Guida illustrata alla coltivazione dell’actinidia · buonissimo frutto, il kiwi, da curioso e...

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La splendida fruttificazione di una pianta di actinidia della varietà Hayward. Caso più unico che raro, la diffusione in grande stile di questa coltura è avvenuta quasi esclusivamente con questa varietà, che si è affermata per la sua elevata produttività e per le ottime caratteristiche di pezzatura, sapore, profumo e conservabilità dei frutti. Foto: Luciano Cretti FEDERAZIONE ITALIANA Vita in Campagna non è in vendita nelle edicole, viene inviata solo in abbonamento Accertamento Diffusione Stampa Certificato n. 4137 del 23/11/2000 EDITORI GIORNALI Guida illustrata alla coltivazione dell’actinidia a cura di Gianluigi Spada e Francesca Marini (Crpv - Centro ricerche produzioni vegetali di Cesena) I l successo dell’actinidia è sotto gli occhi di tutti: nel giro di pochi decenni il suo buonissimo frutto, il kiwi, da curioso e costoso prodotto d’élite è diventato un prodotto di consumo comune, sempre più presente sulle nostre tavole. Come conseguenza, negli ultimi vent’anni si sono avuti notevoli investimenti in tutti i Paesi di diffusione di questa coltura. Ma il vero «boom» dell’actinidia si è verificato soprattutto in Italia: nella storia del- la nostra frutticoltura nessuna coltivazione ha avuto, in così breve tempo, un incre- mento di superfici e di produzione paragonabili a quelle dell’actinidia. Tant’è che il nostro Paese è oggi il maggior produttore mondiale di kiwi. La coltivazione dell’actinidia può dare buone soddisfazioni economiche anche se at- tuata su superfici di limitate dimensioni, ed è quindi proponibile ai frutticoltori part- time ai quali questa Guida si rivolge. È anche vero però che l’impianto di un actini- dieto richiede un investimento iniziale non indifferente, paragonabile a quello di un vigneto o di un meleto, e che la sua conduzione non è del tutto semplice. Chi vuole effettuare la coltivazione dell’actinidia trova in queste pagine le informa- zioni tecniche e i consigli essenziali, che in buona parte sono validi anche per chi, più semplicemente, volesse dedicarsi alla coltivazione amatoriale, realizzando una semplice pergola che in estate regalerà la sua preziosa ombra e in autunno offrirà i suoi gustosi frutti per il consumo della famiglia. (Silvio Caltran) 5 L’actinidia, da semplice curiosità esotica a coltura frutticola di successo 8 Il terreno e il clima adatti alla coltivazione; i metodi di propagazione della pianta 12 Una buona impollinazione è essenziale per ottenere produzioni di qualità 15 L’impianto dell’actinidieto e la messa a dimora delle piante 17 La potatura dell’actinidia 22 Le cure colturali da riservare all’actinidia 24 Una coltura che di rado richiede interventi fitosanitari 26 La raccolta e la conservazione dei frutti Le foto pubblicate in questa Guida sono state gentilmente fornite dal Crpv - Centro ricerche produzioni vegetali di Cesena (salvo diversa indicazione) Questa Guida esce come supplemento del mensile «Vita in Campagna» n. 10/2001 VITA IN CAMPAGNA Mensile di agricoltura pratica e di educazione ambientale Direttore Responsabile: Alberto Rizzotti Vice Direttore: Giorgio Vincenzi Redazione: Giuseppe Cipriani, Silvio Caltran Editore: Edizioni L’Informatore Agrario spa - Via Bencivenga/Biondani, 16 - 37133 Verona Presidente: Alberto Rizzotti Vice Presidente: Elena Rizzotti Amministratori delegati: Elena Rizzotti - Pier Giorgio Ruggiero Redazione: Via Bencivenga/Biondani, 16 - 37133 Verona - Tel. 045/597855 - Telefax (045) 8009240 - Telex 481117 Infagr - E-mail: [email protected] Internet: www.informatoreagrario.it Abbonamenti: Direzione Rossana Rizzotti Casella Postale 467 - 37100 Verona - Tel. 045/8009477 - Telefax 045/8012980 E-mail: [email protected] Abbonamento annuale 2001: Italia L. 60.000; Estero (via normale) L. 95.000 Sono previste speciali quote di abbonamento per studenti di ogni ordine e grado Una copia L. 7.500 (arretrata il doppio, per gli abbonati L. 10.000) Conto corrente postale n. 11024379 Pubblicità: Direttore Giuseppe Colombo Manfroni - Via Bencivenga/Biondani, 16 - 37133 Verona Tel. 045/8004578 - Telefax 045/8009378 Fotocomposizione: pre.grafic snc - Verona Stampa: Mediagraf spa - Noventa Padovana Registrazione Tribunale Verona n. 552 del 3-11-1982 - Sped. in A.P. - 45% - Art. 2 Comma 20/B Legge 662/96 - Filiale di Verona Copyright © 2001 Vita in Campagna di Edizioni L’Informatore Agrario spa Vietata la riproduzione parziale o totale di testi e illustrazioni - ISSN 1120-3005 10 2001 SUPPLEMENTO N. 1 AL N. 10 DI VITA IN CAMPAGNA - CASELLA POSTALE 467 - 37100 VERONA - OTTOBRE 2001 - ANNO XIX - ISSN 1120-3005 - MENSILE - UNA COPIA LIRE 5.000 Sped. in A.P. - 45% - Art. 2 Comma 20/B legge 662/96 - Filiale di Verona - Contiene I.P.

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La splendida fruttificazione di una piantadi actinidia della varietà Hayward.Caso più unico che raro, la diffusione in grande stile di questa coltura è avvenuta quasi esclusivamente con questa varietà, che si è affermata per lasua elevata produttività e per le ottime caratteristiche di pezzatura, sapore, profumo e conservabilità dei frutti.Foto: Luciano Cretti

FEDERAZIONE ITALIANA

Vita in Campagna non è in vendita nelleedicole, viene inviata solo in abbonamento

Accertamento Diffusione StampaCertificato n. 4137 del 23/11/2000

EDITORI GIORNALI

Guida illustrataalla coltivazione dell’actinidiaa cura di Gianluigi Spada e Francesca Marini

(Crpv - Centro ricerche produzioni vegetali di Cesena)

Il successo dell’actinidia è sotto gli occhi di tutti: nel giro di pochi decenni il suobuonissimo frutto, il kiwi, da curioso e costoso prodotto d’élite è diventato unprodotto di consumo comune, sempre più presente sulle nostre tavole. Come

conseguenza, negli ultimi vent’anni si sono avuti notevoli investimenti in tutti i Paesidi diffusione di questa coltura.Ma il vero «boom» dell’actinidia si è verificato soprattutto in Italia: nella storia del-la nostra frutticoltura nessuna coltivazione ha avuto, in così breve tempo, un incre-mento di superfici e di produzione paragonabili a quelle dell’actinidia. Tant’è che ilnostro Paese è oggi il maggior produttore mondiale di kiwi.La coltivazione dell’actinidia può dare buone soddisfazioni economiche anche se at-tuata su superfici di limitate dimensioni, ed è quindi proponibile ai frutticoltori part-time ai quali questa Guida si rivolge. È anche vero però che l’impianto di un actini-dieto richiede un investimento iniziale non indifferente, paragonabile a quello di unvigneto o di un meleto, e che la sua conduzione non è del tutto semplice. Chi vuole effettuare la coltivazione dell’actinidia trova in queste pagine le informa-zioni tecniche e i consigli essenziali, che in buona parte sono validi anche per chi,più semplicemente, volesse dedicarsi alla coltivazione amatoriale, realizzando unasemplice pergola che in estate regalerà la sua preziosa ombra e in autunno offrirà isuoi gustosi frutti per il consumo della famiglia. (Silvio Caltran)

5 L’actinidia, da semplice curiosità esotica a coltura frutticola di successo

8 Il terreno e il clima adatti alla coltivazione; i metodi di propagazione della pianta

12 Una buona impollinazione è essenziale per ottenere produzioni di qualità

15 L’impianto dell’actinidieto e la messa a dimora delle piante

17 La potatura dell’actinidia

22 Le cure colturali da riservare all’actinidia

24 Una coltura che di rado richiede interventi fitosanitari

26 La raccolta e la conservazione dei frutti

Le foto pubblicate in questa Guida sono state gentilmente fornite dal Crpv - Centro ricerche produzioni vegetali di Cesena (salvo diversa indicazione)

Questa Guida esce come supplemento del mensile «Vita in Campagna» n. 10/2001

VITA IN CAMPAGNAMensile di agricoltura pratica e di educazioneambientale Direttore Responsabile: Alberto RizzottiVice Direttore: Giorgio VincenziRedazione: Giuseppe Cipriani, Silvio CaltranEditore: Edizioni L’Informatore Agrario spa - Via Bencivenga/Biondani, 16 - 37133 Verona Presidente: Alberto Rizzotti Vice Presidente: Elena RizzottiAmministratori delegati: Elena Rizzotti - Pier Giorgio RuggieroRedazione: Via Bencivenga/Biondani, 16 -37133 Verona - Tel. 045/597855 - Telefax (045) 8009240 - Telex 481117 Infagr - E-mail: [email protected]: www.informatoreagrario.itAbbonamenti: Direzione Rossana RizzottiCasella Postale 467 - 37100 Verona - Tel. 045/8009477 - Telefax 045/8012980 E-mail: [email protected] annuale 2001: Italia L. 60.000; Estero (via normale) L. 95.000Sono previste speciali quote di abbonamento per studenti di ogni ordine e grado Una copia L. 7.500 (arretrata il doppio,per gli abbonati L. 10.000)Conto corrente postale n. 11024379Pubblicità: Direttore Giuseppe ColomboManfroni - Via Bencivenga/Biondani, 16 - 37133 Verona Tel. 045/8004578 - Telefax 045/8009378Fotocomposizione: pre.grafic snc - Verona Stampa: Mediagraf spa - Noventa PadovanaRegistrazione Tribunale Verona n. 552 del 3-11-1982 - Sped. in A.P. - 45% - Art. 2Comma 20/B Legge 662/96 - Filiale di VeronaCopyright © 2001 Vita in Campagna di Edizioni L’Informatore Agrario spa Vietata la riproduzione parziale o totale di testie illustrazioni - ISSN 1120-3005

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SUPPLEMENTO N. 1 AL N. 10 DI VITA IN CAMPAGNA - CASELLA POSTALE 467 - 37100 VERONA - OTTOBRE 2001 - ANNO XIX - ISSN 1120-3005 - MENSILE - UNA COPIA LIRE 5.000

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La coltivazione dell’actinidia èun’attività in grado di fornire unbuon reddito. Nel 2000 i produttori

hanno potuto spuntare mediamente dal-le 70.000 alle 80.000 lire al quintale, eun ettaro di actinidieto ben condotto puòfornire una produzione di 200-300 quin-tali, con un ricavo lordo variabile me-diamente tra i 14 e i 24 milioni di lire.

L’impianto di un piccolo actinidieto,pur richiedendo un investimento inizialenon trascurabile (vedi pag. 16), puòquindi costituire una buona possibilità dilavoro part-time e può essere fonte di unreddito integrativo di un certo interesse.

La coltivazione part-time di un ettarodi actinidieto realizzato e gestito con mo-derni criteri è sostenibile da una famigliadi tre-quattro persone, che sarà in gradodi far fronte alle necessità di manodope-ra anche nei periodi più critici, comequelli della potatura e della raccolta.

Inoltre, ed è un particolare nontrascurabile, si tratta di una coltu-

ra che, al contrario di molte altre specieda frutto, non necessita in genere ditrattamenti antiparassitari; gli attacchidi parassiti animali e vegetali sono in-fatti sporadici ed occasionali e in molticasi è possibile attuare la coltura senzanessun intervento con prodotti fungicidio insetticidi. (Redazione)

* * *

Il genere Actinidia comprende oltre50 specie ma di queste solamente una,Actinidia deliciosa, è coltivata intensiva-mente e, caso ancora più singolare nellastoria della frutticoltura, la diffusione diquesta specie negli impianti specializzatiè legata ad una sola varietà: la Hayward.

Più recente è l’interesse per un’altraspecie l’Actinidia chinensis, a cui ap-

partiene l’Hort16A, selezionata alcunianni fa in Nuova Zelanda e di cui da po-co tempo è iniziata la coltivazione in im-pianti specializzati (vedi pag. 14). È im-portante sottolineare che le due speciesono molto affini, tanto che fino ad al-cuni anni or sono rientravano in un’uni-ca specie, l’Actinidia chinensis.

L’Actinidia deliciosa presenta fruttidi forma elissoidale-cilindrica con peliispidi e persistenti di colore giallo-mar-rone. La polpa ha colorazione variabiledal verde giada al verde smeraldo ed è aquesta specie che appartiene il kiwi notoai consumatori.

I frutti dell’Actinidia chinensis han-no forma rotonda, ovale o elissoidale esono ricoperti da una peluria grigio-bru-nastra che cade facilmente, lasciando ilfrutto glabro. La polpa può assumere di-verse colorazioni, dal tradizionale verdeal giallo ed al rosa.

L’actinidia, da semplice curiosità esoticaa coltura frutticola di successo

Nel progetto di actinidieto che proponiamo l’appezzamento coltivato misura m 100 x m 100. L’actinidia è allevata a doppiapergoletta, con piante poste alla distanza di m 4,5 tra le file e m 3 sulla fila per un totale di 740 piante per ettaro: 660 pian-te femminili della varietà Hayward e 80 piante maschili della varietà Matua. I filari, posizionati in direzione nord-sud, so-no 23, con uno sviluppo complessivo di circa 2.300 metri lineari. Negli interfilari il terreno è inerbito; il sistema di irriga-zione adottato è quello a goccia. I pali di sostegno sono in cemento e sono posti alla distanza di 6 metri l’uno dall’altro (ve-di pag. 20). Legenda. 1-Actinidieto. 2-Capezzagna. 3-Pozzo con pompa e filtri per il prelievo e la distribuzione dell’acquairrigua. 4-Pergola semplice di actinidia impiegata per creare una zona d’ombra e di relax. Nel nostro caso è stata realizza-ta con cinque piante – quattro femminili e una maschile – distanziate 2 metri l’una dall’altra, mentre la struttura portante ècostituita da tre pali posti a 4 metri di distanza tra loro. Si ricorda che le foglie dell’actinidia emanano un cattivo odore, spe-cie a partire dalla fine di agosto quando alla sera aumenta l’umidità dell’aria. Pertanto, dove possibile, è consigliabile col-locare la pergola ad una certa distanza dall’abitazione

Un ettaro di actinidieto per integrare il reddito familiare

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Da pianta spontanea aspecie coltivata

Spontanea nella Cina centrale, iniziaad essere coltivata in Nuova Zelandaall’inizio del secolo scorso. E l’Italia,dove negli ultimi decenni la coltura ha registrato una rapida espansione, è il

maggior produttore mondiale

La coltivazione dell’actinidia ha ini-zio in Nuova Zelanda all’inizio del XXsecolo. L’actinidia è originaria dellaarea centrale della Cina dove crescespontaneamente e una consistente partedella produzione cinese è raccolta dapiante cresciute naturalmente.

La costituzione di impianti specializ-zati è molto recente, ed è in NuovaZelanda che l’actinidia da specie spon-tanea è diventata specie coltivata al paridel melo, del pesco, del pero, ecc.

È solo all’inizio del XX secolo chel’actinidia arriva come curiosità inEuropa, in Usa ed in Nuova Zelanda edè in quest’ultimo Paese che i frutti pro-dotti da piante ottenute da semi diActinidia deliciosa suscitano l’interessedi alcuni frutticoltori; inizia così unanuova storia per questa specie.

Negli anni ’30 in Nuova Zelanda ini-zia la commercializzazione delle primeproduzioni di kiwi e la popolarità dellacoltura continua ad aumentare negli an-ni seguenti.

L’interesse del consumatore neoze-landese per questo nuovo particolarefrutto è favorito anche dalle restrizionialle importazioni imposte dalla seconda

È l’Italia il più grande produttore mondiale di actinidia

Nel mondo sono stati stimati 71.800 ettari investiti ad actinidia e una produzio-ne di 1.020.000 tonnellate annue. Italia, Nuova Zelanda e Cile sono i Paesi pro-duttori più importanti: insieme forniscono il 70% della produzione mondiale.

In Italia il successo della coltura è testimoniato dal ra-pido aumento delle superfici investite e delle produzio-ni negli ultimi quindici anni: dagli 8.968 ettari e dalle50.000 tonnellate del 1986, ai 21.000 ettari e alle322.000 tonnellate di frutti che si stima siano stati pro-dotti nel 2000. L’Italia ha quindi ampiamente supera-to la Nuova Zelanda, paese d’origine della coltura.Le regioni maggiori produttrici sono il Lazio (8.000ettari, dei quali 6.000 nella sola provincia di Latina),l’Emilia-Romagna (3.600 ettari), il Piemonte(3.500 ettari), il Veneto (2.500 ettari) e la Campania(1.100 ettari).

Francia4.000 ettari60.000 ton.

Italia21.000 ettari322.000 ton.

Giappone4.000 ettari45.000 ton.

Cina50.000 ettari150.000 ton.

Grecia4.000 ettari40.000 ton.

Cile8.000 ettari150.000 ton.

Stati Uniti2.200 ettari25.000 ton.

Nuova Zelanda10.000 ettari240.000 ton.

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1-Fiori femminile e maschile (vedi sezioni a pag. 12). 2-Il germo-glio fruttifero è originato da una gemma posta sul ramo dell’annoprecedente. La foglia è di forma rotondeggiante o cordata (cioè aforma di cuore). Il frutto è una bacca di forma ovata (cioè a formadi uovo) e di colore bruno o bruno-verdastro. 3-Sezione del frutto

peduncolo

calicesepali

mucronecolumella

semi

polpa

epidermide

fogliagermoglio fruttifero

frutto

peli

umbone2

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fiore femminile

fiore maschile

Il fiore, il germoglio fruttifero, il frutto

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guerra mondiale. La produzione com-merciale era comunque molto contenu-ta, infatti è stato stimato che nel 1948 siastata intorno a 32 tonnellate.

In seguito, terminato il periodo bellicoe per il periodo che va dal 1950 fino in-torno al 1970, proseguì l’espansione del-le superfici investite per soddisfare l’au-mentata richiesta del mercato interno.

La successiva espansione degli im-pianti è dovuta alla crescita delle espor-tazioni in tutto il mondo e, in particola-re, all’interesse dei mercati europei perquesto nuovo frutto che ha indotto an-che i frutticoltori di altri continenti a ci-mentarsi con questa nuova specie.

Tra i Paesi europei è in Italia che lacoltura ha registrato la maggiore espan-sione ed il successo continua oltre ognirosea previsione; infatti il nostro Paese èdiventato il massimo produttore mon-diale di actinidia, superando la stessaNuova Zelanda. Nel 2000 la produzionenazionale è stata valutata intorno alle322.000 tonnellate.

Un’altra peculiarità dell’actinidia,che la differenzia da tutte le altre speciefrutticole, è che gli impianti specializza-ti in tutto il mondo utilizzano quasiesclusivamente l’Hayward, varietà sele-zionata tra la fine degli anni ’20 e l’ini-zio degli anni ’30 dal vivaista neozelan-dese Hayward Wright. ❏

La questione del nomeIn Cina l’actinidia è indicata a se-conda delle province con nomi diffe-renti e tra questi il termine Yangtaoha avuto inizialmente in Italia uncerto successo. In Nuova Zelanda«Chinese gooseberry» (uva spina ci-nese) rimase il nome comunementeusato fino al 1959, quando parte del-la produzione fu destinata all’espor-tazione, in particolare verso gli StatiUniti. Il collegamento con l’uva spi-na europea non sembrò creareun’immagine stimolante per il con-sumatore statunitense e così fu pro-posto il nome kiwifruit. Il kiwi è un uccello notturno non ingrado di volare, che è diventato unvero simbolo nazionale per i Neoze-landesi. Il frutto fu promosso sulmercato statunitense con questonuovo nome ed il termine trovò con-senso in tutto il mondo e tale è statoil successo che sulle confezioni diprodotto cinese trasformato industrialmente e destinato all’esportazione è ri-portata in etichetta l’indicazione «kiwifruit». In Italia è di uso comune l’abbreviazione «kiwi» per indicare l’actinidia. Il ter-mine kiwifruit è solo un nome commerciale, di conseguenza sarebbe auspica-bile indicare la pianta con il termine actinidia e limitare l’impiego di kiwi okiwifruit ai frutti.

Il kiwi, uccello notturno non in gradodi volare diffuso in Nuova Zelanda. Ilnome commerciale con il quale è sta-to diffuso nel mondo il frutto dell’ac-tinidia («kiwifruit») deriva propriodal nome di questo animale

A sinistra. In Nuova Zelanda l’actinidia viene coltivata fin dall’inizio del XX secolo. Nella foto, un impianto dell’età di 43 an-ni. A destra. Foto aerea di un impianto di actinidia della varietà Hayward in Nuova Zelanda. Ogni appezzamento è protettoda filari di piante frangivento

Actinidia arguta: un piccolo kiwi poco conosciutoLa specie Actinidia arguta rispetto all’actinidia tradizionale manifesta un vigore vege-tativo più ridotto; i rami, le foglie ed i frutti non sono tomentosi; i frutti, di piccole di-mensioni, sono raccolti in grappoli, hanno buccia liscia e il colore varia dal verde chia-ro al rossastro-violaceo a seconda della varietà; la polpa è tenera, succosa, di saporedolce-aromatico e molto profumata.Le pratiche colturali sono identiche a quelle che si dedicano all’actinidia. La maturazione avviene a partire da settembre; la raccolta si effettua in 3-4 passate in-tervallate di 4-5 giorni, tagliando i frutti singolarmente o in grappoletti. La conserva-bilità dei frutti non supera i 5-6 giorni, mentre in frigorifero si può prolungare fino a25-30 giorni. Tra le varietà di Actinidia arguta segnaliamo Jumbo Verde e Red Beauty.

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In Cina, dove cresce allo stato spon-taneo, è particolarmente rustica. Neinostri ambienti, notevolmente diver-

si dalle aree di origine per precipitazio-ni e caratteristiche del terreno, richiedeparticolari cure.

Il terreno adattoall’actinidia

L’ideale è un terreno di medio impasto,profondo, ben dotato di sostanza

organica e che non presenti problemidi dannosi ristagni d’acqua

Per individuare l’attitudine del suoloalla coltivazione dell’actinidia è necessa-rio disporre dell’analisi fisico-chimicadel terreno (1). Le caratteristiche fisiche echimiche ideali sono un contenuto di sab-bia compreso tra il 40 e il 70%, di argillatra il 10 e il 20% e di limo tra il 20 e il30%, un pH compreso tra 6 e 7 (reazioneneutra o tendenzialmente acida), una per-centuale di calcare attivo inferiore al 3%e la salinità (mS/cm) inferiore a 2.

La coltura è avvantaggiata in terrenidotati di elevati contenuti di sostanza or-ganica, la quale aumenta la fertilità delterreno e ne migliora la struttura favo-rendo il drenaggio delle acque di preci-pitazione e aumentandone la capacità diimmagazzinare acqua.

Nel caso i valori di pH e di calcare at-tivo superino quelli sopra indicati, lacoltura è soggetta a turbe nutrizionaliche si manifestano con ingiallimenti fo-gliari. A questa clorosi si pone rimediocon tempestive distribuzioni di chelatidi ferro (vedi pag. 23).

Le esigenze climaticheIl freddo è necessario per assicurareun germogliamento regolare, ma le

piante giovani possono essere danneggiate dai rigori invernali e, in primavera, la pianta può subire danni per eventuali gelate tardive

Per completare il suo ciclo l’Hay-ward richiede un periodo vegetativo di220-250 giorni a partire dalla schiusura

delle gemme. Inoltre, secondo alcuniautori, nel periodo vegetativo sono ne-cessarie da 1.800 a 2.600 ore con tem-perature superiori a 10° C per ottenereproduzioni di qualità.

Il fabbisogno in freddo. Nonostante lafrequenza con cui nel nord Italia l’Acti-nidia deliciosa subisce danni a causadelle gelate tardive, proprio gli invernidi queste zone sono necessari all’actini-dia per la regolare ripresa vegetativa.Esistono dei meccanismi, tipici di cia-scuna specie, che regolano la ripresa ve-getativa. Determinante è il soddisfaci-mento delle esigenze in freddo che con-venzionalmente sono indicate in ore aldi sotto di una temperatura soglia.

Il numero di ore di freddo necessarieall’Actinidia deliciosa per interromperela dormienza (cioè la fase di riposo ve-getativo) variano da 600 a 850 ore contemperature inferiori ai 7° C.

Soddisfatta questa esigenza, la pian-ta è pronta per la ripresa vegetativa cheinizia appena si registra l’innalzamentodelle temperature ai valori utili per av-viare l’attività vegetativa.

Il mancato soddisfacimento di talecondizione si evidenzia con un’irregola-re germogliamento e una conseguenteriduzione della produzione.

Una peculiarità dell’actinidia alla ri-presa vegetativa è costituita dal parzialegermogliamento delle gemme poten-zialmente in grado di vegetare presentisui rami di un anno. La percentuale digemme che si aprono è condizionata dauna serie di fattori tra cui determinanteè il numero di ore di freddo accumulatedalla pianta nel corso dell’inverno.

Nel nord Italia, dove è sempre rag-giunto il numero di ore richieste dal-l’Hayward, la percentuale di gemme chevegeta supera il 60%, mentre nelle areedel sud Italia tale valore può ridursi al40% con conseguente diminuzione del-la potenzialità produttiva dell’impianto.

La sensibilità alle gelate. In pieno ri-poso vegetativo la pianta adulta è in gra-do di resistere anche a –17° C, analoga-mente alla vite, da cui si differenzia siaper la precoce ripresa vegetativa (10-20giorni prima) sia per il tardivo raggiun-gimento del riposo vegetativo: la com-pleta caduta delle foglie avviene all’ini-zio di dicembre.

Nel nord Italia è indispensabile pro-teggere il fusto delle piante in fase di al-levamento dai possibili rigori invernalicon manicotti di materiale sintetico, tipoil feltro di poliestere, o preferibilmentecon prodotti vegetali come paglia, can-na di palude ecc.

La precocità con cui si verifica il ger-mogliamento (indicativamente finemarzo nel nord Italia) e la sensibilità deigiovani tessuti alle temperature sotto lozero rendono la specie inadatta alle areepiù soggette a fenomeni di gelate nel pe-riodo compreso tra la fine dell’inverno el’inizio della primavera.

In autunno le gelate precoci possonodanneggiare la produzione; infatti, se letemperature scendono di alcuni gradisotto lo zero le foglie vengono grave-mente danneggiate. Il danno si eviden-zia al sorgere del sole e nell’arco di po-che ore le foglie iniziano a cadere, men-tre i frutti subiscono alterazioni tali che

Il terreno e il clima adatti alla coltivazione;i metodi di propagazione della pianta

Alla ripresa vegetativa una parte delle gemmepresenti sui rami diun anno non vegeta(nella foto sono indicate dalle frecce). La percentuale di gemme che si aprono dipende dal numero di ore di freddo accumulate dalla piantadurante l’inverno

Spaccatura del tronco di una giovanepianta provocata dalle gelate invernali

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non è più possibile commercializzarli.Il danno provocato dalla gelata non è

solo legato all’abbassamento della tem-peratura ma alla durata dell’abbassa-mento stesso.

Il danno che le gelate di fine ottobrepossono arrecare ai frutti è tale che nelnord Italia la raccolta inizia prima chenel centro e nel sud.

Dopo i gravi danni provocati alla pro-duzione dalle gelate tardive del 1997, ri-petutesi nel 1998, numerosi produttorihanno adottato strumenti di difesa anti-brina per evitare o almeno ridurre i rischidi danni da gelate. Tra i diversi sistemiantibrina a disposizione quelli che hannosuscitato il maggiore interesse sono iventilatori e gli impianti irrigui sopra-chioma o sottochioma. I ventilatori ri-mescolano l’aria spostando verso terragli strati di aria più calda che si trovanoa 10-12 metri dal suolo; gli impianti irri-gui sfruttano la proprietà dell’acqua dicedere calore all’ambiente quando passadallo stato liquido a quello solido.

Si propaga sia per semeche per talea

Ma la maggior delle piante utilizzateper i nuovi impianti viene prodotta con

il metodo della micropropagazione

La propagazione dell’actinidia è pos-sibile sia per seme che per talea, ma,mentre la pianta ottenuta da seme deveessere innestata con la varietà desiderata,quella proveniente da talea mantiene icaratteri genetici della pianta madre. Peranni il mercato vivaistico ha offerto pian-te di Hayward e del suo impollinatore ot-tenute da talea o da seme con successivoinnesto delle due varietà indicate.

Agli inizi degli anni ’80 furono ese-guiti in Romagna i primi impianti diHayward e del suo impollinatore conmateriale moltiplicato in vitro presso i

laboratori della Vitroplant di Cesena. La moltiplicazione in vitro, o mi-

cropropagazione, dopo un primo perio-do di verifica delle potenzialità produt-tive delle piante ottenute mediante que-sta tecnica innovativa, ha trovato con-senso presso i frutticoltori e attualmen-te le piante da microtalee prodotte in vi-tro stanno gradualmente soppiantandole talee tradizionali.

Il materiale micropropagato si di-stingue da quello ottenuto dalle talee

tradizionali per il differente comporta-mento nei primi anni di vegetazione: in-fatti mentre la pianta originata da taleaentra subito in produzione, quella pro-veniente da materiale micropropagatopresenta, nelle prime fasi di sviluppo, icaratteri della giovanilità e quindi si haun leggero ritardo nella messa a fruttodella pianta.

Il ritardo nell’entrata in produzionenon costituisce però un reale svantaggioin quanto, data l’assenza di frutti nella

Nel nord Italia è indispensabile proteggere dai rigori invernali il fusto delle piante in fase di allevamento. Diversi sono i mate-riali impiegabili allo scopo; nelle foto, protezione con feltro di poliestere (1), con paglia (2) e con canna palustre (3)

Conseguenze di una gelata

tardiva sui germogli:

gli effetti sui tessuti vegetali sono analoghi a quelli di una

«vampata»

Effetti di una gelata precoce sulla vegetazionedi piante delle quali non è ancorastata raccolta la produzione. I tessuti delle fogliemuoiono e dopopoche oredall’evento le foglie disseccateiniziano a cadere

1 2 3

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10 SUPPLEMENTO A VITA IN CAMPAGNA 10/2001

fase di allevamento non c’è competizio-ne tra frutto e germoglio ed è quindipossibile ottenere la struttura scheletricadefinitiva della pianta più rapidamenteche con la talea tradizionale.

L’innesto si effettuasolo in casi particolariServe a correggere eventuali errori

di collocazione delle piante maschili eper migliorare l’impollinazione

La tecnica dell’innesto è attualmenteapplicata per correggere errori all’im-pianto nella collocazione delle piantemaschili e femminili o per aumentare ilnumero delle fonti di polline (vedi il ca-pitolo dedicato all’impollinazione, a pa-gina 12).

Alcuni tipi di innesto utilizzabili so-no il triangolo, lo spacco diametrale,l’intarsio laterale, la maiorchina. Iltriangolo e lo spacco diametrale sono diuso comune, più specifici per l’actinidia

risultano invece l’innesto ad intarsio la-terale e l’innesto alla maiorchina, di cuisi illustra brevemente l’esecuzione.

Innesto a intarsio laterale. Questo tipodi innesto si esegue praticando sul por-tinnesto un taglio obliquo laterale cheinteressa il cambio (parte compresa trala corteccia e il legno) ed i primi stratidella corteccia.

All’interno del taglio viene inseritauna marza, con 1 o 2 gemme, la cuiestremità è stata tagliata a forma di cu-neo. Se l’innesto è eseguito su una pian-ta giovane ed il diametro della pianta èsimile a quello della marza, la superficiedel cambio delle due parti combacia fa-cilmente; se invece la marza è di diame-tro inferiore si tratta di fare combaciareil cambio su uno dei due lati della su-perficie tagliata. Si ricorda che il cam-bio deve combaciare perché è affidato altessuto cambiale il compito di formare itessuti per la cicatrizzazione della feritaed ottenere quindi la saldatura tra marzae portinnesto.

Completato l’inserimento della mar-za si legano le due parti con l’appositonastro e si provvede a coprire con ma-stice a freddo l’area dell’innesto e la fe-rita della parte terminale dell’innesto.

L’innesto ad intarsio laterale si prestamolto bene per aumentare le fonti dipolline nell’impianto (vedi pag. 14). Losi può eseguire prima della ripresa ve-getativa, ma anche in maggio, terminatala fase di pianto, utilizzando materialeprelevato in gennaio e frigoconservato.

Innesto alla maiorchina. Molto interes-sante per la facile e rapida esecuzione èl’innesto alla maiorchina, noto ai viticol-tori per il suo largo utilizzo prima che siadottassero per l’impianto viti innestate.

Si pratica nella prima quindicina disettembre su soggetti abbastanza svilup-pati che abbiano almeno un centimetrodi diametro. La gemma si preleva datralci dell’anno ben lignificati eseguen-do due tagli obliqui in direzione oppostaalla gemma, circa 0,5 cm sopra e sotto lagemma stessa per una profondità di 3-4

A sinistra. Semi di actinidia (mm 1 circa): fino agli anni ’80 la propagazione perseme veniva impiegata per ottenere piante su cui innestare la varietà desiderata.Al centro. Pianticella di actinidia appena nata da seme. A destra. Talea radicatadi actinidia: con questo metodo di moltiplicazione la pianta mantiene i caratterigenetici della pianta madre

A sinistra. Protezione dei germogli da gelate tardive con l’impiego dell’irrigazione soprachioma. A destra. Actinidieto dota-to di ventilatore (indicato dalla freccia) il cui impiego può ridurre i danni delle gelate

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SUPPLEMENTO A VITA IN CAMPAGNA 10/2001 11

mm. Si conclude con un taglio paralleloalla superficie del ramo che collega idue eseguiti in precedenza. Si ottiene inquesto modo un tassello comprendentela gemma ed una porzione di legno cheva inserito lateralmente nel portinnestoin cui è già stata realizzata una cavità ca-pace di accoglierlo.

Per la buona riuscita dell’innesto èconsigliabile prelevare le gemme da ra-

mi di dimensioni uguali a quelle del por-tinnesto, in modo che le zone cambialicoincidano da entrambi i lati. Se la mar-za è più piccola del portinnesto si facombaciare la zona cambiale dei duemembri solo su un lato. È opportuno as-sicurare la gemma al portinnesto connastri adatti allo scopo e proteggerla dairaggi solari diretti. La parte di vegeta-zione sopra la gemma innestata si aspor-

ta nel corso dell’inverno per favorire losviluppo vegetativo della gemma che èstata inserita. ❏

(1) Le analisi del terreno vengono effettuatepresso laboratori pubblici o privati. Consul-tate le Pagine Gialle alla voce «Analisi chimi-che, industriali e merceologiche» o chiedeteinformazioni presso gli Ispettorati agrari, leOrganizzazioni professionali agricole, i Ser-vizi di sviluppo agricolo della vostra Regione.

Innesto a intarsio laterale. 1-Preparazione della marza (lunga 10 cm circa, con una o due gemme). 2-Inserimento della marza nel taglio eseguito sul portinnesto. 3-Legatura delle due parti con l’apposito nastro. 4-Coperturadell’area dell’innesto e della parte terminale della marza con mastice a freddo. 5-Perfetta saldatura di un innesto a intarsio laterale fotografato un anno dopo l’esecuzione

Innesto alla maiorchina. 1-Portinnesto preparato per ricevere la marza. 2-Gemme preparate per l’innesto. 3-Inserimento del-la gemma al quale seguirà la legatura con l’apposito nastro

1 2

4 5

3

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12 SUPPLEMENTO A VITA IN CAMPAGNA 10/2001

Nel regno vegetale esistono speciead impollinazione anemofila edaltre ad impollinazione entomo-

fila; l’actinidia sembra giovarsi di en-trambe.

È una specie dioicaI fiori femminili, che daranno origine aifrutti, e quelli maschili che producono ilpolline sono presenti su piante diverse

Le altre specie frutticole coltivate nelnostro ambiente presentano general-mente fiori ermafroditi, quindi nellostesso fiore sono presenti sia gli organimaschili che quelli femminili, in gradodi produrre rispettivamente polline eovuli. L’actinidia, invece, è una piantadioica in quanto il fiore che produce pol-line e quello che porta gli ovuli sono supiante distinte, la cui presenza contem-poranea è condizione indispensabile perottenere il frutto.

È importante sottolineare che ad unaosservazione superficiale i due tipi difiore possono essere confusi perché ap-parentemente ermafroditi (cioè dotati

sia di organi maschili che femminili);infatti il fiore che produce polline è do-tato di un ovario incompleto, in quantomancano gli stigmi, mentre nel fiorefemminile le antere sono sterili.

Un altro aspetto che caratterizza edifferenzia gli impollinatori attualmentepiù diffusi è il tipo di infiorescenza, cheè composta nella pianta staminifera(maschile) da un fiore centrale e da dueo più laterali, mentre nell’Hayward (lavarietà femminile) solo una parte dei pe-duncoli porta i fiori laterali.

Ecco come favorirel’impollinazione

Una buona impollinazione – che nelcaso dell’actinidia viene operata sia

dal vento che dagli insetti – è indispensabile per ottenere frutti

di pezzatura soddisfacente

Con il termine impollinazione si in-dica il trasporto del polline sugli organifiorali femminili. Il trasporto del pollinein alcune specie arboree avviene per

mezzo del vento; nelle specie da fruttocoltivate sono gli insetti, in particolarel’ape, i principali vettori del polline.

I risultati forniti da numerose provehanno dimostrato che nell’actinidia èimportante sia il contributo del ventoche quello degli insetti pronubi. Infatti,nonostante che i fiori di actinidia nonproducano nettare ed il polline vengabottinato con difficoltà dalle api, è statodimostrato che l’impollinazione ento-mofila (quella, appunto, operata dagliinsetti) contribuisce a migliorare la pez-zatura dei frutti.

Perché questa correlazione impolli-nazione-pezzatura dei frutti? La pescaad esempio ha abitualmente un solo se-me. Se l’ovario non è fecondato il fiorecade. Nell’actinidia invece in un unicofrutto si possono avere oltre 1.200 semi,diminuendo il numero dei semi cala pro-porzionalmente il peso del frutto. Unabuona impollinazione è quindi condi-zione indispensabile, anche se da solanon sufficiente, per ottenere un frutto dipezzatura soddisfacente.

Si sottolinea che un seme deriva dal-la fecondazione di un ovulo ad opera diun singolo granulo pollinico, ne conse-gue che per ottenere 1.200 semi devonoarrivare sugli stigmi del fiore femminilialmeno 1.200 granuli pollinici. Nell’ar-co di alcune ore il granulo pollinico ger-mina e, attraversando lo stigma e lo sti-lo, arriva a fecondare l’ovulo contenutonell’ovario.

Un sistema che assicura ottimi risul-tati nei piccoli actinidieti (ma che perl’impegno elevato di personale non puòessere adottato su ampie superfici) è co-stituito dall’impollinazione manualeche si esegue facilmente tenendo tra duedita il peduncolo del fiore maschile esfregandolo dolcemente sugli stigmi didiversi fiori finché abbia esaurito la pro-pria dotazione di polline. L’operazione

Una buona impollinazione è essenzialeper ottenere produzioni di qualità

Fiori maschilidell’impollinatore:al centro è visibilel’ovario privo di stigmi

Fiore di Hayward(varietà femminile):

sono presenti gli organi maschili, ma

il polline prodottonon è fertile

Sezioni del fiore femminile,�, (a sinistra)e del fiore maschile,�, (a destra)

ovario

sepali

ovuli

antere

stili

petali

ovario

sepali

stili rudimentali

filamenti

petaliantere

stigmi

stami

stami �

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SUPPLEMENTO A VITA IN CAMPAGNA 10/2001 13

si deve eseguire in 2-3 volte per coprirel’intero arco di fioritura.

Si consiglia di introdurre gli alveari innumero di 8-10 per ettaro quando è ini-ziata la fioritura dell’Hayward (10-20%di fiori femminili aperti). Il fiore dell’ac-tinidia produce solo polline e non produ-ce nettare e quindi le api sono indotte avisitare questi fiori se la famiglia è gio-vane e numerosa, infatti in tali condizio-ni sono elevate le richieste di proteine dicui è ricco il polline. È stato osservatoche la massima azione bottinatrice si hanelle ore del mattino quando le condi-zioni di maggiore umidità agevolano leapi nell’opera di raccolta del polline.

Come è già stato sottilineato l’impol-linazione dell’actinidia non è esclusiva-mente entomofila, ma anche anemofila.Per favorire il movimento del polline, sipuò intervenire durante la fioritura pas-sando più volte negli interfilari con unatomizzatore vuoto di cui si aziona laventola per creare un vortice d’aria.

È sempre Haywardla varietà più diffusa

Per il momento sembra essere l’unicavarietà a possedere caratteristiche

commerciali e organolettiche apprezzate dagli operatori e

dai consumatori

Quando fu introdotta in Italia la colti-vazione dell’actinidia, insieme all’Hay-ward giunsero altre varietà come Bruno,Monty, Abbot, ecc. ma in breve temporimase negli impianti specializzati solol’Hayward. Questa varietà si è impostaper la forma e la pezzatura dei frutti, lecaratteristiche organolettiche e la parti-colare predisposizione a sopportare lun-ghi periodi di conservazione. Ancoraoggi non sono state individuate varietàin grado di sostituirla o affiancarla.

Nell’ambiente emiliano-romagnoloHayward fiorisce nella terza decade dimaggio. I fiori sono singoli, ma spessosul peduncolo che porta il fiore centralesi inseriscono due fiori laterali.

I frutti sono di forma ovata (cioè aforma di uovo), con sezione trasversaletendenzialmente ellittica; il colore dellabuccia va dal bruno dei frutti più espostial sole al bruno-verdastro dei frutti piùombreggiati; l’epidermide è ricopertada peli fini; il peso varia da 80 a 130grammi; la polpa, di colore verde sme-raldo, succosa e aromatica, a completamaturazione raggiunge un gradevoleequilibrio tra zuccheri e acidi.

La raccolta si effettua a fine ottobre-inizio novembre; i frutti conservati infruttaio maturano a dicembre.

Nell’ambito dell’ampia popolazionedi Hayward sono stati selezionati diver-si cloni tra i quali segnaliamo il clone K,

selezionato dalla Vitroplant di Cesena,con frutto di forma allungata, e il clone8, selezionato dall’Università di Udine,con frutto più grosso e minor presenza

di frutti deformi e di frutti laterali.Segnaliamo inoltre la varietà Top

Star individuata nel Veronese su unapianta di Hayward: si tratta di una mu-tazione della stessa Hayward dalla qua-le si differenzia per il minor vigore ve-getativo e per i frutti che alla raccolta so-no privi di peli.

Le varietàimpollinatrici

Devono garantire la contemporaneitàdella fioritura con Hayward.

Alcune interessanti selezioni sono state ottenute in Italia

Matua e Tomuri, selezionate inNuova Zelanda negli anni ’50, sono levarietà impollinatrici introdotte in Italiainsieme alla Hayward.

All’impollinatore si richiede con-temporaneità di fioritura con Hayward eelevata germinabilità del polline.

L’inizio di fioritura di Matua anticipadi alcuni giorni Hayward e, se la sfasa-tura della fioritura è accentuata da parti-colari condizioni climatiche, può acca-dere che la liberazione di nuovo pollinetermini prima che sia completata laschiusura dei fiori di Hayward con ef-fetti negativi sulla pezzatura di frutti.Tomuri ha un periodo di fioritura checoincide con quello di Hayward, maproduce polline la cui germinabilità èinferiore a quella del polline di Matua.Attualmente per questa caratteristicaMatua è la varietà presa come riferi-mento per valutare le nuove selezioni diimpollinatori.

Nel periodo della rapida espansionedella coltura in Italia è stata preferitaMatua che è ancora oggi la varietà piùdiffusa nel nostro Paese.

Per la realizzazione di nuovi impiantisono disponibili nuove varietà impollina-trici il cui pregio è di essere state selezio-

A sinistra. Effetti del diverso grado di impollinazione: l’ultimo a destra è un fruttoparzialmente impollinato. A destra. Sezioni di frutti con diverso grado di impolli-nazione: a destra impollinazione parziale, a sinistra impollinazione soddisfacente

Un’ape su un fiore di Hayward. L’im-pollinazione entomofila è realizzata an-che da numerosi altri insetti pronubipresenti nell’ambiente, come ad esem-pio i bombi

La varietà Hayward si è imposta per laforma, la pezzatura e le caratteristicheorganolettiche dei frutti

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14 SUPPLEMENTO A VITA IN CAMPAGNA 10/2001

nate nelle condizioni climatiche italiane.Tra queste si segnalano Autari, ottenutanell’ambito dell’attività di miglioramen-to genetico in corso presso il Diparti-mento di produzione vegetale dell’Uni-versità di Udine, e P1, selezionata neglianni ’80 da Gilberto Zuccarelli.

Autari presenta la fioritura contem-poranea ad Hayward, mentre P1, perl’ampia scalarità di fioritura, inizia a fio-rire prima di Hayward e termina laschiusura dei fiori dopo.

La distribuzionedegli impollinatori

nell’actinidieto

È necessaria la presenza di una pianta maschile ogni sette-otto

piante femminili

Sono già state sottolineate le diffi-coltà che si hanno nel far giungere il pol-line in quantità sufficiente sugli stigmiin modo da ottenere frutti di pezzaturasoddisfacente. È noto che una piantastaminifera (maschile) è in grado di pro-durre quantità di polline elevatissime,ma rimane sempre l’incertezza del tra-sporto e della distanza che un impolli-natore è in grado di coprire con il pro-prio polline.

Con i sesti di impianto indicati per ladoppia pergoletta il rapporto piantefemminili/impollinatore normalmenterealizzato è di 7-8 a 1. L’impollinatore ècollocato in sesto, cioè al posto di unapianta femminile.

L’allevamento dell’impollinatoreal di sopra delle piante femminili,

realizzato con lo scopo di non sottrarrespazio alla parte produttiva, ha fornitorisultati insoddisfacenti ed è stato defi-nitivamente abbandonato.

Per aumentare i punti di diffusionedel polline, senza aumentare la percen-tuale di vegetazione che non fruttifica,una soluzione praticabile sta nell’inne-stare metà di una pianta femminile conl’impollinatore e metà dell’impollinato-re con la varietà fruttifera. In questo mo-do si raddoppiano le sorgenti di pollinesenza aumentare la superficie improdut-tiva del frutteto.

Nella piccola coltivazione familiare.Nel caso si intenda limitare la coltiva-zione a pochi individui di Hayward èpossibile evitare l’inserimento di piantemaschili innestando l’impollinatore sultronco dell’Hayward. La branchetta ori-ginata dalla marza innestata su Haywardrichiede attenti interventi di potatura in-vernale ed estiva per manternersi vitalenel tempo.

Per questo scopo va utilizzato l’inne-sto ad intarsio laterale (vedi pag. 11). ❏

Il rapporto numerico consigliato tra piante femminili ( ) e impollinatori ( )è di 7-8 a 1, con l’impollinatore collocato al posto di una pianta femminile. Glischemi evidenziano la disposizione in campo degli impollinatori qualora siadotti un rapporto 7 a 1 (a sinistra) e 8 a 1 (a destra)

Zespri Gold, il kiwi dalla polpa giallo oroNumerose sono state le proposte di varietà che avrebbero dovuto, se non sosti-tuire, almeno affiancare l’Hayward, ma in pratica questa varietà ha finora supe-rato egregiamente tutti i confronti. Una nuova proposta, che sembra in grado dimodificare l’attuale panorama varietale, è frutto del miglioramento genetico rea-lizzato in Nuova Zelanda. Questa nuova varietà è stata presentata con il nome diHort16A nel gennaio 1999 in occasione del IV Convegno internazionale sull’ac-tinidia svoltosi a Santiago, capitale del Cile. La Hort16A si distingue dalla Hayward in quanto appartiene ad una specie di-versa: l’Actinidia chinensis. In Cina dove le due specie crescono spontaneamen-te l’Actinidia chinensis è diffusa nelle zone orientali più calde dei bassopiani,mentre l’Actinidia deliciosa nelle zone più fredde dell’interno.La Hort16A produce frutti che si differenziano nettamente da quelli della Haywardper la forma allungata, ovoidale con una protuberanza pronunciata nella estre-mità opposta al picciolo, la buccia è ricoperta da una sottile e fine peluria che sirimuove facilmente. Ciò che la caratterizza ulteriormente è il colore giallo oro del-la polpa ed il sapore più dolce e meno acido. Nel corso dell’estate 2000 nei mercati europei è iniziata la promozione dellaHort16A, prodotta in Nuova Zelanda,con il marchio Zespri Gold. La cam-pagna di promozione della Hort16Anon vuole proporre al consumatoreun’alternativa all’Hayward, ma, gra-zie alle diverse caratteristiche orga-nolettiche della Zespri Gold, conqui-stare una nuova fascia di consumato-ri che non siano abituali acquirentidell’Hayward. I frutti della Hort16A maturano con-temporaneamente all’Hayward e ver-ranno prodotti anche in Europa ma so-lo su licenza Zespri InternationalItalia. I produttori sono impegnati percontratto a commercializzare il pro-dotto solo attraverso la Zespri.

I frutti commercializzati con il marchioZespri Gold sono presenti sui mercatieuropeo e italiano dall’estate del 2000

=pianta femminile fruttifera pianta maschile impollinatrice (impollinatore)=

Esempi della disposizione in campo di piante maschili e femminili

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SUPPLEMENTO A VITA IN CAMPAGNA 10/2001 15

La corretta preparazione del terre-no destinato all’impianto è la pre-messa indispensabile per ottenere

buoni risultati dalla coltura.

La preparazionedel terreno

Curate in modo particolare il rapidosgrondo delle acque piovane in eccesso.Fate effettuare un’analisi del terrenoper poter stabilire le dosi di concimi

chimici e fertilizzanti organici

Le prime operazioni da eseguire so-no il livellamento del terreno e le even-tuali opere fondamentali di sgrondo(fossati, scoline, tubazioni sotterraneedi drenaggio) in modo da assicurare ilrapido deflusso delle acque.

Si dovrebbe garantire un franco dicoltivazione (la distanza fra la superficiedel suolo e il livello della falda acquife-ra) di circa 1 metro.

È importante sottolineare che l’ac-tinidia è molto sensibile ai ristagni

di acqua non solo nel periodo vegetati-vo, ma anche durante il riposo autunno-invernale. Anche i danni provocati dallegelate invernali sono accentuati nellepiante il cui l’apparato radicale soffreper condizioni di asfissia.

Dopo la sistemazione del terreno si e-segue la concimazione di fondo che pre-vede la distribuzione del fosforo, del po-tassio e del letame. Le quantità sono de-finite in base alla dotazione del suolo de-terminata con un’analisi chimica; in me-dia è necessario l’apporto per ettaro di 4quintali di perfosfato triplo-46, 4-5 quin-tali di solfato di potassio-50 e 400-500quintali di letame bovino ben maturo.

Si procede quindi alla lavorazionedel terreno. Alla tradizionale lavorazio-ne profonda (70-100 cm) con aratri digrosse dimensioni attualmente si preferi-sce una ripuntatura profonda con ripper,seguita da un’aratura superficiale. Primadi quest’ultima lavorazione è consiglia-

bile distribuire il letame e i concimi fo-sfatici e potassici assicurandone in talmodo l’interramento.

Dopo la lavorazione principale è ne-cessario provvedere ai lavori di ammi-nutamento consistenti in una estirpatu-ra e se necessario un’erpicatura.

Infine si provvede alla messa a di-mora delle piante con le modalità indi-cate nel riquadro di pagina 15.

Meglio impiegare piantea radice nuda

Hanno il vantaggio di un più rapidosviluppo rispetto alle piante in vaso.

Al momento della messa a dimora fateattenzione all’impiego dei concimi

Diversi sono i tipi i piante utilizzabi-li per la costituzione di un impianto; èpossibile infatti impiegare astoni a radi-ce nuda allevati per uno o due anni in vi-vaio, oppure piante cresciute in vaso.

L’impianto dell’actinidieto e la messa a dimora delle piante

Dopo la preparazione del terreno la messa a dimora delle piante si effettua con le modalità di seguito indicate. 1-Pre-parate una buca a forma di parallelepipedo di 40-50 cm di lato e profonda 25-35 cm. Le dimensioni della buca sono condi-zionate dalle dimensioni dell’apparato radicale. 2-In fondo alla buca collocate 3-4 kg di letame ben maturo o 1 kg di com-post. 3-Lavorate il terreno in modo da mescolarvi bene tutto il concime organico distribuito. 4 e 5-Formate quindi al centrodella buca un cono di terra su cui sia possibile sistemare l’apparato radicale. Verificate che il colletto (zona di unione tra ra-dice e fusto) della pianta si trovi a livello del terreno prima di chiudere la buca con terra fine e friabile. Nella fase di riempi-mento della buca, se le condizioni di umidità del terreno lo permettono, è buona norma comprimere leggermente la terra per-ché aderisca meglio alle radici. 6-È inoltre indispensabile rincalzare l’astone con terra in modo da proteggere alcune gem-me dal gelo invernale. Il cumulo sarà rimosso il più tardi possibile in concomitanza con la fase di «rottura delle gemme».Nel caso che la messa a dimora riguardi soltanto alcune piante di actinidia, e quindi venga effettata in buche apposita-mente aperte in terreni non lavorati, è necessario scavare delle buche più grandi: cm 70-80 di lato e cm 70-80 di profon-dità. Al terreno estratto dalla buca devono essere accuratamente mescolati 8-10 kg di letame bovino maturo, 300-400grammi di perfostato triplo-46 e 300-400 grammi di solfato di potassio-50; il tutto deve essere poi riposto nella buca. Perassicurare il necessario assestamento del terreno all’interno della buca queste operazioni vanno eseguite almeno un me-se prima della messa a dimora vera e propria, che si effettuerà seguendo le indicazioni dei punti 4-5-6

Messa a dimora di piante di actinidia a radice nuda

1 3

54

2

6

40 cm

25 cm

15 cm

colletto

sostanza organica

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16 SUPPLEMENTO A VITA IN CAMPAGNA 10/2001

Queste ultime possono essere messe adimora prima o dopo la ripresa vegetati-va (maggio-giugno).

La scelta di piantare in primavera èdettata dalla necessità di evitare che legiovani piantine subiscano danni per ge-late invernali e tardive, condizioni clima-tiche possibili nelle aree del nord Italia.

L’impiego delle piante in vaso per gliimpianti primaverili è una tecnica che èstata largamente utilizzata nei primi annidi diffusione dell’actinidia, ma che è sta-

ta abbandonata per i risultati spesso in-soddisfacenti causati dalla crisi di tra-pianto a cui le piante in vaso vanno sog-gette. Va inoltre sottolineato che talipiante presentano un anomalo sviluppodell’apparato radicale, la cui crescita ècondizionata dalla parete del contenitore.Per ridurre gli effetti negativi causati dal-l’anomala crescita delle radici si tende aridurre al minimo indispensabile i tempidi permanenza in vaso delle piante.

L’esperienza acquisita in questi anni

dai frutticoltori suggerisce quindi di uti-lizzare, per la realizzazione di nuovi ac-tinidieti, astoni a radice nuda, i quali ga-rantiscono un’ottima attività vegetativaalla parte aerea fin dal primo anno.

In aggiunta alla concimazione di fon-do effettuata a tutto campo è utile distri-buire un po’ di letame o di compost an-che nella buca aperta sul terreno lavora-to, attenendosi alle indicazioni riportatenel riquadro di pagina 15 sulla messa adimora. Questa operazione può peròsortire effetti negativi se non è eseguitacon le necessarie attenzioni.

Per ottenere un buon risultato è beneattenersi alle seguenti indicazioni:➥ non impiegare concimi chimici chefacilmente possono creare intorno al-l’apparato radicale un livello di concen-trazione salina dannoso alle radici;➥ utilizzare letame bovino ben maturo;in assenza di letame impiegare fertiliz-zanti organici tipo compost a bassissimocontenuto di azoto.

La palificazionedell’actinidieto

Sono utilizzabili indifferentemente palidi legno o di cemento precompresso.

Importante è proporzionare la sezionedel palo utilizzato al carico

che dovrà sostenere

L’actinidia è una pianta lianosa (chesi avvolge come una liana al palo di so-stegno) il cui peso ricade completamen-te sulla struttura portante. Si deve quin-di progettare un’adeguata struttura disostegno in grado di sopportare elevatipesi conseguenti a produzioni elevate oad intense nevicate che si verifichinoprima che siano cadute le foglie.

La distanza sulla fila indicata per ipali (6 metri) è la massima consentitaperché la struttura dia sufficienti garan-zie di stabilità. Se la distanza tra le pian-te è ridotta a 2,5 metri è conveniente ri-durre a 5 metri la distanza tra i pali.

I pali di legno e quelli di cementoprecompresso sono entrambi utilizzabi-li a condizione che si abbia l’avvertenzadi scegliere quelli la cui sezione sia pro-porzionata al carico cui sarà soggetta lastruttura.

La palificazione deve essere in gra-do di accompagnare l’impianto per l’in-tero arco di vita, che si può ipotizzare in-torno ai 20 anni.

La messa in opera dei pali e dei filicentrali (uno portante il futuro cordonepermanente, uno la tubazione dell’im-pianto irriguo) è opportuno che sia rea-lizzata prima che le piante siano messea dimora o almeno prima della ripresavegetativa, mentre i braccetti per la dop-pia pergoletta vanno collocati in camponel corso del successivo inverno. ❏

Costo di impianto di un ettaro di actinidieto con piante allevate a doppia pergoletta

Dati tecnici ed economici Importo(lire)

Sistemazione superficiale del terreno 426.000Letame bovino 500 quintali, con distribuzione 1.270.000Ripuntatura e aratura 994.000Concimi minerali, con distribuzione 592.000Fresatura o erpicatura 268.000Tracciamento e picchettamento 564.000Acquisto piante a radice nuda: numero 740 a 8.000 lire 5.920.000Messa a dimora piante: numero 740 a 2.400 lire 1.776.000Acquisto pali di testata in cemento precompresso cm 9x9: numero 44 a 11.800 lire 519.200Acquisto pali intermedi in cemento precompresso cm 8x8: numero 348 a 9.500 lire 3.306.000Acquisto braccetti per pali di testata: numero 44 a 37.000 lire 1.628.000Acquisto braccetti per pali intermedi: numero 348 a 10.000 lire 3.480.000Messa a dimora pali: numero 392 a 1.050 lire 411.600Ancoraggi e loro messa a dimora: numero 44 a 13.000 lire 572.000Filo di ferro del n. 19: kg 700 a 1.650 lire/kg 1.155.000Impianto di irrigazione a goccia (costo totale per ettaro) 5.287.000Totale costo di impianto 28.168.800

Caratteristiche tecniche dell’actinidieto.Larghezza dell’appezzamento: metri 100Lunghezza dei filari: metri 100Distanza tra i filari: metri 4,5Numero dei filari: 23Distanza tra le piante: metri 3Numero di piante per ettaro: 740 (di cui 660 femminili e 80 maschili)Distanza tra i pali sulla fila: metri 6Numero dei pali per ettaro: 392Numero dei fili per filare: 3

Fonte: Francesco Rinaldi Ceroni «I costi di impianto di alcune colture arboree», 2000 - Faenza.

A sinistra. Le pianta a radice nuda presentano un armonico sviluppo dell’appara-to radicale. A destra. Piante allevate in vaso: l’apparato radicale ha occupato com-pletamente il pane di terra; gli attorcigliamenti delle radici influenzano negativa-mente il loro sviluppo nel terreno dopo la messa a dimora della pianta

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SUPPLEMENTO A VITA IN CAMPAGNA 10/2001 17

Una buona gestione dell’impiantorichiede, oltre che un’accuratapotatura invernale, ripetuti inter-

venti di potatura verde durante il perio-do primaverile-estivo.

Come vegeta l’actinidiaSono molte le analogie con la vite;

ma, a differenza di questa, i germogli dell’actinidia crescono attorcigliandosi

a spirale attorno ai sostegni

L’esperienza acquisita in tre decennidi coltivazione ha permesso di chiarirele caratteristiche vegetative e produttivedell’actinidia e le analogie con la vitesono risultate evidenti. Questa somi-glianza è confermata dalla constatazio-ne che nelle principali aree di diffusionedell’actinidia esisteva una tradizione vi-ticola e le forme di allevamento adotta-te hanno ripreso quelle utilizzate in zo-na per la vite.

La vite e l’actinidia adottano peròmodalità differenti per aggrapparsi alsostegno; infatti mentre la vite utilizza iviticci, i germogli dell’actinidia cresco-no a spirale attorno al tutore.

Per ottenere il più rapidamente possi-bile la struttura definitiva della pianta èimportante considerare nella fase di al-levamento il tipo di rapporto che si rea-lizza tra l’actinidia e il suo sostegno.Poiché il germoglio si sviluppa forman-do delle spire sul tutore, è preferibileche quest’ultimo sia di piccolo diame-tro; è consigliabile addirittura impiega-re per questo scopo un filo di materialesintetico che, terminata la funzione disostegno, si può facilmente sfilare senzalesionare il giovane fusto.

L’adozione di tutori anche di pochicentimetri di diametro induce la

formazione di spirali nel tronco negati-ve per la successiva vita della pianta.

Il germoglio nella pianta in alleva-mento presenta una prima fase con rapi-do sviluppo (le spire intorno al sostegnosono molto distanziate); in seguito la ve-locità di accrescimento gradatamenterallenta, il diametro del germoglio dimi-nuisce rapidamente e contempora-neamente le spire divengono sempre piùravvicinate, fino a sovrapporsi a mo’ digomitolo. Segue quindi un periodo in cuila pianta sembrerebbe avere esaurito lapropria attività vegetativa, ma è un arre-sto solo apparente a cui fa seguito lo svi-luppo di uno o più germogli a rapido ac-crescimento provenienti dalla zona sot-tostante la porzione terminale più esile.

Nella fase di allevamento il germo-glio scelto per la formazione del troncova legato al sostegno fin dalle prime fa-

si del suo sviluppo, per evitare che siastroncato dal vento, mentre gli altri ger-mogli vengono prima cimati e poi gra-dualmente eliminati quando la lunghez-za del germoglio prescelto è tale da as-sicurare un numero di foglie sufficienteper l’attività metabolica della pianta.

Quando la crescita di questo germo-glio scema gradualmente, come è statoin precedenza descritto, e il germogliosembra formare un piccolo gomitolocon le spire che si vanno sovrapponen-do, è opportuno eliminare questa por-zione del germoglio in modo da favori-re lo sviluppo della gemma sottostante.La cimatura induce una rapida disten-sione delle foglie prossime al taglio e neaumenta la superficie.

Dopo un periodo di stasi, una o piùgemme poste sotto la cimatura schiudo-no e il nuovo germoglio deve essere as-sicurato al sostegno con ripetute le-gature. Germogli concorrenti possonooriginarsi sia da gemme vicine a quellaprescelta sia da gemme presenti alla ba-se del tronco. Tutti i germogli concor-renti a quello prescelto vanno eliminatiil più precocemente possibile in quantola ferita sul tessuto erbaceo è di più fa-cile e migliore cicatrizzazione rispettoad una inferta quando è iniziato il pro-cesso di lignificazione.

È importante sottolineare che i ger-mogli che si originano alla base dellapianta hanno un accrescimento moltorapido e quindi si tratta di valutare,quando questa condizione si verifica

nella prima parte della stagione vegeta-tiva ed il germoglio scelto in preceden-za presenta uno sviluppo insufficiente,la possibilità di allevare un nuovo ger-moglio eliminando gradualmente quelloche era stato inizialmente preferito.

La fruttificazioneL’actinidia produce sui rami dell’annooriginati dalle gemme miste presenti

sul legno prodotto l’anno precedente

L’actinidia presenta due tipi di gem-me: le gemme a legno e le gemme miste;le prime si trovano nella porzione basa-le del ramo di un anno e assicurano ilrinnovo vegetativo nel corso degli anni,mentre le seconde sono presenti lungotutta la parte terminale del ramo. Legemme miste dell’actinidia hanno carat-teristiche particolari che le differenzia-no da quelle delle altre specie frutticole;esse infatti appaiono come una estro-flessione del tessuto corticale del ramo.La diversa dimensione della prominen-za è correlata alla fertilità della gemma,cioè alla capacità della gemma di gene-rare germogli con numerosi fiori.

Il frutto è prodotto da un germogliooriginato da una gemma portata da unramo cresciuto nell’anno precedente.Questo germoglio presenta nella porzio-ne basale 3-5 infiorescenze.

In realtà i tessuti potenzialmente ingrado di produrre una infiorescenza si

La potatura dell’actinidia

A sinistra. L’impiego di tutori anche di pochi centimetri di diametro induce la for-mazione di spirali nel tronco, negative per la successiva vita della pianta. A destra.Giovane pianta di actinidia in allevamento con un tronco ben diritto ottenuto im-piegando un filo di plastica

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18 SUPPLEMENTO A VITA IN CAMPAGNA 10/2001

trovano tra il quinto ed il dodicesimo no-do e quindi teoricamente un germogliopuò presentare anche 7 infiorescenze.Ciascuna infiorescenza è composta daun fiore centrale e due laterali. Nella va-rietà Hayward spesso i laterali rimango-no abbozzi e non giungono alla fioritura.

È possibile classificare i rami di unanno in base al diametro ed a come sipresentano nella porzione terminale. Seil ramo è ben lignificato e termina conuna gemma prominente si tratta di ramoad accrescimento determinato; è invecead accrescimento indeterminato se nellaparte terminale il ramo appare esile, mallignificato e simile per l’aspetto ad unpiccolo gomitolo.

In base ai criteri citati si distinguono: 1) ramo corto: (indicato dai neozelan-desi con il termine spur) è di 20-30 cme termina con due gemme vicine e inter-nodo praticamente assente;2) ramo medio: simile al precedente, dacui si differenzia per la maggiore lun-ghezza (circa 50 cm);3) ramo lungo: notevolmente più lungo

dei rami sopra indicati, è abitualmentead accrescimento indeterminato, pre-senta gemme ben sviluppate e internodidi circa 10 cm;4) ramo vigoroso (succhione): ha ac-crescimento indeterminato, si caratte-rizza per internodi lunghi e gemme po-co evidenti nella parte basale; le gemme

sono ben estroflesse e quindi fertili adiniziare dalla porzione mediana.

Nelle forme di allevamento attual-mente diffuse la produzione è ottenutaprincipalmente sui rami lunghi (appar-tenenti al terzo gruppo), mentre sono daescludere quelli vigorosi (appartenentiall’ultima classe).

Potatura di allevamento. A sinistra. Giovane pianta al primo anno di allevamen-to nella quale è stato selezionato il germoglio migliore mentre i restanti sono staticimati. Al centro. Cimatura del germoglio principale effettuata in primavera perstimolare la formazione dei due cordoni permanenti della doppia pergoletta. A de-stra. La risposta della pianta alla cimatura

La pianta cimata in primavera nel corso dell’estate ha formato i germogliche diventeranno i cordoni permanenti della doppia pergoletta

A sinistra. Gemme fertili di Hayward come appaiono di lato (in basso, vicino al taglio) e di fronte (in alto). Al centro. Gemmafertile all’inizio della ripresa vegetativa (fase di rottura delle gemme). A destra. Germoglio con bottoni fiorali (uno dei qualiindicato dalla freccia) generato da una gemma fertile

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SUPPLEMENTO A VITA IN CAMPAGNA 10/2001 19

Per le sue caratteristiche vegetative eproduttive l’actinidia necessita di tutorinella fase di allevamento, ma anche diuna struttura in grado di sostenere lapianta per l’intero arco produttivo.

La doppia pergolettaè la forma di allevamento

più diffusa

È il sistema di allevamento meno oneroso e che più risponde alle

caratteristiche vegetative della pianta

La doppia pergoletta è certamentela forma di allevamento più diffusa nelnord Italia, mentre il tendone, preferitoal centro e al sud, è sconsigliato se si de-sidera realizzare un piccolo impianto aduso familiare. Le indicazioni per l’alle-vamento e la potatura di produzione so-no utilizzabili, con piccole modifiche,anche per altre forme di allevamentocome i pergolati o i tendoni.

La doppia pergoletta è costituita daun filo centrale posto all’altezza di 170-180 cm, su cui si adagia il cordone per-manente, e da due fili laterali ciascunodei quali è collocato alla distanza di 80-100 cm dal filo centrale. La strutturaportante della doppia pergoletta è costi-tuita da pali di legno o cemento colloca-ti sulla fila alla distanza di 5-6 metril’uno dall’altro e da una traversa di 160-200 cm fissata su ciascun palo a 170-180 cm da terra; i tre fili di ferro colle-gano le traverse passando ai due estremie al centro delle stesse.

La struttura della pianta nella doppiapergoletta è costituita da un tronco chesi biforca in due cordoni permanenti cir-ca 20 cm al di sotto del filo centrale, acui sono assicurati i cordoni permanen-ti con filo di materiale plastico, mentre

sui due fili laterali sono fissati annual-mente i tralci produttivi.

Alla ripresa vegetativa del primo annodi impianto si provvede, come è già stato

illustrato, a scegliere un germoglio performare il tronco della pianta adulta. Seal termine della prima stagione vegetati-va lo sviluppo della pianta risulta scarso

A sinistra. Gemme vegetative di Hayward presenti alla base di un ramo di un anno.Al centro. Germoglio con bottoni fiorali prossimi a fiorire. A destra. Nell’actinidianon tutti i bottoni fiorali arrivano alla fioritura; nella foto, germoglio vigoroso conbottoni fiorali atrofizzati (uno di questi è indicato dalla freccia)

A sinistra. Confronto tra un ramo ad ac-crescimento determinato (sulla destra),con internodi corti, e parte basale di unramo ad accrescimento indeterminatocaratterizzato da gemme poco visibili einternodi lunghi. A destra. Rami corti(spur): terminano con due gemme vicinee l’internodo è brevissimo

porzione fruttiferanodi 1°-12°

tralcio diun anno

frutti nei nodi 5°-12°

gemma del13° nodo

foglia

apice

nodi dal 13° in poiporzione vegetativa

Schema di sviluppo del germoglio fruttifero durante il periodo estivo

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20 SUPPLEMENTO A VITA IN CAMPAGNA 10/2001

ed il ramo che è cresciuto non è tale da ri-sultare adatto a costituire il futuro tronco,nel periodo invernale è conveniente ta-gliare il ramo nel punto in cui raggiungeil diametro di 1 cm in modo da favorire ilrapido sviluppo di un nuovo germoglionella successiva stagione vegetativa.

Quando il germoglio raggiunge il fi-lo centrale è necessario accorciarlo 15-20 cm al di sotto del filo stesso. Dopo10-15 giorni le gemme più vicine al ta-glio schiudono e tra i germogli formati-si verranno scelti i due destinati a for-mare i cordoni permanenti. Questi ger-mogli sono fissati con frequenti legatu-re al filo centrale finché, occupato l’in-tero spazio destinato a ciascun cordone,vengono cimati.

Nella doppia pergoletta il sesto diimpianto consigliato tra le file varia da4,5 a 5 m e sulla fila da 2 a 3 m.

La potaturadi produzione

Ecco gli interventi di potatura secca edi potatura verde necessari al rinnovo

dei rami e all’ottenimento di buoni risultati produttivi per quantità e qualità

Potatura delle piante produttrici difrutti. La corretta esecuzione della po-tatura di produzione è determinante perassicurare, nel corso della vita dell’im-pianto, livelli di produzione costanti esoddisfacenti, sia per quanto riguardagli aspetti quantitativi che qualitativi.

La potatura di produzione non siesaurisce nell’intervento invernale, matrova un indispensabile completamentoin quelli da eseguire abitualmente nelperiodo primaverile-estivo.

Potatura invernale. I tipi di rami piùadatti a fruttificare sono già stati de-scritti in precedenza (vedi pag. 18). Gliinterventi di potatura di produzione han-no i seguenti scopi: – mantenere nel tempo la pianta nellospazio assegnatole in base alla forma diallevamento prescelta ed al sesto di im-pianto adottato; – garantire una soddisfacente produzio-ne nell’anno; – favorire il rinnovo vegetativo suffi-ciente a produrre i rami necessari per lafruttificazione dell’anno successivo.

La potatura di produzione della dop-pia pergoletta prevede l’eliminazionedelle branchette che hanno fruttificato ela loro sostituzione con rami di un annoche devono essere accorciati a 150-170cm e legati ai fili esterni. Per mantenerel’efficienza dell’impianto è importantefavorire l’emissione di germogli nellazona più prossima al cordone perma-nente da utilizzare per la fruttificazionedell’anno successivo. Un tale comporta-mento è favorito dalla posizione del filo

Doppia pergoletta di

Hayward in piena

produzione, fotografata

dopo la potatura

invernale

L’allevamento dell’actinidia a doppia pergoletta

Caratteristiche costruttive della testata.

1-Palo di testata in cemento delle dimensioni di cm 9 x 9. 2-Traversa.

3-Piastra di ancoraggio. 4-Palo intermedio in cemento delle dimensioni di cm 8 x 8. 5-Fili di sostegno del n. 19

2

1 4

5

3

Schema della struttura dell’impianto. 1-Tronco.

2-Cordone permanente. 3-Ramo legato in inverno che produrrà l’anno

seguente. 4-Ramo che ha prodotto l’anno precedente. 5-Ramo di rinnovo. 6-Taglio

d’inverno. 7-Ramo ad accrescimento indeterminato. 8-Ramo fruttifero ad accrescimento determinato.

1

2

3

4

5

6

7

8

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SUPPLEMENTO A VITA IN CAMPAGNA 10/2001 21

centrale della doppia pergoletta che vacollocato alcuni centimetri più in altodei fili laterali o al massimo allo stessolivello, mai al di sotto, in modo che legemme alla base del ramo di un annosiano indotte a vegetare.

I rami produttivi sono tagliati in mo-do che sporgano per 50-70 cm dal filoesterno, a cui sono legati singolarmentecon filo di materiale plastico. La distan-za consigliata tra un ramo e l’altro è dialmeno 30-35 cm. Se lungo la fila lospazio tra le piante è di 3 m è consiglia-bile lasciare 16-18 rami della lunghezzadi m 1,5-1,7 ciascuno. Ognuno di questirami porta 15-17 gemme fertili.

La conoscenza del numero di ramiper pianta e delle gemme per ramo per-mette di calcolare la potenzialità pro-duttiva della pianta al termine della po-tatura (vedi riquadro in questa pagina).

Potatura verde. Nel periodo estivo ènecessario programmare ripetuti inter-venti di potatura. Particolare importanzariveste la cimatura di quei germogli ec-cessivamente vigorosi che, se non sonobloccati tempestivamente, sono destina-ti a diventare succhioni non adatti ad es-sere utilizzati per la fruttificazionedell’anno successivo.

Ulteriori interventi di potatura verdenel periodo primaverile-estivo hanno lafunzione di permettere il passaggio del-le attrezzature tra i filari e di mantenerela chioma ben arieggiata ed illuminatain ogni sua parte.

Potatura degli impollinatori. Per gliimpollinatori gli interventi di potaturasono sostanzialmente analoghi a quelliindicati per l’Hayward, ma, consideratoil maggiore rigoglio vegetativo, è neces-sario verificare se terminata la fioriturasia conveniente diradare le branche (ra-mi di due o più anni) per contenere l’ec-cessivo affastellamento della vegetazio-ne ed assicurare un buon arieggiamentodella pianta e di quelle vicine.

Il pianto. Il primo segnale che indica lafine del riposo vegetativo è rappresenta-to dal pianto.

Questo fenomeno è dovuto alla linfagrezza che è spinta dalle radici verso laparte aerea della pianta. Se si esegue untaglio e si ha dalla ferita un’intensa usci-ta di liquido, la pianta è nella fase delpianto. In modo analogo si comporta lavite.

Per entrambe le specie è importanteterminare le operazioni di potatura in-vernale prima della comparsa del piantoin quanto le consistenti perdite di linfagrezza, che si hanno a causa dei tagli,provocano la perdita di parte delle so-stanze nutritive destinate a sostenerel’avvio della nuova stagione produttivadella pianta. ❏

Ecco come stimare la produzione di una pianta di actinidiaEsempio di calcolo della potenzialità produttiva di una singola pianta:– distanza delle piante sulla fila: 3 m;– numero di rami presenti dopo la potatura: 16;– lunghezza media dei rami: 1,5 m;– numero di gemme fertili per tralcio: 15;Il numero totale di gemme nella pianta considerata è di 225 (16 rami x 15 gemme).Ipotizzando che la percentuale di germogliamento sia del 60% risulta: gemme totali 225 x 60 : 100 = 135 germogli fertili.La media di frutti presente in ciascun germoglio fertile è calcolata in 3,5 e quin-di: 135 x 3,5 = 504 frutti.Se il peso medio dei frutti è di 100 g la produzione della pianta è di 50 kg.

Il «pianto», intensa emissione di linfagrezza dai tagli eseguiti alla fine dell’in-verno

Potatura verde. A sinistra. La risposta vegetativa di un germoglio cimato: si no-tano i germogli sviluppatisi dalle gemme presenti all’ascella delle foglie rimaste. Adestra. Ramo ottenuto con la cimatura, di dimensioni adeguate per fruttificarenell’anno successivo

Potatura invernale di produzione: schema di potatura in due inverni successivi. A-Cordone permanente. B-Ramo di unanno che dopo la fruttificazione si trasforma in branchetta da eliminare nella posizione T. C-Posizione del ramo di un an-no, prima e dopo la potatura invernale

primo inverno (dopo la potatura)

prima della potatura dopo la potatura

A

TC

C

BB

A

A

secondo inverno

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22 SUPPLEMENTO A VITA IN CAMPAGNA 10/2001

Solo un’accurata gestione dell’acti-nidieto, in particolare per quantoriguarda l’irrigazione, permette di

ottenere soddisfacenti risultati produtti-vi ed economici.

È preferibile mantenereil terreno inerbito

La presenza del cotico erboso facilita il transito delle attrezzature per la raccolta, operazione che si effettua in un periodo soggetto al rischio

di piogge intense

Nella fase di allevamento è consi-gliabile evitare la competizione delle er-be infestanti, eliminandole con lavora-zioni superficiali del terreno (5-10 cm)in modo da non danneggiare l’apparatoradicale dell’actinidia.

Negli anni successivi si consiglia disostituire alla lavorazione l’inerbimentocon specie che crescono spontaneamen-te oppure appositamente seminate.

Inizialmente prevalgono le erbe an-nuali che gradatamente lasciano spazioalle poliennali. Lo sviluppo delle erbe

va controllato nel corso della stagionecon frequenti sfalci lasciando sul postol’erba triturata che arrichisce via via ilterreno di preziosa sostanza organica.Con il passare degli anni la gestionecontrollata dell’inerbimento favorisce laformazione di una consistente coticache facilita il transito delle attrezzaturenecessarie per la raccolta.

Il periodo della raccolta è infatti sog-getto a rischio di piogge intense che fa-cilmente rendono impraticabile il terre-no non dotato di un buon inerbimento.

Lungo la fila, in alternativa allo sfal-cio, si può intervenire con diserbantispecifici.

L’inerbimento controllato presentadei vantaggi per tutte le colture fruttico-le, ma non è conveniente adottarlo senon si dispone dell’impianto di irriga-zione che permetta di superare gli effet-ti negativi conseguenti al consumo d’ac-qua da parte dell’erba.

In ambiente italiano, per coltivarel’actinidia a livello professionale, qual-siasi siano le modalità di gestione delterreno, la presenza di un impianto irri-guo è condizione indispensabile per ot-tenere buoni risultati.

La concimazioneAzoto, fosforo e potassio vanno

distribuiti senza eccessi e in base allereali esigenze della coltura. Nei terreni alcalini inadatti

all’actinidia nei confronti dellaclorosi ferrica si interviene

con chelati di ferro

La disponibilità di letame bovino benmaturo all’impianto crea condizioni fa-vorevoli al rapido accrescimento dellegiovani piante di actinidia. La distribu-zione di fertilizzanti minerali è comun-que importante sia nella fase di alleva-mento che in quella di produzione permantenere efficiente l’impianto; infattile richieste in azoto, fosforo e potassiodi questa coltura sono elevate e superio-ri a quelle delle altre specie frutticole.

Questa affermazione può essere maltradotta nella pratica se non si considerala sensibilità dell’actinidia alle concen-trazioni saline nel terreno. Ancora oggiaccade di vedere in aziende frutticolespecializzate giovani piante di actinidiadeperire, e nei casi più gravi morire, acausa di una eccessiva dose di azoto di-stribuita sotto forma di concimi minera-li come il nitrato ammonico o l’urea.

Per evitare spiacevoli inconvenienti èbene essere precisi nella definizione del-la dose da somministrare ad ogni pianta,distribuire omogeneamente il concimesulla superficie che si intende trattare,evitare apporti fertilizzanti quando ilterreno è asciutto.

Nel primo anno di allevamento siconsigliano 20-25 g di azoto per pianta(pari a 75-95 grammi di nitrato ammo-nico-27) che salgono a 50-60 grammi(pari a 185-220 grammi di nitrato am-monico-27) nel secondo anno. Taliquantità vanno distribuite, in 2-3 volte,nel periodo primaverile.

Le cure colturali da riservare all’actinidia

Conclusa la fase di

allevamento è consigliabile

mantenere inerbito il

terreno tra le file

A sinistra. Gravi sintomi di clorosi ferrica sulle foglie. A destra. Confronto tra un frutto normale ed uno (indicato dalla frec-cia) che manifesta chiari sintomi di clorosi ferrica

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SUPPLEMENTO A VITA IN CAMPAGNA 10/2001 23

Nella fase di allevamento il fertiliz-zante è distribuito solo intorno alla pian-ta nell’area che si ipotizza sia esploratadalle radici; successivamente, quando lepiante hanno raggiunto la piena produ-zione, il concime va sparso sull’interasuperficie.

Il riferimento per definire la dose difertilizzante da apportare non è quindipiù la pianta, ma la superficie. Le quan-tità consigliate raggiungono, negli im-pianti specializzati, anche 130-150 kg diazoto per ettaro (pari a 480-550 kg di ni-trato ammonico-27).

Il fertilizzante azotato si distribuiscein 3-4 applicazioni, iniziando dopo la ri-presa vegetativa quando i germogli han-no raggiunto almeno 5 cm e terminando,indicativamente, entro la seconda deca-de di giugno.

Il fosforo ed il potassio, nella gene-ralità dei casi, si devono distribuire pe-riodicamente per mantenere nel tempola fertilità iniziale del terreno. I consumiannuali della coltura in piena produzio-ne si aggirano per il fosforo intorno a 50kg per ettaro, espresso come anidridefosforica (P2O5), e per il potassio intornoa 150 kg per ettaro, espresso come ossi-do di potassio (K2O).

Indicativamente la quantità di conci-mi fosfo-potassici da distribuire per unettaro di actinidieto in produzione è di100 kg di perfosfato triplo-46 e di 300kg di solfato di potassio-50.

Il fosforo e il potassio possono esse-re distribuiti in un’unica soluzione a fi-ne inverno, in quanto sono facilmentetrattenuti dal terreno e vengono via viaricoperti dall’erba falciata e triturata,mentre l’azoto, come già è stato indica-to, si deve distribuire in più interventi alfine di ridurne le perdite nell’atmosferao nelle acque di falda.

Queste ultime indicazioni si riferisco-no all’impiego di fertilizzanti minerali;l’uso di letame o suoi surrogati apportacontemporaneamente azoto, fosforo epotassio, ma l’azoto contenuto nella so-stanza organica è meno soggetto alle

perdite nell’ambiente che caratterizzanoi tradizionali fertilizzanti di sintesi.

La clorosi ferrica. Tra la fine degli an-ni ’70 e i primi anni ’80 si è verificata latumultuosa espansione della colturaconseguente al successo commercialedei frutti. Numerosi frutticoltori nel cli-ma di generale entusiasmo hanno realiz-zato impianti anche in terreni non adattialla coltura, con conseguenti gravi in-successi. L’esperienza di quegli anni haevidenziato che l’actinidia è particolar-mente sensibile al pH e al contenuto incalcare attivo (CaCO3) del terreno.

Il pH del terreno dovrebbe esserecompreso tra 6 e 7 (avere cioè reazionetendenzialmente acida) e il calcare atti-vo non dovrebbe superare il 2-3%, valo-ri da determinare per mezzo di un’anali-si chimica. Nei terreni in cui si superanoquesti valori la pianta non è in grado disvolgere alcuni dei fondamentali pro-cessi di sintesi indispensabili per il suoregolare sviluppo, il che comporta l’in-giallimento della superficie fogliare e,nei casi più gravi, il disseccamento deibordi della foglia.

I sintomi descritti sono conseguentialla carenza di ferro, quindi, per evitareil progressivo deperimento della pianta,sono indispensabili adeguate distribu-zioni di chelati di ferro al terreno e pervia fogliare.

La frequenza degli interventi va mo-dulata secondo le esigenze delle diverserealtà. Nei terreni dove il pH e il calcareattivo raggiungono valori non adattiall’actinidia è necessario eseguire inter-venti specifici ogni 10-12 giorni per viafogliare nelle prime fasi vegetative.Successivamente somministrate per fer-tirrigazione, nel periodo di massimo svi-luppo dei germogli e dei frutti (maggio-luglio), 4-5 grammi di chelato di ferroper pianta ogni 10-12 giorni.

È importante sottolineare che il che-lato di ferro fornisce buoni risultati solose è utilizzato tempestivamente primache la clorosi compaia su un numero

elevato di foglie e l’ingiallimento siamolto intenso.

La clorosi può manifestarsi anche suifrutti che, se non adeguatamente curati,conserveranno la polpa biancastra finoal consumo, con effetti deleteri sulle lo-ro caratteristiche organolettiche.

L’irrigazioneLa possibilità di somministrare acqua

è condizione indispensabile per la coltivazione dell’actinidia. I sistemi

di microirrigazione sono i più adatti alle sue esigenze

Nonostante l’Italia presenti condi-zioni climatiche molto diversificate, nonesistono ambienti nei quali sia possibilecoltivare l’actinidia se non si dispone diacqua per irrigarla. Ciò non significache l’actinidia, a parità di superficie fo-gliare, consumi più acqua, ad esempio,del pesco, ma la differenza tra le duespecie è dovuta alla capacità di quest’ul-tima di riuscire a utilizzare una maggio-re quantità dell’acqua trattenuta dal ter-reno e di possedere dei meccanismi diautoregolazione che le permettono disuperare condizioni di limitate disponi-bilità idriche senza gravi conseguenzeper l’attività produttiva della pianta.

La facilità con cui l’actinidia manife-sta nel nostro ambiente evidenti sintomidi stress idrico non deve indurre a distri-buire elevate quantità di acqua, ma a in-tensificare la frequenza delle irrigazio-ni. La microirrigazione risponde egre-giamente alle esigenze dell’actinidia etra i diversi sistemi microirrigui nel-l’ambiente emiliano-romagnolo l’irri-gazione a goccia ha incontrato i favori dimolti actinidicoltori per la praticità difunzionamento ed i costi complessiva-mente contenuti (si veda anche il riqua-dro a pagina 25).

Nell’ambiente emiliano-romagnolola quantità di acqua da distribuire gior-nalmente nei periodi di siccità mediantel’irrigazione a goccia può essere di 2 mm

Confronto tra un germoglio di una pianta regolarmente irrigata (a sinistra) e un germoglio con evidenti sintomi di stress dainsufficiente apporto d’acqua (al centro). A destra: nei casi di grave carenza d’acqua si possono presentare decolorazioni ezone necrotiche sulle foglie

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24 SUPPLEMENTO A VITA IN CAMPAGNA 10/2001

al giorno nel mese di maggio, per cre-scere gradualmente fino ad arrivare a 3-3,5 mm giornalieri nei periodi più caldidi giugno, luglio ed agosto e diminuiregradatamente dalla terza decade di ago-sto e in settembre. È evidente che questisono valori medi che richiedono ulterio-ri verifiche in ciascuna situazione clima-tica considerando, inoltre, lo sviluppodella chioma del proprio actinidieto.

Ulteriori informazioni utili per ade-guare le indicazioni fornite alla propriarealtà si ottengono con le seguenti valu-tazioni:– nelle ore più calde del giorno la pian-ta manifesta chiaramente la insufficien-te disponibilità d’acqua modificandol’angolo di inserzione delle fogliesull’asse del germoglio; tale comporta-mento è particolarmente evidente suigermogli più giovani in rapido accresci-mento;– il controllo della dimensione dellachiazza inumidita nella zona circostanteil punto di caduta della goccia fornisceutili indicazioni: se con il passare deigiorni l’area in esame tende gradual-mente ad espandersi ed a rimanere in-zuppata anche alcune ore dopo che ècessata la distribuzione dell’acqua, èevidente che la quantità di acqua distri-buita è eccessiva.

Rimane da definire quando iniziaread irrigare o riprendere a farlo dopo unapioggia. Per rispondere a questa doman-da negli impianti altamente specializza-ti sono utilizzati i tensiometri, ma in as-senza di questi strumenti si raggiungeegualmente un buon risultato control-lando sui giovani germogli l’angolo diinserzione delle foglie sul germoglionelle ore più calde del giorno.

Gli eccessi di acqua sono negativiquanto le carenze; infatti se queste ultimepossono ridurre la quantità e la qualitàdella produzione i primi possono favori-re lo sviluppo di marciumi radicali in gra-do di provocare la morte della pianta.

Il diradamentodei frutti

È necessario per ottenere frutti dibuona pezzatura. Si esegue prima della

fioritura, diradando i bottoni fiorali, e durante l’accrescimento dei frutti,

asportando quelli deformati

Fino alla prima metà degli anni ’80 ladomanda superiore all’offerta non pone-va al produttore particolari vincoli qua-litativi; nel giro di pochi anni però l’of-ferta è aumentata rapidamente e quindila domanda è diventata più esigente, conconseguente richiesta di pezzature supe-riori. Si è andata così affermando la ne-cessità di eseguire un accurato dirada-mento dei frutti.

A sinistra. Gocciolatore autocompen-sante con portata di 4 litri all’ora. A de-stra. Piccola stazione automatizzata perl’irrigazione a goccia, dotata di filtro agraniglia e a calza

Una coltura che di rado richiede interventi fitosanitari

L’actinidia si differenzia nettamente dalle altre specie da frutto, come il melo edil pero, in quanto raramente si verifica, anche in impianti specializzati, la ne-cessità di eseguire trattamenti antiparassitari e numerosi sono gli impianti in cuinon è eseguito da tempo nessun intervento fungici-da o insetticida. L’unico parassita in grado di pro-vocare gravi danni è la Botrytis cinerea o muffa gri-gia (1) che durante la frigoconservazione è la causadel marciume dei frutti, ma la lotta contro questofungo non prevede trattamenti antibotritici prerac-colta in quanto è nota la loro scarsa efficacia.Gli attacchi del fungo Phytophthora (varie specie)agente causale del marciume del colletto (2) sonofavoriti da ristagni idrici provocati da insoddisfa-cente drenaggio del terreno o da eccessive sommi-nistrazioni d’acqua irrigua.Tra i parassiti animali possono occasionalmentecreare qualche problema gli attacchi di eulia, di coc-ciniglie e di Metcalfa pruinosa. Le infestazioni di eu-lia (3) si controllano con le apposite trappole ses-suali, trattando al superamento della soglia di 50adulti per trappola con Bacillus thuringiensis (adesempio Delfin, non classificato, alla dose di 100grammi per 100 litri d’acqua). Contro le cocciniglie(4) si impiega buprofezin-25 (ad esempio Applaud,irritante, alla dose di 150 grammi per 100 litri d’ac-qua). Contro la metcalfa (5), invece, si può impiega-re malathion-40 (ad esempio Smart EW, non classi-ficato, alla dose di 150 ml per 100 litri d’acqua).

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SUPPLEMENTO A VITA IN CAMPAGNA 10/2001 25

Le infiorescenze presenti sui germo-gli fertili dell’Hayward possono portareciascuna fino a tre bottoni fiorali. I frut-ti prodotti dai fiori laterali non sono ingrado di raggiungere la pezzatura at-tualmente richiesta dal mercato. Dallacomparsa dei bottoni fiorali alla fioritu-ra una parte dei laterali regredisce cosìche fiorisce solo quello centrale. L’inci-denza del fenomeno dipende probabil-mente da una serie di fattori tra cui lecondizioni climatiche, il tipo di ramofruttifero, l’età delle piante.

In ogni caso, seppure con intensitàdiversa da anno ad anno e da impiantoad impianto, nel periodo che precede lafioritura è consigliabile asportare i bot-toni fiorali che sono prossimi a fiorire.

Terminata la fioritura, dopo le primefasi di accrescimento dei frutti, si inter-

viene nuovamente per eliminare even-tuali laterali precedentemente non rile-vati ed i frutti irregolari (a ventaglio,piatti, deformi per scarsa impollinazio-ne ecc.). La tempestività con cui si ese-gue il diradamento ha effetti positivi sul-

la pezzatura dei rimanenti. Perché il diradamento sia efficace si

suggerisce di eseguirlo in più volte: pri-ma della fioritura, a metà-fine giugno, afine luglio-inizio di agosto per la rifini-tura finale. ❏

Operazioni

Potatura invernale (160 ore)Concimazione fosfo-potassica (1 ora)Concimazione azotata (3 ore)Concimazioni fogliari (8 ore)Potatura verde (30 ore)Diradamento (75 ore)Diserbo sul filare (6 ore)Trinciatura erba nell’interfila (14 ore)Irrigazione (30 ore)Difesa antiparassitaria (4,5 ore)Raccolta (182 ore)

Dic.Nov.Ott.Set.Ago.Lug.Giu.Mag.Apr.Mar.Feb.Gen.

Riepilogo annuale delle operazioni colturali necessarie per la gestione di un ettaro di actinidieto allevato a doppia pergoletta

Ecco come utilizzare l’impianto a goccia

Ecco un esempio. Impianto a doppia pergoletta con distanza delle piante tra lefile di 4,7 metri, dotato di gocciolatori autocompensanti con portata oraria di 4litri, distanza sulla fila 1 metro.

Calcolo della precipitazione oraria dell’impianto irriguo a goccia:

– superficie governata da un gocciolatore: 4,7 m x 1 m = 4,7 metri quadrati;– portata oraria del gocciolatore: 4 litri;– calcolo della precipitazione oraria: 4 litri : 4,7 metri quadrati = 0,85 l/metroquadrato (pari ad una precipitazione oraria di 0,85 mm).

Se si devono distribuire 3 mm, per determinare le ore di funzionamentodell’impianto si esegue il seguente calcolo: 3,5 mm : 0,85 mm = 4,11 (pari a circa 4 ore di funzionamento dell’impianto).

Diradamento dei bottoni fiorali: pedun-colo fiorale dal quale sono stati stacca-ti prima della fioritura i due bottoni la-terali che produrrebbero frutti di ridot-ta pezzatura

Diradamento dei frutti. Vanno asportati i frutti che si sono sviluppati irrego-larmente, come quelli «a ventaglio» (1), difetto frequente nella Hayward; i frut-ti laterali (2) lasciando solo quello centrale; i frutti derivati da impollinazioneincompleta (3) che non raggiungeranno la pezzatura commerciale e che si rico-noscono con facilità perché sono più piccoli e di forma rotondeggiante

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26 SUPPLEMENTO A VITA IN CAMPAGNA 10/2001

Non è possibile valutare visiva-mente il grado di maturazionedei frutti. Il penetrometro e il ri-

frattometro forniscono utili indicazioni.

La raccoltaAl nord inizia alla fine di ottobre ma, se esiste il pericolo di gelate precoci, è possibile anticiparla

di qualche giorno

La raccolta dei frutti dell’actinidia sieffettua a fine ottobre-inizio novembre.Nelle aree di coltivazione del nord Italiadalla fine di ottobre i frutti corrono il ri-schio di subire danni a causa di gelateprecoci. Quando le temperature rag-giungono valori intorno ai –2° C i fruttisubiscono danni irreversibili, tali dacomprometterne le successive normaliconservazione e maturazione.

Non esiste la possibilità di valutarevisivamente il grado di maturazione delfrutto in quanto l’epidermide non mani-festa alcun viraggio di colore, caratteri-stica invece comune a numerose altrespecie da frutto.

Negli impianti specializzati per de-finire la data di inizio della raccolta siutilizzano due strumenti: il penetrometroe il rifrattometro. Con il primo si misurala durezza dei frutti, mentre con il se-condo si misura la percentuale di zuc-cheri presente nel succo del frutto o, piùprecisamente, il residuo secco rifratto-metrico. Entrambi si possono acquistarepresso le rivendite di prodotti per l’eno-logia e di strumenti di precisione.

La raccolta inizia quando il residuosecco rifrattometrico raggiunge il 6,5%(1); contemporaneamente la durezza, mi-surata con il penetrometro con puntale di8 mm, dovrebbe aggirarsi intorno a 7 kg.

Tuttavia, anche senza l’ausilio di stru-menti, l’esperienza acquisita in questi an-ni permette di affermare che è possibile,senza compromettere la qualità dei frutti,iniziare la raccolta verso la fine di ottobre

e, in caso di pericolo di gelate precoci,anticiparla di qualche giorno.

La raccolta si effettua in un unicopassaggio eseguendo una lieve torsionedel frutto per favorire il suo distacco dalpeduncolo. I frutti vengono quindi de-posti in cesti, i quali si devono poi svuo-tare rovesciando delicatamente il conte-nuto nei cassoni.

È importante sottolineare che se sianticipa la raccolta si pregiudicano lecaratteristiche qualitative dei frutti e laloro conservabilità.

La conservazioneÈ possibile conservare i frutti in

frigorifero dopo averli mantenuti a temperatura ambiente per 2-3 giorni

Alla raccolta i frutti di Hayward nonsono pronti per il consumo, necessitanoinfatti di un successivo periodo di matu-razione durante il quale la durezza delfrutto diminuisce gradualmente.

Quando una leggera pressione sulfrutto, esercitata stringendolo tra due di-ta, manifesta l’avvenuta modifica dellasua consistenza, il kiwi è pronto per es-sere consumato. I frutti si possono con-servare in fruttaio o nel frigorifero do-

mestico per ritardarne la maturazione.Ai frutti che si intendono conservare

in frigorifero è consigliabile applicare latecnica del «curing», che consiste nelmantenerli a temperatura ambiente per2-3 giorni. In questo lasso di tempo si ve-rificano, a livello dei tessuti lesionati dal-lo stacco del peduncolo, dei processi cheriducono la sensibilità del kiwi al mar-ciume causato dalla muffa grigia; l’effet-to è facilmente rilevabile a fine conser-vazione per la minore incidenza dei dan-ni dovuti al fungo.

La presenza di etilene (2) nell’aria at-tiva il processo di maturazione del kiwiche diviene rapido e assume una accele-razione tale da risultare poi incontrollabi-le. Per ottenere frutti di qualità al giustogrado di maturazione è conveniente chenel fruttaio siano conservati solo kiwi.

Nelle celle di refrigerazione dei ma-gazzini di stoccaggio i frutti vengonoconservati ad una temperatura compresatra –0,5 e 0,8° C. L’umidità relativa incella frigorifera si deve mantenere intor-no al 92-95% per ridurre il fenomeno didisidratazione dei frutti che si manifestacon il raggrinzimento dell’epidermide.

Durante la conservazione vengonoeseguiti periodici controlli del livello del-l’etilene nell’aria, che deve essere mante-nuto sempre a livelli inferiori a 0,02 ppm(parti per milione); anche concentrazionibasse di etilene sono infatti in grado diagire sui frutti di Hayward avviando ilprocesso di maturazione che non è possi-bile controllare neanche con le basse tem-perature. Pertanto solo il puntuale e tem-pestivo controllo dell’etilene permette diprolungare la conservazione dei frutti.

Per un uso familiare i kiwi possonoessere conservati fino a marzo in fruttaioa condizione che nello stesso ambientenon vengano portati i frutti di altre spe-cie che producono elevate quantità di eti-lene durante la maturazione (ad esempiole mele). ❏

(1) Per eseguire la misurazione del residuosecco rifrattometrico è importante che latemperatura dell’acqua usata per azzerare ilrifrattometro sia a 20° C. Alla stessa tempe-ratura devono essere lo strumento e i fruttida esaminare. In ciascun kiwi si tagliano ledue calotte alla distanza di 1,5 cm rispetti-vamente dalla zona calicina e dall’umbone.Stringendo tra le dita ciascuna delle due ca-lotte si deposita sulla superficie del prismadello strumento una uguale quantità di suc-co (1 o 2 gocce) e si procede alla lettura delvalore di residuo secco rifrattomaterico at-traverso l’oculare dello strumento.

(2) L’etilene è un gas emanato naturalmentedai frutti maturi di diverse specie, come adesempio le mele, in particolare quelle delgruppo Delicious rosse.

La raccolta e la conservazione dei frutti

Dopo la raccolta i frutti si collocano neicassoni rovesciando delicatamente ilcontenuto dei cesti

Il rifrattometro consente di misurare ilresiduo secco rifrattometrico del succoestratto dai frutti per valutare il gradodi maturazione

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Anche il penetrometro fornisce utiliindicazioni per stabilire il momentoin cui effettuare la raccolta