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44 Venerdì 1 Settembre 2017 Corriere della Sera Musicista, compositore e autore di partiture cinematografiche celebri come quelle scritte per Furyo, L’ultimo imperatore e Il tè nel deserto, Ryuichi Sakamoto (Nakano, Giappone, 1952) è stato anche pioniere della fusione tra musica etnica orientale e sonorità occidentale. L’artista è al centro del libro La filosofia di Sakamoto. Il wabi/sabi dei colori proibiti (Mimesis edizioni, pp.64, e 6) di Leonardo Vittorio Arena, che ne ripercorre la formazione e le influenze musicali e racconta — attraverso un’indagine filosofica — la sua musica e la ricca e mutevole personalità dell’artista. Del libro si parla nella nuova puntata, online su corriere.it/lalettura, della web radio dedicata al mondo della letteratura RadioLibri.it. Sul sito anche tutti i podcast precedenti. La filosofia e le note di Sakamoto Il podcast è online Cultura www.corriere.it/lalettura L’indirizzo I lettori possono scriverci all’indirizzo email laLettura @corriere.it La prima estate di Titti La giovinezza con Cesarina Vighy , la scoperta, nella maturità, di un’esordiente di talento Anteprima Torna l’opera prima (Fazi) della scrittrice scomparsa nel 2010. Pubblichiamo la prefazione del critico che le fu amico Q uando ero giovane ho avuto la grande fortuna, e la gioia, di essere amico di Titti, co- me tutti la chiamavamo, e in realtà il nomignolo infantile e dol- ce, svelto, pareva singolarmente adatto sia al corpo esile di lei che alla vivacità e prontezza della sua intelli- genza. Eravamo a Venezia, allora città ricca di commerci, artigianato e cul- tura, non la poltiglia turistica di oggi: e tale, allora, che poteva parere che ogni rapporto umano fosse nello stesso tempo un rapporto con la città affascinante (almeno, era quello che io sentivo). Posso ancora ritrovare a occhi chiusi la sua casa, la casa del simpaticissimo Avvocato socialista suo padre (che lei ha senz’altro scrit- to di aver amato più di qualunque al- tra creatura), di fronte a un campiello stretto e triangolare che poteva sem- brare patrimonio della casa stessa. E beninteso ricordo perfettamente i luoghi che ho frequentato con Titti, come il Teatro universitario dove lei recitava (ma a dir la verità non ho mai capito se si trattasse di vera vocazio- ne, o piuttosto di altro: bisogno d’espressione, fuga dalla borghesia, per esempio). Titti era una donna ricca di spirito, contenuto semmai da una profonda timidezza, ma senza che quel suo spi- rito corrodesse mai gli altri e le rela- zioni con gli altri; anzi era tale da conservare o da regalare a ogni suo rapporto un carattere intimamente «leggero» — e vorrei dire tanto più leggero quanto più quel rapporto era impegnativo. Ed era una donna deli- ziosamente aperta, ma anche, pur- troppo per lei, del tutto scoperta, senza infingimenti, sicché era molto facile ferirla: naturalmente anch’io l’ho fatto, ben fornito di stupidità giovanile. Poi, presto, per ragioni sue, Titti si è trasferita a Roma, dove non ci sia- mo rivisti che una volta sola: lei aveva una febbre forse simbolica, e comun- que credo che entrambi sentissimo l’amarezza di quell’incontro, proba- bilmente l’ultimo. Ma ecco che, consumate del tutto le rispettive giovinezze, e quando io non avevo più notizia alcuna della mia amica, ecco che ho ricevuto que- sto libro, L’ultima estate, e credo che nessuno me ne vorrà se dico che quel dono inatteso ha prodotto su di me un effetto duplice: certo di dolore e stupore triste per la malattia irrever- sibile che l’aveva afferrata; ma anche di felicità — che quel dolore non po- teva distruggere — , la felicità di aver- la così ritrovata, rotto un silenzio di decenni. E qualche mese dopo ho po- tuto leggere il suo secondo — e pur- troppo ultimo — libro, Scendo. Buon proseguimento (che sarà una citazio- ne ironica da Caproni, perché le cita- zioni di ogni tipo e carattere erano una tecnica consumata di Titti). E in questo libro, il solo mezzo di comu- nicazione che le restava, la mail (ad amici, congiunti e soprattutto alla fi- glia) diventa intelligentemente in lei un singolare mezzo stilistico, tra bre- vità, dire e non dire, sottintesi e gioco mentale. A un certo punto dell’Ultima estate viene citata una memorabile senten- za di Chaplin: «La vita vista in primo piano è una tragedia, in campo lungo una commedia». È una sentenza che la dice lunga sul libro stesso che la contiene, che giusta il carattere di chi l’ha scritto e la sua tendenza a guar- dare le tragedie da lontano, predilige appunto, anche di fronte agli avveni- menti più drammatici e per così dire irriducibili (prima di tutte la malattia che l’ha colpita) il campo lungo della commedia, il distacco dell’ironia ecc. E a me è venuto in mente quanto di- ceva splendidamente Schiller, e che riassumo, cioè che la tragedia parte da un punto più importante (il pa- thos), ma la commedia va verso una meta ancora più importante, la sere- nità intellettuale, e se la raggiungesse renderebbe superflua ogni tragedia. Non credo però che l’aforisma chapli- niano si possa o si debba spiegare a senso unico. Da un lato sì la presa di distacco e l’allontanamento nella «commedia», in cui la spiritosa ami- ca era maestra, smorzano il morso della tragedia; ma dall’altro, proprio perché la lascia sullo sfondo e la rela- tivizza, proprio per questo la eviden- zia. L’autrice di questo libro era forni- ta come pochissime altre persone di spirito, e di quel senso del relativo che sta nel ridicolo, ma sarebbe un grosso errore non accorgersi appun- to che qui lo spirito è l’altra faccia del dramma, e anzi è proprio lui a met- terlo maggiormente in rilievo, tanto più quanto meno gli si lascia occupa- re il proscenio. Del resto l’autrice af- fronta senza mezzi termini la sua ma- lattia: «Camminare eretti e parlare, due qualità che hanno fatto della scimmia un uomo: io le sto perdendo entrambe»: qui cosa sta nello sfondo e cosa in primo piano? E un altro, do- ve la malattia «cronica inguaribile» è paragonata a qualcos’altro di altret- tanto cronico e inguaribile, la vec- chiaia (quella specialmente delle donne). A quanto sembra, proprio l’accenno apparentemente ironico al- l’evoluzione e alla vecchiaia è ciò che rende definitiva la diagnosi della ma- lattia personale. Ma al di là di queste diagnosi, la ci- tazione chapliniana, come altre simi- li, ci indica quella che è una vera e propria costante (mentale, stilistica?) dell’Ultima estate, vale a dire il gusto per l’aforisma, specie se questo sia condito — come di regola è — di scherzo e giocosità, e così di brani di canzone, di battute di un comico ecc. Gli aforismi sono un passaggio conti- nuo del libro, ma a patto di presen- tarsi, come avviene un po’ sempre, sbilenchi. E qualcosa del genere vale anche per i titoli, come per esempio Viaggio intorno alla mia camera, pa- rodia di De Maistre ma prima di tutto parodia di se stessa. E senso dell’iro- nia e del gioco, che Titti possedeva con tanta naturalezza e abbondanza, finiscono per produrre un effetto co- stante di smorzatura, anch’essa ad- detta a tener lontano il tragico, o se si vuole a relativizzarlo se non a paro- diarlo. E infine: l’autrice così intelligente ha composto con questa (e, s’inten- de, anche con la successiva) non solo un’opera altrettanto intelligente, che ci impegna a fondo nella lettura e nella comprensione, ma anche un’opera squisitamente e a volte pro- vocatoriamente femminile. E io mi chiedo allora se, oltre ad avere ammi- rate queste pagine così singolari, le ho anche veramente comprese. O questa forcella sarebbe per caso pre- vista dall’autrice stessa, come contri- buto alla loro ambiguità e, per tanti aspetti, alla loro eccezionalità? © RIPRODUZIONE RISERVATA di Pier Vincenzo Mengaldo Cesarina Vighy in un’immagine dei primi anni Settanta tratta da L’ultima estate e altri scritti (Fazi) In libreria Il romanzo con cui Cesarina Vighy esordì a 72 anni, già gravemente malata di Sla, esce il 6 settembre da Fazi in un’edizione rinnovata, arricchita di poesie e testi inediti L’ultima estate e altri scritti (pp. 300, e 18,50) è accompagnato dalla nota del critico Pier Vincenzo Mengaldo che anticipiamo in questa pagina Il libro di Cesarina Vighy vinse il premio Campiello opera prima nel 2009, il Premio Cesare De Lollis ed entrò nella cinquina allo Strega nello stesso anno. Il romanzo ebbe un grande successo di pubblico e venne tradotto anche all’estero Cesarina Vighy, nata a Venezia nel 1936 ma romana d’adozione, è morta a Roma il primo maggio 2010, due giorni dopo la pubblicazione di Scendo. Buon proseguimento, un addio in forma epistolare (Fazi). Alcuni brani sono contenuti nella nuova edizione dell’Ultima estate Il caso Autobiografia senza retorica e poesie per i medici: il dolore affrontato con ironia L’ esordio, a 72 anni, è stato tardivo, quando la malattia era già avanzata, ma la voce di Cesarina Vighy è stata subito chiara, tagliente, mai retorica. «Camminare eretti e parlare, due facoltà che hanno fatto della scimmia un uomo: io le sto perdendo entrambe. Restano l’inutile pollice sovrapponibile e l’insopportabile coscienza di me» scrive nelle prime pagine de L’ultima estate. Quando uscì nel 2009, il libro, scoperto dall’editore Elido Fazi, fu un piccolo terremoto nel mondo culturale. Era stata la malattia a spingere Titti a scrivere e ad affrontare il giudizio altrui, «libera ormai dall’ossessione del successo», lei che i libri li aveva amati e curati anche quando lavorava alla Biblioteca di storia moderna e contemporanea di Roma. L’ultima estate affida la narrazione a Z., che vive dentro il suo studiolo con la gatta Tonda e guarda dalla finestra il pezzetto di mondo che le spetta. Z. rievoca, mescolando tempi e piani narrativi, la sua vita (cioè quella di Titti): l’adolescenza e la giovinezza a Venezia, la maturità a Roma, luogo delle passioni (i libri, il teatro) e delle battaglie civili di uno spirito libero e laico. La nuova edizione del libro contiene alcune poesie inedite, basti citare, per capirne lo spirito, quella intitolata Per il dottor P.: «Dottore in sillogismi, tu che induci/ a mendicare un altro po’ di vita/ Socrate è un uomo non vorrà mai dire/ che filosofi sono tutti gli altri». (cristina taglietti) © RIPRODUZIONE RISERVATA Maestro Pier Vincenzo Mengaldo è professore emerito di Storia della lingua italiana all’Università di Padova Da COSA PENSANO LE RAGAZZE a Einaudi festeggia Concita De Gregorio GIULIO EINAUDI EDITORE Domani, 2 settembre, alla 74. Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia il film di Concita De Gregorio e Esmeralda Calabria

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44 Venerdì 1 Settembre 2017 Corriere della Sera

Musicista, compositore e autore dipartiture cinematografiche celebri comequelle scritte per Furyo, L’ultimoimperatore e Il tè nel deserto, RyuichiSakamoto (Nakano, Giappone, 1952) èstato anche pioniere della fusione tramusica etnica orientale e sonoritàoccidentale. L’artista è al centro del libroLa filosofia di Sakamoto. Il wabi/sabi deicolori proibiti (Mimesis edizioni, pp.64,

e 6) di Leonardo Vittorio Arena, che neripercorre la formazione e le influenzemusicali e racconta — attraversoun’indagine filosofica — la sua musica ela ricca e mutevole personalitàdell’artista. Del libro si parla nella nuovapuntata, online su corriere.it/lalettura,della web radio dedicata al mondo dellaletteratura RadioLibri.it. Sul sito anchetutti i podcast precedenti.

La filosofia e le notedi SakamotoIl podcast è online

Culturawww.corriere.it/lalettura

L’indirizzoI lettoripossonoscriverciall’indirizzoemail [email protected]

La prima estate di TittiLagiovinezza conCesarinaVighy, la scoperta, nellamaturità, di un’esordiente di talento

AnteprimaTorna l’opera prima (Fazi) della scrittrice scomparsa nel 2010. Pubblichiamo la prefazione del critico che le fu amico

Q uando ero giovane ho avutola grande fortuna, e la gioia,di essere amico di Titti, co-me tutti la chiamavamo, e

in realtà il nomignolo infantile e dol-ce, svelto, pareva singolarmenteadatto sia al corpo esile di lei che allavivacità e prontezza della sua intelli-genza. Eravamo a Venezia, allora cittàricca di commerci, artigianato e cul-tura, non la poltiglia turistica di oggi:e tale, allora, che poteva parere cheogni rapporto umano fosse nellostesso tempo un rapporto con la cittàaffascinante (almeno, era quello cheio sentivo). Posso ancora ritrovare aocchi chiusi la sua casa, la casa delsimpaticissimo Avvocato socialistasuo padre (che lei ha senz’altro scrit-to di aver amato più di qualunque al-tra creatura), di fronte a un campiellostretto e triangolare che poteva sem-brare patrimonio della casa stessa. Ebeninteso ricordo perfettamente iluoghi che ho frequentato con Titti,come il Teatro universitario dove leirecitava (ma a dir la verità non homaicapito se si trattasse di vera vocazio-ne, o piuttosto di altro: bisognod’espressione, fuga dalla borghesia,per esempio).Titti era una donna ricca di spirito,

contenuto semmai da una profondatimidezza,ma senza che quel suo spi-

rito corrodesse mai gli altri e le rela-zioni con gli altri; anzi era tale daconservare o da regalare a ogni suorapporto un carattere intimamente«leggero» — e vorrei dire tanto piùleggero quanto più quel rapporto eraimpegnativo. Ed era una donna deli-ziosamente aperta, ma anche, pur-troppo per lei, del tutto scoperta,senza infingimenti, sicché era moltofacile ferirla: naturalmente anch’iol’ho fatto, ben fornito di stupiditàgiovanile.Poi, presto, per ragioni sue, Titti si

è trasferita a Roma, dove non ci sia-mo rivisti che una volta sola: lei avevauna febbre forse simbolica, e comun-que credo che entrambi sentissimol’amarezza di quell’incontro, proba-bilmente l’ultimo.Ma ecco che, consumate del tutto

le rispettive giovinezze, e quando ionon avevo più notizia alcuna dellamia amica, ecco che ho ricevuto que-sto libro, L’ultima estate, e credo chenessunome ne vorrà se dico che queldono inatteso ha prodotto su di meun effetto duplice: certo di dolore estupore triste per la malattia irrever-sibile che l’aveva afferrata; ma anchedi felicità — che quel dolore non po-teva distruggere— , la felicità di aver-la così ritrovata, rotto un silenzio didecenni. E qualchemese dopo ho po-tuto leggere il suo secondo — e pur-troppo ultimo— libro, Scendo. Buonproseguimento (che sarà una citazio-ne ironica da Caproni, perché le cita-zioni di ogni tipo e carattere eranouna tecnica consumata di Titti). E inquesto libro, il solo mezzo di comu-nicazione che le restava, la mail (ad

amici, congiunti e soprattutto alla fi-glia) diventa intelligentemente in leiun singolare mezzo stilistico, tra bre-vità, dire e non dire, sottintesi e giocomentale.A un certo punto dell’Ultima estate

viene citata una memorabile senten-za di Chaplin: «La vita vista in primopiano è una tragedia, in campo lungouna commedia». È una sentenza chela dice lunga sul libro stesso che lacontiene, che giusta il carattere di chil’ha scritto e la sua tendenza a guar-dare le tragedie da lontano, prediligeappunto, anche di fronte agli avveni-menti più drammatici e per così direirriducibili (prima di tutte la malattiache l’ha colpita) il campo lungo dellacommedia, il distacco dell’ironia ecc.E a me è venuto in mente quanto di-ceva splendidamente Schiller, e cheriassumo, cioè che la tragedia parteda un punto più importante (il pa-thos), ma la commedia va verso unameta ancora più importante, la sere-nità intellettuale, e se la raggiungesserenderebbe superflua ogni tragedia.Non credoperò che l’aforisma chapli-niano si possa o si debba spiegare asenso unico. Da un lato sì la presa didistacco e l’allontanamento nella«commedia», in cui la spiritosa ami-ca era maestra, smorzano il morsodella tragedia; ma dall’altro, proprioperché la lascia sullo sfondo e la rela-tivizza, proprio per questo la eviden-zia. L’autrice di questo libro era forni-ta come pochissime altre persone dispirito, e di quel senso del relativoche sta nel ridicolo, ma sarebbe ungrosso errore non accorgersi appun-to che qui lo spirito è l’altra faccia del

dramma, e anzi è proprio lui a met-terlo maggiormente in rilievo, tantopiù quantomeno gli si lascia occupa-re il proscenio. Del resto l’autrice af-fronta senzamezzi termini la suama-lattia: «Camminare eretti e parlare,due qualità che hanno fatto dellascimmia un uomo: io le sto perdendoentrambe»: qui cosa sta nello sfondoe cosa in primo piano? E un altro, do-ve la malattia «cronica inguaribile» èparagonata a qualcos’altro di altret-tanto cronico e inguaribile, la vec-chiaia (quella specialmente delledonne). A quanto sembra, propriol’accenno apparentemente ironico al-l’evoluzione e alla vecchiaia è ciò cherende definitiva la diagnosi della ma-lattia personale.Ma al di là di queste diagnosi, la ci-

tazione chapliniana, come altre simi-li, ci indica quella che è una vera epropria costante (mentale, stilistica?)dell’Ultima estate, vale a dire il gustoper l’aforisma, specie se questo siacondito — come di regola è — discherzo e giocosità, e così di brani dicanzone, di battute di un comico ecc.Gli aforismi sono un passaggio conti-nuo del libro, ma a patto di presen-tarsi, come avviene un po’ sempre,sbilenchi. E qualcosa del genere valeanche per i titoli, come per esempioViaggio intorno alla mia camera, pa-rodia di DeMaistre ma prima di tuttoparodia di se stessa. E senso dell’iro-nia e del gioco, che Titti possedevacon tanta naturalezza e abbondanza,finiscono per produrre un effetto co-stante di smorzatura, anch’essa ad-detta a tener lontano il tragico, o se sivuole a relativizzarlo se non a paro-diarlo.E infine: l’autrice così intelligente

ha composto con questa (e, s’inten-de, anche con la successiva) non soloun’opera altrettanto intelligente, checi impegna a fondo nella lettura enella comprensione, ma ancheun’opera squisitamente e a volte pro-vocatoriamente femminile. E io michiedo allora se, oltre ad avere ammi-rate queste pagine così singolari, leho anche veramente comprese. Oquesta forcella sarebbe per caso pre-vista dall’autrice stessa, come contri-buto alla loro ambiguità e, per tantiaspetti, alla loro eccezionalità?

© RIPRODUZIONE RISERVATA

di Pier Vincenzo Mengaldo

Cesarina Vighy in un’immagine dei primi anni Settanta tratta da L’ultima estate e altri scritti (Fazi)

In libreria

● Il romanzo con cuiCesarina Vighy esordì a 72anni, già gravementemalata di Sla, esce il 6settembre da Fazi inun’edizione rinnovata,arricchita di poesie e testiinediti

● L’ultima estate e altriscritti (pp. 300,e 18,50)è accompagnato dalla notadel critico Pier VincenzoMengaldo che anticipiamoin questa pagina

● Il libro di Cesarina Vighyvinse il premio Campielloopera prima nel 2009, il

Premio Cesare De Lollis edentrò nella cinquina alloStrega nello stesso anno.Il romanzo ebbe un grandesuccesso di pubblico evenne tradotto ancheall’estero

● Cesarina Vighy, nata aVenezia nel 1936 maromana d’adozione,è morta a Roma il primomaggio 2010, due giornidopo la pubblicazione diScendo. Buonproseguimento, un addio informa epistolare (Fazi).Alcuni brani sonocontenuti nella nuovaedizione dell’Ultima estate

Il caso

Autobiografia senza retoricae poesie per i medici:il dolore affrontato con ironia

L’ esordio, a 72 anni, è stato tardivo, quandola malattia era già avanzata, ma la voce diCesarina Vighy è stata subito chiara,

tagliente, mai retorica. «Camminare eretti eparlare, due facoltà che hanno fatto dellascimmia un uomo: io le sto perdendo entrambe.Restano l’inutile pollice sovrapponibile el’insopportabile coscienza di me» scrive nelleprime pagine de L’ultima estate. Quando uscìnel 2009, il libro, scoperto dall’editore Elido Fazi,fu un piccolo terremoto nel mondo culturale.Era stata la malattia a spingere Titti a scrivere ead affrontare il giudizio altrui, «libera ormaidall’ossessione del successo», lei che i libri liaveva amati e curati anche quando lavorava allaBiblioteca di storia moderna e contemporaneadi Roma. L’ultima estate affida la narrazione aZ., che vive dentro il suo studiolo con la gattaTonda e guarda dalla finestra il pezzetto dimondo che le spetta. Z. rievoca, mescolandotempi e piani narrativi, la sua vita (cioè quella diTitti): l’adolescenza e la giovinezza a Venezia, lamaturità a Roma, luogo delle passioni (i libri, ilteatro) e delle battaglie civili di uno spiritolibero e laico. La nuova edizione del librocontiene alcune poesie inedite, basti citare, percapirne lo spirito, quella intitolata Per il dottorP.: «Dottore in sillogismi, tu che induci/ amendicare un altro po’ di vita/ Socrate è unuomo non vorrà mai dire/ che filosofi sono tuttigli altri». (cristina taglietti)

© RIPRODUZIONE RISERVATA

MaestroPier VincenzoMengaldo è professoreemerito di Storiadella lingua italianaall’Università di Padova

DaCOSA PENSANO LE RAGAZZE

a

Einaudi festeggiaConcita De Gregorio

GIULIO EINAUDI EDITORE

Domani, 2 settembre,alla 74. Mostra Internazionale

d’Arte Cinematografica di Veneziail film di

Concita De Gregorio e Esmeralda Calabria