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Collana: I NOSTRI SOLDI, LE NOSTRE FATICHE www.SIGNORAGGIO.com Banca d’Italia, Banca Centrale Europea, Federal Reserve: la grande truffa volume 1 di 3 release 0.6 Girovagando su Internet e visitando i cosiddetti “Siti Alternativi di Informazione”, si scoprono cose incredibili ! Provate quindi ad inserire, in un qualunque motore di ricerca (www.yahoo.com , www.google.com , www.lycos.it , ecc…) le parole: “SIGNORAGGIO”, “BCE”, “BANCONOTE” e scoprite su cosa camperebbero i Signori Banchieri… Il diritto di “signoraggio” è il potere del “signore” di emettere biglietti con un valore nominale ampiamente superiore al valore intrinseco e quindi di ricavare un guadagno dalla sovranità sulla moneta. Perché debba farlo una Banca PRIVATA è un mistero…

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Collana: I NOSTRI SOLDI, LE NOSTRE FATICHE

www.SIGNORAGGIO.com

Banca d’Italia, Banca Centrale Europea,

Federal Reserve:

la grande truffa

volume 1 di 3

release 0.6

Girovagando su Internet e visitando i cosiddetti “Siti Alternativi di Informazione”, si scoprono cose incredibili ! Provate quindi ad inserire, in un qualunque motore di ricerca (www.yahoo.com, www.google.com, www.lycos.it, ecc…) le parole: “SIGNORAGGIO”, “BCE”, “BANCONOTE” e scoprite su cosa camperebbero i Signori Banchieri… Il diritto di “signoraggio” è il potere del “signore” di emettere biglietti con un valore nominale ampiamente superiore al valore intrinseco e quindi di ricavare un guadagno dalla sovranità sulla moneta. Perché debba farlo una Banca PRIVATA è un mistero…

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Prefazione Effettuando le ricerche suggerite, ci appaiono tantissimi siti che, all’unisono, dicono tutti la stessa cosa: esisterebbe una Pratica Mondiale, che, se confermata, rappresenterebbe la più grande truffa mai perpetuata, mai inflitta a essere umano. Senza cadere vittime di allarmismo o catastrofismo, andiamo ad analizzare la scoperta che più voci indipendenti (e provenienti da TUTTO il Mondo) portano alla ribalta, grazie a questi Siti di Altra Informazione. Infatti risulta pressoché impossibile trovare traccia di questo argomento sui normali Media (televisione, giornali, ecc). Poniamoci qualche domanda:

1. Di chi è la Banca d’Italia? 2. Perché anche i bambini appena nati hanno un debito? 3. Perché la Banca d’Italia (e ora la BCE) stampa i soldi e li presta al Governo al valore nominale

(ossia quanto c’è stampato sulla facciata – es. 100 euro), senza garantire nulla in cambio (ne oro, ne altro)?

4. E’ dunque vero che non esiste più la convertibilità tra le banconote e l’oro? 5. E’ vero che ogni banconota (come ad es. questa) “costa” circa 3 centesimi ? 6. Il suo valore intrinseco quindi è di € 0,03. Perché all’atto dell’emissione, viene prestata come

se “valesse” € 100? 7. Perché questa banconota da 100 euro in realtà ci costa € 102,5 ? 8. Cos’è “il Tasso Di Sconto”? 9. Cosa sono i “Servizi di Tesoreria dello Stato”? 10. Cos’è il Debito Pubblico? 11. Basta! Voglio scendere! Si può?

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Alto Tradimento: una cittadina italiana sta aspettando una risposta dal Presidente Ciampi Da una cittadina italiana, Barbara Sacchiero (inviata come Raccomandata A.R. il 2 novembre 2004) Egregio Presidente, Le scrivo perché, sia come cittadina italiana che come cittadina europea, mi sento tradita dall'attuale non redistribuzione del signoraggio sull'emissione di banconote e sulle aperture di credito. Ho cioè l'impressione che l'euro non sia la moneta degli europei ma bensì la moneta di alcuni furbacchioni parassiti che profittano dell'ignoranza della popolazione. Sarebbe bello e probabilmente nel Suo caso rappresenta anche un vero e proprio debito morale, se Lei apparisse in televisione a reti congiunte e ci spiegasse perché mai un popolo Sovrano debba pagare a dei privati per poter usare la sua moneta. Ci spieghi dove vanno a finire quei due miliardi di euro al giorno di signoraggio sulle emissioni della BCE. Ci spieghi perché alcuni italiani più furbi, i soci delle società socie della Banca d'Italia, possano imporre al resto della popolazione questa tassa privata. Ci illustri, La prego, il meccanismo di funzionamento della riserva frazionaria, dove la moneta cartacea viene moltiplicata per cinquanta a beneficio dei soci di certe banche, sottraendo anche in questo caso il signoraggio al popolo Sovrano. E' una lezione civica che spetta a Lei tenere se non come presidente almeno per la carica di governatore onorario di quella fortunata "Banca d'Italia" che - diciamocelo - proprio dell'Italia non è. Se Lei ci farà questa lezione, dissolverà un grande clima di sospetto iniziato con la denuncia effettuata dal Professor Giacinto Auriti. E' nostro diritto, di italiani, sapere se siamo in una situazione di alto tradimento o se possiamo continuare a fidarci ciecamente delle istituzioni. La ringrazio per l'attenzione ed in attesa di una Sua presa di posizione in merito, Le porgo cordiali saluti. Con perfetta osservanza, Barbara Sacchiero cittadina italiana impoverita

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(altra lettera inviata come Raccomandata A.R. il 15 gennaio 2005) Egregio Presidente, caro Presidente da più parti sento stranissime ed inquietanti voci riguardanti il nostro (?) sistema finanziario ed economico. Cosi mi sono detto: “Chi meglio di Lei può dissipare queste voci?” Chi meglio di Lei può far chiarezza? Lei che è stato anche Governatore di quella Banca, a cui ora guardiamo con sospetto, sospetto più che legittimo, date le informazioni di cui veniamo quotidianamente a conoscenza... Chi meglio di Lei può spiegarci e svelarci la verità? Lei che si batte sempre contro l’omertà, le ingiustizie e la disonestà… E cosi Le giro una lettera che una concittadina italiana Le ha già inviato, facendo mie le sue paure, e i suoi timori, ma anche le sue speranze, che poi sono quelle di tutti i Cittadini Italiani (ed Europei). Ecco, quindi, cosa le chiediamo: “Le scrivo perché, sia come cittadino italiano che come cittadino europeo, mi sento tradito dall'attuale non redistribuzione del signoraggio sull'emissione di banconote e sulle aperture di credito. Ho cioè l'impressione che l'euro non sia la moneta degli europei ma bensì la moneta di alcuni furbacchioni parassiti che profittano dell'ignoranza della popolazione. Sarebbe bello e probabilmente nel Suo caso rappresenta anche un vero e proprio debito morale, se Lei apparisse in televisione a reti congiunte e ci spiegasse perché mai un popolo Sovrano debba pagare a dei privati per poter usare la sua moneta. Ci spieghi dove vanno a finire quei due miliardi di euro al giorno di signoraggio sulle emissioni della BCE. Ci spieghi perché alcuni italiani più furbi, i soci delle società socie della Banca d'Italia, possano imporre al resto della popolazione questa tassa privata. Ci illustri, La prego, il meccanismo di funzionamento della riserva frazionaria, dove la moneta cartacea viene moltiplicata per cinquanta a beneficio dei soci di certe banche, sottraendo anche in questo caso il signoraggio al popolo Sovrano. E' una lezione civica che spetta a Lei tenere se non come presidente almeno per la carica di governatore onorario di quella fortunata "Banca d'Italia" che - diciamocelo - proprio dell'Italia non è. Se Lei ci farà questa lezione, dissolverà un grande clima di sospetto iniziato con la denuncia effettuata dal Professor Giacinto Auriti. E' nostro diritto, di italiani, sapere se siamo in una situazione di alto tradimento o se possiamo continuare a fidarci ciecamente delle istituzioni. La ringrazio per l'attenzione ed in attesa di una Sua presa di posizione in merito, Le porgo cordiali saluti. Con perfetta osservanza, Sandro Pascucci cittadino italiano impoverito” 15/1/2005

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Duisenberg, costose per l'Italia le piccole banconote di euro La risposta della Banca centrale europea alla proposta di Giulio Tremonti (Conferenza stampa presidente BCE 12.9.2002) La Banca centrale europea sta valutando le implicazioni dell'introduzione di banconote da uno e due euro suggerita dal nostro ministro dell'Economia Giulio Tremonti. Lo ha rivelato il presidente della BCE Willem Duisenberg rispondendo il 12 settembre a una domanda sull'argomento nel corso di una conferenza stampa a Francoforte. L'introduzione di queste due nuove banconote non sarebbe però un affare né per l'Italia né per gli altri Paesi che attualmente godono del diritto di "signoraggio" sulle monete. (13 settembre 2002) Estratto della conferenza stampa del presidente della BCE Willem F. Duisenberg Francoforte 12.9.2002 Domanda [1]: Mr Tremonti, il ministro italiano dell’Economia, ha proposto l’adozione delle banconte da 1 e 2 euro, insieme con le monete allo scopo di impedire ulteriori aumenti dei prezzi. Il 74% degli italiani è d’accordo con questa proposta e noi vogliamo sapere che cosa pensa lei di questo e se ne avete parlato alla Banca centrale europea. Grazie. “Duisenberg: non abbiamo progetti di introdurre banconote da 1 o 2 euro, ma ne abbiamo sentito parlare. Naturalmente, ne abbiamo discusso. Stiamo valutando le implicazioni di introdurre tali banconote. In linea di principio non abbiamo niente contro questo progetto, ma stiamo valutando le implicazioni e spero che Mr Tremonti si renda conto che se tale banconota dovesse essere introdotta, egli perderebbe il diritto di signoraggio [2] che si accompagna ad essa. Dunque se egli, come ministro dell’Economia, ne sarebbe contento non lo so.” [1] Ecco il testo originale in inglese: Question: Mr. Tremonti, the Italian finance minister, proposed the adoption of EUR 1 and EUR 2 banknotes together with coins in order to prevent more rises in price. 74% of Italians agree with this proposal, and I want to know what you think about it and if you have discussed this in the European Central Bank. Thank you. Duisenberg: We have no plans to introduce EUR 1 or EUR 2 banknotes, but we have also heard those noises. Of course, we have discussed it. We are assessing the implications of introducing such a banknote. In principle we have nothing against it, but we are assessing the implications and I hope that Mr. Tremonti realises that if such a banknote were to be introduced, he would lose the seigniorage which goes with it. So whether he, as a minister of finance, would be all that pleased, I do not know".

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EURO: Ciampi e Prodi mentono sapendo di mentire (di Marco Saba)

La recente polemica sull'euro, innescata dalla raffica di fallimenti ed indagini sui bond "allegri" (Argentina, Cirio, Parmalat, etc.), è scatenata anche dal fatto che la spesa per le famiglie sta raddoppiando. Cosa che lascia il lettore confuso e brancolante nel buio monetario. Occorrerebbe aver letto i testi della Scuola Austriaca di Economia, pubblicati in inglese e liberamente disponibili sul sito www.mises.org, per capire il bandolo della matassa: l'attuale sistema bancario è in perenne bancarotta fraudolenta a causa della riserva frazionaria. (Nota di Nereo) A monte, l'emissione monetaria è lasciata ad una banca centrale privata, ad un monopolio di privati che ne sono soci, e che si arricchiscono con la truffa del signoraggio. La Banca Centrale Europea, di cui sono socie le banche centrali tra cui Bankitalia, è una tipografia che stampa banconote, e fin qui tutto bene. Dopodiché, invece di cederle al popolo dell'Unione Europea, al prezzo di costo e aggiungendo un minimo margine di utile - il margine che normalmente applicano le tipografie in tutti gli altri casi - le affitta AL VALORE DI FACCIATA più un interesse annuo denominato "tasso di sconto". Ad esempio, una banconota da 100 euro che potrebbe essere ceduta a 0,05 euro, viene a costare alla comunità 102.5 euro. Questo furto si chiama "signoraggio". (Il diritto di "signoraggio" è il potere del 'signore' di emettere biglietti con un valore nominale ampiamente superiore al valore intrinseco e quindi di ricavare un guadagno dalla sovranità sulla moneta) Gli stati membri dell'UE lasciano pagare ai propri cittadini questo sovrapprezzo tassandoli col cosiddetto "debito pubblico". Siccome la BCE stampa banconote garantite solo da aria fritta, ne stampa quante ne vuole senza alcun controllo nei confronti del debito pubblico. La Federal Reserve (la privata banca centrale americana) esagera nella stampa del dollaro, poiché deve anche acquistare le azioni delle multinazionali USA, onde evitare il crollo delle borse americane. Quindi, in Europa, percepiamo un fittizio "aumento" di valore dell'euro rispetto alla valuta americana. In realtà, il meccanismo di stampa "a go go" è proprio quello che innesca l'inflazione. Questo spiega perché, a fronte di progressi nell'economia europea, invece di acquistare valore, l'euro ne perde. Se la moneta deflazionasse, non sarebbero più nemmeno necessarie le lotte sindacali per riadeguare gli stipendi. Questo spiega anche perché, negli anni sessanta, con uno stipendio da operaio si poteva mantenere una famiglia di 4 persone. Il sogno dei padroni privati delle tre principali banche centrali, quella europea, quella americana e quella giapponese (euro, dollaro e yen) è di arrivare ad una unica valuta mondiale in modo da inflazionare a piacimento senza che il pubblico abbia più alcun valore di raffronto. Non si potrà più confrontare il valore relativo dell'euro rispetto alle altre due valute. Questo sistema conduce al fenomeno dell'iperinflazione, un dramma che portò la Germania ad entrare nell'epoca del Nazismo. E' questo che vuole la sinistra opposizione? Ma vediamo, in un modo molto semplificato, come l'intero sistema delle banche, che ruotano intorno alla banca centrale, sia legato a doppio filo alla truffa monetaria. Alle banche normali viene regalato il sistema della riserva frazionaria. Quando il Signor Brambilla versa 100 euro nella sua banca, questa corre a versarli alla banca centrale nel "conto riserve". La banca centrale si affretta ad acquistare titoli del debito pubblico monetarizzando il debito degli stati. Questi ultimi rimborseranno i titoli alla banca centrale tassando i cittadini. Si tratta di amministrazioni statali che ben si guardano dallo spiegare questi meccanismi ai cittadini. A questo punto, la banca del signor Brambilla, con i 100 euro versati a riserva, acquisisce dalla banca centrale il beneplacito di stampare 2.000 (duemila) euro di credito. In questo caso, consideriamo che la riserva frazionaria sia al 5%. Dunque, alla fine dell'anno, il signor Brambilla avrà in conto corrente i suoi cento euro più, diciamo, l'uno per cento d'interesse. La sua banca avrà prestato i 2000 euro creati con la riserva frazionaria chiedendo, diciamo, il 10% d'interesse a vari altri signor Brambilla. Questo meccanismo di creazione dal nulla dei

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2000 euro è inflazionario. Mettiamo che, nell'aggregato, si determini una inflazione del 5%. Alla fine dell'anno, il Brambilla avrà 101 euro nominali ma del valore di 95,95 euro a causa dell'inflazione. La banca del Brambilla, da parte sua, avrà 2200 di credito che varranno, sempre considerando l'inflazione, 2.090. Pagati i 101 a Brambilla, Le rimangono 2.099 euro svalutati del 5%. Ma CREATI dal nulla. Se il signor Brambilla INVECE volesse prendere a prestito i 2000 euro creati da aria fritta, dovrebbe dare garanzie alla banca, garanzie REALI, ad esempio immobili, per almeno il 200% dell'importo, ovvero per 4000 euro. Quindi, al primo Brambilla la banca garantisce il deposito di 100 euro con il 5% di riserva frazionaria (5 euro realmente in cassa), mentre, quando lei stessa ne presta duemila, riceve garanzie per 4.000 euro. Questa è la misura del ladrocinio del sistema bancario a riserva frazionaria, che crea ricchezza, per pochi furbi, e la povertà di un popolo per sempre incravattato dal "debito pubblico". Ma riflettiamo: se un Popolo è Sovrano, perché mai dovrebbe pagare un "signoraggio" alla banca centrale o a chicchessia? Chi sono i soci della Banca d'Italia? Gruppo Intesa (27,2%), Gruppo San Paolo (17,23%), Gruppo Capitalia (11,15%), Gruppo Unicredito (10,97%), Assicurazioni Generali (6,33%), INPS (5%), Banca Carige (3,96%), BNL (2,83%), Monte dei Paschi di Siena (2,50%), Gruppo La Fondiaria (2%), Gruppo Premafin (2%), Cassa di Risparmio di Firenze (1,85%), RAS (1,33%)...

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e siamo arrivati al 94,35%. E l'altro 5,65% di chi è? Sono tutti debitori del popolo Sovrano, altro che "creditori". Il batter moneta, come anche il crearsi un esercito, è una prerogativa del Sovrano: del popolo. Come è anche suo diritto il ribellarsi al tiranno. Il diritto economico del Popolo Sovrano è un diritto "inalienabile": non può essere né ceduto né affittato. E' anche uno dei diritti previsti dalla Carta dei Diritti dell'Uomo delle Nazioni Unite, oltreché nel comma 2 dell'Art. 42 della Costituzione. Tutto quanto sopra detto non può non essere a conoscenza di Carlo Azeglio Ciampi: ha lavorato per cinquant'anni nella Banca d'Italia, diventandone perfino governatore. Ciampi non può non sapere che ruolo lui stesso abbia avuto nello sfruttare il popolo - non Sovrano, ma servo della gleba - rimasto all'oscuro dei propri diritti. Se continua a fare l'omertoso, si avanza l'ipotesi di alto tradimento. Specialmente se si scoprisse di chi sono le società proprietarie di Bankitalia. Dopo un'indagine sul giro del fumo delle scatole cinesi, ci sarà da ridere! Sarebbe come riscoprire che: uno dei soci dell''800 della savoiarda Banca d'Italia, per la quale fu "necessaria" l'unità d'Italia, era proprio il Conte di Cavour! Se Ciampi non vuol cantar chiaro, almeno dia le dimissioni. Allo stesso modo, Romano Prodi, nella sua funzione di autocratico Presidente della Commissione europea dei dodici assenti (i popoli europei), non può non sapere della "truffa del signoraggio". Essa appare tra le righe di un recente rapporto della sua stessa commissione, del 14 febbraio 2002, intitolato: "Risposte alle sfide della globalizzazione" [SEC(2002) 185, pagine 58 e 59]. "Cari" presidenti, Ciampi e Prodi, non ricordate che il Trattato di Maastricht, dove si "santificava" la truffa della privata Banca Centrale Europea, venne elaborato e concluso proprio a cavallo delle stragi Falcone e Borsellino? Non è che questi ultimi due eroi stessero proprio indagando sulla criminalità bancaria? Forse cominciavano a chiedersi che cosa fosse il requisito di onorabilità: il fatto che, per fare il banchiere, bisogna essere "Uomo d'Onore". A cosa serve "veramente" il segreto bancario? Non è che, in Sicilia, la gente è talmente disperata che si trova sempre qualcuno pronto ad ammettere che, sì, il vero capo della mafia era proprio lui? Ma quale mafia? Non certo quella che ruota attorno ai soci privati della BCE di Francoforte. E pensare che, quando sopra parlavo dei 100 euro del signor Brambilla, non ho nemmeno incluso le spese annuali di "tenuta conto" trattenute dalla banca - mediamente circa 30 euro - né ho incluso tutti i giorni di valuta rubati, né tutte quelle altre cosucce, tutte quelle piccole truffe che, ogni tanto, riempiono i giornali e la bocca delle varie associazioni dei Consumatori. Associazioni che, acchiappando i topolini, si lasciano troppo spesso sfuggire gli elefanti. Quando mai il vostro bancario di fiducia vi svelasse che il suo stipendio è automaticamente ancorato al tasso REALE di inflazione, saprete ora perché. Dice bene Bossi, quindi, che l'euro di Prodi è la rapina del millennio. Non vi pare? Nota di Nereo: Per il concetto di "riserva frazionaria" confrontare nell'articolo di J.G. Hülsmann "Gli undici miti sulla deflazione" (http://www.liberanimus.org/hulsman.deflazione.html), la distinzione di due casi: (A) il caso di un sistema bancario a riserva frazionaria operante in un contesto di merce-denaro (commodity-money) come l'oro o l'argento; (B) il caso della moneta cartacea: "Nel primo caso, l'offerta di oro (o di argento) fisico non può ovviamente dissolversi nell'aria e perciò stabilisce un fondo robusto nel caso di deflazione delle banconote del sistema a riserva frazionaria. Tale deflazione generalmente inizia quando un numero crescente di persone rifiuta d'accettare tali note di pagamento, e termina normalmente in una corsa alla banca (bank run), nella quale gli stessi possessori dei biglietti vogliono liberarsene e si precipitano alla banca che li ha emessi per riscattarli in oro o argento. Al termine di tale corsa, l'offerta di denaro si è contratta

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considerevolmente a causa della sparizione di tutti i biglietti sostenuti dalla riserva frazionaria. Tuttavia la riserva di denaro metallico rimane e offre un fondo solido, al di sotto del quale l'offerta di denaro non può scendere. Non c'è ragione perché questo processo deflazionista non possa risolversi in poche ore o giorni. Al termine, molte banche e molti imprenditori saranno in bancarotta, nella misura in cui avranno finanziato le loro imprese tramite il debito invece che con mezzi propri (equity). Questo naturalmente spiega perché l'attuale establishment, finanziato col debito, si oppone ferocemente alla deflazione; ma questo non significa che la produzione non potrebbe andare avanti senza di questi: di fatto può farlo e lo farà "sotto una nuova gestione". Nel secondo caso, non esiste alcun fondo solido che assicuri l'arresto del processo deflazionista all'offerta di moneta cartacea. Quando la gente non gradisce più possedere moneta di carta e comincia a venderla a qualunque prezzo, ciò risulterà in un declino ancor più pronunciato del potere acquisitivo di questa moneta, il che convincerà anche chi l'ha appena comprata a liberarsene. Il risultato è una spirale deflazionista che termina quando la moneta svanisce dalla circolazione. Notare che questo non significa che l'economia retrocederà all'era del baratto. In questi casi la gente comincia ad usare altre monete come oro, argento o valute straniere. La spirale deflazionista perciò sottintende l'effetto benefico di sostituire un tipo inferiore di moneta (inferiore dal punto di vista di chi la usa) con una moneta superiore. Ripetiamo, non vi è ragione perché questo processo non possa concludersi in pochi giorni e, parimenti, non vi è ragione d'aspettarsi che la produzione non riprenda altrettanto rapidamente sotto una nuova gestione"

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Signoraggio (Corriere della sera - CorrierEconomia - pag. 8 - 11/10/2004) E' trapelato che l'ex ministro dell'Economia, Giulio Tremonti, in una conversazione informale a Milano, avrebbe mostrato scetticismo verso l'ipotesi che la sua proposta di stampare la banconota da un euro non sia decollata in Europa anche a causa delle conseguenze sugli enormi interessi collegati al "signoraggio" per l'emissione del denaro. A Bruxelles il direttore generale per gli Affari monetari della Commissione, il tedesco Klaus Reding, ha detto al Corriere della Sera di non vedere alcun problema di "signoraggio" nel sistema dell'euro "perchè tutto è regolato dal Trattato di Maastricht". Ma nell' Europarlamento si stanno iniziando a valutare segnalazioni critiche e richieste di maggiore trasparenza su questo meccanismo finanziario, che consente alla Banca centrale europea di Francoforte (Bce), alle banche centrali e ai governi nazionali di incamerare somme ingenti imponendo di fatto ai cittadini il pagamento di un prezzo per l'utilizzazione della moneta. La definizione di "signoraggio" anticamente indicava il guadagno del "signore" che aveva il potere di far accettare come mezzo di pagamento una moneta con un valore nominale superiore al contenuto aureo (contando sulla capacità di convinzione delle sue milizie armate). Oggi con questo termine si intende la percentuale garantita a chi emette denaro in relazione alla differenza tra il costo di realizzazione di una banconota o di una moneta metallica e l'importo nominale assegnatogli. Il "signoraggio" per la stampa dell'euro su carta è attribuito alla Bce di Jean-Claude Trichet e alle banche centrali dei Paesi della zona euro, mentre per le monete metalliche spetta ai ministeri del Tesoro nazionali. Pertanto, se fosse introdotta la banconota da un euro, i governi perderebbero una parte degli attuali guadagni da "signoraggio" e aumenterebbero quelli degli istituti di emissione, che nel caso della Banca d'Italia possono finire anche ai suoi soci privati.

Fazio a casa e Bankitalia in bancarotta. E' possibile. (03/11/2004) Signoraggio: una truffa colossale nata e cresciuta grazie ad una giungla di ignoranza sistematica, censura accademica, disinformazione professionale, vuoti legislativi e cervelli sottovuoto. Dal 1694 fino alla pseudo costituzione europea passando per il Trattato di Maastricht tutto sembra regolato, in ordine, e la truffa continua. Ma il meccanismo di emissione della moneta - delegato alla Banca Centrale Europea - e di riscuoterne il signoraggio (in termini tecnici “servizio di tesoreria dello Stato”) si sta inceppando. Il che può mettere nei guai in particolare la Banca d’Italia e il suo attuale governatore, l’uomo delle banche, Antonio Fazio. La Banca d’Italia è infatti una società privata, una spa, che ha per soci solo delle società private, banche ed assicurazioni, a parte l’Inps, l’Istituto Nazionale della Previdenza Sociale. Tre banche da sole “controllano” la Banca d’Italia: Gruppo Intesa 27,2 %, Gruppo San Paolo 17,23%, Gruppo Capitalia 11,15%. Il resto è preda del Gruppo Unicredito 10,97%, Assicurazioni Generali 6,33%, Inps 5,0%, Banca carige 3,96%, Bnl 2,83%, Montepaschi di Siena 2,5%, Cassa di risparmio di Firenze 1,85%, Ras 1,33%, La Fondiaria 2,0%, Premafin 2,0%. Il restante 5 e rotti per cento è poi nelle mani di anonimi. In ogni caso, nei giorni scorsi ha iniziato a girare con insistenza la voce che la Banca d’Italia avrebbe le ore contate. Infatti il potere di emettere moneta e riscuotere il signoraggio, in mano alla Banca d'Italia dal 1894, è affidato alla SpA di via Nazionale solo fino al 31 dicembre 2010. La legge 104 del 28 marzo 1991 lo conferma. Il conferimento della gestione del servizio, cioè il potere di battere moneta e riscotere il reddito da signoraggio, è rinnovato ogni 5 anni, e ora siamo vicinissimi alla scadenza del rinnovo per il quinquennio 2010-2015. Abbiamo dunque la possibilità di mandare a casa Fazio. E' venuto il momento di farsi sentire: la battaglia contro una Banca d’Italia cassaforte di banchieri e grande finanza, iniziata anni fa dal professor Giacinto Auriti, può essere vinta. Occorre un'azione legale contro Bankitalia SpA per

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ottenere il risarcimento dei proventi da signoraggio indebitamente appropriati. Ma soprattutto occorre la mobilitazione delle energie ancora attive del nostro popolo.

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Sistema bancario e rischi per titoli statali (di Nereo Villa - 08/10/2003) Il 27 settembre del 1964 negli Stati Uniti venne pubblicato il famigerato rapporto della commissione Warren, incaricata di indagare sull'assassinio di Kennedy. In tale rapporto si sosteneva che unico responsabile dell'omicidio era Lee Harvey Oswald. Tale rapporto fa tremare ancora oggi anche i nostri politici più “coraggiosi”. Su “Libertà” del 27 settembre di 39 anni dopo, infatti si leggono parole di Bossi sul debito pubblico: "Dal 2008 in avanti il sistema cambia, perché altrimenti la gente si sparerebbe, perché i titoli di stato diventerebbero tutta carta straccia". Cosa significano queste parole? Perché Bossi non chiarisci la questione? Dovrebbe conoscerla, ammesso che abbia letto gli articoli della stessa "La Padania" in merito a tale "carta straccia". Il coraggio necessario per attuare una fiscalità sociale a misura d'uomo non esiste proprio. Lincoln e Kennedy ebbero invece quel coraggio. Ma ambedue pagarono caro. Lincoln creò le banconote "green-backs", e venne ucciso poco dopo, nel 1865. Durante la guerra civile americana, i Rothschild di Londra finanziarono il Nord, e i Rothschild di Parigi il Sud. Per ridurre il livello del debito che il suo governo avrebbe affrontato, Lincoln fece quel denaro. Le banconote "green-backs" erano come dovevano - e come dovrebbero - essere, e cioè prive di interessi bancari. Ciò si rilevò potenzialmente disastroso per le banche, e se la cosa fosse continuata dopo la guerra e si fosse diffusa in altri paesi, le banche e i banchieri avrebbero perso il loro potere. Lincoln fu assassinato da John Wilkes Booth che, secondo alcuni studiosi, era un agente della Casa Rothschild. Dopo la morte di Lincoln cessò ovviamente anche la stampa dei green-backs. Kennedy propose la stessa soluzione e subito dopo fu anch'egli ucciso a Dallas, in Texas, nel 1963. I suoi obiettivi principali erano di prendere il controllo della moneta della nazione, togliendola dalle mani delle Banche della Federal Reserve e di terminare così la guerra in Vietnam. Il vero motivo del suo assassinio è percepibile ad ogni essere umano pensante. Dopo quello storico omicidio il vicepresidente J.B.Johnson, appena assunta la carica di Presidente, ordinò infatti il ritiro di tutte le banconote fatte stampare da Kennedy. Kennedy aveva infatti ordinato l'emissione, da parte del Tesoro, di 4.292.893.815 dollari, con banconote che non riportavano più la scritta "Federal Reserve Note", ma quella, invece, di "United States Note". L'ordine esecutivo di Kennedy (E.O. 11110 del 4 giugno 1963) era un ordine coraggioso, ed è in fondo quello che bisognerebbe aspettarsi oggi dai nostri politici italiani. Ma campa cavallo! Costoro tremano di fronte ai banchieri. E' comprensibile. Ma non bisogna far finta di avere coraggio dicendo le cose a metà per paura dei banchieri. Infatti, per impedire una commissione d'inchiesta, libera e indipendente, sull'assassinio di Kennedy, Johnson e il capo dell'FBI, Hoover, crearono la "Commissione Warren" per fornire ed avvalorare la versione ufficiale sull'assassinio. Di questa Commissione faceva parte anche un certo J. McCloy, che non aveva avuto alcuna esperienza nel campo del crimine, né dell'ordine pubblico, né in quello della sicurezza della nazione. In compenso però era il Presidente della Chase Manhattan Bank! Perché la presenza di un banchiere nella Commissione Warren? Le uccisioni di Lincoln e di Kennedy testimoniano dunque che per conservare ed aumentare debiti non dovuti, per questa mega truffa planetaria, non vi è solo lo strumento della guerra. Per evitare l'estinzione dei debiti bancari, cioè per evitare l'estirpazione del cosiddetto "debito pubblico", sostituendolo con un credito sociale o col reddito di cittadinanza che ne scaturirebbe attraverso l'emissione di biglietti di stato, vi è anche l'assassinio! Kennedy aveva infatti capito che l'egemonia dell'usura poggiava sull'idea truffaldina della banca centrale: emettere moneta prestandola al popolo, il quale, creandone il valore con l'accettazione, avrebbe invece dovuto esserne il proprietario fin

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dall'emissione. Per semplice logica umana, tutti infatti possono prestare denaro, ma non chi lo emette. Se io ti presto una banconota devo averla. Se non ce l'ho e te la stampo, ti presto casomai la carta, non il valore che stampo su di essa. In altre parole, se mi presti la tua rete per pescare e mi indebiti perennemente anche dei pesci che pescherò in futuro, non posso accettare, perché io devo restituirti solo la tua rete, magari con un grazie o con gli interessi per l'usura (della rete). Eppure oggi non è così e questi esempi descrivono esattamente l'attuale sistema bancario mondiale, che tutti ancora accettiamo, mentre persone e governi stanno affogando in un mare di guai come è successo in Argentina. Bisognerebbe dunque ricordare quel 27 settembre di 39 anni fa, altro che aspettare il 2008 quando ci saremo ancora più invischiati nella melma dell'Euro e dell'Europa. I grandi banchieri ossia i pirati e usurai mondiali (di D.E.)

Chiesa Viva Mensile di formazione e cultura, Direzione, Redazione e Amministrazione: “Operaie di Maria Immacolata” e Editrice Civiltà – via Galileo Galilei, 121 - 25123 Brescia - c/c postale n° 11193257 - tel e fax: 030-370.00.03 - 20 pp. 24x31,5 ANNO XXXIV - N° 363 LUGLIO-AGOSTO 2004 Su queste pagine sono già apparsi illuminati articoli del dott. G. Armenise, del Prof. Giacinto Auriti, del dott. Bruno Traquini, del dott. Franco Adessa, sull'iniquo sistema bancario-finanziario nazionale e internazionale (1). Data l'importanza per tenere viva l'attenzione, ripsopongo l'argomento, cercando di esporlo in modo semplice e comprensibile anche ai non specialisti. Il vigente sistema bancario mondiale è il mezzo attraverso cui i grandi banchieri si fanno proprietari della moneta circolante e si arricchiscono, e dominano sempre più; e le persone ed i governi nazionali subiscono questo furto e affogano semore più nell'indebitamento, e nella dipendenza economica, politrica, culturale. Queste le tappe storiche per giungere ai meccanismi di espropriazione del capitale, di interessi ed usura, e di dipendenza. Contro un po’ d’oro e argento: montagne di carta-moneta Fino al Medioevo, il mezzo di credito e di scambio, cioè la valuta, era costituita da metalli preziosi (l'oro e l'argento) e, per ragioni di sicurezza, i proprietari cominciarono a depositare le loro ricchezze presso gli orafi, che disponevano di camere blindate adatte alla loro custodia. Fu loro affidata anche la possibilità di "conio", ossia di coniare le monete e i lingotti, in modo di accertare la quantità del metallo prezioso contenuto, ed il valore di ogni moneta e lingotto. A fronte di questi depositi di oro e argento, gli orafi/banchieri emettevano "ricevute" di carta che servivano ai proprietari per i loro pagamenti e acquisti. Constatata la praticità del sistema, la "carta-moneta" o "banconota" (che era garantita dal deposito equivalente di oro/argento nelle banche degli orafi) si diffuse grandemente e si impose come il mezzo prevalente di scambio. Già a questo punto iniziò una prima forma di furto e usura: gli orafi/banchieri capirono che in qualsiasi momento, solo una frazione dell'oro e dell'argento veniva ritirata dai proprietari; allora, pensarono, "perché non prestiamo delle "ricevute", "carta-moneta" anche ad altre persone che non possiedono l'equivalente in oro e argento e inoltre le tassiamo d'interessi?". Le autorità statali, o perché non chiaramente consapevoli della gravità dell'insidia, o perché conniventi e corrotte dai banchieri, hanno permesso questo. Di conseguenza, i banchieri hanno prodotto "dal nulla" (cioè senza avere un corrispettivo controvalore di oro o di argento in deposito) grandi capitali di carta/moneta che a loro è costata solo il minimo costo di stampa, ma che hanno prestato ai privati ed agli Stati, al valore nominale, cioè secondo il valore stampato

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sulle banconote. Ad esempio, dietro richiesta di un prestito di 200 miliardi di lire, hanno stampato 2.000.000 di banconote da lire 100.000. Il costo della stampa delle banconote è 500 milioni, il valore nominale delle banconote è 200.000 milioni. La differenza: 199.500 milioni è il guadagno di emissione, o "diritto di signoraggio". "diritto" che, in realtà, è solo un enorme "furto". L'aver ristretto il potere di stampare banconote alle sole banche centrali emittenti, non ha tolto la basilare iniquità di questo meccanismo, sia in se stesso, sia per la reale identità e proprietà delle "banche centrali emittenti". Montagne di banconote da restituire con interesse: il che indebita i privati Inoltre, i banchieri centrali, non contenti di essersi appropriati del valore delle banconote stampate, concedono il prestito, a un privato, richiedendo poi la restituzione della somma iniziale, aumentata dell'interesse del 10% o del 20% all'anno. Da dove viene questo interesse? Dall'attività e dal lavoro di chi ha chiesto il prestito. Così, il sistema dei banchieri succhia la ricchezza prodotta dal lavoro e, per tutelarsi di questa restituzione aumentata dall'interesse, chiedono pegni e garanzie su terreni, case, attività agricole, commerciali, industriali, ecc. Se il prestito non viene restituito alla scadenza, maggiorato dell'interesse, la banca pignora e si appropria dei beni in garanzia. ...e indebita anche gli Stati Difficile a credersi, ma purtroppo vero: anche gli Stati, dietro pressione dei politici fiancheggiatori (fatti eleggere dai banchieri, con laute sovvenzioni durante le campagne elettorali!), si sono prestati a questo furto e usura. Cioè, anche gli Stati hanno chiesto grandi prestiti ai banchieri centrali, per le spese del bilancio statale, per costruire opere, per fronteggiare guerre, ecc., e hanno dato in garanzia ai banchieri, a pari valore nominale delle banconote ricevute, dei "Titoli di Stato" o a lunga scadenza (es. CCT), i quali, oltre al dovere della restituzione del capitale, sono gravati di interessi. E da qui è iniziato il crescente indebitamento anche degli Stati nei confronti dei banchieri. E la necessità di aumentare le imposte ai cittadini per poter pagare gli interessi della massa dei titoli di Stato dati in "garanzia" ai banchieri.(ndt: quando è lo Stato ad essere insolvente, si parla di "privatizzazioni". Indovinate chi compra?) Due colpi grossi: diventare Banca Emittente e dare i prestiti di guerra Due settori si sono dimostrati eccezionalmente redditizi per i banchieri: essere autorizzati quale "banca centrale emittente" ed i "prestiti di guerra". La “Banca Centrale Emittente " Prospettando l'utilità della moneta unica nazionale, e alimentando ad arte il pubblico sospetto e diffidenza che, se fosse il singolo governo ad emettere banconote, lo farebbe secondo i propri particolari interessi politici, i banchieri più potenti, con l'appoggio dei loro soliti fiancheggiatori politici, sono riusciti ad ottenere dallo Stato il diritto di fondare la "banca centrale emittente". Il che significa che lo Stato, per il fabbisogno di moneta circolante, delega alla banca centrale di stamparla. La banca centrale la stampa (con spesa che è una percentuale infima rispetto al valore nominale) e la da alle Casse dello Stato, facendosi dare in cambio un pari valore nominale di "Titoli di Stato", fruttiferi di interessi. Cioè, la banca centrale, dietro ad un minimo costo di stampa, con un furto all'intera nazione, si fa proprietaria di tutta la moneta nazionale, che addebita alla comunità tramite lo Stato, richiedendo in

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garanzia dei "Titoli di Stato", che, inoltre, sono caricati di interessi annui, che sono complessivamente enormi, dato che è elevatissima la massa di carta-moneta circolante. Quando la massa di moneta circolante è insufficiente, o quando le Casse dello Stato sono vuote, e lo Stato non può pagare gli stipendi dei pubblici dipendenti, e non può fare opere pubbliche, ecc., o si rivolge direttamente ai cittadini chiedendo denaro in prestito e offrendo loro direttamente "Titoli di Stato" (es. BOT o CCT) (il che è legittimo, perché corrisponde ad un prestito reale ed effettivo), oppure chiede nuova carta-moneta alla banca centrale, la quale la stampa, se ne fa proprietaria, e l'addebita (cioè la ruba) alla Nazione e, inoltre, chiede a garanzia, a pari valore nominale, dei "Titoli di Stato" fruttiferi di continui interessi annuali. Ulteriormente incredibile, ma vero, oltre al diritto di "signoraggio" di stampa e appropriazione del denaro nazionale, anche maggiorato degli interessi annui dei "Titoli di Stato" corrispettivi, i grandi banchieri sono riusciti, poi, ad ottenere dallo Stato (tramite i soliti rappresentanti politici loro compiacenti) il potere di regolare (secondo il loro interesse) la quantità e la circolazione del denaro e del credito, come pure il potere di decidere il "tasso di sconto". I Prestiti di Guerra I grandi banchieri si sono accorti che con oculati "prestiti di guerra" si fanno i più eccellenti affari. Infatti, per avere a disposizione abbondanti finanze e speranza di vincere la guerra, ogni Stato è disposto a fare grandi sacrifici, a cedere le riserve auree e la comproprietà delle attività minerarie, agricole, commerciali, industriali, nazionali, e a pagare alti interessi. I grandi banchieri, inoltre, si sono resi multinazionali, per cui le diverse filiali della stessa banca hanno prestato contemporaneamente agli opposti contendenti e guerreggianti. Spesso, facendosi persino riconoscere dal futuro "vincitore" (per questo più lautamente finanziato e armato), il diritto privilegiato di ottenere la garanzia del pagamento di tutto il prestito concesso alla parte "vinta" (ovviamente mediante espropriazione dei beni della Nazione vinta). Un solo esempio tipico, quello dei rothschild nella Seconda Guerra mondiale. I rami americano, inglese, russo, ecc. hanno prestato denaro ai loro governanti e hanno fatto ottimi affari. Ma ha fatto ottimi affari anche il ramo tedesco. I Rothschild tedeschi si sono offerti di procurare al Reich nazista i rifornimenti desiderati, richiedendo di essere pagati in oro e valute pregiate che hanno depositato in Svizzera. Alla fine della guerra, la Germania era semidistrutta, le casse dello Stato totalmente vuote, i grandi industriali - ad es. i Krupp (produttori di acciaio e armi) - ridotti sul lastrico, mentre i Rothschild,a nch'essi tedeschi, erano divenuti ancora più ricchi e più potenti di prima! Ne consegue che, ricevendo enormi benefici dalle guerre (quali concessori dei prestiti bancari e quali proprietari dell'industria bellica che vende armi), i grandi banchieri sono i principali interessati a soffiare sui contrasti nazionali ed inter-etnici ed a fare scoppiare ovunque le guerre. Come diceva A. M. Rithschild: "la guerra è la nostra attività e industria più redditizia"! Note: (1) G. Armenise, "Quando Banca fa rima con Usura", Chiesa viva n.325; G. Auriti, "Eliminare i debiti o i popoli? L'euro di chi è?", Chiesa viva n.327; "Note di filosofia del valore", Chiesa viva n. 330; "Valore indotto, valore creditizio e signoraggio", Chiesa viva n. 334; "Giustizia monetaria", Chiesa viva n. 345; Bruno Tarquini, "La moneta, la banca e l'usura", Chiesa viva n.336, 337, 338; F. Adessa, "Il governo di A.M. Rothschild", Chiesa viva n. 337, 338.

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Il meccanismo bancario della creazione di denaro costituisce una vera e propria truffa ai danni dei cittadini. (di Nereo Villa) Nessun economista affronta seriamente il problema: la creazione di denaro è vista quasi come una conseguenza naturale dell'istituzione delle banche(1) o come una curiosità con effetti benefici sul sistema economico che tutt'al più dove indurre i banchieri ad operare con prudenza ed oculatezza per evitare che le conseguenze della creazione di denaro possano travolgere la stessa banca. Il meccanismo bancario di creazione di denaro è invece alla base dell'appropriazione di risorse ingentissime da parte del sistema finanziario ai danni dell'economia reale e di tutti i cittadini. Per capire come funziona questo meccanismo, dobbiamo immaginativamente spostarci indietro nel tempo di un paio di secoli e ritornare nella situazione che favorì la nascita delle banche moderne, cioè a quei depositi in oro che le situazioni politiche e la relativa ricchezza indotta dai commerci con l'estremo Oriente e il Nuovo Mondo avevano generato. Le banche ricevevano l'oro e in cambio, rilasciavano certificati a vista o al portatore, che erano utilizzati per i pagamenti da parte dei titolari dei depositi, e, a loro volta, potevano essere utilizzati per effettuare nuovi depositi. E qui sta l'inghippo. Infatti, finché il certificato, nominativo o al portatore viene trasferito da un possessore ad un altro, nel sistema non si crea alcunché, dato che si tratta della stessa somma che semplicemente cambia di mano. Se invece, sulla somma depositata la banca emette un prestito, allora si crea del denaro. Un esempio: stiamo nel 1884 a Dawson city nel Klondike. Sono appena uscito dalla banca del West dove ho depositato mille dollari in oro, frutto di un duro lavoro nelle miniere. La banca offre un buon interesse, e d'altra parte, ci sono troppi brutti ceffi in giro per portarmi tutta quella somma addosso. La banca, inoltre, gode di buona fama, e così io sono sicuro che nessuno porterà via il mio gruzzolo. Tengo con me qualche spicciolo, e riparto per il giacimento che ho scoperto nel nord del paese. La banca sa che non tornerò presto a riprendere l'oro. Conta sulla mia avidità e sul desiderio di sfruttare al meglio la miniera. Così quando si presenta un imprenditore a chiedere un prestito di ottocento dollari per costruire un casinò per i minatori, la banca lo concede volentieri, sia perché lo considera un buon investimento, sia perché l'imprenditore in questione è persona economicamente solida. D'altra parte la banca deve prestare i denari a qualcuno, perché altrimenti non potrebbe pagarmi l'interesse che ha promesso, né le proprie spese. La banca non può concedere più di 800 dollari in prestito perché tiene una riserva del 20%: la percentuale sui depositi ritenuta sufficiente per coprire eventuali necessità liquide impellenti dei propri depositanti(2). Se per esempio, avessi necessità di denaro per comprare delle nuove attrezzature per la miniera, la banca sa che non chiederò più di 200 dollari, dato che in media la percentuale dei depositi che si presume possa essere ritirata è, appunto, del 20%(3). Tra le migliaia di depositanti, c'è ovviamente anche chi che ritira per intero il suo deposito senza preavviso, ma in media il denaro che entra ed esce dalla banca non supera il 20% del totale dei depositi. Se la banca concedesse prestiti utilizzando una parte delle proprie riserve, rischierebbe di trovarsi in difficoltà a fare fronte alle necessità correnti e perderebbe il proprio buon nome. D'altro canto, se la banca tenesse più denaro del necessario a riserva, non guadagnerebbe abbastanza, e non potrebbe remunerare i depositi come le altre banche del sistema, che, quindi, le porterebbero via i clienti, condannandola prima o poi alla chiusura. Quindi, la banca deve concedere prestiti tenendo la riserva del 20%, così come fanno le altre banche del sistema, che pure sanno che non più del 20% dei propri depositi sarà ritirato. Come si può rilevare il sistema si regge dunque sul calcolo delle probabilità e sul buon nome delle banche. Ma torniamo agli 800 dollari prestati per la costruzione del casinò.

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L'imprenditore, ottenuto il prestito, si mette al lavoro di buona lena, e spende tutti i denari ricevuti dalla banca per la costruzione, pagando operai, fornitori, barman, ballerine e il pianista. Questi soggetti, ricevono i soldi e a loro volta o li spendono o li mettono in banca. Alla fine, per varie strade, tutti gli 800 dollari prestati al primo imprenditore, ritornano in banca (dove per banca si intende il sistema bancario nel suo complesso che, come si è mostrato, si muove di conserva per non rischiare il fallimento). La banca, a questo punto ha di nuovo 800 dollari, e così è contenta se un altro imprenditore le chiede un prestito di 640 dollari per aprire un negozio di alimentari per i minatori. Anche questo pare alla banca un buon affare, e l'imprenditore che lo propone è un noto commerciante della zona, munito di solide garanzie. Ricomincia il solito giro e dopo un po' di tempo, i 640 dollari ritornano tutti in banca. Con 512 dollari, il Direttore finanzia l'apertura di un negozio di armi, e poi con 409,6 dollari una bottega da maniscalco per i cavalli dei minatori e così via, finché i dollari non sono esauriti. Ciò che spinge gli imprenditori ad investire rapidamente i denari ricevuti è che essi devono pagare un interesse alla banca e quindi, prima cominciano a guadagnare, e prima riescono a restituire il debito senza essere taglieggiati dagli interessi. Allo stesso tempo la banca paga un interesse ai depositanti, così che costoro sono invogliati a portare i soldi in banca e lasciarveli il più a lungo possibile. Ovviamente c'è una differenza (spread) tra gli interessi che la banca paga e quelli che riceve dai prestiti, differenza sufficiente a coprire le spese della banca e l'utile dei soci di essa. Come si può vedere i miei originari 1000 dollari - che sono sempre depositati in banca - ne hanno creato, prima 800, poi 640, poi 512, poi 409,6 e così via, tutti che si reggono sull'originario mio deposito di mille dollari. Tra i miei mille dollari e i cinquanta dell'ultimo depositante, un vetraio che ha rimesso in sesto le finestre del saloon distrutte da una sparatoria tra i minatori, non c'è, però, alcuna differenza: sia io che il vetraio sappiamo che essi sono frutto del nostro lavoro, ed entrambi ci fidiamo della banca che, d'altra parte, è una delle più solide del West. Il vetraio sa che in qualunque momento, può andare in banca e ritirare i suoi 50 dollari in oro, nonostante abbia versato carta. La banca non avrebbe alcuna difficoltà a pagare. Anche io so che in qualunque momento posso andare in banca a ritirare i miei mille dollari in oro senza alcuna difficoltà. In banca, però non ci sono tutti i soldi che sono stati depositati da me fino al vetraio. In realtà ce ne sono solo il 20%, vale a dire la riserva ritenuta prudente dalle banche per il ragionamento fatto prima. La somma di tutti i soldi che sono tornati in banca è infatti ora di 4.000 dollari che, sommati ai miei 1.000, fanno 5.000 dollari, rispetto ai quali i miei mille sono appunto il 20%. Se la riserva fosse del 10%, i dollari che la banca potrebbe prestare sarebbero 9.000, se del 5%, sarebbero 19.000. E' dunque evidente che la massa di denaro che la banca crea dipende direttamente dalla riserva valutaria che la banca ritiene necessario costituire: minore è la percentuale della riserva e maggiore è la quantità di denaro che viene creata(4). Si può immaginare cosa potrebbe succedere se all'improvviso un numero rilevante di depositanti si presentasse davanti agli sportelli a ritirare i depositi! Si ponga il caso che la miniera - grazie alla quale come si è visto viene promossa tutta quella attività - chiude per es. a causa di un'inondazione, e che molti depositanti si presentino, tutti assieme, agli sportelli per ritirare i propri denari. La banca non ne potrebbe accontentare più del 20%, e per pagare gli altri sarebbe costretta a richiedere in restituzione con estrema urgenza denaro a tutti coloro a cui li ha prestati, i quali per definizione non ne hanno. Quell'oro, infatti, non esiste: c'è una serie di pezzi di carta per mezzo della quale sono stati costruiti il saloon, la bottega, il negozio e ogni altra attività finanziata dalla banca, ma l'oro non c'è, per la semplice ragione che - come è

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stato mostrato - non c'è mai stato se non nella misura del 20% dei depositi(5). Oltretutto, l'oro in questione non può essere preso nemmeno da altre città: se la miniera chiude, saloon, negozio di alimentari, e maniscalco - che vivevano tutti sulla miniera - non guadagnano più nulla o quasi, e non possono restituire il prestito ricevuto. La banca cerca di vendere i beni dei suoi debitori al migliore offerente, ma nessuno compra aziende che non guadagnano, e così la banca realizza ben poco. Disperato, il Direttore escogita allora tutti i trucchi per ritardare il fallimento della banca: apre un solo sportello mandando a casa tutti gli altri impiegati, sottopone i depositanti a procedure estenuanti per ritirare i denari, convoca il Consiglio di Amministrazione per chiedere denari ai soci della banca, e allo stesso tempo si rivolge ad altre banche per ottenere dei prestiti. In altri termini cerca di diminuire la velocità di circolazione del denaro, che è uno dei sistemi per far scomparire gradualmente il denaro virtuale creato dalla banca(6). Nel frattempo, anche a causa di queste tecniche dilatorie, si sparge la voce che la banca del West ha difficoltà di pagare, e anche gli altri depositanti, preoccupati per la sorte dei propri soldi, accorrono agli sportelli della banca, facendo una gran ressa di fronte alla sede dell'istituto. Alla fine il banchiere getta la spugna e chiude la banca per fallimento. Il denaro creato dal suo istituto lo ha travolto. Anche se non ha commesso irregolarità di sorta, e si è comportato seguendo le regole di funzionamento della banca, anche se non ha commesso errori evidenti, egli finisce in galera per bancarotta ed è accusato dai suoi depositanti di esser un ladro(7). La scena di panico descritta in Mary Poppins è molto significativa a questo riguardo: Mr. Banks, il padre dei bambini cui Mary Poppins faceva da baby sitter, era un austero funzionario della banca Dawes di Credito, Risparmio e Sicurtà. Insomma una tipica banca ottocentesca, dove tutti indossano il tight e le ghette, portano la bombetta, l'ombrello e il garofano all'occhiello. La crisi di panico si scatena quando il piccolo Michael cerca di farsi restituire dal vecchio Dawes i due penny con cui voleva comprare il miglio per i piccioni, e che invece il banchiere vuole usare per fargli aprire un conto corrente. Non c'è argomento che riesca a convincere il bambino. Nel suo animo sono entrate bene le parole di Mary Poppins che l'aveva incitato a donare di cuore. Le sue grida vengono sentite da due clienti della banca che, preoccupatissime si affannano a ritirare tutti i propri depositi. Anche gli altri clienti dentro l'edificio, vista la reazione delle due correntiste si affrettano agli sportelli per ritirare tutto il proprio denaro. E' il panico, scatenato apparentemente senza alcuna ragione, da una voce, da uno sguardo preoccupato, da un passo affrettato. Per convincere il bambino il vecchio Dawes aveva usato tutti gli argomenti della cupidigia: "Con due miseri penny sarai proprietario di terreni in America, di navi, di fabbriche, di palazzi. Il tuo capitale raddoppierà di anno in anno e tu diventerai ricco!". Nulla riesce a smuovere Michael dal suo proposito di usare i suoi due penny seguendo il suo cuore, ormai ricco di amore e di generosità. Il discorso di Dawes sul raddoppio del capitale è, però, il centro della truffa delle banche, il miraggio agitato dinanzi agli occhi della gente per indurla a lavorare duramente e risparmiare con la promessa di una felicità che non arriverà mai. E la crisi di panico trova, in questa scena, la propria ragione profonda. Il dono d'amore, la generosità, sono i nemici mortali del sistema finanziario. Lo stesso concetto lo esprime Keynes che racconta una storia illuminante tratta da Sylvie e Bruno che, forse, ha ispirato il regista del film. "E' solo il sarto, Sir, con il suo conticino" disse una voce querula fuori dell'uscio. "Oh, bene - disse il professore ai bambini, - risolverò subito questa sua faccenda, se vorrete aspettare un momento. Quant'è quest'anno, buon uomo?" - Mentre parlava il sarto era entrato.

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"Vedete è stato raddoppiato per tanti anni - replicò il sarto un po' brusco - che adesso penso proprio di volere i quattrini. Sono duemila sterline, sono!" "Roba da nulla - osservò noncurante il professore frugandosi nelle tasche come se si portasse sempre dietro quella cifra come minimo - ma... non preferireste aspettare ancora un anno e farle diventare quattromila sterline? Pensate solo a quanto diventereste ricco! Pensate, potreste diventare un re, se lo voleste!" "Non so se mi interessi diventare un re - commentò pensieroso l'uomo - ma sembra davvero un mucchio di quattrini… Beh credo che aspetterò.." "Certo che aspetterete - incalzò il professore - Vedo che avete cervello. Buongiorno, buon uomo!" Non appena la porta si richiuse alle spalle del creditore Sylvie chiese: "Gliele pagherete mai quelle quattromila sterline?" "Mai, ragazza mia! - replicò enfatico il professore - Preferirà raddoppiare fino al giorno della morte. Vedete, vale sempre la pena di aspettare ancora un anno per avere il doppio"(8). La scena della crisi di panico venne replicata molto frequentemente per tutto l'ottocento e fino a qualche anno dopo la grande crisi del 1929. E non si trattava del fallimento di qualche banca qua e là, bensì di decine di banche e - nei periodi di crisi - di centinaia: il sistema andava in crisi periodicamente, in media ogni 15/20 anni, provocando fallimenti a catena di imprese e di banche. Negli anni della grande crisi, tra il 1931 ed il 1933 fallirono negli USA oltre 10.000 banche, circa la metà di tutto il sistema bancario. In realtà, nella favoletta della miniera, il banchiere un errore lo ha commesso: avrebbe dovuto diversificare gli investimenti, in modo da non fondare tutte le proprie attività sulla sola miniera. Insomma, se oltre ad avere adocchiato la miniera il banchiere avesse finanziato operazioni relative alla costruzione della ferrovia, all'allevamento del bestiame, alla coltivazione del cotone ed alla pesca del salmone, la chiusura della miniera, probabilmente, non avrebbe causato il fallimento della banca. Quest'ultima avrebbe infatti potuto - per fronteggiare il ritiro dei fondi dovuti alla chiusura della miniera - prendere i denari versati per effetto delle altre attività. Ma per tale operazione, il banchiere avrebbe dovuto disporre di molto denaro per finanziare tutte le attività... e d'altra parte se fossero andate contemporaneamente in crisi miniera, pesca, allevamento e coltivazione, il fallimento sarebbe stato comunque inevitabile... Ed è proprio questo che accadde nel 1929, quando andarono in crisi contemporaneamente molti settori dell'economia, e il sistema bancario ne fu travolto e andò in tilt. Ma, a parte la diversificazione degli investimenti - che però non salva il banchiere se la crisi è particolarmente grave ed estesa - è chiaro che non c'è rimedio se le attività economiche finanziate dalla banca si fermano, o anche solo se rallentano: se le attività economiche rallentano, la banca si trova lo stesso in difficoltà. Infatti molti depositanti avrebbero necessità di denaro per fare fronte ai pagamenti correnti cui non possono più attendere con i propri ridotti guadagni, e si affollerebbero dinanzi alla banca. Con la diversificazione degli investimenti, i tempi della crisi sarebbero tutt'al più rallentati e forse la banca potrebbe salvarsi liquidando le attività in tempo e ad un prezzo tale da coprire le proprie necessità di cassa. E' già qualcosa. Un'ipotesi in cui una banca è in grado di fare fronte anche alla crisi più devastante pagando in oro tutti i suoi debiti, ci sarebbe. E' il caso in cui la crescita di quella banca abbia attirato versamenti cospicui in oro da parte di altre aree per effetto di una politica di investimenti e di tassi di interesse più attraente per i risparmiatori di quella di altre banche. Ma anche questa situazione ha il suo rovescio della medaglia. La crescita economica di un'area viene fatta ai danni di altre aree, ovvero una zona dove la crescita è più elevata attira i capitali da altre zone dove la crescita rallenta o si ferma per mancanza degli strumenti finanziari necessari.

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Insomma, così com'è stato creato, il denaro della banca scompare lasciando dietro di sé morti e feriti. Hanno ragione, allora, i clienti della banca a pensare che il loro banchiere dall'aria così severa e rassicurante, sia in realtà un bel truffatore, dato che in realtà il denaro da loro guadagnato con un duro lavoro non c'è più, e la fatica patita per accumularlo si fa sentire tutta assieme, pesantemente. Indipendentemente dalle sue qualità personali, infatti, il banchiere è complice di un meccanismo di ridistribuzione della ricchezza che premia i più furbi e i più svelti e penalizza in genere le persone perbene e quelle più deboli. Ma c'è dell'altro: finché il gioco della ridistribuzione coinvolgeva le persone che affidavano alle banche i propri risparmi le conseguenze negative sul resto della popolazione erano infatti ancora modeste. Dopo la crisi del '29 la cosa si è fatta certamente più pesante, e da tutti gli Stati del mondo fu assunta una serie di provvedimenti che modificarono radicalmente la situazione. Le banche da allora non falliscono più, ma la creazione del denaro contina ad operare come meccanismo di ridistribuzione della ricchezza coinvolgendo tutti i cittadini, anche quelli che in una banca non hanno mai messo piede e che conservano i soldi nel materasso!!! Tra gli anni trenta e il 1970 infatti si passò - attraverso una serie di provvedimenti successivi - da un sistema monetario fondato sull'oro ad un sistema monetario fondato sulla carta. Per evitare il fallimento delle banche, furono istituite in tutto il mondo le centrali (le banche centrali) e un sistema di assicurazione interbancario che consentiva di far fronte ad improvvise necessità liquide di alcune banche eventualmente coinvolte nella crisi in un qualsiasi settore dell'economia. Ma, soprattutto, venne vietata la conversione delle banconote in oro da parte del pubblico (la conversione rimaneva tra gli Stati). Galbraith sostiene che ciò che fece cessare la catena di fallimenti delle banche fu l'istituzione dell'assicurazione che limitò i comportamenti scorretti(9) dei banchieri. Questa tesi sarebbe convincente se le crisi delle banche dipendessero dai comportamenti scorretti dei banchieri. Tali crisi saranno certamente aggravate da tali comportamenti aberranti, però se la "miniera" su cui poggia la banca chiude a causa di un'inondazione e i depositanti si presentano in massa allo sportello per ritirare i propri soldi, i banchieri qui c'entrano fino a un certo punto. La ragione della fine della crisi delle banche è - fino a prova contraria - un'altra: si tratta dell'adozione del divieto di conversione. Per un depositante non c'è infatti alcuna differenza tra l'avere un pezzo di carta di un colore piuttosto che di un altro. Se non è possibile avere oro, piuttosto che tenere del contante in casa, è meglio averlo in banca, dove almeno rende un interesse. Occorre avere bene chiara la situazione di questi ultimo 50, 60 anni, per accorgersi di che cosa sta succedendo. Agenzia di notizie AFIMO ha più volte accennato al fatto che nel 1944, fu istituito a Bretton Woods un sistema di conversione delle monete nel dollaro e di questo nell'oro, e che tale conversione poteva essere praticata solo dagli Stati e non dai cittadini, e all'altro fatto che nel 1971 fu abrogato tale sistema del 1944 a causa della crisi petrolifera. Da allora le banconote non hanno più alcuna base materiale, e la loro emissione si fonda sulla truffa del PIL. Ovviamente la creazione di moneta da parte del sistema bancario non si è affatto fermata con l'istituzione dell'assicurazione interbancaria né con il divieto di conversione. E' stato infatti mostrato da Agenzia di notizie AFIMO che il meccanismo di creazione di denaro virtuale funziona molto bene: l'oro nei forzieri della banca d'Italia assomma a circa 50.000 miliardi, le banconote a circa 100.000, e il denaro dei depositi bancari ad oltre 2 milioni di miliardi (cfr. per es. la tabella delle attività liquide degli italiani nell'anno '95). A questo denaro bisogna poi aggiungere anche le altre attività liquide che vanno considerate anch'esse denaro a tutti gli effetti, dato che per loro tramite si possono acquistare beni di ogni tipo... Insomma il miracolo della creazione prosegue al punto che oggi in Italia la massa monetaria è cresciuta oltre a dieci milioni di miliardi - mentre nel mondo è arrivata a oltre un

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miliardo di miliardi - e continua ad esercitare la propria funzione di ridistributore della ricchezza a danno di tutti, anche se le banche non falliscono più. Come avviene questa ridistribuzione? Prima del '29 l'appropriazione della ricchezza avveniva per mezzo del fallimento delle banche: solo alcuni dei depositanti, in genere i più informati, riuscivano a riprendere i propri denari, mentre la maggior parte dei depositanti restava senza denaro. E adesso, quando c'è una crisi economica e non si vedono più le file di risparmiatori fuori le banche per cercare di ritirare più in fretta possibile i propri risparmi, chi se non tu che stai leggendo queste parole paga(10) quel denaro virtuale che - come è stato mostrato - necessariamente scompare durante le crisi? Tu che lavori e paghi le tasse, e magari non hai un soldo bucato in tasca né, tantomeno, un conto corrente in banca. Da quando le banche non falliscono più, dato che sono garantite dallo Stato, il denaro creato viene anch'esso garantito dallo Stato e quindi pagato da tutti. Gli effetti del meccanismo di creazione di denaro da parte delle banche sono essenzialmente tre. Primo effetto: abnorme crescita della massa monetaria. Questa massa monetaria è, a sua volta, produttrice di ricchezza per mezzo del tasso d'interesse medio che la remunera. Ciò comporta che una sempre maggiore quantità di ricchezza venga "predata" dai detentori di denaro virtuale, a danno di coloro che sudano per produrre i beni. Secondo effetto: l'espansionismo innaturale del sistema, il quale per potersi sostenere deve essere sempre in espansione. In tale sistema - che potrebbe essere paragonato a un sistema respiratorio che inpira soltanto essendo terrorizzato all'idea di espirare - una crisi economica o anche un mero rallentamento del sistema economico, possono causare con la relativa scomparsa del denaro virtuale creato dalle banche, anche l'avvitamento di una crisi finanziaria incontrollabile. Terzo effetto: alla ricchezza di un'area corrisponde la povertà di un'altra area: ovvero il sistema deve crescere in maniera squilibrata. Infatti, nei momenti di crisi, il denaro si trasferisce verso le aree dove ha maggiori possibilità di collocazione e di mantenere il proprio valore. La demonetarizzazione dell'oro in favore del dollaro ha infatti consentito agli americani di impadronirsi delle risorse dei paesi finanziariamente più deboli attraverso le manovre sulle monete. Per queste ragioni le crisi economiche dell'Occidente sono state pagate dai paesi meno sviluppati. Ed è anche per queste ragioni che è praticamente impossibile fare uscire dal sottosviluppo e dalla depressione economica aree del mondo sempre più vaste. Le stesse società dell'Occidente soffrono, in maniera sempre più evidente, di uno squilibrio crescente tra zona e zona e tra classi sociali. Nei paesi dell'Occidente in cui le politiche sociali hanno generato una forte pressione fiscale sul lavoro e sulla produzione, ci si attenderebbe una maggiore equità ed una minore incidenza degli squilibri sociali. Com'è evidente, invece, non è affatto così, a riprova del fatto che il sistema fiscale non opera come un ridistributore di ricchezza tra le classi, ma essenzialmente come un meccanismo di appropriazione di una classe a danno delle altre. In realtà oggi ci sono solo due classi, costituite da gente che lavora onestamente e da gente che lavora per derubare quest'ultima in modo legale. L'aumento della massa monetaria ha come effetto non secondario, l'aumento del tasso di inflazione, a causa del generale effetto al rialzo che i prezzi dei beni subiscono, ma il meccanismo di trasferimento della ricchezza dal mondo economico a quello della finanza è relativamente indipendente dall'inflazione, anche se in periodi di alta inflazione il trasferimento di ricchezza è minore, e in periodi di deflazione è maggiore. Infatti, un'alta inflazione in genere diminuisce lo spread tra i tassi attivi e quelli passivi e di conseguenza il trasferimento di ricchezza dai debitori ai creditori. Allo stesso tempo, un'alta inflazione accelera la crescita della massa monetaria e accelera i tempi di esplosione del sistema. Una bassa inflazione, e a maggior ragione una situazione di

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deflazione palese od occulta, deprime in maniera drammatica le attività economiche e, aumentando lo spread, aumenta notevolmente il trasferimento di ricchezza dall'economia alla finanza(11). Insomma, la creazione di denaro da parte delle banche ha causato l'abnorme espansione di un mondo di finanza virtuale che cresce necessariamente ogni anno, ed occupa sempre più spazi del mondo reale, dato che la ricchezza virtuale da esso creata è in grado di appropriarsi della ricchezza prodotta dal mondo dell'economia reale. Poiché il sistema finanziario deve necessariamente crescere per potersi mantenere in vita, esso deve creare moneta virtuale in misura crescente. Una parte di questa moneta virtuale è costituita dalla massa monetaria, l'altra - interna al sistema - dai prodotti finanziari che ruotano intorno a questa massa monetaria. Recenti studi hanno infatti dimostrato che anche la massa dei prodotti finanziari derivati influisce sulla formazione dei prezzi, e quindi dovrebbe essere considerata anch'essa componente della massa monetaria. Il problema è che la vita dei prodotti finanziari derivati è assoggettata per definizione al tempo, la loro emissione è fatta da enti privati, e quindi il loro pagamento non è garantito dalla generalità dei cittadini, come avviene per la massa monetaria in senso stretto. D'altra parte, le dimensioni della massa dei prodotti derivati sono talmente estese, e, peraltro, necessariamente in continua crescita, che l'eventuale inadempienza di una parte di essa si riverberebbe in maniera drammatica su tutto il sistema finanziario. Ciò è apparso evidente nella recente crisi di mercato seguita alla crisi del mercato asiatico: la Federal Reserve Bank è stata costretta ad intervenire per salvare il fondo LTCM (Long Term Capital Management), un hedge fund di soli 20 miliardi di dollari di capitale con investimenti per oltre 1.000 miliardi di dollari in tutto il mondo. Il meccanismo di moltiplicazione del denaro messo in atto dai prodotti finanziari derivati, è davvero impressionante. Non si conosce esattamente la massa di tali prodotti ma si calcola che essi superino la cifra di 300.000 miliardi di dollari, vale a dire la bellezza di 550 milioni di miliardi di lire (corrispondenti a circa 275 anni di lavoro di tutti gli italiani). Questa cifra costituisce pressoché la metà della massa monetaria complessiva mondiale che si aggira intorno al miliardo di miliardi di lire e a cui va aggiunta la massa delle azioni, oggi valutabile intorno ai 100 milioni di miliardi. Non si può dunque escludere la massa dei prodotti derivati dal calcolo della massa monetaria, anche se sarà necessario una loro più precisa definizione giuridica per evitare che la continua nuova creazione di strumenti possa generare infinite classi di strumenti finanziari(12). Un derivato consiste in una operazione generalmente a breve termine, contratta su un'altra operazione in genere a lungo termine: si pensi a un fondo di investimento che raccoglie tra gli investitori 100 milioni di dollari. L'operatore finanziario del fondo sa che deve garantire una redditività del fondo tale da pagare l'interesse promesso agli investitori, nonché le proprie spese - pur mantenendo una quota di liquidità di riserva. Decide di effettuare operazioni su titoli a lungo termine in una valuta che abbia un tasso di interesse basso. Egli compra 100 milioni di dollari di titoli USA con una redditività lorda del 6% e va ad indebitarsi nelle banche giapponesi depositando a garanzia i titoli acquistati per ottenere finanziamenti ad un tasso di interesse minore - dato che in Giappone le banche prestano denaro a un bassissimo tasso di interesse, equivalente al 3,50% circa. La differenza tra i due tassi è il guadagno del fondo, che però non è sufficiente per coprire l'interesse promesso agli investitori. Allora il nostro operatore finanziario, col denaro ottenuti mediante l'indebitamento in Yen giapponese, compra altri titoli americani, e la banca giapponese gli da' un finanziamento di circa 95 milioni, in quanto il tasso di interesse basso gli consente di coprirsi con una riserva bassa. Con i 95 milioni di titoli americani si indebita presso un'altra banca giapponese ottenendo 90,250 milioni e così via di seguito, ogni volta

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creando denaro, come nell'esempio sopracitato della banca del West. Ogni volta egli così lucra sulla differenza di tassi, corrispondente al 2,50% circa, realizzando così 47,5 milioni lordi di interesse all'anno. Con questi interessi, l'operatore finanziario può: remunerare il capitale ottenuto in prestito con un interesse molto alto, equivalente al 18% circa, attirare altri investitori, assicurarsi contro il rischio di una variazione brusca dei rapporti di cambio tra le monete e dei tassi d'interesse(13), pagare le imposte, e magari alimentare una speculazione su titoli o in borsa a breve termine. Ovviamente il giochetto è replicabile anche su tre o più valute diverse accettando maggiori rischi sul cambio, ma lucrando un differenziale più elevato. La banca giapponese, a sua volta, non sta certo ferma. Con gli interessi sui titoli di Stato USA ottenuti in garanzia, esegue operazioni futures su titoli coreani e tailandesi che danno un alto tasso d'interesse e sono familiari alla banca giapponese che conosce il mercato locale. Ricomincia il ciclo di creazione di denaro, poiché a loro volta le banche coreane e tailandese con i finanziamenti giapponesi effettuano investimenti su fondi americani che garantiscono una elevata redditività per coprire i costi del finanziamento giapponese e garantirsi un differenziale interessante. Alla fine, in qualche modo il circolo vizioso si è chiuso generando una gran quantità di denaro virtuale che, di fronte ad una qualunque perturbazione del mercato si rivela fortemente instabile, trasformando gli enormi guadagni qui ipotizzati in enormi perdite, in ipotesi di uno scostamento dei tassi di interesse di un solo punto in direzioni inverse. Infatti, se i titoli americani dovessero diminuire la loro redditività di un punto, scendendo al 5% e le banche giapponesi dovessero alzare i propri tassi di un punto, salendo al 4,5%, il differenziale diventerebbe di solo lo 0,5%, e gli interessi ricavati sulla somma investita, diventati di soli 9,5 milioni, non pagherebbero più gli interessi promessi agli investitori(14). Il fondo comincerebbe ad accumulare perdite e sarebbe difficile attivare la catena del disinvestimento, dato che la banca tailandese paga il proprio debito con i denari promessi dal fondo americano e che non riceve più. Oltretutto, la quota di questo giro finanziario che è andata ad alimentare investimenti nell'economia reale (in media circa il 4% sul totale) sarebbe precipitosamente disinvestita creando squilibri nel sistema economico. Tali squilibri potrebbero generare, a loro volta, provvedimenti di restrizione del credito da parte delle banche interessate, per recuperare con interessi più alti le perdite subite nel sistema economico. Questo meccanismo, direttamente riconducibile alla scomparsa del denaro virtuale creato dalle banche, è uno dei possibili scenari di una delle innumerevoli crisi finanziarie ed economiche che attanagliano sempre più spesso il nostro pianeta. Il sistema economico del mondo non può sopportare oltre la crescita di questa massa finanziaria. Il rischio, più volte evocato dagli analisti finanziari, di un crollo del sistema finanziario per l'esplosione del mercato dei prodotti derivati è sempre più concreto. Oltretutto questi prodotti, impadronendosi di ricchezza prodotta dal mondo economico e intervenendo nei processi di determinazione dei prezzi, determinano una continua crescita del debito pubblico, necessaria per sostenere la crescita del sistema finanziario. E' quindi necessario immaginare interventi che limitino la crescita del sistema finanziario e restituiscano slancio alla produzione economica, allo stesso tempo garantendo una più equa distribuzione della ricchezza prodotta. Com'è apparso drammaticamente evidente nella crisi che ha attanagliato il mondo finanziario tra l'ottobre del 1997 e l'ottobre del 1998, la presenza di questa enorme massa di moneta e di prodotti finanziari, genera turbolenze violente sui mercati che rischiano di diventare incontrollabili e di coinvolgere tutti i paesi del mondo. L'effetto della globalizzazione del mercato finanziario, indotta dalla crescita della massa monetaria e dei derivati, è quello di generare da un lato un'accelerazione dei processi di crescita della massa, e dall'altro di scatenare crisi ad effetto domino in tutto il sistema finanziario mondiale. D'altra parte, la tendenza mondiale a tassi di

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interesse prossimi allo zero, allo scopo di cercare di frenare la crescita della massa monetaria, è insufficiente a frenare l'effetto deleterio che hanno le crisi finanziarie sulla produzione e sul lavoro. Nella recente crisi del Giappone, i tassi di interesse erano, appunto prossimi allo zero, e non per questo hanno tenuto il paese indenne dalla crisi devastante che ancora oggi ne condiziona negativamente tutte le attività economiche. NOTE - Bibliografia essenziale Domenico De Simone "UN MILIONE AL MESE PER TUTTI, Come e perché sarà introdotto il reddito di cittadinanza e tutti vivranno felici e contenti", Ed. Malatempora. (1) Cfr. sul punto J. K. Galbraith, Soldi, op. cit. pag. 25 e sgg. oppure, sulla creazione di moneta bancaria e sull'incidenza del meccanismo della riserva, J. M. Keynes, Trattato della Moneta, Feltrinelli Editore, Mi, 1979 pagg. 30 e segg., e 300 e segg. (2) In Italia la riserva obbligatoria era del 15% fino alla fine del 1997. In pochi mesi, però, essa fu portata al 3% per fare fronte alle necessità del sistema bancario che non aveva più fondi per acquistare i titoli del debito pubblico, e per cercare di rilanciare in qualche modo un sistema asfissiato dalla mancanza di liquidità. (3) Questa conoscenza della banca definisce la propensione al risparmio. In una zona agricola ci sarà una maggiore tendenza della gente a risparmiare e quindi le banche potranno tenere una riserva minore. Intorno a Las Vegas la propensione al risparmio sarà minore, e quindi la riserva delle banche sarà più elevata. (4) Marx comprese che il denaro bancario era meramente illusorio, ma si limitò a considerare che esso non poteva generare capitale produttivo. Marx considerava una follia del capitalismo la pretesa di trattare il denaro come una merce, ma non poteva prevedere lo sviluppo che il sistema finanziario avrebbe avuto nel secolo successivo. Per quanto riguarda il fenomeno della creazione di denaro da parte delle banche, si limitò a riportare le considerazioni di Adam Smith tratte da Wealth of Nations, Cannon, London, Pathuen & Co. 1950, II, cap. IV, pagg. 333-334: "... Questi capitali possono essere pressoché illimitatamente più grandi dell'importo monetario che serve come strumento del loro trasferimento: le stesse monete servono successivamente a numerosi prestiti diversi, così come a numerosi acquisti diversi. [….] Le stesse monete d'oro o di carta possono così servire nel corso di pochi giorni a rendere possibili tre prestiti diversi e tre diversi acquisti, ciascuno dei quali è, per il valore, uguale all'intero ammontare di queste monete. […] Nonostante ciò tutti questi prestiti possono essere del tutto sicuri, poiché le merci acquistate con essi dai diversi debitori sono impiegate in tal modo che esse, dopo un certo tempo, portano un uguale valore in oro o in carta moneta unitamente ad un profitto. E come gli stessi pezzi di denaro possono servire a rendere possibili prestiti diversi per un ammontare corrispondente a tre o anche a trenta volte il loro valore, essi possono allo stesso modo servire successivamente come mezzo del rimborso." (K. Marx Il Capitale, Editori Riuniti, Roma, VIII edizione, 1974, Libro terzo, cap. 29 pagg. 555 e segg., e cap. 30 pag. 574). (5) "Il 12 novembre 1857, la riserva complessiva della banca d'Inghilterra e delle sue succursali ammontava soltanto a 580.751 L.st.; la somma dei depositi per lo stesso giorno era di 22,5 milioni di L.st. di cui circa sei milioni e mezzo appartenevano ai banchieri londinesi" ( K. Marx Il Capitale, op. cit. pag. 587). (6) Oppure emettevano banconote per far cessare la crisi di panico anche oltre la riserva ritenuta sufficiente, e ovviamente se la legge in vigore glielo permetteva. "Nel dicembre 1825 non restavano alla banca [d'Inghilterra] che 1.100.000 L.st. oro all'incirca. Essa avrebbe allora senza dubbio dovuto fallire se questo Act [del 1844] fosse in quel tempo esistito. In dicembre, io credo, emise in una settimana 506 milioni di banconote e ciò diminuì notevolmente il panico allora esistente" (deposizione del Governatore della banca d'Inghilterra dinanzi alla Commissione dei Lords Commercial

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Distress, relativamente all'applicazione della legge bancaria del 1844. In K. Marx Il Capitale, op. cit. pag. 653). (7) In Italia, fu questa la sorte di Tamlongo, direttore generale della banca Romana che pagò per tutti le responsabilità politiche del fallimento dell'istituto, travolto dalla memorabile crisi di panico iniziata nel 1887. In quell'anno, la rottura delle relazioni commerciali con la Francia fece esplodere la crisi di sfiducia nei confronti del sistema finanziario italiano. Gli investitori esteri reclamarono la restituzione dei crediti, e le voci sulle difficoltà delle banche private, che già circolavano da tempo, divennero una valanga che travolse la banca Generale e il Credito Mobiliare, due grandi istituti privati dell'epoca. Assediati dai depositanti, le banche sospesero i pagamenti nel 1893. In quella crisi, tra il 1890 e il 1894, fallirono in Italia 19 banche e il capitale complessivo del sistema bancario ne risultò dimezzato. Alla fine venne travolta anche la banca Romana che era allora un istituto di emissione di carta moneta. Cfr. L. Goldschmied, Storia della banca, Garzanti, Milano, 1954, pagg. 69-72. (8) Da J. M. Keynes, Esortazioni e profezie, citato da C. Napoleoni, Il futuro del Capitalismo, Laterza, Bari, 1976, pag. 116. (9) J. K. Galbraith, Soldi, op. cit. pag. 194 e segg. (10) Il denaro creato dalle banche non scompare più, ma viene immesso nel sistema sotto forma di titoli per il debito pubblico. (11) Sui rapporti tra inflazione e sottrazione di ricchezza da parte del mondo finanziario cfr. W. Wolman A. Colamosca, Il tradimento dell'economia, op. cit. pag. 202 e segg.. Per gli autori, il mondo finanziario ha imposto il rallentamento della crescita del mondo economico per mezzo di una politica di severo controllo dell'inflazione, che incrementa i guadagni del mondo finanziario anche se ha per effetto un rallentamento della crescita della massa monetaria. (12) La questione è divenuta evidente nel dibattito intorno alla Tobin tax: la proposta di assoggettare le transazioni sulle valute, ha reso necessario immaginare l'estensione del sistema di tassazione a tutti i prodotti derivati per mezzo dei quali si può parimenti ottenere un cambio di valuta eludendo l'imposta. Vedi in particolare le obiezioni di Kenen e le considerazioni in proposito di Tobin. Le indicazioni del dibattito sono una prova della necessità di considerare anche i prodotti derivati come componenti della massa monetaria. (cfr. Alex Michalos, Un'imposta giusta: la Tobin tax, Edizioni Gruppo Abele, To, 1999, pag. 81 e segg.). Sulla Tobin tax cfr. cap. 9. (13) L'assicurazione contro questo tipo di rischi è la vera ragione della nascita dei contratti derivati. I contratti futures sono un tipico esempio di tale forma impropria di assicurazione contro i rischi di brusche variazioni dei tassi o dei rapporti tra le monete. Essi consistono nell'acquisto di una determinata quantità di beni ad un prezzo e ad una data prefissati. L'acquisto è effettuato sul mercato con la mediazione di una stanza di compensazione, la Clearing House, che mano a mano cerca e fornisce venditori (o acquirenti) per gli acquisti (o le vendite) richieste. L'ipotesi tipica è che l'operatore finanziario abbia in portafoglio dei titoli acquistati a 100, e voglia assicurarsi contro la discesa del prezzo di tali titoli. Così acquista titoli a 98 a scadenza. Se il titolo sale perde sui futures ma guadagna con il sottostante. Se i titoli scendono perde con il sottostante ma guadagna con i futures. Poiché per l'acquisto di futures non ha bisogno di tutto il sottostante ma solo del 10%, l'operatore può utilizzare la restante liquidità per altri futures o altri acquisti di titoli. Per approfondire l'argomento si veda l'eccellente lavoro di A. Gligora, Mercati Derivati e rischi sistemici, IriSS, Roma, 1997. (14) Nemmeno le operazioni sui derivati riescono a salvare l'operatore finanziario, se le cause del calo dei titoli sono diverse da quelle da lui ipotizzate. Anzi, in questo caso, la perdita si moltiplica. Se per esempio la valuta giapponese dovesse salire fortemente sul dollaro americano, per es. del 2% e i titoli americani salissero solo dello 0,5%, l'investitore accumulerebbe le perdite sui derivati a quelle sui titoli del sottostante con

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un'amplificazione drammatica delle perdite per via dell'effetto leva. Nel fallimento della banca Barings (30 miliardi di sterline di capitali gestiti e 4000 dipendenti nel febbraio 1995) si generò un tale effetto leva, dovuto al sommarsi di posizioni equivalenti in perdita, assunte peraltro in conformità delle disposizioni operative della banca da un trader della filiale di Singapore, che operò con contratti futures sull'indice Nikkei 225. In pochi giorni, la filiale accumulò perdite per 916 milioni di sterline a fronte di un capitale sociale di 200 milioni, il tutto senza violare le disposizioni di sicurezza della banca che era conosciuta per la sua serietà e competenza. Nonostante le accuse delle Autorità monetarie Britanniche al trader, infatti, questi - avendo perfettamente rispettato il margin call sia con prestiti nell'interbancario che con i premi della vendita di put options sullo stesso future Nikkei 225, creando posizioni equivalenti e generando così moneta senza alcuna copertura (Il caso Barings è analizzato con cura in A. Gligora, Mercati derivati e rischi sistemici, op. cit.) risultava avere agito in modo legittimo.

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I segreti del Tesoro e le presenze degli uomini di Bankitalia nelle istituzioni repubblicane. (di Vittorio Soldaini –16/12/2004) In data 31.12.1995, “Il Sole 24 Ore” in un articolo “Il Tesoro elenca gli atti sottratti alla trasparenza”, informava che calava il segreto sulle categorie di atti “comunque rientranti nell’ambito delle attribuzioni del ministero e degli organi periferici in qualsiasi forma da esso dipendenti”. In deroga alla legge sulla trasparenza degli atti amministrativi, la 241 del 1990, il decreto n. 561 del 13 ottobre 1995, pubblicato sulla “Gazzetta Ufficiale” n. 302 del 29 dicembre, disponeva “temporaneamente o senza limiti di tempo”, la più completa riservatezza. Dal quel momento erano top secret i documenti inerenti a sicurezza difesa nazionale e relazioni internazionali, quelli attinenti alla determinazione ed attuazione della politica monetaria valutaria; gli atti relativi all’ordine ed alla sicurezza pubblica nonché alla prevenzione della criminalità e infine quelli sulla riservatezza di persone, gruppi o imprese. Tralascio ogni dettaglio sui documenti segretati per un anno e attiro tutta l’attenzione possibile, su quelli sottratti all’accesso per dieci e venti anni. Per gli atti relativi alla “posizione italiana nell’ambito di accordi internazionali sulla politica monetaria e sulla politica creditizia e finanziaria”, per gli atti “preparatori del Consiglio della Comunità Europea, sui flussi finanziari di entrata e di spesa, sulle previsioni del fabbisogno dello Stato” e ….”sull’evoluzione, la consistenza, la gestione e il risanamento del debito pubblico”, la durata è di anni dieci e per altrettanti anni cala il segreto sulle simulazioni e previsioni che riguardano le misure di contenimento della spesa per interessi e, in generale, del fabbisogno del settore statale e pubblico. Il decreto prescrive la riservatezza per la durata di venti anni dei documenti che riguardano “persone, gruppi o imprese, relazioni e denuncie degli organi e dei rappresentanti ministeriali in seno alle pubbliche amministrazioni e agli enti pubblici e privati, alle banche e alle società partecipate o controllate”. E’ possibile attivarsi fin da ora per essere pronti, alla scadenza del decimo anno di segreto, a prendere debita visione ed intelligenza dei documenti riguardanti i flussi finanziari di entrata e di spesa, sulle previsioni del fabbisogno dello Stato e sull’evoluzione, la consistenza, la gestione e il risanamento del debito pubblico, nonché sulle simulazioni e previsioni che, in tale periodo, hanno riguardato le misure di contenimento della spesa per interessi e, in generale, del fabbisogno del settore statale e pubblico. Nel nuovo anno dobbiamo poter ottenere, da parte dello Stato, disdetta del servizio di tesoreria che la Banca d’Italia svolge per lo Stato, pena il rinnovo automatico per altri venti anni dal 2010 ed avere accesso ai documenti sui quali è stato fatto calare il segreto. Per la cronaca, e solo per soddisfare la legittima curiosità, il Ministro in carica era Lamberto Dini che resse il ministero dal 10 Maggio 1994 al 18 maggio 1996, giorno in cui gli successe Carlo Azeglio Ciampi fino al 14 maggio 1999, quando divenne Presidente della Repubblica. Un giorno si dovrà pur rilevare, a tutto tondo, la nutrita presenza dei Governatori e di alti funzionari di Bankitalia ai vertici delle istituzioni repubblicane. Come non ricordare Luigi Einaudi, Governatore della Banca d’Italia che fu il primo Presidente della Repubblica dopo esserne stato ministro del Tesoro, dal 31 maggio al 4 giugno 1947. Un altro Governatore, Guido Carli, è stato ministro del Tesoro dal 23 luglio 1989 al 28 giugno 1992, in seguito Presidente della Confindustria che se non è un’istituzione pubblica è pur sempre il ministero dell’Industria del governo ombra dei poteri forti, senza parlare degli uomini dell’Ufficio Studi della Banca d’Italia “prestati” alla Repubblica, da Savona a Draghi ecc. ecc.

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Moneta e Debito (di Josef Hasslberger) Esiste una verità fondamentale sul tema moneta e debito, ma la cosa è conosciuta da pochi e quasi nessuno pensa di realmente poter o dover occuparsene. Alcuni personaggi importanti che si mettevano a cambiare la situazione furono assassinati o sono stati messi a tacere in altro modo, giusto quando la soluzione era diventata tangibile. La verità è così mostruosa che ci pare proprio incredibile. Preferiamo non pensarci, specialmente perché abbiamo degli "esperti" che dovrebbero saperne tutto, allora perché noi "non esperti" dovremmo cercare di conoscerne i segreti? Il problema Siamo perfettamente a conoscenza del problema, che peraltro è ben ovvio, ma la soluzione ci sfugge, forse perché pensiamo il problema è troppo grande perché lo affrontassimo. Il problema, in poche parole, è che né i governi né la stragrande maggioranza della gente ha soldi. Forse suona esagerato ma, pensandoci bene, vediamo che è la verità. I governi, di qualunque colore, siano essi liberali, socialisti, conservatori, democratici o altro, non hanno soldi. Ci tartassano quasi a morte e ciò nonostante, fanno altri debiti. E la maggior parte di essi è così indebitata, che quasi non ci sembra speranza di ripagare quanto è stato preso in prestito. Una percentuale altissima di tutte le tasse che entrano nelle casse dello Stato viene spesa per "servire il debito", cioè per pagare gli interessi sul debito pubblico, prima ancora di discutere come impostare il capitolo spese della legge finanziaria. Se ai governi manca la liquidità, i cittadini non sono messi meglio. Basta guardarsi intorno e vediamo le famiglie alle strette finanziarie, anche se non manca la volontà di lavorare. Molte volte sia marito che moglie hanno un impiego, a discapito della vita di famiglia e dei bambini, e spesso anche in quel caso i soldi bastano a malapena per le spese e le ferie una volta l'anno. Potete dire che questo è normale, è sempre stato così e non ci si può fare niente. Lo vedete? E' quella la risposta che siamo stati programmati a dare. Il problema c'è, ma è così grande ed è così prevalente nella vita di ognuno di noi, ed è un nodo così "complicato" che dobbiamo per forza lasciare che "gli esperti" lo sciolgano. Vero? No - non è invece vero per niente. Qual è il primo passo per risolvere un problema? Dobbiamo renderci conto della sua esistenza. Cominciate ad osservare la realtà intorno. Provate a sapere quanto il vostro governo spende ogni anno per gli interessi sul debito pubblico. Informatevi quanto i paesi in via di sviluppo pagano per gli interessi sui debiti. Osservate quanta gente dai paesi del terzo mondo emigra ovvero immigra nel nostro paese cercando solamente un sollievo dalla disastrosa situazione economica. Avrete una sorpresa. La causa Adesso che abbiamo capito che un problema esiste, dobbiamo fare il passo successivo, cioè dobbiamo individuarne la causa. Una cosa che certamente non possiamo fare è rimetterci agli "esperti", perché se loro sapessero, ci avrebbero avvertito tempo fa e saremmo già sulla buona strada per porre rimedio a questo schifoso stato delle cose. No è che la causa sia sconosciuta. Ci sono alcune persone ed anche qualche organizzazione che disperatamente cercano di darci delle informazioni in proposito. Purtroppo non hanno accesso ai media di larga diffusione, e se avessero l'accesso, e mettessero in piedi una campagna, potrebbero anche trovarsi di fronte a qualche serio problema. Credo che siate curiosi ormai di sapere che cosa sia la causa, e se noi, semplici cittadini, possiamo fare qualcosa per porre rimedio. Non è utile a nessuno trovare la causa del male se scopriamo poi che niente si può fare. Potevamo risparmiarci la fatica e fare qualcosa più piacevole. Senza farvi ancora spettare, butto qui la patata bollente: I soldi vengono messi in circolazione non dai nostri governi ma

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da un monopolio privato gestito dalle banche. E così semplice. Ma come potreste dire ed anche se fosse così, qual è il problema? Vediamo - una cosa alla volta. La creazione della moneta Sembrerebbe naturale che la moneta venga creata dallo Stato e infatti, le Banche Centrali sembrano essere proprietà dello Stato anche se godono di una certa autonomia. Dico "sembrano" perché le banche centrali, che quasi costituiscono un quarto potere, oltre a quelli tradizionali dello Stato, sono solo in apparenza sotto il controllo dei poteri dello Stato. Quando lo Stato ha bisogno di soldi, non impartisce alla Banca centrale un'ordine di accreditare una somma sul conto della tesoreria. Lo Stato può ottenere i soldi solo in due modi. Uno è di tassare i cittadini, l'altro è di prendere un prestito. Quando la Banca centrale mette soldi in circolazione, lo fa sotto forma di prestito. Lo Stato deve chiedere questi soldi in prestito e si deve impegnare di ripagarli con interessi. Lo stesso succede quando un privato ha bisogno di finanziare un acquisto e gli mancano i fondi liquidi. La banca è felice di dare un prestito, finché potete portare delle garanzie e finché promettete di ripagare con interessi. Come possono le banche creare questi fondi? Buona domanda. Non sarà la Zecca dello Stato l'officina dove vengono fabbricati tutti i soldi? Le banconote, quando vengono stampate, vengono considerate proprietà della Banca centrale. Non vengono date allo Stato da utilizzare per le sue spese, ma vengono invece immesse nella circolazione chiedendo una contropartita. Ognuno che vuole alcune di queste banconote da spendere, deve "comprarle", cedendo una parte del suo credito. Ma in ogni caso, la grande maggioranza dei soldi che circolano (più del 90%) non sono banconote e monete, bensì "credito". Quando andate dalla Vostra banca e chiedete un prestito, questi "soldi" vengono creati dalla banca lì per lì, scrivendo delle cifre sul vostro conto. Questi soldi si possono ritirare in banconote, cosa che succede raramente, o si possono spendere scrivendo degli assegni. Le banche tengono solo una piccola parte dei loro crediti in contanti, il resto viene movimentato spostando delle cifre da un conto ad un altro. La cosa più importante da sapere: I soldi vengono creati immettendo dei numeri in un computer. Nella pratica, succede così: Per ogni 10.000 che la banca concede in prestito, deve depositare 1000 o 2000 nella Banca centrale. Questo significa, se una banca raccoglie 100.000 in depositi, potrebbe tenersi 10.000 in contanti e depositare 90.000 con la Banca centrale. In seguito, la banca può creare 900.000 di soldi freschi semplicemente scrivendo queste cifre sul conto di alcuni suoi clienti. Nel caso il governo abbia bisogno di soldi, la procedura è leggermente diversa, ma sempre con lo stesso risultato. Il governo deve emettere dei buoni, che sono certificati di prestito, carte per le quali il governo può accettare soldi, e con le quali promette il successivo ripagamento della somma, maggiorata da "interessi". Questi certificati vengono "comprati" dalle banche. Possono essere rivenduti ai propri clienti o possono rimanere in mano alle banche. Al governo, in cambio, viene accreditata una somma corrispondente. L'ironia della situazione è che il governo, che dovrebbe essere l'autorità che emette i soldi che circolano nel paese, è costretto a prendere soldi in prestito dai privati (attraverso le banche) e di pagare interessi per questi prestiti. Adesso cominciamo a vedere perché il governo non ha mai soldi e perché molte delle nostre tasse che entrano nelle casse dello Stato, se ne vanno per pagare interessi sul debito, prima che si pensi ad affrontare le vere e proprie spese dello Stato. Il meccanismo diabolico Che succede quando un debito viene ripagato? Questo è interessante. Gli interessi pagati sono diventati proprietà della banca e la cifra che era stata concessa in

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prestito, viene distrutta. Nello stesso modo che la somma venne "creata" all'atto di concedere il prestito, adesso viene "discreata" o distrutta, una volta il prestito è stato ripagato. Significa che la Vostra banca può creare dei soldi sostanzialmente dal nulla, può appropriarsi degli interessi e poi può distruggere questi soldi, solo per ripetere il ciclo più avanti con un altro suo cliente. Se vi siete mai meravigliati da dove vengono i fondi per comprare gli edifici migliori e più grandi della città, qui c'è una spiegazione. Se questo vi sembra ingiusto, aspettate a sentire la parte diabolica! Ogni economia nazionale ha bisogno di soldi così che merce e servizi possono essere venduti ed acquistati. Se i soldi sono troppo pochi, le merci non potranno essere vendute, i prezzi si abbasseranno e questa situazione viene chiamata "deflazione". Se la moneta diventa ancora più scarsa, alla fine l'economia entrerà in recessione, la produzione si ferma, il lavoro non c'è più, inizia ad affacciarsi la miseria. Perciò, è molto importante che la quantità di moneta in circolazione sia sempre sufficiente perché la gente sia in grado di comprare la merce ed i servizi che vengono offerti. L'altro estremo è quello della relativa abbondanza di liquidità, che porta all'inflazione. I prezzi salgono, il "potere d'acquisto" della moneta si erode. L'inflazione è indesiderabile quanto lo è la deflazione. L'ottimale è una moneta con un potere d'acquisto stabile. Oggi, il governo non ha che strumenti indiretti per assicurare questa stabilità, essendo la creazione del credito largamente a discrezione delle banche. Inoltre, visto che il Governo non può creare la sua moneta, l'unica via per far sì che l'economia disponga di moneta a sufficienza, è di continuare a prendere prestiti! Certo questo significa continuare a pagare interessi! E' questa la ragione perché i governi non hanno mai soldi e perché lavoriamo più di sei mesi l'anno per lo Stato. Paghiamo gli interessi, in aggiunta alle spese dello Stato. Diabolico, no? Un monopolio privato ad opera delle banche mette in circolazione la nostra moneta, cominciando dalla Banca centrale e, così di seguito, tutte le altre banche. Sono le nostre leggi bancarie che permettono alle banche di creare e sfruttare il credito, piuttosto che il governo, che dovrebbe creare la moneta per i propri cittadini. La soluzione Avendo trovato la ragione per le difficoltà economiche e la miseria, ed avendola descritta con esattezza, una soluzione praticabile ci salta subito nell'occhio. E' necessario cambiare le leggi bancarie per escludere l'autonoma creazione di credito dalla parte delle banche, eccetto la creazione di nuova moneta e nuovo credito ad opera della Banca centrale, da mettere in circolo come credito per i cittadini, non come debito. La creazione della moneta deve tornare sotto la sovranità del popolo e deve essere a diretto benefico di ognuno di noi. Come si può escludere la creazione del credito ad opera delle banche? Molto semplice. Si richiede, invece della bassa percentuale oggi necessaria, che le banche, per ogni prestito concesso, debbano avere un deposito dell'intera somma (100%) presso la Banca centrale. Questo significa che una banca potrà collezionare i depositi dei propri clienti, li può depositare presso la Banca centrale e soltanto poi potrà concedere prestiti per l'ammontare della somma depositata. Parliamo adesso della creazione della moneta che dovrà tornare sotto controllo del governo, ovvero sotto controllo dei cittadini. E' un problema questo che acquista grande importanza. Per primo, ci deve essere un meccanismo che ci permette di controllare l'andamento dei prezzi in modo continuo. Disponendo di un tale meccanismo, è possibile che l'autorità monetaria, investita del compito esclusivo di creare la moneta, eserciti un controllo esatto sul potere d'acquisto della moneta, avendo così l'inflazione e la deflazione sotto il suo diretto controllo. Secondo il principio che l'ammontare della moneta in circolazione deve coincidere esattamente con la totalità delle merci e dei servizi che vengono offerti, possiamo eliminare l'inflazione e stabilizzare la moneta con un meccanismo molto semplice. All'autorità monetaria viene assegnato il compito di stabilizzare l'indice dei prezzi. Questo compito

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viene assolto mediante la messa in circolazione di nuova moneta al primo segno di un'abbassamento dei prezzi, e il corrispondente ritiro di liquidità quando i prezzi accennano ad alzarsi. Non c'è assolutamente una necessità di accettare un'instabilità dei prezzi. E' importante sapere che l'inflazione è dovuta al fatto che in circolazione ci sono più soldi di quelli necessari all'acquisto delle merci e dei servizi offerti, e che la deflazione è la situazione opposta, ovvero insufficiente moneta in circolazione. Questi fatti sono conosciuti da svariati decenni, solo che, con la creazione della moneta nelle mani delle banche (dei privati) invece di un'autorità centrale (pubblica) era finora difficile aggiustare la quantità di moneta alle vicissitudini dell'attività economica. Moneta credito verso moneta debito Allo stato attuale, la moneta viene creata in forma di credito per le banche, e viene messa in circolazione in forma di debito per chi prende il prestito, cittadino privato o Stato chicchessia. Chiaramente il prestito deve essere ripagato, i soldi vengono considerati "proprietà della banca". Per questa ragione dobbiamo pagare interessi. Preferisco chiamare questa moneta la "moneta debito" ed ho già messo in evidenza che è la causa di molta sofferenza. La moneta credito invece non ha di questi inconvenienti. Questa moneta, dopo essere creata, viene data ai cittadini, non in forma di prestito, bensì in forma di accredito dell'utile dello sviluppo economico. Quando si crea una nuova moneta, non sono state le banche a lavorare ma i cittadini, e così la proprietà della moneta, una volta creata, spetta ai cittadini, non alle banche. Credito Sociale Questo si potrebbe chiamare un sistema di credito sociale. In fatti, il termine "social credit" - credito sociale - fu coniato da un certo Clifford Hugh Douglas. Poi il cittadino canadese Luis Even dette larga diffusione a questa filosofia fondando una pubblicazione per portarne i principi a conoscenza del pubblico. Non posso pretendere di descrivere qui il sistema del credito sociale ma certamente, la moneta credito ne è una parte importante. Quando la moneta viene messa in circolazione dalla Banca centrale, è giusto che sia proprietà di tutti noi che abbiamo contribuito in un modo o nell'altro alla crescita dell'economia reale. Noi produciamo, viviamo, consumiamo, abbiamo nuove idee, mettiamo su famiglia, impariamo, impartiamo agli altri quello che sappiamo. Tutte queste attività ed altre ancora sono alla base della vita economica del paese e perciò sembra logico che i benefici derivati dalla messa in circolazione della moneta non debbano essere un'esclusiva di pochi banchieri bensì vadano distribuiti a tutti quei soggetti che concorrono nella vita economica del paese. Che cosa fare Dopo aver posto fine al monopolio privato di creazione della moneta attraverso l'obbligo di un deposito presso la Banca centrale pari al 100% dei crediti concessi, si dovrà decidere come la creazione della moneta avverrà in futuro, e come possiamo assicurare che ogni cittadino percepisca la sua parte dei proventi dall'incremento dell'attività economica. Qualcuno potrà dire che lo Stato debba esercitare il potere di creazione della moneta e che questa moneta debba entrare nelle casse dello Stato. Questo tipo di ragionamento, anche non essendo privo di una certa logica, non rispetta però il principio di dare ad ogni cittadino quello che è di sua spettanza. Visto che stiamo tutti contribuendo, in un modo o nell'altro, all'attività economica del paese, vi presenterò qui una proposta ideata dal prof. Giacinto Auriti dell'Università di Teramo. Questa proposta è stata presentata come disegno di legge No. 1282 al Senato da alcuni Senatori, l'11 gennaio 1995.

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Il testo è, nella sua brevità e semplicità, di estrema chiarezza. La proposta è: "Articolo 1 La moneta all'atto dell'emissione nasce di proprietà dei cittadini italiani e va accreditata dalla Banca centrale allo Stato". "Articolo 2 Ad ogni cittadino è attribuito un codice dei redditi sociali mediante il quale gli viene accreditata la quota di reddito causato dalla emissione monetaria e da altre eventuali fonti di reddito". Auriti è ordinario di diritto e la sua spiegazione del principio dietro questa proposta, qui riportata in estrema sintesi, è piuttosto esplicita. Auriti spiega che il nostro sistema monetario è la più grande frode nella storia umana. I cittadini vengono illegalmente deprivati del doppio dell'ammontare totale della moneta in circolazione. Non solo infatti non gli si è dato la parte spettante loro dell'incremento delle attività economiche, ma quando questa parte veniva messa in circolazione, fu data in prestito, cioè fu richiesta una contropartita uguale all'ammontare della massa monetaria stessa aggiungendo, per così dire, il danno alla beffa. Un avvertenza finale Non credete che un mutamento così drastico del sistema finanziario sia possibile ottenerlo attraverso la sola opera dei politici, ammesso che siano essi stessi propensi a chiederlo. Non sarà possibile senza un sostegno pubblico veramente convincente. Siamo tutti chiamati, adesso che abbiamo scoperto la causa della miseria e delle difficoltà economiche, a lavorare affinché la situazione cambi, girando queste informazioni ai politici e dandogli il sostegno necessario. Potete fare copie di questo articolo e distribuirlo ai vostri amici, ma pensate anche all'azione vera e propria. Non darò qui dei suggerimenti su che cosa fare, ognuno saprà meglio come comportarsi. La scelta è vostra, unico avvertimento: non dite che non sapevate nulla. (Josef Hasslberger - Roma, Settembre 1999)

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Ma quale politica? (di Nereo Villa - Castell'Arquato, 02/09/2004) Presentazione In questo scritto è espresso il contenuto di tutte le mie precedenti pubblicazioni internet dal 1999 ad oggi in merito all'indagine sulla cosiddetta depressione economica, il cui sintomo maggiore può essere espresso in poche parole: "Tutte le imposte sul reddito finiscono per gravare sui poveri, in quanto obbligano le aziende a scaricarle sui prezzi". Tale sintomo è l'effetto di una logica contro l'uomo, o antilogica, per usare una parola di Platone (Platone, Fedone, [b] XLIX, 101°; Liside, XII, 216b; Teeteto, XVIII, 164c), produttrice di schiavitù, cioè di nuovo schiavismo, che riguarda tutti gli uomini, non solo categorie di essi. Anche il cosiddetto mobbing non è che un aspetto di tale antilogica da schiavi. Quest'ultima, pertanto, va combattuta non a partire dai sintomi, ma dalle cause profonde, cioè a partire dall'interiorità. La vita pone da sempre il problema della necessità di disporre di alcuni prodotti della natura per la sopravvivenza, ed il procacciamento del necessario impegna da sempre a progettualità diverse. Perfino agli schiavi veniva chiesta la prestazione di attività fisiche poggianti su tali progetti. Ma il lavoro degli schiavi, mancando di progettualità soggettiva, potenziò più l'esecuzione automatica che la consapevolezza dei loro talenti individuali, creando di fatto due categorie di lavori, una coinvolgente l'intera personalità degli uomini liberi, e l'altra senza la libera partecipazione degli uomini (non liberi). Con la rivoluzione industriale, la precedente schiavitù si modificò poi nel lavoro subordinato, e la grande diffusione del lavoro subordinato allargò progressivamente la fascia dell'infelicità, strettamente connessa con l'agire eterodiretto, cioè motivato a partire dal di fuori della personalità (se le azioni lavorative impegnano l'intera personalità umana, educano alla libertà, e quindi alla capacità di amore; se al contrario la motivazione del lavoro viene limitata alla sola ricerca del denaro si ha l'educazione all'egoismo e quindi all'isolamento e all'infelicità). Perciò in questo scritto ho cercato di ricollegare chi legge con la sua capacità immaginativa e creativa, che la tirannia del "lavorismo" tende a sopprimere. E l'ho fatto a partire dalla verità, che nessuno ancora, in questo tetro clima di schiavitù, osa dire. Credo che, in tal senso, questi risultati di ricerca, in quanto verità, facciano liberi, formando in chi legge una specie di organo di percezione, adatto a cogliere le vere cause del male o del "grande mobbing" o truffa nei confronti dell'umanità stessa. La mia speranza è che attraverso internet e il passaparola, le idee sane (intendo le idee economiche creditiste, da Douglas a Even, da Steiner a Gesell, da Pound a Bellia, Auriti, Cianciarelli, Saba, Scrofina, e a molti altri) si diffondano sempre più velocemente fra gli elettori di domani. Ma quale politica? Dagli attuali bilanci della Banca d'Italia (in realtà "banda" d'Italia) risulta che essa riporta A DEBITO, a proprio debito, il denaro che emette, anziché A CREDITO, come dovrebbe essere. Questa operazione si chiama falsificazione del bilancio. Perché - si chiede il dubbioso - tu affermi che l'emissione monetaria riporta a debito, e non a credito? La risposta è: per logica dei FATTI. E basta saper leggere i bilanci bancari per accorgersene. Ma il cittadino può prenderne consapevolezza anche semplicemente attraverso la sua riflessione pensante. Come anticamente il gregge, in quanto somma delle pecore, era la ricchezza delle comunità pastorizie, così la somma dei patrimoni e dei prodotti di una comunità è la ricchezza dell'organismo sociale attuale. Come la pecus, cioè la pecora, in quanto unità di misura per regolare gli scambi, apparteneva ai pastori, così la pecunia, cioè la moneta, per logica, dovrebbe essere (ma non è) di proprietà del popolo perché sostituisce la pecus. Ed il suo conio e controllo, sempre per logica, dovrebbe essere compito del popolo sovrano in quanto Stato. Infatti come i pastore vigilava sulla salute del gregge, così lo Stato, costituito dal popolo sovrano,

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deve vigilare perché la quantità di moneta circolante equivalga al valore reale della ricchezza esistente (beni immobili, mobili, di consumo e strumenti di produzione, ecc.). E come il volume del gregge era proporzionale all'aumento delle pecus, così il volume di pecunia circolante è proporzionale all'aumento delle ricchezze (per conseguenza, come la minore ricchezza dei pastori era determinata dalla diminuzione del gregge, così la minore ricchezza dell'organismo sociale è determinata dalla diminuzione della quantità della moneta o pecunia). Da questo punto di vista meramente logico, inflazione e deflazione risultano essere una pericolosa patologia economica, consistente nello squilibrio esistente tra i beni presenti sul mercato e la quantità di denaro circolante. Per rendere stabile il potere d'acquisto di una moneta è dunque necessario un controllo sull'equilibrio tra ricchezza e circolazione monetaria, ma a questa funzione dovrebbe essere deputato solo lo Stato, istituito per perseguire il bene della collettività. Le banche, invece, in quanto S.pA. con scopo di lucro, sono state inventate e strutturate per ottenere utili attraverso speculazioni e transazioni finanziarie, ed il terreno più fertile per tale attività è quello dell'instabilità, dell'inflazione e della deflazione. È quindi logico che quando, come oggi avviene, il controllo dell'economia è affidato al mondo bancario, tanto la stabilità del potere d'acquisto della moneta, quanto la veridicità di ogni politica che non sia quella della moneta al popolo, sono destinate a rimanere una chimera, perché le conseguenze di questa situazione si moltiplicano a cascata, coinvolgendo ogni aspetto della vita della collettività. Infatti, che senso possono avere le scelte elettorali, se nessun candidato, una volta eletto, può avere il controllo delle leve economiche del credito? E quale politica di sviluppo può essere programmata da un governo che non sa né quanto costerà il denaro, né di chi è la proprietà del denaro stesso? Oltre alla verifica della falsificazione percepibile dalla lettura dei bilanci, la falsificazione del bilancio della banca centrale risulta altresì dalla dichiarazione apposta sulle banconote delle lire. Perché là era scritto, per es., "Lire tot pagabili a vista del portatore". Ora, un documento giuridico non può essere contemporaneamente titolo di credito e oggetto del medesimo credito, come invece la banca pretende che sia. Anche questo FATTO prova dunque la falsificazione del bilancio. Infatti, delle due l'una: o è un credito oppure è oggetto del credito. Questa precisazione va fatta perché, come non si può contestare la percezione di un albero, in quanto un fatto percepibile non può diventare un discorso sulla validità della percezione stessa, così la scritta "Lire tot pagabili a vista del portatore" è un fatto, che esige di rispondere al significato di "pagabili". La domanda è: come lo paghi? Con un'altra cambiale? Detto con parole ancora più semplici: se io uso la cambiale non solo come titolo di credito, ma come oggetto per pagare il credito, la cosa è davvero una ridicola tautologia, tant'è vero che sull'euro se ne sono vergognati di apporre "Euro tot pagabili a vista del portatore", e che si sono ben guardati di rispondere alle contestazioni riguardanti tale mancanza. Infatti gli argomenti per i quali è stata cancellata questa frase sono stati contestati a suo tempo. Ma non vi sono state risposte, in quanto queste cose non camminano se non nell'ambito della alte leggi massoniche. Dunque il "pagabile a vista del portatore" come può essere pagato? Il fatto che esista una cambiale, la banconota, che è al contempo cambiale e mezzo per pagare la medesima cambiale, non è forse un insulto all'intelligenza umana? Quando si fanno errori logici di interpretazione di questa portata, si ha di fatto la documentazione di essere cretini. La storia dell'incretinimento progressivo del cittadino nessuno la racconta, né alle elementari, né alle università, però è vera, e ci trattano da cretini dal 1694, anno della fondazione della banca d'Inghilterra, fatto già denunciato da Marx: "Fin dalla nascita le grandi banche, agghindate di denominazioni nazionali, non sono state che società di speculatori che si affiancavano ai governi e,

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grazie ai privilegi ottenuti, erano in grado di anticipare loro denaro. Quindi l'accumularsi del DEBITO PUBBLICO non ha misura più infallibile del progressivo salire delle azioni di queste banche, il cui sviluppo risale alla fondazione della Banca d'Inghilterra (1694). La Banca d'Inghilterra cominciò col prestare il suo denaro al governo all'otto %, contemporaneamente era autorizzato dal Parlamento a battere moneta con lo stesso capitale tornando a prestarlo un'altra volta al pubblico in forma di banconota. Non ci volle molto tempo perché questa moneta di credito fabbricata dalla banca d'Inghilterra stessa, diventasse la moneta con la quale la banca stessa faceva prestiti allo Stato e pagava per conto dello Stato gli interessi del debito pubblico. Non bastava però che la Banca desse con una mano per averne in restituzione di più con l'altra, ma, proprio mentre riceveva, rimaneva creditrice perpetua verso la Nazione, fino all'ultimo centesimo che aveva dato" (C. Marx, "Il Capitale", libro I, cap. 24, paragrafo 6, Edizioni Riunite, Roma 1974, pp. 817-818). Nel 1694, infatti, regnante Guglielmo III d'Orange, un gruppo di finanzieri capeggiati da William Paterson prestano un milione e duecentomila sterline al governo inglese al tasso d'interesse dell'8% annuo. Il re, per ottenere il prestito, concede alla banca di Paterson l'autorizzazione a stampare cartamoneta - allora chiamata "nota di banca" - per un importo equivalente alla somma prestata. La banca di Paterson si trova quindi - oltre ad essere proprietaria di un capitale sul quale percepiva gli interessi - a disporre di una massa monetaria fittizia - non corrispondente a nessuna ricchezza reale - con la quale può intraprendere fruttuose operazioni finanziarie o concedere prestiti sui quali percepire altri interessi. Per il governo inglese, che rinuncia a battere cartamoneta in proprio, comincia così la lunga e mai terminata sequela di interessi da versare alla banca, e per l'economia inglese è consentita la circolazione di denaro inventato, col quale illegittimamente si promuovono speculazioni finanziarie. L'esempio inglese, nei secoli successivi, è seguito da tutti i governi del mondo, fino alla situazione attuale, in cui nessun popolo è proprietario della moneta che utilizza, e dove tutti sono debitori delle banche private che battono moneta. Le banche, nel momento stesso della loro nascita, iniziano a creare moneta fittizia - culminante con l'immensa massa di denaro virtuale oggi circolante nel mondo - dando vita a una colossale truffa ai danni dei popoli. Il prezzo che gli uomini devono pagare per l'utilizzo di tale cartamoneta ASTRATTA, cioè creata dal nulla, è il lavoro, la produzione, i beni mobili ed immobili, cioè la ricchezza CONCRETA, determinata dal sudore della fronte. Per inciso va detto che, accanto a questa truffa, esistono da sempre le grandi furbizie dei banchieri: le banche, iniziando a conservare nei depositi blindati valori ad esse affidati per motivi di sicurezza dai cittadini, consentirono a questi ultimi di compilare "buoni di cessione" - capostipiti del moderno assegno - di questi preziosi per utilizzarli come forma di pagamento. Ovviamente, la tendenza di chi deposita è rivolta più al risparmio che all'utilizzo a breve dei beni, ed il furbo banchiere, verificando che costui ne movimenta in pratica solo il 10% circa, cosa fa? Sfrutta il restante 90% circa: sapendo di non rischiare molto, crea a proprio uso ricevute di pagamento per un importo pari al 90% dei valori depositati nella sua banca, ed utilizza queste stesse ricevute per concedere prestiti ad interesse, e per partecipare a fruttuose attività finanziarie! Oggi siamo andati molto più in là. Mentre l'antico denaro, che l'antico banchiere aveva illegittimamente creato, non essendo lui il proprietario dei beni depositati, era pur sempre garantito da beni esistenti, il denaro do oggi viene semplicemente stampato "ex nihilo", senza nessuna garanzia, e senza nessun limite, e oltretutto si è aggiunto il denaro virtuale, elettronico. Attraverso gli intrallazzi fra governi e banche in nome di politiche cosiddette democratiche promotrici di "sovranità" del popolo, il popolo è stato di fatto

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rimbecillito. Il valore monetario nasce dal fatto che il popolo incretinito accetta e usa denaro stampato, non dal fatto che qualcuno ha pensato bene di stamparlo. Se infatti lo stesso banchiere emette le banconote in un'isola deserta, quale valore possono avere? Ciononostante, le banche centrali, che sono banche private, creano moneta addebitandola al popolo e, truffa per truffa, la pongono a bilancio sotto la voce "passivo", nonostante l'unica spesa sostenuta sia il costo della carta, dell'inchiostro e della stampa. La moneta viene così prestata allo Stato ed agli istituti bancari che, su tali operazioni, devono pagare poi anche gli interessi. E la trafila di questa truffa è ormai talmente consolidata che nessuno si pone quesiti sulla sua ineluttabilità. In realtà la truffa passa nella misura dell'intorpidimento mentale generale della cittadinanza, continuamente bombardata da informazioni fuorvianti, o da mezze verità. Per esempio, lo Stato in effetti conia, presso la sua Zecca, le monete metalliche - per importi assai limitati in confronto a quelli del cartaceo - ed in passato furono stampate in Italia banconote da 500 lire come "Biglietto di Stato a corso legale". Ma i cittadini non hanno certo rilevato un fatto del genere, così come non se ne rendono conto per ciò che riguarda le monetine che oggi, nell'era dell'euro, vengono coniate dai singoli Stati, anche se per importi rigidamente determinati dalla BCE (banca centrale europea). Siamo cioè arrivati al colmo: ora è lo Stato a dover chiedere al potere bancario l'autorizzazione a battere moneta, peraltro per importi piccolissimi - gli spiccioli appunto -, e non l'inverso, come avveniva nel 1694 in Inghilterra, quando iniziò il lungo percorso della grande truffa monetaria! Ad aggravare la situazione si aggiunge il "maldestro" operare dei governatori. Si veda per esempio la beffarda ed umiliante risposta che Wim Duisenberg, governatore della BCE, inviava all'ex ministro dell'economia, Giulio Tremonti, in merito alla sua proposta di sostituire le monete da 1 e 2 euro con simboli cartacei: "Ne abbiamo parlato e in linea di principio - recita testualmente la dichiarazione di Duisenberg - non abbiamo nulla in contrario. Mi auguro che il ministro Tremonti sia consapevole che così perderebbe i proventi del diritto di signoraggio sulle monete". Ovviamente, per motivi "politici", Tremonti viene poco dopo subito sostituito. Si consideri anche che col suo condono fiscale, Tremonti avrebbe potuto essere il pallido inizio di una rivoluzione monetaria per l'abolizione definitiva del debito da signoraggio. La BCE infatti non può avere diritto al signoraggio monetario, semplicemente perché non dispone di riserva aurea, essendo questa abolita dal 15 agosto 1971 con la fine degli accordi dei Bretton Woods. Al cittadino è fatto credere che il prelievo fiscale sia un corrispettivo monetario, dovuto per funzioni e servizi statali. Se veramente fosse così, il prelievo fiscale dovrebbe essere basato su valori monetari rigidi, non decurtabili, né condonabili, in quanto considerati come corrispettivo, al puro costo, di atti di scambio senza scopo di lucro, tra cittadini e Stato. La verità è invece che, nonostante l'avvento della moneta nominale, cioè astratta in quanto creata dal nulla, le banche centrali hanno continuato e continuano ad emettere moneta prestandola, come se si trattasse di moneta concreta, cioè sostanziata da oro di riserva. Continuando a prestarla anche allo Stato, il prelievo fiscale non può che aumentare continuamente del cosiddetto debito da signoraggio verso la banca centrale, per un valore pari a tutto il denaro messo in circolazione!* * Ma cos’è il Signoraggio? Il cittadino non sa niente di queste cose, dunque non può nemmeno prendere atto o accorgersi che è merito di Tremonti di avere messo, consciamente o no, il dito nella piaga e fatto emergere dalla dichiarazione Duisemberg, conscia o no, che si vuole lasciare agli Stati solo l'elemosina proveniente dal "signoraggio degli spiccioli", riservando così il malloppo agli usurai della Banca Centrale Europea. Qui infatti la truffa si chiama usura. Occorre pertanto informare i cittadini. Basterebbe aprire

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l'Enciclopedia Treccani alla voce "Vandea" per accorgersi che la causa della rivoluzione vandeana (rivoluzione francese) fu il fisco: con l'emissione degli assegnati (moneta nominale concepita sulla falsariga della sterlina inglese) era nato, infatti, il debito da signoraggio nei confronti della banca centrale. Il portatore della moneta era stato inconsapevolmente trasformato da proprietario in debitore del suo denaro. Al momento del prelievo fiscale si verificava così il trauma psicologico che apriva una nuova drammatica pagina di storia, incompatibile con quella che l'aveva preceduta. Il popolo della Vandea abituato, per tradizione, alla moneta romana di proprietà del portatore, avvertì l'oltraggio della truffa quando ebbe la consapevolezza che gli assegnati lo avevano trasformato da proprietario in debitore della sua moneta. Con la Vandea iniziava il ciclo storico della guerra del sangue contro l'oro, in cui le verità essenziali si sono avvertite in movimenti romantici più col sangue che col cervello, e perché è mancata una scuola di pensiero all'altezza dei problemi della generazione. Dalla Vandea ad oggi non è cambiato nulla, crollano le Torri Gemelle, simbolo di un sistema economico ad uso e consumo dei banchieri e siamo di nuovo in guerra? Perciò solo l'informazione corretta può fermare questo stato di cose. Occorre sapere per esempio che la differenza tra euro-carta ed euro-moneta è riscontrabile dal fatto che mentre la carta è perfettamente identica in tutte le nazioni che utilizzano l'euro, le monete sono personalizzate dallo Stato che le conia in una delle due facce. Ma i cittadini utilizzano e spendono allo stesso modo cartamoneta e monete metalliche. Come cittadino, come posso credere in Tremonti, se Tremonti, ma anche Berlusconi e tutti coloro che hanno operato per dimetterlo, dimostrano di non sapere che è diritto dello Stato stampare non solo gli spiccioli ma anche la cartamoneta, sottraendo così questa prerogativa alle banche private? In tal modo infatti si affermerebbe il diritto alla sovranità monetaria, fondamentale per la libertà di un popolo così come quella territoriale, quella militare e quella politica. Thomas Jefferson, presidente americano dal 1801 al 1808, ebbe a dire a questo proposito: "Credo che per le nostre libertà le istituzioni bancarie siano più pericolose degli eserciti nemici. Sono già arrivate al punto di erigersi in un'aristocrazia del denaro che sfida il governo. La facoltà di emettere moneta dovrebbe essere loro strappata e restituita al popolo, al quale giustamente appartiene. In realtà, il potere di produrre moneta dovrebbe essere riservato soltanto allo Stato, che provvederebbe a metterla in circolazione a seconda delle necessità". Stretti dalla morsa del ricatto bancario, tutti governi del mondo sono invece "costretti" a pagare cifre di interessi tali da incidere pesantemente sul bilancio delle rispettive nazioni: LE TASSE CHE I CITTADINI DEBBONO VERSARE, INVECE DI FINANZIARE OPERE PUBBLICHE, SERVONO A COPRIRE ANCHE QUESTI INTERESSI. Ecco perché il sistema non funziona, tant'è vere che per denominare una cosa scadente, per esempio un prodotto, invale il detto "È un prodotto 'della mutua'"! Per le strade, gli acquedotti, gli ospedali e tutte le altre strutture necessarie alla collettività, lo Stato è infatti costretto a chiedere nuovi prestiti, sui quali tutti i cittadini debbono pagare il balzello riservato ai banchieri. Si tratta di una situazione assurda che il rincretinimento giudica inevitabile. Ma basterebbe che lo Stato tornasse a battere moneta e tutto sarebbe risolto. Parecchi hanno intravisto la possibilità di questa soluzione, ma finora nessuno è riuscito a diffondere questa idea, in modo tale da creare una coscienza collettiva, necessaria per una radicale ribellione, né alcun politico è riuscito ad attivare provvedimenti alternativi senza scontrarsi - rovinosamente (si veda la tremarella di Tremonti nei suoi rapporti con Fazio) - con i poteri forti che governano il mondo. Due presidenti statunitensi, per altri versi assai discussi, tentarono l'inversione di marcia. Abraham Lincon fece stampare dei "Biglietti degli Stati Uniti" -chiamati, per il loro colore, "greenbacks" - su cui non gravavano interessi da pagare alle banche. Tutti sanno che nel 1865 Lincon fu ucciso; qualche storico induce a collegare la persona dell'assassino, John Wilkes

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Booth, con casa Rothschild. John F. Kennedy tentò un provvedimento analogo - alcune banconote prive di interesse stampate allora sono ancora in circolazione -, ma l'iniziativa non ebbe molta durata per quel che avvenne a Dallas nel 1963. Storicamente, il "signoraggio" era il termine col quale si indicava il compenso richiesto dagli antichi sovrani per garantire, attraverso la propria effigie impressa sulle monete, la purezza e il peso dell'oro e dell'argento. Ogni cittadino poteva infatti portare alla Zecca metallo prezioso per farlo trasformare in denaro e il sovrano tratteneva, come signoraggio, una percentuale del metallo. Ciò che viene oggi indicato come "reddito monetario" in effetti non è altro se non l'antico signoraggio. Se dunque un ente statale si prendesse la briga di stampare moneta, diffonderla, controllare l'operato degli Istituti bancari, certamente sarebbe legittimo istituire una tassa per coprire le spese necessarie al buon funzionamento di quell'ente. Ma la dimensione del moderno signoraggio va ben al di là di una semplice tassa. Il reddito monetario di una banca di emissione è dato infatti dalla differenza tra la somma degli interessi percepiti sulla cartamoneta emessa e prestata allo Stato e alle banche minori e il costo infinitesimale di carta, inchiostro e stampa, sostenuto per la produzione del denaro. I Controllori del Mondo Se l'ente di emissione fosse statale, il problema avrebbe innanzitutto un peso relativo, perché sparirebbero di colpo gli interessi pagati dallo Stato. Che senso avrebbe infatti, per lo Stato, pretendere interessi da se stesso? In secondo luogo si tratterebbe di utili che, rimanendo in mano allo Stato, apparterrebbero sempre alla collettività. Il reddito monetario, cioè l'utile di esercizio di una banca di emissione, viene distribuito invece a tutti i "partecipanti", né più né meno di come accade in una normale società per azioni con scopo di lucro. Ma il problema inerente la natura delle banche centrali non è tanto quello della quantificazione degli utili e della loro distribuzione - peraltro in alcune nazioni, per attutire gli effetti dell'increscioso balzello monetario, è stata prevista una restituzione allo Stato di una percentuale del signoraggio -, quanto il potere esercitato sulla politica monetaria e su tutta l'economia nazionale in conseguenza delle prerogative proprie di un istituto di emissione: stabilire il tasso di sconto, la politica monetaria e del credito, la concessione dei mutui, ecc.; prerogative della sfera politica, nel caso di un istituto di Stato, ma che sono invece riferibili, nel caso di istituti privati, a interessi di centri economici e finanziari, per di più quasi sempre non nazionali. Le banche di emissione sono dunque istituti dello Stato, cioè pubblici, oppure sono privati? In Italia, nel 1874, fu promulgata, per la prima volta dalla nascita del Regno, una legge bancaria per porre un freno alle emissioni di cartamoneta e per regolamentare la concorrenza tra le banche che stampavano denaro. Le banche autorizzate a emettere cartamoneta erano infatti ben sei: la banca nazionale del regno d'Italia, la banca nazionale tscana, la banca toscana di credito, la banca pomana, il banco di Napoli e il banco di Sicilia. Con tale legge, inoltre, si stabiliva che le variazioni del tasso di sconto dovevano essere autorizzate dal ministero delle finanze. Con la successiva legge del 1893, promulgata a seguito del clamoroso fallimento della banca romana, i quattro istituti dell'Italia centrosettentrionale vennero fusi, dando vita alla banca d'Italia, e rimasero ancora attivi il banco di Napoli ed il banco di Sicilia, ma con ruoli di emissione più limitati. Bisogna arrivare agli anni 1926-27 per vedere attribuito il diritto di battere moneta solo alla banca d'Italia, che diventa così banca centrale. La sua natura, definita e regolamentata nello statuto approvato con regio decreto solo nel 1936, fu addirittura definita come quella di un "istituto di diritto pubblico", ma la sua struttura e la sua proprietà rimasero quelle che erano: quelle di

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una società anonima, trasformata successivamente in società per azioni con scopo di lucro. Il governatore assunse da subito un ruolo massimamente rilevante, non solo per l'amministrazione monetaria, ma anche per l'intera vita economica delle nazione. Lo statuto stabilì la non revocabilità del governatore da parte del potere politico, attribuendo questa facoltà solo al consiglio superiore della banca d'Italia, organo tecnico ed estremamente frammentato, quindi difficilmente condizionabile. Nel 1926, mentre si stava discutendo sull'assetto da dare alla banca di emissione italiana, le pressioni per garantirne la sostanziale autonomia e l'inamovibilità del governatore furono notevoli. Benjamin Strong, governatore della federal reserve bank di New York intervenne direttamente su Mussolini per ottenere garanzie sull'indipendenza della banca d'Italia e sulla permanenza di Bonaldo Stringher al posto di suo governatore, mettendo sul piatto della bilancia l'appoggio della federal reserve e della banca d'Inghilterra alla stabilizzazione della moneta italiana. I cedimenti in campo monetario, pur se compiuti nel tentativo di ottenere momentanei benefici, sono sempre anticipatori di ulteriori e più gravi concessioni. Infatti, nonostante numerose correnti del fascismo spingessero verso la nazionalizzazione della banca centrale, il decreto del 1936 si limitò a sostituire i vecchio azionisti con un consorzio di enti e banche, con prevalenza delle casse di risparmio. La banca d'Italia rimaneva dunque una banca privata. La sua proprietà, nel corso degli anni, non è sostanzialmente cambiata: la proprietà della banca d'Italia non è mai stata dello Stato, cioè del popolo, ma delle banche. E la storia dell'autonomia della banca d'Italia è, sino ad oggi, una sequenza di tappe sempre più significative, tutte indirizzate ad aumentarne il distacco dallo Stato. Nel 1981, quando era ministro del tesoro Beniamino Andreatta e governatore della banca d'Italia Carlo Azeglio Ciampi, si giunse a sancire il diritto della banca a non sottoscrivere, sia parzialmente che "in toto", i titoli di Stato; un divorzio sempre più definitivo che dimostrava, senza alcun dubbio, chi erano coloro che detenevano il bandolo della politica monetaria italiana e in quale conto era tenuta l'autorità politica. Nel 1992 cadde anche la residua possibilità da parte dello Stato di controllare il tasso di sconto: il potere di modificarlo, antico appannaggio del governo, era stato nel corso dei decenni attribuito al governatore della banca d'Italia, che doveva però agire "in concerto" con il ministro del tesoro. L'ex governatore Guido Carli, nei panni di titolare del dicastero economico, il 7 febbraio 1992 fece approvare dal parlamento l'assoluta autonomia dell'istituto di emissione in materia di tasso di sconto. Si tratta di una questione chiave: il debitore riconosce al creditore la facoltà di fissare unilateralmente le regole del prestito! Regole che poi saranno applicate a tutta l'economia nazionale. Che senso hanno allora le scelte elettorali, se nessun candidato, una volta eletto, ha il controllo delle leve economiche del credito? Quale politica di sviluppo può essere programmata da un governo di imbecilli che non sanno quanto "costerà" il denaro? Così, anche l'ultimo residuo di cordone ombelicale tra banca centrale e potere politico era stato definitivamente reciso. Non solo. Con il passare dei decenni i personaggi del mondo monetario, non contenti dell'assoluta autonomia conquistata, proposero se stessi in modi sempre più arroganti come controllori e spesso perfino come gestori del mondo politico! Nel 1945 l'allora governatore della banca d'Italia Luigi Einaudi cumulò la sua alta carica monetaria con quelle di vicepresidente del consiglio e di ministro del bilancio. Nel 1948 Einaudi divenne presidente della Repubblica. Da allora, i casi del genere sono stati molteplici, e si svolgono in un crescendo pericolosissimo: Carli, già governatore, divenne ministro del Tesoro; Ciampi, dopo essere stato governatore, è divenuto ministro, poi presidente del consiglio e infine è approdato al Quirinale; Lamberto Dini, direttore generale della banca d'Italia, è divenuto ministro e poi premier; Antonio Maccanico, già presidente di Mediobanca, è divenuto ministro e consigliere del presidente della Repubblica.

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C'è anche da ricordare la carriera politica di Giuliano Amato, che da assiduo frequentatore degli ambienti finanziari americani, divenne più volte ministro e primo ministro, e quella di Romano Prodi, passato dall'incarico di consulente della banca Goldmann & Sachs alla poltrona di palazzo Chigi e successivamente a quella di presidente del consiglio europeo. Si tratta di scalate politiche quasi mai scaturite da consultazioni elettorali, ma frutto di alchimie di potere operate in assoluto dispregio del consenso popolare. Quale politica dunque vanno cianciando costoro? E quale democrazia! Con l'avvento dell'euro e della BCE, le cose sono peggiorate. Le autonomie godute dal mondo bancario si sono rafforzate e la lontananza delle sedi dove si decide e si comanda, hanno infittito l'atmosfera di sospetto e di mistero sul mondo monetario ed economico. È un problema di casta. Da questi signori manipolatori di capitali, le cariche che contano vengono spartite rigorosamente tra loro, gli intoccabili delle banche centrali nazionali; le cariche della BCE, che sono di spettanza dei governi, per statuto devono essere attribuite a "persone di riconosciuta levatura ed esperienza professionale nel settore monetario o bancario". Mentre gli uomini delle banche continuano sistematicamente ad occupare gli scranni dei politici, a nessun politico è concesso di entrare nei blindatissimi palazzi del denaro! Non vi è ministro, né presidente del Consiglio, né presidente della Repubblica o monarca ad avere il potere, l'insindacabilità e la durata della carica che hanno a disposizione un presidente e un dirigente della banca centrale europea. La BCE da' "indicazioni" vincolanti ai governi, stabilisce i tassi e la politica monetaria. E nessun potere politico può interferire. E il popolo? Il popolo è sempre più lontano, e sempre più sottomesso. Dov'è dunque la democrazia? Qui siamo in una super dittatura occulta. Analoga la storia delle altre banche centrali negli altri paesi d'Europa e del mondo. La più autonoma, la più indipendente, e la più spudoratamente privata è indubbiamente la federal reserve americana. La sua proprietà è inoltre tenuta scrupolosamente segreta, come segrete sono le riunioni della sua dirigenza. Palese è invece il suo potere, beffardo ed efficace, negli USA e nel mondo. Scrisse Gertrude Coogan: "La legge sulla federal reserve fu un grave errore. Essa consegnò ai banchieri internazionali il controllo assoluto sul sistema bancario americano e, di conseguenza, su ogni attività economica". Persino nei regimi comunisti, in smaccata contraddizione con i dettami ideologici marxisti, le banche di emissione finirono in mano ai banchieri internazionali. Nel 1937 la Gosbank, l'istituto di emissione sovietico, fu privatizzato, e nel consiglio di amministrazione fu accolto il plurimiliardario ebreo americano Armand Hammer. Ci fu una sola nazione, nel XX secolo, che osò nazionalizzare la propria banca di emissione, riconoscendo allo Stato, e quindi al popolo, la proprietà della moneta: la Germania nazionalsocialista. Riflettendo sull'accanimento criminalizzante riservato a Hitler ed ai suoi seguaci, e sulla nazionalizzazione della Reichsbank, forse si potrebbero formulare spiegazioni inconsuete e illuminanti sull'intera storia del secolo appena trascorso. I Padroni del Mondo Le banche centrali, quelle cioè che stampano la cartamoneta dei vari paesi del mondo, sono dunque private, ed i proprietari sono in maggioranza le altre banche e i grandi finanzieri internazionali. Ma allora, se il mondo della politica, se i governi, i capi di Stato, i ministri del tesoro e dell'economia non hanno più voce in capitolo sui tassi di sconto, sulle strategie monetarie, sulle condizioni dei prestiti, sui finanziamenti internazionali, sui cambi, sulle borse, chi coordina tutto questo complesso MONDO DI NUMERI, di previsioni economiche, di interventi piccoli e grandi destinati a influire in maniera determinante sulla vita di tutti i popoli? Chi prende le decisioni? Chi comanda? C'è chi afferma che sarebbe il sistema stesso, nel suo complesso groviglio

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di interessi e di meccanismi automatici, ad autogovernarsi, a funzionare come una enorme macchina avviata così bene da non aver più bisogno di progettisti e di macchinisti. Non ci sarebbe nessuno dunque a comandare. Tutto avverrebbe così, naturalmente, ineluttabilmente, come in un Eden illuminato dallo splendore del dio denaro. Ma si tratta di un'analisi che sa di malafede. Se le cose andassero così come vanno in modo automatico, se non ci fosse nessuno a decidere e comandare, non avrebbe senso cercare i responsabili. A nessuno potrebbe essere imputata la colpa delle crisi economiche, dei crolli monetari, dello sfruttamento delle risorse o del lavoro, e della fame nel mondo. Certo si tratta di una spiegazione eccessivamente comoda, e assai difficile da accettare. È allora necessario informarsi, ed osservare più da vicino il mondo delle banche centrali, cercando di individuare il momento e la sede dove esse si incontrano per decidere. Infatti costoro decidono veramente per tutti. E gli effetti di tali decisioni sono davanti agli occhi di tutti. E allora, informandosi, si viene a sapere che a Basilea, in Banhofplatz 2, ha sede la banca dei regolamenti internazionali BRI, o BIS, "Bank for International Settlements", fondata nel 1930, dove si riuniscono, ogni mese, i dirigenti di tutte le banche centrali del mondo. Proprietarie della BRI sono infatti tutte le banche centrali del mondo, ma in proporzioni assai differenti tra di loro. Il 25 % delle azioni sono della federal reserve USA, il 15 % della banca d'Inghilterra e il rimanente 60 % è distribuito, con quote minime, tra tutti gli altri. Un 60% talmente frammentato da rendere impossibile una qualsiasi aggregazione percentualmente significativa. La federal reserve, col suo 25 % di proprietà e con la costante, servile disponibilità della banca d'Inghilterra, ha facile mano nel determinare il bello e il cattivo tempo. Nell'ambito della la banca dei regolamenti internazionali BRI, le banche centrali dei paesi più industrializzati del mondo, Stati Uniti, Giappone, Germania, Francia, Regno Unito, Italia, Canada, Olanda, Belgio, Svezia e Svizzera, hanno istituito appositi comitati di vigilanza internazionale: il CBVB, "Comitato di Basilea sulla Vigilanza bancaria"; il CSPR, "Comitato sui Sistemi di Pagamento e Regolamento"; e il CSFG, "Comitato sul Sistema Finanziario Globale". Le nomine dei governatori delle banche centrali delle varie nazioni del mondo, prima di giungere alla ratifica dei rispettivi governi, dove ciò è ancora previsto, devono essere approvate dalla BRI; se a Basilea non sono d'accordo, tutto viene rimesso in gioco, si vagliano altre candidature, più gradite ai signori della Banhofplatz, fino ad individuare l'uomo adatto a gestire, a livello nazionale, le decisioni che vengono assunte lassù, nell'Olimpo dei potentissimi Morgan, Rockefeller, Warburg, Rothschild... Certo, perché, nonostante i proprietari della federal reserve siano tenuti segreti, e segrete le loro riunioni, si sa per certo che tra di loro ci sono anche questi uomini, e che le loro quote pesano molto. Nomi che compaiono da secoli nella storia del denaro e, soprattutto, nella scalata che il potere finanziario internazionale ha fatto ai danni del potere politico. Quindi chi comanda il mondo del denaro, cioè il mondo dell'economia, cioè il mondo "tout court", esiste davvero. In quelle riunioni mensili vengono affrontate tutte le questioni di ogni paese, vengono decisi i tassi di sconto, i beneficiari dei prestiti della BM (banca mondiale) e del FMI (fondo monetario internazionale), quali governi devono essere aiutati, facilitati, finanziati, quali monete devono decollare e quali svalutarsi, quali movimenti rivoluzionari devono essere armati e quali riforme devono essere sponsorizzate. Sì, perché chi ha il potere di decidere la politica monetaria può influire, in maniera determinante, su ogni cosa. Certamente, nei sontuosi saloni della BRI, si è molto discusso, e deciso, prima che venissero firmati gli accordi di Bretton Woods nel 1944, con i quali fu stabilito, tra l'altro, che il dollaro dovesse essere assunto come moneta per gli scambi internazionali. Certamente, negli uffici della Banhofplatz 2, si è molto discusso, e deciso, prima che il presidente USA Richard Nixon, nell'agosto del 1971, annunciasse

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al mondo l'inconvertibilità del dollaro in oro (sino ad allora per 35 dollari doveva esistere la garanzia di un'oncia d'oro). Certamente a Basilea si è molto discusso, e deciso, prima che la pubblica opinione del mondo venisse a conoscenza della perestrojka, del trattato di Maastricht, dell'euro, della guerra all'Iraq, della guerra nei Balcani, della guerra all'Afghanistan. E, probabilmente, si è parlato anche di attentati, di grattacieli e di tante altre cose. Ora, nessuno, assolutamente nessuno di questi signori che si riuniscono, discutono e decidono al numero 2 di Banhofplatz di Basilea, è mai stato candidato in nessuna lista di nessun partito, è mai stato eletto da elettori di questo o di quel popolo del mondo. È dunque questa la democrazia? Il controllo incontrollato dei manipolatori di Capitali Mark Alonzo Hanna, consulente del presidente USA William McKinley e mitica figura di organizzatore di campagne elettorali, citato anche da Bush jr., ebbe ad affermare nel 1896: "Per vincere occorrono due cose. La prima è avere molti soldi... La seconda non me la ricordo". Ed è per questo che la scalata dei signori del denaro non è iniziata all'interno dell'area politica o delle istituzioni rappresentative delle singole nazioni. Si è sviluppata dove i soldi si fabbricano, all'interno delle banche centrali, affiancandone l'attività con una miriade di istituzioni internazionali, enti, fondazioni, banche di credito e d'affari tutte rigidamente dirette o controllate tra loro. Una ragnatela così ampia e articolata da consentire il progressivo condizionamento planetario di tutte le attività: la "Trilateral Commission", il "Council on Foreign Relations", il "Bilderberg Group", il "Club de Paris", il "FMI", la "BM", l'"OMC" (organizzazione mondiale del commercio), la "CCI" (camera di commercio internazionale), l'"Institute of International Finance", il "Forum di Davos"; e, ancora, il "Comitato di Bali", per la supervisione bancaria; l'"IOSCO" (International Organisation of Securities Commissions) per la supervisione delle borse e dei mercati di capitali; l"ISMA" (International Securities Market Association); l'"IAIS" (International Association of Insurance Supervisors) per la vigilanza sulle compagnie di assicurazione; e l'"ISO" (International Standard Organisation) alla quale è demandato l'incarico di definire gli standard industriali, tanto per citarne i più noti e importanti. Al condizionamento politico ed economico delle singole nazioni, attraverso il controllo monetario, si aggiunge il potere di influire sui rapporti internazionali. Poco importa se intere nazioni, nel gioco delle speculazioni, sono travolte e ridotte alla fame - vedi i paesi dell'America Latina - o altre vengono a trovarsi in posizione di immeritato vantaggio. Un esempio tra i tanti che si potrebbero fare: il 30 % dell'intero ammontare dei prestiti concessi dal FMI è attualmente assorbito dalla Turchia, favorita dalla sua posizione geostrategica nel "vicino Oriente", che va salvata per non far perdere un forte alleato a Stati Uniti e ad Israele. Inoltre, attraverso il flusso dei finanziamenti, si attivano tutte quelle iniziative che si ritengono funzionali a questo disegno criminale mondiale, condizionando pesantemente, spesso sino a stravolgerle, anche quelle iniziative che, a prima vista, potrebbero apparire di segno opposto. Esempio particolarmente eloquente ne è il movimento dei "No Global". Maurizio Blondet, nel suo libro "No Global", informa che, contrariamente a quanto la pubblica opinione è indotta a credere, "l'International Global Forum è largamente finanziato dalla Foundation for the Deep Ecology, un think-tank con sede a San Francisco, erede delle fortune del magnate Douglas Tompkins, il padrone della Esprit Clothing Company, la nota multinazionale di prêt-à-porter. Detta "Fondazione per l'Ecologia Profonda" nel 2000 ha dichiarato attivi per 150 milioni di dollari: grazie a questi fondi essa funziona come una finanziaria, che fornisce capitali iniziali per il lancio di gruppi antiglobal in tutto il pianeta". Ed ancora: tra i "finanziatori dei 'No Global' spicca un nome: Theodor (Teddy) Goldsmith.

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[...] Teddy è il fratello minore del defunto sir James Goldsmith, speculatore mondiale in materie prime, uno dei dodici uomini più ricchi del mondo, cugino dei Rothschild". Procedendo nella sua indagine, Blondet mette in luce anche le relazioni che legano il mondo dei "No Global" a un altro celebre miliardario, George Soros: "Ebreo ungherese naturalizzato americano, Soros è diventato enormemente ricco e famoso con speculazioni internazionali sulla lira negli anni 90, il genere di operazioni possibili nel mercato globale". Dunque, ovunque si cerchi, escono fuori soldi, enormi quantità di soldi, attraverso i quali i soliti signori indirizzano, determinano, controllano. Per ciò che riguarda l'Europa, taluni sono indotti a credere che l'euro sia il punto di arrivo spontaneamente perseguito dalle nazioni del vecchio continente, nel quadro della loro volontà di unificazione. Il professor Joshua Paul, docente della Georgetown University, ha pubblicato nell'autunno del 2000 una serie di documenti del Bilderberg Group, sino ad allora tenuti segreti, che documentano come da cinquant'anni quegli ambienti stessero lavorando perché l'Europa si dotasse di un'unica valuta. Già nel 1948 le Fondazioni Ford e Rockefeller avevano dato vita all'American Committee for a United Europe, con lo scopo di condizionare lo sviluppo monetario, economico e politico del nostro Continente in modo convergente agli interessi d'Oltreoceano. Un memorandum della sezione Europa del Dipartimento di Stato americano, in data 11 giugno 1965, riporta precisi suggerimenti al vicepresidente della Comunità Economica Europea, Robert Marjolin, per giungere al varo di un'unica valuta europea, non come concorrente del dollaro, ma come agevole mezzo di controllo delle economie delle singole nazioni europee. È infatti molto più semplice controllare un'unica entità monetaria e un'unica banca centrale indipendente, piuttosto che quindici valute e quindici Istituti di emissione con ancora qualche residuo legame con i ministri economici, i governi e il mondo politico. All'articolo 7 dello Statuto del Sistema Europeo di banche Centrali e della BCE si legge: "Né la BCE, né una banca centrale nazionale, né un membro dei rispettivi organi decisionali possono sollecitare o accettare istruzioni dalle istituzioni o dagli organi comunitari, dai governi degli Stati membri, né da qualsiasi altro organismo". Le banche centrali delle singole nazioni europee, prima del Trattato di Maastricht, avevano un'indipendenza dal potere politico variabile tra il 40 e il 65 %; oggi, dopo i cambiamenti determinati dall'avvento dell'Euro, hanno raggiunto il 90 %. Dunque, mentre nessuna influenza può giungere dal potere politico alla BCE, dai vertici monetari giungono al potere politico continue indicazioni, parametri cui attenersi, precisi paletti che coinvolgono l'intera economia delle nazioni. Come giustamente osserva Bruno Tarquini, già procuratore della Repubblica a Teramo, nel suo "La banca, la moneta e l'usura", "lo Stato ha rinunciato alla propria sovranità monetaria, trasferendola a un istituto privato: questo perciò, in perfetta autonomia e indipendenza, esercita una pubblica funzione di essenziale rilevanza per la vita della Nazione, essendo noto che la politica monetaria (vale a dire l'emissione della moneta e la regolamentazione della sua circolazione nonché del mercato monetario) condiziona l'intero sistema economico di uno Stato e influisce quindi anche sulla sua politica generale, e particolarmente su quella sociale". È davvero singolare come il Trattato di Maastricht si sia preoccupato di definire la BCE esclusivamente per ciò che riguarda la sua indipendenza. Francesco Papadia e Carlo Santini, nel loro "La banca centrale europea", ricordano: "Dalla lettura del Trattato emerge la particolare collocazione della banca centrale europea nell'assetto istituzionale dell'Unione Europea. L'articolo 4, infatti, non la menziona tra le istituzioni (Parlamento europeo, Consiglio, Commissione, Corte di giustizia e Corte dei conti) della Comunità. Alla banca, però, il Trattato conferisce personalità giuridica e lo Statuto riconosce la più ampia capacità di agire in ciascuno degli Stati membri. Sotto il profilo giuridico-

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formale, la banca centrale europea non è, dunque, un'istituzione comunitaria [...], i suoi atti non sono imputabili alla Comunità. La banca centrale europea è inserita in una cornice giuridica che ne stabilisce e ne tutela l'indipendenza nell'attuazione della politica monetaria". La BCE determina dunque, in perfetta autonomia, come se ciò non avesse rilevanza politica e sociale, il livello dei tassi di interesse ufficiali, cioè il costo del denaro, in altre parole: la politica di espansione o di restrizione monetaria. E, se non bastasse, decide e guida, in perfetta indipendenza, tutte le operazioni di acquisto e di vendita degli euro contro altre valute sul mercato dei cambi. E le banche centrali nazionali devono conformarsi in tutto e per tutto alle direttive della BCE - il consiglio direttivo vigila attentamente! -, altrimenti bacchettate sulle dita, con tutto il potere per farlo! La BCE, e di conseguenza anche tutte le banche centrali nazionali, ufficialmente - e ormai questo è scritto a chiare lettere, nero su bianco, nei Trattati e nei Regolamenti - non possono concedere, per nessun motivo, crediti agli Stati, o alla comunità europea o a qualsiasi altro soggetto pubblico, e quindi è loro proibito acquistare titoli di Stato, sia al momento dell'emissione che successivamente. Non solo: se prima di Maastricht, qualche banca centrale, come sopra ricordato, poteva ancora prevedere allo Stato un parziale ritorno del signoraggio, reddito ottenuto attraverso la politica monetaria, alla BCE si fa obbligo di non fare uscire neanche un centesimo dalle casse del Sistema europeo di banche centrali. E, ancora, mentre i dibattiti e le sedute della camera dei deputati e del senato sono aperti al pubblico, le sentenze delle corti di giustizia devono essere dettagliatamente motivate e pubblicate, le riunioni del consiglio direttivo della BCE sono assolutamente secretate, ed è lo stesso consiglio che, di volta in volta, decide se pubblicare le proprie deliberazioni, se pubblicarne solo alcune parti, o se non pubblicarle affatto. Oltre tutto questo, i dirigenti della BCE godono di una sostanziale immunità: non sono infatti previste, all'interno della BCE, sanzioni per comportamenti impropri. Nei regolamenti si legge che è sufficiente il rischio di perdere credibilità e fiducia per garantire la certezza dell'operato dei dirigenti. Solo in caso di colpe gravissime e di comportamento palesemente illegittimo può intervenire la Corte di giustizia e occuparsi del caso. La perdita delle sovranità monetaria e legislativa, che sono parti essenziali della sovranità nazionale, da parte degli Stati europei, è stata stabilita in maniera irrevocabile. Ed alla chetichella. In Italia, come sottolineò Ida Magli su "il Giornale" dell'11 marzo 2001, "nella legge di riforma della Costituzione, approvata dalla maggioranza di sinistra in gran fretta poche ore prima dello scioglimento delle Camere, c'è un passo fondamentale e che pure non è stato portato a conoscenza dei cittadini né prima né dopo della sua approvazione. Si tratta dell'articolo 117 in cui si stabilisce: "La potestà legislativa è esercitata dallo Stato e dalle Regioni nel rispetto della Costituzione, nonché dei vincoli derivanti dall'ordinamento comunitario e dagli obblighi internazionali". In queste tre righe è codificata la perdita della sovranità legislativa dell'Italia. Per questo l'articolo 117 non è stato discusso apertamente: GLI ITALIANI NON DEBBONO SAPERE". Forse, la politica della democrazia è proprio questa. Da qualche parte si è sentito il dovere di coinvolgere ed ascoltare il popolo attraverso regolari referendum, e lì, vedi il caso della Danimarca e della Svezia, Maastricht ed euro sono rimasti lettera morta. Il popolo ha detto no. Ma queste sono rare eccezioni. Molto democraticamente, a tutti gli altri paesi europei è stato imposto di uniformarsi al modello americano senza diritto di replica, senza alcun referendum. Scrive Giulietto Chiesa sul suo "La guerra infinita": "È il denaro che decide non più soltanto come l'economia deve procedere, ma anche - direttamente, immediatamente - come l'America deve essere governata. [...] Il popolo, come tutto il resto, non è più sovrano di nulla, essendo diventato, nel

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frattempo, consumatore. Non ha forse invitato, l'imperatore Bush, pochi giorni dopo il tremendo impatto terroristico, i suoi elettori a 'tornare a fare shopping'?". "Democratico consenso" L'economia è governata da uomini che, fino a prova del contrario, nulla hanno a che vedere con il consenso popolare; su questo non può ormai esservi più dubbio. E si crede che queste siano le regole del libero mercato, della globalizzazione, del consumismo e del benessere. L'importante, si dice, che il sistema politico - adottato o imposto -, ovunque, in ogni angolo del mondo, sia quello democratico. Si devono svolgere "libere" consultazioni elettorali attraverso le quali il popolo possa scegliere i candidati proposti dai diversi partiti. A parte la sopra citata frase di Mark Alonzo Hanna, che ricorda come nelle campagne elettorali più dei programmi contino i soldi, il cittadino sovrano può e deve legittimamente chiedersi cosa possa offrire al popolo una classe dirigente politica privata di ogni potere inerente la moneta e l'economia, e quindi di ogni possibilità di intervenire nel sociale. Sforzandosi di essere ottimista fino in fondo, egli osserverà come la democrazia riesce a gestire l'oggetto principale del suo esistere: il consenso. È per garantire il libero consenso, infatti, che i "padri fondatori" hanno inventato la moderna democrazia. E di questo sistema politico esiste un modello indicato ad esempio, ad ogni pie' sospinto, un vero e proprio santuario: "la grande democrazia americana". Si osservi, dunque, come si esprime il consenso in quel paese. I dati che si riscontrano non possono che lasciare perplessi. Nelle elezioni presidenziali va a votare meno del 50% degli aventi diritto, quindi il presidente USA rappresenta a malapena un americano su quattro. Nelle altre consultazioni, le cose vanno molto peggio: i votanti nelle elezioni dei singoli Stati sono il 35-40%, in quelle di contea e municipali addirittura il 25-30%. Dunque, nel santuario della democrazia ci sono anche "maggioranze" che rappresentano meno del 13% della popolazione. Qualcosa non funziona: le motivazioni addotte per condannare le dittature si sono sempre incentrate sui temi della libertà e del consenso. Ma è legittimo domandarsi quanto possa durare un regime quando si basi su un consenso del solo 13% o 25% della popolazione. Negli Stati totalitari certamente molto poco. Il consenso, quando è una cosa seria, è un fatto di coscienza, è un senso di appartenenza e di partecipazione: è una forza centripeta che ingrandisce il cittadino e lo rende parte fondamentale del popolo, anzi di "quel" popolo. In democrazia, intesa come regno del più sfrenato individualismo, le forze che prevalgono sono invece quelle centrifughe, che rimpiccioliscono il cittadino, lo rendono anonimo, un semplice numero, e lo collocano in una massa amorfa e spersonalizzata: una massa che si può governare anche con un misero 13% di "maggioranza". Il consenso, in democrazia, ha la dignità di una lattina di "Coca-Cola" venduta sullo scaffale di un supermercato. E più la democrazia è imposta al mondo, più la finanza internazionale ha mano libera per i suoi traffici, più crescono le sacche di povertà entro le nazioni ricche e più popoli vengono cacciati nel girone della fame. Nell'ultimo rapporto ONU sullo sviluppo umano (1998) si legge che il 20% più ricco della popolazione mondiale consuma l'86% dei beni disponibili, mentre il 20% più povero solo l'1,3%. E la "grande democrazia americana" prosegue nella sua opera di conquista planetaria. Attraverso quali strumenti? Siamo alle solite, rispuntano i banchieri. Scrive ancora Giulietto Chiesa: "Strumenti sovrannazionali di questo progetto sono state le due istituzioni regine di Bretton Woods, il Fondo Monetario Internazionale e la banca Mondiale, cui negli ultimi anni si è aggiunto il WTO (World Trade Organization), loro parente stretto in quanto erede del GATT (General Agreement on Tariffs and Trade). Non a caso, questi tre strumenti operativi sono estranei alle Nazioni Unite. Altrettanto

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non a caso, essi sono le uniche istituzioni sovrannazionali che hanno ricevuto concreti, reali poteri di limitazione, di abrogazione delle sovranità nazionali dei paesi che vi aderiscono. Ma non tutte le abrogazioni sono eguali tra loro. Il "consenso di Washington" ha rappresentato il grimaldello con cui la rappresentatività internazionale del sistema delle Nazioni Unite è stata smantellata per far posto al decalogo della globalizzazione americana". E la "grande democrazia americana" continua, con ricatti monetari, con azioni militari, con spoliazioni delle sovranità nazionali sempre più devastanti, ad imporre il proprio modello "buono", "libero", "politicamente corretto". Le regole? I Trattati internazionali? Contano solo, se, e quando, sono funzionali al disegno USA, altrimenti si ignorano, si stracciano o si riscrivono. Una risoluzione dell'ONU non rispettata può essere ottimo pretesto per scatenare una guerra se si tratta dell'Iraq di Saddam Hussein, ma non ha nessuna importanza se nella parte dell'inadempiente si trova lo Stato di Israele. Quando, nel 1999, l'obbiettivo era lo smantellamento della Serbia di Milosevic, gli americani non esitarono a stravolgere la natura della NATO. Da patto difensivo la trasformarono in alleanza militare offensiva. I regolamenti furono, in quattro e quattr'otto, cambiati. Gli articoli 5 e 6 dello Statuto che circoscrivevano, in chiave difensiva, l'uso della forza, vennero riscritti: la NATO si autodefinì e si comportò, con atto unilaterale, e in dispregio dell'articolo 51 della Carta dell'ONU sulla legittima difesa, come il "gendarme del nuovo ordine mondiale". L’Ordine “Democratico” dei Banchieri Per comprendere quale, puntualmente, si dimostra essere la considerazione che gli americani hanno della legalità e della libertà basta osservarli in una qualsiasi delle loro scorribande. A titolo di esempio riporto la ricostruzione fatta da Noam Chomsky dell'aggressione militare scatenata dall'America di Ronald Reagan contro il Nicaragua: "Il Nicaragua non rispose. Essi non risposero mettendo bombe a Washington. Essi risposero chiamando Washington a difendere il proprio operato davanti al Tribunale internazionale [...] Non ebbero difficoltà a trovare le prove. Il Tribunale le accettò, deliberò in loro favore, [...] condannò ciò che essi avevano denunciato come "uso illegale della forza", che è un altro modo per definire il terrorismo internazionale, [...] intimò agli Stati Uniti di porre fine al crimine e di pagare massicci indennizzi. Gli Stati Uniti, ovviamente, respinsero con sdegno la sentenza della Suprema Corte e annunciarono che da quel momento non ne avrebbero più riconosciuto la giurisdizione. Allora il Nicaragua si rivolse al Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite. Che emise una risoluzione invitante tutti gli Stati a osservare le leggi internazionali. Nessuno fu nominato, ma tutti compresero. Gli Stati Uniti misero il veto alla risoluzione. Ed essi sono oggi l'unico Stato che ha dovuto subire una condanna del Tribunale internazionale e che, al tempo stesso, ha posto il veto su una risoluzione del Consiglio di Sicurezza che esortava gli Stati a osservare le leggi internazionali. Allora il Nicaragua andò oltre e si rivolse all'Assemblea Generale dell'ONU, dove non esiste tecnicamente un meccanismo di veto, ma dove un voto negativo degli Stati Uniti equivale a un veto. E l'Assemblea approvò una risoluzione analoga a quella del Consiglio di Sicurezza con il voto contrario soltanto degli Stati Uniti, di Israele e del Salvador. L'anno successivo si votò di nuovo e questa volta gli Stati Uniti raccolsero soltanto il voto di Israele [...] A quel punto il Nicaragua non poteva fare nient'altro di legale. Aveva tentato tutte le strade. Ma esse non potevano funzionare in un mondo governato dalla forza". È questa la particolare interpretazione che la "grande democrazia americana", quella che si attribuì l'autorità per istruire e dirigere i processi di Norimberga e di Tokyo, ha dei valori di libertà, di legalità e di giustizia. Esattamente come quando proclamano il diritto dei palestinesi di avere un proprio Stato, ma a condizione, non solo che sia uno Stato di tipo democratico, ma anche di poter porre il proprio veto sulla scelta della

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persona che il popolo palestinese vorrà scegliere come capo. In questa strana politica, e strana democrazia, lo spirito "missionario" dei cavalieri a stelle-e-strisce nel "liberare" i popoli del mondo lascia perplessi, almeno quanto lo spessore di quel consenso democratico che consegna al mondo "maggioranze" del 13%. Ma, a chiarire cosa sia il consenso democratico, arriva poi il banchiere Carlo Azeglio Ciampi, nella sua nuova veste di presidente della Repubblica. A chi gli chiedeva spiegazioni sulla legittimità di portare avanti riforme della portata dell'euro e dell'istituzione della BCE, questo mortificatore della democrazia e di ogni cittadino italiano, senza sottoporre le questioni al vaglio di referendum popolari, ha detto: "Si parla a volte di fare un referendum sull'Europa. Ma a me pare che un "referendum di fatto" sia già stato celebrato, il primo gennaio scorso, quando è stato varato l'Euro, e mi chiedo quale consultazione popolare migliore di quella sia possibile". Con una frase breve, lapidaria, e chiarissima, egli ha spiegato che il consenso democratico "migliore" è quello di utilizzare una moneta imposta d'autorità. Nell'epoca del denaro virtuale è probabilmente logico che ci si debba accontentare del consenso virtuale. E probabilmente, proprio questa è la democrazia. Dalla Tirannide delle “LOBBIES” alla Riconquista della Sovranità Nazionale Nell'epoca del denaro virtuale, della "e-money", cioè del soldi che non esistono, ma che possono determinare benessere o povertà per intere popolazioni, ricchezza o rovina per intere categorie, si fa passare per logico che il sistema politico dominante sia quello democratico, dove "sovrano" sia il popolo, ma a patto che a decidere siano solo i banchieri e le loro "lobbies", dove si confondono le alchimie monetarie con i referendum popolari, dove le maggioranze possono essere del 13%, e dove si scambia la libertà con l'obbligo a consumare, la dignità con il possesso di una carta di credito, la patria con un titolo quotato in borsa, e la vita con la storia di un conto corrente. Di fronte ai grandi temi di attualità le uniche risposte sono quelle ispirate dall'interesse dei soliti gruppi finanziari. E nessuno si ribella, perché non c'è più un potere politico rappresentativo e autorevole da cui aspettarsi risposte differenti, autonome, ispirate dall'interesse della collettività. Sul "Corriere della Sera" del 23 gennaio 2002, Giovanni Caprara, affrontando il problema dell'inquinamento, riporta la possibile soluzione indicata dal Nobel Carlo Rubbia: "Per risolvere i problemi bisogna fabbricare veicoli con emissione zero, cioè che non inquinano. E lo strumento ideale è la cella a combustibile a idrogeno. Ne sono già state costruite e dimostrano di funzionare egregiamente. Anche meglio del motore a benzina, per quanto riguarda il rendimento che risulta addirittura tre volte più elevato: 45% la cella, 15% il motore a benzina. [...] In cinque anni l'intero parco dei mezzi pubblici potrebbe essere riconvertito e disponibile. Per le auto private, basterebbe solo qualche anno in più. [...] Bisogna solo decidere politicamente di andare in questa direzione ed esserne tutti consapevoli". Ma è proprio questo il problema. Per "decidere politicamente", nell'interesse della collettività, occorre un potere politico vero e indipendente, un potere che oggi non esiste più, di cui altro non è rimasto se non l'ectoplasma, un'immagine più o meno decorativa ad uso e consumo degli interessi dei soliti signori. Per risolvere i problemi dell'inquinamento è inutile ricercare ciò che è buono per il popolo, anzi per "quel" popolo; sarà più opportuno individuare le soluzioni favorevoli agli interessi dei commercianti di petrolio, degli Agnelli, Ford e &. Ma, in tutta questa vicenda di ordinaria dittatura finanziaria, i numeri hanno un forte peso e i conti si possono anche sbagliare. Anzi, la storia lo dimostra, prima o poi si sbagliano. Vuoi perché l'avidità è spesso più forte della prudenza, vuoi perché le reazioni della psicologia umana spesso non coincidono con la fredda consequenzialità dei calcoli numerici, vuoi perché a forza di sottrarre libertà e sovranità si arriva al punto in cui i popoli si arrabbiano e si ribellano. Ha destato scalpore il successo che in diverse parti del mondo ha ottenuto il

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film "The Bank". Si narra di un personaggio che si vendica dei torti subiti inventando un sistema informatico capace di distruggere la banca che aveva rovinato la sua famiglia. La storia ha il pregio di mettere a nudo i ricatti, le manipolazioni contrattuali e giuridiche, la sete di potere e il cinico controllo delle vite umane messi in atto dagli istituti che maneggiano il denaro. Alle battute finali del protagonista, "la banca non c'è più" e "odio le banche", nelle sale cinematografiche esplodono ovazioni da stadio. In Argentina, nelle riunioni familiari, un nuovo gioco da tavolo ha soppiantato la tradizionale Tombola e il Monopoli: si chiama "Debito eterno". Sulla scatola si legge: "Chi è capace di sconfiggere il Fondo Monetario?". Forse, gli esseri umani stanno cominciando a comprendere chi sono i veri nemici, e stanno cominciando ad odiarli. Non si tratta di esseri esterni alla loro coscienza. Si tratta di un demone che abbiamo tutti dentro, che già Gesù di Nazaret chiamava Mammona, il dio denaro. Il giro di boa che condurrà al crollo della dittatura monetaria e alla riconquista delle sovranità nazionali è probabilmente molto più vicino di quello che, di fronte alla potenza planetaria delle "lobbies" finanziarie, si sarebbe indotti a credere. Si preparano tempi duri, durissimi, simili a quelli vissuti e che stanno ancora vivendo gli argentini. Sarà un passaggio traumatico, dolorosamente traumatico, dato che tutte le risorse sono ormai nelle mani di quei signori manipolatori di capitali, e che gran parte delle nostre qualità lavorative sono state travolte: il villaggio globale ha distrutto l'artefice del prodotto finito, e lo ha sostituito con l'operaio costretto a costruire un bullone, un ingranaggio o solamente ad assemblare, e con l'impiegato o il fattorino capace solo di consegnare ciò che le multinazionali hanno commercializzato. Dovremo reimparare ciò che ci hanno fatto dimenticare. Dovremo trovare il coraggio di intraprendere strade nuove, soluzioni originali. Dovremo sbarazzarci della moneta-truffa dei banchieri, e di tutti i loro ricatti, e fondare finalmente una moneta vera, quella del popolo. Scrive Bruno Tarquini: "Siamo seduti su una polveriera" ha annunciato, dall'alto della sua competenza, l'economista Paolo Savona; e non può certamente sostenersi che non ci si renda conto, già da oggi, di quali potrebbero essere gli effetti di una sua eventuale esplosione. L'emissione della "moneta del popolo", già utile nell'attuale situazione per contrastare la rarità monetaria, arbitrariamente scelta dalle autorità finanziarie per la soddisfazione della loro sete di dominio, in caso di crisi sarebbe anche decisamente necessaria". I popoli, vere vittime della tirannide delle "lobbies", sapranno riconquistarsi, pezzo per pezzo, tutta la sovranità che è stata loro sottratta. Quando il cloroformio del benessere consumista si sarà esaurito, quando il bailame di gadget, telefonini, computers sarà andato in tilt, quando il "luna park" di supermercati e centri commerciali sarà rimasto senza prodotti, i popoli necessariamente dovranno riscoprirsi, rifondarsi, tornare ad esistere con la propria specifica identità e la propria cultura. Questo sistema consumista, monetario e di "libero" mercato è un sistema entropico: un sistema destinato, prima o poi, a spegnersi, perché si basa sul continuo aumento dei consumi, quindi della produzione, quindi dello sfruttamento delle risorse, aumento che non può essere infinito, perché, giunti al punto in cui la disponibilità dei beni sarà inferiore alla quota d'incremento necessaria al perpetuarsi del sistema consumistico, si giungerà all'implosione economica. Sarà un momento durissimo. Ho ascoltato recentemente da un'anziana montanara il racconto dei tempi, non poi così lontani, in cui nelle nostre valli mancava tutto quello che oggi c'è. Si mangiava polenta, latte, castagne, formaggio, cotenne e qualche raro insaccato. Ma non tutto ciò era disponibile sempre; un giorno si mangiava questo, l'altro quello; la povertà era grande. Spesso, tra gli abitanti del villaggio, ci si riuniva e, allora, le cose andavano meglio perché c'era chi portava cotenne, chi cipolle, chi polenta, chi un salame, chi una ciotola di latte. "La miseria ci teneva uniti, e ci ha consentito di superare anche gli inverni peggiori", fu la conclusione del racconto. I popoli hanno dimostrato già in

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molte occasioni di saper superare prove tremende, sviluppando una forza e una capacità solidale oggi insospettabili. Anzi, le loro qualità migliori le hanno espresse nei periodi più duri, e in quelli della ricostruzione, qualità che i signori delle banche internazionali non sospettano nemmeno e sicuramente non hanno preventivato. I popoli europei, oggi ridotti a bracciantato per i servizi necessari allo sviluppo della nuova economia, quella della globalizzazione o del mondialismo, e delle multinazionali, sapranno ritrovare le proprie caratteristiche produttive e creatrici. Non resteranno, storditi, affamati, accampati accanto agli aeroporti, ad attendere l'arrivo degli "aiuti umanitari", come avviene in molti paesi del terzo mondo. I popoli europei non accetteranno i nuovi ricatti di qualche nuova banca internazionale e sapranno ritrovare la sopita passione per la libertà e l'indipendenza. La lotta per la libertà è una costante nella storia degli uomini. La lotta dei popoli per la libertà e per la sovranità sarà il tema dominante della storia di domani. Bibliografia Nereo Villa, "Il cielo di tutti" Ed. Ricerca '90, Napoli 2004. Nereo Villa, "Astrologia, numerologia e triarticolazione sociale" Ed. Ricerca '90, Napoli, 2003. Bairoch Paul, Economia e storia mondiale, Garzanti, 1998. Blondet Maurizio, No Global, Ed. Ares, 2002. Chiesa Giulietto, La guerra infinita, Feltrinelli, 2002. Consoli Mario, Contro il dio denaro, l'Uomo libero n. 48, 1999. Coogan Gertrude H., I creatori di moneta, Edizioni di Ar, 1998. Fini Massimo, Il denaro "sterco del demonio", Marsilio, 1998. Giannola Adriano (a cura di), Grandi banche in Europa, Guida Editori, 1990. Gozzoli Sergio, Sulla pelle dei popoli, l'Uomo libero n. 27, 1998. Nussbaum Arthur, Storia del dollaro, Sansoni, 1961. Panicali Anna (a cura di), Bottai: il fascismo come rivoluzione del capitale, Cappelli, 1978. Papadia Francesco-Santini Carlo, La banca Centrale Europea, Il Mulino, 1999. Pifferi Marco-Porta Angelo, La banca Centrale Europea, EGEA, 2001. Polsi Alessandro, Stato e banca Centrale in Italia, Laterza, 2001. Pound Ezra, Sulla moneta, Edizioni di Ar, 1977. Pound Ezra, L'ABC dell'economia, Boringhieri, 1994. Saccomanni Fabrizio, Tigri globali, domatori nazionali, Il Mulino, 2002. Santoro Giuseppe, Banchieri e camerieri, Società Editrice Barbarossa, 1999. Tarquini Bruno, La banca, la moneta e l'usura, Controcorrente, 2001. AA.VV., L'antibancor, Edizioni di Ar, settembre 1992. AA.VV., L'antibancor, Edizioni di Ar, settembre 1993. AA.VV., L'antibancor, Edizioni di Ar, settembre 1995. Siti: Nereo Villa in "Afimo, *A*bbaco *Fi*losofico della *Mo*neta" (http://digilander.libero.it/afimo/), "Antroposofia e futuro" (http://digilander.libero.it/antroposofiaefuturo/) "Prigioniero politico" (http://digilander.libero.it/prigionieropolitico/) "Psicoastrologia sociale" (http://digilander.libero.it/psicoastrologia/), "Nereo Villa Opere" (http://digilander.libero.it/VNereo/). Mario Consoli in "Ma quale democrazia?" da "l'Uomo libero", a cura di Benedetto Brugia (http://www.paginadelleidee.net/7_politica/politica28.htm).

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La parentesi monetaria di Kennedy (tradotto dall'inglese da Marco Saba) (President Kennedy, the Federal Reserve and Executive Order 11110 - by Cedric X) tratto da "The Final Call" - vol. 15, n° 6, 17/01/1996 (USA) - http://www.john-f-kennedy.net/ Il fatto Il 4 giugno 1963, venne fatto un piccolo tentativo per togliere alla Federal Reserve Bank il suo potere di affittare la moneta al governo facendosi pagare un interesse. In quel giorno, il presidente John Fitzgerald Kennedy (1) firmò l'ordine esecutivo numero 11110 che ripristinava al governo USA il potere di emettere moneta senza passare attraverso la Federal Reserve. L'ordine di Kennedy dava al Ministero del Tesoro il potere "di emettere certificati sull'argento contro qualsiasi riserva d'argento, argento o dollari d'argento normali che erano nel Tesoro". Questo voleva dire che per ogni oncia di argento nella cassaforte del Tesoro, il governo poteva mettere in circolazione nuova moneta. In tutto, Kennedy mise in circolazione banconote per 4,3 miliardi di dollari. Le conseguenze di questa legge furono enormi. Con un colpo di penna, Kennedy stava per mettere fuori gioco la Federal Reserve Bank di New York. Se fosse entrata in circolazione una quantità sufficiente di questi certificati basati sull'argento, questa avrebbe eliminato la domanda di banconote della Federal Reserve.

Una delle banconote emesse da Kennedy nel 1963 con la scritta (in alto): "United States Note", invece dell'attuale "Federal Reserve Note". Questo sarebbe accaduto perché il certificati argentiferi sono garantiti da argento mentre le banconote della Federal Reserve non sono garantite da niente. L'ordine esecutivo 11110 avrebbe impedito al debito pubblico di raggiungere il livello attuale, poiché avrebbe dato al Governo la possibilità di ripagare il suo debito senza utilizzare la Federal Reserve e senza essere gravato dall'interesse richiesto per la creazione di nuova moneta. L'ordine esecutivo 11110 dava agli USA la possibilità di crearsi la propria moneta garantita da argento. Dopo che Kennedy fu assassinato, dopo appena cinque mesi, non vennero più emessi certificati garantiti da argento. "Final Call" è a conoscenza del fatto che l'ordine esecutivo non venne mai cancellato da nessun presidente attraverso un altro ordine esecutivo, quindi è ancora valido. Perché allora nessun presidente successivo l'ha mai usato? Virtualmente, tutti i seimila miliardi di dollari di debito sono stati creati a partire dal 1963. Se un presidente statunitense avesse utilizzato l'ordine esecutivo numero

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11110, il debito non sarebbe assolutamente ai livelli correnti. Forse l'assassinio di JFK fu un avvertimento ai futuri presidenti che avessero pensato di estinguere il debito eliminando il controllo che la Federal Reserve esercita sull'emissione monetaria. Kennedy aveva sfidato il governo monetario attaccando i due sistemi che sono sempre stati usati per aumentare il debito: la guerra e la creazione della moneta da parte di una banca centrale privata. I suoi sforzi per far uscire dal Vietnam le truppe americane entro il 1965 e l'Ordine Esecutivo 11110 avrebbero seriamente sminuito i profitti ed il controllo esercitato dal sistema bancario di New York. Mentre il debito americano raggiunge livelli incredibili e sta emergendo un conflitto in Bosnia che aumenterà ulteriormente il debito americano, uno deve chiedersi: avrà Clinton il coraggio di prendere in considerazione l'utilizzo dell'ordine esecutivo 11110 e, se così fosse, vorrà pagarne le conseguenze? Ordine Esecutivo 11110 EMENDAMENTO DELL'ORDINE ESECUTIVO N. 10289 MODIFICA RELATIVA ALL'APPLICAZIONE DI CERTE FUNZIONI CHE RIGUARDANO IL MINISTERO DEL TESORO In virtù dell'autorità affidatami dalla sezione 301 del Titolo 3 del Codice degli Stati Uniti, viene ordinato quanto segue: La Sezione 1 dell'Ordine Esecutivo n. 10289 del 19 settembre 1951, come modificata, viene qui ulteriormente modificata - Aggiungendo alla fine del paragrafo 1 di cui sopra il seguente sottoparagrafo (j): (j) L'autorità di cui è investito il Presidente dal paragrafo (b) della sezione 43 della Legge del 12 maggio 1933, come modificata (31 U.S.C. 821(b)), di emettere certificati argentiferi contro qualsiasi deposito d'argento, argento o normali dollari d'argento nel Tesoro non legati alla restituzione di qualsiasi certificato argentifero preesistente, di prescrivere la denominazione di questi certificati argentiferi e di emettere normali monete d'argento e valuta sussidiaria redimibile in argento e Revocando i sottoparagrafi (b) e (c) del paragrafo 2 predetto. Sez. 2 I cambiamenti effettuati da questo Ordine non devono influenzare qualsiasi atto effettuato o qualsiasi diritto acquisito o qualsiasi causa o processo in atto o iniziato in qualsiasi causa penale o civile prima della data di quest'Ordine ma tutte queste responsabilità continueranno e verranno esatte come se il detto emendamento non fosse stato effettuato. John F. Kennedy, Casa Bianca, 4 giugno 1963. Versione originale: Executive Order 11110 AMENDMENT OF EXECUTIVE ORDER NO. 10289 AS AMENDED, RELATING TO THE PERFORMANCE OF CERTAIN FUNCTIONS AFFECTING THE DEPARTMENT OF THE TREASURY By virtue of the authority vested in me by section 301 of title 3 of the United States Code, it is ordered as follows: Section 1. Executive Order No. 10289 of September 19, 1951, as amended, is hereby further amended - By adding at the end of paragraph 1 thereof the following subparagraph (j): (j) The authority vested in the President by paragraph (b) of section 43 of the Act of May 12,1933, as amended (31 U.S.C.821(b)), to issue silver certificates against any

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silver bullion, silver, or standard silver dollars in the Treasury not then held for redemption of any outstanding silver certificates, to prescribe the denomination of such silver certificates, and to coin standard silver dollars and subsidiary silver currency for their redemption and By revoking subparagraphs (b) and (c) of paragraph 2 thereof. Sec. 2. The amendments made by this Order shall not affect any act done, or any right accruing or accrued or any suit or proceeding had or commenced in any civil or criminal cause prior to the date of this Order but all such liabilities shall continue and may be enforced as if said amendments had not been made. John F. Kennedy The White House, June 4, 1963. Naturalmente il fatto che sia JFK che Lincoln abbiano incontrato lo stesso destino è una pura coincidenza. (NdT: a causa della questione monetaria, vennero assassinati sette presidenti statunitensi: quattro con armi da fuoco e tre per avvelenamento) Politica monetaria di Abramo Lincoln, 1865 (pagina 91 del documento del Senato n. 23):

La moneta è la creatura della legge e la creazione dell'emissione originaria della moneta deve essere mantenuta quale esclusivo monopolio del governo nazionale. La moneta non possiede un altro valore relativamente allo Stato tranne quello che le è dato dalla sua circolazione. Il capitale ha un suo posto preciso ed è coperto da ogni protezione. Le spese degli uomini devono essere riconosciute, nella struttura ed all'interno dell'ordine sociale, quali più importanti delle spese relative alla moneta. Nessun dovere è più imperativo per il Governo di quello che ha nei confronti della popolazione di fornirla con una valuta solida ed uniforme, e di regolare la circolazione del mezzo di scambio in modo che il lavoro sia protetto contro una valuta viziata ed il commercio sia facilitato da scambi sicuri ed economici. La quantità disponibile di oro ed argento essendo completamente inadeguata nel permettere l'emissione di monete dal valore intrinseco o cartamoneta convertibile in monete nel volume richiesto per soddisfare le necessità del popolo, rende necessario lo sviluppo di una altra base per l'emissione di valuta. Deve essere sviluppato qualche altro mezzo oltre a quello della convertibilità in monete metalliche per prevenire una inadeguata fluttuazione del valore della cartamoneta o di qualsiasi altro sostituto per la moneta di valore intrinseco che potrebbe venire in uso. Le necessità monetarie di un crescente numero di persone che avanza verso più alti standard di vita, debbono e possono trovare riscontro nel governo. Queste necessità possono essere soddisfatte dalla Valuta Nazionale e dal Credito attraverso la messa in opera di un sistema bancario Nazionale. La circolazione di un mezzo di scambio emesso e garantito dal Governo può essere propriamente indirizzato e si può eliminare la ridondanza di emissioni attraverso la raccolta dalla circolazione quell'ammontare che si renda necessario, attraverso la Tassazione, il rideposito ed altrimenti. Il Governo ha il potere di regolare la valuta ed il credito della Nazione. Il Governo deve appoggiare la sua valuta, il credito ed i depositi bancari della Nazione. Nessun individuo deve patire perdite di moneta attraverso una valuta deprezzata o gonfiata o a causa di bancarotta bancaria. Il Governo che possiede il potere di creare ed emettere valuta e credito come moneta e che gode del diritto di prelevare sia la valuta che il credito dalla circolazione attraverso la tassazione ed in altro modo, non ha necessità né deve prendere a prestito capitale pagando interessi come mezzo per finanziare lavori governativi ed imprese pubbliche. Il Governo deve creare, emettere e far circolare tutta la valuta ed il credito necessari per soddisfare il potere di spesa del Governo ed il potere d'acquisto dei consumatori. Il privilegio di creare ed emettere moneta non è solamente una

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prerogativa suprema del Governo, ma rappresenta anche la maggiore opportunità creativa del Governo stesso. Con l'adozione di questi principi, sarà soddisfatto il desiderio, da lungo tempo sentito, di una moneta uniforme. Il contribuente risparmierà immense somme di interessi, sconti e cambi. Il finanziamento di tutta la pubblica impresa, il mantenimento di Governi stabili e di un progresso ordinato, nonché la condotta del Tesoro, diventeranno materia di ordinaria amministrazione. Il popolo può e sarà fornito di una valuta sicura tanto quanto il proprio Governo. La moneta cesserà di essere la padrona e diventerà la serva dell'umanità. La democrazia diventerà superiore al potere dei soldi. Qualche informazione sulla Federal Reserve La Federal Reserve è una corporazione privata. Una delle preoccupazioni più comuni, tra la gente che si occupa attivamente di ridurre le tasse, è: "Se trattengo i miei soldi, impedirò al Governo di pagare i suoi conti?" Come è stato spiegato nel primo articolo di questa serie, la moderna tassa sul reddito non è stata fatta né pensata per pagare i servizi offerti dal governo. Il suo scopo è di pagare per il sistema privato della Federal Reserve. Nel dizionario "Black Law" si definisce la Federal Reserve come "una rete di dodici banche centrali cui appartiene la maggior parte delle banche e della quale le banche con statuto statale possono essere proprietarie. Le regole societarie impongono un investimento in azioni e delle minime riserve". Sono banche private quelle che possiedono le azioni della Federal Reserve. Questo venne spiegato nel dettaglio nel processo "Levis contro Stati Uniti" (seconda serie del Federal Reporter, volume 680, pagine 1239, 1341 (1982)), dove la corte disse: "Ogni "Federal Reserve Bank" è una società separata posseduta da banche commerciali della sua regione. Le banche socie eleggono i due terzi del consiglio di amministrazione composto da nove membri di ciascuna banca". Similmente, le banche "Federal Reserve", nonostante siano pesantemente regolate, sono controllate localmente dalle banche socie. Dando un altro sguardo al dizionario "Black Law", troviamo che queste banche privatamente possedute, emettono moneta: "Federal Reserve Act: legge che creò le banche della Federal Reserve che agiscono come agenti nel mantenere riserve monetarie, nell'emettere moneta sotto forma di banconote, nel prestare moneta alle banche e nella supervisione delle banche. Amministrata dal consiglio d'amministrazione della Federal Reserve (Federal Reserve Board)". Le banche della FED, che sono private, emettono, ovvero creano, la moneta che usiamo. Nel 1964, la Commissione Camerale sulla Pratica Bancaria e la Valuta, il sottocomitato sulla Finanza Interna, nella seconda sessione dell'88esimo Congresso, pubblicò uno studio intitolato "Fatti sulla Moneta", che spiegava bene che cosa è la FED: "La Federal Reserve è una macchinetta che crea moneta. Può emettere moneta o assegni. Non ha il problema di coprire gli assegni perché può ottenere le banconote da 5 e 10 dollari, necessarie per coprirli, semplicemente chiedendo all'ufficio del conio del Ministero del Tesoro di stamparle". Come tutti sappiamo, chiunque abbia un sacco di soldi ha molto potere. Immaginatevi un gruppo di persone che hanno il potere di creare soldi. Immaginatevi che potere questi possono avere. Questo è quello che è la FED. Nessun uomo denunciò maggiormente il potere della FED quanto Louis T. McFadden, il presidente della Commissione Camerale Bancaria negli anni '30. Egli costantemente precisava che le questioni sull'emissione monetaria non dovevano essere partigiane, e criticava le amministrazioni sia di Herbert Hoover che di Franklin Roosevelt. Descrivendo la FED, nel 10 giugno 1932 (Verbale del Congresso, Camera, pagine 1295 e 1296), affermava: "Signor Presidente, in questo paese abbiamo una delle istituzioni più corrotte che il mondo abbia mai conosciuto. Mi riferisco al consiglio d'amministrazione della Federal Reserve ed alle banche Federal Reserve. Il cda della Federal Reserve, un cda di

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governo, ha fregato al Governo degli Stati Uniti ed al popolo statunitense abbastanza soldi per estinguere il debito pubblico. Le predazioni ed ingiustizie del cda della Federal Reserve e delle banche Federal Reserve, agendo assieme, sono costate a questo paese abbastanza soldi per ripagare numerose volte il debito nazionale. Questa maligna istituzione ha impoverito e rovinato il popolo degli Stati Uniti, è andata in bancarotta ed ha portato alla bancarotta il Governo. Ha ottenuto questo attraverso la cattiva amministrazione della legge che autorizzava il cda della Federal Reserve ed attraverso le combriccole corrotte che la controllano. Qualcuno pensa che le banche Federal Reserve siano istituzioni degli Stati Uniti. Non sono istituzioni statunitensi. Sono monopoli di credito privati che si basano sul popolo statunitense per beneficiare se stessi ed i loro clienti stranieri, gli speculatori e predatori interni e stranieri, e i ricchi predatori usurai. In questa oscura cricca di pirati finanziari ci sono quelli che taglierebbero la gola di chiunque per sottrargli un dollaro dalle tasche, vi sono quelli che mandano soldi negli stati per comprare i voti per controllare la nostra legislazione, e ci sono quelli che mantengono una propaganda internazionale allo scopo di ingannarci e di spingerci a fornire nuove concessioni che permetteranno loro di insabbiare le loro malefatte precedenti e di rimettere in moto il loro gigantesco treno criminale. Questi 12 monopoli privati vennero slealmente ed ingannevolmente imposti a questo paese da banchieri che vennero dall'Europa e che hanno ripagato la nostra ospitalità minando alla base le nostre istituzioni americane". La FED in pratica funziona così: il Governo ha garantito il potere di emettere moneta alle banche della FED. Queste creano moneta, poi la prestano al governo caricando gli interessi. Il governo preleva la tassa sul reddito per pagare gli interessi sul debito. Su questo punto è interessante notare che sia il "Federal Reserve Act" che il sedicesimo emendamento, che dava al Congresso il potere di raccogliere la tassa sul reddito, vennero promulgati assieme nel 1913. L'incredibile potere che la FED ha sull'economia viene universalmente riconosciuto. Alcune persone, specialmente nell'ambiente bancario ed accademico, addirittura lo appoggiano. Tuttavia vi sono quanti, sia in passato che oggi, lo denunciano. Uno di questi uomini era il presidente Kennedy. I suoi sforzi vennero elencati in dettaglio nel libro "Crossfire" di Jim Marrs, del 1990:"Un altro aspetto tralasciato del tentativo di Kennedy di riformare la società americana riguarda la moneta. Plausibilmente Kennedy riteneva che, ritornando alla Costituzione, la quale afferma che solamente il Congresso può coniare e regolare la moneta, il crescente debito nazionale poteva essere ridotto smettendo di pagare interessi ai banchieri del sistema della Federal Reserve, che stampava cartamoneta e la prestava al governo contro interessi. Egli si mosse in questo campo il 4 giugno 1963, firmando l'Ordine Esecutivo 11110 che chiedeva l'emissione di 4.292.893.815 dollari in banconote statunitensi attraverso il Tesoro anziché usando il tradizionale sistema della Federal Reserve. Quello stesso giorno, Kennedy firmò una legge che cambiava la garanzia dei biglietti da 1 e 2 dollari - da argento in oro - aggiungendo forza all'indebolita valuta statunitense. Il "Comptroller of the currency" di Kennedy, James J. Saxon, venne in contrasto con gli organi della Federal Reserve per qualche tempo, incoraggiando poteri di maggior investimento e di credito per le banche che non erano parte della FED. Saxon aveva anche stabilito che queste banche potessero sottoscrivere titoli statali e locali, indebolendo così maggiormente le banche della dominante FED. Venne emessa una serie di banconote-Kennedy - l'autore possiede tutt'oggi uno di questi biglietti da cinque dollari con l'intestazione "United States Note" - ma vennero presto ritirate dalla circolazione dopo la morte di Kennedy. Secondo informazioni reperibili nella libreria del Comptroller of the Currency, la legge 11110 è ancor oggi in corso di validità legale, anche se le amministrazioni successive, ad iniziare con quella del presidente

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Lyndon Johnson, l'hanno - apparentemente - semplicemente ignorata tornando alla pratica di pagare interessi sulle banconote della FED. Oggi continuiamo ad usare banconote della Federal Reserve, ed il deficit ha raggiunto il suo massimo storico. Il fatto è che le tasse sul reddito che state pagando (IRS) non vengono usate per servizi governativi. Non vi sarebbero danni per voi, o per la nazione, se si riducesse legalmente o si eliminasse questo tipo di tassa. (1) Kennedy, John Fitzgerald (Brookline 29/5/1917 - Dallas 22/11/1963). Politico statunitense. Figlio di Joseph (Boston 6/9/1888 - Hyannis Port 18/11/1969), senatore e finanziere, ambasciatore a Londra (1937-40), fu deputato del Partito democratico dal 1946 e senatore dal 1952, promosse una serie di iniziative che gli procurarono una vasta popolarità. Candidato democratico alle elezioni presidenziali del 1960, sconfisse R. Nixon, divenendo il 35° presidente, il più giovane della storia e il primo cattolico. Intraprese un vasto programma di riforme, valendosi della consulenza di numerosi intellettuali progressisti: lanciò il progetto della "Nuova frontiera" contro la povertà e si impegnò per i diritti civili delle minoranze etniche, ma fu ostacolato dall'opposizione congressuale che in molti casi impedì le riforme. In politica estera, dopo aver appoggiato il tentativo di invasione di Cuba (1961), i principali sforzi furono indirizzati verso un programma di aiuti ai paesi dell’America latina ("Alleanza per il progresso", 1961) e verso la ricerca della distensione con l’URSS; in questo ambito, pur non riuscendo a trovare soluzioni concordate per la città di Berlino, dopo la crisi determinata dall'installazione di missili sovietici a Cuba (10/1962), giunse a un accordo per una moratoria degli esperimenti nucleari (7/1963). Preludio alla futura guerra fu l’invio di truppe nel Vietnam del sud, come sostegno al governo nella repressione della guerriglia. Fu assassinato nel corso di un viaggio nel Texas, in circostanze mai chiarite. Il fratello Robert Francis (Brookline 20/11/1925 - Los Angeles 6/6/1968), fu ministro della giustizia durante la presidenza di John. Senatore dal 1965, accentuò il suo impegno nel campo dei diritti civili e contro la guerra in Vietnam. Venne assassinato durante la campagna per le elezioni presidenziali del 1968. La confessione del banchiere americano (di Maurizio Blondet)

Che un banchiere intitoli le sue memorie “Confessioni di un sicario dell’economia” è già clamoroso. Ma ciò che il banchiere John Perkins rivela nel suo libro, “Confessions of an economic hit man” (1) è spaventoso: racconta di essere stato arruolato dal governo Usa allo scopo di risucchiare a favore degli Stati Uniti le ricchezze di paesi poveri, e ciò “attraverso manipolazioni economiche, tradimenti, frodi”, attentati e guerre. Le rivelazioni di Perkins gettano una luce del tutto nuova anche sulle motivazioni dell’invasione dell’Irak. John Perkins dice di essere stato reclutato quando era ancora studente, negli anni ’60, dalla National Security Agency (NSA), l’entità più segreta degli Stati Uniti, e poi inserito dalla stessa NSA in una ditta finanziaria privata. Lo scopo: “Per non coinvolgere il governo nel caso venissimo colti sul fatto”. Quale fatto? Abbastanza semplice. Come capo economista della ditta privata Chas. T. Main di Boston con 2 mila impiegati, Perkins decideva la concessione di prestiti ad altri paesi. Prestiti che dovevano essere “molto più grossi di quel che quei paesi potessero mai ripianare: per esempio un miliardo di dollari a stati come l’Indonesia e l’Ecuador”. La condizione connessa con il prestito era che in massima parte venisse usato per contratti con grandi imprese americane di costruzioni e infrastrutture, come la Halliburton e la Bechtel (strutture petrolifere). Queste ditte costruivano dunque reti elettriche, porti e strade nel paese indebitato; il denaro prestato tornava dunque in Usa, e finiva nelle tasche delle classi privilegiate locali, che partecipavano all’impresa. Al paese, e ai suoi poveri, restava lo schiacciante servizio

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del debito, il ripagamento delle quote di capitale più gli interessi. L’Ecuador, dice Perkins, è oggi costretto a destinare oltre metà del suo prodotto lordo – cioè di tutta la ricchezza che produce – per il servizio dei debiti contratti con gli Usa. Ma questo è solo il primo passo. Gli Usa, indebitando quei paesi, vogliono in realtà “renderli loro schiavi”, dice Perkins. All’Ecuador, non più in grado di ripagare, Washington chiede di cedere parti della foresta amazzonica ecuadoriana per farla sfruttare da imprese americane. E’ questa la logica imperiale. Tra i massimi successi dei “sicari economici”, Perkins rievoca l’accordo riservato fra gli Usa e la monarchia saudita ai tempi della prima crisi petrolifera negli anni ’70. Per gli Stati Uniti, era necessario tramutare il rincaro del greggio da sciagura a opportunità. La famiglia dei Saud, del resto, affogava nei petrodollari: le fu proposto di investirli in titoli Usa e in grandi opere. La Bechtel (chi scrive fu in Arabia all’epoca e può testimoniarlo) ricoprì il reame desertico di nuove città e di impianti di raffinazione per lo più inutili; la famiglia Saud accettò di mantenere il greggio entro limiti di prezzo desiderabili per gli Usa, in cambio dell’assicurazione americana che Washington avrebbe sostenuto il loro potere per sempre. “E’ questo il motivo primo della prima guerra all’Irak”, dice Perkins, e dell’intreccio privilegiato di affari e finanza tra i sauditi e i Bush. Secondo Perkins, gli Usa cercarono di ripetere l’accordo con Saddam Hussein, “ma lui non c’è stato”. Da qui la sua rovina. Perché, dice Perkins, “quando noi sicari economici falliamo il bersaglio, entrano in gioco gli sciacalli. Sono gli uomini della Cia, che cercano di fomentare un golpe; se nemmeno questo funziona, ricorrono all’assassinio. Ma nel caso dell’Irak, gli sciacalli non sono riusciti ad arrivare a Saddam: lui aveva delle controfigure, la sua guardia era troppo attenta. Perciò si è decisa la terza soluzione: la guerra”. Perkins ha conosciuto personalmente Omar Torrijos, il generale e dittatore di Panama degli anni ’70, morto in un incidente aereo nel ’78. Torrijos fu ucciso, spiega Perkins, perché aveva stilato un accordo coi giapponesi per la costruzione di un secondo canale di panama, ed aveva ottenuto dall’Onu nel 1973 una risoluzione che obbligava gli Usa a restituire alla sovranità panamense il vecchio Canale. Le multinazionali americane “erano estremamente arrabbiate con Torrijos”. Per questo scopo, quando Reagan divenne presidente, gli furono fatti scegliere come ministri due alti funzionari della Bechtel, Caspar Weinberger alla Difesa e George Schultz – il che rivela molto sul ripugnante potere degli affari nella politica Usa – per costringere Torrijos con le minacce a rompere i negoziati coi giapponesi (che stavano soffiando alla Bechtel l’affare del secolo) e di rinnovare il trattato del Canale di panama, riconsegnandolo agli americani. Torrijos rimase sulle sue posizioni: furono mandati in azione gli “sciacalli”. L’aereo di Torrijos, dice Perkins, cadde per un magnetofono che era stato riempito di esplosivo. La stessa fine di Enrico Mattei. Conclude Perkins: il denaro che gli Usa adoperano per indebitare i paesi poveri non è neppure denaro americano. Sono la Banca Mondiale e il Fondo Monetario a fornirlo, e a fornire ai poveri la corda per impiccarsi. (1) “Hit man” è il sicario prezzolato, il bastonatore assoldato dalla Mafia e dalle ditte americane per picchiare gli scioperanti. Il libro è acquistabile su Amazon. Pare essere auto-edito da Perkins.

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Il Denaro sterco del demonio (da Comunicato Andromeda n.71/1999)

(storia di un’affascinante scommessa sul nulla)* Da utile mezzo è diventato fine, da servo si è fatto padrone, crediamo di maneggiarlo ed invece ci manipola, crediamo di usarlo ed invece ci usa, crediamo di muoverlo ed invece ci fa muovere, anzi trottare, crediamo di possederlo ed invece ci possiede. Inoltre, considerato globalmente, il denaro ha raggiunto un tale stratosferico volume e lo abbiamo caricato di tali aspettative che, prima o poi, gonfiato a dimensioni oniriche, imploderà con conseguenze devastanti. I teologi, cristiani e mussulmani, sono sempre rimasti impressionati dalla capacità di possessione del denaro e dalle devastazioni che può compiere nell'animo umano. Più laicamente i marxisti più ortodossi l'hanno dannato perché sarebbe 'lo strumento per appropriarsi del lavoro altrui'. Gli psicoanalisti lo apparentano allo sterco, per il piacere che se ne trae sia nell'espellerlo che nel ritenerlo. Ma se è sterco è uno sterco molto speciale, trascendente e metafisico: è, per dirla con Lutero, lo sterco del Demonio. Che cos’è il denaro Tradizionalmente le funzioni del denaro sono quattro:

1. Misura del valore; 2. Intermediario nello scambio; 3. Mezzo di pagamento; 4. Deposito di ricchezza.

Niente da dire sulle prime tre. Ma togliamoci dalla testa che il denaro sia ricchezza o che la rappresenti (nel 1600 gli spagnoli ricchi dell'oro e argento rapinato agli indios si ritrovarono più poveri di prima, e nel 1929 le ricchezze in denaro divennero carta straccia). Il valore di una mucca invece, per quanto possa variare, non può essere ridotto a zero, ci ricaverò sempre del latte o, alla mala parata, ne farò bistecche. Io posso essere certamente disposto a scambiare la mia mucca per denaro, ma non cambierei mai tutti i beni del mondo con tutto il denaro del mondo. Perché non saprei cosa farmene. Il denaro non aumenta di nulla la ricchezza del mondo, perché può acquistare unicamente ciò che c'è già, può trasferire solo la titolarità della proprietà delle cose. Può spostare ricchezza, non è esso stesso ricchezza.. Il denaro raggiunge la sua perfezione e la sua purezza quanto più si smaterializza, perché il denaro in quanto tale non esiste in natura: è un'astrazione. Infatti in qualsiasi forma si presenti (moneta-merce, oro, monete metalliche, cartamoneta, banconote, azioni, obbligazioni, registrazioni in conto corrente, impulsi elettronici, tacca con cui il barista segna che gli devo un caffè) il denaro è una promessa. Funziona da intermediario nello scambio non perché è un valore materiale ma in quanto è una promessa. Altrimenti si tratterebbe di un baratto, di un semplice scambio di cosa contro cosa. Chi detiene il denaro è in possesso di una promessa che qualcuno, per il momento indefinito, farà qualchecosa per lui (gli fornirà una merce, un servizio, eccetera). La moneta invece è il segno dell'esistenza di questa promessa. Se il denaro è una promessa la moneta è una convenzione4 con la quale si concorda che un determinato oggetto funziona come garanzia di tale promessa, come titolo di credito. Infatti il denaro, quale che sia la sua forma, è sempre un credito. la promessa (cioè il denaro, oltre a essere di per sé aleatoria, non regge all'infinito. È un fatto che i debiti, alla lunga, non sono pagati. Se così non fosse, qualunque piccolo gruzzolo, depositato in banca, nel giro di qualche decennio diventerebbe, con gli interessi composti, enorme. Invece, nel giro di qualche decennio, e anche molto prima, quel gruzzolo scompare. Ma poiché il denaro non esiste, è un credo, una fede, un'illusione, può sparire anche di colpo o in pochissimi giorni. Sismondi (3) fa un divertente elenco

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di casi, a lui vicini nel tempo, in cui il denaro si volatilizzò: l'antica Banca di Copenaghen fu costretta a sospendere i pagamenti nel 1745; rifondata nel 1791 collassò nuovamente nel 1831; la Banca di Vienna sospese i pagamenti nel 1797; e la Banca di Stoccolma, la prima Banca centrale comparsa al mondo, nel 1762 pagava soltanto 1/96 dei suoi debiti originari. Più recentemente si possono ricordare la grande inflazione che colpì gli Stati Uniti dopo la guerra di secessione (al Sud la moneta perse il 98,4% del suo valore) e quella, ancor più devastante, di Weimar che in pochi mesi cancellò l'intero risparmio tedesco, o il crollo di Wall Street del '29. Ripetiamo: È un fatto che i debiti, alla lunga, non sono pagati. La promessa non viene mantenuta. Il denaro scotta quindi fra le mani e bisogna liberarsene prima che cominci a bruciare le dita. Come il famoso cerino acceso. L'abilità consiste, come nel gioco, nel tenere il cerino in mano fino all'ultimo momento. Per questo gli imprenditori e i finanzieri, che sono gli individui che meglio hanno capito la funzione del denaro, lo fanno girare vorticosamente, cambiandogli di continuo impiego e trattenendo solo quel minimo di liquidità che è loro indispensabile, pronti a disfarsene del tutto. Il gran gioco del denaro è tutto qui: far ricadere, al momento opportuno, la sua inesistenza sui troppo creduloni. Il modo più ragionevole di usare il denaro è quindi disfarsene. E anche piuttosto in fretta. Chi vende infatti per denaro è, in teoria, un fesso (1). Perché cede qualcosa che c'è (un bene, un lavoro) per qualcosa che non c'è ed è mera aspettativa di qualcosa che forse ci sarà. Scambia la certezza del presente con l'incertezza del futuro. Ed è inutile quindi mettere in discussione l'interesse o l'attività finanziaria se non si mette in discussione il denaro. Perché tutto è cominciato lì. È una marcia partita migliaia di anni fa, lenta all'inizio, contrastata per molti secoli; durante il Medioevo, il denaro scomparve e riapparve come una profezia intorno all'anno Mille. Da allora la sua marcia è diventata una scorribanda trionfale che ha finito per travolgere tutto, uomini e cose. La storia del Denaro Nelle società tribali, antiche e moderne, la produzione e la distribuzione dei beni materiali erano incorporate in relazioni sociali che non avevano natura economica. Lo scambio intertribale nella forma del dono è sempre collettivo (non esiste la figura del 'mercante') è accompagnato da riti religiosi danze, feste, banchetti. E anche quando assume più propriamente la forma del baratto manca completamente il fine di lucro, di guadagno, di profitto, come noi lo intendiamo, che anzi se fosse presente in forma esplicita sarebbe motivo del più profondo disprezzo; il prestigio è l'autentico fine di tutta la faccenda. Che il motivo dell'onore sia assolutamente fondante nella civiltà tribale lo si vede in quell'istituto straordinario che è il potlach dove, puramente e semplicemente, si distruggono voluttuariamente dei beni per schiacciare, per 'annientare' il rivale. La ricchezza dei primitivi viene accumulata per dilapidarla alla prima buona occasione: nel potlach, in feste, in banchetti, nei matrimoni. La ricchezza è fatta per essere spesa a fondo perduto. Anche nelle società degli antichi Imperi si ritiene che il lucro e il guadagno individuali incrinino la solidità e l'unità di gruppo L'equivalenza dei beni, nel baratto, è decisa dalle tradizioni e dalla legge. Ma sul luogo del mercato interviene un funzionario dello Stato che, ferme restando le equivalenze, raziona il bene in modo che tutti ne abbiano la minima quantità necessaria e i ricchi non possano accaparrarselo. Il mercante individuale che guadagna sulla differenza di prezzo fra ciò che acquista e ciò che vende farà la sua prima apparizione in Grecia nel VII e VI sec. a C., solo dopo l'introduzione della moneta coniata. Fu in Lidia, un piccolo regno dell'Asia minore, che, fra la fine dell'VIII sec. a. C. e l'inizio del VII, comparve la moneta (elektron) coniata in metallo prezioso, garantita, nel peso, nella misura e quindi nel valore, da chi l'aveva battuta, cioè dallo Stato era nata la forma-denaro. Insieme al denaro nacque il

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suo fratello gemello, il mercato. E contemporaneamente fecero la loro apparizione la filosofia, la scienza, l'economia, la polis, la democrazia, la personalità, il lavoro individuale, la povertà individuale e la solitudine dell'uomo. Lacerate infatti in modo irreparabile le strutture tribali, l'uomo, per la prima volta nella sua storia, si trovò a doversi procacciare i mezzi di sussistenza da solo o con la sua famiglia senza poter più contare sull'aiuto solidale del gruppo e nemmeno, come era stato negli antichi Imperi, sull'assistenza dello Stato. Compaiono cioè preoccupazioni che erano ignote alla società tribale e fa capolino una concezione lineare del tempo, una proiezione verso il futuro, che è tipica di una società dove comincia a circolare il denaro. Col denaro si era entrati in pieno nella brutale età del ferro. Ed è da questo momento che l'uomo cominciò a rimpiangere una mitica età dell'oro in cui la terra dava i suoi frutti in abbondanza senza che ci si dovesse affannare troppo né scannarsi fra simili. Ora tutto ha un prezzo, tutto è monetizzabile, tutto è denaro. E col denaro compare, fatalmente, la sua prole: l'interesse, anzi l'usura perché in quei primi tempi non si fa differenza chiamandosi usura qualunque remunerazione del capitale prestato. Il prestito a interesse (di beni nde) prende piede con le civiltà urbane degli antichi Imperi (Sumeri, Ittiti, Egizi) e variava dal 20 al 33%, mentre per i più poveri e bisognosi lo Stato garantiva un interesse ridotto. Ma è con l'invenzione della moneta che si aprono le cateratte. Mentre in Grecia classica ed in Mesopotamia il prestito a interesse (dal 10 al 40%) sfondò senza incontrare resistenza in tutte le altre parti del mondo la comparsa dell'usura sistematica, che rompeva totalmente con tutti i principi di solidarietà sociale, fu uno choc difficile da assorbire. E con il denaro e l'usura (combattuta inutilmente con la legge da Israele alla Persia, dall'India a Roma) irrompono mutui, ipoteche, depositi a interesse, prestiti su pegno, cambi di valute fino alla cambiale. Intorno al IV secolo a. C., in Grecia, compaiono le banche alla cui origine sta la figura del cambiavalute. E con esse la perdita del potere di acquisto (inflazione) cui si accompagna la diminuzione dei salari. È la consueta tesi per cui l'ulteriore impoverimento della povera gente è inevitabile all'inizio di ogni processo di sviluppo, in quanto è necessario per costituire il capitale. Si tratta, si dice, di periodi di transizione. Peccato che non finiscano mai. Si afferma anche il regime della doppia moneta: una forte a disposizione dei mercanti e una debole usata dalla gente comune e questa disparità vige tuttora nei rapporti fra Terzo Mondo e Paesi industrializzati (ove l'imprenditore internazionale paga la manodopera o le materie prime con moneta debole - locale - e rivende poi sui mercati in cambio di dollari.) Il conseguente approfondirsi delle diseguaglianze economiche fenomeno quasi sconosciuto prima del 700 a. C. porta al tentativo di controllare questo potenziale esplosivo rappresentato dall'imponente massa dei poveri attraverso l'esaltazione, teorica, della povertà, con la creazione dell'etica della povertà dignitosa che durerà fino all'avvento della Riforma e dell'industrialismo fino a lambire i nostri giorni prima che si affermasse definitivamente il principio che solo chi ha è. Il denaro così si avvia a diventare un fine. Scrive Max Weber: 'Che uno possa proporsi a scopo del lavoro di tutta la sua vita unicamente il pensiero di scendere nella tomba carico del massimo peso possibile di denaro e di beni, appare spiegabile solo come un prodotto di impulsi perversi'. In questo percorso, dal denaro come mezzo al denaro come fine, è fondamentale la nascita della lettera di cambio (2), la prima forma di cartamoneta che assumerà nel 1694, con la Banca d'Inghilterra, la forma della banconota. Siamo quindi alla nascita della attività di credito, con la quale emerge chiaramente per la prima volta la possibilità di guadagnare denaro con un'attività economica senza il sudore della fronte; emerge la possibilità di far lavorare a proprio vantaggio altra gente senza l'impiego di mezzi coercitivi. E con essa si radica l'usura nonostante i divieti e le condanne (vedi Concilio Laterano del 1139 e Concilio di Vienne del 1311).

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Verso la fine del XVIII secolo viene legittimato in Europa un capolvolgimento di portata copernicana: si passa da un'epoca in cui l'economia è ancora subordinata alle esigenze della comunità umana a un'altra in cui le leggi economiche prendono liberamente il sopravvento ed è l'uomo a doversi piegare ad esse. I teorici di quella nuova scienza che è l'economia politica considerano le leggi economiche né più né meno che leggi di natura, ineluttabili, alle quali è inutile cercare di opporsi È nato il primato dell'economia. Questo primato si accompagna e si sposa a cambiamenti epocali che, a partire dal XVI secolo, riguardano la concezione del tempo (il futuro viene inteso non più come un aldilà metafisico e religioso ma un aldiqua concreto legato al calcolo, al futuro che nella sua essenza è appunto il denaro. Il concetto di 'investimento' presuppone la fiducia nel futuro), la proprietà terriera (scompaiono l'inalienabilità della terra, il divieto di recintare i campi, l'obbligo di farla riposare - la rotazione a maggese -, il divieto di adibire a pascolo le terre arate senza l'approvazione della comunità), l'urbanizzazione (i cambiamenti di coltivazione decisi dai grandi proprietari costrinsero i contadini ad andarsene trasformando i più poveri di essi, 'da una popolazione di contadini dignitosi , in una folla di mendicanti e di ladri') e la Rivoluzione Industriale (1750/1870 - sposta il centro di produzione dalla terra alla fabbrica; il produttore/contadino diviene un salariato/consumatore inevitabilmente costretto a entrare nel meccanismo monetario.L'industrialismo postula infatti la necessità della moneta in ogni settore dell'economia poiché tutti i redditi devono derivare dalla vendita di qualcosa). Così, che lavori o che riposi, l'uomo non è più il padrone del suo tempo, ma lo schiavo. La società umana diventa un accessorio del sistema economico. E il 'Fare denaro' diventa un'etica, un comandamento morale. L'industrialismo diversifica i beni, parcellizza le produzioni, aumenta la divisione del lavoro: e più il lavoratore si specializza più si allontana dall'autosufficienza e viene a dipendere totalmente dal denaro. Se fra il XVII e il XVIII secolo l'economia si pone al centro della vita dell'uomo, sottomettendola alle sue esigenze, nel XIX è il denaro che si mette al centro dell'economia, finendo in breve tempo per assoggettarla. produzione, investimenti, risparmio, redistribuzione dei redditi dipendono dal tasso di sconto, cioè dal costo del denaro. Quindi nemmeno più direttamente dal denaro in se stesso ma dal frutto della sua gravidanza isterica: l'interesse. La spinta decisiva a questa ascensione del denaro è stata data dalla banconota (4) con la quale il denaro si emancipa da qualsiasi valore intrinseco. A differenza di lettere di cambio, titoli di debito pubblico o certificati di deposito la banconota ha corso legale, cioè deve essere accettata su tutto il territorio nazionale. Siamo in Inghilterra nel 1700. Nasce dunque il sistema monetario basato sulla fiducia: e se la fiducia crolla, e tutti si presentano agli sportelli bancari a chiedere in cambio delle banconote il 'denaro sonante', o oro che dir si voglia, si hanno i famosi crack finanziari durante i quali le banconote tornano ad essere ciò che realmente sono: carta. Sull'onda poi della 'rivoluzione tenologica' assistiamo alla evoluzione, in senso sempre più virtuale, del denaro: dalla banconota passiamo ai titoli, alle azioni, alle obbligazioni, ai pegni, alle ipoteche, alle polizze di assicurazione, ai fondi di previdenza, alle rateizzazioni. Il denaro, separandosi dalla moneta, assume la forma del credito. Acquista quindi un'esistenza del tutto autonoma, staccata dalle specifiche merci e, pur non possedendo più alcun valore intrinseco, diventa a sua volta merce in quanto denaro. Il che non è solo lucroso ma addirittura inevitabile: infatti tutte le merci esistenti non sono più in grado di soddisfare la gigantesca massa di denaro che si è venuta a creare. Nasce la Borsa, ove azioni, obbligazioni, titoli di Stato, valute, Financial Futures, Derivati, swaps, hedges, knock-out e chi più ne ha più ne metta partecipano a questo gioco cannibalico del denaro che avidamente compra se stesso, un traffico in

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cui si compra e si vende ciò che non esiste, o meglio si comprano e si vendono proiezioni mentali nel futuro… i Futures appunto! Si è fatto strada il principio che non è ricco chi lavora, ma chi lavora col denaro. Siamo al denaro finanziario: un percorso obbligato, perché il denaro finanziario sta al denaro, per così dire, commerciale, come il missile atomico alla pallottola. Inventata l'una non si può che arrivare all'altro. Dunque questo il percorso durato tremila anni: Moneta - merce (buoi, riso, sale, pelli, ecc.), moneta (coniata in metallo prezioso), moneta cartacea (convertibile in oro o argento), banconota (non più convertibile in oro o argento), moneta scritturale (assegni, depositi, partite di giro), moneta elettronica (denaro formato da bit e byte, cioè da impulsi elettronici, plastic card, smart-chip-card). Si spezza così l'ultimo legame fra denaro e materia, e l'unico elemento frenante di una finanza completamente virtuale sono le persone. Karl Marx ha scritto con profonda intuizione: 'Il materiale in cui si esprime questo simbolo [il denaro] non è affatto indifferente, per quanto diverso esso si presenti storicamente. Insieme al simbolo, lo sviluppo della società elabora anche il materiale a essa sempre più corrispondente'. A un denaro virtuale non può che corrispondere una società virtuale.

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Il Denaro come Fine e la Fine del Denaro Il denaro dunque non è mai stato così presente nella nostra esistenza come oggi che, fisicamente, è assente. Impregna la nostra mentalità, modella le nostre coscienze, determina i nostri stili di vita. Automobili, aerei, telefoni, telefonini, fax, computer, nati allo scopo di risparmiare tempo, ci vedono in continuo affanno, con gli occhi sempre rivolti all'orologio. Non abbiamo tempo di vivere il presente perché ci è rubato dal futuro: questi sono i ritmi cui ci obbliga la logica del denaro. La vita è tutto un soppesare, calcolare, misurare i costi e i ricavi delle nostre e delle altrui azioni. Tutto è tradotto a valutato in termini di denaro. Tutto è business. Anche le attività più spirituali e i sentimenti più sacri sono misurati in denaro: dalla ricorrenza del giorno dei morti ('un business da 100 miliardi') alla morte dei Vip (lady Diana) alla malattia. Neppure la vecchiaia è più la vecchiaia ma il 'rischio vecchiaia' (dal punto di vista assicurativo o della previdenza). Oggi il principio fondamentale di ogni agire economico è la mancanza di scrupoli. Si ha prestigio se si ha denaro, ma si ha denaro anche grazie al prestigio, perché è quest'ultimo che oggi conferisce quella credibilità che una volta era riservata all'onestà. Scrive G. Rimmel (5): 'L'indifferenza con cui si presta ad ogni utilizzazione, l'infedeltà con cui si separa da ogni oggetto, perché non era veramente legato a nessuno, l'oggettività, che esclude qualsiasi rapporto affettivo e lo rende adatto ad essere un puro mezzo, tutto ciò determina un'analogia fatale fra denaro e prostituzione'. E così, come il cane finisce per assomigliare al suo padrone, assumendone tic e fisionomia, l'uomo d'oggi è come il suo denaro: frenetico e vuoto. I due orgogli della società liberale uscita dalla Rivoluzione industriale, il primato della politica e della democrazia, si sono sottomessi alle leggi del mercato finanziario internazionale. E quindi i governanti e le loro scelte dipendono dal denaro e dalle strutture che lo governano (FMI, Banca Mondiale ecc.) (6). Denaro e benessere dell'uomo non hanno nulla da spartire, anzi sono su sponde opposte: il cibo non va dove c'è la fame ma dove c'è il denaro che può comprarlo ai prezzi più remunerativi, durante la guerra il denaro prospera ma la gente sta male, la ricchezza aumenta e la popolazione impoverisce. Sembra che ci sia qualcosa che non quadri: e invece quadra tutto benissimo, dato che il valore è il denaro e niente altro. Gli uomini sono valutati in base a ciò che guadagnano e le disuguaglianze, da quando ha preso piede l'economia monetaria, non hanno fatto che aumentare. I valori che distinguono la società moderna da tutte le altre si rifanno al primato della visione economica, secondo la quale in un mondo di oggetti non possedere significa non esistere. Insomma da un lato il sistema, usando il denaro come specchietto per le allodole, spinge una parte degli uomini a lavorare freneticamente e sempre di più, dall'altro impedisce di lavorare a chi ne ha bisogno. La capacità del denaro di crescere come un tumore sul corpo che gli ha dato vita sino ad invaderlo completamente, soffocarlo e distruggerlo, deriva dalla sua natura squisitamente tautologica, dalla sua attitudine ad autolimentarsi, diventando così un fine, un fine ultimo, un fine che non ha altri fini al di fuori di se stesso. E poiché il denaro è un sacco vuoto, un puro Nulla, il suo fine non ha mai fine, si pone in un futuro irraggiungibile, trascinando con sé, in questa corsa verso il niente, l'uomo. Questa natura è particolarmente evidente nel meccanismo finanziario, del denaro che compra denaro. Scrive Bazelon7: 'Il denaro finanziario non è denaro da spendere. Con esso non si compra mai nulla; serve a guadagnare altro denaro. E quando poi si è in pieno movimento, non si compra nulla nemmeno col denaro guadagnato sul denato adoperato per guadagnarlo, e così via.' Così funziona anche il circuito creditizio internazionale: crediti enormi, ormai inesigibili, vengono pagati sempre più spesso aprendo altre linee di credito al debitore. Cioè il creditore paga il debitore perché lo paghi. Soddisfa la promessa di pagamento di cui è detentore con un'altra (vedi gli Stati Uniti con l'Europa dopo la prima guerra

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mondiale ed oggi con l'Est asiatico, o il Messico ed il Terzo Mondo con i paesi industrializzati). Così funziona l'attività industriale e commerciale: non si producono o vendono cose utili a chi non le ha, si produce per ottenere valore di scambio e cioè denaro, si deve produrre per produrre (per questo, nonostante esista una tecnologia in grado di produrre materiali quasi indistruttibili, i prodotti hanno una resistenza e un'esistenza sempre più breve). Così funziona il sistema di creazione di nuovi bisogni da soddisfare con nuovi beni (l'offerta che crea la domanda). La produzione non serve più per la soddisfazione di un bisogno ma per accaparrare denaro in funzione del denaro. A questo punto della storia dell'uomo il denaro è diventato la sostanza materiale dell'esistenza, è diventato la 'vera comunità'. È diventato tutto. E i risparmiatori sono i fessi storici di questa vicenda, quelli che, avendone poco, finanziano strutturalmente quelli che ne maneggiano molto, quelli che risparmiano perché temono (causa la disoccupazione e l'abbassamento dei salari) per il futuro. Non hanno capito che a essere diventato precario non è il futuro, ma il denaro. * Questo comunicato è interamente costruito usando liberamente, come in un 'puzzle' che in 4 pagine cerca di riassumerne 300, brani di uno splendido libro di Massimo Fini dal titolo appunto "Il denaro 'sterco del demonio' - storia di un'affascinante scommessa sul nulla", Marsilio Editori, Venezia 1998, pp. 289, £. 29.000. NOTE: (1) E qui si gioca il paradosso dell'avaro. L'avaro è colui che meno ha capito la funzione del denaro. Perché trattenendolo con sé all'infinito non lo usa come denaro. D'altro canto, e all'opposto, l'avaro è forse colui che ne ha penetrato più profondamente l'essenza squisitamente spirituale. L'avaro ritiene il denaro e trova in ciò il suo godimento. Egli fa di questo mero mezzo un puro fine.Contemplando il denaro l'avaro raggiunge il suo piacere, non ha bisogno d'altro, così come nel Paradiso di Dante i Beati raggiungono l'estasi nella contemplazione di Dio; (2) E per me pagherete al latore della presente…'. La lettera di cambio nasce dall'esigenza di trasferire denaro in luoghi lontani senza doverlo trasportare materialmente. Siamo nel 1300; (3) Teorico del pensiero economico della prima metà del 1.800: la sua tesi di base, partendo dall'esperienza inglese, è che l'incremento della produzione ottenuto attraverso l'introduzione delle macchine ha portato al paradossale risultato di un aumento della produzione e di una diminuzione del benessere. Sismondi, che Andromeda non si stanca di citare da quindici anni, è naturalmente ignorato dagli economisti contemporanei; (4) vedi al proposito il Comunicato Andromeda N. 33/95 dal titolo "Sopra la banca l'usuraio campa, sotto la banca la gente crepa"; (5) G. Simmel: Filosofia del denaro, Utet 1984; (6) vedi al proposito i Comunicati Andromeda N. 5, 14, 18, 30, 31, 32, 33, 36/95, 42/96, 46/97, 69 e 70/99 su 'inflazione, debito pubblico e internazionale, pensioni, FMI; (7) D.T. Bazelon, "L'economia di carta", ed. di Comunità, 1964

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L’Origine Del Debito. La storia Nel 1949, Il presidente USA Harry Truman lancia il Development Act che “mirava a mettere in grado milioni di persone nelle aree sottosviluppate di elevarsi dal livello del colonialismo e di raggiungere le capacità di provvedere a se stessi e di creare prosperità”. Ma l’Act divide il mondo in due sulla base dell’economia (paesi industrializzati ricchi e paesi “sottosviluppati” poveri); spinge i paesi poveri a dimenticare le loro culture di sobrietà e a chiedere prestitii per lo sviluppo (per creare delle infrastrutture industriali… vantaggiose alle multinazionali…). Nel 1973, le multinazionali del petrolio (le 7 sorelle) convincono gli Stati Uniti, allora in deficit, ad aumentare il prezzo del petrolio, quadruplicandolo in pochi mesi. I paesi del sud, con scarse o nulle risorse petrolifere – come India e Brasile – cominciano ad indebitarsi. Col secondo shock petrolifero (nel ’79) paesi produttori di petrolio, USA e compagnie petrolifere ammassano molto denaro liquido che, nelle banche, crea eccesso di liquidità. Occorre trovare il modo di smaltire questo capitale con grossi prestiti, anzi farlo fruttare. Premettiamo che, una Banca Centrale, quando fa un prestito pubblico, impone un tasso d’interesse per l’uso del capitale, e, se si ricorre a banche private (quando la Banca Centrale nega il prestito), il tasso di interesse è fino a quattro volte più alto. Beh, nel 1970, il 98% dei prestiti erano pubblici, mentre alla fine degli anni ’70 erano soltanto il 30%, e i creditori privati imponevano servizi del debito (tassi d’interesse più spese a carico del creditore) incontrollati. Inoltre il Nord abbassa unilateralmente i prezzi delle materie prime e dei prodotti che il Sud esporta. Il deficit USA e il sistema dei cambi flessibili. “La crescita del deficit statunitense, dovuto alla guerra nel Wietnam, e l’enorme quantità di dollari depositati presso le banche all’estero avevano svalutato la moneta statunitense. Perciò, nel 1971, Nixon decide, senza preavviso, di mettere fine al cambio fisso dollaro-oro. Dal 1977 al ’79, il dollaro entrò in una nuova fase di instabilità e deprezzamento del 15%. Per combattere l’inflazione, il governo USA decise una riduzione delle tasse interne e adottò politiche protezionistiche in difesa della propria produzione. Ciò portò in breve tempo ad una rivalutazione del dollaro che, a metà anni ’80, accrebbe il suo valore dell’80%”. I tassi di interesse. “La seconda crisi petrolifera del 1979 e la necessità di un risanamento delle proprie bilance dei pagamenti, portò all’adozione di politiche di controllo dell’inflazione da parte dei Paesi più ricchi con un forte rafforzamento del dollaro (una contromisura detta Volker-shock, dal nome del segretario del Tesoro statunitense, Volker) e una lievitazione dei tassi – flessibili – di interesse sui prestiti ai paesi in via di sviluppo, che crebbero in termini reali tra il 1978 e il 1985 di oltre il 20% (e in alcuni casi oltre il 30%)”. (Giorgio Beretta) Il commercio inequo: il prezzo delle materie prime. “Ha inizio un circolo perverso: i Paesi indebitati devono rifondere i debiti con valuta pregiata (dollari), ma il presso delle loro materie prime è costantemente in calo sui mercati internazionali. Così i Paesi indebitati si trovano due volte sfruttati. I Paesi dell’Africa subsahariana spendono 4 volte di più per pagare debiti a nazioni ricche di quanto possano spendere per gli interventi sanitari a favore delle proprie popolazioni”. (Paolo Giaretta) Uso Dei Prestiti E Circolo Vizioso.

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Sul cattivo uso, possiamo cominciare con i progetti “non sostenibili”, stimati al 20%: vie di trasporto non complete, dighe i cui bacini si riempiono di fanghi, ospedali le cui attrezzature non sono in funzione per mancanza di elettricità… Più grave è la fuga illecita di capitali (favorita dalla deregolamentazione imposta dal Fondo Monetario Internazionale, FMI) che riguarda il 50% dei redditi (80% nel caso delle Filippine). C’è poi il saccheggio di risorse: Mobutu (asceso al potere con l’appoggio di Stati Uniti & C.) organizzava il contrabbando di pietre preziose, cobalto, uranio, caffè, avorio… La corruzione e le tangenti assorbono più del 20% del totale dei debiti e raggiungono i “paradisi fiscali”: la corruzione è diventata “strategia” di politica estera. Le spese in armamenti sono responsabili del 20% del debito estero (75% delle armi vendute dal Nord al Sud sono pagate con prestiti concessi da banche commerciali a condizioni analoghe a quelle dei prestiti). Ma occorre aggiungere l’aggravante delle esportazioni dei profitti: le multinazionali esportano i profitti realizzati al Sud e fanno pagare brevetti e licenze. Conseguenza: oltre 80 paesi hanno oggi redditi pro capite più bassi che dieci anni fa. Ogni famiglia africana consuma 20% meno di 25 anni fa. E le prospettive per i prossimi anni restano negative. Il segreto del capitale (Maurizio Blondet - “Schiavi delle banche” – www.effedieffe.com)

Avete accumulato un piccolo o grande risparmio: 50 mila euro, 100 mila. Anche 500 mila, se siete un dentista o un bottegaio. La propaganda del capitalismo terminale vi invita, anzi vi spinge, vi obbliga a farlo fruttare: nel futuro, vi dice la sirena seduttrice, vi ritroverete con una bella somma, ben accresciuta, che renderà serena la vostra vecchiaia. Voi, perciò, affidate i vostri risparmi a un fondo d'investimento, a un fondo pensione. Se i risparmi sono alti, a una società di gestione dei patrimoni. Ogni fondo ha un gestore: un esperto, uno che sa - diversamente da voi - come far fruttare i vostri soldi. Li impiega in azioni e obbligazioni, da esperto qual è: i titoli più lucrosi, nel mix più sapiente. La realtà è un po' diversa. La prima cosa che fa' il gestore, appena ricevuti i vostri soldi, è: comprarsi la Mercedes più grossa sul mercato, aggiungervi una Porsche per i suoi week-end, accaparrarsi un attico di lusso. Per vivere da ricco. La Mercedes nuova del gestore dovrebbe suscitare qualche sospetto. Si sta occupando davvero di far diventare ricchi noi? La Mercedes l'ha comprata coi soldi nostri; fossero stati suoi, magari, avrebbe scelto un modello più economico. Speriamo almeno che accresca il nostro risparmio, il nostro modesto capitale. In realtà, i gestori dei fondi, in media, non riescono quasi mai a battere l'indice. Lo hanno provato studi seri (1): perdono soldi più o meno come avreste fatto voi, se aveste giocato in Borsa personalmente. Almeno vi sareste rovinati da soli, senza pagare commissioni. Perché questo è il punto: perda o vinca, per il gestore è lo stesso. Lui, guadagna sempre: si fa pagare per gestire i vostri risparmi. In anticipo. Grasse commissioni. Il capitale, del resto, mica è suo: è vostro. Suo è il lucro. Ancor peggio, se vi consigliano di mettere i soldi in azioni. Dicono in America: sulla porta di Wall Street (la Borsa) c'è una scritta: Caveat Emptor, stia attento il compratore. Ma questa scritta la vedono solo gli esperti, gli speculatori professionali. E, loro, non hanno nessun interesse ad aprirvi gli occhi, perché la vediate anche voi. Anzitutto, non vi avvertono che la Borsa è come la caccia alla volpe: un gioco per grandi abbienti. Anche negli Stati Uniti, dove tutti hanno qualcosa in azioni, il 10 per cento delle famiglie detiene l'86 per cento dei titoli. Uno degli scopi primari (e il meno confessato) della Borsa è di fabbricare capital gains (profitti sul capitale) per consentire ai miliardari di evitare le tasse: il prelievo fiscale sui redditi di lavoro è aggressivamente progressivo, sui capital gains o è zero, o è a percentuale piatta (non aumenta col reddito). Ma la Borsa serve anche per fabbricare

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perdite, in modo da compensare profitti: sempre per consentire ai signori di sfuggire al fisco. Tuttavia, la Borsa ha bisogno dei piccoli risparmiatori. Altrimenti, essendo un gioco a somma zero (2), chi potrebbero spogliare i professionisti dell'azzardo? Da qui l'invito generale, nei tempi del capitalismo ultimo, a diventare tutti azionisti. Lo chiamano capitalismo democratico: senza dire che esso presenta per il padronato alcuni vantaggi collaterali. Per esempio, se un'azienda paga i suoi lavoratori, in parte, con proprie azioni (come avviene in Usa, e si vorrebbe cominciare a fare in Europa), su quell'emolumento non deve sborsare i contributi previdenziali. Cercano di stimolare persino il vostro patriottismo: mettendo i risparmi in Borsa, finanziate le aziende italiane (non è vero: le imprese si finanziano sul mercato dei titoli solo in percentuale marginale; per lo più s'indebitano con le banche, emettono bond od obbligazioni, o presso merchant bank). Sempre più seducente, si ripete l'urgente invito a investire i risparmi nei fondi, anche per assicurarsi la pensione: tra vent'anni, il vostro pacchetto di azioni avrà preso un bel valore, e potrete cominciare a realizzarlo. E' una frode (3): le azioni, fra vent'anni, saranno quasi sicuramente ribassate. Per il solo fatto che allora ci saranno meno italiani di oggi, e quindi la domanda di azioni sarà più debole. Negli anni '70, un analista americano di nome Gelvin Stevenson provò a confrontare le performances borsistiche secondo le varie classi di reddito: scoprì che chi ha redditi alti vince, e chi ha redditi bassi, tendenzialmente, perde. E che perde tanto più, quanto più il suo reddito è basso. Fino a pochi anni fa, gli agenti di Borsa - mediatori necessari, se volete acquistare azioni - erano una casta chiusa, un monopolio. Questi sacerdoti del mercato e del rischio, stranamente, si erano protetti da ogni rischio, e dalla concorrenza sui prezzi. Si facevano pagare in commissioni fisse. Ancor oggi, che vincano o perdano (coi soldi vostri), ha poca importanza: loro incassano per ogni transazione che operano a vostro nome. A volte comprano e acquistano coi soldi vostri, solo per accrescere il loro onorario. Diversi anni fa, a New York, un povero risparmiatore di nome Guy R. Pierce affidò il suo modesto gruzzolo, 3 mila dollari, agli agenti Richard, Ellis & Co. Nel giro di un mese, Pierce ritrovò il proprio patrimonio ridotto a 110,98 dollari in liquidità e 50 dollari in azioni. Come scoprì il giudice a cui il malcapitato si rivolse, il suo agente era giunto ad operare sul conto del cliente, in un mese, "fino a 15 acquisti di un solo titolo per complessivi 31 mila dollari, e altrettante vendite di quel solo titolo per oltre 26 mila dollari. In un caso il broker vendette allo scoperto un titolo per ricomprarlo lo stesso giorno, perdendo in entrambe le transazioni". Per questa splendida performance, la Richard, Ellis & Co. addebitò a Pierce commissioni per 1022 dollari. Il capitalismo terminale, finanziario, come tende a retribuire il minimo possibile il lavoro, così tende a non retribuire il risparmio. In ogni caso, la sua vittima predestinata è il lavoratore-produttore, colpito da due parti: da salariato, e da risparmiatore. Il risparmio è una sciagura, di questi tempi. Come Pinocchio, incauto, mostra al Gatto e alla Volpe i suoi zecchini d'oro, così accade a voi risparmiatori quando mettete il denaro risparmiato in banca. In tal modo, il Gatto e la Volpe sono al corrente di quanto avete. Da quel momento, hanno un solo pensiero: portarvi via i soldi. Già il bancario allo sportello, ben istruito, vi fa' notare che tenete cifre troppo grosse sul conto corrente, che non rende niente (ma non è la banca a fare in modo che non renda niente?). Mettetelo nei nostri fondi, il vostro capitale. Che rendono il 3, il 5. Detratte, come ovvio, spese e commissioni. A Pinocchio, il Gatto e la Volpe parlarono di un favoloso orto, dove gli zecchini, seminati, avrebbero generato alberi di zecchini, con frutti d'oro. Voi risparmiatori venite convinti, né più né meno di Pinocchio, che quel campo dei miracoli esiste. E dove sia, lo sa solo il gestore. Invece, se proprio le cose vanno bene - se la Borsa sale, una situazione in cui anche gli

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inesperti guadagnano - il gestore sì farà fruttare il vostro risparmio il 7, anche il 18 per cento; ma a voi, fateci caso, sarà attribuito il 4, o il 14 per cento. Il resto, arricchisce i gestori. Se le cose vanno male in Borsa e il gestore (come sareste capace di fare anche voi) perde, il danno è tutto vostro. Non rivedrete più il vostro capitale. Ve ne daranno due o tre motivi. Primo: "non le conviene uscire adesso". Secondo: "il suo capitale, in questo momento, non è liquido" (i titoli non sono realmente liquidi, ossia vendibili in tempi di crisi, di calo rapido dei corsi: nessuno li compra). Fino al terminale argomento: "il suo capitale è perduto. Non sapeva di averlo impiegato in un investimento a rischio?". E' il metodo del Gatto e della Volpe. Il vostro capitale, per loro, è un fastidioso passivo: perché devono pagarvi qualcosa, un interesse, un frutto, sborsandolo di tasca loro. L'attivo, per loro, non è il vostro capitale, sono i frutti che loro possono introitare, moltiplicati, dal vostro risparmio. Quelli, se li tengono loro quanti più possono. Ma allora che fare? Lasciare i soldi in banca, su conto corrente che non rende niente? Perché almeno sono liquidi, cioè li potete ritirare in ogni momento? Ah, poveri imperdonabili Pinocchi: voi ignorate tutto della banca, ignorate i trucchi del credito, ignorate gli impegni che avete assunto quando avete messo i soldi in banca. E' appunto sulla vostra ignoranza che ingrassano i finanzieri, gli speculatori, i banchieri. Il trucco comincia lì, proprio nella banca. La banca vi fa' credere che presta il vostro denaro ad attività produttive. Se avete messo 100 mila euro in deposito, essa presta - vi fa' credere - i 100 mila euro a un imprenditore che chiede un fido. Così spiega la forbice fra il tasso passivo che paga a voi - l'1 per cento d'interesse, che con l'addebito delle spese diventa lo 0 per cento, o addirittura un interesse negativo (e voi già ci perdete, per il solo fatto di aver affidato i soldi alla banca) - e il tasso attivo che fa' pagare all'imprenditore, indebitandolo: il 7 per cento, magari il 12 o più. Voi credete che questo sia il lucro della banca: 7 meno 1, 12 meno uno. In percentuale su quei 100 mila euro, fa' un guadagno di 7mila o 12mila. Un po' eccessivo, ma insomma la banca corre dei rischi: l'imprenditore può diventare insolvente, la banca ha delle spese. Il lucro è legittimo. Così credete voi. Ma la banca, sul vostro deposito, in realtà lucra non il 7 ma il 28%, non il 12 ma il 48%. La banca ha davvero scoperto il campo moltiplicatore degli zecchini; solo, non ve ne fa partecipi. A voi, riconosce solo l'1 per cento. Come avviene? Dov'è il trucco? Il trucco è: quando voi depositate in banca 100 euro, la banca può creare fra i 10 e i 20 prestiti da 100 euro ciascuno: ossia "crea" moneta per mille o duemila euro. Nei paradisi fiscali, dove non si richiedono riserve obbligatorie, anche di più, fino a 10 mila euro. E su tutto quel denaro inventato e dato a prestito la banca lucra gli interessi. Ma come fa' la banca, obietta Pinocchio, a prestare denaro che non ha in cassa? Può perché sa che i depositanti non ritireranno tutti insieme la totalità dei loro depositi, né i debitori realizzeranno di colpo i loro fidi (4). Lo faranno a poco a poco, secondo necessità; lo faranno per lo più emettendo assegni, non ritirando contanti. Basterà il flusso di cassa (il debitore paga gli interessi con denaro vero) per consentire alla banca di pagare contanti ai depositanti, relativamente pochi, che chiedono soldi veri. Per mantenere il pubblico nell'illusione che la banca è solvente, che i soldi li ha (5). Ma quei soldi, non sono altro che scritture contabili. Tra l'85 e il 95 per cento del denaro circolante è creato dalle banche. Attraverso l'apertura di credito. Moneta-credito. Moneta scritturale, come si dice nel gergo della banca. O anche, in America: moneta creata dall'aria, fiat money. O come dice Maurice Allais, l'unico economista Nobel affidabile: moneta creata ex nihilo (6). "Ex nihilo": può essere più chiaro? Ezra Pound, che aveva compreso il trucco, ne era diventato quasi pazzo nello sforzo di avvertirne il pubblico, di gridarlo in versi ruggenti, di svegliare Pinocchio, l'ingannato, dalla sua

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auto-illusione. Citava di continuo la definizione che l'Enciclopedia Britannica, monumento del pensiero politicamente corretto, dava della banca: "la banca lucra gli interessi dal denaro che crea dal nulla". (7) Ogni banca, avendo in cassa depositi per cento euro, paga per quel deposito l'1 per cento; poi ne presta almeno 400 al 7 per cento, lucrando 28 euro di interessi. Si può essere più chiari di così? Ma Pinocchio continua a dormire: noi, voi. Pound sapeva anche questo, e citava una frase che il primo lord Rotschild avrebbe pronunciato nel 1861: "pochissimi capiranno il sistema, e quelli che lo capiranno saranno occupati a far soldi. Il pubblico probabilmente non capirà che è contro il suo interesse". E' così. Talora, in certi momenti roventi della storia economica, specie in Usa, le banche hanno creato denaro dal nulla in percentuali enormi, senza il più flebile rapporto coi depositi di cui avevano l'affidamento. In quei rari momenti, tragici crack che rovinavano milioni di uomini e donne, il loro bluff è stato rivelato: troppi depositanti si sono precipitati allo sportello per riprendersi i soldi, e si è visto che la banca, quei soldi, non li aveva. Ma da tempo hanno imparato la quota di espansione della moneta falsa che non inquieta i gabbati risparmiatori. Nei paesi europei, questa quota è fra quattro e sei volte i depositi. Da noi per esempio, con una riserva obbligatoria del 15%, le banche possono, su depositi ammontanti a 2 milioni di euro, fare crediti per 11.333.333 milioni: quasi il sestuplo. E sulla differenza, 9.333.333, la banca estrae gli interessi. E' denaro falso. E' denaro vuoto. Ma il denaro, anche falso, comanda il lavoro: l'imprenditore che ha ottenuto un fido fa' sgobbare gli operai e funzionare i macchinari, per guadagnare tanto da restituire i ratei del capitale con gli interessi. Così il denaro vuoto si riempie con la vera fonte della ricchezza, che è il lavoro e il sudore degli uomini. Ma così, la banca preleva continuamente un tributo occulto su tutte le attività produttive dell'uomo. Ogni lavoratore, ogni imprenditore, è suo schiavo. Basta che la banca espanda il credito (crei pseudo-capitale) e vedrete i lavoratori accelerare il ritmo, sudare e affannarsi come burattini impazziti per pagare gli interessi sul debito, su quel denaro falso; basta che restringa il credito, e i lavoratori saranno licenziati a migliaia. Anche se noi, personalmente, non prendiamo a prestito denaro dalle banche, tuttavia paghiamo degli interessi, senza saperlo, come consumatori. Infatti ogni prezzo che paghiamo, ogni merce o servizio che compriamo, contiene un certo ammontare di interessi. Margrit Kennedy, una economista del centro-studi Hermann Institut Deutschland, ha provato a determinare la quota d'interessi che paghiamo (alle banche) per alcuni servizi pubblici in Germania. Per la raccolta dei rifiuti (un'attività che impiega poche macchine e molta manodopera), tale quota è il 12% del prezzo. Per l'acqua potabile, il 38%. Per l'edilizia popolare, il 77%. In media, su tutti i beni e i servizi, paghiamo il 50% di interessi. Nei tempi medievali, i sudditi pagavano al signore feudale, o alla Chiesa, "la decima", ossia solo il 10% dei loro introiti. Oggi paghiamo cinque volte la decima ai prestatori di capitale. Il feudalesimo non è tramontato; s'é rafforzato, sotto altra forma. La sola salvezza sarebbe non stare al gioco. Ridurre l'indebitamento delle famiglie e delle industrie, e degli Stati. Ma le banche non lo consentono: esse vogliono indebitare il mondo, perché il mondo lavori per esse. Ecco perché Ezra Pound scrisse quella frase strana, per avvertirci: "un popolo che non s'indebita fa' rabbia agli usurai". Perché sarebbe ben possibile allo Stato emettere moneta libera da interessi, moneta liberatrice dalla schiavitù delle banche e dalla necessità d lavorare per le banche. Ma questa prerogativa è, in Europa, positivamente vietata dal Trattato di Maastricht, nell'articolo 104. Perché le banche indebitano, in modo primario ed essenziale, i governi. Gli Stati. Questi non possono stampare moneta; devono emettere Buoni del Tesoro, titoli in cui riconoscono il loro debito, e

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consegnarli alla Banca Centrale, che emette moneta per un valore pari ai titoli emessi. In tal modo, anche sulla moneta della nazione la banca - perché la Banca Centrale è dovunque proprietà privata delle banche - preleva un interesse, i frutti dei Buoni. Solo pochi statisti hanno osato stampare moneta di Stato, non gravata da interessi. Quei pochi, pochissimi, hanno provato sul loro corpo la rabbia degli usurai. Nessuno di loro è morto tranquillo nel suo letto. Alla fine del 1862 Abramo Lincoln ebbe bisogno di 449 milioni di dollari di allora per finanziare la guerra di secessione, in pieno corso. Le banche si offrirono di creare quella moneta con il solito metodo: ma chiesero il 30% d'interesse, per via dei rischi della guerra che rendevano lo Stato debitore a rischio d'insolvenza. Lincoln allora ricorse al potere che gli veniva dalla costituzione americana, articolo 1: sottopose al Congresso, che l'approvò, la proposte di emissione di banconote di Stato (greenback), prestito che il popolo può fare a se stesso, senza pagare gli interessi. In piena guerra, si videro l'agricoltura e l'industria nordiste tornare a fiorire. Il lavoro umano, comandato da denaro abbondante, riempì quei biglietti di ricchezza reale. Nel 1864 Lincoln si ricandidò alla presidenza, dichiarando pubblicamente la sua intenzione di continuare ad emettere moneta di Stato, invece che acquistarla ai banchieri di Londra. Secondo una tradizione difficile da controllare, il superbanchiere londinese sir Goschen (ebreo) disse ai suoi pari: "se questa insana politica finanziaria perdurasse, quel governo fornirà la propria moneta a costo zero. Non avrà alcun debito. Avrà tutto il denaro necessario per i suoi commerci. Questo governo dev'essere distrutto, o distruggerà ogni monarchia del mondo". Era l'inizio del 1865. Il 14 aprile dello stesso anno, Lincoln cadeva sotto le revolverate di un sicario. Era accaduto già ad Alexander Hamilton, il segretario al Tesoro di George Washington, fondatore della banca nazionale americana, emettitrice di banconote di Stato: fu ucciso in duello, non ancora cinquantenne, da uno spadaccino professionale. Sarebbe accaduto anche a Hitler, colpevole di aver ridotto al minimo le transazioni valutarie nei commerci internazionali, sostituendolo con un sistema di scambio di merci fisiche. Anche su Ezra Pound, come sappiamo, calò la vendetta degli usurai. Egli aveva cercato di proclamare al mondo il trucco del capitale: i soldati americani lo esposero in una gabbia nella Pisa liberata. Poi, per 13 anni, fu recluso in manicomio. Il più grande poeta americano. (di Maurizio Blondet) Note [1] J. Nikonoff, La comédie des fonds de pension, Parigi 1999. [2] A somma zero è ogni gioco in cui se uno dei giocatori guadagna, è perché altri giocatori hanno perso la stessa cifra. La roulette, anzi ogni gioco d'azzardo, è un gioco a somma zero. L'economia reale non è un gioco a somma zero persino nel caso peggiore: quando io compro un televisore o un orologio potrò perderci qualcosa (se lo pago più del dovuto), ma entro pur sempre in possesso di un bene reale, che vale più di zero. Nei casi migliori, l'economia è un gioco in cui, più o meno, tutti guadagnano. L'economia non è una torta da cui si tagliano fette più sottili, quanti più sono gli invitati. L'economia è il pasticciere capace di fare una torta più grande, quando ci sono più invitati. [3] La demografia lo predice ineluttabilmente: la generazione attualmente matura, quella del baby boom, è molto numerosa. Affollando la Borsa, fa' rincarare le azioni. In vecchiaia dovrà realizzare, ossia vendere le azioni che ha acquistato oggi, in tempi di forte domanda; e le venderà alla prossima generazione, che è molto meno numerosa (e meno ricca). Quindi ci sarà un'offerta eccessiva di azioni, e una debole

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domanda. Bisognerà svendere le azioni. Allora i gestori dei fondi, che dovevano garantirvi la vecchiaia, vi diranno: "è la legge del mercato". Cfr. Bernard Maris, O la Borsa o la vita, Milano 2001, p. 70. [4] Fu la famiglia ebraica Del Banco, a Pisa, nel '200, a inventare il giroconto, la girata sugli assegni e sui conti fra cambiavalute, la tecnica bancaria che consente la moltiplicazione della moneta scritturale, la creazione dal nulla. I Del Banco cambiarono poi nome nei secoli: in Germania si chiamarono Kassel, poi von Warburg; emigrati in America, divennero i banchieri Warburg. [5] Le banche temono sommamente, infatti, la corsa dei depositanti agli sportelli, come avviene in caso di crisi. Avvenne nel '29, è avvenuto nel 2000 in Argentina. Allora si vede il bluff: i conti che il cliente crede liquidi, immediatamente disponibili, non lo sono affatto. In Argentina, i depositanti hanno potuto ritirare solo 100 dollari a settimana. Anche in Italia, chi chiede più di 2500 euro in contanti dal suo conto, deve dare un preavviso di tre giorni. Il denaro, semplicemente, non c'è. [6] "Essenzialmente, l'attuale creazione di denaro ex nihilo operata dal sistema bancario è identica alla creazione di moneta da parte di falsari. In concreto, i risultati sono gli stessi. La solo differenza è che sono diversi coloro che ne traggono profitto" (Maurice Allais, La crise mondiale aujourd'hui, Parigi 1991). [7] Come ha scritto uno che il trucco lo ha praticato: "solo a posteriori l'osservazione del bilancio di ogni banca fa' apparire che essa ha trasformato certi depositi in certi crediti. Mentre il processo fondamentale [del funzionamento bancario] è esattamente inverso: le banche prese nel loro insieme creano dei crediti, che solo in seguito alimentano con le masse monetarie e semi-monetarie [col flusso degli interessi lucrati sul denaro ex nihilo]". Il sincero esperto in questione è Jean-Yves Haberer, ispettore alle finanze del governo francese, segretario di Stato (1986-88), e presidente esecutivo del Crédit Lyonnais (Haberer, Monnaie et politique, Parigi, 1996, p.240).

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Impresa e credito (di Vittorio Soldaini) note critiche di Luciano Orsini. Questo scritto (del 1° dicembre 2001) è stato composto da Vittorio Soldaini, nuovo amico di Agenzia di notizie AFIMO, per l'amico Ugo Malaguti, editore di Letteratura Fantasy, Casa Editrice Perseo di Bologna, esperto al livello mondiale di questo genere letterario (cfr. "Risonanze"). EURO: Quello che non vogliono farci conoscere, che mai abbiamo pensato che così potesse essere… e in fondo, in fondo: perché rischiare di stare meglio quando possiamo scomodamente stare male? L’introduzione dell’Euro è una preziosa occasione per riflettere sull’essenza della moneta, di ogni e qualsivoglia moneta . Se ci rendessimo conto di sapere niente sulla moneta, come minimo ci prenderemmo a schiaffi e ci insulteremmo davanti allo specchio, per "fortuna", si fa per dire, (purtroppo anche per fare) sappiamo nulla perché non ne abbiamo il tempo, dobbiamo darci sotto con il lavoro, oltretutto si trascura la famiglia, nessuno ne parla. Anche quando abbiamo due minuti di tempo libero, ma dico..: potremmo forse infilarci in un tunnel buio, senza torcia (senza alcuna conoscenza)? NO. Non è il caso, specialmente dopo una giornata "come quella di oggi", quella di ieri era anche peggio, non parliamo, per carità, di cosa dobbiamo fare domani, ribadisco: abbiamo forse ammazzato qualcuno? E poi? se ci capisce nessuno, a partire da quelli che sono gli addetti ai lavori (saranno mica "lavori…", ma per favore, e tric e trac e su e giù! .. Una volta che hai i "due minuti", certe cose ti demoralizzano: puoi incappare in notizie come, ah sì, questa la voglio riferire, ho ancora il ritaglio: "La monetina rivela l’errore della fisica" (cfr. "Corriere della Sera del 19.9.2001). Il matematico di Cambridge, H.K.Moffat ha formulato una nuova teoria che mette a posto le cose. "Se si fa ruotare una monetina su un tavolo, si vede che dopo alcuni secondi il moto rotatorio s’interrompe con una specie di tremolio e prima di esaurire le sue rotazioni, in corrispondenza del tremito finale, viene emesso un suono particolare di frequenza crescente, dopodiché la moneta si adagia di lato. La meccanica risalente al 1700 non permette di descrivere completamente il fenomeno". Infatti "è in contrasto con l’esperienza, perché non spiega il finale della rotazione della monetina". Questa "dovrebbe infatti ruotare all’infinito, mentre dopo pochi secondi il suo moto s’interrompe bruscamente". Secondo il matematico, la spiegazione classica "è palesemente sbagliata perché non tiene conto degli attriti e delle viscosità dell’aria". Insomma se ci sono voluti duecento, leggonsi, 200 anni, per formulare questa nuova teoria che "mette a posto le cose" avendo scoperto l’attrito e la viscosità dell’aria, figuriamoci cosa c’è ancora da scoprire su ben altri "attriti" e "viscosità dell’aria" che tira sul dollaro ed ora, la nuova moneta, l’euro, potrà girare senza problemi sul tavolo dell’economia? I giochi son fatti? "rien va plus ?, vogliamo sapere quello che nessuno ci dirà sull’Euro? Non si vede… L’EURO di cominciare Motus in fine velocior: in ogni anfratto della Penisola non c’è comune, piccolo o grande, che non si dia da fare per far conoscere l’euro al colto ed all’inclita; non si contano le iniziative, mai…finitive, di avvicinare gli Italiani all’Euro. C’è di che scegliere: incontri, convegni, conferenze, balli in piazza con Mister Euro, altrove si eleggono le Miss Euro (che s’ha da fà pe’campà…), corsi per capire il computo degli arrotondamenti, come evitare gli euro falsi, come riconoscere a colpo d’occhio la provenienza del centinaio di eurobanconote ( totale di tutti i tipi di Euro-taglio che potranno circolare liberamente all’interno di Eurolandia ), e… la chiamano Moneta Unica… figurarsi! Dunque Eurolandia sta per mettere in circolazione le nuove banconote ed ancora non sono pochi quelli che tuttora si chiedono, per quale ragione qualcuno, come il Regno Unito, ancora non vuole far parte dell’area della Moneta

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Unica pur essendo nell’Unione Europea e, a quanto pare, ci penserà ancora più o meno un lustro al termine del quale si farà un referendum che andrà a finire come quello danese e norvegese mentre l’Italia non ha avuto dubbi, nemmeno il referendum: è convinta che avrebbe conosciuto un futuro funesto se non avesse avuto la fissa dell’Euro; in tema di conflitto di interesse, materia privilegiata delle mene politiche domestiche, la turrita penisola non si permette però di chiedere se sia lecito che la Bank of England faccia parte del capitale sociale della Banca Centrale Europea e di conseguenza, nello stesso tempo che al mattino del giovedì, una volta ogni 15 giorni, assieme agli altri 11 governatori delle banche centrali nazionali incontri, al 36° piano dell’Eurotower di Francoforte, il Direttorio della Banca Centrale Europea, composto dal Presidente Duisenberg, dal Vice Noyer e di altri quattro membri fra i quali l’italiano Tommaso Padoa-Schioppa, il governatore della Bank of England possa, vedere e sentire, in anticipo e prendere parte a tutte le decisioni che la Banca Centrale Europea prende in materia di politica monetaria mentre resta ancorata alla sterlina come un granchio attaccato ad uno scoglio levigato e inguantato di petrolio. Si può tranquillamente affermare che in questo modo si configura la fattispecie di Insider Trader: se sulla bandiera italiana secondo Leo Longanesi campeggia la scritta "tengo famiglia", sull’inglese Union Jack ringhia minaccioso il motto reale: "Honny soit qui mal y pense" al quale Andreotti maliziosa-mente risponderebbe che pensare male è sì peccato, ma ci si prende! Chi lascia la moneta vecchia per la nuova sempre a quel punto si ritrova Sappiamo che l’Euro, come del resto tutte le monete del globo terracqueo, è una cartamoneta che non ha riferimento alcuno con l’oro. E’ solo la convenzione ossia la sua accettazione che da' valore alla moneta, che permette di scambiare beni e servizi. Personali. Mai verificati convincimenti, ricamati con la fantasia piuttosto che dalla conoscenza, ci portano ad accettare le monete perché pensiamo che effettivamente abbiano valore; non ci sfiora l’idea che abbiano valore solo ed in quanto le accettiamo. Inoltre, mai ci siamo chiesti di chi sia la proprietà della moneta all’atto dell’emissione. Il 14 febbraio 1993 ne "il Sole-Ore" si legge che in base al Trattato di Maastricht "Gli esecutivi degli Stati membri non possono compiere atti di signoraggio: appropriarsi cioè di risorse mediante l’emissione di quella forma di debito inesigibile che è la moneta a corso legale". Gli "atti di signoraggio " li compie la Banca Centrale Europea che sola ha il potere, come la Federal Reserve e le altre banche centrali, di prestare moneta creandola dal nulla ( solo carta ed inchiostro ) e di addebitarla, al valore nominale totale, agli Stati membri dell’Unione Europea. Nella comparsa di costituzione e risposta, depositata il 30 settembre 1994, dagli avvocati della Banca d’Italia presso la prima Sezione del Tribunale Civile di Roma, avverso l’esposto del Prof. Giacinto Auriti strenuo sostenitore e teorico della sovranità popolare della moneta, si legge: "Ebbene, alla stregua della puntuale disciplina della funzione di emissione, i biglietti appena prodotti dall’officina fabbricazione biglietti della Banca d’Italia costituiscono una semplice merce di proprietà della Banca centrale che ne cura direttamente la stampa e ne assume le relative spese (art, 4, comma 5, del T.U n. 204/1910). Essi acquistano la loro funzione e il valore di moneta solo nel momento, logicamente e cronologicamente successivo, in cui la Banca d’Italia li immette nel mercato trasferendone la relativa proprietà ai percettori" .Vorrei chiedere ai "percettori" se mai si siano resi conto di cosa sia e da dove tragga origine il debito pubblico ed in base a quale rapporto fra la Banca Centrale e lo Stato come affermano i succitati avvocati: "la Banca d’Italia cede la proprietà dei biglietti, i quali in tale momento, come circolante vengono appostati al passivo delle scritture contabili dell’istituto di emissione, acquistando in contropartita, o ricevendo in pegno, altri beni o valori mobiliari (titoli, valute, ecc.) che vengono invece appostati all’attivo". Insomma,

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l’istituto (come e da chi è stato "istituito") cede la proprietà di biglietti di costo zero: solo carta ed inchiostro, fra l’altro i fornitori di queste materie prime vengono pagati con i biglietti prodotti con la carta e l’inchiostro che forniscono, quindi in pratica dire che la Banca Centrale a fronte di banconote (ripeto: create a costo zero) "riceve" da parte dello Stato, BOT, CCT, valori mobiliari, pari al totale del valore facciale stampato dall’officina della Banca d’Italia (dicitura stampigliata sulle banconote), non significa che la Banca Centrale cede la moneta in proprietà in cambio dei titoli di Stato, in realtà "cede", nel senso che presta i biglietti al valore facciale(1). Gli avvocati della Banca d’Italia quando scrivono che questa se ne "assume le relative spese", cosa pensano di dire: di grazia, a quali "spese" fanno riferimento? Si possono forse chiamare spese, queste spese ? Oltretutto la banca centrale fissa pure il tasso ufficiale di sconto, in arte TUS - diventato in BCE, Banca Centrale Europea, tasso di riferimento - in sostanza stabilisce la misura percentuale degli interessi che vuole dal prestito! Ma allora come si concilia che contabilmente si dichiari debitrice perché sulla banconota scrive "Lire tot pagabili a vista al portatore" però nello stesso tempo la Banca centrale pretende gli interessi sul totale della moneta "ceduta" allo Stato, per tutto il tempo che resta in circolazione? Da "portatore" a "portatore" mi si dica, si conosce, a memoria d’uomo, un solo "portatore" che sia stato pagato? La cosa raggelante è che, riporto ancora quanto dichiarato allora dagli avvocati di Bankitalia: "L’intera attività della Banca in questi campi è poi sottoposta alla vigilanza del ministro del tesoro e di un’apposita commissione permanente di cui fanno parte, fra l’altro, anche sei parlamentari (artt. 108 e ss. Del T.U. n. 204/1910). Domanda: chi li conosce questi sei parlamentari? Ci sarà qualcuno che vorrà rivelarlo? Non interessa l’appartenenza partitica, quella a volte dura "l’espace d’un matin". Interessa sapere cosa vedono, cosa sentono, come vigilano, a chi ne riferiscono, come sono eletti, nominati, incaricati, quale mandato hanno ed a chi ne rispondono? A proposito si ha per caso alcuna notizia circa una rappresentanza della Unione Europea in seno ad un’auspicabile commissione permanente di vigilanza ? Non vorrei che avesse ragione Edward Luttwak (cfr. "La Stampa" del 3 ottobre 2001) il quale alla domanda "I responsabili della Banca centrale europea?" "Taleban delle politiche monetarie", che " rispondono del loro operato soltanto a Dio".(2) L’euro non conoscerà forse le stesse "mene" della lira o di qualsiasi altra moneta in mano alle banche centrali che, bontà loro, "ne assumono le relative spese" ….? Forse lo Stato, nel caso dell’Euro, l’Unione Europea, non è in grado di accollarsi simili "spese"? Allora, cambia veramente tutto? La moneta unica azzera tutte le monete nazionali dei Paesi che adottano l’Euro ed ognuno si trova di fronte ad una moneta del tutto nuova, per via del taglio, della grafica, delle dimensioni, ha un recto uguale per tutti mentre ogni Stato membro personalizza l’altra faccia della banconota.. Comunque, alla fine della fiera di tante pretese novità e differenze, l’Euro è sempre una moneta moneta anch’essa a corso legale "forma di debito inesigibile" tale quale la lira.. Il SEBC, Sistema Europeo Banche Centrali, esattamente come prima hanno sempre fatto le banche centrali, nei rispettivi Paesi dell’area Euro, in cambio del "servizio" di indebitare EUROLANDIA, riceve dagli Stati membri titoli di credito: EuroBot ed EuroCct che automaticamente instaurano l’Eurodebito pubblico, gravato inoltre degli interessi (purtroppo questo debito è del tutto esigibile…). In queste condizioni mai si riuscirà a venirne fuori dal debito pubblico(3). Cosa cambia? ASSOLUTAMENTE NIENTE!, prima dell’Euro ogni Stato si indebitava con la banca centrale operante nel proprio territorio (è bene dare un’idea tangibile del costo del "servizio" ad esempio in Italia tale servizio costa, a tutt’oggi 2 milioni 500 mila miliardi di lire, più o meno, pari al debito pubblico) ora i Paesi eurizzati, tutti insieme appassionatamente, si indebitano tutti con il Sistema Europeo Banche Centrali per il "servizio" di stampare e "cedere" l’Euro a Eurolandia !. Il

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"Changeover", nome d’arte del trapasso dalle monete nazionali all’Euro, costerà, come hanno riportato tutte le testate in edicola, mai che queste, al riguardo, facciano mai una minima riflessione come sta facendo "Impresa e Credito"…, alla Banca d’Italia " la bolletta di 500 miliardi di lire, mentre per il Tesoro la spesa supererà i 1.000 miliardi e per le banche 1.400 miliardi, si raggirano, cosa scrivo?: si aggirano invece intorno ai 2.000 miliardi, i costi per la formazione del personale e adeguamento delle attrezzature degli esercizi commerciali". Sono sicuro che ormai si sia già capito che alla fine paga tutto Pantalone/Cittadino/Consumatore, compreso la "bolletta della Banca d’Italia". Un Onorevole al quale ho fatto presente queste stesse considerazioni mi ha risposto che questo avviene anche negli altri Paesi. Sai che consolazione! Di rimando gli ho fatto notare che in pratica era come dire che l’AIDS non è una malattia perché ce l’hanno tutti! Fino a quando la carta moneta emessa continuerà ad essere di proprietà della Banca Centrale, del SEBC, della Federal Reserve, della Bank of England ecc., quindi addebitata con gli interessi alle collettività che producono i beni ed i servizi che la moneta solo ed unicamente misura essendo mezzo di scambio, penso che ci sia poco da organizzare iniziative, per conoscere la moneta unica, se si cerca solo di imparare tutto sull’Euro ed evitare accuratamente di capire cosa significhi ed anche cosa sia "quella forma di debito inesigibile che è la moneta a corso legale". A proposito, a differenza delle banconote della moritura lirazza, sulla moneta unica la BCE non farà stampigliare la vana promessa in alcuna lingua: "Pagabili a vista al portatore", prima di tutto perché l’Euro è esclusivo frutto degli "atti di signoraggio" con i quali la BCE può, al contrario degli Stati membri "appropriarsi di risorse" come, quanto e quando vuole, in secundis perché siamo al "et de hoc satis": una cifra, la traduzione del taglio nelle principali lingue europee, un disegno uguale per tutti ed uno specifico proprio per fare contenti i singoli stati membri, punto e basta... Non si riporterà nemmeno la scritta "officina della Banca Centrale", della serie meno si scrive, meno sono i problemi! Gli Stati membri, dire partners suona aziendale, dire soci, se non è zuppa à pane bagnato, allora vada per "membri" (rende meglio l’idea…) però sono riusciti ad imporsi ed hanno conservato, come prima, la servile facoltà di indebitarsi e/o di svendere i beni della collettività, di tutti noi, e/o di comprare (nazionalizzare) a carissimo prezzo, con i soldi di tutti per favorire pochi, beni che valgono niente (es.: le centrali elettriche tipo SIP (Società Idroelettrica Piemontese) che pagata a peso d’oro ebbe anche il monopolio del telefono (la famosa Società per l’esercizio telefonico, che con la sigla SIP molti si chiedevano che c’azzeccasse) consacrando così il ciclo vizioso consociativista, instaurato da certa classe politica di concerto con il capitalismo assistito che privatizza i profitti e socializza le perdite. Pensare che all’epoca della nazionalizzazione, ancora teen-ager (come dire che capivo nulla), questi capitalisti "piangevano" come vitelli, come da copione (io sapevo nulla del copione..), e finii per temere che mi avrebbero portato via la bicicletta … (4) Di chi è l’EURO all’atto dell’emissione? All’onor del vero non tutti i Comuni d’Italia sgomitano in tutti i modi per fare festa all’Euro infatti vi è chi non partecipa a questa sorta di gara per conquistare il primo posto di Comune EuroPierino anzi, si fa benemerito portatore di proporre un’integrazione, a mio avviso sacrosanta, al Trattato di Maastricht. Il Comune di Guardiagrele (CH) dopo aver sperimentato la prima local money europea, il famoso SIMEC moneta - credito di proprietà del portatore, di cui il 6 ottobre 2000 si è occupato perfino il famoso "Wall Street Journal", con deliberazione n. 72 del 18 settembre scorso, ha approvato un Ordine del giorno, all’unanimità di voti palesemente espressi, che "AUSPICA che il Governo si faccia promotore della proposta di integrare il Trattato di Maastricht con una esplicita ed univoca normativa che riconosca, all’attio dell’emissione, l’EURO DI PROPRIETA’ DEI POPOLI EUROPEI e non della Banca Centrale Europea; CHIEDE che il Governo si adoperi nel senso sopra

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auspicato tanto più perché la suddetta integrazione normativa è del tutto conforme e compatibile con le norme del Trattato di Maastricht."(5) L’ordine del giorno prende le mosse dalla formale diffida, notificata alla Banca Centrale Europea dal Prof. Giacinto Auriti nella sua qualità di Segretario Generale del Sindacato Antiusura SAUS, fondata dall’ accertata mancanza di precisa norma del Trattato che stabilisca di chi sia la proprietà dell’Euro all’atto della sua emissione " e che pertanto è impossibile individuare chi sia creditore e chi debitore nella fase della circolazione."(6) Di conseguenza, si diffida "la Banca Centrale ad astenersi da qualunque forma di emissione di Euro in quanto tale simbolo non può assumere il valore di moneta legale perché carente della certezza del diritto". Il Consiglio Comunale Guardiese infatti ritiene che "il problema sollevato dal Prof. Auriti si impone all’attenzione degli Stati europei perché di vitale importanza in quanto, nel caso in cui la Banca centrale Europea emettesse l’Euro prestandolo, l’Europa rischia di essere dilaniata dal debito come già succede per i popoli del terzo mondo; rilevato perciò che una tale problematica non possa non essere meritevole di considerazione dell’organo rappresentativo, in seno al Comune, di una comunità locale facente parte di uno Stato aderente all’Unione Europea ." Constatato infine "con rammarico e sconvolgente sorpresa che un argomento di tale rilievo sia stato totalmente ignorato al livello di politica economica governativa ed internazionale" il Consiglio Comunale ha auspicato e chiesto quanto di cui sopra. Duisenberg, Governatore della BCE, accuratamente scapigliato per sembrare pieno di pensieri, c’è da giurarci, farà spallucce, tanto ha in mano un Trattato che è una cambiale in bianco firmata dagli esecutivi degli Stati membri dell’Unione. Per fortuna il Prof. Auriti ha magistralmente individuato il buco nero del Trattato perché non facendo menzione circa la proprietà della moneta evidenzia una lacuna che rivela che la BCE non metteva neanche lontanamente in conto di doversene preoccupare visto che gli Stati membri avevano gareggiato nel sottoscrivere la loro totale abdicazione. Purtroppo per la Banca Centrale Europea e fortunatamente per i popoli europei il Prof. Giacinto Auriti insigne Maestro di Diritto ci ha additato il Governatore che, come il re nella famosa favola, è nudo! Un sonoro plauso al Consiglio Comunale di Guardiagrele per il servizio reso al Diritto ed alla verità! (Vittorio Soldaini 1° dicembre 2001) Caro Ugo a questo punto riproporrei, "paro-paro", come forbitamente dicono a Roma, gli Artt. 105A e 107 del Trattato di Maastricht che abbiamo già "additato" sulle pagine di "Impresa e Credito". Et de hoc satis! Note aggiunte (da Luciano Orsini 24/05/2002) (1) Bisognerebbe forse aggiungere che alla restituzione del debito, BOT, CCT, valori mobiliari tornano allo Stato, mentre alla Banca Centrale vanno i soldi dei cittadini che di fatto pagano il debito fatto dallo Stato per il welfare più o meno decente. (Ritornerò dopo su questa affermazione). (2) Luttwak conferma soltanto l’ imprescindibilità delle teorie monetarie, prima di Keynes e poi di Friedmann; ma questo è un problema diverso e ben più importante dal punto di vista economico di quello che accade tra le Banche Centrali ed i governi europei o l’UE. È in realtà il vero problema da affrontare con pensieri nuovi, oltre le denunce. Il vero problema da risolvere è quindi riconoscere il reale valore del processo economico e soprattutto il riconoscimento che ogni movimento monetario deve essere rapportato al valore del denaro in funzione del processo economico per quello che di fatto appare in esso come denaro valore e lavoro. Ogni previsione predittiva sull’andamento non deve portare a movimenti monetari secondo formule prefissate da una dottrina economica. È la dottrina economica la responsabile di quello che accade e che vorremmo modificare. In questo scritto non si

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fa alcun cenno critico nei confronti delle teorie economiche e forse non si ritiene che siano queste a causare il casino Bancario di cui parla Soldaini. Lo Stato richiede (ovvero si fa prestare) alla Banca Centrale gli anticipi di denaro per circostanze che non derivano quindi da una partita in dare ed avere cioè secondo il bilancio reale tra entrate ed uscite fatte dal ragioniere, ma derivano quasi esclusivamente da previsioni macroeconomiche. E’ chiaro quindi che si confondano le stesse origini del denaro e del giro economico al quale è sottoposto. Questo significa che lo Stato si fa garante presso la Banca Centrale per i propri prestiti bancari fornendo in pegno i propri beni, in titoli od immobili o tramite ipoteche e s’impegna in seguito a pagare per mezzo delle tasse. Il problema quindi è il modo d’intendere il fisco che comporta le circostanze anomale per cui lo Stato fa pagare ai cittadini i debiti contratti con la Banca Centrale. Senza dimenticare che lo Stato riceve i propri benefici di signoraggio dai rapporti che contrae con la Banca Centrale, la quale ha un patrimonio privato di fondazione e presta in genere non carta ed inchiostro, ma soldi veri che stanno in deposito nei suoi forzieri. È da questi ultimi che escono i soldi prestati allo Stato e non si tratta sempre di prestiti con nuove emissioni che peraltro vengono fatte anche nei confronti della Banche. Il vero problema è che la Banca Centrale sia messa nella condizione di non emettere nuove monete se queste con corrispondono a titoli o monete tesaurizzate come patrimonio della Banca Centrale. I fatti devono essere riferiti fino in fondo e gli errori denunciati fino in fondo facendo emergere i fatti che potrebbero correggere gli errori medesimi. Questo è un campo in cui anche coloro che sono esperti o consapevoli possono perdere la tramontana dietro una distorsione che tuttavia è un sintomo e non una causa di malattia. Quindi quello che denunciano Auriti ed Soldaini, mi appaiono - fino a prova contraria - come verità non dimostrate fino in fondo e comunque nella loro semplice enunciazione possono essere tranquillamente superate - a mio parere, dalla fiscalità monetaria. (3) Il debito pubblico, comunque nasca è prodotto dalla politica che ritiene di dover assistere i cittadini (welfare) prelevando soldi agli imprenditori ed ai lavoratori in genere. Il debito pubblico proviene, anche se in maniera molto improvvida, da una sorta d’anticipo fatto dallo Stato presso la Banca Centrale per le spese di welfare a beneficio dei cittadini che poi dovranno pagarsi da soli con le tasse quello che serve per il sostegno del welfare. Chi pensa che il welfare sia veramente pagato dallo Stato da sempre, da quando esiste lo Stato? Semmai si può dire che molti governi possono essere incapaci di amministrare uno Stato e quindi fanno una cattiva politica e spendono male i soldi. Tutto questo è fin troppo realistico tanto da aver portato Berlusconi a Palazzo Chigi. Perché allora ci si dovrebbe scandalizzare se lo Stato restituisce un prestito per i cittadini con i soldi dei cittadini? Mi sembra un metodo sbagliato che occorrerebbe correggere partendo dalle sue cause reali, senza demonizzare la Banca Centrale che pure ha le sue gravi responsabilità. D’altro canto lo Stato, qualora volesse provvedere al welfare con i propri mezzi, invece di chiedere soldi alla Banca Centrale potrebbe vendere i propri patrimoni fino a ridursi in mutande, vendendo anche il patrio suolo agli stranieri od anche ai suoi cittadini come hanno fatto alcuni palestinesi dei territori occupati. Soltanto così lo Stato potrebbe ricavare un vero e proprio capitale da investire per il welfare, senza prestiti bancari e quindi senza debiti per i cittadini. Quindi a me pare che dovremmo restare con i piedi per terra ed ammettere che tutte le manovre monetarie altro non sono che effetti di un agire politico senza idee o con errati pensieri economici.

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(4) Tutte queste satiriche o grottesche denuncie di una realtà sociale e politica non dipendono dai rapporti tra Stato e Banche Centrali, ma dalle politiche monetarie che non tengono conto del processo economico. Quindi è necessario arrivare ad una conduzione dei complessi movimenti monetari e quindi della fiscalità corrispondente alla realtà del processo economico. Una moneta appartiene soltanto a chi l’ha ricevuta in cambio di una merce venduta o di un servizio. La Banca presta denaro, proprio o in deposito di clienti che ce l’hanno messo, e per questo prestito esige restituzione ed interessi. Questo procedimento di per sé non è malsano perché è sostenuto dal livello sociale degli uomini che accettano di essere nati in un Paese senza possedere nulla, mentre ciò è falso perché ad ogni cittadino dovrebbe appartenere (in denaro) almeno una percentuale del terreno dello Stato sul quale è nato e questo noi lo chiamiamo reddito di cittadinanza. Basta esaudire questo diritto per far rientrare nell’alvo delle comuni transazioni del prestito e del credito ogni atteggiamento bancario. È chiaro che, senza la medicina del reddito di cittadinanza, può sembrare un grossa ingiustizia chiedere denaro in prestito ad una Banca, la quale a sua volta farà il suo naturale percorso illusorio, che tuttavia non è di per sé truffaldino. Truffaldino, comunque non del tutto corretto, è invece prestare denaro virtuale, ovvero che non è in deposito nella Banca, a chiunque appartenga, e che quindi ha valore zero, anzi carta + inchiostro. Questo fenomeno va certamente controllato e contenuto, ma non è alla radice del male bensì è un’opportunità concessa dal male ed il male è la teoria monetaria e le formule econometriche. (5) Il denaro all’atto dell’emissione, secondo me, non appartiene al popolo e non si può dire tout court che invece appartiene al popolo dal momento che tutto il denaro in circolazione, nella sua essenzialità appartiene alla circolazione economica dei beni prodotti. In realtà appartiene a tutti e nessuno e quando entra nelle tasche di qualcuno il denaro deve rappresentare un’avvenuta transazione di beni. In altre parole il denaro che è in qualche luogo, come proprietà di alcuni o di moltissimi, ha un valore che appartiene all’intero processo economico che non è di nessuno ma di tutti coloro che vi hanno concorso, senza che per questo ne derivi anche il diritto di possederlo materialmente. Si tratta di tener conto di un significato "energetico" del denaro e non della sua natura oggettuale fisica e tangibile. Quindi il denaro, si tratti di lire o di euro, non è del popolo sic et simpliciter, senza neppure discutere i fatti, dal momento che questa affermazione è falsa, perché al popolo appartiene realmente soltanto il denaro che ha guadagnato con il lavoro o che ha ereditato e, per diritto indiscutibile, il reddito di cittadinanza. Dovremmo considerare lo Stato come un qualsiasi imprenditore che offre alla Banca Centrale un pegno in cambio di moneta che rappresenta un prestito come per qualsiasi imprenditore e, come un imprenditore, dovrà restituirlo con gli interessi previsti. Come ho detto lo Stato può modificare questo costume e vendere per esempio i propri beni immobiliari alla Banca Centrale in cambio ovviamente di denaro per il welfare. In tal modo la funzione di protezione dello Stato sarebbe corretta e senza produrre un debito, ma soltanto un decremento del suo capitale. In realtà nessuno Stato è un reale benefattore del proprio Paese dal momento che semplicemente anticipa ai cittadini, per mezzo del prestito bancario, i soldi che gli servono per il welfare, ma che i cittadini stessi devono pagare in seguito con le tasse. Ogni volta che si fa la legge finanziaria, ed accade ogni anno, viene sancita questa realtà strutturale dello Stato: programmare stanziamenti, prendere i soldi dalla Banca Centrale, effettuare alla meno peggio o al meglio i programmi di welfare e poi restituire il prestito alla Banca Centrale con i soldi del fisco, quindi dei cittadini. Quindi lo Stato semplicemente media un rapporto debitore-creditore che vincola i cittadini alla Banca Centrale. C’è da chiedersi se in questo iter esista un illecito e se sì da cosa sia prodotto. Si dice che la moneta emessa appartiene ai cittadini. Non è vero. Se questa moneta esprime un valore mercantile, ovvero di merci già prodotte (o titoli di qualsiasi genere) ed in possesso della Banca, può essere data in prestito per essere

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avviata ad ulteriore elaborazione nel processo economico. Sebbene sia vero il fatto che sono i cittadini a dare il valore al denaro con il loro lavoro relativo alle merci che hanno già prodotto, per questo stesso motivo non possono essere definiti anche detentori del denaro appena emesso, perché questa definizione non è vera. I cittadini sono bensì responsabili del valore del denaro che è girato nel processo economico con la loro attività, ma non del denaro che viene emesso e che deve ancora entrare nel processo economico. È come se dicessi: dal momento che io posseggo la sedia che mi sono costruito per questo stesso motivo mi appartengono tutte le sedie che vedo in giro. Dal suo canto la Banca Centrale incorre o può incorrere nell’illecito emettendo moneta sine materia o senza valore se non quello della carta e dell’inchiostro, cioè senza valore corrispondente ad una merce e pretendendo di darla in prestito con interessi. La Banca Centrale quando fa questo è guidata dal pensiero economico della teoria monetaria, legale, da tutti affermata e da nessuno criticata, neppure da chi critica il comportamento della Banca Centrale, secondo la quale sarebbe necessario ampliare o diminuire il quantum del denaro in circolo per pilotare il processo economico tra i due respingenti astratti e meramente prevedibili della inflazione e della deflazione. È sulla base di quest’imprecisione o predittività macroeconomia con carattere di scienza e quindi indiscussa che la Banca Centrale si permette di emettere nuova moneta senza valore ma che si pensa, secondo i calcoli degli economisti, dovrà per forza acquistarne con il lavoro della gente nel momento che di fatto entra in circolazione. A mio parere è ciò che deriva da questa causa che manda in bestia Auriti ed il simpatico Soldaini, ma io mi chiedo perché non si affronti fino in fondo questo argomento in direzione di questa traccia invece di arenarsi su un sintomo concettuale ossessivamente ripetuto, ovviamente con grande garbo e simpatia. Peccato che questo sintomo concettuale non conduca ad altro che all’osservazione di un fatto (l’emissione monetaria), senza osservare e discutere su quello che accade prima e quello che accade dopo l’evento stesso. Il tapin roulant di questa faccenda e che secondo me ci dobbiamo dire (sempre il "diciamo" di Fiorello) è dato dal fatto che il denaro, invece di essere il testimone di tutto il processo economico, è indotto da una teoria monetaria ad acquisire movimenti assurdi secondo un criterio matematico formale o formulare. È come se il sangue circolante nelle nostre arterie fosse costantemente deviato dal suo percorso verso una zona a caso dell’organismo dove si ritiene che sarà necessario al termine di una corsa di dieci chilometri: ma nel frattempo il malcapitato muore asfissiato. (6) Quando tutti noi siamo venuti a contatto con l’euro lo abbiamo "scambiato" con le nostre lire; non mi sembra che si possa parlare di posizione debitoria o creditizia.

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Sopra la Banca l’Usuraio campa, sotto la Banca il Cittadino crepa (ovverosia: democrazia o usurocrazia?) (di Nereo Villa) Che le banche (IOR compreso) siano vissute dalla gente come le istituzioni legalizzate dello strozzinaggio è una realtà incontrovertibile. E che la stessa istituzione bancaria sia stata aspramente contestata da noti personaggi della destra e della sinistra può essere ben riassunto dalle frasi di due famosi personaggi: Ezdra Pound - "i politici non sono altro che i camerieri dei banchieri"; Bertold Brecht - "che cos'è una rapina in banca a confronto della fondazione di una banca?". Quanto segue è la spiegazione sintetica della struttura, della funzione e quindi dell'essenza stessa dello strumento monetario. Per quanto riguarda lo IOR (banca vaticana), si osservi la storia del caso Marcinkus (Banco Ambrosiano) e di Calvi, le connessioni dello IOR con la mafia americana e l'articolo 2266 del catechismo romano (premessa teologica della "guerra giusta"), in cui viene giustificata la "guerra giusta" e perfino la pena di morte. Per quanto riguarda banche e multinazionali, occorre prendere coscienza che a partire dal Millesettecento ad oggi si è realizzata una forma cancerogena di sovranità monetaria internazionale e sovranazionale: l'oro, che dalla prima metà del 1900 aveva svolto la funzione di comune denominatore delle varie monete, non bastava più a soddisfare la sempre più crescente necessità di liquidità. Lo strumento capace di assolvere tale necessità fu ed è la sostituzione-truffa della moneta nominale con la moneta merce: chi emette moneta se ne attribuisce autoritativamente la proprietà pur non essendo proprietario di alcun valore corrispondente alla moneta emessa. Tale modifica, procede attraverso i seguenti passaggi del mondo occidentale, occultamente degenerativi di tutto il tessuto sociale: - 1694: l'oro viene trasformato in carta dalla banca d'Inghilterra, il cui fondatore William Paterson, dichiara spregiudicatamente: "Il banco trae beneficio dall'interesse su tutta la moneta che crea dal nulla". - 1773: la truffa funzionò al punto che un secolo dopo si trasformò in cinismo, e nel 1773 Amschel Mayer Rothschild, il fondatore tedesco di tale impero finanziario dichiarava addirittura: "La nostra politica è quella di fomentare le guerre, ma dirigendo Conferenze di Pace, in modo che nessuna delle parti in conflitto possa ottenere guadagni territoriali. Le guerre devono essere dirette in modo tale che le Nazioni, coinvolte in entrambi gli schieramenti, sprofondino sempre di più nel loro debito e, quindi, sempre di più sotto il nostro potere". - 1885: Marx svela nel Capitale (Libro I, capitolo 24, paragrafo 6, Editori Riuniti, Roma 1974, pp. 817-818) i tratti truffaldini del meccanismo su cui stavano crescendo le banche centrali ("Fin dalla nascita le grandi banche agghindate di denominazioni nazionali non sono state che società di speculatori privati che si affiancavano ai governi e, grazie ai privilegi ottenuti, erano in grado di anticipare loro denaro. Quindi l’accumularsi del debito pubblico non ha misura più infallibile del progressivo salire delle azioni di queste banche, il cui pieno sviluppo risale alla fondazione della Banca d’Inghilterra (1694). La Banca d’Inghilterra cominciò col prestare il suo denaro al governo all’otto per cento; contemporaneamente era autorizzata dal parlamento a battere moneta con lo stesso capitale, tornando a prestarlo un’altra volta al pubblico in forma di banconote. Non ci volle molto tempo perché questa moneta di credito fabbricata dalla Banca d’Inghilterra stessa diventasse la moneta nella quale la Banca faceva prestiti allo Stato e pagava per conto dello Stato gli interessi del debito pubblico. Non bastava però che la Banca desse con una mano per aver restituito di più con l’altra, ma, proprio mentre riceveva, rimaneva creditrice perpetua della nazione fino all’ultimo centesimo che aveva dato"), ma questo punto rimane inascoltato dai comunisti stessi. Oggi, le parti sociali non hanno ancora compreso che la riduzione del potere d'acquisto dei salari non è imputabile ai datori di lavoro o ai governi, ma alle banche centrali, perché solo esse hanno il potere di determinare arbitrariamente

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spinte inflazionistiche o deflazionistiche, costringendo gli imprenditori o a cessare le attività produttive o ad accettare la flessibilità, adeguando costi e prezzi alle oscillazioni dei valori monetari che guidano la stessa globalizzazione dei mercati. In tal modo il principio cardine del regime contrattuale: "Il contratto ha la forza di legge tra le parti" è rovesciato nel nuovo principio: "La legge ha forza di contratto tra le parti". E la legge della moneta non la fa né il datore di lavoro, né il governo, ma il padrone dei (nostri) soldi: il governatore della banca centrale. (Quindi le contestazioni relative alla flessibilità, non avrebbero dovuto essere sollevate nei confronti dei datori di lavoro, ma nei confronti delle banche centrali, da governo, datori di lavoro e lavoratori, uniti sullo stesso fronte. Le rivendicazioni sindacali basate sul plusvalore sono ormai impossibili perché, con la globalizzazione dei mercati, viene meno la possibilità di un ragionevole affidamento sulla esistenza stessa del profitto. E ciò è confermato dalle imponenti crisi economiche, ad es., nel settore automobilistico). - 22 luglio 1944: gli Stati del mondo disegnano un nuovo sistema monetario in un'anonima località americana, Bretton Woods. In questo nuovo sistema, tutte le monete erano convertibili nel dollaro e solo questo era convertibile in oro. Allo stesso tempo venne istituito il Fondo Monetario Internazionale (FMI), con lo scopo di venire in soccorso a quei paesi che non potevano sostenere la parità determinata a Bretton Woods tra le monete. Tali accordi ebbero principalmente tre conseguenze: 1) gli Stati Uniti cominciarono a stampare più dollari che giornali, dato che era la loro moneta a garantire l'equilibrio del sistema; 2) tutti gli Stati del mondo costituirono riserve per l'emissione di banconote utilizzando dollari, di cui c'era sul mercato finanziario una grande offerta (all'inizio degli anni Settanta, l'80 per cento delle riserve valutarie di tutti gli stati del mondo erano costituite da dollari; 3) il FMI controllava le politiche economiche di tutti i paesi del mondo attraverso il ricatto della leva monetaria. Stati Uniti ed Inghilterra avevano contribuito con l'80% di propri versamenti alla costituzione del FMI, e pertanto ne condizionavano l'attività in maniera determinante. Il sistema resse senza particolari scossoni fino al 1970. Ogni tanto il FMI interveniva a "aiutare" paesi in difficoltà con il cambio della propria valuta, obbligandoli a politiche keynesiane per renderli più docili e sottomessi agli interessi delle potenze occidentali. Il crac si ebbe quando i paesi aderenti all'OPEC, ovvero il cartello dominato dagli arabi dei paesi produttori di petrolio, decisero di aumentare considerevolmente il prezzo del barile (che quadruplicò in pochi mesi) e di rifiutare i pagamenti in dollari, pretendendo il pagamento in oro. I paesi dell'Occidente che, come accennato, avevano riserve in gran parte costituite da dollari, cercarono di cambiare questi dollari e farsi restituire l'oro che avrebbe dovuto essere custodito nei forzieri di Fort Knox, per poter fare fronte ai propri debiti. Ma gli americani non avevano oro a sufficienza, dato che già allora il totale del circolante era di gran lunga superiore all'oro esistente su tutta la terra. (Per dare l'idea della proporzione fra oro e valore monetario circolante, occorre considerare che le attuali riserve auree dei paesi del mondo non superano le 200.000 tonnellate. Eppure il corrispettivo in oro di tutte le banconote e gli equivalenti monetari che girano per il mondo ai prezzi correnti ammonta a un corrispettivo di 75 000 000 di tonnellate di oro. Non è uno scherzo: settantacinque milioni di tonnellate, che ovviamente non esistono... e questi dati sono solo del 1995! - 15 agosto 1971: Nixon annuncia perciò a Camp David la decisione di sospendere la convertibilità del dollaro in oro, e perciò l'abrogazione unilaterale degli accordi di Bretton Woods svincola il dollaro dal cambio con l'oro. Questa data (agosto '71) costituisce una pietra miliare nella storia del denaro: è il momento cruciale per comprendere la vera natura della moneta. Da allora, infatti, il denaro è definitivamente svincolato da ogni relazione con l'oro. Da allora, i paesi hanno continuato a stampare denaro, fondandolo senza una base "solida", cioè sul nulla.

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SITUAZIONE ATTUALE (marzo '03): la grande modifica effettuata consistente nel fatto che chi emette moneta (senza limite e senza costo) se ne attribuisce la proprietà a titolo esclusivo, comporta una occulta metastasi nel tessuto sociale, chiamata debito pubblico, che è conseguenza logica di questa gigantesca truffa: la banca emette moneta p r e s t a n d o l a. Prestare denaro è una prerogativa del proprietario. La banca emittente è per legge dichiarata proprietaria del denaro all'atto dell'emissione. Ma se la banca emette denaro senza valore come mai il denaro ha valore? Chi crea il valore monetario è il cittadino, cioè la comunità, attraverso il sudore della fronte e accettando la convenzione di tale moneta, che non ha altro riscontro se non la sua accettazione. Il sistema bancario invece se ne appropria, ed è oramai avviato a conquistare tramite la sovranità monetaria una sovranità sovranazionale, cioè mondiale. Questo rovesciamento contabile ha realizzato un macroscopico indebitamento di tutti i popoli del mondo verso il sistema bancario: è il fenomeno delle società multinazionali, che conquistano tutti i mercati sbaragliando ogni concorrenza: 1) le multinazionali sono controllate dai medesimi gruppi che strumentalizzano il sistema monetario; 2) ed hanno di conseguenza a disposizione, come le banche centrali, senza costo e senza limite tutto il denaro che vogliono (motivo per cui non è possibile nei loro confronti alcun tentativo concorrenziale da parte delle normali imprese commerciali; e da ciò deriva l'inutilità di codificare le cosiddette leggi antitrust poiché il problema che sta a monte è quello di sottrarre il dominio della moneta al sistema bancario). Perciò lo strumento monetario, che dovrebbe essere strumento, appunto, al servizio della collettività, in effetti è una minaccia alla libertà del cittadino e dei popoli. Il cosiddetto oro-carta (la cartamoneta) è stato accettato come fatto del tutto normale e ragionevole. Il suo valore è convenzionale, così come convenzionali sono il metro o il chilogrammo come unità di misura. Ma al valore convenzionale monetario è stato aggiunto qualcosa di più: il convincimento (erroneo) che esista un limite oggettivo alla emissione della moneta, e cioè che stampare moneta non sia gratuito (come invece è) perché tale stampa sarebbe condizionata dalla disponibilità di un bene reale e limitato: l'oro. In realtà, invece, la collettività da' merce (che ha un costo) in cambio di cartamoneta, che costo non ha (se non quello tipografico): succede cioè che un valore convenzionale può concretizzarsi in un bene reale, oggetto di diritto di proprietà: la (carta)moneta. Tradizionalmente questo valore era però generato dal fatto che, ritenendosi il valore un "qualcosa" connesso alla materia, si riteneva di definire il valore monetario come "intrinseco" all'oro. E, una volta "inventata" la cartamoneta, si giustificava il suo valore sulla base della riserva aurea depositata in banca. Senonché questa costruzione è venuta a cadere dopo l'abolizione degli accordi di Bretton Woods decretata nel '71. E quindi oggi la (carta)moneta ha la veste del "titolo di credito", anche se tale non è: l'espressione riprodotta sulle vecchie banconote italiane era infatti quella tipica della cambiale al portatore sottoscritta dal Governatore della Banca Centrale: per es.: "£ 100.000 pagabili a vista al portatore). Ma che la (carta)moneta sia una falsa cambiale generatrice di debito pubblico emerge dal fatto che, se si presenta la banconota all'incasso, la banca non paga ed è autorizzata dalla legge a non pagare né con oro, né con altro valore (inoltre la cambiale normale si estingue col pagamento, mentre la banconota continua a circolare, dopo ogni transazione, indefinitamente). La strategia di dominazione dei mercati è basata sulla confusione, deliberatamente preordinata nella coscienza del cittadino, tra i due concetti di valore creditizio e valore convenzionale. La non consapevolezza della differenza fra valore convenzionale e valore creditizio permette a poche famiglie di furbi guerrafondai di dominare il mondo e schiavizzare il popolo esattamente come ai tempi di Iside e delle piramidi:

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spacciando sottoforma di titolo di credito il valore convenzionale, il sistema bancario consegue lo scopo di appropriarsi dei valori convenzionali prodotti dalla collettività, in quanto è chi accetta una convenzione che crea la convenzione stessa, e quindi è la collettività che, accettando la moneta come unità di misura e mezzo di pagamento ne crea e ne conserva il valore (e di conseguenza, ne dovrebbe detenere la proprietà). La banca invece, approfittando del fatto che l'emissione del titolo di credito (il cosiddetto "pagherò la cambiale") è prerogativa del debitore, apparendo come debitore sulla banconota, ed arrogandosi il diritto di emettere il titolo di credito (la banconota), si è impadronita della proprietà della moneta. Con questo sistema riesce a trasformare un debito apparente in un arricchimento sostanziale. La scritta che compariva sulla banconota, per es.: "£. 100.000 pagabili a vista al portatore" stava a significare che, esibendo questo documento alla banca, essa avrebbe dovuto corrispondere con l'equivalente merce (oro). Ma poiché ora (addirittura per legge) la banca non può convertire in oro i titoli monetari, essa è autorizzata ad emettere questa cambiale (che è una falsa cambiale in quanto senza scadenza né responsabilità) con la "garanzia" di non pagarla. La banca realizza così un doppio lucro pari alla differenza tra valore nominale e costo tipografico della moneta - a cui aggiunge poi gli interessi sul "prestato" - e trasforma un proprio debito apparente in un arricchimento sostanziale mediante un macroscopico rovesciamento contabile di cui nessuno si scandalizza - forse perché troppo evidente - e che le consente di appropriarsi di un valore che non ha nulla a che vedere col credito. Perché il credito si estingue col pagamento e la moneta invece continua a circolare. Queste sono le vere ragioni che determinano ogni guerra, compresa quella futura all'Iraq, probabilmente per sostituire all'oro che manca, l'oro nero, il petrolio. È tempo, dunque, che l'opinione pubblica si renda conto che chi crea il valore della moneta non è chi la stampa o la emette, ma chi l'accetta come mezzo di pagamento, cioè la collettività dei cittadini. La mancanza di questa consapevolezza fa sì che ad appropriarsi del valore monetario non siano i popoli, ma il sistema bancario internazionale, in virtù del monopolio culturale della categoria dei valori convenzionali. Su queste premesse si può comprendere l'esatta portata della lettera spedita da uno dei Rothschild alla Ditta Kleimer, Morton e Vandergould di New York il 26 giugno 1863: "... Pochi comprenderanno questo sistema, coloro che lo comprenderanno saranno occupati nello sfruttarlo, il pubblico forse non capirà mai che il sistema è contrario ai suoi interessi". Dai tempi di Copernico la concezione del mondo è mutata solo in senso eliocentrico, non riguardo al sistema monetario ed alle conseguenti imposizioni fiscali, che sono rimaste ancora quelle precedenti al copernicanesimo ed al cristianesimo. (Da questo punto di vista infatti la frase fatta "sono un onesto cittadino che paga le tasse" risulta conforme al cristianesimo solo se si stabiliscono chiaramente i concetti di "causa" e di "effetto", altrimenti è un'affermazione assurda, in cui l'onestà non è altro che schiavitù, e significa in realtà "sono uno schiavo". Infatti solo se fosse stabilito chi è il padrone del denaro si potrebbe "dare a Cesare ciò che è di Cesare". Oggi invece non si sa assolutamente chi sia il proprietario del denaro in circolazione, in grado di prestarlo ai cittadini tramite emissioni monetarie e formazione di debito pubblico). Il sistema, in quanto basato sulla violazione dei più elementari diritti umani, sta assistendo al suo inevitabile crollo. D'altra parte va ricordato che la concezione copernicana fu considerata permessa dalla chiesa cattolica romana solo nel 1822 (Santo Uffizio dell'11 settembre 1822)! Forse che per la socializzazione della moneta (reddito di cittadinanza, proprietà del portatore della moneta, e triarticolazione dell'organismo sociale) si dovranno attendere tempi altrettanto lunghi, cioè fino a

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quando tutto ciò non sia riconosciuto non dalla chiesa ma dai partiti, dalla scienza ufficiale e dai massmedia? In ogni caso, se pensi che la gestione della moneta sia roba da banchieri, è proprio per questo pensiero che ti hanno sempre gabbato. L'unica risposta a Bin Laden è il Prete Gianni in te stesso. (Ho parlato di questo argomento nel '95 nel mio libro "Il sacro simbolo dell'arcobaleno" e oggi molte bandiere arcobaleno vengono esposte in tutta Italia. La pace però va costruita culturalmente, non artificialmente).

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Intervista a Giacinto Auriti (di Dino Granata)

Giacinto Auriti, 77 anni il prossimo mese d'ottobre, ex docente di quattro cattedre di Giurisprudenza. Cofondatore dell'Università di Teramo. Diverse pubblicazioni in materia giuridica. In questa lunga intervista ci parla del suo progetto monetario "alternativo". La Guardia di Finanza ha eseguito degli accertamenti a scopo cautelativo. Ma non c'è dubbio, fa intendere il "vecchio" professore, che questo progetto se reso operativo, potrebbe mettere in discussione l'intero sistema economico mondiale. E' stato lo scopo unico di un'intera vita di studi, sacrifici ed incomprensioni. Un progetto al quale, partendo dalla dottrina sociale della chiesa, ha lavorato ininterrottamente per oltre trent'anni. Adesso Auriti, con una nomination al Nobel per l'Economia, lo ha trasformato in un fatto concreto ed operativo. Come laboratorio di partenza il professore ha scelto il suo paese, Guardiagrele, quindicimila anime ai piedi di un'imponente massiccio roccioso proprio nel cuore dell'Abbruzzo. Prof. Auriti la Guardia di Finanza ha sequestrato i simec da Lei messi in circolazione. Perché? Perché c'è un provvedimento della procura della repubblica che ha ordinato il sequestro dei simec, e hanno portato come giustificazione la violazione delle norme bancarie, che sono norme ridicole, un provvedimento assolutamente infondato perché noi abbiamo dimostrato che è valore indotto e non valore creditizio. Abbiamo esercitato un diritto come ha detto Bruno Tarquini, procuratore generale di Cassazione scrivendo la sua relazione sulla materia ad un congresso tenutosi all'università. Il titolo è questo, "I simec: legittimità costituzionale e legislativa dell'induzione giuridica". Quindi si può fare. Che motivazione daranno all'operazione di sequestro? Questo è un sequestro preventivo direi cautelativo, perché non c'è un'imputazione di reato. Dovranno dimostrare che noi nel pieno rispetto dall'articolo 42 della Costituzione e delle leggi italiane abbiamo commesso qualche reato. Sarebbe veramente assurdo tutto ciò. Anche perché noi abbiamo fatto tutto alla luce del sole. Che cosa succede adesso a Guardiagrele? E come se ci avessero tirato il sangue. La liquidità sul mercato è come il sangue. Questo blocco improvviso della nostra liquidità è un fatto grave, i miei concittadini, i commercianti, si troveranno presto sull'orlo del fallimento, quindi dal paradiso sono precipitati nell'inferno per il provvedimento di un magistrato che, cosi facendo, sta di fatto uccidendo un paese. Un paese che era chiamato la piccola Svizzera, che era rinato perché tutti entusiasti dell'iniziativa. Ora è precipitato nell'impossibilità di pagare, perché se tu hai la moneta e te la tolgono e come se togliessero il sangue dal mercato. Io sono indignato per questo. Non crede che tutto ciò abbia dei risvolti positivi, cio è una maggiore legittimazione e attendibilità per il suo progetto? Certo. Comunque noi gli risponderemo per le rime, perché noi abbiamo ragione da vendere. Noi abbiamo avuto un magistrato che non è informato sul valore giuridico del Simec. Dopo anni di teoria e di studio Lei era riuscito a rendere operativo un progetto che lo stesso sindaco di Guardiagrele l'aveva definito una Rivoluzione copernicana. Ci sarà da parte sua un nuovo tentativo? Questa è una rivoluzione che non si ferma più per una ragione molto semplice: perché è vera. E poi perché è scientificamente inconfutabile. La moneta deve essere di

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proprietà del popolo non della banca, oggi la banca emette la moneta prestandola ai cittadini; siccome prestare è una prerogativa del proprietario, si appropria il valore monetario creato dai cittadini, quindi deve accreditare; e allora questo principio è talmente forte è talmente valido che nessuno lo può contestare. Sembra utopia ma non è utopia. Sul piano scientifico l'utopia non esiste. Se ti avessero detto un secolo fa che si andava sulla luna l'avresti preso per matto. La stessa cosa il principio della proprietà popolare della moneta. Dunque, noi da questo punto di vista siamo tranquilli, superata questa fase del sequestro, che noi consideriamo un episodio meramente marginale rispetto alla logica della scuola che noi stiamo portando avanti sul piano della moneta. Be superato questo, si affermerà in tutto il mondo perché i popoli preferiranno essere proprietari piuttosto che debitori dei loro soldi. Oggi tutti i popoli sono poveri perché hanno un debito pari a tutto il loro denaro, perché all'atto dell'emissione la banca centrale emette moneta solo prestandola, mentre dovrebbe accreditarla e non addebitare. Ecco, questo è quello che noi sosteniamo. Il comune di Guadiagrele è stato reso famoso grazie a Lei per questo motivo, anche se l'amministrazione non ha preso parte all'iniziativa. I comuni di tutta Italia possono entrare nel merito di un "sistema monetario autonomo"? Eccome! Lo abbiamo scritto sulla moneta simec, ossia Simbolo Econometrico convenzionalmente accettato nei comuni collegati e collegabili a norma della legge che collega i comuni per scopi sociali. Non solo, lo abbiamo detto anche nella scritturazione apposta sul simec, noi abbiamo affermato che questo è emessa in attuazione del secondo comma dell'articolo 42 della costituzione che sancisce l'accesso alla proprietà per tutti. Quindi è la costituzione che dice di creare un diritto della persona con contenuto patrimoniale, e il contenuto patrimoniale noi lo creiamo con i simec, quindi non diamo come contenuto economico beni di consumo o beni programmati dai vertici politico economici come nei paesi socialisti, ma diamo ai cittadini il denaro per comprarli, in modo che il cittadino quando spende sceglie i beni che vuole consumare. Ecco il principio della proprietà popolare della moneta che è il reddito di cittadinanza. E questo significa anche rispettare le linee della dottrina sociale della chiesa; ad esempio la "Renum Novarum" essenzialmente si basa su due parole: tutti proprietari. E noi lo facciamo con i simec perché sono diventati moneta locale, quindi hanno valore indotto, e allora diamo al cittadino il denaro per comprare quello che vuole. Cosi fosse, il progetto monetario da Lei concepito è destinato ad estendersi a macchia d'olio non solo in Italia ma in tutta Europa? Infatti! Anche in America ne parlano. Mi ha telefonato un'Agenzia giornalistica americana, perché anche loro vogliono essere proprietari dei dollari che oggi appartengo alla Federal Reserve Bank, come il popolo inglese vorrà la proprietà della Sterlina che appartiene alla Banca d'Inghilterra fino ad arrivare ad un principio universale: ogni popolo proprietario della sua moneta, per rispondere cos“ alla globalizzazione. Come lo spiega alle Società per Azioni che battono moneta? Bè questo è lo stesso linguaggio che uno può avere col cane che non vuole mollare l'osso. Hanno senza averne il diritto la proprietà della moneta che hanno usurpato con l'avvento dello Stato costituzionale. La cosa più grave che è successa con la rivoluzione francese è stata la moneta nominale, e la Banca di Francia, che è stata la malattia che ha poi invaso tutto il mondo perché hanno tolto la sovranità monetaria al potere politico, per darla al vertice delle alte logge che noi ben conosciamo. E allora, in questa situazione noi vogliamo contrapporre alla proprietà di banca la proprietà di popolo. Ecco perché tutti i popoli sono con noi; noi gli facciamo una domanda

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elementare: volete essere proprietari o debitori dei vostri soldi? All'atto dell'emissione la banca d'Italia stampa e presta mentre deve stampare e accreditare. Quando stampa e presta carica il costo del denaro del 200 per cento, quindi fa usura. Come lo avete definito questo progetto? Lo abbiamo chiamato "Democrazia Integrale" perché la parola democrazia vuol dire sovranità al popolo. Questo a noi sta bene, però il popolo deve avere la sovranità monetaria, cioè la proprietà della moneta all'atto dell'emissione, altrimenti il popolo sarà costituito solo di camerieri dei Banchieri. Sta subendo pressioni personali data la delicatezza dell'argomento? No, devo dire di no, l'unica cosa che sto costatando e che prendono questi provvedimenti cosi, senza alcuna logica. Questo di per se è molto strano. Però sa una cosa? Cosa professore? Ho avuto una soddisfazione morale, quando è andata via da casa mia la Guardia di Finanza, ho notato che c'era tutto il popolo in piazza. C'è stato uno scroscio d'applausi che mi ha veramente commosso, E questo sa perché? Perché coi simec gli ho raddoppiato la pensione. E' venuto anche un giornalista a vedere com'è la realtà. Be, uno gli ha detto, "guardi io prendo settecento mila lire di pensione il mese, prima non campavo, ora invece campo bene. Capisce? La gente ha toccato con mano, tutto qui. Noi vogliamo solo attuare l'articolo 42 della costituzione che avrebbero dovuto attuarla i governi che si sono succeduti e la Banca d'Italia. E quelli non l'hanno fatto, perché a chi ha la pancia piena poco importa di chi ha la pancia vuota. Scusi professore, non vorrei entrare nel merito della sua teoria ma può spiegarci come funziona? Il cittadino viene e cambia il simec alla pari con la lira. Poniamolo cosi: uno deposita centomila lire e prende in cambio centomila simec. I centomila simec in mano alla persona che effettua il cambio diventano duecentomila cioè il doppio, perché il simec per convenzione vale il doppio della lira, e siccome lui l'accetta e accetta anche di partecipare alla convenzione nasce un valore convenzionale che non ha riserva. Il simec è senza riserva: come il francobollo d'antiquariato. Si spieghi meglio Il cittadino va dal commerciante a fare la spesa e quest'ultimo accetta i simec per il doppio perché vale il doppio. Quando vengono da me a fare il cambio, io li cambio per il doppio, perché tutti quanti lo accettano per il doppio. E la differenza chi la paga? Qualcuno afferma che non ho i soldi per fare fronte poi al pagamento della differenza. Ma il simec non è una cambiale con la quale si estingue un pagamento. La cambiale si paga e poi si strappa, il simec invece resta in circolazione perché ha già un valore. Se io non pago la cambiale sono inadempiente. Invece io le monete le cambio, ma non è l'obbligo di un debitore, è solo l'obbligo di chi cura una convertibilità punto e basta. La stessa cosa potrebbe essere con i dollari: supponiamo un cheque, se io non ho le lire sufficienti, effettuo il cambio per metà in lire e per metà in dollari e la stessa cosa vale per i simec, perché i simec sono già un valore indotto, cioè ho in mano il valore monetario, cambio la parte che gradualmente posso cambiare. E allora cosa avviene, che per effetto della velocità di circolazione, che potremmo definire come una dinamo, arrivo a cambiare rapidamente al doppio. Cioè quanta è la velocità tanta e l'energia (valore) prodotta. Le banche funzionano cosi, solo che lo fanno col 10 e anche col 15 per cento. Io lo faccio al 50%.

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Che significa? Significa che la banca con il 10% 15% tiene fronte ad un'esposizione debitoria del cento per cento. A me quello che interessa è la convertibilità, cioè quello che è avvenuto qui a Guardiagrele. Che differenza c'è tra valore indotto e valore creditizio? Il valore indotto è creato dalla convenzione, il valore creditizio è commisurato al valore del bene oggetto del credito. Avete stabilito dei giorni per la convertibilità? No, chi viene da noi lascia le lire e prende i simec, lascia i simec e ritira i soldi, e questo avviene continuamente, tutti i giorni. Come reagisce la gente? La gente è entusiasta perché qui è rinata Guardigrele. Quando è entrato sul mercato il valore indotto del simec è ritornato il sangue nell'economia. E i commercianti? I piccoli commercianti sono rinati. La gente invece di andare negli Ipermercati va dai piccoli negozianti a comprare. Tanto che la grande distribuzione se ne accorta subito, eccome, perchè hanno visto calare le vendite. Visto lo spirito con il quale nasce, l'iniziativa è rivolta solo ai piccoli commercianti, o all'intero organismo produttivo? Solo per piccola e media impresa, perché per la grande distribuzione e le multinazionali, noi non siamo disponibili, e l'ho detto subito. Io voglio salvare la piccola e media impresa che è strozzata da questo mondo di grande capitale che basa, come noi sappiamo, sulla moneta-debito emessa dalle banche centrali. Questo noi l'abbiamo dimostrato nelle Università. Che cosa farete adesso? Aspettiamo fiduciosi perché noi abbiamo dalla nostra la legge. Per adesso l'importante è stato rompere il ghiaccio, e abbiamo dimostrato che senza avere riserva possiamo creare convenzionalmente valore indotto. E come un francobollo d'antiquariato. Inoltre il simec può essere abbinato alla lira. Quindi non c'è incompatibilità tra la lira e il simec. Anzi aumenta il potere d'acquisto nostra moneta. E siccome e valore convenzionale, e prodotto interno lordo. A breve terrete qualche manifestazione? Si, ci sarà presto una riunione con tutti i sindaci d'Italia. Tema? Il reddito di cittadinanza. Dino Granata Per chi volesse approfondire l'argomento, Dino Granata mette a disposizione ulteriori informazioni sul sito: http://utenti.tripod.it/dinogranata/index-5.html

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L'induzione giuridica con particolare riguardo al valore indotto della moneta. (di Giacinto Auriti)

Considerazioni preliminari di teoria generale del diritto. Per spiegare la natura e le caratteristiche dell'induzione giuridica, occorre muovere dalle seguenti premesse di teoria generale: a) il diritto e' uno strumento perche' e' il risultato di una attivita' creatrice dello spirito; b) poiche' ogni strumento e' un oggetto che ha valore, non si puo' definire il diritto se non si definisce il valore; c) il valore e' un rapporto tra fasi di tempo. Cosi', ad esempio, posso dire che una penna ha valore perche' prevedo lo scrivere. Dunque il valore e' il rapporto tra il momento della previsione ed il momento previsto; d) nella prima fase il valore e' il giudizio di strumentalita', che attiene all'oggetto; nella seconda fase e' il momento edonistico, che attiene al soggetto. In questo senso, la realta' spirituale del diritto - in cui risiede la strumentalita' - e' tempo intersoggettivo. Cosi' ad es. il credito e' il rapporto tra il momento "ricordato" della sua instaurazione e quello "previsto" del suo adempimento che lega creditore e debitore. In questo senso si spiega il diritto come rapporto necessario e funzionale tra fasi di tempo e quindi il diritto nella sua forza cogente come "dover essere"; e) da queste premesse emerge che il diritto ha un valore in se', diverso da quello del bene oggetto del diritto perche' soddisfa il bisogno della certezza del diritto. Cosi' ad es. se consideriamo due atti reciproci di donazione tra due soggetti, si ha ex post, un effetto uguale a quello di un contratto di permuta. Ma se le parti, invece di due atti di donazione instaurano un contratto, vuol dire che c'e' il motivo, in quanto ognuno da' la sua prestazione per la certezza giuridica della controprestazione altrui. Dunque nell'elemento convenzionale del contratto risiede un'utilita' e quindi un valore autonomo diverso da quello della prestazione e della controprestazione. Su tale premessa balza evidente la distinzione tra valore creditizio e valore convenzionale: mentre il valore del credito e commisurato al valore dell'oggetto del credito, il valore convenzionale e' creato dalla stessa convenzione e la sua entita' e struttura sono liberamente concepite e realizzate dall'accordo tra le parti. Nasce cosi' un valore che non ha altro costo che attivita' mentale delle parti e' l'elemento materiale necessario alla sua manifestazione formale. La moneta come fattispecie giuridica. Solo su queste premesse e' possibile dare una definizione scientifica della moneta, colmando una lacuna culturale millenaria non pi'u' tollerabile. La moneta ha valore perche' e' misura del valore. Poich‚ ogni unita di misura ha la qualita' corrispondente a cio' che deve misurare, come il metro ha la qualita' della lunghezza perche' misura la lunghezza, cosi' la moneta ha la qualita' del valore perche' misura il valore. Qui l'attivita' convenzionale non e' produttiva solamente della misura del valore, ma anche del valore della misura: quello che noi chiamiamo "potere d'acquisto". Nella moneta si verifica un fenomeno analogo a quello dell'induzione fisica. Come nella dinamo l'energia meccanica causa energia elettrica, cosi' nella moneta, la convenzione causa il valore indotto nel simbolo. Pertanto la moneta e' un bene collettivo in quanto creato dalla convenzione sociale, ma di proprieta' privata individuale, attribuita, a titolo originario, al portatore del simbolo, in virt'u' dell'induzione giuridica. L'ostacolo di fronte al quale tutti gli economisti si sono fermati si basa sull'errore iniziale di non aver definito la moneta come fattispecie giuridica e lo stesso diritto come strumento o bene esso stesso e cioe' come espressione di un valore proprio, diverso da quello del bene oggetto del diritto. Su questo equivoco iniziale, si e' preteso di giustificare il valore monetario sulla base della riserva d'oro confondendo e spacciando sotto la

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parvenza di valore creditizio, il valore indotto, ossia configurando la moneta, non come misura del valore, ma come titolo di credito rappresentativo della riserva. La moneta non e' credito ma oggetto di credito. Del resto se fosse vero che la riserva serve a conferire alla moneta il potere di acquisto, dopo la cessazione degli Accordi di Bretton Woods, e con l'abolizione della riserva d'oro, il dollaro avrebbe dovuto perdere totalmente il suo valore: mentre non solo non ha perso valore, ma ha sostituito l'oro come moneta base del sistema monetario mondiale. La tesi che pretende di giustificare il valore della moneta sulla base della riserva e' clamorosamente errata oltretutto perche' fondata su una concezione materialistica del valore. Di solito si considera il valore dell'oro come una proprieta' del metallo ed in questo senso si parla impropriamente di "valore intrinseco". Anche l'oro ha valore perche' ci si e messi d'accordo che lo abbia. Siccome questo metallo e' stato considerato tradizionalmente come simbolo monetario, per consuetudine gli e' stato attribuito il valore indotto. Poich‚ la convenzione e' una fattispecie giuridica, ed ogni unita' di misura e' convenzionalmente stabilita, la materia prima per creare moneta, e' esattamente la medesima che serve a creare fattispecie giuridiche e cioe' spazio e tempo: spazio, che e' la materia con cui il simbolo monetario si manifesta; tempo che e' la previsione convenzionale della possibilita' di comprare. L'elemento formale della fattispecie monetaria pu• essere l'oro o qualsiasi altro simbolo di costo nullo come carta ed inchiostro. Questo aspetto della irrilevanza del valore della merce con cui il simbolo monetario si manifesta, e acutamente rilevato dal Nussbaum, il quale analizzando la storia monetaria delle colonie americane, rileva che, quando le merci venivano accettate come moneta, si verificavano contestualmente due fenomeni: aumentavano di valore e la merce di cattiva qualita' acquistava lo stesso valore di quella di buona qualita'. Cio' avveniva perche' la merce incorporando valore indotto, assumeva, come simbolo monetario, la mera funzione di elemento formale di una fattispecie giuridica. Ci si puo' spiegare, questo secondo aspetto del fenomeno monetario rilevato dal Nussbaum, con l'ovvia considerazione che, anche per noi, avere in tasca banconote nuove di zecca o logore, e' del tutto indifferente. E cio' avveniva anche, ad esempio, per le pelli di castoro quando venivano usate come moneta. Questo prova che anche l'oro altro non e' che una fattispecie giuridica e che il suo cosiddetto valore intrinseco altro non e' che valore indotto. Tanto e' vero cio' che, se compro una sterlina d'oro al prezzo di duecentomila lire, scambio il simbolo aureo con due pezzi di carta del valore di pochi centesimi. Valore creditizio e valore monetario: caratteristiche differenziali. E' gran tempo ormai che si esca definitivamente dall'equivoco di spacciare sotto la parvenza di valore creditizio il valore monetario. Per comprendere le differenze fondamentali tra moneta e credito, basta muovere dalle seguenti considerazioni: a) il credito si estingue col pagamento, la moneta, invece, continua a circolare dopo ogni transazione indefinitamente, perche', come ogni unita' di misura, e' un bene ad utilita' ripetuta; b) il valore del credito e' sottoposto al rischio dell'inadempimento, il valore monetario e' attuale e certo, perche', per l'induzione giuridica, la moneta e' bene reale, oggetto di diritto di proprieta'; c) nel credito, prima si vuole il precetto normativo e poi lo si manifesta; nella moneta, prima si crea la manifestazione formale, cioe' i simboli monetari, e poi gli si attribuisce il valore all'atto dell'emissione. Chi crea il valore della moneta non e' chi la emette, ma chi l'accetta. Come nell'induzione fisica nasce l'energia elettrica con la rotazione degli elementi della dinamo, cosi' nell'induzione giuridica, nasce il valore della moneta all'atto della sua emissione, cioe' quando inizia la fase dinamica della sua circolazione nella collettivita' che, accettandola convenzionalmente, ne crea il valore;

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d) il valore del credito e' causato dalla promessa del debitore, come avviene nella cambiale, in cui l'emittente e' il debitore. Il valore della moneta e' causato dall'accettazione del primo prenditore. Oggi la moneta e' emessa sotto forma di una falsa cambiale, perche' firmando come debitore, il governatore delle banca centrale induce la collettivita' nel falso convincimento che sia lui stesso a creare il valore della moneta. In analogo errore cadono le teorie che pretendono di configurare la moneta come titolo rappresentativo dei beni disponibili sul mercato, in quanto conferirebbero alla moneta il suo potere di acquisto. (In questo senso ricordo la dichiarazione di Nixon a Camp David del 15 agosto 1971 con cui fu abolita la convertibilita' del dollaro in oro ed abrogati gli accordi di Bretton Woods). Come ogni unita di misura, anche la moneta ha una sua utilita' condizionata dalla esistenza degli oggetti da misurare. Se non vi fossero oggetti da misurare nella lunghezza, il metro sarebbe inutile, ed inutile la moneta se non vi fossero beni da misurare nel valore, ma cio' non significa che l'unita di misura rappresenta gli oggetti misurati. Ma la prova dell'insufficienza di questa tesi sta nel fatto, che mentre il portatore di un titolo rappresentativo puo' pretendere la consegna dell'oggetto del credito su consegna del documento, il portatore della moneta pu• solo proporre l'acquisto dei beni al proprietario. A parte il fatto che, mentre il titolo di credito si estingue con il pagamento, la moneta no. Nella relazione al disegno di legge sul conto intrattenuto dal Ministero del Tesoro presso la Banca d'Italia, approvato dal Consiglio dei Ministri il 10/2/93, e' contenuta una preziosa dichiarazione, rara per la sua impudente sincerita': "La ratio di queste disposizioni", recita testualmente la relazione, " e' evidente: garantire la piena indipendenza delle Banche Centrali e della Banca Centrale Europea, nella gestione della politica monetaria....... In conseguenza non e' consentito agli esecutivi degli Stati firmatari del Trattato, di esercitare signoraggio in senso stretto: ovvero di appropriarsi di risorse (sic!) attraverso l'emissione di quella forma di debito inesigibile che e' la moneta inconvertibile di corso legale". Dunque: a) esistono risorse che, ovviamente, non sono di chi se ne appropria, altrimenti sarebbe impossibile appropriarsene; b) normalmente non dovrebbe essere consentito a nessuno di appropriarsi di "risorse" altrui e non solamente agli Stati firmatari del Trattato, mentre cio' e' consentito alle Banche Centrali e alla Banca Centrale Europea che come si sa - emettono "debito inesigibile" cioe' moneta inconvertibile di corso legale". Le "risorse" (altrui) di cui parla la relazione alla legge, altro non e' che il valore indotto della moneta creato dalla collettivita'. Le banche centrali hanno raggiunto un tale grado di professionalita' nell'appropriarsi di risorse altrui, da aver consolidato in se stesse, e nei governi, il convincimento di avere il diritto di farlo, mediante una vera e propria forma di furto legalizzato, clamorosamente incostituzionale. Caratteristiche di una "nuova moneta". Solo dopo aver definito il valore monetario come valore indotto, e' possibile indicare le caratteristiche essenziali di una nuova moneta. Essa dovra' avere la qualita' positiva della moneta d'oro e non quella negativa: la qualita' positiva della moneta nominale e non quella negativa. La qualita' positiva dell'oro e' che il portatore ne e' il proprietario; la qualita' negativa e' che la sua rarita' non e' controllabile perche' causata dalla rarita' stessa dell'oro. La qualita' negativa della moneta nominale sta nel fatto che il portatore ne e' il debitore, perche' la banca centrale la emette solo prestandola; la qualita' positiva e' che non pone problemi di rarita'. Come e' noto, la storia della moneta insegna che il maggior difetto del sistema aureo sta nelle gravi congiunture economiche per rarita' monetaria, causate dalla impossibilita di adeguare gli incrementi monetari agli incrementi produttivi. Poich‚ ogni unita' di misura deve avere la qualita' corrispondente a cio' che deve misurare, la rarita' e' una qualita' essenziale

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della moneta, perche' e' la misura del valore dei beni economici che sono appunto, tali, perche' limitati nella quantita', cioe' rari. Per sostituire al limite naturale della rarita' aurea quello discrezionale della moneta nominale, sara' sufficiente tenere conto delle normali oscillazioni dei valori di mercato. Posto infatti che il prezzo non e' solamente l'indice del valore dei beni, ma anche del punto di saturazione del mercato, per cui il mercato e' saturo quando i prezzi tendono a coincide con i costi di produzione, quando questa tendenza si verifica, si dovra' desistere sia dall'emissione di moneta, sia dalla produzione di nuovi beni. L'Uomo potra' tornare ad assaporare il gusto della vita e disporre finalmente del suo tempo che la logica della grande usura gli ha sottratto. I vuoti monetari causati dalla monetizzazione del debito, costringono l'uomo del nostro tempo a correre per tentare di colmarli aumentando la velocita' di circolazione della moneta in un clima di angosciosa ed ansiosa incertezza. Una volta l'uomo lavorava per conseguire un profitto. Oggi lavora per pagare debiti in una situazione di cronica insolvenza. Pretendere infatti, nell'attuale sistema, di pagare un debito di denaro con altro denaro, e' come pretendere di pagare un debito con un altro debito. Infatti, tutto il denaro in circolazione e' gravato di debito verso la banca centrale che lo emette in un solo modo: prestandolo. In questo sistema chi pi'u' produce pi'u' si indebita e potra' pagare i debiti solo con i beni reali ed il prodotto del suo lavoro. Alle nuove generazioni, se non si sostituisce alla moneta-debito la moneta-prorieta', non rimarra' altra alternativa che quella tra il suicidio o la disperazione. Non a caso Mos‚ disponeva con l'anno sabbatico (Deuteronomio 15,1) la remissione dei debiti per sostituire alla moneta-debito, la moneta-proprieta'. Una verità che scotta (di Augusto Ferrara)

Nella silenziosa calura del post-ferragosto di questo anno giubilare, il titolo potrebbe dare adito a varie interpretazioni: il caldo, conseguenza del solleone, i piromani nei boschi, i drammi quotidiani dei giovani e meno giovani sulle strade che amareggiano il più; intenso e lungo periodo vacanziero dell'anno. Niente di tutto questo: si tratta di una rivoluzione monetaria che parte verso la metàdel luglio 2000 da Guardiagrele, in Provincia di Chieti, una delle cittàpiù; interessanti d'Abruzzo, abitata da circa 10.000 guardiesi, ricca di storia, arte ed artigianato, distesa su un colle ai piedi della Maiella e sede dell'omonimo Parco Nazionale. La piazza centrale è dominata dal più; importante monumento cittadino, il Duomo di S. Maria Maggiore, e delimitata dall'antico palazzo della illustre famiglia degli Auriti, oggi rappresentata dal settantasettenne prof. Giacinto, che, pur autodefinendosi "contadino"è stato docente di ben quattro cattedre di Giurisprudenza ed autore di pubblicazioni scientifiche di contenuto giuridico e sociale. Presidente del Comitato locale antitrust, il prof. Auriti è stato promotore nel 1993 di una proposta di legge "Per ripartire tra i cittadini il reddito monetario del capitale amministrato dallo Stato in attuazione del secondo comma dell'art. 42 della Costituzione". Quale Segretario del Sindacato Pro Loco Comitato Antiusura Auriti fa presente che l'8 marzo 1993 denunciò per truffa, falso in bilancio, associazione a delinquere ed usura l'allora Governatore e firmatario dei biglietti di banca d'Italia, Carlo Azelio Ciampi e, successivamente, il Governatore Fazio. Oggi, venerdì diciotto agosto, alle ore 11 circa, godiamo della ospitalità del prof. Auriti, al primo piano dell'omonimo palazzo, così pieno di ricordi e testimonianze di varie generazioni. Ci viene ricordato un evento storico, quando, nel 1897, suo nonno cedette la carica di Onorevole al Parlamento del Regno d'Italia al giàcelebre Poeta pescarese Gabriele D'Annunzio.

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Il prof. Auriti, deus ex machina, ideatore e realizzatore della "moneta del popolo", mostra pagine di giornali in varie lingue sul significato del "valore indotto" e sulla recente esperienza monetaria del Simec, attualmente sospesa per il blitz della Magistratura davanti alla quale è sub iudice (28 agosto 2000). L'interesse della stampa inglese, statunitense, svizzera, giapponese, è dimostrato da corrispondenti delle più; importanti agenzie giornalistiche in lista d'attesa, tanto che, trattandosi di varie ore di laboriosi colloqui, il professore ha in animo di quantificare ogni appuntamento, stavolta in lire e non in Simec. Al fine di diffondere la veritàsulla ultima possibilitàdi difesa dell'Italia e dei Paesi interessati alla imminente circolazione-capestro dell'Euro, don Giacinto (come amorevolmente viene chiamato dai concittadini), ha giàaperto un sito di più; pagine su Internet; tutti comprenderanno la differenza base tra un biglietto di banca e un Simec: il primo è addebitato al portatore, mentre il Simec viene accreditato al cittadino. Prima del commiato con l'autorevole interlocutore, poniamo due domande al prof. Auriti: 1 - Qual è il Suo parere sull'Euro, a pochi mesi dalla entrata in circolazione? Nessuna norma del Trattato di Maastricht stabilisce di chiéla proprietàdell' Euro; questa lacuna normativa deve essere colmata nel senso che la proprietàva attribuita ai singoli popoli europei. Diversamente, ogni cittadino dell' Euro, compresa la nostra generazione, si troveràindebitato nei confronti del dollaro, fino alle estreme conseguenze del suicidio. 2 - Quale potrebbe essere la soluzione? Ogni Nazione e popolo europeo dovràessere accreditato, e quindi responsabilizzato con precise leggi finanziarie a difesa del cittadino; il Simec potrebbe costituire la moneta provvisoria per tamponare l' emergenza. Breve storia della moneta moderna suggerita dal prof. Giacinto Auriti 1694 - Viene costituita a Londra la Banca d'Inghilterra, che diviene proprietaria di circa tre quarti del pianeta Terra. 1795 - La Rivoluzione francese trasferisce al popolo la gerarchia politica ma non quella finanziaria. 1865 - Guerra di Secessione: Abramo Lincoln, primo Presidente degli Stati Uniti d'America, abolisce la schiavitù. Viene creato il dollaro della Secessione, e quindi la Federal Reserve di Forte Knox. 1999 - Con il Trattato di Maastricht nasce l'Euro. Non aderisce la Banca d'Inghilterra legata al dollaro. 2001 - Il primo settembre, le banconote e monete metalliche Euro entreranno in distribuzione presso Banche, Uffici cambio e distributori automatici. Breve storia del Simec Guardiagrele Anno 2000 Aprile/maggio - Preparativi, sperimentazione scientifica e costituzione del Comitato Sindacale Antiusura per la creazione della carta-moneta di proprietàdel cittadino: responsabile unico, il Segretario Generale Giacinto Auriti. Giugno/luglio - Vengono stampati, in diecine di migliaia di esemplari, sette tagli diversi (lo stesso numero degli Euro), bicolori, con relativi numeri di serie ad inizio della lettera A: 500 - 1.000 - 2.000 - 5.000 - 10.000 - 50.000 - 100.000 per un importo complessivo di 168.500. Nel dritto è riportato, sulla sinistra, il contrassegno

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rappresentato dal Simbolo Econometrico Di Valore Indotto con la clausola: marchio registrato - riproduzione vietata. Sulla destra, superiormente alla cifra, il relativo numero romano ad eccezione del taglio da 500 che, nell'esagono riporta l'intera cifra. Al centro, con scritta in nero, la proprietàdella moneta e la specifica dell'emissione firmata dal Segretario Generale del Sindacato Antiusura Giacinto Auriti. Al retro, identica per tutti i tagli, l'immagine di un focolare acceso sormontato da una croce, il valore in lettere e, in un rettangolo sottostante, il richiamo del simbolo accettato dai vari Comuni convenzionati con i tre articoli della Costituzione italiana. Per la seconda volta (dopo la sterlina inglese) in una moneta, un ulteriore elemento di garanzia: in aggiunta alla filigrana, contro eventuali falsari, è rappresentato dalla soprastampa a caldo, in argento, dello stemma-simbolo con il recente sistema dell'ologramma. Infine, nella bordatura colorata inferiore, la scritta latina NON BENE PRO TOTO LIBERTAS VENDITUR AURO (non è bene vendere la libertàper tutto l'oro del mondo). Martedì 11 luglio - Un primo quantitativo di Simec viene ritirato dall'Istituto tipografico e mostrato ai soci del Sindacato. Si concretizzano gli accordi con la distribuzione delle vetrofanie per gli operatori che aderiscono alla vendita. Fine luglio - Il passaparola popolare e la stampa locale si impadroniscono della operazione commerciale; il potere di acquisto rispetto alla lira raddoppia. Il successo prende alla sprovvista gli stessi autori e Guardiagrele si anima all'inverosimile. La Magistratura prende atto del fenomeno, ma non interviene. La Guardia di Finanza effettua un controllo da cui risulta tutto regolare. Domenica 6 agosto - Festa del Patrono e Mostra dell'Artigianato. Dall'intero Abruzzo e dall'Estero si moltiplicano le presenze. Dalle 39 attivitàcommerciali di luglio si giunge alle oltre 70 con il coinvolgimento delle due Province di Chieti e L'Aquila. Alcuni tagli della "moneta del popolo" vengono esauriti. Inizia l'emergenza ed in Piazza S. Maria Maggiore, alla cassa di "Casa Auriti" si alternano giovani volenterosi che accettano prenotazioni di ulteriori tagli al momento mancanti. La Guardia di Finanza torna a fare dei controlli. Tutto regolare. Giovedì 10 agosto - Il sole tramonta alle ore 19 e 19 ed il professore, don Giacinto per i guardiesi, attorniato dai compaesani, concede interviste sulla operazione finanziaria. Le sue frasi ricorrenti sono: finalmente il denaro è del cittadino, e non di chi lo stampa - il suo valore è dato da chi lo usa e non da chi lo mette in circolazione - e per concludere, con l'Arte l'Italia può vendere il Bello. La richiesta numismatica di collezionisti, da varie parti d'Italia e dall'Estero, aumenta a vista d'occhio. Dopo il ferragosto guardiese - Da alcune regioni d'Italia giungono rappresentanti comunali e di categorie commerciali interessati alla esperienza monetaria. Lettera aperta del prof. Auriti con le firme di oltre 1000 cittadini per il dissequestro della "moneta auritana". Iniziano contatti politici per una interpellanza parlamentare alla riapertura delle Camere. Lettera aperta al Clero (diretta a Vescovi e Cardinali) in difesa della "MONETA DEI POVERI" perchédiventi la "MONETA DEL GIUBILEO" che così conclude: Quando la moneta era d'oro, non era possibile attribuirla gratuitamente all'atto dell'emissione per l'alto costo dell'oro. Oggi, con i simboli di costo nullo, non solo è possibile, ma doveroso, per sollevare l'umanitàdal signoraggio della grande usura. Siamo certi che la moneta emessa dalla Chiesa sarebbe certamente conforme al grande evento del Giubileo. E saranno favorevoli anche tutte le religioni notoriamente schierate contro l'usura, in una visione sostanzialmente ecumenica.

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L’Euro di chi è (di Giacinto Auriti*) I Popoli del Terzo Mondo prima di essere dilaniati dalla fame sono dilaniati dal debito. Cinquanta milioni di uomini muoiono di fame ogni anno, non per mancanza di derrate alimentari, ma del denaro per comprarle (come è provato dalla distruzione abituale delle eccedenze di prodotti agricoli). Poiché il denaro in circolazione è emesso a costo nullo dalle banche centrali, solo prestandolo, balza evidente che i vuoti monetari sono arbitrariamente pianificati dalla parsimonia feroce dei grandi usurai che dominano il sistema monetario. Solo su queste premesse ci si spiega perché l’Europa con l’avvento dell’Euro rischia di far parte del Terzo Mondo. Se la Banca Centrale Europea emetterà moneta prestandola – come hanno fatto sin dalla fondazione della fondazione della Banca d’Inghilterra tutte le banche centrali - i Popoli Europei saranno tutti destinati ad essere colonie monetarie dell’impero usurocratico, tanto più perché - a norma dell'art. 117 e s. del Trattato di Maascricht – si sono convenzionalmente impegnati a non manifestare obiezioni, proposte, desideri. Nel silenzio del Trattato sulla proprietà dell'Euro, la BCE ha il potere di servire o servirsi dei Popoli Europei. Se li vuole servire deve stampare e accreditare, se se ne vuole servire deve stampare e prestare. Poiché questa seconda ipotesi è la regola costante di tutte le banche centrali del mondo, è ovvio che non potrà cambiare senza una esplicita previsione normativa. Se i Popoli Europei vogliono evitare la drammatica tempesta della moneta-debito (preconizzata da Alan Greespan, Presidente della Federal Reserve Bank che è in grado di prevederlo perché è in grado di causarla) devono consensualmente programmare l’integrazione del Trattato per colmarne una lacuna normativa inammissibile e intollerabile perché nessuna norma dice di chi è la proprietà dell’Euro. L'Euro va esplicitamente dichiarato di proprietà dei Popoli Europei, con una norma integrativa pienamente legittima perché non contraddice con nessuna norma del trattato vigente. Ciò in applicazione dell’ovvio principio per cui piuttosto che elemosinare la remissione dei debiti non dovuti è molto più conveniente prevenirne l’instaurazione: non accettarli. Poiché questa proposta è perfettamente coincidente con il Messaggio del Papa sulla estinzione dei debiti del Terzo Mondo, è un'ottima occasione per avere la prova che il Governatore della Banca d'Italia è un vero cattolico quale dice di essere. Perché mai ci dovremmo indebitare, infatti, verso la BCE per un valore pari a tutto il denaro che vorrà mettere in circolazione? Qual è il corrispettivo di questo debito immane ed arbitrariamente imposto dal falso creditore a falsi debitori? La risposta, scandalosamente inconfutabile, è: Unico corrispettivo è il nulla! Si impone quindi – con la massima urgenza – che il Governatore Fazio proponga ai Governi ed ai Governatori degli Stati Europei la norma integrativa ed interpretativa del Trattato di Maasricht che concepisca l’Euro proprietà (e non debito) del portatore. È tempo ormai che si acquisti la consapevolezza che il valore della moneta all’atto dell’emissione è creato da chi l’accetta. Ecco perché tutti possono prestare denaro tranne chi lo emette. Potrebbe altrimenti riproporsi anche per l’Europa l’alternativa tra la sopravvivenza dei Popoli e quella dei debiti. Nascerebbe così ineluttabilmente, come nella Vandea, il diritto alla rivoluzione.

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* Segretario generale del Sindacato Antiusura SAUS – Direttore della Scuola dei Valori Giuridici e Monetari, Centro Celestiniani, L’Aquila.

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L’ esperimento monetario di Guardiagrele Guardiagrele, un tranquillo paese di appena 10.000 anime alle pendici della Majella, maestosa montagna abruzzese, in questo storico ultimo anno del secondo millennio, sta vivendo un capitolo di grande importanza della sua storia e di quella della moneta intesa come mezzo di scambio. I protagonisti sono abitanti e commercianti del paese e di alcuni centri vicini, e Giacinto Auriti, già professore universitario di teoria del diritto, che ha scoperto una mostruosa incongruità nell'attuale ordinamento economico e monetario. Dice, infatti, che il valore della moneta, non è intrinseco ma si basa solo sulla fiducia posta in essa dalla gente che la accetta come mezzo di scambio. Quindi, al momento della sua emissione questa moneta, che rappresenta il controvalore della produzione di noi tutti, non è, secondo Auriti, proprietà della Banca, da emettere contro una promessa di ripagarla, ma dovrebbe al contrario essere emessa ed accreditata, senza alcuna contropartita, sul conto dei cittadini. Visto però che le sue spiegazioni non fruttavano niente, che la sua denuncia contro la banca centrale per truffa contro i cittadini non veniva presa sul serio e che neanche un disegno di legge al vaglio del parlamento smuoveva la situazione, il professore ha deciso di avviare un esperimento dimostrativo, per provare appunto il concetto del valore indotto, un valore assegnato alla moneta dalla fiducia degli utenti. Detto fatto, Auriti ha coniato il termine "Simec" per la sua moneta. Questo "Simbolo ecometrico di valore indotto" è stato messo in circolazione nella cittadina di Guardiagrele e nei centri vicini nel mese di luglio ed ha presto raggiunto una notevole diffusione, con settanta negozi convenzionati e centinaia o addirittura migliaia di utenti, pare tutti soddisfatti. La prova dell'efficacia dell'esperimento? I simec funzionavano cos“ perfettamente che molti commercianti non aderenti al sistema si vedevano presto senza clienti. Da qui una valanga di esposti contro il professore ed una azione quasi "di guerra" di sequestro dei simec in circolazione, che ha impegnato ben 120 fra poliziotti e finanzieri. L'ordine di sequestro era partito dal tribunale di Chieti e dopo l'intervento delle forze dell'ordine, cittadini e commercianti si trovavano, come ha detto Auriti in un'intervista, all'improvviso senza sangue, cioè senza liquidità. Buio pesto, rabbia e disperazione. Ma il 31 agosto 2000, in una decisione che possiamo definire storica, il tribunale del riesame di Chieti ha disposto il dissequestro, ha dato ragione al professore ed ai suoi che sostenevano che era tutto legale. L'esperimento continua? Pare di si. Prima di ripartire, si attende comunque la sentenza scritta, per conoscere i ragionamenti del tribunale. Certamente Auriti ha già ottenuto un traguardo importante, quello di portare la sua idea alla conoscenza del paese. Perfino la Lega Nord si sta interessando all'esperimento dei simec e potrebbe adottare una moneta simile nella sua roccaforte, la Padania. Non solo la Padania si sta svegliando. Dal mondo intero i riformatori monetari guardano l'esperimento del professor Auriti con interesse e con una certa trepidazione. Andrà a buon fine? La banca centrale si convincerà alla luce dei fatti?Si potrà imitare questo esperimento in altri paesi? Una cosa è certa. Urge una riforma seria del sistema economico/monetario e sociale. Le idee non mancano; hanno però il problema di non trovare spazio nei cosiddetti mezzi di informazione. Ulteriori informazioni sulle teorie monetarie di Auriti ed altri riformatori sociali

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“Sfida” alle Banche Centrali d’Italia e d’Europa Il prof. Giacinto Auriti, docente in pensione della facoltà di Giurisprudenza dell’ Ateneo di Teramo, da una diecina di anni sta “sfidando” , con scienza e coscienza, il ruolo e la funzione degli Istituti di emissione monetaria, nazionali ed europee. Egli , infatti, sostiene che il sistema delle Banche Centrali, compresa la BCE, si è ingiustamente ed arbitrariamente appropriato della “moneta” e della sua gestione, quale strumento sostitutivo del baratto, prestandola non solo al popolo, che invece ne dovrebbe essere il legittimo proprietario , ma anche allo stesso Stato ; con ciò esercitando di fatto un’ “attività usuraia” atipica oltre che illegittima. Trattasi, ovviamente, di pura argomentazione giuridica non priva , ove trovasse applicazione , di effetti sociali , politici ed economici rivoluzionari. Ad aggravare questo presunto stato di illegittimità originario nella creazione e nella gestione della moneta a corso legale, si aggiungono, ovviamente, gli abusi e le vessazioni del sistema bancario privato la cui realtà è nota a tutti. Incontro esclusivo col Prof. Giacinto Auriti (di Nicola Scipione) I fatti A volte i sogni non muoiono all’ alba ma all’ ora di pranzo. Era mezzogiorno del 10 agosto, infatti, quando, con uno schieramento di 120 uomini, rappresentativo di tutte le forze dell’ ordine, è stato data esecuzione ad uno specifico mandato della Procura teatina, che prevedeva il blocco di un’ iniziativa, o di un’ avventura, che le cronache locali hanno definito, appunto , come il sogno di un vecchio di 77 anni, ma anche di un centinaio di commercianti che gli hanno creduto e che ora si ritrovano di colpo nel periodo ante SIMEC ( abbreviazione di : “Sim-bolo Ec-onometrico convenzionalmente accettato nei Comuni collegati e collegabili a norma dell’ art. 24, L. 142/90 e L. 265/99 in attuazione del 2° comma dell’ art. 42 della Costituzione italiana” , così come si legge sul retro di tutte le “banconote” della serie SIMEC (da 500 a 100mila) . Dal sogno sono usciti anche molti operai e pensionati che per due settimane avevano visto raddoppiare di fatto salari e pensioni. Peccato! Anche se, come vedremo sotto, non è stata l’ ultima parola, ma l’ interruzione di un discorso e di una sfida che sicuramente continuerà. Oggetto del mandato : sequestrare le “banconote” SIMEC, create da un’ Associazione Culturale denominata Alternativa Sociale per la Proprietà di Popolo (ASSPP) con sede in Guardiagrele * (CH) e messe in circolazione dal SAUS (sindacato anti - usura) nel sistema commerciale del paese, e di alcuni centri limitrofi, con un potere convenzionale d’ acquisto doppio della lira (PRENDI DUE PAGHI UNO) Insieme al sequestro della “carta-moneta”, ovunque si trovasse ( negozi e sede del cosiddetto borsino di cambio ) , le forze dell’ ordine hanno notificato al prof. Auriti , quale responsabile sia dell’ Asspp che del SAUS, anche un avviso di garanzia per violazione del Testo Unico delle leggi bancarie n. 385 datato 1993. Reati ipotizzati : raccolta di risparmio e finanziamento abusivi. Così l’ ideatore ed il realizzatore della moneta di “ proprietà del portatore ”, alternativa alla lira, ha subito la reazione del “braccio forte della legge” che lui ha contestato invano da molto prima che fosse compilato il Testo Unico 385. Il prof. Auriti ha accolto serenamente la decisione della magistratura teatina ma ha subito proposto ricorso, con richiesta di dissequestro, dichiarando che la sua iniziativa costituisce un sperimentazione scientifica che peraltro stava avendo successo per l’ adesione massiccia di cittadini e commercianti ; e ciò è tanto vero che subito dopo il sequestro , hanno promosso una raccolta di oltre mille firme su un documento di appoggio alla iniziativa monetaria di “don Giacinto” . Tutto questo per effetto, stando a quanto si dice in giro, delle immancabili proteste, certamente legittime ed insindacabili, di quelle persone che non concepiscono e/o non riescono ad inserirsi nelle innovazioni, qualunque siano , in modo costruttivo , seppur critico, per l’ effetto perverso della concezione strettamente utilitaristica della propria attività. Le ultime notizie di cronaca dicono, però, che i commercianti che hanno

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sollecitato l’ intervento dell’ autorità giudiziaria sembra cha stiano mordendosi le dita perché quasi più nessuno entra nei loro negozi per fare spese. Altre voci maligne sostengono pure che insieme ai reclami di alcuni commercianti ci siano state pressioni della Banca d’ Italia , la quale, ovviamente, non vede di buon occhio l’ esperimento guardiese dal momento che in Cassazione pende nei suoi confronti una citazione del prof. Auriti. Ieri , 30 agosto, il prof. Auriti ha vinto la sua prima battaglia giudiziaria; il Tribunale del riesame di Chieti, infatti, ha disposto il dissequestro dei biglietti SIMEC e quindi la possibilità di far continuare “l ‘esperimento” di una moneta alternativa, ma contemporanea, alla Lira. Nel prosieguo cercheremo di spiegare sinteticamente alcune delle motivazioni con cui il Tribunale si è sicuramente imbattuto durante il riesame. L’intervista Fin qui la cronaca degli ultimi giorni. Ma veniamo all’ intervista. Il giorno prima del “blitz” giudiziario- poliziesco , avevamo concordato col prof. Auriti un incontro nella sua residenza per le ore 18 dello stesso giorno (9 /8) . Lo abbiamo trovato , insieme ad alcuni collaboratori, seduto al bar davanti casa , tutto preso a spiegare il suo SIMEC ad un “guardiese” rientrato per passare le ferie, e che non riusciva a capire chi pagasse la differenza fra SIMEC e Lire. Ci siamo inseriti nel dibattito perché il Professore ha preferito rispondere in pubblico alle nostre domande. E’ accaduto , però, che molte di quelle che avevamo preparato trovavano risposta nei suoi interventi spontanei per cui l’ intervista si è trasformata di fatto in conferenza stampa alla presenza di un solo giornalista e di un gruppo di passanti che si infoltiva man mano fermandosi ad ascoltare. Sui visi di queste persone abbiamo avvertito un misto di soddisfazione, per l’ esperienza unica che si stava vivendo nel paese, e di fiducia acritica nella teoria di “don Giacinto” ; teoria che , in verità , non lascia molto spazio alla comprensione dei motivi culturali di fondo su cui si basa il SIMEC, motivi che sono di ordine religioso, spirituale, filosofico, giuridico, politico, economico, finanziario, storico, psicologico, ed altro. Insomma, alla gente non importa sapere come e perché; ciò che la interessa e la convince è l’ aumento del potere d’ acquisto dei propri soldi. Onestamente bisogna ammettere che non è facile seguire il professore nelle sue spiegazioni miste di riferimenti pratici alla portata di tutti e di citazioni e riflessioni culturali a 360 gradi. Ma la gente gli ha creduto sulla parola di uomo, stimato come persona onesta e docente preparato. Alle sue spalle , infatti, c’è una carriera ultra trentennale di docente universitario dedicata alla “Teoria generale del diritto”, nonché al “Diritto Commerciale internazionale comparato” nei cui ambiti ha trovato ampio e naturale spazio lo studio e la ricerca per una definizione scientifica della moneta; definizione finora non codificata, appunto, come “fattispecie giuridica”. Dalla teoria alla pratica, o meglio alla “sperimentazione scientifica”, il passo è stato la logica conseguenza , meditata e ponderata, benché non priva di rischi. Le fasi Dopo quasi due ore di “colloquio pubblico” crediamo di poter presentare prima alcuni dati e poi le “idee - chiave” sulla cui base il prof. Auriti ha ideato e costruito la “messa in prova” di una moneta alternativa che convalidasse la fattibilità pratica della sua teoria il cui sviluppo è previsto in tre fasi: - la prima (quella di Guardiagrele) definita transitoria, è stata la fase sperimentale di una moneta che ha circolato ed ha avuto valore prescindendo dalla Banca d’ Italia, cioè da ogni tipo di riserva (né oro né dollari, ma solo valore indotto); l’ esperienza, secondo Auriti , ha avuto enorme successo , più di quanto ci si aspettasse; e ciò, sempre secondo Auriti, incoraggia ad andare avanti nella sperimentazione; - la seconda fase , che richiede l’ adesione delle Amministrazioni comunali, è quella che prevede la distribuzione a tutti i cittadini di una moneta alternativa e parallela alla

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Lira (SIMEC); si tratta , cioè, di dare una prima concretezza istituzionale alla prosecuzione dell’ iniziativa; - la terza fase è quella in cui si dovrebbe dare ad ogni cittadino la possibilità di accedere alla proprietà privata , in esecuzione dell’ art. 42, 2° comma, della Costituzione, attribuendo a TUTTI un “reddito di cittadinanza”. Appare chiaro che l’ effettiva realizzazione dell’ idea costituirebbe, oltre che una rivoluzione epocale in campo monetario, un evento dalla valenza sociale ed economico-politica imprevedibile ed incalcolabile. Il Prof. Auriti la chiama “chiusura di un ciclo storico” il cui inizio viene individuato nel 1694. anno di fondazione della Banca d’Inghilterra, la quale per la prima volta viene messa in discussione nei suoi principi fondanti. Alcuni dati - Le banconote SIMEC sono state stampate per un valore complessivo di 600 milioni, corrispondenti ad un miliardo e 200 milioni di lire; - Il “giro d’ affari “creato dalla circolazione dei SIMEC è stato pari a 5 miliardi di lire in due settimane; - I negozi convenzionati erano un centinaio di cui alcuni anche nei comuni limitrofi a Guardiagrele; - Nello “schieramento” dei circa 120 uomini, con tanto di giubbotti anti-proriettili , erano rappresentate tutte le forze : Polizia di Stato , DIA, Guardia di Finanza e Carabinieri; - Più di mille persone hanno sottoscritto una petizione per sostenere il dissequestro dei SIMEC e quindi la prosecuzione dell’ esperienza monetaria avviata nel noto centro commerciale ed artigianale in provincia di Chieti. Le Idee-chiave - La moneta, quale strumento ideato per facilitare la compravendita di beni , deve essere di proprietà del portatore , “proprietà di popolo” dice il Professore; allo stato invece, risulta emessa come titolo di credito dato in prestito al portatore; nessuna legge finora, né italiana né europea, ne ha indicato il proprietario; - Analizzando, infatti, le attuali banconote in corso legale , nonché il prossimo EURO, si può dedurre, però, che proprietario della moneta risulta essere la Banca d’Italia (e la Banca Centrale Europea) che di fatto la presta sia al popolo che al Governo dello Stato, dichiarandola nel contempo inesigibile ed inconvertibile; cioè se il portatore , come si legge sulle banconote, va alla Banca d’ Italia e chiede il pagamento a vista di una banconota, quale titolo di credito, constaterà che si tratta di un debito che la Banca stessa non può onorare ( ed è già un assurdo logico - giuridico), non solo , ma per legge lo stesso titolo non è convertibile in oro , cioè in quella corrispondente parte della riserva aurea a cui il sistema monetario affida la funzione di garanzia del debito/credito creato con la moneta legale; - Di qui il concetto di Valore creditizio assegnato alla moneta all’ atto della sua emissione ; in pratica , però, si tratta di tante cambiali che l’ Istituto Centrale non pagherà mai , come spiegato sopra. - La moneta inoltre , per convenzione internazionale ormai indiscussa, ha la qualità di simbolo con cui si misura il valore dei beni materiali , ma nello stesso tempo è uno strumento con cui si da valore alla stessa misura; - Il valore è dato dalla quantità di altri beni che si può ottenere in cambio della moneta e viceversa; ma la moneta non acquisisce la funzione di valore contestualmente alla emissione ; tale qualità, invece, le viene attribuita dal possessore nel momento in cui la mette in circolazione creando , così, un “valore indotto” effetto di una pura convenzione che trasforma uno strumento materiale (la

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carta moneta) in un atto giuridico concreto, definibile, appunto, valore indotto, cioè “potere d’ acquisto”. - L’ induzione giuridica , che genera Il potere d’ acquisto mediante convenzione , figlia a sua volta di un atto spirituale proprio dell’ uomo: “il diritto”, costituisce l’ attività spirituale tipicamente umana con cui il valore si incorpora nella moneta e ne giustifica il diritto di proprietà da parte del popolo. - La “velocità di circolazione” costituisce la chiave per capire come funziona il “ prendi due e paghi uno” ; molti si sono chiesti : chi rimette la differenza quando i bottegai tornano al “borsino” per cambiare SIMEC con Lire ? Nessuno, risponde il Professore. Ma come è possibile? Con la velocità di circolazione, appunto ; cioè? Bisogna creare una circolazione veloce dei SIMEC : più SIMEC vengono acquistati, più Lire si depositano nel borsino, più cresce la disponibilità di riconversione per i commercianti; questo giro virtuoso prevede, ovviamente , che chi deve riconvertire i SIMEC in Lire non vadano tutti contemporaneamente al “borsino”, occorre attendere, cioè, che la vendita di SIMEC crei la disponibilità di Lire. Insomma chi non dovesse trovare la disponibilità oggi la troverà domani, ma non perderà niente, a meno che il giro virtuoso non si fermi. Perciò occorre accelerare la velocità di circolazione in modo che il “valore indotto” c’è ma non si vede. Si è vista bene , però, l’ effetto moltiplicatore sulla compravendita di merce. Dalla teoria alla pratica Fin qui la teoria, credibile sul piano della logica giuridica, ma che deve fare i conti con l’uso pratico della moneta ufficiale , consolidato da secoli, e che ormai ha creato una rete di interessi, più o meno leciti, ad ogni livello, che finirebbero nelle ortiche se dovesse essere sostituita dalla teoria del SIMEC. Con la sperimentazione di Guardiagrele , infatti, la posta in gioco era quella di verificare se , come aveva proposto anche Keynes, quando fu creato il Fondo Monetario Internazionale, un sistema monetario poteva funzionare senza alcuna riserva a garanzia . A Guardiagrele ha funzionato e siamo certi che tornerà a funzionare , ma… Ma, con sincerità, nonostante la decisione del Tribunale di Chieti, non crediamo che questo successo possa estendersi al punto da provocare una riflessione politica nazionale ed europea, almeno nel breve medio termine. Pensiamo anzi che qualcosa o qualcuno farà ancora di tutto, con mezzi leciti e non , per impedire che la “rivoluzione” avviata a Guardiagrele di Chieti possa continuare. Perché di rivoluzione monetaria mondiale si tratta. A meno che la Lega nord non avvii la sperimentazione nella Padania , come pare voglia fare in seguito a contatti già presi col prof. Auriti e la conferenza stampa parlamentare dell’ On. Borghezio , tenuta oggi a Roma: un tale esperimento nel nord – Italia assumerebbe ben altro peso e dimensione. Diciamo ancora di più: finora diversi segnali concreti confermano il nostro dubbio: - una proposta di legge presentata due volte al Senato (1995) e mai esaminata; - una proposta di legge di iniziativa popolare che non è riuscita a decollare; - atto di citazione nel 94 contro la Banca d’ Italia respinta dal Tribunale civile di Roma ed ora all’ esame della Cassazione; - Corso universitario triennale specifico, tenuto dal Prof. Auriti come docente dell’ Ateneo teramano e conclusosi con successo di frequenza , non è stato autorizzato a proseguire; - ultimo episodio il blitz del 10 agosto , sintomatico dell’ aria che tira intorno al SIMEC, benché annullato ,nel suo effetto, dal Tribunale del riesame. Noi siamo convinti che la questione meriti una maggiore e diversa divulgazione a livello di opinione pubblica come fatto di cultura , ma ancor più come oggetto di trattazione scolastica a livello secondario ed universitario. Ma anche in questo senso c’ è qualcosa che non ci convince: perché la grande stampa nazionale scritta e parlata ha ignorato il fatto di cronaca che sui fogli regionali ha avuto titoli a mezza pagina?

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Solo il TG1 di oggi 31 ha presentato ora immagini di precedenti interviste dando al servizio un taglio di curiosità folkloristica a chiusura del telegiornale. *Industrioso centro della provincia teatina, alle pendici della Maiella , a pochi chilometri dalla stazione sciistica di Passo Lanciano, rinomato per la lavorazione artigianale dell’ oro , del ferro, e del legno, nonché per la presenza di un molino che produce farine di cereali teneri e duri, nonché fi farro , normali ed integrali.. Calisto Tanzi come il Governatore della Banca Centrale (di Giacinto Auriti) A commento del caso Parmalat, il direttore del quotidiano "Il Tempo", Franco Bechis, sotto il titolo "Alzi la mano chi aveva capito" (articolo di fondo del 3 gennaio '04) conclude: "Purtroppo i casi Parmalat sono casi da magistratura, non storture del sistema. Sono eclatanti, ma non c'è rimedio legislativo. L'unico è quello che si sta applicando: il codice penale." Ebbene, io dichiaro di avere il diritto di alzare la mano perché in data 8 maggio 1993, a conclusione di un Convegno sulla teoria dl "valore indotto" della moneta, presentai una denuncia per truffa contro il Governatore protempore della Banca d'Italia: Azeglio Ciampi, attuale Presidente della Repubblica Italiana. La Banca Centrale all'atto dell'emissione, presta il denaro che dovrebbe accreditare e la truffa consiste nel trasformare la collettività da proprietaria a debitore del proprio denaro. Nel corso sui valori giuridici e monetari, da me svolto all'Università di Teramo, fu provato che la multinazionale è la banca centrale che entra in prima persona sul mercato, perché ha necessità di disporre, senza limiti e senza costi, di tutto il denaro che vuole. La multinazionale entra in crisi quando si taglia il cordone ombelicale che la collega alla banca centrale. Non a caso la FIAT e la Parmalat sono entrate in crisi dopo che la sovranità monetaria era stata trasferita dalla Banca d'Italia alla Banca Centrale Europea. E poiché il padrone del sistema non è chi riceve il sangue monetario dal cordone ombelicale, ma chi lo emette, pur essendo d'accordo con Bechis che la legge da applicare è il codice penale, va evidenziato che la responsabilità penale non va limitata solo al vertice della multinazionale, ma va innanzi tutto e fondamentalmente estesa ai vertici della Banca Centrale in un'ipotesi eclatante di associazione a delinquere. Ciò premesso, quando il Bechis afferma che "...i casi Parmalat sono eclatanti… ma non c'è rimedio legislativo", dà la prova che anche lui non può alzare la mano perché non ha capito la cosa più importante. Come si fa, infatti, ad applicare il codice penale, cioè a stabilire chi è il ladro e chi il derubato, o chi è il truffato e chi il truffatore, se non si stabilisce di chi è la proprietà della moneta all'atto dell'emissione? Solo con una legge si può instaurare la proprietà popolare della moneta. Quando la moneta era concepita come titolo rappresentativo della riserva, la banca centrale poteva dire: "la moneta è mia perché la riserva è mia" e quindi poteva emettere la moneta "prestandola" perché prestare è prerogativa del proprietario. Abolita la convertibilità ed addirittura la stessa riserva con la fine degli accordi di Bretton Woods (15 agosto 1971) il compenso dovuto alla banca centrale va commisurato a quello dovuto alla tipografia, mentre la banca centrale si appropria illecitamente della differenza tra costo tipografico e valore nominale e dell'equivalente relativo credito abusivamente acquisito, perché emette prestando un valore creato dalla collettività per convenzione e che andrebbe pertanto ad essa accreditato e non addebitato. Poiché i fatti notori, in quanto tali, per assumere rilevanza giuridica non necessitano né di prove né tantomeno di accertamento giudiziale, i magistrati sono tenuti a promuovere d'ufficio, come adempimento di atto dovuto, procedimento penale per truffa e falso in bilancio nei confronti del Governatore della Banca Centrale in conformità della denuncia da me presentata in data 8 maggio '93 al Procuratore della Repubblica di Teramo. Calisto Tanzi pur essendo collegato per associazione a delinquere con il Governatore, appartiene alla categoria dei ladri di polli che sono notoriamente esposti al grave rischio di essere perseguiti penalmente; rischio da cui

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sono immuni i governatori delle banche centrali che, prestando il dovuto all'atto dell'emissione, caricano il costo del denaro del 200% oltre gli interessi, e trasformano i popoli da proprietari in debitori del proprio denaro. Il Tanzi ha copiato l'esempio datogli dal governatore perché ha creato con falsi in bilancio valori monetari usando come riserva l'illusione della stessa come fa il governatore, e c'è riuscito fintanto che ha retto il cordone ombelicale che lo collegava alla Banca Centrale. Tagliato il cordone, la truffa è stata scoperta. Poiché, a quanto pare, il pulito ha la rogna, si impone una giustizia monetaria di dimensioni mondiali per restituire il maltolto, trasformando i popoli da debitori in proprietari della propria moneta. (da www.AbruzzoPress.it)

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Riconoscere alla comunità nazionale la proprietà della moneta e la sovranità monetaria (di Luigi Natali)

Disegno di legge n. 1282 per la proprietà popolare della moneta, d’iniziativa del senatore Luigi Natali e altri, presentata al Senato l’11-1-1995 Onorevoli senatori! Scopo della presente legge è colmare un vuoto legislativo non più tollerabile, che in essa, infatti, verrebbe — oltre e più che non semplicemente definito e chiarito — espresso e sancito nella sua autentica essenza, a seguito di studi, riflessioni ed esperienze di carattere giuridico-scientifico compiuti da un autentico maestro qual è il prof. Giacinto Auriti, che ne ha approfondito la realtà nel corso di tanti anni di insegnamento universitario. Nessuna legge stabilisce infatti di chi debba essere la proprietà della moneta all’atto dell’emissione. Come è noto i simboli monetari sono formalmente strutturati come false cambiali (ad esempio: «Lire mille pagabili a vista al portatore. Firmato il Governatore della Banca d’Italia»), o, come dicono le autorità monetarie, come debito inesigibile, fattispecie talmente assurda da considerarsi addirittura impossibile. La verità è che la moneta ha valore perché è la misura del valore. Poiché ogni unità di misura ha la qualità corrispondente a ciò che deve misurare, come il metro ha la qualità della lunghezza perché misura la lunghezza, la moneta ha la qualità del valore perché misura il valore. Pertanto il simbolo monetario non è solamente la manifestazione formale della convenzione monetaria, ma anche il contenitore del valore indotto e incorporato nel simbolo, che è, appunto, il potere d’acquisto. Con la scoperta del valore indotto come valore giuridico (cfr. Giacinto Auriti, L’ordinamento internazionale del sistema monetario, Teramo 1993, Ed. Edigrafitel, pp. 41 e segg.) si è finalmente data la giustificazione scientifica del valore monetario. Come è stato dimostrato, si verifica qui una fattispecie analoga a quella dell’induzione fisica. Come nella dinamo si trasforma energia meccanica in energia elettrica, così nella moneta si trasforma il valore della convenzione, cioè di uno strumento giuridico, in un bene reale oggetto di diritto di proprietà. In breve, il valore della moneta è causato dalla previsione del comportamento altrui come condizione del proprio. Ognuno è disposto infatti ad accettare moneta contro merce perché prevede di dare moneta contro merce. È caratteristica della mente umana anticipare al momento attuale i valori previsti. Ciò spiega perché dalla previsione di “poter acquistare” nasca nella mani del primo prenditore del simbolo monetario il valore nuovo e attuale che è il “potere d’acquisto”. Il valore della moneta quindi è causato non dall’attività dell’organo di emissione, che, predisponendo ed erogando i simboli, determina solo il presupposto formale del valore monetario, ma dall’accettazione da parte della collettività. L’emissione dei simboli in conformità del corso legale (c.d. corso forzoso) è un atto di eteronomia. L’accettazione della moneta, che ne determina convenzionalmente il valore, è atto di autonomia. Dalla confusione tra la prima fase e la seconda è derivata una grave ingiustizia nel regime giuridico dei valori monetari. Il momento meramente strumentale dell’emissione dei simboli ha invaso quello edonistico della proprietà della moneta, sicché la Banca Centrale, emettendo moneta prestandola, espropria e indebita la collettività del suo denaro senza contropartita. Il rapporto che si è venuto a instaurare tra Banca Centrale e collettività è diventato, così, analogo a quello di chi presta nasse vuote ai pescatori indebitandoli non solo delle nasse, ma anche del pesce che sarà pescato.

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L’ostacolo di fronte al quale tutti i monetaristi si sono trovati, si basa sull’errore iniziale di non aver definito la moneta come fattispecie giuridica, e lo stesso diritto come strumento, come espressione, cioè, di un valore proprio diverso da quello del bene del diritto. Su questo equivoco iniziale si è preteso di giustificare il valore monetario sulla base della riserva, confondendo e spacciando sotto la parvenza di valore creditizio il valore indotto; ossia configurando la moneta stessa non come misura del valore (e quindi valore della misura, quale è), ma come titolo di credito rappresentativo della riserva. È gran tempo ormai che si esca definitivamente dall’equivoco di spacciare sotto la parvenza di valore creditizio il valore monetario. Per comprendere le differenze fondamentali tra moneta e credito basta muovere dalle seguenti considerazioni: 1. il credito si estingue col pagamento, la moneta continua a circolare dopo ogni transazione, perché, come ogni unità di misura, è un bene a utilità ripetuta; 2. nel credito, come in ogni fattispecie giuridica, prima si vuole il precetto normativo e poi lo si manifesta; nella moneta, prima si crea la manifestazione formale, cioè i simboli monetari e poi le si attribuisce il valore all’atto dell’emissione. Chi crea il valore della moneta non è infatti chi la emette, ma chi l’accetta. Come nell’induzione fisica nasce l’energia elettrica con la rotazione degli elettrodi, così nell’induzione giuridica nasce il valore monetario all’atto dell’emissione, cioè quando inizia la fase dinamica della circolazione della moneta; 3. il valore del credito è causato dalla promessa del debitore, come avviene nella cambiale in cui l’emittente è il debitore. Il valore della moneta è causato dall’accettazione del primo prenditore, perché egli sa, come membro della collettività nazionale, che gli sarà accettata da tutti i partecipanti della convenzione monetaria, cioè dalla collettività, che crea appunto per questo il valore indotto della moneta; 4. il valore del credito è sottoposto al rischio dell’inadempimento. Il valore monetario è attuale e certo perché, per l’induzione giuridica, la moneta, pur essendo un bene immateriale, è un bene reale oggetto di diritto di proprietà. Poiché il valore del titolo di credito è causato dalla promessa del debitore, sottoscrivendo il titolo monetario sotto la parvenza di una falsa cambiale, il Governatore della Banca Centrale induce la collettività nel falso convincimento che sia lui stesso a creare il valore monetario. In tal modo la Banca Centrale, non solo espropria e indebita la collettività nazionale del suo denaro, ma pone le premesse — come vedremo — per usurpare, tramite la sovranità monetaria, la stessa sovranità politica. Nella relazione al disegno di legge sul conto intrattenuto dal Tesoro presso la Banca d’Italia, varata dal Consiglio dei Ministri il 10 febbraio 1993, è contenuta una preziosa dichiarazione, rara per la sua brevità e per il suo contenuto di verità scandalosa. «La ratio di queste disposizioni — recita la relazione — è evidente: garantire la piena indipendenza delle Banche Centrali e della Banca Centrale Europea nella gestione della politica monetaria [...]. In conseguenza non si consente agli esecutivi degli Stati firmatari del trattato di esercitare signoraggio in senso stretto: ovvero di appropriarsi di risorse attraverso l’emissione di quella forma di debito inesigibile che è la moneta inconvertibile a corso legale.» Dunque: 1. esistono delle risorse che non sono di chi se ne appropria, altrimenti sarebbe impossibile appropriarsene;

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2. normalmente non dovrebbe essere consentito a nessuno di appropriarsi di risorse altrui, e non solamente agli “esecutivi degli stati firmatari del trattato”, mentre invece ciò deve essere consentito solamente alle Banche Centrali e alla Banca Centrale Europea (che avrebbero così per legge la licenza di rubare); 3. l’oggetto del furto dovrebbe consistere in un debito inesigibile ossia nelle false cambiali delle banconote («Lire mille pagabili a vista al portatore. Firmato il Governatore della Banca Centrale»), che, come tali, non dovrebbero avere alcun valore. Il valore di un debito è infatti causato dalla sua esigibilità. E altro è dire che è inesigibile perché il debitore non può pagare, altro è dire — come nel nostro caso — che è inesigibile perché il debitore (cioè la Banca Centrale) ha per legge la garanzia di non pagare. Se fosse vera questa tesi, siccome il debito inesigibile è uno strumento inutile, le Banche Centrali non ruberebbero nulla. Ma se questa tesi fosse vera, per noi dovrebbe essere indifferente avere denaro in tasca o non averlo. Quando poi si conclude col definire il debito inesigibile come moneta incovertibile di corso legale, si esclude che possa essere debito. La moneta infatti, come bene reale, può essere oggetto di debito (e di credito), non debito essa stessa. Una volta dimostrato che la moneta ha valore indotto causato dalla convenzione sociale, approfittando della circostanza che l’emissione della cambiale è prerogativa del debitore, le Banche Centrali, apparendo come debitori di false cambiali, si sono arrogate il potere di “esercitare signoraggio” per “appropriarsi di risorse” monetarie, ossia del valore indotto creato dalle collettività nazionali, con il risultato di espropriarle e indebitarle del loro denaro, senza contropartita. È questa la grande usura intuita da Pound. Per dare ordine a questo sistema monetario assurdamente ingiusto e antisociale, si impone la necessità di colmare, mediante interpretazione autentica, la grave lacuna legislativa denunciata, definendo, a titolo originario, proprietaria della moneta la collettività dei cittadini. Va con l’occasione messo in rilievo che la legge proposta non tocca menomamente l’autonomia della Banca Centrale, perché è fin troppo evidente che l’autonomia attiene alle competenze funzionali e al patrimonio costituito dagli edifici e dalle strutture aziendali dell’Istituto; ma la proprietà della moneta è del tutto estranea: per quanto sopra dimostrato essa è dei cittadini e non della Banca. Va infine evidenziato che questa legge è perfettamente compatibile col sistema monetario internazionale, perché considera solo aspetti di diritto privato (cioè la proprietà della moneta e la posizione di creditore e di debitore), come tali di stretto diritto interno del tutto irrilevanti per il diritto internazionale. Il progetto è altresì perfettamente compatibile con il trattato di Maastricht perché rispetta l’autonomia anche della Banca Centrale Europea, proponendone il completamento e il coordinamento sul principio che ogni popolo sia dichiarato proprietario della sua moneta e riconosciuto collettivamente e reciprocamente come tale. Non può infine essere taciuto il particolare proprio della proposta di legge, che, in applicazione del fondamentale principio democrativo della sovranità popolare, riconosce al popolo anche la sovranità monetaria. Proposta di legge Art. 1

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La moneta all’atto dell’emissione nasce di proprietà dei cittadini italiani e va accreditata dalla Banca Centrale allo Stato. Art. 2 A ogni cittadino è attribuito un codice dei redditi sociali mediante il quale gli viene accreditata la quota di reddito causato dalla emissione monetaria e da altre eventuali fonti di reddito. 1° firmatario: sen. Luigi NATALI (An); sen. Romano MISSERVILLE (vice presidente del senato, An); sen. Giampiero BECCARIA (sottosegretario all’industria, Fi); sen. Antonella BAIOLETTI (An); sen. Giovanbattista XIUMÉ (An); sen. Antonio BELLONI (Ccd); sen. Ferdinando SIGNORELLI (An); sen. Francesco BEVILACQUA (An) sen. Ida D’IPPOLITO VITALE (Fi); sen. Salvatore RAGNO (An); sen. Giuseppe SPECCHIA (An); sen. Antonio BATTAGLIA (An); sen. Francesco CASILLO (An); sen. Filippo RECCIA (An); sen. Giuseppe MUL Banca d’Italia (di Savino Frigiola) Savino Frigiola - da http://saba.fateback.com/articoli/truffaresiduipassivi.htm

La Banca d’Italia, dopo l’ultima legge bancaria, è divenuta una Spa totalmente privata, le cui quote sociali, caso unico nelle ex banche d’emissioni europee, attualmente socie della BCE, sono detenute solo da alcuni gruppi bancari ed assicurativi, anch’essi privati. Da ciò deriva l’insanabile e di gran lunga il più devastante conflitto d’interessi esistente poiché, la B. I. attraverso la vigilanza e sorveglianza, che ancora detiene sull’intero sistema bancario e creditizio, compreso sulle banche sue socie, esercita in assoluta autonomia il controllo economico e monetario dell’intera Nazione, secondo propri fini, disgiunti, diversi e spesso contrastanti da quelli governativi. In questa situazione il ruolo dei politici, eletti democraticamente, in campo economico è ridotto a quello di semplici comparse mosse dall’attenta regia del privatissimo Istituto di Via Nazionale, retto da organismi autocratici ed autoreferenziali. Le pesanti polemiche esistenti in campo finanziario e monetario, sono tutte imputabili a questa degenerata situazione, forzatamente in atto sul teatro della politica economica nazionale, giacché la vigilanza, oltre che nei confronti delle altre banche, viene svolta anche presso quelle socie di Bankitalia stessa. Il Governo se intende veramente governare le sorti del Paese e mantenere gli impegni assunti con gli elettori, deve agire risolutamente e rapidamente per trasferire da Bankitalia all’Esecutivo, che avendone avuto il mandato risponde del suo operato ai cittadini, la vera guida economica e per conseguenza anche quella politica dell’intera Nazione. A riprova del conflitto istituzionale, Antonio Fazio, convinto di dover esercitare il ruolo di Governatore dell’Italia intera, invadendo campi non propri per distogliere l’attenzione dalla sua chiacchierata istituzione che governa, discredita pubblicamente l’operato dell’Esecutivo politico sostenendo, senza alcun pudore, che per rilanciare l’economia nazionale occorre destinare più risorse per rimettere in moto i cantieri delle “Opere Pubbliche” e ridurre il debito pubblico

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nazionale. Simili affermazioni rappresentano delle ovvietà se profferite da un profano, ma sulle labbra del Governatore suonano come una beffarda provocazione.. Per ottemperare le accorate esortazioni del Governatore Fazio e quelle inerenti al “mezzogiorno” del Presidente Ciampi, nonché Governatore Onorario di Bankitalia, occorre che il Governo, in proprio ed in nome e per conto delle altre Pubbliche Amministrazioni, agisca rapidamente per rientrare in possesso delle ingentissime somme corrispondenti ai famosi “Residui Passivi” (si parla di oltre 600 mila miliardi di Lire, 110 mila miliardi solo nel 1995) allora versate ed ancora giacenti proprio nelle casse della Banca d’Italia. L’operazione in sé risulta di vitale importanza giacché questa gigantesca massa monetaria liquida ed utilizzabile, sottratta dalla circolazione, della quale mancanza ne risente pesantemente l’economia dell’intero mercato, era destinata proprio alla realizzazione delle opere di pubblica utilità. Questa macroscopica operazione, realizzata progressivamente, con la benedizione dei governi di sinistra e con quelli a guida di esponenti bancari, ha determinato : - la progressiva deflazione sull’intero mercato nazionale con la caduta degli investimenti strutturali e la mortificazione del PIL (artatamente si continua a confonde l’aumento dei prezzi per inflazione) - l’impossibilità di poter destinare alla ricerca, pubblica e privata, le indispensabili risorse finanziarie, della qual cosa i soliti “soloni”, oggi, ne denunciano le gravi conseguenze - l’impoverimento generale dell’intero sistema economico nazionale, sia pubblico che privato che si ripercuote direttamente ed indirettamente su tutti i cittadini. La situazione risulta ancor più grave se si considera che: mentre la circolazione monetaria si è drasticamente ridotta, il debito pubblico generato dall’emissione monetaria corrispondente alla somma dei residui passivi congelati, è stato mantenuto in essere. (dalla comparsa difensiva della Banca d’Italia chiamata in giudizio: “…come visto, la moneta viene infatti immessa nel mercato … la Banca d’Italia cede la proprietà dei biglietti, (che nulla le sono costati, salvo le spese tipografiche ndr) i quali, in tale momento, come circolante, vengono appostati al passivo nelle scritture contabili dell’Istituto d’Emissione acquistando in contropartita, o ricevendo in pegno, altri beni o valori mobiliari (titoli del debito pubblico ndr) che vengono invece appostati nell’attivo” Pertanto o lo Stato si riappropria di queste ingentissime somme per aprire nuovi cantieri e mettere in sicurezza il disastrato territorio, ma anche per riassettare il proprio bilancio, o deve pretendere l’abbattimento del debito pubblico corrispondente all’importo della massa monetaria sparita. Ci si augura che le pattuglie dei “fazisti”, annidate nei vari schieramenti politici, sia di maggioranza che d’opposizione, non assumano il sopravvento all’interno della rispettiva compagine politica esercitando il ruolo del Cavallo di Troia per conto di “bankitalia & affini”. Ciò vale in primis per AN, in virtù delle proprie radici politiche e culturali, (Quota Novanta docet), non tanto per non ricoprire il ruolo, secondo la visione poundiana, dei “camerieri dei banchieri” , quanto per essere conseguenti al consenso ricevuto dai propri elettori, sempre più sensibili alla giustizia economica e sociale. Al danno non può essere aggiunto e sopportabile anche la beffa.

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TRIBUNALE CIVILE DI ROMA Atto di citazione

Il Prof. Giacinto Auriti, residente in Roma ed ivi eletto domicilio alla Via A. Traversari n.55 presso e nello studio dell'Avv. Giuseppe Marzano dal quale e' rappresentato e difeso, disgiuntamente e congiuntamente all'Avv. Berardino Ciucci e al Dott. Proc. Antonio Pimpini, giusta procura in calce al presente atto.

premesso -che l'istante agisce in proprio quale cittadino italiano, e quale legale rappresentante dell'Associazione Culturale "Alternativa Sociale per la proprieta' di Popolo" (ASSPP); -che, allo stato attuale, esiste una consuetudine interpretativa per cui, all'atto dell'emissione, la banca centrale mutua allo Stato italiano ed alla Collettivita' Nazionale, tutto il denaro che pone in circolazione; -che a seguito di recenti ricerche scientifiche (cfr. Auriti Giacinto- L'Ordinamento Internazionale del Sistema Monetario- Edigrafital Teramo, 1993) e' stato dimostrato che la moneta ha valore perche' e' misura del valore. -che, infatti, ogni unita di misura ha la qualita' corrispondente a cio' che deve misurare: come il metro ha la qualita' della lunghezza perche' misura la lunghezza, la moneta ha la qualita' del valore perche' misura il valore. -che, pertanto, l'attivita' convenzionale e qui produttiva non solamente della misura del valore, ma anche del valore della misura: cio' che noi chiamiamo potere d'acquisto. Nella moneta si verifica un fenomeno analogo a quello dell'induzione fisica. Come nella dinamo l'energia meccanica causa l'energia elettrica, cosi' nella moneta la convenzione causa il valore indotto nel simbolo. Pertanto, il simbolo non e' solamente la manifestazione formale della convenzione monetaria, ma anche il contenitore del valore indotto. -che, quindi, la moneta e' un bene collettivo, in quanto creato dalla convenzione sociale, ma di proprieta' privata individuale perche' da intendersi attribuita, a titolo originario, al portatore del simbolo in virt'u' dell'induzione giuridica; -che fino ad oggi l'erogazione della moneta e' effettuata dalla banca centrale addebitando allo Stato ed alla Collettivita' l'intero ammontare senza corrispettivo e quindi conferendo solo la proprieta' a titolo derivativo per il tempo limitato alla durata del prestito; -che tale consuetudine interpretativa e' da considerarsi contra legem, in quanto la fattispecie giuridica monetaria va necessarimente considerata come espressione di un valore creato dalla medesima collettivita' la quale viene, oggi, contestualmente all'emissione stessa, espropriata ed indebitata di tutti i valori monetari. -che, allo stato attuale, nessuna legge indica il proprietario della moneta all'atto dell'emissione; -che la moneta-carta viene presentata sotto la veste formale di falsa combiale (ad es.: œ. 100.000 pagabili a vista al portatore, f.to il governatore della banca d'Italia); -che e' gran tempo ormai che si esca dall'equivoco di spacciare sotto la parvenza di valore creditizio il valore monetario. Infatti, per comprendere le differenze fondamentali tra moneta e credito e sufficiente riportarsi alle seguenti considerazioni: A) il credito si estingue col pagamento, mentre la moneta continua a circolare dopo ogni transazione indefinitamente perche', come ogni unita' di misura, e' un bene ad ultilita' ripetuta; B) il valore del credito e' sottoposto al rischio dell'inadempimento, mentre il valore monetario e' attuale e certo poiche', per l'induzione giuridica, la moneta e' bene reale, oggetto di diritto di proprieta'; C) nel credito prima si determina il precetto normativo e poi lo si manifesta, mentre nella moneta prima viene creata la manifestazione formale (simbolo monetario) e successivamente, all'atto dell'emissione, per il tramite dell'accettazione, le si conferisce il valore. In altri termini, crea il valore della moneta non chi la emette, ma chi l'accetta; D) il valore creditizio e' causato dalla promessa del debitore, come avviene nella cambiale, mentre il valore monetario e causato dall'accettazione convenzionale della collettivita'; -che attualmente il portatore della moneta ha la proprieta di valori illecitamente gravati di debito verso la banca centrale, di cui non ha la consapevolezza perche' questo debito e senza scadenza e non e individuale ma collettivo;

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-che su tali premesse il mercato viene dissanguato dalla grande usura del sistema bancario perche' pretendere oggi di pagare un debito di denaro con altro denaro e come pretendere di pagare un debito con un altro debito. Poiche' cio' e' impossibile, a lungo andare, gli operatori economici si vedono costretti a pagare il debito non dovuto con l'esproprio dei loro beni. Solo cosi' si puo' speigare la c.d. conversione dei crediti bancari in capitale a rischio (pacchetti azionari) che costituisce la fase conclusiva dell'illecito arricchimento che trova la sua origine nel momento dell'emissione monetaria. A siffatto, paradossale stato di cose, non potra porsi rimedio se non stabilendo chi sia il proprietario della moneta all'atto dell'emissione cosi' colmando, con autorevole interpretazione giurisprudenziale, un vuoto legislativo ormai non piu tollerabile. -che, peraltro, la situazione de qua risulterebbe oltremodo aggravata nell'ipotesi in cui l'istante dovesse accedere al credito bancario. Infatti, la sua iniqua posizione di debitore originario della moneta viene ulteriormente onerata dagli interessi richiesti dall'istituto di credito che, siccome si configurano come accessori al bene principale (moneta) di proprieta dei cittadini, non sono dovuti. La situazione fattuale teste' espressa espone evidentemente il deducente all'inibizione, per fatto e colpa del sistema bancario e dell'en-issione monetaria, della legittimazione giuridica, rectius "capacita giuridica'. Pertanto, l'istante, come in atti rapp. dom. e difeso,

CITA la Banca d'Italia, in persona del Governatore legale corr. in Roma alla Via Nazionale a comparire innanzi al Tribunale di Roma, G.I. e sezione designandi, per l'udienza del ............... , ore e locali di rito. Con l'invito a costituirsi nei termini e modi di legge e con l'espresso avvertimento che, in mancanza, si procedera in sua legittima dichiaranda contumacia per ivi sentir accogliere le seguenti

CONCLUSIONI Piaccia all'Ill.mo Tribunale di Roma, contrariis reiectis, cosi' provvedere: dichiarare la moneta un bene reale conferito, all'atto dell'emissione, a titolo originario, in proprieta di tutti i cittadini appartenenti alla collettivita nazionale italiana, con conseguente declaratoria d'illegittimita dell'attuale sistema dell'emissione monetaria che trasforma la banca centrale da ente gestore ad ente proprietario dei valori monetari. Vinte le spese di lite. -Avv Giuseppe Marzano- -Avv. Berardino Ciucci- -Dott. Proc. Antonio Pimpini- In proprio e rappresentarmi e difendere nella presente procedura, ed in ogni sua occorrenda fase e grado, gli Avv.ti Giuseppe Marzano del Foro di Roma, Berardino Ciucci del Fore de L'Aquila ed il Dott. Proc. Antonio Pimpini del Foro di Chieti. Eleggo domicilio nella Studio in Roma alla Via . Traversari n. 55 RELATA DI NOTIFICAZIONE. Ad istanza come in atti, io sottoscritto Ufficiale Giudiziario, addetto all'Ufficio Unico delle Notificazioni presso il Tribunale di Roma, ho notificato copia del suesteso atto di citazione, conforme all'originale, alla Banca d'Italia, in persona del Governatore legale rapp. pro tempore, corr. in Roma alla Via Nazionale, e cio' ho fatto mediante Ho altresi notificato, a titolo di notiziamento e su richiesta dell'istante, copia del suesteso atto al Ministero del Tesoro, in persona del ministro pro tempore, e cio' ho fatto mediante NOTIFICATO IL 24/06/1994

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TRIBUNALE CIVILE DI ROMA Comparsa di costituzione e risposta

per la BANCA D'ITALIA, Istituto di diritto pubblico con sede in Roma, via Nazionale 91 in persona del suo legale rappresentante pro tempora, rappresentata e difesa dagli avv.ti Giuseppe Vittimberga e Sergio Luciani e dal dott. proc. Marco Mancini dell'Avvocatura della Banca stessa, come da mandato in calce alla presente comparsa, domiciliata presso gli stessi in Roma, via Nazionale, 91 convenuta

CONTRO Auriti Giacinto, rappresentato e difeso dagli avv.ti Giuseppe Marzano e Berardino Ciucci e dal dott.proc. Antonio Pimpini, elettivamente domiciliato presso lo studio dell'avv.to Giuseppe Marzano in Roma, via A.Traversari n.55, attore

* * * Con atto di citazione, notificato il 24 giugno 1994, il prof. Giacinto Auriti agendo sia in proprio quale cittadino italiano, sia quale legale rappresentante dell'Associazione Culturale "Alternativa Sociale per la Proprietà di Popolo"(ASSPP) sostenendo che allo stato attuale nessuna legge indicherebbe il proprietario della moneta all'atto dell'emissione e lamentando che sino ad oggi, in base ad una consuetudine interpretativa contra legem, l'erogazione della moneta sarebbe "effettuata dalla banca centrale addebitando illegittimamente allo Stato ed alla collettività l'intero ammontare corrispettivo" in modo da conferire "solo la proprietà a titolo derivativo per il tempo limitato alla durata del prestito", ha convenuto la Banca d'Italia dinanzi al Tribunale di Roma per ivi sentir "dichiarare la moneta un bene reale conferito, all'atto dell'emissione, a titolo originario, in proprietà di tutti i cittadini appartenenti alla collettività nazionale italiana, con conseguente declaratoria d'illegittimità dell'attuale sistema dell'emissione monetaria che trasforma la banca centrale da ente gestore ad ente proprietario dei valori monetari".

* * * La domanda attorea nei confronti della Banca d'Italia deve essere respinta perché improponibile e/o inammissibile e comunque palesemente infondata nel merito. La visione della moneta e delle funzioni monetarie che l'attore intende accreditare è palesemente distorta e completamente infondata. Da un punto di vista logico, è innanzitutto ben evidente che l'accettazione da parte della collettività, lungi dall'essere causa del valore della moneta, ne rappresenta in realtà solo l'effetto, sicché il sillogismo deve essere rovesciato: non è vero che la moneta vale in quanto è accettata, ma semmai, come la storia e la cronaca stanno a dimostrare, che essa è accettata solo in quanto abbia un valore. Di qui la necessità che tale valore, rispondendo ad un fondamentale interesse pubblico, sia difeso e garantito dalle Pubbliche Autorità, funzione nei moderni stati affidata alle banche centrali. Sotto il profilo giuridico, poi, il batter moneta ha da sempre rappresentato e rappresenta tutt'ora una delle più evidenti e indiscusse espressioni della sovranità statale, sicché può correttamente affermarsi che il valore della moneta trae il proprio fondamento solo ed unicamente da norme dell'ordinamento statale, che, per solito, disciplinano minutamente la creazione e la circolazione della moneta, ne sanciscono l'efficacia liberatoria, ne sanzionano la mancata accettazione in pagamento e tutelano la fede pubblica contro la sua falsificazione ed alterazione. Anche in Italia, questa fondamentale prerogativa sovrana dello Stato è compiutamente disciplinata dal legislatore sia per quanto attiene all'attribuzione della funzione di emissione, che in ordine alle relative modalità di esercizio.

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La funzione di emettere moneta, affidata nella sua quasi totalità alla Banca d'Italia, sulla base di un rapporto avente natura concessoria, dall'art. 28 aprile 1910, n. 204, ha successivamente assunto il carattere di un'attribuzione istituzionale della Banca centrale, a seguito del R.D.L. 12 marzo 1936, n. 371, e dell'art. 1 dello Statuto della stessa Banca, approvato con R.D. 11 giugno 1936, n. 1067, e successive modificazioni, a norma del quale essa è un istituto di diritto pubblico che, quale unico istituto di emissione, emette biglietti nei limiti e con le norme stabilite dalla legge. In ordine alle modalità di esercizio di tale funzione, l'art. 4 del T.U. n. 204/1910 e il D.P.R. 9 ottobre 1981, n. 811, prevedono che alla fabbricazione del biglietto concorrano la Banca d'Italia e lo Stato, tramite il Ministero del tesoro, in modo che ne l'una ne l'altro possano formare un biglietto completo. Mentre per la fabbricazione l'Istituto di emissione e il Ministero del tesoro hanno competenze congiunte e coordinate, le decisioni riguardanti la quantità dei biglietti da immettere nel mercato ed i tempi dell'immissione competono alla sola Banca quanto strumentali all'esercizio delle funzioni di controllo della liquidati del sistema e di salvaguardia del valore del metro monetario, affidatele nell'ordinamento italiano (T.U. n. 204/1910 e Statuto della Banca d'Italia, ma anche art. 47 della Costituzione) e ora trovanti fondamento, anche a livello comunitario, nell'art. 105 del Trattato di Maastricht sull'Unione Monetaria Europea. Sia in ordine alla fabbricazione che all'emissione monetaria, l'attività della Banca d'Italia, pur caratterizzandosi per una forte discrezionalità tecnica, non è esente da vincoli e da controlli riguardanti la produzione dei biglietti, l'iter di emissione, l'annullamento e la distruzione delle banconote logore o danneggiate. In particolare, i tagli dei biglietti che possono essere emessi dalla Banca d'Italia sono stabiliti con legge, mentre le caratteristiche e le quantità dei biglietti da stampare vengono stabilite con distinti decreti del Ministro del tesoro. L'intera attività della Banca in questi campi è poi sottoposta alla vigilanza del Ministro del tesoro e di un'apposita commissione permanente di cui fanno parte, fra l'altro, anche sei parlamentari (artt. 108 ss. del T.U. n. 204/1910).

* * * Tanto premesso, va rilevato innanzi tutto che nell'esercizio della funzione di emissione, è attribuito alla pubblica amministrazione un potere discrezionale assoluto, prerogativa della sovranità statale, che trae fondamento dalla necessaria preminenza dell'interesse pubblico alla fabbricazione ed alla circolazione della moneta rispetto a tutti gli eventuali interessi privati che con esso possano confliggere. A fronte di tale potere, non esistono posizioni soggettive giuridicamente tutelate, bensì meri diritti civici al godimento di pubbliche funzioni. Né discende il difetto assoluto di giurisdizione o, quantomeno, il difetto di giurisdizione del giudice ordinario. A ciò si aggiunga l'evidente carenza di interesse ad agire dell'attore, il quale ha promosso un'azione di accertamento senza che esistesse alcuna situazione di incertezza da rimuovere tant'è che l'emissione della moneta è compiutamente disciplinata dal legislatore in modo da non lasciare spazi all'immaginazione o alla fantasia né alcun pregiudizio, anche soltanto potenziale, per l'attore in proprio o per l'associazione che lo stesso asserisce di rappresentare. La domanda attorea è poi, anche nel merito, destituita del benché minimo fondamento. Essa muove, infatti, dalla premessa, completamente errata, secondo cui difetterebbe nel nostro ordinamento una norma di legge che indichi il proprietario della moneta all'atto dell'emissione, sicché l'appropriazione della stessa da parte della Banca d'Italia si baserebbe su una consuetudine interpretativa contra legem.

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Ebbene, alla stregua della puntuale disciplina della funzione di emissione, i biglietti appena prodotti dall'officina fabbricazione biglietti della Banca d'Italia costituiscono una semplice merce di proprietà della Banca centrale, che ne cura direttamente la stampa e ne assume le relative spese (art. 4, comma 5, del T.U n. 204/1910). Essi acquistano la loro funzione e il valore di moneta solo nel momento, logicamente e cronologicamente successivo, in cui la Banca d'Italia li immette nel mercato trasferendone la relativa proprietà ai percettori. Tale immissione, che rappresenta uno dei principali strumenti a disposizione della Banca centrale per l'esercizio delle cennate funzioni di regolazione della liquidità del sistema e di tutela del valore del metro monetario, avviene tramite operazioni che l'Istituto di emissione, in piena autonomia conclude con il Tesoro, con il sistema bancario, con l'estero e con i mercati monetario e finanziario, operazioni tutte previste e compiutamente disciplinate dalla legge e dallo statuto della Banca d'Italia (artt. 25 - 42 del T.U. n. 204/1910 e artt. 41 - 53 dello Statuto) Alla luce di quanto sinora precisato, è del tutto abnorme e campata in aria l'affermazione dell'attore secondo cui esisterebbe una consuetudine interpretativa contra legem, in base alla quale la Banca centrale all'atto dell'emissione "mutua allo Stato italiano ed alla Collettività Nazionale, tutto il danaro che pone in circolazione". Come visto, la moneta viene infatti immessa nel mercato in base ad operazioni legislativamente previste e disciplinate, a seguito del compimento delle quali la Banca d'Italia cede la proprietà dei biglietti, i quali, in tale momento, come circolante, vengono appostati al passivo nelle scritture contabili dell'Istituto di emissione, acquistando in contropartita, o ricevendo in pegno, altri beni o valori mobiliari (titoli, valute, ecc.) che vengono, invece, appostati nell'attivo. Tali operazioni trovano evidenza, come prescrive la legge, nella situazione della Banca d'Italia mensilmente pubblicata sulla Gazzetta ufficiale. Se si considera oltretutto che, come già osservato, le spese di fabbricazione dei biglietti e l'imposta di bollo sono a carico della Banca centrale e che gli utili annuali da essa conseguiti, effettuati i prelevamenti e le distribuzioni di cui all'art. 54 dello Statuto, ai sensi dell'art. 23 del T.U. n. 204/1910 vengono devoluti allo Stato, si evidenzia altresì l'assoluta inconsistenza ed insensatezza delle tesi attoree, secondo cui l'erogazione della moneta sarebbe effettuata dalla Banca d'Italia addebbitandone allo Stato ed alla collettività l'intero ammontare senza corrispettivo. Ne consegue, pertanto, che non è dato riscontrare alcunché di arbitrario o di illegittimo nelle prerogative esercitate in campo monetario dalla Banca centrale, perché, contrariamente a quanto preteso dall'attore, l'intera materia e compiutamente disciplinata dal legislatore, in modo tale che nessun aspetto attinente all'attribuzione o all'esercizio della funzione di emissione può dirsi regolamentato da consuetudini interpretative e, men che mai, da consuetudini contra legem.

* * * Alla luce delle suesposte considerazioni, si confida nella reiezione, da parte dell'intestato Tribunale, della domanda proposta dal prof. Auriti, della quale e difficile persino comprendere l'oggetto (art. 163, 3° comma, n. 3, e art. 164, 1° comma, c.p.c.), con condanna dell'attore, non solo alla refusione delle spese di lite, ma altresì al risarcimento dei danni ex art.96 c.p.c., atteso che, anche a considerare con la miglior benevolenza l'azione da questi intentata, riesce difficile non ravvisarvi il carattere della "temerarietà".

* * * Tutto ciò premesso, la Banca d'Italia, come sopra rappresentata e difesa, formula le seguenti

CONCLUSIONI

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"Piaccia all'Ill.mo Tribunale adito, ogni contraria istanza e deduzione reiette, respingere la domanda attorea siccome improponibile e/o inammissibile e, comunque, infondata nel merito. Condannare, in ogni caso, l'attore alla refusione delle spese di lite nonché al risarcimento dei danni causati e causandi ai sensi dell'art.96 c.p.c., nell'importo che riterrà di liquidare in via equitativa". Con ogni più ampia riserva e salvezza anche di richieste istruttorie. Roma, 20 settembre 1994

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Il Messico sfida i globalisti - Moneta d'argento (20.12.2004) http://www.niburu.nl/index.php?showarticle.php?articleID=5831&lang=ENG

I governatori, i giornalisti e la maggioranza dei cittadini messicani stanno incutendo una paura del diavolo alle elite ed alla loro banca centrale. Essi propongono con forza di monetizzare nuovamente le loro vaste riserve d'argento. Con il Venezuela in piena rivolta contro i globalisti e l'Argentina che accumula oro, l'aggiunta del Messico alla crescente saggezza che viene dimostrata nell'America meridionale e centrale deve apparire sconcertante al cartello bancario sionista. Le truppe Usa in Colombia ed una piazzaforte nella politica Peruviana al momento sembrano essere le loro sole posizioni di potere reale nella regione. Per quanto difficile da credere possa sembrare, il Messico potrebbe essere il punto di svolta che alla fine scaccia i truffatori del denaro di carta fuori dal sud-America. BRAVO ! Eccovi la storia, leggermente tagliata: Le tre Bandiere dell’Argento (17 dicembre 2004 - di Hugo Salinas Price – Presidente de la Asociación Mexicana Cívica Pro Plata, “President Mexican

Civic Association Pro Silver” - Questo articolo, tradotto in inglese dallo autore stesso, e' apparso in lingua spagnola l'

11 dicembre 2004 su "La Jornada", giornale di Mexico City).

L'argento come veicolo dei risparmi del popolo si e' dimostrato una bandiera molto efficace che ha raccolto sostegno tra i principali partiti politici messicani, che in ogni altra questione sono profondamente in disaccordo gli uni con gli altri. Il 30 novembre ultimo scorso i 31 Governatori di tutti gli stati che compongono la Repubblica del Messico inviarono un comunicato alla Commissione "Percorsi e Mezzi" della Camera dei Rappresentanti messicana, nel quale espressero la loro unanime approvazione della monetizzazione dell'argento e sollecitarono la Commissione ad approvare una legge che mirasse a raggiungere esattamente questo obiettivo. 176 scrittori al giornale messicano misero la firma a dichiarazioni a piena pagina da parte del giornalistico "Club dei principali giornali di Citta' del Messico", ad ulteriore supporto della creazione della moneta denominata "Liberta' ", da una oncia (31,1 grammi) di argento. Anche una organizzazione permanente di ex legislatori ha espresso il loro sostegno alla misura in favore della monetizzazione dell' argento. Un sondaggio dalla tv nazionale "Atzeca" rivelo' che il 96 % degli spettatori approvavano la monetizzazione dell'oncia di argento, quando fu chiesto se fossero a favore oppure no. La Banca del Messico, Banca Centrale messicana, e' inflessibilmente contraria a questo provvedimento. Non vuole che il pubblico abbia l'opportunita' di accumulare risparmi in argento monetizzato. Desidera mantenere il proprio inalterato monopolio sulla stampa del denaro messicano, che non ha alcun valore intrinseco, e non vuole che il popolo abbia alcuna alternativa per i suoi risparmi, eccetto che carta-moneta o depositi bancari. La Banca del Messico ha inviato una rappresentanza di dodici uomini alla seduta del 30 novembre 2004 della Commissione "Percorsi e Mezzi", alla scopo di confondere ed intimidire i membri di tale Commissione, e prevenire un voto favorevole alla legge di monetizzare l'argento. Non sappiamo come i membri della Commissione esprimeranno il loro decisivo voto, quando il tempo verra'. Anche nel caso il loro voto fosse negativo, possiamo effettuare la previsione, in base al supporto dato a questa ragionevole e benefica misura nell'interesse del Messico, che l'idea di monetizzare l'argento non morira'. L'idea di usare l'argento come denaro che non possa essere svalutato, per i risparmi del popolo, e' ora fermamente radicata nella pubblica coscienza del Messico. Un'idea in marcia e' una forza che non muore facilmente. Se venisse soppressa, riguadagnerebbe solo maggiore forza. E' questa la storia di tutte le idee. L'argento utilizzato come denaro in Messico, circolante in parallelo con la carta-moneta, non conta quanto poco significativa l’importanza di tale piccolo ammontare

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d'argento nella economia nazionale, vuol dire che i Messicani ricorderanno sempre che l'argento puo' effettivamente essere usato come reale, onesto denaro. E che, mentre gli anni passano, esso sara' sempre li', ad invitarci ad usarlo nei piu' pericolosi e oscuri tempi che possono venire. L’argento in circolazione servira' a ricordarci che e' possibile per una societa' usare l'argento e ricavare benefici dall'uso di denaro reale, di denaro onesto. Altrimenti e' possibile che noi possiamo dimenticare cio’, come e' successo a molte nazioni nel mondo. Quando il Messico monetizzera' l'argento, esso diventera' un faro di speranza per il mondo, una luce che indica la via per uscire dalla palude della schiavitu' e del perpetuo impoverimento che viene con il denaro di carta. Il denaro di carta, che e' oggi il solo tipo di denaro nel mondo, assicura il controllo economico e quindi politico sulle popolazioni che lo usano. La casta bancaria mondiale che emette il denaro di carta ed il denaro virtuale, elettronico minaccia di diventare il potere sovrano per mezzo del fittizio denaro che emette, ed aspira a dominare tutta l'umanita'. Il risultato del denaro di carta e' la disumanizzazione della razza umana. Questa e' la terza e piu' importante bandiera dell'argento: la causa della umanita'. Pertanto le bandiere dell'argento sono tre: 1) La bandiera dei risparmi del popolo. 2) La bandiera dell'unione nazionale. 3) La bandiera della preservazione degli uomini dalla disumanizzazione. La moneta d'argento come denaro: un' idea che ha preso vita e non sara' soppressa. (traduzione Francesco Caselli) L'Argentina sfida il Fondo Monetario ed impartisce una lezione di economia alla Grande Finanza (30 dicembre 2004 - Sepp Hasslberger - http://www.newmediaexplorer.org/) Tre anni dopo il collasso della economia argentina sotto il peso delle ricette per lo sviluppo fornite dal FMI e dalla Banca Mondiale, la ripresa in sboccio della nazione sud-americana sbalordisce gli osservatori internazionali. Sfidando le prescrizioni del FMI, il presidente Kirchner ed i suoi consiglieri economici avevano detto ai creditori di mettersi in coda ed attendere, mentre si ricostruiva l'economia a partire dal punto piu’ basso. Un eccellente articolo sul ”the New York Times” riferisce la storia. Il saccheggio della Argentina da parte della finanza internazionale e la susseguente disintegrazione della sua economia nel dicembre 2001 e' solo uno degli esempi di quale sia stata la politica ufficiale del Fondo Monetario Internazionale e della Banca Mondiale per decenni: indebitare le nazioni in sviluppo garantendo enormi prestiti per progetti che beneficano gli appaltatori stranieri piuttosto che l'economia locale, raccogliere i rimborsi e, quando avviene il del tutto prevedibile default finanziario, passare alla spremitura per "aprire la nazione alla economia di mercato". Abbassare le paghe, eliminare ogni sussidio sociale, aprire i servizi di base alla competizione multinazionale e cedere le materie prime a prezzi di svendita. John Perkins, in passato un membro rispettato della comunità bancaria internazionale, ha deprecato duramente questa pratica. Nel suo libro "Confessioni di un sicario dell'economia" descrive come egli, da professionista ben pagato, aiutò gli Usa a derubare nazioni povere in tutto il mondo per migliaia di miliardi di dollari, concedendo loro in prestito più denaro di quanto esse potessero eventualmente restituire, e successivamente a prendere possesso delle loro economie. Democracynow.org ha pubblicato una interessante intervista a Perkins. In effetti le aspre critiche mosse dai seguaci del globalismo economico dipingono un quadro a

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tinte nere. La "soluzione magica" proposta da "la creme de la creme" degli economisti è – difficile da credere - legare la valuta argentina al dollaro e rinnovare gli sforzi per compiacere la finanza internazionale. Peccato che naturalmente ciò sia esattamente la causa primaria del crollo. Come si comportarono gli Argentini ? Ripudiarono il "buon consiglio" ed iniziarono a lavorare nella propria nazione, convincendosi che l'economia di un paese non viene costruita con investimenti internazionali, quanto piuttosto con produzione e consumi realizzati proprio all'interno di esso. Ecco qui di seguito la copia dell'articolo del “the New York Times”… La ripresa economica argentina sfida le previsioni (di Larry Rohter pubblicato il 26 dicembre 2004 su “the N.Y. Times”)

BUENOS AIRES, 23 dicembre 2004 - Quando l'economia argentina collasso' nel dicembre 2001, le previsioni da giorno del Giudizio Universale abbondavano. A meno che essa adottasse politiche economiche ortodosse e siglasse velocemente un accordo con i suoi creditori stranieri, certamente sarebbe seguita una super-inflazione, il peso sarebbe diventato senza valore, investimenti e riserve di valuta estera sarebbero svaniti ed ogni prospettiva di crescita sarebbe stata soffocata. Ma tre anni dopo che l'Argentina dichiaro' un default per un debito record di più di 100 miliardi di dollari, il piu' largo nella storia, l'apocalisse non e' arrivata. Invece l'economia e' cresciuta del + 8 % annuale per due anni consecutivi, le esportazioni sono parecchio cresciute, la moneta e' stabile, gli investitori stanno gradualmente ritornando e la disoccupazione e' calata dai livelli record - il tutto senza un accordo relativo al debito, ne' le misure standard richieste dal Fondo Monetario Internazionale per concedere la sua approvazione. La ripresa argentina è stata innegabile, ed e' stata raggiunta almeno in parte ignorando e persino sfidando l'ortodossia economica e politica. Piuttosto che procedere alla immediata soddisfazione dei possessori di obbligazioni, banche private ed FMI, così come invece altre nazioni in sviluppo hanno fatto in crisi anche meno severe, il governo a guida peronista scelse per prima cosa di stimolare i consumi interni e disse ai creditori di mettersi in coda insieme a tutti gli altri. "Questo e' un importante evento storico, che sfida 25 anni di politiche fallimentari" ha asserito Mark Weisbrot, economista presso il Centro di Ricerche Economiche e Politiche, gruppo di ricerca di orientamento liberale in Washington. “Mentre altre nazioni continuano tuttora a zoppicare, l'Argentina sta sperimentando una crescita molto sana, senza che alcun segno indichi che essa non possa continuare, ed essi hanno ottenuto questo risultato senza essere costretti a fare alcuna concessione per ottenere l'arrivo di capitale straniero." Le conseguenze di tale decisione si possono vedere nelle statistiche governative e nei negozi, nei quali i consumatori una volta di piu' spendevano robustamente prima di Natale. Piu' di due milioni di posti di lavoro sono stati creati a partire dal punto piu' basso della crisi all'inizio del 2002, e secondo le statistiche ufficiali anche il reddito reale, cioe' al netto della inflazione, e' rimbalzato, ritornando quasi al livello degli ultimi anni '90. Fu in questi anni che la crisi emerse, durante i quali l'Argentina provo' a stringere la cinghia secondo le prescrizioni FMI, col solo risultato di collassare nella peggiore depressione della sua storia, che provoco' anche l'avvio di una crisi politica. Alcuni dei nuovi posti di lavoro provengono dal programma governativo volto alla creazione di occupazione a bassa paga, ma circa la meta' riguardano il settore privato. Come risultato, la disoccupazione ha declinato da piu' del 20 % a circa il 13 %, ed il numero di Argentini che vivono sotto la linea della poverta' e' sceso di circa 10 punti percentuali dal livello record del 53,4 % di inizio 2002. "Le cose non sono assolutamente tornate normali, ma abbiamo acquisito la sensazione di essere tornati sulla strada giusta" - ha affermato Mario Alberto Ortiz, riparatore di impianti di refrigerazione. "Per la prima volta dacche' tutto crollo', posso effettivamente permettermi di spendere un po' di

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soldi". Gli economisti tradizionali seguaci del libero mercato rimangono scettici riguardo l'approccio governativo. Mentre riconoscono che c'e' stata una ripresa, la attribuiscono soprattutto a fattori esterni piuttosto che alle politiche del Presidente Néstor Kirchner, che ha assunto la carica dal maggio 2003. Inoltre sostengono anche che la ripresa comincia a perdere forza. "Siamo stati fortunati"- ha affermato Juan Luis Bour, capo economista presso la Fondazione Latino-Americana di Ricerche Economiche in Argentina. "Abbiamo avuto prezzi alti per le merci e bassi tassi di interesse. Ma se vogliamo crescere nel 2005, dobbiamo fare un accordo per la questione del debito e riscontrare l'arrivo di capitale estero." Il FMI, che i dirigenti argentini incolpano di aver provocato la crisi in prima battuta, ribatte che l'attuale governo agisce almeno in parte come il FMI ha sempre raccomandato. Ha limitato la spesa e si e' attivato per incrementare le entrate, una prescrizione classica per una economia sofferente, ed ha accumulato un attivo di entita' doppia di quella che il Fondo aveva richiesto prima che le trattative fossero congelate molti mesi fa. "Il ritorno a questi numeri incoraggianti e' stato molto aiutato da una disciplina fiscale, che e' quasi senza precedenti secondo gli standard argentini"- ha affermato John Dodsworth, il responsabile FMI in Argentina. "Abbiamo avuto un attivo primario che e' aumentato in maniera decisa in questi pochi ultimi anni, sia a livello centrale che a quello provinciale, e che e' stata l'ancora fondamentale dal lato economico." Ma una parte di tale attivo record del bilancio e' arrivato da un paio di tributi sulle esportazioni e sulle transazioni finanziarie, che gli economisti ortodossi del FMI e di altri organismi vogliono vedere abrogati. Circa un terzo delle entrate governative è ora raccolto da tali tributi, che sono aumentati. "Il FMI vuole che queste tasse siano eliminate, ma d'altra parte i suoi rappresentanti desiderano anche che l'Argentina migliori la sua offerta ai creditori e anche che essa rimborsi il Fondo, cosi' da poter ridurre la sua esposizione presso di esso" - ha affermato Alan Cibils, economista argentino associato allo indipendente Centro Interdisciplinare per lo Studio di Indirizzo Pubblico in Argentina. In altre parole dicono: "Dovete pagare di piu' e trattenere di meno", che e' una prescrizione sicura per produrre un'altra crisi. A causa della assenza di un accordo sul debito e dello stallo sulle tariffe delle "utility" (gas, luce e acqua), alcuni investitori, specie europei, continuano ad evitare l'Argentina, citando quella che chiamano la carenza di "sicurezza giudiziaria". Ma altri, soprattutto latino-americani, abituati ad operare in ambienti instabili o essi stessi sopravvissuti a simili crisi, hanno aumentato la loro presenza in Argentina a causa della espansione delle opportunita'. "Questi sono slogan che le persone ripetono senza pensare, come se essi fossero pappagalli" - ha affermato Roberto Lavagna, ministro della economia, quando interpellato in merito alle previsioni che gli investimenti starebbero per venire meno. "Nel 2001 e all'inizio del 2002 tutti i tipi di contratto furono annullati" - ha detto. "Cosi' perche' ora investono ? Chiaramente perche' oggi possono ottenere un ottimo livello di rendimento." La compagnia petrolifera brasiliana Petrobras ha comprato una parte delle azioni di una primaria compagnia energetica argentina. Un'altra compagnia brasiliana, la AmBev, ha acquisito una larga compartecipazione nella Quilmes, importante societa' argentina produttrice di birra, ed una compagnia messicana ha acquisito il controllo di una grossa industria fornaia e pasticciera. Le nazioni asiatiche, Cina e Sud-Corea soprattutto, hanno cominciato ad operare in Argentina. Durante una visita di stato il mese scorso, il presidente cinese Hu Jintao ha annunciato che la sua nazione progetta di investire venti miliardi di dollari ìin Argentina nello spazio dei prossimi dieci anni. Ma il grosso dei nuovi investimenti viene dagli stessi Argentini, che stanno cominciando a spendere il loro denaro in patria, sia riportando i loro risparmi dall'estero, sia prelevandoli dal di sotto dei loro materassi. Per la prima volta in tre anni, e' maggiore la quantita' di denaro che entra nella nazione di quella che ne esce. Cio' ha consentito a Kirchner il lusso di assumere una linea dura con il fondo monetario e con i creditori esteri che reclamano il rimborso. "La questione e' che

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l'Argentina ha al momento un attivo di conto, cosicche' essa in realta' non ha granche' bisogno di investimenti stranieri" - ha affermato Claudio Loser, economista argentino e precedente direttore del FMI per l'emisfero occidentale. "Gli investimenti nazionali stanno prendendo piede, perche' vi sono opportunita' in agricoltura, petrolio e gas." Proprio questa settimana il governo ha annunciato che le riserve di valuta estera sono risalite a 19,5 miliardi di dollari, il loro livello piu' alto a contare dal crash e a piu' del doppio del minimo segnato a meta' del 2002, un anno che segno' un deflusso netto di 12,7 miliardi di dollari. "Il picco degli investimenti negli anni '90 era del 19,9 % del PIL, e oggi e' del 19,1%, in risalita da un minimo del 10%" - ha affermato Lavagna. Il governo Kirchner continua a cercare un accordo riguardo il debito di 167 miliardi di dollari tuttora esistente, e progetta di effettuare quella che esso definisce la sua offerta finale all'inizio del prossimo mese. Ma la svolta in Argentina ha inspirato un tale senso di confidenza che il governo non solo parla di tagliare i suoi ultimi legami con il FMI, ma anche insiste che ogni rimborso ai possessori di obbligazioni debba essere condizionato al protrarsi della buona salute economica dell'Argentina. "E' molto semplice" - ha affermato Lavagna. "Nessuno puo' raccogliere soldi da una nazione che non sta crescendo economicamente." (traduzione di Francesco Caselli) Ecco come vogliono che vediamo la faccenda "Proposta argentina è una truffa" (da Repubblica 12/01/2005) Audizione del presidente della Tfa Stock alla Camera Ai risparmiatori viene chiesto di respingere l'offerta Tango bond, allarme dei detentori - La Malfa: "Spetta al governo esercitare pressioni sull'Argentina" ROMA - "Con la pubblicazione del prospetto sui bond l'Argentina ha realizzato l'imbroglio più importante della storia". Non usa mezzi termini Nicola Stock copresidente del Gcab, associazione che tutela molti detentori di bond argentini finiti in default, e presidente della Task force argentina, l'associazione costituita in seno all'ABI per la tutela degli investitori italiani titolari di tango-bond. L'offerta, secondo Stock, che è stato sentito oggi in audizione dalla commissione Finanze della Camera, è "iniqua, inammissibile e inaccettabile per le condizioni economiche". Il comitato consiglia di non aderire e ritiene che l'Argentina possa migliorare nettamente l'offerta dall'attuale valore netto di mercato valutato in circa il 27 per cento "ad almeno il doppio". "La posizione della TFA è chiara ed è quella di raccomandare gli investitori a non aderire all'offerta del governo argentino che è unilaterale perchè non negoziata con i maggiori creditori nonostante questa fosse una richiesta del fondo monetario internazionale. Questa offerta - ha detto Stock - è iniqua ed inammissibile e il nostro obiettivo è quello di convincere i bond holders a non consentire il successo dell'offerta". Secondo la Tfa, il governo argentino è finanziariamente in grado di migliorare l'offerta riducendo il periodo per il pagamento del capitale attraverso i nuovi bond, dai 35 anni previsti dal prospetto attuale a 10-15 anni. In questo modo si alzerebbe la percentuale di rimborso al 55 per cento circa, spiega Stock, con tassi di interesse "del 2-2,5 per cento". Perchè l'offerta attuale sia valida occorre l'adesione dell'80 per cento dei titolari delle obbligazioni. Una percentuale molto alta che Stock si dice certo che non verrà raggiunta. "Il numero di investitori italiani che intendono aderire - ha pronosticato il presidente della Tfa - è limitatissimo". Secondo le stime del copresidente del Gcab "l'Argentina oggi può contare su adesioni per circa il 25 per cento del debito in default da parte di banche, fondi pensione e società di assicurazione argentini". In caso di

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mancata accettazione, il governo argentino dovrebbe sedersi di nuovo al tavolo delle trattative con i rappresentanti dei detentori di titoli. Nell'eventualità, invece, che l'offerta venga accettata (le adesioni possono arrivare a partire da venerdì, il termine scade il 25 febbraio), Stock ha preannunciato "azioni legali molto forti da parte degli investitori. Ci sono già negli Usa - ha detto - due class action molto forti" mentre altre 14 azioni collettive attendono la certificazione. "Noi - ha aggiunto - cercheremo di non fare cause al governo argentino, ma se continuiamo a prendere calci nel sedere...". Comunque, ha ricordato, "sulla base di quanto indicato nel prospetto informativo, le obbligazioni che non parteciperanno all'offerta di scambio manterranno intatti i diritti originari". Se l'offerta venisse accettata, ha detto ancora Stock, si creerebbero problemi per la stabilità dei mercati. Al termine dell'audizione, il presidente della commissione Finanze Giorgio La Malfa ha definito "del tutto convincenti" le valutazioni di Stock e ha sottolineato che spetta al governo italiano esercitare "tutte le pressioni" necessarie sull'Argentina contro l'offerta di rimborso dei tango-bond. (12 gennaio 2005) Utopia finale Abbiamo preso il caso Argentina come esempio, vedendo il punto di vista del Governo Argentino, dei “manovratori” della opinione pubblica (giornalisti, politici, giornali…) e del FMI… Vediamo cosa propongono i “semplici” cittadini tramite Internet “… Iniziative a sostegno dei Risparmiatori coinvolti nel crack Argentina I 450.000 risparmiatori italiani vittime del default dei bond argentini e i loro familiari coinvolti, prendendo spunto dall'emendamento presentato dall'Onorevole Guido Rossi in sede di approvazione della Finanziaria 2004 ed essendo chiare le responsabilità del sistema bancario italiano in questa vicenda CHIEDONO AI PARLAMENTARI ITALIANI - che sia votata una legge che istituisca a carico delle banche italiane un fondo per il rimborso del 50% del valore nominale delle obbligazioni. Ciò permetterebbe ai risparmiatori di avere un risarcimento parziale dato che lo stato argentino, per ora, ha avanzato solo un'offerta di rimborso del 25% del valore dei titoli; - in alternativa chiedono che sia votata una legge che imponga alle banche italiane di riacquistare a prezzo pieno i titoli venduti alla clientela. In tal modo le banche risarcirebbero i risparmiatori e allo stesso tempo diverrebbero proprietarie dei bond, potendo così trattare direttamente con lo stato argentino ed ottenere un rimborso soddisfacente data la loro maggiore forza contrattuale. Le responsabilità delle banche italiane sono estremente gravi: fin dal 1999 la Banca d’Italia aveva informato il sistema bancario italiano che il rating dell’Argentina era sceso al livello B1 e, ciò nonostante, nel triennio 1999-2001, le banche hanno continuato a collocare i titoli presso i propri clienti. In moltissimi casi, gli istituti di credito italiani non hanno svolto solo un ruolo d'intermediari (beneficiando di sostanziose commissioni) ma hanno venduto alla clientela allo sportello le obbligazioni che detenevano nella propria diretta titolarità, con un palese conflitto d'interesse. In generale poi la clientela non era stata informata in modo esauriente del rischio Paese, non certo riflesso dallo spread dei tassi, all'epoca solo di 3-4 punti superiori rispetto ai titoli di stato emessi dal Tesoro USA. Si sottolinea infine che, nella circostanza, del tutto nulla é stata vigilanza di Banca d'Italia, ABI e Consob nei confronti del sistema bancario.…”

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Ultima ora: Polemica tra Consumatori e Consob sul prospetto (da iltempo.it 10-1-05) È scontro tra le associazioni dei consumatori e a la Consob all’indomani della pubblicazione del prospetto con le proposte di rimborso dei bond argentini, che prevedono la perdita fino a poco meno del 70% del capitale investito. Se vorranno accettare l’offerta del governo di Buenos Aires, i risparmiatori potranno farlo da venerdì 14. E per limitare la perdita dovranno accettare lo scambio entro il 4 febbraio. «La Consob rischia di essere complice delle malefatte del governo argentino», attacca Elio Lannutti dell’Intesa dei consumatori perchè «ha approvato troppo rapidamente un prospetto che lascia troppo a desiderare e che discrimina tra i risparmiatori, mentre doveva mettere paletti ben diversi». L’offerta di scambio propone ai risparmiatori tre titoli alternativi ai «tango bond» originali: obbligazioni «par», «discount» e «quasi par». Le prime sono rimborsate alla pari, se tutto andrà bene e comunque ce ne sono solo per 15 miliardi di dollari, le seconde restituiranno il 33,7% del capitale investito, e per la struttura dell’offerta rischiano di essere le più diffuse. Le ultime il 66,9%. Questo livello di rimborso avrebbe potuto essere un buon compromesso, però, attacca Lannutti, «è destinato solo alle obbligazioni in pesos, quindi praticamente ai soli risparmiatori argentini e questa è una grave discriminazione». Chi non farà in tempo a prenotare i «par bonds» rischia di avere i «discount», per i quali il termine di accettazione non scade il 4 febbraio, ma il 25. A tutti i possessori di bond argentini, comunque, Lannutti consiglia di rifiutare l’offerta e puntare sui risultati delle cause internazionali. Perchè, dice, «se l’offerta fallisce, cioè se non troverà l’approvazione della maggioranza degli obbligazionisti, allora l’argentina sarà obbligata a migliorarla o la comunità internazionale la metterà al bando». Immediata la replica della Consob che avverte: «Il nulla osta alla pubblicazione del prospetto informativo delle obbligazioni argentine è stato rilasciato dalla Consob, come sempre in casi analoghi, sulla base di un esame del documento d’offerta dal punto di vista della trasparenza delle informazioni, senza entrare - come prevede la normativa in vigore - nel merito dell’offerta e senza formulare alcun giudizio sulla convenienza dell’operazione». La Consob sottolinea infine che «non entra mai, nè potrebbe farlo, nel merito delle offerte, che ricadono sempre sotto la responsabiluità degli offerenti, in questo caso il Governo della Repubblica argentina». La questione delle riserve auree (Lunedì 27 Dicembre 2004) La carta stampata in Italia non fa grandi utili. Non è il profitto la ragione per cui esiste. Un contributo alla sua esistenza viene, oltre che dai privilegi concessi da leggi ad hoc, dalla pubblicità e dalla vendita di pregevoli gadget (libri, VHS, DVD, ecc.). Il contenuto è irrilevante al profitto. Le polemiche che riempiono la carta stampata oggi saranno domani meno che irrilevanti. Un esempio da manuale di paralogismi, incongruenze e ignoranza storica ed economica sono le cose scritte sui giornali in questi giorni in merito alla proposta di vendere le riserve auree della Banca d'Italia per ridurre il debito pubblico. A dispetto della catena delle argomentazioni, siamo d'accordo sulle conclusioni: che Banca d'Italia venda le sue riserve. Servirà questo a ridurre il debito pubblico? Rispondo con un'altra domanda. C'è qualcuno che lo crede? Nessuno stato moderno ridurrà mai il debito pubblico. Lo stato moderno si è formato dal ‘500 in poi. È una realtà storica, come l'Egitto dei faraoni, l'Impero mongolo o la breve egemonia di Atene. Avendo lo stato moderno il monopolio della violenza e l'esercizio incontrastato della sovranità porterà alla rovina le società sotto il suo controllo. La civilizzazione nata dal capitalismo e dall'economia di mercato, in ogni epoca impedita dall'azione dei governi, si sfalderà sotto il peso dei debiti, delle regolamentazioni delle tasse e dell'inflazione monetaria. A contrastare l'azione dei governi c'è il desiderio di vivere degli uomini, che, nel tempo loro concesso,

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producono, inventano, commerciano, tentano, in qualche modo, di portare avanti la divisione del lavoro. Purtroppo, più un uomo è impegnato a produrre e ad ottenere profitto nel suo limitato orizzonte di attività e meno riesce a capire la globalità delle forze storiche in azione. Esiste almeno un uomo che, nel 1913 o nel 1939, qui in Europa aveva ottimizzato la produzione del bene X, che poteva fornire ai consumatori a basso prezzo e di buona qualità, ottenendone un lauto profitto, solo per vedere i suoi sforzi nullificati qualche mese dopo, dalle bombe. Queste righe sono un contributo tardivo agli sforzi di quell'uomo. Mentre tutti sanno di avere bisogno di scarpe, quell'uomo non sa di avere bisogno di queste righe. Gli unici disposti a pagare per i servizi di un intellettuale sono i governi. Gli imprenditori e i consumatori non finanziano gli intellettuali. Gli intellettuali sono molto vanitosi e vorrebbero essere, come tutti, molto ricchi. Dal momento che gli imprenditori e i consumatori non finanziano gli intellettuali, gli intellettuali diventano i servi del governo e sfogano contro l'impresa tutta la frustrazione accumulata. Ovviamente la produzione degli intellettuali moderni, a parte la funzione ideologica immediata pro-statalista, non ha alcun valore intellettuale (si pensi a tutte le pagine stampate sotto i regimi comunisti o a quelle stampate, oggi e qui, dopo la ventura iperinflazione planetaria). Così si spiega come si possano leggere discussioni senza senso sui giornali in merito alla questione delle riserve auree: it's a tale, told by an idiot, full of sound and fury, signifying nothing . La prima cosa seria da dire sulla questione è che le riserve auree della Banca d'Italia non si sa dove siano. Mentre le scuole statali promuovono visite al Parlamento, non si possono fare visite alle riserve auree (ed è un peccato, perché i ragazzi ne sarebbero entusiasti). Da cose lette qua e là mi sono fatto l'idea che le riserve auree delle banche centrali siano sotto la FED di New York, che regola le transazioni auree tra banche centrali spostando lingotti da un armadio con su scritto “U.S.” a uno con su scritto “Germany”. Sfido chiunque a reclamare una proprietà che sta nei bunker di una potenza nucleare. Le transazioni in oro tra banche centrali avvengono senza differenza tra lettera e denaro: l'oro è moneta per le banche centrali. I privati che comprano e vendono oro prevedono una piccola differenza tra denaro e lettera: l'oro è quasi moneta per i privati. La vera moneta per i privati attualmente è la cartamoneta imposta per decreto dai governi e alcuni suoi complessi succedanei. Essa è continuamente inflazionata da chi la emette. La seconda cosa seria da dire sulla questione è che non ci è dato sapere quanto oro sia nella disponibilità delle banche centrali. Una imprecisata quantità di oro è stata prestata dalle banche centrali a delle bullion bank che lo hanno venduto, lasciando alle banche centrali una promessa di pagamento in oro. Il Fondo Monetario Internazionale non impone alle banche centrali di differenziare tra l'oro ancora in loro possesso e i crediti in oro. Basta visitare il sito della Banca Centrale Europea per vedere che la voce è “Gold and Gold Receivables”. Già! Ma sarebbe bello sapere quanto oro e quanto credito in oro abbiano oggi le banche centrali. Sono assolutamente a favore dell'idea di vendere i crediti in oro. Quei crediti non valgono la carta su cui sono scritti: se le bullion bank dovessero ripagare il loro debito in oro spingerebbero talmente in alto il suo prezzo in termini di moneta per decreto che il sistema delle monete per decreto crollerebbe. Quel debito non è stato scritto per essere ripagato, ma per permettere al sistema delle monete per decreto di continuare ad esistere. Si il grafico: È il grafico del tasso di cambio euro/dollaro e del prezzo dell'oro in dollari. Cosa dire: è l'oro che quota come una moneta o l'euro che si comporta come una commodity? Più semplicemente il prezzo dell'oro è manipolato in modo da non risultare mai più conveniente come moneta rispetto a tutte le monete per decreto importanti. Chi negli ultimi quattro anni avesse acquistato oro in euro ci avrebbe rimesso quel due per cento che danno i titoli di stato a breve. Il fenomeno può essere anche visto come un premio assicurativo che l'oro impone a fronte dell'insolvenza dei governi. Quando il cigno nero volerà nei cieli d'Europa, lo si vedrà come un ben misero premio da pagare. La terza cosa seria da

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dire sulla questione è che l'attuale quotazione dell'euro sul dollaro dipende più dalla sua ingente, anche se forse solo apparente, copertura aurea, che da una inesistente maggiore virtù monetaria della BCE rispetto alla FED. Gli aggregati monetari nell'area euro sono aumentati in misura molto maggiore negli ultimi anni rispetto a quelli in circolazione negli USA. Per noi, che abbiamo colto le fallacie del mercantilismo grazie al sussidiario di storia delle scuole medie, l'euro forte è un sorprendente piacere, anche se mai ci è dato modo di coglierne i vantaggi alla pompa della benzina. Non è quindi nell'auspicio di un euro debole che vediamo con favore la vendita delle riserve auree. Chi ha l'oro, fa le regole. Senza oro, le banche centrali e i governi smetteranno di fare le regole. E allora in buon ordine vedremo all'opera le forze economiche: il cigno nero, l'iperinflazione che si scarica sui prezzi, il caos contrattuale, l'interruzione della divisione del lavoro, la guerra. Il silenzio dei giornalisti? Ahimè, forse no. Il grande esperimento di pianificazione economica iniziato a Bretton Woods nel 1944 e proseguito con la chiusura della Gold Window nel 1971 volge verso la sua fine naturale. *Intervento a cura di Fabio Gardel - US Equity & Macro LAB

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Adusbef: arroganza di Fazio al termine (Roma, 24 dicembre 2004)

Elio Lannutti, presidente dell'Adusbef, l'associazione dei consumatori afferma:"Le riserve auree presso Banca d'Italia, pari a 79 milioni di once, dalle quali si potrebbero ricavare agli attuali prezzi di mercato ben 26 miliardi di euro, equivalenti al 30% di tutte le privatizzazioni fatte, non sono della medesima Banca d'Italia, ma dei Cittadini, che le hanno risparmiate consumando meno di quanto sia stato prodotto". Lannutti, altresì, rimarca: "L'arroganza del Governatore di BankItalia Fazio ha i giorni contati: il 27 gennaio 2005 al Tribunale di Lecce si discuterà la causa promossa dal Comitato per la sovranità monetaria e da Adusbef per sottrarre a Bankitalia il 'signoraggio' sulla moneta". La Banca d'Italia ci sottrae il Reddito di Cittadinanza (Michael Spitz) 20 ottobre 2004 In Brasile dal 01 gennaio 2005 iniziera' ad essere corrisposto mensilmente il reddito di cittadinanza (RDC), cioe' a ciascun cittadino in quanto tale, a partire dagli appartenenti alle classi piu' povere, e poi con il tempo anche a quelli delle altre classi meno disagiate. In Alaska, stato Usa, da anni viene corrisposto solo a Natale a tutti i cittadini, cioe' dai piu' poveri ai piu' ricchi, ed assomma a circa 1.600 dollari annuali ognuno. Ad iniziative simili guardano o le hanno gia' intraprese Sudafrica, Nuova Zelanda e altre nazioni. Perfino nella italianissima Campania, per iniziativa del partito della Rifondazione comunista, che probabilmente si e' ispirato al buon amico il presidente brasiliano, si e' riusciti nel 2004 a riconoscere alle famiglie piu' disagiate un RDC di 350 Euro al mese riferito a ciascun nucleo familiare, e non al singolo cittadino. Iniziativa chiaramente anche molto contrastata, che lo stesso partito ha cercato, con esiti finora apparentemente scarsi, di introdurre in altre regioni italiane. L'ostacolo principale, evidentemente, e' il solito: il reperimento dei fondi !! Invece i fondi esistono e consentirebbero di riconoscere ad ogni cittadino italiano, dal piu' povero al piu' ricco (cioe' il solito Berlusconi), molte centinaia di Euro al mese, vita natural durante. L'importo preciso va ottenuto dividendo la massa di moneta stampata oggi dal nulla ogni mese dalla Banca Europea, per la parte che spetta all'Italia, che ammonta al 12,7 % del totale dell'Europa a 25 nazioni, in circa 58 milioni di parti eguali. Infatti creare moneta - il guadagno che ne deriva si chiama "signoraggio" - non costa nulla dal 15 agosto 1971, quando il presidente Usa Nixon aboli' per il dollaro la possibilita' di chiedere e ottenere oro in cambio della moneta. Le Banche centrali delle altre nazioni, legate da accordi monetari di sudditanza con il dollaro superstar, dovettero adeguarsi, volenti o nolenti. A questo punto molti si chiederanno: ma questa grande ricchezza, sottratta ai legittimi proprietari, i Cittadini italiani, dove finisce ? La incamera una certa banca di diritto privato, e per nulla statale, per caso denominata "Banca d'Italia", e ne distribuisce gli utili ai suoi azionisti, che sono le privatissime maggiori banche italiane, le privatissime maggiori compagnie assicurative italiane, e noti maggiori enti previdenziali italiani. Prego controllare sul numero di "Famiglia Cristiana" del 4 gennaio 2004, rinvenibile anche attraverso i soliti motori di ricerca. Per esempio presso digilander.libero.it. Questa allocazione scorretta delle risorse, in Italia e nel mondo, conferisce un potere economico enorme agli attori finanziari dell'economia e indebolisce sino a farne degli zombi gli attori produttori della economia reale. L'apparato produttivo reale italiano e occidentale in genere e' stato distrutto. Prego consultare a proposito il sito in italiano www.movisol.org dello scienziato Usa della politica Larouche. Ecco perche' gli organi di informazione offrono una litania di cattive notizie dal mondo produttivo reale. Mai visto riportare dagli organi di informazione, pero', che siano a rischio gli altissimi stipendi dei dipendenti della Banca d'Italia, o che qualche banca stia chiudendo. Come puo' essere che in una

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economia in sfacelo la categoria delle aziende bancarie letteralmente prospera ? Grazie ! Quelli I NOSTRI SOLDI letteralmente se li stampano, e se li tengono solo per se' !! Queste affermazioni non sono mie originali. Le idee sono di altri. Questi altri si riuniscono a Roma, per un convegno sabato prossimo 23 ottobre 2004 alle 15:00. Il manifesto del convegno sta a http://saba.fateback.com/apconvegnonoeuro.html Coloro che si scomoderanno ad andare riceveranno conoscenze di qualita', vedranno la luce in fondo al tunnel e avranno un obiettivo realistico per il quale eventualmente impegnarsi. Agli altri rimane comunque la risorsa dei siti di riferimento da me citati. l bidone vuoto del capitalismo italiano (di Marco Saba) Guido Carli diceva, secondo l'economista Giancarlo Galli, che Enrico Cuccia era "l'ultimo guardiano del bidone vuoto del capitalismo italiano". A mio avviso la fortuna di Carli consiste nel fatto di essere morto prima del lungamente dovuto processo che un giorno faranno ai tre gentiluomini che si inventarono, per l'Italia, il mafiosissimo Trattato di Maastricht. Carli era uno dei tre: gli altri due li troverete in calce al Trattato. Se, infatti, il signoraggio privato equivale ad un pizzo che dobbiamo pagare per usare la nostra moneta, allora nel Trattato, dove all'Art. 105A si specifica chi emette monete metalliche e chi le banconote, si "santifica" questa distorsione malefica. In pratica, il signoraggio sulle banconote spetta ai signori privati proprietari della banca centrale; quello sulle monetine metalliche, al Ministero del Tesoro del paese firmatario del Trattato. La legge del 50 Se, come appare, la quantità di moneta metallica equivale ad un cinquantesimo rispetto alle banconote, si vede come allo Stato venga lasciato un ben misero signoraggio: l'elemosina. Ad esempio: la moneta da un centesimo di euro costa di più a coniarla del suo valore convenzionale. Partendo dall'ipotesi che la banca centrale europea stia stampando circa 60 miliardi di euro al mese (altrimenti non reggerebbe il cambio col dollaro, stampato a 70 miliardi di dollari a botta, sempre mensilmente), appropriandosi del relativo signoraggio, e considerando che alla Banca d'Italia spetta il 14,7 % di tale bottino, è facile, dividendo per 50 l'ultima somma, calcolare quanto miseramente guadagna il Ministero del Tesoro. Ma la legge del 50 non finisce qui. Essendo la riserva frazionaria in cash vicina al 2%, ciò significa che le banche commerciali possono stampare credito per 50 volte l'ammontare mensile stampato dalla BCE. Ovvero: 3.000 miliardi di euro al mese. Totale europeo del furto mensile da signoraggio privato: 3.600 miliardi di euro. Come diventare capitalista miliardario in Italia La BNL è socia della Banca d'Italia al 2,7 %. Ciò significa che la BNL "guadagna" il 2,7% del 14,7% di 60 miliardi di euro al mese, attraverso il signoraggio della stampa di banconote. Se Carlo De Benedetti, come ha recentemente annunciato, possiede il 2% della BNL, diventa facile calcolare quanti soldi in tasca (i tuoi soldi) si mette questo gentiluomo, mensilmente, grazie al signoraggio. Il guaio è che questo signore fa l'imprenditore: fa quindi concorrenza sleale a chi i soldi se li deve guadagnare onestamente, sul mercato (che quindi libero non è più). Ecco la base del "potere forte" del bidone vuoto del capitalismo italiano: le grandi famiglie italiane che fanno i signori del signoraggio, vengono considerate "capitaliste". In realtà sono dei ricettatori del frutto della rapina di cui da una vita si occupa il Prof. Giacinto Auriti. Ma perché questo bidone è vuoto? Perché anche Carli si rendeva conto che sarebbe arrivato, prima o poi, il giorno del "redde rationem". Il giorno in cui tutte le attività di questi fortunati "signori" andranno confiscate per cercare di restituire, almeno in parte, il signoraggio al legittimo proprietario: il sovrano popolo italiano.

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Se non hai il conto, non ti pagano l'assegno Grazie alla comprensione del sistema della riserva frazionaria (avendo 100 euro cash, la banca può crearne 5.000 di credito elettronico-virtuale), diviene facile capire perché le banche non vogliono pagare assegni tratti sulla loro sede quando un non-cliente si presenta per l'incasso in contanti. Se il soggetto fosse cliente, la banca si limiterebbe ad accreditare l'importo dell'assegno sul conto del cliente elettronicamente. Praticamente, continua a farla franca. Se invece il soggetto NON è cliente, e pretende il pagamento in contanti, avviene quanto segue (ipotizzando di 1000 euro l'importo dell'assegno): la banca versa al soggetto 1.000 euro in contanti. AUTOMATICAMENTE la banca si trova senza 1.000 euro cash da usare COME RISERVA FRAZIONARIA per il suo millantato credito: in pratica, deve CHIUDERE prestiti per 50.000 euro, 50 volte i 1.000 euro cash. ORRORE! Il direttore della filiale si opporrà financo all'intervento della forza pubblica (la quale, da parte sua, ben poco sa su queste segrete cose). Questo è uno dei risultati dello pseudocapitalismo italiano, che fa vincere proprio quelli che barano. Prevedo molto, ma molto, lavoro per l'ADUSBEF. Riferimento bibliografico: UNIVERSITA' DEGLI STUDI "G. D'ANNUNZIO" FACOLTA' DI GIURISPRUDENZA - TERAMO CATTEDRA DI TEORIA GENERALE DEL DIRITTO Giacinto AURITI L'ORDINAMENTO INTERNAZIONALE DEL SISTEMA MONETARIO Edigrafital, Teramo 1996 http://saba.fateback.com/ordinamento.html "Dire che uno Stato non può perseguire i suoi scopi per mancanza di denaro è come dire che un ingegnere non può costruire strade per mancanza di chilometri". Babbo Natale spiega ai bambini buoni la moneta e l’oro (di Fabio Gardel -

21/12/2003)

Cari Bambini, il vostro papà e la vostra mamma hanno lavorato tutto l’anno per guadagnare i soldini con cui poter mangiare tutti i giorni, riscaldare la casa e farvi arrivare i regali che oggi io vi porto. Tuttavia non sanno cosa sono i soldi che hanno guadagnato. Sanno certo che l’ortolano cede le sue verdure in cambio di pezzi di carta filigranati detti “euro”, ma non sanno perché questo avvenga, né lo sa l’ortolano, che a sua volta cede gli “euro” al macellaio in cambio di carne, che a sua volta... capite bene come continua la storia. È un po’ come stare in piedi: ci sappiamo stare più o meno tutti e non sappiamo perché (per i più portati per le scienze, stare in piedi è una cosa complicatissima che richiede la collaborazione dell’occhio, dell’orecchio e di tutta la pelle!). Così è per i soldi: tutti li usiamo e non sappiamo cosa sono. Il babbo e la mamma, quando si dovessero porre delle domande sulla questione (non lo faranno!), si risponderebbero frettolosamente: “I soldi sono quello che lo Stato dice che sono, e lo stabilisce tramite il Codice Civile e ne affida la produzione alla Banca Centrale”. Cari bambini, chi di voi giocando a Monopoli non ha pensato: “Come sarebbe bello se questi soldi del Monopoli fossero veri e ci si potessero comprare tutti i giocattoli del mondo!”. Ecco, al mondo esistono delle persone che sembrano dei papà e mamma come i vostri, o forse dei nonni, e invece sono dei mostri, degli orchi, dei vampiri assetati di sangue che rubano ai vostri genitori gran parte di quello che guadagnano. Come fanno? Hanno il potere di far diventare i soldi del Monopoli soldi veri. Gli “euro”, i “dollari”, le “sterline” eccetera

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sono i soldi del Monopoli dove il Monopoli di questi Orchi è il Mondo Stesso. Mentre i vostri genitori devono più o meno lavorare per avere i soldi, gli orchi li possono creare dal nulla e comprarci tutto quello che vogliono o darli a chi piace a loro, di solito altri orchi e mostri come loro. Se i vostri genitori hanno risparmiato 1000 “euro”, ecco che gli orchi ne creano altri mille. Ma al supermercato non sono certo raddoppiate le uova o la pasta o le bistecche. Adesso però a comprarle non ci sono solo i 1000 “euro” dei vostri genitori, ma anche i 1000 “euro” degli orchi. Quindi le cose del supermercato costeranno il doppio. Il papà e la mamma daranno la colpa al padrone del supermercato, chiamandolo ingordo ed egoista, ma, come voi avrete capito, la colpa è solo degli orchi. Solo che gli orchi sono i padroni di tutti i giornali e di tutte le televisioni e di tutte le scuole, di tutto purtroppo, quindi sono solo loro che raccontano le favole ai vostri genitori. Per esempio, nelle favole che gli orchi raccontano ai vostri genitori, l’aumento del prezzo della spesa viene chiamato “inflazione”. È un trucco degli orchi per nascondere al vostro papà il fatto che l’inflazione è la creazione di “euro” dal nulla, in quantità sempre maggiori. L’aumento del prezzo della spesa è solo un effetto della maggior quantità di “euro” in circolazione. In questo modo gli orchi succhiano il sangue dai vostri genitori. Utilizzano anche un altro sistema chiamato “tassazione”, ma questa è un’altra favola. In sintesi, comunque, il papà e la mamma sono gli schiavi degli orchi e non ne sono pienamente consapevoli, anche se a volte si lamentano delle tasse o dei prezzi. Adesso voi cari bambini vi starete chiedendo: “Ma gli orchi esistono da sempre?” Ebbene sì, ma non ce ne sono stati mai tanti in giro come oggi, e non sono mai stati tanto ben vestiti. Avete presente un qualsiasi signore con una giacca e una cravatta? Molto probabilmente è un orco o un collaboratore degli orchi. Siete mai entrati in una banca? Ecco, lì sono tutti orchi o collaboratori degli orchi. Gli orchi più pericolosi sono quelli che insegnano nelle scuole dei grandi chiamate “università”, perché lì ai vostri papà e mamma hanno cercato di rubare, non solo i risparmi, ma addirittura l’anima, per venderla agli orchi. Forse già la vostra maestra è un orco, ma non vorrei spaventarvi proprio sotto le feste, però tenete gli occhi aperti a scuola, ok? Tanto tempo fa, però, cari bambini, i soldi non erano quelli del Monopoli degli orchi, ma erano monete vere e proprie, belle, brillanti, d’oro e d’argento. Monete vere, fatte di roba preziosa che sta solo sotto terra e ci vuole tanto lavoro per tirarla fuori. Se i vostri bis-bis-nonni avessero risparmiato 1000 monete d’oro, gli orchi non avrebbero potuto creare dal nulla, senza lavorare in miniera, 1000 monete d’oro, quindi i vostri antenati avrebbero potuto fare la spesa sempre più o meno allo stesso prezzo; anzi, via via che la tecnologia migliorava, avrebbero potuto comprare sempre più cose con quelle monete d’oro. E allora gli orchi cosa si sono inventati, per derubare le persone? Hanno aperto le banche e detto alla povera gente: “Mettete le monete qui da noi e saranno al sicuro”. Poi gli hanno detto: “Invece di portare a giro le monete d’oro, così pesanti, andate a fare la spesa con le nostre banconote!” Che cos’è una banconota? È una ricevuta di carta che rappresenta un diritto di proprietà sulle monete d’oro. Mano a mano che la gente si andava fidando delle banconote, gli orchi delle banche hanno cominciato a stampare molte più banconote rispetto alle monete d’oro che erano conservate nelle loro banche. Cominciavano a realizzare i loro sogni di bambini malvagi di fare dei soldi del Monopoli dei soldi veri. A volte però le cose andavano male agli orchi. Dal momento che si davano tanto da fare per realizzare il male al mondo organizzando o finanziando le guerre, la gente talvolta prendeva paura e si presentava alla banca con le banconote per riavere indietro il suo oro. E questo faceva fallire gli orchi. Allora gli orchi delle banche cominciarono a congiurare con gli orchi dello Stato: dapprima gli chiesero di aiutarli a trovare l’oro per rimborsare le loro banconote false, poi addirittura di rendere moneta legale solo e soltanto le banconote false, tagliando ogni relazione tra le banconote e la moneta d’oro.

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Gli orchi hanno lavorato più di trecento anni per realizzare il loro sogno di creare la moneta dal nulla e di far dimenticare alla gente che la moneta vera è quella d’oro. Dal 15 Agosto 1971 la moneta creata dal nulla e chiamata “dollaro” è stata dichiarata non più convertibile in oro da un grande orco americano. Negli ultimi venti anni gli orchi hanno usato l’oro che avevano sequestrato alla povera gente per tenere basso il prezzo dell’oro che si può comprare con le loro banconote. Mentre tutto diventava sempre più caro, l’oro diventava sempre meno caro, in modo da scoraggiarne l’acquisto come forma di risparmio. Il vostro papà non penserà mai all’oro come modo per risparmiare i suoi soldi. Gli orchi sono di una intelligenza diabolica, ma i vostri genitori sono buoni e alla fine, se smetteranno di credere alle favole degli orchi e si ribelleranno alla loro schiavitù, vedrete che sarà uno scherzo metterli su dei barconi e mandarli alla deriva in mezzo al mare. Ma bisogna far presto, cari bambini, perché più il tempo passa e più c’è il rischio che anche il vostro papà diventi un orco. Cosa si sono inventati gli orchi da vendere ai vostri genitori come forma di risparmio, visto che i soldi del Monopoli diventavano sempre meno buoni per comprarci le cose? Hanno usato le televisioni e i giornali e le loro banche per vendere ai vostri genitori roba di carta che non è neppure più di carta, ma solo una illusoria scrittura sullo schermo di un computer. Roba che si chiama “azioni” o “obbligazioni” o “opzioni”. Di per sé non è roba necessariamente disonesta, ma è disonesto come la usano gli orchi. Convincono i vostri genitori a comprare questa roba da loro quando costa tanto e poi gliela ricomprano quando costa poco oppure lasciano che essa perda completamente di valore in mano al vostro papà. In questi giorni gli orchi hanno organizzato uno spettacolino di Natale in cui gli orchi dello Stato e della Banca Centrale dicono cose brutte agli orchi delle banche e della finanza perché hanno venduto al vostro papà delle cose di carta che non valgono più nulla: è un teatrino orrendo e squallido perché gli orchi sono tutti d’accordo dal giorno uno della storia del mondo. Però i vostri genitori, se voi non gli raccontate questa favola che state leggendo, crederanno che bisogna dare sempre più potere a un gruppo di orchi in modo che possano controllare un altro gruppo di orchi: in realtà gli orchi approfitteranno tutti insieme di ogni aumento di potere per succhiare il sangue ai vostri genitori. C’è un modo per liberare papà e mamma dagli orchi? Una cosa che assolutamente bisogna fare è ritornare alla moneta d’oro e vietare che le banche creino più banconote (ricevute per le monete d’oro) rispetto alle monete d’oro che mamma e papà hanno depositato in banca. Se la banca vuole prestare monete d’oro a un uomo d’affari, la banca deve telefonare ai vostri genitori e chiedere: “Posso prestare 1000 monete d’oro a Giovanni? Se dite di sì, io vi do un certo interesse e ne chiedo a Giovanni uno maggiore, da qui a cinque anni; voi in cambio vi impegnate a non richiedere indietro le 1000 monete d’oro per cinque anni. Sappiate però che Giovanni può fallire e non restituire il prestito. È per questo che chiediamo un interesse e delle garanzie” In parole tecniche, questo sarebbe un sistema bancario a riserva intera. Sembra solo una denominazione astrusa. In realtà è il modo per esiliare gli orchi per sempre o per costringerli a presentarsi con il loro vero volto mostruoso. Gli orchi sono talmente sicuri di aver fregato i vostri genitori che gli consentono oggi di comprare oro a prezzi incredibilmente bassi: quando domani il regno degli orchi finirà, la ricchezza dei vostri genitori dipenderà da quanto oro saranno riusciti a comprare oggi. Mi raccomando, a Natale, intorno all’albero, leggete ai vostri genitori la favola della moneta e degli orchi. Ne va della loro e della vostra salvezza. Un abbraccio, il vostro Babbo Natale

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Nasce il partito per la riforma monetaria e la fine della truffa del signoraggio privato (08/12/2004) http://sebastianoscrofina.blogspot.com/2004/12/nasce-il-partito-per-la-riforma.html

Informo i lettori che è da poco nato il partito "NO EURO DEI BANCHIERI", che sta raccogliendo le firme per essere in lizza alle prossime elezioni. Si tratta di un'evoluzione del "Comitato no euro": dopo la "svolta" di Rimini l'obiettivo principale di questo neo-partito sembra essere diventato non già un'anacronistica, demagogica e generica lotta all'euro, quanto una specifica, mirata e decisa lotta alla rapina del signoraggio privato dei banchieri finalizzata alla restituzione del maltolto. Il sito http://www.noeuro.it/ purtroppo non riporta ancora gli aggiornamenti in questione. Vi terrò informati sugli sviluppi. Nasce a Rimini il partito "No Euro dei banchieri" RIMINI, 24 Novembre '04 - Nel corso di un Convegno organizzativo, che ha avuto luogo a Rimini Sabato 20 Novembre '04, cui hanno preso parte personalità del mondo economico ed esponenti di associazioni di diverse regioni d'Italia, sono state gettate le basi per la costituzione di una nuova formazione politica che si chiamerà "No Euro dei banchieri". Nel corso di un appassionato dibattito è stata sostenuta l'improcrastinabile necessità che lo Stato, "in nome e per conto dei cittadini", si riappropri del valore della moneta al momento dell'emissione. Il debito pubblico, determinato quasi totalmente dall'emissione monetaria, dal signoraggio e dagli interessi passivi, impedisce l'armonico sviluppo del Paese e vanifica i propositi di buon governo, sia delle formazioni di sinistra che di destra. I raggruppamenti politici si accusano reciprocamente di incapacità, perdendo di vista la vera ragione della crisi: il disinvolto saccheggio che si determina sulle spalle di tutti i cittadini all'atto dell'emissione monetaria. Ciò non solo impedisce di soddisfare le istanze sociali, ma impoverisce il "Sistema Paese", al punto che strati di popolazione sempre più vasti hanno serie difficoltà a sbarcare il lunario ed arrivare a fine mese. Governo ed opposizione ignorano, o fingono d'ignorare, il perverso meccanismo dell'emissione monetaria, causa dei più grossi malesseri sociali. "La situazione - si è sostenuto durante il dibattito - è paradossale ed insostenibile, tutti sono indebitati: Stato, Pubbliche Amministrazioni, aziende d'ogni tipo, industrie grandi e piccole, artigiani, commercianti, famiglie, privati cittadini; ma a favore di chi? Chi è il creditore di questo immane debito? Gli elettori, anche se ancora non hanno ben compreso da che parte giunge la fregatura, sentono, avvertono, percepiscono che l'attuale sistema politico, nel suo insieme, risulta inidoneo a risolvere le grandi problematiche della Nazione. "Man mano che cresce questa consapevolezza, che purtroppo tende a scivolare verso la rassegnazione, aumenta di pari passo il numero degli elettori che, constatata l'inutilità di votare, sia per la destra che per la sinistra, disertano le elezioni. Gli effetti della crisi sono destinati a crescere. Occorre predisporre per gli elettori un polo alternativo di riferimento, anche per scongiurare eventuali turbative nell'ordine pubblico. Non è casuale se sin dalle ultime elezioni europee, normali cittadini e consumatori, sentendosi non più rappresentati e tutelati da alcuna formazione politica, hanno deciso di scendere in campo per sostenere in prima persona le loro istanze politiche, sociali e solidali." A tale proposito Renzo Rabellino, Presidente del comitato No Euro dei Banchieri, Diego Volpe Pasini, rappresentante dell'Associazione Consumatori Codacons, e rappresentanti di altre associazioni economiche, si sono incontrati ed hanno deciso di unire le proprie forze per sviluppare sinergie, per obbiettivi comuni, se del caso affrontare uniti le prossime elezioni regionali. Al termine del dibattito si è provveduto alla nomina di Comitato nazionale organizzativo cui fanno parte Renzo Rabellino, Presidente, e Savino Frigiola, vice presidente vicario, con il

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compito di organizzare l'Assemblea costituente del nuovo Movimento politico, da tenersi a Roma o Milano, entro i primi mesi del prossimo 2005.

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La storia di Bankenstein : " Voglio tutto il pianeta più il 5% ! " (23/04/2004 - di Larry Hannigan traduzione e adattamento di Marco Saba)

Bankenstein era eccitato mentre ancora una volta si ripeteva il discorso che avrebbe tenuto alla gente che si sarebbe presentata all'indomani. Aveva sempre cercato il prestigio ed il potere ed ora il suo sogno stava per realizzarsi. Bankenstein era un artigiano orafo che lavorava con l'oro e con l'argento, producendo gioielli ed ornamenti, ma non gli bastava lavorare per vivere. Aveva bisogno di emozioni, di una sfida, ed ora il piano era pronto. Per generazioni la gente aveva usato il sistema del baratto. Una persona manteneva la sua famiglia provvedendo a tutti i suoi bisogni, oppure si specializzava in un particolare tipo di commercio e scambiava con altri le eccedenze per procurarsi i beni che non produceva direttamente. I giorni di mercato erano sempre rumorosi ed allegri. La gente gridava le proprie merci e le persone avevano occasione di fare nuove conoscenze. Ma ormai c'erano troppa gente e troppe discussioni. Non c'era più tempo per scambiare due chiacchiere - bisognava escogitare un nuovo sistema. In generale la gente era felice e godeva dei frutti del proprio lavoro. In ogni comunità si era formato un semplice sistema di governo per assicurare a tutti l'esercizio dei propri diritti e delle libertà e perché nessuno venisse obbligato a fare cose contro la sua volontà, costretto da parte di altre persone o altri gruppi di uomini. Questo era l'unico scopo del governo ed ogni governatore era promosso ed eletto dalla comunità locale. Tuttavia, i giorni di mercato ponevano dei problemi da risolvere: un coltello valeva uno o due sacchi di grano? Una mucca valeva più di un carro? E così via. Nessuno aveva pensato ad un sistema migliore. Ma era apparso Bankenstein che aveva fatto un annuncio: "Ho trovato una soluzione ai nostri problemi di baratto ed invito la cittadinanza ad una riunione domattina". Il giorno dopo si era creata una grande adunanza nella piazza centrale del paese e Bankenstein cominciò a spiegare tutto sul nuovo sistema che aveva inventato e che si chiamava "moneta". Suonava bene. Da dove cominciamo? - chiese la gente. "L'oro che uso per fare gioielli ed ornamenti è un metallo eccellente. Non si arrugginisce né si sciupa con il tempo. Batterò della moneta in oro e chiameremo queste monete 'dollari'." Bankenstein spiegò il sistema dei valori ed illustrò come la moneta sarebbe stato un sistema di scambio migliore del baratto. Uno dei governanti notò: "La gente potrebbe cominciare a scavare l'oro ed a farsi le proprie monete". "Questo non sarebbe corretto" - disse subito Bankenstein. "Solamente le monete approvate dal Governo potranno avere corso legale e queste avranno un particolare marchio di riconoscimento". La cosa sembrò ragionevole e venne proposto di distribuire le monete in parti uguali alla popolazione. Ma il fabbricante di candele disse: "Io ne merito di più perché ognuno usa le mie candele". "No" disse il contadino. "Senza cibo non c'è vita quindi siamo noi che ne dobbiamo avere di più". Ed il battibecco continuò. Bankenstein li lasciò discutere per un po' ed alla fine disse: "Poiché nessuno riesce a mettersi d'accordo, suggerisco che ne riceviate l'ammontare che mi chiederete. Non c'è un limite se non la vostra capacità di restituirmele. Più ne avrete e più dovrete restituirmene nell'arco di un anno". "E che cosa avrai in cambio?" chiese la gente. "Poiché offro un servizio, ovvero la distribuzione della moneta, devo essere pagato per il mio lavoro. Diciamo che per 100 monete, me ne dovrete 105 per ogni anno di indebitamento. Le 5 saranno il mio ricarico e lo chiamerò 'interesse'." Sembrava non ci fosse altra soluzione ed il 5% sembrò una cifra ragionevole. Fissarono di cominciare col nuovo sistema il venerdì successivo. Bankenstein non perse tempo: stampò monete giorno e notte e per la fine della settimana era pronto.

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La gente faceva la coda al suo negozio e, dopo che le monete furono controllate dai governatori, si cominciò col nuovo sistema. Qualcuno ne prese a prestito poche, giusto per provare come funzionava. Scoprirono che la moneta era una cosa meravigliosa e ben presto ogni prodotto ebbe il suo prezzo in monete d'oro o dollari. Il valore attribuito ad ogni oggetto venne chiamato "prezzo". Il prezzo dipendeva soprattutto dalla quantità di lavoro necessaria per produrre il bene. Se ci voleva molto lavoro, il prezzo era alto. Se invece il lavoro necessario era poco, il prezzo era economico. In una città viveva Andrea, che era l'unico orologiaio. I suoi prezzi erano cari perché i clienti erano disposti a pagare per avere proprio uno dei suoi orologi. Ben presto un altro uomo si mise a fare l'orologiaio ed offrì i suoi orologi ad un prezzo inferiore per riuscire a venderli. Così anche Andrea fu costretto ad abbassare i prezzi e ben presto i due prezzi scesero. I due orologiai furono costretti ad offrire una qualità migliore ed un prezzo inferiore per poter mantenere la clientela. Questa era la pura e semplice libera concorrenza. La stessa cosa accadde con i muratori, i trasportatori, i contabili, i contadini ed in ogni altro ramo produttivo. I clienti sceglievano quello che a loro pareva più conveniente poiché avevano libertà di scelta. Non c'erano ancora dei sistemi, come le licenze o i dazi doganali, per impedire ad altre persone di entrare nel commercio. Lo standard di vita aumentò e rapidamente tutti si chiesero come avrebbero fatto senza il sistema monetario. Alla fine dell'anno, Bankenstein uscì dal suo negozio e visitò tutta la gente che gli doveva dei soldi. Qualcuno aveva di più di quello che aveva preso in prestito, ma questo significava che altri ne avevano meno, poiché era stata emessa una quantità definita di moneta. Quelli che avevano più di quello che avevano preso in prestito, restituirono per ogni 100 monete 105 monete, ma dovettero continuare a prenderne in prestito per andare avanti. Gli altri scoprirono per la prima volta che avevano un debito. Prima di dargli altre monete, Bankentein pignorò alcune loro proprietà ed ognuno cercò di darsi da fare per trovare quelle cinque monete in più che sembravano sempre così difficili da conquistare. Nessuno realizzò che, presa nel suo insieme, la comunità non avrebbe mai potuto soddisfare il debito finché tutte le monete non fossero state pagate, ma anche allora sarebbero mancate quelle 5 monete in più che non erano mai state coniate. Solamente Bankenstein si rendeva conto che era impossibile pagare l'interesse - quella moneta in più che non esisteva: qualcuno ci doveva rimettere. E' vero che anche Bankenstein avrebbe dovuto spendere qualche moneta per le sue spese, ma non avrebbe mai potuto spendere il 5% di tutta l'economia solo per sé. C'erano migliaia di persone e Bankenstein era solo uno. Inoltre, era sempre un orafo che faceva già una discreta vita. Nel retrobottega, Bankenstein aveva una cassaforte ed alcuni pensarono che fosse prudente lasciargli in consegna qualche moneta per custodirla. Lui gli caricava sopra una modesta cifra per il deposito: in base alla quantità di moneta ed al tempo del deposito. In cambio, al cliente rilasciava una ricevuta. Quando un cliente andava a far spese, non portava normalmente con sé una gran quantità di monete: piuttosto pagava il negoziante rilasciandogli una delle ricevute delle monete in deposito da Bankenstein. I negozianti riconoscevano la validità e la genuinità delle ricevute e le accettavano con l'idea di poi restituirle a Bankenstein per riavere indietro le monete. Le ricevute passavano di mano in mano al posto delle monete d'oro. La gente riponeva una grande fiducia nelle ricevute e le accettava come fossero monete d'oro. Ben presto, Bankenstein si accorse che difficilmente la gente veniva nel suo negozio per scambiare le ricevute con le monete. Allora si disse: "Ho con me tutte queste monete d'oro in deposito e devo comunque lavorare duramente per guadagnarmi la vita. Non ha senso. Ci sono un sacco di persone che sarebbero disposte a pagarmi un interesse per poterle usare. Quest'oro rimane qui fermo, inutilizzato. E' vero che non è

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mio: ma è nella mia disponibilità. Questa è la sola cosa che importa. Non ho più bisogno di coniare monete: posso usarne un po' di quelle che sono in deposito". All'inizio cominciò prestandone solo poche per volta e con estrema cautela. Ma, col passare del tempo, divenne sempre più disinvolto e prestava molta più moneta. Un giorno gli venne richiesto un grosso prestito in monete d'oro. Bankenstein suggerì al cliente: "Invece di trasportare una così grande quantità d'oro, aprirò un deposito a suo nome e le rilascerò ricevute sufficienti per le monete depositate". Il cliente accettò ed uscì dal negozio con una manciata di ricevute. Aveva appena ottenuto un prestito, ma l'oro rimaneva nella cassaforte. Appena il cliente se n'era andato, Bankenstein sorrise. Poteva finalmente avere la botte piena e la moglie ubriaca. Poteva prestare oro e rimanerne in possesso. Amici, stranieri ed addirittura nemici avevano bisogno di fondi per portare avanti i loro affari e, finché potevano offrire garanzie, avrebbero potuto prendere a prestito le somme necessarie. Bankenstein era diventato capace di emettere prestiti per multipli del valore che effettivamente era stato depositato nella sua cassaforte, e pensare che non ne era nemmeno il proprietario! Tutto andava bene finché i veri proprietari non avessero richiesto indietro il loro oro e finché fosse rimasta la fiducia della gente. Bankenstein cominciò a tenere un libro dei debiti e dei crediti per ogni cliente. Il mestiere di prestar soldi si stava rivelando molto lucroso. Il suo livello sociale, all'interno della comunità, aumentava di pari passo con la sua ricchezza. Stava diventando un uomo importante che meritava rispetto. In materia di finanze, la sua parola era come un verdetto sacro. Gli orafi delle altre città cominciarono ad incuriosirsi sulle sue attività e un giorno chiesero di incontrarlo. Lui spiegò quello che stava facendo ma fece attenzione a sottolineare l'importanza della segretezza della cosa. Se il loro piano fosse stato reso noto a tutti, la truffa sarebbe presto finita. Si misero così d'accordo per mantenere la più stretta segretezza sulla loro alleanza. (associazione segreta) Ognuno tornò nella sua città e divenne un altro Bankenstein. La gente ora accettava le ricevute come fossero oro colato. Molte ricevute venivano depositate in cassaforte come se fossero oro. Quando un mercante voleva pagare qualcuno per la sua merce, questi scriveva semplicemente un biglietto con istruzioni per Bankenstein dove indicava a chi andavano trasferiti i fondi da prelevare sul suo conto. Bankenstein ci metteva pochissimo ad effettuare le scritture contabili da un conto all'altro. Questo sistema divenne popolare e questi biglietti di istruzioni vennero chiamati "assegni". A notte fonda, gli orafi fecero un altro incontro segreto con Bankenstein in cui questi spiegò loro un nuovo piano. Il giorno dopo, gli orafi organizzarono una riunione con tutti i governanti e Bankenstein disse: "Le ricevute di deposito che abbiamo emesso sono diventate molto popolari. Non c'è dubbio che molti tra voi le stanno usando e che le trovano molto convenienti". I governanti annuirono mentre si chiedevano dove voleva arrivare. "Bene," disse Bankenstein, "alcune di queste ricevute sono state copiate da dei contraffattori. Questa pratica deve finire." I governatori si allarmarono: "Che possiamo fare?". Bankenstein replicò: "Il mio suggerimento è di affidare innanzitutto al governo il compito di stampare le nuove ricevute su carta speciale con stampati disegni complessi, e che ogni ricevuta sia firmata dal governatore capo. Noi orafi saremmo felici di pagare le spese di emissione perché risparmieremmo un sacco di tempo necessario per compilare le nostre ricevute". I governatori pensarono che era una buona idea poiché ritenevano che fosse loro compito proteggere la gente dalla contraffazione. Così furono d'accordo per stampare le ricevute. "In secondo luogo" proseguì Bankenstein, "alcune persone hanno cominciato a fare delle miniere e si stampano le loro monete d'oro. Suggerisco che si faccia una legge che obblighi chiunque trovi una pepita d'oro a consegnarcela. Naturalmente la

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pagheremo con le ricevute e con le monete d'oro." L'idea sembrava buona e senza troppo pensarci, stamparono un gran numero di ricevute nuove di pacca. Ogni ricevuta aveva stampato un valore: 1, 2, 5, 10 dollari, etc. Il basso costo di stampa veniva pagato dagli orafi. Le note (ricevute) erano molto più facili da trasportare e presto vennero comunemente accettate dalla popolazione. Nonostante la loro popolarità, comunque, queste nuove banconote e monete erano usate solamente nel 10% delle transazioni. I documenti mostravano che le scritture contabili rappresentavano il 90% di tutti gli affari. Era già pronta la seconda parte del piano. Fino ad allora, la gente pagava Bankenstein per conservare le loro ricchezze. Per attrarre maggiori depositi, Bankenstein offrì un interesse del 3%. Molti già pensavano che in effetti Bankenstein pagasse loro il 3% mentre riprestava i loro soldi al 5%, guadagnando un 2%. Ma la gente non faceva obiezioni poiché ricevere il 3% sui depositi era sempre meglio che pagare per l'uso della cassaforte. Il volume dei risparmi crebbe e con la moneta in più nelle casseforti, Bankenstein riusciva ad imprestare il doppio il triplo e fino a nove volte il valore delle monete e delle banconote che possedeva. Doveva stare attento a non superare le nove volte poiché una persona su dieci effettivamente chiedeva indietro le monete o le banconote per usarle. Se al momento del ritiro non c'era abbastanza moneta come richiesto, la gente diveniva sospettosa specialmente perché i loro estratti conto mostravano la quantità depositata. Nonostante ciò, sui 900 dollari che Bankenstein creava con le false scritture contabili, riusciva a percepire fino a 45 dollari di interessi, ovvero il 5% di 900 dollari. Quando il prestito veniva ripagato, assieme all'interesse, ovvero 945 dollari, i 900 dollari venivano cancellati dalla colonna dei debiti e Bankenstein si teneva i 45 dollari di interesse. Lui pagava il 3% a chi gli aveva depositato i 100 dollari effettivamente in cassaforte, ovvero tre dollari, ed in cambio, inventandosene 900, ne guadagnava 45, con un netto di 42 dollari. Insomma, per ogni 100 dollari depositati, Bankenstein era capace di guadagnarne 42, mentre la gente pensava ne guadagnasse solo 2. Anche gli altri orafi-Bankenstein facevano la stessa cosa. Creavano monete dal nulla, con un tratto di penna sulle scritture contabili, e ci si facevano pagare sopra gli interessi.(anatocismo) In realtà non coniavano moneta, poiché era il governo che stampava le note e le monete e poi le dava agli orafi per distribuirle. L'unica spesa di Bankenstein era la minima spesa tipografica. Ma gli orafi creavano crediti dal nulla e su questi si facevano pagare gli interessi. (signoraggio) La maggior parte delle persone pensava che la fornitura di moneta fosse una operazione governativa. Essi pensavano anche che Bankenstein prestasse loro la moneta effettivamente depositata da qualcun altro. Ma la cosa strana era che nessun deposito diminuiva, nonostante venissero fatti dei prestiti. Se tutti fossero corsi allo sportello a ritirare i propri soldi, la frode sarebbe saltata agli occhi. Quando veniva richiesto un prestito, in banconote o monete, non c'erano problemi. Bankenstein semplicemente spiegava ai governanti che l'aumento della popolazione e della produzione richiedeva più banconote, e così le otteneva pagando le minime spese di stampa. Un giorno, un uomo senziente andò a trovare Bankenstein. "L'interesse che Lei chiede è sbagliato" - disse. "Per ogni 100 dollari che emette, ne chiede indietro 105. I 5 in più non potranno mai essere pagati perché non esistono. I contadini producono cibo, le industrie producono beni manifatturieri, e così via, ma solamente Lei produce monete. Supponiamo che ci siano solo due imprenditori in questo paese, e che tutti gli altri siano impiegati. Ognuno dei due prende a prestito 100 dollari, ne paga 90 di stipendi e spese varie e gli rimangono 10 dollari di profitto (il suo stipendio). Questo significa che il potere d'acquisto totale è di 90 + 10 dollari per due, ovvero 200 dollari. Ma per ripagarvi, occorre vendere tutta la produzione per 210

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dollari. Se uno dei due vende per 105, l'altro non potrà che vendere per 95, ed una parte della merce rimarrà invenduta poiché non v'è moneta per acquistarla. Il secondo imprenditore rimane in debito con voi per 10 dollari e potrà solo ripagarvi prendendone a prestito ancora. Questo sistema è impossibile." L'uomo continuò: "Dovreste emettere 105 dollari, 100 per me e 5 per voi da spendere. In questo modo ci sarebbero 105 dollari in circolazione, ed il debito potrebbe essere ripagato." Bankenstein ascoltò attentamente ed alla fine disse: "L'economia finanziaria è una materia complessa, caro ragazzo. Ci vogliono anni di studio. Lascia che mi occupi io di queste materie e tu pensa agli affari tuoi. Tu devi diventare più efficiente, devi aumentare la produzione, tagliare le spese e diventare un uomo d'affari migliore. Sarò sempre disposto ad aiutarti su questa strada." L'uomo se ne andò ma non era convinto. C'era qualcosa che non tornava nelle operazioni di Bankenstein e si era reso conto che le sue domande erano state aggirate. Certo, molta gente ripetta la parola di Bankenstein: "E' un esperto, gli altri devono aver torto. Guardate come si è sviluppato il paese, come la nostra produzione è aumentata - dobbiamo considerarci ricchi." Per coprire l'interesse della moneta che avevano preso a prestito, i commercianti erano costretti ad aumentare i prezzi. I dipendenti si lamentavano che le paghe erano insufficienti ed i datori di lavoro rifiutavano di aumentare gli stipendi, dicendo che sarebbero andati in rovina. I contadini non riucivano ad ottenere un giusto prezzo per i loro prodotti. Le massaie si lamentavano che il cibo era troppo caro. Alla fine alcuni fecero sciopero, una cosa sino ad allora sconosciuta. Altri venivano colpiti dalla povertà e nemmeno i parenti riuscivano più ad aiutarli. La maggior parte si era scordata del vero valore delle cose che aveva intorno - il suolo fertile, le grandi foreste, i minerali ed il bestiame. Tutti pensavano solo ai soldi che sembravano sempre troppo scarsi. Ma la gente non metteva mai in dubbio il sistema e pensavano che fosse il governo a gestirlo. Alcune persone si misero assieme accomunando i soldi che avevano in eccesso e crearono delle società di finanziamenti e prestiti. In questo modo, poterono richiedere il 6% di interessi, che era di più del 3% richiesto da Bankenstein. Ma loro potevano solo prestare il denaro che avevano e non disponevano del magico potere di Bankenstein di crearlo dal niente semplicemente falsificando le scritture contabili. Queste società finanziarie infastidivano in qualche modo Bankenstein ed i suoi compari, così questi ultimi misero su delle società simili per conto loro. Per la maggior parte acquistarono le società concorrenti, o ne assunsero il controllo, in modo che tutto il mercato del credito fosse in mano loro. (monopolio) La situazione economica peggiorò. I dipendenti erano convinti che i loro capi facevano troppi profitti. I proprietari dicevano che i lavoratori erano troppo pigri e che non lavoravano onestamente. Ognuno dava la colpa all'altro. Il governo non riusciva a trovare una risposta mentre il problema immediato diventava di prendersi cura di chi era colpito dalla povertà. I governanti cominciarono a creare degli schemi di assistenza sociale e promulgarono leggi che obbligavano la gente a con tribuire. Questo fece arrabbiare parecchia gente che pensava che la carità fosse un atto volontario. "Queste leggi non sono nient'altro che una rapina legalizzata. Prendere qualcosa a qualcuno contro la sua volontà, al di là dello scopo per cui lo si faccia, non è differente dal rubare." Ma ognuno si sentiva indifeso ed era terrorizzato dalla possibilità di finire in galera se non avesse pagato. Gli schemi di assistenza sociale sembravano dare un qualche sollievo, ma ben presto il problema si ripresentò e fu necessario raccogliere altri soldi. Il costo di questo assistenzialismo aumentava di pari passo con la dimensione dell'amministrazione governativa. Molti governanti erano persone sinceramente orientate a fare del loro meglio. Questi non amavano chiedere ancora più soldi al loro popolo e, alla fine, risolsero di chiederlo in prestito a Bankenstein ed ai suoi compari. I governanti non

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avevano idea di come ripagare i debiti contratti. I genitori non poterono più pagare i maestri per i loro bambini, né i dottori. Gli operatori dei trasporti cominciavano a fallire. Alla fine il governo venne costretto ad assumersi tutti questi servizi ad uno ad uno. Insegnanti, dottori ed altri, divennero dipendenti pubblici. Pochi erano soddisfatti del loro lavoro: avevano ora un stipendio assicurato ma perdevano la loro identità. Erano diventati i piccoli ingranaggi di una macchina gigantesca. Non c'era più spazio per l'iniziativa personale, per un riconoscimento dei meriti: lo stipendio era prefissato e le promozioni arrivavano solo se andavano in pensione o morivano i loro superiori. Nella più completa disperazione, i governanti chiesero consiglio a Bankenstein. Infatti lo consideravano come un saggio e questi sembrava sempre sapere come risolvere i problemi monetari. Bankenstein li ascoltò mentre essi illustravano tutti i loro problemi, ed alla fine disse: "Molta gente non è capace di risolvere da sé i propri problemi - hanno bisogno di qualcuno che lo faccia per loro. E' ovvio che siete d'accordo sul fatto che la maggior parte della gente ha il diritto di essere felice e di essere fornita con i beni essenziali per vivere. Uno dei nostri detti è: tutti sono uguali - o no? Bene, l'unico modo per bilanciare la situazione è di prendere la ricchezza dai ricchi e darla ai poveri. Introducete un sistema di tassazione. Più uno guadagna, più deve pagare. Raccogliete le tasse da tutti secondo le loro capacità e datele a tutti secondo i loro bisogni. Le scuole e gli ospedali saranno gratuiti per quelli che non potranno permetterseli." Bankenstein fece un bel discorso infarcito di alti ideali e concluse: "A proposito, ricordatevi che mi dovete dei soldi. E' da un po' che mi avete richiesto prestiti. L'unica cosa che posso fare per aiutarvi, è di chiedervi di ripagare solo l'interesse. Il capitale rimarrà lì fermo." Essi se ne andarono e senza riflettere a fondo sulle considerazioni di bankenstein, introdussero la tassa progressiva sul reddito. Più uno guadagnava, più pagava. Questo sistema non piaceva a nessuno, ma o pagavano o finivano in prigione. I commercianti furono costretti ad aumentare ulteriormente i loro prezzi. I dipendenti chiesero stipendi più alti costringendo gli imprenditori più deboli a chiudere - o a rimpiazzare i lavoratori con le macchine. Questo causò ancor più disoccupazione che costringeva il governo ad aumentare lo stato sociale e gli interventi assistenziali. Vennero introdotti dazi doganali ed altri sistemi protezionistici allo scopo di tenere a galla qualche industria per mantenere un minimo di occupazione. Alcuni cominciarono a chiedersi se lo scopo della produzione fosse quello di produrre merci o semplicemente di offrire assunzioni. Mentre le cose peggioravano, cercarono di attuare il controllo degli stipendi, dei prezzi, e di quant'altro. Il governo cercò di aumentare le tasse in tutti i modi possibili. Qualcuno notò che su un filone di pane, dal grano del contadino fino al fornaio, c'erano più di 50 tasse. Arrivarono gli "esperti" e qualcuno andò al governo. Ma nonostante le annuali riunioni, non riuscivano ad ottenere niente a parte gli articoli di stampa che dicevano che le tasse andavano "ristrutturate", ma alla fine aumentavano sempre. Bankenstein cominciò a richiedere indietro gli interessi "dovuti" ed una fetta sempre maggiore del prodotto interno lordo andava sprecato nel ripagamento della sua truffa contabile (in Italia siamo al 106% di debito pubblico rispetto al PIL: produciamo 100 ma siamo "indebitati" per 106). Si formarono quindi dei partiti politici e la gente cominciò a chiedersi chi poteva meglio risolvere i suoi problemi. I partiti parlavano di tutto, delle personalità, degli ideali, delle ideologie, di tutto fuorché del vero problema. (omertà) I Comuni cominciarono ad avere delle difficoltà. In una delle città l'interesse sul debito era superiore alle tasse raccolte in un anno. Attraverso il paese, l'interesse non pagato aumentava. L'anno dopo, venivano calcolati gli interessi sull'interesse, incrementando ulteriormente il debito. Lentamente ma inesorabilmente, la ricchezza del Paese diventava possesso o era sotto il controllo di Bankenstein e della sua cosca,

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parallelamente molta gente ne diveniva schiava. Ma il controllo sulla gente non era ancora completo ed i malviventi non sarebbero stati al sicuro finché non lo fosse stato. La maggior parte delle persone che osavano opporsi, poteva essere silenziata attraverso la pressione finanziaria o venendo ridicolizzata. Per ottenere lo scopo, la cosca di Bankenstein comprò la maggior parte dei giornali, delle radio e delle televisioni selezionando accuratamente le persone che vi avrebbero operato. Molte persone avevano un sincero desiderio di migliorare il mondo, ma non realizzavano di essere strumentalizzate. Si occupavano sempre degli effetti dei problemi trascurandone le cause. C'erano vari giornali: uno per la destra, uno per la sinistra, uno per i salariati ed uno per i padroni, e così via. Non aveva molto significato a quale gruppo uno appartenesse, l'importante era di non guardare in faccia i problemi reali. (omertà) Il piano di Bankenstein era quasi completo - tutta la nazione era indebitata con lui. Attraverso l'educazione ed i media, Bankenstein controllava la mente delle persone. Queste potevano solo pensare quello che decideva lui. Quando un uomo ha più soldi di quanti mai ne possa spendere per soddisfare i suoi piaceri, che cosa più lo può eccitare? Per quelli che hanno la mentalità della classe dirigente, la risposta è il potere - il puro potere dell'uomo sull'uomo. Anche gli idealisti venivano assunti nei media e nel governo, ma i veri camerieri che Bankenstein cercava erano quelli con la mentalità della classe dirigente. La maggior parte degli orafi avevano scelto questa strada. Essi conoscevano l'eccitazione della grande ricchezza, ma non ne erano più soddisfatti. Avevano bisogno di una sfida più eccitante ed il gioco finale era il potere sulle masse. Essi credevano di essere superiori a tutti gli altri: "E' nostro dovere e diritto governare. Le masse non sanno cosa è bene per loro. Hanno bisogno di essere inquadrati ed organizzati. Governare è il nostro diritto dalla nascita." Attraverso tutto il paese, Bankenstein ed i suoi picciotti possedevano molti uffici di prestito. Certo, erano di proprietà privata ed erano separati l'un l'altro. In teoria, erano in concorrenza l'uno con l'altro, ma in realtà lavoravano gomito a gomito. Dopo aver convinto alcuni governanti, misero su una istituzione che chiamarono la "Banda Centrale". Non usarono neppure i loro soldi per crearla: crearono del credito utilizzando i depositi della stessa popolazione. Questa istituzione aveva la sembianza di una operazione del governo tesa a regolare la fornitura della moneta, ma stranamente, nessun funzionario pubblico venne mai ammesso nel consiglio d'amministrazione. Il governo non prendeva più a prestito direttamente da Bankenstein, ma cominciò ad usare un sistema di cambiali che scontava presso la Banda Centrale. I Buoni del Tesoro offerti non erano altro che la promessa di future tasse da riscuotere dai cittadini. Questo era confacente al piano di Bankenstein: far sì che la sua rapina sembrasse una operazione governativa. Ma dietro le scene, il burattinaio era sempre lo stesso. Indirettamente, Bankenstein aveva un tale controllo sull'operato del governo che quest'ultimo non aveva più scelta. Bankenstein amava dire in privato: "Datemi il controllo sulla moneta di una nazione e non mi fregherà niente di chi fa le leggi". Non aveva alcuna importanza quali fossero i governanti di volta in volta eletti, Bankenstein aveva il controllo della moneta, la linfa vitale della nazione. Il governo otteneva i soldi, ma ogni volta veniva caricato l'interesse su ogni prestito. Sempre più risorse venivano bruciate in progetti assistenzialisti e, ben presto, il governo non fu più nemmeno in grado di pagare l'interesse, figuriamoci il capitale. (pizzo) Ancora si trovavano delle persone che ponevano la domanda: "La moneta è una creazione dell'uomo. Non può essere aggiustata per servire l'uomo invece di comandarlo?" Ma queste persone diminuivano sempre più e le loro voci si sperdevano nel folle trambusto per l'interesse inesistente. Le amministrazioni cambiavano, i partiti

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cambiavano di nome, ma le politiche continuavano uguali. Al di là di qualsiasi governo che fosse al "potere", l'obiettivo di Bankenstein si avvicinava sempre più ogni anno che passava. Le politiche della gente non contavano niente. Il popolo veniva tassato al limite, non poteva ormai pagare di più. Era giunto il momento per l'ultima mossa di Bankenstein. Il 10% della moneta era ancora sotto forma di banconote e monete. Queste dovevano essere abolite in un modo da non destare sospetti. Finché la gente usava il contante, essa era libera di acquistare quello che voleva, mantenendo ancora un qualche controllo sulla propria vita. Andare in giro con somme in contanti non era abbastanza sicuro, data la povertà e la disperazione diffusa causate dalla cosca di bankenstein: si poteva essere anche rapinati da qualcun altro! Gli assegni non venivano accettati al di fuori della comunità locale e quindi si doveva pensare ad un sistema più efficiente per sostituire il contante. Ancora una volta, Bankenstein aveva pronta la risposta. La sua cosca creò una carta di plastica personalizzata che mostrava il nome, la foto ed un numero d'identificazione del portatore. Ogni volta che questa carta veniva presentata, il negoziante telefonava al computer centrale per controllarne il credito. Se era a posto, la persona poteva fare acquisti fino ad un certo importo. All'inizio le persone vennero autorizzate a spendere una piccola somma, e se questa veniva ripagata entro il mese, non veniva addebitato alcun interesse. Questo poteva andar bene per il dipendente, ma l'uomo d'affari come poteva fare? Egli doveva acquistare macchinari, materie prime, pagare i dipendenti, etc. Vendendo poi i prodotti, ripagava il credito utilizzato. Se un mese non ce la faceva, gli veniva caricato un interesse di 1,5% al mese. In un anno, l'interesse composto superava il 18%. Gli uomini d'affari non avevano altra possibilità che aggiungere questo costo al prezzo finale dei loro prodotti. Anche se questa moneta e credito (circa 18%) non era stato prestato a nessuno. In tutto il paese, agli imprenditori venne addossato il compito impossibile di ripagare i 100 dollari presi a prestito con 118 dollari di cui 18 non sono mai esistiti. Ma Bankenstein ed i suoi picciotti acquisivano sempre più prestigio nella società. Venivano considerati come pilastri di rispettabilità, dei veri e propri uomini d'onore. Le loro affermazioni sulle questioni finanziarie ed economiche venivano seguite con fede religiosa. Sotto il fardello di tasse sempre maggiori, molte piccole imprese collassarono. Per effettuare delle attività venivano richieste licenze specifiche, chi non le aveva non poteva reinserirsi. Bankenstein controllava tutte le grandi società che avevano centinaia di filiali e sussidiarie. Queste sembravano in concorrenza tra loro, ma lui le controllava tutte. Gli eventuali concorrenti venivano sistematicamente eliminati. Gli elettricisti, gli idraulici, i tappezzieri: tutti subirono lo stesso fato. Vennero fagocitati dalle società giganti di bankenstein che ricevevano i sussidi governativi. Bankenstein aveva voluto le carte di credito per eliminare i contanti: una volta che questi fossero spariti, solo chi possedeva la carta di credito avrebbe potuto sopravvivere. Egli pianificò che chi avrebbe perso la carta di credito, sarebbe stato impossibilitato a vendere od ad acquistare qualsiasi cosa, fino a che non ne fosse stata verificata l'identità. Per questo propose una legge che imponeva a tutti di fare un tatuaggio di identificazione sulla mano, un tatuaggio rilevabile da uno speciale lettore collegato al computer. Ogni computer sarebbe stato collegato al computer centrale dimodoché, di ognuno, si potesse sapere dove era e cosa stesse facendo, in qualsiasi momento.

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L’Isola dei Naufraghi (di Louis Even) Salvati dal naufragio. Un’esplosione ha distrutto la loro nave. Ognuno si aggrappa ai primi pezzi fluttuanti che gli capitano sotto mano. Cinque sono riusciti a trovarsi riuniti sullo stesso relitto spinto dalle onde. Degli altri compagni del naufragio nessuna notizia. Da ore, lunghe ore, scrutano l’orizzonte: qualche nave viaggiante li vedrà? La loro zattera di fortuna approderà su qualche riva ospitale? Ad un tratto, si sente un grido: Terra! Terra laggiù! Guardate! Proprio nella direzione verso cui le onde ci spingono! Ed a misura che si disegna, in effetto, la linea d’una riva, i visi si rallegrano. Essi sono cinque. Cinque Canadesi: Francesco, il grande e forte carpentiere, che per prima ha gridato: Terra! Paolo, coltivatore. Giacomo, specialista per l’allevamento di animali. Enrico, dottore in agraria. Tommaso, ingegnere minerario. Un’isola provvidenziale. Rimettere i piedi su una terra ferma, per i nostri uomini è un ritorno alla vita. Una volta asciugati e riscaldati, il loro primo pensiero è fare conoscenza con quest’isola dove sono stati spinti… lontani dalla civilizzazione. Questa isola la battezzano col nome: L’Isola dei Naufraghi. Un rapido giro sull’isola colma le loro speranze. L’isola non è un deserto arido. Essi sono ora i soli uomini ad abitarla attualmente. Ma altri hanno dovuto viverci prima di loro: hanno incontrato qua e là sull’isola greggi semiselvaggi. Giacomo, l’allevatore, afferma che potrà migliorarli e trarne un buon rendimento. In quando al suolo dell’Isola, Paolo lo trova in gran parte assai propizio alla coltura. Enrico ha scoperto alberi fruttiferi e spera poter ottenerne grande profitto. Francesco vi ha notato soprattutto le belle distese forestali, ricche in legno di ogni specie: sarà molto facile abbattere alberi e costruire ricoveri per la piccola colonia. In quanto a Tommaso, l’ingegnere, ciò che lo ha interessato è la parte la più rocciosa dell’Isola. Egli vi ha notato molti segni indicando un sottosuolo molto ricco di minerali. Nonostante la mancanza di attrezzi perfezionati, Tommaso crede avere abbastanza iniziativa e scaltrezza per trasformare il minerale in metalli utili. Ognuno potrà dunque occuparsi alle sue opere favorite per il bene di tutti. Tutti sono unanimi a lodare la Provvidenza per lo scioglimento relativamente felice d’una grande tragedia. Le vere ricchezze. Ecco i nostri uomini al lavoro. Le case ed i mobili sono costruiti dal falegname. Nei primi tempi, si sono accontentati di alimenti primitivi. Ma ben presto i campi coltivati danno buone raccolte. Stagioni dopo stagioni, il patrimonio dell’Isola si arricchisce. Si arricchisce non d’oro o di denaro stampato, ma di vere ricchezze: cose che nutrono, che abbigliano, che ricoverano, che rispondono a veri bisogni. La vita non è sempre facile e mancano tante cose alle quali erano abituati nella civiltà. D’altronde, la loro sorte avrebbe potuto essere molto più triste. Essi hanno comunque già conosciuto tempi di crisi in Canada. Essi ricordano le privazioni a cui sono stati sottoposti, mentre che i magazzini erano pieni, a dieci passi dalla loro porta di casa. Almeno, sull’Isola dei Naufraghi, nessuno li condanna a vedere marcire, sotto i loro occhi, cose di cui hanno bisogno. Poi le tasse sono sconosciute. Non c’è da temere i sequestri. Se il lavoro è duro talvolta, almeno si ha il diritto di godere i frutti del lavoro. Insomma, sfruttano l’Isola, benedicendo Dio, sperando un giorno di poter ritrovare parenti ed amici, con due grandi beni conservati: la vita e la salute. Il maggiore inconveniente. Il nostri uomini si riuniscono spesso per discutere dei loro affari. Nel sistema economico molto semplice che essi praticano, una cosa ritorna sempre più in mente: non hanno alcuna specie di moneta e lo scambio, il cambio diretto di prodotti con prodotti, ha molti inconvenienti. I prodotti da scambiare non sono sempre l’uno di fronte all’altro nello stesso momento. Così avviene che la legna consegnata al coltivatore durante l’inverno, potrà essere rimborsata in legumi soltanto

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fra sei mesi. Molte volte viene consegnato di colpo un grosso materiale da uno degli uomini, ed in cambio, egli vorrebbe differenti piccoli oggetti, prodotti da parecchi altri ed ad epoche differenti. Tutto questo complica gli affari. Se vi fosse denaro in circolazione, ognuno potrebbe vendere i suoi prodotti agli altri in cambio di denaro. Con la moneta ricevuta si potrebbe comprare dagli altri le cose che si desiderano, quando le si desiderano e quando vi sono. Tutti sono d’accordo a riconoscere la comodità di possedere un sistema di denaro. Ma nessuno di loro sa come stabilirne uno. Hanno imparato a produrre la vera ricchezza, le cose. Ma non sanno fare i segni, il denaro. Nonostante si decide insieme di avere denaro, ignorano come fare e come farlo incominciare quando non ce n’è... Senza dubbio molti uomini istruiti sarebbero altrettanto nell’imbarazzo; tutti i loro governanti sono stati nello stesso imbarazzo dieci anni prima della guerra. Solo il denaro mancava al paese ed il governo restava paralizzato di fronte a questo problema. Arrivo d’un rifugiato. Una sera che i nostri uomini, seduti sulla spiaggia, parlano per la centesima volta di questo problema, tutto d’un tratto vedono avvicinarsi una barca guidata da un solo uomo. Si affrettano ad aiutare il nuovo naufrago. Gli offrono le prime cure e discorrono. Parla francese, ma i lineamenti del viso fa pensare che è di un’altra origine. Apprendono che è un Europeo, il solo sopravvivente di un naufragio. Il suo nome: Martin Golden. Felice di avere un altro compagno, i cinque uomini lo accolgono con calore e gli fanno visitare la colonia. “Malgrado siamo perduti lontano dal resto del mondo - gli dicono - non siamo proprio da compiangere. La terra rende molto bene ed anche la foresta. Una sola cosa ci manca: non abbiamo denaro per facilitare lo scambio dei nostri prodotti.” “Benedite il caso che mi ha portato qui! - risponde Martin - Il denaro non ha misteri per me. Io, sono un banchiere ed in poco tempo posso installarvi un sistema monetario che vi darà soddisfazione.” Un banchiere!... Un banchiere!... Un angelo venuto direttamente dal cielo non avrebbe inspirato maggiore reverenza. In paesi civilizzati non siamo forse abituati ad inchinarsi davanti ai banchieri che controllano le pulsazioni della finanza? Il dio della civiltà. “Signor Martin, poiché siete banchiere, voi non lavorerete sull’Isola. Vi occuperete solamente del nostro denaro.” “Me ne disobbligherò colla soddisfazione, come ogni banchiere, di stimolare la prosperità comune.” “Signor Martin, vi costruiremo una dimora degna di voi. Nel fra tempo, vi possiamo installare nell’edificio che serve alle nostre riunioni pubbliche ?” “Molto bene, amici miei. Ma incominciamo a sbarcare tutto ciò che sono riuscito a salvare dal naufragio: una piccola pressa, della carta e soprattutto un piccolo barile che tratterete con molto cura.” Si sbarca tutto. Il piccolo barile intriga la curiosità della nostra brava gente. “Questo barile - dichiara Martin - è un tesoro senza pari. È pieno d’oro!” Pieno d’oro! Cinque anime mancarono di sprigionarsi da cinque corpi. Il dio della civiltà entrato nell’Isola dei Naufraghi. Il dio giallo, sempre nascosto, ma potente, terribile, la cui presenza o assenza o i minimi capricci possono decidere della vita di 100 nazioni! “Dell’oro! Signor Martin, vero grande banchiere! Ricevete i nostri omaggi ed i nostri giuramenti di fedeltà.” “Dell’oro per tutto un continente, miei amici. Ma non è l’oro che deve circolare. Bisogna nascondere l’oro: l’oro è l’anima di tutto il denaro sano. L’anima deve restare invisibile. Io vi spiegherò tutto da quando vi darò il denaro.” Un seppellimento senza testimone. Prima di separarsi per la notte, Martin rivolge loro un’ultima domanda: “Per incominciare, di quanto denaro avreste bisogno sull’Isola, per facilitare i vostri scambi?” Si guardano. Consultano umilmente lo stesso Martin. Colle suggestioni del benevolo banchiere si conviene che $200 per ognuno paiono abbastanza per incominciare. Appuntamento fissato per domani sera. Gli uomini si ritirano, scambiano tra di loro, riflessioni commosse, vanno a dormire tardi,

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s’addormentano bene soltanto verso il mattino, dopo avere a lungo sognato oro ad occhi aperti. Martin, lui, non perde tempo. Dimentica la sua stanchezza per non pensare che al suo avvenire di banchiere. Allo spuntare del giorno scava un fosso e rotola il barile dentro, lo copre di terra, lo dissimula con dei ciuffi d’erba accuratamente posti, vi trapianta un piccolo arbusto per nascondere ogni traccia. Poi mette in moto la sua piccola pressa, per stampare mille biglietti da un dollaro. Vedendo i biglietti uscire della pressa, tutti nuovi, sogna in se stesso: “Come sono facili da fare questi biglietti! Essi traggono il loro valore dai prodotti che serviranno a comprare. Senza prodotti, i biglietti non varrebbero nulla. I miei cinque ingenui clienti non pensano a questo. Credono sia l’oro a garantire i dollari. Io li tengo per la loro ignoranza!” Verso sera, i cinque arrivano correndo presso Martin. A chi il denaro fatto di fresco? Cinque mucchietti di biglietti erano là, sulla tavola. “Prima di distribuirvi questo denaro - disse il banchiere - bisogna intendersi.” “Il denaro è basato sull’oro. L’oro, collocato nella volta della mia banca, è mio. Dunque il denaro è mio... Oh! Non siate tristi. Io vi presterò questo denaro e voi l’userete a vostro piacere. In attesa, non vi carico che gli interessi. Visto che il denaro è raro sull’Isola, essendo che non ce n’è affatto, io credo di essere ragionevole, domandandovi solo un piccolo interesse dell’otto per cento.” “Un ultimo punto amici. Gli affari sono affari, anche tra grandi amici. Prima di toccare il proprio denaro, ognuno di voi, firmerà questo documento: c’è l’impegno per ognuno di voi di rimborsare capitale ed interessi, su pena di confisca, da me, delle loro proprietà. Oh! Una semplice garanzia. Io non tengo per nulla ad avere mai le vostre proprietà, io mi contento del denaro. Io sono sicuro che voi conserverete i vostri beni e che mi restituirete il denaro.” “E’ pieno di buon senso, Signor Martin. Noi raddoppieremo d’ardore al lavoro e vi rimborseremo tutto.” “Va bene. E venite a trovarmi ogni qual volta abbiate problemi. Il banchiere è il migliore amico di tutti... Adesso, ecco ad ognuno i suoi 200 dollari.” Ed i nostri cinque uomini se ne vanno contenti, la testa e le mani piene di dollari. Un problema d’aritmetica. Il denaro di Martin ha circolato nell’Isola. Gli scambi si sono moltiplicati, semplificandosi. Tutti si rallegrano e salutano Martin con rispetto e gratitudine. Frattanto, Tommaso, l’ingegnere, è inquieto. I suoi prodotti sono ancora sotto terra. Non ha più in tasca che qualche dollaro. Come potrà rimborsare alla prossima scadenza il banchiere? Dopo aver ragionato a lungo sul suo problema individuale, Tommaso considera questo socialmente: “Considerando la popolazione di tutta quanta l’Isola - pensa - siamo noi in grado di mantenere i nostri impegni? Martin ha fatto una somma totale di $1,000. Egli domanda una somma di $1,080. Persino prenderemmo insieme tutto il denaro dell’Isola per portarglielo, ciò farebbe $1,000 e non $1,080. Nessuno ha fatto gli $80 in più. Noi facciamo prodotti, non dollari. Martin potrà dunque sequestrare tutta l’Isola, poiché noi tutti insieme, non possiamo restituire capitale ed interessi. “Quelli che sono capaci rimborsano per se stessi, senza preoccuparsi degli altri, molti cadranno subito, altri sopravviveranno. Ma, il turno degli altri verrà ed il banchiere prenderà tutto. Dunque è meglio mettersi insieme immediatamente e regolare quest’affare socialmente.” Tommaso non ha difficoltà a convincere gli altri che Martin li ha imbrogliati. Tutti si danno appuntamento dal banchiere. Benevolenza del banchiere. Martin indovina il loro stato d’animo, ma fa buona faccia. L’impetuoso Francesco presenta il caso: “Come possiamo noi portarvi $1,080 quando non ce n’è che $1,000 in tutta l’Isola?” “E’ l’interesse, miei buoni amici. Non è la vostra produzione aumentata?” “Si, ma, il denaro, lui, non è aumentato. Ora, c’è giustamente del denaro che voi reclamate e non dei prodotti. Voi solo potete fare del

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denaro. Ora voi non avete fatto che $1,000 e ne domandate $1,080. Questo è impossibile!” “Aspettate, miei amici. I banchieri si adattano sempre alle condizioni per il maggior bene comune... Io non vi domanderò che l’interesse. Niente altro che $80. Voi continuerete a tenere il capitale.” “Voi ci abolite i nostri debiti” “No, mi dispiace, ma un banchiere non rimette mai un debito. Voi mi dovete ancora tutto il denaro prestato. Ma voi non mi rimetterete ogni anno che l’interesse. Se voi siete assidui a pagare l’interesse, io non vi incalzerò per il rimborso del capitale. Qualcuno di voi possono divenire incapaci di pagare persino il loro interesse, poiché il denaro va da una persona all’altra. Allora organizzatevi come una nazione e fondate un sistema di collezione. Ciò si chiama tassare. Voi tasserete di più quelli che avranno più denaro, e gli altri meno. Purché voi mi apportiate collettivamente il totale dell’interesse, io sarò soddisfatto e la vostra nazione andrà bene.” I nostri uomini rincasano metà calmati e metà pensierosi. L’estasi di Martin Golden. Martin è solo. Qualche minuto di raccoglimento. Egli conclude: “Il mio affare è buono. Buoni lavoratori, questi uomini, ma ignoranti. La loro ignoranza e fiducia fanno la mia forza. Essi volevano del denaro, io gli ho passato delle catene. Essi mi hanno coperto di fiori, mentre io li ingannavo. Oh! grande Rothschild, io sento il tuo genio di banchiere impadronirsi dei mio essere. Tu lo hai ben detto, illustre maestro: ‘Che mi sia accordato il controllo del denaro di una nazione ed io m’infischio di chi fa le sue leggi.’ Io sono il padrone dell’Isola dei Naufraghi, perché ho il controllo del suo sistema monetario. Potrei controllare un universo. Ciò che faccio qui, io, Martin Golden, lo posso fare nel mondo intero. Che io esca, un giorno, da questa Isola: so come governare il mondo senza tenere di scettro. Il mio diletto sovrano sarebbe di versare la mia filosofia nelle teste dei cristiani: banchieri, padroni di industria, politicanti, salvatori di popolo, professori, giornalisti, essi sarebbero miei servi. La massa dei cristiani si addormenta meglio nella sua schiavitù, quando i capomastri di schiavi sono essi stessi cristiani.” E tutta la struttura del sistema bancario rothschildiano sorge nello spirito lietissimo di Martin. Frattanto, la situazione peggiora sull’Isola dei Naufraghi. Anche se la produttività aumenta, diminuiscono gli scambi. Martin pompa regolarmente i suoi interessi. Bisogna pensare a mettere denaro da parte per lui. Il denaro incolla, e lui fa circolare il male. Quelli che pagano più tasse gridano contro gli altri e aumentano i loro prezzi per trovare compenso. I più poveri, che non pagano tasse, gridano contro i costi della vita e comprano meno. Il morale diminuisce, la gioia di vivere se ne va. Non si ha più cuore al lavoro. A che vale? I prodotti si vendono male; e quando si vendono, bisogna infliggere delle tasse per Martin. La gente si priva. E’ la crisi. Ed ognuno accusa il suo vicino di mancare di virtù e di essere la causa della vita sempre più cara. Un giorno, Enrico, riflettendo nel mezzo del suo frutteto, conclude che il “progresso” apportato dal sistema monetario del banchiere, ha rovinato tutto nell’Isola. Certamente, i cinque uomini hanno i loro difetti; ma il sistema di Martin nutre tutto ciò che è di più cattivo nella natura umana. Enrico decide di convincere e di raccogliere i suoi compagni. Incomincia da Giacomo. Subito fatto: “Eh! - dice Giacomo - non sono affatto sapiente, io; ma è da molto tempo che lo sento: il sistema di quel banchiere è più putrido che il letame della mia stalla della scorsa primavera?” Tutti sono guadagnati l’uno dopo l’altro, ed un nuovo abboccamento con Martin è deciso. Presso il fabbro di catene. Ci fu una tempesta presso il banchiere: “Il denaro è raro sull’Isola, Signor, perché voi ce lo togliete. Vi paghiamo, vi paghiamo, e vi dobbiamo ancora altrettanto che al principio. Lavoriamo, facciamo le terre più belle, ed ecco che siamo più mal presi di prima che voi foste arrivato. Debito! Debito! Debiti fin sopra le teste!” “Orsù! miei amici, ragioniamo un po’. Se le vostre terre sono più belle, è grazie a me. Un buon sistema bancario è il più bell’attivo per un paese. Ma per approfittarne

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bisogna, prima di tutto, conservare la fiducia al banchiere. Venite a me come ad un padre... Voi volete altro denaro? Molto bene. Il mio barile d’oro vale molte volte mille dollari... Tenete, io ipotecherò le vostre nuove proprietà e vi presterò immediatamente un altro mille dollari.” “Due volte più di debiti? Due volte più di interesse da pagare ogni anno, senza mai finire?” “Si, ma io ve ne presterò ancora tanto che voi aumenterete la vostra ricchezza fondiaria; e voi non mi restituirete che l’interesse. Voi accatasterete i prestiti, li chiamerete: debito consolidato. Debito che potrà aumentare di anno in anno. Ma anche il vostro reddito. Grazie ai miei prestiti, voi svilupperete il vostro paese.” “Allora, più il nostro lavoro farà produrre l’Isola, piò il nostro debito totale aumenterà?” “Come in tutti i paesi civilizzati: il debito pubblico è un barometro della prosperità.” Il lupo mangia gli agnelli. “E’ questo ciò che voi chiamate denaro sano, Signor Martin? Un debito nazionale divenuto necessario ed impagabile? Ciò non è sano, ciò è malsano.” “Signori, ogni denaro sano deve essere basato sull’oro e deve uscire dalla banca allo stato di debito. Il debito nazionale è una buona cosa: esso mette i governi sotto la saggezza incarnata nei banchieri. A titolo di banchiere, io sono una fiaccola di civiltà nella vostra Isola.” “Signor Martin, noi non siamo che degli ignoranti, ma noi non ne vogliamo sapere affatto di tale civiltà. Noi non prenderemo più a prestito un solo soldo da voi. Denaro sano o non sano, noi non vogliamo più fare affari con voi.” “Mi dispiace questa decisione goffa, Signori. Ma, se rompete il contratto con me, io ho le vostre firme. Rimborsatemi immediatamente tutto, capitale e interessi.” “Ma, questo è impossibile, Signore. Anche restituendovi tutto il denaro dell’isola, non saremmo liberi.” “Non posso farci niente… Avete firmato, si o no? Si! Ebbene, in virtù della santità dei contratti, io sequestro tutte le vostre proprietà ipotecate, come convenuto tra noi, al tempo in cui eravate così contenti di avermi. Voi non volete servire con beneplacito la potenza del denaro, voi la servirete con la forza. Voi continuerete a sfruttare l’Isola, ma per me e alle mie condizioni. Andate. Io vi darò i miei ordini domani.” Il controllo dei giornali. Come Rothschild, Martin sa che colui che controlla il sistema monetario di una nazione, controlla questa nazione. Ma lui sa anche, che, per mantenere questo controllo bisogna intrattenere il popolo nell’ignoranza e divertirlo con altre cose. Martin ha notato che tra i cinque uomini, due sono conservatori e tre sono liberali. Lo ha notato dalle conversazioni dei cinque, la sera, soprattutto da quando sono diventati suoi schiavi. Si litigano tra rossi e blu. Di quando in quando, Enrico, meno partigiano, suggerisce un’Unione degli Elettori, per meglio risolvere insieme, una situazione penosa a tutti... Unione pericolosa che può portare alla dittatura. Martin si applicherà dunque ad inasprire le loro discordie politiche il più possibile. Si serve della sua piccola pressa per pubblicare due foglietti settimanali: “Il Sole” per i rossi; “La Stella” per i blu. “Il Sole”, in sostanza dice: Se voi non siete più padroni nel vostro paese, è a causa di questi arretrati di blu, sempre attaccati ai grossi interessi. “La Stella” dice in sostanza: Il vostro debito nazionale è l’opera dei maledetti rossi, sempre pronti a qualsiasi avventura politica. E i nostri due gruppi politici si litigano sempre più, dimenticando il vero fabbro di catene, il controllore del denaro, Martin. Un giorno Tommaso, l’ingegnere, scopre, incagliata nel fondo di un’ansa, alla fine dell’Isola e velata da alte erbe, una barca da salvataggio, senza remi, senza altra traccia di servizio che una cassa ben conservata. Apre la cassa: oltre a un panno e a qualche piccolo oggetto, la sua attenzione si ferma si di un libro-album ancora ben conservato intitolato: “Primo Anno di Verso Domani”. Curioso, il nostro uomo si siede e apre questo libro. Egli legge. Egli divora. S’illumina: “Ma ecco - esclama - ciò che avremmo dovuto sapere da molto tempo.”

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Un relitto prezioso. Il denaro non trae affatto il suo valore dall’oro, ma dai prodotti che il denaro compra. “Il denaro può essere una semplice contabilità, i crediti passando da un conto all’altro secondo le compre e le vendite. Il totale del denaro in rapporto con il totale della produzione. “Ad ogni aumento della produzione, deve corrispondere un aumento equivalente del denaro... Mai interesse da pagare sul denaro, nascendo... Il progresso rappresentato, non da un debito pubblico, bensì da un dividendo uguale a ciascuno... I prezzi, aggiustati al potere di acquisto per un coefficiente dei prezzi... Il Credito Sociale...” Tommaso non si tiene piò. Si alza e corre, con il suo libro, a fare partecipi della sua splendida scoperta i suoi quattro compagni. Il denaro, semplice contabilità. E Tommaso si insedia professore: “Ecco - egli dice - quello che avremmo potuto fare, senza il banchiere, senza oro e senza firmare alcuno debito. Io apro un conto al nome di ciascuno di voi. A destra, i crediti, che fa aumentare il vostro conto; a sinistra, i debiti, che lo fa diminuire. Noi volevamo ciascuno $200 per cominciare. Di comune accordo, decidiamo d’iscrivere per ognuno un credito di 200. Ciascuno ha immediatamente $200. Francesco compra da Paolo dei prodotti per $10. Io tolgo a Francesco 10, gli resta 190. Aggiungo 10 a Paolo, ha adesso 210. Giacomo compra da Paolo per $8. Tolgo 8 a Giacomo, gli resta 192, mentre Paolo, lui sale a 218. Paolo compra legna da Francesco $15. Io tolgo 15 a Paolo, resta con 203; aggiungo 15 a Francesco che risale a 205. E così di seguito; da un conto all’altro, tutto come i dollari di carta vanno da una tasca all’altra. Se qualcuno di noi ha bisogno di denaro per aumentare la sua produzione, si apre il credito necessario per lui, senza interesse. Egli rimborsa il credito - una volta venduta la produzione. La stessa cosa per i lavori pubblici. Si aumentano anche periodicamente, i conti di ciascuno di una somma addizionale, senza togliere niente a nessuno, in corrispondenza al progresso sociale. Questo è il dividendo nazionale. Il denaro è così uno strumento di servizio. Disperazione del banchiere. Tutti hanno compreso. La piccola nazione è diventata creditista. L’indomani, il banchiere Martin riceve una lettera firmata dai cinque: “Signore, voi ci avete indebitati e sfruttati senza alcuna necessità. Noi non abbiamo più bisogno di voi per reggere il nostro sistema monetario. Noi avremo ormai tutto il denaro che ci bisogna, senza oro, senza debito, senza ladro. Noi stabiliamo immediatamente nell’Isola dei Naufraghi, il sistema del Credito Sociale. Il dividendo nazionale sostituirà il debito nazionale. Se voi tenete al vostro rimborso, possiamo rimettervi tutto il denaro che avete fatto per noi, non di più. Voi non potete reclamare quello che non avete fatto.” Martin è in disperazione. E’ il suo impero che crolla. I cinque diventati creditisti, il mistero del denaro o del credito non esiste più per loro. “Cosa fare? - egli pensa - Chiedere loro perdono, diventare come loro? Io, banchiere, fare ciò?.. No. Io cercherò piuttosto di non aver bisogno di loro e di vivere in disparte.” Soperchieria scoperta. Per proteggersi contro ogni reclamo futuro possibile, i nostri uomini hanno deciso di far firmare dal banchiere un documento attestando che egli possiede ancora tutto quello che aveva arrivando nell’Isola. Da qui l’inventario generale: la barca, la piccola pressa e... il famoso barile d’oro. Fu necessario che Martin indicasse il luogo. Si dissotterra il barile. I nostri uomini lo tirano fuori dal buco con molto meno rispetto questa volta. Il Credito Sociale ha insegnato loro a disprezzare il feticcio oro. L’ingegnere, alzando il barile, trova che, essendo oro, non pesa molto: “Dubito che questo barile sia pieno d’oro.” L’irruente Francesco non esita più. Un colpo d’accetta ed il barile spiega il suo contenuto: d’oro, non una oncia! Rocce niente che volgari rocce senza valore!... I nostri uomini hanno stentano a

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crederlo: “Costui ci ha truffati a questo punto, il miserabile! Quanto creduli dovemmo essere stati per cadere addirittura in estasi di fronte alla solo parola: ORO! Abbiamo ipotecato tutte le nostre proprietà per dei pezzi di carta basati su quattro palate di roccia! Ladro e bugiardo. Abbiamo litigato e ci siamo odiati gli uni e gli altri per mesi e mesi per una tale soperchieria! Il demonio!”. E mentre Francesco alzava l’accetta, il banchiere partiva verso la foresta a tutta velocità.

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Dalla parabola alla realtà (di Louis Even) Sistema di denaro-debito Il sistema di denaro-debito, introdotto da Martin sull’Isola dei Naufraghi faceva indebitare finanziariamente la piccola comunità nella misura in cui, per il suo lavoro, essa sviluppava ed arricchiva l’Isola. Non è esattamente questo che avviene nei nostri paesi civilizzati? Il Canada attuale è certamente più ricco di ricchezze reali di quanto lo fosse 50 o 100 anni fa o dai tempi dei pionieri. Ora, prova a comparare il debito pubblico, la somma di tutti i debiti pubblici del Canada di oggi con quella che era questa somma 50 anni fa, 100 anni fa, tre secoli fa! C’è però la popolazione canadese essa stessa che, nel corso dei anni, ha prodotto l’arricchimento. Perché dunque tenerla indebitata per il risultato del suo lavoro ? Considera, per esempio, il caso delle scuole, degli acquedotti municipali, dei ponti, delle strade, ed altre costruzioni di carattere pubblico. Chi le costruisce? Dei costruttori del paese. Chi fornisce i materiali? Dei manifatturieri del paese. E perché essi possono così impiegarsi a dei lavori pubblici? Perché ci sono altri lavoratori che producono alimenti, vestiti, scarpe, o forniscono servizi che possono utilizzare tali costruttori ed fabbricanti di materiali. E’ appunto la popolazione, nel suo insieme, che per il suo lavoro di tutti i tipi, produce tutte queste ricchezze. Se essa fa venire prodotti dall’estero, è per contropartita dei prodotti che essa stessa fornisce all’estero. Ora, cosa si constata? Dappertutto, si tassa i cittadini per pagare queste scuole, questi ospedali, questi ponti, queste strade ed altri lavori pubblici. Si fa dunque pagare alla popolazione, collettivamente, quello che la popolazione, collettivamente, essa stessa ha prodotto. Pagare più del prezzo E non finisce qui. Si fa pagare al popolo più del prezzo di quello che essa stessa ha prodotto. La sua stessa produzione, arricchimento reale, diviene per essa un debito caricato di interessi. Con gli anni, la somma degli interessi può uguagliare, o anche superare, l’importo del debito imposto dal sistema. Avviene così che si fa pagare la popolazione due volte, tre volte, il prezzo di quello che essa stessa ha prodotto. Oltre i debiti pubblici, vi sono anche i debiti industriali, anche questi caricati di interessi. Essi forzano l’industriale, l’imprenditore, ad aumentare i suoi prezzi al di là del costo di produzione, al fine di poter rimborsare capitale ed interessi, altrimenti farebbe bancarotta. Debiti pubblici o debiti industriali, è sempre la popolazione che deve pagare tutto ciò al sistema finanziario. Pagare in tasse quando si tratta di debiti pubblici, pagare in prezzi quando si tratta di debiti industriali. I prezzi gonfiano mentre le tasse schiacciano il portamonete. Sistema tirannico Tutto questo e molto altre cose indicano bene un sistema di denaro, un sistema di finanza, che comanda invece di servire, e che tiene la popolazione sotto la sua dominazione, come Martin manteneva gli uomini dell’Isola sotto la sua dominazione prima che si rivoltassero. E se i controllori del denaro rifiutano di prestare, o se mettono condizioni troppo difficili per i corpi pubblici o per gli industriali, cosa succede? Succede che i corpi pubblici rinunciano a dei progetti che sono però urgenti; succede che gli industriali rinunciano a sviluppi o produzioni peraltro rispondenti a necessità, bisogni. E ciò è causa di disoccupazione. E per impedire addirittura ai disoccupati di morire, bisogna tassare quelli che hanno ancora qualcosa o che guadagnano ancora un salario. Si può immaginare un sistema più tirannico, i cui malefici si fanno sentire fra tutta la popolazione? Ostacolo alla distribuzione

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E questo non è tutto. A parte l’indebitare la produzione che finanzia, e il paralizzare quella che rifiuta di finanziare, tale sistema è un cattivo strumento finanziario di distribuzione dei prodotti. E’ bello avere dei negozi e dei depositi pieni, è bello avere tutto ciò che serve per una produzione anche più abbondante, ma la distribuzione dei prodotti è razionata. Per ottenere i prodotti, in effetto, è necessario pagarli. Dinanzi ai prodotti abbondanti, occorrerebbe un’abbondanza di denaro nei portamonete. Ma questo non è il caso. Il sistema mette sempre più prezzo sui prodotti che denaro nei portamonete del pubblico necessitante di tali prodotti. La capacità di pagare non è equivalente alla capacità di produrre. La finanza non è in accordo con la realtà. La realtà è un’abbondanza di prodotti facili da fare. La finanza è moneta razionata e difficile da ottenere. Correggere ciò che è vizioso Il sistema fiscale attuale è dunque veramente un sistema punitivo, invece di essere un sistema di servizio. Questo non vuol dire che bisogna sopprimerlo, ma correggerlo. Ed è questo che si potrebbe realizzare magnificamente con l’applicazione dei principi finanziari conosciuti sotto il nome di CREDITO SOCIALE. (Da non confondere col partito politico che prende falsamente lo stesso nome). Il Credito Sociale Il denaro conforme al reale Il denaro di Martin, sull’Isola dei Naufraghi, non avrebbe avuto alcun valore se non vi fosse stato alcun prodotto sull’Isola. Anche se il suo barile fosse stato realmente pieno d’oro, che cosa quest’oro avrebbe potuto comprare in un’Isola senza prodotti? Oro o denaro di carta o qualsiasi importo di cifre nel libro di conto di Martin non avrebbe potuto nutrire nessuno, se non vi fossero stati prodotti alimentari. Lo stesso per i vestiti. E così per tutto il resto. Ma c’erano dei prodotti sull’Isola. Questi prodotti provenivano dalle risorse naturali dell’Isola e dal lavoro della piccola comunità. Questa ricchezza reale, che da sola dava valore al denaro, era la proprietà degli abitanti dell’Isola e non la proprietà esclusiva del banchiere Martin. Martin li indebitava per ciò che apparteneva a loro, e loro l’hanno compreso quando hanno conosciuto il Credito Sociale. Hanno compreso che ogni denaro, ogni credito finanziario, è basato sul credito della società stessa, non sull’operazione del banchiere. Hanno compreso che il denaro doveva dunque essere di loro proprietà dal momento iniziale della sua emissione; doveva dunque essere consegnato a loro, diviso tra loro, e pronto a passare in seguito dagli uni agli altri secondo il va e vieni della produzione degli uni e degli altri. La questione del denaro diventava da quel momento per, loro quello che è essenzialmente: una questione di contabilità. La prima cosa che si esige da una contabilità è di essere esatta e conforme alla cose che esprime. Il denaro deve essere conforme alla produzione o alla distruzione di ricchezza. Seguire il movimento della ricchezza: produzione abbondante, denaro abbondante; produzione facile, denaro facile; produzione automatica, denaro automatico; gratuità nella produzione, gratuità nel denaro. Il denaro per la produzione Il denaro deve essere al servizio dei produttori, a misura del loro bisogno per mobilitare i mezzi di produzione. Questo è possibile, poiché si è già fatto, dall’oggi al domani, non appena fu dichiarata la guerra. Il denaro, che mancava dappertutto da dieci anni, tutto ad un tratto arrivò, e durante i sei anni di guerra, non vi fu mai alcun problema di denaro per finanziare tutta la produzione possibile e richiesta. Il denaro può dunque essere, e deve essere, al servizio della produzione pubblica e della produzione privata, con la stessa fedeltà che fu al servizio della produzione di guerra.

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Tutto ciò che è fisicamente possibile per rispondere ai bisogni legittimi della popolazione deve essere reso finanziariamente possibile. Ciò sarebbe la fine degli incubi dei corpi pubblici. E sarebbe la fine della disoccupazione e delle sue privazioni, finché restano delle cose da fare per rispondere ai bisogni, pubblici o privati, della popolazione. Tutti capitalisti, Dividendi ad ognuno Il Credito Sociale preconizza la distribuzione di un dividendo periodico a tutti. Una somma di denaro che, diciamo, sarà versata ogni mese ad ogni persona, indipendentemente del suo impiego - tutto come il dividendo versato al capitalista, anche quando egli non lavora personalmente. Si ammette che il capitalista di dollari, colui che investe denaro in una impresa, ha diritto ad un reddito sul suo capitale, reddito che si chiama dividendo. Ci sono altri individui che mettono il loro capitale in opera, e questi altri sono ricompensati per questo, in salari. Ma il capitalista tira un reddito dalla sola presenza del suo capitale nell’impresa. Se vi lavora personalmente, tira allora due redditi: un salario per il suo lavoro ed un dividendo per il suo capitale. Ebbene, il Credito Sociale considera che tutti i membri della società sono capitalisti. Tutti possiedono in comune un capitale reale che concorre molto di più alla produzione moderna del capitale-dollari o del lavoro individuale dei impiegati. Quale è questo capitale comunitario? Dapprima vi sono le risorse naturali del paese, che non sono state prodotte da nessuno, che sono una gratuità divina a quelli che abitano quel paese. Poi, vi è la somma delle conoscenze, delle invenzioni, delle scoperte, dei perfezionamenti nelle tecniche di produzione, di tutto questo progresso, acquisito, accumulato, ingrandito e trasmesso da una generazione all’altra. Questa è una eredità comune, guadagnata dalle generazioni passate, che la nostra generazione utilizza ed ingrandisce ancora per passarla alla seguente. Questa non è la proprietà esclusiva di nessuno, ma un bene comunitario per eccellenza. E questo è bene, il più grande fattore della produzione moderna. Elimina solo la forza motrice del vapore, dell’elettricità, del petrolio - invenzioni degli ultimi tre secoli - e dimmi cosa sarebbe la produzione totale, anche con molto più lavoro e con orari più lunghi per tutti i lavoratori del paese. Senza dubbio, c’è ancora bisogno di produttori per mettere questo capitale in rendimento, ed essi ne sono ricompensati dal loro salari. Ma, il capitale lui stesso deve procurare dividendi ai suoi proprietari, dunque a tutti i cittadini, tutti ugualmente co-eredi delle generazioni passate. Poiché questo capitale comunitario è il più grande fattore di produzione moderna, il dividendo dovrebbe essere capace di procurare ad ognuno almeno quanto occorre per provvedere ai bisogni essenziali dell’esistenza. Poi nella misura in cui la meccanizzazione, la motorizzazione, l’automazione, prendono una parte sempre maggiore nella produzione, con sempre minore rispettivo lavoro umano, la parte distribuita dal dividendo dovrebbe diventare sempre più grande. Ecco tutta un’altra maniera di concepire la distribuzione della ricchezza rispetto al modo odierno. Invece di lasciare persone e famiglie nella grande miseria o di tassare quelli che guadagnano per soccorrere coloro che non sono più utili alla produzione, si vedrebbero tutte le persone assicurate da un reddito di base del dividendo. Migliore ripartizione alla sorgente. Sarebbe nello stesso tempo, un mezzo, ben appropriato alle grandi possibilità produttrici moderne, di realizzare in pratica il diritto di ogni essere umano all’uso dei beni materiali. Diritto che ogni persona trae dal solo fatto della sua esistenza. Diritto fondamentale e imprescindibile che Pio XII rammentava nel suo storico radio messaggio del 1° giugno 1941: “I beni creati da Dio, lo sono stati per tutti gli uomini e devono essere a disposizione di tutti, secondo i principi della giustizia e della carità. Ogni uomo, come essere dotato di ragione, trae di fatto dalla natura il diritto fondamentale di usare dei beni materiali

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della terra... Un tale diritto individuale, non dovrebbe essere soppresso in alcuna maniera, nemmeno dall’esercizio d’altri diritti sicuri e riconosciuti su beni materiali”. Un dividendo a tutti ed a ognuno: ecco dunque la formula economica e sociale più radiosa che sia mai stata proposta a un mondo il cui problema non è produrre, ma distribuire i prodotti. Non da un partito politico Numerosi, in parecchi paesi, quelli che vedono nel Credito Sociale di Douglas, il più perfetto che è stato proposto per servire l’economia moderna dell’abbondanza, e per mettere i prodotti al servizio di tutti. Occorre dunque far prevalere questa concezione dell’economia, affinché divenga attuazione pratica. Sfortunatamente, in Canada, dei politicanti hanno disonorato le due parole “Credito Sociale” prendendole per designare un partito politico. Questo è il più grande torto, che mai è stato fatto alla comprensione ed all’espansione della dottrina di Douglas. Ciò è diventato una sorgente di confusione ed una causa di diffidenza. Molta gente rifiuta a priori di sentire parlare del Credito Sociale, perché ci vede un partito politico, e ha già dato la sua adesione ad un altro partito. Pertanto, il Credito Sociale, autenticamente compreso, non è un partito politico. E’ esattamente il contrario. Il fondatore stesso della scuola creditista, C.H. Douglas, lo conosceva certamente meglio di quelle piccole teste gonfiate che vogliono servirsi dell’idea superficiale che ne hanno per cercare di soddisfare le loro ambizioni politiche. Ora, Douglas, ha dichiarato nettamente che c’è incompatibilità tra Credito Sociale e politica elettorale. Partito politico e Credito Sociale sono due termini che si escludono l’un l’altro, per la loro stessa natura, per il loro scopo, il loro motore, il loro spirito. I principi del Credito Sociale riposano su una filosofia. E questa filosofia da’ la precedenza alla persona sul gruppo, sulle istituzioni e sul governo stesso. Tutta l’attività, fata in nome del Credito Sociale autentico deve essere un’attività al servizio delle persone. È tutto un altro motore che anima e orienta le attività di un partito politico. Ogni partito politico, antico o nuovo, ha come primo scopo di conquistare o di conservare il potere, di diventare o di restare il gruppo che governerà il paese. E’ la ricerca del potere per un gruppo. Il Credito Sociale, al contrario, concepisce il potere ridistribuito a tutti: il potere economico, a partire da un dividendo periodico permettente ad ogni individuo di dare dei comandi alla produzione del suo paese; il potere politico, facendo dello Stato, e dei governi di ogni tipo, “cosa” della persona, non facendo le persone “cose” dello Stato. È il governo che interessa i partiti politici. Mentre è la persona, il fiorire della persona che interessa il vero creditista. La politica di partito incita i cittadini ad abdicare la loro responsabilità personale al partito, mettendo tutta l’importanza sul voto, su un atto di qualche secondo che il cittadino compie nascosto dietro uno schermo, dopo essere stato servito di stufato elettorale di tutte le salse durante quattro settimane. Il Credito Sociale, al contrario, insegna ai cittadini a prendere essi stessi le loro responsabilità, in politica come nelle altre cose ed in ogni tempo, tramite l’essere sorveglianti e coscienti dei governi, gridando la verità e denunciando le ingiustizie senza tregua ovunque dove si trovano. Ogni partito politico contribuisce a dividere il popolo, i partiti lottando gli uni contro gli altri, alla ricerca del potere. Ora, ogni divisione indebolisce. Un popolo diviso, indebolito, si fa mal servire. La dottrina del Credito Sociale, al contrario, rende i cittadini coscienti delle aspirazioni fondamentali comuni ad ogni persona. Un movimento creditista autentico insegna ai cittadini ad unirsi per delle domande sulle quali tutti si accordano, a fare all’occorrenza le pressioni concertate sui governanti, qualunque sia il gruppo al potere. E’ per questo che il giornale “Vers Demain” da cui sono tratte queste pagine, raccomanda in politica: la pressione del popolo raggruppato fuori dei parlamenti, ma operando sui governi, al fine di far legiferare nel senso del Credito Sociale gli eletti del popolo. Per fare prevalere grandi

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idee, come la bella concezione creditista dell’economia, si ha bisogno non di politicanti avidi di vanagloria e di denaro ma di apostoli che si diano senza calcolo, non avendo in vista che il trionfo della verità ed un mondo migliore per tutti; apostoli distaccati da ogni ricompensa quaggiù, facendo tutto il loro possibile per la causa abbracciata e, per il resto, rimettendosi nelle mani di Dio. Il giornale “Vers Demain” lavora per formare questi apostoli. Il giornale “Vers Demain” presenta i loro obiettivi, le loro attività e le loro attuazioni. (Louis Even) Le tasse attuali sono ladrocinio Servizio del debito In tutti i budgets dei nostri corpi pubblici, dal federale al provinciale, dal comunale allo scolastico, vi è un articolo e non dei minori - che non è affatto destinato a pagare un servizio pubblico. Si tratta di quello che porta la denominazione “servizio del debito”. Il debito non è certamente un servizio pubblico. Questo è dunque piuttosto il tributo ad un servaggio pubblico. Il denaro attribuito ogni anno a questo fine, non costruisce e non contempla un solo ponte, né un metro quadrato di strada. Intanto è il punto più sacro dei budgets. Il meno discusso, o piuttosto, non discusso del tutto. Spese incompressibili, dicono. Incompressibili, ma estensibili perché vanno aumentando generalmente con gli anni. Tutto ciò che fu costruito al paese, in fatto di strade, ponti, scuole, chiese, edifici pubblici, è stato costruito dalla popolazione: alcuni vi lavorano direttamente, altri producendo tutto quanto è necessario ai bisogni di coloro che il settore pubblico impiega. Frutto, dunque, del lavoro collettivo della popolazione. Intanto è la popolazione del paese che paga le tasse ogni anno, per servire interessi a persone che non hanno messo mano al lavoro e che sono spesso dei perfetti stranieri. Per questo, il meccanismo della tassazione è un vero meccanismo di ladrocinio. Legalizzato, ma in realtà furto. Tutte le città, grande o piccole, tutti i comuni hanno nel loro budget questo articolo che va a cercare di forza il denaro dei cittadini senza dare niente in cambio. I ladri fanno esattamente la stessa cosa. Con la differenza che i ladri, quelli che tutti chiamano ladri, agiscono senza autorizzazione. Essi corrono dei rischi: essi rischiano la prigione, il penitenziario. Invece i ladri, ai quali vanno le tasse dei cittadini non rischiano niente. Non devono nemmeno scomodarsi per avere il denaro.. I nostri consigli comunali, le nostre commissioni scolastiche, si incaricano di eseguire il furto per loro e passano loro devotamente il frutto. La polizia, le autorità, la legge, entrano in scena solamente contro chi trascura o rifiuta di cedere il loro denaro. Il punito sarà colui che osa dire no agli agenti dei ladri che percepiscono le tasse. La casa vi passerà. Non gli dicono esattamente: O la borsa o la vita!”, ma: “La tua borsa o la strada per la tua famiglia!”. E la stessa cosa succede al governo provinciale… al governo federale… altrimenti c’è la prigione per chi non vuole piegarsi alle esigenze degli agenti di tale furto legalizzato. Sviluppi pubblici Ed anche qualora il denaro delle tasse o delle imposte servisse veramente a pagare servizi pubblici, perché tassare gli individui per pagare i lavori, quando la capacità di produzione del paese può fornire allo stesso tempo sviluppi pubblici e prodotti da mettere sul mercato? Ora, se la popolazione di un paese può fornirle entrambi, che ragione c’è di toglierne il diritto a beni privati come condizione per permettere di averle come beni pubblici? E la popolazione è capace di fornirle entrambi. Infatti vi sono centinaia di migliaia di braccia che si offrono e di cui la produzione dice di non avere bisogno. Una grande capacità di produzione non è dunque, utilizzata. Quando esista una capacità di produzione non utilizzata, le tasse che diminuiscono il diritto degli individui a usufruire di prodotti che rispondono ai loro bisogni, sono un furto.

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Misure di sicurezza sociale Vi sono anche le imposti prelevate per finanziare la cosiddetta sicurezza sociale: contributi alle famiglie, pensioni di vecchiaia, pensioni agli invalidi, contributi alle mamme bisognose, ecc. E’ certamente giusto che, in qualsiasi modo ognuno, impiegato o no, di buona salute o malato, abbia accesso a cose necessarie per la vita. Ma in un mondo dove la produzione è abbondante nonostante il non impiego di tutte le braccia disponibili, perché togliere agli uni per permettere agli altri d’avere qualcosa? Perché prendere dal piatto di Tizio per mettere nel piatto vuoto di Sempronio, quando la casseruola è piena da debordare? E’ però questo che si fa finanziariamente per le tasse, perché il sistema finanziario è falso: raziona davanti all’abbondanza. Mantenerlo, e tassare davanti all’abbondanza, è rubare a coloro che vengono tassati. Ecco dunque un altra fetta di tasse moderne che costituisce un furto legalizzato. E c’è ancora dell’altro. Governi fuori del loro ruolo I governi oggi sempre di più occupano funzioni che non sono loro proprie. Che motivo c’è per un ruolo di governo di fare ciò che persone, famiglie, gruppi liberi, corpi intermediari e amministrazioni locali, fanno già bene - ed anche meglio - del governo. Se un ostacolo qualunque impedisse agli individui, alle famiglie, ed ai corpi intermediari di compiere la loro propria funzione, il governo dovrebbe intervenire, non per compierla a loro posto, ma piuttosto per togliere quell’ostacolo che solo il governo può togliere. C’è il caso di ostacolo puramente finanziario. L’assenza di mezzi di pagamento di fronte a mezzi fisici potenti costituisce un vizio di finanza. Se il governo, anziché correggere questo vizio del sistema finanziario - correzione che solo esso può ben svolgere, tassa i cittadini per sostituirsi alle famiglie o ai corpi intermediari, commette parecchi errori. Trascura il suo proprio ruolo. Lascia perpetuarsi e fortificarsi il monopolio finanziario e deruba quelli che tassa. Si immischia in quello che non è di sua competenza. Il governo si fa così ladro e invasore al contempo. Da’ come scusa l’impotenza finanziaria di gruppi inferiori, quando dovrebbe sopprimere la sorgente di tale impotenza, originata da un sistema finanziario disordinato. E’ così che il bilancio preventivo della provincia di Quebec è stato triplicato, o quasi, in tre anni di amministrazione liberale (negli anni 1960). E parallelamente è triplicato o quasi il debito pubblico. Il tutto, fornito da tasse o prestiti, che non sono altro che tasse a venire. Tutti i governi fanno lo stesso. I contribuenti si fanno spolpare sempre di più. Non è solamente il loro potere d’acquisto che ne soffre. La loro libertà personale si fa rodere dalle usurpazioni crescenti dello Stato e dei suoi burocrati. Nelle conferenze tra i governi, federali e provinciali, il problema è sempre soprattutto questione della ripartizione delle sorgenti della fiscalità, e cioè il decidere quale sia la parte del governo federale e quale quella delle provincie del denaro da estorcere ai contribuenti: diritti federali da tassare e diritti provinciali da tassare. I diritti dei cittadini non entrano in considerazione. Per loro c’è solo che esistono i governi: ma per proteggerli, non per svaligiarli. Quando mai c’è stata una riunione tra “tassatori” e tassati per proteggere i diritti dei secondi limitando i poteri dei primi? Il furto legalizzato che noi denunciamo comprende dunque, almeno: quello che il governo toglie dal potere d’acquisto degli individui, quando la produzione attende compratori; quello che il governo sottrae al popolo per pagare tributi al sistema, che indebita la popolazione nella misura in cui essa sviluppa il paese; quello che il governo prende in tasse per occuparsi di funzioni che dovrebbe lasciare alle persone, alle famiglie e a corpi intermediari;

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tutto quanto preleva sui frutti dell’attuale produzione, mentre la potenziale produzione dimora nel nulla a causa di un sistema finanziario viziato che il governo rifiuta di correggere; tutto quanto tale sistema di tassazione comporta in onerose spese che sarebbero inutili in un sistema finanziario sano, conforme alla realtà delle moderne capacità di produzione sia nel settore pubblico che, contemporaneamente, in quello privato. Il meccanismo attuale delle tasse e delle imposte che così tanto occupa i governi è dunque davvero un meccanismo di furto legalizzato. Il ladro è soprattutto il monopolio del denaro e del credito. Gli agenti del ladro sono i governi. Le vittime sono i contribuenti cioè direttamente o indirettamente, tutta la popolazione. Per completare quanto sopra detto basta aggiungere l’ANTROPOCRAZIA. Collana: I NOSTRI SOLDI, LE NOSTRE FATICHE

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Federal Reserve:

la grande truffa

volume 2 di 3

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release 0.6

Girovagando su Internet e visitando i cosiddetti “Siti Alternativi di Informazione”, si scoprono cose incredibili ! Provate quindi ad inserire, in un qualunque motore di ricerca (www.yahoo.com, www.google.com, www.lycos.it, ecc…) le parole: “SIGNORAGGIO”, “BCE”, “BANCONOTE” e scoprite su cosa camperebbero i Signori Banchieri… Il diritto di “signoraggio” è il potere del “signore” di emettere biglietti con un valore nominale ampiamente superiore al valore intrinseco e quindi di ricavare un guadagno dalla sovranità sulla moneta. Perché debba farlo una Banca PRIVATA è un mistero…

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I meccanismi del debito e le possibili vie d’uscita (prof. Riccardo Moro - Economista) Coordinatore responsabile del progetto tecnico di conversione del debito nella presidenza del Comitato Ecclesiale Italiano per la riduzione del debito estero dei Paesi più poveri Quando si deve parlare di un problema normalmente si inizia con le definizioni ma, in qualche modo, le saltiamo, per entrare nel problema attraverso una storia, perché, forse, attraverso il racconto le cose si capiscono meglio e poi, alla fine, possiamo riprendere tutto, raccogliendo effettivamente le definizioni del problema e provando a vedere quali sono gli elementi che giocano oggi sul tavolo internazionale. Le saltiamo tutte tranne una, vale a dire la definizione principale di questo problema; noi ci occupiamo del debito estero dei Paesi poveri, è vero, ma non è vero allo stesso tempo: noi, di fatto, ci occupiamo della povertà. La grande questione che abbiamo davanti oggi, in questo momento, è la grande, eccessiva, provocante, inaccettabile povertà che tocca troppe persone al giorno d’oggi nel pianeta, soprattutto se confrontata alle condizioni di vita, al confronto prodigiosamente agiate di cui in qualche modo godiamo noi. Tenendo conto che il nostro obiettivo fondamentale è la lotta alla povertà, piuttosto che non quella al debito, proviamo a ragionare su che cos’è questo debito. Qualcuno mi chiede: “Debito cosa significa? Si dice ‘debito estero’, ‘debito pubblico’? Chi è il debitore? Verso chi? ecc…”. Allora, anziché fare una dotta spiegazione dei vari tipi di debito che esistono, dei vari tipi di credito che il governo italiano ha, che le banche italiane possono avere, io credo che se spieghiamo un po’ la storia di quello che è capitato, mettiamo dentro, forse un po’ più facilmente, gli attori di questa vicenda e alla fine della storia abbiamo le idee chiare, senza bisogno di fare un’analisi troppo arida e che non è tanto piacevole da ascoltare. La storia del debito comincia nel 1973; in realtà comincia anche un paio d’anni prima, però qui partiamo da questa data. Cosa capita in quell’anno? Per chi era abbastanza grande per ricordarlo, nel 1973 successe una cosa simpatica, almeno per chi aveva 13-15 anni a quell’epoca, ovverosia che la domenica si andava in giro, in mezzo alle città, in bicicletta, o con i pattini a rotelle. I prezzi del petrolio erano prodigiosamente impazziti; aumentarono repentinamente di quattro volte. Perché? Questa è una bella domanda che richiederebbe l’intera serata, ma fondamentalmente aumentarono perché i produttori di petrolio erano pochi, erano riuniti in un cartello, che esiste tutt’ora e che si chiama OPEC, in cui fondamentalmente v’erano i Paesi arabi, ma non solo: v’era anche il Venezuela, ad esempio. I Paesi arabi decisero per varie ragioni di far salire alle stelle il prezzo del petrolio. Noi si andava in bicicletta proprio perché tutti i Paesi del mondo erano (e sono) consumatori di petrolio, ma era così costoso e comportava gravi conseguenze sull’economia di tutti i Paesi, che questi cercavano di consumarne di meno. Nonostante, però, le riduzioni e i risparmi, i Paesi produttori, gli Arabi in modo particolare, incassarono una quantità enorme di valuta rispetto a quella che incassavano prima. Fu il cosiddetto fenomeno dei petroldollari, perché il petrolio era valutato in dollari e la moneta internazionale era il dollaro. I Paesi arabi si trovarono così a incassare una quantità spropositata di denaro, la spesero per migliorare l’aspetto delle loro capitali, per fare di tutto e di più, ma era stato così repentino e così grande l’aumento che si trovarono comunque una liquidità tra le mani che non erano in grado di spendere. Quando uno avanza dei soldi, quando uno risparmia dei soldi, non riesce o non vuole consumarli, cosa fa? Li porta in banca. I Paesi arabi fecero esattamente questo: offrirono questo denaro alle grandi banche internazionali. Queste ultime fecero il mestiere di una banca; ovverosia presero il denaro da chi avanzava soldi, lo raccolsero promettendo in pagamento un interesse applicando un tasso e lo offrirono a chi aveva bisogno di denaro, per effettuare investimenti, per spenderlo in qualche modo (progetti e quant’altro). Questo denaro venne offerto agli imprenditori del Nord e anche al Sud del mondo, anzi venne offerto in modo particolare al Sud del mondo, perché nel Sud del mondo v’era un fortissimo fabbisogno di infrastrutture. Da noi v’erano ospedali, porti, linee elettriche e quant’altro uno desideri avere; nel Sud del mondo queste infrastrutture erano molto più scarse. Questa grande quantità di denaro poteva essere messa proprio a disposizione di grandi progetti di investimento che realizzassero le infrastrutture mancanti nel Sud del mondo. Qui lo sviluppo economico era tale per cui non v’era un pullulare di imprese e gli interlocutori economici principali erano i governi.

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Non solo: l’interlocutore che più correttamente avrebbe dovuto realizzare quelle infrastrutture era il governo di ogni nazione. Per cui i banchieri di tutto il mondo, con tutti questi petroldollari tra le mani, andarono dai governi del Sud a dire: prendete questo denaro a prestito, perché con tutto questo denaro potete finalmente finanziare i vostri progetti infrastrutturali e così i governi del Sud presero questo denaro a prestito. Perché lo presero? Perché era molto conveniente indebitarsi in quel periodo. Che cosa significa? Significa che i tassi di interesse erano molto bassi. Perché? Proprio per questo fenomeno dei petroldollari. Mi spiego: se noi vendiamo arance al mercato e abbiamo poche arance e vi sono tanti compratori, tendenzialmente facciamo pagare abbastanza care le arance; se, invece, di arance ne abbiamo tante ed è anche la fine della giornata e rischiamo di tornare a casa con le nostre arance, abbassiamo i prezzi, applichiamo un’offerta speciale e promuoviamo due cassette al prezzo di una, pur di vendere le arance, che, altrimenti, il giorno dopo marcirebbero. Con il denaro è un po’ la stessa cosa. Il prezzo del denaro è il tasso di interesse, perché quando io vado in banca a chiedere del denaro, perché voglio, ad esempio, cambiare l’automobile, o acquistare la casa, o fare qualsiasi altra cosa, desidero, comunque disporre del denaro che la banca ha e io no, compro quel denaro pagandolo con un tasso di interesse, ovverosia la banca me lo dà se io le pago gli interessi. Gli interessi sono il prezzo della moneta. Quando in un sistema economico v’è molta disponibilità di denaro, normalmente i prezzi di questo denaro, ovverosia i tassi d’interesse, scendono; quando v’è scarsità di liquidità i tassi d’interesse tendono a salire e questo è anche abbastanza naturale, perché il mestiere della banca è quello di guadagnare sui prestiti che concede. Per cui le banche, trovandosi tutto questo denaro tra le mani, che gli veniva dato dai Paesi arabi produttori di petrolio, offrirono anche a tassi d’interesse molto bassi il denaro pur di collocarlo comunque, pur di non tenerlo infruttuoso, o infruttifero nelle proprie tasche. Allora, questa immissione repentina di denaro sul mercato determinata dall’aumento del petrolio, fece crollare i tassi di interesse. Il crollo dei tassi di interesse rendeva evidentemente poco costoso l’indebitamento, per cui tutti si fecero tentare e presero a prestito grandi quantità di denaro. Non solo, un’altra cosa abbastanza simpatica dal punto di vista numerico, in quel periodo, fu che ci si trovò in situazioni in cui i tassi di interesse reali erano negativi. Cosa vuol dire tasso di interesse reale negativo? Vuol dire che l’inflazione[1] è più alta dei tassi d’interesse; questo accadde in quel periodo. L’inflazione, in quegli anni, era determinata in modo particolare dal petrolio; il petrolio era diventato più costoso, tutte le nostre industrie, ad esempio, avevano bisogno di petrolio, perché o dovevano far muovere i furgoni con la benzina, che deriva dal petrolio, e costa, o per far muovere le macchine - torni, frese, e quant’altro negli stabilimenti - avevano bisogno di energia elettrica (l’energia elettrica, in Italia, è fondamentalmente erogata attraverso centrali termoelettriche, ovverosia centrali che producono energia elettrica consumando, bruciando, attraverso caldaie, petrolio). Per cui il petrolio incide sui costi di tutte le imprese, in modo particolare sui costi energetici. Quando un’impresa ha i suoi costi che sono aumentati, se non vuole andare in perdita, aumenta i prezzi. Questo meccanismo ha toccato un po’ tutti i settori. Tutti i prezzi si sono alzati, ma alzandosi i prezzi, io che nella mia azienda devo pagare la bolletta energetica (ENEL, benzina, ecc…), ma devo anche comperare dei componenti, dei manufatti, dei pezzi da montare insieme, da assemblare per fare il prodotto finale ho un aumento di costi dato anche da queste azioni, perché, ad esempio, io, imprenditore di prodotti finiti, mi rivolgo ad altri imprenditori–produttori di componenti per il prodotto finito, i quali a loro volta si rivolgono ad altri imprenditori di materiali. Allora, io mi trovo ad avere più costi per il petrolio, più costi per l’aumento dei diversi componenti nei diversi passaggi; non posso che aumentare, e ancora di più, i miei prezzi del prodotto finale. È nata, allora, quella che si chiama “spirale inflativa”: i prezzi aumentavano, in ragione dell’aumento si determinava un aumento successivo, un aumento successivo ancora, ecc… Immaginate di essere in un’inflazione al 20% e immaginate che i tassi d’interesse siano del 10%. In questa situazione bisogna subito correre in banca a indebitarsi da morire, perché chi non si indebitasse sarebbe un po’ addormentato… Se una persona va in banca il 2 gennaio e prende in prestito 100.000 lire, poi va al mercato e compra, per esempio, un microfono da 100.000 lire, va a casa e lasciandolo imballato lo pone sotto il letto, il 31 dicembre prende il suo microfono va al mercato e lo vende. Al 2 gennaio aveva detto al direttore di banca: “Tu prestami 100.000 lire e io pago il 10% di interessi fra un anno”, però io so che l’inflazione è

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intorno al 20%. Dopo un anno vendo il microfono; il prezzo, se l’inflazione è del 20, è aumentato del 20%, vale a dire che adesso costerà 120.000 lire; incasso questa somma, vado dal direttore di banca, il quale pensava che io avrei fatto fatica a restituire i soldi; gli tiro i soldi sulla sua scrivania, facendogli vedere che io, invece, sono capace di restituire i soldi. Dò il 10%, ovverosia pago 10.000 lire per gli interessi, lo saluto e vado via, perché i miei rapporti con lui sono terminati, perché il 10% sono gli interessi e mi sono rimaste “magicamente” in tasca altre 10.000 lire, perché le ho incassate vendendo il microfono a 120.000 lire, grazie all’inflazione. Quest’ultima passa, quindi, sopra la testa dei singoli consumatori. Quando l’inflazione è alta e i tassi d’interesse sono bassi è molto conveniente indebitarsi. Questa condizione fu quella che esattamente si determinò nei primissimi anni dopo il ’73, tra il ’73 e il ’75. Per cui tutti fecero la gara a indebitarsi, ma anche abbastanza giustamente, perché il petrolio aveva fatto salire i prezzi e la grande quantità di petroldollari (dollari derivati dal ricavo del petrolio) aveva fatto abbassare e crollare i tassi d’interesse. Tutti si indebitano e per un certo periodo vivono piuttosto felici e contenti, quasi come nelle favole, e le cose vanno avanti per circa cinque o sei anni. La seconda data che ci interessa per la storia del debito è il biennio 1978–1979, perché nel ’79 si determinò la seconda crisi dei prezzi del petrolio. Prima i prezzi del petrolio erano aumentati di quattro volte in un anno; nel 1979 i prezzi del petrolio aumentano di cinque volte in un anno. Questo significa che in totale i prezzi sono aumentati non di nove, bensì di venti volte, perché se prima costava 100, sono passati a 400, poi v’è un ulteriore aumento di 5 volte sui 400 (5 x 4 = 20) e si arriva a 2.000. Per cui nello spazio di 6 anni il petrolio aumenta di 20 volte il suo prezzo. Che cosa capita? In teoria potrebbe capitare quello che è capitato nel ’73, ovverosia grande inflazione, crollo ulteriore dei tassi di interesse, condizioni di indebitamento particolarmente vantaggiose; tutti vanno di nuovo in banca e nelle grandi banche internazionali a farsi prestare del denaro per effettuare nuovi progetti di investimento. Invece le cose non vanno così e sono un po’ diverse, perché vi sono due personaggi con tratto molto virile e volitivo che arrivano alla responsabilità di governo della Gran Bretagna (anche se alcuni dicono dell’ Inghilterra, perché, dicono, non v’era la prospettiva dell’attenzione anche ai bisogni sociali in Scozia, in Galles, ecc… — ma non importa —) e degli Stati Uniti, che sono: Margaret Thatcher e Ronald Reagan. Questi due individui, virili, avevano l’opinione che l’approccio più efficace per combattere l’inflazione fosse quello monetarista. Loro, e anche chi non condivideva le loro opinioni, ritenevano che l’inflazione fosse diventata veramente troppo alta e che l’inflazione fosse un male piuttosto perverso e pernicioso dell’economia; ed è abbastanza vero. L’inflazione, nell’esempio che abbiamo citato prima, può determinare dei guadagni che prescindono dai meriti degli operatori: io ho guadagnato 10.000 lire, nell’esempio di prima, non perché ho aggiunto un valore al microfono, ma solo perché le condizioni di mercato si sono trasformate, mentre sarebbe corretto che io venissi premiato in ragione del valore che so e che posso aggiungere (valore della mia fantasia, perché ho eseguito un decoro, di un servizio che ho aggiunto, perché l’ho consegnato al domicilio del consumatore, oppure perché l’ho migliorato, ecc…); in realtà, lì, io non ho aggiunto alcunché. L’inflazione è una media. Quando si dice che v’è un’inflazione del 2%, questo valore è una media di diversi settori. Questo significa che vi sono alcuni settori in cui l’inflazione è cresciuta solo dell’1,5%, altri in cui è cresciuta del 2,5%, ecc… Se noi abbiamo alcuni settori in cui l’inflazione è cresciuta dell’1,5% e altri in cui è cresciuta del 2,5%, vuol dire che a fine anno vi sarà qualcuno (quelli del 2,5%) che hanno avuto un’opportunità di aumentare i loro ricavi dell’1% in più rispetto a quelli del settore dell’1,5%, perché i primi prezzi potevano aumentare del 2,5%, mentre i secondi solo dell’1,5%. Se abbiamo che uno di noi guadagna l’1% in più dell’altro, non in ragione della sua capacità, bensì in ragione dell’inflazione che sta sopra le teste, chi se ne importa: è solo l’1%. Se invece l’inflazione è del 20%, e noi in quegli anni l’abbiamo avuta anche superiore, questo vuol dire che vi sono settori al 15% e altri al 25% e la differenza tra un settore e l’altro può essere anche del 10%, che comincia a essere abbastanza consistente. Allora, avendo anche alcune attenzioni di giustizia sociale, di equità, effettivamente un’inflazione molto elevata, a due cifre, soprattutto superiore al 20%, è piuttosto imbarazzante all’interno della propria comunità, perché può determinare degli scompensi di notevole rilevanza tra i singoli operatori. Giustamente occorre combatterla. Reagan e la Thatcher ritenevano che le ricette monetariste fossero le più efficaci. Cosa dicono queste ricette? Si

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ispirano a quella corrente del pensiero economico che è il monetarismo, il cui esponente più noto è tale Milton Friedman[2], e affermano sostanzialmente che in un’economia l’inflazione dipende strettamente dalla quantità di moneta circolante. Detto così magari non si capisce tanto. Io, di solito, uso fare questo esempio, perché mi sembra che possa essere abbastanza chiaro: a me la mattina piace acquistare diversi quotidiani (quando passo davanti all’edicola ne compro dai 3 ai 5), però sono anche piuttosto sbadato e spesso dimentico i soldi, che porto nei pantaloni e non nel portamonete, nei pantaloni del giorno prima, per cui se non cambio i pantaloni compro i giornali, se li cambio sono senza soldi. Comunque, mi capita di uscire con alcuni soldi in tasca, con sole 10.000 lire, ovvero senza soldi e a seconda di quanti soldi ho in tasca, compro 3 o 4 quotidiani, ne compro 1 solo, o non ne compro alcuno e la mia decisione d’acquisto non dipende dal mio stipendio, dal mio reddito, da quanto io guadagno, bensì solo da quanti soldi ho in tasca in quel momento. Secondo i monetaristi, questo meccanismo vale per l’intera economia aggregata, cioè a dire: tanto più denaro è presente in un’economia, che vuole dire in una nazione, tanto più saranno finanziati acquisti, tanto più gli operatori eserciteranno una domanda d’acquisto, di qualsiasi bene, dai giornali ai microfoni, ecc… I monetaristi dicono, allora, che tanto più forte è la domanda, tanto più la domanda si scaricherà sui prezzi, alzandoli. Voglio dire che se io produttore vedo che v’è tanta gente che vuole comperare, come nell’esempio delle arance, tendo ad alzare i prezzi; analogamente se vedo che la gente non compra più tendo ad abbassare i prezzi per favorire gli acquisti. I monetaristi dicono che se noi consentiamo che in un’economia vi sia in circolazione molta moneta, noi consentiamo che la domanda di acquisti sia elevata e questo può determinare un aumento dei prezzi. Viceversa se noi abbiamo già un’inflazione alta, ovverosia i prezzi alti a causa del petrolio, e abbiamo come obiettivo quello di abbassare l’inflazione e, se riusciamo, anche di abbassare in termini assoluti i prezzi, dovremo fare il contrario: restringere la quantità di moneta (per tornare all’esempio di partenza, togliere i soldi dalle tasche del sottoscritto in modo tale che compri meno quotidiani). Ovverosia: togliere denaro dal mercato in modo che la domanda di beni si abbassi. In ragione di questa riduzione della domanda i produttori probabilmente tenderanno ad abbassare i prezzi, per favorire un recupero della domanda e poter vendere, collocare la loro offerta, la loro produzione e avremo, di conseguenza, una riduzione di prezzi che compenserà l’aumento dei prezzi del petrolio e avremo un’inflazione gestibile e che diminuisce. Questo modello dei monetaristi dovrebbe ottenere la riduzione della domanda. In effetti loro proprio questo desideravano; si parlava, a quel tempo, con estrema chiarezza, anche nelle parole, di “raffreddamento della domanda”: noi dobbiamo invogliare la gente ad acquistare di meno, perché raffreddando la domanda indurremo i produttori ad abbassare i prezzi, che però poi significa anche a produrre di meno, perché se vi sono meno acquisti abbasso sì i prezzi, ma a un certo punto produco anche di meno, il che significa che mando a casa anche qualche operaio, perché non posso tenermelo lì a pagarlo per fare niente. Questo obiettivo venne perseguito con chiarezza e puntuale precisione dai due governi di USA e UK e successivamente, di fatto, fu anche imitato da tutti gli altri governi europei (penso che sia esperienza di tutti noi la recessione degli anni ’80, che è durata per tutti gli anni ’90. Con questa “intelligente” politica, composta con l’innovazione tecnologica che v’è stata, che richiede meno persone per fare le stesse cose che si facevano gli anni prima, grazie ai computer e quant’altro, noi abbiamo avuto tutti i problemi di ristrutturazione, di ricollocazione delle persone, di prepensionamenti, in Italia e in tutta l’Europa, ma anche negli Stati Uniti e un po’ in tutto il mondo. Per cui la politica monetarista ha avuto come “costo sociale” la disoccupazione, che noi tutt’ora scontiamo… Questo tipo di politica doveva ridurre l’inflazione. Due tesi si scontravano a questo proposito e si scontrano tutt’ora nel dibattito politico, anche se i nostri (tele)giornali ci parlano dei “respiri” dell’una e dell’altra: vi sono coloro i quali dicono che dobbiamo prestare attenzione a evitare surriscaldamenti inflazionistici e dobbiamo avere politiche di strettezze creditizie, controlli stretti della moneta e di controllo della domanda, mentre altri, invece, dicono di no e che il prezzo di questa politica sarà sì il controllo dell’inflazione, ma, di fatto, il prezzo del controllo dell’inflazione è la disoccupazione, la recessione, ecc… ed è meglio adottare altra politica. Le due correnti di pensiero sono, se pur semplificando in modo abbastanza violento, quella dei monetaristi da una parte (che possiamo anche chiamare neo-liberisti, neo-conservatori, ecc…) e quella dei neo o post-keynesiani[3].

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I monetaristi dicevano, allora, che la politica keynesiana che si è adottata dagli anni ’50 fino agli anni ’70 è andata bene per un po’, ma in quel periodo si scontrava con l’inflazione del petrolio e, se si fosse aumentata la domanda, si sarebbe prodotta solo nuova inflazione, e dicevano che si doveva cambiare registro. Il registro fu cambiato, per diverse ragioni, anche politiche; Reagan da una parte e la Thatcher dall’altra dissero: noi dobbiamo avviare uno stretto controllo della moneta, per evitare ripercussioni sull’inflazione, anzi per “addolcire” l’inflazione. Come si fa a controllare la moneta? Vi sono tanti strumenti, ma alla fine si sintetizzano in un risultato, che è sia strumento sia risultato di queste operazioni, che è l’aumento dei tassi d’interesse. Se io per varie vie alzo i tassi d’interesse - perché la Banca centrale alza il tasso di sconto, ovvero perché io, governo, offro sul mercato i Buoni Ordinari del Tesoro (BOT) e i Certificati di Credito del Tesoro (CCT) - prometto un tasso d’interesse molto alto: se il BOT o il CCT ha il 10% del tasso d’interesse e io, governo, decido che questa settimana li vendo al 20% del tasso d’interesse, cosa succederà? Tutti gli altri che offrono titoli a un tasso d’interesse, alzeranno anche loro il tasso d’interesse promesso, perché altrimenti tutti comprano BOT e CCT e nessuno compera gli altri. Per cui gli altri, pur di collocare la loro offerta, visto che anche loro hanno bisogno e lavorano di questo, evidentemente promettono interessi più alti -; quindi, una decisione del governo determina un innalzamento di tutta la struttura dei tassi d’interesse di mercato. I governi inglese e americano decisero di alzare i tassi d’interesse e questi balzarono da un giorno all’altro, veramente, verso l’alto. Perché questo serve a raffreddare la domanda e a ridurre la quantità di moneta? Se i tassi d’interesse diventano improvvisamente più alti, io che ho denaro, prima probabilmente lo usavo per comperare, per esercitare “domanda”; se adesso sono così alti, almeno una parte di quel denaro lì, io la investo finanziariamente visto che si guadagna così bene. Io che, invece, non ho denaro e desidero farmelo prestare per spenderlo in progetti di investimento, in consumi, ecc… me ne farò prestare di meno visto che è diventato così costoso. Per una via e per l’altra, con una tale decisione, il governo riduce la quantità di denaro disponibile per finanziare acquisti, per finanziare la domanda, che si riduce. La leva è alzare violentemente il tasso d’interesse, per ridurre la quantità di moneta, per combattere l’inflazione. Questo venne fatto e voi capite che se questo è fatto in Inghilterra e negli Stati Uniti, poi Italia, Francia, Germania e Spagna lo fanno a loro volta; perché? Pensate all’Italia di quel periodo, che aveva dei deficit di bilancio abbastanza elevati; per finanziarli poteva alzare le tasse (ma questo strumento è sempre piuttosto fastidioso), ovvero poteva chiedere soldi a prestito ai cittadini italiani, con i BOT e i CCT. Se, però, il titolo del tesoro americano promette il 15% e quello italiano promette il 10%, la gente va ad acquistare quello americano e non quello italiano, visto che là si guadagna di più; allora il governo italiano deve alzare il tasso d’interesse del suo BOT allo stesso livello di quello americano e, probabilmente, ancora di più, perché se io, che vivo nel periodo ’79-’80, guadagno la stessa cifra negli Stati Uniti d’America e in Italia, probabilmente compero il titolo statunitense, perché in America v’è una bella stabilità di governo, l’economia più ricca del mondo e non v’è un presidente del partito di maggioranza, il quale viene rapito e poi ammazzato dai terroristi, un governo che dura sei mesi e poi è sostituito… L’instabilità politica in Italia, il fenomeno Badermeinnhoff in Germania, ecc… in quel periodo determinavano un’incertezza per cui i governi che non erano gli Stati Uniti e che non erano l’Inghilterra, hanno dovuto imitare o addirittura superare i tassi di interesse di questi Paesi, per poter collocare i loro titoli, che servivano per finanziare la spesa pubblica, in ragione di queste decisioni anglo-americane. Per cui la decisione di due Paesi è stata trasmessa immediatamente a tutti gli altri. Tutti i tassi d’interesse volarono verso l’alto. Perché ci interessa tutto questo? I Paesi del Sud dei quali noi ci occupiamo si erano indebitati moltissimo dal ’73 in avanti, pagando tassi d’interesse intorno al 5%. Con l’affermarsi delle politiche monetariste, i tassi d’interesse volano oltre al 20%. Per i Paesi del Sud il tasso medio era intorno al 25%, ma molto spesso ha toccato anche il 30%. Voi immaginate che cosa vuol dire aver fatto dei programmi per finanziare un pagamento a degli interessi al 5% su un debito che io ho assunto e che cosa significhi dovermi trovare a pagare il 30%; v’è una certa differenza.Di più: v’è un fenomeno importantissimo di quel periodo del ’79 ed è la scelta degli Stati Uniti di far apprezzare il dollaro. L’apprezzamento di una moneta è il contrario di una svalutazione, ovverosia è l’aumento di quella moneta rispetto alle altre valute. Gli Stati Uniti erano e sono tutt’ora un Paese fortemente importatore: importano molto più di quanto esportano. Il ragionamento dei governanti americani, allora, era questo: noi abbiamo

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già l’inflazione che ci dà parecchio fastidio, importiamo moltissimo, il costo delle importazioni è cresciuto in ragione dell’aumento del prezzo del petrolio perché questo fa parte delle nostre importazioni; tutto questo ci dà fastidio, per cui combattiamo l’inflazione coi tassi d’interesse, ma vediamo se riusciamo a far crescere il valore del dollaro, perché se il nostro dollaro cresce noi paghiamo meno le importazioni. Mi spiego: un’auto italiana costa, per ipotesi, 200 milioni, oggi il dollaro vale più o meno 2.000 lire, per comperare questa automobile occorrono 100.000 dollari. Se io, Stati Uniti, riesco a far aumentare il valore del dollaro, forse riesco a comprare l’auto con meno dollari. Se i miei dollari li faccio passare a valere non più 2.000 lire, ma 4.000 lire, io cambio i dollari in lire, perché l’auto italiana la pago sempre in lire, i 100.000 dollari che prima mi procuravano 200 milioni di lire ora mi fanno procurare 400 milioni di lire, per cui con gli stessi 100.000 dollari mi compro 2 automobili, ovvero ne compro 1 con 50.000 dollari. Voi capite che per gli Stati Uniti, avendo un forte fabbisogno di importazioni, avere un dollaro forte era importante, perché si potevano comperare, a parità di dollari, più beni, ovvero si compravano le stesse quantità, pagando meno dollari. Mai, purtroppo, venne raggiunto un obiettivo di politica economica con così tanta efficacia; perché? In realtà è sfuggita ai governanti americani questa situazione, nel senso che loro volevano sì l’apprezzamento, ma non così virulento. Il dollaro passa, con le lire italiane, da circa 600 lire fino a toccare le 2.200 lire, ovverosia quadruplica il suo valore nel giro di un anno; nello stesso periodo, cioè all’interno del periodo che va da fine ’78 a inizi ’80, raddoppia il suo valore rispetto alla sterlina, al marco, al franco svizzero e alle valute più forti e lo decuplica e più ancora rispetto alle valute del Sud. Con l’Italia, che non aveva una valuta fortissima, il rapporto è stato di 1:4, con valute più deboli di quella italiana è stato peggio ancora. Ora, voi immaginate che cosa questo può essere costato ai Paesi del Sud. Perché? Perché la valuta internazionale era il dollaro. I beni che venivano venduti sul mercato internazionale facevano riferimento ai prezzi che avevano sul proprio mercato nazionale, ma il mercato dei soldi, ovverosia il mercato finanziario (prestiti, debiti, crediti…) non è che avesse un mercato nazionale di riferimento, era un mercato misurato sostanzialmente in dollari. Questo significa che questi Paesi s’erano indebitati in dollari, promettendo di pagare un certo tasso d’interesse, ma si sono trovati dal 5% a dover pagare il 30%, inoltre si sono trovati ad avere lo stesso debito misurato in dollari (non era cambiato il loro debito): un debito che, misurato in valuta locale, era diventato enorme. Qui spiego sempre con l’esempio della coppia che mette su casa. Se una delle nostre coppie prodigiose ha questa intenzione, immaginiamo che voglia spendere 300 milioni. La zia di uno dei due regala loro 100 milioni, per dar loro una mano e questi si recano in banca a chiedere un prestito di 200 milioni. Guadagnano 2 milioni al mese a testa, che vuol dire 48 milioni in due all’anno, il che può dare una certa tranquillità. Dicono: prendiamo 200 milioni in prestito dalla banca, paghiamo il 5% di tasso d’interesse, che vuol dire 10 milioni ogni anno, il mio reddito serve a vivere, ecc…, mentre il tuo serve a pagare gli interessi e per cominciare a restituire il capitale; facciamo l’operazione della nostra vita, ringraziamo la zia, e ci siamo fatti la casa. Le cose magari vanno bene il primo anno e poi immaginate che capiti quello che è capitato nel ’79, ovverosia che i tassi d’interesse improvvisamente schizzino al 30%, la qual cosa non è tanta piacevole, perché il 30% di 200 milioni è 60 milioni. Questo vuol dire che lo stipendio di chi dei due doveva pagare gli interessi e restituire il debito non è più sufficiente, ma non bastano neanche i due stipendi messi insieme (48 milioni); è un gran pasticcio! È anche piuttosto perverso se uno pensa che in realtà, in poco più di tre anni, con interessi di questo tipo, loro pagano alla banca la stessa cifra che avevano contratto all’inizio come capitale di debito, perché in un arco di tempo di tre anni, a colpi di 60 milioni all’anno, restituisco 180 milioni. Noi, per “servire il debito”, come si dice, abbiamo pagato i 180 milioni, ma abbiamo sempre questo debito di 200 milioni da pagare ancora. Il servizio del debito sarebbero gli interessi più la rata di restituzione periodica del capitale. Si dice “servire il debito” perché io per poter mantenere in mano mia il capitale che ho ricevuto, devo fare il servizio di pagare gli interessi e restituire una piccola quota ogni anno. Voi immaginate se questa coppia avesse avuto la luminosa idea di prendere dollari anziché lire (tante nostre famiglie hanno contratto un prestito in valuta diversa dalla lira quando, prima del ’92, le nostre banche proponevano di fare i prestiti misurati in ECU, l’attuale euro, che creò qualche imbarazzo. Perché? Immaginate che

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capiti oggi quello che capitò 20 anni or sono, quando in un anno il dollaro quadruplicò il suo valore rispetto alla lira…). Immaginate, quindi, che la coppia sia andata in banca e abbia contratto un prestito di 200 milioni di lire, ma con valuta in dollari, per cui sono stati dati loro 100.000 dollari. Firmano e prendono i 100.000 dollari, li cambiano in lire, prendono 200 milioni, con i quali aggiunti a quelli della zia acquistano la casa e va tutto bene. Arriva, poi, il 30% sui 100.000 dollari, la qual cosa è già sgradevole, per cui la banca che prima chiedeva interessi per 5.000 dollari annui, ora chiede il 30%, ovverosia 30.000 dollari e poiché ogni dollaro equivale a 2.000 lire, le dovevano essere corrisposti 60 milioni di lire, ovverosia 30 mila dollari. L’anno dopo immaginate che capiti questa cosa “prodigiosa” per cui il dollaro acquista 4 volte il valore che aveva prima e passa da 2.000 a 8.000 lire. Questo è piuttosto imbarazzante, perché non vi sono più soldi per pagare alcunché. Proviamo a effettuare i conti: il debito che noi abbiamo è sempre di 100 mila dollari, però ognuno dei dollari che compongono questo capitale va moltiplicato, ora, per 8.000 lire, quindi il prestito, ora, corrisponde, misurato in lire, a 800 milioni. Quindi, questi hanno comprato una casa da 300 milioni e si ritrovano con un debito di quasi 1 miliardo. Di più, la cosa più “simpatica” di tutte è che gli interessi, che corrispondono, al 30%, sono sempre 30.000 dollari, perché sono il 30% di 100.000 dollari e la banca non vuole un dollaro di più. Il problema è che le lire necessarie per pagare quei 30.000 dollari adesso sono 8.000 per ognuno di quei 30.000, ovverosia 240 milioni. Solo per pagare gli interessi, questa coppia deve pagare una cifra più alta di tutto il capitale; deve vendere la casa per pagare gli interessi di un anno, ma l’anno dopo hanno ancora 240 milioni da pagare. Questo sembra un racconto di fantascienza, di fanta-politica, o di fanta-economia, ma è esattamente quello che è successo tra il 1978 e il 1980 e dall’80 in avanti ha continuato a succedere, perché i prezzi erano esposti in dollari. Non solo: quando succedono questi avvenimenti nascono fenomeni di sfiducia delle valute nazionali che si svalutano, per cui la svalutazione continua e diventa ancora più veloce e più vigorosa; nascono fenomeni di iperinflazione all’interno del Paese che subisce queste svalutazioni e queste creano ulteriori ingiustizie sociali, fenomeni di mancanza di equità sul piano economico con conseguenti grandi disastri. Per quanto ci interessa in relazione al debito, noi abbiamo che questi governi si indebitarono con le banche internazionali, ossia con soggetti privati, quando era conveniente indebitarsi, in teoria per effettuare progetti interessanti per il proprio Paese: infrastrutture e altro. Dopodiché si sono trovati con interessi aumentati violentemente, faticano, quindi, a trovare le risorse per pagare gli interessi e, in aggiunta, si trovano con l’esplosione del valore del debito in valuta locale, perché in termini di dollari (valuta forte) il loro debito non è mutato, ma loro ricavano le risorse per pagare il debito da quelle nazionali e queste non bastano più, perché, espresso in valuta nazionale, il debito è letteralmente esploso. Per un po’ i Paesi ce la fanno a pagare, svenandosi letteralmente, ma nell’estate del 1982 il Messico dichiara l’insolvenza. Il 1982 è la terza data importante nella storia del debito, perché segna lo scoppio della crisi del debito internazionale. I Paesi del Sud smettono di pagare, perché non ce la fanno più; non è umanamente possibile pagare. Io dico sempre, un po’ scherzando, che quella famiglia che si è indebitata e deve pagare 240 milioni di interesse non scappa nemmeno, perché uno scappa quando prende i soldi e poi ha da guadagnare. Non scappi perché è chiaro che nessuno di noi può pagare 240 milioni solo d’interessi solo per essersi comprato un alloggio. Allora questi Paesi si comportano nello stesso modo e dicono: noi non siamo più nelle condizioni di pagare. Cosa succede a questo punto? V’è una grande preoccupazione nella comunità internazionale, perché la grande comunità del Nord dice: se le grandi banche internazionali si trovano in questa situazione, per noi diventa sgradevole perché se a loro mancano gli afflussi di denaro che arrivano dai pagamenti periodici che i debitori devono versare, vuol dire che non avranno il denaro per pagare i pagamenti che noi chiediamo loro di fare da noi. Le grandi banche internazionali erano quelle in cui qualunque azienda del Nord, ma anche noi e le nostre famiglie, avevamo i nostri conti. Se noi diciamo alla nostra banca di pagare una bolletta e la nostra banca non esegue l’ordine, a noi dà fastidio, perché il servizio per cui paghiamo la bolletta dopo un po’ ci viene tolto e noi ci chiediamo il motivo, visto che al pagamento avrebbe dovuto pensarci la banca. Se continuasse a succedere su cifre più grandi e noi fossimo correntisti di una banca piccolina, cominceremmo a pensare che quella banca non ha i soldi, allora ritireremmo tutti quello che abbiamo da quella banca per andare a metterlo da un’altra parte, perché non avremmo più

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fiducia nella capacità di questa banca di sostenere i pagamenti che deve effettuare. Il timore era che si creasse un fenomeno analogo nel Nord del mondo. Ovverosia: le banche internazionali non avevano le rimesse che avrebbero dovuto arrivare dal Sud (gli incassi) e così si trovavano a non aver denaro per finanziare i pagamenti che noi al Nord chiedevamo di effettuare; un’impresa chiedeva alla banca di pagare le commesse a un’altra impresa, ecc…, ma se la banca non pagava, l’impresa intermedia non forniva più la prima, che non poteva più produrre fisicamente quello che produceva, non poteva venderlo, non aveva i soldi per pagare gli operai e succede un gran pasticcio. La crisi del ’29 fu di questo tipo, vale a dire una crisi di fiducia nel sistema bancario: la gente cominciò a temere che le banche non fossero più in grado di onorare i pagamenti e si formarono proprio delle file fuori dagli sportelli, lungo le strade, di persone e di famiglie che andavano a ritirare tutti i propri risparmi per paura di perderli, per paura che le banche non avessero più capacità di pagamento, di solvenza. Se v’era rischio che si determinasse la crisi, essa, con questo sistema, si determinò con certezza, perché le banche, a quel punto, effettivamente non ebbero più una lira, perché tutti ritirarono i capitali e scoppiò la grandissima e gravissima crisi del ’29, che determinò conseguenze in tutto il mondo, anche di natura politica piuttosto grave, come è capitato in Germania con l’ascesa al potere di Hitler. Il timore fu quello che capitasse qualcosa di simile anche con questa situazione di crisi per il debito internazionale. I governi del Nord, allora – così vediamo che entra in scena un attore importantissimo e fondamentale -, dissero: noi non possiamo permetterci una situazione rischiosa di questo tipo, interveniamo; tutti insieme andiamo dai debitori, convocandoli uno a uno, e si dice a ciascuno: tu sei un bambino un po’ discolo perché non hai pagato, questa situazione del dollaro che si è ipervalutato non centra niente, conta che tu non hai pagato e […] vogliamo darti una nuova opportunità. Questa è che noi ti diamo delle nuove scadenze, così ti diamo più tempo e ti diamo anche dei denari, perché tu non ce la fai. Ti diamo, così, dei nuovi prestiti, tu, però, devi dimostrare di avere buona volontà e devi mettere in pratica le politiche che noi ti suggeriamo, che si chiamano politiche di aggiustamento strutturale (che sono state la calamità del Sud del mondo negli ultimi 20 anni e a proposito delle quali vi sono persone che hanno gravissime responsabilità personali, etiche, morali), cosicché se tu le metti in pratica, allora noi ti diamo dei soldi, diciamo al Fondo Monetario Internazionale (FMI) e alla Banca Mondiale (BM)[4], che vi diano dei soldi. Con questi voi potete sanare la vostra situazione, potete risolvere la vostra situazione di liquidità. Cosa capitò? Capitò che questo afflusso di denaro da creditori pubblici (perché erano i governi e FMI e BM, che pubblici creditori sono) misero i Paesi del Sud nelle condizioni di sanare il loro conto con le banche. Il debito originariamente s’era creato verso creditori privati: i governi dei Paesi del Sud erano debitori verso soggetti privati (le grandi banche internazionali); con questo processo per affrontare e risolvere la crisi dell’82 - che non fu risolta – i denari dovuti alle banche private vennero pagati, perché arrivarono nuovi finanziamenti generati dai soggetti pubblici, per cui il debito dei governi del Sud, da debito verso soggetti privati è diventato debito verso soggetti pubblici, verso i governi del Nord, verso di noi (noi siamo azionisti del nostro governo, siamo cittadini di questo Paese). Oggi i Paesi a medio reddito, quelli che non hanno un debito così terribile, magari forte ma non impagabile, hanno debiti verso governi e verso FMI e BM e verso banche private; i Paesi che hanno un debito letteralmente impagabile, che hanno condizioni economiche e sociali più gravose al loro interno, hanno debiti esclusivamente verso i governi e le banche pubbliche. Esemplifichiamo con due Paesi con i quali acquisiremo un po’ di dimestichezza e che sono la Guinea e lo Zambia. Questi hanno rispettivamente il 97% e il 98% del loro debito estero verso soggetti pubblici, più o meno 50% verso FMI e BM e 50% verso governi del Nord. Per cui per i Paesi dove la situazione è più grave, oggi il debito è verso governi, o verso BM e FMI. Una piccola parentesi prima di concludere e dare spazio alle domande bisogna dedicarla alle politiche di aggiustamento strutturale, altrimenti non si capisce il motivo per cui ho usato un giudizio così severo. Prima, però, un’ulteriore parentesi: le colpe di questa esposizione. Dal racconto che ho fatto emerge in modo abbastanza trasparente che, almeno secondo la mia opinione, la responsabilità grave della situazione in cui oggi ci troviamo sta in decisioni che sono state prese al Nord e per via politica. Io non sono convinto che Reagan e la Thatcher desiderassero con ferma e fredda volontà la morte dei Paesi del Sud; io penso, più serenamente e semplicemente, che non vi pensassero nemmeno: non v’era la minima considerazione del fatto che questa decisione avrebbe potuto determinare

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conseguenze così gravi al Sud del mondo, però quando uno compie un’azione così importante e così grave, anche nel senso latino del termine, così pesante senza rendersi conto delle conseguenze che ha, non è che solo per questo può non essere considerato responsabile delle conseguenze che sono nate, in termini oggettivi. Io penso che la responsabilità stia al Nord e in modo clamoroso, se non altro perché nessuno al Nord, nella comunità politica, anche nel nostro Paese, ha alzato il dito per dire: guardate che se facciamo questo al Sud potrebbe capitare qualcosa di piuttosto grave; nessuno l’ha detto e questo è un fatto purtroppo indubitabile, ma del quale bisogna tenere conto. Vi sono state, certo, anche altre cause che hanno aggravato il fenomeno: per esempio il cattivo uso del denaro preso in prestito dai Paesi del Sud; sappiamo tutti che alcune, non tutte, elites del Sud del mondo lo hanno usato male. Mobutu, il quale era un uomo di una certa disinvoltura, ha abbellito la Costa Azzurra di bellissime ville, meravigliose, prodigiose, costruite a suo nome, di sua proprietà, con i soldi che ha preso in prestito dalle banche del Nord firmando, però, a nome dei cittadini del suo Paese (l’ex-Zaire, l’attuale Repubblica Democratica del Congo), i quali, oggi, pagano il debito, gli interessi sul debito, soldi, che non hanno mai visto e che sono stati usati dal loro dittatore per farsi i fatti suoi, al Nord del mondo. Spesso questi soldi sono stati usati per comperare armi, ad esempio, anziché per realizzare progetti utili alla gente; di esempi così ve ne sono tanti. Io dico sempre che vi sono stati dei governi corrotti al Sud del mondo e che occorre punirli, però è altresì vero che la corruzione si compie in due: il corrotto e il corruttore. Non vi sono fabbriche di armi al Sud del mondo, nemmeno una, mentre sono, invece, al Nord del mondo. Noi, allora, possiamo anche scandalizzarci che vi siano presidenti del consiglio del Sud che hanno acquistato armi con soldi, che viceversa avrebbero dovuto utilizzare a fin di bene per la propria popolazione, però v’è qualcuno che le ha vendute, siamo stati noi a vendere quelle armi a loro e visto che noi sappiamo bene che se uno ci ordina un carro armato difficilmente lo usa per fare panini o per costruire autostrade, ecc… tutto questo scandalo nei confronti del Sud del mondo va composto ed equilibrato con un po’ di perplessità nei confronti dell’atteggiamento complessivo che il Nord del mondo ha avuto, non solo per via politica delle decisioni neo-liberiste, ma anche per queste scelte di, diciamo così, “politica industriale”. Veniamo alla parentesi sull’aggiustamento strutturale, che è, sostanzialmente, un complesso di interventi, di ricette politiche, di politiche economiche, in particolare, improntate al liberismo di una certa consistenza, se non sfrenato. L’idea è che qualunque intervento che alteri i normali meccanismi, le normali dinamiche di mercato, di fatto altera l’efficienza che il mercato stesso nella sua autonomia determina. Se noi consentiamo che lo stato entri nella dinamica di mercato, noi abbiamo una distribuzione, allocazione delle risorse, un livellamento dei prezzi, un livellamento dei redditi degli operatori del mercato che non è il migliore, anzi facciamo delle cose che a lungo andare si pagano, mentre noi dobbiamo lasciare che sia il mercato a giocare nella sua completa libertà, perché solo così si determina sviluppo. Noi possiamo, forse, sostenere che abbiamo una struttura statale molto pesante e che possa tendere a non essere molto efficiente. Il dipendente pubblico, per definizione meridionale, se siamo in Italia, pigro, sta alla sua scrivania per telefonare al coniuge, agli amici, ecc… e non certo per lavorare ed è tranquillo e sicuro, perché nessuno lo licenzierà mai. È anche possibile che lavori e produca meno, a parità di stipendio o reddito, del sano popolo delle partite I.V.A. del nord, della Brianza, piuttosto che del nord-est o del basso Piemonte, che, invece, dovendo lavorare sul proprio, corre come un disperato e produce, produce, produce, dimenticandosi forse anche della moglie, ma produce e produce ancora. Non v’è dubbio che il secondo produce più del primo, anche se non è detto che sia la regola; penso che ciascuno di noi conosca diversi dipendenti pubblici italiani, che lavorano come dei matti, che sono pagati anche molto poco e che fanno un servizio prezioso, dai carabinieri ai poliziotti e ai giudici, che hanno lasciato la pelle sulle strade per tutelare la nostra sicurezza e la nostra democrazia (bisogna anche dirle queste cose a coloro i quali dicono che il “pubblico” è una cosa che fa male e che altera la vita civile), agli insegnanti, ecc…; quando, poi, dal punto di vista etico non è che il mondo dell’imprenditoria privata, viceversa, abbia prodotto sempre dei modelli. Se noi, quindi, esprimiamo la considerazione che forse noi abbiamo una struttura pubblica pesante e sarebbe bene alleggerirla, possiamo dire una cosa che in Italia è anche sostenibile e, allora, magari cerchiamo di liberalizzare un po’ di più l’impianto generale. Se noi mandiamo a casa qualche

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dipendente pubblico, o diamo loro qualche protezione in meno, in Italia colui il quale è mandato a casa tendenzialmente la sera e per un po’ di giorni mangia, anche da qualche parente, perché una casa la trova e poi troverà anche un lavoro, magari in nero ma lo trova. Se, viceversa, noi andiamo in Guinea e andiamo al Ministero delle Finanze a parlare con i responsabili per capire a quanto ammonta il debito, per esempio, v’è tutta una pletora di fattorini, di custodi, di bidelli, di persone che stanno nell’atrio, povero in apparenza e struttura, tecnicamente a non fare molto. Non v’è dubbio che gli stipendi pagati a queste persone, forse, potrebbero essere spesi meglio, secondo un approccio più liberista. Queste persone, invero, fanno un servizio bellissimo, perché vi sono tre o quattro che ti chiedono subito cosa vuoi, ecc… dopodiché passano la giornata con te, accompagnandoti negli uffici così che tu non devi cercare e chiedere, come in Italia che chiedi dov’è l’ufficio informazioni e ti rispondono: non so, si rivolga all’ufficio informazioni. Non v’è dubbio, allora, che forse si potrebbero fare delle cose più produttive, che creerebbero a loro volta altre cose, però se noi mandiamo a casa una di quelle persone, bisogna pensare che quel ragazzo mantiene, a un livello di sussistenza, qualche volta al di sotto del reale fabbisogno alimentare, la sua famiglia, composta non da 2, 3, o 4 persone, ma da 30 persone, anche perché spesso arrivano i cugini dal villaggio, perché finalmente v’è uno stipendio, v’è qualcuno che si è “sistemato” e vivono con lui. Io non dico che questo sia un modello bellissimo, perché certo bisognerebbe migliorarlo, però se noi mandiamo a casa quella persona condanniamo ad andare immediatamente sotto la soglia di sussistenza 30 persone. Allora, mandare a casa centinaia di persone da un giorno all’altro come è stato imposto di fare ai governi del Sud ha significato in qualche Paese condannare alla soglia della fame migliaia di persone. V’è poi la politica dei dazi: se noi abbiamo un’industria nazionale che non è molto efficiente e che produce, per esempio, microfoni a 100 lire l’uno, quando l’industria straniera li produce a 70 lire l’uno, se lasciamo le cose come stanno avremo che noi nostri mercati arriveranno i microfoni stranieri e tutti li compreranno (togliete l’esempio dei microfoni e sostituitelo con il grano, o con altro bene che serva per vivere e avrete una cosa più concreta). Il nostro governo, attento, dice: mettiamo un dazio, ossia una tassa sulle importazioni. Nell’esempio del microfono straniero applichiamo un dazio di 40 lire. Nel nostro mercato avremo, allora, il nostro microfono a 100 lire e quello straniero a 110 lire (70+40). Quale comprerà la gente? Un po’ dell’uno e un po’ dell’altro, perché 10 lire di differenza non sono molte. Arrivano i soloni del Fondo Monetario Internazionale e dicono: devi effettuare l’aggiustamento strutturale, devi liberalizzare la tua economia, devi licenziare i dipendenti pubblici, devi togliere tutti i dazi, da un giorno all’altro. Io per primo dico che se il nostro microfono costa 100 lire, noi non riusciremo mai venderlo fuori dai confini nazionali e non è nemmeno intelligente far pagare ai nostri cittadini 100 lire, quando è possibile farli pagare solo 70 lire, visto che v’è qualcuno che è capace a produrlo a questo prezzo; dunque cerchiamo di imparare anche noi la maniera di produrre i microfoni a 70 lire. Come si fa? Forse la ragione per cui i nostri microfoni costano 100 lire è che costa trasportarli dal luogo in cui sono prodotti alla capitale, perché non abbiamo una buona strada, né un buon sistema di trasporti. Allora, io governo, eseguo un bell’impianto di trasporti, una bella strada, cosicché il trasporto costi meno e i nostri microfoni possono cominciare ad avere come prezzo finale non più 100, ma 90 lire; poi cerchiamo di studiare altre migliorie e pian piano il loro prezzo potrebbe anche scendere. Gradualmente posso togliere il dazio in modo che nel mio mercato vi sia la libera concorrenza tra i prodotti nazionali a 70 lire e quelli esteri a 70 lire. Questo va benissimo, ma occorre un attimo di gradualità. Arrivano, invece, quelli del FMI e dicono: no, la cosa deve essere fatta immediatamente, perché se non lo fai io smetto di comprare. Qual era la leva che aveva la comunità del Nord e che ha tutt’ora nei confronti dei Paesi del Sud? I Paesi del Sud hanno un disperato fabbisogno di quella poca valuta straniera, che arriva loro da quelle poche esportazioni che riescono a vendere al Nord. Questi sono di fatto diktat politici che la comunità del Nord impone a quella del Sud: ti dò un nuovo finanziamento se fai i lavori di aggiustamenti strutturali, ma allo stesso tempo continuo a comprare i tuoi beni solo se fai la politica di aggiustamento strutturale. Questi Paesi, pur di riuscire a collocare la loro esportazione dicono di sì e fanno qualunque cosa. Dicono: abrogate il dazio, allora abroghiamo il dazio da un giorno all’altro. Cosa succede? È semplice: il nostro microfono sul nostro mercato costa 100 lire, ma adesso sul nostro mercato è presente anche il microfono straniero, che costa 70 lire; voi cosa

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comprate quando la differenza è di 30 lire? Comperate quello da 70, è ovvio. Per un po’ di anni il microfono da 70 lire sbanca il mercato e dopo un poco la nostra azienda nazionale che produce microfoni chiude, perché non vende più alcunché e non riuscendo più a vendere chiude e manda a casa gli operai, ma a questo punto che cosa capita? Che cosa non hanno previsto quei soloni del FMI? Una cosa assolutamente naturale, ovverosia che dopo due o tre anni l’industria straniera che veniva da noi a venderci i microfoni se ne va, perché non v’è più qualcuno che compra, nemmeno i microfoni a 70, perché non vi sono più i redditi per comperare, perché, sostituite ai microfoni i prodotti di consumo, quel poco di industria nazionale che noi avevamo nel nostro Paese del Sud è morta, è stata uccisa da questi interventi drastici che dovevano renderla più efficiente (ma di fatto era troppo vulnerabile per poter avere una cura così violenta) ed essendo morta non distribuisce redditi, perché non distribuisce stipendi ai suoi ex occupati, dipendenti. Allora, non vi sono redditi disponibili per acquistare alcunché e il mercato, laddove cominciava a esserci nei Paesi del Sud, è morto. È la storia di diverse aziende del Nord, anche italiane, che sono entrate per quattro, cinque, sei, dieci anni nei Paesi del Sud, in Africa in modo particolare, negli anni recenti e poi se ne sono andate, perché non v’era più alcunché da vendere. Sempre per stare nei due Paesi Guinea e Zambia, v’era una filiale della FIAT in Zambia e ora non più, l’hanno tolta quattro anni fa, perché non v’è più alcunché da vendere. Questo tipo di politica, allora, anziché migliorare le condizioni economiche le ha peggiorate. È stata imposta in modo assolutamente ideologico, cioè a dire che la verità è questa: non può che esserci successo se è presente una liberalizzazione estrema del mercato, non è questa politica che dev’essere adattata, ma siete voi che dovete adattarvi a questa politica. Chiunque abbia una qualche dimestichezza con quello che è la politica capisce che questa è una sciocchezza colossale; il problema è che veniva detto dalla BM e FMI e quindi “bisogna levarsi il cappello, inchinarsi, perché è il tempio della cultura economica”. Dal 1978 a oggi le condizioni sociali dei Paesi del Sud sono di fatto peggiorate. Se guardiamo i numeri totali, le medie nazionali, spesso vediamo dei miglioramenti, ma le medie nazionali nascondono il fatto che v’è un’élite che sta sempre meglio e una maggioranza di popolazione che sta sempre drammaticamente peggio, a causa dell’imposizione di queste politiche di aggiustamento strutturale, che hanno letteralmente ucciso ciò che di positivo stava verificandosi. Di fronte a questa situazione, noi abbiamo Paesi, come capita nella fascia sub-sahariana dell’Africa, che ogni anno pagano, per il servizio del debito, di interessi cifre, più o meno, 4 – 5 volte superiori alle cifre che riescono a destinare per la spesa sociale (scuole, ospedali). Non riescono a pagare la restituzione del debito perché è troppo grande, perché anche qui è la stessa cosa delle esportazioni e delle politiche di aggiustamento strutturale: se non paghi gli interessi, io non ti dò più una mano e non ti compero più alcunché e allora questi, come orologi svizzeri, pagano almeno gli interessi. In modo particolare l’esempio clamoroso è quello della fascia sub-sahariana. Stiamo parlando di Paesi in cui il tasso di analfabetismo adulto può essere superiore al 50%, di Paesi in cui la frequenza scolastica, dai 6 ai 10 anni, può essere “tranquillamente” inferiore al 50%, stiamo parlando di Paesi in cui la mortalità infantile entro il quinto anno d’età può essere “tranquillamente” superiore al 20%, ovverosia dove un bambino su cinque non raggiunge i 5 anni. In Zambia l’età media è 40 anni, per cui noi tutti che abbiamo più di 40 anni siamo vivi, perché siamo in Italia, fossimo in Zambia no! In Paesi con condizioni sociali come quelle qui descritte, questi signori pagano a noi gli interessi, anziché fare presidi sanitari, scuole, ecc… Ora, badate bene, non è che si muoia di tumori, di morbi incurabili, bensì di infezioni che con un po’ di pellicilina si curano, si muore perché non v’è l’antibiotico, l’aspirina, perché mancano quelle cose che noi non chiediamo nemmeno più al medico di prescriverci perché andiamo in farmacia direttamente sapendo già quello di cui abbiamo bisogno. Qualcuno di voi avrà visto una bel reportage, trasmesso un mercoledì sera tarda su Rai 3, dove un giornalista era andato a verificare le condizioni in Tanzania e aveva visitato l’interno di un ospedale, in condizioni un po’ impressionanti. Vide un bambino sotto una sorta di tenda e chiese di cosa si trattasse. La risposta fu: lì v’è un bambino, il quale ha tutta la pelle del corpo ustionata, perché gli si è rovesciata la pentola d’acqua bollente addosso, per cui è tutto ustionato, gravemente, e non abbiamo le medicine per curarlo, perché non abbiamo i soldi; allora, l’unica cosa che possiamo fare è l’aver fatto con alcuni rametti di legno un piccolo telaio, dove abbiamo messo degli stracci e degli asciugamani sopra, un lenzuolo, in modo tale

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che almeno non vadano le mosche, attirate dalla pelle in quelle condizioni, a toccargli la pelle, la qual cosa lo farebbe stare ancora peggio di quello che è già. Il ragazzo è abbastanza forte e forse si salva, se è robusto supera la crisi, altrimenti non ce la farà. Il giornalista è stato un po’ impressionato da questo, perché evidentemente i casi umani ti toccano e quando raggiunse la capitale andò in farmacia e comprò le medicine che si era fatto prescrivere dal medico di quel presidio sanitario e verificò che costavano 28.000 lire (voi sapete quanto costa andare a mangiare una pizza), le affidò a un corriere di fortuna, che a volte, nei Paesi del Sud sono anche “simpatici” nei mezzi di trasporto che hanno e qualche tempo dopo, tornato in Europa, ha ricevuto la lettera dal medico, il quale gli scriveva che le medicine erano arrivate, per fortuna, in tempo e che il bambino s’era salvato e che stava bene. Sono Paesi nei quali una vita si salva o si perde per 28.000 lire. Io faccio sempre questo esempio: da noi, se vediamo uno per strada, un barbone, un marocchino, non importa chi, non sappiamo come si chiama e da dove arrivi, e vediamo che sta male, chiamiamo l’ambulanza e viene portato al pronto soccorso; se il medico al pronto soccorso valuta che ha bisogno di una T.A.C., gliela fa, anche se in ospedale costa parecchio, intorno ai 2 – 3 milioni, ma la esegue e nessuno gli chiede come si chiama: se v’è bisogno si fa e io, personalmente, sono fiero di vivere in un Paese, dove si fa così, mentre negli Stati Uniti, viceversa, di fronte ai quali io riverisco ogni mattina per il Piano Marshall e un po’ meno per le cose che capitano adesso, se uno non ha la carta della previdenza privata che si è pagato lo lasciano lì, perché non hanno l’obbligo di raccoglierlo, a meno che non sia un ospedale pubblico, che, però, copre solo il 10% del fabbisogno della popolazione, per cui ti può capitare di rimanere per strada. Là si trattava di 28.000 lire, non una T.A.C., sono proprio poche per noi. Se vi sono, allora, dei Paesi in questa condizione, che pagano gli interessi a noi e per pagare gli interessi a noi, non hanno le 28.000 lire per salvare delle vite umane, io credo che noi non possiamo non rimanere provocati da questa situazione, non solo come cristiani, ma come uomini, come cittadini di questo Paese che ogni anno si incassa 1.000 miliardi di lire per gli interessi. Quali sono le vie? Che cosa capita? In ragione di questa situazione, è da tempo esistente una rete internazionale che fa pressione, che denuncia, che fa i calcoli del debito e quant’altro. Questa rete ha avuto una visibilità molto più consistente da quando il Papa, nel lanciare il Giubileo, ha proposto nella “Tertio millennio adveniente” il tema del debito estero dei Paesi poveri, come uno dei temi che provocano l’umanità nell’entrare nel nuovo millennio, in sintonia con quanto afferma il Levitico: dare una nuova opportunità, dare partenza nuova a queste popolazioni che una nuova opportunità non hanno, non solo cancellare i debiti. Quando uno ha un tale debito è in condizioni di schiavitù, perché nessuno può svilupparsi se non ha la cultura per costruire qualcosa, se non ha l’istruzione minima, se non ha una formazione professionale e, soprattutto, se non ha la vita, perché se muore prima… La comunità internazionale sta rispondendo con grande lentezza, ma finalmente con attenzione a questo discorso. Pensate che la Banca Mondiale e il Fondo Monetario Internazionale, nell’ultima riunione di Washington, di qualche mese fa, hanno finalmente e clamorosamente deciso di concludere l’esperienza dell’aggiustamento strutturale e di chiamare l’approccio che verrà proposto d’ora in poi ai Paesi del Sud: approccio della crescita (economica) e della riduzione della povertà. Per ora sono parole, ancora, bisogna vedere se alle parole corrisponderanno i fatti, ma in politica le parole sono fatti importanti, per cui è importantissimo questo cambiamento di linguaggio. Vi sono altri segnali da parte dei governi e anche di una certa consistenza; piano piano si sta andando avanti. Le proposte che il mondo della solidarietà internazionale propone a tale riguardo sono fondamentalmente quelle che per altro sono contenute anche nella Campagna che la Chiesa italiana ha lanciato qui da noi, ovverosia quella di chiedere senz’altro ai governi le cancellazioni, ma di chiedere anche che ad ogni azione di cancellazione si unisca un’azione di riduzione della povertà. Se noi cancelliamo il debito e poi il governo si compra tre carri armati in più, o i diamanti per la moglie del presidente del consiglio, che si tenessero pure il debito, perché la questione è di cambiare le condizioni sociali ed economiche. Quindi: usare i soldi che non si pagano più per gli interessi, per progetti di sviluppo. Si richiede in modo anche abbastanza esigente il coinvolgimento della società civile locale della popolazione dei Paesi debitori a decidere di come usare questo denaro. Il governo, se v’è la cancellazione, non deve pagare più gli interessi, quei soldi li deve usare per finanziare

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la lotta contro la povertà: decidiamo con la popolazione, con la società civile come utilizzare effettivamente questo denaro. Non v’è reale riduzione della povertà, se non v’è, insieme, crescita della democrazia, intendendo per democrazia la partecipazione alle decisioni delle cose che mi riguardano. Piccoli passi si stanno facendo in questa direzione. Nella proposta della C.E.I. (avrete sentito parlare dell’operazione di conversione del debito, quella di cui io sono il responsabile) v’è un modello di questo tipo: noi chiediamo al governo italiano di cancellare il debito; se non si cancella il debito gli si dice che non siamo più disponibili a vestire questa giacca di cittadini di un Paese che incassa soldi per interessi da popolazioni nelle condizioni descritte, allora, piuttosto, lo paghiamo noi, a un prezzo più basso del valore nominale e vogliamo, però, la cancellazione totale. In cambio di questo chiediamo al governo locale che metta in un fondo di contropartita, su un conto, più o meno lo stesso ammontare che noi abbiamo pagato in Italia, però lo metta nella propria valuta e creiamo un comitato che gestisce questo fondo di contropartita, costituito da alcuni di noi (per un evidente dovere di rendiconto, tanto più anche in ragione delle notizie che ogni tanto si sentono al telegiornale, vere o non vere, ma che danno immagini sempre piuttosto imbarazzanti), ma soprattutto dalle persone della società civile locale, dalla Chiesa locale, ma non solo, visto che questa non è un’operazione per far Chiesa, bensì per fare cose per la gente (strade, scuole, ospedali e quant’altro…). Il comitato, così costituito, decide come utilizzare questo denaro. In tal modo noi dovremmo riuscire a determinare un modello che ottenga le tre domande che si fanno: la cancellazione, il portare a beneficio della lotta contro la povertà le risorse che si liberano dalla cancellazione e far partecipare la società civile, controllando anche come vengono utilizzati i soldi, nel senso che è questo comitato che decide e, quindi, non è che sia destinato a non si sa chi, o a governi che potrebbero essere tentati di utilizzarli in altro modo. La storia del debito è stata descritta, le categorie sono emerse, penso che adesso sia chiaro chi deve soldi a chi. I meccanismi d’uscita possono essere quelli della cancellazione, nuda e cruda, possono essere quelli della conversione, soprattutto per i Paesi che hanno qualche mezzo in più, come quello che vi ho descritto prima. Il dibattito è in corso. Penso che la scommessa davanti a noi sia non solo, o non tanto quella di restituire dignità ai nostri fratelli e amici del Sud, perché vivere nelle condizioni che ho descritto prima, forse non è tanto dignitoso, ma anche di chiedere a loro di darci una mano a che sia restituita a noi un po’ di dignità, perché vivere nei panni di cittadini che incassano tutti questi soldi, vivendo noi nelle condizioni in cui noi sappiamo e nelle condizioni in cui sappiamo vivere loro, credo francamente che sia una vita piuttosto priva di dignità. Greenspann[5] quanto incide? In questo momento poco. Dipende da quali Paesi prendiamo in considerazione; se parliamo di Paesi, e sono la maggioranza, più poveri, prendendo l’accezione “povero” nel senso tecnico economico, ovverosia con minor reddito, come sono fondamentalmente i Paesi dell’Africa, alcuni Paesi dell’America, in modo particolare di quella centrale, come Haiti, Nicaragua, Honduras, Guatemala, ecc… e alcuni Paesi del sud-est asiatico, come il Vietnam e qualche altro, la decisione di Greensmann incide relativamente poco, perché di fatto il debito di cui stiamo parlando è antico, non vi sono state grosse erogazioni recenti e viene amministrato, soprattutto oggi, per via politica, cioè con decisioni politiche: cancelliamo, non cancelliamo, per cui l’influenza è più contenuta. Un certo rilievo, viceversa ha, sui Paesi, cosiddetti, a medio reddito, cioè Paesi come il Perù, l’Argentina, il Cile, il Brasile, che ha un debito molto pesante in proporzione a Paesi come la Thailandia, l’Indonesia, ecc…, che hanno un potenziale economico di molta maggiore consistenza, soprattutto un potenziale industriale, e che hanno una componente di debito anche verso le banche, verso il mondo privato, proprio per questa maggior capacità di pagamento. Allora. Qui sì che v’è uno stock di debito che risente degli andamenti internazionali. Infatti, una preoccupazione che oggi esiste è che non si avvii oggi nuovamente un percorso analogo a quello del ’79, con questo leggero ma continuo riapprezzamento, che il dollaro ha sull’euro e sulle altre valute, con questi interventi, per quanto abbastanza cauti della Federal Reserve, il cui approccio risente un po’ della cultura monetarista, ma è estremamente più cauto in ogni caso oggi rispetto a quello che fu vent’anni fa. È un problema aperto. Comunque, ripeto, sui più indebitati, sui più poveri anche oggi si ragiona soprattutto per via politica, per cui l’influenza è relativamente poco rilevante. È rilevante sui nuovi prestiti, perché non v’è dubbio alcuno che nel momento in cui noi cancelliamo questo debito, se riusciamo a cancellarlo, poi a questi Paesi bisogna elargire nuovo denaro, perché nessuno riesce a

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investire, a creare se non dispone di risorse finanziarie. Il mercato finanziario, anzi, è uno strumento per rendere più democratica l’economia. Se non esistesse il mercato finanziario, uno riesce ad avviare un’attività economica solo se è già ricco di famiglia, perché per comprare un trattore, se uno decide di fare il contadino domattina, se non v’è mercato finanziario lo può fare solo se ha già i soldi, invece il mercato finanziario consente, a chi i soldi non li ha e non è ricco di famiglia, di andare in banca e dire: io penso di prendere quella terra lì, di comprarmi un trattore, ecc… e di guadagnare vendendo il prodotto che ho coltivato; mi dai una mano? Tu, banca, se ti piace la mia idea scommetti con me sulla mia idea (questo è esattamente il mestiere delle banche) per cui mi dai i finanziamenti, li uso per comprare il trattore, affittare la terra, dopodiché dai proventi che ho con il mio lavoro, dalla vendita dei prodotti che produco, realizzo, coltivo, pago i costi di gestione, pago me e restituisco il debito e impiego, ovviamente, uno, tre, dieci, vent’anni per la restituzione dello stesso, però i soldi per comprare il trattore li ho bisogno subito, non posso acquistarlo a rate e in questo caso è come se avessi esattamente acceso un debito con la banca e pago il valore poco per volta. Per cui il mercato finanziario serve a questo. Anche con i Paesi del Sud: se noi riusciamo a ottenere la sanatoria della situazione attuale, soprattutto per via politica, perché si riconosca che questo debito è già stato pagato, come diremo in seguito, però, poi, se dobbiamo costruire strade, avviare iniziative, ecc… ci vogliono soldi, perché queste costano. Il problema è, tuttavia, prestare soldi, accendere dei prestiti da parte di questi Paesi sulla base di progetti credibili, dati in modo che i progetti siano sostenibili non solo perché hanno una buona idea economica alla base, ma anche perché le condizioni di prestito evitino rischi, esplosioni, e cose come quelle che si sono determinate. Vi sono delle soluzioni per gestire la parte dei tassi di interesse, ma soprattutto, oggi non succede più, normalmente, di prestare dollari; si prestano panieri di monete, ovverosia si prestano delle cifre che sono misurate attraverso medie di valute, cioè non si dice: tu prendi 100.000 dollari, ma 100.000 x, che sono il frutto della media di dollaro, yen, euro, o addirittura dollaro e valuta locale in qualche caso, in modo tale che così si evita che l’andamento perverso di una sola valuta possa pesare sul valore del debito. Seattle. La partita di Seattle è molto grossa. Lì non è questione di politica di aggiustamento strutturale, che è una cosa tecnicamente distinta dalla questione delle discussioni a Seattle, dove non si desiderava imporre ai Paesi poveri certe ricette, quanto si poneva il problema della regolamentazione del mercato internazionale. Alcune posizioni in campo nel dibattito di Seattle, come l’accordo multilaterale sugli investimenti dell’anno scorso, sono figlie della stessa cultura che ha creato le politiche di aggiustamento strutturale. Esse dicono che è assolutamente necessario che il mercato non abbia regole, perché ogni regola, ogni intervento dello Stato, non solo come presenza a gestire attività ma anche proprio come regole (tant’è che le chiamano lacci e lacciuoli), altera la naturale efficiente allocazione delle risorse: qualunque regola altera questa libertà. Il mercato dev’essere libero, perché questo è anche più coerente alla libertà di cui l’uomo dispone, dunque lasciamo che il mercato sia libero. Dietro questa cultura v’è una sorta di attribuzione di un valore etico al mercato, per cui il mercato è l’unica vera forma di democrazia, perché nel mercato non v’è il proporzionale, o il maggioritario, o il recupero del 25%, o il collegio uninominale, tutte queste cretinate che la politica ci richiede, no! Il mercato, secondo questa corrente, è perfettamente libero e io, quando vado al mercato, quando io entro nel mercato, io voto i beni che preferisco, liberamente, nessuno mi impone di comprare una cosa o l’altra e nessuno mi impedisce di acquistare la quantità che voglio io, senza alcun recupero proporzionale, sottoproporzionale, no, io vado lì e compero quello che voglio nella massima libertà; esercito un voto e scelgo i prodotti che preferisco. Questa eticità del mercato si traduce anche politicamente, perché in realtà chi vince nel mercato, come produttore, ha una sorta di legittimazione sociale, dunque finanche una legittimazione politica. V’è questa identificazione che da qualche tempo è proposta anche in Italia tra buona performance economica e automatica legittimazione politica, buona performance politica. Da noi è nuovo tale fenomeno, ma nella cultura anglosassone è molto più frequente. Io faccio sempre l’esempio di Jimmy Carter, che è stato uno dei presidenti americani, forse tra i meno sgangherati, dell’ultima parte del secolo e forse in ragione di una maggior sincerità è quello che ha avuto meno successo nel fare operazioni, perché si faceva fregare, perché era un po’ troppo ingenuo. Al di là di questo, era un democratico, più vicino

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alla nostra tradizionale e naturale sensibilità, rispetto a uomini come Reagan, Bush. Jimmy Carter non sarebbe mai diventato presidente americano se non fosse stato il più grande produttore di noccioline americane, cioè uno dei più grandi imprenditori (agricoli) degli Stati Uniti. Quello è un Paese in cui il mercato ti dà una legittimazione che può essere spesa anche politicamente: se tu vieni votato dal mercato vuol dire che vali e che, allora, ti puoi proporre anche politicamente, la qual cosa è una sgangheratezza assoluta, perché la politica è altro, è l’interpretazione sulla base della propria cultura, cioè dei propri valori, delle risposte più utili per risolvere i problemi della gente e non altro; a mio giudizio e senza che questo sia legato a singole persone che oggi sono in politica in Italia. Questo modello, però, a mio giudizio, falsa la vera funzione del mercato; i liberisti che dicono che il mercato dev’essere libero in modo assoluto, che bisogna togliere ogni laccio e consentire a ogni multinazionale di investire dove vuole, facendo lavorare chi vuole, perché se riesce ad abbassare i costi, facendo lavorare dei bambini che costano di meno, può vendere a prezzi più bassi e quindi fare un servizio al consumatore, il quale così paga meno i prodotti (perché tutto questo è costruito poi come servizio al consumatore), secondo me falsa letteralmente quella che è, proprio da un’ottica liberale, la funzione del mercato. L’economia è lo studio dell’organizzazione degli scambi; perché le persone scambiano prodotti fra di loro? Per vivere meglio, perché se io produco grano e un altro produce latte, io mangio solo grano e l’altro solo latte, dopo un po’ stiamo male, allora è meglio che lui mi dia un po’ del suo latte e io un po’ del mio grano; quindi le persone cominciano a scambiare per migliorare di fatto la propria vita, ma, forse, addirittura di più per tutelarla, per garantirla, per rispondere meglio ai bisogni fondamentali. La maniera migliore per organizzare questi scambi è probabilmente il libero mercato, ovverosia che non a qualcuno sia imposto di fare una cosa, ma che nella libertà ognuno scelga cosa produrre e cosa scambiare. Questo, per altro, è anche coerente con quella sete di libertà, che da un punto di vista culturale, artistico, noi abbiamo. Se andiamo a leggere la nostra Costituzione, che, bontà divina, nella sua prima parte non è stata ancora toccata, vi sono questi diritti riconosciuti sacri della persona con la libertà di questo, di quello e di quell’altro, ma anche di espressione. È coerente con la libertà di espressione il fatto che se uno vuole costruire, coltivare e vendere patate, lo possa fare; se, poi, vi sono troppe patate, si renderà conto da solo che oltre alle patate è meglio coltivare altre verdure, però non vedo il motivo per cui io centralmente debba decidere che cosa lui deve fare. L’esperienza storica, peraltro, ha dimostrato che tutte le economie centralizzate hanno fallito clamorosamente, ma non tanto per ragioni politiche, filosofiche, o ideologiche; Gorbaciov ha fatto il passaggio che ha fatto, perché in alcune province, in alcune repubbliche dell’Unione Sovietica v’erano problemi di fame, nel Paese, nella nazione che aveva la più grande capacità di produzione agricola e alimentare del mondo, largamente superiore al proprio fabbisogno, ma la centralizzazione non è in grado di determinare un’efficiente distribuzione. Il problema è che se l’obiettivo è migliorare la vita, se la centralità del mercato è la vita delle persone, coniugata a questa libertà, il modello neo-liberista che nega ogni regolamentazione del mercato, che cosa fa? Garantisce a me, consumatore, di comprare quello che voglio, forse, se sono al Nord, ma non garantisce affatto a me, persona, di produrre quello che voglio. In una concorrenza completamente sfrenata, infatti, soprattutto quando parte da un momento in cui la linea di partenza non determina uguali capacità, nel senso che v’è qualcuno che è più forte e qualcun altro che è più debole, se non vi sono regole il più forte diventerà sempre più forte, perché io, che sono più forte, a un certo punto decido di abbassare i prezzi brutalmente, fino a che non costringo quelli piccoli a uscire dal mercato, perché non ce la fanno più e saltano; quando sono rimasto da solo posso rialzare i prezzi. La libertà di mercato è la libertà di comprare, ma anche la libertà di vendere. Oggi, ad esempio, uno di noi può mettersi lì a costruire, a produrre automobili, televisioni? Si possono fare tante altre cose, ma non queste due cose qui. Sul piano mondiale, secondo voi, uno può mettersi nel settore alimentare? Il mercato alimentare è nelle mani di due o tre grandi potenze, il mercato alimentare, dei tabacchi e dei prodotti di consumo, come detersivi e cosmetica sono in mano di Philip Morris, Procter & Gamble e Nestlè e qualche altra, e basta ed è tutto in quelle mani lì. Abbiamo, quindi, se non una situazione di monopolio, una situazione di oligopolio, in cui di fatto, proprio per usare il linguaggio di questa cultura, è mortificata la libertà di produrre, la libertà di entrare nel mercato […] un mercato assolutamente senza regole. Peraltro, è proprio della cultura

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anglosassone, quella da cui viene la scuola neo-liberista più estrema, che ci ha insegnato e noi l’abbiamo fatto nostro nella comunità europea, avere un ministero, che a livello europeo si chiama commissario, per la concorrenza. È presente un commissario per la concorrenza, che oggi nell’Unione Europea, ma questo capita anche negli Stati Uniti, controlla che la posizione di un’azienda rispetto ad altre non sia dominante, perché se la posizione diventa troppo dominante tu puoi ostacolare tutti gli altri e arrivare a una situazione di monopolio, per cui certi accordi non si possono fare e se sono effettuati vengono fatti sciogliere (la vicenda di Bill Gates negli Stati Uniti è una cosa di cui sappiamo tutti, recentissima: gli stanno dicendo di vendere alcune sue proprietà; ma è capitato molto recentemente anche per molti accorpamenti e fusioni in Europa). Il problema è che a livello internazionale una regolamentazione di questo tipo non esiste, perché non esiste un’istituzione di questo tipo; è presente a livello nazionale, o a livello di U.E., che sta diventando sempre più un corpus nazionale dal punto di vista istituzionale, non è presente a livello internazionale. A Seattle, nei dibattiti in cui si parla su questi temi, v’è la componente neo-liberista più forte che lavora per eliminare tutti i lacci, v’è la componente, che secondo me, è più autenticamente liberale e nella quale io mi riconosco assolutamente, la quale afferma che ci vogliono delle regole per tutelare la centralità della persona, i minori affinché non siano sfruttati, per consentire a tutti di entrare nel mercato, ecc… La difficoltà è la debolezza delle istituzioni internazionali: l’ONU, ad esempio, ha difficoltà a intervenire in Albania, nei Grandi Laghi, in Sierra Leone. Come si fa ad apprezzare il dollaro? Si alzano i tassi d’interesse. Ovverosia io alzo i tassi di interesse per vincere l’inflazione, però alzo i tassi d’interesse anche per apprezzare il dollaro. Come sarebbe? Se io sono il governo americano dico: per combattere l’inflazione mi basterebbe mettere come tasso di interesse sui miei titoli pubblici il 15%, per esempio, e metto il 15%, voglio apprezzare il dollaro? Allora metto il tasso di interesse al 20%; perché? Se io fisso il 20% non solo otterrò di togliere dal mercato beni, finanze e soldi, che prima sarebbero stati spesi per domanda e che adesso vanno nel mercato finanziario, come ho descritto prima, ma avrò anche dei tedeschi, degli italiani, dei francesi… che vedendo che il titolo americano è così conveniente, nel senso che dà una remunerazione così alta, anziché investire a casa loro, verranno a investire da me, venderanno le loro lire, ad es., per acquistare dollari, con i quali acquistare il titolo americano, ecc… tutta questa domanda di dollari, evidentemente fa salire il prezzo del dollaro. Il meccanismo è stato questo. Ovviamente se il Ghana, o il Senegal, per dirne due, cercassero di apprezzare la propria valuta non succederebbe alcunché. Quand’è che si sono creati i tassi reali negativi? È molto raro che si creino. Tasso reale negativo, cioè inferiore all’inflazione, è molto raro, anche perché la banca ci perde, però la dinamica internazionale a quell’epoca fu così virulenta, perché virulento fu l’aumento del petrolio e così grande la quantità di proventi, di petroldollari, di dollari che da quell’aumento derivò, che determinò questa differenza. In qualche caso magari capita quando vi sono aumenti repentini dell’inflazione, ma è comunque piuttosto raro. Come si fa a fare sviluppo dopo la cancellazione? Questa è una questione piuttosto grossa. Direi due considerazioni. Certamente il problema è anche di politica, cioè come si propone sul piano politico la questione del commercio internazionale, delle regole. Noi abbiamo imposto, nel senso che la cultura del Nord ha imposto a questi Paesi l’aggiustamento strutturale, il togliere i dazi, liberalizzare tutto e, soprattutto, esportare, esportare, esportare… pensate che nelle politiche di aggiustamento strutturale in qualche caso ai Paesi è stato detto di smettere di coltivare i cereali che coltivavano, per mettersi a coltivare prodotti che si potevano vendere al Nord e, tipicamente, la barbabietola, per fare lo zucchero, perché al Nord si consuma la barbabietola, salvo poi fare la dieta, o andare in palestra, perché si hanno due chili in più; questi Paesi hanno smesso di coltivare cereali e hanno fatto le barbabietole, dopodiché siccome tutti facevano le barbabietole, il prezzo dello zucchero da barbabietola è crollato, per cui questi hanno guadagnato meno di quello che guadagnavano prima, dal punto di vista delle esportazioni, e non avevano più grano in casa propria. Voi mangiate sempre barbabietole e poi mi dite come state; si sono creati problemi di insufficienza alimentare nella produzione interna laddove non ve n’erano mai stati. La comunità internazionale, ma quella del Nord, cosa ha fatto? Quando cominciarono ad arrivare in quantità i prodotti del Sud, quando arrivò il riso egiziano, o quello cinese, thailandese, cantonese, vietnamita, ecc… a dare un po’ di fastidio al nostro buon riso di Vercelli, della omellina, di tutte queste belle zone, che cosa abbiamo fatto noi europei? Un bel dazio! Per cui noi abbiamo

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imposto a loro di togliere i loro dazi, ma noi, i nostri, li abbiamo messi e li abbiamo messi anche forti per proteggere i nostri beni. Nella politica interna europea abbiamo fatto la politica delle quote, che è anche intelligente, ma questa è stata fatta per evitare che ci arrivassero arance dal Sud, beni e prodotti fuori dalla Comunità Europea. Per cui noi abbiamo la forza politica ed economica di agire in questo modo e di imporre al Sud i nostri bisogni, facendo qui ciò che chiediamo a loro di non fare a casa loro. Non è che automaticamente se adesso cancelliamo tutto, va tutto bene a rose e fiori. V’è un forte lavoro di pressione politica, di costruzione di mentalità, anche presso i decisori, i governi, perché agiscano con azioni e atteggiamenti che incidano sul mercato internazionale, sulla politica commerciale internazionale. Noi abbiamo, infatti, lo strumento dei governi e non è che possiamo rivolgerci alle multinazionali affinché facciano qualche cosa, lo possiamo chiedere per via legislativa, ovverosia se mettiamo delle regole. Occorre fare tutta questa azione di pressione, perché il risultato sia un sistema di regole e di stile, che consenta effettivamente sviluppo. Credo che questa sia una cosa da costruire. Vi sarebbe da dire di più, ma mi limito a quanto ho detto qui. Veniamo ora a quelle tre questioni che riguardavano più la Campagna italiana, o quello che possiamo fare noi. Che cosa sta facendo il governo italiano? Il governo italiano ha promesso il 25 aprile 1999 che ci sarebbe stata questa cancellazione per tutti i Paesi che hanno meno di 300 dollari di reddito pro-capite annuo; questi sono grosso modo una quindicina, mentre sono un centinaio quelli che devono soldi all’Italia. Che cosa è capitato? È capitato che finalmente un disegno di legge è stato scritto e consegnato da parte del governo alla Camera il 30 dicembre. Per cui oggi abbiamo un disegno di legge in parlamento che si occupa del tema in esame e che dovrebbe arrivare a produrre questa cancellazione. Giudizio su questa legge? Da una parte positivo, se non addirittura molto positivo, perché è la prima volta che, finalmente, si agisce in tal modo, è un atto di importante discontinuità rispetto al passato. È stato anche importante sul piano internazionale, perché di fatto ha favorito l’analoga decisione della Gran Bretagna, che mai si sogna di riconoscere che ha agito conseguentemente rispetto all’Italia, e un analogo orientamento, se non ancora decisione, della Francia, che in cinque mesi ha cambiato la sua posizione quasi di 180°. Negli Stati Uniti ha favorito anche un po’ l’irrobustirsi della tesi della cancellazione dei debiti, tesi che purtroppo al Congresso (sta meglio) e al senato (sta peggio) è ancora minoritaria. Il congresso degli Stati Uniti a dicembre ha votato un ordine del giorno in cui si chiede la cancellazione di tutto il credito che loro vantano ed è un atto politico molto rilevante; purtroppo è solo una mozione e non una legge e ora che diventi legge… Purtroppo penso che non vi siano i numeri, ma si sta lavorando… L’altra parte del giudizio è ovviamente negativa, nel senso che è insufficiente: noi non possiamo non dire, mentre ci complimentiamo con il governo perché finalmente ha fatto un atto politico importante, che chi ha i debiti verso l’Italia sono un centinaio di Paesi e quegli 85 che non sono compresi in questo disegno di legge non è che stiano bene. Di conseguenza, ogni tanto scherzando, a funzionari del Tesoro e degli Esteri che mi dicevano che li stavo minacciando, rispondo che non è quello il punto, che non li sto minacciando, ma fino a che sappiamo che v’è una persona nel Sud del mondo che, a causa del debito, non può curar suo figlio, noi veniamo qui tutti i giorni a ricordarlo continuamente, come Abramo che insiste con il Signore, perché penso che sia assolutamente nostro diritto da una parte, ma anche nostro dovere dall’altra. Allora questo atto è molto bello, ma, molto semplicemente, non basta! Non è escluso che il dibattito in parlamento possa innalzare questo tetto. Con questo veniamo al rapporto tra noi, Chiesa italiana, e il governo italiano. Questa conversione dei debiti, di cui ho detto velocemente prima; la Campagna C.E.I. ha tre obiettivi. Il primo è l’azione pastorale ed educativa, e su questo spendo qualche parola come conclusione, ma l’obiettivo è suscitare tra la “nostra” gente la consapevolezza che su questo pianeta non si vive alla stessa maniera e che noi viviamo in una maniera prodigiosamente più comoda, almeno dal punto di vista dei bisogni primari fondamentali, rispetto a quanto vivono molte più persone di noi e che questo ha a che vedere anche con i nostri comportamenti, nel senso che noi da una parte beneficiamo di tale condizione, dall’altra parte i nostri gesti possono continuarla, mantenerla (questa condizione), o possono concorrere a modificarla. Il secondo obiettivo è la pressione politica, che va un po’ in sintonia con le cose che dicevo prima: legale cancellazione e lotta alla povertà, coinvolgere la società civile per decidere come combattere la povertà; poi vi sono altre cose che chiediamo al governo, ovverosia maggiore trasparenza, una procedura di insolvenza

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internazionale, che oggi non c’è, restituzioni internazionali, da parte dell’ONU, più che del Fondo Monetario, su queste cose, perché è una questione politica prima che economica. Terzo obiettivo è questo che noi abbiamo chiamato: un gesto di responsabilità, cioè a dire, alla luce della consapevolezza che vorremmo aver suscitato, che vorremmo anche metterci a disposizione, perché a parlare è anche abbastanza facile, per riempirsi la bocca, con toni più o meno esorbitanti, dicendo contro il Fondo Monetario, poi però si va a casa e non è cambiato alcunché; invece fare un gesto concreto, che possa in parte realizzare qualche cosa e in parte essere uno strumento politico che concorra a cambiare il panorama, questo può essere effettivamente interessante e abbiamo immaginato questa operazione di conversione di credito. Vi ho detto più o meno com’è il meccanismo: paghiamo noi il debito di questi Paesi, non al suo valore nominale: il valore nominale è 100, questo debito ha un valore reale, nel senso che, poiché questi Paesi non ce la fanno, è passato tanto tempo, il valore reale è intorno al 10%. Come se uno mi prestasse 100.000 lire, dopo tre, o quattro anni io non gliele restituisco, questi mi dice: Riccardo, io ho capito che tu non ne hai più, ti vergogni a farti vedere e quando mi vedi scappi, io sono stufo di chiederteli, perché sono imbarazzato anch’io, vediamo di risolvere la questione, quanto mi puoi dare? E ci mettiamo d’accordo, ad esempio, per 39.750 lire, perché di più non ho e lui le prende, il debito è chiuso, e basta. Quelle 39.750 lire sono il valore reale del debito. Il valore reale dei Paesi del Sud (Africa, in particolare), oggi non è superiore al 10%. Allora, noi vogliamo andare dal governo e dire: guarda, noi ti chiediamo di cancellarlo, ma, se tu non lo cancelli, per due Paesi, perché per più non ce la facciamo mentre per due sì (forse ce la facciamo anche per tre… vedremo), piuttosto paghiamo noi il debito al suo valore reale, per cui mettiamo qua il valore reale del debito e tu cancelli l’intero ammontare, anche nominale. Non facciamo, però, solo questo; noi facciamo questa operazione a condizione che il governo locale metta su un fondo di contropartita un ammontare commisurato a quello che noi abbiamo pagato in Italia e poi lo amministriamo con il comitato che costituiamo con i rappresentanti della società civile locale. Stiamo già facendo tutto un lavoro di preparazione. Ogni tanto vado giù in Africa, perché là è già partito il lavoro e vado per mettere le cose insieme, per vedere a che punto siamo e a decidere i passi successivi, per fare l’analisi dei bisogni. I due Paesi che abbiamo scelto sono lo Zambia e la Guinea. Noi vogliamo fare proprio una carta dei bisogni, delle necessità che oggi vi sono e delle risposte che a questi bisogni sono presenti oggi in Zambia e in Guinea e, alla luce di questi bisogni, individuare delle priorità, perché con i soldi che avremo potremo fare molto, ma non tutto, all’interno di quelle priorità, quindi, scegliere una lista di progetti da realizzare con questo denaro. A Natale vorremmo arrivare a fare l’accordo con questi due governi, avendo già chiara la lista di tali progetti da realizzare, in modo tale da forzare anche il governo locale a sottoscrivere la lista che noi gli proponiamo, perché il rischio, poi, è anche che quando si fanno queste cose il governo locale dica: sì, sì, va bene; però, poi, trovi mille maniere per ostacolare la scelta dei progetti. Noi vogliamo, così, anticipare il momento della scelta rispetto al momento dell’accordo, di modo che il governo italiano e quello locale firmino la lista dei progetti e dopo non vi siano più discussioni. È molto importante, però, che questi progetti non emergano da qualcuno che va lì con aria paternalistica e dice: voi avete bisogno di un ospedale situato in quella posizione, ecc…, ma sia proprio la gente che sceglie attraverso la partecipazione della società civile di cui dicevamo. V’è già un gran lavorio, soprattutto in Zambia, un po’ meno in Guinea, dove la società civile è un po’ meno vivace (anche gli strumenti culturali in Zambia, le persone che vanno a scuola, che sanno leggere e scrivere sono molto più numerose delle persone della Guinea, dove è più difficile costruire un percorso di questo tipo), ma sicuramente questa è un’opportunità per far fare anche un cammino alla società civile locale. È già partito il lavoro di analisi delle priorità e lo stiamo facendo crescere. Questo denaro serve, allora, per realizzare progetti al Sud. Qualcuno obietta: se è vero tutto quello che ci hai raccontato a proposito della storia del debito, se è vero che se noi utilizzassimo una valuta diversa dal dollaro, ovverosia se noi calcolassimo tutti i flussi che vi sono stati di prestiti e di pagamenti con interessi e quant’altro, o eseguissimo un calcolo con una media di valute, questo debito risulterebbe che molti Paesi abbiano già pagato più volte, perché dovremmo pagarlo noi? Se usiamo i dollari emerge che il debito è ancora da pagare, perché in dollari i Paesi non sono riusciti a restituire il debito, ma se noi utilizzassimo un’altra valuta, tutt’altro. Pensate al debito esemplificato prima, quello della

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casa: se noi lo misuriamo in dollari, questi ragazzi non ce la fanno a pagare 240 milioni, pagano solo 30, 50, 100 milioni, in tre anni pagano 300 milioni e non ce l’hanno fatta assolutamente a pagare. Immaginate che, invece, usiamo come unità di misura la lira, come se avessero fatto il prestito in Italia: questi avrebbero dovuto restituire 200 milioni, pagando 60 milioni di interessi, quando questi erano alti; pagando 100 milioni oggi, altrettanti domani, in qualche anno il debito è restituito eccome; però questi 100 milioni hanno continuato a pagarli anche tutti gli anni successivi, per 20 anni, per cui, fuori dall’esempio, in realtà tutti questi Paesi, se il debito fosse calcolato in lire hanno strapagato il debito, che, invece, non risulta pagato, perché è misurato in dollari. Allora usiamo una media di valute, usiamo un’altra valuta che non sia nemmeno quella del Paese del Sud anche così emerge che il debito è stato pagato. Ma allora alcuni dicono: se il debito è già stato pagato, perché dobbiamo pagarlo noi? Non è che non ho voglia di pagarlo io per non tirar fuori i soldi miei, ma pagando questo, in fondo, io vado a legittimare l’uso del dollaro, vado a legittimare questo meccanismo. Io risponderei in questo modo: noi legittimeremmo il debito se dicessimo che questa è un’operazione splendida e che questa operazione onora i “sacri” testi e riti del mercato, soprattutto del mercato detenuto con le redini dal Nord. Noi stiamo dicendo a tutto il Paese, perché stiamo girando tutta l’Italia per incontri di questo tipo, lo abbiamo scritto, ne parliamo con il governo, e non v’è chi non sappia o che possa mettere dubbio sul fatto che proprio noi, come Campagna della C.E.I., riteniamo che il debito, oggi, sia frutto di una distribuzione perversa del potere nelle relazioni economiche Nord-Sud, che falsano quelli che dovrebbero essere gli autentici meccanismi di mercato e che questo debito è ingiusto. Io dico sempre che qui è da rimettere il debito non per una ragione di carità, ma per una ragione di giustizia e cito sempre l’ “Apostolica [?]”, dove, al numero 8, lo ripeto come un ritornello, dice: “… non si faccia passare per atto di carità ciò che è dovuto a titolo di giustizia”. Noi questo lo diciamo con chiarezza e penso che nessuno possa dubitare che questa posizione c’è ed è chiara, senza contare che la politica è anche l’arte del possibile. Forse si potrebbe contestare che non è la C.E.I. che dovrebbe far politica, ma che sono i laici che, nella loro autonomia, debbano compiere simili atti; è anche vero, ma questa Campagna serve anche per creare le condizioni, affinché poi i laici possano buttarsi a costruire gesti politici, anche più robusti di questo, e soprattutto più diffusi, più frequenti, più articolati, dal Giubileo in poi. Noi, Chiesa, diciamo: il debito va cancellato, detto questo, costruiamo uno strumento che è uno strumento di pressione politica, perché, di fatto, noi chiediamo al governo di cancellare il debito, ma piuttosto di rimanere in questa situazione siamo disposti a pagare noi e diamo una provocazione. Di fatto, la dichiarazione di Ciampi del 25 aprile seguiva esattamente la conferenza stampa che noi abbiamo tenuto e nella quale noi abbiamo detto che ufficialmente la Campagna era partita, con questa operazione intrinseca. A me, il pomeriggio prima della conferenza stampa quando sono andato al Ministero degli Esteri ad annunciare che avremmo fatto quello il giorno dopo, hanno detto: certo che ci create molto imbarazzo! Io ho replicato: perché vi creiamo molto imbarazzo? Loro hanno risposto: il fatto che la Chiesa, comunque i cittadini, ma la Chiesa a maggior ragione, raccolga dei soldi per pagare il governo italiano, perché il governo italiano compia un atto che forse dovrebbe fare già di propria iniziativa, è, per il governo italiano, un po’ imbarazzante. Io risposi loro che era come se avessi vinto la lotteria di capodanno, perché quello che io desidero è che si crei esattamente questo disagio, perché nasca un’iniziativa politica nel nostro governo. A me non interessa che noi facciamo bella figura rimettendo il debito; a me interessa che questo problema sia risolto, che vi siano benefici concreti per i popoli del Sud e che questi, per quanto è la nostra responsabilità, siano provocati per mezzo del governo italiano, che assuma un’iniziativa politica su questo tema. Questa Campagna, io la vedo, in modo particolare, come uno strumento di pressione politica, però vi sono altre due considerazioni. Scusate se mi dilungo, ma è importante soprattutto se dobbiamo spiegarla ognuno a casa nostra, ecc…; questa Campagna è anche uno strumento di dialogo e/o pressione con i governi del Sud, perché qui non abbiamo solo da costruire un percorso politico con i governi del Nord, ma anche con quelli del Sud, perché, senza che vi sia alcun razzismo, visto che i buoni e i cattivi sono dappertutto, al Nord come al Sud, a Est e a Ovest, vi sono governi del Sud che sono splendidi, in cui vi sono persone come Nierere, che è mancato poche settimane fa, e che tutti ricordiamo, anche se in Italia non è stato detto nemmeno al telegiornale e solo due

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giornali hanno scritto un trafiletto su Nierere (Il Manifesto e Avvenire), come una delle persone più interessanti che il XX secolo ha fatto vedere sul pianeta; vi sono state anche delle persone più simili ad avventurieri, come il caso del dittatore dello Zaire. Allora, noi non possiamo permetterci di perdere l’occasione di costruire un percorso per responsabilizzare anche i governi del Sud, perché non v’è dubbio che alcuni di questi governi siano saltati anche sul carro di questo meccanismo quando c’era stato da indebitarsi, perché così un po’ di soldi potevano andare in tasca anche ai responsabili di governo. Allora, noi operiamo per la cancellazione e facciamo una pressione politica al Nord, O.K., però bisogna che le risorse liberate siano utilizzate bene al Sud. Io penso che questo sia uno strumento per vincolare i Governi del Sud, almeno i due scelti: Zambia e Guinea; perché noi chiediamo loro di dimostrare concretamente - tirando fuori dal loro bilancio somme di denaro, rinunciando ad amministrarle in qualche – di volere usare le risorse finanziarie, coinvolgendo la società civile, e a favore della società civile. Allora, se noi vediamo questa Campagna come uno strumento politico verso il Nord, ma anche verso il Sud e cominciamo chiarendo che insieme dichiariamo l’ingiustizia che comunque sta a monte della posizione attuale, credo che riusciamo a fare una cosa che consente di dire le cose come stanno e di trovare un meccanismo che risolva anche concretamente, perché le cose vanno anche risolte. La seconda e ultima considerazione: non gliel’aveva mica ordinato il medico a Gesù di morire sulla croce, accettando di essere giudicato dalla folla, da uno che se ne lava le mani; allora potremmo dire che Nostro Signore legittima la pena capitale e legittima, soprattutto, che vi siano degli abusi giuridici, come la schifezza del processo che v’è stato. Nessuno, però, si sogna di dire questo, ma non perché non si deve criticare Nostro Signore, ma perché la logica è diversa: è che se a un certo punto vedo uno che sta male, ogni uomo è mio fratello, diceva Gesù e a quel punto sono disponibile a pagare anche di persona, non importa come, pur di cambiare questa situazione -. Io credo che sia tanto più provocatoria e rivoluzionaria questa disponibilità a pagare di persona, non importa come, anche su chi non è del nostro mondo, della nostra sensibilità e che però ha responsabilità nel prendere decisioni su queste gravi questioni internazionali. Io credo che noi dobbiamo dimostrare che realmente non siamo e non possiamo rimanere indifferenti, ma io credo che si rimanga non indifferenti non solo denunciando indignati, ma anche mettendosi a disposizione. “Non lasciamo che la politica sia fatta solo dal governo, ma facciamola anche noi” è stato detto da uno dei presenti e mi è piaciuta questa frase. È il primo obiettivo della Campagna. Per finanziare questa operazione di conversione del debito è necessaria una raccolta fondi, perché le cose si fanno anche coi soldi e bisogna che ve ne siano per farle, però non ha alcun senso la raccolta fondi se non viene insieme, e in termini logici dopo, un’azione di consapevolezza. Quello che noi dobbiamo fare, la scommessa grossa di questa Campagna, a mio parere, è quella di riuscire a suscitare questa consapevolezza nel nostro mondo, tra la nostra gente, la consapevolezza che viviamo tutti nello stesso pianeta, che viviamo in modi diversi e che il fatto che viviamo in modi diversi ci riguarda. Ci riguarda come cristiani e come cittadini, ma, forse, in modo particolare come cristiani. Mentre venivamo qua dicevamo che il cristiano è uno che si converte, è uno che incontra una Persona, la scopre, a un certo punto è provocato da questa e si converte, cambia. Quello che abbiamo davanti a noi è l’opportunità di avviare un percorso di conversione personale anche per quanto riguarda i nostri comportamenti. È tutta la partita degli stili di vita; ne parlerete più avanti, verso la fine del corso, ma è tutta la partita del consumo responsabile, critico. È vero che ognuno di noi conta poco, però io non posso permettermi di comprare i prodotti di un’azienda che va nel Sud del mondo a creare delle cose tremende nei confronti delle persone che qui vi abitano, solo perché sono più vulnerabili. La Nestlè va al Sud del mondo a proporre alle mamme di usare il latte in polvere. Lo regala loro in ospedale fino a che queste cominciano a dare il latte in polvere e poi non tornano più indietro, perché se smettono di allattare… non hanno più il latte e, di conseguenza, dopo, cominciano a comperare il latte in polvere, anche se non hanno soldi comperano il latte facendo qualsiasi cosa, si prostituiscono realmente, non è una battuta, con gli autoctoni, ma anche con i bianchi, per poter pagare il latte in polvere, che gli vendiamo noi, e darlo ai bambini. Perché questo? Perché la Nestlè dice: il latte in polvere è una cosa meravigliosa, tu sei già un po’ denutrita, smettila di denutriti e di privarti di risorse, perché allattando il tuo bambino tu cedi risorse, nel senso che tu cedi alimenti, calorie e quant’altro, ma il tuo bambino ha bisogno

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di una mamma forte; visto che avete un’alimentazione che non è sufficiente, non privarti di risorse, mangia bene e dà il latte in polvere al tuo bambino, perché tanto ti basta solo un po’ d’acqua. Le mamme africane, ironicamente, sono notoriamente tutte laureate in biologia, per cui sanno benissimo distinguere l’acqua potabile da quella non potabile, hanno tutte un sistema fognario, di acquedotto, di acqua calda e fredda in casa, come ce l’abbiamo noi, per cui hanno tutte l’acqua potabile in casa senza alcun problema. Vi lascio immaginare cosa capiti ai bambini che vengono nutriti con il latte in polvere, allungato con acqua, a volte non assolutamente pura e pulita. Per cui vi sono bambini che muoiono per il latte in polvere, vi sono bambini che muoiono per infezioni, che avrebbero tranquillamente superato se avessero avuto gli anticorpi che si ricevono con il latte materno e che non ricevono in questo modo. Di fronte a una cosa di questo tipo, io credo che sia assolutamente e perfettamente legittimo dire: signori, io non compero più i prodotti di quell’azienda lì. Mi informo su quali siano i prodotti di quell’azienda e non li compero più e glielo dico che non li compro più, spiegando loro anche il motivo, orgoglioso e fiero di riempire il cesto del supermercato di prodotti Nestlè domani, se domani vengo a sapere, e vi sono gli strumenti per saperlo, che queste cose non si fanno più. Voi avete sentito che la Reebok, un mese e mezzo fa, ha fatto un annuncio, dicendo: abbiamo scoperto che in alcune nostre aziende lavorano bambini, abbiamo deciso di intervenire immediatamente. Perché la Reebok ha agito così? Forse perché sono stati folgorati sulla via di Damasco? Più facilmente perché hanno visto i risultati che hanno prodotto i boicottaggi sulla Nike e hanno pensato di giocare d’anticipo, usando una cosa che potrebbe diventare un rischio, una minaccia si dice tecnicamente in marketing, facendola diventare un’opportunità, o addirittura un vantaggio competitivo; cioè: prima che ci becchino loro, denunciamoci noi e, però, facciamo qualcosa di concreto, così ci facciamo stimare e interveniamo e prendiamo quote di mercato, ecc… A me questo va benissimo. Se la Reebok è in grado di dimostrare, e vi sono anche meccanismi di controllo internazionale per fare questo, che non usa più bambini, io sono fiero di acquistare anche 16 paia di scarpe Reebok, perché il problema non è dare soldi all’uno, o all’altro, ma ottenere che non vi siano condizioni di sfruttamento. Questo lo porto come esempio, per dire che il comportamento di un singolo consumatore, se associato, se fatto con un minimo di coscienza, può determinare impatti anche di rilievo anche su una multinazionale come la Reebok, ed è esattamente il nostro obiettivo. I nostri singoli comportamenti, quello che facciamo tutti i giorni, anche del nostro denaro, hanno influenza. Noi paghiamo poco gli infissi in alluminio, perché paghiamo (quasi) niente la bauxite alla Guinea, che è il principale esportatore di bauxite, dalla quale deriva l’alluminio; se vi fosse il mercato della bauxite gestito in altro modo, non nelle mani del Nord, visto che, pur essendo la bauxite al Sud, è gestita da due compagnie societarie del Nord, una francese e una statunitense, probabilmente pagheremmo un po’ di più la nostra finestra e ce lo potremmo permettere, ma gli operai guineani sarebbero pagati un po’ meglio. Vi sono, quindi, tanti strumenti, tanti modi per incidere sui decisori, ma questo forse non è alla portata di tutti, ma altri nostri comportamenti quotidiani possono avere influenza. Io credo che questa partita degli stili di vita, noi come cristiani italiani, l’abbiamo affrontata molto poco, o è delegata ad alcuni innamorati della materia e sembra, poi, che la Chiesa italiana, nella sua pesantezza e nella sua prudenza istituzionale non debba dire queste cose perché sono molto clamorose, però io penso che questo cose si possano dire, sono scritte nei nostri documenti, firmati anche C.E.I., per cui si possono usare senza paura. In sostanza, io credo che l’opportunità che questa Campagna forse ci offre è quella di riflettere un po’ meglio su come noi, come persone, viviamo la nostra dimensione economica, la parte economica della nostra vita. Noi abbiamo sempre detto che bisogna servire Dio e non mammona e allora ci siamo chiusi gli occhi di fronte a mammona, facendo delle nefandezze infinite, magari per servire “meglio” Dio, ovvero, non sapendo quello che facevamo, legittimando delle nefandezze infinite. Io credo veramente che uno degli impegni, e forse anche dei doveri, che abbiamo davanti a noi è conoscere un po’ meglio mammona, visto che ci viviamo dentro (veniamo pagati col denaro e non v’è alcunché di scandaloso in questo), per vedere di riportare, come dicevamo prima, la persona al centro del mercato e riportare mammona a quello che è il suo servizio originario, ovverosia cercare di risolvere meglio, soddisfare meglio, e per tutti, i bisogni delle persone che vivono in questo mondo.

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[1] L’inflazione è l’aumento generale dei prezzi da un anno all’altro. Quando l’inflazione scende non significa che sono scesi i prezzi. Se l’inflazione un anno è al 10% e l’anno successivo al 5%, l’inflazione è scesa, ma vuol dire che i prezzi salgono lo stesso. L’anno prima i prezzi salirono del 10% rispetto all’anno precedente; l’anno dopo, rispetto all’anno precedente, sono saliti solo del 5%, ma sempre di aumento si tratta. [2] Milton Friedman, Brooklyn 31 luglio 1912. Economista statunitense. Professore di economia all’Università Chicago dal 1946 al 1976. Premio Nobel per l’economia nel 1976. [3] John Maynard Keynes (Cambridge, 5 giugno 1883 - Firle, Sussex, 1946). Professore di economia all’Università di Cambridge dal 1920. è una delle persone più rilevanti del, possiamo dire seppur con un certo imbarazzo, secolo scorso. È colui che ha rivoluzionato l’economia dal punto di vista dottrinale, teorico, dopo la crisi del ’29. Riflettendo sull’andamento, sulle ragioni di questa crisi, ha scritto alcuni testi fondamentali per l’economia contemporanea. Alla luce delle sue riflessioni noi abbiamo avuto il benessere che abbiamo avuto in Italia dopo la guerra. Vale a dire le politiche della domanda che tutta l’Europa in modo particolare, ma anche gli Stati Uniti, di quell’epoca lanciarono dopo la seconda guerra mondiale, usando a questo fine anche il piano Marshall (prestiti e finanziamenti). I monetaristi dicono: dobbiamo raffreddare la domanda, perché raffreddando la domanda si abbasseranno i prezzi; i keynesiani, invece, dicono che bisogna stimolare la domanda, perché stimolando la domanda, i produttori, vedendo che v’è una più forte domanda, non alzeranno i prezzi - perché altrimenti rischiano di andare loro, singolarmente, fuori mercato (perché il concorrente non alza i prezzi) -, ma aumenteranno la produzione, perché si può vendere di più; se produrranno di più, avranno bisogno di nuovi operai, i quali avranno uno stipendio, che prima non esisteva e che sarà speso per qualsiasi bene vorranno e di cui abbisognano; ciò originerà e finanzierà nuova domanda e nascerà, quindi, un circolo virtuoso di espansione, anziché di recessione. Per cui le due scuole vedono da una parte la ricerca, in qualche modo, della recessione per evitare che tutto diventi una bolla inflazionistica, cioè di aumento dei prezzi senza aumentare le quantità che sono scambiate, dall’altra, la scuola keynesiana, la necessità di aiutare e favorire la domanda, perché favorendo la domanda si ha una crescita reale dell’economia e non solo in termini di prezzi. [4] Istituzioni finanziarie (si occupano di denaro) pubbliche (costituite dagli stati) e non private. [5]

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Il furto della ricchezza dei popoli (09/05/2004 - da Carta.org) Rete di Economia Solidale (6 aprile 2004) E gli strumenti per la sua riappropriazione - studio sul sistema monetario internazionale - Le fonti della ricchezza Quali sono le fonti principali della ricchezza dei popoli? L’uomo ha sempre attinto alla natura, quale fonte primaria per soddisfare i suoi bisogni. All’inizio ha preso i beni della natura semplicemente come questa glieli offriva. Poi ha imparato a manipolare e trasformare le sostanze della natura per ottenere un’infinità di beni atti a soddisfare sempre più e sempre meglio bisogni vecchi e nuovi. Ha inoltre trovato metodi e mezzi sempre più efficienti e facili, per produrre i beni basilari. Riferendoci, in particolare, alle popolazioni più progredite nello sviluppo tecnico, si può dire che la ricchezza dell’uomo è aumentata sempre più. Inoltre negli ultimi secoli l’uomo ha scoperto le sostanze e le tecniche che gli forniscono energia apparentemente infinita e a basso costo per ogni possibile uso e in grado di sostituire in gran parte l’energia umana per la produzione di beni e per gli spostamenti di persone e cose. Tecniche sempre più potenti e sofisticate (elettronica, robotica, informatica, telematica, ecc.) sono in grado di compiere autentici miracoli in ogni settore dell’attività umana. Oltre a quanto gli uomini producono nel presente, un’altra grande fonte di ricchezza è anche quanto essi ricevono in dono dalle generazioni precedenti: sono case, strade, ferrovie, acquedotti, costruzioni di ogni genere, fabbriche e macchinari di ogni genere e infinite conoscenze scientifiche e tecniche avanzatissime. Se, per esempio, guardiamo nel piccolo alle singole famiglie, i genitori possono lasciare ai figli case, fabbriche, terreni, denaro e quant’altro. Chi riceve una casa non ha bisogno di “fare i sacrifici” per costruirne una nuova. E dal punto di vista produttivo sociale, non c’è bisogno di ricreare dal nulla fabbriche di beni, perché sono già presenti, né di sviluppare conoscenze già acquisite. Sembrerebbe che l’umanità debba essere enormemente ricca e vivere nel benessere pieno. E infatti molti studiosi di economia hanno previsto uno scenario in cui lo sviluppo tecnico avanzato porti addirittura alla “fine del lavoro”, poiché produrre grandi masse di beni è diventato sempre più facile e spesso si incorre nella “sovrapproduzione”. Eppure, nonostante tutta questa enorme potenzialità di benessere per tutti, le difficoltà economiche per l’umanità nel suo complesso sembra che stiano aumentando sempre più, in quest’ultimo periodo. Cosa sta succedendo? Dove va a finire l’enorme ricchezza prodotta dall’umanità e cosa impedisce di produrre quella potenzialmente producibile, adottando tecniche e tecnologie non distruttive dell’ambiente? La natura ci mostra di essere capace di farci vivere nell’abbondanza dei suoi doni. Perché non siamo capaci di accogliere in modo giusto la sua ricchezza? La miseria dei popoli E perché in molta parte del mondo ci sono miseria, fame, sofferenza e ingenti debiti da saldare? Perché l’80% della popolazione mondiale vive ancora in condizioni di sottosviluppo e al 40% della popolazione mondiale non sono garantiti i beni essenziali? Perché, anche nel cosiddetto mondo sviluppato, le difficoltà aumentano invece di diminuire? La cosa sembra avere dell’inverosimile, eppure è la realtà in cui viviamo. Dovrebbe essere possibile avere molto più tempo libero che in passato, potersi dedicare non solo al lavoro produttivo, ma anche all’arte, alla conoscenza, ai rapporti, ai viaggi, all’evoluzione della coscienza individuale e collettiva. Dovrebbe essere possibile impiegare energie di lavoro per il miglioramento dell’ambiente naturale, invece che per la sua distruzione, e migliorare anche gli ambienti di lavoro,

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di abitazione , di convivenza sociale (villaggi, città, ecc.). Invece nei paesi più sviluppati ci troviamo in una situazione di attivismo stressante e di tenore di vita che non solo non aumenta, come sarebbe da aspettarsi, ma va diminuendo. In molti altri paesi poi abbiamo una situazione di povertà, emarginazione e sofferenze di ogni genere. E ovunque abbiamo la distruzione dell’ambiente, invece che la sua cura, quasi dimenticando che esso è la nostra principale ricchezza, che non possiamo dissipare. Vediamo solo un esempio di dati sintetici, senza dilungarci oltre su questo aspetto, perché i documenti e le denunce di queste situazioni sono ormai molteplici: «La povertà assoluta è una condizione di vita al limite della sopravvivenza. Chi vive nella povertà assoluta non ha una casa degna di questo nome, non ha vestiti di ricambio, non ha scarpe, non ha sapone per lavarsi, non ha garanzia di un piatto di minestra tutti i giorni. Gli economisti tracciano i confini della povertà assoluta calcolando il reddito necessario per soddisfare i bisogni fondamentali. Il limite di demarcazione della povertà assoluta è stato fissato a 365 dollari all’anno. Ma la povertà assoluta è molto di più di una condizione economica. Gli orrori della povertà assoluta si estendono a tutti gli aspetti della vita personale: suscettibilità alle malattie, analfabetismo, sottomissione e totale insicurezza di fronte ai cambiamenti. In Africa il 30% della popolazione è in condizioni di povertà assoluta, in Asia il 27% e in America Latina il 22%. Se si comprendono anche coloro che sono poco al di sopra della linea di demarcazione si può affermare che il 70% della popolazione del Sud del mondo vive in condizioni di povertà estrema.» (tratto da Nord Sud – Predatoti, predati e opportunisti- del Centro Nuovo Modello di Sviluppo EMI Edizioni) Ora per avvicinarci alla soluzione dell’ enigma della presenza di povertà al posto della ricchezza, cominciamo col leggere un brano di Marco Polo tratto dal suo famoso libro “Il milione”, in cui racconta le sue esperienze di viaggi fatti in Asia e, in particolare, la sua permanenza nel regno del Gran Kan Kublai. Siamo negli anni a cavallo del 1300 avanti Cristo. Il Gran Kan fa spendere carta invece di moneta «Sappiate che in questa città di Cambaluc è la zecca del Gran Signore: ed è organizzata in tal modo che si può dire come il Gran Kan sia davvero un perfetto alchimista. Mi spiego. Egli fa fabbricare la seguente moneta: fa prendere scorza d’albero o per meglio dire corteccia di gelso, l’albero di cui mangiano le foglie i bachi da seta; e fa togliere la pellicola sottile che è tra la corteccia e il fusto; quelle pellicole sono tutte nere: le frantumano, le pestano e poi le impastano con la colla in modo che ne risulti una specie di carta bambagina, sottile come quella dei papiri. Quando la carta è pronta la fa tagliare in parti grandi o piccole, foglietti in forma quadrata o più lunghi che larghi. Il foglietto piccolo vale la metà di un tornesello; il primo corrisponde a un mezzo grosso d’argento, il secondo a un grosso e intendo un grosso d’argento di Venezia; poi ve ne sono da due grossi, da cinque, da dieci e quelli che valgono un bisonte, o due o tre, fino a dieci. Ogni foglietto porta il sigillo del Gran Signore. E questa moneta è fatta con tanta autorità e solennità come se fosse d’oro o d’argento: in ciascuna moneta alcuni ufficiali preposti a questo lavoro scrivono il loro nome e il loro segno e, quando l’hanno fatto, il capo degli ufficiali nominato dal Signore sparge del cinabro su una bolla che gli è stata concessa e vi passa sopra la moneta, così che la forma della bolla tinta di cinabro rimane impressa sulla moneta e l’autentica. E se qualcuno osasse falsificarla sarebbe punito con la morte; e questi foglietti il Gran Kan li fa fabbricare in tale numero che potrebbe pagare con essi tutta la moneta del mondo. Fabbricata così la moneta, il Signore fa fare con essa ogni pagamento e la fa spendere per tutte le province dove egli tiene signoria: e nessuno osa rifiutare per paura di perdere la vita. Ma è vero anche che tutte le genti e le razze di uomini,

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sudditi del Gran Kan, prendono volentieri queste carte in pagamento perché alla loro volta le danno in pagamento per mercanzia, come perle, pietre preziose, oro e argento: Si può così comprare tutto ciò che si vuole e pagare con la moneta di carta; e pensate che una carta del valore di 10 bisonti non arriva a pesare quanto un bisonte. Più volte all’anno arrivano a Cambaluc i mercanti: arrivano a gruppi e portano perle, gemme, oro, argento e altre merci ricche come tessuti d’oro e di seta; offrono la mercanzia al Gran Signore ed egli fa chiamare dodici uomini esperti che hanno la direzione di queste cose e ordina loro di esaminare la merce e di pagare quello che ritengono giusto. I dodici esaminano con molta cura e stimano secondo coscienza, e subito fanno pagare gli acquisti con i foglietti che ho detto. I mercanti li prendono molto volentieri perché se ne serviranno poi per altri acquisti all’interno delle terre del Gran Kan; se poi devono comprare in paesi dove non si accettano i foglietti comprano altra merce e la scambiano. E vi assicuro che le cose portate a più riprese dai mercanti durante l’anno ammontano ad un valore di ben quattrocentomila bisonti: Il Gran Signore paga sempre in foglietti. Si aggiunga che durante l’anno va per la città un bando che impone a tutti quelli che hanno oro e argento e pietre preziose e perle di portarle alla zecca. I sudditi obbediscono e ricevono pagamento in carta. Portano infiniti oggetti preziosi e anche questi sono pagati in carta. In questo modo il Signore possiede tutto l’oro, l’argento e le perle che si trovano sulle sue terre. Vale la pena di raccontarvi un’altra cosa. Quando per l’eccessivo passaggio di mano i foglietti si rompono o si sciupano, si portano alla zecca e si prendono in cambio biglietti freschi e nuovi lasciandone però tre per ogni cento. E c’è anche un altro fatto importante da ricordare. Perché, se qualcuno vuole acquistare oro o argento per il suo vasellame, per le sue cinture o per altre cose, va alla zecca, porta con sé i foglietti e prende in cambio l’oro e l’argento che gli serve. Adesso vi ho raccontato il modo usato dal Gran Signore per possedere il maggior tesoro che un uomo abbia mai posseduto; e certo tutti i principi del mondo riuniti insieme non raggiungono l’immensa ricchezza che il Gran Kan ha da solo.» Dunque il Gran Kan, come ben ci racconta Marco Polo era un perfetto alchimista e per mezzo di pezzetti di carta senza valore prendeva per sé tutti i beni di maggior valore del suo regno. Oltre a ciò aveva anche un sofisticato sistema di tassazione. C’è anche da osservare che, con questa enorme ricchezza, il Gran Kan era in grado di pagare e di organizzare un potente esercito in difesa del suo impero e per la sua estensione. Dunque il potere del Gran Kan si può riassumere in questi tre elementi: emissione della moneta ed appropriazione per sé dei valori su di essa stampati, imposizione delle tasse ed esercito per reprimere chi non fosse d’accordo. Certamente il Gran Kan Kublai avrà cercato di usare il potere del denaro anche per organizzare bene il suo impero e per alzare il livello di “civiltà” dei suoi popoli e di quelli sottomessi. Ma un impero finisce sempre per dover impiegare un’ enormità di energie al fine di difendere con la forza le sue conquiste e per tenere assoggettati i popoli, che hanno sempre un’inestinguibile anelito alla libertà, alla indipendenza e all’accordo basato sulla libertà di scelta. Alla ricerca dei Gran Kan dell’epoca odierna Sorge ora la domanda se ci siano anche oggi dei perfetti alchimisti che, con dei pezzetti di carta senza valore, confiscano enormi ricchezze e il frutto del lavoro altrui, sotto gli occhi di tutti, senza che quasi nessuno ci faccia caso o protesti. Questo incomincerebbe a dare una parte della spiegazione alla altrimenti inspiegabile povertà dei popoli di oggi, di cui abbiamo già detto. Ci domanderemo anche se ci siano degli altri meccanismi di concentrazione della ricchezza in mano a pochi, a fronte della

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miseria per molti. Cercheremo anche di scoprire quali possono essere i Gran Kan di oggi e se anche loro abbiano un potente esercito con cui difendere ed estendere i loro privilegi, reprimere chi non è d’accordo e cercare di assoggettare tutto il mondo al loro “ordine mondiale”. Infine ci domanderemo se anche oggi, come in tutti gli imperi, si voglia giustificare il dominio con il compito di portare forzatamente “la civiltà” ai popoli “incivili” e se anche oggi questo compito non costi grandi energie di repressione dei popoli ribelli al dominio.

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Il potere di Signoraggio in Italia e in Europa Poste tutte queste domande ci inoltriamo nella ricerca da profani e cerchiamo per primo di vedere se esiste oggi questo meccanismo di confisca della ricchezza dei popoli analogo a quello attuato dal Gran Kan Kublai attraverso l’emissione di carta moneta. Per prima cosa dobbiamo scoprire chi emette la moneta e chi prende il valore che viene scritto sopra di essa. Questa possibilità di emettere moneta e di prendere il valore scritto sopra di essa viene chiamato, dagli economisti moderni, “potere di signoraggio”, perché anticamente erano dei potenti signori, dotati di eserciti repressivi, che potevano imporre una loro moneta. Dunque: chi ha oggi il potere di signoraggio? Di primo acchito su questo punto sembra che ci sia poco da scoprire. Si sa che la moneta è emessa dallo Stato: non c’è forse la Zecca dello Stato? Perciò il valore scritto sopra le banconote viene preso dallo Stato ed è lo Stato che ha il potere di signoraggio. Ma qui abbiamo una sorpresa: non è lo Stato che emette moneta e ne prende il valore, ma la Banca d’Italia. Subito però ci si tranquillizza pensando che la Banca d’Italia si chiama così perché è dello Stato. E qui c’è la seconda sorpresa per i non addetti ai lavori: la Banca d’Italia è un istituto di diritto pubblico con quote di capitale sociale in mano a banche e istituti finanziari privati e, oltre a scopi istituzionali ha anche scopi di lucro come una normale società per azioni. E’ però vero che la maggior parte degli utili, derivanti dall’emissione della moneta, vanno allo Stato Italiano, anche se non prima di aver ricompensato lautamente i “partecipanti” (dividendo fino al 6% del capitale + eventuale integrazione del dividendo fino al 4% del capitale + una somma che può raggiungere fino al 4% dell’importo delle riserve della banca ed essendo queste riserve molto più elevate del capitale sociale questa somma potrebbe essere superiore a quella dei dividendi). Inoltre la Banca d’Italia, avendo il potere di emettere moneta, non si preoccupa dei propri costi come una normale azienda sul mercato ed ha certamente “costi produttivi” molto elevati per i servizi che fornisce alla collettività. In ogni caso l’appropriazione del valore della moneta da parte di privati o dei “burocrati” della banca è solo parziale. Però oggi non c’è più la Lira ma l’euro. Come sono le cose con l’Euro? Cosa rappresenta la nascita dell’euro nel contesto del potere di signoraggio? L’emissione della moneta viene lasciata in mano alle Banche centrali degli stati partecipanti. Sarebbe interessante indagare come funziona il potere di signoraggio negli altri stati del mondo, ma sarebbe troppo impegnativo per questo tipo di ricerca. Intanto possiamo annotare che abbiamo visto una prima fonte di furto della ricchezza prodotta. Essa è quantificabile nei seguenti elementi: 1. accantonamento del 20% degli utili, che pertanto vengono sottratti alla collettività a cui spetterebbero 2. parte degli utili della stampa della moneta assegnata a banche private, cosa che non dovrebbe avvenire 3. costo eccessivo della struttura A dire il vero, questo “furto” è ancora molto limitato per poterci far comprendere gli eventi attuali, perciò procediamo oltre. La Bilancia Internazionale dei Pagamenti La più grossa fetta del commercio ha oggi una dimensione internazionale. Questo fatto pone due problemi: 1. L’equilibrio nella bilancia internazionale dei pagamenti 2. il sistema di cambi fra le valute dei vari paesi (euro, yen, dollaro, ecc.) Su entrambe queste problematiche è possibile imbastire grandiosi affari. E certamente non mancherà chi si dà da fare in settori così lucrosi. Per i non esperti vediamo che

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cos’è la bilancia internazionale dei pagamenti. Se una ditta italiana esporta pasta in Giappone e la ditta importatrice paga in Yen, la ditta italiana dovrà consegnare alla propria banca gli Yen per farseli mutare in Euro. Così il sistema bancario europeo (alla fine gli yen arrivano al sistema di conto della banca centrale europea) si troverà ad avere degli Yen e vanterà un diritto corrispondente nei confronti del sistema bancario giapponese. Quando invece un importatore italiano compra prodotti dell’elettronica giapponese , pagando in Euro, la ditta giapponese che acquisisce gli Euro li porterà nella propria banca per ricevere gli Yen e il sistema bancario giapponese vanterà un credito verso la banca centrale europea. La bilancia commerciale di un paese è in equilibrio quando il valore delle monete estere che la banca centrale ha incamerato, attraverso le vendite all’estero delle proprie imprese, è pari al valore della propria moneta presente nelle banche estere, a causa del pagamento di prodotto importati. Tutte le transazioni internazionali passano per le banche centrali dei paesi, le quali funzionano da “camere di compensazione”. Gli yen ricevuti attraverso le vendite in Giappone potranno essere restituiti dalla banca centrale europea a quella giapponese in cambio degli euro che questa ha incamerato in seguito alle vendite delle ditte giapponesi in Europa. Le banche centrali dovranno curare che ci sia sufficiente equilibrio fra importazioni ed esportazioni dei vari paesi. Attualmente, oltre ai movimenti di merci, si sono imposti i movimenti di capitali, che sono ormai divenuti di entità molto maggiore rispetto ai movimenti di merci. Se un investitore italiano vuol acquistare azioni alla borsa di Tokio, ha bisogno di yen come se comprasse merci giapponesi e viceversa per un investitore giapponese in Europa. Anche questi movimenti di capitali entrano nel conto della bilancia internazionale dei pagamenti. Però mentre l’acquisto di una merce non è reversibile, l’acquisto di azioni nelle borse estere è un’azione reversibile, nel senso che le azioni possono essere rivendute e il capitale investito all’estero ritirato. Perciò è bene non basarsi su questo per l’equilibrio della bilancia dei pagamenti. Altri tipi di movimenti che interessano l’equilibrio della bilancia dei pagamenti sono l’acquisto di beni in paesi esteri, l’acquisto di industrie estere, l’istallazione di aziende all’estero, la compravendita di valute estere. Non entriamo nei dettagli di queste operazioni e del loro significato. L’ equilibrio della Bilancia dei Pagamenti Quando un paese aveva più acquisti dall’estero che non esportazioni, poteva scoraggiare in vario modo le importazioni e favorire in vario modo le esportazioni. Attualmente ciò è stato molto limitato a causa delle norme di liberalizzazione degli scambi internazionali, imposte dal WTO (l’Organizzazione Mondiale del Commercio), per favorire la penetrazione delle grandi multinazionali e delle grandi banche E per i paesi emergenti un metodo di portare verso il pareggio la bilancia dei pagamenti è proprio quello di attirare capitali stranieri e in questo senso la creazione delle borse valori che offrono un buon mercato agli investitori stranieri può aiutare l’equilibrio della bilancia dei pagamenti, con il pericolo già visto della repentina fuga dei capitale e dell’apertura a operazioni speculative. Ma soprattutto il pericolo è l’arrivo delle grandi banche che monopolizzano l’emissione di credito per impadronirsi dell’emissione della moneta bancaria e di cui parliamo più avanti. Il Sistema di Cambi fra valute Poiché il commercio internazionale avviene attraverso le valute dei vari paesi e poiché le valute estere vengono cambiate fra di loro tramite le banche centrali, diventa essenziale sapere quale è il coefficiente di cambio, cioè, per esempio, quanti yen vale un euro. Se il coefficiente di cambio rimane stabile non ci sono problemi, ma se è soggetto a fluttuazioni (svalutazioni e rivalutazioni delle valute) allora possono essere

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realizzate imponenti speculazioni da parte di chi riesce a prevedere, o addirittura a condizionare, l’andamento del valore delle valute rispetto a quella di riferimento (il dollaro). Chi sarà a dirigere anche questo gioco e a realizzarne ingenti guadagni? Prendiamo un solo dato dal libro “Nord Sud -Predatori, predati e opportunisti-“ «Nel 1980 per acquistare una locomotiva dal Nord occorrevano 12910 sacchi di caffè del Sud. Dopo 10 anni per acquistare la stessa locomotiva occorrono 45.800 sacchi di caffè» . Cioè quasi 4 volte di più e questo si realizza poiché i prezzi dei prodotti del Sud calano rispetto al dollaro e i prezzi dei prodotti del Nord crescono, cosa che può essere vista anche come calo di valore delle monete locali del Sud. Il Dominio Monetario Imperiale degli USA Nel 1944 a Bretton Woods, negli USA, fu sanzionato il dominio finanziario e monetario della potenza che più di ogni altra usciva vincitrice dalla guerra: gli Stati Uniti d’America. Là si riunirono i delegati di 44 stati per decidere il sistema monetario internazionale da istaurare dopo la guerra. In sostanza il dollaro divenne la moneta di riferimento per gli scambi internazionali e furono creati il Fondo Monetario Internazionale (FMI) e la Banca Mondiale (BM). L’accordo era basato sui seguenti 2 punti: 1. Gli Usa garantivano la convertibilità del dollaro in oro al valore fisso di 35 dollari all’oncia. Cioè con i dollari si poteva comprare oro a quel prezzo. 2. Gli altri paesi fissavano il prezzo della propria moneta in termini di dollari o oro e questo prezzo non poteva variare se non entro dei limiti ristretti (sistema di cambi valutari quasi fissi) Il dollaro ancorato all’oro divenne la valuta di riferimento e di garanzia negli scambi internazionali e divenne la valuta di riserva delle banche centrali degli altri paesi per regolare la bilancia dei pagamenti con l’estero. Cioè i vari stati si trovarono a creare riserve di dollari nelle loro banche centrali mentre quelle degli Stati Uniti potevano emettere moneta in grandi quantità con enormi utili. Non solo ma per gli Stati Uniti si creò una situazione di particolare vantaggio negli scambi commerciali internazionali. Chi compra merci all’estero (importazioni), come abbiamo già visto, fa andare in passivo la bilancia dei pagamenti, in quanto fa andare all’estero la moneta nazionale con cui fa gli acquisti e la Banca Centrale del proprio paese deve recuperare quella moneta pagandola con quella dello stato del venditore, nella cui banca centrale è andata a finire. La Banca Centrale degli Stati Uniti invece non ha bisogno di possedere le varie valute dei paesi in cui le proprie ditte hanno fatto acquisti perché gli altri paesi gradiscono trattenere i dollari che sono la moneta di riferimento accettata in pagamento da quasi tutti gli stati e quindi può saldare il proprio deficit della bilancia dei pagamenti con dollari, al contrario degli altri stati che devono reperire la moneta degli stati in cui le proprie ditte hanno fatto acquisti, oppure deve usare il dollaro. Tutto questo potenzia al massimo per gli Stati Uniti la possibilità di emettere la propria moneta, il dollaro, con il relativo potere di signoraggio per i banchieri della banca centrale e porta alla “dollarizzazione” del mondo intero, con guadagni enormi per lo stato e per l’economia americana. Si pensi che all’inizio degli anni Settanta, l’80% delle riserve valutarie di tutti gli stati del mondo erano costituite di dollari e si potrà comprendere l’enorme massa di dollari stampati e intascati alla faccia di tutti i popoli che li utilizzano. Già nel 1960 la somma dei dollari internazionali superò il valore delle riserve auree degli Stati Uniti, per cui la conversione in oro della moneta diventava impossibile e le richieste in tale senso che iniziavano a pervenire furono disattese dalla banca centrale americana. Gli Usa continuavano a usare i loro dollari, prodotti quasi gratuitamente, per crescenti investimenti in Europa, per finanziare i propri eserciti

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all’estero, per finanziare il proprio deficit della bilancia dei pagamenti e per finanziare la guerra in Vietnam. Così il privilegio degli Usa di stampare una moneta con valore internazionale permise sia la crescita delle loro grandi multinazionali nell’economia mondiale, che una politica estera aggressiva nel mondo. Dopo le avvisaglie del 1960 sulla inconvertibilità del dollaro in oro, gli Usa sostennero che la loro moneta andava considerata come base indispensabile del sistema monetario internazionale indipendentemente dalla sua convertibilità in oro, in quanto il suo aumento era in grado di svilupparsi in relazione all’aumento dell’economia mondiale, cosa che non si poteva realizzare con l’oro!! Così gli USA, con un incredibile faccia tosta, si arrogarono il privilegio del potere di signoraggio su tutto il mondo, andando molte oltre a quanto era riuscito a fare il Gran Kan Kublai!!! A loro appartiene, rispetto a tutti i tempi della storia il record mondiale della furbizia e del dominio arbitrario! La situazione andò avanti fino al 1970 quando L’OPEC, il cartello dei paesi arabi produttori di petrolio, aumentò il prezzo del greggio e pretese il pagamento in oro. I paesi acquirenti cercarono di cambiare dollari in oro. Ciò sarebbe stato impossibile in quanto i dollari stampati superavano di moltissime volte le riserve auree degli Stati Uniti. Questa crisi permase fino a che, il 15 Agosto 1971, il presidente Nixon dichiarò unilateralmente e senza preavviso che il dollaro non sarebbe stato più convertibile presso la Banca Centrale americana né in oro, né in valute estere, né in altri mezzi di riserva. Con una arroganza e una prepotenza assolute gli Usa vennero meno ad ogni patto stipulato a Bretton Woods e imposero il dollaro stampato dalla loro banca centrale come il cardine arbitrario del commercio internazionale a loro esclusivo vantaggio e per il loro potere economico assoluto. Tutte le banche centrali non americane si adeguarono, mantenendo presso di loro i dollari quale valore assoluto per gli scambi internazionali, come se si trattasse di oro, anche senza convertibilità, nonostante soltanto gli Stati Uniti avessero tratto vantaggio dalle enorme massa di dollari stampati!!! Supera ogni fantasia di fantapolitica e fantaeconomia, ma è pura realtà in cui ancora viviamo. E i politici dei vari stati!? Quasi silenzio o solo qualche protesta di routine. Tutti conniventi?! Solo De Gaulle nel 1960 aveva protestato energicamente contro la politica imperialista americana, ma senza ottenere risultati. Probabilmente gli Stati Uniti hanno emesso così tanti dollari che, se i loro possessori potessero liberamente farne acquisti, potrebbero comprare gran parte dei beni degli Stati Uniti, tutte le sue fabbriche, tutte le sue terre. Ma gli Stati sono obbligati a mantenere le loro riserve in dollari o a convertirli in buoni del tesoro Usa, mentre gli Usa sono stati acquirenti gratuiti di prodotti, società e terre degli altri paesi, attraverso l’emissione della moneta e l’emissione del credito, e continuano a farlo e ad espandersi, seppure devono condurre sempre più guerre per andare avanti in questa strada. Gli Usa hanno acquisito così tanti beni, imprese, terre, banche, strutture in tutto il mondo, che se anche ora si arrestasse l’emissione di dollari, essi hanno comunque nelle mani un potere così enorme da potersi conservare ancora molto a lungo. Possiamo notare come tutti gli imperi, cioè i sistemi di sottomissione di altri popoli, si sono basati sulla massiccia emissione di moneta, per finanziare i propri eserciti e le proprie strutture di occupazione. Così è stato per l’impero del Gran Kan, così per l’impero romano, così è anche per quello americano. Tuttavia dobbiamo vedere anche un altro fenomeno attuale, la svalutazione del dollaro, e vogliamo fornire per questo fenomeno una particolare ipotesi di spiegazione, senza avere la certezza che le cose stiano proprio così. Finché il dollaro serviva per comprare all’estero, era importante per gli americani che avesse un alto valore, in modo da comprare all’estero a sottoprezzo, ma quando gli altri stati iniziano a fare pressione per risanare la bilancia commerciale degli Usa e pretendono di poter spendere i dollari

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che sono nelle loro mani, in beni degli Stati Uniti, allora da una parte essi ricercano in tutti i modi di impedirlo, dall’altra viene svalutato il dollaro, in modo che i dollari all’estero abbiano sempre meno valore. Nello stesso tempo si favoriscono le esportazioni e si limitano le importazioni, spingendo il sistema economico americano a produrre al suo interno i beni di cui abbisogna. Chi è consapevole di tutto questo nel frattempo avrà provveduto a convertire i propri dollari nella nuova moneta forte da essi stessi voluta, l’euro. Si sa che i grandi banchieri “massoni” e le strutture più alte del potere economico sulla terra, non hanno patria e possono con facilità spostare le loro risorse da un punto all’altro del globo, da una valuta all’altra, magari in qualche paradiso fiscale. Importante è che enormi masse di moneta forte rimangano nelle loro mani. Con tutto questo abbiamo comunque scoperto una seconda, molto più importante, enorme, attività di confisca della ricchezza dei popoli. a vantaggio, per lo meno in passato, di un solo popolo e soprattutto delle sue banche, delle sue imprese multinazionali, delle sue famiglie di potere “massonico” e dei suoi programmi guerrafondai da grande potenza imperialista. La Moneta Bancaria Procediamo oltre: oggi non siamo come ai tempi del Gran Kan, in cui tutto il denaro era sotto forma di moneta o, con altra espressione, tutta la moneta era in forma “liquida”. Oggi la maggior parte del denaro si trova sotto forma di cifre iscritte nei conti bancari, che si muovono da un conto all’altro da una banca all’altra, tramutandosi raramente e solo in parte in banconote. Si tratta della cosiddetta “moneta bancaria”. La moneta totale di uno Stato è data dalla somma della moneta liquida cartacea con quella bancaria, che è di molto superiore in valore. Dal libro “La moneta” di Andrea Terzi si ricava la percentuale del 90% per la moneta bancaria e 10% per la moneta liquida. Come abbiamo visto chi crea il denaro liquido e chi se ne appropria, ora dobbiamo cercare di capire come viene creato il denaro che sta dentro i conti bancari e a chi appartiene. Anche in questo caso ingenuamente si penserà che qui tutto è chiaro: le banche prendono in prestito del denaro dai cittadini e poi lo concedono in prestito alle imprese o ad altri soggetti che ne hanno bisogno. Così pensa la quasi totalità della gente. Il meccanismo bancario invece è di tutt’altra natura. Una banca privata viene costituita con il versamento del Capitale sociale da parte dei soci o degli azionisti. Poi la banca raccoglie prestiti dal pubblico. La legge consente alle banche di emettere prestiti solo se hanno depositato una somma di garanzia presso la banca centrale (Banca d’Italia, per esempio). Per ogni 100 euro depositati le banche possono concedere prestiti fino a 1000 euro e oltre, purché non vadano in crisi di liquidità! Perciò le banche private locali possono depositare alla banca centrale il loro capitale sociale sommato con i prestiti raccolti presso i risparmiatori, tenendo per sé solo quel tanto che serve come liquidità di cassa e poi possono concedere prestiti per una somma 10 volte superiore alla somma depositata. Denaro contante liquido ne occorre poco perché la maggior parte delle transazioni bancarie sono movimenti da un conto bancario ad un altro, tramite bonifici bancari, assegni, ricevute bancarie all’incasso e quant’altro. Inoltre il denaro contante liquido che esce per le esigenze di liquidità dei clienti, ma viene compensato da quello che rientra tramite i versamenti delle imprese che incassano liquidità (negozianti, piccole imprese artigiane, ecc.). Con le carte di credito poi i pagamenti per contanti tendono a ridursi sempre più e diventano anch’essi transazioni da un conto bancario all’altro. Ma l’aspetto più interessante della gestione dei prestiti concessi dalle banche è che la concessione di un prestito bancario coincide con l’emissione di moneta bancaria, esattamente come se si stampasse nuova moneta, ma in maniera ancora più facile e

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senza spese. Si crea denaro dal nulla, con una semplice registrazione al computer. Infatti l’accredito di una somma a prestito su un conto bancario non ha come contropartita una pari somma sottratta da un altro conto, che quella somma fornisce, ma si tratta di pura creazione di denaro dal nulla, dovuto al fatto che alla banca è stato concesso il potere di emettere crediti oltre le somme che possiede (e cioè quelle versate in capitale e quelle raccolte dai risparmiatori). Così con ogni emissione di credito si ha un incremento netto di moneta bancaria emessa dalla banca. La banca deve solo fare attenzione a non entrare in crisi di liquidità perché potrebbe succedere che concedendo molti prestiti ci siano molte richieste di denaro liquido, superiori alle riserve che ha la banca. Per questo le banche fanno attenzione a concedere prestiti preferibilmente a clienti che poi eseguiranno i pagamenti tramite movimenti bancari e non tramite liquidità. In ogni caso oggi le banche sono prevalentemente delle grosse reti collegate in Gruppi bancari e la carenza di liquidità di una banca di un gruppo viene compensata dal surplus di liquidità di altre banche dello stesso gruppo. Inoltre anche la banca centrale protegge le singole banche e gruppi bancari da momentanee insufficienze di liquidità, al limite emettendo nuova moneta. Infine il denaro liquido si usa sempre meno, in percentuale sul totale. Dunque questa creazione di denaro dal nulla da parte delle banche è un fatto strabiliante, quasi impossibile da credere, eppure vero e realizzato ogni momento da migliaia e migliaia di banche in tutto il mondo. Però, si dirà, i prestiti non sono solo concessi, ma vengono anche restituiti. Cosa succede quando il prestito viene restituito? Così come si è creata moneta bancaria all’atto di emissione dei prestiti, essa viene “distrutta” nel momento di pagamento delle rate. Il segreto è che l’emissione del credito è andata aumentando sempre più, di anno in anno ed è questo che conta. Infatti la creazione netta di moneta bancaria è pari al netto fra le somme concesse e quelle restituite. L’economia dell’ultimo secolo è andata espandendosi sempre più e sviluppando sempre più attività. Così la somma netta dei prestiti concessi non poteva che crescere costantemente, perché l’economia aveva bisogno di massa sempre crescente di moneta che i banchieri con facilità creavano, attraverso l’emissione e l’incremento dei prestiti netti, che rimanevano sempre in loro potere. In questo modo i banchieri hanno nelle loro banche quasi tutto il valore aggiunto dello sviluppo mondiale!! Non è mancato certamente chi ha usato questo enorme privilegio di poter emettere moneta-credito per creare una grande rete di potere. Si è creata una alleanza fra banchieri, che hanno il potere di emettere moneta guadagnandoci sopra lautamente, e le grandi imprese da essi favorite, che hanno avuto buon gioco ad ingrandirsi sempre più e a diventare transnazionali e multinazionali. Infatti è solo attraverso il credito che un’azienda può ingrandirsi, a meno che non sia finanziata interamente dalle quote di capitale sociale. Ma questo non poteva avvenire che parzialmente, perché il risparmio era limitato rispetto alle esigenze dello sviluppo produttivo che si è realizzato nel mondo. Ora, grazie allo sviluppo già realizzato e alle ingenti somme che si sono accumulate nelle mani di pochi, sarebbe più facilmente possibile di finanziare le imprese con il risparmio, ma esso è nelle mani di chi ha interesse a usare questo capitale solo a fini speculativi e di mantenimento del potere. Del resto il “risparmio” accumulato nei paesi più sviluppati, ha iniziato ad investirsi nei paesi che hanno ancora bisogno di svilupparsi e che hanno delle contropartite da pagare: materie prime di valore, manodopera a basso prezzo, proprietà statali, grandi aziende agrarie e così via. In questo modo una potente “cricca” di banchieri e industriali, che detiene la più grossa fetta del potere economico, sta comprando tutto il mondo e impone la liberalizzazione selvaggia dei mercati e l’eliminazione di ogni protezione delle economie nazionali.

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C’è un’alleanza di ferro fra quanti hanno interesse a concedere sempre più prestiti e le imprese che hanno interesse ad averli per espandere insieme sempre più il loro potere in tutto il mondo, avvalendosi anche di fidati alleati locali. E’ questa la forma del nuovo colonialismo. Le grandi multinazionali gigantesche sono sorte e si sono sviluppate anche perché esse, legate al capitale finanziario che ne è azionista e/o sostenitore attraverso prestiti, non hanno il problema della liquidità. Possono accedere a tutta la liquidità che vogliono in quanto chi dà loro il capitale di prestito continua a rifinanziare sempre più le imprese, perché ne ha pieno interesse, per i guadagni diretti degli investimenti e, ancor più, perché in questo modo espande all’infinito il processo di creazione e controllo della moneta bancaria. Se le quote capitale non sono restituite in tempo vengono rifinanziate e se sono restituite vengono riconcesse, anche aumentate, per nuovi investimenti, in una spirale che si ingrandisce sempre più. Le multinazionali gigantesche e la globalizzazione esagerata sono un derivato quasi necessario dell’intreccio di interessi fra il capitale finanziario delle banche e quello produttivo e industriale, che si sostengono reciprocamente tramite i meccanismi del credito. Prima queste imprese si ingrandiscono nel loro settore e nel loro paese, poi conquistano i mercati degli altri paesi divenendo transnazionali, poi investono in nuovi settori, o assorbono altri settori, o collocano il capitale di maggioranza in altri settori, divenendo multisettoriali. Poi vogliono nelle loro mani anche settori che tradizionalmente sono stati amministrati dal settore pubblico (rete idrica, telefonica ed energetica, scuole, sanità, ecc.) Tutto questo avviene poiché alle banche è stato dato il potere di emettere sia la moneta cartacea (banche centrali) sia quella bancaria. La Crescita costante dei Prestiti Nel libro “Nord-Sud - Predatori, predati e opportunisti” leggiamo: «Nel rapporto fra Nord e Sud il debito è sempre esistito. il Nord ha sempre avuto interesse a prestare soldi al Sud per avere indietro delle ordinazioni. I governi del Sud hanno sempre accettato di indebitarsi per avere del denaro da usare nei modi più disparati. Tuttavia solo dopo il 1973 il debito ha cominciato ad assumere dimensioni di rilievo. Ad esempio, mentre nel 1970 il Sud ottenne nuovi prestiti per un valore di 16 miliardi di dollari, nel 1980 ne ricevette per 64 milioni di dollari. A questo aumento contribuirono un po’ tutte le fonti finanziarie, ma le banche private, dette anche banche commerciali, ebbero un ruolo preponderante. Nel corso degli anni 70 i prestiti bancari aumentarono al ritmo del 28% all’anno, facendo passare in secondo ordine i prestiti di fonte pubblica (chi è poi la fonte pubblica?). » Dai dati forniti dal libro si deduce che i prestiti delle grandi banche sono aumentati in 10 anni di circa 18 volte (1800%)! Questi dati sono relativi ai prestiti concessi annualmente. Da un altro libro (Castagnola / Cancellare il debito / Emi) vediamo invece i dati sul debito globale (quelli concessi a nuovo sommati a quelli precedenti residui) nei vari anni: « Nel 1980 il debito totale dei paesi sottosviluppati era di 603 miliardi di dollari e gli interessi annuali di 91 miliardi. Solo 10 anni più tardi, però le cifre erano più che raddoppiate: il debito totale nel 1990 aveva infatti raggiunto i 1473 miliardi di dollari e gli interessi i 164 miliardi di dollari l’anno. Nel 1997 il debito totale aveva raggiunto la cifra di 2317 miliardi e gli interessi passavano a 305 miliardi all’anno. In sette anni le cifre erano quasi raddoppiate. Nel 1998 la cifra totale raggiungeva 2465 miliardi di dollari, con un incremento di 149 miliardi di dollari in un solo anno, mentre gli interessi da pagare rimanevano intorno alla stessa cifra»

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Ma cosa succederebbe se i debitori restituissero i loro debiti senza contrarne di nuovi? La cosa purtroppo è del tutto impossibile perché il sistema bancario (e in particolare quelle grandi banche che, coscientemente e occultamente perseguono il potere e il dominio mondiali, insieme alle grandi imprese collegate) si sono appropriate e continuano ad appropriarsi di molte delle ricchezze dei popoli, avendo presso i loro conti l’iscrizione di grandi somme di crediti, e questi non hanno denaro per restituire i prestiti avuti, perché la gran massa del denaro di credito è stato indebitamente assegnato in emissione e controllo ai banchieri. La concessione di credito è un grande affare per le banche, perché su di esso guadagnano forti somme tramite gli interessi e perché possono moltiplicarlo non essendo obbligate ad avere la copertura dei prestiti che emettono, tranne che per una piccola parte. Ma il cuore del problema non è questo ma un altro: Tutto l’incremento netto della ricchezza mondiale, che ha richiesto necessariamente l’incremento del credito per potersi realizzare, si trova non presso i popoli che hanno prodotto questa ricchezza, ma presso il sistema bancario sotto forma di crediti emessi, che complessivamente sono aumentati sempre più nel corso degli anni. Si tratta di moneta emessa, esattamente come quella cartacea. In teoria le banche potrebbero intascarsela, registrando gli incrementi netti dei prestiti, come utili annuali. Non lo fanno perché una operazione di prestito viene registrata dalle banche in attivo come prestito emesso (credito della banca verso il cliente) e in passivo come deposito del cliente sul suo conto bancario. Però il fatto sostanziale è che, se anche l’emissione netta di moneta bancaria non viene intascata alle banche come utile, come invece fanno le banche centrali per l’emissione di moneta cartacea, tuttavia essa appartiene loro come mezzo di potere! E’ un enorme mezzo di potere che consente di esigere interessi e di decidere chi favorire e soprattutto consente di sottrarre l’emissione della moneta ai popoli e alle strutture che dovrebbero emetterla e controllarla al posto delle banche , assegnandola gratuitamente, come vedremo nel seguito. Il potere di stampare moneta, unito al potere di emettere il prestito molte volte al di là delle riserve di denaro liquido, cioè il potere di emettere anche la “moneta bancaria”, determina tutti gli eventi e le vicende mondiali, determina gli enormi debiti degli stati e dei popoli, determina i passivi di bilancio degli stati, anche di quelli più avanzati, determina l’enorme sviluppo e potere delle multinazionali legate al potere finanziario, determina la creazione dei paradisi fiscali, determina le guerre di aggressione ai popoli e le guerre civili, determina il terrorismo internazionale, determina la povertà e la sofferenza dei popoli, determina il pericoloso stato di degrado ambientale, determina le guerre. Cosa deve accadere di più per decidere di invertire rotta?! Una minoranza di individui senza scrupoli sa bene cosa sta facendo e come dirige il mondo secondo le proprie bramosie di potere. Tutti gli altri o sono incoscienti o si fanno corresponsabili, per partecipare alla spartizione della torta del potere e del privilegio, o si sottomettono. Triste realtà, che è tempo di scrollare via dalle spalle dell’umanità. I banchieri e gli impresari massoni degli Usa, dell’Europa e di tutto il mondo, producono moneta e credito e in cambio tutti gli altri producono per loro, accentrando nelle loro mani gran parte dei frutti del loro lavoro. Il Popolo Americano Il popolo americano è diventato, senza rendersene conto, l’esercito repressivo dei banchieri e capitalisti “massoni”, per imporre in tutto il mondo il loro sistema bancario e per impadronirsi delle ricchezze di tutti i popoli. Certamente il popolo Americano è un grande popolo che non è colpevole di questo, perché è stato manipolato. E’ tempo che anch’esso si scrolli di dosso questi parassiti dell’umanità, nella consapevolezza che in un primo tempo il tenore globale di vita dovrà diminuire, perché ora è basato anche sul furto perpetrato in tutto il mondo. Ma il vero benessere e benvivere verrà poi

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presto per tutti i popoli e il popolo americano saprà dare un validissimo contributo. Se invece questo popolo non farà l’opera interna e non violenta di “pulizia”, ma si lascerà coinvolgere ulteriormente nei progetti di dominio, c’è il pericolo di una catastrofe per questo popolo e per tutta l’umanità. Chiamiamo “massoni” i proprietari e dirigenti dei grossi gruppi bancari internazionali e quelli delle grandi imprese multinazionali. Poniamo il termine fra virgolette intendendo che lo usiamo in maniera impropria, in quanto non pensiamo che siano tutti necessariamente iscritti a una qualche associazione segreta o loggia massonica, come potrebbe facilmente essere per alcuni capi principali, ma soprattutto intendendo che sono individui che, come quelli di una setta occulta dedita al potere e all’inganno e all’occultamento delle informazioni, hanno tramato e tramano nell’oscurità e nella menzogna, cercando di tenere tutti disinformati sulle cose essenziali, per non far conoscere i meccanismi della finanza e dell’appropriazione indebita, con il fine di raggiungere un arricchimento sconfinato, di appropriarsi di ingenti beni e di tutti i privilegi e di esercitare il dominio e il potere su tutti, senza esitare ad usare ogni mezzo, compresi gli assassini e le guerre, per mantenere questi segreti e questo potere. Parlando di banchieri “massoni” non intendiamo solo i banchieri, ma tutta la rete del potere economico occulto, che ha il suo centro nel potere finanziario-monetario, ma che certamente non si esaurisce in questo, ma si dirama in molti settori e istituzioni. A chi andrebbe la Moneta Bancaria? (Come dovrebbe essere gestito il Credito) La moneta bancaria dovrebbe essere di proprietà dei popoli che le danno valore con le loro attività di sviluppo economico, creando beni che ne sono la contropartita. Invece se ne sono appropriate le banche, che non hanno nulla da dare in contropartita, né per la moneta legale né per quella bancaria. Le banche non solo si appropriano di denaro che non è di loro spettanza, ma su quel denaro riscuotono anche interessi, divenendo sempre più onnipotenti, fintantoché le popolazioni si sottomettono. Se un paese del sud ha bisogno di beni del Nord per finanziare il suo sviluppo, è chiaro che deve pagare i beni che compra alle ditte da cui li compra. Questo pagamento però non deve avvenire attraverso dei prestiti concessi al Sud dalle banche del Nord, ma concessi casomai da Banche del Sud e attribuendo il valore dell’incremento netto dei prestiti (incremento di moneta bancaria) agli stessi popoli del Sud, perché sono essi che producono la nuova ricchezza, sono essi i titolari della emissione della nuova moneta bancaria. Ciò significa concedere crediti gratuiti per tutte le nuove attività di sviluppo. In una nuova economia solidale ciò sarà fatto di concerto con degli opportuni organismi economici in cui siano presenti tutti gli stati. Se il Pil (prodotto interno lordo) di una nazione in un anno è di 10 e se dalle banche viene emesso un surplus di moneta (cartacea più bancaria) pari a 2, significa che le banche si sono impossessate di una parte del Pil pari a 2, corrispondente al surplus della moneta emessa. Infatti è vero che la ricchezza di una nazione non cambia con l’emissione della moneta, perché corrisponde ai beni prodotti, ma l’emissione si traduce in un furto delle banche nei confronti dei produttori di ricchezza. La ricchezza è la stessa nella nazione, ma cambia di mano, passa da quelli che la producono, al sistema bancario internazionale, sotto forma di crediti da esigere. Supponiamo che un’impresa per funzionare e svilupparsi abbia bisogno di una certa quantità di prestiti, attivi annualmente, e che questi prestiti vadano aumentando di anno in anno. Caso molto frequente, pur essendo positivo il bilancio annuale fra ricavi e costi. Questi incrementi di passività bancaria, necessari al corretto funzionamento dell’impresa, vengono erogati dalle banche come proprio valore e devono essere restituiti e l’incremento netto annuale (la moneta bancaria) rimane sempre in gestione delle banche. In realtà la concessione di prestiti di

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investimento delle imprese, dovrebbe essere loro concesso gratuitamente, perché sono esse che producono ricchezza con quei prestiti e non le banche che si attribuiscono, indebitamente e arbitrariamente, con la connivenza delle leggi, la moneta bancaria emessa attraverso il prestito, riscuotendoci per di più degli interessi. In un sistema economico etico l’emissione del prestito gratuito, cioè della moneta bancaria, per i vari progetti di investimento, dovrebbe essere posta sotto il controllo di un organismo economico tecnico, all’interno dei Consigli territoriali per lo sviluppo dell’economia etica e con l’ausilio dell’Associazione economica settoriale, del settore in cui viene progettato l’investimento. Di questi organismi si parla in altre parti del sito. Questo organismo tecnico dovrà assegnare i prestiti di attivazione o di ampliamento a quei progetti che sono giudicati positivi e capaci di tenere in attivo la differenza fra costi e ricavi (il conto economico). Attualmente fra i costi ci sono le quote di ammortamento degli investimenti. Anche se l’impresa non paga gli investimenti, perché li finanzia con l’emissione monetaria relativa all’incremento netto di prestito, tuttavia continuerà a calcolare fra i costi annuali anche le quote di ammortamento dei beni strumentali che utilizza. Gli ammortamenti torneranno ad essere fin dall’inizio ciò che sono concettualmente, cioè accantonamenti per ripagare i beni d’investimento (attrezzature, edifici,ecc.) che devono essere ricomprati dopo il deterioramento. E’ solo l’incremento concesso di investimenti che deve essere dato gratuitamente alle imprese, ma non il riacquisto degli stessi beni. In questo modo l’incremento netto di moneta bancaria non viene assegnato alle banche, che non hanno nessun merito in proposito, ma alle imprese che producono nuovi redditi con nuove attività e investimenti. Queste a loro volta hanno l’obbligo dell’accantonamento degli ammortamenti, cioè hanno l’obbligo di mettere a costo nell’esercizio annuale le quote di ammortamento. Per le imprese il conto economico rimane quasi lo stesso. Infatti il conto economico è la differenza fra costi e ricavi. I ricavi rimangono gli stessi, mentre fra i costi ci sono in meno soltanto gli interessi riguardanti i prestiti (che ora non sono più prestiti ma donazioni di moneta bancaria emessa), mentre rimangono presenti gli ammortamenti. Quello che cambia notevolmente è il bilancio finanziario. L’impresa non è più sottoposta alle restrizioni dei prestiti per gli investimenti, perché essi sono coperti dalle somme assegnate dall’organismo apposito di cui sopra che sostituisce le banche nella valutazione dell’assegnazione dei prestiti. Queste somme non sono più concesse come prestiti, ma come capitale sociale, che è dell’intera collettività economica (non dello Stato!) locale o regionale o statale o internazionale, a seconda di che tipo di progetto si tratta e di chi concede il capitale sociale comunitario. In questo modo sarebbe grandemente attivata la creatività degli individui e dei popoli e diverrebbe facile creare nuove imprese o nuovi settori d’impresa o ampliamenti di settori d’impresa. L’organismo di pianificazione che concede il prestito deve fare in modo che non si crei trappa concorrenza in una stesso settore e nella stessa zona o che imprese che devono agire in un certo ambito territoriale non agiscano in uno più grande o uno più piccolo. Nascerebbero anche molte aziende che hanno come compito la cura e il miglioramento dell’ambiente, cosa oggi quasi impossibile. Comunque per poter realizzare tutto questo è necessario che il sistema economico dell’Economia etica si sia già affermato, cosa che non è ancora all’ordine del giorno. Nel frattempo dovrebbero almeno svegliarsi i governi più progrediti dei paesi in via di sviluppo e creare autonomamente e gratuitamente la propria moneta bancaria, cioè il credito emesso per lo sviluppo del proprio sistema produttivo, invece di sottomettersi alla potenti banche “massoniche” del Nord e alle multinazionali ad esse collegate. Con ciò si darebbe un potente impulso produttivo a tutte le produzioni interne (attraverso

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la liberazione del credito) e anche se il sistema monetario internazionale tentasse di svalutare la moneta di questi stati, per gli acquisti verso l’estero, non ci riuscirebbe perché queste monete, se da una parete tenderebbero a svalutarsi per l’emissione gratuita di moneta bancaria, dall’altra, ancora di più, si rafforzerebbero con il rafforzarsi di tutto il sistema produttivo, che stimolerebbe anche le esportazioni. Concludendo questo paragrafo possiamo dire che abbiamo visto come il sistema bancario, per il modo in cui è concepito e per le funzioni che gli sono assegnate, opera come un ingente fonte di sottrazione di ricchezza dei popoli. Infatti la somma dei crediti attivi presso tutte le banche del mondo, corrispondente alla somma degli incrementi annuali di credito emesso per tutti gli anni di storia delle banche e corrispondente anche alla somma della moneta bancaria emessa nel corso dei secoli, si trova all’interno del sistema bancario, come debito delle imprese e degli stati, mentre in un sano sistema economico dovrebbero trovarsi dentro le imprese come capitale sociale. Dall’usurpazione del potere di emettere la moneta-credito da parte degli stati del Nord, si è creata la mostruosità dell’enorme debito bancario dei paesi in via di sviluppo. I paesi del Nord succhiano risorse gratuite dal Sud, attraverso questa forma di nuovo colonialismo, esercitato attraverso il potere del sistema bancario internazionale, che impedisce di emettere credito gratuito, per gli investimenti che creano sviluppo. Con ciò è anche data la direzione di soluzione per questi problemi! Rapporto fra Proprietà e Moneta Il diritto di proprietà su terre e case si trova iscritto nei catasti degli stati e quello sulle fabbriche e imprese si trova iscritto presso le Camere del Commercio. Quando questi diritti entrano nel giro della compra-vendita entrano sotto il potere della moneta e cioè sotto il potere di chi la emette appropriandosene. Così chi ha il potere sulla moneta può comprare tutto il mondo: fabbriche locali, terre, case, ville, parchi, beni statali messi in svendita, beni artistici e tutto quello che esiste e possono anche costruire quello che vogliono a casa altrui. E se qualcuno si ribella arrivano gli eserciti, pagati anche questi con l’emissione della moneta, cioè con il lavoro di tutti i popoli, compresi quelli che vengono sottomessi. Ironia della sorte: i popoli sono costretti a pagare gli eserciti che li dominano e schiavizzano. Come ai tempi del nostro Gran Kan di Marco Polo! Anzi, peggio che ai tempi del Gran Kan. Ecco che cosa portano coloro che dicono di portare la democrazia nel mondo. La democrazia è gran buona cosa, se fosse vera e se non nascondesse la schiavitù sotto una facciata apparente. Altre fonti di espropriazione della ricchezza I grandi meccanismi di concentrazione della ricchezza, propri del sistema economico capitalista e del sistema di neo-liberismo capitalista, amplificati enormemente dalle caratteristiche del sistema monetario, di cui abbiamo parlato, fanno in modo che le enormi ricchezze accumulate nelle mani di pochi, esercitino poi delle notevoli iniziative di speculazione finanziaria, con ingenti movimenti di capitali che, attraverso la rete telematica dei computer, vanno da una parte all’altra del pianeta a soli fini speculativi, senza creare alcuna ricchezza, ma concentrandola e sequestrandola sempre più nelle mani di pochi. Uno dei campi in cui si esercita la speculazione finanziaria è anche quello della svalutazione e rivalutazione valutaria, soprattutto a danno delle monete povere, come abbiamo già accennato. Vogliamo riportare un solo dato, di estrema gravità, sulla concentrazione della ricchezza: “ 475 miliardari posseggono più ricchezza di quanta non ne abbia la metà della popolazione mondiale” (Michael Albert / L’economia partecipativa). Un’ altra fonte di espropriazione della ricchezza deriva anche dal fatto che le forze produttive dell’umanità vengano deviate da un loro sano utilizzo. Esso imporrebbe che le forze produttive siano utilizzate in primo luogo per

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risolvere per sempre i grandi problemi mondiali della fame, mancanza di risorse idriche, abitazioni, cultura, salute e tutto ciò che sono i beni basilari. Un sano utilizzo delle forze produttive richiederebbe anche che si dedichino molte più energie e risorse alla cura dell’ecosistema Terra e all’abbellimento e armonizzazione degli ambienti di vita degli uomini. Tutto ciò non è possibile farlo perché la più grassa parte delle risorse finanziarie è nelle mani di quanti hanno interesse solo per sé e per il mantenimento del proprio potere e dei propri ingenti privilegi. Così il denaro accumulato serve non per il benessere e benvivere di tutti, ma per attivare guerre, ricerche militari, bombe atomiche, scudi spaziali e ingenti produzioni di lusso per pochi, che sono un vero scandalo di fronte alla insopportabile povertà di tanti. Fra le deviazioni delle forze produttive va anche annoverato che questo tipo di sistema economico, a causa dei suoi meccanismi di funzionamento, lascia nella disoccupazione una discreta percentuale dei lavoratori potenziali. Complessivamente possiamo parlare di forze produttive in parte deviate dai loro scopi più giusti e in parte inutilizzate. Le ricchezze individuali del presente come derivato del passato Ciò che oggi gli individui hanno, sia di capacità personali che di beni materiali, dipende dalla storia del passato. Per i beni interiori (intelligenza, sensibilità, sentimento, forza di volontà, ecc) si può presupporre che essi derivino dall’ereditarietà ( e quindi da quanto hanno potuto sperimentare le generazioni precedenti) o che essi derivino da quanto gli stessi individui hanno sviluppato in vite precedenti e che portano nella vita attuale (teoria della reincarnazione dell’anima individuale). In entrambi i casi derivano dalle esperienze del passato (proprie o dei propri avi). Anche i beni esteriori dipendono in larga misura dal passato, da quanto le generazioni familiari precedenti hanno lasciato in beni o in possibilità di studi, formazione, esperienze, e quant’altro. Ma se il passato è stato iniquo e ingiusto, anche quanto si ha nel presente deriva da un passato ingiusto e iniquo e quindi va risanato. Per far comprendere meglio questo aspetto riportiamo un celebre passo di un capo indio

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Chi è il Debitore Lettera di un capo indio ai governi europei «Così sono qua, io, Guaicaipuro Cuautemoc. Sono venuto ad incontrare i partecipanti a questo incontro. Così sono qua, io, discendente di coloro che popolarono l’America quarantamila anni fa, sono venuto a trovare coloro che la trovarono cinquecento anni fa. Così ci troviamo tutti: sappiamo chi siamo, ed è già abbastanza. Non abbiamo bisogno di altro. Il fratello doganiere europeo mi chiede carta scritta con visto per scoprire coloro che mi scoprirono. Il fratello usuraio europeo mi chiede di pagare un debito contratto da traditori, che non ho mai autorizzato a vendermi. Il fratello legalista europeo mi spiega che ogni debito si paga con gli interessi, anche fosse vendendo esseri umani e paesi interi senza chiedere il loro consenso. Questo è quello che sto scoprendo. Anch’io posso pretendere pagamenti. Anch’io posso reclamare interessi. Fa fede l’archivio delle Indie. Foglio dopo foglio, ricevuta dopo ricevuta, firma dopo firma, risulta che solamente tra il 1503 ed il 1660 sono arrivati a San Lucar di Barrameda 185 mila chili di oro e 16 milioni di chili d’argento, provenienti dall’America. Saccheggio? Non ci penso nemmeno! Tanatzin mi guardi dall’immagine che gli Europei, come Caino, uccidano e poi neghino il sangue del fratello! Genocidio? Sarebbe dar credito a calunniatori come Bartolomeo de las Casas, che considerarono quella scoperta come la distruzione delle Indie, o ad oltraggiosi, come il dottor Arturo Pietri che sostiene che lo sviluppo del capitalismo e dell’attuale civiltà europea sia dovuto all’inondazione di metalli preziosi! No! Questi 185mila chili di oro e 16 milioni di chili di argento devono essere considerati come il primo di vari prestiti amichevoli dell’America per lo sviluppo dell’Europa. Pensare il contrario vorrebbe dire supporre crimini di guerra, il che darebbe diritto non solo a chiedere la restituzione immediata ma anche l’indennizzo per danni e truffa. Io, Guairaipuro Cuautemoc, preferisco credere alla meno offensiva delle ipotesi. Una così favolosa esportazione di capitali non fu altro che l’inizio del piano Marshaltezuma, teso a garantire la ricostruzione della barbara Europa, rovinata dalle sue deplorabili guerre contro i culti mussulmani, difensori dell’algebra, della poligamia, dell’igiene quotidiana e di altre superiori conquiste della civiltà. Per questo, avvicinandosi il quinto centenario del prestito, possiamo chiederci: i fratelli europei hanno fatto un uso razionale, responsabile, o perlomeno produttivo delle risorse così generosamente anticipate dal Fondo Indoamericano Internazionale? Ci rincresce dover dire di no. Dal punto di vista strategico le dilapidarono nelle battaglie di Lepanto, nelle Armate invincibili, nei terzi Reich ed in altre forme di reciproco sterminio, per finire poi occupati dalle truppe yankee della Nato, come Panama (ma senza canale). Dal punto di vista finanziario sono stati incapaci –dopo una moratoria di 500 anni- sia di restituire capitale ed interessi, che di rendersi indipendenti dalle rendite liquide, dalle materie prime e dall’energia a basso costo che gli esporta il Terzo Mondo. Questo deplorevole quadro conferma l’affermazione di Milton Friedman, secondo il quale un’economia assistita non potrà mai funzionare e ci obbliga a chiedere –per il loro stesso bene- la restituzione del capitale e degli interessi che abbiamo così generosamente aspettato a richiedere per tutti questi secoli.

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Detto questo vorremmo precisare che non ci abbasseremo a chiedere ai fratelli europei quei vili e sanguinosi tassi di interesse, variabile dal 20 fino al 30%, che i fratelli europei chiedono ai paesi del Terzo Mondo. Ci limiteremo a esigere la restituzione dei materiali preziosi prestati, più il modico interesse del 10% annuale accumulato negli ultimi 300 anni. Su questa base, applicando la formula europea dell’interesse composto, informiamo gli scopritori che ci devono, come primo pagamento del loro debito, soltanto i 185mila chili di oro e 16 mila chili di argento, ambedue elevati alla potenza di 300. Come dire, un numero per la cui espressione sarebbero necessarie più di 300 cifre e il cui peso supera ampiamente quello della terra. come è pesante questa mole di oro e di argento! Quanto peserebbe calcolata in sangue? Addurre che l’Europa in mezzo millennio non ha saputo generare ricchezze sufficienti a cancellare questo modico interesse sarebbe come ammettere il suo assoluto disastro finanziario e/o la demenziale irrazionalità delle basi del capitalismo. Tuttavia queste questioni metafisiche non affliggono noi indioamericani Però chiediamo la firma immediata di una carta d’intenti che disciplini i popoli debitori del vecchio continente e li obblighi a far fede al loro impegno tramite una immediata privatizzazione o riconversione dell’Europa, perché ci venga consegnata per intero come primo pagamento di questo debito storico. Dicono i pessimisti del Vecchio Mondo che la loro civiltà versa in una bancarotta tale che gli impedisce di tener fede ai loro impegni finanziari o morali. In tal caso ci accontenteremo che ci paghino dandoci la pallottola con cui uccisero il poeta. Ma non potranno. Perché quella pallottola è il cuore dell’Europa» . Guaicaipuro Cuautemoc Questo è solo un esempio che ci mostra che, se dovessimo tenere conto del passato, avremmo ben molto da risanare. Del resto vogliamo accettare il passato così come è stato, perché in ciò c’è una profonda saggezza e perché non vogliamo fomentare rancori, odi e guerre. Vogliamo però raggiungere una situazione nuova di uguaglianza, giustizia, fratellanza economica, nel rispetto delle individualità e delle diversità etniche e culturali. Questo non si può raggiungere se permangono le situazioni attuali, che provengono dalle ingiustizie del passato, come le grandi masse di capitali, perché queste situazioni tendono a rigenerare i mali da cui provengono e generano conflitti e impossibilità di risolvere i problemi. Sintesi sul furto delle ricchezze Volendo sintetizzare quanto esposto fino a qui vediamo le seguenti tre cause principali per la situazione di povertà e disagi e di mancanza di benessere e benvivere 1) Il sistema monetario internazionale, con le sue banche centrali private e il suo sistema di emissione di credito bancario, come “moneta bancaria”, sequestra e gestisce ingenti ricchezze a favore di pochi. Accogliendo la moneta-debito l’umanità ha accolto anche un enorme peso sulla propria testa, che ne schiaccia l’iniziativa sana e libera. 2) Gli Usa sono stati e sono ancora, anche se con qualche difficoltà in questo ruolo, grandi sequestratori di ricchezza internazionale. Dietro ad essi si trovano organizzazioni “occulte” di persone.

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La deriva dell' informazione made in Usa (30/04/2004) Censura di Peter Phillips e Project censored, traduzione di Eva Milan e Giuliana Lupi, Nuovi mondi, pp.437, 18,50 euro [Recensione di Marco Maroni, pubblicata sul Diario n°16/2004] La libertà d'informazione è uno dei cardini della democrazia. Ma, anche in paesi che si ritengono campioni delle libertà democratiche, l'informazione oggi non se la passa bene. Da 27 anni un gruppo di ricerca della Sonoma State University (California), che si avvale della collaborazione di giornalisti e professori esterni tra cui il linguista Noarn Chomskye lo storico Howard Zinn, analizza lo stato dell'informazione statunitense. Il gruppo si chiama Project censored. La parte più interessante del lavoro, una raccolta delle principali notizie censurate dai media, viene pubblicata con commenti e analisi. L'edizione di quest'anno (relativa ai fatti del 2003) è particolarmente corposa. Spiega il coordinatore della ricerca, Peter Phillips: «Il 2002 e il 2003 sono stati anni particolarmente pericolosi in quanto a censura e inganni. Così, oltre alle 25 storie più censurate, quest'anno abbiamo riunito il maggior numero di interventi di scrittori mai presentati in un volume di Project censored». La hit parade delle storie più scomode per il potere e censurate dai grandi media lascia il lettore in uno stato di apprensione. Non come quello indotto dagli stessi media con l'enfatizzazione dei problemi della sicurezza nazionale e dell'incolumità dei cittadini, ma un'apprensione relativa, appunto, alle sorti delle libertà democratiche. Si va dal piano congegnato dallo staff del segretario alla Difesa, Donald Rumsfeld, per provocare azioni terroristiche che giustifichino rappresaglie, al ruolo dell'amministrazione Bush nel fallito colpo di stato in Venezuela, all'inosservanza degli accordi internazionali da parte degli Stati Uniti, all'eliminazione di pagine del rapporto Onu sull'Iraq (quello che doveva servire per valutare un intervento militare), alla deliberata distruzione da parte delle forze Usa del sistema idrico iracheno. Segue una puntuale analisi del sistema informativo americano. I mezzi di comunicazione di massa che appartengono ai grandi gruppi controllano gran parte delle fonti ufficiali d'Informazione. Il consolidamento nel settore ha ridotto a meno di una manciata i protagonisti del settore e questi si affidano sempre di più a contenuti prestabiliti. Un esempio del rapporto organico tra media e potere è quello dei giornalisti al seguito delle truppe americane in Iraq. Reporter praticamente «arruolati», tanto che il termine anglosassone, «embedded», è entrato nell'uso comune. Questi giornalisti devono mantenere un rapporto collaborativo con le unità di cornando nel momento in cui preparano le notizie. Quelli che non si riconoscono nel ruolo di collaboratori, non hanno accesso protetto alle zone delle operazioni, vengono esclusi dai servizi (è successo anche al famoso Peter Arnett) e vanno incontro a maggior pericoli per la loro incolumità, oltre che per il loro posto di

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lavoro. Il risultato è un'informazione addomesticata e distorta. Meglio anzi chiamarla semplicemente disinformazione. Qualche volta le manipolazioni vengono smascherate. È il caso del salvataggio del soldato Jessica Lynch, una messinscena confezionata dai vertici militari per ridare slancio all' immaginario guerriesco e patriottico americano in un momento di insuccessi e dubbi. Il raggiro fu svelato dalla britannica Bbc che, vale la pena ricordarlo, qualche mese dopo fu messa a sotto accusa per i servizi sull'autenticità delle informazioni diffuse dal premier Tony Blair sulle armi di distruzione di massa dell'Iraq, a tutt'oggi non trovate. Particolarmente istruttivi per i lettori italiani sono i capitoli sui meccanismi della censura del ventunesimo secolo. Non si tratta più di censura esplicita e brutale, da regime totalitario. Le notizie vengono annullate con un procedimento più sottile. Per lo più, vengono annegate in un mare di informazioni innocue, futili, frivole o sensazionalistiche. Vengono ad esempio dedicati attenzione e spazio sproporzionati alle vicende private di personaggi famosi e si creano polemiche e dibattiti attorno a progmmmi televisivi d'intrattenimento. Oppure, le notizie vengono rigirate in modo da diventare inoffensive, o controverse. C'è poi l'«abuso di notizie». Si prendono le tragedie strazianti e di paura e le si portano avanti il più a lungo possibile, anche in assenza di fatti nuovi da raccontare. Dicono gli autori: «Per la maggior parte degli americani, che dipendono dai grandi media per le notizie quotidiane, questo sistema informativo produce anemia intellettuale, passività e paura. Il risultato è una popolazione addomesricata, la cui principale funzione nella società è quella di tacere e andare a fare acquisti». Il libro è un'analisi lucida e ben documentata della deriva dell' informazione di massa made in Usa. Un sistema dei media dove comunque sono rigidamente vietati i monopoli e i conflitti d'interesse. La mente del lettore italiano corre subito al confronto con la situazione di casa. Project censored è una lettura indispensabile per i giornalisti con senso critico e per chiunque si interessi ai problemi dell'informazione.

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Le banche centrali e il controllo privato del denaro Utilizzando le tecniche di riserva frazionale bancaria, i Rothschild ed i loro alleati iniziarono, sin dagli albori del 19mo secolo, a dominare le banche centrali in Gran Bretagna, Stati Uniti e Francia. Estratto dal libro del video THE MONEY MASTERS: How International Bankers Gained Control of America. Pubblicato e riveduto nel 1998 da Royalty Production Company PO Box 114, Piedmont OK 73078, USA www.themoneymasters.com L’ascesa dei Rothschild Francoforte, Germania. Nel 1743, cinquant’anni dopo che la Banca d’Inghilterra aveva aperto i battenti, un orafo di nome Amschel Moses Bauer inaugurò un conio di monete - un ufficio di contabilità - e sull’entrata collocò un’insegna rappresentante un’aquila Romana su uno scudo rosso; il negozio divenne noto come la ditta dello Scudo Rosso o, in lingua tedesca, Rothschild. Quando il figlio Mayer Amschel Bauer ereditò l’attività decise di cambiarsi il nome, assumendo per l’appunto quello di Rothschild. Mayer Rothschild imparò ben presto che prestare denaro a governi e monarchi era assai più vantaggioso che farlo nei confronti di singoli privati; non solo i prestiti erano di maggiore entità, ma venivano anche assicurati dalle tasse delle varie nazioni. Mayer Rothschild aveva cinque figli. Egli li addestrò tutti nelle segrete tecniche di creazione e manipolazione di denaro e quindi li inviò nelle principali capitali europee per aprire filiali della banca di famiglia. Le sue volontà stabilirono che uno dei figli di ogni generazione avrebbe diretto gli affari di famiglia; le donne erano escluse. Il primogenito di Mayer, Amschel, rimase a Francoforte per occuparsi della banca della città natale; il secondogenito, Salomon, fu spedito a Vienna; il terzo figlio, Nathan, che era chiaramente il più abile, fu mandato a Londra nel 1798, all’età di 21 anni, un secolo dopo la fondazione della Banca d’Inghilterra; il quarto figlio, Karl, si recò a Napoli; il quinto figlio, Jakob (James), andò a Parigi. Nel 1785 Mayer trasferì l’intera famiglia in un’abitazione più grande, un edificio a cinque piani condiviso con la famiglia Schiff; tale edificio era conosciuto col nome di casa dello Scudo Verde. I Rothschild e gli Schiff avrebbero avuto un ruolo di primaria importanza nella storia finanziaria dell’Europa, degli Stati Uniti e del resto del mondo; il nipote di Schiff si trasferì a New York ed aiutò a finanziare il colpo di stato bolscevico del 1917 in Russia. I Rothschild si misero in affari con i reali europei a Wilhelmshöhe, la reggia dell’uomo più ricco della Germania - in effetti il monarca più ricco di tutta l’Europa - il Principe Guglielmo di Hesse-Cassel. All’inizio i Rothschild consigliavano Guglielmo soltanto in merito a speculazioni relative a monete preziose. Tuttavia, quando Napoleone costrinse il Principe Guglielmo all’esilio, quest’ultimo inviò a Londra a Nathan Rothschild 550.000 sterline (che all’epoca erano una somma enorme, equivalente a svariati milioni di dollari del giorno d’oggi) perché fossero impiegate per acquistare titoli consolidati - obbligazioni o titoli statali britannici - ma Rothschild utilizzò il denaro per i propri affari; con Napoleone in giro, le opportunità di investimenti bellici altamente remunerativi erano pressoché illimitate. Guglielmo ritornò a Wilhelmshöhe qualche tempo prima della battaglia di Waterloo del 1815; egli convocò i Rothschild e pretese la restituzione del suo denaro. I Rothschild restituirono il denaro di Guglielmo, con l’otto per cento di interesse che i titoli britannici gli avrebbero fruttato se l’investimento fosse stato effettivamente fatto; i Rothschild, però, tennero per sé gli ingenti profitti di guerra che avevano conseguito utilizzando il denaro di Guglielmo - losca pratica in ogni secolo. In parte con questi metodi, Nathan Rothschild riuscì a

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vantarsi, in seguito, di aver aumentato, in 17 anni trascorsi in Gran Bretagna, l’originale capitale di 20.000 sterline affidatogli dal padre di 2.500 volte, vale a dire fino a 50.000.000 sterline - una somma davvero considerevole per quei tempi, comparabile al potere d’acquisto di miliardi di dollari dei nostri giorni. Agli inizi del 1817, il ministro del Tesoro Prussiano, nel corso di una visita a Londra, scrisse che Nathan Rothschild aveva: ...una incredibile influenza su tutte le transazioni finanziarie qui a Londra. Viene ampiamente affermato...che egli regola completamente il tasso di cambio nella City. Il suo potere in quanto banchiere è enorme. Nel 1818 il segretario del principe austriaco Metternich, scrivendo dei Rothschild, affermava che: ...essi sono le persone più ricche d’Europa. Le banche dei Rothschild, cooperando all’interno della famiglia e utilizzando le tecniche di riserva frazionale bancaria, divennero incredibilmente ricche. Verso la metà del 1800 essi dominavano tutto il sistema bancario europeo ed erano sicuramente la famiglia più ricca del mondo; una considerevole parte della dissoluta nobiltà europea era fortemente indebitata con loro. In virtù della loro presenza come banchieri in cinque nazioni, i Rothschild erano in effetti autonomi, un’entità indipendente dai paesi nei quali operavano. Se le direttive politiche di una nazione non favorivano loro o i loro interessi, essi potevano semplicemente non concedere ulteriori crediti in loco, oppure concederne a quelle nazioni o gruppi che contrastavano tali direttive. Soltanto loro erano a conoscenza dei luoghi in cui erano depositate le loro riserve d’oro e di altro genere, così da essere protetti da confische, multe, pressioni o tassazioni governative, rendendo così ogni revisione dei conti o indagine nazionale effettivamente insensata; soltanto loro erano a conoscenza dell’abbondanza (o della scarsità) delle proprie riserve frazionali, sparpagliate in cinque nazioni - il che rappresentava un enorme vantaggio rispetto a semplici banche nazionali impegnate a costituire una riserva frazionale. Fu proprio il carattere internazionale delle banche dei Rothschild che conferì loro dei vantaggi unici sulle banche nazionali e sui governi; e questo fu esattamente ciò che i legislatori e i parlamenti nazionali avrebbero dovuto proibire, cosa che però non fecero. Tale situazione rimane inalterata per quanto riguarda le banche internazionali o multinazionali proprie dei nostri tempi e costituisce la forza trainante della globalizzazione - la spinta verso un governo mondiale. I Rothschild concessero enormi prestiti per acquisire monopoli in svariate industrie, garantendo in questo modo la capacità dei debitori di restituire i prestiti alzando i prezzi senza paura della concorrenza, incrementando al contempo il potere politico ed economico dei Rothschild. Essi finanziarono Cecil Rhodes, consentendogli di instaurare un monopolio sui terreni auriferi del Sudafrica e sui diamanti DeBeers; in America finanziarono la monopolizzazione delle ferrovie. La National City Bank di Cleveland, che nel corso delle udienze congressuali è stata riconosciuta come una delle tre banche dei Rothschild negli Stati Uniti, ha fornito a John D. Rockefeller il capitale per iniziare la sua monopolizzazione nel settore della raffinazione del petrolio, cosa che ha poi portato alla fondazione della Standard Oil. Jacob Schiff, nato nella casa dello Scudo Verde dei Rothschild a Francoforte e quindi loro agente principale negli Stati Uniti, consigliò Rockefeller e architettò il famigerato accordo di rimborso che quest’ultimo richiese segretamente ai petrolieri rivali che trasportavano per ferrovia. Queste stesse ferrovie erano già state monopolizzate dal controllo dei Rothschild tramite gli agenti ed alleati J. P. Morgan e Kuhn, Loeb & Company (Schiff faceva parte del Consiglio) che, assieme, controllavano il 95% di

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tutta la percorrenza delle ferrovie statunitensi. Nel 1850 si stimò che il capitale di James Rothschild, erede del ramo francese della famiglia, ammontasse a 600 milioni di franchi francesi - cioè 150 milioni in più di tutti gli altri banchieri di Francia messi assieme. James era stato collocato a Parigi da Mayer Amschel nel 1812 con un capitale di 200.000 dollari; all’epoca della sua morte, nel 1868, cinquantasei anni più tardi, il suo reddito annuale ammontava a 40.000.000 di dollari. In quel periodo in America non vi era fortuna che eguagliasse nemmeno il reddito di un solo anno di James. Il poeta Heinrich Heine riferendosi a James Rothschild disse: Il denaro è il dio dei nostri tempi, e Rothschild è il suo profeta. James costruì la sua favolosa magione, chiamata Ferrières, 19 miglia a nordest di Parigi. Guglielmo I, vedendola per la prima volta, esclamò: I Re non possono permettersi una cosa del genere. Può appartenere solo ad un Rothschild! Un altro commentatore francese del 19mo secolo la mette in questi termini: C’è un unico potere in Europa, ed è quello dei Rothschild. Non vi è alcun indizio che il ruolo predominante dei Rothschild nella finanza europea o mondiale sia mutato; al contrario, con l’aumentare della loro ricchezza, essi hanno semplicemente incrementato la loro ‘passione per l’anonimato’. I loro vasti possedimenti raramente ne riportano il nome. Lo scrittore Frederic Morton ha scritto che i Rothschild avevano: ...conquistato il mondo in modo più completo, più astuto e molto più durevole di quanto non abbiano fatto in precedenza tutti i Cesari... La Rivoluzione Americana Prendiamo ora in considerazione gli esiti prodotti dalla Banca d’Inghilterra sull’economia britannica e vediamo come ciò, in seguito, abbia rappresentato la causa principale della Rivoluzione Americana. Verso la metà del 1700, l’Impero Britannico si stava avvicinando all’apice del suo potere nel mondo. A partire dalla fondazione della propria banca centrale di proprietà privata, la Gran Bretagna aveva combattuto quattro guerre in Europa, il cui costo era stato elevato; per finanziare tali guerre il parlamento inglese, invece di emettere la propria valuta senza interessi, aveva contratto pesanti debiti con la banca. Alla metà del 18mo secolo il debito del governo britannico ammontava a 140.000.000 di sterline – una somma sbalorditiva per quell’epoca. Di conseguenza il governo, alfine di pagare gli interessi alla banca, intraprese un programma di prelievo fiscale dalle proprie colonie in America. In America, però, la situazione era diversa. Il flagello di una banca centrale di proprietà privata non vi era ancora arrivato, sebbene la Banca d’Inghilterra dal 1694 esercitasse la sua rovinosa influenza sulle colonie americane. Quattro anni prima, nel 1690, la colonia della Baia del Massachusetts aveva stampato la propria valuta cartacea - primo caso in America - seguita nel 1703 dalla South Carolina e quindi dalle altre colonie. In quel periodo l’America pre-rivoluzionaria era ancora relativamente povera. Vi era una grave penuria di monete metalliche preziose da utilizzare per l’acquisto di beni, così i primi coloni venivano costretti in misura sempre maggiore a sperimentare la stampa della propria valuta cartacea locale; alcuni fra questi esperimenti ebbero successo ed in alcune colonie, come valuta di scambio, venne usato il tabacco. Nel 1720, ad ogni Governatore Reale coloniale fu ordinato di limitare l’emissione di valuta coloniale, tuttavia questo provvedimento venne largamente disatteso. Nel 1742, il British Resumption Act stabiliva che le tasse e i debiti di altro genere fossero

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corrisposti in oro; ciò provocò una depressione nelle colonie e i ricchi pignorarono, corrispondendo un decimo del loro valore reale, tutte le proprietà. Benjamin Franklin fu un grande sostenitore della stampa della propria valuta cartacea da parte delle colonie; egli, nel 1757, fu inviato a Londra per rivendicare tale diritto e finì col rimanervi per i successivi 18 anni - quasi fino all’inizio della Rivoluzione Americana. Nell’arco di questo periodo, un numero crescente di colonie americane ignorò le prescrizioni del Parlamento e cominciò ad emettere la propria valuta, chiamata ‘buono coloniale’; il tentativo fu coronato dal successo, con notevoli eccezioni. Il buono coloniale rappresentava un affidabile mezzo di scambio e, inoltre, aiutava a suscitare un sentimento di unità fra le colonie. Ricordate che il buono coloniale era perlopiù valuta cartacea, non gravata da debiti, stampata nel pubblico interesse e non sostenuta realmente da riserve d’oro o d’argento; in altri termini, si trattava di moneta a corso forzoso. I funzionari della Banca d’Inghilterra chiesero a Franklin in che modo potesse spiegare la ritrovata prosperità delle colonie ed egli, senza esitazioni, rispose: La questione è semplice. Nelle colonie noi emettiamo la nostra valuta, che si chiama buono coloniale. La emettiamo in quantità appropriata rispetto alla domanda commerciale e industriale per far sì che i prodotti passino facilmente dal produttore al consumatore... In questo modo, creando per noi stessi la nostra valuta, ne controlliamo il potere d’acquisto e non dobbiamo pagare interessi a nessuno. Questo per Franklin era semplicemente buonsenso, potete tuttavia immaginare l’effetto che ebbe sulla Banca d’Inghilterra. L’America aveva scoperto il segreto del denaro e il genio doveva tornarsene nella bottiglia il prima possibile. Il risultato fu che il Parlamento approvò in fretta e furia il Currency Act del 1764, provvedimento che vietava ai funzionari delle colonie di emettere la propria valuta e ordinava loro di pagare tutte le tasse a venire con monete d’oro o d’argento; in altri termini costringeva le colonie ad adeguarsi agli standard in oro e argento. Questo diede origine alla prima intensa fase della Prima Guerra Bancaria in America - risoltasi con la sconfitta dei Cambiavalute - che iniziò con la Dichiarazione di Indipendenza e si concluse col successivo trattato di pace, il Trattato di Parigi del 1783. Per coloro che ritengono che uno standard in oro sia la soluzione degli attuali problemi monetari americani, consideriamo quello che accadde in America dopo l’approvazione del Currency Act del 1764. Franklin, nella sua autobiografia, scrisse: “Nel giro di un anno la situazione si era rovesciata al punto che l’era di prosperità era terminata lasciando il posto alla depressione, in misura tale che le strade delle Colonie traboccavano di disoccupati”. Franklin afferma che ciò costituì anche la causa principale della Rivoluzione Americana; sempre dalla sua autobiografia: Le Colonie avrebbero sopportato di buon grado la ridotta tassa sul tè ed altre materie, se l’Inghilterra non avesse tolto alle Colonie stesse la loro valuta, creando così disoccupazione e malcontento. Nel 1774, il Parlamento approvò lo Stamp Act, il quale prescriveva l’apposizione, su ogni atto commerciale, di un bollo che attestasse il pagamento di una tassa in oro - cosa che ancora una volta minacciava la valuta cartacea coloniale; meno di due settimane più tardi, il Massachusetts Committee of Safety promulgò una risoluzione a favore dell’emissione di ulteriore valuta coloniale e di riconoscimento della valuta delle altre colonie. Il 10 e il 22 giugno 1775, il Congresso delle Colonie decise l’emissione di 2 milioni di dollari in valuta cartacea in base al credito e alla fiducia delle “Colonie Unite”. Tale decisione disobbediva alla Banca d’Inghilterra e al Parlamento e rappresentò un atto di sfida, il rifiuto di accettare un sistema monetario ingiusto nei

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confronti degli abitanti delle colonie. Così gli attestati di credito (cioè la valuta cartacea) che gli storici ignoranti o prevenuti hanno sminuito considerandoli strumenti di una politica finanziaria incosciente, erano in effetti i principi della Rivoluzione; anzi, erano più di questo: erano la Rivoluzione stessa. (Alexander Del Mar, storico) Quando, il 19 aprile 1775, furono sparati i primi colpi a Concord e Lexington, Massachusetts, le colonie erano state prosciugate dell’oro e dell’argento dalla tassazione britannica; come risultato, il governo continentale per finanziare la guerra non ebbe altra scelta se non quella di stampare la propria valuta cartacea. All’inizio della Rivoluzione la fornitura di denaro coloniale americano si attestava intorno ai 12 milioni di dollari; alla fine della guerra raggiunse quasi i 500 milioni. Questo fu in parte dovuto ad una massiccia contraffazione britannica il cui esito fu di rendere la valuta virtualmente senza valore; un paio di scarpe costava 5.000 dollari. Come lamentava George Washington: “Un vagone carico di denaro riuscirà a fatica ad acquistare un vagone carico di approvvigionamenti”. In precedenza il buono coloniale aveva funzionato in quanto veniva emessa una quantità di valuta appena sufficiente a facilitare il commercio, mentre la contraffazione era irrisoria. Oggi, coloro che sostengono una valuta basata sulle riserve d’oro, indicano questo periodo della Rivoluzione per dimostrare gli svantaggi di una moneta a corso forzoso. Ricordate, comunque, che quella stessa valuta, in precedenza, aveva funzionato così bene vent’anni prima in tempo di pace che la Banca d’Inghilterra l’aveva fatta rendere illegale dal Parlamento e che, durante la guerra, gli Inglesi cercarono deliberatamente di scalzarla contraffacendola in Inghilterra e spedendola ‘a balle’ nelle colonie. La Banca del Nord Americana Verso la fine della Rivoluzione, il Congresso continentale, riunitosi presso l’Indipendence Hall di Filadelfia, si trovò ad avere un bisogno disperato di fondi. Nel 1781 essi permisero a Robert Morris, loro Soprintendente Finanziario, di aprire una banca centrale di proprietà privata, nella speranza che la cosa potesse essere di qualche utilità. Fra parentesi Morris era un benestante il quale, commerciando in materiale bellico durante la Rivoluzione, si era ulteriormente arricchito. La nuova banca, la Bank of North America, ricalcava da vicino il modello della Banca d’Inghilterra; ad essa venne consentita (o, piuttosto, non venne proibita) la pratica della riserva frazionale bancaria, ovvero poteva prestare denaro che non aveva e quindi applicare su di esso gli interessi. Se io o voi facessimo una cosa del genere saremmo accusati di frode - cioè di un crimine. A quell’epoca ben pochi compresero tale pratica e, naturalmente, essa venne tenuta nascosta il più possibile al pubblico e ai politici; per di più alla banca fu assegnato il monopolio di emettere banconote, accettabili per il pagamento delle tasse. Lo statuto della banca richiedeva la costituzione di un capitale iniziale di 400.000 dollari versati da investitori privati. Quando però Morris si rivelò incapace di trovare il denaro, egli utilizzò sfacciatamente la sua influenza politica per ottenere che venisse depositato dell’oro nella sua banca - oro che era stato prestato all’America dalla Francia. Egli prestò a sé stesso e ai suoi amici questo denaro per reinvestirlo nelle azioni della banca; la Seconda Guerra Bancaria Americana era iniziata. Presto i pericoli diventarono evidenti. Il valore della valuta americana continuò a precipitare e quattro anni più tardi, nel 1785, il documento di concessione della banca non venne riconfermato, mettendo fine alla minaccia dello strapotere della banca stessa; così la Seconda Guerra Bancaria Americana si risolse velocemente in una sconfitta dei Cambiavalute. Il leader di questo efficace sforzo per affossare la banca fu un patriota di nome William Findley, della Pennsylvania, che spiegò il problema nel modo seguente:

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Questa istituzione, non avendo altro principio che la cupidigia, non cambierà mai i propri obiettivi... monopolizzare tutta la ricchezza, il potere e l’influenza dello stato. La plutocrazia, una volta attestatasi, avrebbe corrotto la legislatura in modo che le leggi sarebbero state formulate a suo vantaggio e l’amministrazione della giustizia avrebbe favorito i ricchi. Gli uomini dietro alla Banca del Nord America - Alexander Hamilton, Robert Morris ed il Presidente della Banca, Thomas Willing - non si diedero per vinti. Solo sei anni più tardi Hamilton, all’epoca Ministro del Tesoro, ed il suo mentore Morris, tramite il nuovo Congresso fondarono una nuova banca centrale di proprietà privata, la Prima Banca degli Stati Uniti; Thomas Willing, ancora una volta, ne rivestì il ruolo di Presidente. I giocatori erano gli stessi, soltanto il nome della banca era cambiato. L’Assemblea Costituente Nel 1787 i leader coloniali si riunirono a Filadelfia per cambiare i nefasti Articoli della Confederazione. Come abbiamo visto in precedenza, sia Thomas Jefferson che James Madison erano fermamente contrari ad una banca centrale di proprietà privata; avevano visto i problemi causati dalla Banca d’Inghilterra e non volevano niente del genere. Come Jefferson sostenne in seguito: “Se il popolo americano permetterà mai che banche private controllino l’emissione della sua valuta, le banche e le corporazioni che prolificano intorno ad esse, prima tramite l’inflazione e poi tramite la deflazione, priveranno il popolo di tutte le sue proprietà fino al momento in cui i figli si ritroveranno senza tetto nel continente conquistato dai padri”. Nel corso del dibattito sul futuro sistema monetario, un altro dei padri fondatori, Gouvenor Morris, presiedeva il comitato che stese la bozza finale della Costituzione; Morris conosceva bene le ragioni dei banchieri. Insieme al suo vecchio capo, Robert Morris, Gouvenor Morris e Alexander Hamilton erano quelli che avevano presentato il progetto originale della Banca del Nord America al Congresso continentale tenutosi durante l’ultimo anno della Rivoluzione. Gouvenor Morris, in una lettera scritta a James Madison in data 2 luglio 1787, rivelava ciò che stava accadendo in realtà: “I ricchi lotteranno per affermare il proprio dominio e conquistare il resto. Lo hanno sempre fatto e sempre lo faranno... Essi avranno qui gli stessi effetti che altrove se noi, tramite il potere del governo, non li circoscriveremo ai loro ambiti specifici.” Nonostante la defezione di Gouvenor Morris dai ranghi dei banchieri, Hamilton, Robert Morris, Thomas Willing e i loro sostenitori europei non avrebbero abbandonato i loro propositi; essi convinsero il grosso dei delegati dell’Assemblea Costituente di non accordare al Congresso il potere di emettere valuta cartacea. La maggior parte dei delegati era ancora scossa dalla selvaggia inflazione della valuta cartacea verificatasi nel corso della Rivoluzione ed essi avevano dimenticato come aveva egregiamente funzionato il buono coloniale prima della guerra. La Banca d’Inghilterra invece no; i Cambiavalute non potevano permettere che l’America stampasse di nuovo la propria moneta. Molti ritenevano che il Decimo Emendamento, il quale riservava dei poteri agli stati che non erano ammessi dalla Costituzione al governo federale, rendesse incostituzionale l’emissione di valuta cartacea da parte del governo federale, in quanto il potere di emettere valuta cartacea nella Costituzione non era specificatamente affidato al governo federale stesso. La Costituzione a questo proposito non si pronuncia; essa, tuttavia, proibiva in modo specifico ai singoli Stati di “emettere certificati di credito” (valuta cartacea). La maggior parte degli artefici intendeva il

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silenzio della Costituzione nel senso di impedire al nuovo governo federale di avere il potere di autorizzare la creazione di valuta cartacea; infatti, il Giornale dell’Assemblea del 16 agosto recita così: É stato proposto ed appoggiato di cancellare le parole ‘ed emettere certificati di credito’ e la mozione...é passata con risposta affermativa. Tuttavia Hamilton e i suoi amici banchieri videro questo silenzio come l’opportunità di tenere il governo fuori dalla creazione della valuta cartacea, che speravano di monopolizzare privatamente. Così sia i delegati a favore che quelli contrari ai banchieri, con motivazioni opposte, appoggiarono, con uno scarto di quattro a uno, la mozione per lasciare fuori dalla Costituzione qualsiasi autorità del governo federale relativa alla creazione di valuta cartacea. Questa ambiguità lasciò la porta aperta ai Cambiavalute - proprio come essi avevano pianificato. Naturalmente la carta moneta non rappresentava di per sé il problema principale. Il problema più rilevante era il prestito di riserva frazionale, poiché esso moltiplicava per molte volte qualsiasi inflazione causata da una eccessiva emissione di valuta cartacea; questo, tuttavia, non veniva compreso da molti, laddove le ricadute negative causate da una smodata produzione di valuta invece lo erano. Gli estensori, relativamente alla loro convinzione che proibire la valuta cartacea fosse un buon fine da perseguire, furono ben consigliati. La proibizione di tutta la valuta cartacea avrebbe fortemente limitato la riserva frazionale bancaria allora praticata, poiché l’uso di assegni era minimo e si può presumere che sarebbe stato proibito anch’esso. I prestiti bancari però, creati come registri, non furono presi in considerazione e quindi non vennero proibiti. Nel momento in cui si verificò tale situazione, i governi statale e federale furono largamente intesi come non autorizzati a creare denaro, al contrario delle banche private - sostenendo che tale potere, non essendo specificamente vietato, veniva riservato ai cittadini (incluse persone giuridiche, quali banche società per azioni). Il ragionamento opposto affermava che le corporazioni bancarie erano strumenti o agenzie degli stati che le ospitavano e quindi doveva essere loro negato di “emettere attestati di credito”, così come accadeva per gli stati stessi. Tale ragionamento venne ignorato dai banchieri, i quali proseguirono a emettere banconote basate sulle riserve frazionali, e perse tutta la sua forza una volta che la Corte Suprema degli Stati Uniti stabilì che anche il governo federale avrebbe potuto concedere uno statuto ad una banca abilitata ad emettere valuta. Alla fine solo agli stati venne proibito di emettere valuta, cosa che invece non fu negata né alle banche private né ai Comuni (come accadde in circa 400 città durante la Grande Depressione). Un altro errore che spesso non viene compreso riguarda l’autorità concessa al governo federale di “coniare monete” e di “regolamentarne il valore”. Regolamentare il valore della moneta (vale a dire il suo potere d’acquisto o valore relativo ad altri parametri o beni) non ha niente a che fare con la qualità o il contenuto (cioè un tot di parti di rame o di oro etc.) bensì con la sua quantità - la riserva di denaro; è la quantità a determinarne il valore ed il Congresso non ha mai legiferato sulla quantità totale di denaro negli Stati Uniti. Una legislazione su una fornitura generale di denaro (compresi assegni, valuta e tutti i depositi bancari) in effetti regolamenterebbe il valore (potere d’acquisto) di ogni dollaro e quindi una legislazione relativa al tasso di crescita della riserva monetaria ne determinerebbe il valore futuro. Il Congresso non ha mai legiferato in nessuno di questi due ambiti, sebbene disponga chiaramente dell’autorità costituzionale per farlo; esso ha rimesso questa funzione alla Federal Reserve e alle 10.000 e più banche che creano le nostre riserve monetarie. La Prima Banca degli Stati Uniti

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Nel 1790, meno di tre anni dopo che la Costituzione era stata ratificata, i Cambiavalute colpirono di nuovo. Il Ministro del Tesoro appena nominato, Alexander Hamilton, propose al Congresso un progetto di legge che prevedeva la fondazione di una nuova banca centrale di proprietà privata. Stranamente era lo stesso anno in cui Mayer Rothschild dalla sua banca ammiraglia di Francoforte fece la seguente dichiarazione: “Lasciate che io emetta e controlli il denaro di una nazione e non mi interesserò di chi ne formula le leggi”. Alexander Hamilton era uno strumento dei banchieri internazionali; egli voleva creare un’altra banca centrale privata, la Banca degli Stati Uniti, e così fece; convinse Washington a firmare il progetto di legge, nonostante le riserve dello stesso Washington e l’opposizione di Jefferson e Madison. Per convincere Washington, Hamilton accampò la motivazione dei “poteri implicati”, da allora così spesso utilizzata per svuotare la Costituzione del suo contenuto. Jefferson predisse correttamente le disastrose conseguenze dovute all’apertura di un tale vaso di Pandora, che avrebbe permesso ai giudici di “implicare” qualsiasi cosa andasse loro a genio. Risulta interessante il fatto che uno dei primi lavori di Hamilton dopo il conseguimento, nel 1782, della laurea in giurisprudenza, fu quello di consigliere di Robert Morris, capo della Banca del Nord America. In effetti Hamilton, l’anno precedente, aveva scritto a Morris una lettera in cui diceva: “Un debito nazionale, se non è eccessivo, sarà una benedizione nazionale”. Una “benedizione” per chi? Nel 1791, dopo un anno di intenso dibattito, il Congresso approvò il progetto di legge di Hamilton e gli conferì uno statuto ventennale; la nuova banca si sarebbe chiamata First Bank of the United States (Prima Banca degli Stati Uniti), o BUS; così iniziò la Terza Guerra Bancaria Americana. La sede centrale della Prima Banca degli Stati Uniti si trovava a Filadelfia. La banca fu autorizzata a stampare denaro e a concedere prestiti sulla base delle riserve frazionali, anche se l’ottanta per cento delle sue azioni era di proprietà di azionisti privati; il restante 20% sarebbe stato acquistato dal Governo degli Stati Uniti, ma la ragione non era quella di dare al governo una parte nella faccenda: si trattava di fornire il capitale iniziale dell’ottanta per cento agli altri possessori . Così come per la Banca del Nord America e la Banca d’Inghilterra prima di allora, gli azionisti non pagarono mai l’ammontare complessivo delle loro azioni; il Governo degli Stati Uniti corrispose i suoi iniziali 2.000.000 di dollari in contanti e poi la banca, tramite l’antica magia del prestito sulla base delle riserve frazionali, concesse prestiti ai suoi investitori statutari in modo che essi potessero disporre dei rimanenti 8.000.000 di dollari di capitale necessari per questo investimento esente da rischi. Come per la Banca d’Inghilterra, il nome della banca - la Banca degli Stati Uniti - fu scelto deliberatamente per occultare il fatto che era controllata da privati e, sempre come nel caso della Banca d’Inghilterra, i nomi degli investitori non furono mai resi noti. La banca fu presentata al Congresso come un mezzo per garantire stabilità al sistema bancario e per eliminare l’inflazione. Cosa accadde? Nel corso dei primi cinque anni di attività, il Governo degli Stati Uniti prese a prestito dalla Prima Banca degli Stati Uniti 8,2 milioni di dollari; in quel periodo i prezzi lievitarono del 72%. Jefferson, nuovo Segretario di Stato, assistette a tale evento con tristezza e frustrazione, incapace di fermarlo: “Vorrei che fosse possibile ottenere un singolo emendamento alla nostra Costituzione, che impedisse al governo federale di prendere denaro in prestito”.

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Il Presidente Adams denunciò l’emissione di banconote private come una frode a scapito del pubblico e, in questa ottica, era sostenuto da tutta l’opinione pubblica conservatrice del suo tempo. Perché continuare a dare in appalto a banche private, in cambio di nulla, una prerogativa del governo? Milioni di americani oggi provano la stessa sensazione; essi osservano, frustrati, mentre il governo federale porta il contribuente americano nell’oblio - prendendo a prestito da ricchi e banche private quel denaro che il governo ha l’autorità e il dovere di emettere da sé, senza interessi. Così, sebbene si chiamasse la Prima Banca degli Stati Uniti, non si trattava del primo tentativo di fondare una banca centrale di proprietà privata negli USA. Così come per le altre due, la Banca d’Inghilterra e la Banca del Nord America, il governo fornì il capitale per avviare questa banca privata e quindi i banchieri si prestarono l’un l’altro il denaro per acquistare le rimanenti azioni della banca stessa. Si trattò di una truffa, pura e semplice - ed essi non sarebbero stati in grado di protrarla a lungo. L’ascesa del potere in Francia Ora dobbiamo ritornare in Europa per vedere come un singolo individuo fu in grado di manipolare l’intera economia britannica ottenendo le prime notizie della sconfitta finale di Napoleone. Nel 1800 a Parigi la Banca di Francia era organizzata secondo schemi simili a quelli della Banca d’Inghilterra. Napoleone, però, decise che la Francia doveva liberarsi dei propri debiti; egli non si fidò mai della Banca di Francia, anche quando collocò alcuni dei suoi parenti nel consiglio direttivo. Napoleone dichiarò che quando un governo dipende dai banchieri per ottenere del denaro, i banchieri - e non i rappresentanti del governo - detengono il controllo: “La mano che dà sta sopra quella che prende. Il denaro non ha patria; i finanzieri non hanno né decenza né patriottismo: il loro unico scopo è il guadagno”. Egli intuì chiaramente i pericoli ma non intravide le appropriate contromisure o soluzioni. Tornando in America, l’aiuto inatteso stava per giungere. Nel 1800 Thomas Jefferson sconfisse di stretta misura John Adams nella corsa alla terza presidenza degli Stati Uniti e, nel 1803, Jefferson e Napoleone avevano stipulato un accordo, secondo il quale gli USA avrebbero pagato 3.000.000 di dollari in oro in cambio di un vasto territorio ad ovest del fiume Mississippi; l’acquisto della Louisiana. Con quei tre milioni di dollari in oro, Napoleone mise velocemente in piedi un esercito e iniziò a scorrazzare in Europa, conquistando tutto ciò che trovava sul suo cammino. Tuttavia l’Inghilterra e la Banca d’Inghilterra si apprestarono in fretta ad opporglisi e finanziarono ogni nazione sul suo cammino, raccogliendo gli enormi profitti di guerra; la Prussia, l’Austria ed infine la Russia si indebitarono pesantemente nel futile tentativo di fermare Napoleone. Quattro anni più tardi, mentre il grosso dell’esercito francese si trovava in Russia, il trentenne Nathan Rothschild - direttore dell’ufficio londinese della propria famiglia - si incaricò personalmente di un ardito piano per contrabbandare una spedizione assai necessaria di oro proprio attraverso la Francia, il cui scopo era finanziare un attacco dalla Spagna da parte del britannico Duca di Wellington. Nathan in seguito nel corso di una cena con amici si vantò del fatto che quello era il migliore affare che avesse mai fatto. Egli guadagnò denaro per ogni fase della spedizione; non sapeva ancora che nel prossimo futuro avrebbe fatto di meglio. Gli attacchi di Wellington da sud ed altre sconfitte alla fine costrinsero Napoleone ad abdicare; Luigi XVIII fu incoronato Re e Napoleone esiliato nell’isola d’Elba, presumibilmente per sempre. La fine della Prima Banca degli Stati Uniti e la Guerra del 1812

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Mentre Napoleone si trovava in esilio, temporaneamente sconfitto dall’Inghilterra con l’aiuto finanziario dei Rothschild, anche l’America stava cercando di liberarsi della propria banca centrale. Nel 1811 fu presentato al Congresso un progetto di legge per rinnovare lo statuto della Banca degli Stati Uniti; il dibattito divenne incandescente ed entrambi i corpi legislativi della Pennsylvania e della Virginia avanzarono delle mozioni che richiedevano al Congresso di porre fine alla vita della banca. Gli uffici stampa dell’epoca attaccarono apertamente la banca, definendola “una grande truffa”, un “avvoltoio”, una “vipera” e un “cobra”; ah, se avessimo di nuovo una stampa indipendente in America! Un congressista di nome P. B. Porter attaccò la banca dal pavimento del Congresso, avvertendo profeticamente che, se lo statuto della banca fosse stato rinnovato, il Congresso “avrà allevato nel seno di questa Costituzione una vipera che un giorno o l’altro colpirà al cuore le libertà di questa nazione”. Le prospettive per la banca non erano delle più rosee. Alcuni scrittori hanno affermato che Nathan Rothschild avvertì che se lo statuto della banca non fosse stato rinnovato, gli Stati Uniti si sarebbero trovati coinvolti in una guerra tra le più disastrose; questo però non fu sufficiente. Una volta che il fumo si era disperso, il progetto di rinnovamento fu sconfitto alla Camera da un solo voto e si arrestò al Senato. All’epoca alla Casa Bianca c’era James Madison, quarto Presidente degli Stati Uniti, il quale - ricorderete - era un convinto avversario della banca. Il suo Vice Presidente, George Clinton, ruppe un legame in Senato e consegnò la Prima Banca degli Stati Uniti - la seconda banca centrale di proprietà privata in territorio americano - all’oblio. Così la Terza Guerra Bancaria Americana, durata vent’anni, si concluse con la sconfitta dei Cambiavalute. Nel giro di cinque mesi, così come si dice avesse predicato Rothschild, L’Inghilterra attaccò gli Stati Uniti ed iniziò la guerra del 1812 la quale, essendo gli Inglesi ancora impegnati a combattere Napoleone, terminò nel 1814 senza vincitori né vinti. Risulta interessante notare che, nel corso di questa guerra, la Tesoreria degli USA stampò una certa quantità di valuta cartacea governativa per finanziare lo sforzo bellico - evento che non si sarebbe più ripetuto fino alla Guerra Civile. Sebbene i Cambiavalute fossero temporaneamente sconfitti, non stavano comunque con le mani in mano; sarebbero bastati loro soltanto altri due anni per presentare una quarta banca centrale privata, più grande e più forte di quella precedente. 1815: La battaglia di Waterloo Torniamo ora per un momento a Napoleone. Questo episodio dimostra appropriatamente la furbizia della famiglia Rothschild nell’acquisizione del controllo del mercato azionario inglese dopo Waterloo. Nel 1815, un anno dopo la fine della guerra del 1812, Napoleone fuggì dal proprio esilio e ritornò a Parigi. Delle truppe francesi furono inviate a catturarlo, ma il suo carisma era tale che i soldati accorsero in aiuto del loro vecchio comandante e lo acclamarono di nuovo come loro Imperatore; Napoleone tornò a Parigi come un eroe. Re Luigi scappò in esilio e Napoleone ascese nuovamente al trono di Francia – stavolta senza che venisse sparato nemmeno un colpo. Nel marzo del 1815, Napoleone mise in piedi un esercito che l’inglese Duca di Wellington sconfisse meno di 90 giorni più tardi a Waterloo. Egli prese a prestito cinque milioni di sterline dalla banca Ouvard di Parigi per riarmare le truppe; nondimeno, da allora in avanti, non fu più inusuale che banche centrali a controllo privato in una guerra finanziassero entrambi i contendenti. Perché una banca centrale in una guerra dovrebbe finanziare i fronti opposti? Perché la guerra è il più grande generatore di debiti in assoluto. Una nazione per vincere prenderà a prestito qualsiasi somma. Al perdente finale viene prestato solo quel tanto sufficiente a conservare una vaga speranza di vittoria, mentre al vincitore finale viene dato quanto basta a vincere.

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Oltre a ciò, i prestiti di questo tipo vengono normalmente concessi con la garanzia che il vincitore onorerà i debiti dello sconfitto; solo i banchieri non possono perdere. Il luogo della battaglia di Waterloo si trova a circa 200 miglia a nordest di Parigi, nell’attuale Belgio; lì Napoleone subì la sua ultima sconfitta, tuttavia non prima che migliaia di francesi e inglesi perdessero le proprie vite in un umido mattino del giugno del 1815. Quel giorno, il 18 giugno, 74.000 soldati francesi si scontrarono con 67.000 soldati britannici e di altre nazioni europee; l’esito era sicuramente incerto e, in effetti, se Napoleone avesse attaccato qualche ora prima, probabilmente avrebbe vinto la battaglia. Tuttavia, indipendentemente da chi fossero i vincitori e i perdenti, Nathan Rothschild di ritorno a Londra utilizzò l’opportunità di acquisire il controllo del mercato azionario britannico; i Rothschild contestano aspramente il resoconto che segue. Rothschild piazzò sul lato nord del campo di battaglia, vicino alla Manica, un agente fidato, tale Rothworth. Una volta che l’esito della battaglia fu deciso, Rothworth si diresse verso la Manica e diede a Nathan Rothschild le notizie fresche ventiquattr’ore prima del corriere personale di Wellington. Rothschild si recò velocemente alla Borsa e occupò il suo posto usuale di fronte a un’antica colonna; tutti gli occhi erano su di lui. I Rothschild disponevano di una leggendaria rete di comunicazione. Se Wellington era stato sconfitto e Napoleone di nuovo in giro per il continente, la situazione finanziaria britannica avrebbe preso certamente una pessima piega. Rothschild appariva affranto, se ne stava immobile, gli occhi rivolti a terra. Poi, improvvisamente, iniziò a vendere. Gli altri nervosi investitori videro che Rothschild stava vendendo; questo poteva significare solo una cosa: Napoleone doveva aver vinto e Wellington doveva essere stato sconfitto. La Borsa andò a picco. Ben presto tutti si trovarono a vendere i propri titoli consolidati - obbligazioni del governo inglese ed altre azioni - e i prezzi calarono. Poi Rothschild ed i suoi alleati finanziari iniziarono segretamente a comprare tramite i propri agenti. Pensate che si tratti di un mito, di una leggenda? Un centinaio di anni dopo, il New York Times riportò la notizia secondo cui il nipote di Nathan Rothschild aveva tentato di procurarsi la sentenza di una corte per eliminare un libro contenente questa vicenda della Borsa; la famiglia Rothschild dichiarò che questa storia era falsa e diffamatoria, tuttavia la corte respinse la richiesta dei Rothschild ed ingiunse alla famiglia di pagare tutte le spese processuali. Quello che risulta ancora più interessante di tutta questa faccenda, è che alcuni autori affermano che il giorno dopo la battaglia di Waterloo, nel giro di poche ore, Nathan Rothschild ed i suoi alleati finanziari acquisirono il dominio non solo del mercato azionario ma anche della Banca d’Inghilterra. (Una caratteristica interessante di alcuni titoli consolidati era che potevano essere convertiti in azioni della Banca d’Inghilterra) L’apparentamento con i Montefiore, i Cohen e i Goldsmith - dinastie bancarie stabilitesi in Inghilterra un secolo prima dei Rothschild - aumentò il controllo finanziario dei Rothschild; tale controllo venne ulteriormente consolidato tramite l’approvazione del Peel’s Bank Charter Act del 1844. Che la famiglia Rothschild e relativi alleati finanziari abbiano acquisito o meno il completo controllo della Banca d’Inghilterra (la prima e più ricca banca centrale di proprietà privata in una importante nazione europea) in questo modo, una cosa è certa: verso la metà del 1800 i Rothschild erano la famiglia più ricca del mondo, nessuno eccettuato. Essi dominavano i mercati delle nuove obbligazioni statali e aprirono filiali presso altre banche e imprese industriali in tutto il mondo; inoltre dominavano una costellazione di famiglie secondarie meno influenti, come i Warburg e gli Schiff, che accomunarono la loro vasta ricchezza a quella dei Rothschild.

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Infatti la seconda metà del 19mo secolo fu nota col nome di “Era di Rothschild”. Lo scrittore Ignatius Balla stimò che la loro ricchezza personale nel 1913 ammontasse ad oltre due miliardi di dollari. Ricordate che il potere d’acquisto del dollaro era maggiore di più del 1.000 per cento rispetto ad oggi. Nonostante questa schiacciante ricchezza, la famiglia in genere ha coltivato un’aura di invisibilità e sebbene essa controlli gli introiti di società bancarie, industriali, commerciali, minerarie e turistiche, solo una manciata di esse porta il loro nome. Alla fine del 19mo secolo un esperto stimò che la famiglia Rothschild controllasse la metà della ricchezza mondiale. Qualunque sia l’entità della loro vasta ricchezza, è ragionevole presumere che la loro percentuale della ricchezza mondiale da allora sia aumentata spettacolarmente, poiché il potere persegue il potere ed il desiderio di esso. Tuttavia con l’arrivo di questo secolo, i Rothschild hanno attentamente coltivato la nozione che il loro potere sia in qualche modo diminuito, anche se la loro ricchezza e quella dei loro alleati finanziari aumenta in concomitanza con il loro controllo di banche, società indebitate, media, politici e nazioni, il tutto tramite delegati, agenti, candidati e consigli di amministrazione interconnessi, che mantengono il loro ruolo nell’ombra. Note sull’Autore: Patrick S. J. Carmack, BBA, JD, si è occupato di diritto societario ed è un ex Giudice Amministrativo della Corporation Commission dello Stato dell’Oklahoma così come membro del tribunale della Corte Suprema. Egli è coautore del video in due puntate The Money Masters: How International Bankers Gained Control of America. Nota dell’Editore Il presente articolo è stato tratto su licenza dal libro riveduto ed aggiornato del video The Money Masters: How International Bankers Gained Control of America, prodotto da Patrick S. J. Carmack per la Royalty Production Company, Colorado, USA, © 1998. La lista dei testi che accompagna questo articolo si può trovare presso il sito web <www.themoneymasters.com>. Il libro e il video di Money Masters sono disponibili presso: Royalty Production Company, 5149 Picket Drive, Colorado Springs, CO 80907, USA, tel (719) 520 7264, fax (719) 599 4587, <www.themoneymasters.com>. Fonte: Rivista NEXUS n. 23

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Nuovo Ordine Mondiale: i Signori del Mondo (di Giorgio Dongiovanni) Durante alcuni dei miei viaggi a Londra ho potuto conoscere un personaggio che ha lavorato per anni nel settore del Marketing. Tutto ciò che leggerete di seguito è frutto di indagini che lui ha condotto personalmente; coinvolgendo, in varie parti del mondo, figure di spicco legate alle grandi famiglie economiche. Ho deciso di pubblicare integralmente la ricerca così come lui l’ha scritta, ma penso sia giusto per etica professionale che tutto debba essere formulato sotto forma di ipotesi. A mio parere la maggior parte delle informazioni sono vere, faccio questa dichiarazione in relazione anche agli eventi che si stanno manifestando nel mondo. Chi controlla il mondo oggi La conferma alla mia ricerca è partita da un trafiletto, pubblicato il 7 giugno 1999 dal Corriere della Sera, dove si parlava di un gruppo di persone fino allora a me sconosciute i “Bilderbergers”. Così sono chiamati i membri del Gruppo Bilderberg. L’articolo si riferiva alla loro riunione ufficiale annuale del 1999, che si era appena conclusa in Portogallo in un Resort di un paese chiamato Sintra. In questa riunione si era discusso, tra i vari temi, anche sul dopo guerra in Kosovo. Il Gruppo Bilderberg, diceva l’articolo, è nato nel 1954 e riunisce i personaggi più illustri dei vari campi a livello internazionale. Tra i personaggi presenti alla riunione venivano citati: U. Agnelli, H. Kissinger, Mario Monti ed altri ancora. Leggendo queste informazioni sono rimasto insospettito dal fatto che una riunione di questa importanza (per argomento e personaggi) non avesse ricevuto maggior pubblicità dagli organi di informazione. Incuriosito, ho sentito la necessità di conoscere, e capire più a fondo la natura di questa organizzazione. Sono così venuto a conoscenza di quelle che possono essere definite le forze negative che oggi detengono il potere materiale nel mondo, dei loro pensieri e dei loro programmi. Se pensiamo alla situazione del nostro pianeta possiamo fare finta di niente ed essere felici e sereni oppure possiamo interrogarci su che mondo stiamo preparando per le prossime generazioni e soprattutto sul perché siamo in questa situazione: guerre civili e religiose in ogni continente, violenza e corruzione ovunque anche negli stati che si definiscono più evoluti, uso di droghe in aumento (persino legalizzate), la condizione di povertà in continua espansione in tutto il mondo, un senso di ingiustizia diffuso, scandali che coinvolgono tutti i personaggi che occupano posizioni di potere etc …….. Purtroppo, il trend, della nostra società è drammaticamente negativo e ai nostri giorni il degrado è il vero protagonista. La domanda che vale la pena porsi è: ma c’è qualcuno che alimenta queste cose, esiste un comune denominatore dietro tutto questo, qualcuno che ne trae beneficio? Solo la verità ci può rendere veramente liberi, liberi di capire e quindi di rispondere. Allora la domanda che ci dobbiamo porre è conosciamo la verità? Conosciamo veramente cosa si nasconde dietro il maturare di tutti questi fenomeni? Certo i mass media, i politici, i sociologi ci “martellano” con le loro interpretazioni, ma ci possiamo fidare? Come provocazione guardate la Tavola 1, questa è secondo David Icke (dal libro “And the truth shall set you free”) la “Catena dei Comandi” del nostro pianeta ai nostri giorni. Lo so è un po’ diversa da quella che siamo soliti pensare e soprattutto ci sono tanti nomi, là in cima, con i quali non siamo familiari e di cui nessuno parla. C’è anche il Gruppo Bilderberg ma non è il vertice della gerarchia, quindi prima di parlare di loro vediamo di scoprire chi sono quelli che sembrano comandarli.

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Gli Illuminati e la Nobiltà Nera Come dice la parola stessa gli Illuminati sono i portatori di luce, quelli che sanno, ma la loro luce è, apparentemente, Lucifero o Satana. Appartengono a tredici delle più ricche famiglie del mondo e sono i personaggi che veramente comandano il mondo da dietro le quinte. Vengono anche definiti la Nobiltà Nera, i Decision Makers, chi fa le regole da seguire per Presidenti e Governi. La loro caratteristica è quella di essere nascosti agli occhi del pubblico. Il loro albero genealogico va indietro migliaia di anni e sono molto attenti a mantenere il loro legame di sangue di generazione in generazione senza interromperla. Il loro potere risiede nell’occulto e nell’economia, uno dei loro motti è: “il denaro crea potere”. Possiedono tutte le Banche Internazionali, il settore petrolifero e tutti i più potenti settori industriali e commerciali; ma soprattutto sono infiltrati nella politica e comandano la maggior parte dei governi e degli organi Sovranazionali primi fra tutti l’ONU ed il Fondo Monetario Internazionale. Un esempio del loro modo di operare è l’elezione del Presidente degli Stati Uniti, chi tra i candidati ha più Sponsor sotto forma di soldi, vince le elezioni perché con questi soldi ha il potere di “distruggere” l’altro candidato. E chi è che sponsorizza il candidato vincente? Ovviamente gli Illuminati attraverso le loro molte organizzazioni di facciata, fanno in modo di finanziare entrambi i candidati, per mantenere il “gioco” vivo anche se loro hanno già deciso chi sarà il vincitore e a questo assicurano più soldi. I loro piani sono sempre lungimiranti, sembra che Bill Clinton sia stato preparato alla missione di Presidente dall’entourage degli Illuminati fin da quando era giovane. Qual è l’obiettivo degli Illuminati? Creare un Unico Governo Mondiale ed un Nuovo Ordine Mondiale, con a capo loro stessi per sottomettere il mondo a una nuova schiavitù, non fisica, ma “spirituale” ed affermare il loro credo: l’ideologia Luciferica. Questo obiettivo non può essere conseguito nel periodo di una vita, le sue origini sono antiche e risalgono già al 1700 quando il complotto venne formalizzato, con l’elaborazione di veri e propri documenti programmatici. Nella prima metà del 1700 l’incontro tra il Gruppo dei Savi di Sion e Mayer Amschel Rothschild, l’abile fondatore della famosa dinastia che ancora oggi controlla il Sistema Bancario Internazionale, porta alla redazione di un manifesto: “I Protocolli dei Savi di Sion”. In 24 paragrafi, viene descritto come soggiogare e dominare il mondo con l’aiuto di un sistema economico. Sempre Mayer Amschel Rothschild aiuta e finanzia l’ebreo Adam Weishaupt, un ex prete gesuita, che a Francoforte crea un Gruppo Segreto dal nome “Gli Illuminati di Baviera”. Weishaupt prendendo spunto dai “ Protocolli dei Savi di Sion” elabora all’incirca verso il 1770 “Il Nuovo Testamento di Satana” un piano che dovrà portare, non più gli Ebrei ma un gruppo ristretto di persone (gli Illuminati o Banchieri Internazionali) ad avere il controllo ultimo del mondo intero. La strategia di Weishaupt era basata su principi molto fini e spietati. Bisognava arrivare alla soppressione dei Governi Nazionali e alla concentrazione del potere in Governi ed Organi Sovranazionali ovviamente gestiti dagli Illuminati. Ecco alcuni esempi operativi sulle cose da fare: Creare la divisione delle masse in campi opposti attraverso la politica, l’economia, gli aspetti sociali, la religione, l’etnia etc … Se necessario armarli e provocare incidenti in modo che si combattano e si indeboliscano. Corrompere (con denaro e sesso) e quindi rendere ricattabili i politici o chi ha una posizione di potere all’interno di uno stato. Scegliere il futuro capo di stato tra quelli che sono servili e sottomessi incondizionatamente. Avere il controllo delle scuole (licei ed Università) per fare in modo che i giovani talenti di buona famiglia siano indirizzati

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ad una cultura internazionale e diventino inconsciamente agenti del complotto. Assicurare che le decisioni più importanti in uno stato siano coerenti nel lungo termine all’obiettivo di un Nuovo Ordine Mondiale. Controllare la stampa, per poter manipolare le masse attraverso l’informazione. Abituare le masse a vivere sulle apparenze e a soddisfare solo il loro piacere, perché in una società depravata gli uomini perdono la fede in Dio. Secondo Weishaupt, mettendo in pratica le sue raccomandazioni si doveva arrivare a creare un tale stato di degrado, di confusione e quindi di spossatezza, che le masse avrebbero dovuto reagire cercando un protettore o un benefattore al quale sottomettersi liberamente. Da qui il bisogno di costituire degli Organi Sovranazionali pronti a sfruttare questo stato di cose, fingendosi i salvatori della patria, per istituire un Unico Governo Mondiale. Nel 1871 il piano di Weishaupt viene ulteriormente completato da un suo seguace Americano Albert Pike che elabora un documento per l’istituzione di un Nuovo Ordine Mondiale attraverso tre Guerre Mondiali. Il suo pensiero era che questo programma di guerre avrebbe generato nelle masse un tale bisogno di pace, che sarebbe diventato naturale arrivare alla costituzione di un Unico Governo Mondiale. Non a caso dopo la Seconda Guerra Mondiale venne fatto il primo passo in questa direzione con la formazione dell’ONU, che possiamo definire la polizia del mondo degli Illuminati. Tornando al pensiero di Pike, la Prima Guerra Mondiale doveva portare gli Illuminati, che già avevano il controllo di alcuni Stati Europei e stavano conquistando attraverso le loro trame gli Stati Uniti di America, ad avere anche la guida della Russia. Quest’ultima avrebbe poi dovuto interpretare un ruolo che doveva portare alla divisione del mondo in due blocchi. La Seconda Guerra Mondiale sarebbe dovuta partire dalla Germania, manipolando le diverse opinioni tra i nazionalisti tedeschi e i sionisti politicamente impegnati. Inoltre avrebbe portato la Russia ad estendere la sua zona di influenza e reso possibile la costituzione dello Stato di Israele in Palestina. La Terza Guerra Mondiale sarà basata sulle divergenze di opinioni che gli Illuminati avranno creato tra i Sionisti e gli Arabi, programmando l’estensione del conflitto a livello mondiale. Col passare degli anni il Quartiere Generale di questo complotto passa dalla Germania (Francoforte), alla Svizzera, poi all’Inghilterra (Londra) ed infine agli Stati Uniti d’America (New York). E’ quindi dal 1700 che le famiglie degli Illuminati, generazione dopo generazione, influenzano la storia per raggiungere i propri traguardi. Ecco un elenco dei fatti principali che negli ultimi 3 secoli sono stati architettati, fomentati o finanziati dagli Illuminati: la Rivoluzione Francese, le Guerre Napoleoniche, la nascita dell’ideologia Comunista, la I Guerra Mondiale, la Rivoluzione Bolscevica, la nascita dell’ideologia Nazista, la II Guerra Mondiale, la fondazione dell’ONU, la nascita dello Stato di Israele, la Guerra del Golfo, la nascita dell’Europa Unita… Nella Tavola 3 e Tavola4 è rappresentata la rete di potere che gli Illuminati si sono costruiti in quasi 300 anni. Ovviamente non potevano pensare di conseguire i loro obiettivi da soli, avevano ed hanno bisogno di una “struttura operativa”, composta da organizzazioni o persone che esercitando del potere operino più o meno consapevolmente nella stessa direzione. Come potete constatare gli Illuminati controllano o hanno i loro uomini ovunque, possiamo tranquillamente dire che sono i signori del mondo. La loro strategia ha fatto leva su 2 capisaldi: a) la forza del denaro, hanno costituito e controllano il Sistema Bancario Internazionale; b) la disponibilità di persone fidate, ottenuta attraverso il controllo delle Società o Associazioni Segrete (logge massoniche). Queste ultime con i loro diversi gradi di iniziazione hanno garantito e garantiscono tutt’ora quell’alone di discretezza necessario al piano degli

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Illuminati. Gli Illuminati, e chi con loro controlla queste Società, sono Satanisti e praticano la magia nera. Il loro Dio è Lucifero e attraverso pratiche e riti occulti manipolano e influenzano le masse. E pensare che la cultura dominante ci dice che la magia non esiste anzi, considera ridicolo chi ci crede. E’ anche da questa scienza di tipo occulto, che gli Illuminati hanno sviluppato la teoria sul controllo mentale delle masse. Per chiarire ecco un esempio: a quanto sembra anche Hollywood, le maggiori Case Cinematografiche e Discografiche internazionali, fanno parte della rete degli Illuminati. Molte volte i loro prodotti sono usati come strumenti di indottrinamento e agiscono in modo “invisibile” sulla psiche. Penso che nessuno possa negare che oggi esistono certi tipi di musica, privi di qualsiasi qualità, il cui unico effetto voluto è quello di provocare nei giovani apatia, robotismo, violenza ed essere uno stimolo all’uso di droghe. Dicevamo prima, che gli uomini che controllano gli Illuminati fanno parte di tredici delle famiglie più ricche del mondo. I loro nomi sono rimasti segreti negli anni e la leadership famigliare è stata passata da uomo a uomo generazione dopo generazione. Comunque nessun segreto può essere tenuto per sempre e anche in questo caso recentemente sono stati resi noti i loro nomi, grazie a qualcuno che, abbandonando l’ordine, ha deciso di cambiare vita e rivelare le informazioni più importanti. Ecco quindi le tredici famiglie che sembrano avere il compito di gestire il pianeta da dietro le quinte per condurlo al Nuovo Ordine Mondiale: ASTOR, BUNDY, COLLINS, DUPONT, FREEMAN, KENNEDY, LI, ONASSIS, ROCKFELLER, ROTHSCHILD, RUSSELL, VAN DUYN, MEROVINGI (famiglie Reali Europee) Sono dunque loro il vero governo del mondo o meglio il governo segreto? Il Gruppo Bilderberg Il Gruppo Bilderberg, rappresenta uno dei più potenti Gruppi di facciata degli Illuminati. Nasce informalmente nel 1952, ma prende questo nome solo nel 1954 quando il 29 maggio viene indetto il primo incontro presso l’Hotel Bilderberg di Oosterbeek in Olanda. Da allora le riunioni sono state ripetute 1 o 2 volte all’anno. All’inizio solo in Paesi Europei, ma dagli inizi degli anni ‘60 anche in Nord America. Tra i promotori del Gruppo bisogna menzionare almeno due personaggi: Sua Maestà il Principe Bernardo de Lippe di Olanda (ex Ufficiale delle SS), che ne è rimasto il presidente fino a quando nel 1976 ha dovuto dare le dimissioni per lo scandalo “Lockheed” e Joseph Retinger un “faccendiere” Polacco che si era costruito una fitta rete di relazioni tra personaggi della Politica e dell’Esercito a livello Mondiale. Retinger viene descritto come l’istigatore del gruppo, la sua visione era costruire un’ Europa unita per arrivare ad un Mondo unito in pace, dove potenti Organizzazioni Sovranazionali avrebbero garantito con l’applicazione delle loro ideologie, più stabilità dei singoli governi nazionali. Fin dalla prima riunione furono invitati banchieri, politici, universitari, funzionari internazionali degli Stati Uniti e dei paesi dell’Europa Occidentale per un totale all’incirca di un centinaio di personaggi, tra questi, sembra anche Alcide De Gasperi. Ai tempi della costituzione l’obiettivo dichiarato ufficialmente, era quello di creare l’unità Occidentale per contrastare l’espansione Sovietica. In realtà malgrado le apparenti buone intenzioni, il vero obiettivo era quello di formare un’altra organizzazione di facciata che potesse attivamente contribuire ai disegni degli Illuminati: la costituzione di un Nuovo Ordine Mondiale e di un Governo Mondiale entro il 2012.

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La Strategia William Cooper un anziano Sotto Ufficiale dei Servizi Segreti della Marina Statunitense, include nel suo libro “Behold a pale horse” (Light Technology 1991) del materiale top secret nel quale è illustrato il pensiero e la strategia adottati dal comitato politico del Gruppo Bilderberg. Questo documento programmatico ha un titolo quanto mai significativo “Armi Silenziose per delle guerre tranquille”. Il documento riporta la data del maggio 1979, ma fu ritrovato solo nel 1986. Cooper spiega “ Ho letto dei documenti top secret che spiegano che “Armi Silenziose per delle guerre silenziose” è una dottrina adottata dal comitato politico del Gruppo Bilderberg durante il suo primo meeting nel 1954. Una copia trovata nel 1969 era in possesso dei Servizi di Informazione della Marina Statunitense”. L’assunto principale del documento è che chiunque voglia assumere una posizione di potere all’interno di una comunità è come se “simbolicamente” dichiarasse guerra alle persone che la compongono. La guerra che però deve essere intrapresa non è su un piano fisico/materiale e le armi utilizzate sono silenziose munizioni invisibili. Il documento spiega la filosofia, le origini operative (che sembrano essere legate ai famosi documenti scritti tra il 1700 ed il 1800 e finanziati da Mayer Amschel Rothschild), i principi raffinati, le linee guida e gli strumenti di questa dottrina dalle “armi silenziose”. Un vero manuale per l’uso, per professare una scienza che attraverso il controllo dell’economia vuole soggiogare il mondo intero. Vista l’importanza e la complessità del documento sarebbe necessario dedicargli un approfondimento specifico. In questa sede è sufficiente accennare alle principali aree in cui si articola questo programma:

1. Perché serve un sistema economico per controllare le masse. 2. Come controllare l’economia mondiale attraverso l’istituzione di un modello

economico che sia manipolabile e prevedibile. 3. Come addormentare le masse che subiscono l’attacco.

Grazie alla segretezza con cui si muovono, ma soprattutto grazie al potere che esercitano sugli organi di informazione i Bilderbergers sono riusciti a controllare la pubblicità sulle loro riunioni e sui temi discussi. Negli anni però qualche notizia è riuscita a trapelare sui principali temi trattati durante le loro delibere segrete:

1. i problemi finanziari internazionali; 2. la libertà di emigrazione e immigrazione; 3. la libera circolazione dei prodotti senza dogane; 4. l’unione economica internazionale; 5. la costituzione di una forza internazionale con la soppressione degli eserciti

nazionali; 6. la creazione di un parlamento internazionale; 7. la limitazione della sovranità degli stati delegati all’ONU o a tutti gli altri governi

sovranazionali. Temi che fanno capire il potere che questo Gruppo è in grado di esercitare. Sembra che tutte le decisioni più importanti a livello politico, sociale, economico/finanziario per il mondo occidentale vengano in qualche modo ratificate dai Bilderbergers. D’altronde scorrendo i loro biglietti da visita una cosa è certa: hanno le “leve” per fare qualsiasi cosa. Accennavamo prima alla segretezza, questo è sicuramente un aspetto centrale per la strategia del Gruppo. Le riunioni sono tenute in forma non pubblica e solo i giornalisti

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ufficialmente invitati possono essere ammessi. Al termine delle conferenze annuali (normalmente durano un paio di giorni) viene redatto un semplice comunicato stampa di un paio di pagine; ovviamente non viene tenuta nessuna conferenza stampa. I vari partecipanti interrogati al riguardo di queste riunioni sono sempre molto evasivi e se possono non rispondono. Gli organi di informazione di massa non danno nessuna notizia su queste conferenze o se lo fanno, lo fanno con un peso assolutamente insignificante non adeguato all’evento. Chi osserva e conosce i Bilderbergers da parecchi anni afferma che anche la preparazione delle riunioni segue un rituale “curioso” mirato a tutelare questo ambito di segretezza. L’Hotel selezionato viene occupato con qualche giorno di anticipo. Parte del normale personale viene sostituito con personale di fiducia. La domanda da porsi è perché tutto questo? Perché personaggi pubblici che discutono temi di interesse pubblico non vogliono rendere note le loro decisioni? Questa è forse la prova più grossa sulla natura e sulle vere finalità di questa organizzazione. L’Organizzazione Il Gruppo dei Bilderberg recluta Politici, Ministri, Finanzieri, Presidenti di multinazionali, magnati dell’informazione, Reali, Professori Universitari, uomini di vari campi che con le loro decisioni possono influenzare il mondo. Tutti i membri aderiscono alle idee precedenti, ma non tutti sono al corrente della profonda verità ideologica di alcuni dei membri principali, i quali sono i veri istigatori e fanno parte anche di altre organizzazioni degli Illuminati dal nome: Trilaterale (riunisce industriali e businessman dei tre blocchi continentali USA, Europa, Giappone/Asia) e Commission of Foreign Relationship (3D CFR che ormai dal 1921 riunisce tutti i personaggi che gestiscono gli USA ). Questi membri particolari sono i più potenti e fanno parte di quello che viene definito il “cerchio interiore”. Il “cerchio esteriore” è invece l’insieme degli uomini della finanza, della politica ed altro, che sono sedotti dalle idee di instaurare un governo mondiale che regolerà tutto a livello politico ed economico. Il “cerchio esteriore” è composto da quelli che vengono definiti “le marionette” che sono utilizzati dal “cerchio interiore” perché i loro membri sanno che non possono cambiare il mondo da soli ed hanno bisogno di collaboratori motivati. Quindi il “cerchio interiore” ed il “cerchio esteriore” agiscono di concerto ma non con le stesse motivazioni. “Le marionette” dei vari “cerchi esteriori” sono spinte dal desiderio di arricchirsi, di avere potere o/e sono convinti che un governo unico mondiale sia la soluzione di tutti i problemi e che apporterà più pace e coesione di una moltitudine di piccoli paesi. Dal canto loro le persone del “cerchio interiore” sono già ricche e potenti, la loro consapevolezza è ad un gradino superiore, le loro motivazioni sono solo ideologiche, per intenderci dovrebbero essere quelle espresse nel piano degli Illuminati. Il primo cerchio esteriore è composto da chi solo partecipa alle conferenze annuali senza essere affiliato al Gruppo. Possono essere personaggi di cui si vuole valutare il reclutamento oppure invitati per discutere specifici argomenti. Gli affiliati del gruppo possono anche non essere presenti alle conferenze annuali, i contatti vengono tenuti attraverso altri canali. Il primo Cerchio interiore è composto solo da Bilderbergers, membri del Gruppo e rappresenta il Comitato di Direzione (Steering Committee). Vi risiedono europei ed americani (tutti parte del CFR). Alcuni di questi membri fanno parte di un secondo cerchio interiore ancora più chiuso e formano il Comitato Consultativo (Advisory Committee) del Gruppo. L”Advisory Committee” dovrebbe essere composto da 9 persone tra i quali spiccano i nomi di Giovanni Agnelli e David Rockfeller. Nello Steering Committee, composto da circa una trentina di persone, sono citati come rappresentati nazionali per l’Italia: Mario Monti (attualmente ex

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Commissario della Comunità Europea) e Renato Ruggiero (ex Direttore Generale del WTO World Trade Organization, attualmente Presidente dell’ENI). Gli Italiani del gruppo L’Italia sembra giocare il suo ruolo nell’organizzazione, se non altro perché Giovanni Agnelli è uno dei membri dell’Advisory Committee e perché come Francia, Germania ed Inghilterra ha 2 nomi nello Steering Committee. In Italia sono state tenute 3 delle conferenze fatte nel periodo 1954-1999: nel 1957 a Fiuggi, nel 1965 e nel 1987 a Villa d’Este. Ecco i nomi degli Italiani che sembrano aver partecipato alle ultime riunioni annuali: 1995 Giovanni ed Umberto Agnelli, Mario Draghi, Renato Ruggiero 1996 Giovanni Agnelli, Franco Bernabè, Mario Monti, Renato Ruggiero, Walter Veltroni 1997 Giovanni ed Umberto Agnelli, Carlo Rossella, Stefano Silvestri 1998 Giovanni Agnelli, Franco Bernabè, Emma Bonino, Luigi Cavalchini, Rainer Masera, Tommaso Padoa-Schioppa, Domenico Siniscalco 1999 Umberto Agnelli, Franco Bernabè, Paolo Fresco, Francesco Giavazzi, Mario Monti, Tommaso Padoa-Schioppa, Alessandro Profumo. La presenza della Bonino alla riunione del 1998, serve a spiegare il perché dei suoi exploit del 1999, oppure è solo una coincidenza? Ha forse trovato qualche gruppo di potere pronto a finanziarla? In cambio di che cosa? Non lo sapremo mai, però il dubbio rimane. L’ultimo incontro L’ultimo incontro del Gruppo si è tenuto in Portogallo dal 3 al 6 giugno. Un settimanale Portoghese dal nome “The News” (tutti gli articoli scritti al riguardo sono ancora disponibili sul sito HYPERLINK http://www.the-news.net) è stato il primo ad annunciare la notizia della riunione annuale con l’edizione del primo maggio e da allora ha seguito l’escalation della preparazione dell’incontro fino ad arrivare a pubblicare la lista dei partecipanti. Sembra che il Governo portoghese abbia ricevuto migliaia di dollari dai Bilderbergers per organizzare un servizio militare compreso di elicotteri che si occupasse di garantire la loro privacy e sicurezza. Nella tavola 2 trovate i nomi di chi ha partecipato all’incontro. Le informazioni che sono trapelate, hanno permesso la stesura di una possibile agenda dei temi trattati: 1) Governo Globale: stato di avanzamento della formazione di un blocco Asiatico sotto la leadership del Giappone. Libero mercato, moneta unica e unione politica sono gli obiettivi da raggiungere nella regione. Il modello Europeo è anche il punto di riferimento per la costituzione dell’Unione Americana tra USA e Canada. 2) Guerra in Kosovo: formazione di un Grande Stato d’Albania a seguito della dichiarazione d’indipendenza del Kosovo. Ridisegno dei confini della regione con il continuo smembramento della Yugoslavia attraverso il ritorno all’Ungheria della provincia del nord composta da 350.000 persone di etnia ungherese. Proseguimento dello stato di instabilità e di conflitto della regione. Pianificazione della ricostruzione delle infrastrutture della regione a spesa dei contribuenti occidentali. 3) Esercito dell’Europa Unita: attuare al più presto la sostituzione delle Forze Armate della NATO con l’istituzione di Forze Militari dell’Europa Unita. L’immagine negativa che la NATO si è costruita durante il conflitto mette a rischio le sue operazioni. L’idea è che nella fase di avviamento l’Esercito Statunitense sia da supporto a quello Europeo. 4) Anno 00: i Bilderbergers sono preoccupati dall’impatto del Millenium Bug, secondo le loro previsioni sarà molto peggiore di quanto ci si possa aspettare. Un possibile

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progetto da intraprendere potrebbe essere quello di nominare un personaggio di fama internazionale per aiutare l’opera di sensibilizzazione necessaria. 5) Medio Oriente: preparazione di un accordo di pace nella regione, con la dichiarazione dello Stato di Palestina. Apparentemente le condizioni di pace non saranno così gradite da Israele e quindi potrebbero rappresentare il pretesto per futuri conflitti e tensione nella regione. 6) Tassazione Globale a supporto dell’ONU: l’obiettivo è finanziare il centro operativo del Governo Mondiale, con l’introduzione di una tassa sul commercio via Internet. Questa tassa sarà sostituita in futuro da una tassa diretta individuale che sarà raccolta in nome dell’ONU, direttamente da ogni singolo stato. I fatti degli ultimi tre mesi, sembrano dimostrare che la maggior parte dei punti di questa agenda sono in fase di attuazione. Conclusioni Le informazioni presentate sono il risultato di una vasta ricerca. Anche se ciò può sembrare molto strano o lontano dalle nostre certezze, il tutto è partito da una realtà concreta dei nostri giorni, di cui è apparso un articolo sul Corriere della Sera: i Bilderbergers. Per riuscire a “digerire” e a sintetizzare tutto quello che ho scoperto, ho dovuto mantenere il mio spirito aperto e soprattutto, in molte occasioni, sono dovuto andare oltre il mio normale modo di pensare. Il mio obiettivo non vuole essere quello di affermare una verità ma quello di offrire uno spunto per la riflessione e per una propria ricerca. Solo con un forte spirito critico possiamo conoscere la verità, essere liberi, diventare cittadini emancipati e quindi contribuire a un mondo migliore. http://www.nonsiamosoli.org Tratto dal sito www.nwo.it

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La storia segreta e il Nuovo Ordine Mondiale "Il mondo si divide in tre categorie di persone: un piccolissimo numero che fanno produrre gli avvenimenti; un gruppo un po’ più importante che veglia alla loro esecuzione e assiste al loro compimento, e infine una vasta maggioranza che giammai saprà ciò che in realtà è accaduto". Così si espresse Nicholas Murray Butler. Giova ricordare chi era questo personaggio. Il Dr. Nicholas Murray Butler è stato presidente dell’Università di Columbia, presidente della Carnegie Endwment for International Peace, membro fondatore, presidente della Pilgrims Society e membro del Council on Foreign Relations (CFR) e capo del British Israel. Taluni autori denunciano, sempre con maggiore insistenza, che è in atto una cospirazione superpolitica, "religiosa" o satanica che coinvolge l’alta finanza, le massonerie e l’integralismo islamico. I fili della storia, asseriscono questi studiosi, si tirano proprio nelle logge massoniche e nei consigli di amministrazione delle multinazionali e delle grandi banche. La Rivoluzione francese fu una congiura massonica, preparata da "società di pensiero" – uguali a quelle studiate da Augustin Cochin (1876-1916) – e da altri gruppi di pressione. La Rivoluzione bolscevica fu una congiura giudaico-massonica. Diversi storici sono convinti di questo. Lo stesso "Times" (10 marzo 1920) confermò il complotto: "Si può considerare ormai come accettato che la rivoluzione bolscevica del 1917 è stata finanziata e sostenuta principalmente dall’alta finanza ebraica attraverso la Svezia: ciò non è che un aspetto della messa in atto del complotto del 1773". Estrema importanza assume, sempre al riguardo della rivoluzione russa del febbraio del 1917, il fatto che, non affatto casualmente, il governo fosse costituito principalmente da massoni, tra questi risaltava Kerensky. E’ anche rivelatore il libro "Rossija nakanune revoljucii" di Grigorij Aronson, che fu pubblicato nel 1962 a New York e che riporta delle missive di E. D. Kuskova, moglie del massone Prokopovic, legato da grande amicizia al confratello Kerensky. In una di queste lettere, datata 15 novembre 1955, si legge: "Avevamo la ‘nostra’ gente dappertutto. (...). Fino a questo momento il segreto di questa organizzazione non è stato mai divulgato, eppure l’organizzazione era enorme. Al tempo della rivoluzione di febbraio tutta la Russia era coperta da una rete di logge". L’iniziato Jean Marques-Rivière scrisse: "L’esoterismo, con la sua forza sul piano ideologico, guida il mondo". Non bisogna stupirsene. E’ innegabile il diffondersi, nelle maglie della nostra società, di una subdola propagazione di idee, combattute con inflessibilità dalla Chiesa, ma non estirpate del tutto, che ora godono di un pericoloso risveglio e diffusione. E’ una letteratura imponente quella dei cosiddetti cospirazionisti, disprezzata dagli storici ufficiali, che, invece, non obiettano quando la stessa metodologia viene adottata dalla sinistra e dall’estrema sinistra, vedi "golpe De Lorenzo", "strategia della tensione", ecc. che non sono altro che capitoli di una teoria della cospirazione, che nega di esserlo. Il lato occulto della storia contemporanea è complesso e, oltremodo, variegato. Insospettabili VIP. del mondo che conta sono affiliati ad oscuri ordini esoterici. L’ex presidente americano George Bush è un 33° grado della Massoneria di Rito Scozzese, lo ha rivelato Giuliano Di Bernardo, Gran Maestro della Massoneria italiana, al quotidiano "La Stampa" (23 marzo 1990). Bush sarebbe stato iniziato, nel 1943, alla setta "Skull and Bones" (Teschio e Ossa) dell’Università di Yale, fondata nel 1832. George Bush ha diretto anche la Cia. La Skull and Bones assieme a società come il Rhodes Trust, secondo l’autorevole rivista inglese "Economist" (25 dicembre 1992),

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sono la moderna risorgenza degli "Illuminati di Baviera" di Jean Adam Weisshaupt (1748-1830). Anche suo padre Prescott sarebbe stato membro della setta "Skull and Bones". Di essa farebbero parte le più potenti famiglie degli Stati Uniti (1). Tra queste vale la pena di menzionare "la famiglia Harriman, della Morgan Guaranty Trust, è Skull and Bones da generazioni. Petrolio: ci sono i Rockefeller, fra gli iniziati. Studi legali di grido. Poltrone alte della Cia. Vicepresidenza degli Stati Uniti". E’ anche molto interessante venire a sapere che, secondo quanto scrive lo storico Antony C. Sutton in "America’s Secret Establishment" (liberty House Press. Bilings 1986, pagg. 207 e segg.), la "Skull and Bones" è collegata al movimento New Age e ad essa, asserisce ancora Sutton, non sono estranei aspetti satanisti. Marylin Ferguson nel suo libro "The Aquarian Conspiracy", una vera e propria Bibbia del movimento New Age, mette assieme Huxley con Teilhard de Chardin, Carl Gustav Jung, Maslow, Carl Rogers, Roberto Assagioli, Krishnamurti, ecc. tra i personaggi, che sono da considerare come padri spirituali del New Age. Aldous Huxley e suo fratello Julian, quest’ultimo fu il primo dirigente dell’U.N.E.S.C.O., erano anche membri di importanti affiliazioni mondialiste, tra queste ricordo l’anglosassone Fabian Society. Sui vertici del mondialismo, René Guenon, che era un 33° grado del Rito Scozzese Antico Accettato e un 90° del Rito Egiziano di Memphis-Misraim, ebbe ad affermare: "…ma dietro tutti questi movimenti non potrebbe esserci qualcosa di altrimenti temibile, che forse neanche i loro stessi capi conoscono, e di cui essi a loro volta quindi, non sono che dei semplici strumenti? Noi ci accontenteremo di porre questa domanda senza cercare di risolverla qui" (cit. da "Il Teosofismo", edizioni Arktos, 1987, vol. II, pag. 297). Ritornando alla "Skull and Bones" la sua importanza può essere ben compresa se si riflette che, nel 1917, essa diresse, tra l’altro, quel centro finanziario denominato "120 Brodway", finanziatore del bolscevismo in Russia e del nazismo in Germania che, tra l’altro, portò al potere. Non ci si meravigli se, a questi livelli, parole come "destra e sinistra" non hanno più significato, più esattamente, non si bada a razze, religioni o ideologie: questi sono solo mezzi da utilizzare per raggiungere il fine ultimo, su scala mondiale, con l’antica strategia del "divide et impera". E, a questo punto, non meraviglia venire a conoscenza delle trattative segrete intercorse tra George Bush ed alte personalità del governo dell’Iran, che poi hanno portato allo scandalo dell’Irangate. Gli accordi furono resi possibili da Khomeini e dal suo entourage, comprendente buona parte dei suoi ministri, il capo della polizia, il comandante dell’esercito, il procuratore generale del tribunale islamico, il capo della polizia segreta, ecc., sono, o sono stati, affiliati alla Grande Loggia dell’Iran, che è sottoposta alla dipendenza della Gran Loggia d’Inghilterra. E’ poi noto che l’ex presidente George Bush è esponente di rilievo della sinarchia internazionale, figura di spicco del C.F.R, della Trilaterale, della potente Pilgrims Society oltre che della Skull and Bones. E’ anche interessante accennare ad un articolo, firmato M. Dornbierer, apparso, il 29 gennaio 1991, sul giornale messicano "Excelsior" che spiegava lo "smisurato sionismo" di Bush documentando la sua origine ebraica secondo quanto indicato nell’Enciclopedia ebraica castigliana. Bush è inoltre un W.A.S.P. (White Anglo-Saxon Protestant), ovvero un americano convinto che la sua origine razziale e le sue convinzioni religiose lo pongano al di sopra degli altri uomini. Scrive Blondet che "secondo Sutton, lo storico della Skull and Bones, la stessa locuzione ‘Nuovo Ordine Mondiale’ descrive il fine ultimo che gli affiliati alla società segreta di Yale s’impegnano a perseguire... A questo i membri dell’Ordine s’impegnerebbero a giungere attraverso la gestione di conflitti artificialmente generati, come quello tra nazismo e comunismo.... Per Sutton,

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questa filosofia segreta dell’Ordine rivelerebbe la sua origine tedesca (che Sutton ritiene di poter provare): gli iniziati sarebbero dei tardi seguaci di Hegel, votati a far progredire il mondo attraverso opposizioni, tesi e antitesi, per poi comporle in una sintesi superiore. L’ipotesi, affascinante, può essere superflua. A noi sembra sufficiente evocare uno dei motti, delle insegne della Massoneria, che suona: Ordo ab Chao, l’Ordine (nasce) dal Caos". L’idea del "Nuovo Ordine del Mondo" è perseguita con accanimento. Del presidente Bill Clinton, scrive Epiphanius (Op. cit. pag. 497): "la sua educazione l’ha ricevuta nella britannica Oxford, dove venne ammesso nel super elitario ‘Rhodes Group’, una società superiore dell’area del POTERE affine alla ‘Skull and Bones", come scrisse l’’Economist’ inglese nel suo numero del 25 dicembre 1992. L’’Economist’ elencava una decina delle maggiori ‘società d’influenza’ del mondo occidentale rivelando la loro comune derivazione dall’Ordine degli Illuminati di Weisshaupt fondato nel 1776. Clinton appartiene anche al C.F.R., alla Commissione Trilaterale e al Bilderberg…". Clinton ha portato con sé Les Aspin (CFR) che, tra l’altro, ha firmato la "Dichiarazione di Interdipendenza", che è, in sostanza, - una mozione del Congresso che nel 1962, proponeva di cancellare dalla Costituzione ogni dichiarazione di sovranità nazionale, in quanto ostacolo all’instaurazione di un ‘Nuovo Ordine Mondiale’". "Il Rhodes Group – ci fa sapere ancora Epiphanius, alla nota 145, pag. 497, del suo "Massoneria e sette segrete" (cit.) – nacque nel 1891 per iniziativa di Lord Cecil Rhodes, ricchissimo personaggio legato ai Rothschild, assieme a Lord Milner, Lord Isher, Lord Balfour e un Rothschild, intorno all’idea-guida di organizzare una federazione mondiale di cui U.S.A. e Impero britannico sarebbero stati il centro propulsore. Il mezzo per attuarla consisteva in una selezione elitaria dei quadri protagonisti degli ambienti universitari, politici, finanziari. Attorno a questo nucleo iniziale permeato delle idee mondialiste e socialiste della Fabian Society, sorsero i gruppi della Round Table che a loro volta, nel 1919, diedero vita ai due odierni pilastri del potere mondialista, cioè gli Istituti Affari Internazionali britannico (R.I.I.A.) e americano (C.F.R.). Il Rhodes Group, al pari della Skull and Bones, controlla il C.F.R., (che a sua volta controlla la Trilaterale), il governo-ombra americano il cui comitato direttivo annovera personaggi in grado di gestire bilanci superiori a quello annuale lordo americano". Ritornando al progetto del Nuovo Ordine Mondiale, già il 17 febbraio del 1950 il banchiere James Warburg, alla Commissione Esteri del Senato, era stato fin troppo chiaro quando aveva affermato: "Che vi piaccia o no, avremo un governo mondiale, o col consenso o con la forza". Anche con le stragi. Il Palazzo Federale "Alfred P. Murrah" ad Oklahoma, U.S.A., viene fatto saltare in aria da una tremenda esplosione, il 19 aprile del 1995. Le vittime furono 168. Furono sospettate dell’attentato e arrestate tre persone: Timothy McVeigh, Terry Nichols e James Nichols. L’FBI ha iniziato "col dichiarare che il meccanismo esplosivo era un’auto-bomba imbottita di 1.000 libbre di esplosivo. Poi era un’auto con 1.400 libbre. In seguito si trattava di un camion con 4.000 libbre. Adesso è un furgone per traslochi con 5.000 libbre di esplosivo". Ted Gunderson, ex dirigente dell’FBI, al contrario di quanto vuol far credere il Dipartimento di Giustizia Americano e cioè che si è trattato di "una singola semplice bomba fertilizzante", ha affermato che: "la bomba era un congegno elettroidrodinamico a combustibile gassoso (bomba barometrica), che non è possibile sia stata costruita da McVeigh... la bomba utilizzata era un sofisticato congegno A-neutronico, usato dall’esercito americano...". Sam Cohen, padre della bomba neutronica, il 28 giugno dello stesso anno, al telegiornale della KFOR-TV ha dichiarato: "Non mi interessa quanto fertilizzante e gasolio hanno usato, non sarebbe mai stato sufficiente. Cariche di demolizione, piazzate sulle colonne chiave, hanno fatto lo

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sporco lavoro". Antefatto: non è stato molto pubblicizzato che, "il 28 marzo 1994, l’Assemblea Legislativa dello Stato dell’Oklahoma passò una risoluzione che colpiva quello che veniva percepito come un programma di governo mondiale. Fu il primo e forse il solo Stato ad approvare tale legislazione". Di seguito riporto alcuni estratti relativi alla decisione dell’Assemblea Legislativa dell’Oklahoma: "Risoluzione N. 1047: Una risoluzione in relazione alle forze militari degli Stati Uniti e alle Nazioni Unite; si presenta una petizione al Congresso affinché cessi determinate attività concernenti le Nazioni Unite... Considerato che non c’è appoggio popolare per l’instaurazione di un "nuovo ordine mondiale" o di una sovranità mondiale di qualsiasi tipo, sia sotto le Nazioni Unite o sotto qualsivoglia organismo mondiale in qualsiasi forma di governo globale; Considerato che un governo globale significherebbe la distruzione della nostra Costituzione e la corruzione dello spirito della Dichiarazione di Indipendenza della nostra libertà e del nostro sistema di vita. ...sia deliberato dalla Camera dei Rappresentanti della seconda Sessione della 44ma legislatura dell’Oklaoma: Che al Congresso degli Stati Uniti sia con la presente rammentato di: (...). Cessare ogni supporto per l’instaurazione di un "nuovo ordine mondiale" o qualsiasi altra forma di governo globale. Che al Congresso degli Stati Uniti è con la presente rammentato di astenersi dal prendere qualsiasi ulteriore iniziativa verso la fusione economica o politica degli Stati Uniti in un organismo mondiale o qualsiasi altra forma di governo mondiale. (Fonte: Newsgroup alt. conspiracy, via Pegasus computer networks, Australia)". Cosa dire di questi fatti? Quale oligarchia misteriosa dirige, in segreto, i vari governi delle nazioni? Lascio al lettore il compito di arrivare a delle conclusioni. Alla luce di certi accadimenti i governi, la politica e gli stessi politici assumono contorni sbiaditi, sfumati. Misteri che travasano nella storia altri misteri frammisti a bugie. Pochissimi, forse, sanno che "Il fascismo non è nato in Italia e in Germania. Ebbe la sua prima manifestazione in Russia, col movimento dei ‘Cento Neri’, completo già all’inizio del ‘900 nelle sue azioni e nei suoi simboli: la violenza politica, l’antisemitismo feroce, i neri stendardi col teschio". Chi tira i fili della storia? Ricercare certe dinamiche è cosa ardua specie quando riguarda la sfera politica e ciò che sembra del tutto casuale, in molti casi, è stato attentamente preparato. Franklin Delano Roosvelt, presidente americano e 33° del Rito Scozzese, nonché appartenente alla Pilgrim Society e al C.F.R., il governo-ombra americano, affermò: "In politica nulla accade a caso. Ogni qualvolta sopravviene un avvenimento si può star certi che esso era stato previsto per svolgersi in quel modo". Quindi una oscura oligarchia, tira le fila di fantocci, solo apparentemente, alla ribalta della scena politica. Aveva ragione Benjiamin Disraeli, statista inglese del secolo scorso, quando disse: "Il mondo è governato da personaggi ben diversi da quelli creduti da coloro i quali non sanno guardare dietro le quinte". Neppure i partiti contano poi molto. Essi stessi sono a loro volta manovrati, usati, in relazione a degli scopi precisi. René Guenon ci informa, nel suo articolo "Réflexions à popos du pouvoir occulte" pubblicato, con lo pseudonimo di Le Sphinx, sul numero dell’11 giugno 1914, pag. 277, della rivista cattolica "France Antimaconnique", che "Un potere occulto di ordine politico e finanziario non dovrà

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essere confuso con un potere occulto di ordine puramente iniziatico… Un altro punto da tenere presente è che i Superiori Incogniti, di qualunque ordine siano e qualunque sia il campo in cui vogliono agire, non cercano mai di creare dei ‘movimenti’ (…). Essi creano solo degli stati d’animo (état d’esprit), ciò che è molto più efficace, ma, forse, un poco meno alla portata di chiunque. E’ incontestabile che la mentalità degli individui e delle collettività può essere modificata da un insieme sistematico di suggestioni appropriate; in fondo, l’educazione stessa non è altro che questo, e non c’è qui nessun ‘occultismo’ (…). Uno stato d’animo determinato richiede, per stabilirsi, condizioni favorevoli, e occorre o approfittare di queste condizioni se esistono, o provocarne la realizzazione". Al riguardo dei movimenti rivoluzionari sempre il Guénon, nel suo libro "L’Esoterismo di Dante" (Ediz, Atanòr, Roma 1971), spiega: "...tali movimenti sono talvolta suscitati o guidati, invisibilmente, da potenti organizzazioni iniziatiche, possiamo dire che queste li dominano senza mescolarvisi, in modo da esercitare la loro influenza, egualmente, su ciascuno dei partiti contrari". Sul fenomeno del terrorismo delle Brigate Rosse e su quello di estrema destra, il giudice Pietro Calogero, uno dei magistrati che più ha studiato il problema, ammetteva l’esistenza di: "una rete di collegamenti che si raccoglie intorno a un centro di interesse unitario, che permette ai due terrorismi di procedere insieme nell’assalto dello Stato". Quali misteriosi personaggi si celano dietro le quinte dei vari governi? Serge Hutin racconta, a tal proposito, quanto accadde ad uno scrittore inglese che sotto lo pseudonimo di Robert Payne pubblicò a Londra, nel 1951, un’opera intitolata "Zero. The story of terrorism". Payne cercò di dimostrare che la strategia del terrore ha abili registi dietro le quinte dei governi apparenti. All’uscita della pubblicazione si verificarono tutta una serie di "coincidenze" molto strane. Tutte la copie del libro furono acquistate da misteriosi personaggi prima ancora che venisse messo in vendita. I giornali ignorarono l’opera nonostante il carattere sensazionale delle rivelazioni in essa contenute. La casa editrice Wingate, una delle più importanti di Londra fallì improvvisamente. Robert Payne morì qualche mese dopo in circostanze a dir poco misteriose. Hutin osserva "La sola spiegazione possibile era che l’autore avesse scoperto l’esistenza, a livello mondiale, di governanti occulti...". La domanda che ora si pone è: come si procederà alla frantumazione degli Stati per la realizzazione del Governo Mondiale? Scrive Blondet: "Michel Albert è un grand commis della politica sovrannazionale... oggi presidente delle Assurances Générales de France, una delle grandi entità finanziarie che hanno promosso il Mercato Unico Europeo. Nel 1989, Albert ha pubblicato un saggio, subito tradotto in Italia dall’editrice il Mulino con il titolo: Crisi, Disastro, Miracolo. Il libro contiene una prognosi sulla fine degli Stati nazionali che rivela un’analisi sicuramente elaborata negli uffici-studi della Trilaterale, e un progetto di ingegneria sociale. …"L’Europa ‘92 lancia il Mercato Unico all’assalto degli Stati nazionali. Li smantellerà". Come? Con "l’anarchia che risulterà" da "un mercato libero e senza frontiere in una società plurinazionale che non riesce a prendere decisioni comuni". A questo "disastro" pianificato, l’oligarchia spera seguirà il "miracolo": gli Stati nazionali devastati invocheranno "una moneta comune, una Banca centrale europea e un bilancio comunitario". Il programma, tuttavia, era già chiaro nel lontano 1957: "Creare un mercato monetario e finanziario europeo, con una Banca europea (...) il libero flusso dei capitali tra i paesi membri e, infine, una politica finanziaria centralizzata". L’attuazione del programma per insediare un "Nuovo Ordine Mondiale" collegato al movimento "New Age" (di cui parlo più diffusamente nel mio saggio "Il

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serpente e l’arcobaleno", Ediz. "Segno" di Udine), o chiamata anche "Nuova Era", "Età dell’Aquario" o Era del "Condor", come dicono gli studiosi delle civiltà pre-colombiane, si articola in più strategie per realizzare questa grande utopia della parodia del Romanum Imperium. Fantapolitica e tendenza al complottismo? Tutt’altro. Ecco due esempi italiani. Leggete cosa la rivista americana "Eir" scriveva: "Il 2 aprile 1993... il capogruppo Dc alla Camera, Gerardo Bianco, e il suo collega al Senato, Gabriele De Rosa, presentano un esposto alla procura di Roma, chiedendo di appurare se c’è una cospirazione politica per distruggere l’ordine costituzionale italiano (...) Gli scandali rappresentano un tentativo da parte delle forze Anglo-Americane, segnatamente la Fra Massoneria, di orchestrare una generale destabilizzazione della nazione italiana per distruggere il sistema politico esistente e insediare un nuovo ordine, a loro più gradito". Ai cronisti, che chiedevano a Mancino cosa c’è dietro le stragi italiane, lui rispose: "Non escludo un ruolo della finanza internazionale". Strategie occulte della secret fraternity bancaria internazionale. David Rockefeller "credendo di parlare a orecchie fidate, nel ‘91... ha ammesso: 1) che una cospirazione esiste ‘da quaranta anni’; 2) che essa ha lo scopo di instaurare nel segreto ‘un governo mondiale’ e ‘la sovranità nazionale’ dei banchieri; 3) che il nemico dei cospiratori è ‘l’autodeterminazione nazionale’". Nel frattempo, si verificano nel mondo barbarie, solo apparentemente, prive di sottile regia, occulta naturalmente. Ed è interessante apprendere quanto il misterioso personaggio "esperto di un genere assai speciale", che fa da sfondo al tema trattato da Blondet ne "Gli "Adelphi" della dissoluzione, in una lettera indirizzata allo scrittore suggerisce: "Può anche darsi che il Nuovo Ordine Mondiale non possa avviarsi a un’epocale clash of civilizations, come alcuni insiders già auspicano in America, ma si limiti a sgranare stermini e genocidi locali, killing fields per poveri straccioni, danze di Shiva e di Kali su carnai confinati a luoghi dove l’uomo è abbondante e ‘sprecabile’. (…). Un’accusa è sempre pronta, a squalificare e ridicolizzare chi esprime ad alta voce le idee che io sommessamente descrivo: quella di ‘complottista’, di allucinato immaginatore di complotti universali. A queste lapidazioni moderne si prestano volontari precisi ambienti giornalistici; espressione di una categoria umana tra le più artificiali, la più ridicolmente sicura di ‘vivere’ in proprio, mentre è la più totalmente ‘vissuta’ e agitata dalle idee correnti, dagli états d’esprit dominanti, dai climi culturali egemoni che ‘Altri’ hanno pur diffuso nell’aria".

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Sulla finanza d'assalto... notorio Il 22/12/2003, in piena esplosione dei crac Cirio e Parmalat, il pool di banche DS (1) si mette d'accordo per uno strano pagamento di un debito, come se si trattasse della sua metà, del tipo: "Mi devi 100? Dammene 50, e non se ne parla più". Roba da stockisti per fondi di magazzino? Più o meno è così, ma si tratta di un'operazione "a saldo e stralcio" che prevede la cancellazione del 50% del debito complessivo che il partito di Fassino e D'Alema ha con tali banche e che ammonta a 235 milioni circa di euro(2)! Ora, la metà di 235 è 117,5 e non si tratta di 117,5 ciccioli andati a male, ma di 117,5 milioni di euro, vale a dire: 117.500.000 X 1936,27 = 227.511.725.000 duecentoventisette miliardi e mezzo di lire Che senso abbia un simile trattamento di favore a un partito politico da parte di banche, proprio quando risparmiatori ad esse collegati stanno pagando sulla loro pelle la "finanza creativa" dei Tanzi e la disattenzione nel collocamento di "junk bonds" (obbligazioni fasulle, chincaglieria) da parte di sportellisti poco svegli, mi è difficile dirlo. Una simile discrepanza di trattamento tra DS e "normali" risparmiatori mi sembra poco promettente per il futuro dell'economia italiana. È infatti iniziato il secondo decennio della pazzia, da me annunciato nella pagina di auguri 2004 di buon anno pubblicata un mese prima (il 27/11/2003) (http://digilander.libero.it/afimo/2004_decennale_della_pazzia.htm), non tanto perché i webmasters di ABBACO FILOSOFICO DELLA MONETA siano dei veggenti, ma semplicemente perché basta essere normali esseri umani pensanti per accorgersi di ciò. Infatti, dopo i cinque anni (1996-2001) di centro-sinistra con i tre governi "Prodi", "D'Alema" e "Amato" ad alta spremitura fiscale per:

1. portare l'Italia in Europa; 2. offrire massima garanzia ai rapinatori della finanza (vedi privatizzazioni di Seat

Pagine Gialle e Telecom); 3. garantire il "controllo di legalità" sulle aziende del Cavaliere Nero,

ciò era - almeno per me - assolutamente prevedibile. Chi osserva il passato di ieri in rapporto all'oggi, può ben aspettarsi cosa succederà domani, anche e soprattutto se l'oggetto di osservazione è il subumanesimo imperante, vale a dire un "umanesimo" basato sulla "specie", anziché sull'individuale. Certamente è difficile che l'uomo della specie comprenda l'Abbaco filosofico della moneta, Pound o Steiner(3). Faccio prima a dirgli: io, come uomo della specie ho una normale defecazione giornaliera, quindi prevedo che anche domani l'avrò. Non per questo sono un preveggente. Mi scuso con gli umani per questo "passaggio", ma sono ancora alterato al solo ricordo di quei 5 anni di pacatezza e di tolleranza rossastre... e non solo di quelli... E dunque: perché l'inizio del 2004 non fa che riproporre l'inizio del decennio passato? Cosa accadde dieci anni fa, a cavallo tra il '92 e la fine del '93? "Niente!" Prese solo il via la svendita delle grandi aziende pubbliche italiane ai gruppi stranieri. Fu un'operazione inaugurata da San Giorgio (poiché di costui molti parlano ancora come di un santo, chiamerò "S. Giorgio" lo speculatore internazionale George

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Soros, protagonista fra l'altro di un'indimenticabile cena newyorkese in compagnia di Massimo D'Alema, diventato anch'egli - sul finire degli anni '90 - se non un santo, il "massimo statista"). A quel tempo, San Giorgio - oggi riciclatosi come nemico implacabile di Bush e come guru dei no global - giocò dunque molto pesantemente contro la lira, la nostra lira. Fu così che iniziò, nella primavera del 1992, l'operazione di spoliazione dell'Italia. Tutto avvenne con una serie di avvenimenti-chiave:

1. crisi della Prima Repubblica; 2. successivo ciclone di Tangentopoli; 3. privatizzazioni; 4. attacco alla lira, appunto da parte di San Giorgio, che grazie a quella incursione

speculativa guadagnò il 560%. Al quinto mese di quell'anno, 23/05/1992, la mafia uccise il giudice Falcone, che stava indagando non solo sui rapporti tra mafia e business politici, ma soprattutto su somme ingenti di denaro sporco del Pcus. Falcone avrebbe dovuto infatti incontrarsi di lì a pochi giorni col procuratore moscovita Stepankov, in merito a tale questione di denaro sporco, come venne dichiarato poi dallo stesso Stepankov nel 1999, durante una presentazione del libro "L'oro di Mosca" di Valerio Riva. Le competenze di Falcone sui flussi di denaro sporco passavano così al collega Borsellino, che - regolarmente - saltò per aria due mesi dopo. Sempre nella primavera di quello straordinario 1992, Luigi Ramponi, capo dei servizi segreti militari (Sismi), si lasciò scappare la frase "O la Dc e il Psi si rinnovano, oppure sono destinati a morire". Il resto è storia. Il 17/03/92, Vincenzo Scotti allora ministro degli Interni, lanciò l'allarme - allertando tutti i prefetti - contro il rischio di possibili attacchi finalizzati a destabilizzare la politica italiana. Sarà poi lo stesso Scotti, nel 1999, a raccontare la verità a Paolo Cirino Pomicino: "Tutto nacque da una comunicazione riservata fattami dal capo della polizia Parisi che, sulla base di un lavoro di intelligence svolto dal Sisde e supportato da informazioni confidenziali, parlava di riunioni internazionali nelle quali sarebbero state decise azioni destabilizzanti sia con attentati mafiosi sia con indagini giudiziarie nei confronti dei leaders dei partiti di governo". Successe tutto in pochi mesi, fra marzo e luglio 1992:

1. cavalcata del pool di Mani Pulite, 2. eliminazione di Falcone, 3. eliminazione di Borsellino.

A settembre, i capi di Polizia e dei Carabinieri, durante una cena, affermarono poi che Scotti aveva fatto bene a lanciare quell'allarme. E infatti, cinque mesi prima, egli veniva oltretutto "informato dal Sisde che a notte fonda due camion stracarichi di documenti erano partiti da Botteghe Oscure"(4), come risulta dal libro "Strettamente riservato", senza che ad oggi siano pervenute querele o smentite all'autore, il "Geronimo" Pomicino(5). Nel primo decennio della pazzia si incominciava dunque a "svendere" l'Italia e immediatamente - settembre '92 -, quasi in contemporanea con la nomina di Giuliano Amato a premier, l'agenzia di rating Moody's si incazzò molto contro l'Italia, quasi per dire: "Ci sono modi e Moody's per (s)vendere!". Senza un motivo apparente, non appena giunse a Palazzo Chigi la bella faccia da onesto di Giuliano Amato, noto frequentatore di ambienti finanziari americani, Moody's fece retrocedere i Bot italiani alla serie C della credibilità. E perché? Certamente non ci voleva un grande genio per affermare il dissesto dei conti pubblici italiani... È sempre stato così... E così era anche due anni prima, nel '90, quando l'agenzia di rating metteva invece i Bot italiani ancora in serie A. E Moody's, pertanto, si affrettò a

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motivare la sua valutazione negativa in quanto non vi sarebbero state sufficienti garanzie italiane in fatto di privatizzazioni dei beni pubblici. Purtroppo però, l'andare a finire sulla sua lista nera, significa che gli speculatori internazionali si precipitano per disfarsi dei Buoni del Tesoro del "paese unwilling" ("paese non volenteroso")... E così accadde, e per contrastare il crollo, l'Italia si comportò sciaguratamente di conseguenza: offrì tassi di interesse più alti sui suoi Bot al fine di ingolosire gli speculatori. Si sa, un rischio maggiore lo si affronta più volentieri a fronte di una prospettiva di maggior guadagno. Carlo Azeglio Ciampi, all'epoca capo di Bankitalia, non perse tempo: ad ogni brutto voto di Moody's aumentò i tassi dei Bot, ottenendo lo strepitoso risultato che ad ogni 1% di aumento corrispondeva un esborso aggiuntivo di diciassette mila miliardi di vecchie lire per i contribuenti italiani. Per "salvare la lira", Ciampi spese invano quaranta mila miliardi e nonostante questo sforzo la svalutazione della nostra moneta si attestò sul 30% del valore. L'Italia finì fuori dallo Sme. E, in onore dell'italica capacità di saper riconoscere i talenti, Ciampi fu chiamato a sostituire Giuliano Amato a Palazzo Chigi. Così iniziava il primo decennio della pazzia... E i pazzi della "Banda d'Italia", tutti agitati nella fregola della privatizzazione, fecero tutto in quattro e quattr'otto. Bisognava privatizzare, di corsa, tutto. Lo chiedeva Moody's, non si poteva scherzare! Prima del capitombolo della lira, Giuliano Amato non perse tempo e cominciò dalle basi: cercò consulenti e partners per far partire la "rivoluzione liberale". E come consulenti il governo italiano scelse le tre maggiori banche d'affari di Wall Street: Goldman Sachs, Merrill Lynch, e Salomon Brothers, perfetto "trio lescano" delle meraviglie, che divenne consulente del governo italiano per le privatizzazioni. Peccato che sotto questa veste molti speculatori internazionali vennero a conoscenza di informazioni riservate in merito alle imprese da privatizzare. Molti erano quelli che sapevano, e molti erano ingolositi da questi "bocconi". C'era però un problema: come fare tombola?... come accaparrarsi le aziende senza pagarle per quello che era il loro reale valore? Semplice! Occorreva una bella svalutazione della lira rispetto al dollaro! Soprattutto per chi disponeva di tanti dollari per acquistare le aziende, essa sarebbe stata la benvenuta! E, quando si dice il caso: accadde proprio così! Si cominciò con Moody's e si finì al largo di Civitavecchia, dove, il 2 giugno 1992 a bordo del panfilo Britannia, partito dal porto laziale, e in navigazione lungo le coste della Sicilia, si svolse la famosa riunione del gruppo Bilderberg. Tra i navigatori a bordo del Britannia c'erano - oltre ai Reali britannici - i rappresentanti della Barclays Bank, della Warburg, della Merril Lynch, della Salomon Brothers, e della Goldman Sachs. Per la cronaca, la Barclays Bank, per esempio, controllava la Bank Leumi(6), il più grosso istituto finanziario israeliano, già proprietario della Union Bank of Israel; la famiglia dei Warburg, assieme ai Rothschild, agli Oppenheimer, agli Schroeder e ad altri aristocratici sionisti, "divennero i principali sostenitori finanziari di Adolf Hitler"(7), tutti nomi ampiamente documentati nel libro "Droga S.p.A., la guerra dell'oppio", in cui è dimostrato come queste famiglie sono a loro volta controllate dall'oligarchia britannnica: "L'élite britannica funziona come le Famiglie della mafia. A partire dalla prima Guerra dell'Oppio, incontriamo sempre gli stessi nomi alla testa delle più importanti banche britanniche [...] I rampolli di queste stesse famiglie controllano non solo ogni banca importante, ogni grossa compagnia mineraria e di trasporti di Londra, ma anche la HongShang, la Jardine Matheson, la Barclays Bank, l'Anglo-American Corporation, la N.M. Rothschfld e la Lazard Frères. Come dimostreremo, le famiglie che appartengono a questa mafia sono le stesse che dirigono la politica ed i servizi segreti della Gran Bretagna, così come facevano i loro nonni durante le Guerre dell'Oppio e i loro trisavoli contro le colonie che si ribellavano all'impero britannico. Ad un esame più attento però, l'immagine popolare della mafia si rivela come una sorta

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di negativo fotografico: gli italiani, gli ebrei, i cinesi Ciao Ciu e le altre minoranze etniche coinvolte nel traffico degli stupefacenti sono semplicemente gli alleati dell'oligarchia britannica, in quanto le loro solide reti familiari assomigliano e sono parallele a quelle dell'oligarchia. Ma l'oligarchia britannica è qualcosa di più profondo e di più sinistro. Essa è così potente in Gran Bretagna che mentre uno dei nipoti della Famiglia sdogana una spedizione di oppio a Hong Kong, lo zio regola i pagamepti tramite una grossa banca londinese, il cugino spedisce oro dal mercato di Hong Kong e un altro parente nei servizi segreti britannici tiene a bada la polizia antinarcotici americana"(8). Ma proseguiamo. Fra gli italiani, erano presenti: Mario Draghi, direttore delegato del ministero del Tesoro; Riccardo Galli, dell'Iri; Giovanni Bazoli, dell'Ambroveneto; Antonio Pedone, del Crediop; Beniamino Andreatta; dirigenti dell'Eni, Agip, Mediobanca, Comit, Generali e Società autostrade. Il giorno dopo, al Tg1, il giornalista Maurizio Losa annunciava che a Milano "ora, nell'inchiesta sulle tangenti, c'è anche il nome di Bettino Craxi". Uno dei pochi a dire "no" all'operazione Britannia fu il direttore generale del Tesoro, Mario Draghi, lo stesso che nel 1999 si trovò ad opporsi a Massimo D'Alema al momento della scalata di Colaninno a Telecom, quando il Tesoro fu espressamente invitato dal capo del governo a disertare il Cda di salvataggio anti-opa e a spianare così la strada all'incredibile speculazione che si concluse con l'acquisizione di Telecom. Spesse volte la stampa manettara e moralista è indifferente alla dignità umana. Perciò nessuno parlò del comportamento di Draghi, quando scese dal Britannia per evitare di partecipare a quella che sembrava diventare e che effettivamente fu "una svendita delle grandi aziende pubbliche italiane alle multinazionali americane e britanniche"... In seguito fu lo stesso Draghi ad ammettere il suo imbarazzo durante un intervento in aula alla Camera per rispondere alle interrogazioni di tre parlamentari sul caso. Guarda caso, dopo quella "merenda" sul Britannia del 2 giugno 1992, nel solo settore tradizionalmente più importante per la nostra economia, quello agroalimentare, numerose furono le ditte svendute agli stranieri: la Locatelli, l'Invernizzi, la Buitoni, la Galbani, la Negroni, la Ferrarelle, la Peroni, la Moretti, la Fini, la Perugina, e la Mira Lanza. L 'operazione Britannia garantì alle multinazionali anglo-americane di mettere le mani su quasi il 50% (precisamente il 48%: 34 agli americani e 14 ai britannici) delle aziende italiane finite in mano straniera. Sul finire degli anni '90 sarebbe invece stata la volta dei francesi a fare il mega shopping nei settori strategici della grande distribuzione, della gestione delle acque, e dell'alta moda, mentre la stampa libera, democratica e antifascista... dormiva. Ma sarebbe meglio dire che prestava bellamente il fianco al nemico. Infatti, in quel periodo di colonizzazione mascherato dall'incipiente cosiddetta "rivoluzione" di Mani Pulite, il trombonismo mediatico giocò un ruolo fondamentale. Nel luglio '92, appena la Goldman Sachs annunciò che la lira era pericolosamente sopravvalutata, ad agitare il "rischio Italia" cominciò subito - guarda caso - il Financial Times, proprietà di Samuel Brittan, e continuò l'Economist, proprietà di Evelyn De Rotschild, ed il Washington Post (della Salomon Brothers e dei Lazard) diede man forte. In Italia, l'allarme mediatico del "trio lescano", pardon, anglo-americano, fu amplificato a dismisura dai giornali di Agnelli, di De Benedetti e della Confindustria. Nell'agosto del 1993, Nicola Mancino, ministro degli Interni, a seguito dell'ondata di attacchi terroristici che colpirono il paese, dichiarò: "Non escludo un ruolo della finanza internazionale". Tre mesi dopo, il 5 novembre, fu il "venerdì nero" della lira anche a seguito di voci londinesi su un possibile avviso di garanzia nei confronti del presidente Oscar Luigi Scalfaro, oggi noto girotondino. Il 6 novembre, è la volta di Ciampi. Allora, da bravo presidente del Consiglio, scrisse una lettera a Vittorio Mele, procuratore capo della Repubblica di Roma, affinché "avviasse le procedure relative al

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delitto previsto all'art. 501 del codice penale, considerato nell'ipotesi delle aggravanti in esso contenute". Ciò che è incredibile è che proprio lui, questo grande lavoratore nella manipolazione di capitali, chiedeva di indagare su un possibile reato di aggiotaggio da parte di chi aveva operato contro la lira e i titoli quotati in Borsa. Nel dicembre 1993 l'Italia era divenuto un paese a completa sovranità limitata, e gli esperti del FMI (Fondo Monetario Internazionale) vennero dunque a Roma per correggere il bilancio stilato dal governo Ciampi, e dissero: "Benino, ma bisogna fare di più". Per il FMI, ridurre il deficit pubblico non bastava. Occorreva ottenere un avanzo primario del 4-5% entro il 1994-'95. E come fare? Semplce! Attraverso "ulteriori azioni fiscali"! E chi poteva fare ciò? Chi poteva accollarsi il peso politico di una simile responsabilità in un momento in cui le sedute della Camera si tenevano a Palazzo di Giustizia? Dopo le elezioni amministrative del novembre 1993, la Dc scomparve. E ciò favorì la grande affermazione della coalizione di sinistra, guidata dall'allora Pds, mentre la Borsa festeggiava la vittoria degli "ex" compagni! Ma come! Fino a pochi anni prima, la vittoria elettorale di un partito di sinistra avrebbe significato il crollo delle Borse! Invece allora, subito dopo la vittoria della Quercia, la Borsa di Milano guadagnò 2,5 punti. E per di più, i primi entusiasti acquirenti furono investitori stranieri. Come mai? Stranamente tra il primo e il secondo turno delle amministrative, Financial Times e Le Monde, i due giornali dell'establishment che non hanno mai digerito la discesa in politica di Berlusconi, si precipitarono a Roma per intervistare, deferenti, Achille Occhetto. In entrambe le interviste Occhetto si disse fermamente intenzionato - ovviamente - a proseguire sulla linea politica di Carlo Azeglio Ciampi. E oplà: la rivoluzione di cui la finanza internazionale aveva bisogno era nel '93 già delineata: la sinistra avrebbe lasciato che capitali e aziende fuggissero all'estero come chiedevano le leggi del libero mercato, nuovo dogma dei post-comunisti. In compenso i nuovi leader dell'Italia dalle "mani pulite" avrebbero avuto mano libera per esercitare in patria tutto l'antifascismo che volevano. Questo, secondo me, fu il vero motivo che fece decidere nel 1994 Silvio Berlusconi a scendere in campo, cosa che causò poi un ulteriore crollo della lira il 25 maggio 1994, quando la Borsa perse il 2,6% in poche ore, a seguito di voci - sempre londinesi, guarda caso - su un presunto avviso di garanzia contro il nuovo presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi. E, ovviamente, l'avviso arrivò "puntualmente" qualche settimana dopo, recapitato a mezzo stampa dal quotidiano della Fiat. Oggi, nel secondo decennio della pazzia, dopo che i camerieri dei banchieri hanno ramazzato tutto e sono stati smascherati, i banchieri sono rimasti allo scoperto. Siamo perciò ora all'osso dell'oramai putrefatto organismo sociale. E adesso - dopo i fatti di FIAT, Cirio, e Parmalat - si incomincia ad avvertire da lontano un pallido clima dialettico sulla riforma della magistratura. Il presidente dell'ANM (Associazione Nazionale Magistrati) Edmondo Bruti Liberati propone oggi la rimozione dei magistrati arraffoni. Ovviamente, nella sua relazione introduttiva al Congresso ANM di Venezia del 5-8/02/04 intitolata "Giustizia più efficiente e Indipendenza della magistratura a garanzia dei cittadini", egli non si esprime in questi termini, e si riferisce a quei magistrati inadatti a superare i controlli sulla loro professionalità e sulla "qualità" e quantità del lavoro svolto. Parla soprattutto di "qualità": di "impegno per la qualità del servizio giustizia", di leggi che hanno inciso solo negativamente "sulla qualità e sulla funzionalità del servizio giustizia", di lesioni gravi dei diritti dei cittadini che ricadono pesantemente "sul sistema economico e di impresa e sulla stessa tenuta della civile convivenza. Insomma è un problema centrale per la qualità della nostra democrazia", di impegno sempre maggiore "in qualità e quantità di decisioni di giustizia" per contribuire al "miglioramento della qualità del servizio, attraverso gli strumenti della formazione e della verifica della professionalità dei

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magistrati", dell'attuale impossibilità di "rendere un servizio giustizia di qualità in tempi accettabili", ecc. Devo dire che tutto questo lungo discorso dell'Edmondo palesa una certa ingenuità, e come studioso del linguaggio mi sembra che la parola "qualità", collocata nel contesto di un regno della quantità di moneta ramazzata faccia rabbrividire. Infatti oggi, al fine di disfarsi dei magistrati inidonei, bisognerebbe rimuoverli tutti. E mi spiego. La questione è alquanto problematica. Secondo la cultura del diritto ci sarebbe infatti un solo caso in cui emerge chiaramente la necessità di rimozione del magistrato. Questo caso è quando il reato consiste in un fatto notorio. Ciò però comporta il seguente problema: se il fatto notorio nessuno lo nota, è ugualmente un fatto notorio? Se la risposta è affermativa, allora bisognerebbe stabilire per quale motivo tutti i magistrati sono ciechi volontari oppure perché fanno tutti gli gnorri. Si arriverebbe allora a scoprire che abbiamo dei magistrati completamente subumani, insomma molto più vicini all'annimale che all'umano. E probabilmente è così. I magistrati sono dei delinquenti esattamente come i politici. Occorre allora spiegare il contenuto del concetto di "notorio": si intende per "notorio" tutto ciò che per avere rilevanza giuridica non necessità di prova alcuna, né di accertamento giudiziale. A questo punto, ecco un esempio clamoroso di fatto notorio: è notorio che la banca centrale emette moneta prestandola. A conferma e salvaguardia di questo prestito, essa vanta sulla moneta il diritto inestinguibile di signoraggio, che è analogo al vincolo ipotecario sugli immobili. È altresì notorio - in quanto fatto storico - che la banca centrale poteva affermare di essere proprietaria della moneta quando la moteta era concepita come titolo di credito rappresentativo della sua relativa riserva aurea, per cui era convertibile in oro a richiesta del portatore. Poi - altro fatto notorio - venne però abolita la convertibilità (1912). E - di nuovo un altro fatto notorio - venne abolita - con la fine degli accordi di Bretton Woods (1971) addirittura anche la riserva stessa. La moneta diventò perciò simile ad un francobollo di antiquariato, avente valore per convenzione, senza bisogno di riserva aurea e, come ogni bene mobile, è proprietà del possessore in buonafede. In base a tutti questi fatti notori, risulta che il valore della moneta viene creato non solo dal cittadino che la stampa, ma parimenti dal cittadino che l'accetta. Infatti il valore sorge - e sempre sorgerà - attraverso il rapporto fra una cosa e l'altra o fra una persona e l'altra. Ne consegue - se fosse notato ma evidentemente non lo è perché il pensare umano è carente - che all'atto dell'emissione la moneta dovrebbe essere accreditata, non prestata. Altra cosa che dovrebbe essere notoria ma che non lo è, consiste nel fatto che le banche centrali, pur avendo cessato di essere proprietarie, per i fatti sopra citati, continuano a comportarsi come tali, vale a dire: continuano ad emettere moneta prestandola, ma così facendo prestano ciò che non appartiene loro, prestano il dovuto, e conservano il diritto di signoraggio, che in tal modo diventa diventa ipoteca non sul debito del debitore, ma sul credito del creditore, una vera e propria pazzia. Per questo motivo ho chiamato il 2004, il decennio della pazzia, il secondo decennio della pazzia, in attesa che il fatto diventi notorio... e che l'umanità guarisca dalla sua malattia: la rimozione del proprio giudizio critico, per cui ciò che è notorio non viene notato... E se nessuna norma stabilisce chi è il proprietario della moneta all'atto dell'emissione, non si potrà mai sapere chi - nella fase della circolazione monetaria - è creditore, e chi è debitore, perché manca la certezza del diritto. Considerando che i fatti notori qui evidenziati costituiscono fattispecie criminose di truffa, associazione a delinquere, falso in bilancio, usura, e di istigazione al suicidio da insolvenza, i magistrati non malati dovrebbero essere tenuti a promuovere immediatamente i relativi procedimenti penali come adempimento di atto dovuto.

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Pertanto, per salvaguardare la "buona qualità" dei provvedimenti giudiziari, i magistrati sani, a tutela delle vittime dei suddetti reati - auspicata da Edmondo Bruti Liberati - dovranno:

1. concedere la moratoria dei debiti; 2. concedere la sospensione di tutti i procedimenti fallimentari, di esproprio, ed

esecutivi; 3. consentire l'emissione di una moneta alternativa di proprietà del

portatore, senza riserva aurea (come già è), e libera dal debito non dovuto del signoraggio;

4. confiscare e distribuire al popolo gli oltre 4 milioni di miliardi di vecchie lire del capitale monetario di Bankitalia, essendo illegittime le sue emissioni monetarie a debito - e poiché tali miliardi non esistono come liquidità:

5. espropriare tutte le proprietà delle Società per Azioni (S.p.A. private con scopo di lucro) socie di Bankitalia, fino alla concorrenza del credito pubblico.

Una volta constatato che la banca centrale, prestando il dovuto, carica il costo del denaro del 200% oltre gli interessi, rendendo impossibile la puntualità dei pagamenti, e causando il suicidio da insolvenza (malattia sociale che non ha precedenti nella storia), la relativa responsabilità dovrebbe dunque ricadere - proprio grazie ad un'ANM capace di osservare i propri provvedimenti sulla "qualità" della giustizia - non solo sui banchieri, ma anche sull'ordine dei magistrati per aver ignorato il "notorio". Se dunque queste premesse - a mio parere incontestabili per un essere umano sano - non saranno notate dai magistrati, si avrà come conseguenza che, per legge, esse non potranno rientrare nei fatti "notori", e che la proposta dell'Edmondo di "rimozione" dei magistrati inidonei - non potendo riferirsi anche a coloro che la propongono, vale a dire alla totalità della Magistratura - avrà un solo modo per essere attuata: "rimuovere" gli altri, cioè le persone che per il loro pensiero non conforme a quello democraticamente dominante saranno considerate alienate. Come è stato per Pound, che fu rinchiuso in manicomio per il suo pensiero anti usurocratico, così continuerà ad avvenire per ogni cittadino "colpevole" di pensare in modo diverso rispetto alla maggioranza democratica? Io non credo. Sono venuto su questo pianeta per dire pane al pane e vino al vino. Forse mi potranno anche mettere in manicomio in nome della democrazia, ma proprio per questo motivo, la democrazia risulterà essere, per dirla alla Ugo, una "cagata pazzesca". Se le banche vorranno garantire realmente l'esistenza di un "sistema Italia" nazionale senza truffare ulteriormente il popolo, dovranno "mettersi a posto", cioè rinsavire, incominciando a prendere atto del loro essere contro il popolo, situazione esattamente identica a quella della Federal Reserve Bank. A seguito delle note vicende Cirio e Parmalat, e a seguito di tutti gli altri fatti notori che non si vogliono notare, la sfiducia dei cittadini verso gli istituti finanziari e verso il risparmio è destinata a crescere sempre più, e ciò porterà al tracollo di questo falso sistema creditizio italiano e mondiale: falso in quanto è un sistema di debito sociale, mentre dovrebbe essere un reale sistema di credito sociale. In tempi di moneta unica e di Europa a 25 nazioni, il sistema bancario, anziché essere ciò che avrebbe dovuto, e cioè il massimo ganglo vitale per la sovranità nazionale e per il popolo sovrano, è stato trasformato in sistema usurocratico mondiale in cui la sfida tra finanza e risparmio esprime la massima alienazione in cui il genere umano è caduto, col rischio di una terza guerra mondiale. La sfida tra una ripresa di fiducia legata all'economia reale e quindi a un sistema creditizio, funzionale all'imprenditoria, e il perpetuarsi di un sistema di economia finanziarizzata dove le imprese sono concentrate più che sui profitti da produzione, sui tavoli da gioco del grande casinò finanziario mondiale, deve cessare, in quanto è la sfida stessa al sano pensare umano

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imposta dal subumano e da tutti coloro che non ne vogliono sapere (rimozione) di giudicare criticamente (giudizio critico) ciò che è iniquo. (1) Cfr. l'Editoriale 2004 di "Tempi duri"; cfr. altresì: si tratta del "pool di banche creditrici del partito dei Democratici di Sinistra capeggiate da Carisbo - gruppo San Paolo-Imi - con un credito di circa 30 milioni di euro, e costituite inoltre da Banca Intesa e Capitalia - creditrici ognuna per 21 milioni di euro - e da Monte dei Paschi di Siena con un credito di circa 3,5 milioni di euro" (vedi anche: http://www.perlulivo.it/pipermail/gargonza/msg15784.html). (2) Ibid. (3) "L'individuale in me - spiega Steiner nella sua Filosofia della libertà - non è il mio organismo coi suoi impulsi e i suoi sentimenti, ma il mondo unitario delle idee, che risplende in questo organismo. I miei impulsi, i miei istinti, le mie passioni fanno soltanto che io appartenga alla specie generale uomo, la circostanza che in questi impulsi in queste passioni e sentimenti, si estrinseca un ideale in un modo particolare, crea la mia individualità. Per i miei istinti e impulsi io sono un uomo come se ne trovano dodici per dozzina; per la particolare forma dell'idea per cui nella dozzina mi designo come io, sono un individuo. Per le differenze della mia natura animale, solo un essere a me estraneo potrebbe distinguermi dagli altri. Per il mio pensare, cioè per l'attivo riconoscimento dell'elemento ideale che vive nel mio organismo, mi distinguo io stesso dagli altri. Dell'azione del delinquente, non si può quindi dire che derivi dall'idea. Anzi, è proprio la caratteristica delle azioni delittuose di derivare dagli elementi extraideali dell'uomo". (4) Cfr. nota 1. (5) Ibid. (6) Kalimtgis-Goldman-Steinberg, "Droga S.p.A., la guerra dell'oppio", Ed. Logos, Roma, 1980. (7) Ibid. (8) Ibid. George Soros si fa beffe della magistratura italiana Il 5 ottobre il mega speculatore George Soros, perdendo la flemma da affarista della City, ha deriso l’attività della magistratura italiana all’incontro organizzato all’hotel Omni Shoreham di Washington, alla presenza di centinaia di banchieri, economisti, politici e giornalisti internazionali nel contesto dell’incontro annuale del Fondo Monetario Internazionale. Dopo che Soros aveva elaborato la sua analisi sulla crisi finanziaria mondiale, evitando accuratamente di menzionare il suo ruolo personale negli attacchi speculativi degli hedge funds contro le monete di molte nazioni, un giornalista dell’Executive Intelligence Review, lo ha sfidato pubblicamente: Jeff Steinberg: "Perché non ha detto ai presenti che lei è sotto indagine giudiziaria da parte delle autorità italiane, così come da parte dei governi di Taiwan e di altri paesi asiatici e dell’Europa Centrale per le sue manipolazioni monetarie?" George Soros: "So di essere sotto indagine da parte delle autorità italiane, ma agli italiani piace fare queste indagini e io non le considero serie!". Gli uffici delle Procure di Napoli e di Roma stanno conducendo un’inchiesta sulle attività speculative di Soros & Co. che colpirono la lira nel settembre del 1992 e in varie altre occasioni nei mesi seguenti. La procedura è stata sollecitata da un esposto alla magistratura presentato nell’ottobre del 1995 da Paolo Raimondi, presidente del Movimento Internazionale per i Diritti Civili-Solidarietà, organizzazione italiana associata con il movimento dell’economista e politico americano Lyndon LaRouche,

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l’autore della vera proposta per una nuova Bretton Woods contro il crollo finanziario in corso. A seguito dell’attacco speculativo di Soros, l’incompentenza e la complicità di personaggi italiani quali Carlo Azeglio Ciampi e Mario Draghi, allora rispettivamente governatore della Banca d’Italia e direttore generale del Tesoro, hanno regalato a Soros e agli speculatori 15.000 miliardi di lire, una perdita secca provocata da un utilizzo più complice che maldestro di riserve per 48 miliardi di dollari che non ha impedito una svalutazione della lira del 30%. La magistratura italiana e le altre autorità responsabili per la difesa degli interessi economici nazionali sono state recentemente chiamate nuovamente a indagare su simili attività speculative soprattutto dopo la bancarotta dell’hedge fund LTCM, al quale George Soros è tutt’altro che estraneo. Come ha riportato anche la stampa nei giorni passati, l’Ufficio Italiano Cambi (UIC) ha partecipato nel LTCM con almeno 250 milioni di dollari di riserve della Banca d’Italia, soldi che hanno poi fornito la base per gigantesche operazioni di finanza derivata nella speculazione anche contro la lira. A Washington George Soros ha poi perso le staffe quando l’EIR ha pubblicamente denunciato i suoi finaziamenti internazionali a organizzazioni e operazioni che promuovono la ‘droga libera’. Steinberg:" Come giustifica la sua idea di una società aperta con il fatto di essere il più grande finanziatore di organizzazioni che promuovono la liberizzazione della droga?". Soros: "È una bugia!" Steinberg: "Ho partecipato a cinque conferenze organizzate dalla Drug Policy Foundation (DPF) che lei finanzia; e ho sentito con le mie orecchie quello che questi personaggi dicono dopo che le telecamere vengono spente. Promuovono la legalizzazione del crack e di ogni altra droga illegale." Soros: "Io non l’ho mai incontrata in questi meeting". Steinberg: "Devo ricordarle le date e i posti? Lei conosce [il presidente della DPF] Eric Sterling?" Soros:"Vedo che lei è certamente un grand’uomo, ma questo è troppo. Me ne vado!" Due procure indagano su Soros I procuratori Guerriero e Martellino hanno accolto le indicazioni dell'esposto del Movimento Solidarietà.Un segnale di resistenza al liberismo. Due indagini sono state aperte sul conto del finanziere internazionale George Soros, una dalla Procura della Repubblica di Roma e l'altra dalla Procura della Repubblica di Napoli, per accertare il suo ruolo nell'attacco speculativo contro la lira e contro altre monete europee avvenuto nel settembre del 1992. La notizia è stata diffusa dal quotidiano romano Il Tempo che il 3 febbraio ha scritto con molto risalto in prima pagina "Soros, l'ammazzalira, nel mirino dei giudici." La notizia è stata ripresa tra gli altri anche da Il Giornale. Il sostituto procuratore di Roma Cesare Martellino ha annunciato di aver ordinato una serie di accertamenti alla Guardia di Finanza. Il pubblico ministero di Napoli Antonio Guerriero ha iniziato le indagini sulle attività della Banca d'Italia nella crisi della lira del 1992. I due dirigenti della banca centrale, Carlo Azeglio Ciampi, che era Governatore, e Lamberto Dini, che era direttore generale, sono poi diventati Presidenti del Consiglio dei due governi di "tecnici" responsabili della politica di privatizzazione su tutto il fronte e di tagli alla spesa pubblica per soddisfare la logica del Trattato di Maastricht. L'attacco speculativo del settembre 1992 portò ad una svalutazione della lira del 30% ed al prosciugamento delle riserve della Banca d'Italia, che fu costretta a bruciare 48 miliardi di dollari nel vano tentativo di arginare l'attacco speculativo. La crisi portò anche allo scioglimento del Sistema Monetario Europeo. Le indagini ora aperte sono state sollecitate da un esposto di Paolo Raimondi e Claudio

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Ciccanti, rispettivamente presidente e segretario generale del "Movimento Internazionale per i Diritti Civili - Solidarietà", inoltrato alla fine dell'ottobre 1995 alle Procure di Milano, Roma, Napoli e Firenze. Il noto avvocato romano Giuseppe de Gori rappresenta il Movimento Solidarietà nella procedura legale. Il movimento si rifà alle idee politiche ed economiche di Lyndon LaRouche, l'economista americano e candidato alla presidenza nel partito democratico. L'esposto (pubblicato sul numero 5 di Solidarietà, ottobre 1995) documenta le dirette responsabilità di Soros nell'attacco alla lira e stabilisce inoltre un collegamento tra questa manovra e l'incontro segreto tenuto a bordo del panfilo reale "Britannia" della regina Elisabetta II d'Inghilterra, avvenuto il 2 giugno 1992, nel corso del quale esponenti del mondo bancario e finanziario anglo-olandese incontrarono delle personalità italiane per complottare la completa privatizzazione delle partecipazioni statali a prezzi stracciati. Tra i partecipanti di quell'incontro c'erano i rappresentanti delle banche Barings e S.G. Warburg, Mario Draghi, direttore generale del ministero del Tesoro, e Beniamino Andreatta. L'esposto chiede alle autorità giudiziarie di stabilire se le attività di Soros costituiscano una violazione dell'articolo 501 del codice penale, secondo il quale è prevista una pena carceraria fino a quattro anni per chi provoca la svalutazione della moneta nazionale e dei titoli di stato con mezzi illeciti. Queste azioni riflettono il tentativo di retroguardia di alcune forze politiche ed economiche che stanno cercando di fermare, o almeno rallentare il processo di disintegrazione delle istituzioni dello stato. Esse si agganciano anche a quelle forze e interessi americani, sopratutto intorno al Presidente Clinton, che stanno cercando di arginare le folli politiche di tagli proposte da Gingrich, che è nel contempo uno dei più accesi sostenitori della "libera" speculazione della finanza derivata. Infatti, le attività di George Soros sono oggetto di indagini da parte di organi ufficiali americani, soprattutto a partire dal giugno 1993 quando l'allora presidente della commissione bancaria del Congresso, il democratico Henry Gonzalez sollevò la questione della grande speculazione e di Soros in una storica seduta. La crisi in Italia ha già raggiunto l'orlo dell'abisso e minaccia adesso di gettare la nazione in un caos totale aprendo le porte ad una cannibalizzazione dell'economia italiana da parte delle forze finanzarie ispirate dalla City di Londra. Dini e Fazio In questo contesto è interessante notare il fatto che il 26 gennaio il Primo ministro uscente Lamberto Dini ha presentato al Parlamento il rapporto semestrale sulla politica informativa e della sicurezza, in cui si diceva che i servizi segreti italiani erano stati chiamati a svolgere delle indagini sulle continue operazioni di destabilizzazione economica e finanziaria dell'Italia. Nel documento si leggeva che "i mercati valutari e le Borse delle principali piazze mondiali continuano a registrare correnti speculative ai danni della nostra moneta originate, specie in passaggi delicati della vita politico-instituzionale, dalla diffusione incontrollata di notizie infondate riguardante la compagine governativa e da anticipazioni di dati oggetto delle periodiche comunicazioni sui prezzi al consumo." L'azione dei servizi è quindi stata indirizzata "alla verifica di eventuali strategie di aggressione sistematica alla nostra sicurezza economica, in un momento in cui è possibile attendersi la reiterazione di manovre speculative fraudolente." Il rapporto presentato da Dini, ma certamente da lui non preparato, evitava di identificare il noto caso di George Soros. Lo stesso giorno, il prof. De Gori, per conto del Movimento Solidarietà, ha mandato una nota al Presidente della Repubblica Oscar Luigi Scalfaro, chiedendogli di sollecitare un intervento del Consiglio Superiore della Magistratura. Il giorno dopo, 27 di gennaio, parlando a Roma in occasione del Cinquantesimo Anniversario dell'Ufficio Italiano Cambi (UIC), il governatore della Banca d'Italia, Antonio Fazio, denunciava che i mercati finanziari

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sono troppo forti e le banche centrali non sono più in grado di resistere alle operazione speculative sui mercati dei cambi. "Oggi, diceva Fazio, se le banche di emissione tentano di far cambiare direzione o di fermare il vento (delle operazioni finanziarie) non ce la fanno per la dimensione delle masse in movimento sui mercati rispetto alla loro capacità di fuoco". Per l'Italia, il cambiamento del clima c'è stato nel 1990 e il vento ha cominciato a soffiare nel 1992: nell'arco di quei dodici mesi l'UIC ha utilizzato tutte le sue riserve di 8 miliardi di DM per cercare inutilmente di smorzare la furia dei venti speculativi. Sul mercato italiano dei cambi si registra una esplosione delle transazioni internazionali che toccano i 50 mila miliardi giornalieri. Fazio concludeva ammettendo che le banche centrali del mondo non possono far altro che assecondare i "venti" finanziari e monetari. La dichiarazione di Fazio, tardiva, conferma la giustezza dell'analisi e degli interventi del movimento di LaRouche a livello internazionale e del Movimento Solidarietà in Italia. Ad esempio, il 28 giugno 1993 il Movimento Solidarietà tenne una conferenza a Milano dove vennero denunciate le operazioni speculative del Britannia e della finanza derivata contro gli interessi nazionali. (Vedi Solidarietà dell'ottobre 1993 anno 1, numero 1). Siamo adesso in campagna elettorale. Il governo Dini e il tentativo di Antonio Maccanico, due civil servant della grande finanza internazionale, sono colati a picco su due scogli: il primo si chiama Maastricht, e la sua sostanza è la logica infernale di tagli al bilancio, che, contrariamente alle paranoie monetariste, non pareggiano i bilanci ma fanno detonare le mine sotto i resti dell'economia reale; il secondo è costituito da una resistenza, seppur tardiva e disorganizzata, alla speculazione e alle privatizzazioni selvagge complottate sul Britannia. Inoltre, anche se molti non se ne sono ancora accorti, la campagna elettorale americana insegna che le forze sociali e produttive hanno già sconfitto i candidati e le politiche dei neo conservatori di Gingrich e vogliono invece dibattere i temi strategici del rilancio dell'economia produttiva, dell'occupazione, della tecnologia. Una campagna elettorale può essere momento di lavaggio del cervello di massa se si impone agli elettori un dibattito su argomenti virtuali, oppure un momento di educazione e di responsabilizzazione se si introducono le grandi sfide di oggi, contro il neo malthusianesimo, il post industriale, la geopolitica destabilizzante e la cultura della morte. Esposto della Magistratura contro Gorge Soros Il seguente documento è stato presentato dal Movimento Solidarietà al Procuratore della Repubblica di Milano il 27 ottobre 1995 Paolo Raimondi , in qualità di Presidente del "Movimento Internazionale per i Diritti Civili - Solidarietà" e Claudio Ciccanti, in qualità di segretario generale dello stesso Movimento, portano all'attenzione del signor Procuratore della Repubblica di Milano alcuni fatti e considerazioni relative alle attività speculative contro la lira, intraprese dal cittadino americano George Soros a partire dal 1992. Il 30 ottobre 1995 il signor George Soros, controllore del fondo di investimento "Quantum Fund", dovrebbe ricevere una laurea `honoris causa' in economia all'Università di Bologna e, secondo i bollettini stampa, uno dei coordinatori di tale manifestazione sarebbe il prof. Romano Prodi. Si chiede l'apertura di un procedimento giudiziario nei confronti del sig. George Soros e per motivare tale richiesta si espongono i seguenti fatti: I. Il sig. George Soros, per sua stessa ammissione in molte interviste alla stampa e alla televisione, è stato uno dei principali promotori, organizzatori e beneficiari del gigantesco attacco speculativo contro la lira, la sterlina britannica, il franco francese e altre monete europee nel settembre 1992, che ha costretto alla libera fluttuazione al

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di fuori del Sistema Monetario Europeo (SME) ponnedo una seria ipoteca sul futuro dello stesso SME. Secondo resoconti della stampa economica, George Soros avrebbe incassato in pochi giorni almeno 400 miliardi di lire (28 milioni di dollari) nella speculazione contro la lira e ben 1.200 miliardi di lire operando contro la lira sterlina. Soros e il suo fondo di investimento"Quantum Fund" sono tra i più abili operatori sui mercati speculativi dei derivati, strumenti finanziari contrattati globalmente per una media di 1.000 miliardi di dollari al giorno. La tecnica utilizzata dagli speculatori in derivati permette loro di operare su cifre enormi disponendo in realtà solo una minima parte dell'ammontare nominale. La stessa tecnica sarebbe stata utilizzata da Soros anche nella speculazione contro la lira, per la quale ha potuto mobilitare un miliardo di dollari impegnando di suo solo 50 milioni di dollari e raccogliendo il resto in crediti, utilizzando i 50 milioni come garanzie collaterali. La nostra moneta, da 760 lire per un marco tedesco, ha perso subito il 30% del suo valore ed è continuata a scivolare fino alle 1200 lire per un marco con conseguenze drammatiche per le risorse dello stato, con perdite in ricchezza reale e in occupazione (la lira si è ovviamente anche indebolita nei confronti delle altre monete a partire dal dollaro). Tutte le importazioni di energia, materie prime e tecnologia sono in dollari o in marchi. La Bundesbank, la banca centrale tedesca, ha speso inutilmente 60 miliardi di marchi per la difesa del franco francese, della lira e delle altre monete dello SME. La Banca d'Italia avrebbe utilizzato tra il giugno e il settembre 1992, 48 miliardi di dollari di riserve per difendere, senza successo, il valore della lira. II. La precisione dell'attacco, spiegato dai media come frutto di qualità quasi "magiche" del sig. Soros, dovrebbe invece sollevare dubbi su possibili azioni illegali e criminali di aggiotaggio e di "insider trading", di possesso di informazioni riservate che, se utilizzate, danno allo speculatore un margine di vantaggio e di sicurezza per poter anticipare movimenti su titoli, valori e cambi delle monete. È stato infatti annotata nel 1992 l'esistenza, per esempio, di un contatto molto stretto e particolare del sig. Soros con Gerald Carrigan, presidente della Federal Reserve Bank di New York, che fa parte dell'apparato della Banca centrale americana, luogo di massima circolazione di informazioni economiche riservate, il quale, stranamente, una volta dimessosi da questo posto, venne poi immediamente assunto a tempo pieno dalla finanziaria "Goldman Sachs & co." come presidente dei consiglieri internazionali. La Goldaman Sachs è uno dei centri della grande speculazione sui derivati e sulle monete a livello mondiale. La Goldman Sachs è anche coinvolta in modo diretto nella politica delle privatizzazioni in Italia. In Italia inoltre, il sig. Soros conta sulla strettissima collaborazione del sig. Isidoro Albertini, ex presidente degli agenti di cambio della Borsa di Milano e attuale presidente della "Albertini e co. SIM" di Milano, una delle ditte guida nel settore speculativo dei derivati. Albertini è membro del consiglio di amministrazione del "Quantum Fund" di Soros. III. L'attacco speculativo contro la lira del settembre 1992 era stato preceduto e preparato dal famoso incontro del 2 giugno 1992 sullo yacht "Britannia" della regina Elisabetta II d'Inghilterra, dove i massimi rappresentanti della finanza internazionale, soprattutto britannica, impegnati nella grande speculazione dei derivati, come la S.G. Warburg, la Barings e simili, si incontrarono con la controparte italiana guidata da Mario Draghi, direttore generale del ministero del Tesoro, e dal futuro ministro Beniamino Andreatta, per pianificare la privatizzazione dell'industria di stato italiana. A seguito dell'attacco speculativo contro la lira e della sua immediata svalutazione del

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30%, codesta privatizzazione sarebbe stata fatta a prezzi stracciati, a beneficio della grande finanza internazionale e a discapito degli interessi dello stato italiano e dell'economia nazionale e dell'occupazione. Stranamente, gli stessi partecipanti all'incontro del Britannia avevano già ottenuto l'autorizzazione da parte di uomini di governo come Mario Draghi, di studiare e programmare le privatizzazioni stesse. Qui ci si riferisce per esempio alla Warburg, alla Morgan Stanley, solo per fare due tra gli esempi più noti. L'agenzia stampa EIR (Executive Intelligence Review) ha denunciato pubblicamente questa sordida operazione alla fine del 1992 provocando una serie di interpellanze parlamentari e di discussioni politiche che hanno avuto il merito di mettere in discussione l'intero procedimento, alquanto singolare, di privatizzazione. IV. Il "Quantum Fund", il fondo di investimento controllato da Soros, registrato nelle Antille Olandesi, annovera i seguenti personaggi nel suo consiglio di amministrazione: Alberto Foglia ( Banca del Ceresio di Lugano); Isidoro Albertini (Albertini e co. SIM Agenti di Cambio, di Milano); Richard Katz ( direttore della Rothschild Italia Spa); L. Amedée de Moustier ( IFA Banque di Parigi); Boat Notz di Ginevra; Edgar de Picciotto (Union Bancaire Privée (UBP) di Ginevra); Claudio Segré di Ginevra; Nils O. Taube(socio d'affari di lord Rothschild nella finanziaria "St. James's Place Capital plc"); Un esempio dell''ambiente' del "Quantum Fund": Edgar de Picciotto. De Picciotto presiede la UBP , la terza banca svizzera, nata dalla fusione della Compagnie de Banque et d'Investissements, la banca privata della famiglia Picciotto, e della Trade Development Bank (TDB) appartenente ad Edmund Safra. Safra fu coinvolto in un'inchiesta aperta nel 1989, assieme alla Shakarchi Trading Company, accusata dalla DEA, l'agenzia anti droga americana, di essere legata al cartello colombiano della cocaina. L'inchiesta su Safra fu poi archiviata. Il 27 novembre 1994 la polizia americana ha arrestato in Florida Jacques Handali, funzionario della Union Bancaire Privée sotto l'accusa di riciclaggio di soldi della droga tra gli USA e la Svizzera. Su richiesta americana, la procura di Ginevra aveva aperto un'inchiesta parallela e il giorno dopo furono perquisiti gli uffici della UBP di Ginevra. Contemporaneamente a New York venivano arrestati diversi individui accusati di aver svolto le mansioni di corrieri, trasportando valigette di narcodollari dagli USA alle casse della UBP in Svizzera. Mentre i vertici della UBP si dichiarano innocenti accusando Handali di aver agito per proprio conto, gli inquirenti americani sostengono il contrario, grazie alle prove ottenute attraverso un cliente di Handali che in realtà era un informatore della polizia. Ad uno degli incontri tra Handali e il cliente-informatore, questi viene invitato a Ginevra dove incontra nella sede dell'UBP una persona di più alto livello nell'operazione. Il cliente-informatore viene incoraggiato a investire in uno dei principali fondi di investimento europei. V. Come è stato menzionato già all'inizio, è lo stesso George Soros ad ammettere pubblicamente di essere uno dei principali speculatori internazionali. Ad esempio, in un'intervista rilasciata al quotidiano inglese The Guardian il 19 dicembre 1992, riportata anche nel documento "Lo sviluppo moderno dell'attività finanziaria alla luce dell'etica cristiana", preparato dalla Commissione Pontificia "Justitia et Pax", Soros testualmente dice: "Sono certo che le attività speculative hanno avuto delle conseguenze negative. Ma questo fatto non entra nel mio pensiero. Non può. Se io mi astenessi da determinate azioni a causa di dubbi morali, allora cesserei di essere un efficace speculatore. Non ho neanche l'ombra di un rimorso perchè faccio un profitto dalla speculazione sulla lira sterlina. Io non ho speculato contro la sterlina per aiutare

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l'Inghilterra, né l'ho fatto per danneggiarla. L'ho fatto semplicemente per far soldi." Questa dichiarazione vale anche per la lira italiana. In un altro articolo scritto per il Times di Londra il 12 settembre 1995, Soros dice a riguardo del suo operato speculativo: "Mi sono mosso nell'ambito di regole decise da altri. Se le regole falliscono, non è colpa mia in quanto partecipante, ma di coloro che le hanno decise... quando gli speculatori fanno profitti, in qualche modo le autorità hanno fallito." VI. Per queste sue attività speculative, il signor Soros è stato in più occasioni oggetto di indagini dirette o di richieste di indagini. Il caso più importante risale al 18 giugno 1993, quando in un discorso pronunciato al Congresso americano, il parlamentare democratico texano Henry Gonzalez, Presidente della Commissione Bancaria e Finanze del Congresso USA, ha richiesto un'inchiesta sulle attività finanziarie internazionali dello speculatore George Soros. Nello stesso discorso, l'on. Gonzalez aveva anche detto: "Quello che fanno le grandi banche non è un'attività normale ma è speculazione. In effetti giocano d'azzardo... Siamo ormai ad oltre mille miliardi di dollari che circolano nel sistema, ma le nostre autorità, che per la vigilanza del sistema bancario internazionale dovrebbero essere quelle del Federal Reserve Board, non si rendono conto di quanto accade.. Anche per questo la nostra Commissione ha aperto un'inchiesta sui proventi della droga. Si stima che ammontino a circa 300 miliardi di dollari le attività di riciclaggio dei soldi della droga." In Italia il 6 agosto 1993, il deputato democristiano Raffaele Tiscar ha presentato un'interrogazione al ministro del Tesoro per chiedere l'apertura di un'inchiesta su George Soros e sulle sue attività speculative contro la lira nel contesto della politica di privatizzazioni discussa sul "Britannia". Altri parlamentari di vari partiti e orientamenti politici, tra cui l'On. Antonio Parlato, hanno in varie occasioni presentato interpellanze parlamentari per far luce sulle attività di George Soros in Italia. VII. In varie occasioni, anche le più alte autorità dello stato italiano hanno sollevato pubblicamernte dubbi sull'operato di interessi finanziari internazionali, con eventuali agganci italiani, nelle operazioni speculative e di destabilizzazione contro l'Italia. Marzo 1993. A seguito di una repentina e sorprendente declassificazione di titoli di stato e di altri titoli italiani da parte della agenzia privata di rating "Moody's", che aveva portato a un crollo della lira e della Borsa, il Presidente Luigi Scalfaro chiese pubblicamente se dietro una tale decisione ci fosse qualche ragione destabilizzante. Allo stesso tempo da Londra arrivarono voci di un avviso di garanzia contro il Presidente del Consiglio Giuliano Amato, cosa che aiutò l'attacco speculativo. Agosto 1993. Il ministro degli interni Nicola Mancino, a seguito dell'ondata di attacchi terroristici, dichiarò: "Non escludo un ruolo della finanza internazionale". 5 novembre 1993. Fu il "venerdì nero" della lira anche a seguito di voci provenienti da Londra su un possibile avviso di garanzia nei confronti del Presidente Luigi Scalfaro. Il giorno dopo, l'allora Presidente del Consiglio Carlo Azeglio Ciampi scrisse una lettera al Procuratore Capo della Republlica di Roma, Vittorio Mele, perchè "avviasse le procedure relative al delitto previsto all'art. 501 del codice penale, considerato nell'ipotesi delle aggravanti in esso contenute." Cioè si chiedeva di indagare su un possibile reato di aggiotaggio da parte di chi aveva operato contro la lira e i titoli quotati in Borsa. 25 maggio 1994. Ancora una volta la lira crollò e la Borsa perdette il 2,6% in poche ore a seguito di voci provenienti da Londra su un presunto avviso di garanzia contro il nuovo Presidente del Consiglio Silvio Berlusconi. IN BASE AI FATTI ESPOSTI, si chiede l'apertura di un procedimento giudiziario nei confronti del signor George Soros, per verificare se la sua ammessa attività speculativa sia stata svolta in VIOLAZIONE dell'articolo 501 del codice penale ("Rialzo e ribasso fraudolento di prezzi sul pubblico mercato o nelle borse di commercio"). Si fa

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notare che l'articolo 501 specificamente prevede un raddoppio delle pene "se dal fatto deriva un deprezzamento della valuta nazionale o dei titoli dello stato". (L'articolo 7 del codice penale prevede che il cittadino italiano o straniero anche se commette in territorio estero il predetto reato deve essere punito secondo la legge italiana.) in VIOLAZIONE dell'articolo 2628 del codice civile ("Manovre fraudolente sui titoli delle società"). in VIOLAZIONE dell'articolo 2595 del codice civile ("Limiti legali della concorrenza") che dice: "La concorrenza deve svolgersi in modo da non ledere gli interessi dell'economia nazionale..." in VIOLAZIONE dell'articolo 2598, paragrafo 3 del codice civile ("Atti di concorrenza sleale"). in VIOLAZIONE dell'articolo 2041 del codice civile ("Dell'arricchimento senza causa") . È opportuno anche verificare se tale attività speculativa sia in violazione dell'articolo 41 della Costituzione della Repubblica Italiana secondo cui "l'attività economica non può svolgersi in contrasto con l'utilità sociale o in modo da recare danno alla sicurezza, alla libertà e alla dignità umana". È opportuno anche ricordare che l'articolo 3 della stessa Costituzione prevede che "È compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che limitano di fatto la libertà e l'uguaglianza dei cittadini, che impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l'effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all'organizzazione politica, economica e sociale del Paese." [Solidarietà, anno V n. 1, febbraio 1997] Come i Rothschild controllano il Quantum Fund Il Presidente del Movimento Solidarietà Paolo Raimondi, dopo aver presentato nei mesi passati un esposto alle Procure della Repubblica di Napoli, Roma, Firenze e Milano contro George Soros per l'attacco speculativo contro la lira del settembre 1992, ha distribuito, a partire dallo scorso 25 novembre, la seguente dichiarazione ai magistrati, parlamentari e giornalisti che si sono interessati al caso, per puntualizzare in maniera ancora più definitiva le denunce di cui si è fatto promotore. Sono venuto a conoscenza del fatto che le reti della banca Rothschild stanno cercando di ostacolare coloro che in qualche forma si oppongono alla politica di assalto piratesco della grande finanza internazionale, che prende la forma di una privatizzazione e che nella sostanza esige la svendita dell'impresa a partecipazione statale. All'inizio di ottobre avevo emesso un comunicato di denuncia del ruolo della Rothschild Italia come advisor nella privatizzazione del Banco di Napoli (La Rothschild ha svolto lo stesso ruolo nella svendita dell'ENI) identificando il nefasto ruolo di Richard Katz , già direttore della Rothschild Italia e al contempo membro del comitato esecutivo e direttore del Quantum Fund di George Soros, l'affondatore della lira nel settembre 1992. La Rothschild vorrebbe ora vantare una nuova verginità che si sarebbe rifatta semplicemente sostituendo Richard Katz al vertice della banca. Per questo ritengo opportuno aggiungere qualche altro elemento su alcune operazioni poco chiare dell'intero gruppo Rothschild, con particolare riferimento alle compenetrazioni operative tra il gruppo internazionale dei Rothschild e il Quantum Fund di Soros. Sia chiaro: è il gruppo Rothschild nel suo complesso a operare insieme al Quantum Fund. Richard Katz è semplicemente uno strumento, un predicato, di questo intreccio finanziario. Di seguito si riportano alcuni fatti salienti che non intendono essere il resoconto finale della ricerca. L'urgenza di ostacolare le privatizzazioni impone di intervenire adesso senza attendere il quadro completo. (Per evitare il gioco delle scatole cinesi secondo

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cui "vi sono differenti banche per differenti rami della famiglia Rothschild", si fa notare che, mentre i legami e le copartecipazioni sono sempre esistite, il 27 ottobre i vari rami bancari-finanziari si sono ufficialmente riuniti per ridefinire una strategia ed un vertice comuni). I legami dei Rothschild con il Quantum Fund di George Soros risalgono a prima della creazione del Quantum Fund N.V. la cui sede centrale è a Curaçao, nelle Antille Olandesi. Negli anni settanta George Soros insieme al socio Jim Rogers ha lavorato per la Arnold & S. Bleichroeder ,Inc. e per il Bleichroeder Fund, finanziaria che operava in sintonia con i Rothschild. Nel 1969 Soros lasciò in raporti amichevoli la Bleichroeder portandosi con sé un gruppo di investitori della stessa, muovendosi già allora nella direzione che avrebbe condotto alla creazione del Quantum Fund. Si fa notare che la Bleichroeder di New York è attualmente, insieme alla Citibank N.A. di New York, la principale fiduciaria del Quantum Fund. Ecco i principali personaggi dell'intreccio Soros-Rothschild: Georges C. Karlweis . Secondo quanto riportato da un ex partner di George Soros, Karlweis è stato uno dei primi partecipanti al lancio del Quantum Fund N.V.. Lo troviamo dal luglio 1985 direttore della banca N.M. Rothschild & Sons LTD di Londra, presieduta da Evelyn de Rothschild. Con Karlweis, nel comitato direttivo della banca troviamo anche Richard Katz, Edmund de Rothschild, E.L. de Rothschild, Lord Jacob de Rothschild (capi dei vari rami della famiglia), Henry Ergas, che conduce l'uffico di Roma, e il noto Alfred Hartmann. Nel 1988 Karlweis figura come direttore della Banque Privée di Ginevra di Edmund de Rothschild. Nel 1991-92 è nel consiglio di amministrazione della Rothschild Bank AG di Zurigo del Barone Elie de Rothschild, presidente della banca di cui Alfred Hartmann ne è il vice presidente. Karlweis è stato anche coinvolto nelle operazioni sporche del mafioso e trafficante di droga Robert Vesco, come la grande truffa dell'International Overseas Service (IOS) creato da Bernie Cornfeld e con sede in Svizzera. Con l'IOS lavorò anche il nostro Beniamino Andreatta, collaboratore di Prodi e attivo partecipante nell'incontro sul Britannia del 2 giungo 1992. Attualmente Karlweis è direttore della NM Rothschild & Sons, vice presidente della Banque Privée di Ginevra e presidente della Banque de Gestion Edmond de Rothschild del Principato di Monaco. Richard Katz. Direttore del Quantum Fund. In un resoconto pubblico del Quantum Fund del 1993 figura anche come membro del comitato esecutivo. Il suo rapporto con i Rothschild è di lunga data. Lo troviamo nel 1988 ad esempio nella lista dei direttori della N.M. Rothschild & Sons LTD di Londra, guidata da Evelyn de Rothschild. Sulla stessa lista si trovano Georges Karlweis, Alfred Hartmann, Herny Ergas (direttore della filiale Rothschild a Roma) e Lord Jacob de Rothschild, presidente della St. James Place Capital, banca d'affari di Londra. Lo stesso anno Katz figura come direttore capo degli investimenti della Rothschild (NM) Asset Management, responsabile del portafoglio esteri della Rothschild (NM) Fund Management LTD. Almeno fino al 1993 è direttore della Rothschild Italia insieme a Sir Derek Thomas. Sir Thomas è stato ambasciatore britannico a Roma per il periodo 1987-89; nel 1990 diviene direttore della Rothschild Italia e della Rothschild Europa, consigliere europeo per la N.M. Rothschild & Sons, di cui è direttore dal 1991 ad oggi. Sir Thomas dal 1991-92 è uno dei massimi dirigenti del British Invisibles, gli organizzatori del meeting sul Britannia il 2 giugno 1992. (Del British Invisibles parleremo oltre). Nils O. Taube. Direttore del Quantum Fund. Nel resoconto pubblico del Quantum Fund del 1993 figura come membro del Comitato esecutivo. Taube è socio di Lord Jacob de Rothschild, presidente della banca St. James Place Capital di Londra. Secondo il

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rapporto annuale della banca del 1993 egli figura tra i direttori insieme a Nathaniel de Rothschild, punto di riferimento della famiglia Rothschild negli USA e a Parigi. Nel rapporto della stessa banca del 1996, egli figura come Principal Investment Advisor (principale consigliere per gli investimenti) della banca. Nel 1988 era il direttore degli investimenti della Rothschild (J) Investment Management LTD di Londra. È doveroso sottolineare il seguente punto: nel resoconto del Quantum Fund del 1993 appaiono 8 direttori di cui 4 sono membri del comitato esecutivo. Due di questi quattro, Richard Katz e Nils O. Taube, lavorano per i Rothschild. Una coincidenza? Questi sono gli uomini che hanno agito nel 1992 per far crollare la lira sotto l'ondata della speculazione. Vediamo ora brevemente il personaggio di Alfred Hartmann . Lo abbiamo già trovato nel 1988 con Richard Katz tra i direttori del NM Rothschild & Sons di Evelyn de Rothschild Londra. Nelle stesso anno è manager generale della Rothschild Bank AG di Zurigo, presieduta dal Barone Elie de Rothschild. Nel 1991-92 ne diventa vice presidente. Nella dirigenza della stessa banca troviamo Georges C. Karlweis e il Dr. Jürg Heer, famoso anche in Italia. Nel 1992 Jürg Heer dichiarò di aver pagato 5 milioni di dollari ai killer mafiosi di Roberto Calvi. Nella Relazione di Minoranza della Commissione d'inchiesta sulla P2 del sen. Pisanò (p.121) si legge che il 22 aprile 1981 la banca Rothschild di Zurigo fondò a Monrovia (Liberia) una società di nome Zirka per conto di Umberto Ortolani e Bruno Tassan Din. Otto giorni dopo il Banco Ambrosiano Overseas di Nassau (ex. Cisalpine) erogò a favore della Zirka 95 milioni di dollari che vennero subito trasferiti a Zurigo presso la Rothschild Bank. E 45 dei 95 sembra siano scomparsi durante il periodo della detenzione di Calvi nella primavera-estate del 1981 (Carlo Palermo, Il quarto livello", pag. 245). Nei resoconti bancari svizzeri del 1987-88 Alfred Hartmann figura un po' dappertutto. È direttore della banca The Royal Bank of Scotland AG di Zurigo, direttore della Lavoro Bank di Zurigo (controllata dalla Banca Nazionale del Lavoro), della banca del Gottardo di Ginevra, della finanziaria Creafin di Zurigo, e presidente della Banque de Commerce e de Placements SA (BCP) di Ginevra. La BCP era posseduta dalla Bank of Credit and Commerce International (BCCI), la banca internazionale del riciclaggio, delle operazioni del traffico di armi e di droga utilizzata dai servizi britannici e dalle reti di Bush-North dell'Iran-Contras per operazioni sporche. La BCCI, che controllava anche la Italfinance International Spa di Roma, fu chiusa a seguito di un'indagine condotta dalle autorità americane. Le verità più scottanti di quella vicenda non vennero mai alla luce perché George Bush decretò tutta una serie di insabbiamenti. Queste coperture favorirono anche Hartmann che si dovette dimettere dalla Lavoro Bank, ma lo troviamo allegramente vice presidente della Rothschild AG di Zurigo nel 1991. Rothschild Italia. È da questi interessi che la Rothschild Italia Spa di Milano, filiale della MN Rothschild & Sons di Londra viene creata nel 1989. Richard Katz ne è stato direttore, in particolare durante le operazioni speculative contro la lira del Quantum Fund del 1992 (di cui è direttore e membro del comitato esecutivo). Nel 1990 era direttore della Rothschild Italia anche sir Derek Thomas , ex ambasciatore britannico a Roma nel periodo 1987-89 e dal 1990 ad oggi figura chiave del British Invisibles, oltre ad essere direttore dal 1991 della NM Rothschild & Sons LTD di Londra. Thomas condivide attualmente questa posizione nella banca di Londra con personaggi eccellenti quali Lord Wakeham, già presidente della Camera dei Lords e membro del governo in più occasioni, Norman Lamont, che i Rothschild "prestarono" alla politica nel 1972 passando attraverso parecchi ministeri economici fino a diventare ministro del Tesoro nel 1990 per fare poi ritorno alla "casa madre" nel 1993. Secondo i resoconti del 1996, boss della banca Rothschild Italia è Eric de Rothschild, che figura

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tra i direttori della NM Rothschild & Sons di Londra, mentre il direttore è Stefano Marsaglia, che proviene dalla Cir di De Benedetti. British Invisibles (BI) . Sono gli organizzatori del meeting dei banchieri della City tenutosi sul Britannia, alla presenza della regina Elisabetta II, il 2 giugno 1992 per complottare la privatizzazione dell'industria di stato italiana che doveva far seguito alla svalutazione della lira provocata da Soros e co. Citando dal discorso tenuto sul Britannia nelle acque del porto di Dublino, Irlanda, nel 1995, da Neil Jaggers, membro dell'esecutivo del BI e direttore per gli affari dell'Europa orientale, "il British Invisibles è un ente privato che ha per scopo la promozione della City di Londra". Gli "invisibles" sono i "servizi" dell'alta finanza della City. BI funziona come punto di unione tra la finanza privata e il governo britannico. BI conta attualmente 114 membri, tutta l'élite finanziaria di Londra, parecchi rappresentanti del governo e della Bank of England, la banca centrale. Naturalmente la Rothschild ha un ruolo di primo piano negli Invisibles. Ad esempio, secondo il rapporto del 1996 della BI, Sir Derek Thomas , direttore della NM Rothschild & Sons, già ambasciatore britannico a Roma nel periodo 1987-89, membro del BI dal 1992, è stato fino al 10 settembre 1996 presidente del comitato LOTIS (Liberalization of Trade in Services Committee, Comitato per la liberalizzazione del commercio in servizi). Rory Allan, della NM Rothschild & Sons, è membro del comitato del BI per l'Unione degli Stati Indipendenti ( l'ex URSS). William Lamarque, della NM Rothschild & Sons, è membro del "gruppo Cina" del BI. British Invisibles organizza seminari in tutti i punti strategici del globo appetibili alla City, soprattutto elaborando piani di privatizzazioni, apertura dei mercati alla finanza derivata, eliminazione di ogni barriera alla penetrazione del liberismo selvaggio della City. In molti casi, dice Jagger, BI ha il privilegio di usare lo yacht reale "Britannia", spesso in combinazione con le visite della regina Elisabetta II o del duca di Kent, gran maestro della massoneria di rito scozzese. Il British Invisibles nel passato ha organizzato ogni anno una decina di simili incontri; per il 1997 BI ha già prenotato il Britannia, con o senza la regina, per 20 incontri d'affari. Sulla base di quanto sopra intendo ribadire la necessità di ritirare il mandato dato dal Tesoro alla Rothschild di operare come advisor nelle privatizzazioni del Banco di Napoli, dell'ENI e di eventuali altre imprese di stato; la necessità di fermare il processo di privatizzazione in quanto basato su premesse che danneggiano l'interesse nazionale, cioè sulla combinazione Britannia-Soros, speculazione/svalutazione/privatizzazione; la necessità di continuare nelle indagini sull'"affaire Britannia-Soros" sia a livello di Procure della Repubblica che a livello di commissioni parlamentari. Regine, innominabili e mafiosi filantropicamente nel Quantum Fund. Stralci del dossier pubblicato dall'EIR del 1 novembre 1996 che mettono in risalto alcuni dei collegamenti più sporchi e blasonati di Soros. La rivista americana Time lo caratterizza come un "moderno Robin Hood", che ruba ai ricchi per donare ai poveri: a fare le spese delle speculazioni di George Soros sarebbero le grandi banche centrali mentre egli investirebbe i suoi guadagni nelle economie emergenti dell'est Europeo, dove promuove la sua utopia della "Società aperta", qualcosa che si spaccia come "cultura di sinistra". La realtà è che ruba a tutti per conto di un'élite ristrettissima di ricchi, e che dietro lo zuccherino delle sue imprese "filantropiche" nell'Europa orientale c'è la medicina mortale della "terapia shock" somministrata alle economie dell'est da quelli della sua cordata, dal professorino di Harward Jeffrey Sachs allo svedese Anders Åslun, con i quali ha ampiamente collaborato Romano Prodi. L'idea di fondo della "società aperta" è creare le precondizioni necessarie per l'acquisto a prezzi stracciati delle immense proprietà minerarie e d'altra natura che costituiscono l'ultima ricchezza

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tangibile di tutto i paesi ex comunisti. Per questo le sue 19 fondazioni diffuse nei paesi dell'Est fanno proficua opera di conversione degli ex marxisti in liberisti dell'ultima ora. Basta pagare. Soros salì alla ribalta mondiale nell'autunno 1992, quando orchestrò un'ondata speculativa contro la lira e la sterlina per frantumare il Sistema Monetario Europeo. Disse di essersi messo in tasca, solo speculando sulla sterlina, oltre un miliardo di dollari. Con la lira fatta a pezzi, i suoi amici in Italia si scatenarono per vendere le partecipazioni statali agli acquirenti stranieri che, anche nella molto improbabile prospettiva di un prezzo equo in lire, avrebbero sborsato il 20-30 per cento in meno del dovuto. Come abbiamo documentato più volte, non fu un'occasione fortuita, ma fu una trappola ordita a bordo del panfilo della corona inglese Britannia, al largo di Civitavecchia il 2 giugno del 1992, quando Mario Draghi e Beniamino Andreatta guidarono un incontro dei grand commì nostrani con i rappresentanti delle grandi banche inglesi tra cui la Warburg e la Barclays. Gli onori di casa al centinaio di ospiti convenuti per discutere la svendita dell'Italia furono fatti dalla regina Elisabetta II. Da allora Soros si pavoneggia nel suo alone di "re Mida". Come dice lui stesso, quello che tocca diventa oro. Lo scopo è quello di egemonizzare il mondo della speculazione, far correre i polli dove lui getta il becchime. Nel 1993 lanciò un'operazione di acquisto dell'oro (diceva che la Cina aveva deciso di rimpinguare notevolmente le riserve), tutti dietro a comprare e si arrivò al rialzo del 20% del prezzo; poi, insieme al suo compare Jimmy Goldsmith, si disfece segretamente dei suoi acquisti realizzando profitti notevoli. Operazioni analoghe le ha condotte da allora in diverse piazze del mondo, specializzandosi sulle speculazioni contro le monete: ha condotto attacchi contro il marco tedesco e contro le monete della Tailandia, Malesia, Indonesia e Messico. Dietro il Quantum Fund Naturalmente il personaggio è artificiale, o meglio, è un personaggio costruito per gestire dei fondi altamente speculativi per investitori che non sono disposti ad esporsi. Il suo fondo d'investimento Quantum Fund gestirebbe somme tra gli 11 ed i 14 miliardi di dollari di depositi e, come dice lui stesso, tra gli investitori più importanti conta la stessa regina Elisabetta. Insieme alla regina non è difficile intravedere il grosso dell'oligarchia britannica ed europea. Il Quantum Fund è registrato nelle Antille olandesi con tutti i trucchi necessari per non dovere presentare alcuna trasparenza ad autorità di sorta, né sulle entità delle operazioni né sull'identità dei depositanti. Evidentemente si tratta di una "graziosa concessione" della monarchia olandese. Secondo la commissione dell'OCSE sul riciclaggio del denaro, le Antille Olandesi sono il principale centro di riclaggio del denaro della droga, soprattutto della cocaina dell'America Latina. Di americano Soros ha solo il passaporto, mentre il suo quartier generale è a Curaçao. Per evitare possibili interferenze delle autorità americane Soros non figura nemmeno tra i manager del suo fondo, e a mala pena figura sulla carta come "consulente d'investimento" attraverso la sua ditta di New York, la Soros Fund Management. Soros ha riempito la direzione del suo Quantum Fund di inglesi, svizzeri e italiani, evitando accuratamente cittadini americani. Mentre il grosso degli investimenti proviene dall'impero dei Rothschild, come è ampiamente documento nlle pagine precedenti, anche gli altri elementi del Quantum Fund costituiscono un quadro inquietante. Il più noto è Edgar De Picciotto, "uno dei banchieri più furbi di Ginevra" che figura nel Consiglio d'Amministrazione del Quantum Fund e presiede la CBI-TDB Union Banque Privée, una banca privata di Ginevra che gestisce grandi capitali sul mercato dell'oro e degli "Hedge Funds", i fondi d'investimento off-shore, soldi che quasi per definizione non possono essere più distinti dai proventi della droga.

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De Picciotto è praticamente da sempre socio del banchiere Edmond Safra, proprietario della Republic Bank of New York. Secondo alcune indagini questa banca è la principale esportatrice in Russia di banconote americane, per miliardi di dollari. Il fabbisogno di dollari in Russia cresce in maniera direttamente proporzionale alla criminalità che opera quasi esclusivamente con i "contanti verdi". Safra è indagato dalle autorità americane e svizzere per il riciclaggio dei proventi della droga di turchi e colombiani. La Trade Development Bank (TDB) di Safra si fuse nel 1990 con la CBI di De Picciotto, dando vita alla TDB-CBI Union Banque Privée. Anche se i termini della fusione sono mantenuti segreti, di fatto De Picciotto entrò nel consiglio di amministrazione della American Express svizzera, mentre due direttori della American Express di New York sono entrati nel consiglio d'Amministrazione della Banque Privée. Safra aveva venduto la Trade Development Bank alla American Express Inc. negli anni Ottanta. La American Express, nel cui consiglio figura anche Henry Kissinger, è stata colpita da diversi scandali per il riciclaggio del denaro della droga. De Picciotto iniziò la sua carriera sotto Nicholas Baring della omonima banca londinese che per secoli è stata la banca della famiglia reale inglese. Dopo il crac del marzo 1995 la Baring è stata rilevata dal gruppo olandese ING, anch'esso molto esposto nel riciclaggio. Si tenga presente che Peter Baring partecipò al vertice del Britannia del 1992 a Civitavecchia. De Picciotto è inoltre socio di lunga data di Carlo De Benedetti. I due figurano nel C.d'A della Societé Financière de Genève. Il motivo principale dell'uscita di De Benedetti dalla Olivetti è che ha usato i patrimoni industriali come fiches sul tavolo verde dei derivati, evidentemente perdendo. All'inizio degli anni Ottanta De Benedetti ebbe un ruolo di primo piano nella bancarotta del Banco Ambrosiano, tragicamente conclusasi con l'omicidio, secondo un macabro rituale massonico, di Roberto Calvi a Londra. Le responsabilità dell'impiccagione di Calvi sotto il ponte dei Blackfriars sono state rivendicate da ambienti Rothschild (vedi pag. 20, sotto Alfred Hartmann). Tra i numerosi scandali per riciclaggio di denaro in cui sono stati implicati De Picciotto e la sua Union Banque Privée spicca l'arresto, avvenuto nel novembre 1994, di Jean-Jacques Handali e di altri dirigenti della UBP. Secondo la Procura di Miami, Handali e la UBP costituivano la "swiss connection" in una rete internazionale di trafficanti turchi e colombiani. Tra i personaggi più legati a De Picciotto spicca Helmut Raiser, un misterioso mercante di armi che farebbe affari in società con Grigori Luciansky, il personaggio della mafia russa che controlla la holding russo-svizzera Nordex Group. Il contingente italiano nel vertice del Quantum Fund di Soros è costituito da Isidoro Albertini, titolare di una delle società d'intermediazione mobiliare più prestigiose di Milano e da Alberto Foglia che dirige a Lugano la Banca del Ceresio. Rich, Reichmann & Co. Esperti che hanno condotto inchieste su Soros per conto del Dipartimento di Stato USA affermano che almeno 10 miliardi di dollari del Quantum Fund provengono da investitori "silenziosi", che preferiscono cioè l'anonimato, e che hanno chiesto a Soros di mandare in frantumi la stabilità monetaria europea. Questo spiega perché Soros, che si vanta di avere tra i suoi investitori la regina e le principali case bancarie inglesi, abbia colpito così duramente la sterlina nell'autunno del 1992. La contraddizione apparente svanisce tenendo conto del fatto che era il modo più sicuro di mettere in pratica la decisione strategica inglese di frantumare lo SME, che è la strategia thatcheriana per eccellenza. Tra gli investitori "silenziosi" vengono segnalati Marc Rich, un mercante di petrolio e di metalli ricercato dalla giustizia americana, e Shaul Eisenberg, ex pezzo grosso dei servizi segreti israeliani che fa il mercante di armi nel Medio Oriente ed in Asia. Il governo dell'Uzbekistan gli ha interdetto gli affari nel paese dopo aver scoperto una

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serie di truffe e corruzioni colossali. Un altro socio di Soros è Rafi Eytan che in passato teneva a Londra i collegamenti tra il Mossad e lo spionaggio inglese. Gli affari più grandi, trattando soprattutto alluminio e petrolio, Marc Rich li ha fatti in Unione Sovietica, poi Russia, tra il 1989 ed il 1993. In quello stesso periodo il Nordex Group di Grigori Luciansky raggiunse un fatturato di miliardi di dollari vendendo soprattutto alluminio e petrolio russi. Secondo il Wall Street Journal del 13 maggio 1993 le imprese di Rich in Russia sono finite sotto inchiesta per truffa. La lista potrebbe continuare all'infinito, ma i contorni del protettore di Romano Prodi e della sua scuola "liberista" dovrebbero essere ormai chiari. [Solidarietà, anno IV n. 1, febbraio 1996] L’inchiesta su Soros stana la "Banda dei cinque" L'indagine proposta dal Movimento Solidarietà è entrata nella fase calda. Ciampi &Co. dovevano sapereche nel 1992 la lira non avrebbe retto l'assalto speculativo di George Soros e sperperarono 15 mila miliardi in una difesa a dir poco sospetta. "Se, come sembra, l'inchiesta su George Soros andrà avanti, Mani Pulite diventerà una barzelletta", ha dichiarato Paolo Raimondi, presidente del Movimento Solidarietà, a commento dell'incoraggiante notizia che la Procura di Roma ha avviato una nuova fase dell'inchiesta sullo speculatore internazionale. Raimondi era a Roma per una serie di consultazioni alla fine di gennaio, nei giorni in cui alcuni quotidiani davano grande risalto al contenuto dell'esposto con cui il Movimento Solidarietà aveva fatto avviare l'inchiesta. "Noi non crediamo alle battaglie politiche per vie giudiziarie", ha aggiunto Raimondi, che ha proseguito: "La nostra iniziativa è stata concepita per organizzare e stimolare la riscossa di tutte le forze che si oppongono alla politica di distruzione dell'economia nazionale imposta dal FMI, da Maastricht e dai mercati finanziari guidati da Londra". Come Solidarietà ha riferito più volte, l'esposto presentato da Raimondi e Claudio Ciccanti (segretario del Movimento Solidarietà) chiede di verificare se l'attacco alla Lira del settembre 1992, che fece uscire la nostra moneta dal Sistema Monetario Europeo svalutandola del 30%, facesse parte della stessa strategia discussa sulla riunione del "Britannia" il 2 giugno dello stesso anno. Sul Britannia erano infatti riuniti i principali banchieri della City per conto dei quali George Soros condusse la speculazione contro la Lira. Alcuni di loro poi parteciparono alla grande svendita chiamata privatizzazione, chi direttamente chi in consorzio con altri alleati della City. Nell'esposto si chiede di appurare se Soros, nel suo attacco alla Lira, abbia goduto di notizie riservate di fonte italiana. Rimane infatti un mistero il comportamento delle nostre autorità monetarie che, sapendo già dal maggio precedente di non poter reggere all'attacco speculativo, riversarono nell'inutile difesa della Lira 48 miliardi di dollari per poi capitolare. Invece, quel comportamento fece guadagnare a Soros 280 milioni di dollari in una settimana e forse molto di più. La perdita secca per le casse della banca centrale, che ha dovuto riacquistare le riserve di valuta a Lira deprezzata, è stata calcolata in circa 15 mila miliardi di Lire, una mini-finanziaria. L'accusa di complicità sembra concretizzarsi già nella prima fase dell'inchiesta (che procede a Napoli e Roma, mentre Firenze e Milano si sono fatti da parte per motivi diversi), almeno nei confronti di uno dei timonieri della Lira nel settembre 1992, Piero Barucci, allora ministro del Tesoro e membro della "Banda dei cinque" che controllava la politica monetaria (gli altri erano l'allora capo del governo Giuliano Amato, l'allora e attuale Direttore Generale del Tesoro Mario Draghi, l'allora governatore di Bankitalia e attuale superministro dell'Economia Carlo Azeglio Ciampi e l'allora Direttore di Bankitalia e attuale ministro degli Esteri Lamberto Dini). Infatti, come ha rivelato il Corriere della Sera in un ampio servizio del 27 gennaio, dedicato all'inchiesta sollecitata dal Movimento Solidarietà, Barucci è oggi presidente della AFV, una società

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di intermediazione finanziaria (sim). Il guaio dell'AFV non è solo che essa svolge attività speculativa, ma che la lettera "F" sta per Alberto Foglia, fondatore della AFV e nientepopodimenoche presidente del consiglio di amministrazione del Quantum Fund di George Soros! Lo stesso quotidiano di via Solferino sottolinea la precaria posizione di Barucci quando, nel riferire il testo dell'esposto (vedi riquadro), elenca i nomi di consiglieri del fondo di Soros e nota che Alberto Foglia è "partner nella Sim ora presieduta da Barucci". Naturalmente, dato che le indagini, proprio per la loro serietà, sono coperte dal massimo riserbo, non è dato sapere di più. Ma non è difficile immaginare lo stato di disagio in cui si trovano attualmente il Barucci e il resto della Banda dei Cinque, indicato dal modo in cui si è verificata una prima, agitata reazione alle "cattive" notizie giudiziarie. Ciampi scende in campo In una evidente contromossa, i protagonisti del Settembre Nero della Lira hanno anticipato la "loro" versione dei fatti. Come se avesse letto in anticipo il servizio che doveva uscire l'indomani, domenica 26 gennaio, Ciampi si è sentito in dovere di spiegare il comportamento della Banca d'Italia in quella crisi. Si badi bene: finora, dopo quattro anni e mezzo, Ciampi non aveva speso una parola sull'argomento. Parlando ad una riunione degli operatori di cambio (quindi tra galantuomini), l'attuale vero capo del governo Prodi ha dapprima scaricato ogni responsabilità: egli non fece che obbedire agli ordini del governo. "Le decisioni sulle parità delle monete sono sempre e da sempre di competenza dell'esecutivo." Poi Ciampi è passato all'offensiva. La crisi della Lira, a suo avviso, è stata positiva perché "l'atmosfera di dramma" che l'accompagnò permise "l'adozione di quelle rilevanti misure di correzione di bilancio che il governo aveva invano cercato di varare prima". In altre parole, la battaglia persa contro la speculazione fu lo shock necessario a fare accettare agli italiani quattro anni di stangate che non sono altro che trasferimenti netti di risorse a favore della rendita finanziaria. Ma Ciampi si spinge oltre: il 31 luglio, quando la Lira era già sottoposta a una pressione speculativa (e la Banda dei Cinque sapeva che non avrebbe retto), Amato era riuscito a strappare ai sindacati il famoso accordo salariale giustificandolo tra l'altro con la necessità di rimanere nel Sistema Monetario Europeo e quindi di combattere l'inflazione. "Amato racconta Ciampi riuscì nell'intento perché voleva tenere il cambio: Se avesse detto `io domani svaluto', l'intesa non la faceva". Avete capito bene: Ciampi si fa bello per non aver concesso gli aumenti salariali e per aver invece regalato 15 mila miliardi a Soros attraverso la manovra speculativa! Perché poi, sembra proprio che quelle decisioni siano state prese più a Via Nazionale che a Palazzo Chigi. Perlomeno a quanto afferma un testimone dell'epoca, l'allora segretario del PSI Bettino Craxi. Le parole di Craxi vanno prese cum grano salis, tenendo presente la situazione particolare dell'esule di Hammamet; ciononostante, le circostanze riferite sembrano veritiere. Craxi ha scritto una lettera al Corriere, pubblicata con risalto in pagina economica, per dire la sua sui fatti del `92 riferiti nel servizio del 27 gennaio. Amato lo chiamò all'inizio della pressione speculativa, scrive Craxi, per chiedere consiglio su quale linea di condotta tenere. È credibile che Amato, nominato Presidente del Consiglio su indicazione del PSI, si consultasse con il segretario del partito. Craxi avrebbe suggerito di non sprecare risorse e svalutare. Amato evidentemente non tenne conto del consiglio, anche se ritelefonò ad Hammamet per avvisare Craxi dell'imminente svalutazione. Le circostanze riferite da Craxi descrivono un Presidente del Consiglio in cerca di suggerimenti in una crisi più grande di lui. Amato non emerge certamente come la figura del comandante che dà ordini, tantomeno alla Banca d'Italia, come sostiene Ciampi. È più probabile il contrario: che nel panico di quei giorni, il governo abbia seguito le indicazioni di "chi

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ne sapeva di più", e cioè dei grandi sacerdoti della moneta di Via Nazionale. Un'impressione confermata dalla lettura del libro L'Isola del Tesoro, del summenzionato Piero Barucci. Evidentemente presagendo di essere il primo capro espiatorio quando fosse scoppiata la tempesta, Barucci ha scritto il libro come una difesa in anticipo. Secondo il libro (e anche qui la descrizione sembra credibile), Barucci piomba dall'esterno in una compagine governativa dove comandano altri e lui assiste impotente ad avvenimenti che gli passano sopra la testa. In ogni caso, il cerchio dei sospetti si stringe sempre più attorno a Ciampi e ai suoi uomini. I sorosiani si scoprono A giudicare dallo zelo con cui gli stessi media che hanno amplificato le tardive spiegazioni di Ciampi si sono profusi in sospette apologie di George Soros, si deve presumere che, se ricevevano ordini, i ciampisti li ricevevano dal mega speculatore americano o dai suoi padroni inglesi. L'oscar spetta a La Repubblica (proprietario Carlo De Benedetti, che fece incontrare Soros e Di Pietro) che, in un sol giorno, il 31 gennaio, ha pubblicato tre articoli, in tre pagine diverse, in difesa della Banda dei Cinque e di George Soros. Prima, un grosso servizio intitolato "Craxi-Ciampi, è polemica sulla svalutazione del `92", in cui ampio spazio viene concesso alle argomentazioni di Ciampi sopra riferite. Nella sezione culturale, un'intera pagina viene dedicata a George Soros, dipinto come un genio che dispensa saggezza filosofica sui mali del... libero mercato. L'autore è il noto scrittore latinamericano Vargas Losa, che come Soros è a favore della legalizzazione della droga. Dimostrando una illimitata fiducia nella imbecillità dei suoi lettori, dipinge Soros come un interprete della dottrina sociale della Chiesa. In pagina editoriale, l'apologia del genio economico di Soros viene affidata a Giorgio Ruffolo, veterano esponente della sinistra tecnocratica italiana. Ruffolo tratta Soros come un "pentito" della speculazione a cui occorre prestare ascolto perché sa quel che dice. Fa finta di trattare Soros oggettivamente, ma una settimana dopo Ruffolo ha partecipato a Bruxelles ad una conferenza organizzata, finanziata e presieduta proprio da Soros, che ha riunito un gruppo di intellettuali europei. Scopo della conferenza, lanciare la campagna per una "società aperta" nell'Europa occidentale, sulla scorta delle esperienze svolte da Soros nell'Est Europa, con l'obiettivo di varare nel 1988 un'assemblea costituente europea. Non ci interessa sapere se i partecipanti all'iniziativa abbiano ricevuto il solito "rimborso spese" della serie Nomisma, ma piuttosto far capire al lettore l'esistenza di collegamenti e disegni politici che a definire "complotto" si pecca di modestia. Nell'articolo di Repubblica Ruffolo prende per buona la versione sorosiana dei fatti del `92, con la quale esordisce: "Ebbi il primo segnale - dice Soros nella sua autobiografia - di una crisi imminente della sterlina da un discorso del presidente della Bundesbank, Schlesinger." Dopodiché Soros avvicinò Schlesinger e "capii immediatamente che cosa voleva dirmi. Era un incoraggiamento a vendere la lira italiana". Più in là, Soros rincara la dose: "Abbiamo eseguito gli ordini del nostro maestro, la Bundesbank". La sua teoria è confutata come minimo dal fatto che la Bundesbank ha speso almeno 60 miliardi di marchi per difendere le monete dello SME, principalmente il franco francese. Le provocazioni del Financial Times Come afferma Raimondi nell'intervista citata all'inizio, l'Italia è vittima di una politica economica distruttiva di cui Soros e la Banda dei Cinque sono rappresentanti. Questa politica oggi prende il nome di "Maastricht", anche se non si tratta altro che della vecchia politica del Fondo Monetario Internazionale. La beffa è che, benché la politica di Maastricht sia stata congegnata per distruggere gli stati nazionali, con la Germania

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come obiettivo principale, il fatto che i primi della classe nell'adottare la politica di bilancio per raggiungere i famigerati parametri siano i tedeschi si presta a manipolare i meno fortunati, come l'Italia, contro la Germania. Abbiamo visto con quale disinvoltura Soros e i suoi cortigiani italiani addirittura accusano la Bundesbank della speculazione contro la lira, senza tema di essere ridicolizzati. Così, alla fine di gennaio, il Financial Times, il principale organo dei padroni di Soros nella City di Londra, è riuscito quasi ad innescare una crisi tra Roma e Bonn inventandosi l'esistenza di un piano segreto tedesco per tenere fuori l'Italia dalla moneta unica. L'articolo del Financial Times è stato il segnale per una rinnovata campagna internazionale contro la Germania che viene dipinta come il Quarto Reich. Questa è la stessa identica campagna lanciata nel 1989 dalla premier inglese Margaret Thatcher, con cui fu estorta alla Germania la tacita promessa di farsi promotrice della politica di Maastricht in cambio del "nulla osta" per la riunificazione tedesca. Il ricatto ha effetto sui due versanti: contro la Germania, costretta a fare la prima della classe, e contro gli altri che ne sono gelosi. La provocazione è stata poi rilanciata domenica 9 gennaio da Beniamino Andreatta, in un'intervista al Corriere, dove l'attuale ministro della Difesa accusa la Bundesbank di avere condotto nel passato operazioni di aggiotaggio contro la lira. Da quale pulpito: proprio Andreatta era a bordo del Britannia il 2 giugno 1992, quando si complottò la privatizzazione delle aziende a partecipazione statale assieme ai protagonisti del successivo assalto contro la lira. In una dichiarazione pubblicata sullo Strategic Alert dell'EIR, Paolo Raimondi ricorda che nel 1992, il gioco politico della City e dei suoi alleati fu quello di utilizzare speculatori di grido come Soros per far saltare il Sistema Monetario Europeo e soprattutto di minare un possibile orientamento unitario dell'Europa continentale verso la realizzazione di grandi progetti infrastrutturali conosciuti come il Triangolo Produttivo e anche come "Piano Delors". Con la vittoria geopolitica britannica, dichiara Raimondi, "abbiamo avuto anni di privatizzazione, saccheggio dell'economia produttiva e l'esplosione della bolla della finanza derivata. Questa stessa strategia di destabilizzazione riparte oggi, quando l'Europa continentale viene nuovamente attratta, anche se non come promotrice e con prospettive ancora da definire, nel grande progetto di infrastrutture di base del Ponte di Sviluppo Eurasiatico, la Nuova Via della Seta, che dalla Cina, attraversando l'intera Asia, unisce le nazioni e i popoli fino all'Atlantico, in un grandioso programma di sviluppo e crescita tecnologica e industriale." [Solidarietà, anno IV n. 1, febbraio 1996] Il Corriere della Sera : "Il sostituto procuratore vuole verificare..." Il 27 gennaio 1996, il Corriere della Sera ha pubblicato un servizio in cui si dava ampio risalto all'iniziativa del Movimento Solidarietà che ha portato ad aprire l'inchiesta su George Soros. Eccone alcuni stralci. "Le due inchieste partono dalle Procure di Roma e di Napoli. Ma al centro hanno lo stesso attacco alla lira del settembre del `92, che portò banche e speculatori internazionali, tipo il famoso George Soros, a soffiare riserve in valuta per 48 miliardi di dollari alla Banca d'Italia. Questa istituzione dello Stato in quei giorni comprò lire ad oltranza per sostenere inutilmente il cambio della moneta nazionale, come voleva il governo di Giuliano Amato. Il sostituto procuratore di Roma Cesare Martellino (...) vuole verificare se influenti italiani hanno operato illegalmente dietro banche e speculatori, quando questi investirono capitali colossali contro la lira, provocandone l'uscita dal Sistema Monetario Europeo (Sme) e una svalutazione di circa il 30 per cento. Martellino per ora ha iscritto nel registro degli indagati solo Soros (...). Punto di partenza è un esposto presentato da Paolo Raimondi e Claudio Ciccanti del gruppo "Solidarietà", emanazione italiana di un movimento politico Usa, impegnato in una campagna contro

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la grande speculazione finanziaria e vicino al partito democratico.(...) Le inchieste in corso a Roma e Napoli sembrano interessate soprattutto a verificare se ci fu una diffusione di notizie riservate: un'illegalità sospettata con frequenza negli ambienti finanziari italiani, non solo dal caso Eni-San Paolo del "venerdì nero" della lira nell'85. Per esempio Piero Barucci, come ministro del Tesoro del governo Amato, dovette fare i conti anche con una misteriosa talpa" che avrebbe anticipato informazioni sulla prevista privatizzazione del Credito Italiano. (...) "Soros è indagato perché si vuol capire come mai rischiò migliaia di miliardi contro la lira con tanta sicurezza. Non è che all'epoca banche e speculatori sapevano che la Banca d'Italia avrebbe difeso a oltranza la moneta italiana, comprando lire in cambio di valuta anche quando poteva sembrare inutile a tanti analisti finanziari? Nell'esposto presentato dal movimento Solidarietà" viene segnalato un rapporto di Soros con Romano Prodi, allora consulente della banca Goldman Sachs, impegnatissima sui mercati finanziari. (...) Sono elencati anche i nomi di consiglieri del fondo di Soros, tra cui l'agente di cambio italiano Isidoro Albertini e i finanzieri svizzeri Alberto Foglia (partner nella Sim ora presieduta da Barucci) ed Edgard de Picciotto. Viene pure ricordata la vicenda del Britannia", il panfilo reale dove, secondo alcune interrogazioni parlamentari, esponenti di banche d'affari straniere avrebbero organizzato l'attacco alla lira, per ridurre il costo delle aziende pubbliche italiane da privatizzare." Barucci e l'isola del teSoros Il ministro del Tesoro all'epoca della crisi della Lira del '92, oggi presidente di una finanziaria di cui è proprietario un socio di Soros, confessa nel libro L'isola italiana del Tesoro, pubblicato nel 1995, che il movimento di LaRouche diede del filo da torcere ai "Piratizzatori", denunciando per primo il famoso meeting sul Britannia e catalizzando l'opposizione alla "banda dei cinque". Barucci rivela che lui era stato invitato sul Britannia e difende i partecipanti, tra cui il Direttore del Tesoro Mario Draghi, dalle accuse allora pubblicate dall'EIR, in un documento intitolato: "La strategia anglo-americana dietro la privatizzazione in Italia: il saccheggio di un'economia nazionale", diffuso nel dicembre 1992. "Non riesco a comprendere scrive Barucci come mai un episodio come tanti (uno di mille convegni che si tengono in Italia) sia assurto a così grande fama". Il socio di Soros non dice che l'incontro "come tanti" si svolse su territorio britannico, appunto, sul panfilo della Regina Elisabetta, fuori delle acque territoriali italiane. "Ero anche io fra gli invitati a quell'incontro. Non partecipai solo per pigrizia. Potei poi appurare che Draghi vi era andato soltanto per dovere di ufficio e spero che non sia più disturbato per una questione inesistente. Il fatto è che sono dovuto andare come ministro un paio di volte nelle Commissioni parlamentari ad assicurare che quel giorno il Britannia non si era trasformato in un covo di complottardi, decisi a consegnare l'economia italiana a gruppi stranieri facilmente identificabili". Più avanti, raccontando gli scontri sulle privatizzazioni, Barucci spiega: "Il punto di partenza restava sempre l'incontro sul Britannia; i fantasmi che tormentavano la mente e lo spirito di alcuni commentatori avevano le solite fisionomie. La parola d'ordine era evidente: creare, in tutti i modi possibili, un gran polverone attorno alle privatizzazioni in modo da fermarle. "Era stato messo in circolazione 'mirata' un appunto [quello dell'EIR] dal titolo La strategia anglo-americana dietro la privatizzazione in Italia: il saccheggio di un'economia nazionale. L'avevo letto, nel tardo autunno del 1992, sia pure senza un grande impegno, perché vi avevo scorto stilemi culturali ben noti. La cosa si fece però improvvisamente seria quando il capo dello Stato, avendone ricevuta copia due o tre mesi dopo, mi chiese un motivato parere. Cosa che feci puntualmente, facendogli avere, anche in questo caso, una risposta che nessuno al ministero ha mai visto (...).

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"Si partiva, in questo appunto, dalla certezza che nel mondo è all'opera un gruppo di potere, dai più non conosciuto, fatto di interessati e spregiudicati finanzieri, di volontà di potere, di legami di razza, di relazioni intercorrenti tra società che operano attraverso organizzazioni, non dirò occulte, ma che almeno amano vivere nell'ombra. (...) E poi ci si inoltrava in una lunga disquisizione per dimostrare che la svalutazione della lira era stata oggetto di veri e propri speculatori della finanza internazionale, con Moody's che aveva funzionato da catalizzatore, pronti, a conseguire vantaggi finanziari secondo la loro natura di veri e propri avventurieri"." Il lettore noti come il banchiere Barucci si mostri scandalizzato all'idea che la lira fu oggetto di un attacco speculativo. Ma se non erano gli speculatori che vendevano lire, allora chi era? "Filantropi" come Soros? Barucci prosegue: "Scrissi a Scalfaro, dopo pochi giorni, che ravvisavo nel documento la vecchia tesi, che è alla radice di ogni nazionalismo e che ha turbato spesso la vita democratica della Nazione, per cui la colpa per i nostri problemi è sempre da attribuire ad altri che, per definizione, sono fuori da noi. Di qui, il passo a credere al complotto organizzato contro di noi è molto breve. Autoassolversi per poter continuare a peccare: ecco ripresentarsi il vizio dei peccatori incalliti e impenitenti". In altre parole, affiancando l'accusa di "nazionalismo" ai "legami di razza" dei banchieri denunciati nel documento, Barucci vuole bollarlo di fascismo. In realtà "i legami di razza" sono inventati da Barucci di sana pianta per far quadrare i suoi "stilemi culturali". Nella calunnia, però, il socio degli speculatori ci va cauto, perché investirebbe anche il capo dello Stato. Proprio in quel periodo, il Presidente Scalfaro aveva infatti levato la voce contro Moody's, rea di un'altra retrocessione dei titoli italiani, accusandola di "destabilizzare" il paese. [Solidarietà, anno IV n. 2, maggio 1996] Soros, re della droga libera Un dossier dell'EIR illustra la strategia dei liberisti per i quali una delle fonti di profitto sicuro è il mercato degli stupefacenti.La guerra di Clinton al riciclaggio dei narcodollari ha messo in seria difficoltà le banche inglesi LA CAMPAGNA del Movimento Solidarietà contro lo speculatore George Soros ha raggiunto una nuova dimensione a metà marzo, quando il procuratore di Milano Francesco Greco ha aperto un'inchiesta che si aggiunge a quelle già aperte dai colleghi di Napoli e Roma, tutte sulla base dell'esposto presentato dal Presidente del Movimento Solidarietà Paolo Raimondi (cfr. Solidarietà dell'ottobre 1995 e del febbraio 1996). Vari organi di stampa nazionali, tra cui l'Espresso ed il Foglio, notavano allora che il mega speculatore è impegnato ad acquistare le imprese "privatizzate" dal governo Dini. Ovvero, dopo che la lira è stata svalutata di oltre il 30% a seguito dell'assalto speculativo di Soros del 1992, ed a seguito di un ben orchestrato fallimento nel piazzare i titoli di imprese privatizzate sul mercato nazionale, Soros ci fa la carità, ci offre benigno una miseria per i gioielli di famiglia, dalla Dalmine all'ENI alla STET, mentre è pronto a monopolizzare le informazioni facendo la parte del leone nel progetto Hermes. La lobby della liberizzazione L'aspetto nuovo più importante sulle malefatte di Soros è stata segnalato dalla rivista americana EIR, che ha dedicato il numero del 22 marzo a dimostrare che Soros, oltre ad essere uno speculatore, è anche il re della droga libera: è impegnato nella più grande campagna internazionale per la legalizzazione che è partita dall'inizio dell'anno per contrastare un imponente programma di guerra alla droga varato da Clinton. L'EIR spiega che Soros cominciò la carriera sotto gli auspici dei Rothschild, che ancora oggi sono tra i finanziatori noti delle sue attività disponendo di due consiglieri

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nell'amministrazione del Quantum Fund NV, la finanziaria di Soros registrata nelle Antille Olandesi. Il capitale iniziale fu dato a Soros da George Karlweis, il quale, sempre coi soldi dei Rothschild, finanziò, alla fine degli anni Sessanta, il famoso truffatore internazionale Robert Vesco. Vesco ottenne altri soldi dagli ambienti della Anti Defamation League, soprattutto da Michael Milken, e lanciò la famosa truffa internazionale dell'Investors Overseas Services (IOS), un fondo comune d'investimento con il quale riciclò i soldi della droga anche il grande capo della mafia Meyer Lansky. La truffa fruttò 260 milioni di dollari. Entrato nella clandestinità, Vesco divenne braccio destro di Carlos Lehder Rivas del Cartello di Medellín in Colombia e poi tuttofare di Fidel Castro per le faccende sporche: dal narco-terrorismo allo spionaggio industriale. In Italia l'IOS di Vesco realizzò le sue truffe attraverso il fondo di diritto lussemburghese Fonditalia di cui era consigliere Beniamino Andreatta. Nel giugno 1992 Andreatta partecipò al vertice segreto sul panfilo "Britannia" in cui fu ordito il crollo della lira dell'ottobre 1992 nell'interesse di Soros. Allievo di Andreatta è Romano Prodi che ha lavorato direttamente per Soros, insieme a Jeffrey Sachs (vedi oltre), e poi si è interessato perché il suo "ex" datore di lavoro ricevesse la laurea ad honorem a Bologna. In questo contesto ricordiamo che l'ex ministro Antonio Martino, insieme all'esponente della famiglia guelfa Max von Thurn und Taxis, è sin dall'inizio degli anni Ottanta uno dei massimi esperti dell'arci-liberista Società Mont Pelerin in materia di "economia sommersa", un'eufemismo per l'economia della droga. Le principali attività di Soros sul fronte della droga negli ultimi anni possono essere così schematizzate: Ha elargito più di 10 milioni di dollari alla Drug Policy Foundation (DPF), la principale lobby americana per la legalizzazione. Ha aperto un proprio centro allo stesso scopo, il Lindesmith Center, affidandolo al dirigente del DPF Ethan Nadelman. Ha elargito altri milioni di dollari a fondazioni che si battono per la legalizzazione. Tra queste la più importante è la Drug Strategies, diretta da Malthea Falco, fondatrice della NORML (altra importante lobby per la legalizzazione della marijuana) e sposata ad un dirigente della Council on Foreign Relations. Ha promosso conferenze. Nell'ottobre 1995, mentre a Bologna davano la laurea a Soros, in America il suo centro Lindesmith ha iniziato la vendita delle videoregistrazioni della conferenza "Approcci nuovi alla politica per la droga, legalizzazione e regolamentazione", sponsorizzata dall'associazione degli avvocati di New York tra il 10 ed il 12 ottobre. La stragrande maggioranza dei relatori proveniva dai pensatoi di Soros: il Lindesmith, il DPF, il Drug Strategies e Partnership for Responsible Drug Information. Un'altra conferenza si è tenuta in autunno allo Hoover Institute di Palo Alto in California (una succursale di fatto della Società Mont Pelerin) a cui hanno partecipato 38 esperti di polizia e magistratura. A tessere le lodi della legalizzazione è intervenuto l'ex segretario di Stato George Shultz, che da tempo si è dedicato alla causa della DPF, e Kurt Schmoke, un direttore del DPF e sindaco di Baltimora. Quest'ultimo ricevette tempo fa un assegno di 100 mila dollari dal DPF per le sue attività a favore delle legalizzazione. Ha promosso la carriera dell'"economista" Jeffrey Sachs che dalla fine degli anni Ottanta ha propagandato la "terapia d'urto" nei paesi dell'ex Patto di Varsavia. Attualmente Sachs è un dipendente di Soros, il quale gli mise gli occhi addosso quando il professorino di Harward si andava vantando di essere l'architetto del "miracolo finanziario boliviano", che nei fatti fu la vendita di un intero paese, la Bolivia, a una mafia di trafficanti di cocaina. Sachs propone apertamente e esplicitamente la "liberizzazione finanziaria dei dollari della droga". Attraverso le sue fondazioni Open Society, Soros investe annualmente circa 500 milioni di dollari

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esentasse in cosiddetti progetti culturali. Si tratta di operazioni che si estendono a 24 paesi, tra cui soprattutto quelli dell'Est europeo, il Sud Africa ed Haiti. Al centro di questa rete "caritativa" c'è l'Open Society Institute (OSI) di New York presieduto da Aryeh Neier. Costui vanta dodici anni di esperienza alla testa del Human Rights Watch, un ente, sempre finanziato da Soros, che agisce negli ambienti britannici e dell'ONU nel mondo, soprattutto dove Soros ha deciso di investire. Da quando Neier dirige l'OSI, dai conti dell'ente risulta che la principale attività "caritativa" di cui si occupa è la legalizzazione della droga. L'8 luglio 1994 Soros annunciò che nel corso di tre anni l'OSI avrebbe donato 10,5 milioni di dollari alla DPF. Nel maggio 1994 la Banca Mondiale convocò Nadelman, del centro Lindesmith, per tenere un resoconto sulla situazione mondiale della droga. Quando l'amministrazione Clinton mostrò di non gradire che il resoconto fosse fatto da un aperto fautore della liberizzazione, la Banca Mondiale preferì annullare l'intera seduta piuttosto che rinunciare al portavoce di Soros. [Solidarietà, anno IV n.3, luglio 1996] George Soros finanzia la liberizzazione degli stupefacenti in Europa orientale Droga, eutanasia e cultura liberista-decostruzionista sono le strategie globali del noto speculatore indagato da tre procure italiane per il crac della lira del 1992. Alcuni effetti della sua politica in Polonia Nel numero precedente, Solidarietà ha pubblicato, riprendendolo dalla rivista EIR, un dossier sulla strategia del megaspeculatore George Soros per la droga libera, ed ha tracciato un primo organigramma dei principali individui e istituzioni impegnati in questo sordido progetto. In questo numero vediamo come l'"Open Society Institute" (OSI) di New York, il principale canale con cui Soros finanzia la campagna per la liberizzazione, sta allargando le iniziative agli ex paesi comunisti, cercando di coinvolgere i governi di quella parte del mondo nel tentativo di ostacolare la guerra alla droga dell'amministrazione Clinton. L'ultimo numero della rivista trimestrale Open Society News dell'OSI, contiene un articolo intitolato "Alternative di Politica sulla Droga", il cui occhiello recita: "L'OSI incoraggia esperti dell'Europa orientale a trovare alternative all'approccio da guerra alla droga" per contrastare il consumo di stupefacenti nella regione." L'articolo è firmato da Jean-Paul Grund, direttore del "Programma Internazionale di Riduzione dei Danni" dell'OSI. Grund sostiene che la "riduzione dei danni" sia oggi la politica preferita, nel momento in cui il consumo di stupefacenti aumenta sensibilmente in tutto il settore comunista. Il vantaggio, egli afferma, è che esso "limita il danno alla società e ai tossicodipendenti" invece di "cercare di eliminarlo". Grund sostiene che la nozione di "riduzione dei danni... sta entrando a far parte del dibattito pubblico nei paesi dell'Europa centrale e orientale... ora è il momento di applicare programmi come la distribuzione di metadone, l'istruzione e l'uso di siringhe pulite... Anche se il pensiero dominante è più tradizionale che progressista, le linee di battaglia non sono ancora state tracciate. Nella maggior parte dei paesi, ci sono interessi occulti che sostengono l'approccio proibizionistico e della guerra alla droga". La maggior parte della gente è aperta a idee ragionevoli (sic)". Grund va poi al nocciolo della questione: "Benché convinti del bisogno di politiche di riduzione dei danni, molti simpatizzanti vedono grandi ostacoli alla sua realizzazione. I sostenitori devono manovrare con attenzione, spiegando costantemente i loro piani e programmi ai politici e alle forze dell'ordine, la cui cooperazione è essenziale per il successo di progetti nuovi e vulnerabili. Il compito di educare il pubblico e la stampa è enorme. L'opinione pubblica influenza le posizioni che i politici sono disposti a difendere, ed è più facile fare i duri sulla droga, piuttosto che spiegare la logica sottile

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ma evidente della riduzione dei danni. I sostenitori si trovano a spendere un sacco di tempo a educare i potenziali e gli attuali critici. In aggiunta, essi devono contrastare gli sforzi del governo USA e delle Nazioni Unite che reclutano gli ex paesi comunisti alla guerra mondiale contro la droga ". L'OSI ha finora finanziato programmi nella Repubblica Ceca, in Bulgaria, Croazia, Lettonia, Macedonia e Polonia. Di fronte a questi investimenti colossali assume una luce molto sinistra la dichiarazione fatta da Soros a Bologna, che, rispondendo alle accuse dell'EIR di essere uno speculatore, affermò che lui agisce nell'ambito della legalità. Dalla sua strategia degli investimenti traspare un corollario di tale affermazione: i soldi sono prima diretti a costringere i governi a legalizzare attività illecite e poi nelle attività così "legalizzate". La macchina culturale Per la sua manovra liberizzatrice, Soros conta su una vasta infrastruttura "intellettuale" che sta costruendo nei paesi dell'Est sin dal 1991. Principalmente si tratta della CEU, la Central European University, che ha centri dirigenziali a Budapest, Praga e Varsavia. Dal materiale propagandistico della CEU per l'anno 1996-1997 risulta alquanto evidente che l'università condivide scopi e soldi con gli altri satelliti del sistema Soros: l'OSI, l'Open Media Research Institute e altri. Per iscriversi alla CEU lo studente deve fare domanda presso gli uffici della Fondazione Soros nel proprio paese. Per ora l'Università ha uno riconoscimento "provvisorio" e dentro l'anno prossimo conta di ottenere il pieno riconoscimento dai "reggenti" dell'Università dello stato di New York. Il Consiglio dei garanti è presieduto da Soros in persona a cui fanno da contorno Colin Campbell della Rockefeller Broth. Fund; lord Dahrendorf del St. Antony's College di Oxford; Bornislaw Geremek dell'Accademia delle Scienze polacca e William Newton-Smith, uno dei rettori dell'Università di Oxford. Il personale accademico proviene da Oxford e da altre istituzioni britanniche come la London School of Economics, dove lo stesso Soros si laureò sotto sir Karl Popper. Gli scritti inediti di questo "luminare aristotelico" vengono oggi pubblicati dalla CEU. La CEU ripropone nell'era "post-comunista" tutta l'eredità positivista e decostruzionista, che fu prodotta dall'impero austro ungarico nella sua fase crepuscolare e che fu allora utilizzata dagli inglesi per creare la Scuola di Francoforte, come base culturale per sostenere l'ideologia comunista. A tale scopo vengono invitati a tenere lezioni alla CEU di Praga professori come Jacques Derrida, il teorico del decostruzionismo, "delfino" di sinistra dell'ideologo nazista Heidegger (Cfr. Solidarietà, anno III n. 2, maggio 1995 pag. 22). Lo scopo della CEU è ripiantare nelle élite intellettuali dell'Europa centrale, sotto l'occhiuta supervisione britannica, quegli stessi semi che all'inizio del secolo produssero comunismo e nazismo. In quest'ottica di Heidegger, Adorno e Hanna Arendt, il nemico numero uno è sempre lo stato nazionale. Nel 1993 la CEU patrocinò diverse conferenze sul tema "L'individuo contro lo stato", e ancora corsi di studio in cui si insegna che le "tradizioni caratteristiche dell'Occidente" sarebbero quelle "hegeliane, positiviste, fenomenologiche e durkheimiane". Un altro corso è intitolato "Filosofia politica moderna: Hobbes, Locke, Rousseau, Kant ed Hegel". A Varsavia si danno corsi che si ispirano alle dottrine dell'Istituto Tavistock di Londra, come quello sul tema "Dalle tribù alle nazioni e ritorno" oppure, "Avventure post-moderne del corpo" ecc. Conseguenze in Polonia Il risultato di questo lavaggio del cervello è che non solo i giovani più promettenti di intere nazioni non saranno in grado di ribellarsi alla nuova schiavitù, ma contribuiranno per primi ad imporla al loro paese. La nuova schiavitù è più che evidente dallo sfascio economico subito dalla Polonia sottoposta ai programmi degli economisti di Soros: primi fra tutti il massone Geremek e l'ex ministro delle Finanze

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Balcerowitz. Per la prima volta dopo la guerra, in Polonia il numero dei decessi ha superato quello delle nascite, con una diminuzione dei matrimoni di oltre un terzo nell'ultimo decennio. Il 60% delle coppie di giovani sposati non può permettersi un proprio tetto e deve convivere con i genitori. I settori dell'industria più gravemente colpiti sono quelli che tiravano di più: cantieristica navale, acciaio, carbone, macchine utensili (che erano esportate persino negli USA). Sulla rivista del Partito dei Contadini, Ludwik Staszynski ha denunciato un piano cosciente volto a destabilizzare il paese imponendo "esperimenti" e "riforme", e ne ha attribuito le responsabilità al fautore della terapia shock, Leszek Balcerowicz. Cavalli diversi per la stessa strategia Oggi, sebbene la cordata dei "neo-liberali" sia stata bocciata alle elezioni, la politica che essi hanno applicato per conto di Soros viene fedelmente continuata dai loro successori "comunisti". Negli ambienti politici polacchi è evidente che la situazione ha superato da tempo il livello di guardia della tollerabilità. Il problema principale riguarda però la definizione di un'alternativa: non c'è nessuno che si faccia avanti con un programma di sviluppo. E forse questo ci dà la misura più esatta delle operazioni "culturali" di Soros. Un esponente dell'opposizione fa giustamente osservare: "Come reagirebbe il governo americano se la Polonia sfidasse le condizioni del Fondo Monetario Internazionale?". Domanda alquanto retorica, almeno per il momento, visto che l'Ambasciata USA a Varsavia finanzia la Fondazione Stefan Batory, uno degli istituti di George Soros. È uno scandalo grave, anche se i 13 mila dollari non sono una cifra colossale, perché dice tutto su chi controlla i rapporti tra i due paesi. La fondazione Batory raccoglie la maggior parte degli artefici della "Terapia d'urto" che ha devastato il paese, e adesso si occupa di acquistare personalità politiche di tutte le colorature e varietà con cui gestire le successive fasi della "decostruzione" del paese. Eutanasia Il numero di maggio della rivista statunitense The Chronicle of Philantropy ha dedicato un ampio servizio sulle fondazioni impegnate a promuovere gli ospizi per la morte come alternativa alle cure ospedaliere. Si tratta insomma dell'eutanasia nazista in formula nuova, non più imposta dai decreti di Adolf Hitler, ma "richiesta come diritto" che, stando ai miliardi investiti nella propaganda, risulterebbe di gran lunga più importante del diritto alla vita. Alla testa dell'iniziativa figura il &laqno;Project on Death in America" che ha sin ora sborsato 25 milioni di dollari a vari organismi predicatori di morte. L'ente fu costituito due anni fa da George Soros, il quale ha detto al Chronicle che "da troppo tempo la gente cerca di negare la morte" e "questo è un aspetto sfortunato della civiltà perché produce molta sofferenza che si potrebbe evitare". Gli "ospices" americani, che erano 500 nel 1985, sono diventati 2500 lo scorso anno. Non si tratta delle case di riposo per anziani, ma di cliniche in cui si assiste e affretta la morte, senza cure e terapie oltre al semplice alleviamento del dolore. "Una volta erano considerati un elemento trascurabile dall'establishment medico per via del rifiuto delle cure ospedaliere, gli ospices stanno diventando la scelta preferita di numerosi pazienti", soprattutto i numerosi malati di AIDS, dicono orgogliosi quelli del Chronicle. Inutile aggiungere che è soprattutto la scelta preferita delle compagnie di assicurazione che vedono enormi profitti in questa "scelta" degli assicurati. Sul loro condizionamento, affinché finiscano col firmare "liberamente e nel pieno delle proprie facoltà" la propria condanna a morte, si potrebbero scrivere libri. Le assicurazioni finanziano la Robert Wood Johnson Foundation che ha speso 28 milioni di dollari per studiare la "qualità della morte" tra i degenti in ospedale e giungere alla conclusione che "più di un terzo dei malati terminali muoiono nel dolore,

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trascorrendo le ultime ore isolati dai propri familiari, con i medici che ignorano le loro richieste di staccare la spina". La fondazione ha stanziato un primo assegno di 1,2 milioni di dollari per diffondere il nuovo verbo su come morire senza soffrire e, soprattutto, senza far soffrire il cartello assicurativo. [Solidarietà, anno VI n. 4, settembre 1998] Il "future" a più alto rendimento di George Soros è la droga libera Referendum truffa negli USA e bande di narcoterroristi secessionisti in America Latina. È la puntata più rischiosa del "filantropo" speculatore. Le autorità elettorali di Washington hanno annunciato il 5 agosto che il referendum sulla legalizzazione della marijuana "a scopo terapeutico", come dicono i referendari che lo hanno promosso, non avrà luogo perché i promotori non sono riusciti a raccogliere le firme necessarie a sostegno dell'iniziativa. Il gen. Barry McCaffrey, direttore dell' ufficio speciale anti-droga della Casa Bianca, si è congratulato con i cittadini che non si sono lasciati abbindolare con un comunicato diffuso il 13 agosto in cui afferma che l'iniziativa permissionista, è "un altro tentativo ben orchestrato di minare un'attenta politica di controllo della droga per proteggere i nostri giovani. Iniziative del genere sono lesive nei confronti di un sistema medico sano ed efficiente d'impostazione scientifica (...) Non è il momento di ricorrere a trucchi elettorali per rendere la droga più facile. È invece il momento di prendere nella dovuta considerazione le informazioni scientifiche, che sono da tempo disponibili, sulle conseguenze del consumo di marijuana. I cittadini hanno fatto una scelta saggia nel respingere una politica pericolosa e la confusione retorica di quest'iniziativa referendaria". Come è stato riferito da Solidarietà in passato, dal 1994 George Soros investe decine di milioni di dollari nella campagna referendaria per la droga libera. Dopo aver ottenuto i primi successi in California e Arizona nel 1996 Soros ha promosso un ambizioso programma referendario in altri venticinque stati americani. I finanziamenti ufficiali di Soros passano attraverso la Drug Policy Foundation, la principale lobby per la liberizzazione, e attraverso il suo centro studi/propaganda, il Lindesmith Center, diretto da Ethan Nadelmann, che dirige anche la Drug Policy Foundation e vanta notevoli appoggi presso la Banca Mondiale. Nel sistema permissivistico sorosiano negli USA figurano inoltre la Drug Strategies, la NORML, la Partnership for Responsible Drug Information. Oltre ai finanziamenti diretti ci sono poi i grossi sostegni indiretti e quelli "culturali" provenienti dalla rete "filantropica" della Open Society Institute di Soros e dai principali santuari del liberismo: il Council on Foreign Relations e la Mont Pelerin Society. La strategia andina Gran parte di questa struttura di legalizzatori della droga sulla busta paga di Soros si è data convegno l'11 giugno scorso alla George Washington University, sotto gli auspici del Dipartimento di Antropologia (progetto Ande), per incontrare le delegazioni di coltivatori di coca provenienti da Perù, Bolivia e Colombia. Il titolo dell'incontro è stato: "Guerra alla droga: dipendenza dal fallimento". I cerimonieri provenivano dal Washington Office on Latin America (WOLA), ente finanziato ufficialmente da Soros, dall'Institute for Policy Studies (IPS) e dalla succursale di questo ad Amsterdam, il Transnational Institute. Quest'ultimo ospita nei suoi uffici "Coca 90s" organismo che fa capo all'antropologo britannico Anthony Hennan, fondatore della Lega anti-proibizionista internazionale di Soros, consulente dell'Organizzazione mondiale della Sanità e del Parlamento Europeo. Ovviamente è legatissimo a Ethan Nadelmann. I progetti di Coca 90, sono stati promossi dal European NGOCouncil on Drugs and Development (ENCOD)per studiare le scuse terapeutico-culturali da opporre alla

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eradicazione delle colture di coca portate avanti dai governi di Bolivia e Perù. In 5 anni il governo Fujimori ha eliminato il 40% delle piantagioni. Il boliviano Hugo Banzer, presidente dal 1997, conta di eliminare la coltura della coca entro il suo mandato quinquennale. Ospiti d'onore all'incontro di Washington sono gli stati sei esponenti dell'associazione andina dei coltivatori di coca (CAPHC). Il boliviano Evo Morales, che dirige i cocaleros del CAPHC non ha potuto partecipare perché non ha ottenuto il visto. Dalle discussioni si è capito che qualcosa di grosso sta per colpire la regione andina, probabilmente una riedizione su scala globale dell'insurrezione dei produttori che si verificò nella Colombia meridionale tra il luglio e l'agosto del 1996. In tale occasione l'organizzazione narco-terrorista FARC indusse, armi alla mano, interi villaggi a ribellarsi contro le forze armate. Héctor Orozco Orozco, il sindaco di Forencia, uno dei villaggi colpiti da quell'insurrezione, disse allora all'EIR: "Le marce avvenivano sotto il controllo dei guerriglieri e dei coltivatori di coca (...) erano state organizzate sei mesi prima. Per sei mesi sono andati casa per casa, nella regione di Caquetá, minacciando le persone, raccogliendo soldi, viveri, tutto". E quando cominciò l'insurrezione "le donne volevano andar via, piangevano, ma non le lasciarono andare; i contadini avevano marciato per 8, 10, 15 giorni (...) non erano marce, fu un rapimento collettivo di 25 mila persone". La linea sostenuta dai sei del CAPHC è che bisogna combattere per impedire e contrastare ogni forma di distruzione delle colture che non sia "negoziata" con loro, ovviamente in nome del "controllo locale" e della "democrazia". Nessuno ha chiesto sussidi ed investimenti per sostituire le piantagioni di coca, incentivi allo sviluppo economico andino. Hanno chiesto soltanto di riconoscere al CAPHC il "potere" sulle aree che controlla, cioè che i cocaleros si sostituiscano allo stato. Coletta Youngers, portavoce del WOLA di Soros, ha criticato la sessione speciale dell'ONU sulla droga che si concludeva quei giorni come "il raduno più esagitato del mondo per la guerra alla droga". Per l'8 giugno, giorno di apertura dei lavori dell'ONU, il centro Lindesmith di Soros ha pubblicato una pagina piena di firme dei fautori della droga libera sul New York Times. Originariamente l'incontro era stato indetto per rendere pubblico, alla vigilia dei lavori dell'ONU, un rapporto in cui si screditasse "Interdizione dei ponti aerei andini", il programma congiunto USA-Perù che sta riuscendo egregiamente ad impedire che tra i paesi andini la mafia della droga possa impunemente trasferire i carichi di droga. Il successo dimostra che è possibile arginare il dilagare dei traffici illeciti e pertanto viene a crollare il dogma secondo cui "la guerra fallisce sempre" che è l'assioma su cui si regge tutta l'impalcatura ideologica della liberalizzazione delle droga. Dato questo successo, e l'incapacità di trovare in sei mesi una linea di critica o di diffamazione credibile, l'incontro è stato ridefinito in chiave insurrezionale. Collana: I NOSTRI SOLDI, LE NOSTRE FATICHE

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www.SIGNORAGGIO.com

Banca d’Italia, Banca Centrale Europea,

Federal Reserve:

la grande truffa

volume 3 di 3

release 0.6

Girovagando su Internet e visitando i cosiddetti “Siti Alternativi di Informazione”, si scoprono cose incredibili ! Provate quindi ad inserire, in un qualunque motore di ricerca (www.yahoo.com, www.google.com, www.lycos.it, ecc…) le parole: “SIGNORAGGIO”, “BCE”, “BANCONOTE” e scoprite su cosa camperebbero i Signori Banchieri… Il diritto di “signoraggio” è il potere del “signore” di emettere biglietti con un valore nominale ampiamente superiore al valore intrinseco e quindi di ricavare un guadagno dalla sovranità sulla moneta. Perché debba farlo una Banca PRIVATA è un mistero…

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L’EURO e L’USURA ..........................................................................................................................................................3 Banca centrale, inflazione e stato.........................................................................................................................8 Tassi d'interesse in una lezione ...........................................................................................................................11 La politica dell’albero dei soldi .............................................................................................................................15 Comunicato dell’Intesa dei Consumatori........................................................................................................23 Petrolio "Da Sapere"...................................................................................................................................................25 Reddito del Governo USA generato dalla produzione di Penny.........................................................28 Che cos’è la legge finanziaria?..............................................................................................................................29 Come lo Stato può guadagnare dal signoraggio. .......................................................................................37 Se non ora, quando? ...................................................................................................................................................39 Prestiti E Finanziamenti: Come Fanno Le Banche A Prestare Soldi Che Non Hanno.............41 Il bicchiere in frantumi (…e il latte versato) ...............................................................................................42 Ecco lo zio Sam - senza niente addosso - che si pavoneggia per la Cina e per il mondo ...45 La battaglia inglese alla Costituzione Ue........................................................................................................65 Bossi e il cameriere Ciampi.....................................................................................................................................66 La BANCA d'ITALIA non è Pubblica ma Privata, un po' di Storia per capire bene... .............70 Si stava meglio quando si stava peggio?........................................................................................................72 L'euro è già esistito!....................................................................................................................................................74 Unione Monetaria Latina...........................................................................................................................................75 L'UNIONE LATINA (1866 - 1926) ........................................................................................................................76 La quadratura del cerchio ........................................................................................................................................79 Guaicaipuro Cuautemoc è un indios che sa far di conto.......................................................................83 Il riflusso bancario per i non-iniziati.................................................................................................................84 Abbiamo due Governi .................................................................................................................................................91 In parole povere ............................................................................................................................................................93

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L’EURO e L’USURA (http://www.frontenazionale.it/doc/eurusura.doc)

PREMESSA La moneta è un mezzo, creato dall’uomo, per facilitare lo scambio dei beni. Pertanto, la causa della sua esistenza sta nella convenzione, che gli uomini si danno, di accettare un dato simbolo (oro, argento, metallo, cartaceo, ecc.) quale strumento per gli scambi dei beni prodotti. Se la causa è la convenzione e l’effetto è la funzione di misurare il valore dei beni, quando viene meno l’accettazione (e cioè la convenzione) la moneta perde anche la sua funzione e cessa quindi di essere tale. I simboli monetari, nel momento in cui la collettività, accettandoli, li fa circolare, acquistano anche il loro valore incorporato, così che insieme alla loro funzione di misura del valore (posseduta al momento dell’emissione) assumono, con la circolazione, anche la qualità di valore della misura. E’ quello che il prof. Auriti, nella sua teoria della moneta, chiama valore indotto, incorporato nel simbolo monetario, vale a dire il suo potere d’acquisto. Ne consegue che la moneta diventa un bene reale, oggetto pertanto di diritto di proprietà da parte di chi ne è il portatore: la collettività. Per meglio chiarire il concetto, facciamo un esempio. Immaginiamo che un tipografo, chiuso in una cella dove sta scontando una pena, proceda alla stampa di una certa quantità di simboli monetari in vari tagli. Certamente, nel chiuso della cella, il valore incorporato in tali simboli, salvo il costo tipografico, è pari a zero. Immaginiamo, inoltre, che lo stesso tipografo, una volta scontata la pena, ritorni al suo paesetto e distribuisca ai compaesani la moneta stampata in carcere, da usare come mezzo per facilitare lo scambio dei beni che la comunità produce. Se i paesani faranno circolare la moneta avuta dal tipografo, accadrà che i simboli monetari assumeranno il valore stampato su ognuno di loro, passando quindi da un valore pari a zero (quando erano fermi nelle mani del tipografo) a quello acquisito con la circolazione accettata, e quindi voluta, dalla comunità. Inoltre, ciascun paesano sarà proprietario del valore incorporato nei simboli monetari di cui è portatore, perché lo ha determinato, accettandolo come strumento per lo scambio dei beni. MAASTRICHT e L’EURO Può l’Europa di Maastricht essere considerata un nuovo Stato unitario? O piuttosto essa è solo l’espressione di una “Superfinanza” che vuole controllare le economie dei popoli europei ed incrementare i suoi profitti? Non è forse vero che l’Unione europea e la moneta unica sono stati imposti agli italiani, quasi in sordina, da trattati sottoscritti da politici imbelli o corrotti e venduti, senza l’ombra di alcun dibattito e senza alcuna manifestazione di voto? Le risposte a queste domande ci rivelano come, attraverso il trattato di Maastricht, sia stato possibile trasferire, in modo subdolo, il potere sovrano dei popoli europei ad un’Entità virtuale, che decide per loro attraverso euroburocrati non eletti, liberi da controlli e responsabilità, scelti da poteri finanziari sovranazionali. Un trattato diretto a realizzare un governo europeo centralizzato, sul quale tali poteri possono più facilmente esercitare la loro egemonia e la loro pressione, lontano dal controllo elettorale dei popoli. Un mezzo per completare la trama (programmata in tre secoli di storia dai gruppi giudaico-massonici, che controllano la finanza mondiale e che guidano l’azione politica esplicata da governi corrotti di popoli ignari) tesa ad imporre, attraverso la globalizzazione della finanza, un Governo Mondiale, un Pensiero Unico, un Mercato Unico, una Moneta Unica. Fra gli effetti immediati, quello che maggiormente, al momento, influenza negativamente la vita dei popoli europei è la perdita della sovranità monetaria a favore della Banca Centrale Europea (una sorta di

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Federazione delle Banche centrali nazionali, avente natura meramente privatistica): una struttura politicamente irresponsabile, libera da vincoli e controlli, indipendente dai governi e dai parlamenti. A tale istituzione è stata devoluta la gestione della moneta e della politica monetaria, dalla quale dipendono le politiche fiscali ed economiche dei paesi dell’UE e per la quale sono richiesti vincoli di bilancio insostenibili, tagli sulle spese sociali, limitazioni ai diritti dei lavoratori. Una politica monetaria centralizzata la di cui imposizione accentua, sia le differenze esistenti all’interno dell’Unione - come quelle delle infrastrutture, delle legislazioni sul lavoro, dei sistemi pensionistici, dell’assistenza sociale, ecc. - sia gli scontri fra gli Stati, per la supremazia politica ed economica. La presunta unione delle economie per mezzo dell’Euro, totem innalzato per omologare il pensiero dei popoli europei e rafforzare il centralismo economico - a tutto vantaggio dei poteri forti – si sta rivelando non solo una truffa, ma anche un processo dannoso. Una truffa, perché destinata a produrre vantaggi soltanto per le grandi aziende, che usufruiranno di forme ambigue e mascherate di protezionismo, a danno delle piccole imprese, specie se agricole, alimentari ed artigianali. Un danno, perché i lavoratori subiranno il costo del calo occupazionale e i consumatori patiranno tutti gli svantaggi della globalizzazione. In presenza di tali prospettive - considerato che una moneta è non solo l’incarnazione di un’economia omogenea, ma anche l’espressione della fiducia riposta in chi la emette (uno Stato riconosciuto) - può l’euro, un’unità di conto imposta per conseguire i fini speculativi del trattato di Maastricht, essere considerata una moneta? La risposta non può essere che una: L’EURO NON E’ UNA VERA MONETA! L’USURA Le Banche centrali nazionali aderenti all’Eurosistema - termine usato per designare la BCE e le BCN, aderenti al SEBC, che hanno adottato l’euro - su autorizzazione della BCE, prestano agli Stati ed alle Banche ordinarie (quindi all’intero sistema economico) la moneta (l’EURO) creata dal nulla (cioè senza una corrispondente copertura), richiedendo non solo il pagamento degli interessi, ma anche la restituzione del valore che l’EURO medesimo ha acquistato per effetto della sua circolazione (ricordiamo che i simboli monetari entrati in circolazione, al momento dell’emissione, non avevano alcun valore, essendo stati creati dal nulla). I simboli monetari, invero, hanno incorporato il loro valore nominale, il loro potere d’acquisto, soltanto quando i popoli ne hanno accettato la circolazione (peraltro, nel caso dell’Euro si dovrebbe parlare di “accettazione imposta” e non di libera autodeterminazione di volontà). In sostanza, si pratica l’USURA! Le vittime sono i cittadini che necessitano di finanziamenti e quindi le strutture economiche degli Stati. L’usuraio è l’EUROSISTEMA, che appare come una federazione di società per azioni le cui deliberazioni sono adottate dagli organi decisionali della BCE. Ad essa (cioè ad un “privato”, espressione di poteri finanziari sovranazionali) gli Stati membri hanno trasferito la propria sovranità monetaria e di conseguenza il controllo della politica economico-sociale delle nazioni. Va inoltre considerato che, dal punto di vista contabile, la BCE risulta debitrice della moneta emessa, per tutto il tempo della sua circolazione; rappresentando pertanto un debito, tale moneta viene inserita fra le poste passive. Allora, perché percepisce interessi su di essa, pur essendo un debitore? Gli interessi non devono essere corrisposti al creditore, cioè al proprietario? E se la BCE non è il creditore (proprietario) chi può assumere tale veste se non gli Stati e cioè i popoli? Ne consegue che la BCE, essendo debitrice della moneta emessa, ne trae un utile non giustificabile, perché i veri creditori, cioè i proprietari, sono i popoli europei. Se poi si voglia assumere che la BCE è proprietaria della moneta emessa, anche prima del momento in cui la pone in circolazione (assurdo logico ed etico, in base al quale il

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valore della moneta non sarebbe l’effetto di una convenzione, bensì l’espressione della volontà totalitaria imposta da una struttura privata, direttamente dipendente dai gruppi di potere della finanza sovranazionale) si deve anche convenire che la medesima commette un illecito contabile allorquando la pone in bilancio fra le poste passive. In sintesi, la Banca centrale nel mentre che iscrive al passivo del proprio bilancio i biglietti di banca emessi (anche se essi non rappresentano una perdita, perché la moneta, essendo l’unità di misura del valore dei beni, ha sempre e soltanto valore convenzionale, mai creditizio) addebita gli stessi, invece di accreditarli, ai popoli che, accettandoli, ne determinano il potere di acquisto. Un maledetto imbroglio che realizza un sistema usuraio, sia perché la Banca centrale, quando “presta” denaro, si arroga un diritto di proprietà, che non ha, su tutta la moneta circolante; sia perché i cittadini, da proprietari, diventano debitori della moneta che essi stessi creano. Da proprietari, e quindi creditori, a debitori: ecco l’Usura praticata dal sistema delle Banche centrali che, allorquando prestano, invece di accreditare, il danaro stampato, ne caricano il costo del 200%. ANOMALIA DEL SISTEMA Il sistema monetario adottato, per volontà di una Superfinanza apolide, comporta che uno Stato (e quindi un popolo) per pagare gli interessi dovuti, è costretto a farsi prestare altro denaro, alimentando il debito pubblico ed impoverendo l’economia nazionale. L’anomalia del sistema sta nel fatto che, vivendo in regime di corso forzoso e quindi di inconvertibilità della moneta, non c’è alcuna ragione che possa giustificare la richiesta dello Stato, ad un istituto bancario, di un prestito oneroso di banconote (semplici supporti cartacei) create dal nulla e prive di ogni valore intrinseco. E’ un comportamento che serve soltanto a determinare il trasferimento della sovranità monetaria e del governo della politica monetaria, nelle mani di un’entità privata - lontana dai bisogni e dalle aspirazioni dei singoli cittadini - che persegue esclusivamente i suoi scopi di lucro. Trattasi oltretutto di una politica monetaria attualmente sempre più indirizzata verso una provocata rarità della moneta in circolazione, che viene giustificata dallo spauracchio dell’inflazione: fenomeno peraltro possibile solo in un regime di piena occupazione dei fattori produttivi (il che oggi non si verifica). E se tendenze inflazionistiche sono rilevate o temute, la causa va ricercata nell’aumento della velocità di circolazione della moneta, artificiosamente provocata dagli spostamenti di danaro virtuale, in tempo reale, operati dal sistema bancario-finanziario. Avviene, infatti, che la “Superfinanza” mentre da un lato lucra, attraverso tali trasferimenti, la moneta reale che incamera dagli Stati, per i debiti che gli stessi sono costretti a contrarre con la Federazione delle Banche centrali (a causa della contrazione del medio circolante imposta) dall’altro, incrementa la velocità di circolazione di moneta virtuale, alimentando le tendenze inflazionistiche. Il che comporta, tornando al nostro paese (senza escludere che il fenomeno è esteso a tutti gli altri paesi, specie quelli c.d. in via di sviluppo o sottosviluppati) un debito pubblico superiore al reddito prodotto e un ammontare di interessi passivi superiore all’aumento annuo del reddito nazionale. La conseguenza è che lo Stato, strozzato da questa usura di un potere finanziario apolide, è impossibilitato a programmare e ad attuare serie ed autonome politiche economiche, fiscali e sociali. UN POTERE ASSOLUTO Il potere monetario della Banca centrale europea e di quelle nazionali annulla o rende inefficaci i poteri sovrani dei popoli aderenti al SEBEC e rende manifesto il disegno di

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attuare un sistema assolutista. Dove il potere assoluto non appartiene ad un Re o ad una Casta ben personificata ed individuata, contro i quali i popoli oppressi possono sollevarsi; appartiene, invece, ad un’Entità virtuale sovranazionale, espressione dell’azione continua e penetrante di non più tanto occulti poteri finanziari che, lentamente, ma progressivamente, stanno espropriando i popoli europei non solo dei loro poteri sovrani, ma soprattutto del loro diritto ad esistere. Con l’istituzione dell’euro, il progetto assolutista è quasi completato. L’abdicazione della politica monetaria a favore della Banca centrale d’Italia, comportante la soggezione del potere politico a quello monetario, ha prodotto nel corso del tempo non pochi danni all’economia del paese. Basti pensare alla tempesta valutaria del settembre del 1992, quando l’allora Governatore (Ciampi?) bruciò 100.000 miliardi di lire (chissà se il fatto può essere correlato ad una certa crociera sul panfilo “Britannia” al largo di Civitavecchia, in quello stesso anno) senza dover rispondere ad alcuno delle proprie decisioni. La non controllabilità e la non responsabilità della Banca d’Italia, un ente privato comunque italiano, sono oggi prerogative di un ente privato sovranazionale, la BCE, priva di ogni riferimento con i popoli assoggettati al suo potere monetario ed i cui organi istituzionali sono autonomi ed indipendenti dagli organi rappresentativi degli Stati che formano il SEBEC. L’art.105 del trattato di Maastricht, infatti, prevede che “la BCE ha il diritto esclusivo di autorizzare l’emissione di banconote all’interno della Comunità.”, e l’art.107 aggiunge che “nell’esercizio dei poteri e nell’assolvimento dei compiti loro attribuiti… né la BCE, né una BCN, né un membro dei rispettivi organi decisionali possono sollecitare o accettare istruzioni dalle istituzioni o dagli organi comunitari, dai governi degli Stati membri, né da qualsiasi altro organismo. Le istituzioni e gli organi comunitari, nonché i Governi degli Stati membri si impegnano a rispettare questo principio e a non cercare di influenzare i membri degli organi decisionali della BCE o delle Banche centrali nazionali nell’assolvimento dei loro compiti.” Ancora, all’art.108 A.1, si legge che “ la decisione (della BCE, n.d.r.) è obbligatoria in tutti i suoi elementi per i destinatari da essa designati”. Un vero e proprio potere assoluto, in materia di politica monetaria, nelle mani della BCE che, giova ripetere, è un Ente privato sovranazionale, espressione del totalitarismo della grande finanza. Qualcuno si chiederà: ma norme di tale portata non sono in contrasto con i principi contenuti nella prima parte della costituzione italiana, specie con quello sancito dall’Art.1, dove si afferma che la sovranità appartiene al popolo? E quindi anche quella monetaria? I camerieri dei banchieri, i nostri governanti, già hanno ricevuto l’ordine di provvedere alle opportune modifiche costituzionali, non solo per sanare il pregresso, ma anche per evitare l’insorgere di possibili conflitti d’ordine costituzionale. Un primo passo, abbastanza decisivo, già l’hanno fatto con la riforma costituzionale dell’art.117, della quale è stato pubblicizzato soltanto l’aspetto relativo alla c.d. devoluzione di poteri a regioni ed enti locali. E’ stato invece occultato l’altro aspetto, ben più importante, contenuto nell’articolo modificato, tendente a costituzionalizzare la perdita della sovranità monetaria da parte del popolo, laddove è stato fatto approvare, con l’inganno, che: “La potestà legislativa è esercitata dallo Stato e dalle Regioni nel rispetto…dei vincoli derivanti dall’ordinamento comunitario e dagli obblighi internazionali.” Sarà dovere di ogni buon cittadino, porre maggiore attenzione alle proposte di modifiche costituzionali che da ora in poi verranno avanzate e predisporre le azioni necessarie per la difesa dei poteri sovrani espropriati al popolo, davanti all’unico organo costituzionale che, al momento, non sembra abbia già un “padrone” e una divisa di “cameriere”: la Corte Costituzionale. UN NUOVO TIPO DI MONETA

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La nostra natura nazionalpopolare e rivoluzionaria può, in alternativa al sistema monetario in uso - adottando i principi salienti della teoria del prof. Auriti e di quelle di C.H.Douglas, Gesell e Avigliano, sotto l’indirizzo spirituale del pensiero di Erza Pound - prospettare e proporre una nuova concezione dell’economia. Una concezione del tutto etica che, nella sua concretizzazione, affida allo Stato il compito di provvedere a stampare (o a far stampare) le banconote, senza dover ricorrere a prestiti presso istituti privati - quali sono le Banche centrali nazionali o la Banca centrale europea - e di commisurare gli incrementi monetari, di volta in volta ritenuti necessari, allo sviluppo economico; senza dover pagare un interesse usuraio del 200% sugli incrementi stabiliti, e regolare gli stessi incrementi soltanto in ragione del costo di produzione dei beni reali. Ciò comporterebbe la possibilità d’istituire un “reddito di cittadinanza”, determinato dalle somme date in prestito senza interesse - direttamente dallo Stato, che provvede a stampare la moneta - agli operatori economici e restituite dagli stessi al termine del ciclo produttivo. Tali somme andrebbero a costituire un nuovo reddito patrimoniale attinente allo status di cittadino, evitando sia la nascita e lo sviluppo del “sottoconsumo”, provocato dalla penuria del danaro necessario per acquistare i beni prodotti, sia la formazione e l’incremento di onerose scorte di magazzino. In altri termini, se lo Stato creasse direttamente la moneta necessaria per perseguire i suoi scopi e la mettesse in circolazione per svolgere la propria funzione di strumento dello scambio e quindi di misura del valore dei beni, al limite non sarebbe neppure necessario ricorrere all’imposizione fiscale, attualmente necessaria per restituire il presunto debito, contratto con il sistema delle banche centrali. Lo Stato potrebbe mettere in circolazione la moneta necessaria per acquistare i beni che il sistema economico nazionale produce o potrebbe produrre, senza dover subire le arbitrarie espansioni o contrazioni di moneta, operate dalla Banca centrale, che impone una propria politica monetaria. Per evitare quindi che la finanza sovranazionale faccia oscillare arbitrariamente il volume della moneta, determinando un’instabilità di mercato, sulla quale lucra con maggiore facilità, lo Stato deve assumersi, direttamente, il compito di tenere costante il rapporto tra il volume totale del circolante e quello dei beni reali prodotti. Nel medio tempo, per permettere allo Stato di riappropriarsi in parte della potestà monetaria, potrebbe essere sostenuto, da parte nostra, il suggerimento, dato dal Santoro, di intervenire con manovre dirette a trasformare in moneta i “titoli di stato” in scadenza, onde permettere allo Stato di indirizzare i risparmi dei cittadini verso fini produttivi. CONCLUSIONI Le centrali finanziarie sovranazionali, nel corso del XIX e del XX secolo, hanno gradatamente conquistato posizioni di dominio su dimensioni mondiali, attraverso il fenomeno della c.d. globalizzazione. Aiutati in ciò da una schiera di servitori aventi il compito di mistificare la realtà naturale e di trasformare la società, iniettando nella mente e nel cuore di ogni individuo – attraverso il mito di una falsa democrazia – la convinzione di essere libero. I singoli uomini ed i popoli sono diventati inconsapevoli schiavi, costantemente controllati, attraverso l’imposizione di una politica monetaria, orientata ad assicurare esclusivamente il beneficio di un sistema finanziario-bancario globalizzato. Fra gli effetti della globalizzazione, vi è quello di un aumento della liquidità monetaria: una liquidità, però, fittizia e virtuale che ha determinato una moltiplicazione della moneta altrettanto fittizia e virtuale. Trattasi di un volume di danaro non reale, accaparrato dalla finanza globalizzata, che sposta enormi capitali (virtuali) da un punto all’altro del globo, incurante delle gravi crisi economiche che produce, purché risultino massimizzati la sua speculazione ed il suo profitto. All’opposto, l’altro effetto che vede gli Stati (i popoli) occidentali versare in un

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economia stagnante - dovuta alla scarsità di moneta, provocata dall’accaparramento delle centrali finanziarie - e gli Stati (i popoli) del terzo mondo che soffrono la fame, non per mancanza di derrate alimentari, ma per mancanza della moneta occorrente per il loro acquisto. E’ necessario che gli Stati riconquistino la sovranità monetaria perduta ed emettano direttamente la moneta necessaria per soddisfare le esigenze dei popoli: una moneta di Stato, una moneta di Popolo. Se il sistema monetario usuraio è la causa delle ingiustizie che subiscono i popoli del pianeta, la lotta a chi controlla tale sistema è il dovere principe di un movimento nazionalpopolare e rivoluzionario. Articolo riprodotto su: www.signoraggio.com

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Banca centrale, inflazione e stato (Fabio Gardel 05/01/2004)

Non c'è forse prova più evidente di quanto i governi dei paesi cosiddetti liberaldemocratici siano diventati potenti del fatto che i cittadini di tali paesi tacciano inebetiti mentre i loro governi compiono atti che manderebbero la gente in prigione. Ad esempio il governo USA può attaccare paesi stranieri e chiamare sinistramente, nella lingua di legno degli statalisti, la strage di civili innocenti “danno collaterale”. Nella nostra epoca lo stato può attaccare impunemente la proprietà di chiunque e tuttavia creare una differenza ideologica tra questa confisca e il furto criminale. Le operazioni del Warfare-Welfare State sono finanziate attraverso il sistema della banca centrale nazionale. La banca centrale ha il potere di determinare la politica monetaria ed è la depositaria dell'autorità legale a espandere o contrarre la massa monetaria in circolazione. Allo stesso modo in cui i cittadini ignorano il furto e l'omicidio quando commessi dallo stato, così tacciono quando è lo stato a intraprendere la falsificazione della moneta attraverso l'azione della banca centrale. Ci sono poche istituzioni in una nazione più influenti di una banca centrale e niente di più importante in una economia del mezzo di scambio, la moneta. Cos'altro permette al governo di accumulare debiti enormi che a loro volta rendono possibile l'espansione del Leviatano? Quale altra variabile economica ha effetti causali maggiori sulla vita e sull'attività economica? Naturalmente è comprensibile perché la gente e la quasi totalità dei politici lasci la questione nella mani della banca centrale e del tesoro. La politica monetaria difficilmente può diventare un tema caldo di discussione mediatica: meglio concentrarsi sui benèfici Organismi Geneticamente Modificati o su una irrilevante modifica di un articolo del delirante Statuto dei Lavoratori. I tassi di cambio flottanti raramente scaldano il sangue delle masse da cui dipende la rielezione e tutti i temi che riguardano la moneta e la banca centrale sembrano troppo complessi perché le folle possano capirli. Le discussioni di politica monetaria implicano il maneggio di termini come tassi di cambio, swap, tasso di sconto, curva dei tassi, arbitraggi, M1, M2, M3, MZM, velocità di circolazione, equazione di Fischer, parità di potere d'acquisto: termini che non finiranno mai nel lessico del cittadino medio. Sebbene la terminologia tecnica e i complessi dettagli della teoria e della politica monetaria siano mediamente inaccessibili, il processo base che impegna la banca centrale nel condurre la politica monetaria è relativamente semplice. Tutte le statistiche dettagliate, le relazioni dei governatori e i modelli matematici oscurano l'essenza della funzione di una banca centrale. Sono tre gli strumenti usati principalmente da una banca centrale per “gestire” la politica monetaria: la fissazione della riserva minima per le banche commerciali, la fissazione del tasso di sconto a cui queste prendono in prestito dalla banca centrale e le operazioni a mercato aperto. Al momento lo strumento più utilizzato è il terzo. L'esame del funzionamento di questo strumento mostra l'antieconomicità generale e la perniciosità sociale del nostro sistema monopolistico di valute per decreto inconvertibili. Allo scopo di implementare la sua politica monetaria la banca centrale cerca di controllare l'offerta di moneta nell'economia. Come? Alzando e abbassando il tasso di sconto. Il Consiglio del Federal Reserve System (la FED, la banca centrale statunitense), ad esempio, attraverso le operazioni condotte sul mercato delle obbligazioni governative dal suo Federal Open Market Committee (FOMC) cerca di “creare” questo tasso, che è il tasso al quale le banche si prestano fondi l'un l'altra

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overnight per onorare i propri requisiti di riserva ed evitare di essere sanzionate (Se le banche centrali si limitassero a fissare questo tasso senza operare sul mercato aperto, la risultanza sarebbe quella di creare le classiche conseguenze di qualsiasi fissazione legale dei prezzi, e cioè accaparramenti e carenze, in questo caso di fondi a prestito. Spero qualcuno ricordi le immortali pagine di Alessandro Manzoni sulle conseguenze nella Milano dei suoi Promessi della fissazione per decreto del prezzo della farina). Essendo i requisiti di riserva statutari, ogni azione che la FED intraprende nel restringere o allentare i requisiti di riserva influenza il tasso a breve da essa praticato. Come fa la FED a comprare il debito emesso dallo stato per condurre queste arzigogolate operazioni? Crea, con il permesso della “legge”, moneta dal nulla! Quando con essa il FOMC compra debito governativo o lo vende meno rapidamente si ha una politica monetaria espansiva. Quando fa l'opposto, vendendo debito governativo o comprandolo meno rapidamente, si ha una politica monetaria restrittiva. Con una interessante operazione semantica, la creazione di denaro dal nulla operata da un privato cittadino e detta falsificazione diventa, nel gergo statalista dei banchieri centrali, degli economisti e dei giornalisti di regime, “politica monetaria espansiva”, se operata dalla banca centrale. Tutti noi vorremmo poter operare la nostra personalissima “politica monetaria espansiva”. Tra parentesi le banche centrali, sebbene diverse nei loro statuti, sono generalmente di proprietà di banche private: esistono quindi nel nostro mondo dei privati cittadini che possono attuare politiche monetarie espansive private. Compito per casa: scoprire chi sono e quali fini perseguono con le loro politiche monetarie espansive. La giustificazione che i governi offrono per il loro immischiarsi nell'offerta monetaria è di nuovo qualcosa di cui il cittadino medio sente parlare sui giornali: iniettare liquidità nel sistema, calmierare i prezzi, stimolare l'economia, raffreddare una economia surriscaldata, ecc. (Non posso continuare con gli esempi di gergo giornalistico perché mi fanno l'effetto dell'altalena, dopo tre swing ho il voltastomaco). Sebbene queste giustificazioni possano presentare una qualche sorta di ingannevole ragionevolezza, esse ignorano costantemente il più grande e mai ammesso beneficio che la banca centrale offre al governo: essa gli permette di spendere impunemente fino a portarsi al limite della bancarotta o dell'iperinflazione (questa è la ragione per cui gli stati USA hanno solo deficit temporanei e limitati al contrario del deficit federale che ha superato i settemila miliardi di dollari). Inoltre, ogni aggiunta marginale di unità di moneta beneficia i debitori a spese dei creditori. Questa inflazione permette ai governi di ridurre il pagamento degli interessi reali sul debito. I “difensori di una inflazione moderata” invocano la banca centrale perché gli fornisca la panacea economica: una relativa stabilità dei prezzi e lo stimolo per la crescita economica. In una economia libera a moneta aurea e senza banca centrale, alla crescita della produttività corrisponde un discesa dei prezzi dei beni e dei servizi. Storicamente, sotto il gold standard, si è avuta nel XIX sec. una deflazione dei prezzi benigna e naturale. Ecco quindi che la supposta relativa stabilità di prezzi in un regime di moderata inflazione depriva i consumatori dei più alti standard di vita ottenibili tramite il progresso tecnologico e l'integrazione internazionale dei mercati. Non soltanto il valore della moneta dovrebbe essere lasciato fluttuare nel mercato esattamente come quello di ogni altro bene, ma la regolazione governativa del livello dei prezzi è molto più apparente che reale. Una analisi dettagliata di come le istituzioni governative determinino indici come il Consumer Price Index (CPI) o il Producer Price Index (PPI), escludendone sistematicamente tutte le variabili che potrebbero rivelare una misura attendibile dell'inflazione dei prezzi, rivela la natura

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fraudolenta della manipolazione monetaria. Storicamente da quando la FED è nata nel 1913 il dollaro ha perso il 96% del suo valore: certamente una bella difesa del potere d'acquisto della moneta attuato dalla banca centrale. Tuttavia il trafficare con il debito di stato e la distruzione del potere d'acquisto della moneta non sono il più grave dei problemi creati dalla banca centrale. Si noti che la conduzione di una “politica monetaria espansiva” ad altro non si riduce che a far apparire credito dal nulla, ovverosia a far apparire credito non derivante dal risparmio di qualcuno. Come potrebbe questo non creare distorsioni massive nella struttura degli investimenti? I metodi che la banca centrale usa per azionare la pompa monetaria creano un aumento del credito; riducendo il tasso di interesse una politica monetaria espansiva rende più conveniente il prendere denaro in prestito. Questo è il modo in cui una politica monetaria espansiva dovrebbe stimolare l'economia. Ma questa infusione di liquidità riesce a creare vera ricchezza? Se si abbassa artificialmente il tasso di interesse, più gente prenderà a prestito. In particolare alcuni consumatori e imprenditori si avventureranno in progetti impraticabili che un più alto (naturale) tasso di interesse avrebbe sconsigliato. La teoria austriaca del ciclo economico tratta in dettaglio questo fenomeno; senza avventurarci nella discussione particolareggiata della teoria, ci basta fare appello all'intuizione del lettore che l'avventurarsi in progetti imprenditoriali dubbi reso possibile da tassi di interesse artificialmente bassi non può che concludersi in un disastro. Sebbene inizialmente ci possa essere una fase di euforia quando il credito viene artificialmente espanso, presto o tardi le determinanti economiche fondamentali (il tasso di risparmio, le preferenze temporali dei consumatori, ecc.) mostreranno la non economicità di tante iniziative imprenditoriali. La complessità del sistema monetario riesce solo ad offuscare la natura criminale del nostro sistema monetario. Sebbene l'economia di regime insegni che l'inflazione è un aumento del livello dei prezzi evidenziato da un aumento di indici di dubbia attendibilità, l'inflazione dei prezzi è il risultato dell'inflazione monetaria. La falsificazione della moneta è un reato per una buona ragione. Essa mina il valore della moneta ed è del tutto equiparabile ad un furto. Come nel caso del furto e dell'omicidio, tuttavia, lo stato sembra credere che le regole che valgono per i cittadini non valgano per esso. Qualcuno protesterà che la situazione è diversa quando è il governo che promuove il furto (tassazione), l'omicidio (guerra) e la falsificazione (politica monetaria). Ed è proprio così: quando è lo stato a commettere questi atti, le risultanze sono molto più imponenti e devastanti.

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Tassi d'interesse in una lezione (di Gary North - “Mises on Money” [email protected])

Articolo originale: http://www.lewrockwell.com/north/north275.html

(traduzione di Massimiliano Neri, www.liberanimus.org)

La stampa finanziaria ritorna in continuazione sul tema dei tassi di d'interesse. La preoccupazione non si limita ai media di comunicazione finanziari. Il mondo degli investimenti si è sempre preoccupato dei tassi d'interesse e della loro direzione. Il problema è che vi è una tale confusione sulle origini del tasso d'interesse che le analisi presentate sulla stampa sono spesso conflittuali. Raramente i lettori riescono a spiegare a un principiante ciò che hanno letto e perché questo sia così importante. I tassi d'interesse sono importanti tanto per l'uomo della strada quanto per i politici ai livelli più alti, ma quando regna la confusione, come succede oggi, la gente, nel momento di selezionare gli investimenti, tende a prendere le decisioni sbagliate, mettendo a rischio i risparmi di una vita. Ovviamente, andare in pensione con la banca che paga il 7% percento sui depositi invece dell'1% fa una bella differenza. Scontare il futuro Il punto fondamentale del tasso d'interesse è che rappresenta uno sconto sul futuro. Immaginate di vincere un premio, la macchina dei sogni della vostra giovinezza. Ai miei tempi era la Ford Thunderbird del 1957, anche se una 1955 o 1956 sarebbero state un onesto sostituto. Alcuni avrebbero preferito una Chevrolet Impala del 1958, con i modelli Bel Airs 1955–57 come alternativa. Dieci anni dopo sarebbe stata una Ford Mustang rossa. In ogni caso, immaginate di averla vinta. A questo punto vi viene offerta una scelta: potete riceverla immediatamente o attendere un anno. Gli organizzatori del concorso vi dicono che non ne farebbero uso, e che potrebbero utilizzarla solo per fare un check up alle sospensioni. Assumendo che non vi troviate nella circostanza di essere inviati in Siberia per un anno a fare ricerca nella tundra, per quale consegna optereste? Vorreste il vostro premio oggi o domani? La risposta è scontata: oggi. Non avete infatti alcun motivo per attendere un anno. Tra un anno potreste essere passati all'altro mondo, oppure volete rivivere la vostra giovinezza prima che sopraggiunga l'Alzheimer. Potreste anche voler vendere la macchina per impiegare il denaro in altro modo. Qualunque sia il vostro piano, siete responsabili della vostra decisione adesso ed è molto meglio disporre dell'attivo ora, dato che non sappiamo cosa ci porterà il futuro. Tuttavia, potreste essere disposti a valutare un posticipo della consegna se gli organizzatori vi offrissero in cambio una compensazione. Ad esempio potrebbero offrirvi 4000 litri di benzina in cambio dell'attesa di un anno o potrebbero promettervi di pubblicare ogni mese e per un anno su una rivista a vostra scelta il vostro nome e la vostra foto (che potreste usare per farvi pubblicità) accanto a quella della macchina. Il punto è che potreste decidere di accettare un ritardo nella consegna solo se vi offrono qualcosa di valore, immediatamente o fra un anno. Per persuadervi devono quindi offrirvi qualcosa in cambio, in quanto applicate alla macchina, consegnata solo tra un anno, un certo sconto. Voi sareste d'accordo nel posticipare il godimento dell'auto solo a fronte di una certa somma. Per essere più corretti, accettereste solo se vi offrissero più dello sconto che applicate nella vostra rinuncia. La stessa procedura è estendibile a qualsiasi attivo che possa offrire un beneficio a voi o ad altri in quel determinato periodo di tempo. Normalmente, la gente discute l'interesse in relazione al denaro, si dice che l'interesse rappresenta il prezzo del denaro. Tuttavia,

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questa nozione è sbagliata; l'interesse rappresenta lo sconto applicato ad ogni flusso di benefici futuri o, come dicono gli economisti, flusso di redditi futuri. Persone distinte applicano tassi di sconto differenti ai flussi di reddito. Alcuni sono orientati più intensamente al presente, desiderano godere dei beni immediatamente, non gradiscono aspettare. Si tratta di un atteggiamento comune fra i bambini o nelle zone urbane più povere. Una persona che volesse prendere a prestito da costoro sarebbe costretto a offrire un tasso d'interesse più alto perché esse rinuncino a godere dei propri beni nel presente. Pensate a quanto dovreste offrire ad un alcolizzato perché rinunci alla sua bottiglia. Altre persone sono comparativamente più orientate verso il futuro. Sarebbero disposte a rinunciare al godimento del loro denaro o di altri beni per un terzo del tasso di sconto che potrebbe pretendere un residente delle periferie meno fortunate. Quante più persone di questo ultimo tipo sono presenti nella società (una flotta di parsimoniosi), tanto minore risulterà il tasso d'interesse. La competizione fra questi soggetti, disposti a prestare i loro beni, contribuisce infatti a diminuire il tasso d'interesse. Il punto centrale è che tutti noi attualizziamo il futuro. Per noi un oggetto vale di più se ne possiamo disporne oggi che non tra un anno. Abbiamo infatti un anno intero per poterne usufruire e pretendiamo quindi una compensazione per rinunciare a questo godimento. Una promessa da pagare Un fattore successivo da considerare è la serietà di chi contrae il prestito. Torniamo per un momento alla Thunderbird del 1957 e immaginiamo che vogliate usarla, qualcosa che avete sognato da quando avevate 15 anni. Gli organizzatori vi chiedono di posporre questo sogno ancora per un altro anno. In cambio vi promettono 4000 litri di carburante da ritirare sempre tra un anno. Si tratta di una proposta allettante ma come potete essere certi che nel frattempo questi non chiudano le loro attività? Confidate nella storia vogliano fare un check up alle sospensioni? Suona un poco di truffa. Cosa ne faranno realmente della vostra macchina? Potrebbe darsi che se la godano per un anno per poi manomettere il contachilometri a vostra insaputa. Dopo avere attualizzato il valore della macchina dovete quindi valutare l'affidabilità della persona che vi promette 4000 litri di benzina fra un anno. Occorre valutare il rischio. Una promessa di pagamento non è la stessa cosa di un pagamento. Vi si chiede di fidarvi di qualcuno e non disponete di una perfetta preveggenza. Una cosa è scontare il valore dell'auto, un'altra è valutare la probabilità della consegna. Di conseguenza decidete di chiedere 4500 litri di carburante fra un anno. A quel punto gli organizzatori potrebbero accettare o potrebbero optare per consegnarvi l'auto immediatamente. Il punto è che volete essere compensati anche per il rischio che dovete sostenere per accettare una promessa di consegna invece di una consegna reale. In ogni prestito, in aggiunta allo sconto applicato sia dal prestatario che dal mutuatario, vi è un premio per il rischio. Lo sconto è applicato al flusso atteso di rendimenti (“quanto intensamente desidero guidare l'auto durante quest'anno”). Il premio per il rischio è applicato alla persona che promette (“quanto intensamente quest'ultimo desidera guidare la mia macchina e quanta esperienza ha nel manomettere i contachilometri”). Il valore del denaro Voi e gli organizzatori dovreste saggiamente tenere conto anche del valore del denaro. Se vi promettono un credito di 4500 litri di carburante alla consegna e pensate che la moneta nel frattempo si deprezzerà un 5%, per voi si tratta senza ombra di dubbio di un affare. Ma se gli organizzatori la pensano allo stesso modo, dovranno tenere conto del medesimo fattore. Non mi sto riferendo ad un aumento o diminuzione del prezzo della benzina. Il mercato dei futures sul petrolio permette alle persone di bloccarne il

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prezzo futuro, sia come compratori che come venditori. Mi riferisco ad un cambio nel valore della moneta. Se pensate che il valore della moneta aumenterà, state implicitamente prevedendo una deflazione dei prezzi. A questo punto per voi sarebbe conveniente ricevere una quantità fissa di moneta equivalente al carburante pattuito. Al contrario, gli organizzatori sarebbero inclini a fare l'operazione opposta, ipotizzando che anche essi prevedano un aumento del valore della moneta. D'altra parte, se entrambi prevedete che i prezzi saliranno (diminuzione del valore della moneta), allora voi preferirete una compensazione in litri di carburante, mentre gli organizzatori saranno inclini a promettervi una quantità fissa di moneta per comprare la benzina. In conclusione, vi sono tre componenti: • uno sconto sul tempo, applicato da entrambe le parti al futuro • un premio di rischio che il prestatore applica a chi contrae il prestito e alla sua promessa di consegna • un premio per l'inflazione o la deflazione che entrambe le parti applicano al valore della moneta I buoni del Tesoro E' arrivato il momento di abbandonare la Thunderbird del 1957 e passare alla realtà, cominciando a parlare di T-bills (N.d.T: T-bills= buoni del tesoro americani). Quando discutono di tassi di interesse del libero mercato, gli economisti preferiscono cominciare dai T-bills, perché questi sono considerati l'investimento più vicino al rischio zero che esiste sulla faccia della terra. Ciò sottintende una probabilità prossima allo zero che il governo americano vada in bancarotta. E' anche improbabile che un T-bill a 90 giorni si deprezzi o aumenti come risultato di un cambio nel tasso di inflazione dei prezzi, perché il periodo di maturità è troppo breve e la politica monetaria della banca centrale americana (la FED) è considerata fortemente stabile. Di conseguenza, in questo caso, quando parliamo del tasso d'interesse stiamo implicitamente riferendoci alla prima componente, quella dello sconto. Ma è proprio così? Gli opinionisti finanziari seguono i T-bills non come un indicatore del tasso di sconto sul futuro percepito dall'insieme degli individui di una società, ma come un indicatore della politica della FED. Questa ha ridotto il tasso dei T-bills dal 6% della fine del 2000 a poco più dell'1% nella metà 2003. Questa caduta verticale non ha certamente rispecchiato una diminuzione dell'opportuno tasso di sconto sul futuro applicato dalla popolazione. Riflette semplicemente un cambio nella politica monetaria. Il tasso d'interesse orienta l'allocazione dei capitali, ciò significa che distribuisce la spesa fra il consumo immediato e quello futuro (i risparmi). Le persone che hanno un alto tasso di sconto allocano la maggior parte dei loro beni nel presente mentre le persone con un minore tasso di sconto allocano la maggior parte dei loro averi verso il consumo futuro (tasso dei T-Bills). I membri del consiglio della FED (il Federal Open Market Committee - FOMC) decidono quanti T-bills comprare o vendere. Con riferimento alla moneta che utilizzano per comprare i T-bills queste persone hanno un tasso di sconto molto basso. Sono infatti assimilabili ai falsari. Un falsario ha il tasso di sconto più basso proprio verso il denaro da lui contraffatto che verso un qualunque altro bene in suo possesso. La differenza fra il denaro contraffatto da un volgare falsario e il denaro stampato dalla banca centrale ha a che vedere più con una questione di marchio di fabbrica che con l'analisi economica. Murray Rothbard una volta descrisse una vignetta che dipingeva una gruppo di falsari davanti alla macchina stampasoldi. In essa uno di loro dice: “L'economia locale è pronta a ricevere una bella endovena!”. Ribadisco, il problema qui è la difesa del marchio, non l'analisi economica. Dal 2001 al 2002 la FED ha spinto al ribasso i tassi d'interesse, perché ha comprato T-bills in quantità utilizzando moneta fresca di nuova creazione. L'offerta di

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denaro è salita, di conseguenza il valore del denaro è diminuito. Ciò equivale a dire che il tasso d'interesse sui T-bills è sceso. Che manna dal cielo per il Tesoro americano! Ciò che il governo americano doveva pagare come interessi all'inizio del 2001 si era ridotto a un quinto nella metà del 2003. Che manna dal cielo anche per tutti coloro che sono disposti a contrarre prestiti. Che giorni terribili, invece, per i pensionati che tengono i loro fondi in depositi bancari. Nello stesso periodo di tempo, però, il tasso di sconto della società non è cambiato, il premio di rischio sui T-bills non è cambiato e non si è mossa neanche l'inflazione dei prezzi (sebbene ora abbia cominciato a salire). Ciò che è cambiata è semplicemente l'offerta di denaro, incanalata dalla FED nel mercato dei T-bills. Un’endovena Come i falsari della vignetta, chi decide la politica monetaria della FED ha voluto somministrare un'endovena all'economia. Per fare questo la FED dispone di diverse alternative. Comprare T-bills è la prima, ma in questo caso l'endovena non ha prodotto grande euforia economica. L'economia americana non ha intravisto alcuna ripresa fino a oltre la metà del 2003. Il mercato immobiliare ha continuato a crescere durante la recessione del 2001 e successivamente. Il pubblico ha continuato a comprare beni di consumo e ad accumulare debito con carte di credito. Nonostante i tassi sui fondi federali all'1% (il tasso al quale le banche commerciali si prestano credito a vicenda), l'endovena quindi non ha sortito un gran effetto. Oggi l'economia è in crescita e l'inflazione dei prezzi è entrata sulla scena, ma si tratta della ripresa più debole della storia. Il Dow Jones ha recuperato, ma sembra essere entrato in stallo attorno ai 10.000 punti. Adesso ha ripreso a scendere. Non è neanche ritornato ai livelli del 2000. Anche il NASDAQ è rimasto in stallo e si trova ben al di sotto dei 5040 punti del 10 marzo 2000. Il mercato azionario ha inviato agli investitori lo stesso segnale per quattro anni: i giorni della vacche grasse sono finiti, il boom durato dal 1982 al 2000 è finito. Ad essere ancora vivi e vegeti sono i sogni di crescite annuali composte sopra il 10%, tuttavia, negli ultimi quattro anni il mercato azionario americano ha deluso queste aspettative da mondo dei sogni. Ora è di nuovo in discesa. La moneta creata dal nulla ha generato una crescita dei prezzi ma non è riuscita a sostenere il boom, ad eccezione di quello del mercato immobiliare. L'endovena ha attratto milioni di americani ad accumulare montagne di debito. Il prezzo dei prestiti è diminuito e il risultato è stata una espansione del debito. Quando rivedremo un boom degli valori mobiliari? Anche i più caldi ottimisti non hanno una risposta. Il boom del mercato immobiliare è stato sostenuto dalla moneta creata dal nulla, che a sua volta ha spinto al ribasso i tassi d'interesse. La gran parte del denaro creato dal nulla dalla Fed è stato messo in circolazione tra il 2001 e il 2002. Quello di oggi arriva dal Giappone e dalla Cina grazie alle loro banche centrali. Queste comprano i nostri T-bills utilizzando i dollari acquistati sul mercato valutario internazionale, pagati a loro volta con yen e yuan di nuova creazione. Il problema è che il nostro tasso di sconto personale non è sceso, anche se i tassi dei T-bills sono diminuiti. La gente potrebbe prestare denaro a un basso tasso d'interesse perché si aspetta una crisi economica e perciò si accontenta di tassi fissi poco elevati piuttosto che rischiare in investimenti variabili e senza garanzia, come quelli offerti dal mercato azionario. La gente, cioè, accetta tassi d'interesse ridotti perché teme di impegnarsi in altri investimenti, ma quando vincerà questa paura, il tasso di sconto di base riemergerà sui mercati del credito. In poche parole, se il boom si protrarrà, spingerà al rialzo i tassi d'interesse.

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Conclusione Gli investitori di tutto il mondo non si sono mossi da un tasso di sconto personale sul futuro dal 6% (fine 2000) all'1% (2003–2004) solo perché i membri del FOMC hanno deciso che un tasso dell'1% è migliore per l'economia. Ciò che è cambiato è stata la quantità di denaro allocata nell'acquisto dei T-bills. I falsari autorizzati per legge hanno dato al mercato dei T-bills un'endovena, che tutt'ora stanno somministrando. Il giorno che questi falsari decideranno di terminare la somministrazione di sostanze che inducono euforia e che consentono al Tesoro americano di bucarsi a prezzi inferiori a quelli di mercato, i tassi d'interesse aumenteranno con la stessa certezza con cui si può prevedere la crisi di astinenza di un drogato. Credo che questa sia la ragione per la quale il mercato azionario è in stallo. Gli investitori, esaminando gli occhi vitrei del governo americano, concludono: “anche un falsario pretende un mutuario più affidabile di questo perdigiorno stralunato”. Pensano cioè che i falsari troveranno altri clienti disposti a contrarre i prestiti. Quando questo avverrà il FOMC dovrà rimpiazzare gli spacciatori asiatici. Qualora il FOMC si rifiutasse, affioreranno i sintomi della crisi di astinenza, di una intensità tale come non si vede da diverse decadi.

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La politica dell’albero dei soldi Tratto da "Children of the Matrix" di David Icke Il denaro, insieme alla paura, è la maggior arma di controllo dell'umanità. Il sistema prevede che alla gente si presti del "denaro" che non esiste, sul quale vengono imposti degli interessi. Quando andate in una banca e sottoscrivete un "prestito", non viene stampata una sola banconota nuova, non viene coniata una sola nuova moneta, né viene spostato di un millimetro un solo grammo di metallo prezioso. Viene solo digitata sul vostro conto corrente la somma che avete deciso di prendere in "prestito". Così si crea, cioè, denaro dal nulla, un'operazione che non prevede alcun costo. Ma da quel momento voi cominciate a pagare gli interessi su quel "denaro" che non è mai esistito e mai esisterà. Questo sistema viene chiamato "credito". La stessa forza che ha creato il sistema bancario e controlla tutte le banche, ha creato anche i vari sistemi politici e controlla tutti i maggiori governi. Ciò ha consentito a questi governi di promulgare leggi bancarie che consentano alle loro banche di prestare almeno, e dico almeno, dieci volte tanto la somma che hanno in deposito. In realtà si tratta di una cifra di gran lunga superiore. Ogni volta che depositate in banca un euro o un dollaro, date alla banca la possibilità di prestare dieci euro o dollari che non possiede. Questo sistema del cosiddetto "denaro a corso forzoso" e "prestito della riserva proporzionale" implica che le banche possano creare denaro dal nulla, ogni qualvolta vogliano. La marea di debiti con cui le persone, le aziende e i governi lottano costantemente si basa ugualmente su "denaro" che non esiste. Debiti personali, debiti nazionali, debiti del "Terzo Mondo" - ogni tipo di debito. Nessuno di essi esiste veramente, se non sotto forma di cifre sullo schermo di un computer. Pensate alle sofferenze, alla miseria e alla morte che questi debiti schiaccianti causano ogni giorno, pur non essendo altro che cifre scritte su un computer da un impiegato di banca. Niente altro. Vi immaginate come cambierebbe il mondo se venisse creato denaro senza interessi? Vi dicono che è impossibile farlo perché questo è ciò che vogliono farvi credere. Ma si può eccome. Sia il presidente Kennedy, che il presidente Lincoln iniziarono ad emettere denaro privo di interessi. E cos'altro hanno in comune questi due uomini? I governi potrebbero creare il loro denaro privo di interessi ed eliminare all'istante la necessità di pagare somme esorbitanti di interessi alle banche private. Non è forse una cosa sensata? Allora perché nessun governo o grande partito di opposizione ha mai avanzato questa proposta? Risposta: (a) gli Illuminati (http://www.progettoterra.it/illuminati.htm) che controllano le banche controllano anche i governi e i vertici dei maggiori partiti politici; (b) la maggior parte dei politici che occupano i livelli inferiori di questi partiti sono completamente all' oscuro del sistema finanziario. Persino a fior di "economisti" bisogna spiegare come viene creato il denaro. Non vi sto prendendo in giro. Negli Stati Uniti miliardi di dollari di debito governativo, pagati col sudore e la fatica della gente, devono essere "risarciti" alla banca centrale statunitense, la Riserva Federale. Essa venne fondata nel 1913 da agenti dei Rothschild, dei Rockefeller e dalla famiglia di banchieri J. P. Morgan e, da allora, il governo statunitense ha preso in prestito i suoi "soldi" dalla "Fed". La Riserva Federale stabilisce i tassi di interesse negli Stati Uniti, un fatto che ha un effetto determinante

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sull'economia mondiale a causa dell'interdipendenza che gli Illuminati hanno creato all'interno del loro sistema. Il controllo centralizzato diviene assai più facile da realizzare se si hanno a disposizione i centri chiave del potere grazie ai quali si possono prendere decisioni che hanno un effetto globale e uomini di facciata come Greenspan fanno in modo che tanto potere venga concentrato nelle mani di un solo individuo. Vale la pena notare che il primo cambiamento politico attuato in Gran Bretagna dal governo di Tony Blair (Bilderberg) fu l'annuncio da parte del suo Cancelliere dello Scacchiere, Gordon Brown (Bilderberg), che i tassi di interesse non sarebbero più stati stabiliti dal governo eletto, ma dalla Banca d'Inghilterra controllata dai Rothschild e gestita dal suo governatore, Eddie George (Bilderberg). Gli Americani credono che poiché la loro banca centrale si chiama Riserva Federale, essa faccia parte del governo federale. In realtà non è così. La Riserva Federale non è né federale, né detiene alcuna riserva. È un cartello di banche private controllate dall'Europa, cioè dai Rothschild e dagli Illuminati. Non revisiona i conti dal 1913, eppure rappresenta la fonte del debito nazionale degli Stati Uniti. Ecco come funziona. Quando il governo vuole prendere in prestito dei soldi, emette un'"obbligazione dello stato" o "pagherò cambiario" alla banca, mettiamo per un miliardo di dollari. La banca allora stampa un miliardo di dollari o semplicemente li crea su uno schermo e questo per la "Riserva Federale" non comporta alcun costo visto che la spesa irrilevante di qualche migliaia di dollari viene coperta da una somma molto più alta di "denaro" nato dal nulla. Da quel momento il contribuente statunitense inizia a pagare a quella banca privata, che è la Riserva Federale, gli interessi imposti su un miliardo di dollari. Inoltre, il "pagherò cambiario" del governo, ora nelle mani della Riserva Federale, viene valutato come un patrimonio della banca che ora può pertanto prestare una somma pari a dieci volte questo "valore" (in questo caso dieci miliardi di dollari) e imporre interessi anche su di essa. Ciò accade in ogni paese del mondo! Quando entrate in una banca e sottoscrivete un prestito con garanzia pignoratizia, ecco che la stessa truffa si ripropone. La vostra casa, la vostra terra o la vostra azienda vengono valutati come un bene della banca che può così prestare ad altri clienti una cifra pari a dieci volte il valore di quei beni. Quando prendete un prestito, in realtà prendete in prestito i vostri stessi beni e pagate una certa cifra alla banca per questo privilegio. Inoltre, le banche dispongono di sistemi noti come "imprese bancarie", che consentono loro di disporre di un potenziale infinito di "capitale" da destinare al prestito. Se poi, nonostante queste ridicole leggi bancarie, una banca non dispone di sufficiente deposito per effettuare un certo prestito, essa "prende in prestito" del denaro da un'altra fonte. Quella fonte deve solo depositare il proprio denaro presso la banca per un breve periodo - un mese, o anche qualche giorno - e durante quel periodo la banca può legalmente concedere un prestito pari a dieci volte la somma che quella fonte esterna ha depositato presso di essa. Una volta stipulato il prestito, la fonte si vede restituire il proprio denaro maggiorato dagli interessi che vanno a ricompensare il suo disturbo. La fame e la povertà del mondo non sono fenomeni naturali. Sono invece volutamente architettati attraverso il sistema del "denaro" e del debito creato dagli Illuminati. Le banche centrali sono parte di una rete, di cui fanno parte anche le compagnie petrolifere, e tutte sono controllate dalle famiglie degli Illuminati. La Banca dei Regolamenti Internazionali di Basilea, in Svizzera, e la Commissione bancaria internazionale, sono gli organismi che coordinano le politiche delle varie banche centrali apparentemente slegate tra loro. L'opinione pubblica non sospetta minimamente la vera provenienza del denaro. Essa ha solo una vaga idea del fatto che il "governo" lo stampi o qualcosa del genere. In realtà, tutto il "denaro" del

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mondo, a parte una piccola frazione, viene messo in circolazione dalle banche che emettono un prestito o "credito". Perciò, sin dall'inizio, il "denaro" nasce come debito poiché esso viene messo in circolazione dalla banca che emette un prestito o "credito". In questo modo, le banche (in definitiva controllate dalle stesse persone) detengono pieno controllo sulla quantità di "denaro" in circolazione. E il denaro in circolazione determina i periodi di boom o di recessione economica. La causa di tali recessioni non è la gente che improvvisamente decide di non voler lavorare, comprare cose o avere una casa. La vera causa è la mancanza di sufficienti unità di scambio ("denaro") in circolazione in grado di generare l'attività economica che crea la necessaria occupazione e il necessario reddito. Ma chi controlla quanto "denaro" è in circolazione? Le banche degli Illuminati. Ciò che segue è una sintesi di come funziona il "ciclo economico" ormai in vigore da secoli. Dapprima vengono concessi molti prestiti a basso interesse per incoraggiare le persone a ricorrere al prestito. Ciò aumenta vertiginosamente la quantità di denaro in circolazione e, di conseguenza, di denaro destinato alle spese della popolazione. Questo stimola un aumento della domanda e dell' offerta di prodotti e incrementa l'occupazione. Ecco allora che si ha un "boom". È interessante il fatto che le persone tendono a contrarre molti più debiti durante i periodi di boom poiché sono talmente fiduciose dal punto di vista finanziario che prendono in prestito più soldi per comprare un'auto più grande, una casa più grande e per fare vacanze migliori. Le industrie prendono in prestito più soldi dalle banche per comprare nuovi macchinari che soddisfino l'accresciuta "domanda". I mercati azionari esplodono e la gente investe sempre più dei suoi soldi in questo casinò globale, anche se ciò vuol dire contrarre nuovi prestiti. Poi, quando questo "boom" è al culmine, perché la mossa sia il più efficace possibile, le banche, sotto un coordinamento centrale, cominciano a ritirare il denaro dalla circolazione. Gonfiano i tassi di interesse attraverso la loro Riserva Federale, la Banca d'Inghilterra e altre banche centrali. Improvvisamente un sacco di denaro che prima circolava e che veniva usato per comprare i prodotti, viene ritirato per pagare alle banche alti tassi d'interesse, e le banche cambiano improvvisamente politica e concedono sempre meno prestiti. In seguito, aumenta il "denaro" che viene ritirato dalla circolazione rispetto a quello che è in circolazione e non circola abbastanza denaro per acquistare ciò che prima veniva acquistato. Privi della speranza di trovare un lavoro, i disoccupati perdono le loro case, le loro famiglie soffrono la fame e le aziende vanno in fallimento. Tutte queste case e queste aziende erano state comprate con "prestiti" di "denaro" nato dal nulla, messo a disposizione dalle banche. Chi ha contratto il prestito ha concesso alle banche il diritto di rilevare quelle aziende e quelle case nel caso di un mancato risarcimento del proprio debito. La recessione, creata dalle banche, ora concede alle banche il diritto di confiscare tutta la vera ricchezza - le case, la terra, le aziende e i beni - per non aver prestato niente altro che cifre su uno schermo. In breve, nel corso della prima fase, le banche concedono un sacco di prestiti e poi ritirano così tanto denaro dalla circolazione che non ne rimane a sufficienza per pagare i debiti. Ciò permette loro di derubare legalmente la popolazione delle proprie ricchezze. Questo è ciò che, durante i telegiornali, "corrispondenti economici" elegantemente vestiti e per lo più ignoranti chiamano "il ciclo naturale dell'economia". Non vi è nulla di naturale in tutto questo. L'intera faccenda è una truffa. Nel corso della prima fase, del "boom:', viene calata la lenza, che viene poi ritirata durante la seconda fase, quella della "depressione". Questo ciclo di manipolazione viene attuato da centinaia, persino migliaia, di anni, fin dai tempi delle operazioni bancarie dei Cavalieri Templari e di Babilonia. Attraverso questo ciclo sono state depredate le

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ricchezze del mondo, che sono poi finite nelle mani di una ristretta minoranza, dove rimangono tutt'oggi. Ora gli Illuminati stanno progettando di completare il loro controllo finanziario sul genere umano attraverso la creazione di una banca centrale mondiale e di una valuta elettronica globale. Questa banca prenderebbe tutte le più importanti decisioni finanziarie che interessano ogni paese. La valuta metterebbe poi fine alla moneta e a tutte le varie valute. Un giornale britannico che si chiama Metro riportò il 20 dicembre 2000 che Singapore avrebbe eliminato la moneta entro il 2008. In un articolo intitolato "L'inizio della fine per la moneta", il giornale rivelava che Singapore (un "paese" controllato dagli Illuminati britannici) stava introducendo gradualmente la "valuta elettronica" e che avrebbe fatto di tutto per diffonderla. Le transazioni finanziarie, continuava l'articolo, si sarebbero fatte usando denaro depositato nei chip di un computer, e la moneta sarebbe diventata solo un ricordo, mentre il denaro sarebbe circolato solo per via elettronica attraverso impulsi digitali trasmessi da telefoni cellulari, computer palmari e persino orologi. Si tratta della fase immediatamente precedente all'introduzione di microchip nell'organismo umano.( http://www.disinformazione.it/biochip.htm )Secondo il progetto di Singapore, i consumatori saranno in grado di puntare un telefono cellulare verso un articolo per registrare il prezzo. Il telefono controllerebbe poi il saldo del conto del consumatore e ne scalerebbe la cifra pari al prezzo dell'articolo che si vuole acquistare. Il governo di Singapore ha detto che questo farebbe risparmiare un piccolo capitale per quel che riguarda i costi di lavoro, sicurezza e trasporto, che normalmente si devono sostenere per la produzione e la circolazione di banconote e monete. Low Siang Kok, direttore della valuta presso la Commissione di Direttori della Valuta, ha detto: "Le banconote e le monete saranno un lontano ricordo. È inutile cercare di fermare la tecnologia. Se volete dare ai vostri figli la paghetta, gliela darete tramite il telefono. La potranno usare per i biglietti dell'autobus, nella mensa della scuola, o per qualsiasi altra cosa". Poi ha elencato tutti i vantaggi di una società priva di moneta, che io ho previsto molto tempo fa che sarebbero stati pubblicizzati tra la popolazione: maggiore sicurezza rispetto alla moneta e alle carte di credito ecc. ecc. Mayer Amschel Rothschild, fondatore della dinastia dei banchieri Rothschild, ha detto: "Datemi il controllo sulla moneta di una nazione e me ne frego di chi fa le leggi". Questa frase è stata anche attribuita a un altro Rothschild. Meno valute ci sono, maggiore è il controllo che si può esercitare sul sistema finanziario. Ecco perché l'euro è stato introdotto all'interno dell'Unione Europea e anche sul Canada vengono esercitate pressioni sempre più forti affinché adotti il dollaro statunitense. Si tratti di piccoli passi verso la valuta mondiale. Grazie all'euro, per esempio, un gruppo di banchieri che nessuno ha eletto della Banca centrale europea di Francoforte, (dove nacque la dinastia di banchieri dei Rothschild) esercita il controllo sui tassi di interesse e la politica finanziaria dell'intera Europa. Qualcuno si è mai preoccupato di questo? O se ne è almeno reso conto? La fase successiva prevede la creazione della Banca centrale europea che consentirà ai banchieri Illuminati di imporre alti tassi di interesse e una certa politica finanziaria ad ogni paese del pianeta. La valuta mondiale diventerà elettronica e favorirà il controllo sulla popolazione. Al momento se il vostro denaro elettronico, cioè la carta di credito, non viene accettato dal computer, potete ancora pagare con i contanti. Ma cosa accadrà quando i contanti non esisteranno più e il computer dirà no alla vostra carta di credito o al vostro microchip, che sostituiranno proprio i contanti? Non ci sarà nessun altro modo di acquistare qualcosa e chi programmerà quel computer ad

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accettare o no la vostra carta o il vostro chip controllerà cosa, dove e se avete comprato qualcosa. Inoltre, ogni volta che comprerete un qualche prodotto, verranno registrati il luogo, l'ora, l'articolo e il costo. L'idea è questa, e la quantità di contante in circolazione è già inferiore alle transazioni che avvengono per via elettronica. E sarà sempre di meno. Gli Illuminati controllano le banche, le grandi aziende e i governi e, quindi, va a loro la gran parte dei soldi che spendiamo o risparmiamo. L' 80% circa del costo del carburante nel Regno Unito è costituito da tasse governative e le compagnie petrolifere dicono che non possiamo ritenerle responsabili di quei costi visto che solo una minima percentuale del costo della benzina va a loro. Beh, questo non è vero. Gli Illuminati possiedono tutte le compagnie petrolifere e ricavano un enorme profitto dalla loro percentuale di quegli introiti. La BP-Amoco annunciò di realizzare profitti pari a 3.306 euro al secondo. Ma, naturalmente, non poté mai negare di incassare una somma pari a quella che il governo introita attraverso le tasse. Così le tasse governative permettono agli Illuminati di depredare ulteriormente la popolazione e, poiché essi controllano la politica del governo attraverso i loro fantocci e i loro agenti, quelle tasse vengono per lo più destinate alla promozione dei loro piani. Secondo Phil Schneider, che contribuì all' edificazione di basi sotterranee negli Stati Uniti, i "Fondi Neri" destinati ai progetti degli Illuminati coprono il 25% del prodotto nazionale lordo degli Stati Uniti e (parlando nel 1995) egli rivelò che venivano consumati 1,25 trilioni di dollari ogni due anni. La stessa situazione si ha con la tassa sull'alcol. Gli Illuminati, attraverso famiglie come i Bronfman in Canada, controllano i produttori e i distributori di liquori. Anche il liquore è pesantemente tassato e anche qui vale lo stesso discorso già fatto per il carburante. Nel Regno Unito abbiamo una tassa sulle vendite chiamata IVA o Imposta sul valore aggiunto. La gente compra prodotti dalle aziende degli Illuminati e paga una tassa extra per quel privilegio. Questa tassa viene destinata dal governo al finanziamento dei propri piani. Voi, magari, limitate le vostre spese e mettete in banca i vostri soldi. Così facendo, concederete agli Illuminati il diritto di prestare denaro e di imporre interessi su una somma dieci volte superiore rispetto a quella che avete depositato. Se donate i vostri soldi alla ricerca sul cancro, li date in realtà al cartello farmaceutico degli Illuminati che non ha alcuna intenzione di mettere a punto una cura per il cancro. Se fate un'offerta al WWF, darete i vostri soldi a un'altra facciata degli Illuminati che sta sfruttando i problemi ambientali per i propri fini. Ma allora l'umanità si e rincretinita o cosa? Come disse Henry Ford: "Meno male che la popolazione non capisce il nostro sistema bancario e monetario, perché se lo capisse credo che prima di domani scoppierebbe una rivoluzione". Gli Illuminati hanno lavorato incessantemente per rendere tutti i paesi dipendenti dal sistema finanziario e commerciale globale da loro creato e controllato. Ancora una volta è di gran lunga più difficile per la minoranza imporre la propria volontà a una maggioranza se quest'ultima opera in unità economiche (paesi) che possono decidere la propria politica finanziaria e commerciale. Così gli Illuminati dapprima crearono l'accordo GATT sul "libero commercio" per impedire agli stati nazionali di difendere la propria economia dall'importazione di merci che distruggono l'occupazione locale. I loro uomini piazzati all'interno del governo firmarono quegli accordi, negoziati da agenti degli Illuminati come l'irlandese Peter D. Sutherland, il membro del Bilderberg che fu a capo del GATT. Egli divenne poi capo dell'Organizzazione mondiale del commercio in quella roccaforte degli Illuminati che è la Svizzera. Tale organizzazione

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si sostituì al GATT e ora ha enormi poteri che le consentono di imporre multe vertiginose alle nazioni che non rispettano le sue regole. A proposito, la Svizzera non viene mai attaccata durante le guerre, poiché è il paese attraverso cui gli Illuminati finanziano le guerre! La storia è semplicissima per chi riesce a vedere al di là del velo. Sutherland venne rimpiazzato all'Organizzazione mondiale per il commercio dall'italiano Renato Ruggiero, un altro membro del Bilderberg, che fu anche dirigente di una delle maggiori compagnie degli Illuminati, la British Petroleum o BPAmoco. Egli successe al precedente capo della BP, Sir David Simon, che entrò a far parte del governo di Tony Blair come "Ministro per il Commercio e la competitività in Europa" con il compito di far aderire il Regno Unito all'euro e agli Stati Uniti d'Europa. La fine delle barriere commerciali in Europa sotto il Mercato comune ridusse ulteriormente il controllo che ogni singolo paese esercitava sulla propria economia, e lo stesso si può dire nel caso dell'Accordo per il libero commercio nordamericano tra gli USA, il Canada e il Messico. I poteri dell'Organizzazione mondiale per il commercio fanno sì che i paesi poveri del "Terzo Mondo" non possano usare la propria terra per sfamare innanzi tutta la loro popolazione, né rifiutare importazioni che causano fame e povertà, distruggendo l'occupazione locale. Se siete mai stati in Africa saprete che l'idea che questo continente non possa sfamare il suo popolo è decisamente ridicola. Potrebbe sfamare gran parte del mondo. La popolazione ha fame perché le terre coltivate non vengono usate per riempire le pance vuote, ma per produrre raccolti destinati alla vendita per le multinazionali di proprietà degli Illuminati o per combattere guerre architettate dagli Illuminati. Le multinazionali pagano tasse ridotte, se non inesistenti, a questi paesi e poiché possiedono la terra a spese della popolazione, possono pagare salari da fame ai lavoratori che non hanno alcuna altra possibilità di occupazione e di indipendenza economica. Le multinazionali degli Illuminati sono delle sanguisughe che prosciugano questi paesi di denaro, possibilità e risorse. Sono, cioè, responsabili di genocidi. Ma in fondo i loro proprietari sono gli Illuminati che considerano gli umani nello stesso modo in cui la maggior parte degli umani considera gli animali. Quando i paesi europei "si ritirarono" dalle colonie sparse in tutto il mondo e garantirono loro l'"indipendenza", lo fecero solo in apparenza. L'occupazione materiale per mano degli eserciti stranieri fu rimpiazzata dall' occupazione finanziaria da parte delle banche, e il piano prevede il ritorno all'occupazione materiale attraverso le multinazionali e le Nazioni Unite. Le famiglie degli Illuminati e le società segrete continuarono a controllare la maggior parte dei leader "indipendenti" dell' Africa, dell' Asia e dell' America centrale e meridionale. In realtà, controllando il sistema, gli Illuminati controllano tutti quei paesi, anche quelli che non dipendono direttamente da loro. Furono questi leader che firmarono gli accordi che prevedevano la cessione di terre coltivabili alle multinazionali. Dissero al loro popolo che sarebbero stati in grado di importare cibo che avrebbero potuto produrre da soli con i "soldi" che il paese riceveva dall'esportazione di risorse e materie prime. Ma il prezzo di quelle materie prime è stabilito dal mercato europeo e da quello americano. Poiché sono gli Illuminati a decidere il prezzo delle materie prime vendute dai paesi del "Terzo Mondo", essi possono mettere in ginocchio quei paesi ogni volta che vogliono. Ai leader-fantocci tutto questo non interessa quasi mai, visto che sono ben pagati per il servizio che offrono al dragone. Chiedetelo al pluriomicida Robert Mugabe dello Zimbabwe. Il colpo più efficace messo a segno dagli Illuminati a danno dei paesi in via di sviluppo fu la creazione del debito del "Terzo Mondo". Gli Illuminati dissero ai dittatori dei paesi arabi produttori di petrolio che avrebbero aumentato di molto il prezzo del greggio a

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patto che gli Arabi depositassero questi inattesi profitti in particolari banche degli Illuminati. I dittatori arabi accettarono. Gli agenti degli Illuminati e i membri del Bilderberg si riunirono allora nel maggio 1973 nell'isola svedese di Saltsjoebaden, di proprietà della famiglia di banchieri Wallenberg. Qui misero a punto i dettagli del vertiginoso aumento del prezzo del petrolio. La fase successiva fu trovare una scusa che giustificasse quell'aumento e, cinque mesi più tardi, Henry Kissinger, un dirigente del Bilderberg, architettò la guerra Yom Kippur tra l'Egitto e Israele. Nel 1973 egli fu Segretario di Stato statunitense e Consigliere per la Sicurezza interna. Gli Stati Uniti di Kissinger e l"'Occidente" sostennero gli Israeliani durante la guerra con l'Egitto e questo fornì ai leader arabi motivo per una ritorsione economica. Al momento stabilito, i dittatori dei paesi petroliferi arabi ostentarono il loro disgusto nei confronti del sostegno concesso a Israele dall'Occidente, ciò divenne un pretesto per "punire" l'Occidente innalzando il prezzo del petrolio a livelli che misero in ginocchio l'economia mondiale. Sapete cosa succede quando al telegiornale viene detto che i paesi dell'OPEC stanno discutendo il prezzo del petrolio? Beh, in realtà non sono loro a discutere. Sono gli Illuminati che decidono il prezzo del petrolio poiché sono loro a controllare i leader dell'OPEC e tutte le compagnie petrolifere. Una volta che queste inimmaginabili somme di denaro erano state depositate nelle loro banche dai dittatori arabi, gli Illuminati scoprirono la carta successiva. Andarono in tutti i paesi del "Terzo Mondo" e offrirono loro enormi prestiti a bassi tassi d'interesse per "lanciare" la loro economia e "industrializzarli". Il bello fu che le banche degli Illuminati non vollero che questi debiti venissero loro pagati per ragioni su cui mi soffermerà tra breve. Sapevano che il denaro sarebbe stato per lo più sprecato dai loro tirapiedi e, comunque, la mossa successiva li mise al riparo da ogni risarcimento. A questo punto infatti entra in scena Margaret Thatcher (Bilderberg), la "Lady di ferro", che fu, in realtà, uno dei leader più controllati e manipolati del XX secolo. A manovrarla fu il suo Ministro degli Esteri e membro della famiglia Rothschild, Lord Carrington. Si tratta di un amico di Henry Kissinger, di un ex presidente del Gruppo Bilderberg e del Ministro degli Esteri britannico che architettò la Guerra delle Falkland e che consegnò il potere nelle mani del dittatore Robert Mugabe nell'ex Rhodesia, oggi Zimbabwe. Margaret Thatcher, una volta eletta nel 1979, introdusse la "sua" perversa politica economica nota come "Thatcherismo". La sua vittoria fu assicurata dalla demolizione del precedente governo laburista provocata dall"'inverno dello scontento", un'operazione creata dagli Illuminati, che attivarono propri agenti all'interno del movimento sindacale per dar vita a un fuoco di fila di scioperi. Ad un certo punto si cominciò ad accumulare la spazzatura per le strade e persino i morti non potevano essere sepolti. (Gli Illuminati furono anche dietro alle dispute, agli scandali e alle lotte contro il governo conservatore proprio prima delle elezioni del 1995, che videro vincere con una valanga di voti il candidato laburista Tony Blair). Un anno dopo rispetto al lancio del Thatcherismo nel Regno Unito, lo stesso programma politico fu introdotto negli Stati Uniti sotto il nome di "Reaganismo" con l'elezione del presidente-fantoccio Ronald Reagan e del suo controllore, il vicepresidente George Bush. Il Thatcherismo e il Reaganismo imposero condizioni economiche che provocarono notevoli rialzi nei tassi di interesse. Ora il cerchio è completo. I paesi del "Terzo Mondo", che avevano accettato quegli imponenti prestiti a basso tasso d'interesse, furono poi posti di fronte a un tale aumento delle somme da restituire che non sarebbero mai stati in grado di pagare quegli interessi. Ecco che nacque l'espressione "debito del Terzo Mondo". Il costo in miseria umana superava ogni immaginazione e a questo punto entrarono in scena

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alcune creazioni degli Illuminati come il Fondo Monetario Internazionale (FMI) e la Banca mondiale (attualmente capeggiata dal socio dei Rothschild e membro del Bilderberg, James Wolfensohn). Essi dissero a questi paesi oppressi dal debito e colpiti dalla povertà che dovevano tagliare i fondi per il cibo e l'assistenza sanitaria e "ristrutturare" le loro economie in conformità alle istruzioni del FMI e della Banca mondiale. Nel caso si rifiutassero di farlo, non avrebbero più beneficiato di alcun "aiuto". A questo punto tali paesi non furono più in grado di inaugurare una politica di auto sufficienza perché le multinazionali degli Illuminati controllavano gran parte della loro terra coltivabile e ad essi furono imposte sia restrizioni di tipo commerciale che la restituzione del debito. Cosa successe allora? La popolazione morì di fame e sta ancora morendo e qualunque capo cerchi di opporsi agli Illuminati, si ritrova il proprio paese coinvolto in una guerra. Ma gli Illuminati non avevano ancora finito. Perché non volevano che questi paesi restituissero i propri debiti? Per la stessa ragione per cui non volevano che molte persone all'interno dei paesi industriali restituissero i propri debiti. Vogliono la loro terra e le loro risorse e il controllo che il debito genera. Oggi vengono implementate politiche di "sgravio del debito" che prevedono che questi paesi poveri rinuncino per sempre ai diritti sulle loro terre e risorse in cambio della "condono" del debito. Un debito che esiste solo sotto forma di cifre sullo schermo di un computer. Notate che i governi "condonano" il debito del Terzo Mondo rinunciando ad ogni restituzione perché ad essere prestati sono i soldi dei contribuenti. Nessun problema, quei soldi non verranno mai a mancare. Ma le banche, in altre parole gli Illuminati, stanno barattando il "debito" con la terra e le risorse. Si ricorre alla stessa tecnica laddove il debito viene barattato con riserve naturali: ai paesi poveri viene "condonato" il debito se cedono grossi appezzamenti di terreno alle Nazioni Unite e alle agenzie ambientali per la "salvaguardia del pianeta". Viene da ridere se si pensa che a distruggere più di tutto l'ecologia sono proprio le politiche attuate dall'FMI, dalla Banca mondiale, e dalle banche degli Illuminati che devastano i paesi del "Terzo Mondo" e costringono la gente a distruggere l'ambiente, comprese le foreste fluviali, solo per sopravvivere. E che strano che mentre le banche degli Illuminati e le multinazionali perseguono politiche che devastano l'ambiente, siano proprio le famiglie degli Illuminati, come i Rockefeller, a finanziare e presentare rapporti che sostengono che il pianeta sta morendo e che noi dobbiamo "salvarlo"! Strano anche che molti gruppi di pressione ambientalisti siano in realtà agenzie degli Illuminati, non ultimo il Worldwide Fund for Nature, presieduto dal principe Filippo e dal presidente di vecchia data del Bilderberg, il principe Bernhard dei Paesi Bassi. Fu Bernhard a presiedere l'incontro in Svezia che decise di mandare alle stelle il prezzo del petrolio con le sue catastrofiche conseguenze ambientali. Ma, in realtà, niente di tutto questo è poi così strano. "Salvare l'ambiente" si addice perfettamente agli Illuminati poiché prevede l'imposizione di leggi centralizzate e globali e l'acquisizione della terra su scala mondiale da parte delle Nazioni Unite e di altre agenzie degli Illuminati nel nome della "protezione ambientale". Pensate a quanti eserciti invasori che causano genocidi in luoghi come il Ruanda e il Burundi, si rifugiano all'interno di parchi e riserve naturalistiche lungo i confini e sferrano i propri attacchi da quei luoghi. Il sistema è stato creato in modo tale che chi controlla il denaro, controlla il mondo, e a controllare il denaro sono le famiglie degli Illuminati. Ma qui ci sono anche delle buone notizie

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Ciò significa infatti che tutti questi cosiddetti problemi irresolubili come la povertà, il debito e la guerra, non sono calamità "naturali". Qualcuno li provoca, al fine di rendere l'umanità più facilmente controllabile e manipolabile. Su questo pianeta c'è abbondanza per tutti, non fatevi fregare. Non è necessario che perché qualcuno sia ben nutrito, altri soffrano la fame. Allora perché c'è così tanta povertà e tanta potenziale abbondanza? Controllando la creazione e il flusso del denaro, della terra e delle risorse, gli Illuminati limitano la scelta e creano dipendenza - da loro. La loro Banca centrale mondiale e la valuta unica sono finalizzate ad imporre quel controllo ancora più nettamente. La loro è una semplice equazione: Scarsità = dipendenza = controllo Abbondanza = scelta = libertà

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Comunicato dell’Intesa dei Consumatori (Adoc, Adusbef, Codacons, Federconsumatori) Cresce il Debito Pubblico ! Aa Aprile, sulle spalle di ogni Cittadino (compresi i neonati) gravava un debito pari a 24.434 euro (47,3 milioni di lire) ! Cresce anche l’indebitamento delle famiglie verso le Banche del 37%, con una media di esposizione pari a 10.045 euro a famiglia. Ai minimi storici la fiducia dei consumatori. L’Itesa dei Consumatori (ADOC, ADUSBEF, CODACONS, FEDERCONSUMATORI) chiede bonus fiscali nel DPEF per almeno 24 miliardi di euro ! [In "argomenti correlati" l’andamento del debito pubblico 1996-2003] Dagli ultimi dati disponibili emerge una crescita del debito delle pubbliche amministrazioni, che ad aprile aveva raggiunto il record di 1.387,592 miliardi di euro (2.686,8 miliardi di vecchie lire)(N.d.R. errore 1) con un gravame, sulle spalle dei cittadini, pari a 24.434 euro (47,3 milioni di lire), nonostante le operazioni di cartolarizzazione degli immobili e di swap su titoli di Stato. Ma anche l’indebitamento totale dei cittadini verso le banche è aumentato nell’ultimo triennio del 37 per cento, ossia di 2 mila 630 euro, per una esposizione complessiva verso il sistema bancario pari ad oltre 10 mila euro a famiglia, per un ammontare di 211 miliardi di euro, a dimostrazione delle disastrose politiche economiche del governo che ha ridotto il potere di acquisto, sia con gli aumenti fuori controllo che con l’introduzione dei ticket ed altre tasse locali che hanno costretto le famiglie ad indebitarsi per vivere. Poiché - secondo i dati Istat - ad aprile 2003, l’indice generale del valore delle vendite del commercio fisso al dettaglio, ha segnato un aumento tendenziale del 5,7%; le vendite di prodotti alimentari hanno registrato una crescita del 9,0%; quelle di prodotti non alimentari hanno registrato una crescita del 3,3%; il gettito Iva ha registrato un aumento del 15%; mentre l’indice delle retribuzioni contrattuali è aumentato dell’1,7%, 1 punto in meno dell’inflazione, vuole dire che le politiche economiche del Governo stanno addossando sulle spalle dei consumatori gli oneri finanziari. “Meno tasse per tutti” era uno degli slogans più riusciti della campagna elettorale. Ma, nella U.E., non è possibile abbassare la tassazione senza procedere a parallele riduzioni di spesa pubblica. Il governo sta perciò abbattendo la spesa (pubblica) per il servizio sanitario nazionale, compensando tali riduzioni con aumento di spesa per i privati (ticket ecc.); notevoli ulteriori riduzioni di spesa sono “attese” dalla riforma del sistema pensionistico [per inciso, negli anni ‘90, l’Italia ha ritoccato il suo, mentre Francia e Germania devono ancora provvedere.] L’ultima inchiesta ISAE (3 e il 16 giugno), su un campione di 2.000 intervistati,nel registrare il calo della fiducia dei consumatori soprattutto “ad attese sulla propria situazione economica e le valutazioni sulla convenienza e possibilità del risparmio” in merito alle valutazioni sull’andamento dei prezzi, la percentuale di coloro che li ritengono “molto” aumentati è stata del 49% (come a maggio),mentre cresce la quota di coloro che li ritengono “abbastanza” aumentati (40% in giugno, 38% in maggio). Nell’ultima relazione (2003) della Confcommercio, il presidente Billè ha affermato che “molte famiglie si sono messe a vivere oggi nell’autarchia spendendo solo l’indispensabile. E ci sono motivi plausibili perché, solo nell’ultimo anno, il rendimento dei loro redditi da capitale è calato dell11%? . Se si è impennato del 15% il gettito Iva; se in aprile è cresciuto il “valore” dei consumi del 5,7%; se in maggio, l’indice annuale delle retribuzioni contrattuali è cresciuto solo dell’1,7% rispetto ad una inflazione, su base annua,del 2,7%; se la fiducia dei consumatori è ai minimi storici ed è calata notevolmente la propensione ai consumi per la diminuita capacità di spesa delle famiglie, “impoverite” e “depredate” di 2.300 euro per ritocchini, rincari, aumenti

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ed arrotondamenti negli ultimi 18 mesi, c’è una sola giustificazione: non sono i consumi a crescere, ma solo il loro valore. In altri termini, e più semplicemente, la gente spende di più per consumare molto meno di prima. Per uscire da un ciclo economico difficile il Governo, già nella prossima finanziaria, oltre a convocare assieme alle altre parti sociali l’Intesa dei Consumatori, maggiormente rappresentative dei diritti e degli interessi dei cittadini, deve evitare la manovra di ulteriori tagli che colpiscono le masse popolari che non possono più fare la spesa, anche di prima necessità se non indebitandosi, prevedendo come ha già fatto il Governo Scroeder in Germania - sgravi fiscali pluriennali, a favore dei cittadini con redditi inferiori a 16.000 euro, per almeno 24 miliardi di euro, adottare un provvedimento per far anticipare dalle banche le cedole (bond Cirio,obbligazioni argentine,ecc.) confiscate a tempo indeterminato per i cattivi consigli delle banche, rilanciare il ciclo virtuoso dei consumi che possono essere rilanciato esclusivamente distribuendo maggiori redditi ai cittadini che ne hanno bisogno. (1) 1.387 miliardi di euro x 1936.27 = 2.686.800 miliardi di lire

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Petrolio "Da Sapere" (di Marco Saba)

Forse non tutti sanno che... Il secolo scorso rimarrà famoso sostanzialmente per due considerazioni: l'enorme sviluppo della propaganda e il fatto che, dal 1900 al 2000, vi furono più morti per guerre, rivolte, etc. che in tutto il resto della storia dell'umanità messa insieme. In merito alla propaganda, si dice che vengano sprecate circa dieci volte più risorse di quelle che potrebbero effettivamente venir usate per risolvere i problemi (così finalmente abbiamo capito dove vengono investiti i soldi raccolti dagli hedge funds, dai fondi d'investimento, dai fondi dei fondi, fino a toccare il fondo e cominciare a scavare - per seppellire i cadaveri). Non mi ero mai occupato di economia fino al 2000, anno in cui trovai degli scritti del professor Giacinto Auriti su Internet in merito alla questione monetaria. La questione che pone il giurista non è da poco: può prestare moneta solo chi la possiede. Il problema è che non esiste nel diritto una legge che stabilisca di chi è la moneta all'atto dell'emissione, che normalmente viene fatta da una banca centrale, una società parzialmente o completamente privata. Stiamo parlando di contanti: monete e banconote. Le banconote, emesse dalla banca centrale, vengono addebitate allo Stato in misura del loro valore di facciata (10, 50, 100 euro etc.) e non in misura del loro costo di emissione (carta e inchiostro). La differenza notevolissima tra questi due costi viene chiamata "signoraggio" e viene incamerata dai soci della banca centrale. Per quanto riguarda la BCE, la banca centrale europea, circa 60 miliardi di euro al mese. A parte l'ovvia considerazione del perché mai un popolo "sovrano" debba pagare un signoraggio a chicchessia, e quindi sottomettersi ad un servaggio, il problema "clou" è che nessuna legge stabilisce che la banca centrale possa giocare tra l'ambiguità dei due costi sopra accennati. Difatto, senz'altro la banca centrale ha la proprietà della merce "banconote", ma non si vede perché debba addebitarne il valore fiduciario, che è creato dalla convenzione del popolo che le accetta, allo Stato. Lo Stato da parte sua addebita al popolo questo enorme signoraggio (pari a tutto il valore delle banconote circolanti) sotto la voce di bilancio "debito pubblico", poiché la banca centrale lo Stato la paga mediante emissione di BOT e/o CCT, ovvero promesse di futuri prelievi fiscali. Questo è il sistema bancario occidentale che imponiamo, senza saperlo, quando esportiamo "democrazia" in paesi lontani mediante le "guerre umanitarie". Tutte le altre banche che fanno parte del sistema dove insiste la banca centrale, godono del privilegio della riserva frazionaria - ovvero di poter "stampare" credito in misura 50 volte superiore all'entità effettiva delle banconote e monete (M1) realmente circolanti. Se tutti corressimo allo sportello a prelevare in contanti i nostri depositi, il sistema crollerebbe. Se non corressimo tutti insieme, ma un po' per volta, la banca centrale farebbe in tempo a stampare nuove banconote da distribuire alle banche periferiche, creando inflazione. Il petrolio e la riserva frazionaria La premessa serviva per chiarire alcuni concetti base, veniamo ora al petrolio. Durante l'amministrazione di Jimmy Carter, venne implementata da Paul Volcker -

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governatore della Federal Reserve - la politica del prestito frazionario. All'epoca il 97% dei dollari esistenti non erano mai stati stampati, ma creati nei computer "dal nulla". Questo sistema venne implementato prima che alcuni importanti ufficiali statunitensi si recassero in Nigeria per convincere il primo ministro ad aumentare il prezzo del petrolio nigeriano. Questi lo fece poco prima di perdere la vita in un attentato che venne organizzato da dei paramilitari addestrati a Belize (che allora era British Honduras). Il prezzo di tutto il petrolio è basato sul prezzo del petrolio nigeriano che, come quello libico, è uno dei più puri del mondo. Ovvero, si può quasi mettere direttamente nel serbatoio delle automobili. La vita del primo ministro nigeriano durò, per "coincidenza", fino a quando gli ufficiali statunitensi non si recarono in Kuwait per convincere i locali produttori di petrolio a venderlo al prezzo gonfiato di 30 dollari al barile. Ma perché mai questi astuti emissari volevano comprare petrolio a prezzi così gonfiati? La risposta è allo stesso tempo incredibile ed orripilante. Gli ufficiali americani volevano acquistare petrolio dagli stati del golfo e dall'Arabia Saudita alle seguenti condizioni, apparentemente innocenti. La prima condizione era che l'OPEC - contro la quale poi si scatenò una notevole propaganda anti-araba - doveva diventare una realtà e avrebbe dovuto insistere nel fissare in dollari il prezzo di tutte le compravendite di petrolio mondiali. In pratica, chiunque acquisti petrolio, dovendo usare dollari, riconosce il signoraggio ai privati possessori della Federal Reserve Inc. che ha la sede a Puerto Rico. A noi semplici cittadini importa poco perché tanto il signoraggio, dal 1694, anno di fondazione della Banca d'Inghilterra, non ce l'hanno mai restituito. La seconda e più sinistra condizione imposta dagli americani era che le compagnie petrolifere americane - che acquistavano il petrolio - non sarebbero state obbligate a versare i pagamenti direttamente ai paesi venditori. Agli arabi, come prerequisito, veniva imposto di acquistare Certificati di Deposito ventennali e trentennali che sarebbero rimasti depositati su banche americane. Sarà una coincidenza, ma i proprietari delle compagnie petrolifere sono gli stessi proprietari delle banche che gestiscono questa operazione. Per semplicità, in che cosa consiste questo "prestito frazionario"? Innanzitutto, il fatto che il 97% dei dollari non esistesse in forma di banconote costituisce una pura e semplice truffa che origina da quando anticamente le banche rilasciavano ricevute per l'oro depositato dai clienti. Le banche si accorsero che molti utilizzavano le ricevute come moneta e che pochi passavano a ritirare effettivamente l'oro. Da qui l'idea geniale: stamparono molte più ricevute di quanto oro effettivamente depositato, sperando che nessuno se ne accorgesse. Come speravano ieri, sperano ancora oggi. Quello che per chiunque sarebbe un reato, non lo è per gli uomini d'onore abilitati dalla Federal Reserve, i banchieri della riserva frazionaria. Per valutare l'ampiezza della frode del sistema della riserva frazionaria, facciamo un esempio pratico di una tipica transazione petrolifera. Un esempio pratico Una compagnia petrolifera americana emette un assegno per un milione di dollari intestandolo ad un agente ufficiale arabo che rappresenta la parte venditrice. La transazione viene effettuata - ad esempio - presso la Chase Manhattan Bank e la somma viene depositata come Certificato di Deposito trentennale registrato nel

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computer ed intestato all'ufficiale arabo. L'arabo è stato pagato, ma chi è il proprietario della Standard Oil? Chi è il proprietario della Chase Manhattan? Andiamo avanti. Il petrolio (costo di estrazione 80 centesimi di $ al barile n.d.r.) viene raffinato e venduto caro al popolo americano o a quello italiano. Chi viene incolpato dei prezzi esosi della benzina? Quel "maledetto" cartello arabo. Ma a 1,2 euro al litro è la compagnia petrolifera che riceve il guadagno - tolte le accise governative. Nel frattempo, cosa accade nel conto bancario dell'arabo? La Chase Manhattan Bank - nel nostro esempio, ma potrebbe anche essere la BNL - ha depositato un milione di dollari - un pezzo di carta con su scritto "1 milione USD" - nel sistema della Federal Reserve che, grazie alla politica della riserva frazionaria, autorizza la Chase ad effettuare prestiti per 50 milioni di dollari a paesi come il Brasile, il Messico, l'Argentina, oppure al Congresso degli USA, etc. favorendo la leggenda che ci sarebbero più soldi di quanti effettivamente necessari per i prestiti. Ed ecco la grande usura condannata dal Corano: le banche guadagnano sui prestiti frazionari mentre ai paesi arabi vanno solo gli interessi annuali sui certificati di deposito pluriennali che sono stati costretti a comprare - e se non sei d'accordo, fai la fine di Saddam. Infatti Saddam, poco prima dell'ultima guerra del Golfo, aveva cominciato a vendere petrolio in cambio di euro, cosa che al cittadino europeo avrebbe forse fatto abbassare il costo della benzina. Ma così facendo, avrebbe rotto le uova nel paniere dei proprietari della Federal Reserve, delle grandi banche americane, delle compagnie petrolifere ed ai membri della Commissione Trilaterale che- oh, coincidenza ! - sono esattamente le stesse persone. Con il petrolio a 44 dollari il barile, gli arabi prendono il 5% (se va bene) delle somme in gioco sotto forma di interessi per i titoli sottoscritti che, guarda un po', se decidono di venderli provocano grandi disastri (le Torri Gemelle ed il recente blackout USA-CANADA funzionali a rendere impossibile, in quei periodi, i trasferimenti elettronici di denaro...). In questa guerra mondiale di interessi titanici, capi arabi da una parte e Rockefeller (dollaro USA) e Rothschild (euro) dall'altra, di sicuro qualcuno come sempre non vincerà: i popoli.

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Reddito del Governo USA generato dalla produzione di Penny Nel 1994, la produzione del penny ha generato $40 milioni di Entrate per il Ministero del Tesoro, che il governo ha posto come profitto. (Reddito è un risultato del “signoraggio” - la differenza fra il valore nominale della moneta ed i costi del relativo conio). (1) Nel 1994, la Zecca degli Stati Uniti ha prodotto oltre 13 miliardi di penny per venire incontro alla grande domanda pubblica. (2) “Fare” un Penny costa soltanto 0,7 centesimi di dollaro, così il Ministero del Tesoro “crea” 0,3 centesimi su ogni penny coniato. (3) Negli ultimi 15 anni, il “signoraggio” sul penny, ha fatto guadagnare al Ministero del Tesoro oltre $500 milioni l’anno. (4) L’eliminazione del Penny aumenterebbe la richiesta di prestito del Governo per finanziare il deficit ed aumentarebbe il deficit di quasi $4 milioni all'anno; ci non sarebbe risparmi di bilancio. (5) Con il notevole volume di fabbricazione, la produzione del penny della Zecca sostiene i metalli, l'estrazione mineraria e le industrie relative. I pagamenti di tasse da parte di queste industrie di supporto al governo sarebbero persi se il centesimo non fosse più prodotto. (6) 1. 13.5 billion pennies minted in 1994 x $0.003 in seigniorage = $40.5 million. 2. CFO Annual Financial Report - Fiscal Year 1994, U.S. Mint, pg. 14. 3. Cost and Seigniorage per Coin, U.S. Mint Office of Communications. 4. U.S. Mint. 5. "National Coinage Proposals," GAO Report, May 1990, pg. 34. 6. CFO Annual Financial Report - Fiscal Year 1994, U.S. Mint, pg. 10.

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Che cos’è la legge finanziaria? (da www.signoraggio.com) In rosso (e/o italico, se il testo che avete è stampato b/n) le mie note (webmaster) e sottolineati i passaggi che ho considerato importanti (il grassetto è invece originale),. Anche le note in fondo pagina sono del webmaster Che cosa è la legge finanziaria?

la sua storia la struttura la finanziaria per il 2003

Nella riunione del 28 novembre [vedi: appunti de L’ULIVO di Pinerolo] abbiamo cercato di capire precisamente che cosa è la Legge finanziaria. La scheda che segue è stata redatta in proposito dal sen. Elvio Fassone. [ricordo che questo sito è apolitico, quindi la lettura di questo testo – e la sua integrazione con le mie note - è da considersi solo in veste tecnica. Si cercherà di ricordare questo concetto fondamentale in ogni passaggio dubbio o chiaramente di parte (giustamente l'autore originale di questa scheda ha un suo schieramento politico ben definito, che il lettore può o meno condividere)] L'art. 81 della Costituzione stabilisce che "Le Camere approvano ogni anno i bilanci e il rendiconto consuntivo presentati dal Governo. (...) Con la legge di approvazione del bilancio non si possono stabilire nuovi tributi e nuove spese. Ogni altra legge che importi nuove e maggiori spese deve indicare i mezzi per farvi fronte." La ragione di queste disposizioni, secondo quanto si legge nei lavori dell'Assemblea Costituente, fu indicata in ciò, che "deve essere tolta la possibilità di varare, confondendoli con i bilanci, omnibus di provvedimenti anche tributari. La Camera, discutendo i bilanci, potrà aumentare o diminuire le cifre dei capitoli, ma non potrà aumentare o modificare le imposte, che sono regolate da apposite leggi. Il bilancio deve essere un bilancio, non diventare un'altra cosa, né prestarsi a sorprese e ad abusi" (on. Ruini). Per circa trent'anni, pertanto, il Parlamento si è limitato ad approvare il bilancio ed il rendiconto presentati dai Governi, affidando le politiche economiche a provvedimenti di volta in volta elaborati ed approvati. Con il passare del tempo si è manifestato in forme sempre più imponenti un fenomeno nuovo, e cioè l'aumento delle prestazioni richieste allo Stato [il c.d. welfare?], e quindi il ricorso al debito pubblico. [perché quindi? Perchè non sono state prese in esame altre soluzioni? Se aumenta la spesa per l'apparato statale, perché si è subito e semplicemente ricorsi all'indebitamento presso privati?] Mentre fino intorno al 1970 la finanza pubblica era quasi in equilibrio (rispetto al PIL le spese rappresentavano il 33%, le entrate il 29%), verso la fine degli anni '70 il rapporto ha preso a peggiorare in misura vistosa. La dinamica delle spese cresceva in modo assai maggiore di quella delle entrate, per la scelta politica di non inasprire troppo la pressione fiscale, soprattutto su taluni ceti. Pertanto nel 1980 il rapporto anzidetto era diventato del 43% e del 34% del PIL, con un rapporto deficit/PIL del 9%). Si rese perciò necessario apprestare uno strumento di programmazione economico-tributaria che si facesse carico anche delle correzioni dovute all'ingigantire del debito pubblico, e con legge 5 agosto 1978 n. 468, venne varata la c.d. "legge

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finanziaria". L'art. 11 di detta legge stabilisce che "la legge finanziaria (...) dispone annualmente il quadro di riferimento finanziario per il periodo compreso nel bilancio pluriennale e provvede, per il medesimo periodo, alla regolazione annuale delle grandezze previste dalla legislazione vigente al fine di adeguarne gli effetti finanziari agli obiettivi". Tra le altre cose la legge definisce "il livello massimo del ricorso al mercato finanziario e del saldo netto da finanziare in termini di competenza", vale a dire, appunto, il limite del ricorso all'indebitamento. [qui l'autore manca di dire verso chi siamo indebitati. Chi è che presta i soldi al Governo?] nota 1 Nonostante ciò, con gli anni il debito pubblico continuò ad aumentare, a causa di una crescita della pressione fiscale troppo lenta, e soprattutto partita in ritardo rispetto alla spesa. Le politiche tributarie dei governi di allora [perché ora si sorvola sul "colore" di quei governi?], infatti, puntavano, per motivi elettorali, a tenere la mano leggera sui redditi da lavoro autonomo e professionale, nonché del mondo agricolo, lasciando che il peso centrale fosse retto dal lavoro dipendente, soggetto a ritenuta alla fonte. [quindi non "evadibile"?] Così, mentre il debito pubblico degli altri Paesi dell'Unione Europea (G5) cresceva anch'esso, ma si attestava su percentuali non superiori al 60% del PIL, [e come mai non cresceva oltre quei livelli? cosa lo "stabilizzava"?] il debito italiano raggiungeva il 100% del PIL nel 1990, il 120 nel 1993, e addirittura il 124% nel 1995 (Governi Berlusconi e Dini). In altre parole, l'intera ricchezza prodotta dal Paese in un anno equivaleva appena ai 4/5 del debito pubblico. [E' come se un padre di famiglia, che ha una unica entrata ufficiale (il suo stipendio), poi, di nascosto, spende troppo, magari in un modo che è inconfessabile alla sua stessa famiglia. Qui l'autore afferma che il Governo ha speso troppo e non ha potuto alzare troppo le entrate, ossia le tasse (ossia lo stipendio del padre di famiglia, nell'esempio specifico) per ragioni politiche (elezioni) in pratica, di nascosto, si è fatto credere che andasse tutto bene, prendendo soldi in prestito invece che tassare di più la popolazione. E questo perché una popolazione troppo tassata prima o poi si chiede "Ma con i miei soldi... tu Stato... cosa ci stai facendo?" (e finchè se lo chiede, a parole, va pure bene!)] Per effetto di questa dinamica sconsiderata il debito pubblico raggiunse in non molti anni il volume di due milioni e mezzo di miliardi di vecchie lire. Ciò significava: a) che tutta la ricchezza prodotta dal Paese in un anno non bastava a coprire il debito accumulato; b) che ogni bilancio, anche se si fosse chiuso in pareggio, era gravato dal pagamento degli interessi sul debito pubblico (il "servizio del debito") per circa 200.000 miliardi; [anche qui l'autore manca di dire a chi viene pagato questo interesse e, a dirla tutta la messa, bisogna aggiungere che il tasso di interesse sul prestito (il c.d. tasso di sconto) viene deciso in modo del tutto arbitrario dalla stessa società privata (Banca Centrale) che "concede" (eroga) il prestito!] nota 2 c) che quindi anche il pareggio di bilancio, e persino un bilancio che si chiudesse con un avanzo primario, continuava ad essere un bilancio in deficit, e questo deficit andava ad aggiungersi al debito, con effetto vizioso sul bilancio successivo. L'esito di una simile spirale viziosa era inevitabilmente rappresentato dalla bancarotta dello Stato. Deve essere altresì considerato, in chiave di politiche sociali, che il debito pubblico rappresenta oggettivamente un enorme drenaggio di risorse dai ceti meno

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abbienti ai più abbienti: infatti gli interessi sul debito sono pagati da tutti con le imposte, ma sono percepiti in misura crescente dai rentiers che hanno investito i loro capitali in titoli del debiti pubblico. [ergo: tutti paghiamo le tasse, ma i più ricchi possono "rifarsi" comprando Obbligazioni, CCT e BOT, emessi dallo Stato, "monetarizzando" il debito pubblico e recuperando così liquidità. Il povero non può permettersi investimenti (anche relativamente sicuri, come quello dell'acquisto dei Titoli di Stato - in altra sede approfondiremo il discorso Argentina) semplicemente perché non ha denaro da investire! Invece sono proprio le Banche Centrali ad acquistare i Titoli Pubblici, con il meccanismo già detto nella nota 1] Per impedire l'ormai inevitabile tracollo, con il governo Amato del 1992 (l'anno dell'accordo di Maastricht) fu effettuata una tremenda svalutazione della lira (30%), nota 3 ed ebbe inizio il drastico risanamento della finanza pubblica, proseguito dai governi Ciampi e Dini [ma Dini non era quello dell' "addirittura il 124%"?]. Ma ancora all'inizio dei Governi dell'Ulivo (1996) il debito superava di quasi un quarto l'intero volume della ricchezza prodotta in un anno (PIL), il bilancio annuale era in disavanzo (deficit) di poco meno di 200.000 miliardi di lire, e il rapporto deficit/PIL era intorno al 7%. [quindi non era cambiato nulla...] La manovra di risanamento (il ricordarlo è essenziale per valutare la politica economica del governo di centro-destra) [non è importante lo schieramento politico nota 4] aveva come perno la costituzione di un crescente avanzo primario ogni anno. [l'avanzo primario è quanto "avanza" al padre di famiglia a fine mese (allo Stato, a fine anno), ossia la differenza tra entrate e uscite, tra quanto si guadagna e quanto si spende. Prima di "caricarci" il mutuo della casa, nel caso del padre di famiglia, oppure prima di "inserire in bilancio" l'interesse (enorme) sul debito pubblico (abnorme). In soldoni: ogni anno allo Stato Italiano "avanza qualcosa", poi occorre pagare l'interesse sul debito pubblico, e inevitabilmente... si va "sotto" (deficit)] Il surplus delle entrate permetteva non ancora di intaccare il debito pubblico, ma almeno di ridurre progressivamente il servizio del debito [servizio del debito = pagamento interesse]. Non avendo più lo Stato necessità di emettere obbligazioni ogni anno per colmare il disavanzo (ma solo per il rinnovo dei titoli già emessi e scaduti), poteva diminuire il peso degli interessi, e quindi il costo del danaro [tasso di sconto, deciso dalle Banche] e l'inflazione [l'inflazione è dovuta alla stampa sregolata di banconote, o meglio, dalla creazione del denaro dal nulla, "ex nihilo", da parte delle Banche, per via della "riserva frazionaria", vedi nota 1]. Il debito pubblico continuava ad aumentare (perché l'avanzo primario era pur sempre inferiore al servizio del debito), ma cresceva sempre meno che in precedenza per effetto, appunto, di un crescente avanzo primario; e poiché in parallelo cresceva il PIL all'incirca del 2-3% ogni anno, a parte annate particolari, il rapporto deficit/PIL, e cioè il dato fondamentale posto sotto osservazione dall'accordo di Maastricht, si riduceva progressivamente (il requisito per poter entrare nell'Unione monetaria era, com'è noto, il conseguire entro il 1997 un rapporto deficit/PIL non superiore al 3%. [quindi si continuò a prendere soldi in prestito, al "loro" tasso, affidandosi al PIL per uscire dal tunnel del Debito Pubblico. Quando il PIL crollava, e come vedremo, crollerà, tutto andava a gambe all'aria. Sarebbe bastato, e basterebbe anche oggi, far valere la Costituzione e stampare Moneta Statale per uscire dall'incubo-debito-pubblico.nota 5] Nel 2000, ultimo anno dei governi dell'Ulivo, il rapporto deficit/PIL era previsto all'1,3%, e il rapporto debito/PIL era stato ridotto al 112%, [non è un dato di cui vantarsi] con proiezione di azzeramento del primo e di pareggio del secondo entro il

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2003. [forse è un pò ambizioso, come programma, visti i tempi così ristretti] Ciò significa che a) nel 2003 l'avanzo primario avrebbe coperto l'intero servizio del debito, annullando il deficit annuale; [sempre puntando TUTTO su una crescita ottimistica del PIL!] b) che a partire da quell'anno l'avanzo primario sarebbe andato ad intaccare direttamente il debito; [ancora e sempre puntando TUTTO su una crescita ottimistica del PIL!] c) che il debito pubblico, a questo punto, si sarebbe ridotto con velocità crescente, poiché non solo non si sarebbe più incrementato in valore assoluto a causa dei perduranti deficit, ma sarebbe stato ridotto dai vari avanzi di bilancio, e, continuando la crescita del PIL, [ma come si può credere ad una crescita continua e inarrestabile del PIL? come si può puntare TUTTO su una speranza così ottimistica?] si sarebbe avuto un rapporto doppiamente positivo; d) che nell'anno 2010 il rapporto tra il debito pubblico e il PIL avrebbe raggiunto quel valore del 60% che è proprio degli altri maggiori Paesi dell'Unione europea, e il nostro Paese avrebbe annullato il differenziale che rende il nostro sistema meno competitivo rispetto agli altri. [non si prova neanche ad annullare il Debito Pubblico, vero? ci si accontenta di "assestarlo"] Già nel 2001 questo percorso virtuoso si è interrotto. [ma come? stiamo assistendo ad una svolta epocale e la sinistra perde il governo del Paese? che sfiga! in un film di fantapolitica sembrerebbe quasi che di fronte ad una promessa impossibile e non mantenibile, di fronte ad un progetto irrealizzabile, si perda ("purtroppo") il controllo del potere e non si riesca a portare a termine la missione... proprio sul traguardo, ma che peccato!] Nel DPEF (documento di programmazione economico-finanziaria) del 2001, il Governo ipotizzava una crescita del PIL non inferiore al 3% [BOOM!] , e su questa ipotesi costruiva il suo progetto di riduzione delle imposte, e quindi delle entrate: accrescendo il numeratore (deficit) solo un vistoso aumento del denominatore (PIL) avrebbe permesso di mantenere il rapporto deficit/PIL in linea con il programma di rientro imposto dal trattato di Maastricht. [Ma allora lo riconosce anche l'autore che c'è una e una sola possibilità di riuscita e che dipende TUTTO dal PIL! Già controllare il deficit è difficile, (ossia non far spendere troppo allo Stato in rapporto alle entrate, in un anno), in più occorre, secondo i nostri politici, anche sperare in un PIL miracoloso TUTTI gli anni! e tutto questo non per liberarci del mostro-mangia-risorse meglio noto come Debito Pubblico, ma solo per "stabilizzarlo alla media europea del 60% del PIL stesso"! Quindi la formula diventa: difficile : miracoloso = incubo-non-annullato-ma-solo-contenuto] Ma questo non si è verificato, per il noto rallentamento della crescita. Già nel programma di stabilità presentato a Bruxelles nel novembre 2001, il Governo assumeva per il 2002 i seguenti impegni: crescita del PIL al 2,3%; disavanzo, cioè rapporto deficit/PIL, allo 0,5%; debito pubblico al 104,3% del PIL. Da notare che questi impegni venivano assunti dopo lo choc delle Torri gemelle, e quindi con la consapevolezza che l'economia mondiale avrebbe subito un forte rallentamento complessivo. Ma la previsione di un forte aumento del PIL (sebbene improbabile) era appunto dettata dall'impegno elettorale di una riduzione della pressione fiscale. [Le Torri sarebbero crollate anche con la Sinistra al Governo, che si sarebbe trovata, quindi, nelle medesime condizioni di impossibilità di eseguire il miracoloso recupero finanziario! Il lettore vede ora da se che centro-destra ocentro-sinistra non conta, se la formula è quella appoggiata alla sola gamba del PIL... anche aumentando le tasse e

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riducendo all'osso le spese pubbliche, non sarà mai possibile "compensare" eventuali (storici se non almeno statistici) cedimenti del PIL] Nel DPEF del giugno 2002 le previsioni venivano già notevolmente ridimensionate. La previsione di crescita veniva stimata all'1,3%; il deficit all'1,1% (pari a circa 15 milioni di euro, ovvero circa 30.000 miliardi di vecchie lire); e il debito pubblico al 108,5% del PIL. Ma neppure questa programmazione si è rivelata veritiera. [ma dai!] A luglio il debito pubblico ha toccato la quota di 1.386 miliardi di euro (pari a circa 2.750.000 miliardi di vecchie lire; con un aumento del 3,8% rispetto all'anno precedente). A fine ottobre 2002 il deficit di cassa ha toccato la cifra di 49,2 miliardi di euro (circa 97.000 miliardi di vecchie lire). L'avanzo primario, che nel 2000 era del 5,9%, nel 2002 è sceso al 3,5%. Tutto ciò significa un rapporto deficit/PIL tendenziale del 3,5%, largamente fuori del Patto di stabilità. E significa altresì che il debito pubblico nel 2002 chiuderà al 109,4% sul PIL; anziché al previsto 108,5%. E' inoltre fortemente calato il gettito fiscale complessivo (-5,6% rispetto all'anno precedente), con punte particolari di decremento per le imposte IRPEF (-14%) e IRPEG (-17%). La crescita del PIL, secondo le ultime previsioni, si fermerà allo 0,6%, ma alcuni osservatori parlano addirittura dello 0,3%, cioè un valore quasi nullo. Di qui la necessità di una forte correzione nella legge finanziaria, per quanto si vedrà. Si innesta a questo punto il tema del "buco" lasciato dai governi dell'Ulivo, spesso utilizzato come giustificazione degli ammanchi successivi. Nella finanziaria del 2001 il rapporto deficit/PIL era previsto allo 0,8%, pari a circa 20.000 miliardi di lire, mentre nel 2002 avrebbo dovuto ridursi alllo 0,5%, e nel 2003 - come si è detto - avrebbe dovuto azzerarsi. [peccato questo cambio al Potere, vero? non lo sapremo mai come la sinistra avrebbe affrontato la questione Terrorismo-blocca-PIL] Con la nota di variazione del marzo 2001 (le Camere si sciolsero l'8 marzo 2001), il Governo correggeva tale valore all1,1%, per effetto di variazioni nella spesa, e quindi consegnava un deficit di circa 28.000 miliardi di lire. [che non sono noccioline] Successivamente lo sforamento della spesa sanitaria [i problemi sono sempre in agguato... che variabile è stata pensata per questi imprevisti, nella famosa formula di cui sopra?] della maggior parte delle Regioni portò il rapporto all'1,5% (circa 40.000 miliardi): ma quest'ultimo aggravio avrebbe potuto e dovuto essere sanato da una manovra correttiva imposta alle Regioni in corso d'anno [ergo: pagavano le Regioni? e poi? I Comuni? noi con ICI e tasse locali varie? ma dai!]. Il governo Amato l'aveva prevista [immancabile, non avevo infatti alcun dubbio], ma esso rimase in carica sino alle elezioni ed al nuovo governo solo per l'ordinaria amministrazione [che peccato!]; e il governo di centro-destra, nell'agosto 2001 autorizzò le Regioni a differire il rientro [ma allora sono proprio cattivi questi di centro-destra!], e con ciò consolidò il debito ai livelli anzidetti. Il di più è addebitabile interamente alla politica economico-fiscale del governo di centro-destra [ci avrei giurato]. Si può ora passare alla valutazione della finanziaria del 2003. Ogni legge finanziaria, per sua struttura essenziale, si articola su tre capitoli fondamentali: 1) reperimento delle risorse (aumento delle entrate fiscali e/o riduzione della spesa pubblica); 2) distribuzione delle risorse (riduzione delle imposte e/o aumento della spesa pubblica); 3) disavanzo pubblico (emissione di obbligazioni per ripianarlo, ovvero, virtuosamente, contenimento e riduzione del medesimo). [ossia vendita di obbligazioni alla Banca Centrale, che poi rivende i titoli ai cittadini stessi, che vengono tassati per risarcire l'interesse!]

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Premesso che la presente nota viene redatta quando il percorso parlamentare della finanziaria è ancora in atto, si può osservare che il primo capitolo (raccolta risorse) riposa essenzialmente su tre grandi voci: a) forme di condono, per le quali si ipotizza un gettito di circa 8 miliardi di euro; b) esternazione di spese per investimenti (per le quali si prevede una minore spesa per 4 miliardi; c) razionalizzazione e riduzione di spesa della Pubblica Amministrazione (tramite la quale si ipotizzano altri 8 miliardi di euro). Totale 20 miliardi. Le obiezioni a questa parte della manovra sono, sinteticamente, così espresse: a) il gettito del condono è fortemente sovrastimato. Molte piccole e medie imprese hanno avviato un rapporto più leale con il fisco, grazie anche agli studi di settore e alla politica tributaria sviluppata negli anni dell'Ulivo" [chi altri?]: non saranno moltissime a doversi avvalere dello strumento per mettersi in regola. Se si tratterà di "condono semplice" (o meglio, di concordato: con questo termine si intende una transazione tra fisco e contribuente, vale a dire una mediazione tra reddito dichiarato e reddito accertato; ma la transazione vale solo per alcune imposte, il contribuente se ne avvale solo per il passato, e non sono estinti eventuali reati che si accompagnano alla dichiarazione infedele, come potrebbe essere per reati di falso in bilancio, di fatturazioni inesistenti, di violazioni delle norme antinfortunistiche per il caso di sommerso, e simili), gli introiti saranno modesti. Se si vorrà perseguire un gettito più elevato, occorrerà puntare al c.d. condono tombale (che ha le caratteristiche opposte: vale per tutte le imposte, mette al riparo da accertamenti per un certo numero di anni successivi, e si estende ad ogni eventuale reato collaterale): e però un condono di questo genere, oltre ad avere un profondo effetto diseducativo, produrrebbe risultati disastrosi sugli esercizi successivi, in cui il gettito non sarebbe più corrispondente al reddito reale, ma a quello convenuto col condono. b) il trasferimento fuori bilancio delle spese per investimenti è un'operazione illusoria. Qualcuno le opere deve pur pagarle. Se si fa leva sul project financing (cioè sull'affidamento al privato sia del costo dell'opera, sia dei ricavi che dalla stessa verranno), occorre mettere in conto che il privato accetterà solamente se può ripromettersi un profitto: questo può valere per un'autostrada (e anche in tal caso si succhia dal futuro, poiché - al fine di remunerare il privato - la concessione dei pedaggi dovrà essere più estesa di quanto servirebbe allo Stato per ammortare la "sua" spesa). Ma non varrà per le opere non remunerative, o remunerative a scadenza troppo lunga, come potrebbe essere per la costruzione di acquedotti, di ospedali, di carceri e di scuole, per lavori di idraulica o di sistemazione del territorio, che fatalmente saranno accantonati. Se poi si pensa a società costituite ad hoc, che finanziano gli investimenti con capitali presi sul mercato, questo non è altro che un debito collocato fuori bilancio, ma che dovrà comunque essere ripianato dalla collettività. c) la riduzione della spesa delle pubbliche amministrazioni, se si limita ai risparmi e alla razionalizzazione degli acquisti, non è certo in grado di produrre il volume ipotizzato. Per giungere all'ordine di grandezza ipotizzato, e cioè a 4 miliardi di euro, occorre ridurre i trasferimenti ai Comuni ed ai vari Enti locali, occorre tagliare le spese di tutti i ministeri (si veda, infatti, quel che accade in tema di scuola e sanità): occorre, in una parola, ridurre sensibilmente i servizi. Il secondo capitolo (distribuzione delle risorse) è centrato essenzialmente sulla riduzione delle imposte. La riduzione dell'IRPEF e dell'IRPEG è innegabile, e, in quanto tale, deve essere salutata con favore. Ma la prima è ampiamente controbilanciata da alcuni dati negativi, quali:

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a) ne profittano solamente i ceti a reddito molto basso; e questi, per giunta, se incapienti (cioè percettori di un reddito esente da imposta) non possono neppure vantare un credito di imposta per eventuali oneri deducibili; b) non si è provveduto alla restituzione del fiscal drag, come sancito dalle precedenti "finanziarie"; [post-it: se mai tornerà la sinistra al Governo, occorre richiederlo] c) i redditi sono notevolmente ridotti in valore reale dalla pesante inflazione di quest'anno. Basta considerare che un solo punto di inflazione in più, su un volume di spesa di una famiglia media di 25.000 euro, significa una perdita reale di 250 euro, cioè poco meno del beneficio derivante dalla riduzione dell'IRPEF; d) il taglio dei servizi che conseguirà alla politica economica complessiva. Il terzo capitolo (riduzione del deficit) è affrontato attraverso la previsione dei 12 miliardi di euro, che dovrebbero ridurre il disavanzo di quasi un punto, e portarlo nel 2003 all'1,5%. Ma questo varrebbe se il deficit del 2002 fosse davvero del 2,3-2,4%, e non di parecchio superiore, come contestato da Eurostat; e se la crescita del PIL fosse davvero dello 0,6%, come previsto dalla finanziaria, e non verosimilmente inferiore. Se a ciò si aggiunge la probabilissima sovrastima delle entrate da condono, e di quelle da risparmi della P.A., è presumibile che nel prossimo esercizio il rapporto deficit/PIL sia non già vicino allo zero, come avrebbe dovuto essere secondo i piani di rientro, ma gravemente vicino ai limiti del Patto di stabilità. Con forte pressione sull'inflazione, e danno per la competitività del "sistema-Paese".

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NOTA 1 1. Il cittadino versa 100 Euro in una Banca (Locale). Sono 100 Euro reali, veri,

"sudati".

2. Questa Banca porta 95 Euro alla Banca Centrale Nazionale (BCN) e si tiene 5 Euro (cash) per le previste (a livello statistico) operazioni di cassa (ad esempio, prelievi di altri correntisti). Abbiamo supposto 5 Euro perchè la c.d. "riserva frazionaria" è del 5% (in taluni casi è solo del 2%)

3. I 95 Euro vengono depositati presso la BCN (ad esempio, in Italia, la Banca d'Italia, ossia Bankitalia S.p.A. che, ricordiamo è un' Ente Privato, non Pubblico, quindi posseduto da Soci Privati, quali:

• Gruppo Intesa 27,2% • Gruppo San Paolo 17,23% • Gruppo Capitalia 11,15% • Gruppo Unicredito 10,97% • Assicurazioni Generali 6,33% • INPS 5% • Banca Carige 3,96% • BNL 2,83% • Monte dei Paschi di Siena 2,5% • Cassa di Risparmio di Firenze 1,85% • RAS 1,33% • Gruppo La Fondiaria 2% • Gruppo Premafin 2% • il restante capitale non è dato sapere a chi appartiene perchè i soci di

Bankitalia S.p.A. sono segreti! (Queste percentuali sono state ricavate da un'indagine di Famiglia Cristiana e IlSole24Ore con una operazione di "spulcio" tra la contabilità delle "normali" Banche che sono, fortunatamente per noi, ancora dovute a dire dove investono i nostri soldi).

4. Questi 95 Euro sono destinati al "Conto Riserve", ossia sono soldi che servono a comprare Titoli di Stato (esempio Obbligazioni, CCT ecc...). In questo modo la BCN "monetarizza il Debito Pubblico" con soldi del cittadino! Da ricordare anche che solo le BCN (come ad esempio la Banca Centrale Europea - BCE) possono, per legge, stampare le banconote (esempio: EURO). Pagandole pochi centesimi (i costi tipografici e di gestione) e "prestandole" allo Stato al Valore Nominale (detto anche Valore di Facciata) queste Banche Centrali (BCE e Federal Reserve in testa) recepiscono oggi quello che anticamente si chiamava DIRITTO DI SIGNORAGGIO. Esempio: una banconota da 100 Euro alla BCE costa 3 centesimi di Euro e allo Stato 102,5 Euro. 100 Euro è il Valore Nominale della banconota che lo Stato deve restituire alla BCN e 2,5 Euro è il c.d. [NOTA 2] "tasso di sconto" ossia la percentuale che la BCN vuole per effettuare il prestito. Tale valore, tale percentuale viene deciso in modo totalmente autonomo dalla stessa BCN! Ossia

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colui che presta, decide anche a quanto presta!

5. In cambio di questo versamento (95 Euro dalla Banca Locale alla BCN), le Banche Locali ricevono l'autorizzazione (da parte della BCN) di prestare 100 Euro pur avendone solo 5 in cassa.

6. Quindi con i nostri 100 Euro reali la Banca Centrale può acquistare 95 Euro di Titoli di Stato e la Banca Locale può prestare ancora altri 100 Euro al tasso (per esempio) del 10%. Tali prestiti vengono effettuati scrivendo numeri nel computer che gestisci i conti correnti. Stavolta, per la Banca Locale, sparisce anche il costo tipografico (soldi creati da nulla)! Gli interessi (più la restituzione del capitale avuto in prestito) che noi versiamo alla "nostra" Banca Locale sono invece soldi reali in quanto frutto nel nostro lavoro, ossia decine di ore di vita impiegate per determinare un reddito mensile (il nostro stipendio)

7. Intanto lo Stato dovrà restituire il prestito (capitale più interessi) avuto dai Privati delle Banche Private attraverso la raccolta delle tasse sui propri cittadini.

NOTA 3 La famosa finanziaria "lacrime e sangue". In altra sede approfondiremo la Megaspeculazione operata da Soros, plurindagato dalla Giustizia Italiana e considerato un Finanziere Internazionale di Fama NOTA 4 Ricordo al lettore che, secondo me, tutti gli attuali schieramenti politici sono inevitabilmente condannati a fallire qualsivoglia operazione di recupero finanziario almeno fino a che non si manifesti la sincera e operosa volontà politica di ripristinare la Sovranità Monetaria del Popolo, con l'esclusione delle Banche Centrali (quali Giudici Ingiudicabili dalla Nostra Economia) e il contemporaneo diritto dello Stato di emettere la propria moneta. Se il Tesoro conia le monete, perché non può stampare le banconote? NOTA 5

Ricordate le 500 lire di carta, con il Mercurio Alato? Quelle erano del Governo, erano nostre, non dovevamo restituirle a nessuno e nessuno ci chiedeva interessi a fine anno. Non c'era scritto "Banca d'Italia" ma "Repubblica Italiana Biglietto di Stato a corso legale". Le firme sono del Direttore Generale del Tesoro, il Cassiere Speciale e il

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visto della Corte dei Conti. Nelle banconote emesse dalla Banca di Italia, invece, le firme sono del Governatore e del Cassiere, che sono Privati, non fanno parte del Governo.

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Come lo Stato può guadagnare dal signoraggio. (di Sandro Pascucci – www.signoraggio.com)

  In soldoni, è il caso di dirlo, come eliminare le Tasse al Cittadino. Lo Stato Italiano (e gran parte degli altri Stati Sovrani nel Mondo) ha abdicato alla propria Sovranità Monetaria a favore della Banca Centrale (prima Banca d’Italia, ora Banca Centrale Europea). Questi ‘Fantasmi Giuridici’ sono privati, appartengono a Banche Private di Banchieri Privati, e quindi rispetto al Cittadino (ignaro, ignorante, indifeso e spesso indifferente) adoperano la logica del ‘servirsi’ e non del ‘servire’, unico comportamento etico (v. Giacinto Auriti). Come tutte le Corporation, le Banche non sono orientate all’Etica ma al Profitto (v. Domenico De Simone). I politici sono ‘camerieri dei banchieri’ per quei personaggi che hanno saputo ‘vedere’ al di là della cortina di fumo e menzogna che cela la vera realtà del sistema bancario e finanziario dell’Italia e di tutto il Mondo e che si chiama Usurocrazia (v. Ezra Pound). Se lo Stato stampasse la propria moneta, come conia le proprie monetine, si estinguerebbe di colpo il mostruoso Debito Pubblico che grava su tutti Noi, i Nostri Figli e quindi il Nostro Futuro. Si spezza così la catena della schiavitù della moneta-bancaria, catena forgiata dalla creazione dal nulla della moneta-debito (‘ex nihilo’ – v. Maurice Allais). Il Popolo, di nuovo padrone della propria Sovranità Monetaria, tornerebbe a Vivere. Lo Stato tipografo. Facciamo un esempio: lo Stato paga un Dipendente Pubblico 1.400 euro, che in contanti equivale ad un mazzetto di 14 banconote da 100 euro nominali (valore nominale = di facciata, quanto stampato sulla carta-moneta). Attualmente ogni banconota costa allo Stato 100 euro, più gli interessi (mettiamo che il Tasso di Sconto, che è il costo del denaro tra Banca Centrale e Banche Locali, è al 2,5% e che si applichi anche allo Stato). Al Banchiere la stessa Banconota costa 3 centesimi di euro (3 eurocent = 0,03 euro = valore intrinseco = costo di produzione = costo medio della carta, inchiostro, tecniche anticontraffazione ecc…). Il Banchiere ricava 1.435 euro (100 x 2,5% x 14). Il Banchiere spende 0,42 euro (14 x 0,03). Il Banchiere guadagna 1.434,58 euro (1.435 – 0,42) e questo è il signoraggio sullo stipendio di un singolo dipendente. Quanti sono i Dipendenti Pubblici? 3 milioni? Quant’è lo stipendio medio? Quello indicato? Un po’ meno, un po’ di più? Fate voi gli aggiustamenti… Uno stipendio di 1.400 euro ‘costa’ allo Stato 1.435 euro. Lo stesso meccanismo per una strada, un ospedale, un ponte, un carroarmato, un telefono… E queste spese dello Stato vanno saldate, con le Tasse. Calcoliamo, da Bar dello Sport, la Tassa che tutti i cittadini devono pagare per saldare 1.435 euro x 3 milioni di dipendenti pubblici.

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Non facciamoci distrarre e lasciamo ai politici giocare sul fatto se i Dipendenti pubblici sono tanti o pochi o il giusto, e se i ponti servono o non servono, se gli Ospedali e le scuole vanno privatizzate o no. Noi ormai abbiamo capito che anche UN SOLO dipendente costerà sempre più di quanto il poverino intasca. Facciamo due conti: 1.435 x 3.000.000 = 4.305.000.000 euro ! 4,3 miliardi di euro al mese ! e poi ci sono le strade, gli Ospedali ecc… E se lo Stato stampasse i propri soldi? Stampare un mazzetto di banconote che valgano 1.400 euro costa 0,42 euro, ricordiamolo… 0,42 x 3.000.000 = 1.260.000 euro ! Il Pubblico Impiego allo Stato costerebbe 1,6 milioni di euro al mese ! E’ assurdo?!?! 4,3 miliardi di euro contro 1,6 milioni di euro? Quanti contribuenti ci sono in Italia ? Facciamo pagare anche i gatti? Diciamo 30 milioni? Trovate Voi i dati precisi. .. 4,3 miliardi di euro / 30 milioni di tassati = 143 euro! 1,6 milioni di euro / 30 milioni di tassati = 0,05 euro! Con il signoraggio del Banchiere, il Pubblico Impiego costa al Contribuente (attualmente) 143 euro al mese, senza signoraggio invece, solo 0,05 euro al mese. E gli impiegati non perderebbero Potere d’Acquisto perché le banconote sarebbero garantite dallo Stato, quindi dalla comunità tutta, per semplice convenzione, perché la banconota avrebbe il valore che tale convenzione ‘induce’ nella carta. E’ il Popolo che accettando la carta-moneta (per convenzione tra i Cittadini stessi di una Società) ne crea il valore, con il principio dell’induzione, scoperto dal Prof. G. Auriti. Non serve neanche la riserva aurea (in ogni caso e di fatto già assente dal 1971, con la fine degli accordi di Bretton Woods, per volere di Nixon e la chiusura della Gold Window). Stesso discorso per le strade, pensionati, ospedali… Lo Stato pagherebbe le Ditte che fanno le Grandi Opere con moneta propria, non carica di Usura Bancaria. La realizzazione di Servizi e Lavori Pubblici saranno discussioni squisitamente politiche e non economiche. Sarà il consenso popolare a determinare investimenti, senza dipendere da Usurai. Se il Popolo ritiene necessario un ponte, lo Stato stampa i soldi necessari per fare quel ponte. Così non si avrà inflazione perché, a costo zero (spese tipografiche), si crea il bene-moneta per realizzare il ponte, ossia il suo equivalente Bene Reale (concetto base del Credito Sociale. v. L’Isola dei Naufraghi, di Louis Even). Da qui si può partire per creare il Reddito di Cittadinanza, perno concettuale e pratico per slegare il Popolo dalle angherie e ricatti dei Detentori del Potere di Emettere Moneta.

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04/05/2005

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Se non ora, quando? (Marco Onado, 07/06/2004) "La Banca motiva, da sempre, le sue decisioni. Sistematicamente, con la diffusione di relazioni e studi nelle sedi istituzionali, rende conto delle proprie analisi e del proprio operato". Con queste parole il governatore ha risposto, con encomiabile orgoglio istituzionale, a quanti giudicano inadeguata l'accountability della nostra banca centrale. La risposta però coglie solo parzialmente il punto: è vero che la Banca d'Italia segue scrupolosamente norme e tradizioni attuali (e ci mancherebbe, si potrebbe aggiungere), ma occorre chiedersi se queste siano adeguate alla odierna realtà economica e politica in cui operano le banche centrali. Il significato di una parola In un saggio, breve ma molto efficace, un autentico "decalogo" delle banche centrali (1), Tommaso Padoa Schioppa ricorda che essere accountable significa "non solo essere ritenuto responsabile delle proprie azioni, ma anche essere tenuto a giustificare e spiegare azioni e decisioni. L'accountability è un elemento essenziale e costituente di un ordine politico democratico. In tale ordine, le istituzioni che hanno il potere di influire sulla vita e il benessere della comunità devono essere soggette allo scrutinio dei cittadini e dei loro rappresentanti eletti". Se si condivide questa impostazione, le conclusioni da trarre sono almeno due: a) le attuali forme in cui la Banca d'Italia rende conto del proprio operato sono fondamentalmente basate su esposizioni unilaterali, quasi "ex cathedra", come la cerimonia del 31 maggio; b) l'accountability coinvolge il concetto di responsabilità, dunque rinvia anche ai meccanismi di nomina e di funzionamento dei vertici di un'istituzione. La cerimonia del 31 maggio Lasciando da parte il secondo problema, vale la pena di interrogarsi sulle modalità con cui oggi la Banca d'Italia espone pubblicamente le ragioni del proprio operato, a cominciare proprio dalla lettura delle Considerazioni finali. La cerimonia del 31 maggio ha assunto un ruolo fondamentale nella tradizione della Banca d'Italia, soprattutto dai tempi di Guido Carli e si è caratterizzata per due elementi fondamentali: lo spessore analitico delle diagnosi, cui contribuiva un servizio studi che aveva pochi eguali nel panorama delle autorità monetarie dei principali paesi e l'indipendenza del giudizio rispetto alle pressioni di un potere politico sempre più ansioso di dare l'assalto alla diligenza della spesa pubblica. Qualcuno sostiene che la difesa nei fatti fu meno strenua di quella verbale, ma questo nulla toglie al salto di qualità che Guido Carli diede alle Considerazioni finali, trasformando una relazione di bilancio in uno dei documenti più importanti e attesi della vita economica nazionale. L'infame attacco alla Banca d'Italia del 1979 diede l'occasione a Paolo Baffi di aggiungere all'analisi economica una delle pagine più alte di rigore morale e di impegno civile, ma ebbe anche l'effetto di rendere tabù per oltre venti anni qualsiasi ipotesi di modificazione anche formale dei poteri della Banca d'Italia, del suo assetto istituzionale, persino delle sue manifestazioni di accountability.

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Le Considerazioni finali hanno così continuato a svolgersi secondo la tradizione antica: sul piano dell'analisi economica sono stati gli anni del rientro dall'inflazione, del risanamento del deficit e dell'ingresso in Europa. Tre obiettivi centrati, che non erano affatto scontati nel momento in cui Carlo Azeglio Ciampi prese il timone della Banca d'Italia e su cui egli ha fondato con lucida coerenza le Considerazioni finali di quegli anni. Allora, la loro solennità trovava quindi due forti giustificazioni: l'orgogliosa difesa delle tradizioni della Banca; il rilievo dei moniti per la classe politica responsabile dei rischi di dissesto finanziario che il Paese stava correndo in quegli anni. Il fatto poi che quei moniti siano serviti perché gli obiettivi sono stati raggiunti (a differenza di quanto era successo negli anni Sessanta) dimostra che quel rito non era affatto né vuoto né inutile. E, si ripete, se a esso non sono state aggiunte forme di accountability diverse, la colpa va ricercata nell'oscuro disegno che colpì i vertici della Banca negli anni bui della Repubblica. L'esempio di altre banche centrali Va naturalmente ricordato che il governatore e altri membri del Direttorio hanno spesso occasione di presentare al Parlamento, regolarmente o su invito, la posizione della Banca su temi generali (la Legge finanziaria in primo luogo) o specifici, come è accaduto in occasione dell'indagine conoscitiva sulla tutela del risparmio. Ma nessuna di queste forme assume la veste per così dire istituzionale di confronto dialettico sull'operato della Banca. Non accade così in altri paesi. La Banca centrale europea è soggetta a forme di scrutinio molto più penetranti e aperte. Il suo rapporto annuale è infatti rivolto non ai partecipanti al capitale, come da noi, ma al Parlamento, al Consiglio e alla Commissione europea. Il Parlamento può richiedere un dibattito generale sul rapporto annuale. Non solo: come si legge sul Bollettino della Bce (2), l' Eurosistema ha deciso di andare al di là di questi impegni, prevedendo regolari conferenze stampa al termine di ogni riunione mensile del consiglio direttivo. Non meno stringenti sono le forme di accountability della Fed (la banca centrale americana) fissate da una legge il cui titolo è tutto un programma "Government in the Sunshine Act" (che giunge a prevedere la pubblicità di alcune sessione del Board) e dal Federal Riserve Act, che impone una serie di appuntamenti del presidente del Board con varie commissioni parlamentari e un dibattito semestrale sull'azione della Fed. Di tutto questo, si ripete, nella legislazione italiana non c'è traccia e non si vede quale vulnus alla tradizione della Banca d'Italia si avrebbe se l'atto più importante della sua accountability non fosse affidata solo a un monologo nelle dorate sale di palazzo Koch, seguito da altre considerazioni che, per quanto importanti come quelle di quest'anno, sono pur sempre quelle di un soggetto vigilato (nonché azionista). Insomma: le prassi delle banche centrali sono ben diverse da quelle invalse in Italia. Se la fase storica che ha trascinato i suoi effetti velenosi almeno fino alla seconda metà degli anni Novanta, e che aveva fatto accantonare ogni riforma, è definitivamente superata, è ora di adottare assetti istituzionali (in termini di accountability, ma giova ripetere anche in termini di meccanismi di nomina e funzionamento) più vicini a quelli degli altri paesi. Un buon motivo per inserire tutto questo nell'attuale disegno di legge sulla tutela del risparmio è dato da un indimenticabile libro di Primo Levi: "Se non ora, quando?".

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(1) Tommaso Padoa-Schioppa, An institutional glossary of the Eurosystem, intervento alla conferenza "The Constitution of the Eurosystem: the Views of the EP and the ECB", 8 March 2000. Disponibile sul sito www.ecb.int. (2) Bollettino Bce, luglio 1999.

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Prestiti E Finanziamenti: Come Fanno Le Banche A Prestare Soldi Che Non Hanno (http://www.masternewmedia.org/it/2005/04/22/prestiti_e_finanziamenti_come_fanno.htm)

Quando andate in banca per un prestito, dopo che hanno accettato la vostra richiesta ed addebitato la cifra sul vostro conto, vi siete mai chiesti da dove vengano realmente questi soldi? Sapete a chi appartiene il contante che è stato trasferito sul vostro conto? Se un'azione legale collettiva recentemente presentata in Canada vincerà, la risposta a questo quesito potrebbe essere piuttosto semplice: i soldi non arrivano da nessuna parte, perché non sono mai esistiti. Sono stati creati dal nulla, semplicemente inserendo alcuni dati sul vostro conto corrente, tramite il sistema computerizzato della banca. Non c'è stata nessuna operazione di borsa, nessuna risorsa derivante da investimenti, né contante utilizzato. Quindi una questione piuttosto fastidiosa potrebbe cominciare a tenere svegli la notte i capi delle banche mondiali, per ottenere un cambiamento. Se è vero che, come sostenuto dall'azione legale, queste transazioni derivano dalla contraffazione o dal riciclaggio di denaro (in quanto i soldi trasferiti nei conti dei clienti che richiedono prestiti non possono essere rintracciati, né giustificati), quando sarà il momento, per milioni di debitori Canadesi, di ripagare il prestito o gli interessi - loro, almeno in teoria, non dovranno - dal momento che il contratto originale per il prestito sarebbe ritenuto illegale, o nullo, od annullabile. L'avvocato John Ruiz Dempsey, specializzato in criminologia e dibattito forense, ha intentato un'azione legale collettiva per conto dei Cittadini del Canada asserendo che le istituzioni finanziarie sono coinvolte nella creazione illegale di denaro. L'accusa, presentata venerdì 15 Aprile 2005 presso la Corte Suprema dello stato di British Columbia, a New Westminster, afferma che tutte le istituzioni finanziarie che erogano prestiti, sono coinvolte in uno schema intenzionale di frode dei debitori, prestando denaro inesistente, creato illegalmente "dal nulla" da parte di tali istituzioni. La causa, la prima di questo tipo mai presentata prima in Canada, potrebbe coinvolgere milioni di Canadesi, sostiene che i contratti stipulati tra i Cittadini (debitori) e le istituzioni finanziarie sarebbero nulli od annullabili e non avrebbero né forza, né effetto, per violazione anticipata e per non aver giustificato le operazioni. Dempsey sostiene che le transazioni derivano dalla contraffazione e dal riciclaggio di denaro, in quanto tale denaro, se fosse stato davvero anticipato e depositato nei conti correnti dei clienti, non può essere rintracciato, né giustificato, né rendicontato. L'Agente della Comunicazione Sepp Hasslberger riporta in dettaglio tutta la storia. Scoprite cosa ha da dire in merito. Articolo originale pubblicato da Francis Good in data 20 Aprile 2005 Pubblicato da Chiara Monetti Il Venerdì Aprile 22 2005

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Il bicchiere in frantumi (…e il latte versato) E se la nostra vita fosse in pericolo a causa di ciò che crediamo sia sano? (di John Kaminski - http://ilsignoraggio.blogspot.com/2005/03/ehi-americano-apri-gli-occhi.html) Nell’oscurità l’unico suono percepibile era la voce di una donna al telefono intenta a delineare il suo programma atto a risvegliare una cittadinanza addormentata attraverso l’accurata versione video del crimine del secolo. Ma quando un uomo ascolta una donna, spesso finisce per non udire più le parole perchè perso tra le trame indefinite delle proprie memorie. Mi rivedo nella cucina della mia infanzia cinquant’anni orsono. L’enorme bicchiere di latte che prendevo prima di andare a letto era caduto accidentalmente sul pavimento della cucina, ed il suo contenuto si era rovesciato creando una macchia informe tipo test di Rorschach in bianco sul linoleum a scacchi. Mi piaceva il latte, le dissi. Ma dalla voce in linea trapelava il disappunto: nessun animale adulto beve latte; non fa bene, in quanto l’eccesso di proteine imputridisce nel tratto digestivo catalizzando ogni sorta di sostanze debilitanti. E così abbiamo appreso che quell’alimento che credevamo tanto prezioso per il nostro benessere può invece essere fonte insospettata di malesseri vari, per non parlare di malattie gravi. Quest’immagine passeggera, il ricordo di un bicchiere andato in frantumi porta alla realizzazione di come, in mancanza di un’informazione corretta, siamo noi stessi a mettere a repentaglio le nostre vite per mera ignoranza dei fatti di base. L’immagine ha preso forma nei miei pensieri all’ascoltare il discorso della donna circa la necessità di convincere la gente del fatto che i responsabili dell’11/9 altri non sono che i nostri stessi leaders. Un lavoretto interno ai danni del popolo americano. Da qui la seguente considerazione: quello che pensavamo essere buono e puro può rivelarsi, in mancanza di un’informazione adeguata, un veleno che ci troviamo a buttar giù spontaneamente e volentieri. Mi sono soffermato a lungo sul trauma lancinante che è stato l’11/9: chiave per comprendere passato e futuro della storia d’America. Se scegliete di accettare la versione ufficiale di questi eventi orribili, continuate ad ingerire un veleno che ha già ucciso milioni di persone innocenti e che continuerà a farlo. Quando inizierete a prenderete in considerazione l’ipotesi che siano stati i nostri leaders ad orchestrare con fredda determinazione l’intera tragedia semplicemente per portare avanti i loro avidi propositi, scoprirete un retroscena sconvolgente riguardo al comportamento predatorio degli Stati Uniti, lungo la sua mistificata storia sanguinaria, ma anche ovviamente in relazione ad un futuro terrificante basato su quanto i leaders d’America assetati di potere hanno pianificato per il resto del mondo nei mesi e negli anni a venire. Eppure la maggioranza degli americani, distratti volentieri da preoccupazioni più terra terra come bambini e conti in banca, non possono – o non vogliono – accorgersene, nonostante la valanga di prove che potrebbero, se potessimo contare su un sistema giudiziario non corrotto, condannare migliaia di uomini ricchi e famosi per crimini decisamente gravi. Limitati intellettualmente grazie ad un sistema d’istruzione fatto su misura per tutti e costantemente sviati da media da baraccone che ignorano deliberatamente fatti negativi quali le elezioni prestabilite e le medicine tossiche, buona parte del popolo americano semplicemente non riesce a concepire come i suoi leaders possano essere gentaglia simile, alla stregua di criminali sociopatici.

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Come avrebbe mai potuto il Presidente Bush, che fa fremere i cuori delle signore dai capelli azzurrini di tutta l’America e invia comitive di predicatori superficiali coi loro sermoni da visionari falsati ad hoc, aver diretto l’assassinio di 3.000 americani solo per raggiungere a modo suo degli obiettivi geopolitici? Per molti americani che hanno giurato devozione alle chiese e al loro paese, l’idea è troppo assurda per essere presa sul serio. Eppure questa devozione, basata su informazioni false è per molti (compresi quei molti americani che sono stati persuasi a combattere fisicamente per la patria) uno sbaglio fatale. Tuttavia quando apriamo le nostre menti all’infinita sequela di menzogne - le torri che non potevano crollare a seguito di un impatto aereo, le telefonate che non potevano essere effettuate con la tecnologia attuale, i cosiddetti arabi mai apparsi sulle liste passeggeri (presumibilmente musulmani devoti che mangiavano carne di maiale e frequentavano gli spogliarelli), l’edificio crollato senza una ragione, la difesa aerea che non riesce ad intervenire, le bugie deliberate, l’ostruzionismo sulle indagini, i video confiscati e le cassette che avrebbero chiaramente dimostrato quanto accadde, e vari altri frammenti del quadro che non quadreranno mai anche in milioni di anni, nutriamo il sospetto che sotto ci sia qualcosa di profondamente sbagliato, al di là da ogni credo professato. Che la pura verità e nient’altro che la verità ci sia stata negata. Inoltre ricordiamo frammenti di storia che ancora non riusciamo a mandar giù. Si scoprono i retroscena. Lo storico Williamo Blum resta il migliore nel descrivere queste questioni. “Dal 1945 al 2003, gli Stati Uniti hanno cercato di soverchiare più di 40 governi esteri, e di schiacciare più di 30 movimenti populisti-nazionalisti in lotta contro regimi intollerabili. Nel loro intento, gli U.S.A. hanno bombardato almeno 25 paesi, provocando la morte di svariati milioni di persone, e condannandone molti altri ad un’esistenza di agonia e stenti”. Tuttavia non occorre passare in rassegna i libri di storia per assaporare l’amaro boccone fatto di genuina storia americana. Basta solo lasciar perdere i quotidiani e guardare altrove per imbattersi in notizie inalterate circa i genocidi americani che stanno avendo luogo proprio oggi in Palestina, Iraq, Haiti, Colombia, Serbia, Afghanistan e per tutta l’Africa e Asia. Questo per farsi un’idea precisa sul modo in cui l’America funziona veramente. E’ sempre uno shock per me constatare che la maggioranza della popolazione americana attuale non era ancora nata ai tempi del Watergate, figuriamoci durante l’ondata di assassinii dell’anni sessanta – tutti messi a punto dalla medesima fazione demoniaca del governo U.S.A. che esercita i suoi impulsi assassini su tutti noi al giorno d’oggi. Dunque per voi giovani vittime del sistema scolastico pubblico americano lasciatemi raccontare solo un poco della storia contemporanea del vostro paese che forse, presi dal vostro coma consumistico indotto dai media, vi è sfuggita. Pochi americani sanno che il coinvolgimento dell’America nella Prima Guerra Mondiale è scaturito dal raggiro volontario passato alla storia come l’affondamento del Lusitania: nave passeggeri che venne silurata da un sottomarino U-boat tedesco. L’episodio mutò la posizione dell’opinione pubblica in America che da neutrale si proclamò favorevole alla guerra. Furono 128 gli americani che persero la vita e l’America entrò così in guerra ma solo dopo aver provveduto a nascondere che il Lusitania trasportava munizioni in Gran Bretagna e che la notizia era stata fatta trapelare di proposito all’intelligence tedesca per assicurarsi un’indignazione esemplare da parte della dignità americana. Diversi storici reputano che questo periodo abbia in realtà segnato il tramonto della repubblica visto che il più importante atto legislativo mai approvato nella storia americana, il Federal Reserve Act, ha da allora concesso il controllo della moneta ai

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banchieri privati, i quali non hanno mai smesso di istigare conflitti al solo scopo di fare un sacco di soldi. Questo processo rimane pietra angolare dell’economia americana ed è ragione per cui puoi crogiolarti nelle tue auto inflitte trivialità mentre il resto del mondo piange per sempre milioni di morti ammazzati a causa della macchina da guerra americana. La Seconda Guerra Mondiale ha avuto inizio da un processo praticamente identico. Gli americani non volevano saperne di prender parte ad un ennesimo conflitto europeo, ma adesso sappiamo che Franklin Roosvelt provocò i giapponesi al punto da indurli ad attaccare Pearl Harbor, fornendo l’indispensabile presupposto d’oltraggio e il sostegno a quei milioni che andavano a morire affinchè i banchieri potessero far soldi con la migliore fabbrica di denaro di tutte: quella della guerra. Poi ci fu il Vietnam. Ne avrete già sentito parlare. Il famoso incidente del Golfo del Tonchino, nel quale a quanto pare i vietnamiti aprirono il fuoco contro una nave U.S.A., non è mai accaduto. Un episodio inventato di sana pianta ha innescato vent’anni di sofferenza per tutti e ammazzato fino a quattro milioni di persone. Tuttavia i banchieri che diedero inizio a questi fatti finirono per far la figura dei banditi che sono. Prestarono addirittura soldi ai russi per la fornitura di armi ai Viets al solo scopo di prolungare il più possibile quell’operazione lucrosa. La maggior parte di voi ricorderanno ancora Saddam, l’informatore iracheno messo al potere dagli americani e, trent’anni più tardi, additato come l’incarnazione di Adolf Hitler.I nostri leaders ci hanno detto che Saddam possedeva armi di distruzione di massa e così l’abbiamo bombardato. Adesso sappiamo che tali armamenti non li ha mai posseduti, ciò nonostante continuamo a borbardare. Ci hanno detto che i malefici fautori dell’11/9 si erano nascosti in Afghanistan e allora abbiamo bombardato. Quando si è presentata l’occasione per catturarli non l’abbiamo voluto fare e anzi abbiamo continuato a bombardare. Che razza di bugie andate contandovi, che l’America è la terra della libertà e la casa dei coraggiosi? Raccontate ancora queste storie ai vostri figli? L’America è la terra di razzisti assassini di massa. E voi sventolate le vostre bandierine e sorridete mentre il resto del mondo sanguina! Se l’11/9 rappresenta la chiave per capire la storia d’America, la vostra stessa ignoranza su come l’America si è comportata nel tempo è la chiave per capire come l’America stia da sempre violentando e prostituendo il mondo. E voi sorridete. Col vostro silenzio, ci rendiamo tutti complici di questi crimini, perchè noi abbiamo eletto questi folli. Ognuno di loro. I veri folli siamo noi. Comprendere tutto questo e quanto accaduto nelle vicende americane all’estero è possibile facendo luce sui fatti dell’11/9. L’America avvista un bene prezioso di suo interesse, si mette d’accordo coi pezzi grossi delle corporazioni su come rubare tali ricchezze per conto dei grandi donatori in campagna elettorale, s’inventa una storia falsa circa gravi minacce al popolo americano e poi se ne va ad uccidere milioni di persone. L’America uccide i suoi stessi figli e figlie a migliaia solo per il gusto di far sembrare vero quello che racconta. E voi sorridete. Ecco la chiave per capire. La vostra complicità in un omicidio di massa. Guardatevi allo specchio. E rendetevi conto che vostro standard opulento di vita altro non è che il risultato diretto di tutte quelle persone che sono state ammazzate, che stanno morendo adesso mentre stiamo parlando, nel vostro nome. Voi siete gli assassini di massa. E voi sorridete. E mentite davanti a quanto è accaduto veramente. Così si fa in America. E’ sempre stato così. Facciamo un brindisi allora. Alla vera giustizia d’America. Alla storia vera. Al vostro meraviglioso stile di vita. Levate la coppa di champagne in onore dei valorosi eroi che difendono la nostra libertà e democrazia per il mondo. Poi lasciate che il bicchiera vi sfugga di mano e s’infranga sul pavimento della cucina. Adesso potete scegliere – o meno – di vedere il sangue ai vostri piedi.

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John Kaminski Fonte: www.johnkaminski.com [email protected] 8.02.05 Traduzione per www.Comedonchisciotte.net a cura di Kolder

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Ecco lo zio Sam - senza niente addosso - che si pavoneggia per la Cina e per il mondo Osservato dalla Grande Muraglia attraverso lo sguardo del ragazzino innocente 27 febbraio 2005 - Sito web di André Gunder Frank (http://www.mclink.it/personal/MC0823/eccoloziosam.html e http://www.zmag.org/Italy/gunder-frank-zio-sam.htm) Ecco a voi lo zio Sam - senza niente addosso Lo Zio Sam si è tirato indietro e si è rivelato inadempiente sul 40% del proprio debito estero multimiliardario (in dollari), e nessuno ha detto una parola, salvo una riga sull'Economist. In parole povere, questo significa che lo Zio Sam gestisce con il suo dollaro autoprodotto una truffa mondiale basata sulla fiducia carpita e ricevuta da altri in tutto il mondo, ed è anche un insolvente in quanto non onora né restituisce i soldi che ha ricevuto. Quanto abbiamo perso della nostra quota di dollari dipende da quanto noi, i creditori, abbiamo originariamente pagato per averla. Lo Zio Sam ha lasciato cadere, o piuttosto con le sue deliberate politiche economiche ha spinto al ribasso il suo dollaro del 40%, da 80 cent al suo punto massimo a 135 cent per un euro. Il dollaro è sceso di un coefficiente analogo rispetto allo yen, allo yuan e ad altre valute. E sta calando ancora, anzi è pronto a crollare del tutto. Anche negli anni '30 vi fu un'ondata di svalutazioni competitive, chiamata la "politica del rubamazzo" di spostare i propri costi sui propri vicini. È vero che, come il dollaro è diminuito, è diminuito anche il valore reale che gli stranieri pagano per il servizio del loro debito nei confronti dello Zio Sam. Ma questo funziona solo se loro stessi possono guadagnare in valute che abbiano aumentato il proprio valore nei confronti del dollaro. Altrimenti gli stranieri guadagnano e pagano con lo stesso dollaro svalutato, e anche questo con qualche perdita dovuta alla svalutazione fra il momento in cui hanno ricevuto i propri dollari e il momento in cui li ripagano allo Zio Sam. La Cina ed altre nazioni dell'Estremo Oriente guadagnano in dollari, a cui hanno agganciato le proprie valute, e così hanno già perso una cospicua parte della loro quota di dollari, di gran lunga la più grande del mondo. E, come tutti gli altri, perderanno anche il resto. Questo perché il debito dello Zio Sam con il resto del mondo già ammonta a più di un terzo della sua produzione interna annua, e sta crescendo ancora. Già questo rende il suo debito economicamente e politicamente mai rimborsabile, anche se volesse farlo (e ovviamente non vuole). Il debito interno, ad esempio l'indebitamento dei consumatori con le carte di credito e le ipoteche, è di quasi il 100% del consumo, compreso quello proveniente dalla Cina, e del prodotto interno lordo (PIL). Il debito federale dello Zio Sam è ora di 7500 miliardi di dollari USA, accumulati tutti meno mille miliardi negli ultimi tre decenni, gli ultimi 2000 miliardi negli ultimi otto anni, e gli ultimi 1000 miliardi negli ultimi due anni. Ahimé, ciò costa più di 330 miliardi di dollari l'anno in interessi, rispetto ai 15 miliardi spesi per la NASA. Ma non vi preoccupate: il Congresso ha appena aumentato il tetto del debito a 8200 miliardi di dollari. Per aiutarci a visualizzare, 1000 miliardi di dollari in biglietti da 1000 dollari strettamente impacchettati equivarrebbero a un palazzo di 40 piani, dunque 7500 miliardi sarebbero 300 piani ovvero circa tre volte l'altezza dell'Empire State Building. Quasi metà di questo debito è con stranieri. Tutto il debito dello Zio Sam, compreso l'indebitamento delle famiglie di circa 10000 miliardi di dollari, più il debito aziendale e finanziario, con le loro opzioni, prodotti derivati e simili, e il debito pubblico dei singoli Stati degli USA e degli enti locali arriva a 37000 inimmaginabili miliardi di dollari, per aiutarvi un Empire State Building di 1480 piani, e quasi quattro

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volte il PIL dello Zio Sam. Che quest'ultimo l'anno scorso abbia emesso un semplice record di 140 miliardi di dollari di obbligazioni-spazzatura ad alto rendimento deve sembrare pochino, anche se sono ch! iamate così perché sono (solo!) le prime da non onorare, dopo o mentre si gonfiano i debiti al consumo e ipotecari e aziendali. Solo parte di questo debito e del suo futuro default può essere gestito internamente, ma, per lo Zio Sam, con limiti pericolosi che tratterò più avanti. Questa è solo una delle ragioni per cui voglio che conosciate lo Zio Sam, il truffatore insolvente, che potrebbe ricordarvi il film Vi presento Joe Black; poiché man mano che lo conoscere meglio più avanti, scopriremo che è anche uno Shylock, e per giunta corrotto. La guerra fredda dello zio Sam, guerra per procura della guerra del nord-ovest contro il sud Prima di proseguire, traduciamo questa baraonda di numeri in un linguaggio comprensibile. Ciò venne già fatto nel 1948da George Kennan, altrimenti noto come il Sr. X, l'architetto della politica del contenimento dello Zio Sam: noi abbiamo la metà circa della ricchezza del mondo[...] ma solo il 5 per cento della sua popolazione[...] In questa situazione [...] il nostro vero lavoro nei prossimi anni è inventare un modello di rapporti che ci permetta di mantenere questa posizione di disparità [...] per farlo dobbiamo eliminare ogni sentimentalismo e fantasticheria, [...] concentrarci ovunque sui nostri obiettivi nazionali immediati [... e] operare con semplici nozioni di potenza. Meno siamo intralciati da slogan idealistici, meglio è [Department of State Policy Planning Study No. 23, 1948]. Naturalmente, questa affermazione era solo ad uso e consumo interno privato dello Zio Sam. Per il resto del mondo, compresa la maggior parte degli Zii Sam, gli "slogan idealistici" andranno meglio, finché non ci intralciano, naturalmente. Poiché sono loro che manifestano la più grande truffa piramidale gestita in tutto il mondo dallo Zio Sam. In che altro modo "mantenere questa disparità"? La nuda potenza aiuta, ma non basta. Tanto più che, da quando scriveva il Sr. X, la distribuzione del reddito mondiale già allora terribilmente ingiusta è diventata circa tre volte più INiqua. Per l'oggi, considerate solo questo semplice indicatore: 265 MILIONI di Zii Sam consumano più petrolio, il 22 per cento del totale mondiale, di oltre tre MILIARDI di asiatici, che tutti insieme mettono insieme il 20 per cento - e ne vogliono di più, specialmente i Cinesi. Naturalmente lo Zio Sam incide anche su una quota di proporzioni analoghe sulla Buon Terra. Per aiutarsi fa affidamento anche sul ! Pentagono, che per soprammercato è lui stesso probabilmente il maggiore e meno osservato inquinatore di tutti. Questa osservazione indica anche una continuità al di là di quell'altro muro, quello che cadde a Berlino nel 1989. In quanto mostra che il Contenimento da Guerra Fredda del Sr. X non era solo o anche in primo luogo contro i russi, ma anche un Contenimento dell'altro 95 per cento del mondo e specialmente della vasta povera maggioranza che soffre di più dalla disparità che osservava. Anzi, lo stesso Sr. X suggerisce che la Guerra Fredda Ovest-Est, che fu determinante nell'avviare già come ambasciatore a Mosca dello Zio Sam, era in larga misura una guerra per procura della vera guerra Nord (e specialmente Zio Sam) - Sud per quella metà, o per entrambe le metà, della ricchezza del mondo. Così, questo dovrebbe lasciarci meno sorpresi per il fatto che l'erroneamente previsto "dividendo della pace" non si sia materializzato dopo che quel piccolo muro cadde nel 1989. L'altra guerra, o quella vera, continua ed assume solo altre forme o piuttosto etichette, per i "diritti umani", la "! democrazia", il "libero mercato" e il "libero scambio", la "libertà" in generale, anzi perfino la "civiltà", gli

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ultimi dei quali sono tutti echi del "fardello dell'uomo bianco" del 19° secolo. Aggiungete solo qualche nuovo "contro", prima il "narcoterrorismo" da parte di Bush Papà contro Noriega, e ora semplicemente l'indefinito "terrorismo" da parte di Bush Figlio contro chiunque "non è con noi". Dimenticavo le "armi di distruzione di massa", quelle che lo Zio Sam ha e usa di più, ah, e le armi di inganno di massa che lo Zio Sam usa alla grande. Questa naturalmente è una condizione sine qua non di qualsiasi truffa, e ora quella che gestisce è la più grande del mondo, come osserveremo fino alla nausea, cominciando proprio adesso. Lo zio Sam vive nel lusso a spese di tutto il mondo e del lavoro cinese Gli Stati Uniti sono la nazione più privilegiata del mondo, avendo il privilegio monopolistico di stampare a volontà la valuta di riserva mondiale a un costo nullo, a parte quello dell'inchiostro e della carta su cui è stampata. Inoltre, così facendo, lo Zio Sam può esportare all'estero l'inflazione che la sua irresponsabile stampa di dollari genera. Infatti nel resto del mondo ce ne sono in circolazione già più del triplo che nella loro patria. In più, è anche l'unico paese il cui debito "estero" è denominato principalmente nella propria valuta La maggior parte del debito degli stranieri è denominato in questi stessi dollari, però questi devono comprarli dallo Zio Sam con la loro valuta e con beni reali. Così lo Zio Sam semplicemente paga i Cinesi e gli altri essenzialmente con questi dollari che già cominciano a non avere un valore reale al di là di quello della carta e dell'inchiostro. Così, specialmente la povera Cina da via per nulla allo Zio Sam centinaia di miliardi di dollari di valore di beni reali prodotti in patria e consumati dal ricco Zio Sam. Poi la Cina scambia di nuovo questi stessi biglietti cartacei in cambio di altri dollari cartacei dello Zio Sam chiamati Titoli del Tesoro, che valgono ancora di meno, eccetto per il fatto che rendono una percentuale di interessi. Poiché, come abbiamo già osservato, non potranno mai essere liquidati o riscattati totalmente o anche solo in parte, e comunque hanno già perso buona parte del loro valore a favore dello Zio Sam. In un precedente saggio, ho sostenuto che la potenza dello Zio Sam si fonda solo su due pilastri, il dollaro cartaceo e il Pentagono. Ognuno sostiene l'altro, ma la vulnerabilità di ognuno è anche un tall! one d'Achille che minaccia la vitalità dell'altro. Dopo di allora l'Iraq, per non menzionare l'Afghanistan, ha mostrato che buona parte della fiducia nel Pentagono è mal riposta, Ciò ha contribuito a ridurre fiducia nel dollaro ed anche il suo valore, e questo a sua volta ha la capacità dello Zio Sam di usarlo per finanziare le sue avventure all'estero del Pentagono(COUP d' ETAT AND PAPER TIGER IN WASHINGTON, FIERY DRAGON IN THE PACIFIC, che evoca anche la crescita produttiva della Cina http://rrojasdatabank.info/agfrank/new_world_order.htmlcoup). Inoltre, dobbiamo renderci conto che i numeri relativi allo Zio Sam che ho citato prima e che citerò più avanti sono anche, tutti, letteralmente relativi. Fin'ora i rapporti con altri paesi, in particolare con la Cina, ancora favoriscono lo Zio Sam, ma contribuiscono anche a mantenere un'immagine ingannevole. Considerate quanto segue: Un giocattolo da 2$ che esce da una fabbrica di proprietà USA in Cina è una spedizione da 3$ che arriva a San Diego. Quando un consumatore USA lo compra per 10$ da Wal-Mart, l'economia USA registra 10$ in vendite finali, meno 3$ di costi di importazione, per un'aggiunta di 7$ al PIL degli USA (Blaming "undervalued" yuan wins votes [Dare la colpa allo yuan "sottovalutato" fa guadagnare voti], Asia Times Online, February 26, 2004)

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Inoltre, il sempre sveglio Zio Sam ha organizzato le cose in modo da guadagnare il 9% dalle proprie proprietà all'estero, mentre gli stranieri guadagnano solo il 3% dalle loro, e solo l'1% reale sui loro Certificati del Tesoro USA, investiti nel Paese di Dio dello Zio Sam. Osservate che questa differenza di 6 punti percentuali è già il doppio di quanto lo Zio Sam paga, e che il suo incasso totale del 9% è il triplo del 3% che ridà. Quindi, anche se le reciproche proprietà all'estero degli stranieri e dello Zio Sam ora sono più o meno uguali, lo Zio Sam è ancora il grande vincitore al netto degli interessi/interessato, proprio come qualsiasi Shylock, solo che nessun altro ha mai fatto un affare così grande. Ma lo Zio Sam guadagna poi piuttosto bene, grazie, da altre proprietà all'estero, ad esempio da pagamenti per servizi ad opera principalmente di debitori esteri poveri. Le somme coinvolte non sono bazzecole. Solo dai suoi investimenti diretti in beni immobiliari all'estero, i profitti dello Zio Sam ora sono pari al 50% (e compresi i suoi introiti da altre proprietà all'estero sono un 100% tondo) dei profitti derivati da tutte le proprie attività interne combinate! Questi introiti dall'estero aggiungono più del 4% del prodotto interno nazionale dello Zio Sam. Questo aiuta abbastanza a compensare la carenza di profitti interni, che devono ancora recuperare anche solo il proprio livello del 1972. Questo perché lo Zio Sam non ha fatto abbastanza investimenti davvero buoni in patria per aumentare la produttività e quindi i profitti. Questo profitto extra derivante dagli stranieri compensa anche buona parte del deficit commerciale ancora in crescita dello Zio Sam, adesso ad oltre ! 600 miliardi di dollari l'anno [oggi è stato annunciato che il mese scorso era a un livello di 666 miliardi di dollari su base annua]. Questo ha prodotto le migliaia di miliardi di dollari [si dice che siano tre] del suo debito estero. Però lo Zio Sam gioca a carte molto coperte ed è comprensibilmente riluttante a fare qualsiasi rivelazione ufficiale di quanto sia veramente alto [più dell'Empire State Building in biglietti da 1000$?] il suo debito estero. Tuttavia, possiamo stare sicuri che il suo debito estero lordo è di gran lunga il maggiore del mondo e resta tale anche come debito estero netto, anche se deduciamo cioè i debiti che gli stranieri hanno con lui. La montatura pubblicitaria della produttività della "new economy" del presidente Bill Clinton negli anni '90 era limitata ai computer e alle tecnologie dell'informazione e anche questo si è rivelato un inganno quando la bolla di Internet è esplosa. Inoltre, non solo l'apparente aumento dei "profitti" ma anche quello della "produttività" alla base veniva gonfiato dall'aumento dei ritmi di lavoro e/o dagli orari più lunghi (a parità di retribuzione) degli operai, degli impiegati e dei commessi. WAL-MART obbliga con la minaccia del licenziamento i suoi lavoratori non iscritti a sindacati [non ne permette] a timbrare il cartellino all'uscita e poi a tornare a lavorare senza essere pagati. Al vertice produttività e profitti venivano aumentati dalle montature della "contabilità creativa" ad opera di Enron, Worldcom, Arthur Andersen ed altri loro pari impegnati in imposture. Lo zio Sam non può salvarsi: è schiavo del consumo e di altre droghe Potremmo ben chiederci, perché mai tutto questo? La semplice risposta è che lo Zio Sam, che è sempre più schiavo del consumo per non nominare droghe più pesanti, risparmia non più dello 0,2 per cento del proprio reddito. Il guru della Fed, il Dr. "adesso lo vedi - e adesso non lo vedi" della magia finanziaria e mediatica, Alan Greenspan ha osservato di recente che è così, perché il 20 per cento più ricco degli Zii Sam, che sono gli unici che risparmiano, hanno ridotto i propri risparmi al 2 per cento. Eppure, perfino questi miseri risparmi [altri e più poveri paesi risparmiano e perfino

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investono il 20, 30, 40 per cento del proprio reddito] sono più che controbilanciati dal deficit di spesa del 6 per cento del governo dello Zio Sam, che agisce così ampiamente a loro vantaggio. È questo che porta la media fra i due a quello 0,2 per cento. Così lo Zio Sam ha un deficit di bilancio pubblicato di oltre 400 miliardi di dollari, che in realtà è di oltre 600 miliardi se contiamo, c! ome dovremmo, i 200 e rotti miliardi che lo Zio Sam "prende in prestito" dal surplus temporaneo nel fondo della propria Sicurezza Sociale Federale che sta anche mandando fallita. Ma non importa, lo Zio Sam Presidente Bush ha appena promesso di privatizzarne buona parte e di permettere alla gente di comprarsi la "sicurezza" per la propria vecchiaia sul sempre insicuro mercato. Il ricco Zio Sam, e in primo luogo i più ricchi sfondati fra i suoi percettori di reddito e consumatori così come naturalmente il Grande Zio nella stessa Washington, vivono a spese del resto del mondo. Oltre che stampando la moneta mondiale, lo Zio Sam ottiene questo anche con i suoi "deficit gemelli", prima il suo deficit di bilancio di oltre 600 miliardi di dollari e poi il summenzionato connesso deficit commerciale di oltre 600 miliardi, ora a un livello annuo di 666 miliardi di dollari, come abbiamo visto. Con questi deficit, lo Zio Sam assorbe i risparmi di altri che stanno più in basso - spesso molto più in basso - sulla scala: in particolare, le loro banche centrali piazzano molte delle loro riserve nella valuta mondiale del dollaro nelle mani dello Zio Sam a Washington, e alcuni anche in dollari in patria. I loro investitori privati inviano dollari a Wall Street o vi comprano delle attività, tutti nella fiducia di riporre le loro risorse nel riparo dello Zio Sam più ! sicuro al mondo [e che naturalmente fa parte della truffa di cui sopra]. Solo dalle banche centrali, vediamo somme annue di oltre 100 miliardi di dollari dall'Europa, oltre 100 miliardi dalla povera Cina, 140 miliardi dal super-risparmiatore Giappone, un importo di molte decine di miliardi da molti altri per il mondo. Questo include anche investitori e banche dal povero Terzo Mondo. Come lo Zio SAM crea e riscuote il Debito del Terzo Mondo Inoltre, lo Zio Sam obbliga poi gli stati nel Terzo Mondo ad agire come agenzie di riscossione o perfino come gorilla recupero crediti, dove i gorilla sono quelli mandati a ricuperare la proprietà del Padrino con qualsiasi mezzo. Solo che in questo caso non è nemmeno questo, dato che sta semplicemente prendendo nuovi possessi, dal momento che il debito originale è stato ripagato da molto tempo. Gli stati aumentano le tasse e le tariffe per la popolazione ma diminuiscono la spesa sociale relativa a educazione e sanità per stornare fondi in patria per pagare il debito estero. Prendono anche in prestito a loro volta dal capitale privato in patria ad alti tassi di interesse che lo stato paga ai prestatori ricchi, ma con le tasse riscosse dai poveri. In questo modo, il reddito viene "riciclato" dai poveri ai ricchi in patria, così come da questi poveri attraverso il debito estero a gente ancora più ricca all'estero. Questi risparmi letteralmente forzati dei poveri vengono quindi ! inviati dallo Zio Sam sotto forma di "servizio" del debito in dollari che gli è "dovuto". Privatizzazione è il nome del gioco nel Terzo Mondo come altrove, eccetto che per il debito! Solo il debito è stato socializzato dopo che era stato contratto principalmente da aziende private, ma solo lo stato aveva abbastanza potere da spremere la massa del pagamenti di arretrati dalla pelle dei suoi cittadini poveri e delle classi medie e trasferirla come "pagamenti di servizi invisibili" allo Zio Sam. Quando ai messicani fu detto di stringersi ancora di più la cinta, risposero "non possiamo perché ce la siamo già mangiata ieri". Solo l'Argentina e per un po' la Russia hanno dichiarato un'effettiva moratoria sul "servizio" del debito e questo solo dopo che politiche economiche, imposte da consiglieri dello zio Sam e dal suo gorilla FMI avevano distrutto le loro intere società come mai prima in tempo di "pace". Il Segretario al Tesoro dello Zio

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Sam e la sua servetta, l'FMI, hanno allegramente continuato a pavoneggiarsi per il mondo insistendo che il Terzo - e l'ex-Secondo, ! ora anche lui Terzo - Mondo naturalmente continuino nel servizio dei suoi debiti esteri, specialmente quelli contratti con lui. Non importa che con i tassi di interesse moltiplicati di varie volte dallo stesso Zio Sam dopo il colpo di stato nell'ottobre 1979 di Paul Volker, della Fed, la maggior parte dei debitori ha già rimborsato i propri prestiti originali di tre o cinque volte. Questo perché per pagare a quei tassi di interesse che Volker aveva alzato fino al 20 per cento, avevano dovuto prendere in prestito ancora di più a tassi più alti finché il loro debito estero in sofferenza si era raddoppiato e triplicato. E così il loro debito interno da cui parte dei pagamenti esteri erano stati raccolti, come in particolare in Brasile. Tutto questo, mentre lo stesso Zio Sam è allegramente inadempiente verso il proprio debito estero, come ha già fatto varie volte prima nel 19° secolo. Parlando di questo, potrebbe essere opportuno ricordare almeno due consigli da quell'epoca: Lord Cromer, che amministrò l'Egitto per gli interessi imperiali britannici allora dominanti disse che il suo strumento più importante per farlo erano i debiti dell'Egitto nei confronti della Gran Bretagna. Questi si erano solo moltiplicati quando l'Egitto era stato obbligato a vendere le sue quote del Canale di Suez alla Gran Bretagna per pagare debiti precedenti. Il Primo Ministro britannico Disraeli spiegò e giustificò il suo acquisto di queste quote in base al fatto che avrebbe rinforzato gli interessi imperiali britannici. Oggi ciò viene chiamato "scambio di debito con titoli", che è una delle moderne politiche favorite dello Zio Sam, usare il debito per acquistare risorse reali redditizie e/o strategicamente importanti, come lo era il Canale come scorciatoia per il gioiello dell'impero britannico in India. Un altro consiglio pratico è venuto dal principale stratega militare, Clausewitz: fa' che le terre che conquisti paghino per la loro conquista e la loro amministrazione. Questo naturalmente è esattamente ciò che la Gran Bretagna fece in India attraverso gli infami "addebiti interni" rimessi a Londra in pagamento per l'amministrazione britannica dell'India. Perfino gli stessi britannici riconoscevano questo come un "tributo" che era responsabile per buona parte del "salasso" dall'India alla Gran Bretagna. Quanto ancora più efficiente lasciare che gli stessi stati dei paesi stranieri amministrino se stessi [la Gran Bretagna lo chiamava "governo indiretto"], ma secondo regole fissate e imposte dall'FMI governato dallo Zio Sam e poi effettuare comunque un salasso con il debito. Così anche qui i britannici fissarono un precedente ottocentesco con gli stati "indipendenti". Dopo è stato battezzato "imperialismo del libero scambio". Finché le regole funzionano, bene. Quando non funz! ionano, un po' di diplomazia delle cannoniere può aiutare, e lo Zio Sam già imparò ad usarla all'inizio del 20° secolo. Quando neanche questo basta, l'opzione successiva è invadere, e se necessario occupare - e poi fare affidamento sulla regola di Clausewitz di far pagare le vittime per la propria occupazione. Più avanti ne osserveremo diversi esempi recenti, e presteremo particolare attenzione a quello attuale in Iraq. Mentre scrivo, ma dopo aver scritto quanto sopra, ho ricevuto la seguente e-mail: Confessioni di un killer economico: Come gli USA usano la globalizzazione per truffare i paesi poveri e rubargli migliaia di miliardi. Parliamo con John Perkins, già rispettato membro della comunità bancaria internazionale. Nel suo libro Confessioni di un killer economico descrive in che modo, come professionista molto ben pagato, ha aiutato gli USA a truffare paesi poveri in tutto il globo per migliaia di miliardi di dollari, prestando loro più denaro di quanto potessero mai ripagarne e prendendo poi il controllo delle loro economie.

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JOHN PERKINS: Fondamentalmente quello che siamo stati addestrati a fare e quello che è il nostro lavoro è costruire l'impero americano. Far sorgere - creare situazioni in cui più risorse possibile affluiscono in questo paese, alle nostre aziende, e al nostro governo, e in effetti abbiamo avuto un grande successo. Abbiamo costruito il più grande impero nella storia del mondo. In primo luogo attraverso la manipolazione economica, ingannando, truffando, seducendo la gente ad adottare il nostro stile di vita, attraverso i killer economici. Sono stato parte integrante di questo. Inizialmente sono stato reclutato dalla National Security Agency, la maggiore e meno conosciuta delle nostre organizzazioni spionistiche, mentre frequentavo una scuola di business alla fine degli anni '60 [...] e poi ci mandano a lavorare per privati, società di consulenza, industrie meccaniche, società di costruzioni, cos' se venivamo beccati, non ci sarebbero state connessioni con il governo. [...] Sono diventato il suo principale economista. Ho finito per avere cinquanta persone che lavoravano per me. Ma il mio vero lavoro era concludere accordi. Concedevo prestiti ad altri paesi, prestiti enormi, molto più grandi di quanto potessero mai rimborsare. Una delle condizioni del prestito - diciamo un miliardo di dollari a un paese come l'Ecuador o l'Indonesia - questo paese poi avrebbe dovuto ridare il 90 per cento di quel prestito a una società USA, o a diverse società USA, una Halliburton o una Bechtel. Oggi un paese come l'Ecuador deve più del cinquanta per cento del suo bilancio nazionale solo per rimborsare il proprio debito. E non può farlo davvero. Così li abbiamo messi letteralmente con le spalle al muro. Così, quando vogliamo più petrolio, andiamo in Ecuador e diciamo "Guardate, non siete in grado di rimborsare i vostri debiti, perciò date alle vostre compagnie petrolifere la vostra foresta pluviale amazzonica, che è piena di petrolio". E oggi stiamo andando! a distruggere le foreste pluviali amazzoniche, a costringere l'Ecuador a darcele perché hanno accumulato tutto questo debito. [Lavoriamo] molto, molto il stretto contatto con la Banca Mondiale. La Banca Mondiale fornisce la maggior parte dei soldi usati dai killer economici, lei e l'FMI. [http://www.democracynow.org/article.pl?sid=04/11/09/1526251] Lo zio Sam consuma e controlla il petrolio Ultimo ma non meno importante, anche i produttori di petrolio piazzano i propri risparmi negli USA. Con lo "shock" petrolifero che ripristinò il suo prezzo reale dopo che la sua valutazione in dollari era caduta nel 1973, il sempre fin troppo furbo Henry Kissinger concluse un accordo con il maggiore esportatore di petrolio del mondo in Arabia Saudita: questo avrebbe continuato a prezzare il petrolio in dollari, e questi guadagni sarebbero stati depositati dallo Zio Sam, compensati in parte in cambio da materiale militare. Questo accordo de facto si estese a tutto l'OPEC e ancora sta in piedi solo che prima della guerra contro l'Iraq quest'ultimo improvvisamente ne uscì passando a prezzare il proprio petrolio in euro, ed anche l'Iran ha minacciato di farlo. La Corea del Nord non ha petrolio, ma commercia interamente in euro. Questo costituisce il triplice "asse del male degli stati canaglia". Oggi il Venezuela è un importantissimo fornitore di petrolio per lo Zio Sam, e ne fornisce anche un po', a prezzi preferenziali come scambi commerciali non in dollari, ad altri paesi poveri come Cuba. Così lo Zio Sam ha finanziato e sponsorizzato commando militari attingendo dal suo Plan Colombia alla porta accanto, ha promosso un colpo di stato illegale, e quando questo è fallito un referendum legale nel suo tentativo di avere ancora un altro

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"cambio di regime" anche lì; e adesso insieme al Brasile tutti e tre vengono battezzati come ancora un altro "asse del male". Dopo aver scritto questo, ho scoperto che il buon killer, il Sr. Perkins, era stato anche in Arabia Saudita: Sì fu un periodo affascinante. Ricordo bene. Il Dipartimento del Tesoro assunse me e alcuni altri killer economici. Andammo in Arabia Saudita [...] ed elaborammo questo accordo mediante il quale la Casa Reale di Saud accettava di rimandare la maggior parte dei suoi petrodollari negli Stati Uniti e di investirli in titoli del governo USA. Il Dipartimento del Tesoro avrebbe usato gli interessi di questi titoli per assumere società USA per costruire l'Arabia Saudita - nuove città, nuove infrastrutture - cosa che abbiamo fatto. E la Casa di Saud si sarebbe impegnata a mantenere il prezzo del petrolio entro limiti a noi accettabili, che è quello che hanno fatto tutti questi anni, e finché faceva questo noi ci saremmo impegnato a mantenerla al potere, che è quello che abbiamo fatto, che è una delle ragioni per cui in primo luogo siamo entrati in guerra con l'Iraq. E in Iraq abbiamo cercato di applicare la stessa politica che aveva avuto tanto successo in Arabia Saudita, ma Saddam ! Hussein non ne ha voluto sapere. Quando i killer economici falliscono in questo scenario, il passo successivo è quello che chiamiamo gli sciacalli. Gli sciacalli sono gente autorizzata dalla CIA che entra e cerca di fomentare un colpo di stato o una rivoluzione. Se questo non funzione, commettono assassini. O ci provano. Nel caso dell'Iraq, non sono stati in grado di arrivare fino a Saddam Hussein. Lui aveva - le sue guardie del corpo erano troppo brave. Aveva dei sosia. Non sono riusciti ad arrivare a lui. Così la terza linea di difesa, se i killer economici e gli sciacalli falliscono, la linea di difesa successiva sono i nostri giovani e le nostre giovani, che vengono mandati a morire e a uccidere, che è quello che ovviamente abbiamo fatto in Iraq. (http://www.democracynow.org/article.pl?sid=04/11/09/1526251) La più grande truffa piramidale del mondo Per tornare al problema principale e dire pane al pane e vino a un'ENORME botte di vino, tutto quanto detto sopra è parte integrante della più grande truffa piramidale del mondo. Come tutte le altre, la sua caratteristica più essenziale è che può continuare a rendere dollari e reggersi al vertice solo se continua a ricevere nuovi dollari alla base, volontariamente tramite la fiducia, e se no con la forza [Naturalmente, le formule Clausewitz e Cromer finiscon per far pagare di più ai più poveri, dal momento che questi ultimi sono anche inermi: cosicché quelli che ci stanno seduti sopra/al di sopra, trasferiscono giù a loro il massimo di costi e di dolore]. Ma se e quando la fiducia si esaurisce, e i dollari non arrivano più? Nella casa della Zio Sam le cose già stanno diventando più traballanti. Il dollaro in calo riduce i necessari afflussi di dollari. Il mese scorso sono stati solo 48 miliardi di dollari, contro deflussi per 55 miliardi. Così lo Zio Sam Dr. Greenspan deve aumentare i tassi di interesse per mantenere qualche attrattiva per i dollari stranieri di cui ha bisogno per tappare il disavanzo commerciale. Come do ut des per essere riconfermato dal Presidente Bush, ha promesso di farlo solo dopo le elezioni. Quel momento adesso è arrivato, ma farlo minaccia di far crollare la bolla edilizia che è stata edificata sulle ipoteche e sui bassi tassi di interesse - e sui tassi di rifinanziamento ipotecario. Ma è nel valore della propria casa che la maggior parte della popolazione dello Zio Sam ha i propri risparmi, quando ne ha. Questi ultimi e questo effetto di ricchezza immaginaria hanno

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sostenuto il sovraconsumo e il deb! ito ipotecario alto quasi quanto il prodotto interno netto. Successore alla Fed degli alti tassi di interesse di Volcker, Greenspan ha abbassato i tassi di interesse quasi a zero, il che ha reso prestiti e ipoteche - cioè il debito - conveniente ed abbondante. Ciò ha aumentato la domanda di case e beni di consumo. Questi ultimi, originari della Cina, sono economici, ma ciò fa aumentare il prezzo e il "valore" delle case, il che ha incoraggiato il passaggio a case ancora più costose, un accresciuto "collaterale", e ancora più prestiti, e ancora più consumi. identico è stato l'effetto della fuga di capitali dall'Asia Orientale dopo la sua crisi finanziaria del 1997. Sono fuggiti nel rifugio sicuro dello Zio Sam, sia a Washington nei Certificati del Tesoro che a New York in titoli di Wall Street. Allo stesso tempo, lo Zio Sam si è avvantaggiato della crisi acquistando valute svalutate dei paesi dell'Asia Orientale e usandole per acquistare risorse reali in questi paesi, ed in ! Corea anche banche, a prezzi da occasione. È questo che ha ge! nerato la grande bolla di mercato della crescita dei prezzi delle azioni e un'ancora più grande ricchezza apparente, che ha sostenuto consumi ancora più alti. Da allora, il mercato azionario è già nuovamente crollato. Quando crollerà anche il mercato azionario grazie all'attuale e futuro aumento dei tassi di interesse, e quindi dei costi delle ipoteche, ad opera di Greenspan, un collasso della bolla dei prezzi immobiliari non solo ridurrà drasticamente i prezzi delle case: avrebbe di conseguenza effetti a catena sugli enormi secondi e terzi rifinanziamenti ipotecari dei proprietari di immobili, sul debito ai consumatori su carta di credito e di altro genere, sui loro consumi, sul debito e i profitti e gli investimenti delle aziende. In realtà, questi fattori basterebbero a far piombare lo Zio Sam in una profonda recessione, se non in una depressione, e in un'altra deflazione ribassista sulle azioni e di fatto sugli altri prezzi, rendendo il servizio del debito ancora più oneroso. Se il dollaro diminuisce, perfino l'inflazione interna dei prezzi interni in dollari è di fatto deflazionistica rispetto alle altre valute, cosa che russi e latinoamericani hanno scoperto a proprio rischio, come ! osserveremo più avanti. Investimenti reali dello Zio Sam ancora più bassi ridurrebbero ancora di più la sua competitività e la sua produttività industriale - probabilmente a un livello inferiore di quanto possa essere compensato da un'ulteriore svalutazione del dollaro che renda le sue esportazioni più economiche come è la fiduciosa speranza di molti, probabilmente dello stesso Dr. Greenspan. Fin'ora, l'inflazione apparente dei prezzi all'estero in rubli e pesos e le loro conseguenti svalutazioni sono stati una deflazione di fatto nei confronti del dollaro come valuta globale. Lo Zio Sam allora ha stampato dollari per comprare in dollari a prezzi stracciati risorse nazionali in Russia [la cui economia andava allora a biglietti da 100$], e società e perfino banche, come nella Corea del Sud. Vero, adesso il Dr. Greenspan e lo Zio Sam stanno cercando di nuovo di far alzare i tassi di interesse ad altre banche centrali e di immergere le proprie popolazioni in una depressione ancora più profonda. Ma anche se ci riesce, cancellando in questo modo anche la relativa attrazione dell'aumento del proprio tasso di interesse, come questo potrebbe salvare lo stesso Zio Sam? Fin'ora al di là di Osama in Laden, Al Qaeda e tutti i terroristi messi insieme, la più grande minaccia mondiale reale per lo Zio Sam è che il suo dollaro non continui ad affluire. Per esempio, gli investitori privati [si dice che i "Cinesi all'estero" abbiano un bel migliaio di miliardi di dollari] e le banche centrali straniere potrebbero decidere da un giorno all'altro di piazzare una maggior quota del proprio denaro altrove piuttosto che in dollari in calo, ed abbandonare il povero vecchio Zio Sam al suo destino. La Cina potrebbe raddoppiare il proprio reddito pro capite molto rapidamente se facesse

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investimenti reali in patria invece di farne di finanziari dallo Zio Sam. Anzi, Henry G. K. Liu scrive, anche se un po' irrealisticamente, che "se i 430 miliardi di dollari di esportazioni cinesi venissero consumati internamente al loro prezzo di mercato finale, al PIL cinese del 2003 di mille miliardi di dollari si aggiungerebbero 2150 miliardi di dollari USA, triplicandolo." [http://archives.econ.utah.edu/archives/a-list/2004w07]. Svendere i dollari dello zio Sam a favore degli euro e della valuta della comunità dell'Asia orientale Le banche centrali, europee e non, adesso possono denominare le proprie riserve in euro - in ascesa! - o perfino in Yuan cinesi che presto si rivaluteranno. Non tanto lontano potrebbe esserci una valuta dell'Asia Orientale, ad esempio un paniere prima dell'ASEAN + 3 [Cina, Giappone, Corea] - e poi + 4 con l'India. Mentre negli ultimi cinque anni le esportazioni totali dell'India sono aumentate del 73 per cento, quelle verso l'ASEAN sono aumentate a un ritmo doppio, e quelle in Cina di sei volte. L'India è diventato un partner al vertice dell'ASEAN, il suo primo ministro ha appena dichiarato che l'India vuole rapporti ancora più stretti con l'ASEAN, e le sue ambizioni si estendono ancora oltre a una Comunità Economica Asiatica dall'India al Giappone [EPW]. Non per nulla nella crisi valutaria e poi pienamente economica dell'Asia Orientale nel 1997 lo Zio Sam costrinse il Giappone a non avviare un fondo valutario dell'Asia Orientale che aveva proposto, e che avrebbe prevenuto ! almeno il peggio della crisi economica. Ma adesso, quello che certo è l'amico nel bisogno dello Zio Sam, la Cina, si sta già movendo verso un accordo del genere, solo su una scala finanziaria e adesso anche economica molto più grande. Un giorno dopo aver scritto quanto sopra, ho letto su l'Economist [11-17 Dec. 2004, p. 50] un servizio sul vertice la settimana precedente dell'ASEAN + 3 in Malaysia. Il primo ministro di questo paese ha annunciato che questo vertice dovrebbe porre le basi per la Comunità dell'Asia Orientale (EAC, East Asian Community) che "dovrebbe costruire un'area di libero scambio, cooperare nel settore finanziario, e firmare un patto di sicurezza, che trasformerebbe l'Asia Orientale in un blocco economico coeso. In realtà, alcuni di questi progetti sono già in movimento. La Cina, come potenza militare ed economica preminente della regione, indubbiamente dominerà, ed ospiterà il secondo vertice dell'Asia Orientale." Il servizio continua ricordando che nel 1990 lo Zio Sam fece fuori una precedente iniziativa per paura di perdere influenza nella regione. Ora ilo servizio è intitolato "Yankee stay home". Oppure, e se già molto prima che questo accadesse, gli esportatori di petrolio semplicemente smettessero di prezzarlo in dollari in continua svalutazione, e invece facessero un pacco di soldi passando all'euro e/o a un paniere di valute dell'Asia Orientale? Poiché questo in un colpo solo, per chi volesse poter essere ancora in grado di comprare petrolio, diminuirebbe ampiamente la domanda mondiale di dollari e il loro prezzo obbligando chiunque voglia comprare petrolio ad acquistare ed aumentare il prezzo di domanda dell'euro e dello yen/yuan invece che del dollaro. Questo farebbe crollare il dollaro e abbatterebbe in un solo colpo lo Zio Sam, poiché i detentori stranieri ed anche interni di dollari ne venderebbero anche loro a più non posso nel più breve tempo possibile, e le banche centrali degli altri paesi allontanerebbero le proprie riserve dal dollaro nel non più sicuro rifugio dello Zio Sam. Ciò spingerebbe ancora più al ribasso il dollaro, e naturalmente arresterebbe! ogni ulteriore afflusso dallo Zio Sam dei dollari provenienti da stranieri che hanno finanziato la sua orgia consumistica. Dal momento che vendere petrolio per ottenere dollari in caduta invece che euro in ascesa evidentemente è un cattivo affare, i più grandi esportatori di petrolio in Russia e l'OPEC in realtà hanno preso in esame proprio questa possibilità.

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Nel frattempo, hanno aumentato il prezzo in dollari del petrolio cosicché in termini di euro questo è rimasto più o meno stabile dal 2000. Fin'ora molti esportatori di petrolio ed altri operatori ancora piazzano le loro aumentate quantità di dollari dallo Zio Sam, anche se ora quest'ultimo offre un rifugio sempre meno attraente e sempre meno sicuro, ma ora la Russia con parte dei suoi dollari sta acquistando altri euro. Così, le banche centrali di molti paesi hanno cominciato a investire una parte sempre maggiore delle proprie riserve nell'euro e in valute diverse dal dollaro dello Zio Sam. Adesso anche quello che è certamente il migliore amico, la banca centrale cinese, il più grande amico dello Zio Sam nel bisogno, ha cominciato a comprare degli euro. La Cina stessa ha cominciato inoltre a usare un po' dei suoi dollari - finché sono ancora accettati in giro - per acquistare beni reali da altri paesi asiatici e migliaia di tonnellate di minerale ferroso ed acciaio dal Brasile, ecc. Il suo presidente Lula recentemente ha portato in Cina un'enorme delegazione del mondo degli affari, e il presidente cinese è appena andato in Argentina. I cinesi stanno cercando di ottenere anche petrolio africano e minerali sudafricani. Lo zio Sam e la sua economia sono una vera ciambella vuota Tutti gli schemi piramidali erigono una piramide finanziaria. Molti di quelli che pagano per starvi dentro vivono essi stessi in un mondo finanziario, ma altri devono ricavare i propri pagamenti da guadagni derivanti da produzione nel mondo reale. Nell'odierno mondo delle transazioni finanziarie che ogni giorno sono cento volte di più di tutti i pagamenti per beni e servizi reali messi insieme, le transazioni finanziarie con la loro brillantezza mettono in ombra quelle reali. Inoltre, per ipersemplificare un argomento molto complesso in un linguaggio più comprensibile ai profani, opzioni, prodotti derivati, swap ed altri recenti strumenti finanziari si sono andati a capitalizzare sugli interessi composti sulle proprietà reali su cui sono basati le loro partecipazioni e i loro debiti, il che ha contribuito alla crescita spettacolare di questo mondo finanziario. tuttavia, la piramide finanziaria che vediamo in tutto il suo splendore e tutta la sua brillantezza, specialmente ne! l suo centro nella casa dello Zio Sam, è ancora poggiata su una base produttore > commerciante > consumatore nel mondo reale, anche se il mondo finanziario fornisce a sua volta il credito per queste transazioni nel mondo reale. E ora, se guardiamo al mondo come a una ciambella, come tante città nella cintura della ruggine dello Zio Sam? Il centro è abbandonato e svuotato dato che la produzione e il consumo si sono spostati nei suburbi circostanti [nella Detroit automobilistica, le finestre del grande magazzino principale, Hudson's, sono state sbarrate per anni, anche se Detroit ha costruito un costoso "Renaissence Center" per riqualificare il suo centro cittadino, un processo che in alcune altrecittà è "riuscito"]. La Flint abbandonata della General Motors ci dà Michael Moore, che ce la mostra da "Roger and Me" (Roger è l'amministratore delegato della General Motors) a "Fahrenheit 9/11". Potremmo guardare a tutto il mondo in termini di ciambella, con tutto lo Zio Sam nel buco vuoto al centro che non produce quasi nulla da poter esportare. Le eccezioni principali sono prodotti agricoli e materiali militari pesantemente sovvenzionati dal governo dello Zio Sam con dollari provenienti dai suoi contribu! enti e dalla tipografia, ed anche così c'è un disavanzo di bilancio di oltre 600 miliardi di dollari. La GRANDE differenza in questa ciambella dello Zio Sam è che sia il deficit di bilancio che quello commerciale di oltre 600 miliardi di dollari sono finanziati da stranieri, come abbiamo visto. Lo Zio Sam ne escluderebbe la maggior parte come persone, ma

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riceve con piacere i beni reali che producono. Come consumatore mondiale di ultima istanza, come già suggerito, lo Zio Sam svolge questa importante funzione nell'attuale divisione economico-politica mondiale del lavoro: tutti gli altri producono e devono esportare, e lo Zio Sam consuma e deve importare. Il crollo del dollaro farebbe [farà?] sgretolare tutta questa ciambella economico-politica organizzatrice e di portata mondiale e getterebbe centinaia di milioni di persone, per non parlare di cifre incalcolabili di dollari e di loro proprietari, nel caos con conseguenze impreviste e forse imprevedibili. Molte persone, in alto e in basso sul totem mondiale, hanno un GRANDE interesse ad evitarlo, anche se questo richiede continuare a gonfiare come un pallone il vuoto Zio Sam. O per far riferimento a un ben noto paragone, continuare a fingere che l'Imperatore senza vestiti sia vestito, e mandargli pure qualche vestito. Questi attori comprendono la Cina, per la quale una resa dei conti finanziaria con lo Zio Sam alla fine si rivelerebbe un bene: la obbligherebbe a cambiare strada economico-politica, e, invece di dare via gratis i suoi beni allo Zio Sam, a rivolgere la sua produzione e il suo consumo verso il suo interno povero e verso i suoi vicini in Asia Orientale, cose che p! otrebbe e dovrebbe già fare; e di recente ha cominciato a fare la seconda, ma non la prima. Così cosa succederà ai ricchi in cima alla piramide-truffa dello Zio Sam, quando la fiducia delle banche centrali più povere e degli esportatori di petrolio mediani si esaurirà, e i più poveri e derelitti nel mondo, fiducia o meno, non potranno più fare i loro pagamenti alla base? La truffa piramidale dello Zio Sam crollerebbe - o crollerà? - come tutte le altre truffe del genere prima, solo questa volta con un botto che si sentirà in tutto il mondo. Ridurrà la domanda dello Zio Sam, il consumatore di ultima istanza del mondo, a dimensioni mondiali realistiche e danneggerà molti esportatori e produttori altrove. In effetti, potrebbe implicare una fondamentale riorganizzazione complessiva dell'economia politica del mondo ora gestita dallo Zio Sam. La Tigre di carta del dollaro dello Zio SAM pone un folle circolo vizioso politico. Naturalmente, far crollare il dollaro in un colpo solo spazzerebbe anche via completamente, cioè renderebbe inadempiente, il debito dello Zio Sam. In questo modo, farebbe perdere anche a tutti gli stranieri e a tutti gli americani ricchi pure la loro camicia - attivi in dollari. Questi stanno ancora cercando disperatamente di salvarne il più possibile non rischiando il crack, cioè rischiando il tutto per tutto. Cioè, stanno cercando di proteggere il resto della loro camicia - investimenti in dollari mantenendo in funzione la loro pompa salvavita - salvadollari. Tutto l'affare di mantenere in azione la truffa piramidale dello Zio Sam pone il più grande e più folle circolo vizioso dopo il MAD (Mutually Assured Destruction, distruzione vicendevolmente garantita, ovvero l'equilibrio nucleare del terrore fra USA e URSS), e quasi altrettanto assurdo. Tutte ragioni in più perché DEBBA essere risolto. Ma la via di uscita dal circolo vizioso folle non è necessariamente un atterraggio morbido. Anzi, può essere duro. Questa dissoluzione dello schema piramidale dello Zio Sam sarà costoso e come al solito i costi maggiori saranno scaricati suoi più poveri, che sono meno in grado di sopportarli, ma che sono anche meno in grado di proteggersi dall'esserci costretti. E la transizione storicamente necessaria dal mondo a ciambella gestito dallo Zio Sam può portare tutto i l mondo nella depressione più profonda che ci sia mai stata. Solo l'Asia Orientale è in una posizione relativamente buona per salvarsi dall'essere tirata - o

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spinta - fino in fondo, ma anche questo solo dopo aver pagato un alto costo per questa transizione - verso se stessa! Tuttavia, il mondo è di fronte a un circolo vizioso geopolitico e militare ancora più folle. Questo resta la grande incognita, forse inconoscibile. In che modo reagirebbe [reagirà?] lo Zio Sam come tigre di carta [moneta] ferita dal crollo della truffa piramidale grazie alla quale lui e milioni di in-consapevoli Zii Sam hanno fatto la bella vita? Per compensare per meno pane e diritti civili ma più "Patriot Act" in patria, uno Zio Sam più sciovinista può fornire dei circenses da treza guerra mondiale all'estero. Un crollo del dollaro gli toglierebbe da sotto i piedi il tappeto finanziario, e scoraggerebbe le sue vittime straniere dal continuare a pagare per nuove avventure del Pentagono all'estero. Ma qualche altra guerra potrebbe essere ancora possibile con le armi che avrebbe ancora e con un altro po' di deficit di spesa keynesiano militare in patria, anche per le nuove "piccole" atomiche che sta preparando per l'occasione. Questo potrebbe ben - anzi orribilmente - essere il costo per il mondo delle attuali politiche di "difesa della Libertà e della Civiltà". Il s! upercircolo vizioso è che quasi nessun altro a parte Osama Bin Laden vuole correre questo rischio. Eppure, una transizione del genere non sarebbe [non sarà?] storicamente nuova. Ricordate il costo della transizione allo Zio Sam: una guerra dei trent'anni dal 1914 al 1945 con in mezzo la Grande Depressione in un secolo che costa 100 milioni di vite perse in guerra, più che in tutta la precedente storia del mondo, per non parlare delle centinaia di milioni che hanno sofferto fame o malattie inutili, e ne sono morti. Oppure la precedente transizione al britannico Maggiore Bull che è costata le guerre napoleoniche, la Grande Depressione del 1873-95, il colonialismo e il semi-colonialismo, per nominare solo qualcosa, e i loro costi umani. Questi ultimi coincisero con i più pronunciati cambiamenti climatici del Niño in due secoli, che devastarono indiani, cinesi e molti altri popoli con carestie. Ma queste furono a loro volta ingigantite dalle potenze coloniali imperiali che le utilizzarono nei propri interessi, ad esempio aumentarono l'esportazione di frumento dall'India speci! almente durante gli anni di carestia. I paralleli con l'oggi, compreso perfino l'approfittarsi ancora di più forti rinnovati El Niño un secolo dopo, sono troppo orripilanti e generano troppi sensi di colpa perché siano in molti a farli. Comprendono l'"aggiustamento strutturale" imposto dall'FMI dello Zio Sam che obbliga i contadini messicani a essersi già mangiata la cinta che l'FMI vuole che si stringano. Tre milioni di morti e il conto ancora prosegue in Ruanda e nel Burundi e un altro po' nel vicino Congo, venuti dopo che l'FMI aveva imposto delle restrizioni e la cancellazione primariamente da parte dello Zio Sam dell'accordo sul caffè che ne aveva sostenuto il prezzo per quei produttori. E adesso - anzi dopo l'assassinio da parte della CIA di Lumumba in Katanga nel 1961 e l'elevazione di Kasavubu, anzi [dopo che il Congo divenne] la riserva privata del re del Belgio nel 19° secolo, abbiamo lì la corsa alla produzione e alla vendita di oro per Fort Knox (dello Zio Sam), ed ora anche titanio così che possiamo! comunicare con il telefonino, diamanti per sempre, e così via. Lo Zio Sam si è approfittato ancora di un altro forte evento El Niño che ha devastato il Sud-Est asiatico, e specialmente l'Indonesia, contemporaneamente alla crisi finanziaria dopo il 1997 che lo Zio Sam aveva deliberatamente sfruttato facendola diventare una depressione economica, così grande da spazzare via dal potere il presidente Suharto che lo Zio Sam vi aveva installato trenta anni prima con il suo colpo di stato della CIA contro il popolare padre dell'indipendenza indonesiana, Sukarno. Questo era costato almeno mezzo milione di

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morti, ma le stime arrivano fino a un milione di persone che Suharto uccise deliberatamente più la povertà generata dalla famigerata "Mafia di Berkeley" che installò per gestire l'economia indonesiana sul terreno. I paralleli con il passato includono anche il degrado ambientale, e lo spostamento del danno ecologico dai ricchi che lo generano al Terzo Mondo povero che ne sopporta i! l peso maggiore. E naturalmente non dovremmo dimenticare la T! erza Guerra Mondiale [la terza dopo la seconda E combattuta nel Terzo Mondo] che Papà Bush ha cominciato contro l'Iraq nel 1991 [Si veda il mio "Third World War" http://rrojasdatabank.info/agfrank/gulf_war.html http://rrojasdatabank.info/agfrank/nato_kosovo/msg00080.html] Eppure ci sono anche altri nel mondo che non si sentono [ancora?] del tutto presi in questo circolo vizioso. Calcolatamente, subito prima delle elezioni dello Zio Sam di quest'anno 2004, uno di loro lo ha detto a gran voce in un video trasmesso al mondo. Sembra sia stato meno pubblicamente notato dal suo principale destinatario Zio Sam, che avrebbe dovuto essere la parte più interessata: poiché non era altro che lo stesso Bin Laden ad annunciare "farò fare in bancarotta agli Stati Uniti!" Tenuto conto della deliberata cecità dello Zio Sam alla precarietà delle sue fondamenta nel mondo reale all'estero, un collasso così massiccio all'estero potrebbe essere non più difficile da organizzare di quanto non sia stato far semplicemente cadere il suo simbolo delle Torri Gemelle in patria. Il pentagono è la più grande economia pianificata del mondo - per ridistribuire il reddito dai poveri ai ricchi in patria e ricattare amici e nemici all'estero perché facciano lo stesso Intanto qui nella fattoria, come si suol dire in Texas, cosa fa allegramente lo stesso Zio Sam con i soldi e i risparmi faticosamente guadagnati del mondo? I suoi consumatori ancora li iperconsumano senza che il 99,9 per cento di loro sappia quel che sta facendo, dal momento che quasi nessuno glielo dice. E il governo dello Zio Sam usa molti se non tutti i suoi incrementi di spesa di miliardi di dollari per il Pentagono. I soldi non vengono spesi per pagare i suoi poveri soldati professionisti che vengono principalmente dall'America rurale dei piccoli centri e fanno l'unico lavoro che riescono a trovare, e ancora di meno viene speso per gli sventurati riservisti. Questi in Kuwait hanno detto a Rummy che non li ha nemmeno forniti di equipaggiamenti sufficienti e sicuri. Rummy ha risposto, Sono un vecchio, mi sono appena alzato, e ho bisogno di tempo per raccogliere le idee. Ma in patria dentro al Pentagono, Rummy non ha problemi del genere. Lì sa benissimo quello che fa, privatizzando la guerra anche in Iraq come in patria. Il Complesso Militare-Industriale contro il quale il Generale Eisenhower metteva in guardia nel 1958 nel suo discorso presidenziale di addio è vivo e vegeto, più che mai sotto l'amministrazione del "Vice" Presidente Cheney e del suo Segretario alla Difesa Rumsfield. Con il loro lavoro disastrosamente ben fatto, vengono entrambi conservati per un secondo mandato. Lo stesso vale per Paul Wolfowitz "d'Arabia" che con Douglas Feith è uno dei due al Pentagono che sono passati a Israele [Riguardo a Feith, il giornatle tedesco Der Spiegel del 20 dicembre 2004, pag. 33 cita Tommy Franks, che è stato il comandante dell'invasione in Iraq, che lo definisce "il più grande idiota totale che ci sia sulla Terra di Dio, con cui devo combattere quasi tutti i giorni"]. Fra il 1994 e la metà del 2003, il Pentagono dello Zio Sam ha concluso più di 3000 contratti valutati a oltre 300 miliardi di dollari con 12 società militari private [Private Military Companies, PMC] dello Zio Sam delle 35 stimate dal New York Times (le altre

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sono piccole e offrono i servizi di mercenari). Ma più di 2700 di questi contratti sono stati assegnati a due sole società: alla Kellogg Brown & Root (KBR), una sussidiaria della Halliburton di Cheney, e alla Booz Allen Hamilton [Center for Public Integrity's International Consortium of Investigative Journalists, citato in una e-mail di Mafruza Khan, 16 agosto 2003]. In Iraq adesso queste PMC hanno tanti mercenari quante sono le truppe dello Zio Sam e del Regno Unito insieme. Ma naturalmente queste sono ancora bazzecole, dal momento che il grosso dei soldi del Pentagono vengono Ziosammati per acquistare costosi sistemi d'arma dagli unici quattro maggiori appaltatori per la difesa dello Zio Sam e pari alla Halliburton de! l Vice Presidente Cheney. Poi lo Zio Sam usa queste armi unilateralmente per costringere gli altri con il ricatto e la minaccia delle armi, e se questo non basta per invadere il mondo che in primo luogo ha fornito i soldi. Dopo tutto, lo Zio Sam deve fare quanto serve per continuare a far arrivare i soldi. Portare il "fardello dell'uomo bianco" per difendere la sua "civiltà" - la legge dell'occidente è la legge delle squadre di vigilantes dei western all'italiana L'unilateralismo dello Zio Sam non è tanto, come spesso erroneamente si pensa, il semplice andare da soli. Sì, è proclamare di combattere per la "libertà" [di chi? - potremmo chiedere] e per "salvare la civiltà", come lo Zio Sam Presidente Bush e il suo ancora più eloquente portavoce britannico Tony Blair proclamano ogni giorno. Il modo più semplice per "salvare" la civiltà è stato quello di abolire semplicemente in un giorno il suo preziosissimo dono di tutto il corpus del diritto internazionale per conservare la pace, che l'Occidente aveva impiegato secoli a sviluppare, certo anche nei propri interessi imperiali. Pure, era il migliore ed unico diritto internazionale che avevamo, e per lo meno meglio di niente. Adesso l'unica "Legge dell'Occidente [West, n.d.t.]" che rimane è davvero la "Legge del West": la legge delle squadre di vigilante dei western all'italiana che, con o senza un giudice connivente, si fanno "giustizia" da sé per fare un linciaggio. E partono contro chi! e dove e quando gli pare. Ahimé, adesso nel mondo reale squadre autonominatesi operano "fuori della norma" su una scala molto più grande di quanto qualsiasi film western all'italiana potesse avere mai immaginato. Questo significa anche sventrare e paralizzare l'istituzione delle Nazioni Unite che era stata fondata per proteggere la pace, solo che lo Zio Sam dopo le sue guerre ricicla sempre l'ONU per raccogliere i pezzi che ha lasciato in Jugoslavia, in Afghanistan e adesso in Iraq. Ma fare questo, significa anche ingannare, minacciare, lusingare e ricattare tutti gli altri - amici e nemici allo stesso modo - a seguire i suoi ordini su ogni problema, piccolo e grande. Lo Zio Sam ha addestrato un intero esercito civile di funzionari per farlo. In questo modo, getta "unilateralmente" il suo peso ancora apparente in tutte le altre istituzioni internazionali che trattano campi dall'agricoltura all'aviazione alla zoologia. Ma lo Zio Sam estorce ancora più favori unilaterali per se stesso attraverso i suoi rapporti bilaterali. Per questo l'OMC è arrivata morta al traguardo. Certo ora lo Zio Sam preferisce gestire rapporti bilaterali unilateralmente, man mano che internazionalmente si isola! sempre di più. Così può esercitare ancora più potere contrattuale militare, politico ed economico su ciascuna delle sue vittime di quanto possa fare con tutte quante insieme o anche molte di loro in istituzioni internazionali. La fiera marcia dello zio Sam dai palazzi di montezuma alle spiagge di tripoli [from the halls of montezuma to the shores of tripoli, sono le parole dell'inno dei marines n.d.t.] - e avanti a panama, due volte in Iraq, in Afghanistan.

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E quando queste contrattazioni non bastano, o perfino quando potrebbero bastare, lo Zio Sam se gli va attacca e invade la piccola Grenada [popolazione in tutto 300.000 anime]; il Nicaragua [con l'aiuto dell'arcinemico Iran]; Panama [7.000 civili uccisi in una notte per catturare solo un uomo, l'ex amico e alleato di Papà Bush Noriega - esiste una foto tutta sorrisi di loro due che si danno la mano]; l'Iraq nel 1991 [questa fu perfino un'impresa redditizia dato che lo Zio Sam per pagare la guerra estorse dai suoi alleati più dollari di quanti in realtà gliene costò! Però l'Iraq è stato contaminato dall'uranio impoverito dello Zio Sam, che vi ha moltiplicato le malformazioni congenite - e che ha causato la famigerata "sindrome del Golfo" fra le sue truppe e quelle britanniche, che lo Zio Sam nega e si rifiuta di riconoscere]. Meno si dice della Somalia meglio è. La Jugoslavia è stata attaccata in parte per dare un esempio di cosa può accadere quando uno stato è abbastanza deb! ole e, tuttora in totale sfida verso lo Zio Sam e il suo FMI, mantiene qualche proprietà statale di importanti mezzi di produzione e ancora fornisce una protezione da stato sociale alla popolazione. Questo è ancora come la Bielorussia oggi, dove anche lì lo Zio Sam ha cercato di ottenere un "cambiamento di regime", ma l'azione militare è più difficile al confine con la Russia, a meno che non si sia in accordo con lei come in Afghanistan oppure non venga comprata. Inoltre, la Jugoslavia nel 1999 cedette solo dopo che la Russia ritirò il suo appoggio; perché lo Zio Sam usò con successo il ricatto economico-politico e in parte se la comprò a Berlino. Poi la vittima presa di mira è diventato l'Afghanistan, ancora una volta con l'aiuto dell'Iran e della Russia. Questo dopo che lo Zio Sam aveva creato e sponsorizzato il governo dei Talebani che aveva estirpato l'oppio. Ma adesso l'Afghanistan "liberato" coltiva di nuovo oppio anche più di prima che i Talebani lo estirpassero così che l'oppio ora costituisce un terzo del PIL afghano, secondo il nuovo annuncio fatto entrando in carica dal nuovo presidente installato dallo Zio Sam. Nello stesso momento in cui scrivo, lo Zio Sam sta lanciando una nuova offensiva militare contro i Talebani; ma bin Laden non viene più nominato. E adesso l'innocente Iraq è già ancora una volta bersaglio e vittima, e su questo dirò altro più avanti. Chi è il prossimo? L'Iran? La Siria? - Non la Libia, che ora sta concludendo obbediente accordi petroliferi con lo Zio Sam; e non la Corea del Nord che ha prodotto bombe atomiche per proteggersi precisamente contro questo. Scusate, mi dimenticavo di menzionare due alternative aggiuntive forse possibili prima dell'invasione. Una naturalmente è sponsorizzare, organizzare, o perfino compiere un colpo di stato militare o di altro genere, cosa di cui la CIA ha curriculum da andarne fieri: Iran nel 1953, Guatemala nel 1954, Congo nel 1960, Vietnam nel 1961, Brasile nel 1964, Indonesia nel 1964-65, Repubblica Dominicana nel 1965, Ghana nel 1966, Grecia nel 1967, Cambogia nel 1970, Cile nel 1973, Argentina nel 1976, Bolivia svariate volte, Figi nel 1987, Nicaragua nel 1990 attraverso "elezioni" sotto la minaccia di continuare la guerra dei Contras, Haiti svariate volte - contro l'ex fantoccio che lo Zio Sam ci aveva messo all'inizio, solo per nominarne un po' dei più noti [naturalmente non nella patria dello Zio Sam]. Un'altra alternativa è più nota ed è stata tentata varie volte contro Fidel Castro a Cuba con sigari esplosivi o altri fantasiosi "scherzi da prete", tutti andati male. Come andò male il bombardamento della casa-tenda del colonnello Gheddafi, che uccise sua figlia. Ma il nostro buon Sr. Perkins racconta di un tentativo della CIA andato a segno: I giapponesi volevano finanziare e costruire un canale al livello del mare a Panama. [Il presidente panamense Omar] Torrijos parlò di questo con loro, il che sconvolse molto la Bechtel Corporation, il cui presidente era George Schultz e il cui consulente legale

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superiore era Caspar Weinberger. Quando Carter fu buttato fuori (e questa è una storia interessante - come questo accadde davvero), quando perse le elezioni, ed arrivò Reagan e Schultz arrivò dalla Bechtel come Segretario di Stato, e Weinberger arrivò dalla Bechtel come Segretario alla Difesa, erano estremamente arrabbiati con Torrijos - cercarono di fargli rinegoziare il Trattato del Canale e di non farlo parlare con i giapponesi. Lui si rifiutò con decisione. Era una persona davvero di principi. Aveva i suoi problemi, ma era una persona davvero di principi. Era un uomo sorprendente, Torrijos. E così, morì nell'incendio del suo aereo, connesso a un registratore imbottito di esplosivo, che - io c'ero. Avevo lavorato c! on lui. Sapevo che noi killer economici avevamo fallito. Io sapevo che gli sciacalli si stavano avvicinando, ed ecco, il suo aereo esplose con un registratore con una bomba dentro. Secondo me è fuori questione che la cosa fu autorizzata dalla CIA e la maggior parte - molti investigatori latinoamericani sono arrivati alla stessa conclusione. Naturalmente nel nostro paese non ne abbiamo mai sentito parlare. (http://www.democracynow.org/article.pl?sid=04/11/09/1526251) In precedenza, Torrijos aveva firmato un trattato con Carter che consegnava il Canale di Panama a - Panama! Un semplice esame rivela che anche essere un troppo buon amico o strumento politico dello Zio Sam può essere poi la cosa più rischiosa, cioè la più sciocca, che qualsiasi statista possa fare; poiché può facilmente suonare la propria condanna a morte fisica o politica dopo che lo Zio Sam lo pugnala alla schiena. Un successore di Torrijos, come abbiamo osservato, siede ora in un carcere dello Zio Sam dopo aver lealmente servito e aver sorriso in una foto con George Bush [padre]. Ma l'elenco è lungo e fa tutto il giro del mondo a partire dagli anni '50 e '60: Rhee in Corea, Diem in Vietnam, Trujillo nella Repubblica Dominicana, Somoza in Nicaragua, praticamente tutti ad Haiti da Papà e Baby Doc fino al sacerdote Aristide installato da Clinton e rimosso da Bush, lo Shah dell'Iran - messo lì nel 1953 dopo il colpo di stato della CIA contro Mossadeq dopo che quest'ultimo aveva nazionalizzato il petrolio iraniano ma che fu lasciato sprofondare quando la sua utilità diminuì, come co! n Mobutu dopo tre decenni nello Zaire, Saddam Hussein - lo stesso Rummy andò a trovarlo due volte in una sua già precedente incarnazione come Segretario alla Difesa, lo jugoslavo Milosevic - era lui il necessario ed affidabile esecutore dell'accordo dello Zio Sam di Dayton sulla Bosnia, e naturalmente i Talebani - lo stesso Zio Sam li mise insieme e li mise al controllo dell'Afghanistan, per non menzionare Osama bin Laden - anche lui ha prestato servizio lì per lo Zio Sam. Incidentalmente [o no?], la semplice osservazione dei fatti sul terreno rivela inoltre che, se le precedenti "linee di difesa" cadono e lo Zio Sam va in guerra, se non nel caso della piccola Grenada, neanche una di queste o di ogni altra guerra dello Zio Sam è mai stata vinta dalla sua forza militare, se non quella nel Pacifico contro il Giappone. La seconda guerra mondiale fu vinta in Europa a Stalingrado nel 1943 da truppe russe che avrebbero raggiunto Berlino anche se dopo non fosse arrivato lo Zio Sam. La guerra di Corea fu e rimane uno stallo. La guerra contro la Jugoslavia è stata "vinta" solo quando i russi hanno sottratto il loro appoggio. e anche allora tutti i carri armati jugoslavi meno sette e tutti gli aerei jugoslavi lasciarono il Kosovo intatti. Solo l'infrastruttura civile del Kosovo e della Serbia era stata polverizzata con le bombe, e il suo territorio e più in generale l'area balcanica erano stati inquinati per le prossime ere geologiche dal rinnovato uso ! di uranio impoverito da parte dello Zio Sam. La guerra contro l'Afghanistan si sta perdendo, e così la guerra contro l'Iraq, malgrado

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l'uso segnalato ancora una volta di uranio impoverito, ancora una volta di napalm come in Vietnam, e perfino di gas. I musulmani geopolitici dello zio sam e il piano petrolifero "mediorientale" da Casablanca a Giacarta Tuttavia, lo Zio Sam ha di nuovo in azione molti altri piani militari economici geopolitici. Per cominciare, ha già costruito 800 basi militari in tutto il mondo e specialmente nella "zona centrale" ricca di petrolio della "scacchiera" mondiale di Zbigniew Brzezinski [Ziggy] per circondare la Cina. Il Pentagono deve inoltre riassegnare il 60 per cento della flotta di sottomarini USA al Pacifico Occidentale [secondo una e-mail di P. Jakob Förg, [email protected], del 12 dicembre]. Tutto questo per un uso nel futuro, ma anche per un'influenza politica già nel presente. A parte questo il presidente dello Zio Sam, Bush, ha un nuovo "Piano per il Medio Oriente", che ora si estende dal Marocco al di là del Pakistan - fino all'Indonesia musulmana? Cosa implichi con precisione questo piano non è chiaro, ma anche la società civile sta già aprendo la strada: la Yale University Press già mette il Pakistan fra i suoi studi "Mediorientali", e la Swissair ha un poster pubblicitario ! che mette Karachi, Delhi e Mumbai fra le sue destinazioni "mediorientali". Quel che è chiaro è che Israele deve rimanere la copertura politica e militare dello Zio Sam nella regione che è sempre stato. Non importa se a Washington governano repubblicani o democratici, il ruolo israeliano di cane da caccia dello Zio Sam nel suo settore di operazioni ricco di petrolio rimane, e così rimane la garanzia di cui Israele gode in ogni caso della protezione militare, politica e diplomatica internazionale dello Zio Sam, così come l'appoggio militare ed economico diretto dello Zio Sam senza il quale Israele non potrebbe esistere. Solo che ora la portata regionale assegnata ed autoattribuita ad Israele può estendersi ancora di più, dal momento che i due summenzionati neocon [Douglas Feith e Richard Perle, n. d. t.] con alti incarichi al Pentagono ci andarono per elaborare un piano per il partito razzista sciovinista Likud ora al potere. E lo stesso Bush è andato in Africa, in particolare! in Africa Occidentale, per dare un'occhiata al suo petrolio. Nelle Americhe, il suo piano Colombia [che ha anche lei il petrolio] è stato allargato a tutta la regione andina [anche l'Ecuador esporta petrolio], ed ha ancora un altro piano per l'Amazzonia [forse si può trovare anche lì del petrolio e nel frattempo ci ha costruito un'enorme base, presumibilmente per la NASA che notoriamente non è estranea ad imprese militari], un piano per "prendersi cura" con l'aiuto della Banca Mondiale del più grande deposito sotterraneo di acqua dolce sotto le cascate dell'Iguazu, dove Brasile, Argentina e Paraguay si incontrano, e sta già addestrando un'altra volta 40.000 militari latinoamericani alla volta in basi dello Zio Sam in patria, basi di ne ha un'altra mezza dozzina all'estero. Proprio di recente Rummy è andato in Ecuador per incontrarsi, esporre i suoi piani, e a quel che si dice allettare la sua controparte, i ministri della "difesa" riuniti di tutti i paesi latinoamericani. Tutta questa è una gigantesca base economico-politico-militare sulla quale mantenere la truffa piramidale finanziaria dello Zio Sam, e due volte più conveniente per quelli che finiscono per avere dollari finché possono pagare tutto con i dollari cartacei autoprodotti che finora mantengono anche la truffa finanziaria piramidale. Beh, per essere onesti, non è solo grazie al dollaro. Dopo tutto questo serve solo se puoi comprarci qualcosa, specialmente il petrolio che fa andare avanti la base.

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Non solo lo Zio Sam deve comprare sempre più petrolio, oggi con dollari che stampa da sé, ma forse domani con euro o yuan. Deve anche cercare di assicurarsi di avere le mani su ogni rubinetto, in modo da poter controllare chi altro può, e soprattutto non può, comprarlo. Così è per questo che adesso lo troviamo che cerca il controllo politico e finanziario in dollari dei rubinetti del petrolio, ovunque può, e di stabilire una presenza militare come in Asia Centrale, o di usare la sua potenza militare per invadere, come in Iraq. Questo per usarlo come leva di controllo e/o per avvertire i suoi vicini su cosa potrebbe accadergli se non dovessero continuare a stare al gioco dello Zio Sam. Fortunatamente per lui, anche la maggior parte dell'Asia Orientale e specialmente la Cina sembra obbligata a comprare petrolio straniero, anche se domani forse non più con dollari ma con yuan/yen. D'altra parte, triste ma vero, il maggior venditore di petrolio è la Russia, i cui rubinetti resta! no fuori dal controllo dello Zio Sam. Ma come lo Zio Sam potrebbe continuare a pagare e a mantenere tutte queste sue audaci imprese in Difesa della Libertà con questo dollaro cartaceo autoprodotto - se nessuno lo accetta più? E perché qualcuno dovrebbe accettarlo? La grande causa per l'iraq dello zio Sam: dare i suoi 30 miliardi di dollari a Halliburton ed al. Il Financial Times del 10 dicembre offre alcuni esempi aggiuntivi di punte dell'iceberg della Difesa della Libertà che lo Zio Sam compie in Iraq. Anche se i poveri iracheni sono seduti sulla più grande pozza al mondo ancora non sfruttata di sempre più prezioso petrolio, questo rimane sullo sfondo o solo in fondo a questa storia che a malapena ne parla e, come il presente saggio, si concentra invece sul dollaro e sullo Zio Sam. In due diversi servizi, il giornale riferisce come tre elicotteri hanno trasportato 14 tonnellate di biglietti da 100 dollari ai curdi, che da tempo hanno fatto da quinta colonna dello Zio Sam nella zona. Il denaro, buona parte del pagamento di un miliardo e ottocento milioni di dollari consegnati ai curdi dallo Zio Sam, era parte dei guadagni iracheni nel fondo "petrolio per cibo" dell'ONU. All'origine, naturalmente, i biglietti erano semplicemente il prodotto delle stesse tipografie dello Zio Sam, in cambio dei quali l'Iraq aveva esportato petrolio r! eale. Non veniva dai 18 miliardi di dollari che il Congresso dello Zio Sam aveva stanziato per la "ricostruzione" dell'Iraq. Come mostra vividamente un grafico del Financial Times, ancora non sono stati spesi più di 388 milioni - ovvero il 2,15 per cento - di quel denaro dello Zio Sam, e solo 5 miliardi di quella cifra erano stati anche solo messi in preventivo dallo Zio Sam in Iraq al momento il proconsole dello Zio Sam Bremer se ne è tornato a casa con un lavoro ben fatto. No, invece nella sua saggezza il buon Zio aveva pensato bene di far spendere 13 miliardi di dollari dei 20 miliardi di fondi iracheni. Questo corrispondeva al 65 per cento del denaro iracheno paragonato ad ancora solo il 2 per cento dell'importo quasi equivalente dello stanziamento originale dello Zio Sam. Nel momento in cui il nuovo governo iracheno ha ricevuto alcuni compiti dallo Zio Sam che l'aveva insediato, ha scoperto che tutti i 20 miliardi di dollari del loro fondo, 11 miliardi dei quali dalla v! endita di petrolio, erano stati spesi. [International Herald ! Tribune] Com'è stato possibile? potremmo chiederci. La risposta del funzionario finanziario "responsabile", l'ammiraglio dello Zio Sam Oliver, è così semplice, "so che abbiamo speso dei soldi dal fondo iracheno. Il fatto era puramente che avevamo finito i soldi dello Zio Sam" - di cui ce n'erano ancora da spendere solo altri 17 miliardi e mezzo e rotti. Potremmo chiederci se il buon Generale fosse stato istruito su cosa pensava Clausewitz della guerra e se gli fosse capitato di scoprire il suo buon consiglio sul far pagare la vittima conquistata per la sua stessa occupazione militare, in questo caso ad opera dello Zio Sam.

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Il rappresentante iracheno nel comitato per la supervisione e l'erogazione dei fondi ha partecipato solo a una delle sue 43 riunioni; ma perché preoccuparsi di questo, quando la maggior parte delle spese sono state autorizzate senza alcuna riunione. Così anche se i fondi dello Zio Sam erano stati stanziati per ogni sorta di progetti, questi tuttavia sono stati pagati con dollari provenienti da fondi iracheni. Da questi, molti pagamenti sono stati effettuati perfino senza alcun contratto, in un caso l'inezia di 1,4 miliardi di dollari. La maggior parte degli altri sono stati effettuati senza alcuna gara d'appalto competitiva con diversi concorrenti, o comunque aperta. I fondi dello Zio Sam, d'altra parte, sono rimasti praticamente non spesi in Iraq. Forse l'amiraglio Oliver aveva "finito i soldi dello Zio Sam" perché erano rimasti a Washington con lo Zio Sam; e se erano stati versati, avevano semplicemente cambiato di mano e di conto bancario proprio in quella città. Dopo tut! to, questo è molto più efficiente di quanto sarebbe stato mandarli avanti e indietro, e un po' avrebbero potuto perfino non ritornare. E poi, inoltre, da tempo è procedura standard per il grosso dei dollari che lo Zio Sam presta o perfino "regala a" e "per" tutti i paesi del Terzo Mondo lasciarli semplicemente in patria dove è il loro posto e dove tornerebbero comunque. Non importa; il Congresso dello Zio Sam ha già stanziato altri 30 miliardi di dollari per "preparare per transizione alle elezioni" in Iraq nel gennaio 2005. Stando così le cose, naturalmente sarebbe nel complesso indesiderabile che i fondi iracheni, per non parlare di quelli dello Zio Sam, venissero sperperati su un qualsiasi servizio del vecchio debito iracheno con altri. Così è stato semplicemente logico costringere "alleati" che già non possono evitare di perdere il debito dello Zio Sam verso di loro, a condonare anche il debito iracheno. Questo, come possiamo ricordare da quanto detto prima, mentre lo Zio Sam ancora insiste che il resto del Terzo Mondo deve continuare il servizio del debito nei suoi confronti! Perché Dio non voglia che qualsiasi rimborso del debito iracheno debba andare invece a quei russi senza dio, a quei francesi traditori o anche ai migliori amici cinesi, che hanno investito di più in Iraq, tanto per cominciare una cosa ignobile da fare, quando lo Zio Sam ha cause molto più degne per il denaro iracheno. E quali sono queste più grandi degne cause dello Zio Sam? potremmo chiedere. Il più grande singolo pagamento di 1,4 miliardi di dollari è stato effettuato naturalmente alla Halliburton dello stesso Vicepresidente Cheney. Eppure ora sappiamo che allo stesso momento questa ditta stava anche truffando di nascosto il suo generoso benefattore Zio Sam per centinaia di milioni di altri dollari, comprando benzina per x dollari in Kuwait e vendendola in Iraq per 5-10x, e altre furbate del genere. Nel complesso, la Halliburton ha ottenuto contratti iracheni per la bellezza di 10 miliardi di dollari - più qualche spicciolo. [International Herald Tribune]. [Cheney ha un interesse anche nella UNOCAL che da tempo vuole costruire un oleodotto dall'Asia Centrale all'Oceano Indiano attraverso l'Afghanistan, prima con l'aiuto dei Talebani che lo Zio Sam aveva piazzato lì appunto per quel motivo e poi aveva invitato in Texas per dei colloqui quando ancora sembrava che stessero facendo il lavor! o che era stato loro assegnato. Anzi, visitarono perfino la squadra di ricerca accademica "puramente afgana" all'Università del Nebraska a Omaha. Ma ahimé, i Talebani non furono all'altezza del compito loro assegnato di mantenere l'ordine per la costruzione dell'oleodotto, e così se ne sono dovuti andare. Adesso lo Zio Sam e la UNOCAL useranno invece i buoni uffici del nuovo presidente afgano e dell'ambasciatore in loco dello Zio Sam, entrambi "casualmente" ex [?] dipendenti della UNOCAL]. La "medaglia della libertà" dello zio Sam per Bremer, Franks, Tenet - per un lavoro ben fatto derubando l'Iraq a vantaggio di Cheney ed al.

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Senza ombra di dubbio, la maggior parte degli altri abbondanti dollari iracheni (e dei finora rari dollari USA) spesi in Iraq sono andati ad altri amichetti dello Zio Sam, con qualche briciola caduta dal tavolo per il Regno Unito, aziende e perfino singoli privati e militari che attingono dalla cassa. Ahimé, non sapremo mai chi sono tutti quanti; dal momento che, nelle parole dell'Ispettore Generale dello Zio Sam, "francamente, non ero interessato ad avere auditor militari perché pensavo che dovessimo infilarci nel sistema iracheno nel modo più rapido possibile." Francamente, essendo io sia non-militare che antimilitarista, non ho letto Clausewitz. Così non so se e quali buoni consigli dia sul contare sulla corruzione come primo principio nel fare a fette e dividere la torta conquistata. Tutta la mia precedente "speculazione" è stata scritta prima che l'ufficio internazionale dell'ONU di consulenza e monitoraggio per lo sviluppo in Iraq, IAMBDI (International Advisory and Monitoring Board for Development in Iraq) pubblicasse un rapporto sulle sue scoperte relative all'amministrazione dello Zio Sam. Prima di immergerci nel rapporto, dovremmo tenere presente che il Financial Times osserva diplomaticamente che "l'ONU è stata riluttante a richiamare pubblicamente lo Zio Sam sulle spese che ha fatto con i fondi iracheni." Il Financial Times cita direttamente dal rapporto: "Ci sono state debolezze di controllo, sistemi di contabilità inadeguati, un'applicazione non uniforme di procedure di appalto concordate e un'inadeguata conservazione della documentazione." Anche l'International Herald Tribune fa un suo riassunto dello stesso rapporto: "Ci sono state ampie irregolarità, compresa cattiva gestione finanziaria, la mancata riduzione del contrabbando [all'estero di ! petrolio ed altre proprietà fisiche irachene, nessuno sa a che prezzo e a vantaggio di chi] ed eccessiva dipendenza da contratti assegnati senza gare d'appalto." Da parte sua, il Financial Times offre qualche altro particolare dal rapporto: "particolarmente preoccupanti sono stati alcuni contratti a volta da miliardi di dollari che sono stati assegnati a società dello Zio Sam come la Halliburton da fondi iracheni senza gare d'appalto competitive." Ieri il Presidente dello Zio Sam Bush ha conferito la più alta onorificenza civile dello zio Sam, la Medal of Freedom, a L. Paul Bremer III, il proconsole civile dello Zio Sam che ha supervisionato tutto ciò, e al generale Tommy Franks, che ha guidato l'invasione che innanzi tutto a reso tutto questo possibile. Neanche George Tenet, il direttore della CIA che ha fornito tutte le informazioni fasulle dello Zio Sam per "legittimare" tanto per cominciare tutta l'impresa e che poi è stato screditato e costretto a dimettersi, è stato di! menticato e ha ricevuto la terza medaglia. Lo International H! erald Tribune ha pubblicato una fotografia cerimoniale dei tre tutti sorrisi con George W., anche lui sorridente. Dopo tutto è il dovuto riconoscimento per un lavoro ben fatto, grazie. In conclusione:lo zio George w. Sam dioce che è semplicemente giusto che i nostri ragazzi sacrifichino le loro vite sulla linea per proteggere la libertà della Halliburton di saccheggiare l'Iraq Possiamo essere sicuri che altri con le mani in pasta erano fra quelli che, possiamo ricordare, il Dr. Greenspan della Fed ha classificato come il 20 per cento più in alto fra i percettori di redditi dello Zio Sam. Sono i superconsumatori più privilegiati, che sono totalmente [ir]responsabili pere il sotto-risparmio dello Zio Sam, ha detto, ed anche per il crescente deficit commerciale di cui il Dr. si è recentemente lamentato a Berlino. Se esaminiamo un po' di più la distribuzione del redito dello Zio Sam, possiamo anche apprendere che fra questo 20 per cento, la parte del leone di questi dollari, come la maggior parte di quelli del Pentagono, finiscono nelle tasche del 2 per cento super-privilegiato più in alto, così che possa iper-consumare alle spese degli altri. Chi negherebbe loro che questa è certamente una causa degna per la protezione della

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Libertà a qualsiasi prezzo. Ciò include il famoso-famigerato invito del Presidente Bush agli iracheni "che vengano avanti" cont! ro lo Zio Sam. È difficile capire il Presidente quando incoraggia gli iracheni a "venire" quando questi stanno già a casa loro in Iraq ed è lo Zio Sam che ha mandato lì le sue truppe. Ma forse Falluja spiega cosa aveva in mente il Presidente Bush sugli iracheni che "vengono" contro lo Zio Sam. Ma come lo stesso Presidente dello Zio Sam Bush ha detto al mondo, è semplicemente giusto che "noi" escludiamo altri paesi dalla tavola imbandita in Iraq. Dopo tutto, ha spiegato quando gli iracheni hanno accettato il suo invito, erano stati "i nostri ragazzi che hanno rischiato le proprie vite sulla linea." Vorrei che la personificazione dello Zio Sam avesse spiegato anche per chi e per cosa. I pochi numeri che non sono generalmente disponibili, o che non vengono dal citato Financial Times del 10 e 15 dicembre 2004 e da altre fonti come l'International Herald Tribune dello stesso 15 dicembre 2004 e l'EPW [Economic and Political Weekly, Mumbai] del 4 dicembre 2004, p. 5189, sono tratti da The Economics of Uncle Sam Imperialism at the turn of the 21st Century di Gerard Dumenil & Dominique Levy, in Review of International Political Economy 11/4/Oct. 2004, pp.657-676. L'autore ringrazia loro a Parigi, Jeffrey Sommers a Riga, William Engdahl a Francoforte e Mark Weisbrot a Washington per le loro osservazioni molto utili e Zio-utilizzate. Barry Gills a Newcastle ha insistito che facessi riferimento solo allo Zio Sam ed ah proposto la divisione mondiale del lavoro fra consumatori dello Zio Sam e produttori in ogni altro luogo e mi ha anche rinviato a Clausewitz. I lettori saranno estremamente grati ad Arlene Hohnstock per aver reso leggibile tutta questa storia. Natur! almente nessuno di loro ha alcuna responsabilità per l'uso a ciambella che ne ho fatto. Molte altre mie osservazioni - attraverso gli occhi di quel ragazzino - si possono trovare sul mio sito web a http://www.rojasdatabank.info/agfrank e per quanto riguarda lo Zio Sam ed al. al suo interno in particolare alle sezioni http://rrojasdatabank.info/agfrank/new_world_order.html e http://rrojasdatabank.info/agfrank/online.htmlcurrent Torna a Z-Net.it

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La battaglia inglese alla Costituzione Ue (http://europa.tiscali.it/futuro/news/200504/14/costituzione.html) Il leader dei Tory rivela i principali punti dell’opposizione a Bruxelles Il Regno Unito si prepara per le elezioni nazionali che si terranno il prossimo 5 maggio. Anche se il dibattito fra i partiti si sta concentrando principalmente su questioni nazionali, come la tassazione, l'immigrazione e i servizi sociali, il partito conservatore britannico e il piccolo partito euroscettico UKIP stanno facendo leva sul malcontento generale della popolazione per rimettere in discussione la posizione della Gran Bretagna nell'Unione europea e per opporre l'approvazione referendaria della Costituzione europea. Attraverso l'analisi del manifesto elettorale del partito conservatore, ecco i cavalli di battaglia dell'opposizione britannica rispetto all'Ue e al nuovo testo fondamentale. No all'euro, Si al Pound Un eventuale governo conservatore assicurerà l'indipendenza della Banca d'Inghilterra nel determinare i tassi di interesse che, mantenendo il pound a dispetto della moneta unica, dipenderanno esclusivamente dagli interessi dell'economia britannica. Un no netto, quindi, per conservare una delle caratteristiche principali della sovranità, il signoraggio. Riappropriarsi dei poteri ceduti a Bruxelles Il partito Tory vorrebbe avvalersi, come negli accordi di Schengen, della clausola dell'opting-out al fine di riconquistare la sovranità su alcune politiche controllate da Bruxelles. Il Regno Unito dovrebbe, per prima cosa, liberarsi dai "vincoli" della politica sociale europea e orientarsi verso una deregolamentazione e una maggiore flessibilità della legislazione sull'occupazione. I conservatori ritengono inoltre che una politica comune sull'agricoltura e sulla pesca siano insostenibili sia dal punto di vista economico che commerciale. La politica agricola comune, storicamente, è stata un punto dolente nelle relazioni tra Ue e Regno Unito e il partito conservatore ne richiede sostanziali riforme da Bruxelles. Per quanto riguarda la politica sulla pesca, il manifesto esplicita chiaramente che è intenzione dei conservatori restaurare il pieno controllo nazionale in questa area. Una politica estera inglese e non comunitaria Secondo il leader dei Tories Michael Howard durante il governo Blair la capacità di difendere gli interessi inglesi in politica estera è stata gravemente compromessa. Le relazioni con l'Unione europea sono state mal impostate da Blair mettendo a repentaglio i comuni interessi che legano la Gran Bretagna agli Usa e alla Nato. I conservatori propongono invece una politica estera e di difesa da svilupparsi nel più ampio contesto dell'alleanza atlantica, senza alcuna velleità o ossessione per un grande unico stato chiamato Europa, bensì convogliando gli sforzi comuni al fine di costruire un'Europa delle nazioni che si impegni per la pace nel mondo. Opposizione alla Costituzione europea Dalla posizione adottata fino ad ora, si evince che a prescindere dall'esito delle elezioni nazionali, il partito conservatore inglese, con l'ausilio del piccolo partito

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euroscettico UKIP, porterà avanti una vigorosa battaglia affinché la Gran Bretagna non inserisca nel proprio ordinamento, per la prima volta nella sua storia, una serie di leggi codificate e scritte in un unico testo, ossia la Costituzione europea. 15 marzo 2005

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Bossi e il cameriere Ciampi 26 set. 2003 http://www.corsera.it/modules.php?name=News&file=article&sid=20030926201218 ''Non e' che le pensioni cambiano per non si sa quale motivo, dal 2008 in avanti cambia il sistema perche' altrimenti la gente si sparerebbe, salterebbero tutti i risparmi e i titoli di stato diventerebbero carta straccia e in pratica salterebbe il Paese''. Umberto Bossi spiega cosi' la sua posizione sulla riforma previdenziale, conversando con i giornalisti durante la sua visita alla mostra del Guercino a palazzo Reale a Milano. Pur non volendo parlare di politica perche', ha detto, ''io sono un artista e sono venuto qui ad ammirare le opere di un'artista padano'', il leader della Lega torna sulle dichiarazioni di ieri a Radio padania che hanno creato scompiglio nella maggioranza. ''Figuriamoci se noi della Lega vogliamo tagliare le pensioni. ha proseguito Bossi- Il debito pubblico mica l'ha fatto Maroni e non sara' mica responsabilita' della Lega. E' di quelli che c'erano prima: gli ex democristiani e quelli che, magari, adesso vanno pure in piazza. Ma sono loro che hanno creato il debito, quegli stessi che vanno a manifestare. Comunque, Maroni e' giu' a Roma e vedrete che una quadra la trova''. ''Sono cose che io non capisco'', dice Umberto Bossi riferendosi poi alla decisione di Udc e An di far saltare il vertice di maggioranza dopo le sue dichiarazioni di ieri. ''Io intendevo i vecchi democristiani, loro (gli esponenti dell'Udc, ndr) sono tutti giovani...''. 25 gen. 2004 - Milano, 25 gen 2004 Bossi attacca e auspica un "Giudice vendicatore" http://www.kataweb.it/news/detail.jsp?idCategory=2222&idContent=594452 Attacco al cosiddetto "asse finanza-politica", chiamata direttamente in causa del presidente della Repubblica, evocazione dei "massoni" che hanno "voluto e imposto" l'euro, ripetuta condanna della Prima repubblica e speranza di un prossimo arrivo di un "giudice vendicatore" che faccia pulizia in nome del popolo e contro "Roma ladrona": all'indomani del discorso elettoral-programmatico di Silvio Berlusconi, Umberto Bossi risponde davanti a decine di migliaia di leghisti smarcandosi dall'alleato e rilanciando le pulsioni giustizialiste della prima ora sul tema dei recenti scandali finanziari. Decine di migliaia di persone in mattinata hanno risposto all'appello del vertice della Lega Nord per una manifestazione a Milano che desse forza a Bossi nel braccio di ferro interno alla maggioranza in nome delle "riforme". Dal palazzo di Giustizia al Castello sforzesco, gli striscioni contro "Roma ladrona" si alternavano ai cori che invocavano la libertà della Padania. Preceduti da alcuni trattori dei cosiddetti Cobas del latte, anche i massimi esponenti del partito hanno marciato. Già dalle prime battute scambiate con i giornalisti Umbero Bossi ha indicato quale sarebbe stato il tema della giornata: "Le riforme partono e si fermano e intanto il tempo passa questa è l'ultima occasione per fare il federalismo in questa legislatura. Se la gente si muove, le cose cambiano ma se la gente si illude che siano gli imbonitori politici a portare il cambiamento, nulla cambierà". Poi i giornalisti gli hanno chiesto che pensava degli attacchi di Berlusconi alla magistratura contenuti nel discorso per il decennale di Forza Italia. Il leader della Lega ha risposto: "Non credo che si debba andare contro la magistratura: bisogna piuttosto

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augurarsi che la magistratura vada avanti nel suo lavoro e non si fermi come fece all'epoca di Mani Pulite", che cioè indaghi anche sulla sinistra e sul mondo delle banche. "Occorre piuttosto fare le riforme - aggiunge - viene il momento in cui il giudice vendicatore salta fuori. E' una spinta che la gente favorirà e bisogna che questa volta sia definitiva. Bisogna salvare la gente e anche i romani da Roma ladrona, dall'intreccio di finanza e politica che ha colpito i cittadini e i risparmiatori". Sembrava una battuta estemporanea, ma poco dopo sul palco ripete quasi le stesse parole: "Bisogna riformare la magistratura ma non attaccarla. In Padania vogliamo anche noi magistrati padani. Ma non si deve sparare contro i magistrati. Le rapine fatte alla gente dall'asse finanza-politica troveranno alla fine un giudice vendicatore". E perché il messaggio sia chiaro, il leader leghista ha anche risposto direttamente a Berlusconi affermando che "la Prima repubblica fu pessima". A cosa pensi il gruppo dirigente leghista quando parla di "asse finanza-politica" lo avevano esplicitato poco prima, dallo stesso palco, il capogruppo della Lega alla Camera, Alessandro Cè, e l'europarlamentare Borghezio. "Noi padani vogliamo un futuro per i nostri figli e questo deve ricordarselo anche il presidente della Repubblica. Non vogliamo i banchieri corrotti che derubano la gente, non vogliamo chiacchiere, se lo ricordi il presidente della Repubblica altrimenti ci pensiamo noi", ha detto Cè. Poco dopo Borghezio ha detto: "No all'Europa dei banchieri e del cameriere Ciampi. Noi padani - ha aggiunto - siamo uomini liberi e non servi di Roma. Ficcatelo bene in testa presidente Ciampi". L'europarlamentare si è quindi chiesto per quale motivo il presidente della Repubblica nel suo discorso di fine d'anno non abbia parlato dei risparmiatori. "Noi - ha spiegato Borghezio - non vogliamo rappresentanti istituzionali camerieri del sistema bancario". Il tema è quello dei risparmiatori vittime degli scandali finanziari della Cirio e della Parmalat, che evidentemente la Lega vuole cavalcare in maniera anche più energica di quanto faccia Forza Italia. In questo senso viene bene anche l'attacco all'euro, non solo "voluto e imposto dai massoni", ma anche " fondamentale per tutte le rapine che ci sono state perché sono arrivati i bond facili senza controllo". (red) 13 mar. 2004 - Notte tranquilla per il leader della Lega, spostato di reparto. I medici negano che ci siano problemi gravi, nuovi controlli. Bossi trasferito in neurologia http://www.repubblica.it/2004/c/sezioni/politica/bossiospedale/bollet/bollet.html "Non è stato colpito da ictus" Calderoli: "Per evitare chiacchiere e affermazioni inutili i bollettini medici verranno diramati solo in caso di novità" VARESE - Sono ancora stazionarie le condizioni di Umberto Bossi, che ha passato una notte tranquilla. Il ministro delle Riforme, ricoverato in terapia intensiva dell'ospedale di Varese per un'insufficienza cardiaca, è stato trasferito ieri pomeriggio nel reparto di Neuro-rianimazione. Dopo voci insistenti che parlavano non solo un problema cardiaco, ma anche una "sofferenza cerebrale", questa mattina è arrivato un comunicato dei medici che hanno smentito che il leader della Lega sia stato colpito da ictus o da ischemia. "E' falso quanto riportato da alcuni giornali. La notizia di ictus o ischemia è destituita di ogni fondamento. Non si può neanche parlare di grave sofferenza cerebrale. Le

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condizioni di Umberto Bossi rimangono stazionarie" ha affermato una fonte interna dell'ospedale Circolo di Varese, smentendo la notizia apparsa su alcuni quotidiani di un ictus che avrebbe colpito Umberto Bossi, ricoverato da giovedì. Fonti sanitarie hanno spiegato che il ministro per le Riforme è stato trasferito in neurochirurgia per essere sottoposto ad alcuni esami. Sempre secondo le stesse fonti, Bossi non è stato riportato nel reparto di cardiologia dove era stato inizialmente ricoverato, in quanto lì non ci sono gli stessi macchinari per le analisi presenti nel reparto di neurochirurgia. Interpellato per avere conferme sulle condizioni del ministro, il vicepresidente del Senato e coordinatore delle segreterie della Lega, Roberto Calderoli ha dichiarato "Bisogna fare riferimento a quello che dicono i sanitari, e non alle chiacchiere". Quindi, dopo la secca smentita dei medici Calderoli, che da quando Bossi è stato ricoverato trascorre praticamente le sue giornate in ospedale, ha precisato: "Non ci saranno più comunicati o bollettini medici perché in queste ore sono circolate notizie prive di qualsiasi fondamento e per evitare chiacchiere e affermazioni inutili i bollettini medici verranno diramati solo quando ci saranno delle novità". Il ministro del Welfare, Roberto Maroni, anche lui arrivato in ospedale, ha detto ai giornalisti: "Rispettate la privacy, siate seri". Quindi ha aggiunto: "Le sue condizioni non sono gravissime. Presto ritornerà e dovrà recuperare il tempo per la campagna elettorale. Farà scintille". 11 lug. 2004 - Un calvario iniziato l'11 marzo http://ilgiorno.quotidiano.net/art/2004/07/11/5353043 Roma, 11 luglio 2004 - Il calvario del ministro era cominciato l’11 marzo scorso. Bossi, colpito nella notte da «scompenso cardiaco con edema polmonare» mentre era a casa sua, fu ricoverato d'urgenza all’ospedale di Varese. Il malore provocò anche un ictus cerebrale che ha lasciato Bossi in uno stato comatoso. Stato che i medici hanno ulteriormente prolungato con farmaci per consentire al cervello di assorbire possibili lesioni. Comincia così un lungo periodo di incertezza. I giornalisti e i simpatizzanti che assediano l’ospedale inducono la moglie a chiedere il silenzio stampa. Il 5 aprile i sanitari del nosocomio emanano un bollettino medico ufficiale nel quale nel quale si comunica che «Bossi è cosciente e riconosce i familiari».Le notizie escono con difficoltà. Alla fine, però, appaione chiari sia la gravità della malattia che ha colpito il ministro, sia i suoi sforzi per tornare a una situazione fisica accettabile. Comincia a comunicare utilizzando una lavagnetta, si parla di battute con i medici e gli infermieri che lo curano. Il 30 aprile si viene a sapere che il paziente, fino a quel momento alimentato per flebo, ha assunto cibi liquidi. E anche che ha avuto la forza di candidarsi ufficialmente alle Europee. Il giorno cruciale è il 3 maggio: dopo 53 giorni di ricovero la famiglia decide di portare via il senatur dall’ospedale di Varese. E’ un autentico blitz: all’alba due auto si presentano all’ospedale e ne escono poco dopo. Da quel momento del ministro si perdono le tracce. Il quotidiano leghista La Padania riceverà un biglietto: «Torno presto», e la firma. Ancora misteri. Si parlerà di ricoveri al Nord, al Sud, persino in Puglia. Il ministro si rifà vivo il primo giugno. Un nastro inviato a radio Padania. Una voce roca, sofferente, ma determinata: «Non sono morto - dice Bossi - voi andate avanti». Sono cento secondi, parole che si sentono appena: la tracheotomia è difficile da superare. Sarà Calderoli ha leggere ai giornalisti la «traduzione»: «Sto abbastanza

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bene, nel senso che non sono morto. Però era meglio non avere ’sta roba». Quindi un accenno al raduno di Pontida, convocato in vista delle elezioni: «Per me è meglio rinviarla, Pontida. Posso esserci anch’io. Pontida è la mia festa. Alle elezioni i legisti devono andare a votare Lega, è evidente, e per tutte le manifestazioni che faremo, visto che tutti partecipano, ci sarò in giro sul territorio. Sul territorio sarò in giro a portare la mia voce alle persone, a fare chiarezza, magari. Quindi io ci sarò. Insomma, vi saluto con tanta amicizia e tanta simpatia. E’ andata così, quest’anno, ma sono stato schiacciato dal dolore e quindi non ho potuto essere in giro come gli altri anni». Il popolo leghista piange. E vota. Dopo le elezioni un altro lungo silenzio. Si saprà che Bossi, ricoverato per la riabilitazione all’istituto Ildebrandt di Brissago alla fine del mese scorso era stato riportato a Lugano perché colpito da dolori alla schiena, nelle regione lombare. Venerdì notte il grave scompenso e il trasporto al contiguo centro specializzato. E inizia un’altra cortina di silenzio. (di Paolo Berardengo) 11 lug. 2004 - Lo scrive un quotidiano elvetico: "Continuerà la riabilitazione dopo il grave ictus che lo ha colpito" http://www.repubblica.it/2004/f/sezioni/politica/bossisvi/bossisvi/bossisvi.html Umberto Bossi ricoverato in una clinica svizzera GINEVRA - Bossi è in Svizzera, ricoverato nella clinica e centro di riabilitazione Hildebrand di Brissago, in Ticino: il leader della Lega Nord e ministro - rivela oggi il quotidiano svizzero 'La Regione Ticino' - ha scelto "l'istituto locarnese per affrontare il prosieguo sanitario del grave ictus che lo ha colpito l 11 marzo scorso". Contattata telefonicamente da una agenzia di stampa italiana, la clinica per ora non ha confermato né smentito la notizia. Il ricovero del ministro "è avvenuto ed è proceduto nella massima riservatezza", scrivono gli autori dell'articolo. Che aggiungono: "le condizioni di salute del leader padano non sono delle migliori, come del resto si evinceva dalle foto e dalle registrazioni rese pubbliche nelle scorse settimane". Da quando Bossi era uscito dall'ospedale di Varese il 3 maggio scorso nessuno sapeva dove si trovasse. "Alla Hildebrand - scrive il quotidiano che pubblica la notizia in prima pagina con una foto di Bossi - si era rivolto a fine aprile lo staff del ministro per le riforme italiano", con discrezione. E la direzione della clinica di Brissago si è "ovviamente data fare per imporre e mantenere il più stretto riserbo sull'ospite eccellente". Ma ecco che - scrive il quoditidiano - "davanti alla clinica ticinese sono regolarmente stazionate da settimane alcune auto con targhe italiane tra cui la Volvo del professor Giuseppe Francesco Foderaro, neurofisiologo operante al Centro di Neuropsicologia e Psicologia Clinica di Tortona, autorità riconosciuta nel trattamento degli ictus". Inoltre, addetti alla sicurezza sorvegliano attentamente una camera. "Dell'eventuale presenza di Bossi a Brissago sono state lasciate all'oscuro sia le personalità politiche sia quelle di polizia del Cantone. Ma la cosa non deve sorprendere: anche in occasione del recente ricovero di Silvio Berlusconi in una clinica del Luganese le autorità cantonali erano state tenute all'oscuro di tutto. L'asse in questo caso è quello al più alto livello di discrezione Roma- Berna, che bypassa le autorità locali", afferma il giornale. (19 giugno 2004)

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La BANCA d'ITALIA non è Pubblica ma Privata, un po' di Storia per capire bene... (http://www.mednat.org/finanza/storia.htm) OCCULTISMO DI STATO........ vedi anche: I Savoia salvati dai Rothschild (One of the world's leading independent investment banking organizations providing financial services to governments, corporations and ...more....) www.rothschild.com/ La banca d'Italia non è d'Italia. - Se fosse d'Italia sarebbe dello Stato Italiano. - Se fosse dello Stato sarebbe dei cittadini italiani. - Se fosse dei cittadini italiani sarebbe pubblica. - E invece non è pubblica, ma privata. Vale a dire: "nonostante l'evidente interesse pubblico e nazionale" del suo ruolo di banca d'Italia l'interesse pubblico è gestito da una società privata... talmente è privata che i veri suoi proprietari risultano nascosti. Infatti nel sito del Senato relativo alla banca d'Italia ( http://www.senato.it/att/ddl/r4083p.htm ) curiosamente, chissà perché, manca la parte più interessante, cioè la composizione societaria: quando infatti arrivi al titolo "QUOTE DI PARTECIPAZIONE AL CAPITALE" appare la scritta "Porzione di testo non disponibile" ! http://www.senato.it/leg/13/BGT/Testi/Ddlpres/00004397.htm "Ma la BANCA D'ITALIA ha interessi pubblici ed è privata ? - commenta un cittadino - Come mai ? Evidentemente si vogliono nascondere i veri proprietari. che a quanto pare non sono gli italiani, cioè lo Stato Italiano... Se non è così, com'è ? Giornali e televisioni ogni tanto dicono che il popolo italiano ha un mostruoso debito pubblico, ma nessuno dice verso chi è debitore... Com'è questa storia ? E' così difficile saperla ? O forse la spiegazione è semplicissima: è soltanto una truffa, una grande truffa !!!" Un po' di storia allora: Pare che il 1861 sia stato l'anno dell'unità d'Italia. Una dozzina di anni prima - nel 1849 - si costituiva in Piemonte la banca Nazionale degli Stati Sardi, di proprietà privata. Il maggiore interessato, Cavour - che aveva interessi propri in quella banca (1) - impose al parlamento savoiardo di affidare a tale istituzione compiti di tesoreria dello Stato. Si ebbe così una banca privata che emetteva e gestiva denaro dello Stato ! A quei tempi l'emissione di carta moneta veniva fatta solo dal Piemonte. Il Banco delle Due Sicilie emetteva invece monete d'oro e d'argento. La carta moneta del Piemonte aveva anch'essa una riserva d'oro - circa 20 milioni - ma il rapporto era: tre lire di carta per una lira d'oro, dunque una "convertibilità in oro" fra virgolette. Inoltre, per le continue guerre che i savoiardi facevano, anche quel simulacro di convertibilità crollò, tanto che la carta moneta piemontese - per l'emissione incontrollata che se ne fece - era diventata carta straccia già prima del 1861. Ma torniamo ai fatti. Conquistata tutta la penisola, i piemontesi misero le mani nelle banche degli Stati appena conquistati. E dopo qualche tempo fu la banca Nazionale degli Stati Sardi a divenire la banca d'Italia. Con l'occupazione piemontese era stato immediatamente impedito al Banco delle Due Sicilie - diviso poi in Banco di Napoli e Banco di Sicilia – di raccogliere dal mercato le

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proprie monete d'oro per trasformarle in carta moneta secondo le leggi piemontesi, poiché in tal modo i Banchi avrebbero potuto emettere carta moneta per un valore di 1200 milioni e sarebbero potuti diventare padroni di tutto il mercato finanziario italiano. Quell'oro pian piano passò nelle casse piemontesi, nonostante la nuova banca d'Italia non risultasse averne nella sua riserva, e nonostante appunto tutto quell'oro rastrellato al Sud. Come avevano fatto ? Avevano dato a tutto quell'oro una via "sociale", naturalmente, quella del finanziamento per la costituzione di imprese al nord, operato da banche, costituitesi per l'occasione come socie - guarda un po' - della banca d'Italia: Credito mobiliare di Torino, Banco sconto e sete di Torino, Cassa generale di Genova e Cassa di sconto di Torino. Le ruberie operate, e l'emissione non controllata della carta moneta ebbero come conseguenza che ne fu decretato già dal 1° maggio 1866, il corso forzoso: la lira di carta non poteva più essere cambiata in oro. Da qui incominciò a nascere il Debito Pubblico: lo Stato, per finanziarsi, iniziava a chiedere carta moneta a una banca privata. Lo Stato quindi, a causa del genio di Cavour e soci, cedette da allora la sua sovranità in campo monetario, affidandola a dei privati, che non ne avevano - non ne hanno e mai dovrebbero averne alcun titolo o diritto – in quanto la sovranità per sua natura non è cedibile. Essa è del popolo e dello Stato che lo rappresenta. Oltretutto da quando nel 1935 fu decretato definitivamente che la lira non era più ancorata all'oro, si ebbe che il valore della carta moneta derivò da allora semplicemente e unicamente dalla convenzione di chi la usa e di chi l'accetta come mezzo di pagamento. La carta moneta, dunque, è carta straccia. Ne consegue che alla banca d'Italia - che è privata - e alla quale si dovrebbe pagare il debito pubblico, in realtà non si deve dare nulla. Da tutta questa storia si può facilmente capire in mano a chi siamo e che, dato che la banca d'Italia ha un immenso potere finanziario e politico, qualsiasi governo in Italia conta come il due di coppe. Tratto da: http://digilander.libero.it/afimo/privata.htm

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Si stava meglio quando si stava peggio? (http://ilsignoraggio.blogspot.com/2005/04/si-stava-meglio-quando-si-stava-peggio.html) «Nel Dopoguerra ci fu chi progettò di cambiare la lira. Ma saggiamente Einaudi disse no» L’economista Franco Spinelli: «Le lezioni dell’introduzione del franco pesante e del sistema decimale per la sterlina» Il precedente storico è l’unificazione monetaria all’indomani dell’Unità d’Italia . «Ma venne unificata solo la moneta metallica, il mezzo di pagamento di gran lunga predominante rispetto ai biglietti di carta. Per avere le stesse banconote in tutta Italia bisognerà aspettare il 1926», spiega Franco Spinelli, docente di Economia monetaria all’Università di Brescia. Pur essendo tutti denominati in lire e accettati sull’intero territorio nazionale, i biglietti conservano grafica diversa a seconda degli istituti di emissione che li producomo e che fino al 1893, anno di fondazione della Banca d’Italia, sono sei (tra questi la Banca nazionale degli Stati sardi, due banche del Granducato di Toscana e la Banca dello Stato Pontificio). Da quella data in poi ne restano invece tre: oltre a Bankitalia, il Banco di Napoli e il Banco di Sicilia. E’ Mussolini, nel 1926, a cambiare le cose con un decreto, che autorizza solo la Banca d’Italia a stampare banconote. [leggi il commento all'articolo] Il secondo passaggio storico è il tentativo (fallito) nel secondo Dopoguerra. «Ci fu un ampio dibattito: c’era chi voleva sostituire le vecchie lire con nuove banconote e chi chiedeva invece solo una sorta di "vidimazione". L’obiettivo era di tassare chi si era arricchito con il fascismo e che, per timbrare le banconote, avrebbe dovuto tirare fuori i biglietti dai materassi», racconta Spinelli. Tutto era pronto per il changeover . «Presso la Banca d’Italia è depositato un documento in cui è elaborato il piano tecnico per ritirare nella notte l’intera massa di banconote: si sarebbero usati i camion dell’esercito. Erano perfino state preparate le matrici, che furono anche rubate da due operai. Prevalse però l’anima liberale. Fu la saggezza della Banca d’Italia e, in particolare, di Luigi Einaudi ad opporsi all’abbandono della vecchia lira» , dice Spinelli. Se allarghiamo l’orizzonte all’Europa, sono numerosi i casi in cui assistiamo al passaggio da una moneta a un’altra. La Germania dell’iperinflazione abbandona il marco che non vale più nulla negli anni ’20. In Francia il generale De Gaulle, nel secondo Dopoguerra, adotta il franco pesante. Più recente è l’esempio della Gran Bretagna , che nel 1971 decide di abbandonare la tradizionale divisione della sterlina e dei pence (1-12-20), che risaliva addirittura a Carlo Magno (una sterlina uguale a 12 soldi, un soldo uguale a 20 denari), per passare al sistema decimale. «Ero nel Regno Unito in quel periodo e ricordo le difficoltà delle persone, soprattutto gli anziani, ad abituarsi alla novità. Ci furono addirittura casi di suicidio riportati dai giornali» , ricorda Spinelli. Nel secolo scorso mancano esempi di unioni monetarie, tutte fallimentari. Nel 1866 nasce l’Unione monetaria latina tra Belgio, Francia, Italia, Svizzera e Grecia : l’intesa prevede un rapporto di 1 a 1 tra le divise degli Stati aderenti, monete e banconote vengono accettate sull’intera area, ma senza unificazione fisica. Ma dopo dieci anni l’accordo è già finito, indebolito sul nascere da problemi politici e commerciali soprattutto tra Francia e Italia. Stesso destino tocca all’unione monetaria tra Svezia, Norvegia, Finlandia e Danimarca nel 1870 e al tentativo austro-germanico all’incirca nella stessa epoca. «Il punto è che il cambiamento di una moneta è un passaggio storico delicato che va gestito con grandissima attenzione, perché implica notevoli problemi tecnici e psicologici, oltre che economici», afferma Spinelli. Una preoccupazione che ben si riflette nell’estrema semplicità delle nuove banconote in euro. Essendo tutte uguali per i 12 Paesi, devono

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essere comprensibili in ogni lingua. Così sono sparite tutte le scritte superflue: c’è solo la parola euro e la scritta della Banca centrale europea. Giuliana Ferraino - 23 agosto 2001

commenti - aprile 29, 2005 10:37 AM Si può ammirare lo stile del noto giornale milanese: mentire, omettere, ingannare. Si sono, in questo caso, "dimenticati" di dire che Mussolini ha si unificato le emissioni da parte degli "istituti privati", ma l'ha affiancata con le emissioni statali, grazie alle quali in piena crisi depressiva mondiale ha fatto quel popò di opere pubbliche che possiamo ancora vedere nelle nostre città e nei porti, comprese quelle delle colonie, SENZA INDEBITARSI. Osserva che nelle lire del ventennio, non c'è scritto "officina della banca d'italia", ma Istituto Poligrafico dello Stato. Provino i nostri cari professoroni a spiegarlo! Provino a spiegare come ha fatto la RSI a nascere e scomparire senza lasciarci debiti in eredità! Provino a spiegare la valenza strategica dei bombardamenti "alleati" in Italia, in Germania, in Giappone. Guarda caso, tre paesi che avevano la proprietà statale della moneta. Provino a scrivere la storia delle banche centrali private di emissione in relazione a questi avvenimenti: - 1789 - caduta del Re di Francia - emissione ai privati - 1860 - caduta dei Borboni di Napoli - emissione ai privati - 1870 - eliminazione del potere temporale della chiesa - emissione ai privati - 1917 - caduta dello Zar di Russia - emissione ai privati (Gosbank 1937 sotto Stalin) - non stai avendo le allucinazioni, è proprio così. - 1918 - caduta degli Asburgo d'Austria - emissione ai privati. Ciao Lino Rossi

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L'euro è già esistito! (http://ilsignoraggio.blogspot.com/2005/02/leuro-gi-esistito_07.html e http://news2000.libero.it/euro/curiosita/1109.jhtml) Tra '800 e '900 ci fu l'Unione monetaria latina. (nota1) e (nota2) Veniamo subito al dunque: l'euro è già esistito. A cavallo tra l'Ottocento e il Novecento alcuni paesi europei si erano accordati per dar vita a una forma di moneta unica. Non qualcosa di così assoluto come l'euro di oggi ma senz'altro una convenzione in grado di unire le valute nazionali e favorire gli scambi commerciali tra i paesi membri. Correva l'anno 1865 quando la lira entrò a far parte dell'Unione monetaria latina, insieme alla Francia (lo stato promotore a tutti gli effetti) la Svizzera, il Belgio e, più tardi, anche la Grecia. L'Unione era nata con l'obiettivo di rendere moneta legale in tutti i paesi quella di ogni singolo stato membro. La lira, quindi, veniva accettata come mezzo di scambio in tutte le altre nazioni e viceversa.

Perché era accettata da tutti? stiamo parlando di 140 anni fà, non esisteva la Comunità Europea, la BCE, Maastricht...

Perché? Semplice: le monete d'oro e d'argento di tutti questi paesi avevano lo stesso peso, lo stesso diametro e percentuale di metallo prezioso. In sostanza, l'accordo serviva a dare slancio alle attività di import ed export semplificando tutte le procedure di pagamento e bypassando, in alcuni frangenti, l'attività di cambio gestita dalle banche. Successivamente, anche altri stati si adoperarono per adattare le proprie monete agli standard dell'Unione e finirono per entrare a farne parte: Spagna, Romania, Austria, Bulgaria, Venezuela, Serbia, Montenegro, San Marino e lo Stato della Chiesa.

Tutti di comune accordo? Non può essere! Bisogna porre fine a questa fratellanza pacifica e redditizia!

Tuttavia, superati gli entusiasmi iniziali, la convenzione monetaria sopravvisse a prezzo di grandi difficoltà solo fino al 1927, anno in cui fu formalmente sciolta. L'unione fallì per diversi motivi, politici ed economici. In particolare non vi fu mai una solida e, soprattutto, unica politica monetaria (comparabile oggi all'attività della Banca centrale europea).

brr... Ma non vi fu nemmeno una sistematica politica tariffaria.

Qualche idea? La mazzata finale arrivò con lo scoppio della Prima guerra mondiale e la crisi di numerose economie europee. In ogni caso, l'Unione monetaria latina ha rappresentato un importante tentativo di cooperazione internazionale sul fronte economico-finanziario. Un passo in avanti che, probabilmente, è servito per cementare anche il cammino che, oggi, ha dato vita all'euro. (Mauro Milesi - 12.03.02)

brr, brrrrr

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nota1 http://it.wikipedia.org/wiki/Unione_Monetaria_Latina Unione Monetaria Latina Da Wikipedia, l'enciclopedia libera. Monete dell'Unione Monetaria Latina fronte retro 5 franchi belgi di Leopoldo II del 1868 5 franchi francesi di Napoleone III del 1868 5 dracme greche di Giorgio I del 1874 5 lire di Vittorio Emanuele II di Savoia del 1874 L'Unione Monetaria Latina è stato un tentativo del XIX secolo di permettere la libera circolazione di più valute europee all'interno degli stati membri, al tempo in cui il valore delle monete era dato dalla quantità di metallo prezioso in esse contenute. Nel 1865 la Francia, il Belgio, l'Italia e la Svizzera definirono un peso ed un titolo comune per le loro monete in argento ed oro. Dal 1868 anche la Grecia e dal 1889 la Romania, la Spagna, l'Austria, la Bulgaria, il Venezuela, la Serbia, il Montenegro, la Repubblica di San Marino e lo Stato del Vaticano aderirono, anche se in alcuni casi non formalmente, all'Unione. A causa delle fluttuazioni dell'argento e dell'oro a seguito della Prima guerra mondiale, l'Unione durò fino al 1927, anno in cui venne sciolta.

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nota2 http://www.merlino.org/eu-elatn.htm L'UNIONE LATINA (1866 - 1926) Gia' nel 1869 una unione monetaria europea L'unificazione monetaria europea avvenuta il 1 gennaio 2002 non e' propriamente un fenomeno senza precedenti in Europa. In effetti, dal 1866 ala 1926, fu instaurata tra alcuni paesi europei una unione monetaria denominata in seguito come "Unione Latina". Cinque nazioni vollero allineare i loro sistemi monetari e una ventina di altri paesi accettarono, senza divenirne membri, i principi di questa unione. Esistono differenze notevoli tra i criteri dell'Unione Latina e quelli dell'Euro: l'Unione Latina non concerneva la carta moneta, non esisteva una banca centrale e solo le dimensioni e i piccoli pezzi di moneta erano gli stessi per tutti i paesi partecipanti; contrariamente all'Euro il verso delle monete non era comune a tutte le emissioni nazionali. Il 23 dicembre 1865 venne siglato a Parigi un atto diplomatico che riconosceva l'Unione monetaria tra il Belgio, la Francia, l'Italia e la Svizzera. Piu' tardi, nel 1868, si aggiunse la Grecia.

Il franco francese

La dracma greca

La lira italiana Il franco svizzero

Il franco belga

Le monete dei cinque paesi europei dell'Unione Latina Fu necessario un mese di negoziati perche' questi paesi giungessero ad un compromesso. All'inizio, le divergenze erano nette: la Svizzera e il Belgio propendevano per l'abbandono dell'argento in favore dell'adozione dell'oro, sull'esempio dell'Inghilterra, ma la Francia non voleva demonetizzare il suo importante stock d'argento. Poi fu accettato il principio della coniatura delle monete in entrambi i due metalli. Molto presto si mostrarono interessati altri paesi pur senza divenire membri dell'Unione Latina: l'Impero Austro-Ungarico, la Spagna (1868), lo Stato Pontificio (1866), San Marino (1897), Monaco (1877), la Romania (1867), la Serbia (1873), la Bulgaria (1880), la Russia (1885), la Finlandia (1877) e vari stati sud-americani - Brasile (1867), Venezuela (1871), Repubblica Dominicana (1891). Il sistema monetario fu anche introdotto nelle colonie e nei protettorati dell'epoca: in Congo (1887), alle Comore (1890), in Eritrea (1890), in Tunisia (1891) e a Creta (1901). Napoleone III che sognava di realizzare "l'unificazione monetaria internazionale" convoco' a Parigi nel 1867 una importante conferenza internazionale per studiare la questione. L'Unione Latina si smembrera' definitivamente nel 1927 a seguito dei contrasti tra le nazioni europee che sfociarono nei conflitti della Prima Guerra Mondiale.

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Marc Depeyrot Monnaie Magazine n.38, 2002

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Un mare di dollari falsi e strani. di Maurizio Blondet (http://ilsignoraggio.blogspot.com/2005/04/un-mare-di-dollari-falsi-e-strani.html) Una storia stranissima. La polizia delle Filippine (National Bureau of Investigation, NBI) ha arrestato due cittadini britannici che stavano per spedire – tenetevi forte – 3 miliardi di dollari falsi. E non si tratta delle comuni banconote, ma di US Federal Reserve Negotiable Certificates, ossia moneta vera e propria della Banca Centrale, in gergo “bearer bonds” (1). Come ha spiegato il direttore dell’NBI Reynaldo Wycoco, i due arrestati – Paul E.J. Flavell e Sam Beany – sono stati presi sulla base di una segnalazione, il 14 aprile scorso, mentre consegnavano grosse scatole con costole di metallo alla DHL (lo spedizioniere globale) perché fossero recapitate a Zurigo. All’interno, i pacchi di banconote false. I due hanno pagato con carta di credito (sic), e non hanno opposto resistenza. La polizia filippina sta ora ricercando altri due sospetti, anch’essi di nazionalità britannica, Seki Mehmet Bayram e Peter Whittkamp. I due arrestati sono stati rilasciati su cauzione. Strano. Ancora più strano che i cosiddetti “grandi” media americani ed europei non abbiano fatto parola di questo evento. Tre mila miliardi di dollari falsi sono una cifra enorme, ad occhio e croce il triplo del Pil italiano, e la loro diffusione sui mercati monetari mondiali poteva provocare una catastrofe finanziaria. Ancora più strana la spedizione verso Zurigo. A che scopo? I falsari, di solito, spacciano le loro banconote diffondendole alla spicciolata in negozi e casinò, e attraverso una catena di “passaggi” più vasta possibile, alcuni dei quali complici volontari che pagano una quota del valore facciale delle monete. La spedizione a Zurigo invece, e il grosso taglio delle contraffazioni, fa pensare che la destinazione fosse una banca. A che scopo? La comparsa di 3 trilioni – a meno che non si tratti di un errore di stampa del giornale filippino - nell’economia Usa può provocare un’inflazione esplosiva. Chi disponesse di una tale cifra e fosse disposto a “perderla” (cosa non poi tanto importante, se le monete sono false) può far crollare la Borsa di Wall Street. La presentazione di 3 trilioni di certificati della Federal Reserve all’incasso, attraverso banche di Zurigo, potrebbe per assurdo obbligare la Fed a chiudere lo sportello, perché nemmeno la Banca Centrale Usa ha a disposizione contante o oro sufficiente a pagare una tale cifra. Chi ha interesse allo tsunami finanziario che ne seguirebbe? Una delle risposte che corrono su internet è: la Casa Bianca (2). L’Amministrazione Bush ha bisogno di una “attacco terroristico” per giustificare la prossima invasione dell’Iran, e l’operazione-catastrofe organizzata con l’anonimato di banche svizzere sarebbe l’ideale per accusare poi l’Iran del disastro economico americano. Chi sostiene questa ipotesi fa notare che vigono in Usa “ordini esecutivi” della FEMA (l’agenzia di protezione civile per catastrofi) che consentono al Presidente di sospendere la Costituzione in caso di crisi economica acuta.

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Ciò spiegherebbe anche il silenzio dei “grandi” media, avendo l’arresto dei due britannici mandato all’aria il progetto. A chi scrive viene in mente un’altra ipotesi: forse il sistema bancario internazionale (che ha uno dei suoi cuori in Svizzera) è tanto svuotato e fallimentare da dover ricorrere allo spaccio di moneta falsa per continuare a far funzionare il grande Casinò Globale. Forse si tratta di nascondere falsi di un disastro già avvenuto a causa dei “derivati”? Il taglio delle note sembra indicare un impiego interbancario. O sono possibili altre ipotesi? Aspetto suggerimenti dai lettori. di Maurizio Blondet Note 1)“2brits nabbed with $3 trillion in fake US fed notes”, Abs-Cbn, 25 aprile 2005. La notizia è molto stringata. 2)“an economic 9-11?”, Whatreallyhappened.com, 26 aprile 2005.

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La quadratura del cerchio (http://ilsignoraggio.blogspot.com/2005/03/la-quadratura-del-cerchio.html) Denaro sporco lo scandalo punta a Sharon e al gruppo MEGA (di Dean Andromidas) La mattina del 6 marzo scorso, la polizia israeliana ha perquisito la filiale 535 della Banca Hapoalim, la maggiore banca israeliana, ed ha arrestato 22 impiegati e direttori di banca, in quella che la polizia israeliana chiama la più grande operazione anti-riciclaggio nella storia del paese. Nello stesso tempo, dall'altra parte della città, lo stesso giorno, la polizia ha perquisito gli uffici dell'oligarca russo in esilio Vladimir Guzinsky, alla ricerca di prove incriminanti relative al riciclaggio di denaro. Inoltre è stato annunciato che l'ambasciatore israeliano a Londra, Zvi Hefetz, ex socio d'affari di Guzinsky, sarà interrogato a proposito della sua possibile posizione all'interno del caso. Un professore di economia israeliano ha detto a EIR (Executive Intelligence Review) che tutti sapevano che la filiale 535 era uno dei centri più importanti del riciclaggio. La domanda è: "Perché la cosa viene fuori adesso?". Egli ha commentato che il coinvolgimento di Guzinsky e Hefetz punta direttamente a Sharon. "Hefetz venne nominato ambasciatore a Londra da Sharon" nonostante il fatto che egli parli un'inglese stentato e tutti sanno quanto Guzinsky sia vicino a Sharon. Questo caso mostra al mondo intero il "nesso tra crimine e politica in Israele". Ma c'è molto di più che la semplice dimostrazione dell'infinita corruzione di Sharon. Una fonte dell'intelligence israeliana ha detto a EIR: "Questo non è un caso locale, è un caso internazionale; è il fatto più importante attualmente in Israele". Lo statista americano Lyndon LaRouche ha collegato lo scandalo all'imminente collasso del dollaro. Parallelamente a questo collasso, alcune fonti della finanza svizzera e inglese puntano all'attacco da parte dell'amministrazione Bush al Medioriente e a certi altri sviluppi che hanno scatenato un terremoto nei centri internazionali del riciclaggio di denaro. Quando accadono questi terremoti, le automobili esplodono, i maggiori partecipanti vengono assassinati e le banche subiscono delle irruzioni. Una fonte anziana della City di Londra collega il caso della Banca Hapoalim al recente assassinio del primo ministro libanese Rafik Hariri, dicendo: "La mia opinione su quanto sta accadendo in Israele e nel Libano è che non si tratta solo di qualcosa che ha a che vedere con la sfera geopolitica, ma anche con quella finanziaria. Il retroterra di questi sviluppi è il fatto che la parte greca di Cipro è entrata nell'Unione Europea nel maggio 2004. Quello che seguì fu la dismissione di Cipro come centro finanziario per la criminalità organizzata, per i trafficanti di droga e per i riciclatori di denaro sporco, specialmente per quanto riguarda il settore russo di queste attività. Quindi occorreva trovare dei centri alternativi per queste attività. Nella regione, Beirut e Tel Aviv diventano delle alternative attraenti, cosa che può spiegare i recenti avvenimenti nelle due città". Il brutale assassinio di Hariri non ha solo fatto saltare la pacifica risoluzione della crisi siro-libanese, ma ha distrutto il progetto di Hariri di far ridiventare Beirut il maggior centro finanziario internazionale che rappresentava, prima della guerra civile degli anni 1970 e 1980, per i capitali europei e del sud-ovest asiatico. Nei mesi precedenti la sua morte, Hariri aveva viaggiato in Russia dove aveva proposto che la Russia stabilisse una banca per il commercio estero a Beirut. Aveva anche proposto una larga

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cooperazione nei settori del gas, della raffinazione del petrolio e dei progetti immobiliari in Russia, nel Libano e nel resto del sud-ovest asiatico. Se il Libano finisce ancora una volta in una guerra civile, questi flussi di capitali, che avrebbero potuto essere impiegati per uno sviluppo economico reale nella regione, saranno impiegati per pompare artificialmente l'infausto sistema finanziario internazionale "globalizzato". Un analista finanziario svizzero ha convenuto con quanto descritto, ma ha aggiunto che anche Ginevra è un maggiore - se non il preferito - centro finanziario del crimine organizzato. Egli ha fatto riferimento al recente assassinio, simile ad una esecuzione mafiosa, del banchiere francese Edouard Stern nel suo appartamento di Ginevra. Stern non era un banchiere qualsiasi, ma il genero ed apparentemente l'erede, di Michel David Weill, il presidente della Lazard LLC, una delle più importanti e malvagie banche del mondo. Secondo alcune fonti, Stern, che aveva una sua società finanziaria, era il "banchiere ombra" di Lazard. "Lui faceva cose che Lazard non poteva fare, ed è stato ammazzato nel durante". Così come per i neo-conservatori ed i loro complici finanziari, la cui politica è di impadronirsi del petrolio e delle risorse naturali di una regione lasciandola nel caos e nella guerra. Come uno degli stati delle crociate di Venezia, Tel Aviv sta divenendo il centro finanziario "globalizzato" della regione. I lacché, come Sharon ed il ministro delle finanze israeliano Benjamin Netanyahu, sono fin troppo compiaciuti nell'ubbidire. Questa politica neo-conservatrice ha raggiunto il suo apice con la nomina a governatore della banca centrale israeliana dell'americano-rodesiano Stanley Fischer. Un ex vice-direttore del Fondo Monetario Internazionale, Fischer è un protetto della scuola fondamentalista di Chicago sul libero mercato. Per più di 20 anni, Fischer è stato il "sicario economico" di George Shultz, con il compito di trasformare Israele in un'area fondamentalista dell'economia del libero mercato. Come vicedirettore del FMI negli anni 1990, Fischer più di qualunque altro fu responsabile del collasso del processo di pace, imponendo politiche fondamentaliste di libero mercato nella regione (vedi EIR, 21 gennaio 2005). La galleria delle canaglie dietro alla Banca HAPOALIM… Uno sguardo a chi si nasconde dietro alla Banca Hapoalim rivela la galleria delle canaglie dei libero-marchettari e dei loro compari che stanno guidando questa politica e che controllano sia Sharon che Netanyahu. La Banca Hapoalim (BH) in ebraico vuol dire "Banca dei Lavoratori" e faceva parte della federazione sindacale "Histadrut",nel tempo in cui lo Stato israeliano giocava un ruolo centrale nell'economia. Venne privatizzata (NdT: anche in Israele devono riciclare i proventi del signoraggio) nel 1997, quando Netanyahu era primo ministro. Un pacchetto azionario di controllo della banca finì al consorzio finanziario americano che dà ordini sia a Sharon che a Netanyahu. Questo consorzio, che si intascò più del 30% delle azioni, era guidato da Ted Arison, un ex trafficante di armi di quando Israele non era ancora uno Stato. Arison fece la sua fortuna con la flotta "Carnival Cruise Lines" che gestiva dei casinò galleggianti. Venne aiutato in questo progetto da Meshulam Riklis, un altro gestore di casinò. Riklis e Arison finanziavano sia la carriera che la vita privata di Sharon. Riklis dette a Sharon i soldi per comprare il suo infame ranch "Sycamore". Poiché ora Arison è morto, le sue azioni sono detenute dalla sua altolocata figlia Shari Arison. Gli interessi di Arison sono rappresentati da Shlomo Nehama, che è il presidente della banca. Nehama è uno dei "consiglieri ufficiosi" di Netanyahu. Come disse un esperto israeliano: "Nehama è più importante di un consigliere ufficiale; quando Nehama

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parla, Netanyahu ascolta". Arison comprò il 20% della banca e trovò degli amici nel cosiddetto "Mega Group" che venne fondato da Charles e Edgar Bronfman e che comprende dei ricchi filantropi americani ebrei che sono anche i finanziatori della destra americana e della lobby pro-israeliana di destra. Tra questi troviamo: * Michael Steinhardt, membro del Mega Group, fondatore del Consiglio della Leadership Democratica (contraria a LaRouche), che è il mecenate dietro a Joe Lieberman. Il padre di Steinhardt era il commercialista del padrino della criminalità organizzata Meyer Lansky, attività per la quale finì in galera. Steinhardt usò i soldi del padre per creare una serie di enormi fondi altamente speculativi (hedge fund) che dopo rivendette, sul presupposto che avrebbe devoluto il suo tempo alla "filantropia". Come proprietario della "Israeli Maritime Bank", fece un mutuo sul ranch di Ariel Sharon dove è spesso un ospite. * Leonard Abramson, fondatore della "HMO U.S. Healthcare". Poco dopo che Sharon venne incaricato come primo ministro nel 2001, Abramson era uno degli ospiti della fattoria di Sharon che parlava del lancio di una offensiva di propaganda seguendo un piano dei falchi guerraioli israeliani che volevano affondare definitivamente gli accordi di Oslo. Poco dopo esser tornato negli USA, Abramson si incontrò con gli amici del Gruppo Mega, Edgar Bronfman e Steinhardt, dopo di cui venne lanciata una vasta operazione di propaganda chiamata "Educazione per il Medioriente" (Education for Middle East), chiamata anche con l'acronimo "Emet", che significa "verità" in ebraico. * Charles Schusterman, membro fondatore del Mega Group e fondatore della società petrolifera indipendente "Samson Resources". Egli era uno dei maggiori finanziatori dell'American Israel Public Affairs Committee (AIPAC), la lobby della destra israeliana che è attualmente sotto indagine da parte dell'FBI con l'accusa di spionaggio. Poiché egli è deceduto, le sue azioni nella Banca Hapoalim sono oggi in mano agli eredi. * Lewis Ranieri, che possiede il 3,4% della banca, non è un membro del gruppo Mega e non si spaccia per un filantropo. Negli anni 1980, lavorando alla Solomon Brothers, egli fu l'inventore dei titoli garantiti da ipoteche (NdT: simili in Italia ai "MyWay4You"). Fu probabilmente il più grande responsabile del collasso delle banche del circuito "Savings and Loan" negli anni 1980, e dell'attuale bolla immobiliare il cui collasso minaccia di tirar giù l'intero sistema finanziario. Ranieri creò la sussidiaria di New York della Banca Hapoalim, la "Signature Bank", usando dai 50 ai 60 ex manager della vecchia banca di Edmond Safra "Republic National Bank" (BofNY). (NdT: Safra morì bruciato vivo nella sede di Montecarlo della sua banca nel 1999. In Italia ufficialmente esisteva solo un ufficio di rappresentanza a Milano, in Piazzale Cadorna. Ma in realtà vi erano dei conti titoli attivi, con indirizzi in Italia, presso la clearing-house Clearstream del Lussemburgo) * Danny Dankner, un israeliano, è l'altro maggior azionista. I Dankner ed il loro impero commerciale di famiglia, sono tra i "baroni rapinatori" che hanno profittato immensamente dalla privatizzazione del settore statale israeliano, usufruendo dei loro compari: da Sharon a Netanyahu e giù giù nei gangli del governo israeliano. I Dankner hanno anche profittato vincendo dei contratti da Sharon per costruire insediamenti nei territori occupati. Gli osservatori finanziari hanno contestato il fatto che solo due settimane prima che la polizia irrompesse nella banca, questo consorzio vendette 250 milioni di dollari in controvalore di azioni della banca. Infatti, da ottobre, questi squali hanno pompato il

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valore delle azioni del 100% attraverso la mobilitazione di investitori istituzionali americani, per la maggior parte fondi pensione, per comprare azioni della Banca Hapoalim quando il prezzo era molto basso. Il fatto che l'alta direzione conoscesse che una indagine potenzialmente pericolosa era in corso, ha fatto inarcare le sopraciglia a più di uno dei protagonisti dei circoli finanziari e giudiziari.

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... e la “Mafia Russa” Fino ad ora nessuno di questi bei tomi, i veri zanza, è finito sotto indagine: solo i direttori di banca, gli addetti allo sportello, vari impiegati ed alcuni clienti sono stati arrestati. Ciononostante la polizia ha congelato i circa 400 milioni di dollari tenuti su più di 180 conti, appartenenti a 18 clienti, sospettati di essere stati usati per riciclaggio di soldi sporchi. Si ritiene che siano coinvolti circa 200 clienti. Molti dei sospetti includono degli oligarchi russi, dei padrini della Mafyia russa e degli uomini d'affari israeliani e stranieri. La Francia collabora pienamente e la sede di Parigi della Banca Hapoalim è nel mirino della polizia. I soldi della mafia russa hanno trovato alloggio in Israele, negli ultimi dieci anni, arrivando non solo all'interno del sistema bancario israeliano ma anche a finanziare le campagne politiche di vari politici israeliani ben in vista. Commentando questi fatti, Guy Rolnik scrisse in un articolo del 9 marzo nel giornale Ha'aretz: "All'inizio degli anni 1990, le grandi banche israeliane scoprirono una nuova entità geografica... la Russia. Ogni pochi mesi, qualche nuova celebrità russa, ovviamente ebrea, visitava Israele portando decine di centinaia di milioni di dollari. Le banche non annoiavano questi dignitari con domande fastidiose: semplicemente aprivano delle divisioni speciali intitolate all'Europa dell'Est". I sospettati più interessanti, in quest'ottica, sono vari oligarchi russi che vivono in Israele perché ci sono dei mandati di cattura, per loro, in Russia ed in altri paesi. Questa lista è impressionante: * Vladimir Guzinsky, ex barone dei media russi e banchiere. Egli è ricercato dalle autorità russe per frode ed evasione fiscale. Questo non ha colpito la sua carriera affaristica in Israele, dove possiede il 30% del secondo più importante quotidiano israeliano: il Ma'ariv. Il suo socio è l'ex agente del Mossad e trafficante di armi dell'era Iran-Contra, Jacob Nimrodi. I due sono buoni amici di Sharon e Netanyahu. * Leonid Nevzlin, che anch'esso venne esiliato in Israele a causa di un mandato di cattura russo per omicidio, era un socio nella società capogruppo Menatep con Mikhail Khodorkovsky, l'ex capo della compagnia petrolifera Yukos Oil e che attualmente è sotto processo in Russia, dove è accusato di vari crimini finanziari (NdT: da quando Khodorkovsky è in stato di detenzione, le sue funzioni vengono svolte dal Barone Rothschild - tanto per chiudere il cerchio). * Arcadi Gaydamak è un russo-israeliano che è ricercato dai francesi per frode. Egli fece la sua fortuna nel traffico delle armi, specialmente in Angola. Dove arriverà questa indagine? Le autorità suggeriscono che almeno un'altra banca è sotto indagine. Un esperto economico israeliano ha fatto la congettura che l'indagine fosse un tentativo per "ripulire" la reputazione di Israele dall'etichetta di paradiso del riciclaggio, in modo da attrarre i grandi giocatori del mercato finanziario globalizzato. Naturalmente questo significa che i "rapinatori" che hanno approfittato maggiormente dagli sporchi accordi della privatizzazione e dall'economia grigia israeliana, verranno rietichettati come "baroni rispettabili". Se questo è il caso, un buon inizio per la pulizia sarebbe di disfarsi di Sharon. Una recente indagine di mercato, commissionata dal quotidiano Ha'aretz, ha rivelato che il 62% degli israeliani considera Sharon come "corrotto". DEAN ANDROMIDAS Fonte: www.larouchepub.com Link: http://www.larouchepub.com/other/2005/3211hapoalim.html

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Traduzione per www.comedonchisciotte.org a cura di MARCO SABA Questo articolo è apparso nell'edizione del 18 marzo 2005 della EIR (Executive Intelligence Review):

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Guaicaipuro Cuautemoc è un indios che sa far di conto... (http://www.brianzapopolare.it/sezioni/mondo/cuautemoc_2000nov05.htm) Quanto fa l'interesse del 10% annuo per 5 secoli? Guaicaipuro Cuautemoc e' un indios che sa far di conto. Non un indios di quelli piagnucolosi, che continuano a lamentarsi per via che sono poveri, la loro terra e' stata depredata, i loro diritti calpestati brutalmente. No, Guaicaipuro Cuautemoc e' un indios pragmatico. Una nuova specie di indios con il pallino degli affari. Guaicaipuro Cuautemoc ha scritto una lettera alle potenze occidentali che non contiene recriminazioni. Va bene, dice, siete stati un po' malvagi, ma quel che e' stato e' stato, mettiamoci una pietra sopra. Affrontiamo la cosa da persone moderne e responsabili, non stiamo qui a fare un dramma su 5 secoli di aberrazioni. E' il progresso... Guaicaipuro Cuautemoc si limita a affrontare una piccola questione tecnica. La questione delle ricchezze depredate. Ok, non vogliamo pensare che le avete volute rubare. Diciamo che era un semplice prestito. Restituiteceli riconoscendoci un modesto interesse bancario. Vi va bene il 10% annuo? Allora facciamo 2 conti: "Fa fede l'Archivio delle Indie. Foglio dopo foglio, ricevuta dopo ricevuta, firma dopo firma, risulta che solamente tra il 1503 e il 1660 sono arrivati a San Lucar de Barrameda 185mila chili di oro e 16 milioni di chili d'argento provenienti dall'America." Calcolare il valore attuale di questa fortuna non e' facile, una stima prudenziale e' di 10 milioni di miliardi di lire. Poi ci sono gli interessi, grazie ai quali ogni 10 anni il capitale raddoppia: 20 milioni di miliardi, 40 milioni di miliardi, 80, 160, 320, 640, 1280 e cosi' via per 34 volte (iniziando a calcolare gli interessi dal 1660). Beh...viene fuori un cifrone. Ci compri una massa di oro e di argento abbondantemente superiore al volume del pianeta terra. Ok, pagate! Dice l'indios. Ma, aime', le potenze dell'occidente non hanno tutto questo denaro. Neppure se vendessero tutte le fabbriche, le banche, le imprese, le auto e le opere d'arte di tutti i loro musei, le proprieta' terriere e i palazzi, potrebbero mettere insieme una cifra del genere. Eppure l'oro e l'argento giunti a San Lucar de Barrameda non sono che una frazione minima delle ricchezze depredate dalle grandi potenze nel cosiddetto terzo mondo...Sono una bazzecola! Ora sorge spontanea una domanda: dove sono finiti questi soldi? Volete dire che in tutti questi secoli non hanno reso almeno il 10% annuo? Calcoliamo che abbiano reso solo il 2%...Calcoliamo anzi che non abbiano reso nulla. Comunque la massa delle ricchezze depredate durante i secoli del colonialismo e' tale che nessuno oggi sarebbe in grado di restituirle, neppure volendo. Se le ricchezze prese in prestito dalle potenze occidentali fossero restituite i paesi del terzo mondo diventerebbero ricchissimi e in Europa non ci sarebbero piu' neanche le sedie per sedersi. E invece, incredibile, le grandi potenze vantano dei crediti verso il terzo mondo. I derubati devono risarcire i danni del furto. Dicevamo che i soldi sono spariti. Che fine hanno fatto? In parte furono sperperati nelle corti europee e nei palazzi nord americani. Ma in piccola parte. Il grosso del malloppo fu gettato via combattendo una guerra dopo l'altra. Guerre, guerre e ancora guerre. Miliardi di fucili, fantastiliardi di proiettili. E migliaia di cannoni, di testate nucleari, sommergibili, aerei, mezzi blindati... E viene allora da chiedersi che cosa

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succederebbe se un domani l'umanita' trovasse il modo di vivere senza sprecare assurdamente le proprie risorse. Ogni bambino nascerebbe con un milione di dollari in banca e il mondo sarebbe un posto talmente bello che anche i generali sarebbero piu' umani. Dario Fo Roma, 5 novembre 2000

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Il riflusso bancario per i non-iniziati (di Pierre Parisien) Congresso dell’Associazione canadese dell’economia - 2002 (http://www.mclink.it/personal/MC0823/riflussi.html) [Traduzione a cura di Marco Saba - Testo originale in FRANCESE e testo originale in INGLESE] Fu una rivelazione che influenzò profondamente la mia vita intellettuale. Una delle mie figlie seguiva un corso di economia a livello secondario. Avevo acquistato il libro di testo “Capire l’economia canadese” (di W. Trimble, edizioni Copp Clark Pittman) e poiché mia figlia sembrava poco intenzionata a leggerlo, decisi di leggerlo io per non sprecare i soldi dell’acquisto. Non avevo mai avuto il minimo interesse verso la scienza economica ma questo cambiò quando, giunto al sesto capitolo, “Moneta e tecnica bancaria”, ho letto le seguenti frasi: “I soldi più importanti sono il credito. Il credito più importante è il credito creato dal nulla dal sistema bancario. L’ottanta percento del volume d’affari in Canada usa questa moneta che in realtà non esiste. Le banche lo affittano, proveniente dal nulla, alle persone, e quando rientra ritorna nel nulla”. Fu una rivelazione che mi ha portato ad uno studio più approfondito dell’economia. Ma fu solo qualche tempo dopo che mi accorsi che il libro dedicava molte pagine al meccanismo di creazione di denaro dal nulla, ma non c’erano indicazioni su come questo denaro ritornasse nel nulla una volta ripagato. Ho cercato in lungo e in largo per l’informazione mancante. Ho guardato in testi accademici come ad esempio in “Money, Banking and the Canadian Financial System”, di H. H. Binkhammer, e in “Economics of the Canadian Financial System”, di Sharer, Chant e Bond, ma non ho trovato nulla che spiegasse come la moneta creata dalle banche ritornasse nel nulla. Finalmente sono giunto alla conclusione che le banche traggono il loro reddito principalmente dal riflusso di questo denaro fabbricato, mentre l’interesse che prendono non è che la ciliegina sulla torta. Per capire il riflusso bancario uno deve capire il principio della contabilità doppia: quando prendete a prestito 1.000 euro da una banca, questa iscrive 1.000 euro nel vostro conto cosicché, in effetti, crea mille euro che prima non esistevano. Questa somma è un asset per voi poiché potete spenderlo, ma un passivo per la banca poiché deve darvelo a richiesta (o attraverso un prelievo o tramite un assegno). Considerando che questa banca garantisce migliaia di prestiti all’anno, è ovvio che tutte queste esposizioni manderebbero presto in bancarotta la banca se non ci fosse una controgaranzia per il passivo. Questa garanzia è il patrimonio che è di proprietà della banca. Quando prendete a prestito 1.000 euro quindi, la banca li crea due volte: una volta per voi – come esposizione della banca – ed una per sé stessa, il prestito – che è un attivo per la banca ed un passivo per voi. (A livello contabile, il prestito è già di proprietà della banca, ancor prima di essere rimborsato. Questo spiega perché, se non riuscite a pagare le rate del mutuo, la banca vende la vostra casa e si prende l’ammontare del prestito).

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Ora, ovviamente non avete preso in prestito questi mille euro per lasciarli fermi sul conto. Facciamo l’esempio che acquistiate della merce dal Sig. X e che paghiate con un assegno. Il Sig. X depositerà l’assegno in banca. La banca aggiungerà 1000 euro sul conto del Sig. X, un passivo per la banca, e creerà 1000 euro per sé, un patrimonio che viene aggiunto alla sua riserva. Ma la vostra banca è stata appena alleggerita di una esposizione di mille euro (da quando l’assegno è registrato) quindi il sistema bancario nel suo insieme non perde né guadagna. Quello che è semplicemente uno spostamento di un passivo da una banca all’altra viene presentato come fosse un nuovo passivo. La vostra banca dovrebbe cancellare mille euro dal suo attivo una volte per tutte, per essere in regola coi principi della contabilità doppia. Non ho trovato nessuna traccia del fatto che lo faccia e sono convinto che nessun ente di supervisione o auditing lo vada a controllare. (NdT: ecco perché in Italia la banca centrale ci tiene così tanto a mantenere i poteri di controllo e vigilanza sul sistema bancario… Cane non morde cane.) Se noi fondiamo mentalmente tutte le banche come se fossero una sola banca – la Grande Banca – il riflusso bancario diventa semplice e facile da comprendere: Per fare sì che la scrittura doppia sia integra, i cambiamenti nella colonna dell’attivo e quelli nella colonna del passivo devono sempre combaciare. I due devono aumentare e diminuire insieme e della stessa entità. Quando una somma viene sottratta dal passivo della Grande Banca (il sistema bancario aggregato) per via del pagamento attraverso assegno o carta di credito, un ammontare equivalente di attivo deve abbandonare il sistema. Non succede così! Testo del seminario I prestiti e il riflusso bancario (di Pierre Parisien) Permettetemi di iniziare dandovi un breve scorcio del mio documento: le banche “chartered” ( e le banche commerciali al di fuori del Canada) creano dal nulla la moneta che prestano e poi recuperano la maggior parte del capitale cosicché quello che guadagnano con gli interessi non è che la ciliegina sulla torta. Dimostrerò come il sistema delle clearing-house bancarie (stanze di compensazione) è strumentale al processo di recupero (quello che io chiamo il riflusso bancario). Quindi suggerirò alcuni cambiamenti che potrebbero rendere il sistema più equo e razionale. Ma innanzitutto facciamo una breve analisi del concetto di prestito. Vi sono principalmente due tipi di prestiti: prestiti distributivi e prestiti generatori. Quando prestate la falciatrice ad un amico o quando una associazione di credito cooperativo presta il denaro, qualcosa di preesistente viene temporaneamente ridistribuita, da qui la definizione di prestito distributivo; ma quando una banca commerciale accorda un prestito, essa fabbrica il denaro dal niente. Il denaro non proviene dalle risorse della banca, né dai depositi che le vengono affidati dalla clientela: viene dall’inchiostro della penna del banchiere (o da una scrittura effettuata in un computer). Questi li chiamo prestiti generatori. Se c’è gente tra voi che fa fatica a credermi, vi suggerisco di leggere il sesto capitolo intitolato "Commercial Banks as Creators of Money", in "Money, Banking and the Canadian Financial System" di H.H. Binhammer. Vorrei anche citare "Economics of the

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Canadian Financial System" di Sharer, Chant e Bond: “Mentre anche altre istituzioni finanziarie creano denaro, la nostra analisi dimostrerà che, a causa della loro posizione dominante nel sistema dei pagamenti, le banche commerciali sono il cuore di questo processo”. La capacità di una banca di creare moneta non è tuttavia infinita. E’ limitata dal suo capitale. Le linee direttive dell’ufficio del sovrintendente delle istituzioni finanziarie limitano la totalità dei prestiti di una banca a 20 volte il suo capitale (NdT: oggi, 2005, siamo a 50 volte, con una riserva frazionaria del 2%) così come viene definito nel documento al capitolo A, "Capital Adequacy Requirements," capoverso 1, sezione 1-1. Queste regole seguono le linee guida del “Capital Accord” del 1988, raggiunto sotto l’egida della BRI, la Banca dei Regolamenti Internazionali di Basilea (BIS – Bank of International Settlements). Bene! Siamo ora pronti ad affrontare il cuore della mia presentazione, il riflusso bancario, ovvero il ritorno alla banca del capitale creato dalla banca emettendo un prestito. Ma prima di studiare il meccanismo del sistema bancario, permettetemi di andare direttamente ad un esempio che permetterà di presentare il mio punto evitando le complicazioni tecniche. Supponiamo che voi siate proprietari di una impresa e che voi prendiate in prestito un milione di euro da una banca per mettere sul mercato un nuovo prodotto. La banca crea dal nulla il milione di euro e si premunisce di una garanzia – una proprietà, un magazzino di prodotti o anche un immobile privato. Supponete che un concorrente metta sul mercato un nuovo prodotto che rende desueto il vostro e vi mette alle corde, in più siete in ritardo col vostro primo pagamento. La banca immediatamente richiede indietro il prestito ma poiché voi ne avete già speso la maggior parte, non potete ripagarlo. A quel punto la banca vi espropria della vostra attività o di qualsiasi cosa voi abbiate messo a garanzia, e recupera il valore del prestito. Questo succede continuamente e dimostra il fatto che le banche hanno titolo al capitale che esse stesse creano con l’atto del prestarlo. I difensori di questo sistema ammettono che le banche creano il denaro che prestano, ma sostengono che il denaro prestato verrebbe “distrutto” gradualmente col ripagamento del prestito e che la banca profitterebbe del solo interesse che impone. Per rifiutare questa spiegazione, dobbiamo entrare nel poco chiaro mondo della contabilità doppia, l’attuale forma predominante di tenuta della contabilità. (Immagino che molti di voi siano già familiarizzati con questo argomento, ma vi chiedo indulgenza perché altrimenti peccherei nei confronti di quanti non lo conoscono). Ogni volta che voi depositate contanti o assegni nella banca, la banca accredita il vostro conto. Questa somma è un attivo dal vostro punto di vista, ma per la banca è un passivo, poiché voi siete liberi di prelevare la somma a volontà. La banca deve dunque accreditarsi di un attivo di egual valore che viene chiamato riserva (di fatto, un'aggiunta alle sue riserve). E’ una concezione errata il credere che le riserve siano delle somme messe da parte in previsione di tempi duri. Solamente una piccola percentuale di ciò che viene chiamata la riserva della banca, viene effettivamente accantonato. Nell’antichità, queste riserve erano mantenute in deposito presso la banca centrale del Canada, ma dopo che la

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legge bancaria venne modificata nel 1992 per eliminare questa esigenza, le banche commerciali non tengono in cassa che le riserve di denaro contante che esse stesse ritengono necessario o prudente. Questa somma non supera il 10% dei loro attivi, poiché viene considerata sufficiente a rispondere alle richieste del pubblico di biglietti di banca. Allora, che se ne fanno le banche del denaro che rimane? Esse lo investono, se ne servono per sostenere e giustificare altri prestiti, per pagare gli stipendi ed i premi ed anche per pagare i dividendi ai loro azionisti (secondo delle limitazioni imposte dalla “Loi sur les banques”, articolo 129, paragrafo 4). Le riserve di una banca non sono un tesoro conservato in una cassaforte, ma piuttosto una corrente di denaro che attraversa un portone e così facendo diventa proprietà della banca. Talvolta questa proprietà (un attivo) è equilibrata da un’obbligazione (un passivo) e talvolta invece no. Per comprendere appieno il bilancio di una banca, dovremmo rimpiazzare mentalmente il termine “riserva” con il termine “proprietà della banca”. Quando una banca accorda un prestito, essa accredita il cliente di un deposito corrispondente e simultaneamente crea un accredito a sé stessa di un attivo equivalente al prestito. Un tale deposito, creato dal nulla, viene chiamato deposito secondario, o deposito derivato. I depositi che non vengono creati dalle banche vengono chiamati depositi primari. (E’ un peccato che questi termini non siano più adottati, perché mettevano in evidenza una distinzione importante). E’ la relazione tra i depositi primari e quelli secondari che rende possibile il riflusso bancario – il ritorno alla banca del capitale creato con i prestiti. Facciamo un esempio per dimostrare il meccanismo implicato: Giovanni prende a prestito 1000 euro dalla Banca A che noi consideriamo una banca-monopolio, ovvero la sola banca del paese [NdT: questo è l’effetto pratico raggiunto attraverso il meccanismo del clearing interbancario]. Quest’ultima crea il denaro dal nulla e inserisce la somma come deposito sul conto di Giovanni e, in contropartita, come aggiunta alle proprie poste attive. (Per semplificare le cose, non terremo conto degli interessi e delle spese). Il giorno seguente, Giovanni si serve del suo deposito per emettere un assegno di 500 euro a favore di Enrico che lo deposita nel suo conto alla Banca A. Questo è un deposito primario che aggiunge automaticamente altri 500 euro ai fondi della riserva della banca. Il secondo giorno, Giovanni emette un assegno di 500 euro a Teodoro che lo deposita allo stesso modo nel suo conto alla Banca A. Scriviamo le tre transazioni sul bilancio: Iscrizioni nel bilancio della Banca A ATTIVO PASSIVO Prestito 1000 euro Riserva 500 euro Riserva 500 euro

Deposito secondario 1000 euro Deposito primario 500 euro Deposito primario 500 euro

Attivo totale 2000 euro Passivo totale 2000 euro L'ultima linea dimostra che l'attivo totale e il passivo totale sono uguali ed opposti, si annullano mutuevolmente. La banca pretenderà dunque che il denaro creato emettendo il prestito (un passivo, dal suo punto di vista) è stato compensato dall'attivo del prestito rimborsato e che solamente l'interesse rappresenta un guadagno proveniente da questa transazione.

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Questo ragionamento è fallace, si tratta di capire il gioco delle tre carte. Il trucco consiste nel sommare il passivo dei depositi primari al passivo del deposito secondario. Quando Enrico, nel nostro esempio, mette all'incasso l'assegno da 500 euro di Giovanni, quest'ultimo perde 500 euro dal suo deposito secondario. Quando Teodoro deposita l'altro assegno di 500 euro di Giovanni, questi perde il restante del deposito creato col prestito: ha speso il suo prestito. Il passivo della banca di 1000 euro verso Giovanni è stato rimpiazzato con due passivi di 500 euro verso Enrico e Teodoro - ma Giovanni deve sempre 1000 euro (più gli interessi) alla banca. In seguito, ogni volta che Giovanni effettuerà un pagamento sul suo prestito, il pagamento verrà iscritto come attivo per la banca (aggiungendolo alle riserve), ma non ci sarà un passivo come contropartita. Il pagamento sarà dunque un guadagno in conto capitale per la banca. Il passivo della banca viene dunque correttamente iscritto nel nostro bilancio come 2000 euro (il prestito di 1000 euro più due aggiunte di 500 euro alle riserve), ma il passivo dovrebbe essere iscritto solamente nella misura di 1000 euro. PERCHE'? Perché i due depositi primari rappresentano uno spostamento di passivo piuttosto che una aggiunta al passivo originale di 1000 euro. Poiché le riserve sono di proprietà della banca, nel nostro esempio, la banca si è in effetti creata 1000 euro dal niente. L'interesse è semplicemnte la ciliegina sulla torta (Ndt: probabilmente nel sistema bancario islamico questo non avviene - e questo spiegherebbe lo scontro epocale tra il sistema bancario occidentale e quello islamico, erroneamente attribuito a fattori religiosi. Infatti, nelle tre religioni cristiana, ebrea e musulmana, l'usura viene condannata comunque. Quando si pensa che le banche occidentali stanno disperatamente cercando di "globalizzare" queste truffe, si capisce la resistenza tenace da parte di altre culture meno corrotte). Questo ritorno di capitale creato attraverso il prestito è quello che chiamo il riflusso bancario. Alcuni diranno che nessuna banca-monopolio avrebbe l'audacia di praticare uno stratagemma così evidente e che, nei fatti, una singola banca non procede a questo modo quando si tratta di contabilizzare lo scambio di assegni tra due clienti che hanno i conti presso la medesima succursale. Consiglio a questi scettici di considerare il mio esempio come un espediente euristico che ci aiuterà a comprendere un punto che tratteremo tra poco. Notate comunque che se Enrico e Teodoro avessero insistito per incassare i loro assegni in contanti, la Banca A sarebbe stata costretta ad attingere dalle riserve per soddisfare la domanda. Questo pagamento avrebbe annullato le riserve create attraverso il deposito dei loro assegni e, in questo caso, la banca non avrebbe potuto beneficiare che dell'interesse sul prestito. Il denaro contante, poiché cortocircuita il riflusso, è il nemico mortale delle banche. Felicemente per queste, la maggior parte degli assegni vengono depositati piuttosto che incassati e la maggioranza delle transazioni avvengono su computer piuttosto che attraverso lo scambio di contanti da mano a mano. Ovviamente, nella realtà reale dove non esistono banche-monopolio, Enrico e Teodoro avrebbero probabilmente depositato i loro assegni in un'altra banca ed in questo caso la Banca A avrebbe perso delle riserve a favore della banca ricevente. Gli assegni, tuttavia, non vengono compensati uno a uno. Vengono gestiti quotidianamente attraverso l'intermediazione di una camera di compensazione (clearing house) dove la Banca A presenta alla Banca B tutti gli assegni che ha ricevuto e che sono stati emessi sui conti della Banca B, e quest'ultima fa lo stesso nei confronti della Banca A. Se,

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diciamo, la Banca A riceve 800.000 euro in assegni della Banca B, e quest'ultima riceve 700.000 euro in assegni della Banca A, allora la Banca B perderà 100.000 euro di riserve a vantaggio della Banca A. L'indomani, tuttavia, potrebbe essere la Banca A a perdere a vantaggio della Banca B. Questo processo viene ripetuto ogni giorno tra tutte le banche. Solo la differenza viene attualmente trasferita dalle riserve di una banca alle riserve di qualsiasi altra banca. Poiché tutte le banche hanno un conto presso la banca centrale, i trasferimenti avvengono semplicemente spostando delle cifre da un conto all'altro. Alla lunga, tutte le banche finiscono più o meno alla pari con questi trasferimenti. Dunque, di fatto, non perdono delle riserve tutte le volte che uno dei loro clienti scrive un assegno che verrà deposto in un'altra banca. Grazie a questo procedimento, il meccanismo che si applica a una banca-monopolio (come nel mio esempio euristico) si applica, grosso-modo, all'insieme del sistema bancario così come alle singole banche. In breve, ci sono due modi possibili di compensare gli assegni tra le banche: 1. una operazione diretta, da banca a banca e assegno per assegno, cosa che sarebbe pratica con i mezzi informatici ed elettronici disponibili; 2. una operazione di camera di compensazione come ho descritto. Esiste una considerazione sottile ma importante da fare qui: In una operazione di pagamento assegno per assegno, la banca pagante perde delle riserve per l'ammontare degli assegni e la banca ricevente guadagna lo stesso ammontare di riserve. (Occorre ricordarsi che le banche devono necessariamente accreditarsi di uin ammontare uguale a ciascun deposito primario, somma che va alle riserve; altrimenti le singole banche fallirebbero rapidamente ed il sistema bancario crollerebbe). Ma in una operazione di camera di compensazione, poiché solamente la differenza quotidiana tra due banche qualsiasi viene trasferita, la maggioranza delle riserve della banca pagante rimangono protette. Alla lunga, quasi tutte le sue riserve rimangono protette, anche se le banche più grosse e/o meglio gestite possono avere un leggero vantaggio. Grazie al procedimento della camera di compensazione, due banche agiscono come due preti che si confessano l'un l'altro e si danno l'assoluzione. "E allora?" è quello che mi sento troppo spesso chiedere quando parlo di questo argomento con dei membri della mia famiglia, con gli amici e, occasionalmente, con degli uomini d'affari. "Finché ottengo il credito di cui ho bisogno, quando ne ho bisogno, che m'interessa?" Permettetemi di dimostrare perché questa attitudine è nefasta. Secondo il Council of Economic Advisors, la massa monetaria degli Stati Uniti è più che settuplicata tra il 1970 ed il 1994. Poiché tutti gli economisti, a sinistra e a destra, sono d'accordo sul fatto che le banche creano più del 95% della nuova moneta, è matematicamente evidente che una buona parte di questo denaro nuovo finisce per far parte della massa monetaria. Non ci sono - semplicemente - altre possibilità per spiegarne l'aumento. Ma, ufficialmente, le riserve delle banche non sono incluse nella massa monetaria. Una ragione per cui ciò avviene è che, spesso, queste riserve sono in contropartita di un passivo bancario e quindi - contando sia il passivo che le riserve - la massa raddoppierebbe. Ma queste riserve possono essere spese ed investite - quindi sono moneta, che facciano o meno parte ufficialmente della massa monetaria. Questo spiega perché anche gli economisti della sinistra dicono spesso che la moneta creata dal prestito viene annullata nella misura in cui questo viene rimborsato: poihé le

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riserve non fanno parte della massa monetaria ufficiale, esse ufficialmente non esistono. Insisto che poiché esse possono essere spese ed investite, esse sono SOLDI! Il riflusso bancario esiste! Si può argomentare che una parte dell'aumento settuplo è imputabile all'inflazione del credito: poiché la creazione del capitale non include gli interessi, sono sempre necessari nuovi prestiti per pagare i prestiti precedenti. E' un'argomentazione plausibile ma - insisto - che non può spiegare tutto l'aumento della massa monetaria. Dopo tutto, il denaro contante nelle mani del pubblico è anch'esso aumentato di sette volte (più o meno) e questa moneta non è creata col credito. Mi pare che nella misura in cui le banche spendono ed investono il riflusso - comprando buoni del tesoro, tra le varie possibilità - il riflusso s'insinua nella massa monetaria ufficiale. Permettetemi di fare il punto: non è la moneta che crea la vostra ricchezza, ma piuttosto il passaggio della moneta attraverso le vostre mani. Le banche si sono arricchite ingiustamente con il procedimento sopra descritto. Le banche sono la pietra angolare del settore finanziario. Tutta questa massa di denaro speculativo che gira sopra la nostra testa, fuori della nostra portata, e che è sconnessa dal mondo reale dei beni, dei servizi e del lavoro - tutto questo denaro - fu inizialmente creato dalle banche. E' controllando le banche che si può controllare il settore finanziario. Esaminiamo qualche meccanismo di controllo che potrebbe essere messo in atto e cominciamo da uno che non necessiterebbe di alcun cambiamento radicale nel sistema esistente, poi procediamo con dei suggerimenti più rivoluzionari. Si potrebbe cominciare con una politica fiscale che consideri qualsiasi aumento delle riserve di una banca come un guadagno in capitale soggetto ad imposte. (Forse ad un tasso speciale, più basso, poiché le banche occupano un posto molto speciale - e molto importante - nel nostro sistema economico). Un altro metodo di controllo sarebbe l'imposizione di quella che io chiamo PCC - Proprio Come il Contante. Qualsiasi assegno depositato avrebbe lo stesso effetto sulle riserve di una banca come se sl'assegno venisse cambiato per denaro contante. Qualsiasi banchiere che pretende che l'interesse è la sola fonte di profitto derivante dalle operazioni di prestito non dovrebbe avere alcuna obiezione. Il procedimento PCC - come legge o ordinamento - non farebbe che assicurare che il sistema attuale sia onesto e che funzioni come si dice che faccia. Se le banche possono compensare qualsiasi aumento del loro passivo con un eguale aumento del loro attivo, esse dovrebbero accettare che qualsiasi diminuizione del loro passivo venga compensata da un'uguale diminuizione del loro attivo. Una procedura equivalente sarebbe di eliminare il sistema della camera di compensazione e di lasciare che le banche scambino tra di loro direttamente, da banca a banca e assegno per assegno. Grazie all'informatica e ai mezzi di comunicazione elettronica, credo che questo sarebbe possibile e pratico. La funzione principale della camera di compensazione, mi pare, è di proteggere le riserve delle banche, come ho dimostrato. Per concludere, si arriva a una opzione che sarebbe un bello scarto in rapporto alle procedure correnti. Suggerisco che il governo federale eserciti il diritto esclusivo di creare tutta la nuova moneta, che sia in contanti o scritturale. La Banca del Canada avrebbe il mandato di soddisfare le esigenze di prestito delle banche commerciali fornendo loro il denaro a tasso zero. Queste ultime dovrebbero tuttavia ripagare il capitale dando così al governo tutto il vantaggio derivante dal riflusso.

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Si potrebbe obiettare che le banche, private di questo guadagno in capitale, potrebbero dover aumentare i tassi di interesse e che questo a sua volta potrebbe rallentare l'economia. Questa tendenza, tuttavia, può essere contrastata introducendo il tasso d'interesse negativo che sarebbe sottratto, piuttosto che aggiunto, al debito verso la Banca del Canada. Per esempio, un milione di euro presi in prestito ad un tasso negativo del 10% per finanziare un prestito dello stesso ammontare, verrebbe liquidato attraverso il pagamento di 900.000 euro. L'interesse negativo potrebbe, in effetti, essere un sussidio sia per il creditore che per il debitore ed agirebbe come un potente incentivo economico. Il riflusso potrebbe generare una larga somma di denaro per il governo federale, che potrebbe essere utilizzata per migliorare i programmi sociali e per abbassare le tasse federali senza ridurre i servizi. E' importante dire quello che si vuol dire in modo eloquente e chiaro, ma talvolta è anche importante sottolineare quello che NON si è detto. Io non ho negato che le banche siano delle istituzioni necessarie; non ho proposto che queste siano nazionalizzate; non ho negato che le banche private, nell'insieme, debbano fare profitti; non ho suggerito di eliminare gli assegni e le altre forme di moneta-non-contante - nonostante il potenziale abuso di queste forme di pagamento - poiché i mezzi di pagamento non in contanti sono troppo comodi e troppo inseriti nella nostra struttura sociale. Quello che io voglio dire è che i rappresentanti della gente debbono esercitare un controllo giudizioso sull'attività finanziaria poiché la sovranità risiede nel popolo, non nel mercato e non negli strumenti monetari. Vorrei concludere la mia presentazione condividendo con voi la mia profonda speranza che un giorno, da qualche parte, qualche governo - perché non il nostro? - tenga una commissione d'inchiesta sulle attività bancarie di modo che la luce razionale e critica possa farsi strada in questo oscuro reame e far sì che le riforme, da gran tempo dovute, siano finalmente implementate. Grazie.

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Abbiamo due Governi di Maurizio Blondet (http://www.comedonchisciotte.org/site/modules.php?name=News&file=article&sid=738) Berlusconi esige trasparenza dagli Usa per la vicenda Calipari, e Ciampi scrive a Bush per invitarlo ad avviare “un’esauriente inchiesta congiunta” in modo che “i fatti vengano chiariti in maniera esauriente”. I giornalisti amici del Quirinale, evidentemente imbeccati, sottolineano che quella ripetizione di “esauriente” non è casuale. Esprime la profondità e sottigliezza politica dell’amatissimo (da loro) presidente Ciampi. Ma cosa vorrà dire in realtà? Forse ci sono dei motivi perché l’inchiesta chiesta da Berlusconi non sia ritenuta abbastana “esauriente”? Forse Ciampi chiede un’inchiesta così “esauriente” da mettere nei guai il governo Berlusconi? In realtà, abbiamo due governi. Berlusconi viene accusato di essere l’artefice del “declino italiano” (effetto di incrostate ignoranze e provincialismi culturali e scientifici coltivati nell’ultimo mezzo secolo), e Ciampi va in India e in Cina ad invitare gli imprenditori italiani a investire là. Lo ringrazino i lavoratori italiani che perderanno il posto: in Cina la paga media ammonta a 1300 euro l’anno, quella sì che è competitività. Ciampi fa la sua politica, distinta e separata da quella di Berlusconi. Abbiamo un governo eletto, e un governo presidenziale autonomo, non eletto. Berlusconi è ampiamente criticato e spernacchiato dai grandi media nazionali. Ciampi è circondato solo da corale devozione. Si riportano con mistico rapimento le sue pie banalità, si esalta la sua “umanità”, si prendono per oro colato i suoi “paterni consigli”. Nessuno, proprio nessuno, ricorda i danni che Ciampi ha ripetutamente fatto all’Italia durante la sua permamenza a Bankitalia e, peggio, come capo del governo sostenuto dalle sinistre. Ciampi ha dilapidato almeno 60 mila miliardi di lire (denaro nostro) in una “difesa della lira” stolta, incompetente e dissennata. Fu quando lo speculatore George Soros, utilizzando la leva dei derivati, attaccò insieme lira e sterlina: data la tecnica della manovra, qualunque economista capiva che Bankitalia non poteva farcela da sola. Il governatore (Ciampi) avrebbe dovuto fare una cosa: telefonare alle Banche Centrali d’Europa, Bundesbank e Banca di Francia, e chiedere il loro aiuto. Ad una risposta negativa, avrebbe dovuto immediatamente smettere di spendere soldi italiani per una difesa senza speranza. Per un atto di simile incompetenza, il governatore della Banca Centrale thailandese finì addirittura sotto processo. Ciampi come capo del governo fece alcune “privatizzazioni” che sarà bene ricordare. Per esempio, vendette un gioiello dell’Iri, con avanzatissima ricerca interna, leader mondiale di mercato nelle turbine a gas- la Nuovo Pignone – agli americani. Più precisamente, al concorrente americano della Nuovo Pignone. E per quanto? Per mille miliardi. Ora, bisogna sapere che in quel momento la Nuovo Pignone aveva in corso ordinativi per…mille miliardi. La ditta dunque fu regalata da Ciampi, così buono e umano, così pensoso dei destini degli italiani, al suo competitore Usa. Ciampi chiuse l’azienda Enichem di Crotone che produceva fosforo, unica in Europa, perché in quel momento – del tutto temporaneamente - sui mercati mondiali il fosforo costava meno di quello prodotto in Italia. Fu così chiusa una fabbrica che aveva dato a Crotone una classe operaia e tecnica, e aveva una perdita momentanea di pochi miliardi di lire (l’intera produzione valeva 12 miliardi annui, e dava lavoro a 5000 addetti). Poi il prezzo del fosforo si rialzò sui mercati mondiali, e ora dobbiamo

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comprarlo all’estero: pagandolo in dollari e non in lire o euro. Ma intanto Ciampi aveva dato il suo contributo al degrado del Meridione. In compenso, Ciampi inaugurò in pompa magna il “modernissimo stabilimento della Fiat a Melfi”. Che non ha dato lavoro, essendo completamente robotizzato, e che la Fiat ha avuto gratis perché è stato lo Stato (i contribuenti) a pagarglielo, con 5 mila miliardi di lire. La conclusione è una sola: come presidente, Ciampi non è competitivo. Il presidente americano costa molto meno (600 mila dollari l’anno), la Corte d’Inghilterra molto meno del Quirinale. Dovremmo prenderlo in parola, e assumere in sua vece un presidente cinese o indiano. Se Ciampi vuole davvero rendersi utile, si tagli lo stipendio presidenziale, che ammonta a parecchi miliardi di lire l’anno. Riduca i 5 mila dipendenti del Quirinale. Dimezzi lo stipendio al suo segretario preferito Gaetano Gifuni: da 2 miliardi a 1 miliardo annuo;di fame non morirà. Maurizio Blondet Fonte:www.effedieffe.com 11.03.2005

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In parole povere (di Nereo Villa - http://digilander.libero.it/nereovillarisponde/in_parole_povere.htm) "Oggi non ho tempo per essere breve", diceva Oscar Wilde. Infatti scrivendo un articolo è più facile andar giù lunghi, scrivere tutto quello che si ha per la testa e per le mani, ecc., che asciugare, scegliere, alleggerire, sveltire lo stile, e soprattutto dire la verità. Oscar Wilde, a questo punto mi direbbe di fare attenzione a dire la verità "essendo breve" in quanto, secondo un altro suo detto, "la società perdona spesso il delinquente, non perdona mai il sognatore". Ebbene se da quanto segue risulterà che io sono un "sognatore", questo non posso saperlo. In ogni caso credo di non avere bisogno di alcun perdono per il seguente scritto, anche se il linguaggio usato - come mi propongo - dovrà servire, più che all'economista professionista (o ai cosiddetti "addetti ai lavori"), alla consapevolezza del cittadino, cioè dell'uomo della strada, ma anche del ragazzo, e addirittura del bambino. Oggi, appena si parla di economia, si vede che tutti scappano, dicendo "io di economia non mi intendo". Ed hanno ragione, in quanto nessuno parla chiaro. Questa è dunque la mia intenzione: parlare con un linguaggio alla portata di tutti. Il seguente scritto potrebbe infatti essere sintetizzato nell'affermazione: "il cittadino è semplicemente uno sfigato che sta scontando il suo essere tartassato, sfruttato e schiavizzato, per mancanza di "parole povere" che gli chiariscano come ciò avviene". Quando un creativo crea qualcosa, un'opera, un oggetto, un servizio, un prodotto, non fa che arricchire se stesso e gli altri. Per esempio, un dipinto o un brano musicale potranno avere funzioni di coreografia, e in quanto tali di servizi, che potranno essere messi sul mercato. Tali servizi sono frutto di talenti umani. Di conseguenza potranno essere barattati con altri servizi del talento umano. Il cosiddetto mercato consiste appunto in questi scambi di valori, e la sua logica si chiama convenienza economica. Il prodotto genera dunque l'economia, cioè la possibilità di risparmio per il mio domani: in base ai miei risparmi posso andare così al mercato ed acquistare il mio pane anche quando io sia, per un motivo qualsiasi, impossibilitato al mio lavoro, alla mia creatività. Qui, dunque, vi è già un'equazione precisa in cui il risparmio sta al pane come la causa sta al suo effetto. E poiché anche il pane è un prodotto, devo necessariamente pensare il risparmio come causa, ed il prodotto come effetto. Il risparmio consiste ovviamente nei soldi, nella moneta - la moneta anticamente si chiamava "talento" - che grazie al mio talento, appunto, ho saputo risparmiare. La moneta è dunque pensabile come causa. Il prodotto è invece pensabile come effetto. Per il mio risparmio devo, per forza di cose, sapere che senza soldi, senza moneta, non posso avere alcun prodotto, così come senza una causa non si può parlare di effetto. Se rifiutassi questa logica di causa ed effetto, e adottassi il suo contrario, ciò sarebbe insensato, oppure sarebbe sensato solo ad una condizione. Infatti, pensare il prodotto come causa e la moneta come effetto, mi immette subito in una condizione di una logica meramente commerciale, che non c'entra niente con la logica immaginativa, ispirativa ed intuitiva che mi fa creare quella determinata opera. Solo come venditore posso infatti pensare all'opera come causa. Però anche il venditore, quando vuole andare al cinema, deve poi cambiare quella logica, in quanto non si può entrare gratis al cinema.. Dunque, la moneta resta quello che è, vale a dire la causa. mentre il prodotto - in questo caso il film - l'effetto.

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Se pretendo avere pane senza soldi - cioè l'effetto senza causa - devo avere credibilità: il panettiere mi da' il suo pane solo se si fida di me, e sa che, essendo onesto, io poi pago. Così è, in realtà, anche per le banconote. Esse valgono solo se poggiano sulla fiducia dei cittadini. Senza tale fiducia, il panettiere che barattasse il suo pane per dei meri foglietti di carta, agirebbe in modo sconveniente, dunque non conveniente e non economico. E ciò vale perfino per i metalli più preziosi. Senza fiducia che quella tal libbra di metallo prezioso possa rappresentare un valore circolare valido per tutti, per la mia fame essa varrebbe meno di una briciola di pane. Ecco perché i valori monetari, cartacei o di metallo, non possono che essere convenzionali e popolari. Se mi trovo in un deserto e possiedo tante libbre di metallo prezioso e/o tante banconote, io non ho domani: lì, i miei risparmi non sono causa di alcun domani e muoio di fame, anche se ho la macchinetta stampa-soldi. Se invece mi trovo fra i miei simili, fra il popolo, o nella polis, tale macchinetta permette la circolazione dei valori, cartacei o di metallo, secondo convenzione, vale a dire secondo il patto fra individuo ed individuo, per il quale si conviene che ai prodotti possano corrispondere libbre di metallo o banconote. Ovviamente, corrispondere non significa il suo contrario: se il valore complessivo di tali libbre e/o di tali pezzi di carta è difettoso, per eccesso o per difetto rispetto ai prodotti di scambio, si determinerà rispettivamente inflazione o deflazione (quando la stagnazione della crescita si accompagna ad un alto tasso d'inflazione, tale inflazione stagnante viene detta tecnicamente stagflazione). Per esempio, se si facesse come nel film "I soliti ignoti", e si stampasse denaro, la truffa determinerebbe inflazione con danno di tutti; se invece si distruggesse denaro, si genererebbe deflazione con danno di tutti. Ecco perché una legge che vieti di distruggere soldi, ed un'altra che vieti di stamparli dal nulla, diventano necessarie: ai fini di determinare un equo bilanciamento fra prodotti e valori monetari. Tutto il ragionamento fatto fin qui poggia sul "mio" buon senso. Le virgolette alla parola "mio" stanno ad indicare che esso non è solo mio, ma anche tuo e di tutti. Personalmente considero questi "miei" pensieri un'ovvietà. Infatti come non occorre molta intelligenza per espletare i miei bisogni fisiologici di assunzione e di espulsione di prodotti, così non ci vuole un genio per vedere che l'organismo umano e l'organismo sociale funzionano in base alle medesime leggi di natura. Da una parte vi è un sistema respiratorio, dall'altra un sistema giuridico. Ambedue garantiranno diacronicamente la circolazione secondo equità, giustizia, uguaglianza. Da una parte vi è un sistema nervoso, dall'altra un sistema economico. Ambedue saranno fattispecie di circolazione diacronica di talenti e/o di valori popolari secondo convenzione fraterna e solidale. Da una parte vi è un sistema metabolico, dall'altra un sistema socioculturale. Ambedue costituiranno nutrimento libero del relativo organismo. Come l'organismo umano può vivere e crescere attraverso questi tre sistemi, così l'organismo sociale non può prescindere da queste tre sue articolazioni: sistema di diritto, sistema economico, e sistema socioculturale. Esse sono in fondo l'espressione della triade LIBERTÀ-FRATERNITÀ-UGUAGLIANZA: uguaglianza nel diritto e nel respiro; fraternità nelle convenzioni popolari e nei rapporti sinaptici; libertà nella masticazione di cibo e/o di idee. Credo che anche tutto ciò sia una veggenza chiara, basata sul buon senso, ed accessibile a tutti. Domanda: come mai allora il mondo è in crisi? Tanto gli Stati Uniti, quanto l'Europa e quanto il Giappone, ad es., pur trovandosi in situazioni diverse, sono infatti

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accomunati attualmente da un minimo comun denominatore, che è l'inflazione e la stagflazione. Cosa sta succedendo? Risposta: sta succedendo che l'astratto, domina il concreto, e che pertanto ciò che in concreto è causa, in astratto è fatto diventare effetto. In tal modo il buon senso si fa insensatezza. Se il senso del prodotto - come sopra accennato - è quello di essere effetto, e se il senso della moneta è quello di essere causa, l'insensatezza generata dal dominio dell'astratto sul concreto, vuole che il il prodotto sia oggi considerato causa, e la moneta effetto. Ora entra in ballo il PIL e la relazione del PIL con l'emissione monetaria delle banche centrali. Incomincerò a spiegare cos'è il PIL. IL PIL come PILASTRO DELLA TRUFFA PIL è quella parolina che il cittadino normale non usa quasi mai, ma che il manipolatore di capitali usa quasi sempre, e che significa PRODOTTO INTERNO LORDO, intendendo con tale denominazione, la somma dei prodotti disponibili in un Paese, la somma di tutti i PRODOTTI NAZIONALI lordi, vale a dire NON SCEVERATI DALLE SPESE. Tale somma però è impossibile a calcolarsi, essendo una mera astrazione non poggiante su dati reali. Per fare un esempio, poniamo il caso che io sia un costruttore di biciclette. Ogni anno produco un numero tot di biciclette. Ad un certo punto arriva la cosiddetta crisi del mercato: la gente si stufa di andare in bici, e non compra più il mio prodotto. La mia ditta può, sì, continuare a lavorare. Però quando i miei magazzini sono pieni di biciclette e nessuno me le acquista, sono progressivamente costretto a ridurre la produzione, a licenziare operai, e infine a chiudere la ditta. Una storia del genere fa parte della cronaca quotidiana. Ma la si viene a sapere solo quando il fallimento o la chiusura coinvolge un numero rilevante di operai o grandi interessi economici, mentre in tutti gli altri casi non ne sa niente nessuno, se non i diretti interessati. Il mio comportamento in questa storia ha, poniamo, un paio di varianti. Prima variante: decido di continuare la produzione, indebitandomi fino al collo, perché spero nella ripresa del mercato. La ripresa non viene, ed il magazzino è pieno di biciclette, che nessuno vuole, e che ben presto diventano pezzi di ferro arrugginiti. La fabbrica fallisce con un buco finanziario spaventoso e io, se non sono stato così furbo da accumulare del denaro altrove, finisco in galera per bancarotta, dato che non ho neanche i soldi per pagare un buon avvocato che mi tiri fuori dai guai. Il mio amore per l'azienda da me creata mi dannerà, poiché questa società punisce gli atti d'amore; mentre, se furbescamente avessi tenuto ingenti risorse per gestire il fallimento, me la caverei tranquillamente, e potrei ricominciare un'altra storia in un altro settore di produzione. Seconda variante: lo Stato, considerando essenziale la produzione di biciclette, o l'occupazione degli operai della fabbrica, interviene con denaro pubblico per sostenere la produzione (magari comprandosela tutta per consentire la riconversione dello stabilimento in una produzione diversa, magari motorini). In ambedue le varianti la conclusione è la stessa: l'azienda perde. E la sua produzione non vale nulla. Ciò nonostante, essa viene conteggiata nel PIL nazionale, come se si trattasse effettivamente di produzione di ricchezza. Nella seconda variante, poi, tanto le spese fatte dallo Stato per acquistare la produzione, quanto quelle per la

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riconversione (che in genere fallisce) dello stabilimento, sono conteggiate come ricchezza che si somma al PIL. Se si pensa a quante migliaia di aziende ogni anno falliscono, e a quante decine di migliaia di miliardi vengono annualmente "investiti" dallo Stato per il sostegno all'industria, ci si rende subito conto che in tal caso il calcolo del PIL è del tutto falsato. Ma esso è ancora più falsato dalla pretesa di porre i costi dello Stato come componente del PIL. Ne consegue l'assurdità che pure le numerose attività burocratiche che frenano o impediscono la produzione, vengono considerate produzione di ricchezza, e che oltretutto, più lo Stato spende, più il PIL aumenta, nonostante quella spesa sia improduttiva! Nel calcolo del PIL finiscono così i costi dello Stato, che per buona parte sono improduttivi, come è dimostrato continuamente dai fatti. Invece, attività certamente produttive, non vengono minimamente conteggiate. Si prenda, per esempio, il lavoro delle casalinghe o dei "casalinghi". La questione non è da poco, dato che senza quel lavoro la società sprofonderebbe certamente nella sporcizia nel giro di pochi giorni, le nuove generazioni non avrebbero di che vivere, ed ogni produzione pian piano si fermerebbe. Eppure, del lavoro "casalingo", che coinvolge oltre il 30% della popolazione, e che è certamente essenziale per la vita nazionale, nel calcolo del PIL non vi è traccia. E non ce n'è per la semplice ragione che esso non è oggetto di alcuna contrattazione, così come tutte le attività che vengono effettuate per amore o per diletto. Né vengono indicate in alcun modo, le attività di solidarietà, che innumerevoli organizzazioni laiche e religiose alimentano e che, se fossero poste a carico dello Stato, produrrebbero un buco spaventoso nei conti dell'assistenza. E nemmeno vengono considerate tutte le attività intellettuali che non producono immediatamente un reddito, ma senza le quali non ci sarebbe parimenti alcuna produzione, come ad esempio le attività di ricerca e di invenzione, la creatività artistica, ecc. Eppure, senza la crescita culturale di un popolo non sarebbe possibile alcun progresso. Si pensi alla scoperta dell'elettricità, a internet, alla nona sinfonia di Beethoven, ecc. Quanto vale la possibilità che viene offerta a qualcuno di scoprire una nuova teoria, o di comporre una grande sinfonia? Ora, se si immagina un organismo sociale a misura d'uomo - in cui, per es., i cittadini abbiano il necessario per vivere, ed in cui ci sia, in luogo della folle rincorsa al consumo di cose inutili, una continua gara a chi realizza opere di ingegno, o artistiche migliori, o in cui la gente si dedichi alla ricerca della felicità, dell'amore, e della serenità - per i nostri attuali parametri, esso avrebbe certamente un PIL stagnante o in calo, e sarebbe considerato una società disastrata, e di conseguenza piena di poveri infelici! Si può pensare ad un'idea più idiota di questa conclusione? Due parole ora sull'emissione di moneta delle banche centrali, poggiante sul calcolo impossibile del PIL. Le emissioni “ad occhio” Da quanto precede, risulta evidente che un calcolo scientifico del PIL, relativo ad un qualsiasi anno passato è qualcosa di impossibile. Ciò è stato rilevato da più economisti e da vari studiosi(1). Ed ovviamente tale calcolo diventa assolutamente impossibile come previsione per un qualsiasi anno a venire. Qui non servono esempi. Infatti come potrebbe per esempio un musicista calcolare quanti brani musicali creerà il prossimo anno?

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Eppure oggi, l'emissione di moneta operata dalle banche centrali viene fatta credere alla gente come qualcosa di scientifico! Il colmo è che l'aberrazione qui è tripla. Infatti non siamo solo di fronte ad un'astrazione priva di possibilità pratica, ma siamo anche di fronte all'inversione dei valori per cui l'effetto è scambiato per la causa e viceversa, ed oltretutto tale calcolo è prettamente finanziario, cioè borsistico, non economico(2). Ma cos'è la borsa se non un insano gioco di parole(3) che fa sempre più ricchi i ricchi e sempre più poveri i poveri? Il fatto comunque più importante, che deve essere pensato in modo concreto, se si vuole un'economia vivente e non morta, è che ogni prodotto, e dunque anche il "prodotto interno lordo", o PIL, è nella sua essenza un RISULTATO monetario, non una causa! Perché riceve il suo senso dal fatto di essere un EFFETTO, non un causa. Invece lo si considera causa di emissione monetaria, come se la moneta fosse effetto, mentre è essa stessa causa: se io voglio provare a dipingere, ho bisogno di soldi per comprare i colori, la tela, ed il pennello. I soldi causano tali prodotti, che mi serviranno per la mia creatività. Solo così posso produrre un dipinto, cioè un prodotto del mio talento. Questo è essenziale per non ridursi ad essere schiavi dell'attività del dipingere considerata astrattamente come mera dinamica commerciale che genera denaro. Solo se io dipingessi con l'unico scopo di guadagnare soldi potrei accettare che i soldi sono effetto e non causa. Però sarei soltanto un uomo d'affari mascherato da artista; sarei un commerciante non un artista. L'artista non è molto diverso dall'imprenditore. Entrambi imprendono qualcosa per mettere al mondo una loro idea che nel mondo non c'è ancora. L'artista crea, cercando di imprimere nella materia le idee del suo io, e di riconciliare così col mondo esterno la vita del suo mondo interiore. Si sente insoddisfatto del solo mondo delle apparenze e cerca di versare in esso il DI PIÚ che si cela nel suo io(4). Egli opera a partire dalla sua logica immaginativa. La parola latina "imago" proviene da "imum ago", cioè dall'agire (ago) dal profondo (imum). Non parte da una logica della convenienza o della catena di montaggio, e tanto meno da una logica meramente matematica! Così l'imprenditore. Tanto la figura dell'imprenditore, quanto quella dell'artista, non provengono da una categoria a se stante, ma dal medesimo campo dei lavoratori. Sono solo lavoratori con capacità di sintesi adeguate all'attività creativa ed imprenditoriale. Come l'artista, l'imprenditore non lavora per il mercato, ma per una sfida a se stesso. Quando negli anni '60 facevamo il rock tutti noi, figli dei fiori e lavoratori dello spettacolo, usavamo un detto in senso dispregiativo per caratterizzare se le nostre frasi musicali erano valide o no. Quel detto era: "È commerciale!" Per dire: "Quello è un brutto passaggio, cambialo!" Oggi, tutto è degenerato, grazie alla SIAE, e la creatività è stata sostituita dal commercio: gli "artisti" ragionano esclusivamente in termini di "commerciale", facendo ricorso e ricercando minuziosamente a tavolino le frasi musicali che "vendono di più". E tutto ciò è un sintomo preciso della fine dell'arte, causata dalla politica e dai manipolatori di capitali. Come l'uomo d'affari è oggi mascherato da artista, così il manipolatore di capitali è oggi mascherato da politico, e fa credere alla gente di operare per il bene di tutti i cittadini della polis. Così la gente crede giusto che la moneta sia emessa in base al PIL. Mentre è vero il contrario, in quanto è il PIL può essere "emesso" solo se ci sono idee da attuare attraverso i mezzi di produzione! Come mai questa inversione di valori? La ragione è molto semplice, e sta nel naso di Pinocchio. Infatti quando si incomincia col dire una bugia, poi bisogna dirne altre, ed altre ancora. E il naso di Pinocchio si allunga.

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Chi afferma che il denaro è l'effetto dei prodotti non può che essere un commerciante. Chi afferma che i prodotti sono effetto del denaro non può che essere il cliente. Chi ha ragione? Il cliente: perché "IL CLIENTE HA SEMPRE RAGIONE", e perché è sempre il consumatore che paga. Certamente questa è solo una battuta. Anche il commerciante è giustificato a ragionare da commerciante. Ci mancherebbe altro. Ma egli ragiona da commerciante solo quando sale sul suo palco di commerciante. Quando scende da quel palco e va a comprare la sua merce da mettere in vendita, per forza di cose, dev'essere anch'egli un consumatore, un cliente. Ecco perché il cliente ha sempre ragione. Le ragioni dell'interesse personale o di parte possono però essere quelle dei nostri politici che andiamo a votare? Se un politico è di parte, vuol dire che lavora per la sua parte, ed esclude ogni altra parte. Questa esclusione di ogni altra parte io l'intendo metaforicamente come un pensare quadrato o cubico. Invece il pensiero, per essere politico, deve riguardare LA POLIS, che COMPRENDE TUTTI I CITTADINI E TUTTE LE PARTI. Perciò IL PENSIERO POLITICO DEVE NECESSARIAMENTE ESSERE UNIVERSALE, CIRCOLARE, o sferico. Come la terra. Ciò è molto semplice, logico, naturale, ed inequivocabile. Ecco perché l'economia politica del calcolo del PIL, e dell'emissione monetaria in base a tale calcolo, non può che essere antieconomica, antipolitica, ed antisociale. Ed ecco perché passa inosservata oggi la massima aberrazione nelle coscienze della gente: i manipolatori di capitali sopra accennati, coloro che sfruttano finanziariamente e commercializzano "legalmente" i beni del creato appartenenti a tutti, insegnano, da "illuminati", e addirittura nelle università, e in nome dell'altruismo, "POLITICHE" di DEFICIT DI BILANCIO O politiche DEL DEBITO PUBBLICO (così vengono chiamate) per la stampa tipografica - attraverso la macchinetta dei "soliti ignoti" - di moneta creata dal nulla, cioè priva del corrispettivo valore di riserva aurea! Ma tale moneta non vale - come ho precedentemente accennato - solo se poggia sulla fiducia dei cittadini? Senza quella fiducia come fa una LIBBRA di metallo prezioso a rappresentare un valore CIRCOLARE valido per tutti? Se un cittadino ha fame può forse mangiare oro o argento, cioè valori monetari, cartacei o di metallo, anziché servirsi di tali valori convenzionali e popolari per acquistare il suo pane? Ho usato qui il termine LIBBRA per un motivo preciso: la moneta italiana, la LIRA - spiega saggiamente Sergio Ricossa - derivava il suo nome da "LIBBRA": "unità di peso usata una volta per misurare la quantità di argento e giungere al valore dei pezzi di metallo usati per i loro affari da mercanti, cambiavalute e così via. Poiché nei viaggi era scomodo e pericoloso portare con sé monete metalliche, esse vennero presto sostituite con biglietti di cui qualcuno garantiva a richiesta la convertibilità in un peso prestabilito di metalli preziosi. La conclusione di queste vicende è a tutti nota: sono rimasti in circolazione i biglietti (di carta), ma ormai inconvertibili"(5). Il naso di Pinocchio che si allunga, incomincia ora a farsi visibile. Il calcolo ascientifico del PIL ha infatti sostituito quello della convertibilità aurea delle banconote, abolita nel 1971. Ecco perché da tutti gli economisti, tale calcolo era ritenuto - non solo prima del 1971 ma anche dopo (nonostante l'attuale tradimento dei nuovi chierici, economisti e docenti universitari schierati), inattendibile(6), ed oggi è risaputo (dai i manipolatori di capitali, ma per fortuna anche da studiosi non schierati)(7) che per calcolare il PIL non si può che procedere "ad occhio"! In base ad un PIL calcolato ad occhio si emette moneta, come se il PIL ne fosse la causa.

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Chi dunque parla oggi del PIL, dando per scontata la scientificità del suo calcolo, non può che essere un truffatore, cioè un manipolatore di capitali, che opera attraverso "parametri di Maastricht", la cui conoscenza è tutt'altro che scientifica. Ciò che fino al 1971 era la base aurea per emettere moneta tramite le banche centrali, oggi è stato sostituito dal PIL, come se il calcolo del PIL fosse qualcosa di cognitivamente attendibile. Perciò i politicastri e i massmedia della truffa continuano a parlare del PIL e dei parametri di Maastricht: sanno che il popolo non è grado di verificarne la scientificità e probabilmente sanno anche che tale verifica è impossibile. Se fosse possibile, si dovrebbe supporre che gli economisti - tutti - che prima del '71 spergiuravano su tale impossibilità, oggi si siano improvvisamente convertiti: convertiti al fatto che oggi sia divenuto corretto ciò che ieri era matematicamente non solo scorretto, ma addirittura ridicolo al solo pensarci. Personalmente, da studioso di problemi monetari, non so come si faccia a calcolare il prodotto interno lordo di un paese, e continuo a sostenere che tale calcolo sia un'idiozia. È un'idiozia. Sarebbe un po' come se un musicista potesse calcolare quanto possa produrre un brano musicale in fieri, in termini di diritti d'autore, per permettersi quella tale o tal altra spesa in base a quel calcolo assurdo. In altre parole, quel musicista dovrebbe emettere dalle sue tasche denaro che non c'è ancora, per comprare qualcosa indebitandosi con se stesso! Il debito pubblico è infatti il debito del cretino, visto che PRIMA occorre averli i soldi, per POI spenderli. Perciò i politici che parlano di debito pubblico, di PIL, di parametri di Maastricht, sono i cretini che noi andiamo a votare per conferire loro la funzione di mangiare in rappresentanza del popolo, e a noi stessi quella di avere fame.

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NOTE (1) William Ashworth, professore di storia economica e sociale dell'Università di Bristol, nel suo "Breve storia dell'economia mondiale dal 1850 ad oggi", pubblicato da Laterza nel 1976, scriveva per es.: "Vi sono molteplici problemi nel definire il prodotto o il reddito nazionale lordo in modo tale da consentire confronti significativi tra paesi o periodi differenti [...]. Nell'ambito dei più generali problemi di analisi del prodotto nazionale, vi sono particolari difficoltà nel definire il capitale e nell'identificarne le componenti. Tutte le difficoltà si accrescono quando le statistiche relative al passato debbono essere ricostruite a partire da antiche cifre preparate con intenti notevolmente differenti [...]. Alle incertezze e alle ambiguità insite in qualsiasi calcolo delle serie del reddito nazionale, i confronti internazionali aggiungono le proprie molteplici complicazioni che includono tanto differenze nel modo di contabilizzare voci che dovrebbero essere confrontabili, quanto diversità nel corso e nella struttura dei prezzi nazionali [...]. Le conclusioni sui redditi relativi di diversi paesi possono facilmente rivelarsi inattendibili, a meno che i dati rilevanti non concordino nel mostrare differenze piuttosto ampie"; cfr. anche l’economista non allineato, Domenico de Simone, nel suo "Un milione al mese a tutti: subito!" del 1999 (Ed. Malatempora); vedi anche la nota 6 del capitolo "Leggi della vita economica" di Mark Buchanan del 2003 in "Nexus" (Ed. Mondadori): "Oggi la maggior parte degli economisti, quando deve valutare la salute economica, calcola la crescita in base agli indici del prodotto interno lordo. Ma questo metodo trascura numerosi fattori che concorrono al benessere sociale [...]. Al momento attuale i criteri di valutazione di un'economia sono senza dubbio ispirati a calcoli strettamente finanziari". (2) Se ieri i soldi andavano a immobilizzare l’Italia, in una corsa dissennata e patetica alla "roba" verghiana, rovinando il Belpaese, oggi vanno all’ingordigia borsistica, dopo essere stati nei Bot per lunghissimo tempo: sono, in buona sostanza, soldi del sistema paese, catturati da quel milione di famiglie più che abbienti, prodotti dallo stress di tutti ( chi per troppo lavoro, chi per mal pagato lavoro, chi per poco lavoro, chi per niente lavoro). Il 90% del denaro è in mano al finanziario, mentre il produttivo è relegato in un angolo (cfr. i lavori di Andrea Fumagalli, studioso di economia). (3) Il seguente esempio mostra le dinamiche truffaldine del gioco in Borsa: siamo in inverno, la mia casa è fredda, e il termometro segna sotto zero. Se voglio riscaldarmi, devo riscaldare la stanza, non dimostrare che quest’ultima è calda. Per la mera dimostrazione, basterebbe infatti accostare un fiammifero acceso al termometro, che immediatamente segnerebbe un rialzo della temperatura. Ma, così facendo, la stanza rimarrebbe gelida. Dunque, se voglio riscaldarmi, devo raccogliere della legna con le mie mani e col sudore della mia fronte, e metterla a bruciare nella stufa. Un fiammifero non può bastare! Eppure oggi con dimostrazioni e con giochetti di parole ci si comporta come se quel fiammifero potesse bastare. Così funzionano la Borsa e le sue quotazioni. Bastano le parole di qualche pezzo grosso o di qualche ministro a farle oscillare. I problemi economici però rimangono. Ed è così che purtroppo "funziona" l'"economia" nel nostro Belpaese! (4) Cfr. Rudolf Steiner, "La filosofia della libertà". (5) Sergio Ricossa, "Impariamo l'economia", Ed. Bur, Milano, 2001. (6) Vedi nota 1. (7) "Un milione al mese a tutti: subito!", op. cit.