilazione dell’attuale scienzatedesca, saremo senza scienza per alcuni anni!“Nell'aprile 2008 è stato scoperto che il suo nome di battesimo (Rufname in tedesco) eraMarx, un'abbreviazione oggi in disuso di Markus, non semplicemente Max, il nome

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con cui fu noto per tutta la sua vita. Considerando un altro dei suoi nomi, Karl, vieneovviamente   in   mente   un   altro   celebre   tedesco,   Karl   Marx.   La   scoperta   è   statapubblicata da Der Spiegel e si basa su due diversi documenti ecclesiastici, tra cui ilcertificato di battesimo di Planck; quest'ultimo fu regolarmente firmato dal pastore diKiel, e ha quindi tutt'oggi pieno valore legale.Commentando   la   notizia,   il   dottor   Lorenz   Beck   della   Società   Max   Planck   haconfermato l'originalità dei documenti, ma ha anche fornito prove che già a dieci anniPlanck   si   firmava   come   Max,   e   che   la   R   potrebbe   essere   andata   persa   con   iltrasferimento della famiglia a Monaco di Baviera; inoltre, ha fatto notare che Planck(di simpatie conservatrici) non usò mai il nome Marx in tutta la sua vita. 

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In molte lettere e in molti articoli ha citato Dio comepreoccupazione maggiore emersa

LA LETTERA DI ALBERT EINSTEINSU DIO QUELLO SPIRITO 

CHE SI RIVELA NEL COSMOQuesto documento vale oggi 3 milioni di dollari

   

Con la data del 3 gennaio 1954 venne indirizzata al filosofo Erik Gutkind, a Princeton.Si tratta di una lettera di Albert Einstein su Dio, che vale oggi 3 milioni di dollari.Uno dei tanti documenti in cui il Premio Nobel per la Fisica esprime il proprio puntodi vista su Dio e sulla religione. In molte lettere e in molti articoli ha citato Dio comepreoccupazione maggiore emersa, non certo da una base religiosa personale che nonaveva,   ma   dallo   studio   scientifico   del   cosmo,   delle   sue   leggi,   dell’ordine   edell’intelligenza   che   dietro   a   tutto   questo   inesorabilmente   si   rivela.   «Trovisorprendente che io pensi alla comprensibilità del mondo come a un miracolo o a uneterno mistero?»,  domandava a Maurice Solovine nella  lettera scritta nel  1956. «Apriori, tutto sommato, ci si potrebbe aspettare un mondo caotico del tutto inafferrabileda parte del pensiero. Ci si potrebbe attendere che il mondo si manifesti come soggettoalle leggi solo a condizione che noi operiamo un intervento ordinatore. Questo tipo diordinamento   sarebbe   simile   all’ordine   alfabetico   delle   parole   di   una   lingua.   Alcontrario,   il   tipo   d’ordine   che,   per   esempio,   è   stato   creato   dalla   teoria   dellagravitazione di Newton è  di  carattere completamente diverso: anche se gli  assiomidella teoria sono posti dall’uomo, il successo di una tale impresa presuppone un altogrado d’ordine nel mondo oggettivo, che non era affatto giustificato prevedere a priori.È   qui   che   compare   il   sentimento   del   “miracoloso”,   che   cresce   sempre   più   con   lo

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sviluppo della nostra conoscenza. E qui sta il punto debole dei positivisti e degli atei diprofessione,   che  si   sentono  paghi  per   la  coscienza  di  avere   con  successo  non  sololiberato il mondo da Dio, ma persino di averlo privato dei miracoli».Einstein, se bisogna per forza etichettarlo, era certamente deista, ovvero affermava ilcosiddetto “Dio degli scienziati”, l’Essere che per forza di cose ha creato e ordinato mache poi si è tenuto in disparte: «La convinzione profondamente appassionante dellapresenza di un superiore potere razionale, che si rivela nell’incomprensibile universo,fonda la mia idea su Dio», ha detto lui stesso. E ancora: ««Chiunque sia veramenteimpegnato  nel   lavoro   scientifico  si   convince   che   le   leggi  della  natura  manifestanol’esistenza di uno Spirito immensamente superiore a quello dell’uomo, e di fronte alquale noi, con le nostre modeste facoltà, dobbiamo essere umili». E’ il Dio a cui la solaragione dell’uomo (come diceva Pio IX), senza l’aiuto della fede, può  permettersi diapprodare leggendo con intelligenza i segni della realtà: «La mia religiosità consiste inun’umile ammirazione di quello Spirito immensamente superiore che si rivela in quelpoco che noi, con il nostro intelletto debole e transitorio, possiamo comprendere dellarealtà. Voglio sapere come Dio creò questo mondo. Voglio conoscere i suoi pensieri; inquanto   al   resto,   sono   solo   dettagli»,   diceva   ancora   il   prestigioso   scienziato.   «Lascienza»,  secondo  lui,   «contrariamente ad un’opinione diffusa,  non elimina Dio.  Lafisica deve addirittura perseguire finalità teologiche, poiché deve proporsi non solo disapere com’è la natura, ma anche di sapere perché la natura è così e non in un’altramaniera,  con l’intento  di  arrivare  a capire se Dio avesse davanti  a  sé  altre sceltequando creò il mondo». E’ il riconoscimento evidente di un Dio che ha operato, che hafatto determinate scelte, che ha pensato l’universo.Un Dio immobile però, disinteressato agli uomini. Tanto che Einstein ­come scrive inquesta lettera da 3 milioni di dollari oggi   venduta all’asta­ parlava in modo moltocrudo del Dio rivelato, addirittura come «un’espressione e un prodotto della debolezzaumana.  La Bibbia  è  una  collezione  di  onorevoli  ma primitive   leggende  per   lo  piùinfantili. Nessuna interpretazione, di nessun genere, può cambiare questo per me».Ma, sempre nello stesso documento, scriveva anche la famosa frase: «la scienza senzareligione è zoppa e la religione senza scienza cieca». La presunta dicotomia tra scienzae fede è nata per lui da «errori fatali».Il teologo Thomas Torrance,  è stato probabilmente il massimo esponente dello studiodel pensiero religioso di Einstein ed è arrivato alla conclusione che il celebre fisico«coglieva la rivelazione di Dio nell’armonia e nella bellezza razionale dell’universo chesuscitano  un’intuitiva   risposta  non  concettuale  nella  meraviglia,   rispetto  e  umiltàassociati   alla   scienza   e   all’arte».   Max   Jammer,   rettore   emerito   della   Bar   LanUniversity di Gerusalemme ed ex­collega di Albert Einstein a Princeton, ha affermatoinvece che la concezione di Einstein della fisica e della religione erano profondamentelegate, dato che, nella sua opinione, la natura esibiva tracce di Dio, un po’ come una“teologia naturale”, «in pratica, con l’aiuto della scienza naturale, si può cogliere ilpensiero di Dio». Lo scrittore Friedrich Duerrenmatt disse invece: «Einstein parlava

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così  spesso di Dio che quasi lo consideravo un teologo in incognita. Non credo chequesti riferimenti a Dio possano essere considerati semplicemente dei modi di dire,perché Dio aveva per Einstein un profondo significato, piuttosto elusivo, di non scarsaimportanza per  la sua vita e  la sua attività  scientifica. Ciò  era segno di uno stileprofondo di vita e di pensiero: “Dio” non era un modo di pensare teologico ma piuttostol’espressione di una “fede vissuta”».  Il premio Nobel Salam ha invece commentato:«Einstein è nato in una fede abramitica, dal suo punto di vista era profondamentereligioso. Ora, questo senso di meraviglia conduce molti scienziati all’Essere superiore­”der   Alte”   (“il   Vecchio”),   come   Einstein   affettuosamente   chiamava   la   Divinità   –un’intelligenza superiore, il Signore di tutta la creazione e della legge naturale».Che   cosa  non c’è   stato   in  Albert  Einstein?  E’  mancato   l’incontro   cristiano,   cioè   ilmomento in cui ­grazie ad un avvenimento preciso, per aiuto dello Spirito e per libertàpersonale, dice la Chiesa­ l’uomo prende in seria considerazione il fatto che quel Diocosì  evidente, ma così  lontano, si sia voluto rivelare agli uomini. Il più  importanteesponente dell’ateismo scientifico degli ultimi anni, Antony Flew, si è convertito nel2004 arrivando ad intuire questo: «Certamente la figura carismatica di Gesù è cosìspeciale che è sensato prendere in seria considerazione l’annuncio che lo riguarda. SeDio si è davvero rivelato è plausibile che lo abbia fatto con quel volto». Einstein, per lecircostanze   della   sua   vita,   non   è   invece   arrivato   fino   a   qui,   ma   tuttavia   in   unaintervista del 1929 ha commentato: «Nessuno può leggere i Vangeli senza sentire lapresenza attuale di Gesù. La sua personalità pulsa ad ogni parola. Nessun mito puòmai essere riempito di una tale vita».

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I commenti alle linee guida facilitazioni per l’anima umana

YERATEHEL E I 10 COMANDAMENTI

Questo angelo appartiene al coro delle Dominazioni

di Jolanda Pietrobelli

Yerathel   è  un angelo particolare, è   il  mio Angelo Custode con il quale percorro lestrade  della  mia  vita.   È  un  Angelo  potente,  appartiene  al   coro  delle  Dominazioni(Kuriotetes),   i  cui appartenenti,  aspiranti alla vera signoria, portano lo scettro e laspada, simbolo di potere sulla creazione. Rappresentano i canali di pietà nell’economiadell’anima. Gli ho chiesto di interpretare i 10 comandamenti.

Yerathel: <I Dieci Comandamenti?>. Te li commento uno per uno, perché la maggiorparte delle volte sono travisati, non capiti, male interpretati. Sono delle semplici lineeguida,  facilitazioni per l’anima umana perché  percorra serena il sentiero della suavita.Io sono il Signore Dio tuo:

non avrai altro Dio fuori di me non nominare il nome di Dio invano ricordati di santificare le feste

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onora il padre e la madre non uccidere non commettere atti impuri non rubare non dire falsa testimonianza non desiderare la donna d’altri non desiderare la roba d’altri

I  dieci  Comandamenti   forniti  da  Dio per  mezzo di  Mosè,   sono semplici  regole chedovrebbero pianificare la vita all’anima umana, assieme alle leggi di natura umanaattivate per rendere scorrevole e sicura la sua esistenza.

Nota della sottoscritta. Cosa significa Signore:  Dio, sovrano. Gesù lo attribuisce a sestesso,  rivelando   la  sua  sovranità  divina,  mediante   il   suo potere   sulla  natura,  suidemoni, sul peccato, sulla morte con la sua risurrezione. Le prime confessioni cristiane,proclamarono che  la  potenza,   l’onore  e   la gloria  davanti  a  Dio  Padre,  sono proprianche di Gesù. Dio gli ha dato il nome che è al di sopra di ogni altro nome. Egli è ilSignore del mondo e della Storia, il solo a cui l’uomo debba sottomettere la proprialibertà personale.

Io sono il Signore Dio tuo, da questa frase partono i dieci Consigli: Non   avrai   altro   Dio   fuori   di   me.  Dio   è   il   Creatore,   perciò   è   Lui   che

riconosciamo  sopra  di  noi,   come  nostro  padre  al   quale  dobbiamo   rispetto   eamore. Gli idoli,  gli dei delle altre religioni...si tratta sempre di Dio visto inculture diverse, con simboli diversi. Ma sempre Lui è.

Non nominare il nome di Dio invano. Offenderlo attraverso la parola greve,non ha senso. Perché  usate tale atteggiamento? Per ignoranza più che altro,infondo sono tanti i modi in cui potete macare di rispetto a Dio.

Ricordati di santificare le feste. Il credente osservante, si riposa quando Diosi è riposato e lo ricorda con amore durante le cerimonie che testimoniano lefeste che lo santificano.

Onora   il   padre   e   la   madre.  Significa   amare   i   propri   genitori,   nonabbandonarli quando secondo voi...non vi servono più!

Non uccidere.  Sopprimere è omicidio, togliere la vita ad un vostro simile nonha alcuna giustificazione.

Non commettere atti impuri.  Starebbe per non commettere adulterio,  manell’antichità   l’uomo   poteva   per   legge,   avere   più   donne   oltre   la   moglie.Viceversa a lei non era concesso avere più uomini oltre il marito, perché sarebbestata lapidata. Gli atti impuri sono un concetto molto vasto che si allaccia alnono   comandamento.   Non   è   atto   impuro   godere   di   una   bella   presenza   ed

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apprezzarne le qualità estetiche. Lo stupro, l’incesto, questi rientrano negli attiimpuri. Là   dove non c’è amore ma solo desiderio di soddisfare i sensi, rientranegli atti impuri.

Non rubare. E qui non si intende il bimbo che ruba la marmellata, o chi rubaper  fame.  È  ben più  grave...guardiamo ai  grandi   ladri  presenti  nella  vostrasocietà.

Non dire falsa testimonianza.  Si tratta di grosse bugie che non mettono indifficoltà la singola anima umana, ma la società.

Non desiderare la donna d’altri. Riguarda comportamenti scorretti e anchepericolosi  da cui  possono venir  fuori    molte problematiche,   taccheggiamento,molestie, omicidio e la fantasia non vi manca.

Non desiderare la roba d’altri.  Fin quando pensate:  buon per te che haisuccesso   e   tante  possibilità   economiche   e   magari   salta   fuori  un  pochino  diinvidia, la cosa finisce lì. Il problema si manifesta quando si vuole avere a tutti icosti ciò che è del vostro simile.

Amica mia e compagna di percorso quanto ti ho spiegato, per come la vedo io, sonoconsigli divini su cui basare il vostro comportamento umano. Non mi pare che sianocosì pesanti da soffrirne.

Ti abbraccioYerathel

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TRATTATO DI ANGELOLOGIA  INVISIBILE CAPOLAVORO DI DIO

di Paul Benoist D'Azy ­Benedettino

a) Al vertice della Creazione. La divina parola e le apparizioni angeliche stabilisconol'esistenza di esseri immateriali, differenti da Dio e da noi; è possibile scoprire nellaparte visibile della creazione un appello,  un orientamento,  quasi un'esigenza versoquesto coronamento puramente spirituale?1) Influenzati da un ambiente laico che ha cacciato Dio dall'Universo così come dalloStato   o   dalla   Scuola,   noi   siamo   divenuti   meno   sensibili   alla   gradazione   ed   allagerarchia degli esseri; e comunque i differenti regni della natura non appaiono come iriflessi variegati dell'unica luce di Dio? Le sfumature si susseguono in modo continuo,dall'atomo inerte, che possiede la ricchezza fondamentale dell'esistenza, fino all'uomoin parte distaccato dalla materia, dalla sua intelligenza. Un colore ed il più ricco ditutti mancherebbe, sembra, a questo arcobaleno, se, al di sopra della materia, al disopra dell'uomo che è spirito e materia non trovassero posto i puri spiriti, immaginilette ..., perfette di un Dio che è Spirito ed agisce in Spirito.2)  Con   la  più   grande   perfezione  dell'universo,   la  più   grande  dignità   dello   spirito

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umano sembrerebbe richiedere la presenza degli Angeli.  L'uomo presenta il  doppiocarattere che ha tanto colpito Pascal: da un lato, la grandezza dello spirito, immaginedi Dio; dall'altro, la debolezza di questo stesso spirito nella sua realizzazione umana;non è questo un contrasto stupefacente in un'opera in cui tutte le parti presentano ilperfetto fianco dell'imperfetto? Dio avrebbe completato il mondo materiale in cui tuttii   gradi   sono   rappresentati   da   molteplici   specie,   e   lasciato   incompleto   il   mondospirituale?   Gli   Angeli   riempiono   il   posto   lasciato   vuoto   e   rendono   allo   spirito   lapienezza   della   sua   bellezza   e   della   sua   indipendenza:   possibilità   di   comunicaredirettamente   tra   di   loro,   affrancamento   totale   dai   sensi   e   dalle   immagini,comprensione totale, permanente ed istantanea della verità: sono, noi lo vedremo. lecaratteristiche di queste pure intelligenze. 3) Infine la più grande gloria di Dio che è l'ultimo motivo della Creazione richiama asua   volta   degli   esseri   più   perfetti.   Esposizione   senza   visitatori,   strumento   senzaartista,   rappresentazione   senza   spettatori,   tale   sarebbe   il   mondo   senza   delleIntelligenze capaci di contemplarlo per risalire da lui verso il  suo autore; semplicecomunicazione e non manifestazione di Dio, non sembrerebbe abbastanza degnodell'eccellenza divina …b) La società angelica. 1) La Nascita. La nascita della società angelica manifesta a sua volta la trascendenzadel Creatore e l'unità del suo piano. Dopo San Paolo (Col.1,16; 2,8­18), la Chiesa hadovuto ricordare la distanza invalicabile che separa Dio da ogni creatura, per perfettache sia. Riguardo alla potenza divina l'Angelo e l'elemento più umile sono sullo stessopiano, effetti di una stessa azione creatrice istantanea e totale; e questa non supponeniente nel soggetto che tocca; al contrario essa lo costituisce nella sua realtà e ve lomantiene prolungandolo. Diversi Padri hanno pensato che il mondo invisibile precedail mondo visibile; ed essi mostrano Dio che produce dapprima la creatura spiritualecome la più perfetta, più vicina a Lui, modello della creazione materiale e la sorpassanell'opera suprema di lode. Altri intendono la creazione della luce nel primo giornocome   essendo   anche   la   creazione   della   luce   spirituale   che   rappresenta   il   mondoangelico. La Chiesa non ha voluto fissare questo punto di dottrina. Non è più bellocomunque vedere Dio dispiegare la sua Saggezza nella realizzazione simultanea dieffetti  così  dissimili,  salvaguardare la  sua onnipotenza non confidando alcun ruolonella Creazione? Creati isolatamente, gli Angeli avrebbero parsi costituire un mondo aparte ed il solo veramente degno di Dio, al quale sarebbe venuto ad aggiungersi comeper raccordo un mondo inferiore. 2) Le miriadi angeliche. Considerazioni analoghe entrano in gioco per permetteredi fissare o piuttosto di non fissare il numero dei suoi Angeli. Che questo numero siagrande, i testi ispirati non permettono di dubitarne: è per migliaia e milioni ch'essiappaiono   a   Daniele   (Dan.7,10)   ed   a   San   Giovanni   (Apoc.2,11);   è   un   gruppoconsiderevole che canta il Gloria in excelsis la notte di Natale (Lc.2,14) o stanno adisposizione di Cristo (Mt.26,53).  Stessa dottrina presso i  Padri nei  loro commenti

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delle Parabole della pecora smarrita e della dracma perduta: Dio, incarnandosi, lascianel Cielo le novantanove pecorelle, figura degli Angeli innumerevoli, per discendere acercare   l'unica  pecora  mancante,  cioè   l'uomo deviato  dal  peccato.  Ogni   calcolo  piùspinto non è  che una ipotesi puramente gratuita; se gli uomini devono prendere ilposto degli Angeli decaduti e riparare così le rovine del mondo angelico, nulla provache non si tratti di una sostituzione unità per unità. Per contro il grande numero diAngeli   si   accorda   perfettamente   con   le   ricchezze   del   piano   divino   e   l'importanzarelativa  ai   suoi   differenti   elementi.  Le   ricchezze  divine   si   sono   riversate   con  piùfacilità sugli esseri posti più vicino alla sorgente, più simili al loro autore; un Dio che èSpirito si doveva dare alla sua opera un carattere nettamente spirituale. Il posto degliAngeli, nel pensiero e nell'amore di Dio, giustifica ugualmente il loro grande numero.La gloria di Dio conosciuto ed amato è lo scopo ultimo della Creazione. La materia nonè che un testimone muto che ha bisogno di un interprete; ed in questa testimonianzagli  individui si cancellano davanti alla collettività;   la ricchezza di Dio si manifestameno dal loro numero che dalla varietà e dalla gradazione delle specie. Ogni Angelo alcontrario sarà un canto perfetto della gloria divina ch'egli scopre in lui ed intorno alui.3) Varietà ed unità. I nomi e le diverse funzioni date agli Angeli nella Sacra Scrittura,i   termini   impiegati   a   proposito   di   San   Michele   (Dan.10,13),   non   permettono   didubitare delle differenze, non solamente tra le personalità  angeliche, ma tra i  lororispettivi gradi di perfezione. A seguito di una parte della Tradizione, Scoto vi vededelle   differenze   secondarie,   provenienti   da   funzioni   più   o   meno   nobili;   gli   Angelipresenterebbero le stesse caratteristiche specifiche e non formerebbero che una solafamiglia   tra  di   loro.  San Tommaso,   invece,  appoggiandosi  su dei  principi   filosoficidifferenti, aveva fatto di ogni Angelo un tipo a parte. Nulla, dicevano i suoi partigiani,nulla presso l'Angelo di quest'essere materiale col quale si differenziano gli individuidella specie umana; tutto vi prende dunque valore specifico. La ragione di convenienzaviene,   per   essi,   a   rinforzare   l'argomento   metafisico:   nessun   bisogno   qui   dellasuccessione degli individui per assicurare la perpetuità della specie o per realizzare lasua piena perfezione;  e   così   la  bellezza degli  Angeli   s'innalza  sempre,  di  grado  ingrado, dai confini del genere umano fino al trono dell'Altissimo.c) La vita angelica. La stessa gradazione di certezza, lo stessomiscuglio di dati rivelati, di conclusioni solide e di ipotesi, si offre nello studio delpensiero angelico. 1) Puro spirito, l'Angelo sfugge ad una legge di morte che presiede all'evoluzione delmondo materiale; da cui la sua immutabilità e la sua immortalità intrinseca. 2) Puro spirito, l'Angelo gioisce di una vita intellettuale adatta al suo essere; la leggedi continuità chelo pone tra Dio e l'uomo, regola anche la sua attività; Al di sopra dell'Angelo, Dio,Spirito supremo ed increato. Da un unico sguardo gettato sul suo unico pensiero chenon è altro che Lui, Egli si conosce e conosce la Creazione di una conoscenza totale ed

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adeguata, indipendente come Lui dallo spazio e dal tempo. Al di  sotto dell'Angelo,l'anima umana, al più basso grado della scala degli spiriti, legata alla materia, creatavergine da ogni conoscenza, scavando nel mondo esteriore per via dei sensi, formandoa partire da immagini le sue idee generali, passando da una verità  ad un'altra colragionamento, l'analisi e la sintesi ... Tra Dio e l'anima umana, puro spirito creato.D'un solo sguardo egli si coglie, sistringe,   si   penetra.   La   sua   pura   intelligenza   cerca   il   suo   essere   luminoso   e   nonincontrandovi alcuna ombra l'abbraccia interamente; e da ciò, con lo stesso movimentoirresistibile,   essa   risale   alla   Sorgente   ultima   e   zampillante,   alla   Causa   supremasempre  agente.  Vera visione,  non di  Dio  rappresentato  da una pallida  effigie,  madell'immagine che ne offre uno specchio vivente; visione incessantemente rinnovata dauna luce incessantemente raggiante; visione tanto più chiara, più netta, più profonda,che l'Angelo dotato di qualità più ricche riflette meglio la divina perfezione. Ma alloracome spiegare la conoscenza perfetta dell'universo reclamata dalla missione e dalladignità   dell'Angelo?  Egli   è   incaricato   ­  noi   lo   sappiamo   per   fede,   e   la   ragione   loconferma ­ di intervenire nel mondo sensibile e specialmente nel mondo umano; eglinon   può   d'altra   parte   essere   inferiore  all'uomo   la   cui   scienza   costituisce  uno  deiprivilegi caratteristici; egli deve infine poter compiere il ruolo di cantore e di testimoneche   abbiamo   prima   segnalato;   tante   ragioni   per   accordargli   senza   esitazione  unaconoscenza  vasta  dell'universo.  Dopo  Sant'Agostino,   San  Tommaso   aggiunge   delleprecisazioni  dedotte logicamente dai  principi  precedenti:  sempre in virtù  della  suaindipendenza dalla materia, l'Angelo non estrae la sua scienza dal mondo stesso, eglila porta con sé sotto forme di idee infuse fin dal primo istante da Dio; e queste ideesono   tanto  più   ricche  e  meno  numerose  di  quelle  date  ad un Angelo  più  perfettoquando esse più si avvicinano maggiormente all'unico e totale Pensiero divino. Cosìrisalta la superiorità dell'Angelo sull'uomo: superiorità dell'adulto istruito ed in pienopossesso dei suoi mezzi sul bambino ignorante e debole, superiorità del ricco figlio difamiglia, che nasce con una fortuna tutta fatta ed inalienabile, sul povero mendicante,che questua penosamente il suo pane.3) Una scienza così perfetta ha pertanto i suoilimiti:­ Il segreto di Dio, libero di rivelare o no i Misteri della Trinità  e dell'ordinesoprannaturale. ­ Il segreto dei cuori, che Dio solo può penetrare e muovere. Con lesue sole forze naturali, l'Angelo in più di ciò che non può imporre, non può conoscereun solo pensiero della nostra intelligenza od una decisione della nostra volontà. Gliresta una risorsa: interpretare le manifestazioni esteriori dei nostri sentimenti intimi,parole, gesti, azioni, modifiche del nostro stato psicologico. Un osservatore attento lisvela talvolta con una rara perspicacia; tanto più gli Angeli, meglio informati delleleggi che reggono i rapporti così stretti del nostro spirito e del nostro corpo. ­ Il segretodel futuro infine, che dipende, al di sopra delle leggi naturali, dalla volontà divina edalla libertà umana, dal miracolo e dal libero arbitrio. Con le sue sole forze, l'Angelopuò prevedere, ma non predire in modo infallibile.d)   L'amore   santificatore.   Le   considerazioni   precedenti   sarebbero   incomplete,   e   di

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conseguenza false, se esse non tenessero conto degli altri fatti rivelati:  l'elevazionedegli   Angeli   allo   stato   soprannaturale,   la   loro   prova,   la   caduta   di   taluni   e   laricompensa degli altri. Come prima, l'analogia col mondo degliuomini impegnati, anch'essi, in questa via ci permette di completare ciò che la fedelascia  di  oscuro;  e  reciprocamente  la  storia degli  Angeli   illumina il  nostro  propriodestino. Rileviamo semplicemente le armonie dove si scopre l'unità del piano divino.  1) Come la nostra, la grazia degli Angeli è  gratuita, frutto della libera, amante eprevidente   volontà   di   Dio.   Malgrado   la   loro   penetrazione,   la   loro   intelligenza   siconfessa radicalmente impotente nel forzare l'entrata del soprannaturale.Conoscere, è divenire simile all'essere conosciuto, e chi può da se stesso divenire similea Dio? Nessuno conosce il Padre ad eccezione del Figlio per eccellenza e da questi cheil Padre ci adotta come suoi figli.2) Gli Angeli e gli uomini, malgrado la diversità delle loro nature, non formano cheuna famiglia, la famiglia di Dio. Il soprannaturale prima di tutto; la grazia modifica lascala   dei   valori;   taluni   uomini   possono   arrivare   ad   un   grado   di   gloria   uguale   osuperiore a quello degli Angeli più elevati, e Maria li domina tutti ... 3) Lo scopo finale della creazione è soprannaturale; è per questo che molti pensanoche,  senza tappa intermedia,   fin dal   loro appello  all'esistenza,  Adamo e gli  Angelihanno ricevuto lo stato di grazia.4) Il merito acquisito nella prova è la via normale che segue la creatura per arrivare alsuo stato  di  perfezione soprannaturale.  E'  questo,  non un capriccio  di  un maestrodispotico,   ma   una   nuova   prova   d'amore   di   Dio,   che   vuole   darci   questo   motivosupplementare di gioia.5) A noi, la cui intelligenza cammina passo passo, la cui volontà appesantita non sifissa che poco a poco nel bene, a noi conviene meritare questo destino finale, con unasuccessione di atti, con la possibilità di cadere e di rialzarci, fin quando la morte nonha messo fine alla nostra prova. All'Angelo, che realizza, a primo colpo, la perfezioneintegrale della sua intelligenza e della sua volontà, conveniva di acquisire, anche conun solo atto, la sua gioia soprannaturale, o di perderla per sempre.6) La caduta degli Angeli rimaneva possibile, perché solo la chiara visione di Dio Benesupremo fissa definitivamente la volontà.7) La natura esatta della loro colpa resta sconosciuta. Come ogni peccato, fu un rifiutodel   soprannaturale,   e   probabilmente  una  colpa  di   orgoglio;   e   la  maggior  parte  vivedono con delle  varianti  sensibili,   il   rifiuto di  accettare  l'aiuto  indispensabile peracquisire la loro perfezione soprannaturale, il rifiuto di entrare nel piano divino di cuil'Incarnazione costituisce il centro. In una parola, il desiderio di eguagliare Dio, soloautore della propria felicità.

Piccolo trattato di angelologia (Paul Benoist D'Azy ­Benedettino)

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Un metodo più efficace per togliere le sofferenze al malato terminale

EUTANASIAIL PARADOSSO 

DELLA LIBERTÀ NEGATALa “morte dolce” viene accostata all’idea di

emancipazione ed autonomia

 Alessandro Benigni

Sembra oggi inevitabile, ogni qualvolta si parla del problema del fine vita, chiudere ildiscorso  con  il   riferimento  ai  diritti,  alla   libertà   e  quindi  all’eutanasia.  La “mortedolce”, inesorabilmente, viene accostata all’idea di emancipazione ed autonomia, alla

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sfera dei diritti inalienabili della persona, se non addirittura alla misericordia dovutaa chiunque soffra.  L’eutanasia viene pensata come una cura,  come un metodo piùefficace per togliere le sofferenze al malato terminale.Chissà  poi   che  cosa   significa   “malato   terminale“,   visto   che   il  dibattito   sullo   statovegetativo   è   ancora   tutt’altro   che   chiuso   (men   che   meno   sono   sciolti   i   variinterrogativi,   sul   piano   etico,   filosofico,   assistenziale,   medico­legale   e   di   politicasanitaria) e la stessa scienza medica viene smentita di fatto nelle sue procedure, nellesue previsioni, nelle sue teorie, con una certa costanza storica. Come si fa a definire inmodo certo il   futuro, che per sua natura èi  ncerto e indefinibile? Nessun malato èinfatti   “terminale”   almeno   nella   misura   in   cui   il   futuro   resti   indeterminato,   perciascun essere umano, e fino a quando continueranno a verificarsi risvegli e guarigioniche la scienza medica non è in grado né di prevedere, né si spiegare. Chi sostiene chel’eutanasia   sia  una   cura,   oltre  al  paradossale  utilizzo  di   termini   opposti   tra   loro,ammette di fatto un determinismo assoluto che poi non è in grado di giustificare.Come in molti  altri  casi,  anche per questo discorso la confusione linguistica regnaspesso sovrana.Con “eutanasia” si indicano spesso genericamente una serie di situazioni e procedureche di fatto sono molto diverse tra loro e si rischia così di sostenere la legittimità dipratiche   che   andrebbero   invece   sostanzialmente   distinte.   Possiamo   infattidifferenziare   tra   “eutanasia  attiva”  e   “volontaria”  ed   “eutanasia  passiva”,   che  puòessere a sua volta “volontaria” o “involontaria”. Per “eutanasia attiva” e “volontaria” siintende la messa in atto di un intervento (una somministrazione di farmaci) volto aprocurare il decesso di una persona che, nel possesso delle proprie facoltà mentali, nefaccia esplicita richiesta: una sorta di suicidio assistito, vale a dire l’aiuto in termini dimezzi e competenze mediche fornito ad un persona che abbia deciso di togliersi la vita.Per   “eutanasia   passiva”,   invece,   si   intende   l’interruzione   o   l’omissione   di   alcunitrattamenti   funzionali   a   tenere   in   vita   una   persona.   Si   dice   poi   “volontaria”   o“involontaria” a seconda che il paziente abbia o meno anticipatamente espresso delledirettive al riguardo. In molti paesi è infatti riconosciuta legalmente la possibilità dirilasciare   una   dichiarazione   anticipata   di   trattamento   (il   cosiddetto   “testamentobiologico”) in cui si comunicano le proprie volontà circa le cure cui si intende o non siintende essere sottoposti in futuro, nel caso in cui ci si trovi nella condizione di nonpoter esprimere il proprio consenso o dissenso.In realtà va precisato anche che quella tra eutanasia attiva e passiva – potremmo diretra uccidere e lasciar morire – è una distinzione tutt’altro che pacifica. La Consulta diBioetica (l’associazione culturale italiana che riunisce bioeticisti di stampo laico), adesempio, definisce l’eutanasia in questi termini: “Tralasciando qui i problemi spessoinestricabili   relativi   al   “lasciar  morire”   e   alla   cosiddetta   “eutanasia   passiva”,   con“eutanasia” si intende l’azione che procura una morte senza dolore ad una persona chene fa richiesta, ripetutamente e senza incertezze, per evitare un’infermità inguaribilee   una   situazione   degradante   per   la   propria   dignità“.   [Documento   sull’eutanasia,

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approvato dall‘Assemblea dei soci il 30 gennaio 1993]Nonostante quest’ampia varietà di significati, i sostenitori dell’eutanasia affermano didifendere   un   diritto   del   cittadino,   equiparando   di   fatto   forme   di   eutanasiaradicalmente diverse: a) il suicidio assistito e b) la morte subita da terzi in base aduna propria dichiarazione (testamento biologico) o peggio in base a congetture altrui.Alla base di questa confusione sta un’altra affermazione dei sostenitori dell’eutanasiasecondo i quali nella sfera delle libertà individuali dev’essere compresa anche quella dimorire, quando e come si vuole: “la vita è mia, decido io”, sostengono. Ma è vero cheuna morte libera e dignitosa dev’essere garantita a tutti, per legge?Innanzitutto c’è da chiedersi se sia davvero solo la libertà l’unico valore da difendere el’unica facoltà di esercizio che debba essere riconosciuta agli individui. Resta poi dastabilire se davvero una vita degna di essere vissuta sia unicamente quella in cui ildolore   e   la   sofferenza   vengono   espunte   dall’orizzonte   umano.  Quasi   come   se   nonappartenessero  all’essere­uomo,  quasi   come se   fosse  davvero  reale,  quindi  umana,quindi dignitosa, solo una vita priva di sofferenze.Iniziamo considerando il dolore. La percezione del dolore e l’idea stessa di pazienza, ditolleranza, fino a quella di dolore insopportabile, dipendono anche dalla percezionesociale che ne abbiamo. Nel momento in cui il dolore massimo che l’uomo può provareviene  considerato   inumano,  si  apre   la  strada ad una  gradazione,  ad  una  sorta  dimisurazione del dolore che c’è da credere verrà via via abbassandosi fino a considerareinumane anche altre tipologie  di  sofferenze.  Chi  decide qual   è   il  valore,   l’unità  dimisura di questa gradazione?Siamo   del   resto   nell’era   del   performante:   l’uomo   viene     assimilato   ad   un   motoremeccanico e se non funziona più a dovere, perde con ciò stesso la sua dignità. Dunqueuccidere   o   lasciar   morire   (di   questo   si   tratta)   diventa   paradossalmenteun   attocaritatevole:   la   vita   umana   ha   valore   e   dignità   solo   se   è   piacevole,   gradevole,soddisfacente.  Si aiuta  il  prossimo a sparire  in fretta:  vedere una persona soffrireatrocemente è disonorevole, per il soggetto in questione, per i familiari, per la societàintera. Meglio uccidere o lasciar morire l’individuo.Certamente le sofferenze vanno lenite, curate, alleviate per quanto possibile. Non èche si debba cercare il dolore in quanto tale, o evitare di combatterlo. Al contrario, sitratta  di  proteggere,  di  difendere   la   vita   ed   il   valore  della  persona,   con  amore   ecompassione, nonché con l’aiuto di ogni supporto medico possibile. Si tratta, in altreparole,  di  non pretendere disumane scorciatoie,  come quella di  eliminare una vitaquando (o in ragione del fatto che) non si riesce ad eliminare la sofferenza.Ciò su cui forse dovremmo riflettere è l’implicita pretesa di considerare non­umane lesofferenze, quali che esser siano. Quasi come se l’esperienza del dolore fosse per lanatura   inumana:  un accidente,  una   fatalità   estranea da  evitare,  anche  a  costo  diuccidere o lasciar morire una persona. Dimentichiamo che proprio la sofferenza ed ilsenso che le  viene conferito è  uno degli  elementi  che stabiliscono e rendono saldal’ontologia della persona.

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Pretendere di annullare l’esperienza del dolore, a tutti i suoi livelli, è un sintomo diuna malattia ben più grave di quella fisica. Il suo nome è volontà  di potenza. Unaapparente volontà di vita che si afferma al di là e al di sopra di tutto il resto, anche acosto di perdere la propria umanità e di tradursi inevitabilmente nel suo opposto, inuna volontà mortifera che annulla se stessa.Il rifiuto della debolezza umana, della finitudine, dell’esperienza del dolore e dellamalattia nascondono in fondo il desiderio dell’uomo di essere Dio. L’uomo è aperto alTrascendente:   il   suo   inconscio   e   le   sue   contraddizioni   lo   rivelano   con   costanzadisarmante.Per questa visione nichilista della vita ogni uomo deve poter affermare la sua volontà,il resto non conta. Ma su questa strada ben presto si realizza che alla fine non contapiù nulla: non contano gli altri, non conta la vita, non conta nemmeno il soggetto chedecide. Il  singolo deve poter continuamente aggiornare il  suo punto di vista e maifissarsi su alcuna verità: è questa la condizione antropologica, lo spazio morale cherende prima pensabile e poi possibile il suicidio, il lasciar morire, l’uccidere.Tuttavia   ogni   spazio   morale   è   socialmente   condiviso   e   determinato:   per   questol’eutanasia non può essere pensata come un problema individuale, sul quale solo ilsingolo ha diritto dell’ultima parola.Ci   sarebbe   da   capire   se   l’eutanasia   non   sia   in   realtà   l’esatto   opposto   di   ciò   chevorrebbero farci credere: ovvero la maschera di una radicale negazione della libertà edella dignità della persona umana. Il nichilismo che fonda l’idea di eutanasia (la vitaumana non ha in sé un valore assoluto in quanto il suo valore e la sua dignità vengonostabiliti di volta in volta dal soggetto, che può anche dire che ad un certo punto la vitanon conta più  niente, nihil, e va pertanto eliminarla) preclude ad una conseguentenegazione del valore della vita e quindi della libertà e della dignità dell’uomo che daquesta,   non   dimentichiamolo,   dipendono.   Libertà   di   coscienza   e   di   auto­determinazione (che dovrebbero essere alla base della democrazia liberale occidentale)finiscono per questa via  col tradursi nel loro opposto, in un atteggiamento mortiferoche priva la vita umana di un suo valore sacro ed assoluto e, sotto la spinta dellavolontà di potenza, di fatto la rende passibile di valutazione e di giudizio: per ora daparte del  singolo  individuo,  ma è  già   sufficiente per  ipotizzare che saranno prestoaltria decidere sull’eutanasia, per tutti.Consideriamo ora la libertà. Per questa via si giunge ad un altro paradosso: in virtùdella libertà e della dignità dell’individuo si prende la strada che porta alla negazionedella libertà e della dignità del singolo. La sua decisione circa il fine vita diventa unvincolo   e   il   voler   espandere   ogni   sofferenza   dell’orizzonte   umano   apre   le   porteall’indicibile, ad un mondo in cui nessuno sa più dare senso alla sofferenza, alla lotta,alla vita stessa. Ad un mondo in cui inevitabilmente saranno altri a decidere chi devevivere e chi invece deve morire.

Mentre   si   afferma  genericamente   che   lo  Stato  non  deve   sostituirsi   alla   coscienza

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morale di  ogni persona, dall’altra parte si  sostiene che si deve permettere ad ogniindividuo di esercitare la propria volontà suprema nei limiti in cui questo esercizionon è lesivo per gli altri. Eppure come si è visto lo spazio morale in cui il singolo agisceè sempre socialmente condiviso, è sempre uno spazio relazionale, di cui le leggi delloStato dovrebbero essere principi normativi: come si può pensare che l’affermazione diuna mentalità così radicalmente nichilista non sia lesiva per tutti? Se per legge la vitanon è più sempre sacra e sempre inviolabile, non lo sarà più nemmeno la mia.Inoltre,   la   bontà   di   un   principio   etico   si   valuta   anche   in   fase   di   applicazione,prendendo in esame le sue conseguenze, possibili e reali.Nel principio dell’eutanasia per tutti già dal punto di vista pratico sorgono problemiallarmanti.   Almeno   nella   sua   forma   “passiva   e   volontaria”,   l’eutanasia   è   infattistrettamente   collegata   al   testamento   biologico.   Sempre   ammesso   che   in   nome   diquesta  presunta   libertà  non si  decida  una   “dolce  morte  per   tutti”   (è   lecito   infattitemere che per questa via si arrivi anche questo) ai cittadini dovrà essere accordato dimanifestare liberamente il proprio consenso a tale pratica: nella dichiarazione scrittae regolamentata del testamento biologico, appunto. Ma un testamento non è un attogiuridico definitivo e così  come l’individuo ha facoltà  di  sottoscriverlo,  ha anche lalibertà  di cambiare idea, tornare dal notaio, redigere un nuovo atto che cancella ilprecedente   e   così   via.   In   tal   caso   il   testamento   più   vecchio   perde   ogni   valorevincolante.Che cosa succede nel caso del testamento biologoco? Come essere sicuri che le ultimevolontà   registrate   e   sottoscritte   dal   soggetto   siano   quelle   effettive   al   momentodell’applicazione? Non è paradossale che in nome della libertà, l’individuo non possapiù cambiare idea e le sue richieste di fatto negate? Immaginiamo: se questo liberocambiamento delle ultime volontà (rispetto al modo in cui desidera essere trattato nelcaso  della  perdita  di   coscienza)  non  viene   registrato  con  un nuovo  atto,   è   ancorapossibile affermare che con l’eutanasia si rispetta realmente la volontà dell’individuo?E ancora: come sapere quali sono le “ultime” volontà di ciascuno?D’altra parte, anche nel caso del suicidio autonomo volontario è  possibile cambiareidea proprio all’ultimo istante: posso stare sul cornicione anche una notte intera e poidecidere di scendere. Non sono obbligato a gettarmi nel vuoto finché  non mi lascioandare. È questa la libertà: quella che si prolunga dalla decisione volontaria fino almomento in cui davvero si realizza l’azione. Dopo di che, quello che è fatto è fatto enon si  può  più  tornare indietro. Ma fino all’ultimo, appunto in nome della libertà,dovrebbe essere garantita a ciascun individuo la possibilità di cambiare idea e tornareindietro   sui   suoi   passi.  Scendere  da   quel   cornicione   e  non   dargli  una   spintarellatenendo in mano il testamento redatto magari anni prima.La verità è che l’eutanasia nega precisamente quello che vorrebbe garantire: la libertàdell’individuo e quindi  la dignità  ad essa correlata.  Se è  possibile che ciò  avvengaanche in un solo caso (e come abbiamo visto è più che possibile, direi probabile) alloraè   lecito   ipotizzare  che sia  possibile   in  tutti   i   casi.  Di   fatto   il   testamento biologico

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interrompe questo prolungamento dalla decisione all’atto, poiché  per sua natura lapratica  dell’eutanasia  non  può   rendere   conto  di   ciò   che   l’individuo  vuole  e  deciderealmente nel fatidico ultimo istante.Gettando lo sguardo oltre le implicazioni giuridiche, mi chiedo, da un punto di vistamorale, come si potrebbe definire il dare la morte ad un individuo che voleva questotrattamento ma che poi ha cambiato idea e che attualmente desidera invece esserecurato fino alla fine?La fine.  A proposito  del   fine­vita,  resterebbe anche da chiarire  se  non sia proprioquest’ultima possibilità autentica, quella che Heidegger definisce “un’imminenza checi sovrasta”, a dare senso a tutta l’esistenza umana. Anche in senso retrospettivo. Lamorte, scrive Heidegger, “è una possibilità di essere che l’esserci stesso deve sempreassumersi   da   sé”.   In   questo   senso   l’approdo   ad   un   testamento   biologico   indical’inautenticità  di  una scelta demandata ad altri,  deprivandosi della propria  libertà(come si è visto, anche di cambiare idea), una scelta che non sceglie, che non tieneconto che l’individuo autentico sceglie in prima persona la propria libertà, a partiredalla presa di coscienza della finitudine e della limitatezza umana, di cui il dolore e lasofferenza  sono  segni   tangibili   ed   incontrovertibili.  Questa   è  una  declinazione  del“vivere­per­la­morte”   che  Heidegger   indica   con una  valenza  altamente  positiva,   inquanto rende autentiche le scelte e, con esse, la vita (cosa che non potrebbe avvenirein una prospettiva di vita privata della sua essenza bipolare: bene­male, gioia­dolore,e   così   via).   La   scelta   della   morte,   dolce   o   amara   che   sia,   mira   a   rimuovere   perl’ennesima   volta   la   morte   stessa   dal   panorama   umano.   Siamo   di   fronte   adun’ennesima variazione del nichilismo e della volontà di potenza ad esso correlata chesprigiona nei nostri tempi una specie di gas mortifero capace di guastare tutto e tutti.Nessuno ha il diritto di stabilire il valore degli ultimi istanti (giorni, ore, minuti?) diuna persona in base alle proprie idee sul fine­vita. Nessuno è in grado di sapere checosa penserà  tra un mese, tra una settimana. Domani. Nessuno può  escludere cheproprio   alla   fine,   nella   fine,   si   possa   cogliere   il   valore   ed   il   senso   della   propriaesistenza: a meno che non si possa dimostrare – qui ed ora – che l’uomo non è unessere intimamente aperto alla trascendenza.Per Umberto Veronesi, uno dei nostri grandi sostenitori del diritto a morire (ma non aquello di nascere) l’eutanasia permette di “abbreviare con un atto di pietà le sofferenzedel  malato”.  Ma da  quanto  si   è  visto  1)  non possiamo essere  certi   che   il   “malatoterminale” sia davvero “terminale” (ci sono casi di guarigione che la scienza medicanon  sa   spiegare),  2)  non possiamo essere  certi   che   l’intenzione  del  malato   (ancheammesso che sia stata registrata in un testamento) sia quella che noi supponiamo 3)la pietà intrinseca in un atto che porta non alla guarigione o all’alleviamento dellesofferenze ma alla morte di un individuo è moralmente quantomeno discutibile.“Abbreviare   il  processo  che  porta  alla  morte”  potrà   anche  suonare  agli   orecchi  diqualcuno  come un atto  da buon samaritano,  ma si  deve  considerare  che se  passaquesto principio resta poi da stabilire perché  mai  un malato terminale di  89 anni

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possa   avere   accesso   all’eutanasia   e   poniamo   un   bambino   con   gravissimemalformazioni no (con il consenso dei genitori). E nel caso dei malati di mente? Moltidi loro, per ricordare la stravagante battuta di Indro Montanelli, non sono in grado direndersi conto di nulla, nemmeno di andare in bagno da soli. Che si fa?E come si misura il dolore? Come mettere in rapporto il dolore fisico a quello mentale?Ci sono persone in stato di gravissima depressione, che magari hanno tentato più voltedi suicidarsi, senza riuscirci. Daremo una mano misericordiosae pietosa anche a loro?Detto   questo,   c’è   un   altro   aspetto   della   controversia   che   mi   pare   meritevole   diparticolare attenzione, sorprendente e ad un tempo illuminante circa la perversionemortifera   con   cui   i   sostenitori   dell’eutanasia   per   tutti   mascherano   ogni   maletravestendolo da bene. Sempre per Umberto Veronesi, l’alimentazione artificiale dellepersone in stato di coma costituisce un intervento medico, quindi assimilabile ad unaforma di accanimento terapeutico. I malati gravissimi, è questo il suo parere, possonotranquillamente essere uccisi tagliando loro acqua ed alimenti.  Lasciati morire perfame e per sete,  in nome della misericordia che si  deve ad ogni essere umano chesoffre.   Tra   le   altre   cose,   riferendosi   alla   legislazione   olandese,   Umberto   Veronesiafferma che quest’ultima è degna di ammirazione “in quanto ha inserito l’eutanasia eil   suicidio  assistito  non solo  all’interno  di  un quadro  di   riferimento   che  si  occupaglobalmente delle cure di fine vita, ma soprattutto all’interno di una concezione apertadella libertà personale di ognuno (il cui cardine è la volontà del malato): si nota unagrande   attenzione   al   recupero   dell’umanità   come   valore   preminente.   Ne   dàun’interessante testimonianza una ricerca condotta a Utrecht nel centro oncologico diterzo livello e pubblicata il 29 giugno 2005 sul «British Medical Journal», il periodicoscientifico di riferimento per tutti i medici. I ricercatori si sono chiesti quali effettiabbia la morte con eutanasia sui familiari e sugli amici stretti di malati oncologiciterminali, […].. Gli autori – prosegue Veronesi – che si sono avvalsi di un questionariomolto sofisticato, volto a riprodurre i lineamenti delle emozioni, […] hanno mostratorisultati importanti. Primo fra tutti il fatto che i familiari e gli amici delle persone cheavevano chiesto e ottenuto l’eutanasia mostravano generalmente un grado di stressminore rispetto a quelli del secondo gruppo. Una morte innaturale, come un suicidio, ècausa di intense reazioni di dolore nei membri della famiglia e, spesso, di inconscisensi   di   colpa.   Per   analogia,   si   pensava   quindi   che   potesse   verificarsi  un’intensareazione  di   dolore  anche  all’eutanasia,  nella  misura   in   cui   viene   considerata  unamorte non naturale.  Non è   stato così.  E’  emersa,   fondamentale,   la  rivelazione chel’aver potuto dare l’addio al malato in un’atmosfera di consapevolezza da entrambe leparti ha in qualche modo reso meno dura e aspra la reazione di dolore provocata dallaperdita.   Lo   studio   è   importante   anche   perché   analizza   i   fattori   di   rischio   per   losviluppo del  dolore  traumatico,   cosa  diversa dalla  normale  reazione di  dolore  allamorte di qualcuno che ci è caro, in quanto implica situazioni in cui i sintomi del dolorehanno  una durata   troppo  lunga o   troppo  corta,   sono  troppo   intensi  o   troppo pocointensi,  oppure  insorgono troppo tardi.  Questo tipo di  dolore,  che può  dar  luogo a

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un’incapacità di elaborare il lutto, è associato a fattori di rischio ben precisi”.L’eutanasia avrebbe insomma il vantaggio di diminuire lo stress nei familiari. Questoanche a costo di lasciar morire il proprio congiunto di fame e di sete: il valore supremoè la riduzione della fatica, del logorio di chi presta assistenza.L’argomento a sostengo di questa tesi paradossale è insidioso: solo i medici possonoprescrivere   questo   tipo   speciale   di   alimentazione   e   solo   medici   sono   in   grado   diintrodurre nel corpo questo speciale nutrimento attraverso una sonda nasogastrica oaltra modalità  e che solo medici possono controllare nel suo andamento, anche ovel’esecuzione sia rimessa a personale infermieristico o ad altri. Quando l’alimentazionee   l’idratazione   si   svolgono   in   tali   condizioni   esse   perdono   i   connotati   di   atto   disostentamento doveroso e acquistano quello di trattamento medico in senso ampio.(Cfr.  Parere  della  Commissione  Veronesi   su  nutrizione  e   idratazione  artificiale  neisoggetti in stato di irreversibile perdita della coscienza, La natura dell’idratazione edella nutrizione e il ruolo dei medici)Sarebbe però interessante chiedersi se con questo argomento non si confondano il finecon il mezzo ed il cosa con il come. Acqua e cibo non guariscono alcuna malattia: nonsono medicine. Il fine dell’alimentazione – in qualsiasi modo sia essa erogata – non èla guarigione dell’individuo, ma il suo sostentamento. Allo stesso modo, se fosse unproblema la modalità con cui il l’alimentazione viene erogata, allora dovremmo allostesso modo concludere che qualsiasi altro malato che si trovasse nell’impossibilità dialimentarsi da solo (i bambini – prima e dopo la nascita­ gli anziani che non sono piùautosufficienti,   etc.)   verrebbe   a   trovarsi   vittima   di   una   forma   di   accanimentoterapeutico (che come tale dovrebbe sempre essere messa in discussione).Di fronte alla tentazione di accelerare la morte di chi sta male, valgono sempre leparole di Evangelium vitae n. 66: “Anche se non motivata dal rifiuto egoistico di farsicarico  dell’esistenza  di   chi   soffre,   l’eutanasia  deve  dirsi  una   falsa  pietà,   anzi  unapreoccupante  ‘perversione’  di  essa:   la  vera  ‘compassione’,   infatti,  rende solidale coldolore altrui, non sopprime colui del quale non si può sopportare la sofferenza”.I sostenitori dell’eutanasia basano le loro argomentazioni sul coinvolgimento emotivodi chi li  ascolta: toccano le corde della compassione, presentano la loro “soluzione”come un gesto di pietà doverosa. Un atto di libertà. Nel rispetto pieno della dignitàumana. Come non essere d’accordo con questa richiesta del morire senza dolore, dellasoluzione migliore per porre fine ad una malattia il cui esito sarebbe (come abbiamovisto il condizionale è d’obbligo) scontato? Tuttavia a ben vedere la forma seducente diquesto messaggio nasconde un significato spaventoso, che è tutto nella risposta stessache   converte   la   migliore   soluzione   nella   soluzione   finale:   l’assassinio   come   attosupremo della compassione e dell’amore al prossimo. Ed il cortocircuito logico è cosìchiuso.Chissà   se   i   sostenitori   dell’eutanasia   si   rendono   conto   che   una   società   di   sani   eperfetti, di felici e contenti è solo una tragica illusione, un inganno che ha come scopol’assoggettamento e la manipolazione dell’uomo. Chissà se i sostenitori dell’eutanasia

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si ricordano quali sono i loro cattivi maestri. I maestri del Nichilismo estremo, cheavvelena i nostri tempi. Vorrei ricordare, tra i tanti possibili, almeno un paio di passisintomatici che potrebbero tranquillamente trovarsi in un’intervista contemporanea,su un giornale qualsiasi:“Prescindendo dalle istanze che la religione pone, si può ben chiedere: perché dovrebbeessere più lodevole per un uomo invecchiato, che sente il declino delle proprie forze,attendere la propria lenta consunzione e il  disfacimento, che non porre termine inpiena   coscienza  alla  propria  vita?   In  questo   caso   il   suicidio   è  un’azione  del   tuttonaturale e a portata di mano, che, come vittoria della ragione, dovrebbe giustamentesuscitare rispetto: e lo ha anche suscitato, in quei tempi in cui i capi della filosofiagreca e i più forti patrioti romani solevano morire dandosi la morte da sé. Al contrariola brama di continuare a trascinarsi di giorno in giorno, fra angosciose consultazionimediche e in penosissime condizioni di vita, di giungere, senza forze, ancor più vicinoal termine della propria vita, è molto meno rispettabile. Le religioni sono ricche discappatoie   contro   l’istanza   del   suicidio.   Con   esse   si   ingraziano   coloro   che   sonoinnamorati della vita”.

Friedrich Nietzsche, Al di là del bene e del male, 1886

“In   una   determinata   condizione   è   indecoroso   continuare   a   vivere   più   a   lungo.   Ilcontinuare a vegetare in vile dipendenza dai medici e dalle loro pratiche, dopo che èandato perduto il senso della vita, il diritto alla vita, dovrebbe attirare su di sé, nellasocietà, un profondo disprezzo. I medici, dal canto loro, dovrebbero essere i mediatoridi questo disprezzo – non ricette, ma ogni giorno una nuova dose di nausea di fronte ailoro pazienti”.

Friedrich Nietzsche, Il crepuscolo degli idoli, 1888Curioso, vero? Forse a pensarci bene non tanto.

Sì, proprio lui: Nietzsche.

Il profeta della volontà di potenza, dell’oltre­uomo.

Della vita senza senso.

Il   profeta   del   nichilismo:   della   negazione   di   ogni   Trascendenza,   di   ogni   valore,compreso quello della vita stessa. Chissà come mai i sostenitori dell’eutanasia – che nesiano consapevoli o meno poco importa – si rifanno proprio ad un filosofo come questo.Qual   è   il   legame   tra   nichilismo,   negazione   di   ogni   valore,   negazione   di   Dio,   edeutanasia?L’aveva capito benissimo Dostoevskij: “se non c’è Dio, tutto è lecito, anche il delitto”

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(Fratelli Karamazov). Prepariamoci dunque a tornare, con la scusa della misericordia,all’inizio della storia umana,  a quello  stato  iniziale che  il   filosofo Thomas Hobbesaveva esemplificato con l’espressione “homo homini lupus” (letteralmente “l’uomo è unlupo  per   l’uomo”).  Prepariamoci:  quando  si  perde  di  vista   il   senso  della   sacralità,dell’inviolabilità della vita umana, ogni delitto diventa possibile.In nome della misericordia, logico.

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L' annuncio shock dato dalla Stony Brook UniversitySchool of Medicine di New York

IL CERVELLO DOPO LA MORTE È ATTIVO PER TRE ORE

 Inquietante notizia, arriva  dalla Grande Melaallarmando tutto il mondo scientifico internazionale

di Melania Rizzoli Dopo  che   il   cuore  si   ferma,  e  viene certificata  quindi   la  morte,   il   cervello   rimaneancora vivo, e continua a funzionare per diverse ore. L' annuncio shock è stato datodalla Stony Brook University School of Medicine di New York, dove è stata condottauna ricerca con l' obiettivo di esaminare quello che accade a livello cerebrale dopo cheuna   persona   va   in   arresto   cardiaco,   allo   scopo   di   migliorare   la   qualità   dellarianimazione   e   di   prevenire   le   lesioni   encefaliche,   mentre   si   tenta   di   riavviarefebbrilmente   il   cuore   fermo   del   paziente,   cercando   di   evitare   danni   neurologicipermanenti. Lo studio in questione, durato tre anni, si è concentrato solo sulle mortidovute ad attacchi cardiaci, nelle quali il cervello è virtualmente salvo ed esente dadanni diretti, e questo organo fondamentale, in cui risiede la nostra coscienza, si èrivelato ancora funzionante per almeno quattro ore dopo che il cuore aveva smesso dibattere, e con la possibilità di riattivarsi senza deficit anche dopo una rianimazionecardiaca   prolungata.   Tecnicamente   nella   pratica   medica   l'ora   del   decesso   di   unapersona viene stabilita e certificata nel momento in cui il muscolo cardiaco smette dicontrarsi e si ferma, anche se dopo si continua a cercare di riattivarlo con tentativi distimolazione cardiopolmonare, e nel momento in cui avviene l' arresto cardiaco tutte lefacoltà mentali e la veglia diventano praticamente nulle, compresi i riflessi del troncocerebrale.  Ciò   accade  perché   dopo   l'   ultimo  battito   cardiaco  anche   il   sangue,  non

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essendo più pompato dal cuore, smette di circolare da e verso di lui, non pervade piùnessun  organo   ristagnando  nei   vasi   arteriosi   e   venosi,   e   di   conseguenza  anche   ilcervello  smette  di   ricevere  ossigeno,   facendo sprofondare  il  paziente  nello  stato  diincoscienza. In questo studio, però, si è dimostrato che anche a cuore fermo, ovvero instato effettivo di morte, l' encefalo non muore subito insieme a lui, ma continua adoperare per un certo periodo, la corteccia cerebrale resta ancora viva ed attiva, comeanche tutte le cellule cerebrali risultano chiaramente funzionanti e vitali per qualcheora,  nonostante   il  debito  di  ossigeno,   il  quale,   se  prolungato  oltre  un certo   limitemassimo,   le  spegne una dopo  l'  altra,  determinando  il   rallentamento costante e   ildeterioramento progressivo e irreversibile dell' intero sistema encefalico.Questa inquietante notizia, che arriva direttamente dalla Grande Mela, ha allarmatotutto il mondo scientifico internazionale, perché i ricercatori hanno ipotizzato come unfatto possibile quello che dopo la morte la persona defunta riesca a volte a rendersiconto di essere morta, ovvero ad avvertire la consapevolezza di essere all' interno di uncorpo ormai privo di vita. I numeri dello studio infatti, che si è basato sull' analisidelle   funzioni   cerebrali   post­mortem,   hanno   riguardato   2.060   eventi   di   arrestocardiaco, di cui i sopravvissuti sono stati 160, e di questi ben il 46% aveva il ricordodell' accaduto, pur essendo rimasti a cuore fermo per lungo tempo prima di riuscire adessere rianimati, un altro 9% ha invece avuto esperienze di pre­morte, mentre il 2%riusciva a percepire chiaramente quello che stava avvenendo attorno a loro mentre illoro   cuore   non   batteva   più.   Secondo   il   gruppo   di   scienziati   non   si   tratterebbesolamente di impressioni od allucinazioni percepite ai confini della morte, ma di vera eproprio realtà,  dichiarando che il  nostro cervello,  anche se per poco,  riesce a  farciessere consapevoli del fatto che abbiamo perso la vita. In realtà questa ricerca affermache quando il cuore si ferma anche il cervello non è più fisiologicamente "vivente", maè   un   cervello   ancora   attivo   a   livello   molecolare   e   cellulare,   che   cioè   conserva   lacapacità,   finora   ritenuta   impossibile,   di   ripristinare   la   funzione   neuronale   e   lacircolazione sanguigna anche a distanza di  tempo da un arresto cardiocircolatorio,dimostrando   che   i   pazienti   rianimati  anche  dopo  un'   ora  di   tentativi  dall'  ultimobattito, spesso non riportano danni cerebrali permanenti, che invece sarebbero sicuri ecerti   in condizione di morte cellulare cerebrale.Questa condizione infatti,   è  semprestata  considerata  un processo  rapido  e   irreversibile,  con   interruzione dell'  attivitàelettrica e la scomparsa in pochi secondi dei segni di consapevolezza, che si spengono20­30  secondi  dopo  l'   arresto  cardiaco,   con   i  depositi  di  energia  molecolare  che   siesauriscono in pochi minuti e  l'   interruzione delle complesse interazioni neuronali,mentre questo studio dimostra una certa vitalità residua del cervello per poche oredopo   la   morte,   cosa   che   potrebbe   aprire   la   strada   a   nuovi   studi   sulle   patologiecerebrali e su diverse tecniche di rianimazione.Da questo organo stupefacente, che pesa circa 1,5 kg, formato da miliardi di neuroni,protetto dalla scatola cranica, che ci consente di percepire, di vedere, di pensare, diparlare   e  di   agire,   il   più   complesso  del  nostro   corpo   e   verosimilmente  quello  più

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complesso al mondo, abbiamo ancora molto da imparare e moltissimo da conoscere, eoggi sappiamo pure che le sue cellule nervose effettivamente possono rimanere attiveanche per qualche ora dopo la morte, una cosa che può sembrare paradossale e farcimolta impressione, ma che apre alla flebile speranza di poter tornare in vita anchequando la medicina attuale non lo ritiene più  possibile. Ognuno di noi si è  chiestoalmeno una volta cosa accade dopo la morte, uno dei più  grandi interrogativi  dell'essere umano, ma forse a nessuno di noi fa piacere scoprire oggi che il nostro cervellodopo il decesso potrebbe restare funzionante ancora per poche ore, regalandoci di fattola spiacevole sensazione di accorgersi di essere morti.

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Una contraddizione chiamata <il paradosso della carne>

LA DISSOCIAZIONE PSICOLOGICADEI MANGIATORI DI CARNE

Un processo di sofferenze e infine la morte agli animali

La maggior parte delle persone non desiderano causare dolore agli animali, ma moltiacquistano e consumano carne, un processo che causa immense sofferenze e infine lamorte agli animali. Per superare questa contraddizione, spesso chiamata “paradossodella carne”, la gente utilizza il meccanismo della dissociazione psicologica, ignorandoo sopprimendo la consapevolezza che la carne sul loro piatto provenga da una creaturavivente. Questo documento, pubblicato in “Appetite”,  riporta il  primo test empirico

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completo sulla dissociazione psicologica relativo al consumo di carne.Gli autori hanno eseguito sei esperimenti progettati per rispecchiare situazioni di vitareale che i consumatori possono incontrare al momento dell’acquisto e del mangiarcarne.   Nel   primo   studio,   i   partecipanti   hanno   risposto   a   delle   domande   volte   amisurare la loro empatia e il livello di dissociazione psicologica con ognuna delle treimmagini  di  un pollo   cotto.  Un’immagine  ha mostrato  della  carne   tritata  di  pollo(condizione  di   trasformazione  alta),  un’altra  ha mostrato   la  carne  tagliata  a pezzi(condizione di trasformazione media), e l’immagine finale visualizza l’intera carcassadi   un   pollo   (condizione   di   trasformazione   bassa).   I   partecipanti   che   hanno   vistol’immagine della carne altamente trasformata hanno dimostrato meno empatia e unaumento della  dissociazione  psicologica  rispetto  ai  partecipanti   che  hanno visto   leimmagini   di   carne   con   condizione   di   trasformazione   media   e   bassa.   Gli   autoriconcludono che la gente può  dissociarsi più facilmente dai prodotti a base di carnealtamente trasformati.Nel secondo studio,  ai  partecipanti sono state mostrate  immagini  di  un arrosto dimaiale con o senza la testa. Hanno anche risposto a domande volte a misurare il lorolivello di dissociazione psicologica tra la carne e il fatto che era un animale, la lorovolontà  di  mangiare la carne di maiale,  la loro disponibilità  a mangiare un piattovegetariano, e il   loro livello di disgusto per l’immagine. I risultati dell’esperimentohanno  mostrato   che   i   partecipanti   che   hanno  visto   l’arrosto  di  maiale  decapitatosentivano meno empatia, espresso meno disgusto, erano più disposti a mangiare lacarne, e sono stati un po’ meno propensi a scegliere un’alternativa vegetariana. Gliautori ipotizzano che i supermercati occidentali sono probabilmente consapevoli delfatto che la testa susciti disgusto ed empatia e, di conseguenza, vendono prodotti dicarne volutamente con la testa rimossa.Nel terzo studio, degli autori hanno misurato la tendenza dei partecipanti a dissociarela   carne   dagli   animali.   Ai   partecipanti   è   stata   mostrata   una   pubblicità   per   lecostolette   di   agnello   che   conteneva   o  non   conteneva  una   foto  di   un  agnello   vivo.Anch’essi hanno risposto a domande simili a quelle inclusi nel primo e nel secondostudio. I risultati hanno mostrato che i partecipanti che hanno visto l’immagine conl’agnello vivo erano meno propensi a dissociare, hanno mostrato più empatia, ed eranomeno disposti a mangiare la carne.

Il quarto e il quinto studio hanno mostrato come la lingua utilizzata per descrivere lacarne  può   sostenere   la  dissociazione  psicologica.  Nel   quarto   studio,   i   partecipantihanno   risposto   a   tre   test   che   affermano   che   le   mucche   sono   state   “allevate”,“macellate”, o “uccise”. I risultati hanno mostrato che il termine “allevate” ha suscitatoi maggiori livelli di dissociazione e, indirettamente, ha portato a meno empatia. Nelquinto studio, i partecipanti hanno visionato un menu che ha utilizzato sia i termini“carne bovina” e “carne suina” o “mucca” e “maiale”. I risultati hanno mostrato che ipartecipanti   che   hanno   visto   il   menù   con   le   etichette   “mucca”   e   “maiale”   hanno

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mostrato  meno  dissociazione,  più   empatia  e  disgusto,  meno volontà  di  mangiare   ipiatti   di   carne   sul   menu,   e   un   marginale   aumento   della   probabilità   di   scegliereun’alternativa vegetariana.Gli autori concludono che la serie di studi “sperimentalmente dimostrato ciò che moltifilosofi   e   sostenitori   dei   diritti   degli   animali  hanno   sostenuto   per  molto   tempo:   iprocessi culturalmente radicati di dissociazione psicologica si ritrovano nel modo diprodurre, preparare e parlare di carne e le persone umane sostengono la volontà dimangiare carne se non vi è il collegamento tra animale e carne. Tale dissociazionepsicologica   riduce   l’empatia   e   il   disgusto   che  altrimenti   ridurrebbe   il   consumo  dicarne”.Come fanno notare gli autori, i sostenitori dei diritti degli animali sono stati a lungo acoscienti delle tattiche usate dalle parti interessate nel settore della carne di separarela carne dagli animali.  Auspicano dunque di impiegare tattiche che hanno l’effettoopposto, costringendo le persone ad affrontare il legame tra animali vivi e la carne chemangiano. Pertanto, mentre i risultati di questo studio non sono una sorpresa per idifensori degli animali, forniscono elementi utili che mostrano come le immagini e illinguaggio   può   direttamente   aumentare   o   diminuire   la   dissociazione   psicologica,innescare l’empatia e il disgusto, e la disponibilità delle persone a mangiare carne.

 faunalytics.org/feature­article/meat­eaters­dissociation  

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Il segnale del tuo corpo che non puoi sottovalutare

CUORE E SCOMPENSO CARDIACOCome salvarsi la vita

di Melania Rizzoli

Sentite un lieve affanno a fare le scale, accusate stanchezza dopo mangiato e notategonfiore dei piedi e delle caviglie verso sera? Se pensate che siano i postumi di unagiornata faticosa, di un pasto abbondante o sintomi legati al caldo o all’età sbagliate digrosso, perché invece è il vostro cuore che parla, che si sta ammalando e che vi mandaprecisi segnali di allarme.Il cuore è l’anima della nostra vita, e passiamo tutta la nostra esistenza ad ascoltare ilsuo richiamo, le emozioni che provoca, il suo battito che accelera di fronte all’amore,ne subiamo il dolore straziante quando si perde una persona importante, eppure diquesto organo centrale spesso ne vengono ignorati i veri sintomi, cioè quei segni che il

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cuore comincia ad inviarci quando inizia a difettare, a non funzionare più bene, e chealtrettanto spesso ciascuno di noi sottovaluta od attribuisce ad altra causa, magaricollegandola agli stati emotivi e non ad una vera e propria patologia cardiaca.Negli ultimi anni è incredibilmente aumentato il numero di pazienti che arrivano inpronto soccorso in condizione di scompenso cardiaco, ovvero nella fase finale di unapatologia a lungo ignorata e non curata, una grave emergenza clinica e medica che senon affrontata tempestivamente, può causare rapidamente la morte. Per tale motivo èpartita in Italia la campagna di informazione sanitaria “I love life”, su iniziativa diNovartis, che ha come slogan: “Il cuore è imprevedibile, lo scompenso no. Curarlo sipuò”, per sensibilizzare i pazienti a prestare più attenzione ai propri sintomi, a nonsottovalutarli, e soprattutto per invitarli, quando essi si manifestano, a consultare uncardiologo al più presto e a seguirne attentamente le prescrizioni.Grave emergenzaLo scompenso cardiaco attualmente colpisce quasi un milione di italiani, è la primacausa di  ricovero tra gli  over 65,  con circa  200mila degenze all’anno per un costosanitario di oltre 3miliardi di euro. Durante il  ricovero il 3,8% dei pazienti muore,mentre dopo due mesi la malattia provoca il decesso o un nuovo ricovero nel 30­50%dei malati di cuore. La mortalità ad un anno dalla dimissione è del 20­30%, e a 5 annisfiora  il  50%. E se si  pensa che una persona su 5  sopra  i  40anni  svilupperà  unoscompenso   cardiaco   nel   corso   della   vita,   è   intuibile   come   arrivare   a   prevenire,diagnosticare e curare per tempo questa patologia sia dirimente.I primi sintomi di tale malattia sono quasi sempre ignorati ed inascoltati, perché nonriconosciuti, perché sono variegati e sono molti, ma la mancanza di energia, il senso dispossatezza quotidiano,   l’affanno  sotto  sforzo  ed anche  a  riposo,   con   l’edema dellecaviglie e delle gambe sono i segni principali di un cuore che inizia a perdere colpi inmodo importante. Se poi non si riesce più a dormire sdraiati, se si ha bisogno di piùcuscini,   se   la   fame   d’aria   non   migliora   nemmeno   mettendosi   seduti,   ed   èaccompagnata da sudorazione profusa senza sforzo fisico, allora lo scompenso cardiacopuò dirsi conclamato, ed il paziente definito in condizioni critiche.Il cuore, in questa fase infatti, ha già perso la sua forma normale ed il suo volumefisiologico,   è   deformato,   dilatato,   si   contrae   fiaccamente   e   tende   a   sfiancarsi,   hadisturbi del ritmo evidenti e perde la forza contrattile di pompa del sangue, il qualeristagna nei suoi ventricoli e refluisce indietro nei polmoni, invadendo le loro cavità,aggravando l'ossigenazione generale e di conseguenza mozzando respiro e provocandoil   temibile  affanno.  L'intero  organismo,  a  questo  punto,   cerca  di   collaborare  nellosmaltire   questi   liquidi   che   affaticano   il   muscolo   cardiaco,   trattenendoli   a   livelloperiferico (piedi,  caviglie,  gambe e addome), forzando la diuresi e mettendo a duraprova i reni, ma se le contrazioni cardiache diventano sempre più inefficienti e piùdeboli, lo scompenso procede inesorabilmente verso l’arresto cardiaco.È   necessario   sottolineare   che   tale   insufficienza   cardiaca   è   sempre   una   sindromesecondaria, cioè è la conseguenza di un’altra patologia del cuore non curata, perché

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spesso è provocata da un vecchio infarto trascurato, da una malattia delle valvole, dauna ipertensione non trattata o da un diabete scompensato, ma è una sindrome che,una volta comparsa, può regredire in parte, ma accompagnerà per sempre la vita delpaziente, e lo obbligherà a frequenti controlli specialistici, ad esami strumentali, oltreche ad un rigido regime dietetico, alimentare, fisico e terapeutico.Per fortuna molti sono i cardio­farmaci efficienti oggi a disposizione, somministrati inun   cocktail   che   comprende   diuretici,   Ace­inibitori   o   sartani,   beta­bloccanti   eantagonisti dell’aldosterone, e nell’ultimo anno si sono aggiunti anche gli Arni, unaclasse di molecole (sacubitril e valsartan) che si stanno rivelando in grado di aggrediredirettamente il muscolo cardiaco e la sua malattia, specialmente quella a tendenzainstabile, la più temibile, e soprattutto di ridurre il rischio di morte improvvisa.È   molto   importante   curare   costantemente   lo   scompenso,   perché   anche   quando   isintomi regrediscono o scompaiono, la malattia continua purtroppo ad agire.Stile di VitaCosì come è fondamentale migliorare lo stile di vita, smettere di fumare, limitare lostress, mangiare con poco sale e grassi, ridurre il sovrappeso e soprattutto muoversi,fare attività fisica, anche solo una passeggiata al giorno, perché stare fermi, seduti inpoltrona o a letto è controproducente e può addirittura aggravare la patologia.Una malattia del cuore paradossalmente fa molto meno paura di un tumore maligno,ma sono le patologie cardiovascolari, e non i tumori, la prima causa di mortalità inItalia  e  nel  mondo,  per  cui  ascoltate  meglio  e  più   spesso   il  vostro  cuore,  prestateattenzione ai segnali che vi manda, anche perché  se il  cuore è  da secoli il  simbolodell’amore, da che mondo è mondo di amore non si muore, e le pene sentimentali nonlo   fanno  di   certo  ammalare  né   favoriscono   lo  scompenso,  mentre   le  malattie  vereinvece, quelle sì, e se trascurate, ignorate e non curate, spesso possono fermarlo persempre. Ecco gli otto segni premonitori: come puoi salvarti la vitaLucio Dalla, Walter Chiari, Pino Daniele, Gigi Sabani, Domenico Modugno, ClaudioVilla e molti altri, sono solo alcuni dei personaggi italiani che hanno avuto in comune,oltre alla fama, una fine tragica su cui riflettere. La vita di tutti loro, infatti, è statastroncata da un infarto "fulminante", come spesso viene definita la morte improvvisa.Gli attacchi di cuore, però, non arrivano mai a ciel sereno, e soprattutto non sono mai"improvvisi":   il   muscolo   cardiaco   manda   sempre   i   suoi   sintomi   premonitori   disofferenza che spesso vengono sottovalutati,  minimizzati,   ignorati  o  semplicementenon sono riconosciuti. Perché è l' intero organismo, già un mese prima dell' infarto, adinviare i suoi segnali tipici o atipici che è bene ed utile conoscere. Quelli che elencherònon sono sintomi lievi, ma chiare manifestazioni di una malattia vascolare che si stasviluppando, che allerta e sollecita l' attenzione e che, se ignorata e non contrastata,può a volte condurre all' arresto cardiaco.Sono almeno otto i sintomi principali che potrebbero segnalare, già un mese prima,una   anomalia   riferibile   al   cuore.   Tra   questi   il   più   importante   è   certamente   il

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DOLORE,   che   quando   appare   in   mezzo   al   petto   spesso   preannuncia   un   attaccoimminente.Ma,  a   seconda  della  arteria   coronaria   interessata,   la   sintomatologia  dolorosa  puòinsorgere in altre parti insolite, come alla spalla e al braccio sinistro, spesso confusacon un dolore osseo o articolare,  alla mascella  inferiore,   lungo tutta la mandibola,scambiata sovente per una nevralgia dei denti o delle gengive, oppure a un lato delcollo, attribuita a rachialgia cervicale o a un torcicollo, o più spesso alla bocca dellostomaco, subito sotto lo sterno, un dolore che assume le caratteristiche postume di unacattiva digestione o di un reflusso gastro­esofageo. Il tipo di dolore cardiaco di cui viparlo, però, non è bruciante o urticante, ma è opprimente, come un peso che comprimeil   cuore   e   spezza   il   fiato,   e   soprattutto  può   essere  accompagnato  da  due   sintomisentinella, la nausea e i sudori freddi.Fronte e battitiL' IPERIDROSI ALGIDA, infatti, è un sintomo assolutamente da non sottovalutare:spesso  inizia  dalla   fronte,  che appare  improvvisamente  imperlata,  per  scendere  alcollo e al petto. E comunque la sudorazione eccessiva, se non è attribuibile ad altrecause  note,   come   il   tiroidismo,   la  menopausa,   il   linfoma  o   la   febbre,   che  portanosovente ad inzuppare le lenzuola, e non è motivata dal caldo, dallo sforzo eccessivo oda un calo repentino di pressione, quando appare lenta o improvvisa, in moto o ariposo, va presa in evidente ed urgente considerazione.La TACHICARDIA o l' ARITMIA, non certificate da blocchi di branca o altri difettidella   conduzione   elettrica   cardiaca,   sono   i   classici   sintomi   ricorrenti   prima   di  unattacco di cuore che perde colpi, e sono dei segnali difficili da percepire per chi non èesperto senza un elettrocardiogramma, poiché simulano lo sfarfallio che si avverte inmezzo al petto durante innocue extrasistoli, mentre in realtà sono disturbi del ritmosempre accompagnati  da una sensazione di  disagio,  di  dispnea  (lieve  mancanza d'aria) e di agitazione alla quale non si sa dare una motivazione. Se la sensazione diaritmia dura più di qualche minuto, e soprattutto se è accompagnata da un peso sullostomaco, da nausea o conati di vomito, e da uno stato di intima agitazione, non deveessere sottovalutata, o affrontata, con spesso succede, con una limonata calda.La DISPNEA, ovvero la mancanza di respiro, quando si avverte un peso retrosternalee non si riescono a fare dei respiri profondi (a causa dell' aritmia), è un sintomo notoche si manifesta a volte con un anticipo di sei mesi prima di un eventuale infarto, e siverifica in oltre il 40% dei casi degli infartuati, senza distinzione di sesso.Spesso vienescambiata   per   un   attacco   di   panico,   soprattutto   nei   soggetti   sotto   i   50   anni,   enaturalmente la dispnea può essere causata da molti altri problemi respiratori chenulla hanno a che fare con il cuore, ma quando insorge più  di una volta senza unmotivo   certificato,   è   sempre   bene   fare   un   controllo,   oltre   che   polmonare,   anchecardiaco.La NAUSEA, sia a stomaco pieno che vuoto, insieme ad una percezione di gonfioreaddominale, o difficoltà di digestione, e a un senso di ripienezza dopo un piccolo pasto,

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è  un altro sintomo di ingorgo addominale frequente, dovuto al sequestro di sanguenella   zona   digestiva,   attuato   dal   sistema   vascolare   per   non   sovraccaricare   edaffaticare il cuore, nel tentativo di alleggerire e decongestionare il circolo sanguigno.Se la nausea non è accompagnata da sintomi evidenti gastrici, dell' intestino tenue edel colon, e se persiste per giorni con la sua vaga sintomatologia non dolorosa, vasicuramente accertata e soprattutto va esclusa la causa cardiaca.Il passare degli anniL' INSONNIA è un altro sintomo tipico segnalato nel 50% dei pazienti un mese primadi  un  infarto,  che si  presenta con  la  difficoltà  ad addormentarsi  e   la  difficoltà  adalzarsi la mattina presto, con la conseguente sensazione di astenia, cioè di debolezzamuscolare,  ovvero  di  non aver  riposato.  Questa  sintomatologia,  più  presente  nelledonne,  non è   la classica stanchezza derivante dagli   impegni  giornalieri,  ma  è  unafiacca   inusuale,   dovuta   alla   diminuita   ossigenazione   dei   tessuti   muscolari   per   lasofferenza del cuore che non riesce a pompare il sangue arterioso nella giusta dose, eche  può   determinare   il   gonfiore   serale  delle   caviglie.  Essa  può  manifestarsi  nellesemplici azioni quotidiane, e maggiormente a fine giornata, e viene sovente attribuitaallo stress,  al  carico di   lavoro, o all'  età  che avanza. Ma il  cuore è  un organo cheprevede il passare degli anni, e che, se sano, si adatta perfettamente al trascorrere deltempo, senza creare problemi.Un altro sintomo che può apparire curioso, e non collegabile a un deficit cardiaco, mache è stato riconosciuto e certificato, è la PERDITA DI CAPELLI inusuale e velocenella zona posteriore della testa. Non si tratta di una caduta uniforme e normale, edessendo   sul   retro   del   capo   non   è   facilmente   visibile,   ma   è   una   constatazionesoprattutto mattutina, quando si trovano capelli sulla federa del cuscino, o la sera sulretro delle giacche, senza che tale perdita abbia una spiegazione o che sia mai siaaccaduta o notata prima.Infine, la PRESSIONE ARTERIOSA è il principale fattore di rischio predisponente all'infarto del miocardio, la quale, se non curata e stabilizzata per tempo, danneggia learterie procurando l' arteriosclerosi dei vasi cerebrali e cardiaci, e che, se favorita daalti livelli di colesterolo e di trigliceridi, i grassi del sangue, può facilitare l' occlusionedelle  coronarie  ed  il   conseguente  attacco  di  cuore.  Chi  normalmente non soffre  dicefalea, e a un certo punto della vita inizia ad accusare con una certa frequenza il maldi testa, o perde sangue dal naso, invece di assumere farmaci a caso, è bene che simisuri la pressione durante l' attacco nevralgico o emorragico, poiché l' ipertensionemette  a  dura  prova   i   vasi   cardiaci   e   cerebrali.  Naturalmente  molte  altre   sono   lepatologie che, se non curate, predispongono all'  infarto, come il diabete mellito e l'obesità, tutti fattori di rischio controllabili e reversibili con farmaci e stili di vita, maquello che mi preme sottolineare in questo articolo, è che il nostro organismo è unamacchina perfetta, e che il nostro cuore non è muto, invia puntualmente segnali diallarme   chiari,   evidenti,   individuabili   e   mai   silenziosi,   non   smette   di   battereimprovvisamente,   perché   il   cuore,   inteso   come   muscolo   motore   che   pulsa

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ininterrottamente, non tradisce, non ci accoltella alle spalle, ma ci parla, ci avverte,suona più di un campanello di allarme, e quando a volte lo fa duramente, col dolore, lanausea e i sudori freddi, è perché alza la sua voce, urla e pretende di essere ascoltato,prima di abbandonarci e lasciarci morire.

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Thich Nhat Han – Chiamami con i miei veri nomi

Non dire che domani scomparirò,perché io arrivo sempre.

Guarda in profondità: io arrivo ogni secondo,per essere un germoglio sul ramo a primavera;per essere un minuscolo uccellino con le ali ancora fragiliche impara a cantare nel suo nido;per essere un bruco nel cuore di un fiore,per essere un gioiello che si nasconde in una pietra.

Io arrivo sempre, per ridere e per piangere,per temere e per sperare.Il ritmo del mio cuore è la nascita ela morte di tutto ciò che è vivo.

Io sono un insetto che muta la sua forma sulla superficie di un fiume.E io sono l’uccello che, a primavera, arriva a mangiare l’insetto.

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Io sono una rana che nuota felice nell’acqua chiara di uno stagno.E io sono il serpente che, avvicinandosi in silenzio, divora la rana.

Sono un bambino in Uganda, tutto pelle e ossa, le mie gambe esili come canne di bambù,e io sono il mercante di armi che vende armi mortali all’Uganda.

Io sono la bambina dodicenne profuga su una barca,che si getta in mare dopo essere stata violentata da un pirata.E io sono il pirata, il mio cuore ancora incapace di vedere e di amare.

Io sono un membro del Politburo, con tanto potere a disposizione.E io sono l’uomo che deve pagare il ‘debito di sangue’ alla mia gente,morendo lentamente in un campo di lavori forzati.

La mia gioia è come la primavera, così splendente che da sbocciare i fiori su tutti i sentieri della vita.Il mio dolore è come un fiume in lacrime, così gonfio che riempie tutti i quattro oceani.

Per favore chiamatemi con i miei veri nomi,cosicché io possa udire tutti i miei pianti e tutte le mie risa insieme;cosicché io possa vedere che la mia gioia e il mio dolore sono una cosa sola.

Per favore chiamatemi con i miei veri nomi,cosicché io mi possa svegliaree cosicché la porta del mio cuore sia lasciata aperta,la porta della compassione.

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Le forze di illuminazione danno inizio all’educazione del nuovo mondo

AL KOSMOS CLUB ­PISA LA FESTA DEL WESAK

E’ un evento di meditazione un incontro sul piano spirituale

di Jolanda Pietrobelli

Il plenilunio del Toro è un periodo  durante il quale le energie spirituali sono a nostradisposizione in maniera unica e facilitano un rapporto più stretto fra l'umanità e laGerarchia. Le Forze di Illuminazione sono attive nel periodo della Festa del Wesak,esse   emanano   dal   cuore   del   <Divino>,   sono   connesse   alla   comprensione   divina   epossono raggiungere  e  rafforzare  coloro  che amano e  servono  i   loro simili.  Questaenergia   trasmette   il   secondo  principio  della  divinità,   amore­saggezza,  del  quale   ilBuddha e il Cristo sono le due espressioni di rilievo. Le forze di illuminazione dannoinizio all’educazione del nuovo mondo. I primi che essi prenderanno in considerazionesaranno i movimenti educativi,  presenti in tutti i paesi e i valori che possono rivelarsiattraverso   le   comunicazioni   sociali,   stampa,   scrittori,   artisti,   radio   commentatori,giornalisti e operatori sociali sono tutti influenzati da queste forze che fluiscono nellementi   degli  uomini.   Il  Wesak   è   un   evento  di  meditazione,  un   incontro   sul  pianospirituale, si tratta di   una invocazione alle forze dell'energia affinché dalla mente edal cuore di Dio, Luce e amore scendano nella mente e nel cuore degli uomini.  Siamo

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pronti   come   ogni   anno   all'   appuntamento   con   una   delle   più   grandi   ricorrenzespirituali, un  giorno che esprime tutta la sua straordinarietà ed accomuna due grandimaestri: Buddha e il  Cristo, unendoli entrambi in un potente   atto di benedizione,impresso   sul  mondo.  Durante   la   cerimonia   trova   luogo  un'invocazione  di   pace   edunificazione  per   il   benessere  dell'   umanità,   senza   confini   disegnati   da   religioni   erazze, in quanto la pace è un bene di tutti, priva di colori e bandiere. La pace fa partedella vita.  Lasciarsi coinvolgere dal Wesak significa collegarsi con i grandi Maestri diluce attraverso la meditazione per ricevere e donare la Grande Benedizione offertaall’Umanità   proprio   dai     Maestri.   Si   ha   l'opportunità   di   attraversare     la   portadimensionale   e     in   quel   breve   straordinario   spazio   di   tempo   racchiuso   nellameditazione, una forza energetica viene donata ai presenti. Si tratta in sostanza diGrande Energia di Luce, Amore, Fratellanza, e Unificazione che attraverso lo statomeditativo...emana. Il Wesak non è occasione di commercio, ne intende fare proseliti,tanto meno appartiene a qualsivoglia espressione politica, è semplicemente un donoche dalla notte dei tempi, viene generosamente offerto in spirito di fraternità.La Festa del Wesak. È la festa del Buddha, Intermediario spirituale fra il sommocentro spirituale (Shamballa) e la Gerarchia. Il Buddha è espressione della saggezzadi Dio, della Luce, è   il Proposito divino. Questa cerimonia è annualmente fissata inconcomitanza del plenilunio del Toro, è la grande festa orientale.Il  Wesak Acquariano,  fa   riferimento  al   rituale  divulgato  nel   secolo  scorso  dallaTeosofia   e   più   specificatamente   da   A.   Bailey.   La   Teosofia   fu   fondata   da   HelenaPetrowna   Blavatsky   alla   fine   dell’800,   che   scrisse   la   Dottrina   Segreta,   un’operamonumentale che raccoglie tutti gli insegnamenti esoterici, dalla nascita dell’Universoallo sviluppo dell’Umanità,  dalle leggi esoteriche che reggono il mondo alle diversedimensioni dell’esistenza. H.P. Blavatsky ricevette tutti questi insegnamenti, per lopiù   in   maniera   telepatica,   dai   Maestri   della   Fratellanza   Bianca   di   Shamballa,soprattutto   dai   Maestri   Morya   e  Kuthumi.   Tale   Fratellanza   di   Maestri   risiede   aShamballa ed è guidata dal Cristo. Il Cristo, chiamato anche Maitreya, è l’Essere diLuce   che   governa   lo   sviluppo   spirituale   sul   pianeta   Terra,   attraverso   l’opera   deiMaestri e di tutti gli uomini e donne capaci di sviluppare dentro sé stessi Amore eSaggezza e di diffonderli nel mondo. Shamballa è  una città di Luce e una dimensionedella  Coscienza,  esiste  su un piano vibratorio  eterico,  diverso  da quello   fisico,  marimane  vicina al piano energetico della Terra. I Maestri di Saggezza della FratellanzaBianca indicarono alla Blavatsky l’importanza del Wesak e sottolinearono la necessitàdi fare dello stesso una festività celebrata dall’intera umanità in quanto fondamentaleper la realizzazione del Piano Divino sulla terra. Ogni anno, durante il plenilunio delsegno del Toro, il Wesak viene celebrato in una valle alle pendici del Monte Kailash.Verso nord­est la valle si restringe ed una grande roccia altare, bianca e scintillantene chiude il punto più stretto. Un piccolo torrente scorre di lato e sparisce poco lontanoin   un   chiaro   lago   blu.   Una   grande   massa   di   persone   è   presente,   in   silenziosoraccoglimento e preghiera. 

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Nella foto i due celebranti : Gianni Tucci e Jolanda Pietrobelli, presso la Palestra Kosmos Club di artimarziali e discipline olistiche ( Ghezzano Pisa)

Sulla roccia altare c’è una coppa di cristallo colma di acqua purissima ed accanto adessa prendono posto i Maestri della Fratellanza di Shamballa, quei Grandi Esseri chesono i custodi in terra del Piano di Dio per il nostro pianeta e l’umanità. Al centro, difronte  alla  coppa,   il  Cristo,   il  Maestro  dei  Maestri.  Quando  l’ora  del  plenilunio  siavvicina,   a   nord­est   appare   un   punto   luminoso   che   si   avvicina   sempre   piùrapidamente, al suo interno, si rende visibile la figura del Buddha che con la manoalzata in segno di benedizione si ferma a mezz’aria sulla roccia sacra. La benedizionedel Buddha, di Cristo e di tutta la Fratellanza Bianca si diffonde nella valle, gli Irissbocciano  e   i  presenti   intonano  mantra  e  preghiere   che  culminano  con  la  GrandeInvocazione. Il Buddha benedicente rimane visibile per otto minuti, poi lentamente siallontana così com’è venuto, e quindi l’acqua benedetta viene distribuita ai presenti.Quest’acqua, che ha ricevuto ed immagazzinato l’Energia di Benedizione del Buddha edi tutti i grandi Esseri, rappresenta la continuità del legame tra Maestri, Discepoli edesseri   umani   ed   è   un   potente   veicolo   di   energia   positiva   e   di   determinazione   a

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proseguire   il   cammino.  Poi    anche   il  Cristo  e   i  Maestri  della  Fratellanza  Biancaabbandonano   la  valle   fino  all’anno successivo.  Alcuni   ricercatori   ritengono di  averindividuato la valle del Wesak. In merito a tale questione va precisato che l' eventoavviene veramente nell’area del monte Kailash, non si sa se nella valle ipotizzata, nelsito indicato o in altre zone circostanti, ma in ogni caso non avviene sul piano fisico emateriale!

Punti della cerimoniaIl Wesak è una meditazione, è un contatto   con il Buddha, il Cristo e i Maestri diSaggezza,  ed   è   fondamentale   che   i  partecipanti   siano  guidati   con  saggezza  a   talelivello di coscienza. Per far ciò è necessario che i conduttori pratichino con costanza lameditazione  e   siano   in   grado  di     interiorizzarsi   con   i  Maestri,   in  modo  da  potercondurre a tale incontro anche i partecipanti all’evento.I partecipanti a loro volta devono essere aiutati ad entrare in uno stato meditativoutilizzando la ripetizione di mantra, una respirazione consapevole e visualizzazioniadeguate.Il rituale fondamentale della cerimonia del Wesak consiste:

• Visualizzazione  della  Valle  del  Wesak,   con   il  Cristo  di   fronte  alla   coppa  dicristallo contenente l’acqua e circondato dai Maestri di Saggezza.

• Visualizzazione dell’arrivo  del  Buddha, della sua unione con  il  Cristo e   lorobenedizione dell’acqua, dei fiori e dei partecipanti durante 8 minuti di silenzio.

• Ripetizione della Grande Invocazione e di 12 OM.• La Grande Invocazione è   l'elemento centrale della cerimonia del Wesak e va

recitata così come è stata trasmessa dai Maestri

Uso e SgnificatoLa bellezza e la forza di questa Invocazione stanno nella sua semplicità e nella suaespressione di certe verità centrali che tutti gli uomini istintivamente e normalmenteaccettano   ­­   la   verità   dell'esistenza   di   un'intelligenza   di   base   alla   quale   diamovagamente   il   nome  di   Dio;   la   verità   che,   dietro   all'apparenza   esteriore,   il   poteremotivante dell'universo è Amore; la verità che una grande individualità, dai cristianichiamata   Cristo,   venne   sulla   terra   e   incarnò   quell'amore   affinché   potessimocomprendere   la  verità   che  amore  e   intelligenza  sono  effetti  di   ciò   che   chiamiamoVolontà di Dio; e infine la verità lapalissiana che il Piano divino può attuarsi soltantotramite   l’umanità.  L'intera   invocazione  si   riferisce  alla   incombente,  adombrante  erivelatrice riserva di energia, causa immediata di ogni evento sulla terra, che indical'emergere di ciò  che è  nuovo e migliore; questi eventi dimostrano l'avanzare dellacoscienza umana in una luce maggiore. Finora il consueto appello invocativo è stato dinatura egoistica e in una formulazione temporanea. Gli uomini hanno pregato per sestessi,   hanno   invocato   l'aiuto   divino   per   coloro   che   amano,   hanno   dato

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un'interpretazione materiale ai loro bisogni fondamentali. Questa invocazione è unapreghiera mondiale, non ha un richiamo personale o un impulso invocativo temporale,esprime il bisogno dell'umanità e penetra attraverso tutte le difficoltà, i dubbi e gliinterrogativi   direttamente   alla   mente   e   al   Cuore   di   Colui   nel   qual   viviamo,   cimuoviamo e siamo fino alla fine del tempo stesso e "finché l'ultimo stanco pellegrinonon avrà trovato la sua strada verso casa".

Nella foto:  un gruppo di partecipanti  alla cerimonia tenutasi  il  19 maggio c.a.  negli  ambienti dellaPalestra Kosmos Club.

La Grande InvocazioneMolte religioni credono in un Istruttore o Salvatore Mondiale, sotto il nome di Cristo,Signore Matreya, Imam Mahdi, Bodhisattva e Messia. Questi termini vengono usati inalcune versioni della Grande Invocazione, cristiana, hindu, mussulmana ed ebrea.Donne e uomini di tutto il mondo usano la Grande Invocazione nella loro lingua.   Essa appartiene all'umanità. È    una preghiera di potere e di luce. Le sue   originiantiche   ­   è   una   formula   mantrica   di   immensa   potenza   che   aiuta   a   determinarecambiamenti e riassestamenti in tutti gli aspetti della nostra vita planetaria. È una

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preghiera mondiale, usata da persone di ogni fede e inclinazione spirituale per aiutareil nostro pianeta durante questo difficile periodo di transizione. La bellezza e forza diquesta Invocazione consistono nella sua semplicità e nell'espressione di certe veritàcentrali,   che   la   maggior   parte     degli   esseri   umani   sente   e   accetta:   la   veritàdell'esistenza di una Intelligenza fondamentale a cui diamo  il nome delle divinità checi corrispondono; la verità che dietro a tutte le apparenze esteriori, il potere motivantedell'universo è l'Amore; la verità che grandi Individualità vennero ciclicamente sullaTerra e incarnarono quell'amore in modo che noi potessimo comprendere; la verità chesia l'amore che l'intelligenza sono effetto di ciò  che viene detto la Volontà  di Dio einfine, la verità evidente che il Piano divino può attuarsi soltanto tramite l'umanità.Ricorrere alla Grande Invocazione permette al mondo, di avere un potente mezzo percontattare e distribuire energie che permettono di evolvere e trasformare il pianetaTerra. La Grande Invocazione porta cambiamenti nella vita. E’ tradotta in oltre 70lingue e viene recitata da un crescente numero di persone.Il   Wesak   è   un   gesto   di   amore   del   Cristo   Uomo   e   Buddha   il   Risvegliato,   Essiimpartiscono la Grande Benedizione per sigillare nell'aura dei partecipanti, l'improntadivina   che   permetterà   la   rapida   evoluzione   dell'anima.   Prima   della   GrandeInvocazione,  alziamo le  braccia  con  le  palme delle  mani  in avanti,  per  ricevere   labenedizione. 

La Grande Invocazione viene recitata da tutti i presenti:

Dal punto di Luce entro la Mente di DioAffluisca luce nelle menti degli uomini.

Scenda Luce sulla Terra.

Dal punto di Amore entro il Cuore di DioAffluisca amore nei cuori degli uomini.

Possa Cristo tornare sulla Terra.

Dal centro ove il Volere di Dio è conosciutoIl proposito guidi i piccoli voleri degli uomini

Il proposito che i Maestri conoscono e servono.

Dal centro che vien detto il genere umanoSi svolga il Piano di Amore e di Luce.

E possa sbarrare la porta dietro cui il male risiede.

Che Luce, Amore e Potereristabiliscano il Piano sulla Terra.

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A COLLOQUIO CON HERMAN

di Manlio Allegri

Motivazione

Mi   dedico   da   sempre   all’arte   pittorica,   ma   ogni   tanto   mi   prende   il   desiderio

irrefrenabile   di   scrivere,   scrivere,   scrivere   e   immancabilmente   ogni   racconto   si

trasforma in una sorta di auto confessione, quindi, scrivo per raccontare me stesso, i

miei dubbi, i miei stati d’animo.

Dal momento che non sono uno scrittore cerco di trovare aiuto leggendo autori che

sento per qualche motivo vicini o che per assurdo sono agli antipodi dal mio pensiero.

Uno degli scrittori con cui amo dialogare è Hermann Hesse.

Analizzare l’intera opera di Hesse non è nelle mie possibilità né tantomeno ho questa

intenzione, per cui decido di approfondire la lettura di un vecchio libretto tascabile

( 100 pagine 1000 lire) che proprio per le sue pagine ingiallite e il suo profumo di carta

ammuffita esercita su di me un certo fascino. 

Un libro di poco valore, ma con parole e frasi di grande significato e insegnamento di

vita. Il titolo è “Vagabondaggio”

Prima, però, di confrontarmi con questo importante scrittore ritengo utile fare il punto

sulla mia situazione.

Settantadue 

Forse non me ne rendo conto,  ma ormai sto raggiungendo velocemente il  mio 72°.

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Ragionando   a   mente   fredda   a   questa   età   con   la   moglie   aggredita   da   un   male

irreversibile dovrei disperarmi rischiando di cadere in una grave forma di depressione.

Ho   raggiunto,   invece,   in   queste   condizioni,   un   equilibrio   fisico­mentale   che   mi

permette di avere un rinnovato entusiasmo creativo e di interpretare la vita nel modo

giusto. Entusiasmo e meraviglia di scoprire cose nuove, entusiasmo di amare tutto ciò

che faccio, entusiasmo di amare le donne per tutto quello che racchiudono nel loro

modo di agire, per il loro modo di camminare, per il dono che hanno di farmi star bene.

Mi accorgo ora di aver camminato e vissuto con i paraocchi, ma soprattutto di aver

vissuto  tenendo perennemente tirato   il   freno  a  mano della  passione.  Forse  un po’

tardi, ma sono convinto di avere imparato a valorizzare la parte migliore di me stesso

e questo mi permette di avere un filo diretto con il mondo di fuori e gli esseri che lo

abitano fanno parte di me ed io di loro. La comunicativa che riesco ad avere con gli

altri  mi   fa  meravigliare,  ma,  nello   stesso   tempo  mi   fa   godere  maledettamente:   è

veramente una bella sensazione.

Questo modo di pensare e questo comportamento libero e aperto mi fa star bene. Mi fa

star bene con. me e con gli altri. E’ come se dopo essermi agitato tutta la vita, e…

capperi se mi sono agitato!, abbia finalmente capito dove collocarmi in questo caotico,

o meglio, ordinato universo. E’ come se all’improvviso si fosse spalancata una grande

porta sul futuro.

A questo punto mi viene da domandarmi: perché  tutto questo non avviene quando

abbiamo 20 anni?. Perché quando siamo giovani ci sembra tutto così difficile? Perché

da giovani il futuro non è altro che un buco nero e vischioso tanto da farci stare in

continua   apprensione?   Non   è   così   vorrei   poterlo  urlare  ai   giovani  di   oggi.   Vorrei

prenderli per le spalle e scuoterli forte e gridare: aprite gli occhi, non abbiate paura, se

vi  fate catturare dalla paura rimarrete prigionieri  tutta la vita di  quelli  che ve la

incutono a sommo studio per fare i cazzi propri! Il mondo è vostro, nessuno ve lo può

rubare, anzi non permettetelo per nessuna maledetta ragione, non c’è  nessuno che

abbia il diritto di impedirvi di viverlo!72

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Gli altri

La positività dovrebbe, anzi è una condizione inconfutabile “sine qua non” dicevano i

latini.

Basterebbe   partire   da   questa   convinzione   per   avere   le   idee   chiare   e   creare   la

condizione per essere utili in questo affollatissimo mondo. 

Non dico che in questo modo riusciamo a detenere la “ragion pura”, ma sono certo che

questa è la strada che ci può permettere anche di sbagliare senza creare danni e senza

impedire agli altri di vivere, di pensare, di agire.

Immaginiamoci cosa sarebbe la vita senza “gli altri”. “Gli altri” non sono i nemici. “gli

altri” sono noi.

“Philosophia” a parte sono arrivato alla conclusione che non c’è bisogno di fare grandi

cose   per   vivere   bene,   basta   fare   il   nostro   meglio  magari   mettendoci   un   po’   di

entusiasmo e tanto amore.

Analisi

Ho ritenuto necessario fare questa prefazione soprattutto per analizzare da vicino il

mio pensiero per giungere ad un accostamento allo scrittore, invece di analizzare lo

scrittore per accostarlo o confrontarlo in seguito al mio modo di pensare e di vivere e,

soprattutto al mio modo di interpretare l’arte. Questo perché ritengo di non essere in

grado e, tantomeno, di avere la cultura adatta per poter fare una critica approfondita

o meglio una ricerca analitica di qualsivoglia scritto letterario.

Scorrendo lo sguardo lungo la mia libreria leggo i nomi di Dino Buzzati, Hermann

Hesse, Jean Paul Sartre, Fromm, Italo Svevo e tanti altri. Non tutti questi autori sono

in sintonia con il mio pensiero, anzi, alcuni hanno un modo di interpretare la vita

all’opposto del mio, ma tutti vanno a toccare argomenti che ritengo molto importanti

per poter capire come affrontare al meglio eventuali disagi ed incertezze. La lettura di

certi scritti mi hanno aiutato a conoscere me stesso lati positivi e negativi compresi.

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Fra   tutti   gli   autori   quello   che   ritengo   più   vicino   e   più   utile   per   capire   come

interpretare l’arte è indubbiamente Hermann Hesse.

Da “Vagabondaggio” di Hermann Hesse

“  Com’è  bello varcare simili  confini!  “  Questa  frase,  scontato  il  senso figurativo di

varcare i confini fisicamente, entra pienamente a far parte del mio concetto di libertà

che mi spinge ad una ricerca continua di un linguaggio pittorico che più rispecchi i

miei sentimenti interni. Aggiungo: i veri confini vanno molto più in la della traccia

nera sulla cartina o degli  addetti  alla frontiera ai  quali  bisogna mostrare la carta

d’identità o il passaporto. I veri confini sono quelli che ci piantiamo, o meglio., che ci

vengono piantati nella testa, quelli che non ci permettono di vivere come vorremmo,

quelli delle paure, quelli del bigottismo, quelli dello status imposto da chi ci vuole

schiavi, pedine da muovere a suo piacimento.

“ Se esistessero molti uomini come me nei quali fosse radicato il disprezzo per i confini

nazionali, allora non ci sarebbero più guerre ne blocchi”

Ci abbiamo malamente provato, ma, visti i  risultati affatto incoraggianti credo che

fino a quando non riusciremo a cancellare dalla nostra testa questi confini ci saranno

sempre guerre blocchi e muri e chissà se questa frase avrebbe avuto l’approvazione di

Hesse.

“  Io sono un nomade non un contadino” “Dove il nostro amore resta incatenato per

trasformarsi in fedeltà e virtù, la esso mi diventa sospetto” Hermann dichiara di aver

sprecato metà  della sua vita nel tentativo di imitare la sua virtù, io, ammesso che

possa sopravvivere altri 20 anni avrei sprecato quasi l’80% della mia vita. L’autore

afferma che essere un artista e nello stesso tempo un borghese è pura chimera, ma

essendo nati in questo tipo di società e dovendoci vivere bisogna raggiungere un certo

compromesso   (parola   che   non   mi   è   particolarmente   simpatica)   e   anche   se   mi

piacerebbe una vita più spensierata e meno invasa da lacci e laccetti, una vita libera e

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randagia, sono convinto che la vera libertà sia uno stato mentale che possiamo crearci

in qualsiasi situazione. Si è vero, da perfetto borghese, mi sono sposato, ho creato una

famiglia, figli, nipoti e, spero, pronipoti, ma quello che mi chiedo è se saranno capaci di

capire  cosa  vogliono  e   come  intendono   fare  della   loro  vita,   e   spero   tanto  che  non

dovranno arrivare alla mia età per scoprirlo. 

Sintesi

A seguito di questa convinzione sono giunto, in questi ultimi tempi, a sintetizzare la

mia ricerca dando ai colori stessi la responsabilità di guadagnarsi la libertà come se

fossero i miei figli o come se fossi io stesso e ho lasciato che scrivessero delle storie

espandendosi, scontrandosi fra loro o amalgamandosi su una superficie senza ostacoli

lasciando integra la loro  luminosità.  Questo  libero scorrazzare dei colori  su questa

superficie liscia rappresenta in definitiva il mio desiderio di “Vagabondaggio” senza

meta e senza tempo e il risultato non fa altro che descrivere tutti i sentimenti e le

visioni già descritte nel commento dello scrittore Hermann Hesse. Non so se i miei

lavori possano rappresentare un parallelismo perfetto con gli scritti di questo autore,

ma si accostano bene al sentimento e al concetto della vita che essi esprimono.

I colori del pensiero

Sei  chilometri   in salita e sei  chilometri   in  discesa per tornare a casa.  Questo  è   il

vagabondaggio   che   mi   posso   permettere.   Certamente   non   è   da   paragonare   al

vagabondaggio   di   Hermann   Hesse,   ma   durante   quei   dodici   chilometri   vivo   molte

sensazioni. Pensieri belli e brutti che si affollano nella mia testa, alberi che frusciano

sotto il vento, rami che si piegano, nuvole ed ombre che si muovono, che corrono, che

cambiano forma di attimo in attimo, in divenire, guarda caso, come i colori che lascio

scorrere, amalgamarsi, respingersi. Hesse fa i suoi appunti di viaggio disegnando con

gli acquarelli la casa, il campo, l’albero, la chiesa, la fattoria, il cielo con le sue nuvole

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e definisce il suo vagabondaggio amore, amore erotismo. La mia mente vaga fra i colori

della   natura   e   i   pensieri   diventano   positivi,   costruttivi,   la   mia   mente   risolve   i

problemi, dipinge, colora i miei quadri.

Incontro una donna: vieni a casa a prendere un te, un caffè, sai ho fatto la crostata di

more, ti va di assaggiarla? Mio padre mi ha lasciato dei quadri quando puoi venire a

darmi   il   tuo   parere?   Sono   tutti   nudi   di   donne,   sai   mio   padre   aveva   una   certa

passione…

L’amore

Hesse paragona l’amore per una donna all’amore per il viaggio: “appartengo alla razza

dei volubili che non amano una donna ma solo l’amore” “il romanticismo del viaggio è

per  metà  nient’altro  che  attesa  dell’avventura.  Ma per   l’altra  metà   esso  è   impulso

inconsapevole a trasformare e dissolvere l’elemento erotico”

Sento amore e stima intorno a me. Mentre cammino col sole, col vento, con la pioggia

mi chiedo spesso come sarebbe stata la mia vita se avessi scelto di essere indipendente

da  ogni   impegno  e  ripenso  a  quell’invito  a   imbarcarmi  su  quello  yacht  a   fare  un

viaggio senza meta e senza tempo. Accattivante! Quasi da rimpiangere! Ma queste

sono solo riflessioni di uno che ha fatto scelte diverse.

Vorrei essere un gigante e allora giacerei su di un Alpe con la testa vicina alla neve, tra

le capre, e le mie unghie sguazzerebbero nella profondità del lago. Così giacerei senza

rialzarmi mai  più,  arbusti  germoglierebbero   tra   le  mie dita,  rose  alpestri  nei  miei

capelli, i miei ginocchi sarebbero promontori, sul mio corpo si erigerebbero vigne, case e

cappelle.

Questo   è   letteralmente   un   amplesso   con   la   natura,   con   tutto   ciò   che   circonda   il

viandante. La montagna la neve, le capre, il lago gli alberi, la pioggia, il sole, il vento

diventano parte stessa del  personaggio delle sue gambe, delle mani della testa; questo

è il modo di amare, di godere di tutto e di niente.

Quando si raggiunge questo livello di pensiero tutto il resto, gli obblighi, le paure, le

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guerre, i confini, perde ogni significato.

 

Ritmi

Ritorno in laboratorio,  a quel punto sono veramente solo senza obblighi ne doveri.

Sono solo con i miei quadri, con tutto quel disordine che amo tanto.

E’   li   che   continuo   a   vagabondare,   è   li   che   i   confini   spariscono,   è   li   che   i   colori

cominciano a camminare al ritmo della mia fantasia.

“Come l’evaporare e poi di nuovo il precipitare dell’acqua sulla terra avviene secondo

un  certo   ritmo,   come   le   stagioni   e   i   flussi   e   riflussi  del  mare  hanno   i   loro   tempi

determinati e la loro successione, così anche nel nostro intimo tutto procede secondo

una legge e per ritmi”

Profumi

“Vi sono giorni nei quali sono convinto che nessun uomo sulla terra sappia osservare

certe atmosfere di aria e nuvole, certe risonanze di colori, certi profumi e gradazioni di

umidità in maniera così sottile, così precisa e fedele come so fare io con i miei vecchi,

nervosi   sensi   di   poeta   e   viandante.   E   poi   di   nuovo,   come   oggi,   può   divenirmi

problematico il fatto che abbia visto, udito, odorato qualcosa o se invece tutto ciò che

credo di percepire altro non sia se non l’immagine della mia vita interiore proiettata

fuori di me”.

I colori e i profumi rappresentano lo scorrere della vita. Ricordi, visioni, sentimenti,

sono tutti racchiusi in queste due parole. Gestualizzo con i barattoli dei colori, colo,

spruzzo, lascio che scorrano e che si mescolino fra loro, li sposto inclinando il piano del

supporto e anch’io ho la sensazione che ciò che appare non sia altro che l’immagine

della mia vita interiore proiettato fuori di me.

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Nota: Panorami, personaggi, città, campagne, nature morte, ritratti fanno parte dei soggetti riprodotti

da chi sta davanti alla tela con pennelli e colori. L’artista si emoziona davanti ad un tramonto o davanti

ad un paesaggio marino, magari con le onde agitate dal libeccio, o davanti ad un nudo di donna, o

semplicemente davanti ad un cesto di frutta e cerca di trasferire questa emozione sulla tela mescolando

i colori dei tubetti o usandoli puri con pennelli spatole o quello che gli capita per le mani o con le mani

stesse.Il risultato è imponderabile: il soggetto verrà riprodotto in modo tale da sembrare così reale da

poterlo toccare con mano o sarà riprodotto con un insieme di colori o segni grafici esteticamente meno

simile al vero, ma più simile al su aspetto interiore?

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