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  • INDICE SISTEMATICO

    Copertina

    Frontespizio

    Copyright

    PRESENTAZIONE di Alessando Pesci, Segretario generale ANCI Toscana

    INTRODUZIONE - LA PRIMARIA RESPONSABILITA' DEI SINDACI E DEICONSIGLIERI COMUNALI NEL RIASSETTO TERRITORIALE DOPO LARIFORMA DELRIO, di Giulia Falcone e Carlo Paolini

    1. Le profonde innovazioni della legge Delrio in un sistema di finanza locale in movimento

    2. L’elettività in secondo grado degli organi della città metropolitana e delle province

    3. La città metropolitana

    3.1. La scelta dell’istituzione ope legis delle città metropolitane nel perimetro delleomonime province e la mission del nuovo livello istituzionale

    3.2. Gli organi della città metropolitana e l’inedita “forma di governo” rispetto ai comuni

    3.3. Le funzioni della città metropolitana; l’esigenza della revisione delle legislazioni disettore; le aree possibili di concorrenza di funzioni della città metropolitana e dei comuni:perimetrazione delle rispettive latitudini e grado di flessibilità nel loro esercizio (comma 44)

    3.4. Contenuti necessari e contenuti eventuali dello statuto

    3.5. Procedimento di costituzione della città metropolitana

    4. La provincia riformata

    5. L’associazionismo intercomunale: unioni di comuni e convenzioni fra legge statale elegge regionale

    6. Le fusioni di comuni e l’esperienza toscana

    Abbreviazioni utilizzate nel testo

  • Documentazione

    I. Codice europeo di comportamento per gli eletti locali e regionali. Congresso dei poterilocali e regionali del Consiglio d’Europa. 2004

    II. Decreto del Ministero dell’interno 4 aprile 2000, n. 119

    III. Circolare INPS 26 novembre 2012, n. 133

    Indice analitico

    Bibliografia

    CAPITOLO 1 - IL COMUNE

    1.1. Gli Enti Locali

    1.2. Il Comune Ente autonomo

    1.3. Le funzioni amministrative del Comune

    1.3.1. La natura delle funzioni amministrative

    1.3.2. Le funzioni amministrative fondamentali, proprie e conferite

    1.3.3. Il contenuto delle funzioni amministrative fondamentali

    1.3.4. Le Regioni e le funzioni amministrative

    1.4. Lo Statuto

    1.5. Il Regolamento

    1.6. Le forme associative e di cooperazione tra Enti Locali

    1.6.1. Le Comunità montane

    1.6.1.1. Le funzioni delle Comunità montane

    1.6.2. Le Comunità isolane o di arcipelago di isole

    1.6.3. Le Unioni di Comuni

    1.6.3.1. La precedente disciplina

    1.6.3.2. La nuova disciplina

  • 1.6.3.3. La fusione di Comuni

    1.7. Le funzioni amministrative esercitate in forma associativa

    1.7.1. Le Convenzioni

    1.7.2. I Consorzi

    1.7.3. Gli accordi di programma

    1.7.3.1. Le tipologie di accordi di programma

    1.8. La Città metropolitana

    1.8.1. Le nuove disposizioni sulle Città metropolitane

    CAPITOLO 2 - IL SINDACO

    2.1. Il Sindaco

    2.1.1. Il potere di indirizzo e i poteri di gestione amministrativa

    2.1.2. Il potere di revoca

    2.2. Il Sindaco Ufficiale di Governo

    2.3. Il Sindaco organo del Comune e autorità sanitaria locale

    2.4. Gli atti amministrativi di competenza del Sindaco

    2.5. Il potere di ordinanza del Sindaco

    2.5.1. Le ordinanze contingibili e urgenti del Sindaco quale Ufficiale di Governo

    2.5.2. Le ordinanze adottate dal Sindaco quale organo del Comune

    2.6. Il potere di requisizione

    2.7. La competenza del Sindaco a irrogare sanzioni su fattispecie di reato depenalizzate

    2.8. Il Sindaco e la comunicazione istituzionale

    2.9. La durata del mandato del Sindaco e dei Consigli. Il limite dei mandati

    2.10. Il programma amministrativo del Sindaco

    2.11. La mozione di sfiducia

    2.12. Le dimissioni, l’impedimento, la rimozione, la decadenza, la sospensione o il decesso

  • del Sindaco

    2.13. La relazione di fine mandato

    2.14. La responsabilità politica del Sindaco

    2.15. L’eleggibilità a Sindaco

    2.15.1. L’ineleggibilità

    2.15.2. L’ineleggibilità e l’incompatibilità alla carica di Sindaco

    2.15.3. La perdita delle condizioni di eleggibilità e l’incompatibilità

    2.16. L’incandidabilità alle elezioni comunali

    2.17. La sospensione e decadenza di diritto degli amministratori locali in condizione diincandidabilità

    2.18. L’elezione del Sindaco e del Consiglio nei Comuni sino a 15.000 abitanti

    2.19. L’elezione del Sindaco nei Comuni con popolazione superiore a 15.000 abitanti

    2.20. L’incompatibilità

    2.21. La decadenza dalla carica di Sindaco

    2.22. Il vice Sindaco

    2.23. Il Segretario comunale

    CAPITOLO 3 - IL CONSIGLIO COMUNALE

    3.1. Il Consiglio comunale

    3.2. La composizione del Consiglio comunale

    3.3. L’elezione del Consiglio comunale nei comuni con popolazione superiore a 15.000abitanti

    3.4. Il Consiglio comunale. Funzionamento

    3.5. Le Commissioni

    3.5.1. Le Commissioni consiliari

    3.5.2. Le Commissioni consultive

    3.5.3. Le Commissioni d’indagine

  • 3.5.4. La Commissione elettorale

    3.6. La presidenza dei Consigli comunali

    3.7. I compiti e le funzioni del Presidente del Consiglio comunale. Quadro di sintesi

    3.8. La revoca della carica di Presidente del Consiglio comunale

    3.9. La convocazione della prima seduta del Consiglio

    3.10. Gli adempimenti della prima seduta

    3.11. La convocazione del Consiglio

    3.12. La validità della seduta consiliare

    3.13. La mozione di sfiducia al Sindaco

    3.14. La convocazione straordinaria del Consiglio come diritto di iniziativa della minoranza

    3.15. I gruppi consiliari

    3.16. Le attribuzioni del Consiglio. Atti fondamentali

    3.16.1. Le attribuzioni del Consiglio. Altre competenze

    3.17. I pareri sulle proposte di deliberazione

    3.18. Il controllo sugli atti

    3.19. Il controllo sugli organi del Comune

    3.19.1. Lo scioglimento del Consiglio comunale. Casi

    3.19.2. La sospensione del Consiglio comunale

    3.19.3. La rimozione e sospensione di amministratori locali

    CAPITOLO 4 - LA GIUNTA COMUNALE

    4.1. La Giunta comunale

    4.2. La nomina della Giunta

    4.3. La composizione della Giunta

    4.4. Le pari opportunità: la rappresentanza femminile nella Giunta

    4.5. Le competenze della Giunta

  • 4.6. La pubblicità delle sedute della Giunta e la partecipazione di persone esterne

    4.7. L’incompatibilità tra Consigliere comunale e Assessore nella Giunta

    4.8. La revoca dell’Assessore come atto politico di natura discrezionale

    CAPITOLO 5 - LA CANDIDABILITÀ, L’INCANDIDABILITÀ, LA SOSPENSIONE,LA DECADENZA, L’INCOMPATIBILITÀ E L’INELEGGIBILITÀ DELCONSIGLIERE COMUNALE

    5.1. I principi costituzionali e dell’Unione europea sul diritto politico al mandato elettivo

    5.2. Lo status degli amministratori locali

    5.3. Il diritto a ricoprire cariche pubbliche

    5.4. Il Consigliere comunale. Entrata in carica e durata

    5.5. La candidabilità alle elezioni comunali

    5.6. L’incandidabilità alle elezioni comunali

    5.7. La sospensione e decadenza di diritto degli amministratori locali in condizione diincandidabilità

    5.8. L’incompatibilità del Consigliere comunale

    5.8.1. L’incompatibilità tra Consigliere comunale e assessore nella Giunta

    5.8.2. L’incompatibilità per Consigliere regionale, provinciale, comunale ecircoscrizionale

    5.9. Ineleggibilità dei Consiglieri comunali

    5.9.1. Le cause che liberano dall’ineleggibilità o incompatibilità

    5.9.2. La perdita delle condizioni di eleggibilità e incompatibilità

    5.9.3. La contestazione delle cause di ineleggibilità ed incompatibilità

    5.9.4. L’azione popolare

    5.10. Le dimissioni del Consigliere comunale

    5.11. La decadenza del Consigliere comunale

    5.12. La surrogazione e la supplenza dei Consiglieri comunali e circoscrizionali

  • CAPITOLO 6 - I DIRITTI, I DOVERI, I PERMESSI, LE ASPETTATIVE E GLIONERI DEL CONSIGLIERE COMUNALE

    6.1. I diritti del Consigliere comunale

    6.2. Il principio della trasparenza amministrativa

    6.2.1. Il diritto di accesso ai documenti. Aspetti generali

    6.2.2. Il diritto di accesso civico

    6.2.3. Il diritto di informazione e di accesso ai documenti dei Consiglieri

    6.2.4. Il limite alle richieste d’accesso. La privacy

    6.2.5. Il diniego di accesso agli atti

    6.2.6. Il diritto di accesso del cittadino e il diritto a ottenere informazioni e notizie delConsigliere

    6.2.7. Il diritto a non essere trasferiti durante l’esercizio del mandato

    6.3. I doveri del Consigliere comunale

    6.3.1. Il dovere di rispetto del principio di distinzione tra poteri di indirizzo politico-amministrativo e i poteri di gestione amministrativa

    6.3.2. L’obbligo di astensione

    6.3.3. Il divieto di ricoprire incarichi e svolgere consulenze

    6.3.4. Il divieto speciale di comprare

    6.3.5. Gli incarichi ai Consiglieri senza rilevanza esterna

    6.4. I permessi e le licenze

    6.5. Gli oneri per i permessi retribuiti

    6.6. L’aspettativa per il mandato elettivo

    6.7. Gli oneri previdenziali, assistenziali e assicurativi e le disposizioni fiscali e assicurative

    6.7.1. Le quote forfetarie

    CAPITOLO 7 - LE INDENNITÀ DI FUNZIONE, I GETTONI DI PRESENZA E LESPESE DI VIAGGIO DEL CONSIGLIERE COMUNALE

    7.1. L’indennità di funzione e il gettone di presenza

  • 7.2. La determinazione dell’indennità di funzione e del gettone di presenza

    7.2.1. La misura dell’indennità di funzione

    7.2.2. Il gettone di presenza

    7.2.3. Il D.M. Interno 4 aprile 2000, n. 119. Tabelle e indennità

    7.3. Il divieto di cumulo

    7.4. Il rimborso delle «spese di viaggio»

    7.5. La missione

    7.6. La partecipazione alle associazioni rappresentative degli Enti Locali

    7.7. Gli oneri previdenziali, assistenziali e assicurativi e le disposizioni fiscali e assicurative

    7.8. Gli obblighi di pubblicazione concernenti i componenti degli organi di indirizzo politico

    7.9. L’anagrafe degli Amministratori locali

    CAPITOLO 8 - LE RESPONSABILITÀ DELL’AMMINISTRATORE LOCALE

    8.1. Il regime delle responsabilità

    8.2. La giurisdizione

    8.3. La responsabilità personale e il termine prescrittivo

    8.4. La responsabilità dei Consiglieri nelle deliberazioni collegiali

    8.5. Le responsabilità da indebitamento e da dissesto finanziario

    8.6. Il giudizio di responsabilità amministrativa e il rimborso delle spese legali e di difesa

    8.7. La copertura assicurativa per i rischi connessi all’esercizio del mandato

  • MARIO FALANGA

    GUIDA PER L'AMMINISTRATORECOMUNALE

    STATUS, FUNZIONI, COMPETENZE DEGLI AMMINISTRATORI LOCALI

    INTRODUZIONE A CURA DI GIULIA FALCONE E CARLO PAOLINI

    I edizione 2014

  • PRESENTAZIONE

    I mesi che ci aspettano saranno senza dubbio ricchi di novità per i Comuni toscani. Le elezionicomunali di primavera, che hanno coinvolto ben 204 amministrazioni locali (tra le quali, per laprima volta, 7 nuovi enti frutto di fusione) hanno contribuito a ridisegnare in manierasignificativa la mappa geopolitica della nostra regione. La nuova classe politica uscita dallatornata elettorale è chiamata a compiti quanto mai impegnativi ma anche, allo stesso tempo, asfide affascinanti, forse inimmaginabili fino a qualche tempo fa. Uno scenario denso dicambiamenti, come mai avvenuto prima nella storia dei Comuni e della loro Associazione dirappresentanza, attende gli enti toscani e coloro che li governano.

    Gli aspetti più propriamente relativi a status, funzioni e competenze dell’Amministratore locale,con tutti gli aggiornamenti normativi del caso, sono oggetto di una diffusa e puntale trattazionenelle pagine che seguono. Pertanto, mi limiterò qui a soffermarmi su due temi, con cui i nuoviamministratori saranno chiamati a confrontarsi all'indomani della loro nomina.

    Da un lato, la drammatica situazione della finanza locale, che impone all'interno degli enti difare i conti con risorse sempre più limitate, che rendono difficile anche il mantenimento diservizi essenziali. È giunto il momento di eliminare una volta per tutte quei vincoli cherappresentano un freno per l’autonomia locale e rilanciare gli investimenti, così da mettere iComuni nelle condizioni di poter fare davvero da traino per la ripresa del Paese. Per questo,non si dovranno perdere le opportunità derivanti dai nuovi fondi europei, probabilmente gliunici finanziamenti davvero a disposizione per dispiegare le capacità di progettazione einnovazione degli enti nel prossimo futuro.

    Dall'altra parte, i cambiamenti che attendono gli enti dal punto di vista dei riassetti istituzionalidelineati dalla "riforma Delrio" avranno una portata rivoluzionaria: l'imminente avvio delle cittàmetropolitane, il parziale superamento delle province, le ipotesi di riforma costituzionale e dicreazione di un Senato delle autonomie non potranno non tradursi, di riflesso, in una funzionesempre più centrale e di rilievo assunta dalla figura dell'amministratore comunale. Chiamato amaggiori compiti e responsabilità nei confronti dei cittadini, ma anche maggiormente in grado diincidere e di contribuire a dettare l'agenda dei prossimi mesi.

    Nella fase che si apre, ora più che ma, i Comuni, gli Amministratori - e certamente la loroAssociazione di rappresentanza, che ha dimostrato già in questi anni di poter fare da apripistaper progetti e provvedimenti innovativi - dovranno essere in grado, più di ogni altro soggettoistituzionale, di interpretare il cambiamento e di svolgere un ruolo da protagonisti nellacostruzione dei nuovi assetti.

    Alessandro Pesci

    Segretario generale

    ANCI Toscana

  • INTRODUZIONE - LA PRIMARIA RESPONSABILITA' DEI SINDACI E DEICONSIGLIERI COMUNALI NEL RIASSETTO TERRITORIALE DOPO LARIFORMA DELRIO, di Giulia Falcone e Carlo Paolini

    1. Le profonde innovazioni della legge Delrio in un sistema di finanza locale inmovimento

    Gli amministratori locali, eletti nella tornata elettorale della primavera 2014, si troveranno difronte a scenari istituzionali del tutto nuovi, con scadenze amministrative ravvicinate (laelezione del consiglio metropolitano, per quelli della provincia di Firenze, e degli altri consigli epresidenti provinciali, per quelli delle altre provincie toscane) in vista dell’avvio della cittàmetropolitana e delle provincie riformate e un assetto dei poteri locali incentrato su un’unicaclasse dirigente costituita da amministratori comunali.

    Con la L. 7 aprile 2014, n. 56, d’ora in avanti indicata come legge Delrio, dal nome dell’alloraministro proponente, sono state introdotte innovazioni nell’ordinamento degli enti locali digrandissimo rilievo che innescheranno un processo di trasformazione destinato ad impegnarel’intero sistema per i prossimi anni. Le linee direttrici su cui interviene la legge Delrioriguardano:

    - la istituzione direttamente per legge delle città metropolitane con un proprio ordinamentodifferenziato quanto a ruolo di governo e proprie funzioni fondamentali nonché in virtù di unaamplissima autonomia statutaria;

    - il sistema elettorale basato sulla elezione di secondo grado degli organi delle cittàmetropolitane (consiglio metropolitano) e delle provincie riformate (presidente e consiglioprovinciale);

    - la ridefinizione delle funzioni fondamentali delle provincie suscettibile di differenziazioniterritoriali per effetto delle leggi regionali e, ancor più, delle scelte statutarie che dovrannoessere affrontate dai nuovi organi eletti in secondo grado a seguito della legge Delrio;

    - un ulteriore intervento di rafforzamento e incentivazione dei processi associativi comunaliindividuando nelle unioni di comuni il soggetto istituzionale meglio rispondente a tale esigenza diaggregazione gestionale delle funzioni dei comuni, e non solo di quelli più piccoli obbligati perlegge alle gestioni associate;

    - una più completa disciplina idonea a favorire le fusioni di comuni, sempre nell’ottica delmiglior assetto territoriale dell’istituzione di base costituita dai comuni.

    In relazione al dibattito istituzionale e costituzionale in corso, va segnalato che la legge Delrio,per quanto attiene alle province, necessariamente resta ancorata all’attuale quadrocostituzionale del Titolo V riformato nel 2001, comunque già proiettata nella logica delleproposte di modifica dello stesso titolo V della Costituzione all’esame del Parlamento checontempla, fra gli altri, la soppressione delle province, la quale implicherà tuttavia - come delresto risulta previsto nel DdL di revisione costituzionale - prevedere e disciplinare il soggetto diarea vasta per quelle funzioni e servizi gestibili in modo funzionale ed efficace solo in quella

  • dimensione.

    Per il buon funzionamento del sistema istituzionale locale, non si può ignorare che interventicosì rilevanti negli assetti territoriali richiedono un coerente sistema di finanza locale che diapiena attuazione ai principi fondamentali dell’art. 119 della Costituzione. Ai comuni, alleprovince e alle città metropolitane devono pertanto essere assicurate, tramite i tributi propri,compartecipazioni a tributi erariali riferibili al proprio territorio ed i fondi perequativi di caratteresolidaristico per i territori con minori capacità fiscali, risorse sufficienti a finanziareintegralmente le funzioni pubbliche loro attribuite. L’autonomia finanziaria di entrata e di spesasarà da esercitarsi, come di recente sancito con le modifiche di cui alla legge costituzionale n.1/2012, nel rispetto dell’equilibrio dei relativi bilanci e concorrendo ad assicurare l’osservanzadei vincoli economici e finanziari derivanti dall’ordinamento dell’unione europea. Richiamati icardini costituzionali, con queste note introduttive ci si limita a ricordare che sull’attuale assettodella finanza locale è da ultimo intervenuta la legge di stabilità 2014 del 27 dicembre 2013 n.147, istitutiva della imposta unica comunale, IUC, che riassume tre distinti prelievi: IMU, TASIe TARI, oggetto di successiva necessaria disciplina approvata, poi, con il D.L. n. 16/2014,convertito nella L. n. 68/2014. Ma, come si diceva, non fosse altro che per la istituzione dellecittà metropolitane (ma anche per il riordino delle funzioni fondamentali di area vasta) cheentreranno in funzione con il 2015, dovranno attendersi nuovi interventi legislativi in materia difinanza locale a partire dal prossimo 2015.

    Nel trattare le novità fondamentali intervenute nel sistema autonomistico territoriale, sembrautile a questo punto, per gli impegni che attenderanno i sindaci ed i consiglieri, passare inrassegna le innovazioni e le modificazioni più sopra sintetizzate, che naturalmente trovano, poi,riscontro puntuale nei vari istituti dell’ordinamento degli enti locali trattati nei capitoli delpresente volume. In primo luogo si affronterà la tematica dell’elezione in secondo grado degliorgani della città metropolitana e della provincia, quindi si tratterrà, rispettivamente, dei trattiessenziali del nuovo livello istituzionale costituito dalla città metropolitana e dalla provinciariformata ed, infine, del quadro normativo per l’associazionismo finalizzato all’esercizio dellefunzioni comunali e per le fusioni.

    2. L’elettività in secondo grado degli organi della città metropolitana e delle province

    Si è già più sopra richiamata la portata innovativa destinata a cambiare radicalmente il sistemaelettivo degli organi con la introduzione, per la prima volta nella storia delle istituzioni locali,della elettività di secondo grado. Tralasciando ogni valutazione di carattere politico, che esulada queste note di ausilio istituzionale, l’indubbio effetto che si viene a determinarecircoscrivendo l’elettorato attivo e passivo per la elezione del consiglio metropolitano (il sindacometropolitano è, come si vedrà, individuato dalla legge nel sindaco del comune capoluogo), delconsiglio provinciale e del presidente della provincia riformata esclusivamente ai consigliericomunali e ai sindaci è quello di demandare la responsabilità di amministrare i territori, sia inambito comunale che in quello di area vasta, ad un'unica classe dirigente amministrativa localeeletta direttamente dai cittadini nelle elezioni comunali. È la democrazia comunale, quindi, cheoffre il personale politico dedicato ad amministrare atti enti e livelli istituzionali. Quale nesaranno gli effetti e gli sviluppi sarà l’esperienza a dircelo, peraltro non escludendo affatto cheper un meccanismo così innovativo si rendano necessari più interventi correttivi proprio inragione di anomalie, discrasie e comunque effetti indesiderati e inaccettabili che inevitabilmente

  • si verificheranno in sede applicativa; una cosa però è indubitabile: poiché una delle richieste chesale dall’opinione pubblica e dal sistema economico è quello di perseguire la “semplificazioneistituzionale”, che significa eliminare sovrapposizioni e appesantimenti nell’esercizio di compitie competenze (chiarezza nel riparto delle funzioni pubbliche), concentrando ora laresponsabilità, anche con l’esercizio della potestà statutaria, di dirigere politicamente eamministrativamente i comuni e l’istituzione di area vasta nell’unica classe dirigente diestrazione comunale, ci si dovrebbe almeno attendere una coerente visione d’insieme nelregolare e governare l’assetto dei compiti e delle funzioni che superi i noti difetti dello scarsocoordinamento e coerenza di condotte fra le istituzioni locali. Di queste aspettative si dovrannofar carico, oltre a quelli ancora in carica, i consiglieri ed i sindaci neoeletti.

    Veniamo adesso ad una sintetica esposizione del procedimento elettorale partendo dalla cittàmetropolitana, che è il riferimento base anche per le provincie riformate.

    La disciplina elettorale è contenuta nei commi da 25 a 39 dell’unico articolo della legge Delrion. 56/2014. Come già detto, l’elettorato attivo e passivo è attribuito ai sindaci ed ai consigliericomunali in carica nei comuni della città metropolitana. L’elezione avviene sulla base di listeconcorrenti, composte da un numero di candidati non inferiore alla metà dei consiglieri daeleggere (9, quindi, nel caso di Firenze) sottoscritte da almeno il 5 per cento degli aventi dirittoal voto, che non è una soglia raggiungibile con facilità per le liste di minoranza. La legge fissa ipassaggi essenziali del procedimento elettorale. In sede di prima applicazione l’ufficio elettoralepresso cui si presentano le liste è costituito presso l’amministrazione provinciale. La provincia,che costituisce il territorio della città metropolitana, delimita il collegio (l’unico) elettorale. Aifini di assicurare il giusto peso del voto dei sindaci e consiglieri in rapporto alle fasce dipopolazione in cui risultano compresi i rispettivi comuni di appartenenza, l’allegato della leggeDelrio prevede i criteri per la determinazione degli indici di ponderazione, la cui applicazioneconsente di pervenire, appunto, al peso elettorale del voto dei consiglieri e sindaci dei varicomuni, raggruppati per fasce di popolazione indicate dalla legge stessa. Ciascun elettore puòesprimere, inoltre, un voto di preferenza per un candidato alla carica di consiglieremetropolitano compreso nella lista. L’assegnazione dei seggi avviene secondo il modelloelettorale dei comuni sopra i 15.000 abitanti, naturalmente tenendo conto che la cifra elettoraledi ciascuna lista è costituita dalla somma dei voti ponderati validi riportati da ciascuna lista. Perquanto non previsto espressamente nella legge si dovrà ovviamente fare ricorso al criterioanalogico; si avrà riguardo, cioè, alle disposizioni che regolano casi simili o materie analoghe (leelettorali).

    Per le province si dovranno eleggere sia il presidente che il consiglio provinciale. Il presidente,che dura in carica quattro anni, deve essere eletto fra i sindaci della provincia, il cui mandatoscade non prima di diciotto mesi dalla data di svolgimento delle elezioni. Per la presentazionedelle candidature occorre la sottoscrizione di almeno il 15 per cento degli aventi diritto al voto(consiglieri comunali e sindaci della provincia). Anche per questa votazione si applica ilmeccanismo della ponderazione e risulterà eletto chi consegue il maggior numero di voti sullabase della ponderazione.

    Il consiglio provinciale dura in carica due anni. Le regole elettorali sono le stesse previste perl’elezione del consiglio metropolitano.

  • 3. La città metropolitana

    3.1. La scelta dell’istituzione ope legis delle città metropolitane nel perimetro delle omonimeprovince e la mission del nuovo livello istituzionale

    Va considerato che, diversamente dalle precedenti versioni legislative prima della L. n.142/1990 e poi del TUEL, già con il D.L. n. 95/2012 (art. 18) si era scelta, seppure anch’essasenza esito, la via dell’istituzione diretta per legge; ma solo con la legge Delrio la fontelegislativa contiene tutti gli elementi per l’istituzione diretta delle città metropolitane fissando,sempre per legge, uno stringente cronoprogramma di carattere self- executing in cui gliadempimenti che portano alla città metropolitana, ed i soggetti cui tali incombenze spettano,sono tutti precisati e disciplinati dalla legge stessa. L’ulteriore novità che inciderà sull’interosistema istituzionale territoriale è la scelta della elettività di secondo livello, di cui si è già dettonel paragrafo precedente, in base alla quale, per quanto attiene alle neo città metropolitane, siprocederà alla formazione del consiglio metropolitano con elezione di secondo grado fra isindaci ed i consiglieri dei comuni facenti parte dei rispettivi territori.

    L’ulteriore premessa riguarda il territorio della città metropolitana. L’istituzione ope legis(commi 5 e 6) delle città metropolitane ha reso necessario riferirsi a perimetrazioni già esistenti,che sono individuate nel territorio delle omonime province (tale precetto è, invero, mitigatodalla facoltà di iniziativa ex art. 133, c. 1., Cost., dei comuni della città/provincia e di quellilimitrofi di chiedere la modifica delle circoscrizioni provinciali, ma è evenienza del futuro cherichiederà, ove eventualmente esercitata, tempi molto lunghi). Tale perimetrazione coincidentecon la provincia produce situazioni territoriali molto differenziate fra le aree in cui è più alta lapolarità urbana (es. Napoli) ed aree con vasti territori extraurbani (es. Torino). Ciò implicadedicare molta attenzione allo studio della nostra “particolarità” fiorentina al fine di predisporreuno statuto concepito in funzione dei nostri specifici assetti istituzionali e territoriali idonei arealizzare i fini strategici ed operativi dell’area. Va tenuto conto che la (costituzionalmentecorretta) tecnica legislativa seguita è quella di fissare nella fonte della legge i tratti principalidell’ordinamento organizzativo e funzionale della città metropolitana, riservando amplissimospazio all’autonomia statutaria e regolamentare. Ragion per cui, in sede costituente/statutaria (epoi in quella regolamentare) si impongono molte ed incisive scelte di merito (con rilevanti effettipolitico-istituzionali) riguardo all’organizzazione, alla definizione dell’esatto contenuto dellefunzioni, alle relazioni con i comuni, agli istituti partecipativi, per citare i principali.

    Altra premessa da cui non si può prescindere riguarda il corretto inquadramento del ruolo dellacittà metropolitana nel sistema territoriale ridisegnato quanto a livelli istituzionali, nonchériguardo al riordino delle funzioni. Si intende con ciò richiamare le ragioni sociali, economicheed urbanistiche che facevano reclamare la istituzione di un livello istituzionale capace digovernare tale complessità. Per tentare di dirla in estrema sintesi, occorre che tale istituzione siastrutturata in modo da consentire ai territori interessati ed ai rispettivi tessuti economici e socialidi essere competitivi con le altre grandi conurbazioni europee e globali e di fare da motore dispinta e sviluppo degli altri territori della regione. Un livello istituzionale capace, quindi, diassicurare una funzione generale di governo strategico in campo economico e sociale e dicoordinamento dei comuni dell’area. Si è inteso, con la legge Delrio istitutiva delle cittàmetropolitane, prevedere un differenziato livello istituzionale di area vasta, rispetto agli altriterritori provinciali, con proprie specifiche funzioni di notevole peso ed incisività. Ciò implicagrande attenzione nella fase costitutiva e statutaria interpretando la legge in tale ottica e, semprecon tale visione, disegnando il complesso ordinamento della nuova istituzione. Per

  • esemplificare, occorre garantire una governance efficiente ed efficace; come pure unaripartizione di ruoli, competenze e compiti fra città metropolitana e comuni in grado di ottenerei più produttivi risultati per l’economia e la vita sociale; e si potrebbe continuare.

    3.2. Gli organi della città metropolitana e l’inedita “forma di governo” rispetto ai comuni

    Gli organi di governo sono tassativamente individuati dalla legge (comma 7): il sindacometropolitano (di diritto il sindaco del comune capoluogo); il consiglio metropolitano (elettivo disecondo grado, salvo il sindaco metropolitano che lo presiede di diritto) e la conferenzametropolitana (costituita dal sindaco metropolitano - che la convoca e la presiede - e da tutti isindaci dei comuni appartenenti alla città metropolitana). L’organo elettivo di secondo grado èvariamente costituito in rapporto a tre fasce di popolazione: 24 consiglieri nelle cittàmetropolitane con popolazione superiore a 3 milioni di abitanti; 18 consiglieri in quelle superioria 800.000 abitanti (in cui è ricompresa la città metropolitana di Firenze) e 14 consiglieri nellealtre città metropolitane. La durata è fissata in cinque anni collegata al rinnovo del consiglio delcomune capoluogo, il cui rinnovo comporta, quindi, sempre nuove elezioni del consigliometropolitano. La disciplina elettorale (di secondo grado) è integralmente contenuta nella legge,così come si è indicato nel paragrafo precedente dedicato al sistema elettorale delle cittàmetropolitane e delle province. Semmai va ricordato che, mentre per le province riformate lalegge prevede la sola elettività di secondo grado del consiglio (di durata biennale), per le cittàmetropolitane gli statuti possono prevedere la (molto futuribile) elezione diretta del sindaco edel consiglio metropolitano. Tale opzione è rimessa allo statuto e sottoposta al verificarsi dieventi di là da venire; eventi costituiti dall’approvazione di apposita legge di disciplina dellospecifico sistema elettorale e dalla dissoluzione del comune capoluogo con la riarticolazione, suproposta del consiglio comunale da sottoporre a referendum tra tutti i cittadini della cittàmetropolitana, del suo territorio in più comuni.

    Circa la ripartizione delle competenze fra i vari organi, la legge si limita a stabilire alcuneattribuzioni indefettibili per ciascuno degli organi, demandando allo statuto di decidere sulle altreattribuzioni che completano l’assetto finale delle competenze dei vari organi. La scelta dellegislatore riguardo alla “forma di governo” della città metropolitana si discosta nettamenterispetto a quella dei comuni. La trama fondamentale fissata per legge del modulo organizzativo(commi 8 e 9) è costituita dall’organo monocratico sindaco metropolitano (di diritto il sindacodella città capoluogo, che pertanto viene a cumulare due cariche), dall’organo collegialedeliberativo (elettivo di secondo grado) costituito dal consiglio e da un organo collegialerappresentativo di tutti i comuni costituito dalla conferenza metropolitana, le cui attribuzioni dilegge sono circoscritte: a) alla potestà di approvare o respingere (non emendare?) lo statuto e lesue modifiche proposte dal consiglio e b) al compito di esprimere il parere obbligatorio suglischemi di bilancio proposti (e approvati, dopo il parere) dal consiglio, con voti, per entrambe leattribuzioni che rappresentino almeno un terzo dei comuni della città metropolitana e lamaggioranza della popolazione della città stessa. Per il sindaco metropolitano la legge, oltre aprevedere la funzione di presiedere gli organi collegiali, stabilisce unicamente che “sovrintendeal funzionamento dei servizi e degli uffici e all’esecuzione degli atti”; aggiungendo, poi, che“esercita le altre funzioni attribuite dallo statuto”. Sul consiglio la fonte di legge stabilisce cheesso “è l’organo di indirizzo e controllo, propone alla conferenza lo statuto e le sue modifiche,approva regolamenti, piani e programmi, approva o adotta ogni altro atto sottoposto dal sindacometropolitano; esercita le altre funzioni attribuite dallo statuto. Su proposta del sindaco

  • metropolitano, il consiglio adotta gli schemi di bilancio da sottoporre - come detto - al pareredella conferenza metropolitana.”

    Due considerazioni si impongono. La prima è che lo spazio riservato allo statuto nel definire leattribuzioni degli organi è di ampiezza sconosciuta ai comuni; basti ricordare che perquest’ultimi le attribuzione del consiglio sono tassative per legge e che l’organo a competenzagenerale residuale è individuato sempre dalla legge nella giunta. La seconda è che nel moduloorganizzativo/istituzionale della città metropolitana non è previsto l’organo di governo sulmodello della giunta dei comuni, sì da determinare una inedita “forma di governo” rispetto aquella comunale. È terreno di necessario approfondimento la relazione che si viene adeterminare fra le funzioni caratterizzanti la città metropolitana (primariamente quellestrategiche di pianificazione / strutturazione / indirizzo, ma senza ignorare le ulteriori funzioniamministrativo-gestionali strumentali e finali) e il proprio assetto di governo (riparto delleattribuzioni fra i vari organi). Con queste brevi note si può solo accennare che è rinviato allafase statutaria un incisivo lavoro costituente giacché con la attribuzione delle competenze sidebbono contemperare i due valori dell’efficienza/governabilità e dellarappresentanza/partecipazione, con tutela delle minoranze/opposizioni, tenendo conto, come siè detto, della mission della città metropolitana (governo strategico del territorio e coordinamentodell’azione dei comuni). Per esemplificare, partendo dalle competenze attribuite per legge, se èdi tutta evidenza che tutto ciò che è riconducibile a quelli che sono individuati come attifondamentali del consigli comunali non potrà che essere attribuito alla competenza del consigliometropolitano, resta interamente da valutare e decidere in sede statutaria come distribuire tuttequelle competenze che il TUEL attribuisce all’organo di governo-giunta fra il sindacometropolitano e il consiglio. Peraltro dovendo affrontare la questione dell’individuazione(necessaria per la funzionalità del sistema) dell’organo a competenza generale residuale.

    È appena il caso di richiamare che, in forza del rinvio, in quanto compatibili, alle cittàmetropolitane della disciplina del TUEL, costituirà regola fondamentale per lo statuto il rispettodel principio “per cui i poteri di indirizzo e di controllo politico-amministrativo spettano agliorgani di governo, mentre la gestione amministrativa, finanziaria e tecnica è attribuita ai dirigentimediante autonomi poteri di spesa, di organizzazione delle risorse umane, strumentali e dicontrollo.” (art. 107, 1. C., TUEL)

    3.3. Le funzioni della città metropolitana; l’esigenza della revisione delle legislazioni di settore;le aree possibili di concorrenza di funzioni della città metropolitana e dei comuni:perimetrazione delle rispettive latitudini e grado di flessibilità nel loro esercizio (comma 44)

    Le funzioni proprie della città metropolitana sono raggruppabili in tre filoni: le funzionifondamentali delle province riformate (in sede di subentro alla omonima provincia fissato al1.1.2015 potranno ancora residuare ulteriori funzioni non ancora ricollocate dai previstiprovvedimenti statali e regionali); le “specifiche” funzioni fondamentali attribuite dalla leggestatale alle città metropolitane; infine le (potenziali) ulteriori funzioni che potranno essereconferite da fonti legislative statali e (prevalentemente in rapporto alle attuali competenzelegislative ex art. 117 Cost.) dalle Regioni.

    Riguardo alle funzioni fondamentali delle province, con la legge Delrio di riordino territoriale efunzionale vengono ridefinite le (esclusive) funzioni fondamentali esercitabili da enti di area

  • vasta:

    a) pianificazione territoriale provinciale di coordinamento, nonché tutela e valorizzazionedell’ambiente, per gli aspetti di competenza;

    b) pianificazione dei servizi di trasporto in ambito provinciale, autorizzazione e controllo inmateria di trasporto privato in coerenza con la programmazione regionale, nonché costruzione egestione delle strade provinciali e regolazione della circolazione stradale ad essa inerente;

    c) programmazione provinciale della rete scolastica, nel rispetto della programmazioneregionale;

    d) raccolta ed elaborazione di dati, assistenza tecnico-amministrativa agli enti locali;

    e) gestione dell’edilizia scolastica;

    f) controllo dei fenomeni discriminatori in ambito occupazionale e promozione delle pariopportunità sul territorio provinciale.

    La stessa legge enuncia le “specifiche” funzioni fondamentali attribuite alle città metropolitanache, indicate dalla lett. a) alla f) del comma 44 dell’unico articolo del testo sopra richiamato,sono di seguito riportate:

    a) adozione e aggiornamento annuale di un piano strategico triennale del territoriometropolitano, che costituisce atto di indirizzo per l’ente e per l’esercizio delle funzioni deicomuni e delle unioni dei comuni compresi nel predetto territorio, anche in relazioneall’esercizio di funzioni delegate o assegnate dalle regioni, nel rispetto delle leggi delle regioninelle materie di loro competenza;

    b) pianificazione territoriale generale, ivi comprese le strutture di comunicazione, le reti diservizi e delle infrastrutture appartenenti alla competenza della comunità metropolitana, anchefissando vincoli e obiettivi all’attività e all’esercizio delle funzioni dei comuni compresi nelterritorio metropolitano;

    c) strutturazione dei sistemi coordinata di gestione dei servizi pubblici, organizzazione deiservizi pubblici di interesse generale di ambito metropolitano. D’intesa con i comuni interessatila città metropolitana può esercitare le funzioni di predisposizione dei documenti di gara, distazione appaltante, di monitoraggio dei contratti di servizio e di organizzazione di concorsi eprocedure selettive;

    d) mobilità e viabilità, anche assicurando la compatibilità e la coerenza della pianificazioneurbanistica comunale nell’ambito metropolitano;

    e) promozione e coordinamento dello sviluppo economico e sociale, anche assicurandosostegno e supporto alle attività economiche e di ricerca innovative e coerenti con la vocazionedella città metropolitana come delineata nel piano strategico del territorio di cui alla lettera a);

    f) promozione e coordinamento dei sistemi di informatizzazione e di digitalizzazione in ambitometropolitano.

  • Se si pongono in relazione le funzioni “provinciali” e quelle proprie “specifiche” emergel’obiettivo collegamento esistente fra diverse di loro: in materia territoriale; sulla viabilità,trasporti e mobilità, per indicare le più evidenti.

    Ma l’ulteriore valutazione va fatta mettendo in relazione le funzioni fondamentali dei comuni(definite dal D.L. n. 95/2012 e succ. modifiche, convertito nella L. n. 135/2012) (I) con quelledella città metropolitana. Ne risulterà l’enucleazione di ambiti funzionali in cui vi sono possibiliaree di concorrenza di funzioni. Nell’organizzazione dei servizi pubblici di interesse generale;nella pianificazione urbanistica ed edilizia; nell’edilizia scolastica; nella polizia municipale inrapporto alla mobilità; ed altre che emergeranno dagli approfondimenti. È facile comprendere lacentrale rilevanza della definizione intanto del contenuto delle singole funzioni fondamentali,posto che la legge segue il criterio della individuazione per ambiti funzionali lasciando alle leggidi settore disciplinare le materie contenutistiche, eppoi la delimitazione delle concrete latitudinidelle funzioni “concorrenti” e le forme di raccordo/integrazione comuni/città metropolitana perperseguire uno degli obiettivi del riordino territoriale e funzionale, che è quello di dare massimaefficacia all’azione pubblica ed economicità nell’uso delle risorse. Indubbiamente il datoimprescindibile per la definizione dei contenuti concreti delle funzioni fondamentali della cittàmetropolitana è che questa, come del resto emerge chiaramente dalle formule usate dalla leggenell’indicare le funzioni stesse, deve essere concepita e strutturata come l’istituzione di governodi area vasta per le strategie territoriali e il coordinamento delle politiche comunali. Le suefunzioni si pongono, quindi per lo più, al livello della pianificazione generale, dellaprogrammazione, degli indirizzi, del coordinamento. Che sono le modalità di esplicazione dellestrategie. Pare evidente che in ragione dei nuovi scenari delineati dalla legge Delrio si imporrànecessariamente una revisione, in coerenza con tali nuovi assetti territoriali, delle legislazione disettore, in gran parte riconducibili alle materie di competenza legislativa regionale. Ma non devesfuggire che un importante ruolo può essere altresì assolto dallo statuto. Lo statuto, che, fra glialtri, è fonte regolatrice dell’organizzazione, dovrà dedicare una particolare attenzione astrutturare la città metropolitana in modo da prevedere le dovute forme di flessibilitàorganizzativa e funzionale che consentano, come opportunamente indicato dalla legge, “formedi organizzazione in comune, eventualmente differenziate per aree territoriali” nonché lapossibilità che “mediante convenzione che regola le modalità di utilizzo di risorse umane,strumentali e finanziarie, i comuni e le loro unioni possano avvalersi di strutture della cittàmetropolitana, e viceversa, per l’esercizio di specifiche funzioni ovvero i comuni e le lorounioni possano delegare il predetto esercizio a strutture della città metropolitana, e viceversa”

    A proposito delle funzioni merita sottolineare la funzione fondamentale della lettera e) sullapromozione e coordinamento dello sviluppo economico e sociale, che si collega allacompetenza ad adottare il piano strategico territoriale dell’area metropolitana. È una funzione digran peso per dare alla città metropolitana (insieme ad altre, naturalmente) il carattere di livelloistituzionale “ad autonomia differenziata” e accentuare la sua funzione di governo dell’areasecondo la mission che sopra si è posto in evidenza.

    Il richiamo al carattere che assumerà la città metropolitana di ente ad autonomia differenziata ciserve per dedurne la sua particolare attitudine ad essere destinataria di funzioni di grande rilievonelle materie dell’economia e del sociale che è da attendersi, come già sopra richiamato, dallanecessaria opera di riordino delle funzioni da parte della regione.

  • 3.4. Contenuti necessari e contenuti eventuali dello statuto

    Già sopra si sono indicati in più parti gli aspetti da affrontare dallo statuto riguardoall’organizzazione dell’ente, alle attribuzioni degli organi e all’articolazione delle lorocompetenze nel rispetto dei vincoli di legge, anch’essi sopra richiamati. La legge indica poi alcomma 11 dell’unico articolo le ulteriori materie demandate alla fonte statutaria. Esse attengonosia alla regolazione delle modalità e degli strumenti di coordinamento dell’azione complessivadel territorio metropolitano sia alla disciplina dei rapporti tra i comuni e le loro unioni e la cittàmetropolitana in ordine alla centrale tematica più sopra indicata dell’esercizio delle funzionimetropolitane. Si demanda altresì allo statuto una questione suscettibile di importanti sviluppi.Quella, cioè, di “prevedere, anche su proposta della regione e comunque d’intesa con lamedesima la costituzione di zone omogenee, per specifiche funzioni e tenendo conto dellespecificità territoriali, con organismi di coordinamento collegato agli organi della cittàmetropolitana,…”. Ad evidenziare il carattere “cosmopolita” della città metropolitana è inoltrela previsione che lo statuto (lett. e., comma 11.) “regola le modalità in base alle quali i comuninon compresi nel territorio metropolitano possono istituire accordi con la città metropolitana.”(si pensi agli accordi che possono essere definiti dalla città metropolitana di Firenze con icomuni dell’ “area vasta” metropolitana che si estende a Prato e Pistoia).

    Appare pacifico, dopo il dibattito che si ebbe all’indomani dell’introduzione con la L. n.142/1990, che lo statuto, oltre ai contenuti necessari, possa prevedere la disciplina di materienon previste dalla legge. Si pensi, per fare un esempio, a tutta la materia della partecipazione,nelle sue più varie declinazioni. Ed altre, naturalmente.

    Un cenno va fatto per ricordare, come sopra si era accennato, la provvisorietà della finanzadella città metropolitana in attesa dei provvedimenti finalizzati ad assicurare alle cittàmetropolitane le entrate che consentano di finanziare le proprie attività. Il subentro allaprovincia omonima comporta ovviamente anche il subentro nelle relative entrate. Per la finanzadelle città metropolitane che entreranno in funzione con il 2015 dovranno necessariamenteessere emanati i provvedimenti legislativi nel quadro della finanza locale che sarà prevista per ilprossimo anno.

    3.5. Procedimento di costituzione della città metropolitana

    Qui di seguito si indicano le fasi fissate dalla legge (commi 13 e 15) che faranno approdareall’avvio della città metropolitana:

    - elezione, su iniziativa del sindaco del comune capoluogo, di una conferenza statutaria (con lostesso numero di componenti previsti per il consiglio metropolitano) per la redazione di unaproposta di statuto della città metropolitana entro il termine del 30 settembre 2014;

    - elezione ed insediamento, entro il 30 settembre 2014, del consiglio metropolitano nonchéinsediamento della conferenza metropolitana costituita da tutti i sindaci dei comuni facenti partedella città metropolitana;

    la tornata elettorale del 25 maggio 2014 ha interessato, come noto, la gran parte dei comuni,ragion per cui i procedimenti elettorali inevitabilmente non potranno che partire dopo tale

  • tornata, ballottaggi compresi. Si verrebbe, dunque, a determinare una sovrapposizione nellaelezione della conferenza statutaria e del consiglio metropolitano, entrambi con lo stessoelettorato ed eleggibilità. Per evitare tale conseguenza ci si sta orientando a procederedirettamente alla elezione del consiglio metropolitano che, evidentemente, assumerà anche ilcompito della redazione della proposta di statuto;

    - approvazione da parte del consiglio metropolitano entro il 31.12.2014 dello statuto, nelrispetto del procedimento che demanda alla conferenza metropolitana il potere “di adottare orespingere lo statuto e le sue modifiche proposti dal consiglio metropolitano con i voti cherappresentino almeno un terzo dei comuni compresi nella città metropolitana e la maggioranzadella popolazione complessivamente residente.” (comma 9);

    - subentro in data 1 gennaio 2015 della città metropolitana alla provincia omonima consuccessione in tutti i rapporti attivi e passivi e nell’esercizio delle funzioni; assunzione dellefunzione proprie della città metropolitana;

    - assunzione alla predetta data da parte del sindaco del comune capoluogo delle funzioni disindaco metropolitano.

    Legge e statuto costituiscono il quadro ordinamentale per il funzionamento della cittàmetropolitana e dei suoi organi; in caso di mancata approvazione entro la data di avvio dellacittà metropolitana si applica lo statuto della provincia e, dopo il 30 giugno 2015, scatta il poteresostitutivo ex art. 8 della L. n. 131/2003.

    Per quanto attiene in specifico alla città metropolitana di Firenze, occorrerà effettuare unaricognizione degli assetti istituzionali (mappa dei comuni e delle situazioni associative esistenti) edella concreta organizzazione e gestione dei servizi interessati dall’ordinamento della cittàmetropolitana; quindi, sulla scorta di tale ricognizione, ipotizzare il concreto percorso daeffettuare per approdare alla città metropolitana di Firenze. Si dovranno affrontare, da unaparte, le questioni connesse con il subentro della città metropolitana alla provincia di Firenze e,dall’altra, l’organizzazione del nuovo ente in conformità dello statuto.

    4. La provincia riformata

    In relazione a quanto già si diceva nelle premesse riguardo alla sorte futura delle province, nellalegge Delrio testualmente si afferma che le provincie vengono riformate “In attesa della riformadel titolo V della parte seconda della Costituzione e delle relative norme di attuazione,”.

    L’organizzazione degli organi e la “forma di governo” ricalca quello della città metropolitana,per cui ci si limiterà a sintetici richiami. Seguendo il modulo della città metropolitana la leggeDelrio fissa le competenze essenziali di legge degli organi (presidente, consiglio provinciale eassemblea dei sindaci) lasciando poi allo statuto un’ampia autonomia sulle attribuzioni dellecompetenze.

    Circa i tempi di attivazione della riforma Delrio va ricordato che l’elezione del nuovo consiglioprovinciale è indetta:

    a) entro il 30 settembre 2014 per le province i cui organi scadono per fine mandato nel 2014;

  • b) successivamente a quanto previsto alla lettera a), entro trenta giorni dalla scadenza per finemandato ovvero dalla scadenza o scioglimento anticipato degli organi provinciali.

    In sede di prima elezione sono eleggibili anche i consiglieri provinciali uscenti. Al commi 81 e82 dell’unico articolo della legge Delrio è contenuta la disciplina della fase transitoria fino al31.12.2014 per le province i cui organi scadono nel 2014. Il successivo comma 83 disciplinainvece i casi in cui la scadenza del mandato è successiva.

    Significative sono le scelte sulle funzioni fondamentali (comma 85). Richiamando l’elencoriportato nel paragrafo precedente sulla città metropolitane esse attengono:

    a) al territorio e all’ambiente;

    b) ai servizi di trasporto (pianificazione, autorizzazioni e controllo) e alla viabilità e circolazioneprovinciale;

    c) alla programmazione provinciale della rete scolastica;

    d) alla raccolta ed elaborazione dati nonché all’assistenza tecnico-amministrativa agli enti locali;

    e) alla gestione dell’edilizia scolastica;

    f) al controllo dei fenomeni discriminatori in ambito occupazionale e promozione delle pariopportunità in ambito provinciale.

    Può, inoltre, d’intesa con i comuni, agire da centro unitario per gare e concorsi. Come èprevisto dalla legge stessa, affinché l’attuale legislazione si conformi a tale assetto, lo Stato e leRegioni, secondo le rispettive competenze, dovranno intervenire sulle varie legislazioni disettore, che è condizione imprescindibile perché il riordino delle funzioni sia reso concreto.

    Oltre che riguardo all’organizzazione degli organi politici e alla struttura dell’ente, lo statutodovrà dedicare molta attenzione anche, si ritiene, per quel che concerne l’organizzazione dellefunzioni di area vasta in rapporto a quelle comunali. Si sa che i comuni sono impegnati dallastessa legge Delrio sul terreno dell’associazionismo in funzione del più economico ed efficaceesercizio delle attività e dei servizi. La fase riorganizzativa degli enti di area vasta, attualmentele province, dovrà essere colta per ricercare, utilizzando anche lo strumento degli accordi dicooperazione, le migliori soluzioni organizzatorie e gestionali che mettano in relazionecompetenze comunali e competenze provinciali. Si pensi al settore scolastico, a quello viario,alle sinergie amministrative, e si potrebbe continuare. Si vuol sottolineare l’esigenza che la fasestatutaria e quella dinamico-organizzativa che ne consegue sia sfruttata per perseguire il migliorfunzionamento delle istituzioni territoriali.

    5. L’associazionismo intercomunale: unioni di comuni e convenzioni fra legge statale elegge regionale

    La legge Delrio, interviene altresì in materia di associazionismo intercomunale, unioni di comunie fusioni. Vale la pena approfondire qui la portata delle recenti novità normative e fornire unquadro, seppur sintetico, della legislazione toscana in materia.

  • Il legislatore nazionale con le ultime disposizioni ha indubbiamente confermato la volontà diproseguire sulla strada della razionalizzazione dei livelli di governo intrapresa con le manovrefinanziarie delle estati 2010/2011. Tali manovre sancirono, infatti, il passaggio dalla volontarietàall’obbligatorietà per piccoli comuni di gestire in forma associata, tramite unione di comuni oconvenzione, tutte le funzioni fondamentali (II). Entro il 1° gennaio 2015, salvo ulterioriproroghe, comuni con popolazione inferiore a 5.000 abitanti o 3.000 se appartenenti a comunitàmontana dovranno gestire in forma associata circa il 90% della propria attività amministrativa.Tuttavia, le norme contenute nella L. n. 56/2014 rappresentano, come si vedrà, un tentativo diaffrontare i nodi e le criticità emersi in questi anni in materia di governance, partecipazione dellecomunità locali, difficoltà operative e gestionali.

    La Toscana, rispetto alle altre regioni italiane, com’è noto, non si caratterizza per un’elevataincidenza di comuni di piccola dimensione (III): i comuni toscani obbligati, ad oggi, sono circa il36% del totale (100 comuni su 280). L’obbligatorietà dell’esercizio associato per i piccolicomuni trova, inoltre, nel nostro contesto territoriale un terreno piuttosto fertile poiché laRegione Toscana ha da tempo sviluppato una politica a favore delle gestioni associate,incentivando e monitorando attività e servizi intercomunali (IV). A partire dal 2011, anticipandoper diversi aspetti il legislatore nazionale, la Regione ha scelto di puntare sulle unioni di comuni.In primo luogo, con la finanziaria del 2010 (art. 112, comma 1, L.R. n. 65/2010) sono statisospesi i contributi in favore di comuni che adoperavano la forma associata della convenzione,incentivando unicamente le unioni di comuni. Inoltre, con L.R. n. 68/2011, concernente“Norme sul sistema delle autonomie locali”, il legislatore regionale ha disciplinato tale formaassociativa come canale preferenziale per il superamento delle comunità montane e perl'adempimento dei comuni obbligati ad associare le funzioni fondamentali.

    La scelta della Regione Toscana è stata quella di approvare un complesso organico di normeper l’esercizio associato delle funzioni costituito dalla L.R. n. 68/2011, di cui qui nel prosieguoriportiamo gli elementi principali.

    La L.R. n. 68/2011, innanzitutto, definisce la nozione di “esercizio associato” che viene inteso“in senso stretto” come creazione di una struttura amministrativa unica (V) (art. 17). Inoltre, ledisposizioni contenute agli artt. 20-51 disciplinano natura e organi delle forme associative, conl’obiettivo di garantirne funzionamento e stabilità.

    Un primo gruppo di norme, infatti, è volto a regolamentare l’esercizio associato medianteconvenzione; lo scopo del legislatore è quello di definire i modelli associativi (convenzione perdelega o per costituzione di ufficio comune) e individuare il centro di responsabilità perl’imputazione degli atti.

    Un secondo gruppo di norme è dedicato alla disciplina delle unioni di comuni, artt. 22-52, adintegrazione della normativa nazionale, per cui sono individuati i contenuti fondamentali dellostatuto e la composizione degli organi, nonché alcuni aspetti amministrativi volti a garantirel'operatività e il buon funzionamento dell'unione, con norme sul personale e sul coordinamentotra i bilanci comunali.

    Per ciò che concerne la disciplina in materia di contributi, la L.R. n. 68/2011 conferma la sceltadi destinare gli incentivi unicamente in favore delle unioni di comuni (art. 90 e relativi decretiattuativi). Tuttavia, oltre al requisito riguardante la forma associativa, il legislatore regionale haritenuto opportuno rafforzare gli elementi di premialità nei confronti di unioni di comuni “a

  • territorio integrato”. I contributi sono, infatti, concessi in base a requisiti dimensionali (almeno10.000 abitanti, almeno 5 comuni o almeno tutti i comuni dell’ambito) e requisiti oggettivo-funzionali (almeno due funzioni fondamentali per tutti i comuni obbligati e una funzionefondamentale per tutti i comuni non obbligati). Inoltre, vale la pena sottolineare, anche inconsiderazione dei possibili sviluppi in materia, che la Regione Toscana ha introdotto alcuniindicatori di efficienza nella ripartizione delle risorse disponibili destinate alle unioni di comuni.Le risorse regionali destinate all’associazionismo comunale sono distribuite, infatti, unicamentealle unioni che rispondono ai requisiti sopraindicati e sono tra queste ripartite oltre che sullabase di indicatori dimensionali (popolazione, numero di comuni, estensione territoriale), anchesulla base di indicatori di efficienza (individuati con delibera della Giunta regionale). Taliindicatori di efficienza sono incentrati su: performance finanziaria dell’unione (grado diindebitamento, autonomia finanziaria rispetto ai contributi regionali, velocità di riscossione delleentrate, velocità di gestione delle spese); gestione delle spese per il personale (incidenza dellespese per il personale sulle spese correnti, spesa media per il personale per abitante, incidenzadella spesa per la dirigenza rispetto alla spesa per il personale) e incidenza della spesa per lefunzioni generali di amministrazioni sulla spesa corrente.

    Infine, la L.R. n. 68/2011 individua gli “Ambiti di dimensione territoriale adeguata” in cui icomuni obbligati sono tenuti ad associare le funzioni fondamentali. Tali ambiti, elencatinell'allegato A della legge, costituiscono il riferimento per i comuni all’interno del quale porre inessere le decisioni associative. Per comprenderne la ratio, vale la pena far emergere i criteri concui sono stati definiti tali confini. Innanzitutto, occorre ricordare che la Regione ha posto unlimite demografico inferiore a quello contenuto nella disciplina nazionale: i comuni obbligatidevono formare un raggruppamento (tramite unione o convenzione) di almeno 5.001 abitanti (enon 10.000), oppure formare un’aggregazione che coinvolga tutti i comuni dell’Ambito didimensione territoriale adeguato. Detti ambiti sono stati individuati dalla Regione essenzialmentefotografando le forme associative preesistenti (comunità montane, convenzioni e unioni pre-esistenti). Tuttavia, la legge permette alle amministrazioni comunali di modificare o istituirenuovi Ambiti attraverso il raggiungimento di un'intesa tra tutti i sindaci dei comuni interessati(intesa di cui la Giunta regionale prende atto modificando di conseguenza l'allegato A).

    La Regione Toscana ha quindi voluto puntare sulle unioni di comuni, entrando nel dettagliodella disciplina in materia, con l'intento di presentare un quadro normativo organico per icomuni, ma a nostro avviso ha scelto di non “alzare troppo l'asticella” degli obiettivi aggregativi:sia attraverso una soglia dimensionale inferiore a quella prevista dalla normativa nazionale (inassenza di intervento regionale), sia attraverso il pieno riconoscimento dell'autonomia comunalenella definizione degli ambiti, con l'obiettivo di “non calare dall'alto” livelli ottimali di esercizioassociato, definiti a tavolino.

    In materia di associazionismo intercomunale, come si è detto, è intervenuto nuovamente illegislatore con la recente legge Delrio. In primo luogo, le modifiche hanno riguardato ladefinizione del limite demografico. La soglia dimensionale che l’insieme di comuni deveraggiungere complessivamente per l’esercizio associato obbligatorio resta pari a 10.000 abitanti(così come previsto dall’art.14 comma 31 del D.L. n. 78/2010, successivamente modificatodall’art. 19, comma 1, lettera a del D.L. n. 95/2012). Tuttavia tale limite, precedentementecircoscritto ai comuni associati tramite unione di comuni, viene esteso anche ai comuni chescelgono di adempiere attraverso la convenzione. Allo stesso tempo, il legislatore nazionale haintrodotto una deroga in favore dei comuni montani, data la specificità morfologica, riducendo

  • la soglia dimensionale a 3.000 abitanti per le aggregazioni montane. Inoltre, si prevede che leunioni di comuni debbano essere costituite da almeno 3 comuni, sebbene tale disposizione nonsi applichi alle unioni già costituite. Infine, il legislatore è intervenuto sulla competenza regionaledi individuare diverso limite demografico, eliminando la scadenza temporale prevista dal D.L.n. 95/2012 (secondo cui le Regioni avrebbero potuto modificare tale norma entro e non oltretre mesi dalla prima scadenza, ossia entro il 30 settembre 2013). Pertanto, attualmente, leRegioni che allora non ottemperarono entro quei termini hanno facoltà di disporrediversamente.

    La legge Delrio ha modificato altresì la disciplina sulle unioni di comuni, sostanzialmente,intervenendo su composizione e modalità di funzionamento degli organi e su alcuneproblematiche emerse nel corso dell’avvio operativo delle gestioni associate in materia dipersonale e organizzazione.

    Il legislatore è intervenuto per bilanciare due necessità: da un lato rafforzare la partecipazionedei comuni appartenenti all’unione nei processi decisionali, dall’altro garantire la governabilità ditale forma associativa. Pertanto, il legislatore ha ritenuto opportuno riconoscere alleamministrazioni comunali l’autonomia di definire il numero di consiglieri (art. 1, comma 105, L.n. 56/2014), precedentemente determinati sulla base della soglia dimensionale dell’unione (art.32, comma 3 TUEL), riconoscendo quindi la possibilità di allargare la partecipazione all’unionead un numero più ampio di consiglieri comunali. Inoltre, per semplificare l’iter decisionale infase di revisione degli statuti delle unioni, con le recenti disposizioni si prevede che in fase diprima istituzione lo statuto debba essere approvato dai consigli comunali, mentre le successivemodifiche possano essere approvate unicamente dal consiglio dell’unione.

    Infine, sempre in materia di associazionismo intercomunale, le recenti disposizioni contenutenella legge Delrio intervengono al fine di chiarire alcune questioni amministrative e gestionali,quali: l’attribuzione al presidente dell’unione di funzioni in materia di polizia municipale (di cuiall’art. 2, L. n. 65/1986), l’attribuzione delle funzioni di responsabile dell’anticorruzione e per latrasparenza a funzionari (dell’unione o dei comuni) nominati dal presidente, l’individuazione delsegretario dell’unione nell’ambito dei segretari generali dei comuni appartenenti all’unione.Infine, si interviene in materia di personale, riconoscendo che le risorse destinate dal comune afinanziare il salario accessorio (“istituti contrattuali collettivi ulteriori rispetto al trattamentoeconomico fondamentale”) debbano confluire all’unione per il personale trasferito dai comuni.

    6. Le fusioni di comuni e l’esperienza toscana

    Per ciò che concerne i recenti sviluppi in materia di fusioni di comuni, qui di seguito s’intenderiportare la normativa nazionale, evidenziando le recenti novità contenute nella legge Delrio, ela disciplina regionale, riportandone l’evoluzione locale di tale fenomeno.

    La Costituzione italiana, com’è noto, prevede che l'istituzione di nuovo comune debba avveniretramite legge regionale e previo coinvolgimento della cittadinanza. L'art.133 del Titolo V a taleproposito recita: “La Regione, sentite le popolazioni interessate può con sue leggi istituire nelproprio territorio nuovi comuni e modificare le loro circoscrizioni e denominazioni”.

    Stando all'attuale quadro normativo, per incoraggiare tali processi di aggregazione il legislatore

  • ha predisposto un sistema di incentivi basato su:

    1. esclusione dal patto di stabilità dei nuovi comuni, istituiti da processi di fusione (art.31,comma 23 L. 183/11) (VI).

    2. finanziamenti per dieci anni dall'istituzione del comune unico pari al 20% dei trasferimentistatali percepiti dai comuni per l'anno 2010 nei limiti delle risorse stanziate (art. 20, D.L. n.95/2012) (VII).

    La legge Delrio è intervenuta in materia per favorire ulteriormente tale scelta. In estrema sintesidue sono stati i livelli di intervento:

    - forme di partecipazione e di riconoscimento delle comunità d'origine: attraverso ilcoinvolgimento dei consigli comunali nell'elaborazione dello statuto del nuovo comune primadell'istituzione di quest'ultimo, nonché prevedendo la possibilità di garantire in tale statuto“forme di partecipazione e di decentramento dei servizi” (art. 15, comma 2 TUEL);

    - incentivi: oltre al sistema di contributi statali sopracitati, la L. n. 56/2014 prevede la possibilitàdi esenzione dall'obbligo di esercizio associato per i comuni istituiti tramite fusione, tramitenorme regionali (art. 1, comma 121, L. n. 56/2014).

    In Toscana, il fenomeno delle fusioni ha conosciuto negli ultimi anni un rapido sviluppo: icomuni che sono stati o sono attualmente coinvolti in processi di fusione sonocomplessivamente 59, per un totale di 22 ipotesi di fusione. Di queste, 15 proposte sono giàstate sottoposte a referendum consultivo (tra maggio 2012 e ottobre 2013) e sono stateconvalidate a maggioranza dalla popolazione di ciascun comune interessato nei seguenti 7 casi:Figline e Incisa Valdarno (FI), Castelfranco Piandiscò (AR), Fabbriche di Vergemoli (LU),Scarperia e San Piero (FI), Crespina Lorenzana (PI), Casciana Terme Lari (PI), PratovecchioStia (AR). Mentre, nei restanti 8 casi, il referendum ha determinato una battuta d’arresto alprocesso di aggregazione (VIII).

    Questo scenario rappresenta una significativa eccezione nel panorama nazionale, dove perlungo tempo le fusioni non sono certo state all'ordine del giorno, basti pensare che dal al 1995al 2011 si contano soltanto 9 casi di fusioni su tutto il territorio nazionale, tutte collocatenell'Italia settentrionale (IX).

    Le ragioni di questa specificità toscana, probabilmente sono da ricercare in due ordini diquestioni. In primo luogo, tale “spinta” verso le fusioni è stata possibile per la tradizione diassociazionismo intercomunale presente sul territorio. Inoltre, “l’accelerazione” delle fusionitoscane degli ultimi mesi può ricondursi all’attenzione che la Regione ha posto sul tema. Al finedi consolidare e sviluppare i processi aggregativi dei comuni, la Regione Toscana ha disciplinatotutto l’arco del processo di fusione: dai processi partecipativi pre-referendari di attivazionevolontaria (L.R. n. 69/2007 e l'attuale L. n. 46/2013), alla consultazione popolare tramitereferendum consultivo (L.R. n. 62/2007 e successive modificazioni) al procedimento perl’istituzione di un nuovo comune per fusione di due o più comuni fino al sistema di incentivi infavore delle fusioni (L.R. n. 68/2011).

    La disciplina regionale per l'istituzione di nuovi comuni (per la fusione di comuni esistenti o perla modificazione delle circoscrizioni e delle denominazioni comunali), ai sensi dell’articolo 133,

  • secondo comma della Costituzione, è contenuta nel Titolo V della L.R. 23 novembre 2007, n.62 e succ. mod. (artt. da 58 a 67). Inoltre, sullo specifico aspetto delle fusioni è intervenuta laL.R. 27 dicembre 2011, n. 68 e succ. mod. con lo scopo di contribuire “consolidare esviluppare i processi aggregativi dei comuni”.

    Il procedimento che istituzionalizza l'iter decisionale per la fusione di comuni è così articolato:la proposta di legge di istituzione del nuovo comune unico viene sottoposta alla consultazionepopolare tramite referendum consultivo, mentre l'approvazione definitiva è di competenza delConsiglio regionale. Tuttavia, si tratta di un “procedimento speciale rinforzato” poiché siprevede la partecipazione di soggetti esterni (consigli comunali e popolazione dei comuniinteressati). I consigli comunali sono coinvolti, anche qui in via consultiva, qualora la propostadi legge di istituzione di nuovo comune sia stata avanzata da componenti del consiglio regionale.Il legislatore regionale è intervenuto recentemente, con L.R. n. 30/2013, per rafforzare il ruolodei consigli comunali ed evitare che essi siano “scavalcati” dal livello regionale su una propostadi fusione che riguarda scelte radicali per le loro amministrazioni. Infatti, nel caso in cui taleproposta sia di iniziativa consiliare, la commissione del Consiglio regionale competente, richiedeil parere sulla stessa ai consigli comunali interessati che lo esprimono entro trenta giorni dallarichiesta. “Decorso inutilmente il termine per l’espressione dei pareri, la commissione procedeugualmente agli adempimenti di cui al comma 1” ossia “predispone per il Consiglio regionale laproposta di deliberazione di svolgimento del referendum, ovvero esprime il parere referentecontrario sulla proposta di legge” (art. 59, comma 1 e 1-bis L.R. n. 62/2007). I pareri deiconsigli comunali coinvolti sono quindi necessari nel procedimento per l'indizione delreferendum sull'ipotesi di fusione, ma non vincolanti per il Consiglio regionale. Inoltre, si parladi “procedimento speciale rinforzato” perché la Regione Toscana, coerentemente con quantodisposto dall'art. 133 della Costituzione e dall'interpretazione dominante in letteratura egiurisprudenza circa le modalità di coinvolgimento della popolazione (X), ha disciplinato talepassaggio referendario, anch'esso necessario ma non vincolante per l'approvazione della leggedi istituzione di nuovo comune. Il referendum, di cui all'art. 61 e seguenti, ha carattereconsultivo, non produce alcun effetto giuridico sul procedimento e non prevede alcun quorumpartecipativo. Da segnalare che è previsto un elettorato più ampio di quello previsto per leelezioni degli organi comunali, in quanto la partecipazione a tale consultazione è estesa aicittadini stranieri e agli apolidi in possesso dei requisiti di cui al comma 1, lett. c) dell’art. 45della L.R. n. 62/2007 (ossia residenza in Toscana da un quinquennio e permesso disoggiorno) (XI). Conclusa la fase referendaria, il presidente del consiglio regionale convoca ilConsiglio stesso per le decisioni finali sulla proposta di legge. Gli esiti del referendari hannounicamente carattere politico. Fino ad oggi, la Regione si è infatti astenuta dal convertire inlegge la proposta di comune unico nei casi in cui l’esito dei referendum è statocomplessivamente negativo o controverso.

    Per ciò che concerne i contributi regionali alle fusioni di comuni, la L.R. n. 68/2011 prevedeche sia concesso per cinque anni un importo pari a 250.000 euro annui per ciascun comuneoriginario, nel caso in cui le risorse stanziate non fossero sufficienti tale contributo è ridottoproporzionalmente (art. 64, L.R. n. 68/2011 e successive modificazioni).

    Infine, anche in materia di fusioni, si può ritenere che la Regione Toscana abbia “anticipato” ledisposizioni nazionali, poiché ha previsto che il comune nato da fusione, nonostante nonraggiunga la soglia dimensionale di 5.000 (o 3.000 se montano) abitanti, sia esoneratodall’obbligo di associazionismo (XII).

  • ABBREVIAZIONI UTILIZZATE NEL TESTO

    art.: articolo

    artt.: articoli

    c.: comma

    Cass.: Cassazione

    Cass. Civ.: Cassazione Civile

    Cass. Pen.: Cassazione Penale

    cc.: commi

    c.c. codice civile

    cfr.: confronta

    cit.: citato/a

    civ.: civile

    Cons. Stato: Consiglio di Stato

    Corte Cost.: Corte Costituzionale

    Cost.: Costituzione

    c.p.: codice penale

    c.p.p.: codice di procedura penale

    D.L.: Decreto Legge

    D.Lgs.: Decreto Legislativo

    D.M.: Decreto Ministeriale

    D.P.R.: Decreto del Presidente della Repubblica

    Sez. Giur. Reg.: Sezione Giurisdizionale Regionale

    L.: Legge

    L. Cost.: Legge Costituzionale

    lett.: lettera

  • R.D.: Regio Decreto

    T.A.R.: Tribunale Amministrativo Regionale

    T.U.E.L.: Testo Unico degli Enti Locali (D.Lgs. n. 267/2000)

    Sez.: Sezione

    SS.UU.: Sezioni Unite

  • CAPITOLO 1 - IL COMUNE

    1.1. Gli Enti Locali

    I principi e le disposizioni giuridiche in materia di ordinamento degli enti locali sono contenutenel testo unico approvato con D.Lgs. n. 267/2000 (T.U.E.L.); le leggi ordinarie o alle stesseequiparate non possono introdurre deroghe al T.U.E.L. se non mediante espressamodificazione delle sue disposizioni, ciò in forza dell’art. 128 Cost.

    Sono Enti Locali, ai sensi del comma 1, dell’art. 2 T.U.E.L., i Comuni, le Province, le Cittàmetropolitane, le Comunità montane, le Comunità isolane e le Unioni di Comuni; questi ultimitre Enti Locali hanno potere normativo, come stabilito espressamente dal c. 5, art. 4 della L. 5giugno 2003, n. 131.

    1.2. Il Comune Ente autonomo

    Il Comune è «ente autonomo» costitutivo della Repubblica (art. 114, c. 1, Cost.),rappresentativo della «propria comunità» di cui «cura gli interessi e ne promuove lo sviluppo»(c. 2, art. 3 T.U.E.L.).

    Il Comune ha «propri statuti, poteri e funzioni secondo i princìpi fissati dalla Costituzione» (art.114, c. 2, Cost.), è dotato di «autonomia finanziaria di entrata e di spesa» (c. 1, art. 119Cost.), ha «risorse autonome» (art. 119, c. 2, Cost.), ha un «proprio patrimonio» (c. 8, art.119 Cost.) assegnato secondo i princìpi generali determinati dalla legge dello Stato; dispone dicompartecipazioni al gettito di tributi erariali riferibile al loro territorio (c. 3, art. 119 Cost.).Queste risorse consentono al Comune «di finanziare integralmente le funzioni pubbliche loroattribuite» (c. 4, art. 119 Cost.).

    I Comuni favoriscono «l’autonoma iniziativa dei cittadini, singoli e associati, per lo svolgimentodi attività di interesse generale, sulla base del principio di sussidiarietà» (c. 4, art. 117, Cost.).

    Lo Stato destina «risorse aggiuntive» al Comune per promuovere lo sviluppo economico, lacoesione e la solidarietà sociale; per rimuovere gli squilibri economici e sociali; per favorirel’effettivo esercizio dei diritti della persona, o per provvedere a scopi diversi dal normaleesercizio delle sue funzioni (c. 7, art. 119 Cost.).

    Il Comune inoltre è titolare di «potestà normativa», secondo i principi fissati dalla Costituzione,e consiste nella potestà statutaria e in quella regolamentare (cfr. c. 1, art. 4, L. n. 131/2003 (1).

    L’autonomia del Comune, sulla base degli artt. 3 e 6 del T.U.E.L., è di natura:

    - statutaria;

    - normativa, esercitabile anche dalle Unioni di Comuni, dalle Comunità montane e isolane (art.4, c. 5, L. n. 131/2003);

  • - organizzativa e amministrativa;

    - impositiva e finanziaria nell’àmbito dei propri statuti, dei regolamenti e delle leggi dicoordinamento della finanza pubblica.

    1.3. Le funzioni amministrative del Comune

    Le «funzioni amministrative» sono attribuite dalla Costituzione ai Comuni, «salvo che, perassicurarne l’esercizio unitario, siano conferite a Province, Città metropolitane, Regioni e Stato,sulla base dei princìpi di sussidiarietà, differenziazione ed adeguatezza» (art. 118, c. 1, Cost.);le funzioni amministrative di cui il Comune è titolare sono proprie o conferite con legge stataleo regionale, secondo le rispettive competenze.

    La Costituzione attribuisce in via generale - non in via tendenziale o preferenziale (2) - tutte lefunzioni amministrative ai Comuni. Solo in una fase successiva, in forza del principio digaranzia dell’unitarietà dell’ordinamento giuridico, Stato e Regioni potranno conferire ad altrilivelli di governo (Province, Città metropolitane, Regioni e Stato), sulla base dei principi disussidiarietà (3), differenziazione (4) e adeguatezza (5), quelle funzioni amministrative nonassolvibili dai Comuni.

    Lo Stato e le Regioni, «secondo le rispettive competenze, provvedono a conferire le funzioniamministrative da loro esercitate alla data di entrata in vigore della presente legge, sulla base deiprincìpi di sussidiarietà, differenziazione e adeguatezza, attribuendo a Province, Cittàmetropolitane, Regioni e Stato soltanto quelle di cui occorra assicurare l’unitarietà di esercizio,per motivi di buon andamento, efficienza o efficacia dell’azione amministrativa ovvero permotivi funzionali o economici o per esigenze di programmazione o di omogeneità territoriale,nel rispetto, anche ai fini dell’assegnazione di ulteriori funzioni, delle attribuzioni degli enti diautonomia funzionale, anche nei settori della promozione dello sviluppo economico e dellagestione dei servizi. … Tutte le altre funzioni amministrative non diversamente attribuitespettano ai Comuni, che le esercitano in forma singola o associata, anche mediante le Comunitàmontane e le Unioni dei Comuni» (c. 1, art. 7, L. n. 131/2003 (6).

    1.3.1. La natura delle funzioni amministrative

    Le funzioni amministrative (7) sono espressione ed esercizio del potere esecutivo e, in quantotale, sono da considerarsi come un facere doveroso, un insieme cioè di attività o di prestazionidi diritto pubblico e di diritto privato necessariamente collegate al perseguimento di un interessepubblico posto dalla legge. La funzione amministrativa è esplicata da chi è titolare di un poterepubblico e comprende non una singola attività, o compito o prestazione amministrativa, masempre un insieme armonicamente intrecciato di attività, compiti e prestazioni. Il potere ènecessariamente attivo; è dovere di adempimento a tutela dell’interesse pubblico; ècaratterizzato dal principio di necessitas. La funzione amministrativa è sempre una funzioneamministrativa intenzionale.

    Circoscritto il significato da assegnare all’espressione funzioni amministrative, ritorniamo all’art.

  • 118 Cost. per enuclearne i principi e le conseguenze operative particolari; esso pone:

    - il principio di superamento del parallelismo tra funzione legislativa e funzione amministrativa,e

    - il principio di competenza amministrativa generale del Comune; ciò significa che non tutte lefunzioni di cui all’art. 118 Cost. sono assegnabili al livello comunale ma per esigenze diunitarietà dell’ordinamento possono essere dallo Stato e dalle Regioni diversamente allocate; iComuni possono dolersi in via astratta di tale sottrazione di funzioni amministrative, ma non insede processuale non avendone titolo (8). Analogo discorso vale per le funzioni regolamentaridi Comuni e Regioni (art. 117 Cost.);

    - il principio di definizione dell’amministrazione di volta in volta competente nelle diversematerie amministrative;

    - l’avvio del graduale smembramento dell’imponente apparato amministrativo periferico statale;solo in sede centrale allo Stato dovrà rimanere un essenziale apparato amministrativo perl’esercizio dei compiti di alta amministrazione e di esclusiva competenza: individuare gliobiettivi generali dell’azione amministrativa, assegnare risorse, monitorarne l’utilizzo e valutareil sistema.

    L’esercizio delle funzioni pubbliche assegnate presuppone il «trasferimento delle occorrentirisorse, sulla base degli accordi con le Regioni e le autonomie locali, da concludere in sede diConferenza unificata, diretti in particolare all’individuazione dei beni e delle risorse finanziarie,umane, strumentali e organizzative necessarie per l’esercizio delle funzioni e dei compiti daconferire» (c. 2). Trasferimento non ancora avvenuta mediante leggi ordinarie; e sino a quandole stesse non saranno varate dal parlamento, «le funzioni amministrative continuano ad essereesercitate secondo le attribuzioni stabilite dalle disposizioni vigenti, fatti salvi gli effetti dieventuali pronunce della Corte costituzionale» (c. 6).

    1.3.2. Le funzioni amministrative fondamentali, proprie e conferite

    La Costituzione dispone, all’art. 117, comma 2, lett. p), che lo Stato ha potestà legislativaesclusiva nell’individuare le funzioni (amministrative) fondamentali di Comuni, Cittàmetropolitane e Province; il successivo articolo 118 Cost., al c. 2, aggiunge che i Comuni, leProvince e le Città metropolitane «sono titolari di funzioni amministrative proprie e di quelleconferite con legge statale o regionale, secondo le rispettive competenze».

    Quale significato attribuire a queste tre diverse aggettivazioni delle funzioni amministrative? Anostro avviso le funzioni fondamentali sono quelle specifiche del Comune, e degli altri enticonsiderati; sono funzioni che hanno caratterizzato e caratterizzano l’essere amministrativo deiComuni, e sono perciò indefettibili, non possono venir meno; di conseguenza, il c. 2 del citatoart. 118 Cost. si interpreta nel senso che le funzioni proprie non sono che quelle fondamentali,immediatamente esercitabili per realizzare gli interessi pubblici della collettività di riferimento.

    Le funzioni conferite invece sono quelle assegnate/allocate dallo Stato o dalle Regioni sulla basedi provvedimenti legislativi e di connessi trasferimenti di risorse per il loro esercizio. In sintesi:

  • le funzioni fondamentali sono quelle storiche dell’ente locale, e perciò indefettibili. Le funzioniconferite sono aggiuntive alle prime e non pregiudicano la sussistenza amministrativa dell’entelocale nell’ipotesi, tutt’altro che astratta, di non conferimento di funzioni e risorse finanziarie.

    Le funzioni amministrative dei Comuni «riguardano la popolazione ed il territorio comunale,precipuamente nei settori organici dei servizi alla persona e alla comunità, dell’assetto edutilizzazione del territorio e dello sviluppo economico» (art. 13 T.U.E.L.).

    I Comuni svolgono le loro funzioni anche attraverso le attività che possono esercitarsidall’autonoma iniziativa dei cittadini e delle loro formazioni sociali; gestiscono inoltre i servizistatali quali i servizi elettorali, di stato civile, di anagrafe, di leva militare e di statistica; leconnesse funzioni sono esercitate dal Sindaco quale ufficiale del Governo, ai sensi dell’art. 54T.U.E.L.

    I Comuni, per l’esercizio delle funzioni in ambiti territoriali adeguati, attuano fra loro e con laProvincia forme sia di decentramento che di cooperazione.

    Ulteriori funzioni amministrative per servizi di competenza statale possono essere affidate aicomuni dalla legge che regola anche i relativi rapporti finanziari, assicurando le risorsenecessarie.

    1.3.3. Il contenuto delle funzioni amministrative fondamentali

    In attesa delle leggi di individuazione delle le funzioni fondamentali dei Comuni, di cui all’art.117, c. 2, lett. p), della Costituzione, il Parlamento ha provveduto in via provvisoria aindividuare le funzioni dei Comuni. In particolare il c. 3, dell’art. 21, L. n. 42/2009 (9), indicacome funzioni dei Comuni le seguenti:

    - le funzioni generali di amministrazione, di gestione e di controllo, nella misura complessiva del70% delle spese come certificate dall’ultimo conto del bilancio disponibile alla data di entrata invigore della presente legge;

    - le funzioni di Polizia Locale;

    - le funzioni di istruzione pubblica, ivi compresi i servizi per gli asili nido e quelli di assistenzascolastica e refezione, nonché l’edilizia scolastica;

    - le funzioni nel campo della viabilità e dei trasporti;

    - le funzioni riguardanti la gestione del territorio e dell’ambiente, fatta eccezione per il serviziodi edilizia residenziale pubblica e locale e piani di edilizia nonché per il servizio idrico integrato;

    - le funzioni del settore sociale.

    In seguito la L. n. 122/2010 (10) ha confermato e denominato queste funzioni dei comunicome «funzioni fondamentali» (c. 27, art. 14) il cui esercizio è obbligatorio per i Comuni (c.26, art. 14).

  • Il c. 28 dispone che i comuni con popolazione fino a 5.000 abitanti, ovvero fino a 3.000abitanti se appartengono o sono appartenuti a comunità montane, esclusi i comuni il cuiterritorio coincide integralmente con quello di una o di più isole e il comune di Campioned’Italia, esercitano obbligatoriamente in forma associata, mediante Unione di comuni oconvenzione, le funzioni fondamentali dei comuni ad esclusione della tenuta dei registri di statocivile.

    I comuni non possono svolgere singolarmente le funzioni fondamentali svolte in formaassociata. La medesima funzione non può essere svolta da più di una forma associativa (c. 29).

    Il D.L. n. 95/2012 (11), riscrivendo il citato c. 27, dell’art. 14, della L. n. 122/2010, haindividuato le funzioni fondamentali dei Comuni ai sensi dell’art. 117, c. 2, lett. p), dellaCostituzione, che sono le seguenti:

    - l’organizzazione generale dell’amministrazione, la gestione finanziaria e contabile e controllo;

    - l’organizzazione dei servizi pubblici di interesse generale di ambito comunale, ivi compresi iservizi di trasporto pubblico comunale;

    - il catasto, ad eccezione delle funzioni mantenute allo Stato dalla normativa vigente;

    - la pianificazione urbanistica ed edilizia di ambito comunale nonché la partecipazione allapianificazione territoriale di livello sovracomunale;

    - l'attività, in ambito comunale, di pianificazione di protezione civile e di coordinamento deiprimi soccorsi;

    - l’organizzazione e la gestione dei servizi di raccolta, avvio e smaltimento e recupero dei rifiutiurbani e la riscossione dei relativi tributi;

    - la progettazione e la gestione del sistema locale dei servizi sociali ed erogazione delle relativeprestazioni ai cittadini, secondo quanto previsto dall’art. 118, c. 4, Cost.;

    - l'edilizia scolastica, l'organizzazione e gestione dei servizi scolastici;

    - la Polizia Municipale e la Polizia Amministrativa Locale;

    - la tenuta dei registri di stato civile e di popolazione e i compiti in materia di servizi anagraficinonché in materia di servizi elettorali e statistici, nell’esercizio delle funzioni di competenzastatale;

    - i servizi in materia statistica, ai sensi dell’art. 1, comma 305 della L. n. 228/2012.

    1.3.4. Le Re