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Villa Francae il suo territorio

Immagini ed itinerario storico artistico culturalelungo l’antica via Postumia

alla scoperta di Villafranca di Verona e delle sue frazioni

a cura di“A.S.D. Polisportiva San Giorgio” Villafranca di Verona

Con il patrocinio di

Provincia di VeronaRegione del Veneto Comune di Villafranca

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“A quantisi sono dedicati

con passioneed altruismo

a far conoscereil nostro territorio”

La “Polisportiva San Giorgio”

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Edizione a cura della “A.S.D. Polisportiva San Giorgio” di Villafranca di Verona

Coordinamento generale: Pasquale CordioliImpaginazione: Matteo e Angelo ConsoliniProgetto grafico: Fabrizio Giacomelli

Documentazione fotografica: Renato Adami, Renato Begnoni, Foto Bigiù, DavideBurei, Ciresola Maria Rosa, Oscar Cofani, Pasquale Cordioli, Ezio Filippi, UgolinoFranchini, Frati Cappuccini, Fabrizio Giacomelli, Studio Lucio Merlini, Museo Nicolis,Renato Pozzi, Giornale Target notizie, Fernando Zanetti

Presentazione:Mauro Guarino Presidente Polisportiva San GiorgioMario Faccioli Sindaco Comune di VillafrancaMaria Cordioli Assessore Cultura Comune di Villafranca

© 2012 - A.S.D. Polisportiva San Giorgio - Villafranca di VeronaProprietà letteraria riservataVietata ogni riproduzione anche parziale senza l’autorizzazione dell’editore

Presentazione: Polisportiva San Giorgio 7

Amministrazione Comunale Villafranca 9

VILLAFRANCA

• La storia 11Luigi Alessandro Riggi, Andrea Tumicelli, Luca Dossi

I TESORI DI VILLAFRANCA

• Castello Scaligero: Storia-Struttura-Restauri - Oratorio del Cristo 23Martina Rocco

• Serraglio 35

• I Frati Cappuccini: Storia ed immagini 37Gianna Negrini

• L’Oratorio della Disciplina: Storia - Il Compianto 43Elisabetta Benassuti

• Il Duomo: Storia - Interno Duomo 49

• L’Oratorio di San Rocco: Storia, Facciata e Interno (Comitato) 65Luca Ceriani

• San Giovanni della Paglia: Storia e foto 75Luca Dossi, Luisa Vantini

• Madonna del Popolo: Storia e foto 79

• Casa del Trattato: Storia e foto 83Antonio Benedetti

• Villafranca e il Risorgimento - Museo e celebrazioni 91Nazario Barone

• II Caffè Fantoni: Storia 95Martina Modena

• Il Museo Nicolis: Storia e struttura del museo 101

Le trasformazioni nel tempo:• Piazza centrale, centro storico 112

• Il comune: impianti sportivi, manifestazioni, mercati, centro sociale 119

• La Compagnia d’arte varia “Aurora”: Storia 125Giancarlo Bellesini

• Polisportiva San Giorgio: Storia 127Luca Gasparini

Inno a Villafranca 129

A.S.D. - Polisportiva San GiorgioVillafranca di Verona

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“Orandum est ut sit mens sana in corpore sano”“La sola cosa auspicabile è che ci sia una mente sana in un corpo sano”

GIOVENALE “SATIRAE”, X, 356

Dalla sua fondazione, nel lontano 8 dicembre 1957, la “PolisportivaSan Giorgio” nel proporre le attività ha sempre avuto l’obiettivo di unacrescita armoniosa e completa della persona.

Per raggiungere questo obiettivo, nella sua storia oltre alle attivitàdi palestra e campionati, la PSG ha offerto ai giovani, agli adulti ed allefamiglie esperienze di aggregazione (campi scuola, settimane cicloturi-stiche, di ferie e culturali), dibattiti ed incontri con persone significati-ve.

Ora, perché una società sportiva come la nostra ha scelto di pro-porre una pubblicazione come la “Guida di Villafranca” e del suo terri-torio che poco, sembra, abbia a che fare con lo sport?

Nella sua storia sportiva Villafranca è stata sede della Delegazionezonale del Centro Sportivo Italiano e ad essa hanno fatto riferimento lesocietà sportive dei paesi circostanti e delle frazioni del nostro Comune.

Inoltre, nel tempo, molte associazioni, compresa la nostra, impe-gnate nelle più disparate attività, hanno trattato e pubblicato la loro sto-ria in occasione di diverse ricorrenze della loro vita, come pure ricerchee scritti sui più svariati argomenti attinenti al nostro territorio.

Tutto questo per tramandare alle nuove generazioni: storia, cultu-ra e tradizioni.

In questo solco il nostro modesto contributo vuole essere di stimo-lo per una miglior conoscenza e testimonianza della storia, delle tradi-zioni e dell’arte del territorio in cui viviamo e operiamo.

Un vivo ringraziamento va a quanti (collezionisti, fotografi, impa-ginatori e consiglieri) si sono prodigati per la realizzazione di questaGuida, in particolare ai giovani che con il loro entusiasmo ed appassio-nato lavoro, hanno reso possibile la sua pubblicazione.

Il PresidenteMauro Guarino

LE FRAZIONI

Quaderni: storia - chiesa e tesori Ilaria Malini 133- banda con majorettes Domenico Franchini

Rosegaferro: storia - chiesa Danilo Donisi 145- gruppo Folk “I Campagnoli” Alberto Clementel

Pizzoletta: storia - Volpare Gianni Tovo, Elisabetta Zanolli 153

Caluri: storia - chiesa Lorenzo Antonini 159

Dossobuono: storia - chiesa Federica Bommartini 165- banda “Dino Fantoni” Diego Grigoli

Aeroporto: storia e foto Lorenzo Antonini 177

Alpo: storia e chiesa Nedda Lonardi 183

Rizza: storia e chiesa Guido Benedetti 193

• Cittadini illustri 197• Riferimenti pubblicazioni 211• Ringraziamenti e sponsor 213

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“Villafranca Città Viva”, questo il motto che qualche anno fa, abbia-mo scelto per promuovere l’immagine ma soprattutto l’attività freneticadi una città ormai cresciuta notevolmente nel numero di abitanti, tantoda ottenere il secondo posto per popolazione a livello provinciale, dopoVerona.

Ma è l’attività, per l’appunto, che i tanti abitanti di Villafranca quo-tidianamente svolgono, a renderla principalmente “attiva”: attività com-merciale; attività nei servizi alla persona; eventi in collaborazione conun tessuto sociale composto da tanto e lodevole volontariato; concertipresso il Castello, monumento simbolo di Villafranca, ormai assurti aimportanza e visibilità internazionali; un Museo della Scienza, tecnica edell’auto storica che tutti i visitatori ci invidiano, nato dal cuore grandedi un uomo, Luciano Nicolis, che ha voluto fare questo grande regaloalla sua amata città; e non ultimo, un patrimonio di cultura eno-gastro-nomico ricco di piatti della tradizione e completato dal dolce tipico doc:la nostra squisita Sfogliatina.

Non dimentichiamo, però, che Villafranca vanta un passato di sto-ria di grande spessore, con uomini che hanno partecipato con entusia-smo alla nascita dei nobili ideali risorgimentali, ideali che si sono mate-rializzati durante l’epico incontro tra i due imperatori FrancescoGiuseppe d’Austria e Napoleone III di Francia che nel 1859 siglarono gliaccordi di fine della seconda guerra per l’Indipendenza del nostro terri-torio. Teatro di questo evento incredibile e mitico fu Palazzo Bottagisio,oggi “Casa del Trattato”, piccolo gioiello di storia, emozioni e alti valoridi unità del popolo italiano che abbiamo la fortuna di poter donare alleattente visite dei nostri sempre benvenuti turisti.

Ringraziamo, con stima ed affetto, l’Associazione Polisportiva “SanGiorgio” che ha curato questa nuova e bella guida, la ringraziamosoprattutto perché oltre ad occuparsi di cultura del nostro territorio,segue con passione ragazzini e giovani di Villafranca nella gioiosa ededucativa avventura dello sport, svolgendo, pertanto, un importanteruolo sociale.

Con la presente nuova opera, rivolta alle bellezze naturali dell’inte-ro territorio villafranchese, perché comprende una interessante panora-mica anche sulle frazioni che compongono Villafranca, si vuole, in defi-nitiva, offrire al visitatore ma anche a chiunque voglia usufruire di unaguida rapida ed efficace, uno strumento utile per meglio conoscereVillafranca, la sua storia, la sua identità di Città Viva e la sua voglia dicontinuare ad essere protagonista del suo sempre più roseo futuro.

L’Assessore alla Cultura Il sindacoMaria Cordioli Mario Faccioli

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“Sono gli uomini che la storia vuol afferrare” afferma il grande medie-vista Marc Bloch e questo è appunto un viaggio tra gli uomini. Seguiremo legrandi personalità del passato e i molti “silenziosi” personaggi, i qualiincontrano Villafranca transitando per i tanti sentieri in cui si intreccia ilnostro passato. Pochi di noi ci pensano, ma la Storia, quella con la “S”maiuscola, passa anche tra le nostre case e le strade su cui camminiamoogni giorno sono pavimentate di Storia.

È sufficiente osservare le testimonianze dirette e indirette della nostraVillafranca presenti sul tracciato della Storia. Per iniziare questo percorsobisogna regolare il nostro orologio del tempo e tornare indietro di quasi quat-tromila anni, in età preistorica, dove incontriamo il primo dei nostri perso-naggi. Seguiamolo. È un uomo illustre per i suoi tempi, di rango socialedecisamente elevato. La sua famiglia o il suo clan decide di seppellirlo inuna tomba molto ricca, con gli oggetti più cari che lo devono accompagna-re nell’aldilà. Un pettorale argenteo a forma di falce lunare, un’alabarda dirame e una cuspide di freccia di selce, questi sono i primi oggetti che segna-no l’inizio della presenza umana nel territorio della futura Villafranca, giàallora commercialmente molto dinamica vista la varietà dei materiali presen-ti nella sepoltura. Quest’uomo e la sua tomba sarebbero rimasti sconosciu-ti, se, casualmente, nel 1913, non fossero stati ritrovati sulla strada checonduce a Grezzano. È grazie a questo se oggi è possibile ammirare il cor-redo funebre conservato presso il Museo di Storia Naturale di Verona.

Non abbiamo altre testimonianze così consistenti per la preistoria esiamo costretti ad attraversare come “bendati” i lunghi secoli che portano alprossimo incontro. Facciamo quindi un salto di molte migliaia di anni arri-vando nell’epoca romana. Quella della nostra città è un’area di passaggio,strategica dal punto di vista militare per il controllo della pianura. Proprioper questo nel 148 a.C. incontriamo un altro significativo evento: il consoleromano Spurio Postumio Albino fa costruire un’importante arteria stradaleche da lui prende il nome, la via Postumia. Questa strada per secoli è la viasu cui transitano merci, persone e idee, collegando Genova ad Aquileia eancora oggi attraversa Villafranca.

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Nel I secolo d.C., in età imperiale, viene inoltre costruita una stazionedi cambio (detta mutatio) per i cavalli del cursus publicus, il servizio diposta imperiale a cavallo sulle strade romane. Conosciamo questa informa-zione da un oscuro personaggio (il nome purtroppo è perduto) a cui vienededicata una lapide, in origine presso la mutatio e oggi murata in una casadella frazione di Rosegaferro.

Il periodo romano lascia a Villafrancaaltre due testimonianze, una decisamentefamosa, mentre l’altra ai più ignota. Anchequi possiamo interrogare due testimoni deltempo. Partiamo una volta tanto dall’illustresconosciuto. Lucio Aquilio Secondo dedicatra il I e il II secolo d.C. un piccolo monu-mento funebre (sono spesso queste testimo-nianze a restituirci spaccati di vita deltempo) ai genitori, Lucio Aquilio Charitone ePublicia Veneria. Molti di noi si chiederanno

dove si trovi questo monumento, esso, dopo essere stato utilizzato comebase dell’altare della prima pieve di San Pietro, è oggi esposto al MuseoArcheologico di Verona.

L’altro nostro personaggio è decisamente più famoso: il prefetto LucioCassio Corneolo, il cui nome campeggia sulle pietre che sono alla base dellatorre principale del Castello e che probabilmente hanno fatto parte di unmonumento (forse un arco trionfale) dedicato all’imperatore Tiberio (siamotra il 14 e 37 d.C.) che molti villafrachesi hanno cercato senza mai trovare.

Lucio Cassio Corneolo, prefetto dell’erario militare e per due volte pri-mipilo (un ufficiale della legione romana) realizza a proprie spese questomonumento. Ci troviamo in piena età comunale e tra le magistrature delComune di Verona conosciamo il nostro nuovo compagno di viaggio.

È Viviano degli Avvocati che il 9 marzo 1185 propone l’erezione di unavilla nella Campagna e l’ampliamento di un fossato preesistente. L’insedia-mento è dotato di ampi possedimenti di campi e pascoli nella pianura esoprattutto viene esentato (non per molto tempo in realtà) dal pagamento

delle tasse dovute al Comune di Verona.L’esenzione fiscale dona al borgo il suo nome:Borgus Liber o Villa Francha, quest’ultimo a par-tire dal Duecento si consolida nell’uso. La propo-sta del 1185 del nostro Viviano probabilmenteregolarizza una situazione preesistente poichèprecedentemente doveva già esistere qualchetipo di insediamento. Sempre negli stessi anni

insieme al borgo nasce anche la pieve di Villafranca, dedicata a S. Pietro.La dedica all’apostolo non è casuale. Tra il 1184 e il 1185 papa Lucio IIIrisiede a Verona. Qui tiene un importante Sinodo nel 1184; l’anno succes-sivo muore e viene sepolto nella Cattedrale.

Perchè edificare un nuovo borgo nella Campagna? Con il nostro orolo-gio del tempo torniamo all’Italia del Duecento e puntiamo sullo scontrosecolare tra Verona e Mantova. La pianura tra queste due città è completa-

mente vuota e un esercito muovendo da Mantova può comparire all’improv-viso sotto le mura di Verona senza di fatto essere visto. Dato che Verona eMantova non si comportarono mai da buone vicine, ma si fanno guerra in piùoccasioni, comprendiamo ora la funzione di Villafranca, cioè presidiare ilconfine del territorio veronese. Su queste problematiche militari è utile ricor-dare un podestà di Verona, il suo nome è Salinguerra de’ Garamenti (oGoramenti la forma è incerta). Tra il 1201 e il 1202, per rafforzare il confi-ne meridionale veronese fa realizzare un primo avamposto fortificato inlegno e mattoni, si ricordi, (non un castello) presso la neonata Villafranca.

La struttura subisce i danni del tempo e degli uomini tanto da essereradicalmente ricostruita, nel 1243 dal podestà Enrico da Egna, stavolta sìun castello con diritti e funzioni di presidio. Fa costruire la Torre principaledel mastio che ancora oggi vediamo, reimpiegando le pietre romane di cuiabbiamo parlato poco fa. Fino a questa data infatti Villafranca viene ricorda-ta nella documentazione solo come villa (quindi un semplice insediamento)e mai come castrum (presidio militare fortificato).

A partire dal 1276, al comune di Verona seguono gli Scaligeri, cheoccupano il Castello di Villafranca con una guarnigione e insediano un magi-strato con poteri civili e militari. Il problema della protezione del confine conMantova riemerge durante il declino della potenza scaligera nel Trecento. Diquesto ci parlano due fratelli, Mastino II eCangrande II della Scala, che tra il 1345 e il 1353fanno edificare un colossale sistema difensivo notocome Serraglio, che chiude il confine meridionaledello stato scaligero correndo da Valeggio sul Minciosino alle paludi di Grezzano. Inoltre aggiungono allaprimitiva rocca comunale il grande recinto quadratoche ancora oggi possiamo vedere. Qui vengonoacquartierati i reparti dell’esercito veronese chedifendono il Serraglio (la stessa cosa avviene aicastelli di Valeggio e della Gherla).

Attraverso il Portone del Serraglio passano papi, principi, re e impera-tori, che spesso scelgono Villafranca come sosta nel loro viaggio. Se osser-viamo le murature rimaste, capiamo bene la loro efficacia contro la fanteria,funzione che viene invece meno contro l’artiglieria. Ecco perchè poco dopol’arrivo della Repubblica di Venezia (1405) il castello perde la sua valenzamilitare e viene ceduto a privati.

Per quest’epoca possiamo inter-rogare un cronista del tempo, figlio diun senatore veneziano, MarinSanudo. Nel 1483 compie un viaggionelle nuove province della Serenis-sima e passa anche da Villafranca,che descrive. Il nostro giovane viag-giatore nei suoi Diari ricorda l’impo-nenza del castello (è un veneziano, infondo non ha molta familiarità coneserciti e castelli) dove abitano gli

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ebrei cacciati da Verona. I villafranchesi sono moltolitigiosi in questo periodo e proprio qui nasce quellagrande controversia che oppone gli Originari aiForestieri e che per secoli turba la pace del borgo.Per difendere i propri privilegi, fiscali e terrieri, gliOriginari costituiscono il Consortium degli Originariche ha sede nell’odierno Albergo “Il Sole” (sulla fac-ciata verso la piazza possiamo vedere infatti ancoral’emblema recentemente restaurato).

Abbandoniamo ora i nostri personaggi per unpò, cedendo la parola a quello che ci hanno lasciato. Usiamo ancora il nostroorologio del tempo e arriviamo nell’età moderna, epoca di grande fermentoreligioso. Non è a caso quindi vedere la nascita di oratori, chiese e congre-gazioni religiose nel territorio di Villafranca e in quelle che oggi sono le suefrazioni.

La prima che incontriamo è San Giovanni della Paglia. Compare in undocumento nel 1491, ma dalle fonti possiamo ipotizzare una sua esistenzagià nel pieno medioevo (come possessio dei Cavalieri Templari prima e degliOspitalieri poi). Proseguiamo nel tempo e arriviamo a un fatto tragico, la

pestilenza che colpisce Villafranca e le terrevenete tra il 1478 e il 1480.

Alla fine dell’epidemia i cittadini diVillafranca costruiscono presso l’allora inizio delpaese l’oratorio di San Rocco, completamenteaffrescata, come ringraziamento ed ex voto peril passato pericolo.

Tra il Cinquecento e il Settecento aumenta la popolazione, soprattuttonelle frazioni e questo provoca il distacco graduale delle chiese dalla pievedi Villafranca. Ecco che Quaderni diventa parrocchia nel 1583, seguita di lìa poco da Dossobuono nel 1585. Dopo quasi due secoli anche Rosegaferro(1754) ottiene un parroco, mentre un caso a parte è l’Alpo che non dipen-de dalla pieve di Villafranca già dal 1362.

Le due ultime istituzioni che incontriamo sono entrambe legate a nobi-luomini veronesi. Il primo è il conte Giorgio Maffei che nel 1499 dona allaConfraternita dei Disciplinati la cappella di famiglia sulla Contrà di Mezzo.Dal 1807 la confraternita della Disciplina è scomparsa, mentre la chiesa sistaglia ancora oggi sul corso. Il secondo è il marchese Bonifacio di Canossail quale nel 1832 concede all’Ordine dei Frati Minori Cappuccini, presentidal 1540 nelle terre villafranchesi, le terre del convento a lato del Castellodove ancora oggi vivono.

La pianura dove sorge Villafranca, a causa della siccità e delle caratte-ristiche del suolo è sempre stata poco adatta all’agricoltura; il terreno si pre-senta composto da un sottile strato di terra da cui affiorano i ciottoli cheabbondano in tutta la zona.

La vocazione principale di Villafranca è quindi sempre stato il commer-cio e appunto per questo la Repubblica Veneta concede ai villafranchesi nel1592 il mercato settimanale, seguito poi all’inizio del XVIII secolo (il primo14 15

dcumento è del 1714) dalla “Fiera dei Santi Pietro e Paolo”. In origine fieradel bestiame, si è poi trasformata ed è giunta fino ai giorni nostri.

Con la fine della Serenissima torniamo ad ascoltare i nostri personaggie facciamo la conoscenza di un giovane generale, Napoleone Bonaparte.

È a causa sua se dopo la Pace di Campoformio (17 ottobre 1797) e inseguito all’introduzione di numerosissime novità in campo politico, civile eamministrativo, Villafranca diviene una municipalità di tipo francese, aggre-gata al Dipartimento del Mincio e governata da un Sindaco. Sono quindi isti-tuite la prima scuola pubblica e le forze dell’ordine: Gendarmeria, Polizia eGuardia Civica. La popolazione esprime però il suo malcontento quando ven-gono soppressi gli ordini religiosi e chiuse alcune chiese(il convento dei Frati Cappuccini e la Disciplina).

Oggi, in Corso Vittorio Emanuele, una lapide ricor-da il soggiorno del Bonaparte a Villafranca, prima dellabattaglia di Arcole del novembre 1796.

Ad accompagnarci nella prima età contemporaneanon è un personaggio ma un luogo. Il Duomo è conside-rato la chiesa principale del paese, anche se è tra le ulti-me a essere costruita. Il luogo di culto, dedicato ai SantiPietro e Paolo, rappresenta la copia della Chiesa delRedentore di Andrea Palladio, sull’isola della Giudeccaa Venezia. I lavori, per sostituire l’antica pieve medieva-le (trasformata poi in teatro prima del definitivo abbattimento) iniziano nel1786 e si concludono con la consacrazione dell’edificio solo nel 1882. Glienormi costi di realizzazione sono la causa della lunga durata, ben 96 anni,della costruzione.

Addentrandoci nell’Ottocento, Villafranca diventa una delle protagoni-ste principali del Risorgimento. Perchè? La cittadina è in una posizione stra-tegica, trovandosi al centro delle fortezze del Quadrilatero, cioè la zona dimassima difesa degli austriaci. La Seconda guerra d’Indipendenza vienecombattuta poco lontano daVillafranca e proprio qui, l’11 luglio1859, si stipula l’accordo per il tratta-to che pone fine alla prima parte delconflitto. In quella che oggi vienecomunemente definita “Sala delTrattato”, nel Palazzo della famigliaGandini – Morelli Bugna, si incontra-no i due imperatori di Francia eAustria, Napoleone III e FrancescoGiuseppe. Gli accordi presi portano alla pace siglata durante la Conferenzadi Zurigo del 10-11 novembre 1859, che concede la Lombardia allaFrancia. La regione viene poi subito ceduta ai Piemontesi e annessa al futu-ro Regno d’Italia, mentre invece il Veneto rimane sotto la dominazioneaustriaca.

Un villafranchese che ci può accompagnare nell’epopea risorgimentaleè Luigi Prina. Figlio di un calzolaio, si arruola nell’esercito austriaco per gua-dagnarsi da vivere. Nel giugno 1859, alla vigilia della battaglia di Magenta,

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non volendo combattere contro i franco-piemon-tesi diserta e si arruola nei Cacciatori delle Alpidi Garibaldi. L’anno successivo lascia l’esercito eveste la camicia rossa garibaldina con un altrovillafranchese, Luigi Zanini, partecipando a tuttala Spedizione dei Mille, dalla partenza da Quartoall’incontro di Teano. Proseguendo, il 24 giugno1866 (durante la Terza guerra d’Indipendenza),incontriamo a Villafranca il principe Umberto di

Savoia che partecipa a uno scontro tra la fanteria italiana e le avanguardiedella cavalleria imperiale austriaca, quando gli italiani respingono i nemicischierandosi in formazioni a quadrato. Per ricordare l’episodio, nel 1880viene edificato l’Obelisco del Quadrato.

Molti dei protagonisti delle vicende risorgimentali lasciano i loro nomialle strade principali del paese, modificando profondamente la toponomasti-ca. Così la strada di Mezzo, un tempo percorsa dal servizio postale prende ilnome di Corso Vittorio Emanuele; Contrà Mantoana, itinerario seguito daipellegrini per arrivare a Mantova evitando il centro abitato è oggi Via AngeloMessedaglia; Contrà di Sopra, il terzo grande asse viario in direzione nord-sud, ora si chiama via Nino Bixio; e la strada Comunale del Cortivo, chesegna il limite ovest della zona abitativa, risulta divisa in via Tione e via LuigiPrina.

Dopo questa carrellata di uomini illustri ed eventi cruciali, ricordandoche in realtà Villafranca è stata frequentata anche e soprattutto da moltitu-dini di persone comuni, passiamo ora a esaminare alcuni luoghi ancora oggiesistenti e sorti nell’Ottocento. Il cimitero, che fino al 1812 si trova nel cen-tro del paese, accanto alla pieve dei Santi Pietro e Paolo, viene spostatoall’esterno l’anno seguente, per ragioni di salute pubblica, mentre il primoospedale è del 1846, al civico 21 della Contrà di Mezzo.

La Deputazione Comunale lo approva (con un monte di pietà) su pro-getto dei fratelli Don Andrea e Pietro Morelli Bugna e del nipote CarloGandini.

Innovazione del periodo ottocentesco è inoltre la stazione ferroviaria,edificata nel 1851 dall’Impero Asburgico per favorire il trasporto di materia-le bellico e lo sviluppo del commercio. La costruzione però, comporta lachiusura della strada di collegamento tra Villafranca e Povegliano.

I giovani villafranchesi iniziano a frequentare la scuola pubblica e gra-tuita a partire dal 1807, anche se, come spesso accade in tempo di guerra,

il percorso scolastico viene interrotto per i com-battimenti oltre che per le necessità del lavoronei campi.

Fenomeno di costume è la nascita nel 1842del caffè Fantoni, fondato da Giovanni Fantoni,l’inventore della ricetta delle sfogliatine diVillafranca.

Il nostro percorso giunge quindi alNovecento. Villafranca conserva alcune tracce diinterventi dovuti ai conflitti. Durante la prima

guerra mondiale nel nostro territorio, che dopo Caporetto si trova a ridossodel confine orientale, viene costruito l’Aeroporto militare (nei pressi dell’at-tuale zona industriale). La struttura è impiegata per usi anche civili solo apartire dagli anni Sessanta.

Testimonianza tragica delle grandi guerre mondiali sono i monumentiai caduti: quello eretto nel 1929 nella piazza del paese, ora dedicato allevittime delle due guerre mondiali e quello, meno noto, alla memoria dei dueprigionieri deportati fuggiti da un treno e assassinati da soldati nazisti, postonei pressi del passaggio a livello in via Molini.

Con la fine della guerra giungono a Villafranca importanti novità. Glianni tra il 1950 e 1970 sperimentano il boom economico che trasforma nonsolo il volto delle campagna, ma anche quello del centro del paese. Nasconole aree industriali di Villafranca e di Dossobuono dove si insediamo impor-tanti industrie di rilevanza anche nazionale, oltre a innumerevoli piccoleimprese. Il grande fermento di rinnovamento portò anche a degli eccessi

come l’abbattimento di molti edifici storici nel centro delpaese, ad esempio l’Albergo Tre Corone (dove si incontraronoi plenipotenziari francese ed austriaco preludio alla pace diVillafranca) e il Teatro Comunale (ex chiesa parrocchiale allametà degli anni 1960).

La popolazione aumenta e come per il passato nascel’esigenza di una ulteriore zona di culto che serva la nuovazona di Villafranca. Nel 1977 viene costituita la nuova par-rocchia di Madonna del Popolo che trova la propria sede defi-nitiva nel 1982 con la costruzione della propria chiesa nel-l’omonimo quartiere.

Riportiamo ora le lancette dell’orologio del tempo al presente, il nostroviaggio sembra concluso.

Abbiamo seguito lungo i secoli la storia della nostra città, narrata attra-verso alcuni dei suoi protagonisti, famosi e sconosciuti. Ma il viaggio nonfinisce qui. Lasciamo ora scorrere liberamente le lancette del tempo, perconoscere, vivere e forse un pò amare la bella Villafranca. Perchè in fondo“una città non è solo pietre, è una condizione dell’anima”.

Luigi Alessandro Riggi, Andrea Tumicelli e Luca Dossi

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I tesori di Villafranca1974. Mosaico eseguito dagli allievi della scuola Dante Alighieri di via Prina sotto la guida delmaestro Angelo Negrini, esposto all’entrata.

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Il Castellodalla nascita agli Scaligeri

Attraverso testi storici è possibilericostruire la storia del Castello dallanascita al XIV secolo, dividendola intre fasi:1) Il primo nucleo fu iniziato qual-che anno dopo la fondazione delPaese, nel 1201. Questo primo edi-ficio era sicuramente molto sempli-ce ed essenziale: le torri versoMantova e la cortina muraria e unaparte verso la città, di cui non siconosce la forma.

2) Nel 1243, dopo le continue lottetra guelfi e ghibellini che ridusseroin uno stato rovinoso il Castello,vennero intrapresi una ricostruzionee un ampliamento. Vennero rico-struite le parti distrutte e aggiuntielementi tra cui i due rivellini, norde sud, e il mastio.3) L’ultimo intervento subito dalCastello è quello tra il 1345 e il1359 per mano scaligera. Fucostruito il grande recinto, circon-dato da un fossato. Furono edifica-te le quattro torri angolari ma indubbio è la costruzione delle duemediane del lato est e lato ovest.

LA DESCRIZIONEIl Castello, così come oggi lo si puòvedere, si può considerare formatoda due rettangoli uno interno all’al-tro: il primo, denominato corte d’ar-mi, racchiude la Rocca; l’altro è ilperimetro più esterno, circondatoda cortine murarie. Il recinto ester-no è costituito da un perimetromurato di forma quadrata di 140m. Il muro, largo 1 m, è un opusspicatum di ciottoli di fiume ton-deggianti, alternati a fasce dicoppi, con liste di mattoni posti ditesta o fascia, presenti ogni ottocorsi di opus spicatum. Le cortinemurarie uniscono quattro torri d’an-Fasi costruttive del Castello.

golo e tre mediane. Le due torri angolari verso Mantova, sono ruotate di 45gradi; le due torri angolari verso la città sono invece ortogonali. Tutte posso-no controllare un angolo di 270 gradi.Sulla superficie delle murature sono presenti numerose buche pontaie earciere a tholos attraverso le quali, era possibile colpire il nemico. Sullasommità delle cortine e delle torri corre un cammino di ronda con merlatu-re guelfe.Il complesso della Rocca, che si trova a nord, è costituito dai due rivellini,dalla torre dell’orologio o mastio e dalla torre scudata; esso è diviso dallacorte interna da un fossato. I due fossati, interno ed esterno, erano supera-bili attraverso ponti levatoi, ora in muratura (la presenza di questi ponti leva-toi è riconoscibile da diversi elementi tra cui le fessure lunghe e strette perlo scorrimento delle catene di sollevamento, di una pietra bianca arrotonda-ta ai piedi del rivellino sud che serviva per l’innesto del perno di rotazione).

Dal XV al XIX sec.: Studio di mappe, disegni e progettiNel 1405, Verona si concede spontaneamente a Venezia. Il Castello diVillafranca, con il passare degli anni si ridusse in pessimo stato e Veneziane ordinò una sistemazione. Con la comparsa delle artiglierie, il manieroperse la sua funzione bellica: divenne luogo di abitazione e coltura.Attraverso una comparazione e una lettura critica di fonti iconografiche èpossibile ricostruire i cambiamenti subiti dal XV al XIX secolo.

1) La prima carta studiata, detta “Cartadell’Almagià”, è del 1439/40.Il Castello è disegnato nella sua integri-tà: la Rocca, le cortine murarie con letorri e le merlature, il portone, il ponteverso la città, che attraversa il fossatoattorno al maniero.

2) Il secondo disegno è tratto dal diariodi Marin Sanudo, scritto nel 1483, nelquale egli, dopo un viaggio, descriveVillafranca e il suo Castello. È tracciatoil recinto che indica le cortine murarie esette rettangoli che rappresentano letorri. Dinnanzi è raffigurata la torre prin-cipale.All’interno del perimetro si trova scritto:Castrum Villa Franca pieno di case;queste, come afferma il testo, eranoabitate da Ebrei.Attorno al Castello il fossato.

Autore ignoto, Carta dell’Almagià,1439-40: particolare del Castello.

Marin Sanudo,Itinerario delle province venete, 1483.

A cura di Martina Rocco

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3) Il terzo disegno è uno stralcio della carti-na realizzata da Sorte Cristoforo nel 1587. Ilmaniero è rappresentato nella sua comple-tezza. All’interno si trovano disegnate inmodo stilizzato delle case, le quali eranosicuramente abitate dall’esercito e non piùdagli Ebrei (in questi anni infatti Villafrancavenne trascinata in guerre disastrose).

4) All’inizio del XVII secolo Verona affrontòun nuovo periodo bellicoso. Terminate le bat-taglie, il maniero cadde in mano a privati;castellani e famiglie benestanti iniziarono adabitare all’interno della Rocca. Nella cortefurono creati vari appezzamenti per la coltu-ra. Una testimonianza di questa nuova fun-zione del Castello viene fornita dal quartodisegno, quello di Leonardo Zamboni, del1665. È una rappresentazione precisa cheraffigura gli elementi compositivi e li collocacorrettamente.La parte anteriore del Castello è rappresenta-ta con più rettangoli di diverse dimensioni,che compongono la Rocca. All’interno di unovi è scritto: “Rocha degli sig.ri Conti Mozzi”.Il Castello è circondato dal fossato e questoè chiaramente collegato tramite un ponte inmuratura al fiume Tione che lo alimentava.Davanti all’accesso principale si trova raffi-gurato un altro ponte, sempre in muratura.

5) Il quarto documento fa parte di un lucidoricavato dall’originale nel 1900 circa. Ilmaniero è raffigurato con le cortine murariee tutte le torri. Insolita ed errata è la presen-za di due torri al centro della corte.Tutt’attorno è delineato il fossato attraversa-to da due muri che rappresentano il ponteribassato. La datazione di questa cartina èincerta. Potrebbe essere quattrocentesca,successiva al proclama di Venezia di ricostru-zione poiché le torri sono ricoperte da tetti afalde e il Serraglio è completo o altrimentiessere del XVII secolo poiché viene riprodot-to un muro, che connette i due ingressi edivide in due lotti la corte interna del Castel-lo, come si vedrà raffigurato nel XIX secolo.

Sorte Cristoforo, Venezia aprile 1587

Leonardo Zamboni, 3 maggio 1665

Autore anonimo e datazione incerta.

1) La ristrutturazione urbanistica

Nel 1813 l’ingegnere e architetto GiuseppeRensi stilò un progetto riguardante la risi-stemazione urbanistica del Castello. Ildisegno mostra in grigio gli elementi pre-senti e in rosso le modifiche proposte. IlCastello è rappresentato in modo completo,compresa la cortina muraria presentedavanti al mastio ancora integra, demolitasuccessivamente prima della stesura delCatasto Austriaco (dove non è rappresenta-ta). Nella corte interna vi è una stradinacircondata da mura, che connette i dueaccessi e divide il cortile in due porzioni.All’interno sono tracciati i vari appezza-menti e case con i nomi dei loro proprieta-ri. Nelle due torri mediane dei lati ovest edest vi è l’abitazione del proprietario. LaRocca e le torri (diversamente dal disegnodello Zamboni) sono proprietà comunale.Elementi mai ritrovati nelle rappresentazio-ni del Castello precedenti, sono i due muridi forma semicircolare, posti a termine del-l’apertura sud. Si possono vedere raffigura-ti fino al Catasto Italiano, ma attualmentenon esistono: probabilmente sono statiabbattuti durante o dopo la SecondaGuerra Mondiale. Vi sono due linee rosseparallele alla stradina, che spiegano unprogetto di allargamento della stradinastessa e del rivellino nord.

2) Il restauro della torre dell’orologio

Nel 1817 Luigi Trezza stese un progettoriguardante il mastio. Si tratta di due dise-gni che rappresentano, sopra alla torremerlata, la cella campanaria, anch’essacon merlature, che termina con una cupolapiù o meno alta esagonale o ottagonale. Èinoltre suggerita l’aggiunta di un nuovo oro-logio.Il progetto illustrato è stato abbandonato eripreso successivamente, come dimostrano

I progetti del XIX secolo

dei documenti della fine del secolo pre-senti nell’Archivio del Comune diVillafranca. Viene proposto il posizionamento di unnuovo orologio, di alcune campane e lacostruzione del terzo merlo tra i due esi-stenti sulla sommità. La fotografia dellasituazione attuale mostra come solo partedel progetto viene realizzata: l’orologio, ilterzo merlo.

Giuseppe Rensi, 1813, Castello

Luigi Trezza, 1817,disegni del mastio; immagine attuale.

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La prima metà del XX secolo: l’analisi delle fotografie.

Dall’esame del Catasto Austriaco, nato nel 1847, e del successivo CatastoItaliano, iniziato nel 1906, si può dedurre che il Castello diventa completa-mente proprietà del Comune nel 1926.Attraverso lo studio delle fotografie dai primi anni del 1900 in poi si posso-no constatare le trasformazioni subite da tutti gli elementi compositivi inquesto ultimo secolo, identificando le diverse fasi di intervento, in partico-lare una campagna lavori del fascismo, avviata proprio dopo l’acquisto tota-le del Castello da parte del Comune.

Rivellino nordLe fotografie dei primi anni del 1900 del rivellino nord mostrano un appa-rato murario denso di lacune e disgregazioni, dovute a battaglie, o elementiesterni, quali gli agenti atmosferici, gli sbalzi termici, vegetali come muschie licheni. I merli appaiono in parte crollati. La cortina di nord ovest è rico-perta in gran parte da edera. Durante la campagna lavori del fascismo fuavviata una pulitura, ma non una ricostruzione. Il rivellino nord subirà unintervento di restauro alla fine degli anni 1980, come spiegato successiva-mente.

Rivellino sudCome già affermato, la corte del Castello era divisa da due muri, alti circa 2metri, che collegavano i due accessi. Il rivellino sud, trasformato in abitazio-ne nella seconda metà del 1800, ha subito delle modifiche: è stato amplia-to, sono stati aperti dei fori per le finestre e, eliminate le merlature, è statocostruito un tetto.L’apparato murario è ricoperto da intonaco grigiastro. Si riconosce una dellefessure per lo scorrere delle catene del ponte levatoio. La torre delle carce-ri ha un tetto a falde quadrangolare. Il suo apparato murario, come quellodella torre scudata è stato completamente intonacato. La torre dell’orologiosi conserva in buono stato, caratterizzata da muratura a vista.

Il rivellino nord, primi anni 1900; immagini attuali, dopo i restauri degli anni 1980.

Con la campagna lavori degli anni 1920-30, furono abbattuti i muri diviso-ri e creato un unico cortile. Non vennero attuate ristrutturazioni su questiedifici i quali mantennero una situazione di degrado. Nelle fotografie deldopoguerra si presenta una fondamentale differenza: il tetto delle torre dellecarceri è crollato. Questi edifici saranno oggetto di intervento nei restauridegli anni 1980.

Torre sud estUn episodio significativo per il Castello è il crollo della torre di sud est, avve-nuto la notte tra l’1 e il 2 marzo 1905. Il giornale locale, L’Arena di Verona,documenta la caduta completa della stessa, che trascinò con sé parte dellecortine adiacenti. La torre è stata poi ricostruita nel 1926 e, come dimostra-no le immagini attuali, non ha subito ulteriori modifiche.

Prima e dopo l’abbattimento dei muri divisori; immagine attuale

Caduta della torre di sud est e ricostruzione della stessa nel 1926, - immagine attuale

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Le cortine di sud, est e ovestLe immagini dei primi anni del 1900 mostrano come le cortine murarie fos-sero in uno stato di rovina, con merli caduti e lacune di materiali. Accumulidi edera ricoprivano a tratti l’apparato murario. La campagna lavori deglianni 1920-’30 dopo la ricostruzione della torre sud-est si occupa del ripri-stino delle cortine murarie dei lati est, sud e ovest, come testimoniano leimmagini che raffigurano soppalchi e parte delle murature con i merli rifat-te. La fotografia attuale prova che queste cortine non hanno subito neglianni ulteriori interventi.

Cortine di sud, est e ovest.primi anni del 1900, durante la campagna lavori del fascismo e stato attuale.

La torre mediana del lato est

La casa rurale presente all’inter-no della torre mediana del latoest, disegnata nel progetto Rensie nei Catasti, dopo la guerradiviene un’osteria e negli anni1960 viene bruciata ed abbattu-ta. La fotografia odierna mostrale tracce della sua presenza nelpassato.

La torre mediana del lato sud

La torre mediana del lato sud èstata ristrutturata insieme allecortine durante la campagnalavori del fascismo. Le immaginidel dopoguerra raffigurano lasituazione dopo gli interventi:sono state riempite le lacunedell’apparato murario e sistema-te le merlature. Unico interventosubito successivamente è statala rimozione dell’intonaco vicinoall’apertura.

Torre mediana del lato est: immagine deiprimi del 1900. - Immagine attuale

Torre mediana del lato sud - immagine deldopoguerra. - Immagine attuale

I restauri dagli anni 1980 ad oggiDagli anni 1980 ai giorni nostri sono stati eseguiti quattro importantiinterventi di restauro.

1) Il restauro della Rocca del Castello2) Il restauro della Piazza esterna3) Il restauro della Chiesa del Cristo4) Messa a norma della Corte d’Armi 5) Il restauro delle Salette interne 6) Il restauro della mura nord e torri angolari nord-est

e nord-ovest.

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1) La Rocca del Castello (1987-1993)

Restauro a cura degli architetti G.Cristinelli, S. Cagalli e O. Cofani peril ripristino della rocca e delle suetorri con rabberciature, ricostruzionedelle merlature, ripresa dell’intona-co, ma soprattutto è stata realizzatauna ricomposizione del cammino dironda e sulla facciata del rivellinosud sono stati disegnati i merli, aricordare la presenza nel passato.

2) La Piazza esterna (1995-1996)

Restauro a cura dell’Arch. GiorgioForti con la trasformazione dellospazio davanti e attorno al Castelloin piazza di rappresentanza e ai latidue zone per rappresentazioni o par-cheggio. Durante i lavori è statoriportato alla luce il ponte elevatoioe parte del fossato (che si possonovedere nel disegno dello Zamboni).

3) La Chiesa del Cristo (2001-2003)

Restauro a cura dell’arch. G. Cristi-nelli delle superfici decorate dipin-te, stucchi, intonaci, serramenti,marmi d’altare e della sala religiosa.

4) La Corte d’Armi (2004-2006)

Intervento a cura dell’arch. OscarCofani per la messa a norma dellaCorte d’Armi dove è stato evidenzia-to un possente muro largo mt. 1,60e lungo mt. 20 ca. probabili fonda-menta di un preesistente maniero.

5) Le Salette interne (2007)

Intervento a cura dell’arch. AntonioBenedetti del Comune di Villafrancaper la sistemazione delle sale delpiano terra, secondo e loggiato in-terno. Le stanze in disuso ed in con-dizioni precarie sono state restaura-te a regola d’arte anche con impian-ti elettrici e di riscaldamento.Durante i lavori di restauro dellasaletta a piano terra è stata ritrovata

una imponente struttura murariasotto il piano di calpestio che occu-pa tutta la sala. Per evidenziare lapresenza è stato deciso, conclusi ilavori, di segnalarlo con degli intarsiin mogano sulla pavimentazione piùchiara.

6) Mura nord e torri angolari nord-este nord-ovest (2009-2012)

Interventi di restauro conservativo,consolidamento e indagine archeo-logica a cura dell’arch. AntonioBenedetti del Comune di Villafran-ca. Rafforzamento delle strutture eintegrazione delle parti di muraturadisgregate. L’indagine archeologicaha permesso di porre in luce lestrutture basamentali e gli originalipiani d’uso delle torri.

Il piazzale del castello con la rocca prima deirestauri.

Il fossato e l’ex ponte elevatoio riportarti alla luce dopoi restauri.

Il degrado della chiesetta prima del restauro.

La rocca del lato sud del castello dopo irestauri. Da notare il disegno dei merli nelrivellino sud e la ricostruzione del pozzo allimite del fossato interno.

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La chiesetta, detta del Cristo, all’in-terno del Castello, sotto la roccaprincipale, è la prima chiesa delcomprensorio villafranchese.Utilizzata per pratiche religiose, inspecial modo durante la SettimanaSanta per il “circuito dei sepolcri”:(Chiesa dei frati, Chiesa del Cristo,Disciplina, Duomo, San Rocco).Nel tempo subì diversi restauri, finoal 1806 e ultimamente nell’anno2001-03 a cura arch. G. Cristinelli.

L’Oratorio del Santo Crocifisso o Chiesa del Cristo

Il bellissimo altare in marmi policromi dellachiesetta del Cristo.

La nicchia sopra l’altare conserva un affrescodel XIII secolo raffigurante: La Crocifissione.Affresco cm 150 x 103.

Le immagini di Maria e San Giovanni e glistucchi sono stati eseguiti successivamente,XVIII secolo.

Alle pareti, partendo da sx, sono raffigurati angioletti che sorreggono gli strumenti della passione:la Veronica, la colonna con il gallo, l'angelo consolatore davanti al sepolcro, l'angelo piangente,l'angelo con i flagelli, la scala, la corona di spine. Attribuiti a Germano Prendaglio (1735-1809).

32 33Tre pale raffiguranti, da dx: la flagellazione di Gesù, il Cristo deriso e coronato di spine, la salita al Calvario.Opere di G.B. Lanceni (1659-1735)

Sul soffitto: Affresco entro cornice in stuccocm 178 x 178 raffigurante il Cristo trionfanteche risorge dal sepolcro. Attribuito ad ignotodei XVIII secolo.

La Sacrestia della chiesetta

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1345. Mastino II della Scala perdifendere Verona dalla signoria diMantova, iniziò la costruzione diuna grandiosa opera fortificatoriadenominata “Serraglio” (dal latinoserraculum) che venne ultimata nel1355 sotto la signoria di Cangrandedella Scala.Il progetto prevedeva una grandemuraglia lunga 13 km alta 16 metri,intervallata da torrioni ogni 80metri. In particolare la mura salivada Borgetto al castello di Valeggio escendeva al borgo fortificato diValeggio. La porta di accesso alborgo era una poderosa torre inprossimità dell’attuale chiesa par-rocchiale. La torre fu trasformatasuccessivamente in torre campana-ria che collassò nel 1977; ora inquesto sito è posizionato il modernoconcerto di campane.Da qui la muraglia proseguiva perVillafranca passando dalla località“Gherla” dove sorgeva un poderosocastelletto (ancora visibili le rovine)in posizione intermedia e visiva fraValeggio e Villafranca.

Si proseguiva quindi sulla riva sini-stra del fiume Tione che formavacosì un vallo naturale fino a Villa-franca dove a poca distanza dallacinta sud delle mura del castellosorgeva il “Porton de Vila Franca”che delimitava l’ingresso alla città.Da qui proseguiva fino alla torrefinale in località “Gazol” sita in unazona paludosa.La muraglia conobbe un lungoperiodo di abbandono fino alla metàdel XV secolo quando la Repubblicadi Venezia intraprese un’opera direstauro al fine di destinarla ad effi-cace barriera daziaria, ma nel 1850,l’Impero Asburgico ne decretò l’ab-battimento ritenendola un impedi-mento ad eventuali manovre belli-che.

Ora di questa immane opera fortifi-catoria, che in Europa non ha egua-li, rimangono poche tracce che siintravvedono fra piante e sterpagliespecialmente lungo la riva destradel fiume Tione.

Particolari di stampe d’epoca raffiguranti il posizionamento delle mura del “Serraglio” costruite adifesa di Valeggio e Villafranca dalle incursioni dei Mantovani.

“... el Porton de’ Villa Franca”

Il castello della “Gherla” in un disegno dell’epoca.La torre di accesso al borgo di Valeggio.

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1525. sorgeva l’ordine dei Fratiminori cappuccini, come movimentodi riforma nell’ordine francescano.

Nella provincia di Verona si contava-no numerosi conventi dei cappucci-ni: Verona, Legnago, Caprino Vero-nese, Peschiera, Monteforte, Lonigoe Villafranca. Villafranca è l’unicacittadina che dopo tante vicendeabbia conservato il convento.

1540. Su pressante richiesta dei cit-tadini venivano assegnati a Villa-franca i primi frati che alloggianopresso l’Ospedale prendendosi curadegli infermi.

1586. 28 gennaio, a spese dellacomunità villafranchese fu fondatoil monastero dei cappuccini che inquel giorno vi piantarono la croce.Negli anni successivi per l’arrivo dinuovi frati e per dare assistenza ainumerosi pellegrini forestieri di pas-saggio il convento viene ampliato.

Il convento e la chiesa dei Frati Cappuccini

1599. Costruita la chiesa, vi fu lasua Consacrazione ad opera diAlberto Valier vescovo di Famagostae coadiutore del Card. AgostinoValier vescovo di Verona.Il complesso sorgeva in Via Custoza(l’attuale Piazza IV novembre) e virimase fino al 1810 quando Na-poleone Bonaparte soppresse gliordini religiosi e ne incamerò i beni.

1606. 15 maggio, i cappuccini furo-no cacciati dal governo della Re-pubblica veneta perché difesero idiritti della chiesa non sottostandoagli obblighi che imponevano alclero e agli ordini religiosi di nonobbedire agli ordini del papa.Il Papa Paolo V rispose con la sco-munica ai Veneti che comportava:“sudditi liberi da ogni obbligo difedeltà, chiusura delle chiese,sospensione della celebrazione dellamessa e amministrazione dei sacra-menti”.

1607. Rappacificate le parti i cap-puccini ritornarono al loro conventotra l’esultanza della popolazione e viresistettero in pace fino all’arrivo diNapoleone Bonaparte (1810).

1629/1630. Durante la guerra traVenezia e l’esercito imperiale tede-sco per la conquista di Mantova,furono fatti prigionieri molti soldatidall’esercito tedesco e per le pre-ghiere e intercessioni di padre Ame-deo da Monteforte furono liberati.

1631. Dopo la pestilenza che imper-versò si riferisce: ”che a Villafranca,nel convento, prima della pestec’erano undici religiosi, dopo soliquattro dei quali due sacerdoti, unchierico e un laico” (idem Vs.)

Il complesso del convento dei cappuccini prima della demolizione del 1971.

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L’attuale struttura del convento dei cappuccini con la nuova chiesa.

Il crocifisso che troneggiava sull’entrataprincipale del Castello scaligero, sopra ilponte levatoio; ora presso il convento deiFrati cappuccini.Opera di Jacopo Tumicelli (1764-1825)Olio su tavola cm 160 x 94.

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1644/1697. Si completò la costru-zione del convento con: luoghicomuni, il cucinotto, la libreria edaltre migliorie.Della vita che in questo conventocondussero i padri cappuccini, finoalla soppressione napoleonica del1810 non è arrivato a noi nulla dinotabile e sicuro anche perché l’ar-chivio conventuale fu disperso edistrutto.

Il nuovo convento1832. Iniziano i lavori per la costru-zione del nuovo convento dei cap-puccini a destra del castello. L’opera come risulta dal primo padreguardiano fra Raimondo da Venezia”questa chiesa e convento fabbrica-ti a sole spese di S.E. Bonifacio diCanossa furono cominciati l’anno1832…” Il nome dei MarchesiCanossa resterà per sempre legato alconvento dei cappuccini, perché hadato loro la possibilità del ritorno aVillafranca.

La famiglia Canossa di antichissimaorigine, vanta figure di primo pianosotto il profilo religioso e politico. Acavallo del secolo XVIII e XIX, visseBonifacio, uomo religioso e saggioamministratore dei suoi beni e dellacosa pubblica. Sorella di Bonifaciofu Maddalena nata a Verona nel1774 che lasciò la casa paterna perdedicarsi al servizio del poveri, allacura ed alla istruzione delle fanciul-le. Istituì l’Ordine delle figlie dellacarità sotto il patrocinio di MariaAddolorata, approvato da PapaLeone XII. (vedi Maddalena diCanossa primo centenario dellamorte 1836-1935 numero unicoEttore Sormani Milano)

1837. 10 settembre il nobile mar-chese Bonifacio di Canossa dona ai

L’altare maggiore con il soffitto della vecchiachiesa, raffigurante la gloria di S. Giuseppe,protettore, con Papa Clemente VII e S. Fran-cesco.

Il monastero donato dal Marchese di Canossa nel 1832 e la croce con i simboli della passionetrasferita dal primo monastero di via Custoza.

Sotto: La facciata della nuova chiesa, ampliata e ristrutturata nel 1971-72 con la moderna crocein sostituzione della vecchia.

Il vecchio convento dei cappuccinidi via Custoza.

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frati di Villafranca il nuovo conventoin fianco al castello:”il mio conven-to con chiesa ed orto intero, o quel-la parte di esso che possa essere asenso delle loro costituzioni, saràliberamente goduto dai RR. PP.Cappuccini, senza alcun onere epeso e per mia parte sarà perpetuala cessione….”. Seguì poi la solen-ne inaugurazione del convento edella nuova chiesa dedicata a SanGiuseppe.

1866. 7 luglio vengono soppressi inItalia tutti gli ordini religiosi e con-gregazioni con l’ordine di abbando-nare i conventi e deporre l’abito. Ilconvento di Villafranca, dopo stre-nua lotta con il governo del tempo,fu l’unico a sopravvivere in quantoproprietà dei Marchesi di Canossa.

1958. Su disegno dell’architettoAlpago Novello, la costruzione delnuovo Seminario Serafico, con unanuova cappella, destinato alla for-mazione dei fratelli laici cappuccini.Resterà attivo fino ad ottobre 1967.In seguito verrà prestato al comunedi Villafranca per ospitare la scuola“Aldo Moro” che rimarrà attiva finoal 1993.

1971/72. Costruzione, ampliamentoe ristrutturazione della nuova chiesae del convento su progetto dell’arch.Luciano Foroni.

1988. 20 gennaio consacrazione delnuovo edificio da parte di mons.Andrea Veggio, Vescovo ausiliare diVerona.

1993. Settembre: L’ala del Semina-rio viene progressivamente sottrattaalla Scuola “Aldo Moro” e ristruttu-rata per essere adibita a “Studen-tato” per la formazione dei giovanifrati cappuccini.

1996/1997. Ristrutturazione dellacappella del seminario che vieneinoltre arricchita da un grande affre-sco nell’abside raffigurante la Trasfi-gurazione del Signore e da altri di-pinti di stile iconografico, opere delgiovane frate fr. Nathanael Theuma.

2008. Settembre: i giovani cappuc-cini in formazione da Villafrancavengono trasferiti a Cremona e l’aladello “Studentato” viene adibita ainiziative di formazione.

La costante tradizione dei conventicappuccini di dispensare giornal-mente il pasto a poveri portò allacostruzione di un refettorio che per-mettesse ai poveri di consumare unpasto al riparo dalle intemperie.

La tradizione continua anche ai gior-ni nostri, i pochi frati rimasti hannotrovato collaborazione fra la gente ela Caritas, la generosa popolazionedi Villafranca provvede ancora, nellemisure più svariate al sostentamen-to dei frati e dei poveri nel solcodella tradizione francescana.

Gianna Negrini(Tratto da “I Cappuccini a Villafranca nel

centenario del Convento”, 1937)

L’interno della chiesa dei Frati dedicata a San Giuseppe prima e dopo la ristrutturazione col nuovopresbiterio.

Il marchese Bonifacio di Canossa.

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Chiesa Oratorio della Visitazione oDisciplina

A cura di Elisabetta Benassuti

Correva l’anno del Signore 1499quando il conte Giorgio Maffei donòalla Venerabile Confraternita deiDisciplini la cappella privata annes-sa al palazzo di famiglia.La confraternita “dei Disciplinati diCristo” nasce, per opera di RanieroFasani nel 1260 a Perugia, si esten-de in breve tempo nell’Italia centrosettentrionale dedicandosi al servi-zio dei poveri “pauperes Christi”.Tale ordine, nel 1807, viene sop-presso da Napoleone. Ci sono voluti quasi tre secoli perrealizzare l’Oratorio della Visitazione

o della Disciplina dal 1499 annodella donazione al 1779 anno delcompletamento della monumentalefacciata barocca, chiusa: in altodalle statue di due santi frati,impreziosita al centro da due nic-chie con un santo papa e SanFrancesco e, sul portale, da un bel-lissimo bassorilievo, dedicato allavisitazione.Di questo ne è testimone l’iscrizio-ne conservata su una parete dellasacrestia che recita: “La venerabileConfraternita di Santa Maria Novel-la, possiede questa chiesolina inseguito alla donazione del nobileGiorgio fu Tommaso de Maffei nel-l’anno del Signore 1499. E questastessa chiesolina la Venerabile Con-fraternita così detta dei Disciplinirestaurò nell’anno del Signore

1779. Così stando le cose, GiovanniMaria Mesaro illustrissimo priore,Silvestro Facincano Vicepriore eAntonio Rizzini, figlio di Pietro, con-sigliere, posero questa epigrafe adocumento contro l’ingiustizia deltempo.”

In tempi moderni seguirono altriinterventi ad opera della Parrocchiadei Ss. Pietro e Paolo con contribu-to di enti e privati: restauro statuedel gruppo ligneo, mortorio (1995),tinteggiatura, pala dell’altare e daultimo nel 2002 la facciata. La navata, a pianta rettangolare è ilfrutto della sistemazione di struttu-re preesistenti. Probabilmente inorigine quello stesso spazio era ilcortile dove venivano accolti i vian-danti dai Disciplini.

La bella facciata barocca della chiesa della Disciplina,risalente al XV secolo.42 43

L’interno della chiesa della Disciplina, recentemente ristrutturato.

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Oggi nella navata, sulla parete disinistra, troviamo un’edicola con ilgruppo ligneo policromo della“Visitazione di Maria a Elisabetta”,realizzato da un maestro nel 1600.

Sotto l’edicola si apre una finestraprotetta da una grata in ferro: è il“Sepolcro” seminterrato che conser-va il “Mortorio”, il tesoro più prezio-so e originale della Disciplina.

Lungo le pareti una preziosa ViaCrucis, 14 fogli incisi a Veneziadalla Calcografia Joseph Wagnernella seconda metà del 1700.

Chiude la navata il monumentalealtare, dedicato alla Visitazione erealizzato nel 1668, con la grandepala commissionata da “OgnibenBellesin da Vila Francha” a OrazioFarinati nel 1607 rappresentante laVisitazione della Madonna a SantaElisabetta con i santi Giuseppe eZaccaria. Sullo sfondo del quadro,

sull’arco trionfale lo stemma diVillafranca e la firma del pittore. Dietro l’altare, infine, ampia saladelle riunioni con volta a botte estucchi, di impianto del 1400, pro-babilmente la prima chiesa deiDisciplini la cui Confraternita, sop-pressa da Napoleone nel 1807, ogginon esiste più, ma la storia del lorooratorio continua.

L’altare della Disciplina con la pala diOrazio Farinati (1559-1616).Pala commissionata da Zambattista e daOgniben Bellesio da Vila Francha.Rappresenta la visita di Maria a SantaElisabetta. Sul lato destro San Zaccaria eSan Giuseppe.Olio su tela cm 300x291.

Sullo sfondo l’arco trionfale con lo stemmadel Comune e la firma di Horazio Farinato(1607) sulla colonna sinistra.

Ignoto del XVI secolo.Natività con Santa Elisabetta.Olio su tela cm 156x111.

Quadri della Via Crucis del XVI secolo.14 fogli incisi in Venezia negli anni 1778-79dalla Calcografia Joseph Wagner (1706-86).

Maestro del XVI secolo.Visitazione di Maria ad ElisabettaGruppo ligneo policromo.

Il monte di PietàAlla sinistra della facciata dellachiesa si trovava il “Monte diPietà” di cui ora resta un affre-sco raffigurante un Cristo dolen-te in cornice di tufo, recente-mente restaurato.

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“Il Compianto sul Cristo morto”

Di rilevante interesse storico ed arti-stico è il “Compianto sul Cristomorto”, gruppo ligneo collocatoall’interno della cripta della Chiesadella Disciplina o Visitazione.Trattasi di una delle prime opereche i confratelli Disciplinati com-missionarono quando giunsero inpossesso dell’oratorio a seguito diuna donazione da parte del nobileGiorgio Tommaso de’ Maffei nel1499.

Il gruppo ligneo policromo dellaDisciplina è composto di 9 statuerisalenti al XV secolo, di cui: 7 rap-presentano le figure canoniche deipersonaggi che, secondo i raccontievangelici e la tradizione religiosa,hanno preso parte alle ultime fasidella Passione di Cristo: le “treMarie” (la Madonna, Maria di Cleofae Maria Salomè) al centro dellastanza inginocchiate davanti alCristo morto, la Maddalena, in

disparte sulla destra in uno stato dinotevole decomposizione, l’apostoloGiovanni sulla sinistra, in preghierae poi i due protagonisti maschilidella deposizione, a sinistra Giusep-pe d’Arimatea, riconoscibile dall’at-to di reggere la corona di spine ed ichiodi e Nicodemo sulla destra, aipiedi del Cristo, con un lenzuolo sulbraccio; il Cristo morto appoggiatoal centro della cripta su un catalet-to, il cui volto non fa trasparire lesofferenze patite durante la passio-ne, ma il volto è di colui che è mortorivolgendosi a Dio come figlio“Padre nelle tue mani affido il miospirito” (rif. Lc. 23,46); la statua diun chierico inginocchiato, ricono-sciuto come il “donatore” GiorgioTommaso de’ Maffei; questa statuarende particolare il mortorio diVillafranca rispetto agli altri.

Vi sono poi 4 ulteriori personaggidipinti su tavole di legno sagomate,aggiunte settecentesche, rappresen-tanti i soldati romani.

Le preziose statue lignee del Mortorio conservate nella chiesa della Disciplina, risalente al XVsecolo. Sono rappresentati i personaggi: da sx. Giuseppe D’Arimatea, San Giovanni, le tre Marie,(la Madonna, Maria di Cleofa e Maria Salomè) il “donatore” Giorgio Tommaso de’ Maffei eNicodemo, inoltre quattro personaggi dipinti su tavole settecentesche di legno sagomate, rappre-sentanti i soldati romani.

Le statue lignee, tutt’ora oggetto distudio, sono attribuibili per alcuni ascultore veronese del 1500 anoni-mo, mentre per altri ad una stessabottega di scultori veronesi, sempreanonimi, perché probabilmente inquel periodo era abitudine commis-sionare le opere religiose ad artistipoco conosciuti poiché richiedevanobassi compensi.Altri Compianti, arrivati ai nostritempi e di buona fattura, si trovanoa Caprino, Bussolengo, Verona nelConvento di San Bernardino e nellachiesa di Santa Toscana. Generalmente i mortori, venivanoutilizzati dalle varie Confraternite diDisciplinati in rapporto al culto oagli esercizi penitenziali e per leattività liturgico-popolari, come laprocessione del giovedì Santo.

Si narra che molto tempo fa i “veci”villafranchesi tentarono più volte di

portare fuori la statua del Cristo,durante una processione del giovedìSanto, ma si scatenò un violentotemporale, accompagnato da fulmi-ni e grandine, così la statua vennericollocata al suo posto, da dove nonfu più mossa.

Le preziose statue lignee del Mortorio conservate nella chiesa della Disciplina, difese da una grata.

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Il Duomo dei Santi Pietro e Paolo diVillafranca rappresenta la copiadella chiesa del Redentore diAndrea Palladio all’isola della Giu-decca di Venezia.Le opere di costruzione iniziano nel1786 ed i tempi di realizzazionesono durati per tutto il Risorgi-mento, tanto che la chiesa fu consa-crata nel 1882.

Il Duomo: lunghezza dalla porta al coro m. 68,60; dalla scalinata m. 80;larghezza facciata m. 28,80; altezza della facciata m. 18; altezza al cupolino m. 36.Sulla cupola: San Pietro con le chiavi della città.Sul timpano: 3 statue rappresentanti la Fede, la Speranza e la Carità, acquistate con probabilitàa Venezia nel 1843.Sul lato sx: Bassorilievo raffigurante San Pietro che fa cader morti Anania e Safira per l’ingannoal Capo della chiesa.Sul lato dx: Bassorilievo raffigurante San Pietro e San Giovanni nella guarigione del paralitico.Sotto: Statue raffiguranti San Pietro a sx e San Paolo a dx.

«Nell’aspetto esterno esso appare di un’austerità“grandiosa” e solenne, e spicca sulpanorama che lo circonda con una intonazionepiù da cattedrale che da chiesa parrocchiale.La classica facciata, resa bella dallagradinata ampia e maestosa, mentre ci ricordalontanamente il Partenone di Atene ed ilPantheon di Roma, ci da, come al Redentoredi Venezia, l’indicazione precisa dell’armoniache vi regna nell’interno. La cupola, poi, rivestitadi rame oscuro, s’innesta regalmente sultetto, alleggerita dagli svelti campanili chesembrano quasi fare da sentinella al Principedegli Apostoli, che dall’alto benedice conpaterna bontà parrocchiani e forestieri».

Don Germano Alberti

La chiesa sorge vicino al luogo doveera stata costruita la chiesa prece-dente poi trasformata in teatro finoal suo definitivo abbattimento nel1967 per lasciar posto all’attualepiazza.L’angusta posizione, in asse con lastrada, non rende l’armonia delcapolavoro realizzato dal Palladio enon ne esalta la longitudinalità.

Il RedentoreSulla cupola: Statua in legno rivestita in piombo del Redentore.Sul timpano: 3 statue; al centro la Fede con la Croce e ai lati 2 Angeli.Sul lato sx: San Lorenzo Giustiniani, I° patriarca di Venezia.Sul lato dx: Sant’Antonio da Padova.Sotto a sx: Statua raffigurante San Marco a dx: San Francesco.Opere di Giusto Le Court. (1627-1679)Il Redentore: Tempio votivo dedicato al “Redentor nostro” voluto dal Senato della Repubblica diVenezia nel corso della grave pestilenza del 1577 che provocò 50.000 morti.Capolavoro del Palladio iniziato nel 1577 e concluso dopo la sua morte da Antonio da Ponte nel1592.

(Tratto da “La fabbrica del Duomo di Villafranca” 2011)

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Il complesso parrocchiale

Nel territorio di Villafranca si è svi-luppata di pari passo all’attivitàcivile anche quella religiosa cometestimonia la Bolla Pontificia diEugenio III dell’anno 1145 in cui èmenzionata la cappella di SantoAndrea, al Fontanile, alla periferiadi Villafranca, di cui attualmentenon rimane che la statua del santo.La fondazione della prima chiesa diVillafranca con annesso ospedale econ santo patrono l’apostolo Pietroè compresa tra gli anni 1185-1188contemporanea alla fondazione delBorgo Libero (1185).Il prestigio di questa chiesa neisecoli è riconosciuto, oltre che dal-l’ampiezza della decima, motivo diferoci contese nei secoli, anche dalruolo della locale società ecclesia-stica costituita da chierici, canonicidel capitolo e frati del convento diVillafranca tutti facenti capo all’ar-ciprete.

La cesa Vecia

II Galvani nel “Compendio dellaStoria Ecclesiastica di Verona e suoterritorio” (manoscritto della Biblio-teca Comunale di Verona) ci da, aproposito della vecchia parrocchia,questa notizia:«Quando sia stata edificata questachiesa non è venuto a nostra cono-scenza, ma solo si può dire che nelmilleduecento esisteva, perché inun documento del 1292 si nominaun tal Ogniben degli Azzoni, canoni-co della Pieve di Villafranca; dalche si comprende che collegialmen-te era ufficiata da preti. Fu poirifabbricata nella forma che si vide,fino alla sua distruzione, circa il1340».

Per altre notizie dobbiamo attende-re il 1500 con alcune “Ducali” dellaSerenissima dove il Doge di Veneziaemanava le sue disposizioni.Apprendiamo che ai primi del 1500era titolare della parrocchia diVillafranca tale don Venceslao daSpinimbergo che deceduto nel1531 ebbe come successore il 13gennaio 1532 don Simone Zavarise.L’originario edificio della chiesa par-rocchiale del XII secolo, sia per idanni causati dal tempo e dalleguerre, sia per il costante aumentodella popolazione, non è più ingrado di far fronte alle esigenze epertanto nel 1340 si provvide allasua ristrutturazione e così rimarràfino al 1882 anno in cui viene con-sacrata la nuova chiesa.

Della vecchia chiesa cinque altarilaterali verranno venduti alla parroc-chia di Castagnaro nel 1877 per6000 lire senza i dipinti. L’altarmaggiore alla parrocchia di Van-gadizza nel 1880 con le statue diSan Giovanni Nepomuceno e SanValentino. Gli stalli del coro (restau-

rati nel 1771), l’altare di SantoAndrea e di San Bovo, i confessiona-li, l’organo, alcuni quadri, banchi edaltro verranno trasferiti nella nuovachiesa.Il vecchio campanile venne demoli-to nel 1890 e le campane vennerosistemate parte nei campaniletti afianco della cupola e parte sullatorre del Castello opportunamentesistemata ed attrezzata per soste-nerne il peso e l’ingombro dellestesse.Intorno alla chiesa inoltre era ubica-ta l’area cimiteriale fino all’inaugu-razione dell’attuale cimitero avvenu-ta il 12 gennaio 1813 con la tumu-lazione di Antonio Serpelloni cheaveva lavorato alla costruzione dellostesso ed aveva predetto che sareb-be stato il primo ad esservi sepolto.

Oramai la vecchia chiesa non erapiù adeguata a contenere i fedelidella città. Fu così che, senza inter-pellare architetti vari, si pensò diriproporre, forse sotto la spinta deifrati presenti a Villafranca, la replicadel tempio palladiano del Redentore

La facciata vecchia chiesa.Litografia del Penuti 1853.

La vecchia parrocchiale vista da Via Pace.Foto di Léon Méhédin, 1853.

Studio per la facciata della vecchia chiesa.

Stampa del 1860. I lavori di avanzamento della costruzione del nuovo tempio.

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di Venezia ex voto per la peste checolpì Venezia nel 1577.Pur tuttavia la costruzione nel suoassieme è grandiosa e solenne. Ifasci di colonne corinzie che s’in-nalzano gigantesche fin sotto il cor-nicione, la fuga d’archi degli altarilaterali elegantemente intersecatida colonne, nicchie e cornici, esoprattutto l’eccelsa cupola che sierge maestosa sopra i quattro architrionfali della crociera, formano uncomplesso architettonico veramenteclassico, con effetti di prospettiva diun’armonia meravigliosa.La costruzione… oltre 100 anni diimpegno e traversie.

1769. Su iniziativa del parroco donPietro Comino inizia l’avventuradella costruzione della nuova chie-sa; avventura che vedrà la realizza-zione fra alterne vicende nel 1882.

1782. L’ex chiesa parrocchiale èceduta al Comune, senza contrattoscritto, dietro “sussidio” di 4000lire ripartito in quattro rate decisocon delibera consiliare.Il parroco don Pietro Allegri ponealcune clausole: che la chiesa nonvenisse trasformata in teatro consi-derato al tempo luogo poco idoneoall’educazione della gente, (già allo-ra esisteva una certa conflittualitàtra l’attività pastorale parrocchiale el’autorità civile) e che il campanilecon le campane dovesse rimanereproprietà della fabbriceria.

1786-1796. 6 febbraio il parrocodon Luigi Uberti presenta alConsiglio Comunale di Villafranca larichiesta per la costruzione delnuovo tempio che avrebbe occupatogran parte del cimitero annesso allavecchia chiesa. I lavori vengono affi-dati all’arch. Pietro Cerioni.Iniziano i lavori: fondamenta e rea-lizzazione del basamento rialzatosopra terra.

1796 al 1829. Sospensione dei lavo-ro con l’avvento di Napoleone(1796) e la dominazione austriaca(1814).

1829-1847. Riprendono i lavori conalzata del presbitero, transetto, coroe cupola. Quest’ultima coperta nel1843 da Giuseppe Andriolo “banda-io e pubblico fontanaio” di Veronache provvide a coprire in piomboanche la statua di San Pietro sulcupolino.

1844. 10 aprile il parroco donZecchinato chiede il permesso alvescovo di abbattere il muro delcoro della vecchia parrocchiale perprocedere con la fabbrica del nuovotempio.

1848-1851. Sospensione dei lavoriper la prima guerra d’indipendenza.

1852-1864. Con l’ardimentoso par-roco don Zecchinato si ha un note-vole impulso dei lavori, fino al com-pletamento della facciata. Lavoriche procederanno ininterrottamentesu-perando la II (1859) e III (1866)guerra di indipendenza. Alla direzio-ne dei lavori si alterneranno gli inge-nieri: Giuseppe Rensi, GerolamoCavazzocca e Paolo Zucchermaglio.

1865-1871. Sospensione dei lavoriper difficoltà economiche fino al 9agosto con l’indizione dell’asta pub-blica per la costruzione del tetto cheverrà ultimato, con grandi stenti, nel1873.

1873-1882. Sono anni di completa-mento dei lavori e di recupero dirisorse per ultimarli: vendita di alta-ri della vecchia chiesa alle parroc-chie di Castagnaro e Vangadizza,lasciti di don Andrea Bugna e donArduini, Congrega dei Sacerdoti diVillafranca e della popolazione.

1882. 7 ottobre solenne consacra-zione del tempio da parte delCardinale Luigi di Canossa essendoparroco don Allegri.Da questo momento continuanoanche i lavori per l’abbellimentodella chiesa, altari, pale, statue inlegno nelle nicchie, sistemazionedell’organo, rifusione del concertodi campane, impianto di riscalda-mento e luci e tutta la normalemanutenzione di una struttura cosìimponente.

1932. celebrazione del cinquantesi-mo anniversario della consacrazio-ne, parroco don Eugenio Bottura,con l’inaugurazione del monumen-tale nuovo organo.

1945. Costruzione della cripta, par-roco don Eliseo Contri, a memoriadei caduti della IIª guerra mondiale.

1947. Costruzione del Teatro Verdi.

1954. Restauro e rifacimento dellacupola, per danni subiti durante laguerra, da parte della ditta BenatoGuglielmo e Figlio di Villafranca.

1959-1982. Parroco mons. IreneoAldegheri, trasformazioni ed abbelli-menti della chiesa: nuovo taberna-colo (1960), sistemazione dellesacrestie, restauro dell’organo(1963), demolizione della vecchia

Schizzo del campanile della chiesa vecchia.

Il vecchio “Teatro Verdi”.

Restauro della copertura in ramedella cupola e del cupolino.

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canonica, del Teatro Comunale erifacimento della piazza centrale(1966), rifacimento del tetto dellachiesa (1967), trasformazione delpresbitero (1970), rinnovo dellevetrate ed altre minori manutenzio-ni.

1982. 7 ottobre festeggiamenti peril centenario della consacrazione delduomo con: benedizione della primapietra della nuova parrocchia diMadonna del Popolo, nuova busso-la, ristrutturazione del monumenta-le organo, pubblicazione del libro“La parrocchiale dei Ss. Pietro ePaolo”.2007. Ristrutturazione della faccia-ta e scivolo per disabili, parroco donDario Morandini.

2010. Ristrutturazione della parteabsidale (aule e sedi associazioni),dei campaniletti e dell’arco trionfa-le nella navata centrale del duomo,parroco don Gabriele Zanetti.

Dopo centotrentanni di vita spessotravagliata, nonostante gli acciacchidel tempo, il duomo si mostra anco-ra imponente e godibile al visitatoree amato dai Villafranchesi semprepronti ad intervenire per mantenerela sua struttura in buone condizioni.

Restauro e pulizia da incrostazioni della facciatadel Duomo eseguiti nel 2007.

Costruzione dei fabbricati per le opere parroc-chiali; sistemazione dell’organo e adeguamen-to delle barriere architettoniche con scivolo perdisabili.

Raffronto dell’interno del Duomo prima dell’ultima trasformazione. Da notare a sinistra la zonadel pulpito e i vecchi confessionali.

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Veduta generale della parte sinistra e destra della navata con gli altari in stile classico disegnatigià nel 1808 dall’ing. Zucchermaglio in sostituzione degli altari della vecchia chiesa venduti allaparrocchia di Castagnaro (5 altari) e Vangadizza (l’altare maggiore).

Da sinistra:Altare di San Giuseppe con pala di A. Bolla 1907 di cm 183x329 commissionato nel 1907 daiconiugi Federico Ferri e Ulissi Luigia.

Altare dell’Addolorata; da notare la bella cornice dorata con intagliati i simboli della passione diCristo: il gallo, il sole e la luna, il velo della Veronica, il calice ed il pane, la corona di spine.

Battistero con la grande pala di Riccio Felice detto il Brusasorzi, l’affresco di DomenicoBrusasorzi, e dal 2005, l’opera di Maurizio Piazzi: la discesa dello spirito Santo sugli apostoli cona lato i simboli dell’acqua che purifica e del fuoco che trasforma.

Da destra:Altare barocco di Sant’Andrea proveniente dalla vecchia chiesa con a lato le statue in marmo diSan Pietro e San Paolo. La pala di Luigi Rizzi del 1890 è una delle rare rappresentazione di SanPietro con Sant’Andrea con santa Elisabetta che presenta agli apostoli il figlio Giovannino e SanLuigi Gonzaga patroni della famiglia Bugna donatrice della pala.

Altare della Madonna del Popolo da sempre venerata dai Villafranchesi.

Altare delle anime con la pala di G. Zattera rappresentante la SS. Trinità con Sant’Anna, SanGaetano e le anime purganti.

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Riccio Felice detto il Brusasorzi (1539-1605) Firmato “Foelix Bru”.Olio su tela cm 333,5x193,5.

Sacra famiglia con San Giovannino

Su felice intuizione dell’arch. Lu-ciano Foroni, colpito dalle forme edalla dolcezza del tratto delle figure,l’affresco venne staccato e salvatosu pannello al momento della demo-lizione della vecchia canonica nel1967. Già negli anni ottanta l’arch.Lorenzo Chiarelli avanzò l’ipotesi diun’opera del Brusasorzi. Se ne ebbela certezza dell’attribuzione con ilrecente restauro del prof. MaurizioTagliapietra che usando modernetecnologie scoprì le lettere inizialidella firma e la data: D.R.B.Domenico Riccio detto il Brusasorzie la data MDIXX (1519 ? probabil-mente 1539).Domenico Brusasorzi (1515-1567)

padre di Felice. Affresco cm 117x99.

Sant’Antonio Abate fra i santi Bovoe Martino di Tours e Madonnacon Bambino in gloria trai santi Francesco e Pietro

Opera commissionata dal “Consor-zio degli Originari di Villafranca”intenzionati ad affermare la propriasuperiorità sui forestieri. Sono rappresentati: Sant’AntonioAbate, San Bovo e San Martino diTours riconducibili al loro statosociale ed alle loro attività: allevato-ri di bestiame e agricoltori.San Bovo protettore degli animalicon l’immagine di un bue sul vessil-lo. San Martino vescovo di Tourspatrono dei viticoltori e vendemmia-tori; Sant’Antonio Abate al centroprotettore dei contadini e degli alle-vatori con il libro delle sacre scrittu-re. In alto fra nuvole ed angeli lagloria della Madonna con Bambinofra i Santi Pietro (patrono dellacittà) e Francesco (presenza dei fratifrancescani sul territorio).

Il presbiterio, prima e dopo la trasformazione del 1970, secondo le indicazioni del ConcilioVaticano. Progetto dell’architetto Luciano Foroni, senza le balaustra e con la mensa al centro deltransetto sotto la cupola.

Le vetrate dei transetti: nella parte superiore le immagini dei dodici apostoli e in quelle inferiorida sx: apparizione di Fatima, il Primato di Pietro, la crocefissione di San Pietro, San Paolo sullavia di Damasco, Incontro di Emmaus, la nascita della Beata Vergine Maria.

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Le statue in marmo dei Ss. Pietro e Paolo trasferite dalla vecchia chiesa all’altare di S. Andrea.

Gli stalli del coro provenientidalla vecchia chiesa con la datadi restauro sullo stallo centrale(1771) e al centro il grandeleggio datato 1737.

Sopra:il maestoso organo inauguratonel 1932 in occasione deifesteggiamenti del 50°anniversario e restaurato nel1982 in occasione delcentenario della consacrazionedel Duomo.

Madonna con Bambino e SantoIgnoto del XVIII secoloOlio su tela cm 252x330

La bianca figura del santo che vene-ra la Madonna con il Bambino occu-pa gran parte della scena. Nellaparte bassa a sinistra due angiolettisorreggono la mitria ed il pastorale.Sopra Madonna con Bambino in unostuolo di angioletti fra cui apparel’occhio di Dio Padre.Il quadro per anni posto sulla pare-te del nuovo battistero venne suc-cessivamente trasferito nel corodopo la realizzazione dell’affrescodel Sabadini “Il battesimo di Gesù”di cui si è persa traccia.

Sant’Ignazio di Lojola benedice lacampagna e i committenti della fami-glia CanossaArtista popolare del XVIII secolo. Olio su telacm 135x205 appartenente alla fam. Canossaproveniente dall’Oratorio di Rosegaferro.

Sotto il paesaggio trovasi la seguen-te iscrizione: S. Ignazio Loiola, fon-datore della religione del SS. Nomedi Gesù per grazie ricevute dal Nob.Sig. Marchese Bonifacio di Canossa,eletto in protettore per sé, per tuttala Nob. sua famiglia et ancora pertutti li suoi possedimenti, et dipen-denti.Il santo nella gloria sorretto dagliangeli, con l’immagine della Madon-na sulla mano sinistra benedice idue committenti (coniugi Canossa?)e tutto l’ameno ambiente circostan-te, la campagna con tutti i suoi per-sonaggi ed il bestiame, le due chie-sette rappresentanti forse la chiesadi Grezzano e Rosegaferro entrambinella proprietà dei Canossa. Nellanuvola nera a sinistra è visibile unosciame di cavallette, ricordo di unaloro invasione nel territorio, che ven-gono sgominate da fulmini provoca-ti dall’intervento del Santo.

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Madonna in gloria con SantiOpera di Antonio Giarola (1595/1665)detto il Cavalier CoppaOlio su tela cm 170,5x260

Nella tela San Carlo Borromeo insontuose vesti cardinalizie con dueangioletti che reggono la mitria ed ilpastorale che attraversando tutta latela porta le preghiere dei santi allaMadonna.A sinistra San Francesco con lacroce e a destra Sant’Antonio daPadova che regge il giglio dellapurezza. Tutte e tre oranti in venera-zione della Madonna con Bambinosu di una nuvola contornata daun’architettura classica formata dacolonne e da una balaustrata chetaglia tutta la tela.

Giobbe deriso dalla moglieOpera di Simone Brentana (1656-1742)datato e firmato Brentana P. 1727Olio su tela cm 158x278

Tema già trattato nella chiesa di SanNicolò a Verona fa probabilmenteriferimento alle vicende e calamitàdi Villafranca dal XV al XVIII secolotanto da poter ravvisare nelle mise-rie del personaggio biblico la fededella popolazione villafrancheseanche nelle numerose calamità chel’hanno colpita nel tempo.Grandioso l’impianto di composizio-ne della pala con la maestosa figuradella donna e di Giobbe.

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Dopo alcuni anni di restauro dellastruttura, con la direzione dell’archi-tetto Oscar Cofani su incaricodell’Amministrazione Comunale esuccessivamente degli affreschi nel2004, la chiesetta riapre al pubbli-co con una nuova visione.L’antica chiesa di San Rocco, si-tuata in Villafranca di Verona,all’inizio della strada principale delpaese, è una splendida testimonian-za artistica risalente alla secondametà del Quattrocento.La devozione a San Rocco cominciònel 1485; anno in cui il corpo delsanto fu traslato a Venezia e colloca-to nella chiesa omonima.Da qui la devozione al santo si este-se a Verona e dintorni; invocato con-tro le malattie del bestiame, le cata-strofi naturali e le epidemie.L’oratorio sorse come ex voto pervolere della popolazione, grata alsanto per aver fatto cessare nel1480 una terribile pestilenza cheridusse di dieci volte la popolazionedi Villafranca.Fu dato incarico ad artisti dellascuola di Domenico Morone, uno deipiù illustri pittori veronesi tra il XIVe XV secolo, di decorare la semplicefacciata a capanna.

La facciata esternaIl motivo che inquadra l’affrescodella facciata è un prospetto di tem-pio greco di cui il geison segue ilcorso della volta a capanna dellachiesa. Il fregio è sostenuto da duecolonne laterali senza plinto e dinessun stile.

La chiesetta dedicata a San Rocco nei primi anni del 1900.

Gli affreschi molto rovinati dal tempo dopo irestauri effettuati nella chiesa di San Rocco.

In alto, nel timpano riccamentedecorato con al centro del geison(cornice o frontone) l’immagine cli-peata, cioè un medaglione delCristo benedicente, circondata dauna ghirlanda di foglie e di frutta.

Al centro della facciata, nella nic-chia sopra il portale, sta l’affresco diun santo, probabilmente il titolare,sullo sfondo di un paesaggio agrestee di un’architettura turrita con rife-rimento forse al vicino castello.

Di più facile lettura gli affreschi: asinistra la Crocifissione con laMadonna e San Giovanni ai piedidella Croce e ai lati San Sebastianoe San Rocco; a destra, Madonna introno con San Sebastiano e SanRocco molto rovinato e non più leg-gibile.

In basso a destra la bella finestra dàla possibilità di ammirare l’internodella chiesetta. Sul fregio sotto ilbancale della finestra una scritta“Elemosina per San Rocco 1784”.

A cura di Luca Ceriani

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Ma per renderci veramente contodella ricchezza pittorica di SanRocco, dobbiamo portarci all’inter-no, nella navata che ha ritrovatol’originaria bellezza in seguito al

restauro che ha interessato l’interoedificio in questi ultimi anni. Questiaffreschi sono stati eseguiti con pro-babilità da una bottega veronesedell’inizio del 1500.

Interno della chiesetta ad unica navata. Interno della chiesetta: L’altare maggiore con la statua della Madonna con Bambino e l’abside conle vele dei quattro Evangelisti.

Interno della chiesetta: la parete affrescata sinistra con la nicchia contenente la statua lignea diSan Rocco (1700), e la parete affrescata destra con la nicchia contenente la statua lignea di SanSebastiano (1800).

L’interno

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Nell’arco trionfale:Viene raccontato l’episodio dell’An-nunciazione in cui Maria, postasulla destra, umile, si prostra all’an-nuncio dell’Arcangelo Gabriele, inpiedi alla sua sinistra. Domina dal-l’alto la scena il Dio padre, incorni-ciato da una ghirlanda di foglie efrutta: la decorazione è chiaramenteripresa dalla facciata.

Sulla parete di destra:Un San Rocco che mostra la sua

piaga sulla coscia sinistra.

Sulla parete sinistra:Separato dall’arco trionfale da unafinta parasta, l’affresco della fuga inEgitto: al centro Maria, seduta con ilfiglio sopra un asinello, precedutada San Giuseppe. Al suo seguitoSan Rocco, immagine onnipresentenella chiesa. Figura che campeggiain questo pannello, come in altri, senon addirittura in tutti.Viene rappresentato frontalmente,nell’atto di mostrare ai fedeli lapiaga della peste da cui egli stessoera stato colpito, è avvolto nel tradi-zionale mantello, il “sanrocheto”,impugna il bastone dei pellegrini esul capo indossa il tipico cappello.

Sotto:Madonna in trono con Bambino, un

devoto (committente?) e San Rocco.

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Un’altra importantissima zona affre-scata è l’abside: nella volta stanno isimboli dei quattro Evangelisti: SanMatteo rappresentato da un angelo,San Marco da un leone, San Lucada un toro e San Giovanni daun’aquila, tutti raffigurati entro cli-pei.

San Sebastiano, San Rocco e SanGirolamo (o Sant’Onorio).Preziosa ed importante pala d’altaredi pittore ignoto del XVII secolodedicata ai santi della carità com-missionata forse, dopo la peste del1630. Olio su tela cm 179x109,5.

Oltre alle statue di San Rocco del 1700 e di San Sebastiano di epoca più tarda ambedue di buonafattura e restaurate rispettivamente nel 1997 e 1999 è degna di nota la Madonna in trono conBambino. La più antica espressione artistica conservata sta proprio nella statua posta sopra l’al-tare maggiore, in legno policromo, del XV secolo. Questa statua è da considerarsi tra le più impor-tanti sculture del periodo e non solo per il veronese.Sopra: la statua prima e dopo il suo restauro del 1994.

L’abside affrescata con la rappresentazione deisimboli dei quattro Evangelisti:San Matteo, da un angelo,San Marco, da un leone,San Luca, da un toro,San Giovanni, da un’aquila.

Nella lunetta della crociera, sullaparte destra, vi è una rappresenta-zione della Madonna della Miseri-cordia.Maria, la cui immagine ricorrente sicontende il primato con San Rocco,protegge sotto il suo ampio manto ifedeli: pure Lei, con la sua interces-sione, concorre a tenere lontane legrandi epidemie.Gli affreschi della chiesa, per ledelicate tinte pastello, che sfumanodal rosso più acceso all’ocra, alverde, all’azzurro e al viola, non tol-gono nulla alla francescana sempli-cità e al candore dell’interno.

Quadri e statue

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Madonna con Bambinoe San Filippo Neri,di pittore veronese del XVIII secolo.Pregievole ovale lobato forseproveniente da altra chiesa orisagomato da dipinto di altra forma.Olio su tela cm 101x80.

Ultima cena, Gesù distribuisce il pane agli Apostoli.Pittore ignoto del XVIII secolo.Olio su tela cm 137x109,5.

San Carlo Borromeo.Santo della Carità.Pittore ignoto del XVII secolo.Olio su tela cm 94x83.

Frate con breviario.Pittore ignoto del XVII secolo.Olio su tela cm 60x52.

Una rara rappresentazione in cui Cristo incontra gliapostoli sulla strada di Emmaus mentre stanno cammi-nando. Sullo sfondo il paesaggio e la città.Pittore ignoto del XVIII sec.Olio su tela cm 137x109,5.

Per tradizione secolare gli abitanti del rione di San Rocco hannosempre avuto un’attenzione particolare per la “loro chiesetta”garantendo negli anni manutenzione, fruibilità con sagre e mani-festazioni religiose con l’alternarsi di custodi come la famigliaVittorio Busti, l’Associazione famiglie portatori di Handicap e lasignora Gemmina Lucchini.Con l’avvento di mons. Luigi Cavallini, la formazione di gruppi diascolto per la catechesi nei quartieri e la firma di convenzione conil Comune, la gestione della chiesa passa alla Parrocchia Duomo.È questa l’occasione per la formazione di un Comitato informaleche inizia a prendersi cura direttamente della catechesi, del restau-ro delle statue e dei quadri, della manutenzione generale con introi-ti della sagra e contributi di enti ed associazioni.Nel 2000 il Comitato di San Rocco prende forma giuridica (legge398/91) per poter meglio gestire tutte le attività e per poter usufrui-re di agevolazioni per le associazioni senza fini di lucro.La storia dell’oratorio, della vita del quartiere e di Villafranca nel2009 è stata ampiamente documentata in una corposa pubblica-zione edita a cura del Comitato di San Rocco.Ora all’entrata laterale è stata allestita una mostra con la docu-mentazione dei restauri effettuati negli anni dal Comitato, con dueopere fotografiche degli interni di San Rocco del concittadinoRenato Begnoni e la riproduzione dei due affreschi laterali all’alta-re che ne fa rivivere la bellezza originaria.

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Si trova nelle vicinanze del Quadra-to ed è una delle chiese più antichedi Villafranca anche se si tratta piùpropriamente di un oratorio e sem-bra databile alla metà del XV secolo;probabilmente sorge su un preesi-stente edificio di culto, che è proba-bilmente lo stesso ricordato daWilliam Shakespeare, insieme alcastello scaligero, nell’opera “Ro-meo e Giulietta”. Il primo cenno di questo possedi-mento, che faceva parte della“Commenda di San Vitale” risaleinfatti al 1491 mentre l’altare mar-moreo è datato 1570, come testi-monia la lapide in pietra nera che losovrasta. Sotto il nome di Commenda (dellaquale la pezza di San Giovanni erauna frazione) andavano a trovarsiappezzamenti di terreno coltivato,edifici rustici e dominicali di pro-prietà della Domus Templi diVerona. In seguito alla soppressionedell’ordine templare nel 1312 pereffetto della bolla papale di Cle-mente V, l’intera Commenda di SanVitale fu incamerata nei benidell’Ordine ospitaliero di SanGiovanni Hierosolimitano (di Geru-

L'oratorio di San Giovanni Battista o “della Paglia” (XV secolo)

salemme) che aveva come santoprotettore San Giovanni Battista edera dedito alla cura e all’assistenzadei pellegrini poveri e bisognosi neipropri “ospitali”. In seguito alla caduta dei regni cro-ciati d’Oltremare e di Cipro, l’ordinesi trasferì nell’isola di Malta mutan-do il proprio nome in Ordine deiCavalieri di Malta.L’oratorio conserva una pala d’altareattribuita ad Antonio Balestra(1666-1740) della scuola del Pren-daglio, che rappresenta il Battistacon un agnello e due angioletti.I beni della Commenda, per uncerto periodo, furono amministratidal senese fra Bernardino dellaCiaia, il quale inizialmente fece ri-costruire o restaurare gli immobili epoi incaricò un procuratore ed il pe-rito Lodovico Perini affinché inven-tariassero tutti i beni della Com-menda in Villafranca, Verona e Le-gnago e mettessero in mappa ognicosa; nacque così il “Cabreo dellaCommenda di san Vidal” che è con-servato nell’archivio di Verona e checostituisce tuttora uno strumentoprezioso per conoscere questo ango-lo di Villafranca.

Questa fonte è stata ulteriormenteconfermata nel 2007 dal rinveni-mento di un frammento di lapidemarmorea che reca chiari i nomi di“CIAIA” e “VITALIS”, con evidenteriferimento alla Commenda di SanVitale e a Fra Bernardino stesso.

Dalle mappe di Lodovico Perinirisulta che esistevano tre edifici: lachiesetta con l’emblema dei cava-lieri di Malta, una casa dominicalecon rustici, orto e pozzo e la casadei lavorenti con rustici e pozzo. Nel corso dei lavori di restauro del1970 sono venuti alla luce duecippi di pietra effigiati con la crocea otto punte dell’Ordine deiCavalieri di Malta e un frammento dilapide con lo stesso simbolo; purnon trovando una precisa e docu-mentata collocazione nel tempo,essi sono un’ulteriore conferma del-l’importanza storica di questo luogotra la fine del medioevo e l’iniziodell’età moderna.

È probabile infatti che il nome “SanGiovanni della Paglia” richiamasseappunto la consuetudine di offrireospitalità con cibo, acqua e un gia-ciglio con “della paglia” per la notteai pellegrini di passaggio.

L’altare dedicato a San Giovanni Battista conagnello e due angioletti.Opera attribuita a Antonio Balestra.

Frammento di lapide marmorea rinvenutadurante i recenti restauri.Si notino le scritte CIAIA e Vitalis.

A cura di Luca Dossi e Luisa Vantini

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La proprietà fu poi acquistata daalcune famiglie della nobiltà locale,i conti Mazzanti–Cavazzocca i qualinel 1916 vendettero la proprietà aDaniele Vantini che venne ad abita-re “a San Giovanni” nel 1921.

La corte rimase per molto tempo unpunto di ritrovo anche per i giocolie-ri e i cantastorie che animavanol’antica fiera di San Pietro; essivenivano ospitati per una o più set-timane nei fienili o sotto i porticidalle famiglie che risiedevano nellecase adiacenti alla chiesetta.L’attuale interno della chiesa è ilrisultato dell’importante restaurodel 1970, testimoniato dalla lapidedatata A.D. MCMLXX che, con l’in-tento di preservare la chiesa da unpossibile crollo, rese necessaria lademolizione delle pareti ormai peri-colanti con la conseguente perditadelle pitture parietali raffigurantigrandi anfore e della volta a bottedecorata con motivi romboidali gial-li e blu simili al disegno delle pia-strelle del pavimento.Le condizioni in cui versavano le pit-ture murarie, il soffitto, il pavimen-to e la pala d’altare erano tali darendere impossibile un recuperoconservativo come lo si intende oggie ciò che oggi si può ammirare è ilmassimo che le tecnologie dell’epo-ca hanno consentito di preservare.Attualmente la chiesetta viene aper-ta al pubblico il 24 giugno, giornodella nascita di San GiovanniBattista e il 29 agosto, giorno delmartirio del Santo, per messe di suf-fragio ai defunti, durante la recitadel rosario nel mese di maggio e perla celebrazione di matrimoni e bat-tesimi.Una tradizione cara alle famigliedella zona è la campanella che inpassato veniva suonata all’approssi-marsi di temporali estivi come invo-

cazione a Dio per risparmiare lacampagna dal flagello della grandi-ne e come invito alla preghiera.

Questa chiesetta, che passa inosser-vata date le sue esigue dimensioni,cela dentro di sé una storia decisa-mente interessante ed in parteancora da scoprire.

Lapidi a ricordo della consacrazione della chiesa(1570) e degli ultimi restauri (1970) eseguiti dalproprietario Daniele Vantini.

Reperti storici dell’antico Oratorio.

Attestato di idonei-tà al culto rilasciatodal Card. Bacilieridopo la visitapastorale del 1904.

La pregevole pala del Balestra (1666-1740)rappresentante S. Giovanni Battista prestanteed aggressivo che avvolto in un mantello scar-latto esce imponente dalla penombra.Piacevole il gruppo degli angioletti in primopiano con spada e conchiglia del pellegrino.Olio su tela cm 207x131.

Foto datata del complesso di San Giovanni della Paglia e delle abitazioni delle famiglie Vantini pro-prietarie dell’Oratorio.

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1977. 1 Novembre, festa di tutti iSanti, è costituita la Parrocchiadella Madonna del Popolo con de-creto vescovile del vescovo mons.Giuseppe Carraro affidando la con-duzione a don Giuseppe Righini diritorno dalla missione di Teresina inBrasile.Il nome della parrocchia, intitolataalla “Madonna del Popolo”, vennescelto dall’allora arciprete di Villa-franca, mons. Ireneo Aldegheri, nonsolo perché il culto mariano era pro-fondamente radicato sul territorio(altare Madonna del Popolo in

to (800 posti, sopraelevato, sala aconchiglia che portava all’altare)che portò all’inizio dei lavori, nell’ot-tobre del 1982.Alcune modifiche vennero effettuatesuccessivamente (costruzione delcorridoio luminoso posto sullacopertura della chiesa che tagliavatutta la lunghezza della chiesa dal-l’entrata all’altare).Un aiuto determinante alla secondacomunità di Villafranca lo diede laparrocchia Duomo concedendo indote alla nuova comunità parte dellascito del dott. Martinelli (venditadel fabbricato attualmente ospitantela farmacia comunale), facendosicarico del mantenimento del parroco

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La struttura esterna della chiesa.

Il plastico della nuova chiesa.

La prima sede della comunità ospitata presso un capannone della ditta F.lli Borromeo.

don Righini, permutando alcuneproprietà parrocchiali di via dei Collicoi terreni sui quali sorgerà poi lachiesa e infine acquistando l’attua-le casa parrocchiale di via Labriola.Piccola nota di curiosità: il portaleinterno coi due ingressi lateralivuole rappresentare idealmente lacupola del duomo con i due campa-niletti ai lati, in omaggio alla chiesamadre del Duomo.

Ottobre 1982. La benedizione dellaprima pietra, ad opera del Vescovomons. Giuseppe Amari, con donGiuseppe Righini e don Gaetano DiBiase, mons. Ireneo Aldegheri emons. Antonio Ceriani.

Duomo e Madonnina nell’Oratorio diSan Rocco, capitelli ed edicolevarie) ma per il ritrovamento fortu-noso, nel 1972 in una corte di Con-trà Mantovana, di una medagliettacon l’effige della Madonna.Agli inizi l’attività parrocchiale trovòsede nei locali adiacenti la chieset-ta di San Rocco e successivamentenel 1978, per gentile concessionedei f.lli Borromeo, nel capannone divia Tione che divenne chiesa e saladella comunità.

1980. Si iniziò, dopo la donazionedel terreno da parte dell’Ammi-nistrazione Comunale di Villafranca,a progettare la costruzione dellanuova chiesa.Al primo progetto, che prevedevauna chiesa “povera” (modello ca-pannone) bocciato dalla curia vero-nese, ne seguì un altro più elabora-

Il progetto iniziale della nuova chiesa.

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Le opere d’arte

La scultura lignea del Cristo Risorto(1992) posta sull’altare, la sculturalignea della Madonna del Popolo edil battistero sono opere dello sculto-re trentino Paul dè Doss Moroder diOrtisei.

Alcuni quadri ricevuti in dono neiprimi anni di vita della parrocchia eche in passato hanno ornato la vec-chia cappella feriale e la chiesa divia Tione: due donati dal Duomo diVillafranca e restaurati per conto delComune, un terzo di maggior valore(rappresentante Cristo in Croce)donato dal collezionista d’arte villa-franchese Alberto Albertini.

Una bella statua lignea del 1700raffigurante la Madonna Addolorata,donata da una parrocchia comasca.

Da ultimo le recenti vetrate, proget-to Arte Poli, realizzate con vetroLambert prodotto artigianalmente amano con l’antico procedimento delsoffio a bocca e rappresentanti: ilBattesimo, la Pentecoste, la Ma-donna, La Trinità, l’Eucarestia, ilcanto.

Il portale che richiama idealmente la cupola del Duomo con i due campaniletti.Le statue della Madonna del Popolo e del Cristo Risorto opere dello scultore trentino Paul dè Doss Moroder.L’interno della chiesa con le nuove vetrate.

Ignoto del XVII secolo. Madonna con bambinoe vergini in gloria, con le sante Agnese e Luciae i santi Pietro e Zeno.Donata dalla parrocchia Duomo di Villafranca.Olio su tela 177x298 cm.

1881.Esemplare della medaglia fortunosamente rin-venuta nel 1972 dal figlio di Mario Ferrari inuna corte di “Contrà Mantoana” e donata allaparrocchia. Medaglia di mm 20x24 rappresen-ta sul dritto l’effige della Madonna con lo scet-tro in mano, la corona sul capo e in braccio ilbambino che regge il globo, contornata dallascritta “Maria madre di Dio proteggi il tuopopolo”. Sul retro le chiavi di San Pietro inter-secate dalla spada di San Paolo simboli deiSanti patroni della città contornati dalla scrit-ta “Voto del popolo di Villa Franca 1881”.

Cristo in Croce donato dal collezionista d’artevillafranchese Alberto Albertini, olio su tela180x210 cm.

La bella statua lignea del 1700 raffigurante laMadonna Addolorata, donata da una parroc-chia comasca.

Medaglia votiva di Madonna del Popolo

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LOCALIZZAZIONE

Come si può notare dalla planime-tria qui di seguito riportata, ricavatadal Catasto Austriaco, il palazzocostituiva il centro di una proprietàmolto ampia che valicava il “confi-ne” dettato da Via del Ghetto (oraVia Della Pace) e si dilatava in un“nobile” giardino d’estate in direttocollegamento con il palazzo stessoattraverso aperture speculari sia performa che per posizione.L’attuale Via Napoleone III non esi-steva ancora e quindi, le quinte sce-nografiche che caratterizzavano Viadel Ghetto e la stessa Casa delTrattato di Pace erano di uno svilup-po molto diverso; tale via vennecreata intorno agli anni 1960 aseguito della demolizione dei fabbri-cati contigui al palazzo, sul lato Est,per la costruzione dell’attuale cine-ma, appartamenti e negozi privati.Tali interventi furono susseguenti aduno smembramento della proprietàche era già iniziato da tempo e cheportò nel volgere di pochi anni alla

configurazione attuale che per altrosvilisce notevolmente l’importanzadel palazzo.

ANALISI STORICO ARTISTICA EDESCRIZIONE DELL’EDIFICIO

La Casa del Trattato (ex palazzoBottagisio) sorge nell’area dell’anti-co Ghetto di Villafranca: il nome ori-ginale di Via Della Pace, su cui ilpalazzo affaccia il prospetto princi-pale, è appunto Via del Ghetto.Nella mappa del 1587 di CristoforoSorte, Via del Ghetto appare già edi-ficata per tutta la sua lunghezza,compresa l’area del Bottagisio, mala scarsa definizione del disegnonon consente di identificare l’edifi-cio. In questa zona, la famiglia Morelli(poi Morelli-Bugna e quindi Gandi-ni-Morelli-Bugna) comincia adacquistare, a partire dal 1737, varieproprietà immobiliari e tali acquisi-zioni si protraggono ancora nel1855.

Il Catasto Austriaco documentadiversi ampliamenti, di cui il piùconsistente riguarda l’aggiunta delgrande granaio a nord, e delle retro-stanti scuderie; nello stesso catastocompare anche il prolungamentoverso ovest dell’edificio su via Pace.Fin qui, il corpo su via Ghetto appa-re ancora di spessore più sottile del-l’attuale; il raddoppio avviene proba-bilmente negli anni immediatamen-te successivi, considerando la testi-

Pianta di localizzazione del Palazzo alla sua primiti-va costruzione.

Mappa di Cristoforo Sorte datata 1587 con la collo-cazione del palazzo in Via del Ghetto.

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Litografia di A. Tosini ove si nota la torretta, ora scomparsa.

Il cortile interno, con le barchesse e il giardino.

Il cortile interno, con le barchesse e il giardino.

Targhe a ricordo del Trattato di pace e della visita dipersonaggi reali.

monianza del Generale De Laugierche il 23 luglio 1848 “dalla terraz-za sovrapposta alla casa” osservavagli scontri in corso a Sommacampa-gna, nello scenario della prima bat-taglia di Custoza: la terrazza citatadal De Laugier è con ogni probabili-tà l’altana della torretta che siinnalzava sul retro del palazzo, visi-bile nella litografia ottocentesca diA. Tosini e, ancora, in una cartolinadi Onestinghel del 1910; successi-vamente sarà sostituita dall’altratorretta, ancora oggi esistente, inposizione più arretrata.La casa del trattato come si pre-senta oggi è quindi il risultato diuna serie di successivi accorpamen-ti di proprietà, e di almeno tre prin-cipali interventi edilizi:

• nella seconda metà del XVIIIsecolo, viene costruito il corpo suvia Pace o, più probabilmente, radi-calmente ristrutturato un edificioprecedente: in ogni caso, a questoperiodo è databile la facciata sustrada, di forme neoclassiche,caratterizzata dall’ordine rigorosodelle aperture al 1º e 2º piano, edalle fasce marcapiano che collega-no i davanzali, dividendo la facciatain registro tripartito; il corpo per-pendicolare, proteso nei terreni col-tivati di proprietà, ha caratteristichepiù “rustiche”, ancora evidentinella facciata nord;

• nei primi decenni del XIX secolo(tra i rilievi Napoleonici e quelliAustriaci) il complesso subisceimportanti ampliamenti: l’aggiuntadell’Ala Ovest, stilisticamente incontinuità con l’edificio principalema impreziosita, sul retro, dal porti-co a pilastri bugnati; la costruzionedelle Barchesse, anch’esse con pila-stri bugnati, che si prolungano inlesene fino al cornicione di gronda ea cui si associano colonnine chereggono archi a tutto sesto, conmascheroni in chiave; dietro leBarchesse, infine, vengono realizza-ti altri volumi minori (le Scuderie);

• verso la metà del secolo (tra il1844 e il 1848) viene raddoppiatoil corpo su via Pace (e compare laprima torretta), e probabilmenteristrutturato quello perpendicolare(la "Residenza"); le due facciateverso il Cortile principale sono infat-ti tra loro omogenee per impagina-zione e dettagli stilistici, perfetta-mente ottocenteschi.

Nel 1870 il nobile veronese AlbertoBottagisio sposa Elisa, ultima erededella famiglia Gandini Morelli Bu-gna; da questo momento il Palazzoassume il nome definitivo.Verso la fine del XIX secolo il brolooriginale viene trasformato in Giar-dino e l’edificio subisce alcuni inter-venti locali legati a questa trasfor-mazione d’uso e di immagine delverde esterno: l’aggiunta dellaLoggetta; la realizzazione delle Ser-re, che compaiono in una mappa del1888 e sono citate in una perizia distima del 1892.Probabilmente nel 1927, e comun-que prima del 1929, è databile lanuova Torretta, addossata al latoNord della Residenza e contenenteservizi igienici; la sommità a terraz-za, con soletta in cemento armato, èraggiungibile dal sottotetto della

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Residenza con una scaletta in ferroe legno; di quest’epoca è la definiti-va sistemazione della facciata su ViaDella Pace, che unifica la tipologiadi porte e finestre del piano terra.Successivamente, negli anni 1960,è stato demolito l’edificio adiacentea Est, su Via Della Pace, con il risul-tato di “scoprire” l’estremità Sud-Est del Palazzo, sull’attuale ViaNapoleone III.Dal 1985 il complesso subisce solointerventi minori: qualche interventodi consolidamento statico, come leputrelle di acciaio inserite sottoalcuni solai del 1º piano, nella Casadel Trattato, la realizzazione di unsolaio in acciaio e cemento armatonella Barchessa piccola, l’aggiuntadi una ingombrante scala di sicurez-za nel Cortile principale (per alcunianni, il Palazzo ha ospitato unaperiodica Mostra dell’Antiquariato).

LE DECORAZIONI PITTORICHEE I RECENTI RESTAURI

A vista, sulle pareti esterne non sirilevano decorazioni pittoriche, nep-pure sugli strati più anziani lasciatiscoperti dallo sfogliamento dellepitture più recenti.All’interno, i caratteri dell’edificiosono fortemente alterati e soffocatidal degrado, e ancor più da moltimaldestri interventi; nonostante ciòè ancora percettibile, soprattuttonella Casa del Trattato, l’atmosferadella vecchia dimora ottocentescadi provincia, non particolarmentepreziosa ma di indiscutibile signifi-cato documentario, in virtù del fattoche il palazzo costituisce forse l’uni-co caso di edificio storico Ottocen-tesco villafranchese conservato, inquanto palazzi simili per caratteri-stiche tipologiche ed epoca di co-

struzione, sono stati ampiamenterimaneggiati e alterati da interventirecenti, sull’onda di una profondaserie di ristrutturazioni che hannointeressato il tessuto edilizio storicodel centro cittadino.

Caratteristiche sono le sequenze a“enfilade” degli ambienti principali,i pavimenti in cotto lucidati dal-l’uso, i serramenti del piano terracon imbotte e “monachine” internein legno; interessante è la sistema-zione neoclassica dell’ingresso, conle colonne che marcano il passaggiodall’atrio principale al piccoloandrone verso il Cortile del quale,per effetto degli ultimi restauri, ètornata alla luce una pregevoledecorazione a tempera nei toni delblu e dell’azzurro, riportante spec-chiature e finti stucchi.Decori che sono stati rinvenuti eriportati alla luce anche nella picco-la stanza attigua al suddetto andro-ne e che riportano le stesse tonalitàe tipologie ancorché con disegnodiverso, segno di un’unica volontàcreativa.

Al piano terra si trovano due salecon soffitti decorati a tempera: nellaprima i dipinti simulano nicchie ecupole decorate con ortensie; nellaseconda, finte quadrature a stucco,con decorazioni simili alle prece-denti ma di effetto minore.L’androne che porta nel cortile, incontinuazione con l’ingresso da viaPace, ha rivelato la presenza di unadecorazione a motivi geometrici suitoni del grigio, blu, azzurro, in tuttoconsimili a quanto rinvenuto sulcontrosoffitto della saletta adiacen-te a est, ora adibita a sala del Museodel Risorgimento.

La scala ha riservato le maggiori sor-prese perché, una volta rimossa tale

I soffitti della Casa del Trattato dopo il restauro del 1999.

I soffitti della Casa del Trattato dopo ilrestauro del 1999.

Le pareti affrescate della Casa del Trattatodopo il restauro del 1999.

Le stanze della Casa del Trattato dopo ilrestauro del 1999.

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pittura che già lasciava trasparirequalcosa di più raffinato, si è risco-perta e conseguentemente restaura-ta completamente una dimenticataelegante decorazione a finti casset-toni impreziosita da medaglioni fio-riti per il soffitto e da specchiaturegeometriche che adornano le paretiverticali della scala stessa; il tuttocon colori a calce e acquerello, intoni caldi che vanno dal giallo tufodei fondali al rosa acceso/terre rossedelle cornici.

La piccola anticamera che introducealla Sala del Trattato, al primo pianoè, come detto, interamente decoratacon tempere monocrome in verdeVerona in varie sfumature e confondi grigi chiari, raffiguranti pae-saggi campestri con vedute architet-toniche, tra cui un castello e inprimo piano un arco di trionfo dimemoria neoclassica.La Sala del Trattato è stata restaura-ta, anno 2009, riportando la stanzaall’aspetto che più presumibilmentecorrispondeva al passato più prezio-so e ricco per il palazzo, ossia allametà del 19° secolo.Se è pur vero che, fortunatamente,le decorazioni pervenuteci si sonomantenute pressoché aderentiall’originale, è altrettanto vero chemolte aggiunte incongrue e di bassaqualità hanno dovuto essere rimosseper permettere successivamente laricomposizione figurativa più conso-na.

La sala ha attirato l’attenzione per iritrovamenti riguardanti le tracceche svelavano la conformazione, lageometria e persino le pitture mura-li, di pareti e soffitto, presumibil-mente ascrivibili al palazzo più anti-co, originario, già esistente almomento dell’acquisto delle pro-prietà da parte della storica famiglia

nobiliare che ce lo ha tramandato.Le stesse porte hanno mostrato diessere state, in passato, oggetto dicura e attenzione per il dettaglio,prova ne è la restaurata porta checollega la Sala del Trattato con ilsalone sud/est, delicatamente ador-nata da un motivo a finto marmocipollino che riguarda la cornice(simulazione che interessa anchel’intero perimetro della parte basa-mentale a fascione della sala stes-sa), mentre si presenta in un belcolore caldo marrone per la parteapribile.Il secondo piano è assai più rustico,con pavimenti in semplici mattoni,nessuna decorazione.Svincolandosi momentaneamenteda una catalogazione urbanistica,che porrebbe l’edificio all’internodegli “edifici vincolati”, così cheverrebbe assoggettato a preciseindicazioni di intervento, questopalazzo ha subito, come tutti i simi-lari edifici della stessa epoca e esi-stenti nella stessa cittadina, unaframmentazione interna.

COSA È RIMASTO DEL “VERO”PALAZZO BOTTAGISIO?

Nonostante tutte le alterazioni e lesuperfetazioni subite, il palazzoconserva inequivocabilmente la suaaura ottocentesca, in quanto tuttequeste “vicissitudini” non sonostate certo radicali, se non in pochicasi e anzi, in un certo qual modohanno fatto sì che alcuni caratterisiano stati protetti da danni ben piùgravi che avrebbero potuto verificar-si: ad esempio l’occultamento delledecorazioni pittoriche le ha rese cer-tamente non visibili e passibili didanneggiamenti a causa dell’intro-missione soprattutto di apparati tec-nologici, ma al contempo ha fatto da

“scudo” a eventuali abrasioni, sbia-dimenti o perdite pittoriche dovutealla loro vetustà stessa.

C’è da dire che la “fortuna” diPalazzo Bottagisio, per gli eventistorici che vi si sono svolti, è stataproprio quella di essere un simboloper Villafranca e motivo di orgoglioper i proprietari dello stesso, cosic-ché come tale è stato conservato inlinea di massima nella sua interez-za.Pur se quasi centocinquant’anni ditempo possono aver dato luogo amolte modifiche delle finiture, èprobabile che il divenire, per ilpalazzo, improvvisamente celebreper i fatti del 1859, sia stato il sal-vacondotto per una sua conservazio-ne quasi totale, almeno per quelleparti che sono state al centro deisopra citati avvenimenti storici.

Non dobbiamo dimenticare che ilpalazzo fu luogo di pellegrinaggiofino agli albori del XX secolo daparte dei Reali di Casa Savoia, il cuiricordo è continuamente perpetuatocon le lapidi commemorative poste,una sull’ingresso principale su ViaDella Pace e una sull’ingresso delcortile interno.

Arch. Antonio Benedetti, estratto da:- relazione storico/artistica accompagnatoria

a lavori di restauro Anno 2005/2006 –Studio Architetti & Associati (VR)

- Archivio comunale lavori pubblici di Villafranca di Verona

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Pochissime sono le città italiane chepossono vantare il cospicuo primatoche Villafranca ha avuto durante ilperiodo del Risorgimento nazionale,sia per la sua posizione geografica a“ridosso” della linea del Mincio equasi al centro della grande stradapostale che univa Verona a Mantova,due delle maggiori città del Quadri-latero, che per gli importanti ospitiche si sono avvicendati tra le suecase, le sue strade, i suoi caffè, isuoi alberghi.

1701. Il principe Eugenio di Savoia,il vincitore dei turchi sotto Viennanel 1683, alloggiò con una partedelle sue truppe a Villafranca inoccasione degli scontri avvenuti nelVeronese contro i francesi durante laguerra di Successione di Spagna.

1796. Nel mese di novembre, ilgenerale Bonaparte, durante i giornidella battaglia di Arcole, provenien-te dall’assedio di Mantova sostò aVillafranca e alloggiò nell’allora

Villafranca e il Risorgimento palazzo Comini, ora Fantoni, incorso Vittorio Emanuele.

1814. Nel febbraio, durante unadelle ultime battaglie napoleoniche,combattute sulle rive del Mincio,nelle sale di palazzo Gandini MorelliBugna, in via Pace, furono ospitatigli ufficiali dell’armata austriacavincitori degli scontri.

1824. Nella notte tra il 4 e il 5 feb-braio, un corteo di condannati allecarceri dello Spielberg sostò aVillafranca.

1848. L’albergo “Il Sole” fu sede delquartier generale piemontese e ospi-tò nelle sue stanze Carlo Alberto redi Sardegna e suo figlio VittorioEmanuele, futuro primo re d’Italia.Il 27 luglio dello stesso anno dalla“torretta” del palazzo di via Pace,che ospitava il comando delle trup-pe toscane, il generale Cesare deLaugier, l’eroe di Curtatone eMontanara, assisteva impotente alla

sconfitta dei suoi ad opera degliaustriaci a Custoza.

1859. Palazzo Gandini MorelliBugna fu sede del quartier generaleaustriaco e vi dimorò l’imperatoreFrancesco Giuseppe nei giorni cheprecedettero la sanguinosa battagliadi Solferino e San Martino del 24giugno, mentre nei primi giorni diluglio fu dimora del generale france-se Mac Mahon. L’11 luglio successivo l’incontro tragli imperatori Francesco Giusepped’Austria e Napoleone III di Francia,avvenuto nello storico palazzo di viaPace, pose fine alla seconda guerraper l’Indipendenza nazionale. L’incontro, passato alla Storia comela pace di Villafranca, fu il preludioall’unità d’Italia.

1866. Il 24 giugno, durante la terzaguerra per l’Indipendenza, davantialla città si sistemarono le truppeitaliane che comprendevano anchela 16ª divisione di fanteria alcomando del principe Umberto diSavoia. Attaccata dalla cavalleriaimperiale la fanteria italiana sidispose in “quadrato” di battaglio-ne. In uno di questi, il IV del 49°reggimento della brigata Parma sirifugiò il principe Umberto, futuro red’Italia, durante una furiosa caricadella cavalleria austriaca la quale aprezzo di pesanti perdite non riuscìa rompere e a mettere in fuga la fan-teria italiana. A ricordo dell’episo-dio, nei pressi dello stesso luogo, unmonumento vi fu innalzato neglianni successivi.Questi gli avvenimenti, sempre vivinella memoria collettiva della comu-nità villafranchese, che portarononegli anni successivi alla costituzio-ne di un Museo destinato a racco-gliere e a tramandare le testimo-nianze di quell’importante periododella storia nazionale italiana.

Il Museo

L’idea di costituire a Villafranca unMuseo del Risorgimento risale allafine degli anni Cinquanta quandol’amministrazione comunale deltempo curò presso la Casa delTrattato, l’allestimento di unamostra di stampe, manifesti e cime-li storici avuta in prestito dal dott.Leone Carlotti di Cavriana.

1959. Il primo centenario dello sto-rico incontro degli imperatori Fran-cesco Giuseppe e Napoleone III,risvegliò l’interesse per quell’impor-tante periodo storico e si prospettòl’occasione che anche Villafrancapotesse vantare un proprio Museo.Su proposta del sindaco GiovanniMarchi si progettò di rendere perma-nente l’esposizione allestita acqui-standone il materiale dal proprieta-rio. Acquisita l’anno successivo lacollezione fu sistemata, in qualchemodo, in alcuni locali attigui allasala del Trattato, nello storico palaz-zo di via Pace di proprietà dellafamiglia Bottagisio. Per molti anninon si pensò, per mancanza di loca-li idonei e ristrettezze di bilancio, diistituire il Museo con sede propria.

1981. Il materiale, sistemato nelpalazzo di via Pace, in occasionedella prima mostra-mercato dell’an-tiquariato, fu imballato e riposto nelsottotetto del municipio e successi-vamente, in seguito a lavori di ri-strutturazione del municipio, fu tra-sferito in alcuni locali della Biblio-teca comunale in Corso VittorioEmanuele.

1986/1989. La commissione Museoprovvide a far ripulire, restaurare ecatalogare tutto il materiale carta-ceo, le stampe, i cimeli e le armiesponendoli in pubbliche mostrementre l’amministrazione comunale

Quadro donato in occasione del 150° anniversario della pace di Villafranca dal Circolo artisticoculturale “La Carica”. opera di B. Verani, E. Viviani, M. Zoppelletto esposta nella sala consigliare.

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destinava a museo la restaurata can-toria della chiesetta del Cristo delcastello scaligero provvedendo, nelcontempo, all’acquisto di idonee ve-trine per la razionale esposizione deireperti.

1989. Domenica 19 novembre conuna cerimonia rimasta celebre perconcorso di personalità e di pubbli-co, anche alla presenza dei consoliaustriaco e francese il Museo delRisorgimento di Villafranca fu solen-nemente inaugurato e l’8 dicembresuccessivo ebbe l’onore di esserevisitato dal presidente del SenatoGiovanni Spadolini.

Nelle ampie e luminose vetrine sonoesposte armi, cimeli e stampeappartenenti agli opposti esercitiche combatterono le guerre perl’Indipendenza e l’Unità d’Italia.Vi sono conservati, inoltre, docu-menti e testimonianze dei volontarivillafranchesi che presero parte, trail 1848 e il 1866, alle patrie batta-glie: 62 uomini e una donna, AngelaAprili, vivandiera garibaldina; lacamicia rossa e il berretto diZeffirino Carlotti da Cavriana, volon-tario garibaldino del 1866 e ancoraproclami e lettere della poliziaaustriaca, lettere della deputazionecomunale di Villafranca e la dichia-razione di diserzione dall’esercitoaustriaco di Luigi Prina che insiemea Luigi Zanini furono con i Mille diGaribaldi.

Nel corso degli anni l’unico e ampiolocale adiacente al castello nono-stante il buon numero di visitatorisoprattutto studenti che lo visitavametteva in luce l’esiguità degli spaziespositivi e molte furono le richiesteper ampliarlo.

Le sale del “Museo del Risorgimento” nella Casa delTrattato dopo il restauro del 1999.

1959. Il presidente della Repubblica A. Segni visita laCasa del Trattato in occasione del Centenario.1989. Visita del Presidente del Senato Spadolini alMuseo del Risorgimento.

2009. In occasione delle celebrazio-ni per il 150° anniversario dellaPace di Villafranca il Museo è statotrasferito, in tre stanze al piano terradella storica Casa del Trattato.È ritornato nella sua sede naturale,nel palazzo dov’è situata la salettache nel luglio del 1859 fu sede delconvegno dei sovrani di due dellemaggiori nazioni europee.Convegno che mise fine alla sangui-nosa guerra di quell’anno e che l’av-venimento rese per sempre celebre.

Nazario BaronePresidente del Comitato del

Museo del Risorgimento di Villafranca.

L’Obelisco del Quadrato

Stele eretta a ricordo del fatto diguerra avvenuto il 24 giugno 1866in cui gli uomini del 4° battaglionedel 49° Reggimento di fanteria del-l'esercito piemontese fecero “qua-drato” intorno all’erede al trono,Umberto di Savoia ed al suo statomaggiore, salvandoli dall’assediodegli Ulani (soldati della cavalleriaarmati di lancia) asburgici.Nel 1880 fu inaugurato il primoobelisco. Abbattuto da un fulminedopo otto anni, successivamente furifatto su disegno dell’ingegnerPaolo Emilio Zuccalmalio ed inau-gurato il 28 aprile 1895. L’attualeobelisco è alto complessivamente17 metri.

Cartoline commemorative per il 130° e 150°.

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e viene il sospetto che l’AmaroVillafranca volesse esprimere, percontro, il rammarico che quel trat-tato fece nascere nei cuori di molti.

1866. Uno dei pochi momenti glo-riosi della sfortunata terza guerra diIndipendenza, è l’episodio del“Quadrato”, quando i carabinieriimpedirono, nei pressi di Villafran-ca, che il Principe Umberto fossefatto prigioniero: il cav. Fantonisforna, è proprio il caso, i“Biscottini Umberto”.

1911. Nuova specialità Fantoni: “IBiscotti della Libia”, di pari passocon l’avventura coloniale italiana.

1921. Su questa linea l’epigono èun liquore moderatamente alcolico,di fama nazionale e brevettato.Fu denominato “Acqua di Fiume” aricordo dell’impresa istriana diGabriele D’Annunzio che celebrò illiquore inviando al Fantoni una let-tera di elogio, ora in bella esposizio-ne nello storico caffè.

In considerazione di questa partico-lare abilità può sembrare non tropporetorico affermare che il Caffè Fan-toni ha scandito per un periodonotevole gli accadimenti storicid’Italia con le sue specialità. Indubbiamente accanto ai prodotti“commemorativi” ora passati dimoda, ve ne sono altri “immortali”,primo fra tutti le “Sfogliatine Fan-toni”, simbolo dolciario di Villafran-ca in ambito nazionale.

1906. Giovanni Fantoni fu anchecapace di cogliere l’importanza del-l’immagine come veicolo pubblicita-rio privilegiato, lo dimostra l’episo-dio del carnevale villafranchesequando la pasticceria Fantoni vinseil premio del miglior carro allegoricocon il “Il trionfo del Natalino”.Valutato sulla stampa dell’epocacome una superba opera d’artedegna di partecipare ai tradizionalicarnevali di fama nazionale, realiz-zato su bozzetto di Edoardo Ximenesallora conosciutissimo disegnatoreed illustratore della rivista milanese

A cura di Martina Modena

Foto d’epoca: il Caffè Fantoni, punto d’incontro dalla gente bene.

1842. Nasce il Caffè Fantoni.Il fiuto del signor Giovanni apparegià nell’ubicazione del locale, volu-tamente o no assai favorevole: alcentro del paese e vicino alla“Consorteria”, la Casa del Comune,(ex Albergo “Il Sole” ed attuale sededi Istituto bancario) già dal XVI sec.

La fortuna aggiunge del suo: qui eranato 22 anni prima quello che saràl’ultimo grande personaggio villa-franchese, Angelo Messedaglia,insigne economista, docente univer-sitario a Padova e a Roma, deputatoe senatore dal 1866 al 1884, presi-dente dell’Accademia dei Lincei.La casa natale conoscerà il suomomento clou il 13 aprile 1902 inoccasione della posa sulla facciata,della lapide commemorativa, il cuitesto fu dettato da Luigi Luzzatti,futuro Presidente del Consiglio deiMinistri, e oratore ufficiale della cir-costanza fu il prof. Ferraris dell’Uni-versità di Padova.

L’attività commerciale di GiovanniFantoni inizia anche a ridosso deiprimi segnali delle rivoluzioni euro-pee del 1848 e per l’Italia del perio-do Risorgimentale. Questo periodo,che per certi aspetti poteva genera-re negatività è invece la base di par-tenza per una caratterizzazione im-portante e peculiare del Caffè Fan-toni. Tra le indubbie capacità com-merciali del suo proprietario infatti èsenza dubbio da annoverare l’estrodi saper cogliere “l’aria” del mo-mento e di volgerla a suo favore. C’è la Restaurazione austriaca e ilcaffè nel suo arredo richiamerà ilpiù possibile l’ambiente viennese.Poi arriva il Risorgimento e l’abileGiovanni lega alcune sue specialitàad episodi risorgimentali memorabi-li, accaduti localmente, consapevoleche i suoi prodotti godranno di quel-la fama.

1859. Ecco la “Torta della pace” aricordo del celebre trattato del 1859

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“L’Illustrazione Italiana”. Per inciso,il “Natalino” può a buon dirittoessere considerato un antesignanodei prodotti dolciari di ricorrenza:pandori, panettoni, stelle di Natalee quant’altro.

Il Cavalier Fantoni, seppe curare an-che le amicizie che davano visibili-tà, fra cui: D’Annunzio, Trilussa,Fogazzaro, Renato Simoni, BertoBarbarani, Dall’Oca Bianca e altri. Ma al di là di tutto il Caffè Fantonifu, dal suo nascere punto di ritrovoprivilegiato della società “bene”tipica della provincia e di chi, maga-ri una volta all’anno voleva “distin-guersi” per un’occasione particola-re. Questa posizione di eccellenza èrimasta intatta fino ai nostri giornied è a buon diritto fra i 100 caffèstorici d’Italia.L’ultimo restauro del 2006, curatodall’arch. Giorgio Forti, dopo unperiodo di inattività, è stato salutatocon un senso di gratitudine.Mentre era chiuso, il volto e l’atmo-sfera di Villafranca, anche per chiera solo di passaggio, non erano glistessi, mancava una componentecaratteristica importante.

I restauri effettuati nel tempo hannointeressato la parte esterna masoprattutto l’interno:La facciata rimase originale nellaparte alta con i busti degli eroi risor-gimentali, mentre la parte bassa èstata rifatta seguendo i cartoni delZancolli risalenti al 1900. Oltre alla struttura: pavimentazioneinterna ed esterna, giardino internoe servizi, con l’aiuto di vecchie fotoe di mobili con gli stilemi “liberty”del 1923 salvati e raccolti dalla pro-prietaria Maria Rosa Ciresola, si èriportato il locale alla sua connota-zione storica ricreando l’aspetto el’atmosfera originaria.

All’entrata sono state riportate sulpavimento le quattro date importan-ti nella vita del Caffè: 1842 lanascita, 1923 il primo restauro,1991 il secondo, 2006 l’ultimo.Da una foto, che mostrava il ripeter-si decorativo del fiore Iris, legatoalla storia dell’omonimo liquore pro-dotto agli inizi del 1900, è stata

recuperata l’idea della nuova deco-razione interna con le iniziali delfondatore GF Giovanni Fantoni. Inoltre per recuperare la memoriadel Caffè Fantoni sul fondo dellasala, ex televisione, è stata postauna gigantografia per sottolineare ilrapporto di continuità fra presente epassato che è il “leit motiv” dell’in-

L’antica sistemazione interna.

1906. Cartolina pubblicitaria d’epoca:“Il trionfo del Natalino”, carro di Carnevale.

1921. Lettera di congratulazioni di Gabrieled’Annunzio per il liquore “Acqua di Fiume”.

Ambientazione interna dopo il restauro del 2006.

L’interno del caffè Fantoni.

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tervento. Nella foto sono inserite ledue figure fondamentali nel recupe-ro: la proprietaria Maria Rosa Cire-sola e l’architetto Giorgio Forti che,fra personaggi in abiti del 1900,legano in modo indissolubile il pre-sente col passato. Nella stessaimmagine sono state inserite inprimo piano ed a colori, una scatoladi sfogliatine e una bottiglia diAcqua di Fiume, presenze antiche eattuali insieme.Una ristrutturazione che ha rivitaliz-zato il locale riuscendo a coniugarela memoria e l’atmosfera del tempopassato. Il cliente che oggi entra nel locale,se da un lato può godere di tutte leinnovazioni tecnologiche dei nostritempi, ha anche l’occasione di arric-chire la sua emozione sentendo

aleggiare attorno a sé atmosfere sto-riche, echi lontani, che solo i caffèstorici, se rivitalizzati da adeguati eprecisi restauri, come il CaffèFantoni, sanno e sapranno sempredare.

La sfogliatina

Nella seconda metà del 1800 a Villafranca la Pasticceria Fantoni (1870)inizia la produzione di un dolce particolarmente friabile e delicato, chefin da subito conquista il gusto degli abitanti dei paesi vicini. DaVerona, le famiglie abbienti ordinavano, per le ricorrenze, i battesimi edi matrimoni, le sfogliatine di Villafranca. L'inventore della sfogliatinadi Villafranca fu Marcello Fantoni, che la fece conoscere a tutto ilmondo e prima di tutto agli uomini di cultura che abitualmente riceve-va a casa sua.Fantoni e la sua tonda creatura comparvero sui giornali, sulle guideturistiche di Verona e altre città venete. Parteciparono e si distinsero infiere ed esposizioni vincendo premi e conquistando con la dolcezza e lafragranza mille e mille palati.Le sfogliatine di Villafranca furono e tuttora sono citate da molti poeti,giornalisti e scrittori.Renato Simoni (critico teatrale) nel 1906 su il “Can da la Scala”, ilgiornale umoristico di Verona scrisse “La sfoiadina è tonda per amordi contrasto, essendo nata nella città del Quadrato”.

La “paparela coi fegadini”

Piatto simbolo della cucina villafranchese è la “paparela coi fegadini”,pasta fresca fatta in casa presente nel menù di una famosa “marenda”organizzata nel 1905 dal pasticcere Marcello Fantoni, per la nomina aSindaco, alla quale presero parte illustri uomini di cultura veronesicome il pittore Angelo dall’Oca Bianca e il poeta Berto Barbarani.Marcello Fantoni era il nipote del pasticcere che nel 1842 creò il prodot-to tipico di Villafranca: la sfogliatina, leggero dolce di burro a forma diciambella.

1842-1923, 1991-2006Le date delle ristrutturazioni nei vari annicon il logo Fantoni (GF) e l’immagine del“fiore Iris” legato alla storia del locale.

Gigantografia d’epoca in abiti del 1900 con l’inserimento della proprietaria Maria Rosa Ciresolae l’arch. Giorgio Forti che ha curato gli ultimi due restauri. Al centro: Gino Ciresola nipote delcomm. Fantoni; a destra Marcello Fantoni; in primo piano, sul tavolino, scatola di “Sfogliatine”con una bottiglia di “Acqua di Fiume”.

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Pechino a Parigi in 60 giorni, e diPiera Detassis, direttrice di “Ciak”,la famosa rivista del cinema, a signi-ficare quel profondo rapporto che èsempre esistito tra auto e cinema. Ariprova di questo troviamo nel per-corso museale una raccolta fotogra-fica delle auto nel cinema, a partiredalla famosa Ford T, prima auto diproduzione di massa messa in com-mercio dal 1908 che è rimasta inproduzione per vent’anni (era la vit-tima predestinata nei film di Stanlioe Onlio), per arrivare alla splendidaIsotta Fraschini, che ci riporta alfilm “Viale del tramonto”.

(Tratto dall’autobiografia di Luciano Nicolis“L’Uomo e il sogno”).

Luciano Nicolis (il primo a destra) con il fratello Nerino (il secondo da sinistra) e collaboratori agli inizi dell’attività.

Veduta generale del Museo ideato da Luciano Nicolis.

Lancia Astura Spider Mille Miglia del 1938, unico esemplare costruito al mondo.

La storia

È sempre stata l’idea fissa, perLuciano, quella del Museo. Il primonucleo, di quello che diverrà la suasplendida raccolta, nasce nel 1974,in via Genova a Villafranca, origina-rio magazzino e laboratorio dellaLamacart, dove espose le autovettu-re già in suo possesso. I locali eranopiccoli, troppo piccoli.

Quando dichiarava che un giornoavrebbe costruito un grande Museo,Nicolis veniva guardato come unvisionario. Ma aveva dalla propriaparte la forza di volontà, e la fede,quella che può smuovere le monta-gne. Neppure le banche, che pursapevano di che cosa fosse statocapace nel campo del lavoro(Lamacart significa “lavorazionemateriale cartario”) si mostravanogran che fiduciose nell'attuazionedel progetto del Museo: la cifra daimpegnare e il mutuo richiestoerano troppo elevati.

Fosse stato un capannone industria-le, ma un Museo...Con molti sforzi Luciano riuscì a

convincere una banca e la costruzio-ne dello stabile poté iniziare nel1992. Molti architetti tra i qualiArmani di Trento e Zoccatelli diVillafranca furono impegnati nellaprogettazione.

Notevoli furono i problemi tecnici edi statica da affrontare, perché nellastruttura non dovevano essere pre-senti colonne centrali, per lasciarespazio alle auto esposte in doppiafila con una corsia centrale.

Il 9 settembre 2000 il Museo fuinaugurato alla presenza dell'avvo-cato Roberto Loi, presidente del-l’ASI, e con una madrina d’eccezio-ne: la signora Ludina Barzini, nipo-te di quel Luigi, giornalista cheaveva accompagnato il principeBorghese nel mitico raid in auto da

A lato: Luciano Nicolis bambino.

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A Villafranca di Verona è uno spet-tacolare contenitore di idee e cultu-ra per le generazioni future. Creatodall’imprenditore veronese LucianoNicolis racconta la sorprendenteevoluzione della società negli ultimidue secoli. La collezione compren-de centinaia di automobili, moto,biciclette, macchine fotografiche eper scrivere, strumenti musicali,oggetti introvabili.Il Museo è stato il “sogno lungo unavita” che Luciano Nicolis ha realiz-zato nel 2000 riunendo oggetti pre-ziosi scovati in tutto il mondo e cheviene arricchito costantemente connuove acquisizioni.Il Museo per lui è stato passione edivertimento. Ai visitatori diceva“sono quel matto che ha fatto tuttoquesto” ed inoltre aggiungeva “noinon siamo i proprietari di tutto que-sto, ne siamo i custodi per il futuro.”.

Le automobili: l’evoluzione dei mezzidi trasporto, nella storia della socie-tà e dell’uomo.Poche invenzioni hanno accompa-gnato l’evoluzione della societàcome l’automobile.La sua storia racconta quella del-l’uomo, delle sue battaglie, dellaformidabile corsa alla modernizza-zione che ha segnato il XIX e il XXsecolo.Il Museo testimonia questa evolu-zione attraverso centinaia di vettureperfettamente funzionanti, molterestaurate personalmente e riportateall’antico splendore da LucianoNicolis.

Le motociclette: se le due ruote amotore sono la vostra passione ilmuseo vi sorprenderà.Enrico Bernardi, inventore della“Motrice Pia”, il primo motore abenzina e uno dei gioielli delMuseo, ne sistemò uno sul triciclodel figlio... e fu subito motocicletta!Il Museo ne racconta la storia con100 pezzi introvabili: i primi veloci-pedi, il primo scooter, le moto diprima generazione, i recenti bolidimozzafiato.

Le biciclette: una collezione unica eirresistibile.Le antenate della bicicletta nell’ot-tocento, si chiamavano “Draisine”;erano costruite in legno e dotate disterzo ma prive di pedali.Il primo veicolo su ruote con pedalicompare verso il 1840; da allora,l’evoluzione della bicicletta è statainarrestabile e ha conquistato ap-passionati e sportivi di tutto ilmondo.

II Museo Nicolis dell'Auto,della Tecnica, dellaMeccanica

Interni del Museo.

A lato: Luciano Nicolis e la figlia Silvia ritratticon la “Coppa Vanderbilt”.

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Gli strumenti musicali: musica d’altritempi per allietare l’udito e deliziareil cuore.Passione e talento di costruttori arti-giani si ritrovano nella sezione che ilMuseo dedica alla musica: un centi-naio di strumenti e accessori fruttodel felice connubio che, storicamen-te, ha accomunato compositori ecostruttori. Dai primi dittafoni cheincidevano su bobine di cera, agliorganetti a manovella, dagli aerofonia tastiera, agli strumenti a fiato....

Le macchine per scrivere: le paroletramandate.Una piccola ma preziosa collezionedel Museo è dedicata alle macchineper scrivere.Già nel 1700 troviamo i primi tenta-tivi per consentire la scrittura ai nonvedenti ed è certa la paternità dellamacchina dattilografica da attribuireall’italiano Ravizza di Novara.Nel Museo sono esposti circa 100modelli che, a partire dalla secondametà del 1800 sino ad arrivare aigiorni nostri, delineano la storia el’evoluzione di questa straordinariainvenzione.

Le macchine fotografiche: i linguaggivisivi.Ci sono oltre 500 “gioielli” ottico-meccanici nella collezione delMuseo. La storia della fotografia cheripercorre l’evoluzione del principioottico descritto nell’undicesimosecolo, è costellata di personaggileggendari: da Barbaro a Daguerre,da Talbot a Wedgwood, per arrivareai Lumière con le applicazioni nelcinematografo.Microscopio, cannocchiale, proietto-re si confrontano con lanterne magi-che e le più moderne apparecchiatu-re di oggi.

Lo spazio delle idee: comunicazioneche valorizza le relazioni.Il modernissimo Centro Congressi,pensato come “Lo spazio delle idee”può ospitare eventi di ogni genere.Si propone come area polifunziona-le inserita nella sede museale permostre, sala conferenze con sofisti-cate tecnologie, cene di gala, salaVip, bar, eventi istituzionali e busi-ness su una superficie di 600 mqcon ampio terrazzo panoramico.

Imparare divertendosi:“Imparare divertendosi” è lo spaziodidattico per studenti di ogni etàofferto dal Museo in collaborazionecon insegnanti ed educatori.Le auto, le moto, le biciclette e tuttigli altri strumenti meccanici espostinel Museo riportano a un contattodiretto con la storia dell’uomo edella società.Discipline umanistiche e scientifi-che vengono affrontate con labora-tori interattivi e sperimentazioni dalvivo.

Le ampie sale del Centro Congressi.

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I tesori del museo

“Cottereau Populaire” del 1903.

“Alfa Romeo” del 1931.

Isotta Fraschini “8 AS Castagna” del 1929.La famiglia Nicolis all’inaugurazione del Museo il giorno 9 settembre 2000.Da sx: Thomas, la moglie Renate, Luciano, Elena e Silvia.

All’entrata del Museo accoglie il visitatore la scultura di Anna Chiara Spellini raffiugurante i coniu-gi Luciano Nicolis e Renate Faccioli sulla Cottereau Populaire del 1903.

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Lanterna magicadel 1920.

La preferita di Luciano, di proprietà della famiglia Nicolis dal 1977.

Luciano Nicolis con il suo gioiello preferito e i figli Thomas eSilvia alla partenza della “Mille Miglia” storica del 2000.

Draisina, 1818, Francia. Peugeot C2 HP sottocanna, 1902, Francia.

Macchina per scrivere Franklin, USA 1898.Curiosità: era già presente il simbolo @(abbreviazione commerciale: at the price of).

Motrice Pia Enrico Bernardi del 1882.

“Noi non siamo i proprietaridi tutto questo, ne siamoi custodi per il futuro”.

Luciano Nicolis

Triciclo Benz modello 1, Karl Benz,1885, Germania.

Frame del video di Giorgio Oppici “The power of Passion”

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VETERAN CAR CLUB “ENRICO BERNARDI”VETERAN CAR CLUB “ENRICO BERNARDI”Il Veteran Car Club Enrico Bernardi nasce dalla volontà di alcuni

soci fondatori, tra i quali Luciano Nicolis, con la finalità di far conosce-re attraverso pubblicazioni, mostre, raduni e manifestazioni il mondo delmotorismo storico.

Sin dal 1965, anno di fondazione del Club, il logo è rappresentatodalla prima vettura realizzata da Enrico Bernardi, nato a Verona il 20Maggio 1841, pioniere ed inventore del primo motore a scoppio alimen-tato a benzina e costruito nel 1882: la motrice “Pia”.

Questo motore leggero verrà applicato ad una macchina da cucire epresentato all’esposizione di Torino del 1884, nella sezione motori.

Sempre nel 1884, nella villa di Quinzano di Verona, Bernardi rea-lizza per il figlio Lauro un triciclo giocattolo azionato dalla motrice “Pia”;si tratta del primo autoveicolo a benzina della storia.

L’anno successivo dà inizio agli studi e alla progettazione per lacreazione di un motore adatto per l’autolocomozione.

Nel 1893 applica alla bicicletta un carrello appendice con il moto-re “Lauro”, propulsore del primo moto scooter a benzina.

Nel 1894 presenta ufficialmente a Padova la sua vetturetta a treruote, la prima automobile italiana a benzina.

I Presidenti del Club sono stati nell’ordine Umberto Peretti Colò,Salvatore Castelli, Antonio Riva, Saro Rolandi e Luciano Nicolis, al qualeè succeduta nel 2012 la figlia Silvia.

Saro Rolandi e Luciano Nicolis, cultori della storia di Bernardi,hanno anche realizzato il libro “100 anni di storia dell’automobilismoVeronese”, nel quale è anche narrata la sua storia.

Con la presidenza di Luciano si moltiplicano le iniziative atte adivulgare la passione per il motorismo storico, e il Museo Nicolis ne è unsegno tangibile.

Con lo stesso impegno ed entusiasmo le attività proseguono oggisotto la presidenza di Silvia Nicolis.

Il Veteran Car Club “Enrico Bernardi”, che ha la sua sede presso ilMuseo, conta 950 soci con un parco auto e moto di oltre 1500 pezzi.

L’attività di propaganda, anche attraverso manifestazioni espositive,turistiche e agonistiche oltre che di insegnamento del recupero e delrestauro, hanno permesso la conservazione di un patrimonio di impor-tante valore storico che altrimenti sarebbe andato perduto.

“Noi non siamo i proprietari di tutto questo… Ne siamo i custodi per ilfuturo”, era solito dire Luciano Nicolis, e il Club continua l’impegno nelrispetto di questo motto.

L’associazione è federata all’A.S.I. (Automotoclub Storico Italiano)che ha sede a Torino e che è l’ente che promuove la conservazione ed ilrecupero di qualsiasi veicolo a motore di interesse storico.

Sede sociale: via Lussemburgo 9 – 37069 Villafranca di VeronaTel/fax 0456302323 – email: [email protected]

Sito internet www.vccebernardi.it

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Alla soglia del nuovo secolo Villa-franca è il terzo paese, per popola-zione, della provincia di Verona con9.635 abitanti (Verona 74.271 eLegnago 14.535).Viene chiamata la piccola Torino perla sua forma rettangolare con stradeche si intersecano a 90 gradi, for-mata da tre grandi contrade (vie):Via Mantova ora via Angelo Mes-sedaglia, Via di Mezzo ora CorsoVittorio Emanuele, Contrà de’ soraora via Nino Bixio, la strada che par-tiva dalla Stazione Via Garibaldi chepoi dalla piazza proseguiva col nomedi Via Pace verso Valeggio.Le altre due vie erano vicolo Peroniora Via Gandini e Vicolo Maffei oraVia Rinaldo.È questo il contesto urbano cherimarrà fino a metà del 1900 allafine della seconda guerra mondiale.A partire da questo periodo iniziauno sviluppo prima lento ma poiimperioso col boom economico.Gli abitanti passano da 18.169(1951), 27.036 (1991), 33.250 al1 gennaio 2012 conquistando cosìla seconda posizione nella provinciadi Verona.

All’incremento della popolazione hafatto seguito l’espansione dell’edili-zia, che ha avuto un notevole svilup-po soprattutto nella zona ovest delcapoluogo poiché la ferrovia ad estha sempre rappresentato una lineadi confine per la mancanza di caval-cavia o sottopassi.

Fasi salienti delle trasformazioni nelcontesto urbano e nel centro storico

1851. La stazione ferroviaria sullatratta Verona-Mantova-Modena inau-gurata il 5 aprile dagli austriaci delRegno Lombardo-Veneto in posizio-ne esterna alla cittadina; ferroviache frena tutt’oggi lo sviluppo ad estdel paese.

1886. Il canale del Conagro che conl’irrigazione delle campagne ha per-messo grandi risultati delle colturedella zona rendendo fertili i terreniper natura sassosi.

1891. Le Scuole Comunali edificate,su disegno di Zucchermaglio.Scuola elementare ritenuta all’epo-ca fra le “Scuole” più moderne.

Interventi e trasformazioni della città

1929. L’acquedotto Comunale edifi-cato nella zona in cui era situato ilprimo convento dei frati cappuccinipoi trasformato in modeste case diabitazione denominate “Le ochete”.La zona è stata trasformata, su pro-getto dell’arch. Luciano Zanolli, nel-l’attuale piazza IV Novembre su cuitroneggia il vecchio acquedottoComunale.

1929. (26 maggio) Il Monumento aiCaduti della Prima guerra mondiale.Progetto dell’architetto EttoreFagioli e dello scultore EgidioGirelli. Il monumento viene posizio-nato dopo molte discussioni (si ipo-tizzò anche di erigerlo all'interno delcastello) nell’attuale Piazza Gio-vanni XXIII.

1947. Il Teatro parrocchiale, intito-lato a Giuseppe Verdi, su progettodell’ing. Ambrosini di Verona, vienecostruito con la partecipazione ditutta la popolazione. Teatro chedopo periodi di splendore e fasialterne chiude nel 2000.

1948. Posa prima pietra (28 settem-bre) della scuola media Cavalchinisu progetto dell’ing. E. Ronca.

1961. L’aeroporto civile viene inau-gurato; nel 1987 verrà intitolato alpoeta “Valerio Catullo”.

1964. (3 agosto) L’ospedale "Maga-lini". Costruito a sud del fiume Tionenei pressi del Castello, distrutto daun incendio nel 2003 e sostanzial-mente ricostruito ed ampliato nel2011.

1965. Il Cinema Teatro Metropol. Suprogetto degli Architetti AlbertoAvesani di Verona e Luciano Foronidi Villafranca nasce il modernocinema teatro Metropol un pezzo distoria per Villafranca.

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La nuova stazione ferroviaria.

I vecchi insediamenti delle storicheOfficine SAIRA con la realizzazionedel complesso residenziale “CinqueTorri” e la “Corte Nuova” adibitiad abitazione ed uffici.

Il nuovo Centro Sociale.La Piazza San Sebastiano.Il Comando dei Vigili Urbani.Gli uffici tecnici del Comune.

Progetto di sistemazione dell’area exCinema Teatro Metropol.

Progetto di sistemazione dell’ex areaVillafranchetta con la nuova piazzae il palazzo della Biblioteca comunale.

Veduta aerea dei lavori disistemazione dell’ex area Metropolcon la nuova piazza Villafranchetta e la nuova Biblioteca comunale.

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Recentemente demolito lascerà ilposto, progetto dell’arch. LucioMerlini, ad un notevole interventoedilizio in cui troverà posto unmoderno teatro.

1966. La vecchia piazza della Via diMezzo con la “Cesa Vecia” trasfor-mata nel Teatro Comunale e i fati-scenti edifici della parrocchia ven-gono demoliti e su progetto del-l’arch. Luciano Foroni si dà il via ailavori dell’attuale piazza Papa Gio-vanni XXIII.

Il Palazzo del “Consortium” o dellaSocietà degli Originari con lo stem-ma appare già nelle stampe del1660, ha sempre mantenuto la suastruttura originaria anche se neisecoli ha avuto diverse destinazioniquali caffè, albergo; attualmentesede di istituto bancario.

Inizia in questo periodo un’espan-sione edilizia lenta ma costanteverso la zona ovest del paese concostruzione di abitazioni residenzia-li di ogni genere (cooperative, ville,condomini, case popolari) e a nord,nell’area del vecchio aeroporto,prende forma la nuova zona indu-striale con insediamento di nuoveditte o trasferimento di ditte cheoperavano in paese.Anni ottanta costruzione dei nuoviimpianti “Centro sportivo Città diVillafranca” su progetto dell’arch.Foni.

1982. Le necessità del nuovo quar-tiere che si è venuto a formare por-tarono alla costituzione di unanuova parrocchia intitolata allaMadonna del Popolo.Dagli anni novanta sono iniziatinotevoli interventi in centro storico.

Disegno e veduta da Via Pace della facciata della vecchia chiesa.

La “vecia cesa” trasformata in teatro comunale con le fatiscenti strutture del complesso parrocchiale.

Progetto dell’arch. L. Foroni per la sistemazione della piazza centrale e del complesso parrocchiale.

Vista aerea delle realizzazioni apportate alla piazza, in seguito.

Gli impianti sportivi di Villafranca.

La zona industriale di Villafranca.

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Il Comune di Villafranca di Veronaconta una popolazione di circa34.000 abitanti, distribuiti su unasuperficie di 57,32 kmq, a quota 54m. s.l.m., attraversata dal fiume Tio-ne, affluente del Tartaro e collocataa ridosso delle colline moreniche asud-est del lago di Garda. Oltre al capoluogo, sono compresi 7centri abitati o frazioni:Dossobuono, Quaderni, Rosegaferro,Pizzoletta, Caluri, Rizza, Alpo.Il territorio comunale si sviluppalungo la Strada Statale n. 62 “dellaCisa” (l’antica Via Postumia) neltratto Verona-Mantova e comprende:l’aeroporto civile “Valerio Catullo” diVerona Villafranca, le stazioni ferro-viarie di Dossobuono e di Villafrancasulla linea Verona-Mantova, e i nodiautostradali tra la A22 (Brennero-Modena) e la A4 (Milano-Venezia).L’area villafranchese è ritenuta tra lepiù competitive del veronese perspinta imprenditoriale e per la collo-cazione geografica strategica graziealla contiguità con le due autostradee l’aeroporto.

Le imprese insediate nel territorioVillafranchese sono più di tremilacon prevalenza nel settore alimenta-re, nel tessile-abbigliamento e nellecostruzioni. Numerosi gli esercizicommerciali.La campagna è specializzata in col-ture foraggiere, cerealicole e nellafrutticoltura, in particolare pesche,presenti sul territorio dall’inizio del1900, e kiwi. È presente il Mercatoortofrutticolo. Il vino locale è ilBianco di Custoza doc.

Evoluzione demograficaAlla soglia del XX secolo, al censi-mento del 1901 Villafranca era alterzo posto fra i comuni dellaProvincia di Verona con 9.635 abi-tanti contro 14.535 di Legnago e i74.271 di Verona.Alla data del 1 Gennaio 2012 lapopolazione di Villafranca era di33.250 abitanti così dislocata:• Capoluogo 17.805 ( 5.714 in cen-tro storico), • Dossobuono 6.399, •Alpo 2.496, • Rizza 1.349, • Caluri609, • Pizzoletta 1.313, • Quaderni1.792, • Rosegaferro 1.487.

Notizie Generali

A Villafranca operano:

<Servizi sanitari: Ospedale, Distretto socio-sanitario, Servizio Tossico-dipendenze, Centri Prelievi.

<Servizi di farmacia: 2 farmacie comunali in concessione e6 farmacie private.

<Servizi sociali: Casa di riposo, Asili nido, Centri sociali, Centri educativi, Alloggi popolari, Casa famiglia, Sede comprensoriale della Protezione Civile, Casa alpina di soggiorno.

<Aree verdi: 83 aree attrezzate a verde e sport pari a mq. 574.785.<Servizi sportivi: campo da golf, 8 centri sportivi dotati di campi

da calcio, campi da tennis distribuiti nel capoluogo e nellefrazioni, bocciodromi, campi da tamburello, campo hockey prato,palazzetto dello sport, stadio del calcio, centro natatoriocon vasche interne ed esterne, palestre.

<Servizi culturali: Biblioteca e Centro lettura,Museo del Risorgimento, Museo Nicolis dell’auto della scienzae tecnica (privato), Università del tempo libero.

<Servizi scolastici: 10 scuole d'infanzia, 9 scuole primarie, 3 scuole secondarie di Primo Grado, 5 scuole secondarie di Secondo Grado.

<Servizi educativi: 2 asili nido e 3 nidi integrati.<Servizi di accoglienza turistica: 13 alberghi, 4 agriturismo,

8 bed & breakfast, 5 affittacamere e 1 agricampeggio.Più di 30 ristoranti, pizzerie, numerosi bar, caffè, pasticcerie e pub.

<Sicurezza e Forze Armate: Comando Compagnia Carabinieri,Comando Stazione Carabinieri, Compagnia Guardia di Finanza,Comando Polizia di Frontiera presso Aeroporto Civile, Comando Tenenzadella Guardia di Finanza presso Aeroporto Civile, Aeroporto Militare,Reparto Mobile di Supporto dell’Aeronautica Militare Italiana.

<Uffici distaccati: Camera di Commercio di Verona, INPS, Uffici Finanziari,Ufficio della massima occupazione, Uffici postali, Coldiretti.

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EVENTI E MANIFESTAZIONI

Fedeli alla tradizione che vede i cittadini del villafranchese impegnati prin-cipalmente nel commercio, ogni seconda domenica del mese è organizza-to a Villafranca il mercato dell’antiquariato.

I mercati settimanali del comune: il mercoledì a Villafranca uno dei maggio-ri mercati della provincia, il venerdì a Quaderni e il sabato a Dossobuono.

Il Castello Scaligero è contenitore privilegiato di numerose manifestazioni,alcune di risonanza internazionale, organizzate soprattutto in estate:£ Festival di musica pop e rock, Teatro, Cinema, Folklore,

Rappresentazioni storiche, tra cui l’11 luglio il Concerto del Risorgimento.

In occasione del Carnevale, è organizzata per le vie del centro un’imponen-te sfilata notturna di carri allegorici che viene riproponendosi successiva-mente anche nelle frazioni.

L’antica Fiera campionaria dei Ss. Pietro e Paolo, protettori della città, sitiene ogni anno nei giorni a ridosso del 29 giugno (300° edizione nel2013).

A Natale viene allestito il Mercatino dei prodotti tipici artigianali e enogastro-nomici accompagnato da spettacoli e animazioni a tema.

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La Casa alpina di ValdiporroLa Casa Alpina di Valdiporro è situata nel Comune di BoscoChiesanuova (Verona), nel Parco naturale dei Monti Lessini, a circa30 Km da Verona ed all’altitudine di 1000 metri sul livello del mare.È corredata di tutte le attrezzature necessarie per l’uso in autogestio-ne da parte di gruppi, di associazioni e di comunità con una ricetti-vità di 60 posti letto, suddivisi in camere da 2, 4, 6, 10 posti letto.L’ampia superficie esterna (10.000 mq a bosco attrezzato ed a pratocon la possibilità di campeggiare) e l’ultimo piano (adibito a sala gio-chi, palestra e teatrino) permettono di svolgere agevolmente qualsia-si attività anche in condizioni di tempo avverso.L’ottima posizione consente nel periodo estivo escursioni di ognitipo sui circostanti Monti Lessini e nel periodo invernale l’uso deicampi da sci (fondo e discesa) nella vicina stazione invernale di SanGiorgio.La Casa è agevolmente raggiungibile daVerona: uscita Verona Est Autostrada A4(Milano/Venezia), tangenziale dellaValpantena, Grezzana, Cerro Veronese,Bosco Chiesanuova, Valdiporro, Km 30.Per informazioni:www.comune.villafranca.vr.it

Rigatel del CastelUn’antica leggenda narra che nel lontano 1288, pochi anni dopo il rinnovo dell’Atto di fon-dazione di Villafranca da parte della Signoria Scaligera, al di fuori delle mura di cinta delCastello vivesse una famiglia di casari votata alla produzione di formaggi.Ogni seconda domenica del mese, all’interno delle mura, si teneva un Palio, al quale parte-cipavano la plebe e le varie famiglie nobili e borghesi della zona: durante questa giornata difesta si tenevano giochi, gare e mercatini di ogni genere. La Signoria Scaligera, in una diqueste giornate, indisse una contesa con lo scopo di deliziare i fini palati delle nobiltà pre-senti con prodotti a loro sconosciuti. A questa gara si iscrissero cuochi, pasticceri, salumie-ri provenienti da ogni dove ed anche il giovane figlio del casaro del castello. L’ambito pre-mio erano 5 monete d’oro.Al termine dei giochi e delle sfilate, sul lungo tavolone imbandito per il pranzo spiccavanoprodotti e piatti estremamente colorati ed elaborati. Solo uno tra tutti aveva un aspetto pove-ro e poco appetitoso, era una semplice formaggella tozza e rigata a cerchi concentrici.Tutti i commensali si diressero verso i prodotti più elaborati non considerando la piccola for-maggella. Il figlio del casaro, scoraggiato dal poco interesse dimostrato verso il proprio pro-dotto, decise allora di tagliarlo a piccoli pezzettini. La formaggella emanò così un profumotanto invitante che tutti furono attratti da quel delizioso aroma e si diressero verso il giova-ne casaro che, stupefatto ma orgoglioso del forte interesse dimostrato dall’intera platea, simise a distribuirne a piccoli bocconi, tanto che l’intera scorta del giovane si esaurì.Qualche giorno dopo, la Signoria Scaligera lo convocò a palazzo per ringraziarlo e premiarlodel successo avuto e il giovane casaro, fiero di quel momento, portò con sé il padre.Una volta giunti al cospetto della Signoria, venne loro chiesto quale fosse la ricetta del deli-zioso formaggio. La ricetta non posso divulgarla - disse il giovane - ma posso solo dirvi ilnome: “Rigatel del Castel”.

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Ci sono storie e vicende che si intrecciano e sono legatele une alle altre. Così è ed è stata la storia dellaCompagnia ”Aurora” negli eventi del Teatro Verdi e diVillafranca.Nata come ricorda don Egidio Baietta, suo fondatore“Senza rosee previsioni, una domenica pomeriggio, io edaltri pochi giovani, decidemmo di fare il CarnevaleVillafranchese, con carri allegorici e rivista di varietà” èandata nel tempo consolidandosi e dal 1957 la rivista

del carnevale di Villafranca è sempre stata attesa con crescente curiositàdalla popolazione.

Fin dagli inizi ha preso di mira virtù e vizi dei villafranchesi; operosi sì, maanche trafficanti, non solo nel commercio ma anche nella politica.I titoli della rivista hanno rispecchiato la storia della nostra comunità e degliavvenimenti succedutesi dal 1957 ai nostri giorni: con titoli significativi eda volte anche irriverenti:

“Festival della gioia cristiana” (1957),“Margarita” parodia della margarina (1958),“tu che Di..Ci?”, (1968),“Tintura di iodio” (1971),“E magari l’è vera” (1975),“Papè Satan” (1984),“sotto a chi tocca” (1986) in occasione del trentennale di fondazione,“Chipago” ultima rappresentazione al vecchio Teatro Verdi (2006),per finire con “Televilla” del 2012 in trasferta a Valeggio sul Mincio.

Nei primi anni, prima di passare la mano all’Ente Fiera ed ad altri comitaticomunali, oltre che all’organizzazione della rivista l’Aurora si è fatta caricoanche delle manifestazioni carnevalesche con l’elezione del “Castellano” daparte degli originari e concorso dei carri allegorici (limitato alle frazioni edalle contrade di Villafranca) anche con il relativo impegno economico finan-ziario.

Dietro tutto questo movimento operava nell’ombra una “marea” di per-sone impegnate nei vari compiti per la buona riuscita delle manifesta-zioni; i mitici Celo, Tini, Achille, il maestro Piero Piazzi con la sua orche-stra Aurora che ancora oggi apre la rivista con la prima storica ouvertu-re.La vita dell’Aurora è sempre stata legata al Cinema Teatro Verdi, ai suoiproblemi di gestione, agibilità della struttura, progettazioni e quant’al-tro.La Compagnia non ha organizzato solo riviste ma ha gestito e mantenu-to vivo il Teatro Verdi allestendo e proponendo: spettacoli di prosa, pro-grammando stagioni cinematografiche per famiglie e ragazzi, cineforum,conferenze, concerti, spettacolini di scuole ed associazioni, collaboran-do anche con la Biblioteca e con le istituzioni della città.

Nel 2000 la Compagnia, per sopravvenuti problemi di sicurezza e strut-turali del Teatro Verdi, ha chiuso l’attività di gestione del teatro concen-trandosi solo sulla rivista proponendola, purtroppo, nei teatri del circon-dario, ma riscuotendo sempre lo stesso grande successo.

Nata dall’entusiasmo e dall’intuizione del curato don Egidio ha passatoora il testimone ai giovani di oggi con le parole del suo fondatore: “Allorasi chiamavano soltanto “i butei de’ la parochia” “i cotoloni” sempredisponibili, senza pretese e cavillose contestazioni: un gruppo generosodi pionieri che hanno fatto epoca, cui si sono aggiunti negli anni altrigiovani”.

Giancarlo Bellesini

Premiazione dei primi concorsi di carri allegorici per il Carnevale con i collaboratori dellaCompagnia, mons. Ireneo Aldegheri e il maestro Piero Piazzi.

Foto di gruppo sullo storico palco del Teatro Verdi dopo una rappresentazione della rivista.

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8 Dicembre 1957. “In una domenicanebbiosa dell’incipiente invernonasce la Polisportiva San Giorgio.Con una semplice cerimonia, dopola Santa Messa della gioventù delleore 8, l’assistente don EgidioBaietta ha benedetto il labaro dellasocietà: su campo verde spicca ingiallo oro il Castello con la scrittaC.S.I. Villafranca.Sono i colori della Polisportiva asignificare il Verde dei campi, dellafreschezza, della speranza ed il gial-lo della luce, dell’entusiasmo, dellagioia. È seguita la foto ricordo sullascalinata del Duomo ed il rinfrescocon atleti, dirigenti ed autorità alBar Corso”. Così narra il nostro cro-nista.La PSG (acronimo di PolisportivaSan Giorgio) è la principale polispor-tiva di Villafranca; in essa sono pas-sate intere generazioni di atleti chehanno praticato le più diverse disci-pline sportive anche con risultatiprestigiosi.

Le finalità: la Psg si ispira al mes-saggio cristiano ed agli ideali delCentro Sportivo Italiano per la pro-

mozione dell’attività sportiva in ognisettore, aperta a tutti, con l’impegnodi privilegiare la crescita e la forma-zione umana, sportiva e socialedelle persone privilegiando soprat-tutto i giovani.

La proposta L’espansione e i relativi cambiamen-ti che hanno accompagnato in oltrecinquantacinque anni la vita dellaPolisportiva non hanno mai intacca-to lo spirito e il vero obiettivo colquale è nata e cioè offrire un servi-zio educativo che promuova lo svi-luppo e la diffusione dell’attivitàsportiva a livello giovanile ed amato-riale sul territorio.Con questi obiettivi pertanto la PSGapre le sue proposte di attività spor-tive e non, per tutti e per tutte lefasi della vita proponendo un itine-rario sportivo educativo.

Inizia con Gioca lo Sport proponen-do attività ludiche-psicomotorie aibambini dai cinque ai sette annifavorendo il gioco, il coordinamentoe la socializzazione fra i piccoli.Prosegue con Minibasket, Minivol-

ley e Minirugby attività non ancoraagonistiche ma propedeutiche al-l’attività sportiva settoriale vera epropria.Sfocia nei settori giovanili, juniorese senior fino ai 17 anni per passarepoi alle categorie agonistiche vere eproprie non disdegnando anche pas-saggi in categorie semiprofessioni-stiche.Per gli adulti la PSG offre un ampioventaglio di possibilità amatoriali esociali offerto ad ambo i sessi: atti-vità di palestra per api tenaci,basket, volley e ciclismo. Una parti-colare menzione merita il ciclismoamatoriale che conta oltre vent’annidi attività con innumerevoli propo-ste: uscite, gite, ciclo raduni, gareamatoriali con i vari enti ma soprat-tutto settimane cicloturistiche chehanno visto la PSG sui più svariatiitinerari in Italia ed in Europa. Oltre alle varie attività sportive pro-muove per i soci e le loro famigliemomenti socio culturali di aggrega-zione con campi scuola, settimane

ricreative, gite culturali ed incontriformativi con esperti sia in ambitosportivo che sociale. Attualmente la Polisportiva contacirca mille iscritti fra atleti (700 dicui 500 under 18) dirigenti (100)ed amici sostenitori (150).Dal 1957 la Polisportiva, partita insordina a poco a poco è cresciuta esi è inserita sempre più nel tessutosportivo e sociale di Villafranca.Dalle sue fila, sono passati, a diver-so titolo, quasi tutti i giovani diVillafranca molti dei quali si sonoinseriti anche nella società civile,(sindaci, assessori, associazionicivili ecc) superando steccati ideo-logici ma lavorando sempre per ilbene della comunità.I colori sociali sono il giallo e il verde;simbolo il Draghetto che richiama ildrago di San Giorgio. La sede sociale è in C.so Garibaldi, 3tel. e fax 045.6337150Il Sito internet:www.polisportivasangiorgio.orge-mail: [email protected]

8 Dicembre 1957, foto della fondazione.

8 Dicembre 2007, foto del 50° anniversario della fondazione.

A cura di Luca Gasparini

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Inno a VillafrancaInno a Villafranca

Viva viva, Villafranca!dei paesi la Regina.Tutti quanti se ghè inchinaper la storia che la gà.

L’è famosa pel tratatofra Bepeto e Bonapartequa re Umberto col Quadratoel sà fato grande onor !

Per bélessa no sen parlaghe n’è pochi dei paesicosì tanto ben distesi:la par proprio una cità!

Pel comercío quasi quasila de par sicuramentequa ben vive tanta gentecon le fiere e coi mercà.

E po’ anca la ghe imitapel moderno con la cesa,bel disegno e ben distesa;per l’antico col Castel.

Viva dunque Villafrancadei paesi la Regina.Tuti quanti se ghè inchinala par proprio una cità.

1911 - MAESTRO GAETANO MARCHIORI

Opera dei pittori R. Mazza, M. Tosi, B. Verani, E. Viviani,esposta presso la Sala Consigliare del Comunedonata dal Circolo Culturale “La Carica”

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Le Frazioni

Quaderni

Rosegaferro

PizzolettaPizzoletta

Caluri

Dossobuono

Alpo

Rizza

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QUADERNIÈ una frazione del comune di Villa-franca di Verona, posta a sud ovestdel capoluogo e composta da 1.792abitanti (gennaio 2012).Il piccolo centro sorge su un terrenoghiaioso e sabbioso ai margini dellecolline moreniche; condizione cheha costituito un ostacolo allo svilup-po economico.Già sul finire del XII secolo ci siavvide del pericolo rappresentato daun terreno particolarmente ricco didossi e vallecole, ma se si esclude il1500, quando vennero piantati fila-ri di gelsi per la coltivazione delbaco da seta, solo a partire dal1900 si arrivò a un livellamento delterreno, necessario ai fini dell’irriga-zione a scorrimento.Quindi si può concludere il quadroambientale confermando un plurise-colare, ininterrotto, lavoro umano, acontatto con una terra particolar-mente soggetta a siccità.Le pur modestissime documentazio-ni storiche e archeologiche sembra-no non lasciare dubbi circa la suaorigine. Quaterni è il nome latino dacui deriva Quaderni, anche se il suosignificato è alquanto incerto.La solita ed abusata chiave dell’ono-

mastico romano derivato dalla vici-nanza con l’antica via Postumia - lafrazione sarebbe situata al quadra-gesimo miglio da Cremona - è dascartare senz’altro. L’ipotesi più attendibile propendeper una derivazione del toponimodall’antica suddivisione dell’agro, laquale coinvolse tutto il territoriomantovano con Cremona, operatonel 40 a.C. A seguito della guerracivile di Perugia, la repubblicaromana aveva espropriato a tutti isostenitori di Bruto, avversari dellapolitica augustea, lotti di terrenoche vennero poi assegnati ai vetera-ni del vicus nella misura diQuaterna iugera, cioè 4 iugeri, cia-scuno corrispondente a 2500 mq.La documentazione antica sottoli-nea come le aggregazioni ammini-strative e territoriali di epoca medie-vale e le alterne vicende storichesiano pressoché identiche per tuttele aree limitrofe del villafranchese.Durante il passaggio al periodo co-munale, nel 1185 il Comune diVerona, nell’ambito della program-mata creazione di un Borgo Libero(Villafranca), decise di inserire,nella suddetta giurisdizione, anche

il piccolo centro di Quaderni, avvan-taggiato dalle donazioni dei campiche nel XV secolo erano saliti a 500.Tuttavia viene a confermarsi la defi-nitiva rottura con il capoluogo primanel 1583 con l’erezione a Parroc-chia autonoma tramite decretovescovile, poi nel 1671 quando gliabitanti rifiutarono il pagamentodelle decime, reclamando un anticoprivilegio vigente dal 1407, salvopoi dover pagare una multa di 500ducati.

La vecchia canonica e la facciata della chiesa del borgo di Quaderni come apparivano nel 1900.

Pochi avvenimenti degni di notacoinvolgono la comunità di Qua-derni nei tempi più vicini perché fuprotagonista di una storia civile che,in linea di massima, ricalca le vicen-de del Comune di Villafranca e chetrascorse senza grandi scossoni,all’ombra di avvenimenti più grandi.Dalla caduta della Repubblica diVenezia la frazione seguì infattieventi analoghi al resto del Veneto emolti suoi cittadini parteciparonoalle guerre d’indipendenza contro il

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A cura di Ilaria Malini

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dominio austriaco, ai conflitti mon-diali e alla resistenza partigiana.Per quanto riguarda lo sviluppo eco-nomico le condizioni di vita si man-tennero povere fino agli inizi del XXsecolo quando la concessione d’ac-qua del Consorzio del Conagro portòal risveglio di importanti iniziativedi trasformazione e distribuzione.

La dinamica positiva è poi prosegui-ta, sia pure con fasi alterne, confer-mando una vocazione verso lo svi-luppo dell’apparato produttivo loca-le e una crescita industriale artico-lata sul territorio, per cui vengono aconvivere l’agricoltura ormai mec-canizzata, cerealicola e frutticola,l’allevamento di diverse specie ani-mali e unità produttive e commer-ciali sviluppate nei settori più vari.In tutte queste vicissitudini lapopolazione della frazione è semprestata sorretta dalla fede, una devo-zione radicata nel loro animo fin datempi antichi.

Col passare degli anni la zona videun fiorire di capitelli, diversi pervalore artistico e rilevanza storica,ma pur sempre manufatti importan-ti per cogliere segnali ancora vitalidi una religiosità continua, deditaalla preghiera e alla riflessione.

La Chiesa di San Matteo vennecostruita sui resti della primitivacappella, sottoposta alla giurisdizio-ne della pieve di Villafranca, attornoal XVII-XVIII secolo. In pianta l’uni-tarietà della grande navata centralesi frantuma a causa della rastrema-zione causata dal corto transetto edalla presenza di due grossi vaniaccanto al presbiterio, rispettiva-mente sagrestia e canonica.L’effetto che ne consegue è di tipofortemente scenografico grazie aisuggestivi effetti ottici dovuti all’ar-

Facciata della chiesa di S. Matteo.

Interno della chiesa di S. Matteo primadella trasformazione pittorica. Da notareal centro il pulpito, ora scomparso.

monioso alternarsi di superfici curvee piane, spazi semiaperti o compat-tamente murati. A tutto questo devepoi aggiungersi la particolare faccia-ta, impostata su linee barocche, maampiamente rimaneggiata da inter-venti ottocenteschi, divisa in dueordini sormontati da un classicotimpano e scandita da semplicilesene ad individuare i tre settori.

Una cura particolare viene postaverso il cartiglio recante la dedica“dom ac Santo Matthaeo patrononostro” e le statue dei quattroEvangelisti, importanti elementidecorativi che interrompono la piat-ta continuità delle pareti, creandoun suggestivo succedersi di elemen-ti illuminati e superfici in ombra.

Le pitture dell’interno si adattano inmodo estremamente naturale aimotivi architettonici mediante ledecorazioni ad affresco e temperagrassa di Federico Bellomi.Da segnalare i due pannelli, rispetti-vamente posti nel catino absidale esul lunotto in controfacciata, raffi-guranti il santo patrono nell’atto di

scrivere il Vangelo e il “Convitto diLevi” come pure la volta, attraversa-ta in senso trasversale da 5 riquadriispirati ai misteri del Rosario.Solo negli ultimi vent’anni il ciclopittorico, dettato da un programmaiconografico coerentemente unita-rio, è venuto a completarsi con idipinti di “Cristo Nuovo Adamo” e“L’Eucarestia” e infine le due telededicate agli arcangeli San Michele,Raffaele e Tobia della pittrice localeDima Orando.

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Il ciclo pittorico della parrocchiale

Con la collaborazione di mons. Angelo Marini (responsabile diocesano dellebelle arti) e del parroco don Gaetano Quattrina fu realizzato il ciclo pittori-co della chiesa che iniziò nel 1959 e dopo una parentesi di circa vent’annisi concluse nel 1983.Fu affidato l’incarico al pittore Federico Bellomi.Nel catino absidale è dipinta la “gloria di San Matteo”, tempera grassa dimq 45 in cui è raffigurato l’apostolo Matteo con un folto assembramento difigure. L’apostolo è al centro nell’atto di scrivere il suo vangelo; intornoschiere di angeli con ruoli particolari che con i profeti dell’antico Testamentorendono omaggio al gabelliere elevato agli onori degli altari.La gloriosa squadra di Tamburello.

Panoramica sulla chiesa, l’Auditorium e ilCimitero di Quaderni.

Anche se il patrimonio artistico èpiuttosto limitato, tra le costruzionidi spicco citiamo Villa Suzzi-Gazzola, di probabile origine seicen-tesca con rimaneggiamenti risalentia fine 1800. L’edificio, organismocomplesso scenograficamente ada-giato all’interno di un vasto giardinoche posteriormente si articola indue barchesse, mostra una facciatasobria di ispirazione classicheggian-te, solcata da frontoni triangolarirecanti gli stemmi dei proprietari. Atutto questo deve aggiungersi, sem-pre nel cortile, l’Oratorio di SanGiuseppe, ora spogliato dei suoiarredi e chiuso al pubblico.

Rispetto alle altre frazioni Quadernisi qualifica proprio per il prevalentepeso dato ad attività folcloristiche,sportive e ricreativo formative, tra-mandate sin dal 1800 e tenute vivedi generazione in generazione,hanno recato beneficio alla colletti-vità.Dal 1843 la banda musicale, com-posta da cittadini, ha partecipato acarnevali, concerti, concorsi e con-vegni sonori, ottenendo successi inItalia e all’estero.

Parallelamente la passione per ilgioco della “palla col tamburello”,nato appunto nella frazione e diffu-sosi ben presto in molte regioni, èvenuta a concretizzarsi nella fonda-zione della squadra A. T. BelladelliQuaderni che dal 1961 al 1966compreso ha vinto ben 6 scudetticonsecutivi nel campionato nazio-nale.Ai giorni nostri il moderno Audi-torium e la zona degli efficientiImpianti Sportivi continuano nelsolco della tradizione di una comu-nità attiva e unita nella realizzazio-ne dei suoi progetti.

Villa Suzzi-Gazzola.

La vocazione di San Matteo che si rifà alla scuola di Atene di Raffaello in Vaticano.Tempera grassa di mq 25 di impostazione non solo classica, ma con personaggi colti dal popolo.

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Compianto sul Cristo morto olio su tela(cm 77x96) di ignoto del XVI.

Pala Madonna con bambino e santiFrancesco e Luigi olio su tela (cm220x123,5) di Giovanni GhirlandiniXVIII sec. Prima del ciclo pittorico eraposta nell’abside.

L’Arcangelo Gabriele, olio su tela, copia originale di Guido Reni dipinto dallaconcittadina Dima Orando nel 1929.L’Arcangelo Raffaele e Tobia, olio su tela copia originale di Guido Reni dipin-to dalla concittadina Dima Orando nel 1931.

Sopra la porta d’ingresso della chiesa è raffigurato l’episodio della vocazio-ne di San Matteo che si rifà alla scuola di Atene di Raffaello in Vaticano.Tempera grassa di mq 25 di impostazione non solo classica, ma con perso-naggi colti dal popolo.Nella volta sono rappresentati i misteri del rosario: Annunciazione, l’Ascen-sione, La crocifissione, la Pentecoste e l’Assunzione di Maria.A sinistra: Cristo nuovo Adamo: Affresco giunto a compimento dopo vent’an-ni (1978). La composizione: in alto la cacciata di Adamo ed Eva, mentre iltronco, al centro della composizione, raffigura Cristo e la posizione delle suebraccia che calano verso il basso come rami di abete è segno di accoglien-za di santi e martiri.A destra: dell’altare maggiore, L’Eucarestia

Particolari dell’abside.

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La cappella “Regina Pacis”

La religiosità della popolazione è testimoniata da numerosi capitelli ededicole sparsi nelle campagne e inseriti nelle abitazioni, dedicati allaVergine con vari titoli (Madonna del Rosario, della cintura, della neve,addolorata ecc.) e a santi protettori.L’esempio più significativo è la chiesolina di “Regina Pacis” isolata albivio che porta il cimitero, costruita per interessamento dei contiGazzola-Giusti con al suo interno foto ricordo di caduti nelle guerre eduna bella statua in pietra di Madonna con Bambino in braccio. La sto-ria della statua è ricca di pathos e di mistero per le vicende del suo rin-venimento, avvenuto nel XVII secolo, in un campo ad opera di un con-tadino durante l’aratura e la sua collocazione nella cappella.

La statua della Madonna della Pace.La chiesa Madonna della Pace.

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LA BANDA DI QUADERNI

1845. A questo anno risale la primanotizia sulla banda di Quaderni. Èuna raffigurazione litografica, cui nesuccederanno altre nel 1857 e1859, nell’archivio storico del “Ba-canal del Gnoco” di Verona a cui labanda aveva partecipato. Le origini,la storie e le notizie del gruppo, al difuori di questi documenti sono statetrasmesse oralmente dagli anzianidella frazione e solo verso il 1900 sihanno testimonianze attendibili.

Intorno al 1900, esistevano a Qua-derni due complessi bandistici:”Labanda dei preti” e “La banda deisocialisti” sempre in competizionefra di loro tanto che nelle feste dipaese si facevano sempre due con-certi. La banda dei socialisti si esi-biva davanti al tabaccaio, vicino allachiesa ed era diretta dal maestroArturo Barlottini, mentre la bandadei preti si esibiva rigorosamentedavanti alla chiesa ed era diretta dalmaestro Sante Magalini o dal curatoDon Angelo Bertelli.

1920. Si riesce a fondere i due grup-pi; prima testimonianza della fusio-ne è una foto del 1930.

La prima“Banda musicale”di Quaderni.

In quell’anno fu inaugurato a Villa-franca il monumento ai caduti dellaguerra 1915-18 e per tale occasio-ne fu chiamata a partecipare labanda di Quaderni che allora eracomposta da 28 elementi.

1921. Il partito fascista coinvolseideologicamente tutte le associazio-ni musicali e non. Nonostante lamaggior parte degli abitanti noncondividesse l’ideologia, il doversiadeguare portò nella banda diQuaderni l’affievolirsi dello spirito dipartecipazione; molti elementi la-sciarono e l’attività del corpo bandi-stico conobbe un periodo di crisi.

1938. Un fiduciario del fascio perovviare alla crisi dell’attività delgruppo pensò all’istituzione di un

A cura di Domenico Franchini

1857. Stampa carro allegorico.

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corso di formazione musicale cheriscosse notevole successo fra lapopolazione che con l’aumento del-l’organico ripristinò lo spirito di par-tecipazione del gruppo.

1939. Anno felice e pieno di soddi-sfazioni per la banda con diverseuscite, le prime gite di gruppo, chedivennero occasione di coesione perla cittadinanza. Il gruppo cambiòdenominazione da “Banda di Qua-derni” in “Complesso bandistico do-polavoro rurale Tito Minniti – Qua-derni – Verona”.

1940. Con la seconda guerra mon-diale iniziarono gli anni più difficiliper il gruppo. Alcuni componentidella banda furono chiamati allearmi. La passione dei giovani, sep-pur ridotti a pochi elementi, fece inmodo che l’attività continuasse.

1941. Il gruppo andò ad accogliere aVillafranca alcuni alpini che doveva-no essere ospitati a Quaderni per poipartire per il fronte Russo.

1942. Per le peripezie della guerrala banda dovette cessare l’attività.

1947. Passato il nefasto periodo del-la guerra con l’arrivo a Quaderni diun giovane curato, don GiuseppeTosi, l’attività musicale rinasce.

All’inizio il complesso era formatoda 8 o 9 elementi, senza nessunaiuto ma solo con la forza della pas-sione, si riuscì a sostenere l’attività.

1950-51. Con l’appoggio dellaDirezione didattica di Villafranca, siriuscì ad ottenere un corso di orien-tamento musicale sostenuto dallapassione e dall’entusiasmo del mae-stro Domenico De Rossi.Fu l’inizio di un nuovo e rinnovatogruppo bandistico con nuovi allievitanto che nel 1957-58 il corso diorientamento musicale fu ricono-sciuto dalla Regione Veneto e laBanda aderendo alle diverse asso-ciazione di bande regionali e nazio-nali continuò sulla scia dei fondato-ri rinnovando l’entusiasmo e l’amoreper la musica ed il folklore dei citta-dini di Quaderni superando i periodidi crisi della sua storia.

1972. Per la prima volta alcuneragazzine entrano come strumenti-

ste togliendo agli uomini l’esclusivadell’attività.

1975. Arriva la più grande innova-zione con la formazione del “Corpobandistico folk con majorettes diQuaderni”. Da questa data parte larinnovata vita del gruppo coniugan-do musiche di ogni genere, arrangia-te dal maestro Jan Langosz e direttedal maestro Domenico Rossi conesibizioni folkloristiche delle majo-rettes. Un successo sempre in es-pansione ottenuto su diverse piazze:all’estero (come al carnevale diNizza, alla festa dei fiori di Lugano,a Locarno, in Polonia, in Austria) ein piazze italiane come Rovigo, Par-ma, Fiuggi, Roma, Putignano, Via-reggio e Venezia dove il 18 maggio

2004 ha tenuto un concerto inPiazza San Marco in occasione dellafesta della Federazione ItalianaTrapianti di Organi.

2012. Attualmente il gruppo è for-mato da trenta bandisti e ventimaiorettes, continuano i corsi, gra-tuiti, di orientamento musicale ditre anni e i corsi di danza moderna,ritmica e di parata creati apposita-mente da insegnanti di ballo ecoreografia.Dopo quasi 170 anni di vita, fraalterni periodi di successo e di crisila “Banda di Quaderni” ora “Corpobandistico folk con majorettes diQuaderni” continua e migliora lasua attività nel solco tracciato daipredecessori.

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Il “Complesso bandistico dopolavoro rurale Tito Minniti” di Quaderni.

Il “Corpo bandistico folk con majorettes” di Quaderni in piazza S. Marco a Venezia.

I “Puoti”Una tradizione gastronomica tipica di Qua-derni sono i “puoti” ossia dei dolcetti fatti aforma di bambolotto che ogni anno in occa-sione del 13 dicembre, festa di santa Lucia,vengono accompagnati ai regali.

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ROSEGAFERRO

Frazione a sud di Villafranca con1.487 abitanti (gennaio 2012).La sua denominazione si avvale divarie interpretazioni: per il fatto cheil terreno della campagna che cir-conda la frazione è molto sassosoper cui consuma, corrode, (“rosega”in dialetto) il vomere degli aratri (“elfero” in dialetto), o dal romanzoRosegaberbeze, o da Rozaferrum fa-mulus antico documento del 1070.L’economia è da sempre a carattereprettamente agricolo con priorità al-la coltivazione e commercializzazio-ne di pesche, kiwi, foraggi e bestia-me.Rosegaferro ha una storia ben docu-mentata nata sempre lungo la roma-na via Postumia.

La nota più antica è unalapide funeraria del IIsecolo d.C. rinvenuta nel1968, tuttora muratasulla facciata di unpalazzo in via PrincipeAmedeo. Il suo valorestorico richiama l’esi-stenza di una stazioneper il cambio di cavallidi corrieri romani, con

sede presso la “Porta Jova” (o portaJovis). Le stazioni di cambio erano

poste ogni 10 miglia (circa 15 kilo-metri) e Villafranca si trova proprio acirca 15 kilometri da Verona sullavia Postumia.

1186. La località Prabian (oraPrabiano) del territorio di Rosega-ferro viene donata dalla comunità diVillafranca.

1407. Viene acquistata da 15 uomi-ni di Villafranca. Le antiche famiglieoriginarie del sito, a partire dal1750 mantenevano alcuni benefici(consorzio); le altre, quelle di recen-te acquisizione (comunità), doveva-no contribuire anche se erano dicategoria produttiva trainante.

1754. Viene costruita la nuova chie-sa dedicata a San Girolamo. La vec-chia modesta chiesa si trovava inloc. Dossi (ora sede di un mobilifi-cio) ed era dedicata a Sant’Ignaziodi Lojola.La storia della piccola comunità sievolve nel corso dell’Ottocento,dopo il periodo austriaco, abbrac-ciando con disponibilità le nuoveistituzioni della appena nataMonarchia italiana.

1891. La frazione chiede la partizio-ne equa di consiglieri comunali finoad allora a favore esclusivo delcapoluogo. Nel paese esiste unascuola elementare, presso un’abita-

zione privata, con maestro responsa-bile Carlo Fattori e don PietroBenetti curato a Dossobuono.I sacerdoti che prima come rettori epoi come parroci hanno segnato lavita della comunità.

1902. Apertura della scuola maternada parte di don Bonifacio DeBattisti, maestro di saggezza, cheospitò le prime suore di Castellettoaccompagnate dal fondatore Mons.Nascimbeni.

1910. Don Domenico Bogoni hafatto costruire il campanile su dise-gno dell’ing. Luigi Alfonso Chiaffonicon capomastro Zendron Pasqualedi Ronco all’Adige.

1918. Don Giuseppe Girelli arrivacome rettore e continuerà come par-roco.

1928. 18 novembre Rosegaferroviene istituita come parrocchia conparroco sempre don Giuseppe Girelliche rimarrà fino all’estate del 1951dedicandosi alla cura delle anime inparticolar modo ai carcerati.Dal 2002 è in corso la Causa diCanonizzazione.

Il “Sasso”.

Busto di don Girelli.

Statua di San Girolamo sulla fac-ciata della chiesa.

La chiesa di Rosegaferro dedicata a San Girolamo e la nuova piazza dopo i lavori del 1974.

La chiesa, la canonica, la scuola materna e la piazza prima della trasformazione.A cura di Danilo Donisi

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Le trasformazioni del 1956

Patroni sono Sant’Ignazio di Loyolae San Girolamo Dottore. Un quadrodi valore è il San Girolamo opera delpittore Coppa. Altre tele di minorvalore adornano la chiesa.

1956. Don Enrico Favalli trasformala parrocchiale del 1754. Amplia lachiesa a forma di croce latina, concupola e nuovo campanile e la faaffrescare dal Miolato, noto pittoreveronese del Novecento.

Sull’ampio presbitero e sul maestoso altare troneggia nel catino absidale la pittura di GaetanoMiolato, noto pittore veronese (1885-1960) “Madonna Ausiliatrice con angeli con ai piedi lanuova chiesa di Rosegaferro, la campagna circostante con sullo sfondo le montagne”.

A sinistra: “San Girolamo, San Sebastiano e in alto, San Rocco con angelo” del XVII sec. (olio sutela di cm 226x151) di ignoto copia da un originale di Jacopo e Leandro Dal Ponte datato 1582.

A destra: San Girolamo (olio su tela di cm 127x197) attribuito ad Antonio Giarola detto il CavalierCoppa (1595-1665) proveniente dal vecchio oratorio.

Due porticine dipinte (olio su rame 42,2x22,8 cm) dipittore ignoto del XVI sec. dei tabernacoli, posti ai latidell’altare maggiore a custodia delle reliquie e degliolii sacri contornate da cornice di marmi colorati raf-figuranti: a destra: San Pio martire per le reliquie;a sinistra: San Gaudenzio martire per gli olii sacri.

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I nuovi Impianti sportivi.

1970/1980. Sono anni di trasforma-zione della frazione con: Ufficiopostale, impianti sportivi, nuovescuole elementari con attiguoambulatorio medico, ampliamentodel cimitero e la nascita di unnuovo quartiere residenziale dedi-cato successivamente a SanDaniele Comboni.Nasce anche il gruppo folk “ICampagnoli” voluto dal maestroQuintino Cordioli che ha coinvoltointorno a sé giovani che hanno fattorinascere canti e tradizioni popolari.

1986. Don Silvio Cordioli subentraa don Favalli, fa erigere le Opereparrocchiali, la nuova canonica e laScuola Materna con nido integrato.

Sul portale d’ingresso una maestosa “Ultima cena” del pittore Gaetano Miolato. Una architetturaimponente e classica fa da cornice alla finestra con la tavola e il gruppo di apostoli intorno alCristo. In primo piano la figura di Giuda che abbandona il Cenacolo con in mano la borsa con idanari del tradimento.

Veduta generale dell’interno della parrocchiale con l’altare maggiore e le vele della cupola con lepitture dei quattro evangelisti: Marco, Giovanni, Luca, Matteo.

Dal 2006 al 2010 si avvicendanocome parroci: don Giovanni Moran-dini, don Simone Zanini, don LorisLaurini.Col passare del tempo Rosegaferroha cambiato la sua attività prevalen-temente agricola con attività artigia-nali e commerciali trasformandosiin una frazione attiva e popolosa inpochi anni.

Il vecchio Oratorio di RosegaferroPoche notizie e nessuna immagine ci è stata tramandata del vecchio ora-torio sito a sud del paese in località Dossi ed ora adibito a galleria delmobile. Era questa, come per le altre frazioni, la prima chiesa di riferimen-to per gli avvenimenti religiosi. Intorno sorgeva, come tradizione, anche ilcimitero. Al momento della costruzione della nuova chiesa (1754) vieneabbandonata e trasformata presumibilmente in stalla (vedi finestre latera-li) al piano terra e forse fienile ed abitazione al piano superiore. Dopo larecente ristrutturazione del piano terra con volti di mattoni e colonnineoriginali, rimane il tetto originale uguale a quello di San Giovanni in Foroa Verona. Da questa chiesetta sono stati trasferiti i quadri: “San Girolamo“del Coppa nella chiesa di Rosegaferro e “Sant’Ignazio di Lojola in gloria diangeli che benedice la campagna e i due committenti della famiglia Canossa”(olio su tela cm 205x135) di artista popolare del XVIII sec. nel coro delDuomo di Villafranca.

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inviti a manifestazioni in Italia eall’estero.Memorabile la partecipazione nel1985 e 1986 al I° e II° FestivalInternazionale del Folklore inAbruzzo e Molise, lontani da Rose-gaferro.Il gruppo, numeroso ed affiatato,tutt’ora affidato alla perizia delmaestro Adalberto Ferrari e del pre-sidente Ettore Cordioli con la parte-cipazione e organizzazione di feste,festival e rassegne continua nellasua vocazione di mantenere «vive» econosciute «cante» e danze dellatradizione popolare che altrimentisarebbero destinate ad esseredimenticate.La sua principale peculiarità è quel-la di usare brani di varia provenien-za, affidandosi alla memoria visivaed uditiva senza usare strumentimusicali.

Il compianto fondatore del Gruppo Corale Folk “ICampagnoli”, Quintino Cordioli.

Il Gruppo Corale Folk “I Campagnoli” con il loro labaro accompagnati dal maestro Ferrari Adalberto.

1972. «Lo chiameremo... I Cam-pagnoli, rappresentiamo il paese incui viviamo» (parole del maestroQuintino) nasce così a Rosegaferro,frazione di Villafranca di Veronasotto la guida e con l’entusiasmo delmaestro Quintino Cordioli il GruppoCorale Folk “I Campagnoli”

È lui, Quintino, l’anima e il fondato-re. Uomo di cultura, impegnato dasempre nella vita comunitaria delpaese: sport ed iniziative culturali,direttore del coro della chiesa par-rocchiale che nel 1972 si dedica algruppo Folk ma che nel 1981 trovaanche il tempo di iniziare il percor-so del gruppo «Il Sasso» che si dedi-cherà esclusivamente alla progetta-zione e realizzazione di carri carne-valeschi.All’inizio il primo nucleo dei Cam-pagnoli è composto di sole vocimaschili (15 circa); propone cantireligiosi e di montagna ed inizia apartecipare alle prime rassegnecorali. Già alla fine dell’anno il

Il gruppo Corale Folk «I Campagnoli»

gruppo apre alle voci femminili edinizia la ricerca di canti tipici delfolklore veronese, testi della tradi-zione popolare, poesie e danze, adesempio quelle sul «selese» (aia),indossando gli abiti del “dì di festa”tipici delle nostre zone.Un appuntamento settimanale delvenerdì sera sarà per molti anni il“Bar Mario” dove si prova, si fannoprogrammi e si intrecciano amicizie.Iniziano gli inviti e le partecipazionia rassegne provinciali e regionali neipiù svariati paesi e manifestazionicui vanta la nostra storia: Mon-tenars, Venezia al Festival dei grup-pi Folkloristici ed alla Festa delRedentore, Telepace nel 1982 fral’entusiasmo generale del paese.Purtroppo fu questa l’ultima uscitadel maestro Quintino rapito da unmale incurabile.Allo sconforto per la scomparsa diQuintino, sostituito dalla sua giova-ne spalla il maestro Adalberto Fer-rari segue una fase di rinnovamentoe di nuovo slancio per i continui

Il Gruppo Corale Folk “I Campagnoli” con i famosi vestiti del «dì di festa».

A cura di Alberto Clementel

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PIZZOLETTA

La frazione di Pizzoletta si trova asud del capoluogo comprende trecontrade: Pizzoletta, Volpare diSopra e Volpare di Sotto. Conta1.313 abitanti (a gennaio 2012). Lafrazione si trova in zona agricola concolture di pesche, kiwi, foraggi.Il suo nome deriva probabilmentedal gentilizio Picolus, forse derivatodal nome generico del basso latinoplacola (piazzola), attestato in variescritture a partire dal secolo XI. Inuna pergamena dell’anno 1035 siha un Pizolo Kaura in atti del 1600e del 1700 (Archivio Comunale di

Villafranca in Sez. Arch. di Stato diVR) ricorrono le voci Picoleta, la viadel Picol, e, in contrà del Picos.Non è da scartare l’ipotesi che l’eti-mo abbia una giustificazione geo-grafica con significato di “piccolalingua di terra”.

La storia della comunità di Pizzo-letta segue la storia della parrocchiache dal 1911 era stata staccatadalla parrocchia di Villafranca edassegnata d’autorità a quella di SanZeno di Mozzecane benché fosse nelterritorio del Comune di Villafranca.Evidentemente questo dover riferirsia Villafranca per gli atti civili edamministrativi e a S. Zeno per lepratiche religiose portava un certodisagio nella popolazione.Altro motivo di contrasto tra la genteriguardava la diversa situazione so-ciale: gli abitanti di S. Zeno eranoper la maggior parte affittuari deiconti con un contratto di lavoro piùduraturo e sicuro mentre quelli diPizzoletta praticavano per lo più ilbracciantato ed erano culturalmentelegati ai movimenti delle leghe con-

tadine sorte nell’Italia settentrionalealla fine del 1800.Da notare anche che intorno aglianni 1950 la popolazione dell’inte-ra parrocchia di S. Zeno contava1350 abitanti circa di cui però solo350 nel comune di Mozzecane e1000 in quello di Villafranca.Inoltre a Pizzoletta c’era la scuola el’asilo infantile dal 1898.Tutti questi fattori hanno pesato afavore del desiderio di divisionedella parrocchia. Desiderio rafforza-to anche dal comportamento nondel tutto zelante di qualche parrocodi S. Zeno nei confronti dei “lonta-ni” abitanti di Pizzoletta e Volpare.Non desta quindi meraviglia il com-portamento che hanno tenuto que-st’ultimi in occasione della visitapastorale del vescovo, Mons. Gero-lamo Cardinale, il 23 Luglio 1950.Con il pretesto di un malinteso sul-l’orario la maggior parte non parteci-pò alla celebrazione dal suo inizioed allora il prelato, all’omelia dellefunzioni pomeridiane, dichiarò, a ri-cordo di molti, esplicitamente e con

dure parole che si rendeva ormainecessaria la costruzione di unanuova chiesa e di una nuova parroc-chia a Pizzoletta.Costituito il comitato già nella primariunione 31 Agosto 1950 emersechiaramente: ”l’impossibilità di rap-porti e di unità di ideali tra Pizzo-letta e S. Zeno,... l’impossibilità diunione in 39 anni di convivenza par-rocchiale, ...la necessità di risolverela situazione con una chiesa ed un

152 153Fase di costruzione della nuova parrocchiale.

La prima costruzione del salone-chiesa di Pizzoletta.

Fasi di costruzione della chiesa parrocchiale.

A cura di Gianni Tovo e Elisabetta Zanolli

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sacerdote esclusivamente per Pizzo-letta”. Si superano le difficoltà per la rea-lizzazione del progetto e dell’ubica-zione della chiesa nell’area attualescartando l’ipotesi Volpare dovestava sorgendo una Cappella dedi-cata alla “Madonna Assunta” con ilmonumento ai Caduti.

Il 1° Novembre 1952 viene posta laprima pietra per la costruzione di un“salone tipo chiesa”. La cerimonia ètenuta da Mons. Venturi in rappre-sentanza del vescovo, e precedutadall’inaugurazione della Cappella diVolpare alla presenza del prefetto edelle massime autorità civili e reli-giose.

Viene inoltre designato il curato diSan Zeno, don Eliseo Moschini, es-clusivamente alla frazione di Pizzo-letta. Da questo momento la figuradel giovane curato don Eliseo saràstrettamente legata alle vicendedella erigenda chiesa e della parroc-chia di Pizzoletta di cui diverrà par-roco nel 1954 e vi rimarrà fino al1963. In tutta la vicenda don Eliseo

sarà validamente affiancato da donAlcide Tovo nativo di Pizzoletta efigura di spicco dell’Istituto donProvolo di Verona.

II progetto della nuova chiesa, feb-braio 1951, dell’architetto Magna-guagno e del geometra di PizzolettaGiuseppe Ferrari prevedeva un “sa-lone - teatro” da usarsi provvisoria-mente come chiesa, la canonica euna chiesa vera e propria che sa-rebbe dovuta sorgere parallelamen-te al salone dove ora si trova la pale-stra e il cortile dell’asilo.Essendo il progetto troppo ambizio-so e costoso realisticamente e prov-visoriamente si optò per la costru-zione del salone - teatro ad uso poli-funzionale: liturgico e ricreativo.La costruzione fu “un’impresa” acui partecipò con entusiasmo tuttala popolazione con le più svariateiniziative: offerte libere, prestitisenza interessi, questue, pesche dibeneficenza, rappresentazioni tea-trali nel vecchio teatro dell’asilosotto la regia di Lino Zanetti e suorLibera, lavori manuali di muratori ladomenica dopo messa. Iniziativeche riunirono nell’impresa tutta lapopolazione, giovani ed adulti.Commovente la lista di parecchiepersone che offrirono anelli, colla-ne, braccialetti, per la statua e lacorona della Madonna (ottobre1953). Doni ancora più “preziosi”se si pensa al loro valore affettivo. Non potendo acquistare un altarenuovo ci si accontentò di uno indisuso, dell’oratorio della basilica diSan Zeno di Verona.Tutte le entrate ed uscite eranoscrupolosamente registrate e resenote alla popolazione da Silvio Ruz-zenente, segretario del comitato.Il pagamento delle spese della chie-sa si protrarrà fino alla fine deglianni 1950.Le date dell’impresa: prima pietra

La vecchia chiesa.1° novembre 1952, inizio lavori 2dicembre 1952, fine lavori maggio1953.II 5 Luglio 1953 ci fu l’inaugurazio-ne da parte del vescovo di Verona,Mons. Girolamo Cardinale che con-cesse a don Eliseo Moschini, ancoracurato di S. Zeno, di celebrare ognigiorno la S. Messa e due S. Messealla domenica.Nei mesi successivi fu costruita lacanonica ma solo il 25 Aprile 1954la curia vescovile costituì la nuovaparrocchia “Maria Immacolata” diPizzoletta nominando parroco donEliseo Moschini che farà il suoingresso ufficiale il 12 Settembre1954.

Nel 1962 fu edificato il cinema par-rocchiale e il “salone - chiesa”, chedoveva essere provvisorio, ma rima-se definitivamente chiesa abbando-nando così il progetto iniziale.Nel 1964 don Eliseo Moschini vienetrasferito, a lui subentra don MarioOlivieri e successivamente don Gior-gio Boninsegna che inizia a pensaread un progetto di rifacimento dellafacciata e sistemazione interna delsalone/chiesa.Viene dato incarico all’arch. Lu-ciano Zanolli che su indicazione del

Consiglio Parrocchiale lasciandointatte le strutture portanti apportamodifiche e trasformazioni confe-rendo al salone l’aspetto di chiesa.Nel luglio 1999 iniziano i lavori.

All’interno opere di finestratura, sof-fitto a cassettoni nella navata, sof-fitto del presbiterio a botte, pavi-mentazione ed impianto di riscalda-mento, sistemazione della sacrestianello spazio dietro l’altare maggiore,trasformazione della vecchia sacre-stia in una cappella feriale, restaurodelle statue e della Via Crucis, al-l’esterno cambiamento radicale del-la facciata in stile classico con roso-ne a soggetto Mariano.La chiesa è stata consacrata il 7dicembre 2003 dal vescovo diVerona mons. Flavio Roberto Carraroessendo parroco don Alfonso Tret-tene.

La consacrazione del “salone” chiesa ad opera del vescovo mons. Girolamo Cardinale.

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Centro Sociale

La dinamica frazione, benchè for-mata da tre contrade ben distinte espesso rivali tra di loro, nel tempo, siè dototata di un moderno Centrosociale fulcro delle più svariate atti-vità e manifestazioni della parroc-chia e della frazione.

“L’associazione centro sociale diPizzoletta” di recente costituzione,è ospitata presso l’ex asilo di ViaGramsci, acquistato dal Comune diVillafranca nel 1990, non dopoqualche vivace dibattito tra la popo-lazione tra chi era contrario e chifavorevole all’alienazione del beneparrocchiale, che aveva già cono-sciuto una difficile situazione tra laparrocchia di Pizzoletta e S. Zenoper stabilire l’esatta proprietà.

Lo stabile parzialmente ristrutturato,ospita una sala bar ed è aperto, peri soci, tutto il giorno il sabato e ladomenica e il pomeriggio tutti glialtri giorni della settimana.

L’altare della Madonna e l’interno della chiesa.

Il Centro Sociale di Pizzoletta.

Chiesetta di Volpare

È una piccola cappella conosciutacome la “ceseta de le Volpare”costruita e pagata dagli abitantidella contrada, con la collabora-zione dell’Associazione Combat-tenti e Reduci e inaugurata nel1952.A fianco della chiesetta sorge unpiccolo monumento con la dedica“Volpare a tutti i gloriosi cadutid’Italia - Che il lume non si spenga- Che il filo non si spezzi - Che ilcuore non si fermi”.La chiesa è dedicata alla “Madon-na Assunta” e durante la stagioneestiva vi si celebra la Santa Messaogni mercoledì.

Interno della chiesetta di Volparededicata alla Madonna Assunta.

A fianco della chiesetta:lapide a ricordo dei caduti di tuttele guerre.

Facciata e struttura perimetraledella chiesetta edificata nel 1952ad opera dell’AssociazioneCombattenti e Reduci.

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è di proprietà della famiglia Vertua eche in esso vi è un solo altare dimarmo con una tela dipinta. Gli abi-tanti “fanno celebrare delle messene’ tempi estivi nei giorni festivi”.Come informa il parroco di Villa-franca, le messe erano celebrate, suinvito degli abitanti, da don Bene-detto Florio, che ora abitava a Calu-ri, e gli corrispondevano per ognimessa 3 fiorini con l’obbligo di prov-vedere le candele, il vino e le parti-cole necessarie.Vi era anche un piccolo campanilecon una sola campana.

1811. 23 aprile il vescovo Innocen-zo Liruti, nel viaggio a Villafranca, sirecò di persona a Caluri e annotò neldiario “Un oratorio meschino, man-tenuto da una piccola popolazione;è distante miglia 3 da Villafranca”.Si apprende anche che il Vertua,proprietario, si accontentava delnome e dell’onore trascurando l’edi-ficio che si trovava in stato di ab-bandono. L’unico che se ne pren-desse cura era don Andrea Bugnache recandovisi a celebrare, si face-va carico delle spese necessarie. Gli

abitanti di Caluri stavano cercandoun terreno vicino per costruire unanuova chiesa, ma questa risultavaessere un’impresa molto difficile dalmomento che i terreni circostantierano di proprietà di ebrei. Ciò trovaconferma nel fatto che nel 1834l’architetto Francesco Ronzani fuincaricato di stendere un progettoper la “Riduzione della casa del sig.Samuel Bassani nella sua villa aiCaluri presso Villafranca”.Il Bassani era un facoltoso ebreoveronese che dal Ronzani si erafatto ristrutturare anche la sua casadi via Rosa a Verona. Il secolo XX è quello in cui avvengo-no i principali cambiamenti sia nellacontrada Caluri, sia nelle vicende diquell’oratorio che ha fatto da filoconduttore lungo i secoli passati.

1911. 26 marzo fu benedetta unanuova chiesa, come ricorda unalapide murata sulla facciata esterna.La frazione stava crescendo e siavvertiva la necessità di un sacerdo-te. Nella nuova chiesa furono porta-ti alcuni arredi del precedente orato-rio in particolare due tele tutt’ora

CALURI

La frazione di Caluri è tra le più pic-cole del comune di Villafranca pernumero di abitanti, che ammontanoa 609 (gennaio 2012) e dista 5 chi-lometri dal capoluogo.Le sue origini si perdono nei tempi esul significato del suo nome vi sonoalcune ipotesi: quadruvium (incro-cio di quattro strade), colurnus(nocciolo), quernus (quercia), campicauri (nome di un appezzamento).È molto probabile però che il nomesia da ricondurre al cognome Caluriche compare in documenti a partiredal secolo XIII ed è tuttora presentenel territorio padovano.Non essendovi alcun archivio storicocui fare riferimento, la documenta-zione, rimane legata alla presenza diuna chiesetta o oratorio privato e ciòfavorisce il recupero di alcune noti-zie che partono dal XVI secolo finoai nostri giorni.

1530. Mercoledì 15 ottobre il vesco-vo di Verona Gian Matteo Giberti,dopo aver visitato la parrocchia diVillafranca, nel viaggio di ritorno a

Verona si fermò a visitare anche lachiesetta di Caluri.Dallo scarno verbale pervenutoci siapprende che questa dipendevadalla pieve di Villafranca e che nonvi era cura d’anime, cioè non virisiedeva alcun sacerdote. Era pre-sente alla visita il signor GirolamoVertua che informò il vescovo diessere, con il fratello Angelo, pro-prietario della chiesetta cui era lega-ta la rendita di sei campi di terra.

1652. Un documento ci informacome i Vertua, tra i loro beni di circa400 campi, possedevano a Caluri40 campi di terra che facevano lavo-rare da gente del posto.Oltre ai beni della famiglia Vertua èdocumentata la presenza di benianche della nobile famiglia Pinde-monte. Giovan Battista Pindemontecomunicò infatti nella sua dichiara-zione al fisco del 1696 di avere aVillafranca, in località Caluri, una“possessione” di campi 90, parte“vignati e parte vegri” sterili, affitta-ta per ducati 100 all’anno.

1747. 26 settembre nel verbaledella visita del vescovo si legge chel’oratorio, dedicato a S. Francesco,

L’antica chiesetta oratorio di Caluri.

A cura di Lorenzo Antonini

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esistenti ai lati dell’arcata del pre-sbiterio. Si tratta di due oli su teladi pittore ignoto del secolo XIX,della misura di cm. 176x93, rap-presentanti uno S. Francesco chericeve le stimmate, e l’altroSant’Antonio da Padova con GesùBambino.

1913. 4 dicembre la signora PaolaPeloso, vedova del cavalier ufficialeGiacomo Apostoli, divenuta proprie-taria del terreno con la chiesetta conatto del notaio Giovanni Cerù cedet-te, al prezzo di lire cento, il vecchioe piccolo oratorio alla fabbriceriadella parrocchia di Villafranca “perl'uso esclusivo della chiesetta iviesistente, onde possa servire aibisogni spirituali della frazione diCaluri e quindi esso non potrà maiavere diversa destinazione”. Fuquindi acquistato un appezzamentodi terreno vicino al vecchio oratorio.

1952. L’aumento della popolazioneportò l’esigenza di avere sul postoalcuni servizi: la scuola materna peri bambini più piccoli ed in seguitonel 1974 la scuola elementare. Leprincipali trasformazioni per Calurisono però legate alle vicende del-l’aeroporto sorto a ridosso della fra-zione. La presenza di questa struttu-ra militare fin dagli anni quarantadivenne sempre più consistente econdizionò in maniera determinantelo sviluppo edilizio e urbano del ter-ritorio circostante.

Fin dal 1958 era presente come ret-tore della chiesa don Ettore Ciresolache nel 1961 invitò don GiuseppeGirelli per celebrare una messa coni carcerati. Con l’aumento della po-polazione fu presa in considerazionela possibilità che Caluri diventasseparrocchia autonoma.

1962. 14 aprile il vescovo di Veronamons. Giuseppe Carraro eresse lanuova parrocchia di Caluri dedicataa Sant’Antonio di Padova delimitan-done i confini fra Villafranca, Alpo,Dossobuono e Sommacampagna enominando vicario economo donEttore Ciresola e che, da parroco,guidò la parrocchia per quattordicianni fino alla morte (1976).

1976. 13 giugno fece il suo ingres-so solenne don Luigi Adami. Si ini-ziarono lavori di rinnovo con siste-mazione della canonica e dellachiesa.

1977. Fu concessa la possibilità diprocedere alla costruzione di nuove

Le statue poste sulla facciata della chiesettaparrocchiale: la Madonna e S. Giuseppe.

Ricordo della posadella prima pietra.

Provenienti dal vecchio Oratorio: Oli su tela di pittore ignoto del XIX secolo rappresentanti “San Francescoche riceve le stimate”, “Sant’Antonio da Padova con Gesù Bambino”e le XII stazioni della Via Crucis.

L’antica statua di Sant’Antonio, provenientedal vecchio Oratorio.

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abitazioni, dapprima bloccata dalleautorità militari per motivi di sicu-rezza, dando così notevole impulsoalla crescita della frazione.

1988. Dopo l’intervento di rifaci-mento e rinforzo del campanile fucollocato il concerto in re minore dicinque campane opera del fonditoreveronese Luigi Cavadini, regalatodalla parrocchia di Madonna di Dos-sobuono. L’aumento della popola-zione fece sì che i lavori di sistema-zione e adeguamento proseguisseronel corso degli anni nel rinnovare lestrutture parrocchiali.

1998. Fu ultimato il rifacimento delpresbiterio con il nuovo altare e l’af-fresco dell’abside, ad opera del cap-puccino fra Nathanael Theuma di

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L’abside dipinto da fra Nathanael Theuma di Villafranca nel 1998. Rappresenta Cristo Risorto coni due angeli ai lati del Sepolcro (altare) a sx: le tre Marie, a dx: gli Apostoli, Pietro, Giovanni eGiacomo con San Antonio da Padova patrono della parrocchia.

Villafranca, rappresentante Cristorisorto con ai lati due angeli e duegruppi di testimoni della resurrezio-ne, a destra, gli apostoli Pietro,Giacomo e Giovanni e a sinistra laMadonna, Maria Maddalena e Mariadi Cleofa.

La sistemazione attuale dell’internopresenta: a destra dell’entrata inuovi confessionali, a sinistra la sta-tua lignea di Sant’Antonio daPadova proveniente dalla chiesa cit-tadina del Santi Apostoli, a metàchiesa sul lato destro vi è un altarein marmo trasferito dal presbiteriocon la statua di san Giuseppe e asinistra la cappella con le statuedella Madonna Immacolata, delRosario e di Loreto.

L’interno della chiesa ad una sola navata con la nuova sistemazione degli altari laterali.

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DOSSOBUONO

1037. Per la prima volta il nome diDossobuono compare in un atto no-tarile conservato all’Archivio di Sta-to di Verona.

Il toponimo sembra derivare dal-l’unione di due termini: dosso, cioèaltura, e buono, da intendersi comeaggettivo per contraddistinguere laposizione favorevole in cui sorgeval’antico podere agreste.

La frazione con i suoi 6.399 (gen-naio 2012) abitanti è la più popolo-sa del Comune di Villafranca diVerona. Si trova lungo la viaPostumia, l’antica strada romanafatta costruire nel 148 a.C. dal con-sole romano Postumio Albino cheuniva Genova ad Aquileia attraversoTortona, Piacenza, Cremona, Vero-na, Vicenza, Oderzo.

Le origini sono dunque da ricercarenel Medioevo. È però a partire dal1500 che le notizie sul territoriodivengono più copiose e continuati-ve. Una fonte importante sono infat-ti i verbali delle visite pastorali che ivescovi di Verona facevano periodi-camente a tutte le chiese del territo-rio.

1311. A tale anno risale la costruzi-ne della vecchia parrocchiale dedi-cata a Santa Maria Maddalena,forse in omaggio a Confraternite reli-giose che avevano lo scopo di farepenitenza ispirandosi alla Madda-lena, santa penitente.

1517. 13 gennaio fu firmato il trat-tato di Noyon da Massimiliano I, dalre di Francia Francesco I e dal re diSpagna Carlo V che prevedeva larestituzione di Verona alla repubbli-ca di Venezia dietro pagamento di20.000 scudi d’oro. Le trattative si

svolsero a Dossobuono ed ebberocome protagonisti il vescovo diTrento Bernardo Clesio, il coman-dante francesce Odet de Foix, GianGiacomo Trivulzio comandante delletruppe veneziane e i due provvedito-ri veneti Andrea Gritti e GiovanniGradenigo.Proprio per compensare l’ospitalitàofferta sulla propria terra dalla fami-glia Vertua in occasione di questatrattativa, la repubblica di Veneziaconcesse uno degli ultimi beneficifeudali.

1526. La prima visita documentata,a cura del vescovo Gian MatteoGiberti, alla chiesa di S. MariaMaddalena quando questa dipende-va ancora dalla pieve di S. Pietro diVillafranca.

1585. La pieve viene eretta in par-rocchia con circa 150 abitanti e

facevano riferimento a questa chie-sa le contrade della Maddalena,della Torre, di Dossobuono, di Cal-zoni e di Caselle.I successivi secoli XVII e XVIII vide-ro l’affermazione di alcuni grandiproprietari terrieri. Tra questi: lafamiglia Pantini, la famiglia Vertua ela famiglia Zignoli-Alessandri.Altri proprietari erano la Commendadei Santi Vitale e Sepolcro, la fami-glia Maffei, la famiglia Pindemontee il monastero di Santa Maria degliAngeli.Il territorio di Dossobuono era quin-di costituito da più nuclei che ave-vano diverse appartenenze ammini-strative. Vi era infatti la contradadella Maddalena, nell’attuale zonaattorno al campanile, che era feudodella famiglia Vertua ed era sededella chiesa parrocchiale, luogod’incontro della comunità. Vi era poila contrada di Dossobuono, tra le

L’attuale chiesa parrocchiale di Dossobuono.

La vecchia chiesa parrocchiale di Dossobuono.

A cura di Federica Bommartini

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attuali via Cavour, viale Europa e viaVertua, che faceva parte del territo-rio del comune di Villafranca assie-me alla contrada di Calzoni. Vi erainfine la contrada della Torre diDossobuono, con autonomia ammi-nistrativa, facente parte delle Ca’ diCampagna nel territorio del comunedi Verona.

1818. Dal punto di vista ammini-strativo, dopo le riforme napoleoni-che, con il ritorno degli austriaci ela sistemazione del territorio delregno Lombardo-Veneto, Dossobuo-no viene definitivamente aggregatoal comune di Villafranca di Verona.

Altre date significative della vitadella frazione:

1834. L’inaugurazione di un concer-to di campane sul nuovo campanile.

1838. Il passaggio dell’imperatored’Austria Francesco Giuseppe Id’Asburgo che si recava a Verona.

1851. 7 aprile, l’inaugurazione del-la ferrovia Verona-Mantova-Modenaalla presenza di “molte onorevolipersone”.

1854-55. La carestia e una nuovaepidemia di colera con 80 morti.

1862. Inizio della costruzione delforte Dossobuono, il cui nome tede-sco era Werk Erzherzogin Gisela dalnome della principessa Gisellad’Asburgo-Lorena, che offrì occasio-ne di lavoro a molti sterratori e scar-riolanti del luogo.

1871. 10 dicembre – inaugurazionedel nuovo campanile, dopo il crollodel precedente, con la fusione dicinque nuove campane.

1880. Fondazione della SocietàOperaia di Mutuo Soccorso che con-tava 141 soci e qualche anno piùtardi, nel 1896, prese vita ancheuna “Cassa Rurale”.

1895. Muore l'ultimo discendentedella famiglia Alessandri che lasciatutti i beni di Dossobuono, villa ecampi, per la realizzazione di unospedale per bambini da fondarsi aVerona.

1897. Esercitazione generale del-l’esercito italiano, conosciuta come“grandi manovre” cui partecipa lostesso re d’Italia Umberto I che il18 settembre inaspettatamente visi-ta l’ospedale allestito in “VillaAlessandri” a Dossobuono.

Si chiude così questo secolo che havisto la popolazione passare dai 500abitanti del 1802 ai 6.399 del gen-naio 2012.

Il nuovocampanile.

I monumenti

Il Campanile. Unico testimonesuperstite della vecchia chiesa par-rocchiale, fu costruito tra il 1850 eil 1869 con una pausa dei lavori dialcuni anni.Nel 1871 vi fu collocato un concer-to di cinque campane fuse dallafonderia Cavadini. Il cupolino attua-le fu costruito in sostituzione delprecedente demolito da un fulminenel 1910.

Ex Asilo Infantile (Ora ristoranteCavour) costruito a partire dal 1900su disegno dell’ing. Giuseppe Man-ganotti.A metà degli anni 1960 del 1900fu venduto per far fronte alle spesedi costruzione della nuova scuolamaterna.

L’Ospizio (angolo via Cavour e vialeEuropa attuale sede della BancaPopolare di Verona) già dal secoloXVI era documentata la sua presen-za.

Nel secolo XVIII divenne sede diun’osteria gestita dal Consorziodegli originari di Villafranca, allafine del secolo XIX era conosciutocol nome di villa Baer, dal nomedella famiglia ebrea che l’avevaacquistata, successivamente sededi osteria e trattoria prima delladestinazione attuale.

La stazione ferroviaria in direzione diAlpo. La linea ferroviaria fu inaugu-rata il 7 aprile 1851 allo scopo dicollegare le due fortezze austriachedi Verona e Mantova con un velocetrasporto di truppe e approvvigiona-menti. L’elegante edificio della vec-chia stazione austriaca venne demo-lito alla metà del secolo scorso esostituito con l’attuale.

Villa Baer, vecchia osteria gestita dagli Originari.

La vecchia stazione ferroviaria.La vecchia chiesa parrocchiale.

La vecchia filanda.

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Villa Alessandri. L’attuale edificio fucostruito dalla signora AlessandraAlessandri vedova Zignoli conglo-bando altre costruzioni nella secon-da metà del secolo XVIII. Era questala casa padronale che aveva alledipendenze una vasta proprietà dioltre 400 campi veronesi.

Albergo Caffè Mariotto, sulla stataleper Mantova, punto d'incontro deicittadini di Dossobuono e non.L’edificio era di fronte alla stradaper Alpo, presso la villa dei fratelliAdele e Augusto Mariotto ove eraspesso ospite lo scrittore RenatoSimoni (1875-1952), amico deiproprietari, ora sede dell’HotelOpera.

Corte Ferrari, ora Hotel Veronesi laTorre, grande complesso sorto alposto di questa antica corte.Complesso con una torre imponenteche si nota da lontano. Tutta la zonadi oltre duecento campi veronesi fuproprietà della famiglia Maffei chene mantenne la caratteristica dicorte padronale fino alla metà delsecolo scorso. Dopo alcuni passaggidi proprietà e un periodo di abban-dono, venne alienata e sottoposta aradicale rifacimento trasformandolanel complesso dell’hotel attuale.

Villa Alessandri.

La facciata della nuova chiesa e la lapide attestantela munifica donazione dei fratelli Mariotto .

Il vecchio Albergo Mariotto.

La chiesa Parrocchiale. Costruitadurante gli anni funesti della secon-da guerra mondiale (1940-1943) suprogetto dell’ing. Enea Ronca conmunifica donazione dei fratelliAdele e Augusto Mariotto in memo-ria dei loro cari scomparsi.Il terreno era stato acquistato dallaparrocchia dagli Istituti Ospitalieridi Verona cui era pervenuto dall’ere-dità dei fratelli Alessandri.

La consacrazione della chiesa av-venne il 23 ottobre 1945 dopo lafine della guerra.

Lo stile della chiesa si ispira allechiese romane del 1700 soprattuttonella sontuosità della facciata dovesi stagliano le statue opera delloscultore Beniamino Falda di Taver-nelle Vicentina che ha pure esegitole formelle della Via Crucis e le altresculture.

All’interno il barocco altar maggiore(1726), opera di Cristoforo Bene-detti da Brentonico (1657-1740),proveniente dalla chiesa di S. Ana-stasia di Verona.

A destra dell’entrata è stato postoLa vecchia Corte Ferrari della frazione Calzoni.Oggi Hotel “Villa La Torre”.

La nuova chiesa parrocchiale

Lavori di costruzione della nuova chiesa.

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l’altare della vecchia parrocchiale.

All’interno: la tela con Santa MariaMaddalena (cm 250x150), operadel pittore Pietro Liberi (1614-1687); decorazioni dei pittori vero-nesi Gaetano ed Aligi Miolato;marmi pregiati di Domegliara per lecolonne ed i pavimenti, il pulpito innoce scolpito con formelle dei quat-tro evangelisti e suppellettili variedonate dai munifici fratelli Mariotto.

La pala d’altare (cm 230x140)unica opera nota di AnselmoPrendaglio, pittore villafranchesedel sec. XVIII in cui sono rappresen-tati i santi Antonio abate, Eurosia,Benedetto e Antonio da Padova conin basso la scritta “NOB ET REVBENEDICTUS VERTUA F.F. ANNO1778”.

Inaugurazione e consacrazione della nuova chiesa.

Il maestoso interno della parrocchiale a tre navate con il pulpito in noce con formelle dei quattroevangelisti ancora in evidenza. Le stazioni della Via Crucis in marmo bianco e il grandioso organoinaugurato nel 2000 opera della ditta Fensi - Micheli di Verona con 795 canne e 17 registri. Ilcoro lineo proveniente dalla vecchia chiesa fu realizzato su disegno dell’ing. don Angelo Gottardi.

Il ciclo pittorico della parrocchiale

Le pitture della parrocchiale si ispi-rano all’antica usanza di decorare lepareti delle chiese con cicli di affre-schi che richiamassero: i misteridella fede cristiana, storie della bib-bia e di santi, creando così un cate-chismo intuitivo e leggibile a tuttisoprattutto per chi aveva un’istru-zione limitata.La realizzazione di questo ciclo èstata commissionata al pittore vero-nese Gaetano Miolato (1885-1960),già famoso per interventi in numero-se chiese.

Il maestoso presbitero con nellalunetta “affresco di Cristo Re in tro-no circondato da schiera di angeli”.Il grande altare barocco su cui tro-neggia un monumentale crocifisso.

Ai lati in alto: a dx “L’ultima cena”copia di quella affrescata dal BeatoAngelico nella cella n° 35 delConvento di San Marco a Firenze.A sx: La moltiplicazione dei pani.Nell’arcata sopra Gesù risorto incon-tra la Maddalena “noli me tangere”(non mi toccare) anche questa copiadella scena dipinta dal Beato An-gelico nel convento di San Marco.

Nella lunetta in fondo alla navatadestra (cappella dedicata ai caduti)“Deposizione dalla croce” .Sopra la Bussola d’entrata “Gesùche entra trionfante a Gerusalem-me” rielaborazioni ispirate agliaffreschi di Giotto nella Cappelladegli Scrovegni e ad un’analogheopere del Beato Angelico.

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172 173Sopra la bussola d’entrata “Gesù entra trionfante in Gerusalemme”.

A destra del presbiterio: “L’ultima cena”.

A sinistra del presbiterio: “La moltiplicazione dei pani e dei pesci”.

Nella volta del presbitero:“Gesù risorto incontra la Maddalena “noli me tangere” (non mi toccare).

L’oratorio privato, dedicato allaSanta Croce, fa parte della conti-gua corte Pantini-Bembo Ruzze-nenti nella contrada Calzoni,verso l’Aeroporto.I lavori di costruzione iniziarononel 1688, su iniziativa di donGiovanni Pantini, e si concluseronel febbraio del 1690 con la cele-brazione della prima messa.

Durante le guerre del risorgimen-to fu anche usato come chiesaparrocchiale, quando era troppopericoloso frequentare la stradastatale percorsa dagli eserciti.All’interno una tela (cm 182x99)di autore ignoto del secolo XVIIIrappresenta Cristo crocifisso conai piedi della croce otto figure didolenti.

L’Oratorio di Santa Croce

L’interno e l’esterno dell’Oratorio privato di Santa Croce di Calzoni.

La pala rappresentante Cristo Crocifisso diautore ignoto del XVIII secolo.

Il crocifisso in legno a lato dell’altare.

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1945. Nell’estate, finita la guerra,l’attività della Banda riprese grazie aGiacinto Fantoni che con BattistaMassagrande ed il giovane sacerdo-te don Alberto Piazzi recuperò stru-menti e spartiti e rimise in piedi ilgruppo.Da allora la storia della Banda è pro-seguita ininterrottamente fino aigiorni nostri; una storia legata allevicende di Dossobuono, di cui hascandito e contrassegnato tanti mo-menti significativi, gioiosi e tristi.

1952. Il Corpo Bandistico viene inti-tolato al giovane Dino Fantoni, figliodi Giacinto, adolescente pieno difede e di passione per la musica,che una grave malattia ha stroncatoa soli 15 anni.

1992. Il maestro Giuliano Bertozzoed il presidente Roberto Perrone,nel solco della tradizione che davaspazio ai giovani, assumono la dire-zione del Corpo Bandistico facendo-lo crescere e trasformandolo dasemplice Banda ad Orchestra diFiati ed investendo su corsi di pre-parazione.

1994. Nasce così la Banda Giovane“Bandina” che rivitalizza il gruppoponendo obiettivi sempre più moti-vanti quali: concorsi regionali, na-zionali ed internazionali, fino al con-corso mondiale di Kerkrade inOlanda; concorsi nei quali il CorpoBandistico “Dino Fantoni” si è sem-pre distinto con ottimi risultati.Giovani sono ancora oggi i maestriche insegnano nei corsi di orienta-mento musicale e che dirigono i varilivelli della “Bandina”.

Attività socio-culturali, da alcuni an-ni vengono organizzate e promossedalla Banda, come l’Antica Sagra diDossobuono, la Rassegna Musicaleed il CampoBanda.

BANDA DI DOSSOBUONO

Il Corpo Bandistico “Dino Fantoni”è uno dei gruppi di maggior tradizio-ne nell’ambito associativo di Dosso-buono, avendo festeggiato da poco i90 anni di vita, ma è anche unarealtà giovane e molto attiva. Ed èproprio alla parola giovane che sonofortemente legati la storia ed ilnome di questa Banda.

1921. L’idea di formare una Banda aDossobuono risale ad una mattinadel 1921, quando il parroco donAngelo Menegazzi, mentre si recavaal Santuario della Madonna dellaSalute, incontrò un gruppo di giova-ni che, disposti a ventaglio, siapprestavano a “segare” un prato. Ilsacerdote, incuriosito dalla lorodisposizione, si fermò per fare cono-scenza con questi giovani da pocoarrivati a Dossobuono e per invitarliquella sera alla riunione del CircoloParrocchiale.Pietro, il più anziano, accettò l’invi-to a nome di tutti, a patto però chein tale riunione si gettassero le basiper formare una Banda Musicale.Don Angelo accettò subito la provo-cazione e da quel giorno a Dosso-buono si incominciò a pensare e alavorare per la musica.Gli inizi non furono facili: le dispo-nibilità economiche erano molto li-mitate e spesso il duro lavoro deicampi impediva ai bandisti, ancorasenza una stabile sede, la regolarefrequenza delle prove. Nonostanteciò, la Banda cresceva e si consoli-dava, animando con le sue musichele processioni religiose e la sagra delpaese.

1939. Lo scoppio della II GuerraMondiale costrinse gli uomini a ri-porre gli strumenti e ad imbracciarele armi, così non vi fu più la Musica.

Sfilate di accompagnamento per processioni religiose, 1950.

Concerto per la Festa di San Luigi, anni 1950.

La “Bandina” dei giovani.

Dino Fantoni “uno di noi”.

Il Corpo Bandistico di Dossobuono al Concorso di Fiuggi.

A cura di Diego Grigoli

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1911 Ottobre. Un regio decretosegnò l’inizio della storia aeronauti-ca della provincia di Verona. Conquesto decreto venne assegnato allanostra provincia il compito di ospita-re uno dei sette cantieri destinati adiventare base di appoggio per diri-gibili dell’Esercito e della RegiaMarina. Nacque così, alle dipendenze delSecondo Gruppo Territoriale Orien-tale, l’unità, dotata di 6 aeroplani,presso il campo di volo di SanMartino Buon Albergo.

1915-1918. L’incremento dei repartiin seguito alle vicende della GrandeGuerra rese necessario aumentareanche il numero dei campi di volo efu così che il Comando III GruppoAeromobili del tenente colonnelloResio venne schierato sul nuovocampo di Ganfardine con due squa-driglie da ricognizione, più unasezione di bombardamento.Con la fine del conflitto l’aeroportoperse gran parte dell’attività di vololimitandosi ad ospitare la ScuolaV.S.P. (volo senza visibilità).

Dal vecchio al nuovo Aeroporto

1943. 8 settembre in seguito agliavvenimenti legati all’armistiziodell’8 settembre e alla costituzionedella Repubblica Sociale di Salò del23 settembre, Villafranca si trovòcoinvolta nella Seconda GuerraMondiale. La perfetta conoscenzada parte dei nuovi avversari dellestrutture aeroportuali italiane impo-se all’Organizzazione TODT (grandeimpresa di costruzioni nazista cheoperò impiegando, in tutti i paesioccupati, il lavoro coatto di oltre unmilione e mezzo di uomini e ragaz-zi) la costruzione di numerose stri-sce di atterraggio larghe 15 metri elunghe 1.000 e raccordi per decen-trare i reparti di volo.

1943-1944. Nel corso dell’invernofurono schierati numerosi reparti,ma con l’avanzare delle forze allea-te a sud, i reparti tedeschi rientraro-no presto in Germania. Si formòquindi un gruppo operativo di squa-driglie con 43 caccia, 80 piloti e522 tra ufficiali e sottufficiali consede del comando presso VillaPortalupi a Valeggio sul Mincio.

1944. 26 agosto gli anglo-americanicompresero il pericolo provenientedall’aeroporto n° 27 (Villafranca).Iniziò così una lunga serie di bom-bardamenti che portarono lutti edistruzioni. Da ricordare i violentibombardamenti fra il 17 e 19 no-vembre ad opera di 450 bombardie-ri alleati. Il campo di volo di Villafranca/-Ganfardine è stato sicuramente unodei maggiori protagonisti, avendoattivamente partecipato al conflittocon l’avvicendarsi di diversi gruppidi volo di quasi tutti gli schieramen-ti in campo.L’aeroporto allora aveva una pistalunga 2.000 metri e larga 60, cos-truita in calcestruzzo non armato edera spostato più a sud di quelloodierno racchiuso tra l’attuale viaFirenze a Villafranca e le località diGanfardine e Calzoni.Durante il conflitto dalla base di

Carcasse d’aerei giacenti sulla pista dopo unbombardamento.

Aerei militari e civili sulla pista in cementodelle Ganfardine pronti ad ordini di decollo.

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A cura di Lorenzo Antonini

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Villafranca i caccia italiani decolla-vano quotidianamente (e spesso piùdi una volta al giorno) per affrontaregli aerei nemici, per poi atterrare esparire nei rifugi, protetti e mimetiz-zati sotto gli alberi. Ricevevano ilcarburante da autobotti giunteall’aeroporto di notte, a fari scher-mati, per poter tornare a volare ilgiorno dopo. Certamente l’importan-za di questa base non sfuggì aicomandi alleati che vi condusseropiù di trenta attacchi. I danni furo-no comunque contenuti grazie adalcuni accorgimenti al limite delridicolo ma molto efficaci. Gli aero-plani venivano parcheggiati sotto glialberi nella zona di decentramento emimetizzati con reti mimetiche efrasche o posti negli angoli di aviori-messe già semidistrutte, rimanendoal sicuro da nuovi attacchi. Per diso-rientare e confondere le forze nemi-che venivano spesso allestiti falsihangar di ricovero con simulacri diaerei da combattimento in legnodispersi per tutta la zona aeropor-tuale. Gruppi di avieri si nasconde-vano nei bunker vicini, e quando gliaerei civetta erano colpiti, appicca-vano il fuoco a bidoni pieni di strac-ci per simulare il loro incendio.

Al giorno d’oggi gran poco è rimastodi quel vecchio campo di volo. Neiprimi anni 50 l’Aeronautica Militaredecise di riprendere il possessodella zona, ricostruì l’aeroporto mili-tare nella posizione attuale e granparte di quello che fu l’ex campo divolo di Ganfardine venne cancellato,demolito ed inglobato dalla nascen-te zona industriale e residenziale.

1954. Mese di marzo. Inizia la vita ela storia dell’attuale aeroporto primacon il trasferimento del 3° StormoSupporto Operativo, poi con l’inse-diamento ufficiale del 1° luglio infi-

ne con l’assegnazione dei velivoliF84G “Thunderjet”.

Dell’arrivo dei militari ne risentìtutto il paese di Villafranca e seppurcon diffidenza agli inizi, i nuovi arri-vati si integrarono nella vita socialecontribuendo notevolmente anche alsuo sviluppo economico.L’aeroporto, ora, prende sempre piùimportanza nel contesto militarecon l’arrivo in successione di nuovetecnologie e nuovi aerei T33(1956), RF 104G (1970), AMX(1990).

Nei primi anni ’60 l’aeroporto, purrestando dell’aeronautica militare, èutilizzato anche per voli civili dallaSoc. Arsa-Pac con i primi collega-menti per destinazioni nel nordEuropa e con collegamenti quotidia-ni con Roma.

1978. Con la nascita della Soc.Aeroporto Valerio Catullo di Verona-Villafranca Spa inizia la trasforma-zione dello scalo veronese in vera epropria aerostazione.

1984. Maggio lo Stormo viene intito-lato al Magg. Carlo EmanueleBuscaglia, medaglia d’Oro al valormilitare.

Negli anni ’90, con l’incremento ditransito passeggeri, l’aeroporto con-tinuò nella sua espansione, riqualifi-cazione ed ampliamento dei piazza-li di sosta per aeromobili e parcheg-gi, oltre a nuovi allacciamenti allarete stradale.

2003. 10 settembre, allo stormo vie-ne concessa la Bandiera di Guerra.Continua l’ammodernamento dellestrutture acquisendo la categoriaIIIB, sistema antinebbia, che abilitaad operare fino alla visibilità di 75metri.

Lo stemma dei “4 gatti”.

L’idea dello stemma del 3° stormo risale al1940 da una battuta del Tc. Paolo Mocicomandante del 28° Gruppo: “sempre isoliti quattro gatti... in giro per il mondo”.Dopo varie trasformazioni ed interpretazio-ni del logo a volte irriguardose, “i soliti 4gatti” sono interpretati come rappresenta-zione del reparto che opera di giorno (duegatti su fondo chiaro) e di notte (due gattisu sfondo scuro).

I rumorosissimi aerei a reazione T33 e F104.

La prima stazione aeroportuale in muratura.

Aerei fermi sulla pista in fase di imbarco e decollo.

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2006. Maggio. Si inaugura la nuovastazione arrivi dell’aeroporto.La struttura raddoppia la capacitàdel terminal passeggeri con uno svi-luppo di oltre il 100 per cento,amplia di 3000 mq il terminal arri-vi e per la prima volta nella sua sto-ria raggiunge quota 3.000.000 dipasseggeri transitati in un anno.

2007. 8 giugno - viene concessa laCroce di Cavaliere dell’ordineMilitare d’Italia “per l’opera validis-sima e meritoria svolta nel corsodegli anni dal personale del presti-gioso reparto in operazioni interna-zionali”: Kosovo, Iran e Afganistan.

2008. 11 settembre – l’Aeroporto diVillafranca transita da “AeroportoMilitare aperto al traffico civile” ad“Aeroporto Civile appartenente alloStato, aperto al traffico civile”.

2010. 31 luglio – il servizio Radard’Avvicinamento passa all’Enavmentre il 3° stormo continua nelservizio di torre di controllo ed infor-mazioni volo.

Ora l’aeroporto continua nella suacostante espansione ed è tra i primiaeroporti d’Italia per voli, transitopasseggeri e voli charter per desti-nazioni nazionali ed internazionali.

I primi aerei passeggeri in partenza per Roma.

Aerei passeggeri in attesa di partenza.

Vedute aeree dell’aerostazione e degli impianti aeroportuali civili e militari.

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Verona, riportano “de domo Alpi deCampanea Verona”.Villa: casa di campagna, tenuta opodere. Domus: casa, abitazione,dimora o anche famiglia gente, luo-go, paese. Alpi: di Alpo.

1384. Nell’Ordine degli Statuti deiCapitani Scaligeri “Elenco case dicampagna” troviamo “La casa del’Alpo”.

1439. Sotto il dominio venezianoiniziato nel 1405, la carta cosiddet-ta dell’Almagià, custodita nell’Ar-chivio di Stato di Venezia e di cuiuna copia è conservata presso laBiblioteca Civica di Verona, sez.stampe, 2/d, è la prima rilevazionecartografica del territorio veronese.In essa Alpo con Dossobuono, Pove-gliano, Isola Alta appaiono recintati;lo steccato definiva le terre precluseall’accesso del pascolo.Ancora verso la fine del 1400 siriferisce di molte case di paglia adAlpo. Col passare del tempo, però, sisviluppò una ricca attività produtti-va con l’esistenza di famiglie nobili

che per molti secoli caratterizzaronola storia del paese.

1611. Dalla relazione Contarini ri-sulta che Venezia nominò un Com-missario della Sanità che divise ilterritorio veronese per Comuni. Inciascuno furono mandati un feuda-tario e un notaio per vedere quantierano i morti e i sopravvissuti dallapeste. Risultarono 360 e più Comuni nelterritorio veronese, tra cui Alpo.Successivamente Napoleone li ri-dusse, accorpandoli ed Alpo cessòdi essere Comune.

1804. 2 ottobre Epoca napoleonica.Il “Comune di Somma Campagnacon Alba (= Alpo), Custoza, Ca’ diFontana, Dossobuono ed Ognis-santi” figurava, con altri, nel Can-tone di Villafranca del Distretto diVerona.

1833. Dominazione austriaca. Re-sosi inadatto il vecchio Cimitero chesi trovava in corrispondenza del pre-sbiterio dell’attuale chiesa, a mezzo

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Confina con il capoluogo di Villa-franca, con la frazione di Dosso-buono, con i Comuni di Verona,Castel d’Azzano, Vigasio,Povegliano.Si trova quasi al limite dell’Alta Pia-nura Veronese che manifesta la suafine già nella contrada Chiodo.Infatti là nasce da risorgive la fossaPiombina. (Abitanti 2496 gennaio2012).Nei tempi remoti i gruppi umani siinsediavano presso le sorgenti deifiumi: si vedano Povegliano, Azzano,Forette. La singolarità di Alpo è chesi trova un po’ lontano dalle sorgen-ti. Tuttavia bisogna considerare icambiamenti avvenuti nel corso deisecoli, i quali a loro volta determina-rono il livello alto o basso della faldafreatica. A questa gli antichi emoderni abitanti devono ricorrere,attraverso i pozzi, per attingere l’ac-qua necessaria.Nell’età romana e soprattutto versoil mille d.C. l’Alta Pianura Veroneseera spopolata.In seguito, con l’aumento della popo-lazione, essa fu aggredita da gruppidi famiglie che vi costruirono le lorosedi, procedendo da Sud a Nord.

Cenni storiciII paese di Alpo non fu un unicocentro abitato. Le sue borgate: Alpo,Ognissanti, Dosdegà, Cadellora,Comotto, Ronchi, Ca’ Bianca,Chiodo hanno avuto ciascuna unproprio percorso, legato alle famigliepossidenti che si erano insediate inquei luoghi.Importante la medioevale via Man-toana che, provenendo da Verona,attraversava il paese per dirigersi poiverso Mantova. Lungo essa, infatti,si svilupparono numerosi centri abi-tati.Il nome Alpo è antico ed è ricco diriferimenti storici. Probabilmente fuuna comunità dell’alto Medio Evo,forse un remoto nucleo di gente lon-gobarda.

1084. 18 giugno Alpo appare in“Monumenta Germaniae Historica,Diplomata imperat. et regum in unPrivilegium Enrici IV: “...et decima-tionem ville que vocatur Alpo” pag.485 35. Il documento originale sitrova presso la Biblioteca Capitolaredi Verona.Altre antiche pergamene del 1300,giacenti presso l’Archivio di Stato di

La parrocchiale ai primi del 1900.A cura di Nedda Lonardi

Rilievo raffiugurante il “Battesimo di Gesù”posto sul portale della chiesa.

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della Congregazione Municipaledella Regia Città di Verona, venneaffidato all’ing. Giuseppe Delaini ilcontratto per il nuovo Cimitero erelativi lavori. Il 10 gennaio 1831 ilperito Giuseppe Morelli ne aveva fis-sato il costo in Lire 2.063,65.Il Cimitero sorse su proprietàMalaspina, accanto alla strada con-sortiva denominata Scaiole.

1836-1849-1855. Il Cholera Morbuscolpì gli abitanti di Alpo, Dosso-buono, Villafranca, Quaderni, Rose-gaferro. Le cure degli ammalatierano quasi sempre a carico dei pro-prietari dei fondi. Tra quelli di Alpovengono citati i nobili Catarinetti,Balladoro, Piccoli, ed inoltre AnnaBonuzzi, Lorenzo Aprili, i conti fra-telli Antonio e Paolo Erbisti, glieredi Beghelli, i fratelli Bassani.

1848. 13 giugno i Piemontesi, nellasperanza di occupare Verona, spie-garono l’esercito tra le frazioni diCalzoni e Ognissanti. In casa Ma-galini, sede del quartiere generale,pernottò Carlo Alberto re di Sar-degna, come ricordato in una epi-grafe posta sulla facciata della casastessa. L'avvenimento è inseritonelle operazioni belliche avvenutenel Villafranchese durante la primaguerra di indipendenza nazionale.

1856. Venne fatto il voto per la ces-sazione del colera. Il parroco PietroAlbieri, nel 1963, ottenne da PaoloVI di celebrare la festa votiva inonore della B.V. Maria SalusInfirmorum il 31 luglio di ogni anno.

1867. 14 ottobre II Municipio diVillafranca, Provincia di Verona,Regno d’Italia, espose con un avvisoil nuovo piano di istruzione delleScuole elementari del Capoluogo.Nell’anno successivo il 16 marzo, il

Consiglio approvò il piano per leScuole Maschili e Femminili nellefrazioni di Alpo, Dossobuono e Qua-derni. La nomina dei maestri era dicompetenza del Comune. Vi eral’obbligo di insegnare anche nellescuole serali per adulti.

1871. Dal censimento della popola-zione e delle case indetto dal Co-mune di Villafranca, risultavano adAlpo 400 abitanti, ad Ognissanti303, complessivamente nel paese703 abitanti.Le famiglie erano 141 Alpo com-prendeva: Dosdegà, Cadalora, Ter-mine, Comotto; Ognissanti, ancoradistinto da Alpo, includeva Ronchi,Ca’ Bianca, Chiodo, Rizza, Casotto,Canove, Piombine.

1877. 6 agosto. Fu inaugurata lalinea ferroviaria Verona - Legnago -Rovigo che attraversava il paese.

Alpo e le sue borgate

Ognissanti1178. In: "La campagna di Verona"dal secolo X alla venuta dei Ve-neziani (1405) di G. Ferrari, nelladesignazione dei confini da partedel Comune di Verona dopo alcuneusurpazioni, troviamo a pag. 94 n.54 ...“Usque ad tegetem hospitalisOmniun Sanctorum, que est in cam-panea”, di appartenenza dell’Ospe-dale della Chiesa di Ognissanti inVerona. “Tegetem” si riferisce adabitazione, struttura in legno concopertura di canne o paglia, esisten-te in questo luogo.Le “tegetes” di Ognissanti, poi TezeOmnium Santorum, saranno citatein altri documenti e unite per moltotempo alla storia di Azzano. Feceroparte del Vicariato Malaspina.

Alpo e Dosdegà1277. 18 maggio In una pergamenaDosdegà appare come Doso de Guà.La sua storia è legata alla famigliaDal Verme, documentata in Verona apartire dal 1226.

Nel 1239 si citano i confini delleproprietà di Nicolò Dal Vèrme. Negliultimi decenni del Trecento la riccafamiglia controllava diverse ville.

Nel 1405, all’insignorimento vene-ziano, essa possedeva la villa diAlpo con Dosdegà e zona della Torre(Domus dei Templari) a Dosso-buono.

Nel 1444 il Vicariato di Alpo con ibeni della famiglia Dal Verme adAlpo, Dossobuono, Dosdegà si estin-se.“Ex concessione ducali”, venneunito al vicariato di Villafranca.(ASVr, Comune, Atti del Consiglio,reg. 56 e. 4r.).

Cadellora1546. 1 settembre Paolo e nipotiCampagna rilasciarono “unam pe-tiam terae olim campaniva jacentemin Campanea Veronae in ora Cha dalOra”.

Comotto1555. Anno in cui la località è testi-moniata per la prima volta in undocumento. Storico è il palazzo oraproprietà Nicolis.

RonchiBorgata sicuramente di antica datae più popolata in passato.

1597. Nel rilevamento delle stradedi Azzano risulta la nomina del-

l’esperto “Bartholomaei de Ron-chis”. (ASVr, Antico Archivio delComune, reg. 313). Poiché gliesperti erano scelti in loco, si ritieneche il luogo suddetto sia Ronchi diOgnissanti.

Ca’ Bianca e ChiodoContrade legate alle famiglie deiconti Cabianca e Chiodo.

1655. 14 aprile II signor GiovanniBattista Cabianca venne citato nellarelazione della visita pastorale del14 aprile 1655.

1699. II nobile Giovanni Chiodocanonico fondò l’Oratorio pubblicoche portò il suo nome.

Datata cartolina che raffigura la chiesa attua-le, il campanile e la canonica con in alto, neltondo, un particolare della pala dell’altare.

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La prima chiesa esisteva già nel1300, come annotato nell’Annuariodella diocesi di Verona a cura dellaCancelleria della Curia diocesananell’anno giubilare 2000.Per avere, però, un quadro sufficien-temente completo della storia dellaChiesa di Alpo, occorre rifarsi allanota del Parroco Don Cunego inoccasione della Visita Pastorale delVescovo Avogadro il 26 settembre1793, ed al Pio Racconto Originaledi Giovanni Battista Banal datato 5gennaio 1834.

Entrambi i documenti, pur successi-vi di molto alle varie fasi di realizza-zione, confermano che fu la Chiesadi San Zuane in Campagna a modi-ficare il nome, non il paese, comepoi erroneamente interpretato.La nota del Parroco don DomenicoCunego, in occasione della visita delVescovo Avogadro, afferma che del-l’erezione della primitiva Chiesa nonvi sono fondamenti certi. Si credefosse un oratorio pubblico nominatoSan Giovanni in Campagna.

Con un testamento, fatto nell’anno1400 nella villa di Sirmione daNicolò dell’Alpo, essa fu dotata dicirca 40 campi di terra.Fu consacrata in visitazione da mon-signor vescovo Giovanni Morosini.Il Pio Racconto del Banal così spie-ga: “Quelle poche famiglie che anti-camente vennero a stabilirvi la lorodimora fecero devotamente edifica-re la prima chiesa, dedicata a SanGiovanni Battista ... detta volgar-mente molti anni, S. Zuanne inCampagna. Non si trova epoca disua edificazione, né meno a qualParrocchia era soggetta. Accresciutiin numero li suoi Abitanti, feceroallungare la detta Chiesa nella fac-

ciata. Essa fu dotata di Entrata delledue pezze di terra dette le Scale eTerminon, dal divoto fondatoreNicolò dall’Alpo, abitante nelComune di Torri sul lago di Garda.Famiglia in quel tempo distinta, epossidente, per cui detta Chiesaprese il nome di Alpo, e cessò ilsopradetto in Campagna l'anno1400”.

Il Pio Racconto aggiunge che nel-l’anno 1714 fu allungato il Corodella piccola vecchia Chiesa. Dalpresbiterio alla porta maggiore lalunghezza era di piedi 43, la lar-ghezza di 18,6, l’altezza similmentedi 18,6.In essa vi erano quattro altari: ilMaggiore, di Maria Santissima, diSan Girolamo Dottore e di San CarloArcivescovo, difatti nell’anno 1779di comune consenso, fu riservato ilpresbiterio ed il coro che servivano

come oratorio ai Confratelli dellavenerabile Compagnia del SS.moSacramento. Della primitiva Chiesarimangono ora: il presbiterio, partedelle murature dello spazio per ifedeli, parte della torre campanariaubicata nell’attuale sacrestia. È visi-bile fra il presbiterio e la parte riser-vata ai fedeli un arco, probabilmen-te sovrastante l’altare e una porzionedi pavimento in cotto posto circa cm50 sotto l’attuale.

La costruzione dell’odierna chiesainiziò nell’anno 1754. Terminata inottobre, offerta a Dio, benedetta lostesso mese il giorno 28 dell’anno1772, fu consacrata la Domenica inAlbis del 10 aprile 1774 dalVescovo G.B. Morosini.

Nel 1817 fu trasferito l’anniversariodella Consacrazione alla quartadomenica di ottobre.

L’interno della chiesa dedicata a San Giovanni Battista.

Sopra la volta della cappella invernale: restidel primo campanile e delle murature della pri-mitiva chiesa, rinvenuti durante i lavori dimanutenzione del tetto attuale..

Testimonianze dei muri della seconda chiesaancora visibili sulla parete sud.

Il campanile costruito nel 1800, alto 42 m.

San Giovanni Battista

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L’interno della chiesa si presentacon un’unica navata, ha altari inpietra ed opere d’arte, alcune esi-stenti nella precedente, altre prove-nienti da altre chiese.

Dietro l’Altare Maggiore, si trova lariproduzione della pala originale raf-figurante “Il battesimo di Gesù”,l’originale si trova attualmente incappella invernale (olio su tela dicm 205x385) firmata e datata1714.La tela è attribuita dal Lanceni aLorenzo Voltolini in (“Divertimentopittorico” parte II, volume che con-tiene le pitture delle chiese nelladiocesi veronese 1720), da altriinvece a Giovanni Battista Zusi.Sul lato destro: il quadro della Pre-sentazione di Maria Vergine al tem-pio, opera di Bartolomeo Cittadella(1636-1704), proveniente dallachiesa di San Carlo Borromeo, pre-cedentemente chiesa Sant’Anna, invia San Carlo a Verona. Fu adattatoper l’attuale nicchia nel 1899.Sul lato sinistro: il quadro di Giu-seppe Buffetti (1751- 1812), oliosu tela, rappresentante “La nascitadi San Giovanni Battista”. Tale qua-dro proviene dall’Accademia Manto-vana del maestro cremonese Bot-tani.A sinistra per chi entra in chiesa cisono: l’altare dell’Annunciazione,con la tela del 1700 della Scuola diG.B. Cignaroli, l’altare della Ma-donna del Rosario con 15 formelleraffiguranti ciascuna un mistero,attribuite dal Lanceni al Gobbini.La statua lignea nella nicchia è direcente fattura, sostituisce la prece-dente ugualmente di legno, attual-mente in Cappella invernale.A destra: l’altare della Madonna colBambino in gloria d’Angeli e Che-rubini e Santi Antonio e CarloBorromeo, di Creara Sante (1571-

1630) e un altro altare con il quadrodi San Luigi Gonzaga in gloria traangeli e San Girolamo, di Buratto G.Battista (1731-1787).

Nell’aprile 1799, nella Chiesa diAlpo, ai piedi dell’altare di MariaAnnunciata, fu sepolto il PrincipeFederico di Saluzzo, giovane di 19anni arruolato nell’esercito francese,caduto mentre combatteva nellevicinanze di Verona. La casa Saluzzodi Piemonte fece in suo suffragioistituire un Ufficio annuo del valoredi 40 Lire (documenti giacenti pres-so l’archivio parrocchiale di Alpo).

L’attuale campanile, della primametà del 1800, è alto 42 metri. Hapianta quadrata, proporzioni slan-ciate ed è costituito da una struttu-ra portante lapidea, consistente inquattro pilastri angolari affiancati dacolonne poggianti su basamento inmuratura. È stato recentementeristrutturato dopo che, nell’estatedel 2006 un fulmine ha scalzatol’elemento sommitale, sbrecciato unlato della cuspide e procurato lesio-ni diffuse.

È con le visite pastorali da parte deiVescovi alla diocesi di Verona cheabbiamo maggiore e più certa docu-mentazione, poiché il Vescovo inquelle occasioni faceva annotare ibeni della chiesa, la loro conserva-zione, la situazione riguardante ilclero e il popolo, il numero delleanime ed aspetti di vita locale,come risulta dai documenti conser-vati presso la Curia Vescovile.

Al 1526 risale la prima visita delVescovo Gian Matteo Giberti a“Dosdegatum sive Alpum (Alpo)”.Reddito della chiesa: 100 minali digrano e ci sono 35-40 campi aratorie a vigneto.

Presbitero: pala dell’altare raffigurante il “Battesimo di Gesù, Giovanni Battista e il Cristo attor-niato da tre angeli, in alto lo Spirito Santo e il Padre in gloria d’Angeli”. Olio su tela di cm205x385. Il quadro è una copia dell’analogo dipinto, ora in cappella invernale, firmato e datato1714, attribuito dal Lanceni a Lorenzo Voltolini, da altri a Giovanni Zusi.

Sulla destra: “Presentazione di Maria al tempio” olio su tela, cm 345x190, di BartolomeoCittadella (1636-1704).

Sulla sinistra: “Nascita di San Giovanni Battista: al centro donna con il bambino, a sx S.Elisabetta distesa e a dx S. Zaccaria in atto di ringraziamento” olio su tela di cm 345x190 diGiuseppe Buffetti (1751-1812).

Altare Madonna del Rosario: I Misteri delSanto Rosario (15 riquadri) attribuiti dalLanceni al Gobbini (olio su tela metàXVII sec.) sono posti ai lati della nicchiacon all’interno una statua moderna diVergine con Bambino.

Pala olio su tela , cm 218,5x131.“Annunciazione”: Scuola di G.B. CignaroliXVIII sec.

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Maschera locale ideata dal maestro Orlandi, geniale artista condoti musicali, pittoriche, educative. Coro e maschera trionfaronoalla festa dei carri in Arena in un baccanale degli anni trenta.Per quell’occasione venne confezionata una camicia con due col-letti e due cravatte per due facce, una davanti, l’altra dietro ilcapo. La figura ancora oggi rappresenta la maschera del paese.Il testo del “Muso da du musi”, armonizzato dal maestro Preite,era una satira socio-politica, l’eterno conflitto tra chi detiene ilpotere e chi lo subisce. Il tutto in perfetto dialetto veronese.Del maestro Orlandi si ricorda anche una grande immagine dellaMadonna Assunta in cielo.

Seguirono altre visite da parte delVescovo Giberti e dei suoi successo-ri. Dalle note dei parroci e dalle rela-zioni di alcune visite, risultarono adAlpo nell’anno 1529 n. abitanti100, nel 1655 n. 200, nel 1664 n.200, nel 1793 n. 490, nel 1837 n.538, nel 1881 n. 750, nel 1904 n.800-850, nel 1933 n. 1270.Gli abitanti di Alpo, al 1 gennaio2012 sono 2496.

Notizie attuali

Gli storici palazzi di Alpo, quasi tuttiresidenze di campagna di possiden-ti famiglie nobiliari, non ebberobuona conservazione. Assieme alleloro corti furono rimaneggiati,smembrati, soffocati da modernecostruzioni, sicché risulta difficileanche immaginarli nella loro origi-naria eleganza e bellezza.

Del demolito Oratorio pubblico diChiodo resta un Cristo, sculturalignea di rara fattura, giacente nelpresbiterio della vecchia Chiesa, oracappella invernale. Anche degliOratori privati quasi nulla rimane.Resti di un antico convento, con sulportale lo stemma dei Malaspina, sitrovano nell’attuale corte Dall’Oca.

L’ampia Canonica accanto allaChiesa Parrocchiale, è stata ristrut-turata e sul terreno adiacente èsorto un moderno edificio che ospi-ta il Circolo NOI, le aule per ilCatechismo, le sale per riunioni,manifestazioni ed eventi.

La vecchia scuola elementare di ViaLuigi Bassani, attiva ai primi del XXsecolo, ha lasciato il posto ad abita-zioni, alla sede degli Alpini e ad unambulatorio medico.

Rimane sempre nella stessa via, asinistra, l’edificio del primo asilo,donato nel 1925 dal Comm. VittorioZorzi di Verona, come ricorda latarga marmorea sulla facciata. Sullato opposto, il successivo asilo,fatto costruire da Luigi e Stella Ma-riotto, è stato anch’esso demolitoper realizzare nuove costruzioni.L’attuale Scuola Materna si trova inVia Carlo Alberto, di fronte allaChiesa Parrocchiale. Essa è una tra-sformazione dell’edificio fatto erige-re da don Pietro Albieri intorno al1950, che ospitava le aule per ilCatechismo ed il cimena.La nuova Scuola Primaria è situatain Via Principe Federico di Saluzzo.L’autostrada del Brennero, costruitanegli anni 1970, attraversa il paese.

Alpo è una frazione che negli ultimitempi ha avuto un discreto sviluppoedilizio e demografico.

Sono sorte industrie manifatturiere,commerciali, due banche ed unUfficio Postale.Per lavorare i campi, i pochi agricol-tori rimasti usano macchine edattrezzature moderne. La manodo-pera, ridotta al minimo, è quasicompletamente extracomunitaria. Sicoltivano: frumento, mais, soia,foraggi e, sotto tunnel, ortaggi, fra-gole, meloni, frutti di bosco. Moltesono le piantagioni di kiwi, pesche,mele.

Le botteghe locali, dove si trovavaun po’ di tutto, sono scomparse,come pure le vecchie osterie, luogodi sosta, punto di riferimento diviandanti, ritrovo dove si potevaconsumare un piatto caldo o freddoe bere un bicchiere di vino. Nuovibar, ristoranti e agriturismi conti-nuano ora a rendere il paese piùaccogliente.

"El muso da du musi"

L’antico crocifisso in legno provenientedal vecchio oratorio di Chiodo.

La vecchia scuola materna di Alpo.

Il complesso delle opere parrocchiali.

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RIZZA

La frazione di Rizza è situata allaperiferia nord-est del comune e alconfine con Verona, conta 1.349abitanti (a gennaio 2012).

Le prime notizie relative ad unalocalità chiamata “La Rizza” ce leriporta un documento datato 1686:un disegno eseguito dal PeritoOrdinario dei Beni Inculti diVenezia, Francesco Cuman per inca-rico del Conte Nogarola che necessi-tava di nuovi pozzi per irrigare icampi e far funzionare il mulino.Ecco che sulle mappe storiche com-pare il nome di la Rizza con partico-lare riferimento ad un incrocio tutto-ra esistente tra Strada la Rizza e ViaVerdi. I dettagli architettonici piùantichi e significativi del paese pas-sano di qui: oltre alla chiesettaanche il portone adiacente che sem-brano risalire al 1700.Ad essi sono legate le vicende piùsignificative del nostro paese delsecolo scorso la chiesetta ora in

disuso ma che ha un valore storico espirituale enorme per Rizza comefonte nativa del vivere comunitario.La costruzione della chiesetta/orato-rio iniziò nel 1818 per opera dellafamiglia Zenati su un terreno di pro-prietà per dar modo ai pochi abitan-ti contadini di adempiere al precet-to di ascoltar messa soprattutto “neitempi dè Filugelli e della seta” edurante l’inverno.Completata nel 1819 venne dedica-ta a San Gaetano per particolaredevozione della famiglia Zenati.Di questo piccolo oratorio si hannonotizie sin dal 1837 per le varievisite pastorali; l’ultima risale al1950 da parte di Mons. GirolamoCardinale.

È il 16 dicembre del 1950 ed è ilgiorno in cui viene gettato il semeper la costruzione di una nuova epiù grande Chiesa per Rizza.L’edificazione del nuovo Tempiosacro da sempre fu accompagnatada un moto di don Ippolito: “Con lagalinela e l'oveto femo la cesa eanca il campanileto”.

Venne incaricato l’ing. AlbertoBianchi di redigere il progetto dellanuova chiesa.Si chiese al Vescovo di far rimaneread Azzano il giovane curato donEgidio Baietta che si adoperò percostituire con i capi famiglia uncomitato promotore. Dopo anni durie di tensione i lavori ripreseroimpulso nel 1956 per la “Festadelle bombe” e il 1 novembre del1956, festività dei Santi, venneposta la prima pietra dall’alloravescovo di Verona Giovanni Urbani.Poi una nuova crisi e stop dei lavo-ri. Nel luglio del 1958 arriva a Rizzadon Danilo Rudi e trova il cantierefermo! Spinti dall’energia del nuovocurato, la gente si rianima e si apro-no nuove sottoscrizioni e i lavorivengono ultimati.II 3 ottobre 1959 la Chiesa nuova diRizza è benedetta da MonsignorGiuseppe Carraro pochi mesi dopola morte di don Ippolito l’ispiratoredella nuova chiesa. L’11 ottobre 1960 con decretovescovile viene eretta a parrocchia;primo parroco don Danilo Rudi (dal1960 al 1968) già curato di Azzanodal 1958 al 1960.

Dal 1959 anno in cui viene termina-ta la nuova chiesa, fino ai primi anni‘80 a Rizza si avvicendano tre parro-ci: don Danilo Rudi, don EugenioFranceschetti e don G. Castagna.Il paesino verte sull’attività agricola(Rizza diverrà famosa per la colturadelle fragole!) e l’allevamento.Con la partecipazione della comuni-tà ed alcuni sostegni finanziari ven-gono terminate due strutture fonda-mentali dal punto di vista sociale: ilTeatro parrocchiale nel 1961, l’Asiloe la Scuola materna nel 1968.

A cura di Guido Benedetti

I resti della vecchia chiesa di Rizza.

L’altare a sx dedicato alla Madonna di Pompei.

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Con l’arrivo di don A. Pasquini sisviluppa l’associazionismo e il vo-lontariato che negli anni a seguiretroverà terreno fertile nella popola-zione.Nascono così ufficialmente nel1984 i due gruppi storici di Rizza il“Co.be.f. Comitato Benefico Festeg-giamenti” e la Polisportiva. Il primosi occupa dell’organizzazione dellefeste tradizionali come la Sagra, ilCarnevale, la Festa del Ringrazia-mento, la Festa delle Bombe e ilBruel de la Vecia con finalità dibeneficenza; la seconda coordinainvece tutte le attività sportive eaffini della comunità. Nei primi anni 1990 nasce il CircoloNOI (ex ANSPI) con la finalità dianimare il tempo libero, di struttura-re tutte le attività ricreative parroc-chiali (il vecchio oratorio). Dal vec-chio teatro viene ricavata la Salagiochi-bar con un susseguirsi di pro-poste diversificate atte a soddisfareogni fascia di età ma con maggiorriguardo a quella giovanile. Sempre negli anni 1990 si mettemano al grande progetto di ristruttu-razione del teatro con dispendioeconomico e di energie notevoli.

La struttura rinnovata viene gestitadall’associazione ”Ingranaggio”nataall’interno del Circolo NOI.Questa associazione, nasce nel1996 con l’obiettivo di promuovereattività culturali di vario genere, tea-tro, cinema, recitazione canto, sem-pre nel rispetto dei valori cristianisenza dimenticare le realtà localiper la crescita del territorio.Nel 1999, con il Cobef, si iniziano ilavori di sistemazione di un vecchiocapannone con la costruzione delCentro Parrocchiale che viene ulti-mato nel 2004 grazie alla collabora-zione di numerosi volontari e delleAmministrazioni Comunali.L’opera consta di un salone dellacapienza di 250 posti a sedere, unasaletta per 50 posti, servizi igieniciinterni, cucina attrezzata, magazzi-no ed un’area esterna polivalente.È certamente il nostro fiore all’oc-chiello, orgoglio in primis, del Cobefma di tutta la Comunità perché for-temente voluto e fortemente “colla-borato”.Queste associazioni non son stateferme e nel 2000, con un progettoquadriennale, finanziano integral-mente la ristrutturazione della PistaPolivalente.Alla Rizza fioriscono altre tre realtàche operano per il “bene comune”:“Asfa donatori di sangue Sezione diRizza”, “Associazione Aiutiamoli avivere” per l’accoglienza dei bambi-ni bielorussi, “Centro Rizza”, unarealtà di cittadini della comunitàche si impegna nel portare all’atten-zione della Amministrazioni Comu-nali le carenze strutturali e le esi-genze concrete di una frazione cheseppur piccola è divisa in treComuni (Verona, Castel d’Azzano eVillafranca di Verona).Dagli albori dell’associazionismo deiprimi anni 1980 ad oggi si sonoavvicendati diversi sacerdoti checon entusiasmo e passione hanno

sostenuto ed incoraggiato la comu-nità nei vari progetti.Attualmente la parrocchia, dopo donArmando Faccioli, don Silvio Fin(deceduto qui a Rizza) e don TiberioAdami, è retta da settembre dal gio-vane parroco don Simone Borchiche prosegue nel solco tracciato daipredecessori per il bene di tutti.

L’altare di dx con lapala della Madonna conil bambino Gesù e SanGiuseppe. San Gaetanoda Thiene, compatronodella parrocchia, e SanGualfardo.

L’’interno della chiesa dedicata a S. Gaetano

Il nuovo Teatro parrocchiale dopo la ristrutturazione.

Il Circolo NOI, la piastra polivalente e la strutturaper le feste della comunità.

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Abbè Pierre (1912-2007)Fondatore della Comunità di EmmausHenri-Antoine Groués, detto Abbé Pierre, nasce nel 1912 aLione, quinto di otto figli, da una famiglia benestante. A 15 anni,durante una gita ad Assisi, decide di farsi frate cappuccino. A 19anni entra nel convento di Lione, dopo aver distribuito ai poverila sua parte di eredità. Nel 1942 comincia un’azione di salvatag-gio delle vittime della tirannia nazista: falsifica passaporti, diven-ta guida alpina e trasporta attraverso le Alpi e i Pirenei i fuggia-schi in pericolo. Ricercato dalla Gestapo rientra a Parigi e orga-nizza un laboratorio per la fabbricazione di documenti falsi. Vienearrestato, ma riesce a scappare ad Algeri nascosto in un saccopostale. Dopo la guerra, fonda il Movimento Universale per unaConfederazione Mondiale. Nel 1949 accoglie a casa sua George,ex detenuto che medita il suicidio; inizia così il movimento«Emmaus», il movimento degli Stracciaioli-Costruttori, oggi atti-vo in tutto il mondo.A Villafranca è presente dal 1985 una comunità di Emmaus. Nel2005 in occasione dei festeggiamenti per il ventesimo anniversa-rio, è stata concessa la cittadinanza onoraria all’Abbè Pierre.

Anti Carlo (1889-1961)Archeologo e docente universitarioSi laurea in archeologia a Bologna perfezionandosi successiva-mente a Roma. Ufficiale dell’esercito italiano durante la GrandeGuerra. Nel 1922 vince la cattedra universitaria di Padova, dadove promuove studi sull’arte antica e partecipa a numerose mis-sioni archeologiche in Grecia, Asia Minore, Libia (Cirene), Egitto(Tentynis). Dal 1932 al 1943 è Rettore Magnifico all’Universitàdi Padova arricchendone il museo archeologico con l’acquisto dicollezioni private.

Begnoni Renato - Villafranca di Verona 12-2-1956FotografoTra i più importanti e stimati fotografi italiani viventi è impegna-to da diversi anni nella fotografia di ricerca. Notevole la sua atti-vità artistica che lo porta ad esporre in qualificati spazi in Italiae all’estero. Sue opere si trovano in collezioni pubbliche, privatee musei in: Italia (Museo Alinari a FI, Museo della Fotografia aBS) Francia alla Bibliothèque nationale de France a Parigi,Polonia, Argentina, Museum modern of art di San Francisco USA,Principato di Monaco, Canada, Germania, URSS, Svezia.Nel 1995 partecipa alla XLVI Biennale internazionale d’arte diVenezia nella rassegna “L’io e il suo doppio” - un secolo di ritrat-to in Italia. Presente nel 2000 alla Triennale di Milano. Nel 2002vince il premio nazionale Friuli Venezia Giulia per la fotografia.Nel 2009 partecipa a San Pietroburgo e Mosca con la mostra:

”Italia 1946 - 2006 dalla ricostruzione al nuovo millennio”. Nel2011 ritorna a Venezia nella LIV edizione della Biennale interna-zionale d’arte, Padiglione Italia.Vive e lavora a Villafranca di Verona.

Cavalchini Rinaldo (1291-1362)Letterato e preumanistaFiglio del notaio Oliviero, è più noto come Rinaldo da Villafranca.Nel 1332 Rinaldo si trasferisce a Verona, dove passa come pre-cettore al servizio della Corte Scaligera che gli affida l’educazio-ne e l’istruzione del figlio del Petrarca. Famosi i suoi epitaffi perCangrande I e Mastino II. La stirpe dei Cavalchini si spegne allafine del 1400.

De Martini Angelo (1897-1979)CiclistaProprio in una delle case “dei laorenti” di corte Bembo a Calzoniuna modesta targa in marmo ricorda la nascita di Angelo DeMartini campione di ciclismo, medaglia d’oro alle Olimpiadi diParigi del 1924 nella prova di inseguimento a squadre. Nel 1926finalmente il salto tra i professionisti con numerosi successi.Angelo è famoso per il suo rush finale: un guizzo, un balzo prodi-gioso sulla fettuccia d’arrivo. Presto diventa un idolo internazio-nale. Vince nella “25 ore”, nell’americana a coppie, nella veloci-tà, nel mezzofondo in Italia, in Germania, in Francia. Nel 1929a Berlino De Martini entusiasma la folla nell’inseguimento indivi-duale su pista: 15 incontri, 15 vittorie. Nel 1930 va a raccoglie-re applausi anche in Tunisia, Algeria, Marocco.

Ferrarini Alida - Villafranca di Verona 9-7-1946Cantante liricaDopo gli studi musicali compiuti presso il Conservatorio “F. E.Dall’Abaco” di Verona sotto la guida del Maestro Enzo Cecche-telli, partecipa a numerosi concorsi di canto conseguendo diver-si trofei. Nell’estate 1975 debutta all’Arena di Verona nella “Carmen” diBizet e successivamente nei teatri di Reggio Emilia e Treviso; tea-tri che la vedranno interprete principale negli anni a seguire.I più importanti teatri d’Italia, d’Europa e del mondo l’hanno vistaprotagonista nella interpretazione di diverse opere: “Rigoletto” diGiuseppe Verdi, “don Pasquale” e “L’elisir d’amore” di GaetanoDonizetti, “La sonnambula” di Vincenzo Bellini.L’impegno, la costanza e la bravura l’hanno portata ad ampliaresempre più il proprio repertorio ed essere apprezzata in campointernazionale a fianco dei più famosi cantanti lirici quali:Luciano Pavarotti, Placido Domingo, Balsa, Bruson, Josè Carrerase nelle prime della Scala di Milano con riprese dirette della Rai.Alida Ferrarini è una delle interpreti in campo internazionale più

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apprezzate nel ruolo di Liù nella “Turandot” di Giacomo Pucciniesibendosi tra l’altro a: Buenos Aires, Sidney e Tokyo.Dell’eroina pucciniana, ricordiamo le oltre 160 recite di Micaëlanella “Carmen” nei massimi teatri italiani ed europei.All’Arena di Verona nel 1986 le viene assegnato il prestigiosoPremio “Giovanni Zenatello”.La più bella definizione della soprano Alida Ferrarini è stata datadai giornali a Bordeaux in occasione della “Lucia di Lammer-mour” i quali la hanno definita “La celeste Alidà”.

Franzosi Mario (1915-2002)Insegnante e storiografoCompie gli studi primari (otto classi) nella scuola elementare diVillafranca, allievo della maestra Elena Bozzi. Dimostra sin daragazzo propensione per la storia, la geografia, la linguistica. Compie gli studi medi presso il Collegio degli Stimmatini aVerona e si diploma come maestro nel luglio 1938 pressol’Istituto “Carlo Montanari” di Verona grazie agli immensi sacrifi-ci della mamma, rimasta vedova. Inizia l’insegnamento nellescuole elementari statali. Durante la guerra presta servizio militare, come ufficiale nelnell’87° Reggimento di fanteria divisione “Friuli”, di stanza adArezzo. Sottrattosi con buona fortuna alla cattura dei tedeschi,finita la guerra inizia la serie di trasferimenti come maestro indiversi paesi e località del circondario fino al 1965 quando vieneassegnato al Patronato scolastico di Villafranca dove rimane finoal pensionamento. Numerosa la produzione di monografie e studisu Villafranca e paesi limitrofi in collegamento con la gloriosa efortunata collana “Le guide” dell’editrice Vita Veronese. Nel 2004 viene edita una monografia a cura di G. Franco Viviani“Mario Franzosi il Maestro” Ed. Croma Srl - Dossobuono.

Gaiardoni Sante Giovanni - Villafranca di Verona 29-6-1939CiclistaLa potenza esplosiva dei suoi muscoli da supervelocista gli haconsentito di realizzare grandi affermazioni, in particolar modo dadilettante. In un palmares eccezionale, fanno spicco i due titolidi campione olimpionico ottenuti a Roma nel ‘60 (velocità e chi-lometro, 1’07’27 record mondiale e olimpico) ai quali aggiunge,in quella stessa stagione, il titolo mondiale sulla pista di Lipsiadopo essere stato 2° nel ‘58 e ‘59. In campo nazionale conqui-sta il titolo tricolore del tandem nel ‘58 (con Bianchetto) e nel‘59-60 (con Zanetti) mentre nei Giochi del Mediterraneo ‘59 siimpone sia nello sprint che nel chilometro.Fà razzia di Gran Premi: il Trofeo Gardiol ‘57, Aarhus ‘58, Londra‘59, Parigi ‘60, Copenaghen ‘60 e il Memorial Ellegaard ‘60.Come professionista (1961-70) memorabili match con Maspes

sulla pista di Rocourt nel ‘63 dove riesce a conquistare il suounico titolo mondiale (2° nel 1962 e ‘70, 3° nel ‘66 e ‘69).Campione d’Italia di velocità nel ‘64, fa incetta di Gran Premi nel1961 vincendo a Roubaix, Amsterdam, Aarhus e Roma.Vive a Milano.

Gallo Ettore (Napoli 1914-Roma 2001)GiuristaNasce a Napoli da genitori di origine romana. Rimane orfano dientrambi i genitori (il padre era morto durante la prima guerramondiale nei pressi del Pasubio), all’età di tre anni si trasferiscein Veneto, a Villafranca di Verona, in casa dello zio. Allievo dellaScuola Militare Nunziatella, dopo il liceo classico si laurea inGiurisprudenza ed in Scienze Politiche e vince un concorso dimagistratura. Chiamato alle armi, l’8 settembre del 1943 (uffi-ciale carrista dell’allora Regio Esercito) passa nelle file dei parti-giani, in Veneto; aderendo al Partito d’Azione con il nome di bat-taglia “Maestro”. Catturato dalle truppe naziste, condannato amorte, è salvato dall’arrivo degli alleati. Finita la guerra, lascia lamagistratura e apre uno studio di avvocato a Vicenza. Professoreordinario di Diritto penale, studioso attento e appassionato, auto-re di numerose pubblicazioni. È nominato giudice costituzionaledal Parlamento il 30 giugno 1982 e successivamente, nel 1991,membro della Corte Costituzionale. Muore a Roma il 29 giugnodel 2001 all’età di 87 anni.Cittadino onorario di Villafranca nel 1992.

Girelli don Giuseppe (1886-1978)Sacerdote – “L’apostolo delle carceri”Nasce a Dossobuono ove frequenta le scuole elementari per pas-sare poi all’Istituto Stimate di Verona per i cinque anni delGinnasio. Nel 1903 entra in Seminario Diocesano e nel 1910 èconsacrato sacerdote dal cardinale Bartolomeo Bacilieri.Dopo una prima esperienza sacerdotale a Villa d’Adige, durataotto anni, viene trasferito a Rosegaferro dove rimane per 31 anniprima come rettore (1918) e poi come parroco (1928) fino al1951.Qui organizza la “Pia Unione Sacerdotale per le missioni negliIstituti di pena” ed inizia la predicazione nelle carceri.Fonda nel 1947 il giornale “Croce Bianca”, bimestrale per i car-cerati e le loro famiglie.Nel 1951 si trasferisce definitivamente a Ronco dove apre laCasa San Giuseppe per ex carcerati e fonda nel 1958 la “SestaOpera” per l’aiuto agli ex detenuti e ai carcerati. Per questo suooperare a favore dei carcerati il 09 giugno 1959 il Ministro diGrazia e Giustizia on. Guido Gonella gli conferisce la medagliad’oro con diploma al merito civile della Redenzione Sociale.

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Instancabile il suo lavoro nelle carceri italiane fino al settembredel 1977 quando si ritira all’ospedale di Negrar (Verona) dove il01 maggio 1978, a novantadue anni, muore mentre si accinge acelebrare la Messa.Viene sepolto, per sua espressa volontà, a Maguzzano (Brescia)nella nuda terra dove vi rimarrà fino al 30 aprile 1988 per esse-re definitivamente traslato solennemente nella chiesa parrocchia-le di Rosegaferro.Nei luoghi che l’hanno visto protagonista nelle diverse ricorrenzeè ricordato con monumenti: 1986 a Dossobuono per il centena-rio della nascita, 2008 in piazza a Rosegaferro e 2009 presso lacasa San Giuseppe a Ronco all’Adige.Dal 2002 al 2005 si è svolto il processo Diocesano per la Causadi Canonizzazione. Il 10 novembre 2010 è stata presentata uffi-cialmente alla Congregazione delle Cause dei Santi la “Posìtio”curata dal Relatore Padre Cristoforo Bove, dal Postulatore PadreFlorio Tessari, dai collaboratori esterni dott. Maurizio Cancelli eDanilo Donisi. “Positio” presentata alla popolazione la sera del17 novembre 2010 nel Duomo di Villafranca di Verona.

Giulietta dè CapuletiEroina della produzione di William Shakespeare che ricorda nellatragedia “Giulietta e Romeo” il Castello Scaligero. Principe:“Seun’altra volta oserete turbare in questo modo le nostre contrade,vi farò pagare con la vita l’infrazione alla pace. Per oggi vada così.Via tutti di qua: voi, Capuleti, seguitemi, e voi Montecchi, stase-ra vi troverete al vecchio castello di Villafranca, dov’è il nostro tri-bunale ordinario, e là saprete la mia risoluzione in proposito. Viatutti di qua, ripeto, pena la morte.”

Grigolato Gloria - Villafranca di Verona 18-1-1971Prima ballerina internazionaleGloria nasce a Villafranca di Verona. All’età di 12 anni viene sele-zionata per frequentare l’Accademia di John Cranko Schule diStoccarda in Germania. A 18 anni si diploma e comincia la suacarriera di ballerina. Le viene offerto un contratto all’Opera diDresda dove presto viene promossa prima solista ballando i mag-giori ruoli come prima ballerina del repertorio classico. In segui-to le viene offerto un contratto da Uwe Scholz all’Opera di Lipsiaballando tutti i primi ruoli delle sue coreografie e del repertorioclassico. Dopo alcuni anni passa a Londra, nella compagniadell’English National Ballet con cui balla nei maggiori teatri delmondo: Europa, America, Giappone, Cina, Russia.In Russia viene invitata al festival di R. Nureyev dove le vieneassegnato il premio come miglior ballerina del festival. Ha vintola medaglia d’oro al concorso Danza Europa, medaglia d’oro alPremio Rugantino. Ha conseguito il diploma a Londra come inse-gnante professionale. Attualmente è docente all’accademia diBirmingham e selezionatrice di talenti in Italia.

Marchi Cesare (1922-1992)Scrittore-giornalistaLaureatosi in lettere a Padova, per anni insegna alle medie. Lacuriosità, l’arguzia, il senso della storia, una penna straordinaria,lo portano a scrivere saggi storici, linguistici e di costume, affian-cando l’attività di scrittore a quella di giornalista di fama collabo-rando con i più prestigiosi giornali. Il libro (1984) che gli dàmaggior notorietà aprendogli anche gli studi televisivi è “Impa-riamo l’italiano”. Indro Montanelli non gli perdonò mai il fattoche un veneto avesse insegnato all’Italia la lingua Italiana. Svolgetutte le sue attività senza mai lasciare la sua amata Villafrancadove muore improvvisamente il 7 gennaio del 1992.

Martinelli Giovanni (1904-1974)FarmacistaCompie gli studi elementari e medi inferiori a Villafranca e poifrequenta il Liceo Classico Maffei a Verona. Si laurea nel 1931 inFarmacia presso l’Università di Padova e sostiene l’Esame diStato a Bologna nel 1932.Dal primo gennaio 1938 (XVI anno E.F.) sostituisce il dott.Maraschini nella gestione della farmacia “Alla Rosa” di proprietàdi Ferruccio Faccioli, sita a Villafranca al n. 150 di C.V.E.Nal 1939 ne diventa proprietario e gestore, modificandone ilnome in Farmacia Martinelli.Muore a Villafranca il 3 agosto 1974.Alla morte lascia per testamento la notevole proprietà (farmacia,casa, quadri d’autore) a favore del Comune, della Casa di riposoMorelli Bugna, della Parrocchia e di persone che gli erano statevicine in vita.Il lascito alla Parrocchia contribuirà alla costruzione della nuovachiesa di Madonna del Popolo.

Messedaglia Angelo (1820-1901)Economista e politicoFrequenta a Verona il liceo, che oggi porta il suo nome, e si lau-rea in legge a Pavia nel 1843, dove il governo provvisorio diMilano nel 1848 lo nomina professore di diritto commerciale.Insegna poi economia e statistica a Padova e a Roma. Dal 1866all’84 è deputato e senatore del Regno. Pubblica numerose operedi statistica, di analisi monetaria e catastale. La sua erudizionelo spinge a compiere anche studi di idraulica e geologia e acimentarsi sia nella prosa che nella poesia. Collabora a diverseriviste fra cui Nuova Antologia. È deputato al Parlamento perVerona dal 1866 al 1883 ed è nominato senatore il 10 maggio1884. Muore a Roma il 5 aprile 1901.

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Nicolis Luciano (1933-2012)Imprenditore e fondatore del Museo dell’AutoGià nel periodo scolastico gira in bicicletta per i cantieri edili araccogliere i sacchi vuoti del cemento, collaborando con il padreFrancesco e il fratello Nerino.Nel 1951 acquista un vecchio camioncino militare, che gli per-mette di incrementare notevolmente il lavoro.Il 24 Giugno 1963 costituisce la ditta Lamacart di LucianoNicolis - Lavorazione Materiale Cartario - assumendo tre operai.Nel 1967 acquista 10.000 mq di terreno nella zona industrialedi Villafranca e edifica i primi capannoni.Nel 1968 sposa Renate Faccioli. Dal matrimonio nascono Elena,Thomas e Silvia.Nel 1978 l’azienda Lamacart diviene una società per azioni.Ha condotto l’omonimo gruppo industriale alla leadership nel set-tore della raccolta e del riciclo della carta da macero, ricevendonel 2012 il più ambito riconoscimento internazionale, il “PapyrusAward”, assegnato per la prima volta ad una impresa italiana dalB.I.R (Bureau of International Recycling), associazione che riuni-sce le più importanti società internazionali operanti nel settoredel recupero.Ha costituito e guidato anche altre aziende nel settore della carta.Nel 1966 è stato tra i soci fondatori di A.S.I. (AutomotoclubStorico Italiano) e nei primi anni ’80 è stato anche uno dei fon-datori di A.I.V. (Associazione Imprenditori ComprensorioVillafranchese).Numerosi sono stati i riconoscimenti, le attestazioni, le onorifi-cenze e i premi ricevuti nel corso degli anni, tra i quali: Apollod’Oro nel 1972, Cavaliere della Repubblica nel 1976, GrandeUfficiale nel 1993, Commendatore nel 2004, Laurea honoriscausa in scienze industriali nell’ambito lavorativo;Louis Vuitton Classic a Parigi negli anni 1990, 1998, 2001 e2003 nell’ambito del collezionismo di auto storiche.Nel 1985 inizia a concretizzarsi il sogno del suo Museo che sirealizza con l’inaugurazione del 09 Settembre 2000; unicoMuseo in Italia e tra i pochissimi nel mondo gestito da privati concriteri imprenditoriali.Oggi la conduzione delle attività della famiglia prosegue con ifigli Silvia e Thomas.

Pavanato Alice (1902- 2001)PittriceRimane orfana della madre e del padre in giovanissima età eviene affidata alle cure della zia Fumagalli Angelina. Frequenta icorsi all’Accademia Cignaroli, ed al Liceo Artistico statale. AVillafranca ottiene il primo incarico d’insegnante nel 1935 e quirimane fino all’età di 70 anni. Caricata la bicicletta di cavalletto, tavolozza, colori, si lancia in“ecologiche escursioni” alla caccia di angoli, scorci, colori nei

giardini e nelle campagne villafranchesi.Partecipa a varie mostre: Roma, Padova, Venezia, guadagnando-si anche un invito dalla “Fondazione Bevilacqua La Masa” diVenezia a partecipare alla quadriennale di Roma, alle biennali diPadova e Verona; tutto senza lasciarsi influenzare dalle sireneeconomiche. Vive a Villafranca fino alla fine dei suoi giorni dipin-gendo la quotidianità. Nel 1987 Villafranca le ha dedicato unamostra antologica con catalogo, a Palazzo Bottagisio.

Pomedello Giovanni Maria (1478-1537)Incisore, pittore medaglistaLavora per Federico II marchese di Mantova, per il venezianoGiovanni Emo governatore di Verona e per Lodovico di Canossavescovo di Bajeux. Di certa attribuzione ci sono giunte sei stam-pe datate 1510-1534. In una sua tela, che si trova nella chiesadi San Tommaso Cantuariense a Verona, rappresentante la Ma-donna dello spasimo con San Tommaso, si firma “Pomedellus vil-lafrancorum aurifex veronensis fecit 1524”. Pomedello nei viag-gi a Roma trae spunti per alcuni disegni dai reperti dell’AnticaRoma. Da un disegno raffigurante un sarcofago del Pantheon traeispirazione Giovanni Battista Piranesi mentre Giovanni BattistaMaini si ispira ad esso per la realizzazione della tomba di papaClemente XII.

Prendaglio Germano (1735-1809)PittoreGermano Prendaglio nasce a Villafranca il 15 agosto del 1735.Per impratichirsi nella pittura frequenta lo studio di GiambettinoCignaroli nella sua scuola presso cui anche alloggia. La morteimprovvisa del suo maestro lo costringe ad impratichirsi nell’artedella pittura come autodidatta. Si specializza nell’affresco e nellepittura ad olio. Sue opere si trovano a: Valeggio nell’affresco rap-presentante il Divin Redentore che scaccia i venditori dal tempio,a Villafranca, sua patria, nella piccola chiesa del crocefisso alCastello dove rappresenta alcuni momenti della passione delSalvatore. Si trasferisce poi a Castelgoffredo per parecchi anni equi viene confuso col fratello Anselmo, pittore pure lui, di cui nonrimane ricordo. Il Prendaglio è affascinato dalle miniature su per-gamena; arte appresa da un frate cappuccino. Ritornato a Veronanon ha grandi richieste di questa arte anche se i suoi lavori sonoda paragonarsi a quelli di Girolamo dai Libri, elogiato dai contem-poranei per i suoi soggetti quali: teste bellissime di Madonnedevote e graziose, paesaggi ed atmosfere, o di fantasia.Il principe Eugenio, viceré d’Italia, avendo visto due di questeminiature le acquistò per novanta zecchini. Il Prendaglio fu minia-tore eccellete, nelle sue composizioni cercò il chiaroscuro e la lucecon tinte opache e lucide; fu aggregato all’Accademia di pittura finoal 15 agosto del 1802. Le cronache lo descrivono come uomo “one-stissimo e di pietà cristiana fornito, visse celibe fino alla morte dallaquale fu sorpreso il giorno 21 maggio del 1809 in età d’anni 64”.

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Prina Luigi (1830-1877)Patriota garibaldinoLuigi Prina nasce a Villafranca il 18 marzo 1830, figlio di un cal-zolaio e secondo di nove tra fratelli e sorelle. Dopo aver frequen-tato le scuole primarie a Villafranca, dati gli ottimi risultati puòcontinuare il proprio percorso di studi presso l’Istituto Don Mazzaa Verona, verso un livello di istruzione molto alto per la media del-l’epoca. Nell’autunno 1848 però giunge una prima svolta nellavita di Luigi, egli viene allontanato dalla scuola probabilmenteper aver svolto “propaganda” patriottica. Pertanto, dopo averlavorato per qualche tempo nella bottega del padre, nel 1851 èchiamato alla leva nell’esercito austriaco, presso il ReggimentoArciduca Sigismondo n.45 di stanza a Innsbruck. Avviato alla vitamilitare dopo qualche anno, nel 1855, a causa di difficoltà eco-nomiche, decide di proseguire la carriera nell’esercito asburgico. L’esistenza di Prina ed il processo risorgimentale si incrocianodrammaticamente nel pieno della Seconda guerra d’Indipen-denza che vedeva contrapposte le truppe austriache a quelle fran-co-piemontesi. Il 3 giugno 1859 alla vigilia della battaglia diMagenta Luigi, affermando di non voler diventare “assassino diitaliani”, diserta l’esercito asburgico. Affascinato dal carisma diGaribaldi poco dopo, nei pressi di Varese, si arruola tra i“Cacciatori delle Alpi” con il grado di sergente.Terminata la Seconda Guerra d’Indipendenza Luigi segue ilGenerale nell’Impresa dei Mille, dalla partenza da Quarto, il 5maggio 1860, sino all’incontro di Teano del 26 ottobre 1860.Prina non è l’unico villafranchese a prendere parte all’epopeadelle Camice rosse, ne fa parte anche il compaesano Luigi Zanini.Il congedo per Prina giunge infine ad Asti il 18 febbraio 1861con il grado di tenente ma dato che il Veneto era ancora sottodominazione austriaca l’ex “camicia rossa” è costretto a vivere inesilio in Lombardia sino al 1866. Infatti allo scoppio della Terzaguerra d'Indipendenza si arruola nuovamente, combatte il 3luglio 1866 presso il monte Suello, e dopo il successo italo-prus-siano può finalmente tornare a Villafranca. Si spegne nel luogonatale il 25 marzo 1877 circondato dall’affetto e dal rispetto deicompaesani ma privo di riconoscimenti ufficiali da parte dell’au-torità politica.

Rensi Giuseppe (1871-1941)Avvocato e filosofoTra i maggiori filosofi italiani del Novecento. Studia a Verona e silaurea nel 1893 in giurisprudenza a Roma. A 24 anni dirige ilquotidiano socialista “Lotta di Classe”. Per le sue idee nel 1898emigra in Svizzera dove svolge la professione di avvocato e divie-ne deputato nel parlamento del Canton Ticino. Rientrato in Italiadopo la grande guerra, ricopre l’incarico di docente di filosofiamorale presso l’Università di Genova. Pubblica numerosi saggi difilosofia. Inviso al regime fascista dopo il 1925, viene allontana-to dall’insegnamento.

Muore a Genova nel 1941. Al suo funerale vengono dispersi eschedati i pochi amici presenti; anche da morto turbava il pote-re. Un’epigrafe sulla tomba del cimitero di Staglieno riassume ilsuo stile di vita e la sua indipendenza intellettuale: “Etsi omnesnon ego” (anche se tutti non io).

Troiani Gian Battista (1844-1927)ScultoreNasce a Villafranca il 12 febbraio 1844 in Contrà di Sopra, oravia Nino Bixio, al numero civico 303, modificato successivamen-te in 360. Rimane orfano della madre nel 1852. Il padre si rispo-sa con Vincenza Chiese che aumenta la famiglia di altri 11 figli.Giobatta, così chiamato in famiglia, di carattere mite e per di piùorfano, viene indirizzato agli studi dal curato don GaetanoBellotti, maestro del paese, che lo aiuta ad entrare nell’Istitutodon Mazza. Studia a Verona all’Accademia di Pittura e scultura(l’attuale Cignaroli) e si specializza a Venezia all’Imperial regiaAccademia di Belle Arti.La sua opera maggiore è la statua del Sammicheli in piazzaPradaval a Verona, ma le sue opere sono presenti a Boston, NewYork, Londra e Cagliari dove trascorre gran parte della sua vitaprima di ritirarsi vecchio nella sua natale Villafranca. Riposa dal1927 nel cimitero cittadino.Per maggiori e più dettagliate notizie vedi “Gian Battista Troianisculture” di Renato cav. Adami. Studi Villafranchesi, vol. n.° 17edito nel 2007.

Tumicelli Jacopo (1784-1825)PittoreTrasferitosi ventenne a Milano, affina le proprie doti artistiche eimpara i segreti della miniatura. Realizza alcuni ritratti ad olio,tra cui quello di Ippolito Pindemonte. Si trasferisce quindi aPadova, dove muore a soli quarant’anni. Di lui rimane un dipintosu tavola rappresentante Cristo crocifisso, in origine posto sopral’ingresso del castello di Villafranca ed attualmente presso ilConvento dei Frati Cappuccini di Villafranca.

Zago Luigi (1894-1952)PittoreAutodidatta e successivamente allievo del pittore Vettore ZanettiZilla. Predilige nella sua pittura il paesaggio. Partecipa a nume-rose e prestigiose mostre nazionali ed internazionali: Biennale diVenezia nel 1928, 1930, 1940, Biennale di Roma, Quadriennaledi Torino. Viene definito il pittore delle visioni di pace dipingen-do paesaggi di guerra; rinomata la mostra di Milano “dal Timavoall’Adamello”.

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Sue opere sono presenti in musei d’arte moderna ed in molte col-lezioni private. Trasferitosi in Argentina nel 1949, lavora per ilministero delle belle arti. È conosciuto anche come “il pittore diEvita Peron”. Muore improvvisamente a Buenos Aires nel 1952.Villafranca gli rende omaggio nel 1953 con una grande mostrapostuma e nel 1954 con la posa di una lapide ricordo sulla fac-ciata della natia casa Zago in via Pace.In una lettera all’amico G.Lastronile esprime tutta la sua nostal-gia ed il suo amore per Villafranca: “Così solo, tanto solo / butàdentro stà Argentina / el cor ciapo a man franca / e lo buto aVillafranca”.

Zenari mons. Mario - Villafranca di Verona 5-1-1946ArcivescovoTrent’anni nella diplomazia vaticana, dei quali dieci come arcive-scovo e nunzio apostolico, al servizio della Santa Sede in quattrocontinenti.Monsignor Mario Zenari villafranchese di Rosegaferro, classe1946 terzo figlio di genitori contadini è chiamato: “L’arcivescovocon la valigia”. Ordinato sacerdote nel 1970 dopo sei anni diministero nella diocesi di Verona (curato a Buttapietra e Cerea)nel 1976 viene inviato a Roma dove frequenta la PontificiaAccademia Ecclesiastica e nel 1980 si laurea a pieni voti in dirit-to canonico alla Gregoriana.Inizia quindi la sua vera missione. Cinque anni come segretariodi nunziatura in Senegal e Liberia e tre anni come consigliere allanunziatura in Colombia.È a Bogotà in occasione della visita del papa Giovanni Paolo II enel 1985 è testimone all’eruzione del vulcano Ruiz che provocaventimila vittime.Nel 1988 passa alla nunziatura di Bonn in Germania dove vivenel 1989 in prima persona la caduta del muro di Berlino di cuiconserva ancora un pezzo nella sua casa a Rosegaferro.Nel 1992 è in Romania a Bucarest per tre anni. Passa quindi aVienna (cinque anni) come rappresentante permanente alleOrganizzazioni internazionali di Vienna (diplomazia multilaterale)dove per la Santa sede è membro dell’Agenzia atomica, dell’orga-nizzazione per la sicurezza e la cooperazione in Europa, e quellaper la messa al bando degli esperimenti nucleari.A Vienna lo coglie la nomina ad Arcivescovo titolare di Zuglio(antica diocesi del Friuli) e a Nunzio nel continente nero per cuiritorna, in Costa d’Avorio, Burkina Faso e Niger e vi rimane cin-que anni per passare, nell’estate del 2004, in Sri-Lanka dovevive da vicino l’immane catastrofe dello tsunami.Dall’aprile del 2009 è a Damasco, in Siria dove sta vivendo le tra-gedie di questi ultimi anni.È sempre stato profondamente legato alle tradizioni veronesi: «Hovisto tanti posti ma se dovessi fare un confronto direi che l’Italia

è al primo posto. Provo una certa fierezza quando mi presento edico che sono di Verona. La storia di Giulietta e Romeo la cono-scono in tutto il mondo. Per non parlare della diocesi con il suopatrimonio di fede e di tanti santi anche recenti».

Zoccatelli Giovanni (1866-1892)PittoreNato a Scuderlando (Castel d’Azzano) da una famiglia di brac-cianti, all’età di 10 anni si trasferisce a Dossobuono. A 14 annifrequenta l’Accademia “Cignaroli” di Verona. Nell’anno accade-mico 1882-83 consegue una menzione onorevole in “pieghe didipinto” e nell’anno 1884-85 si merita una medaglia di bronzoper nudo e dipinto, ma specialmente in disegno per teste dalvero. Ha come maestro di pittura Napoleone Nani e di sculturaGiuseppe Poli. Espone nel 1884 all’esposizione biennale dellaSocietà di Belle Arti di Verona con tre quadri. Nel 1892, ultimosuo anno di vita, ormai minato dalla tisi, muore prima di potergodere del successo delle due ultime opere: Giugno in soffitta eCapitale di Rosa, con cui partecipa all’esposizione in onore delreggimento Savoia Cavalleria di cui si celebrava il centenario. IlComune di Verona ha il felice intuito di acquistare il Capitale diRosa, ora esposto alla Galleria d’arte moderna di Palazzo Forti.Quattro anni dopo la sua morte, nel 1896, per interessamento delsuo maestro di pittura Nani, gli fu eretto sul cimitero diDossobuono un piccolo monumento di cui oggi rimane un meda-glione di marmo con il ritratto dello Zoccatelli, opera dello scul-tore Cesare Poli.

Zuliani Giuseppe (1816-1888)LetteratoScrisse la «Grammatica francese senza maestro».

Zuliani Giovanni (1837-1892)PittoreFiglio di Giuseppe, autore di un celebre dizionario della linguafrancese, Giovanni Zuliani s’impiega giovanissimo nelle ferrovieaustriache, ma si dimette per dedicarsi completamente all’arte.Si trasferisce a Torino, dove apre uno studio di pittura nel 1862.Soggiorna spesso a Parigi presso l’amico Tommaso Juglaris a par-tire dal 1875 e successivamente si trasferisce a Firenze e Roma.Muore ancora giovane e in miseria nell’ospedale dei Poveri in SanSalvario di Torino. Le poche opere di lui rimaste sono attualmen-te conservate in collezioni private e presso la Galleria d’ArteModerna di Torino.

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Riferimenti a documenti, testi, notizie, fotografie:

1930 – “Il Tempio del Redentore e il convento dei Cappuccini di Venezia” a cura di p. DavideM. da Portogruaro dei minori cappuccini – Estratto da Rivista di Venezia.

1932 – “Il tempio di Villafranca ed il suo Organo” a cura di don Germano Alberti –edito in occasione del 50° anniversario della consacrazione del tempio.

1937 – “I cappuccini a Villafranca nel centenario del convento (1837-1937)” a cura di padreLino da Rovigo – Tipografia Bozzi, Villafranca.

1960 – “Storia dello sport scaligero” A.E. Carli, Verona.

1965 – “Villafranca” a cura di Mario Franzosi - ed. di Vita Veronese.

1975 – G. F. Viviani, La Villa nel Veronese, G.F.Viviani - Banca Mutua Popolare Verona, Verona.

1982 – “Il culto a Maria nella particolare invocazione di Madonna del Popolo nella Cattedrale di Verona e a Villafranca” a cura di G. Fagagnini e G.Tavan - Mdp Villafranca.

1982 – “Immagine del sacro nel territorio villafranchese dal XIII al XIX secolo” a cura delComune di Villafranca - Bortolazzi-Stei - S. Giovanni Lupatoto.

1983 – “La parrocchiale dei Ss. Pietro e Paolo di Villafranca” a cura di Graziano Tavan –Parrocchia Ss. Pietro e Paolo - Cartografica Veneta di Lonigo.

1983 – “1583-1983 Storia di una comunità” a cura Giuseppe Fagagnini - Parrocchia di Qua-derni - tipolitografia Baschera Luigi - Montorio.

1985 – “ Villafranca di Verona. Dalla preistoria al borgo libero. Nell’VIII° centenario della nasci-ta”. M. Franzosi - Villafranca di Verona.

1985 – “Aspetti di Vita a Dossobuono dal Sec XI al XIX” a cura di Lorenzo Antonini – StudiVillafranchesi 2 - Tipografia La Grafica di Vago di Lavagno - VR.

1985 – “Contributi per lo studio di Villafranca e del suo territorio” di A.B. Buonopane, G. M.Varanini, L. Antonini, E. Filippi - a cura Comitato gestione Biblioteca Villafranca -Editrice La Grafica, Vago di Lavagno - Verona.

1987 – “L’antica area cimiteriale della Pieve dei Ss. Pietro e Paolo di Villafranca” a cura di G. Fagagnini e U. Tellini - Tipo Lito Faccioli Villafranca.

1989 – “Villafranca di Verona. Dal borgo libero ai giorni nostri. Nel 130° anniversario della Pace(1859 – 1989)”, M. Franzosi - Villafranca di Verona.

1994 – “La Banda musicale di Quaderni: 150 anni di storia” in “Studi Villafranchesi” P. Rigolin.11, Villafranca di Verona.

1995 – “Villafranca di Verona – Immagini per la storia 1890-1965” a cura di Giuseppe FrancoViviani, G. Fagagnini – Galleria “La stampa antica” Villafranca.

1999 – “Solo par no desmentegar” a cura di Benvenuto e Mileno Bellesini - Grafiche Fiorini, Verona.

1999 – “Il Veneto paese per paese” Casa Editrice Bonechi, Firenze, V volume, pp. 359 – 364.

2003 – “Mons. Dario Cordioli” a cura di don Egidio Ferrari - Editrice La Grafica, Vago di Lavagno.

2003 – “L’uomo e il sogno” Luciano Nicolis, un’autobiografia - Mondadori Printing spa - Verona.

2004 – “I Capitei di Villafranca di Verona e delle sue frazioni”, in “Studi Villafranchesi” n.15,A. Grigolato - Villafranca di Verona.

2006 – “Le fiere e i mercati periodici del comprensorio di Villafranca di Verona” E. Filippi -Verona.

2007 – “Villafranca di Verona il tempo e lo spazio” a cura di Fernando Zanetti, M. Pecchioli eEnrico Zoccatelli - Tipografia Bozzi Villafranca.

2007 – “Mons. Antonio Ceriani” a cura di Paolo Cordioli – Unit Associati srl - Verona.

2008 – “I Ferari dai Querni” E. Filippi – G. Franchini.

2008 – “Domenico e Felice Brusasorzi” a cura di Graziano Tavan – Parrocchia Ss. Pietro e PaoloSommagrafica, Sommacampagna.

2009 – “Visioni geografiche del tempo” a cura di Fernando Zanetti e Ottica Pozzi - GraficheCorrà - San Bonifacio.

2009 – “L’Oratorio di San Rocco e i tesori di Villafranca di Verona” – a cura del Comitato diSan Rocco di Villafranca – Editrice La Grafica, Vago di Lavagno - VR.

2011 – “La fabbrica del Duomo di Villafranca di Verona” – a cura della Parrocchia dei Ss. Pietroe Paolo di Villafranca di Verona – Editrice La Grafica, Vago di Lavagno - VR.

2011 – “Il proprietario colto e il Ferar dai Querni” E. Filippi – G. Franchini - Verona.

2011 – “Caluri nel tempo dal secolo XVI al XX” Lorenzo Antonini – Sommagrafica di Somma-campagna - VR.

2011 – “Storia dell’Aeroporto civile di Caselle di Sommacampagna” a cura di Renato AdamiTipografia Vengraph snc – Povegliano Veronese - VR.

Tesi di laurea

A.a. 2003 “Il progetto di restauro di Palazzo Bottagisio di Villafranca di Verona” Arch. AntonioBenedetti e Arch. Erika Chesta per il corso di laurea in architettura presso l’Istituto universitariodi Architettura di Venezia.

A.a. 2006/2007 “La tutela dei locali storici in Italia. Il Caffè Fantoni di Villafranca Veronese”D.ssa Modena Martina. Università degli studi di Verona, Facoltà di lettere e Filosofia Corso diLaurea in scienze dei beni culturali.

A.a. 2008/2009. “Il Castello di Villafranca di Verona fra storia e interventi di restauro” d.ssaRocco Martina Politecnico di Milano Sede di Mantova, Corso di laurea in scienze dell’architettura.

A.a. 2008/2009 “Il compianto sul Cristo Morto della Disciplina in Villafranca di Verona” D.ssaElisabetta Benassuti. Istituto superiore di Scienze religiose San Pietro martire di Verona.Per il conseguimento del diploma di magistero in scienze religiose.

A.a. 2009 “Gli affreschi dell’antico oratorio di San Rocco” Luca Ceriani per il corso di Restauroaffreschi e dipinti murali della Prof.ssa Alessandra Cottone dell’Accademia G. B. Cignaroli diVerona.

A.a. 2009/2010 “Villafranca Veronese agli inizi dell’età moderna: l’estimo rurale del 1534” Dott.Luca Dossi Università degli studi di Verona – Facoltà di Lettere e Filosofia. Relatore Gian MariaVaranini.

A.a. 2011/2012 “La resistenza nel sud-ovest veronese (1943-1945)” – Dott. Andrea Tumicelli –Università degli studi di Verona. Facoltà di lettere e Filosofia. Relatore Emilio Franzina.

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La presente pubblicazione vuole essere anche un ringraziamento ed unomaggio a quanti in questi anni hanno contribuito, spesso nel silenzio e nel-l’anonimato, a far ritornare i nostri tesori all’antico splendore, a far ricorda-re “ai vecchi” e riscoprire ai giovani le immagini e la storia delle comunitàdel nostro Comune.

Ringraziamo e ricordiamo:

• I vari Enti ed Amministrazioni, Istituti Bancari ed Associazioni intervenutieconomicamente a sostegno nelle diverse ristrutturazioni.

• Quanti hanno divulgato con scritti e pubblicazioni i tesori del Comune.

• I parroci che nel tempo si sono succeduti e che “hanno sposato” anche acosto di sacrifici per le parrocchie la conservazione e l’abbellimento dellechiese ed opere parrocchiali.

• I numerosi collaboratori che nel silenzio con gratuità e costanza fanno sìche le strutture delle nostre comunità siano sempre godibili e a disposizio-ne della gente.

• Non da ultimi quanti hanno contribuito alla realizzazione della presentepubblicazione.

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Finito di stamparenel mese di dicembre 2012dalla Tipografia La GraficaVago di Lavagno - Verona

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Villafranca, giugno 2012 – Lamacart di Villafranca, società che facapo alla famiglia di imprenditori veronesi Nicolis, ha ottenuto il piùambito Premio internazionale nel settore del recupero e riciclo dellacarta. Il riconoscimento, che per la prima volta nella storia del B.I.RBureau of International Recycling (associazione che riunisce le più impor-tanti società internazionali operanti nel recupero e riciclo di metalli fer-rosi e non ferrosi, carta, tessuti, materie plastiche, gomma) è stato asse-gnato a una Impresa italiana, accentua il contributo di Lamacart in ter-mini di innovazione tecnologica, qualità di prodotti e servizi, impegnoresponsabile verso l’ambiente, comportamenti imprenditoriali impronta-ti a etica e trasparenza.

Il “Papyrus Award 2012” è stato consegnato a Thomas Nicolis,Amministratore Delegato di Lamacart, dal presidente B.I.R - Ranjit

Singh Baxi - nel corso di una cerimonia che si è tenuta a Roma e cheha visto la partecipazione di ben 1200 delegati provenienti da

70 paesi.L’Azienda del Gruppo Nicolis opera da quasi 80 anni

nel settore del recupero e riciclo della carta, per moltotempo definita semplicemente “carta da macero” maconsiderata invece, nella moderna società industriale,una importante materia prima di recupero, riciclabile eche viene pertanto interamente ed efficacemente reinse-rita nella filiera produttiva. Lo sviluppo in termini orga-nizzativi e produttivi e l’avvio delle complesse attività diraccolta e lavorazione che hanno portato Lamacart alla

ribalta internazionale e la vedono partner preferenziale dinumerosi Enti e Istituzioni pubbliche sul territorio naziona-

le, sono state sviluppate da Thomas Nicolis e dal padre Luciano, notoimprenditore veronese scomparso di recente che all’attività industriale hasempre affiancato quella di collezionista di auto d’epoca e promotore dicultura attraverso il Museo Nicolis, da lui fondato nel 2000. La “passio-ne per il recupero”, fatta propria dall’impresa di famiglia, ha consentitoa Lamacart di raggiungere i vertici del mercato avviando al riciclo - oltreun milione di tonnellate di carta l’anno, circa il 20% del quantitati-vo complessivo di carta “da macero” gestito da tutte le Aziende del set-tore. Ed è, in fondo, la medesima passione che ha decretato il successo delMuseo Nicolis, oggi una delle più importanti realtà museali private cheospita 7 collezioni di auto storiche, moto, biciclette d’epoca, strumentimusicali, macchine fotografiche e per scrivere, oggetti inediti dell’inge-gno umano.

Anche nella gestione del Museo la “passione per il recupero”, con-divisa da Luciano Nicolis, dalla moglie Renate e dai figli Silvia e Thomas,è stata la spinta propulsiva che ha consentito di intuire che dove altrivedevano solo veicoli “da rottamare” si nascondevano in realtà gioiellidella meccanica che potevano essere recuperati, restaurati e riportatiall’originario splendore. In questo modo è stato restituito al nostro Paese,soprattutto nel settore delle auto d’epoca, un patrimonio di storia e dicultura altrimenti irrimediabilmente perduto.

La capacità di visione è il tratto distintivo di questa famiglia di indu-striali, dei “padri fondatori” come degli imprenditori di oggi, e i successiche le Aziende del Gruppo Nicolis stanno registrando ne sono la testimo-nianza.

Si è parlato anche di questo nelle motivazioni del Papyrus Award2012. “Lamacart” - ha ricordato il presidente B.I.R. Ranjit Singh Baxi -“testimonia concretamente i valori di un’azienda solida e innovativa,radicata nel tessuto produttivo e nel proprio territorio ma proiettataverso il mondo e impegnata a costruire un futuro migliore, senza ignora-re i valori del passato”.

“Conserving the future by reclaiming the past” è stato detto, conse-gnando a Lamacart e a Thomas Nicolis il prestigioso riconoscimento chefa emergere l’eccellenza italiana in un mercato avanzato, fortementecompetitivo e sempre più globalizzato.

Assegnato alla Lamacart di VillafrancaAssegnato alla Lamacart di Villafrancail prestigioso “Papyrus Award 2012”il prestigioso “Papyrus Award 2012”

dal Bureau of International Recycling (B.I.R)dal Bureau of International Recycling (B.I.R)Per la prima volta un’Azienda italiana viene premiata per la sua attività

nel riciclo e recupero della carta.

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LAMACART È STATA FONDATA DA LUCIANO NICOLIS,

IMPRENDITORE VERONESE CHE HA GUIDATO

L’OMONIMO GRUPPO INDUSTRIALE

ALLA LEADERSHIP NEL SETTORE DELLA RACCOLTA

E DEL RICICLO DELLA CARTA DA MACERO.

IL MUSEO NICOLIS, CHE PORTA IL SUO NOME,

È STATO CREATO PER TESTIMONIARE CONCRETAMENTE

CHE: IMPEGNO, TENACIA E PASSIONE

SONO VALORI IRRINUNCIABILI CHE DANNO SENSO ALLA VITA

E AIUTANO A REALIZZARE ANCHE I SOGNI PIÙ AMBIZIOSI.

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a cura della

“Polisportiva San Giorgio”Villafranca di Verona