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L’EDITORIALE di Céline e Paolo Albert CAMPI ESTIVI E OLTRE PACE E GUERRA Il 40º anniversario della “Pacem in Terris” è stato sovrastato dal fragore delle armi di una guerra “preventiva”. Ma l’alternativa alla pace è solo terra bruciata. 43 GRUPPI FAMIGLIA COLLEGAMENTO TRIMESTRALE DI INFORMAZIONE E FORMAZIONE Continua a pag. 2 LE RELAZIONI TRA GENERAZIONI. Siamo di fronte ad una trasformazione profonda, segnata dalla provvisorietà. DOSSIER SEPARATI: DA CHI? Non c’è nessuno così stupido da essere contento di separarsi. Attualità Se la famiglia è l’esperienza più impor- tante della nostra vita, abbiamo un grande e costante bisogno di incorag- giamento e conferma su questo cam- mino. Nella normale caoticità della vita di tutti i giorni rischiamo proprio di perdere le motivazioni profonde, uma- ne e cristiane che ci fanno famiglia viva. E siccome molte famiglie stanno già pensando alle ferie, come Gruppi Fa- miglia torniamo a proporvi di dedica- re una settimana ad un cammino di ri- messa a fuoco del vostro essere famiglia nel mondo d’oggi, di ripresa di contatto tra la Parola e la vostra vita concreta. Decidere di andare ad un Campo Fa- miglia richiede il coraggio di una scelta fuori dal coro, né ovvia né naturale per chi è abituato a pianificare le ferie al mare o altrove. Ma è una scelta che costruisce la famiglia, genitori e figli assieme, regala una grande gioia, ci fa sentire in comunione con altre fami- glie per darci forza nell’affrontare i problemi della vita. L’esperienza dei Campi Famiglia esti- vi dovrebbe essere la logica conse- guenza del cammino che si fa nelle “scuole”, perché consente di sperimen- tare in concreto come essere, condur- re e vivere un G.F. ✽ ✽ ✽ Sembra incredibile ma sono ormai pas- sati cinque anni da quando ci avete scelto come coppia responsabile nazio- nale, così il prossimo settembre la Se- greteria Nazionale sarà un incontro molto speciale, ma anche, speriamo, motivo di nuovo impegno per i G.F. Di Mario Costantino In questa prima parte dell’anno il fra- gore delle armi è tornato a farsi assor- dante. Guerre dal grande sfoggio mediatico, con i giornalisti dotati degli ultimi mar- chingegni satellitari al seguito delle trup- pe... E guerre dimenticate di cui non importa niente a nessuno, dove non ci sono telecamere e dove non c’è di mezzo il petrolio. Uno scenario tragico e amaro per la fa- miglia umana. Caduti gli ultimi baluar- di di un già fragile diritto internaziona- le restano a fronteggiarsi le imprevedi- bili schegge di un terrorismo fanatico/ disperato e la formidabile macchina da guerra di un grande impero. Una sola legge: quella del più forte, che ha piena facoltà non solo di difendersi, ma anche di individuare e attaccare “preventivamente” l’avversario per con- vincerlo, a suon di bombe intelligenti, ad adottare “il sistema democratico”. Nulla di particolarmente nuovo sotto il sole: “se vuoi la pace, prepara la guer- ra”, dicevano già gli antichi Romani. Nei mesi scorsi – segno di contraddi- zione – ricorreva il 40° anniversario della Pacem in Terris, l’enciclica di Papa Giovanni XXIII, uno dei tesori più pre- ziosi del Concilio Vaticano II. “I contrasti – vi si legge - vanno supe- rati e le controversie risolte, non con il ricorso alla forza, con la frode o con l’inganno, ma, come si addice agli es- sere umani, con la reciproca compren- sione, attraverso valutazioni serenamen- te obiettive e l’equa composizione”. Si tratta di fantasie superate dagli even- ti? “Pacifismo buonista” da archiviare definitivamente? C’è una linea costante del magistero pontificio dell’ultimo secolo nel rifiuto della guerra come strumento di soluzio- ne delle controversie tra popoli: parole alte, profetiche e purtroppo inascoltate che hanno preceduto i grandi disastri del Novecento. Il confine tra Ragione e barbarie passa di qui. “La pace – citando ancora la Pacem in Terris – è un obiettivo reclamato dalla ragione. È evidente, o almeno dovreb- be esserlo per tutti, che i rapporti tra le comunità politiche, come quelli fra sin- goli essere umani, vanno regolati non facendo ricorso alla forza delle armi, ma nella luce della ragione; cioè nella verità, nella giustizia, nella solidarietà operante”. Giovanni Paolo II si è spinto ancora avanti su questo percorso. Lucidamente e laicamente ha sottoline- ato a chiare lettere un concetto: non tirate in ballo Dio per giustificare le vostre guerre! Non cercate una sponda nella religione! Continua a pag. 2

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L’EDITORIALE

di Céline e Paolo Albert

CAMPI ESTIVIE OLTRE

PACE E GUERRAIl 40º anniversario della “Pacem in Terris” è stato sovrastatodal fragore delle armi di una guerra “preventiva”.Ma l’alternativa alla pace è solo terra bruciata.

43

GRUPPI FAMIGLIACOLLEGAMENTO

TRIMESTRALE DI INFORMAZIONE E FORMAZIONE

Continua a pag. 2

LE RELAZIONITRA GENERAZIONI.Siamo di frontead unatrasformazioneprofonda, segnatadalla provvisorietà.

DOSSIERSEPARATI:DA CHI?

Non c’è nessunocosì stupidoda essere contentodi separarsi.

Attualità

Se la famiglia è l’esperienza più impor-tante della nostra vita, abbiamo ungrande e costante bisogno di incorag-giamento e conferma su questo cam-mino. Nella normale caoticità della vitadi tutti i giorni rischiamo proprio diperdere le motivazioni profonde, uma-ne e cristiane che ci fanno famigliaviva.E siccome molte famiglie stanno giàpensando alle ferie, come Gruppi Fa-miglia torniamo a proporvi di dedica-re una settimana ad un cammino di ri-messa a fuoco del vostro esserefamiglia nel mondo d’oggi, di ripresadi contatto tra la Parola e la vostra vitaconcreta.Decidere di andare ad un Campo Fa-miglia richiede il coraggio di una sceltafuori dal coro, né ovvia né naturale perchi è abituato a pianificare le ferie almare o altrove. Ma è una scelta checostruisce la famiglia, genitori e figliassieme, regala una grande gioia, cifa sentire in comunione con altre fami-glie per darci forza nell’affrontare iproblemi della vita.L’esperienza dei Campi Famiglia esti-vi dovrebbe essere la logica conse-guenza del cammino che si fa nelle“scuole”, perché consente di sperimen-tare in concreto come essere, condur-re e vivere un G.F.

✽ ✽ ✽

Sembra incredibile ma sono ormai pas-sati cinque anni da quando ci avetescelto come coppia responsabile nazio-nale, così il prossimo settembre la Se-greteria Nazionale sarà un incontromolto speciale, ma anche, speriamo,motivo di nuovo impegno per i G.F.

Di Mario CostantinoIn questa prima parte dell’anno il fra-gore delle armi è tornato a farsi assor-dante.Guerre dal grande sfoggio mediatico,con i giornalisti dotati degli ultimi mar-chingegni satellitari al seguito delle trup-pe... E guerre dimenticate di cui nonimporta niente a nessuno, dove non cisono telecamere e dove non c’è dimezzo il petrolio.Uno scenario tragico e amaro per la fa-miglia umana. Caduti gli ultimi baluar-di di un già fragile diritto internaziona-le restano a fronteggiarsi le imprevedi-bili schegge di un terrorismo fanatico/disperato e la formidabile macchina daguerra di un grande impero.Una sola legge: quella del più forte, cheha piena facoltà non solo di difendersi,ma anche di individuare e attaccare“preventivamente” l’avversario per con-vincerlo, a suon di bombe intelligenti, adadottare “il sistema democratico”.Nulla di particolarmente nuovo sotto ilsole: “se vuoi la pace, prepara la guer-ra”, dicevano già gli antichi Romani.Nei mesi scorsi – segno di contraddi-zione – ricorreva il 40° anniversariodella Pacem in Terris, l’enciclica di PapaGiovanni XXIII, uno dei tesori più pre-ziosi del Concilio Vaticano II. “I contrasti – vi si legge - vanno supe-rati e le controversie risolte, non con il

ricorso alla forza, con la frode o conl’inganno, ma, come si addice agli es-sere umani, con la reciproca compren-sione, attraverso valutazioni serenamen-te obiettive e l’equa composizione”.Si tratta di fantasie superate dagli even-ti? “Pacifismo buonista” da archiviaredefinitivamente?C’è una linea costante del magisteropontificio dell’ultimo secolo nel rifiutodella guerra come strumento di soluzio-ne delle controversie tra popoli: parolealte, profetiche e purtroppo inascoltateche hanno preceduto i grandi disastridel Novecento. Il confine tra Ragione ebarbarie passa di qui.“La pace – citando ancora la Pacem inTerris – è un obiettivo reclamato dallaragione. È evidente, o almeno dovreb-be esserlo per tutti, che i rapporti tra lecomunità politiche, come quelli fra sin-goli essere umani, vanno regolati nonfacendo ricorso alla forza delle armi,ma nella luce della ragione; cioè nellaverità, nella giustizia, nella solidarietàoperante”.Giovanni Paolo II si è spinto ancoraavanti su questo percorso.Lucidamente e laicamente ha sottoline-ato a chiare lettere un concetto: nontirate in ballo Dio per giustificare levostre guerre! Non cercate una spondanella religione!

Continua a pag. 2

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GRUPPI FAMIGLIA giugno 20032

NOI, GENITORI DI FIGLI ORMAI GRANDIUn proverbio popolare dice; figli piccoli, fastidi piccoli,figli grandi, fastidi grandi…Perché è così difficile il dialogo tra generazioni?

segue da pag. 1

CAMPI ESTIVI E OLTRE

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eto.

Assieme eleggeremo una nuova coppiaresponsabile che dovrebbe essere affian-cata da 4 - 6 coppie per formare un miniesecutivo per un collegamento ed unapromozione migliore dei G.F. locali.Sentiamo forte l’esigenza di un migliorscambio, di un collegamento più forteperché esperienze ed idee circolino conpiù efficacia tra gruppi e regioni. Nuo-ve famiglie più giovani devono trovarespazio per esprimere il loro potenziale dicollaborazione a livello di collegamentoregionale e nazionale.La nuova coppia responsabile deve es-sere scelta in un incontro in cui sianopresenti tutti i rappresentanti dei G.F.locali. Ci aspettiamo uno sforzo di pre-senza che confermi in modo visibile ilnostro impegno per un miglior prosegui-mento della nostra esperienza.Nei G.F. locali ci sembra che i metodi diincontro, le tematiche che proponiamo,lo stile sanamente laico che ci è caratte-ristico, trovino una buona rispondenzaed efficacia. Tutto ciò è frutto di un’espe-rienza cui tutti avete contribuito. Ma sipone anche la necessità di aggiornare,rinnovare i contenuti sia per rispondereai problemi emergenti nella società, siaper rendere più presenti nei nostri incon-tri i temi che la Chiesa italiana ci staproponendo con grande ricchezza, affin-ché possiamo essere famiglie vive, sem-pre più coscienti della vocazione che ab-biamo scelto.

C. & P. A.

Dio è misericordia e amore: è lo spiritodi dialogo che questo Papa da decenniricerca negli incontri con i rappresen-tanti delle altre religioni.Se gli appelli del pontefice non sonovalsi a fermare il conflitto in Iraq hannoperò contribuito ad allontanare dal-l’umanità il disastro ancora peggiore diuna guerra tra Islam e Cristianesimo.Dal cammino indicato da questo vecchioe coraggioso messaggero della BuonaNovella bisognerà ripartire. L’alternati-va è terra bruciata.

M. C.

segue da pag. 1

PACE E GUERRA

Confessiamolo! Non riusciamo più a ca-pire i nostri figli, i perché delle loro scel-te e ci chiediamo: dove abbiamo sba-gliato?Le loro scelte non sono le nostre, il loromodo di affrontare la vita, dalle cose piùpiccole (tenere in ordine la camera, ri-farsi il letto) alle più grandi (come con-cepire la vita, il lavoro, il matrimonio)non è il nostro.Senza toccare aspetti importanti ma chesembrano ormai ampiamente superati(metodi contraccettivi, rapporti prematri-moniali), è il loro modo di vedere e vi-vere il rapporto affettivo che ci disorien-ta: si sposano, forse, solo dopo un pe-riodo più o meno lungo di convivenza;il matrimonio, come noi lo abbiamosempre concepito, è sovente all’ultimoposto tra i loro progetti.

AVVISO IMPORTANTE:Questo numero NON viene inviato atutti coloro che ricevono il trimestralecome OMAGGIO e hanno il Codicedi Avviamento Postale (CAP) compre-so tra 28010 e 98123.Il prossimo numero di settembre NONsarà inviato a tutti coloro che ricevo-no il trimestrale come OMAGGIO ehanno il CAP compreso tra 00010 e28000.Se volete ricevere tutti i numeri

ABBONATEVI!Il C.C.P. per l’abbonamento è allega-to e l’importo è di 10 E.

Lo studio sembra qualcosa cui dedicareritagli di tempo, non l’impegno princi-pale, i voti riportati un accidente, nonun obiettivo che apre al futuro; il lavo-ro qualcosa di fondamentale ma solo infunzione dell’emancipazione, dell’indi-pendenza economica, dell’autonomia.Per non parlare di coloro che si trova-no così bene con mamma e papà chenon se ne vanno più via di casa e pro-lungano negli anni il “fidanzamento”,rimandando all’infinito un improbabilematrimonio.È un semplice problema generazionaleo c’è qualcosa di più?

Ci sembra utile aprire allora un dibat-tito, un confronto, per aiutarci tutti in-sieme a capire, per ritrovare la radicedei valori in cui crediamo, per orienta-re le coppie che hanno ancora i figlipiccoli su strade diverse dalla nostra.In questo confronto crediamo sia indi-spensabile anche il contributo delle cop-pie giovani, che ci raccontino il perchédelle loro scelte e di quelle dei loroamici e colleghi, dei giovani che ci aiu-tano come animatori nelle nostre attivi-tà, di coloro che hanno seguito e sonoattivi nell’ambito del progetto Mentore,di tutti gli adulti, singoli o coppie, chesi occupano di giovani.Già con questo numero iniziamo aparlarne, troverete alcuni spunti da pag.7 a pag. 9, ma è solo un inizio: ci serveil vostro contributo.

Noris e Franco Rosada

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GRUPPI FAMIGLIA giugno 2003 3

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2002

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Nostra intervista a Luca Tosoni, responsabile con la mogliedella pastorale familiare della diocesi di Fermo - Urbino

LA CRISI DI COPPIA:FALLIMENTO O RISORSA?Un itinerario di riflessione per una realtà in movimento

Parlare di “crisi di coppia”, significa en-trare in contesti differenziati, attraversa-re una molteplicità di situazioni che sipresentano molto diverse tra loro. Difatto le crisi, a volte, diventano irrever-sibili e sfociano in veri e propri “falli-menti” coniugali. Questi ultimi stannocoinvolgendo ormai credenti e non cre-denti, coppie di ogni età, anche quelleche si ritenevano solide e ben attrezza-te contro ogni difficoltà e non solo quelle“a rischio” per mancanza di maturità.Ma al di là delle situazioni “eclatanti”,si evidenzia un “disagio sommerso”,un’incapacità della coppia nel gestirequesti momenti e nel farsi aiutare quan-do nessuno dei due riesce a guardarecon lucidità il proprio rapporto.

Che cosa intendiamo con il terminecrisi?Leggevo che i cinesi esprimono il con-cetto di crisi con un ideogramma: nellaparte superiore si legge pericolo, nellaparte inferiore opportunità. Esso, dun-que, si presenta come un momento ca-rico di rischio, ma può divenire “risor-sa” quando fa spazio alla riflessione,alla revisione, al ripensamento dellapropria vita coniugale, ci si interroga sulpassato e si ricerca una nuova stradaper il futuro. La stessa radice etimologi-ca ci conferma questo. La parola crisideriva dal verbo “krinein” che vuol dire:“giudicare”, cioè “mettersi in discussio-ne, rivedere, ripensarsi”. La crisi, quin-di, non ha solo il marchio della nega-tività, ma è la rottura di un vecchio equi-librio, mentre ancora non ce n’è unonuovo. Possiamo dire, in questo senso,che la vita coniugale è costellata dimutamenti: prima si è in due, poi arri-va un figlio, o più figli, con le loro di-versità, che crescono e diventano ado-lescenti, si assiste ad una crescita per-sonale e di coppia, si vive la tappa dellavecchiaia, ecc.Ogni momento costituisce un passaggio,un momento di cambiamento, che ènecessario affrontare stando uniti, manello stesso tempo con flessibilità.

Quali sono i problemi che si evidenzia-no nella nostra società e che coinvol-

gono in modo diretto il rapporto dicoppia?Di certo il contesto sociale non aiuta lecoppie a leggere e vivere in modo di-verso le proprie crisi. Vorrei sottolinea-re tre atteggiamenti non esaustivi, maindicativi di quanto ho affermato prece-dentemente. L’opinione più diffusa nel-la nostra società è che la separazionediventa la soluzione migliore quando lacoppia non va più d’accordo e che inalcuni casi è meglio anche per i figli,perché evita a quest’ultimi l’esperienzadella conflittualità aperta tra i genitori.Un altro elemento che s’inserisce inquesto discorso è che si entra in unrapporto con alte aspettative personalidi autorealizzazione e, a volte, si è pocodisposti a vivere la reciprocità, la soli-darietà, la comprensione e la donazio-ne. Il rischio, dunque, è quello di vede-re tutto questo come un obbligo, comeun dovere, si rivendica una propria li-bertà di agire, ci si sente stretti in unrapporto che sembra soffocarci: “Nonho più spazio per le mie cose, per fareciò che mi piace e diverte”. C’è un ter-zo elemento che deve divenire oggettodella nostra riflessione. Il contesto attualeha modificato sostanzialmente i valoriculturali di riferimento, in special modola posizione della donna. Essa si trovanon solo a gestire la casa, ma è chia-mata molto spesso ad occupare un ruo-

lo extra-domestico, con un evidente so-vraccarico di compiti e di fatica fisica epsichica.Questo comporta un “ripensamento” deiruoli familiari. Si tratta di riconoscereconcretamente la pari dignità delle per-sone, pur nelle inevitabili differenze digenere, non con una rigida divisione deiruoli ma essendo più flessibili e dispostia farsi carico degli oneri familiari.

Di fronte a questo quadro appenaabbozzato, cosa si può fare per dimi-nuire ragionevolmente le occasioni diconflitto?È importante che la coppia ritrovi lospazio per dialogare. Ho l’impressioneche a volte è un parlare fra sordi, ognu-no è più attento ai suoi pensieri e allesue ragioni che a far spazio alle emo-zioni e alle richieste dell’altro. Di con-seguenza, quanto più si ritiene che ilproprio modo di pensare, le proprie re-gole siano sempre assolutamente inamo-vibili e non si è disposti alla flessibilità,alla discussione, a modificare le propriaopinione, tanto più c’è la possibilità cheemerga il conflitto e la contrapposizio-ne. Il cammino da percorrere ha biso-gno di due persone che nella loro uni-cità irrepetibile e misteriosa, nella loroautonomia, siano disposte a cammina-re insieme, a percorrere strade, a rimet-tersi in gioco continuamente, ma anchea farsi aiutare nei momenti di maggio-re tensione o difficoltà. La comunioneconiugale è chiamata a realizzarsi inuna dimensione dinamica, in una cre-scita comune, che può aver luogo solonel fluire del tempo e che quindi com-porta pazienza e spirito di servizio.

Luca Tosoni

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GRUPPI FAMIGLIA giugno 20034

AVVOCATO, NON CE LA FACCIO PIÙ!MI DEVO ASSOLUTAMENTE SEPARARE!Nel mio lavoro non ho mai incontrato nessuno così stupidoda essere contento di separarsi.

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Se il 30% delle cause di sepa-razione è dovuto a profonde egravi motivazioni, quali grandidevianze, patologie mentali,tossicodipendenza, abuso disostante alcoliche, maltratta-menti in famiglia, abusi sessua-li, ecc. la percentuale restante,dal mio osservatorio di avvoca-to familiarista, è costituita dapersone che scoprono di vive-re con un compagno con cuinon si comprendono più, o chenon amano più, ovvero da

persone che scoprono nuoviamori, mentre altre sono sem-plicemente incapaci di ade-guarsi ai fisiologici mutamenticonseguenti alla vita di coppia,o vivono, nei confronti del loromatrimonio, una grande insod-disfazione, una grande delusio-ne rispetto alle aspettative; al-tri ancora accettano, per annie solo per amore dei figli, unavita di tradimenti e disattenzio-ni, altri ancora sopportano divenire denigrate e svalutate nel

proprio ruolo di madre e dimoglie fino a giungere a livellidi profonda depressione.Per tutti contrarre matrimonioha comunque rappresentato unimportante investimento affetti-vo e di vita che si pensava po-tesse durare per sempre: l’ideadi separarsi, di andare via, dievadere, per quanto difficile edoloroso, sembra essere l’uni-co sbocco ad una quotidianitàaltrimenti insopportabile.

SERVE RISPETTOE COMPETENZAC’è un argomento, che so con-diviso da molti miei colleghi,che riguarda l’etica della nostraprofessione di avvocati familia-risti, chiamati quindi ad occu-parci della vita dei nostri clien-ti, degli aspetti più intimi edelicati della loro esistenza edelle persone che le circonda-no: la fine di un amore meritarispetto, attenzione e competen-za. Per questi motivi, gli avvo-cati devono essere particolar-mente attenti agli interessi mo-rali e materiali di coloro che siaffidano a loro e che, per af-frontare consapevolmente unavicenda che cambierà non solola vita di quelli, ma anche quel-la dei loro cari, devono anzi-tutto ben conoscere i loro dirit-ti (tra le più frequenti doman-de è “cosa mi spetta?”) maanche i loro doveri e le lororesponsabilità, riflettendo eponderando bene le ricaduteche le decisioni prese avrannosui figli.

NESSUNO È FELICEIo non ho mai incontrato nes-suno così stupido da esserefelice di separarsi. Vedo inve-ce persone molto sofferenti, esono poche quelli che affronta-no la vicenda separativa inmodo disteso e risoluto, comead esempio quelli che hannogià un altro partner.

I giovani, prima del matrimo-nio, sono in piena fase di in-namoramento e qualsiasi pro-posta o riflessione che possamettere in gioco le loro scelterischia di non essere accolta.Così la maggior parte di co-loro che si sposano partecipa-no ai corsi di preparazioneperché vi sono obbligati e livivono come una forma diproselitismo; d’altra parte pro-babilmente è solo la Chiesache fa questa proposta forma-tiva. Ma questo è un bene?Non sarebbe meglio che que-sti corsi fossero organizzati eproposti anche dall’area lai-ca? La realtà coniugale nonriguarda solo il sacramentodel matrimonio, riguarda lavita. Ecco un primo punto sucui riflettere: i giovani devonocapire che alla vita coniugalee genitoriale bisogna pre-pararsi. Nessuno insegnacome si diventa coniugi egenitori, non basta sposarsi,avere figli per sapere tutto, alcontrario sono mestieri che siimparano faticosamente.Un secondo punto di riflessio-ne è questo: la coppia è unarealtà dinamica.Focalizzare l’attenzione nellapreparazione alla vita coniu-gale solo al momento imme-

COSA SERVONO I CORSI PER FIDANZATI?

diatamente precedente al ma-trimonio, sostiene un’illusionelargamente condivisa: il pun-to critico del matrimonio èsaper scegliere la personagiusta. Ma questa è un’illusio-ne perché la realtà cambia,cambiano le persone, cambia-no le situazioni di vita è quin-di non basta scegliere la per-sona giusta, è necessario fareun cammino di formazionepermanente.L’associazione Punto Familiadi cui faccio parte, nata 40anni fa per preparare al ma-trimonio, si è strutturata, poi,come cammino di formazionepermanente perché non c’è unmomento nella vita in cui unoha già imparato tutto, bisognaimparare continuamente.L’associazione propone inol-tre, e questo credo sia unasua peculiarità, momenti diformazione anche per i sepa-rati per aiutarli a rielaborareil proprio vissuto. In questomodo, se accederanno a nuo-ve nozze o a nuove relazioniaffettive, avranno strumentiper evitare di ripetere gli stessierrori e di riaffondare nellastessa infelicità che ha segna-to la prima esperienza.

Mariella Piccione,mediatrice familiare

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GRUPPI FAMIGLIA giugno 2003 5

Quando si siedono davanti a noi, qua-si tutti esordiscono dicendo: “basta av-vocato! Io non ce la faccio più! Mi devoassolutamente separare!”, oppure: “Leidi casi ne avrà visti tanti, ma come ilmio mai!”.Mi spiace deluderli e non lo faccio, maun aspetto mi pare degno di attenzio-ne. Molto più frequentemente di quan-to si immagini, le persone che si rivol-gono a noi non sono affatto decise asepararsi ma desiderano, inconsapevol-mente, trovare un modo per continuarea stare insieme, magari reimpostandouna relazione che va svilendosi e noi,molto spesso, siamo i primi estranei coni quali essi si aprono. Se ci si ferma adun livello superficiale, non è facile ac-corgersi ed interpretare correttamentequesta richiesta, formulata in modo di-storto: in questi casi l’avvocato nondovrebbe incoraggiare il progetto diseparazione, ma aiutare invece questepersone a trovare, per quanto possibi-le, un modus vivendi equilibrato, chetenga davvero conto degli interessi ditutti, in primo luogo di quelli dei figli.

L’AVVOCATO COME MEDIATOREIn questo senso, nelle vicende separati-ve l’avvocato, da sempre, svolge unruolo fondamentale di mediazione, siain senso conservativo dell’unità familia-re sia nel fornire, nel caso di separa-zione, i suggerimenti ed i consigli piùconsoni ad assicurare il benessere psi-cofisico e materiale di coloro che si ri-volgono a noi, tenendo in particolareconto l’interesse dei soggetti in età evo-lutiva.In ogni separazione è dunque essenzialeaiutare i nostri clienti a superare lalogica del conflitto, che consegue allaancora diffusa ed erronea convinzionedi dovere fornire al Giudice le prove

della “colpa” dell’altro per vincere lacausa ad ogni costo, dove troppe volteil premio è l’affidamento dei bambini adun genitore piuttosto che all’altro.Solo un professionista che – senza pre-tendere di sovrapporre la sua volontà –abbia l’onestà mentale di esprimere unparere motivato sull’inopportunità di unascelta voluta dal cliente, che abbia ilcoraggio di dire ai propri clienti coseimpopolari (e nessuno è contento disentirsi dire che ha torto), il tutto unitoad una solida formazione tecnico-giuri-dica, con una profonda conoscenza deldiritto, solo un professionista così puòdavvero aiutare i coniugi a separarsi il

Che cos’è che non ha funzionato inuna coppia che si separa?Un primo punto è che nella coppia èmancato il confronto sui grandi valo-ri, proprio perché si tende a dare perscontato che siano condivisi.Un primo valore riguarda il tema reli-gioso, poi il tema del lavoro che peralcuni, soprattutto uomini, è vissutocome qualcosa di onnicomprensivo,che occupa ogni spazio della vita.Viene poi il vastissimo campo della co-municazione di coppia.In questo ambito si pone la gestionedel conflitto; davanti alle difficoltà, chevi sono in ogni rapporto, manca la ca-pacità di elaborarle e di trasformarela crisi in una risorsa per la crescitadella coppia.Altro punto è l’intesa sessuale, checoinvolge l’intera sfera della comuni-cazione, un’intesa che spesso saltaperché viene meno la comunicazionetra i due. Infine la capacità di ade-guarsi ai cicli vitali. Un esempio sono

le coppie che vanno in crisi quando ar-riva il primo figlio, e sono moltissime,e si spaventano che ciò accada.Se invece sapessero che questa crisi èmolto comune e che la destabilizzazio-ne procurata nella vita di coppia dal-l’arrivo di un bimbo fa parte di uncammino di crescita, questo aiutereb-be a far decantare l’ansia e a rassicu-rare.Un altro aspetto legato ai cicli vitali èla sindrome da nido vuoto; colpisce lecoppie con decine di anni di matrimo-nio alle spalle quando i figli, grandi,lasciano casa e i due si ritrovano solie non si riconoscono più: hanno fattoper tanti anni i genitori e hanno smar-rito il loro rapporto di coppia.Per ultimo manca, e andrebbe recupe-rata perché fondamentale, la concezio-ne che il matrimonio non è solo unfatto privato, ma è un fatto pubblico,che coinvolge altri soggetti, la società.

Mariella Piccione, mediatrice fam.,consultorio “Punto Familia”

PERCHÈ LA COPPIA VA IN CRISI

più serenamente possibile.Quando noi avvocati riusciamo a farloro capire che in questo tipo di con-troversie non c’è (quasi) mai un vinto eun vincitore, quando riusciamo ad estir-pare il proposito per cui “non importache vinca io, l’essenziale è che perdal’altro”, offriamo loro il modo miglioreper superare questa vicenda sicuramenteimportante e difficile.

Magda Naggar, avvocato

L’avvocato Naggar fa parte dell’associa-zione “Gruppo di Studio del Diritto diFamiglia e dei Minori”, che conta uncentinaio di iscritti tra i professionistiinteressati a questa specifica materia.

I testi di queste due pagine sono trattidalla tavola rotonda organizzata dalForum della Associazioni Familiari delPiemonte il 25 maggio dello scorso annoa Torino e dal titolo: “Prevenire la se-parazione”.Gli atti completi del convegno sono ri-portati nel libro: C. Gentile, L. Lombar-di (a cura di), “Prevenire la separazio-ne. La società si interroga, riflette, in-terviene”, Effatà Editrice, 2003.Il libro è reperibile presso le principalilibrerie cattoliche oppure direttamentepresso l’editore, tel. 0121 35 34 52, e-mail [email protected]

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GRUPPI FAMIGLIA giugno 20036

La mia famiglia ha vissuto il trauma delsuo disfacimento dal gennaio ’95 quan-do, dopo mesi di difficoltà, mio maritoha lasciato la nostra casa per andare avivere altrove.La mia prima sensazione è stata divuoto, confusione e dolore fisico.Il mio primo pensiero l’indomani matti-na fu: “Come farò a vivere senza dilui?”, perché quello che ho patito di piùè stato il venir meno di una progettua-lità quotidiana che era parte integrantedella mia vita.E che dire del dolore del ripudio?Per me è stato un lutto e come tale hodovuto rielaborarlo. Ho impiegato tan-to tempo, ma ora posso dire di nonsentire più dolore e di aver capito mol-te cose. In questo mio percorso sono sta-ta aiutata molto dalla fede: il credere inGesù, il riscoprirlo attraverso la letturadella sua Parola e tornare ad amarlo,così come lo amavo da ragazza, comeDio e negli altri, è stata la mia salvez-za. Non mi sono più vergognata dellamia nuova condizione, ne ho parlato achi mi frequentava non nascondendonulla e ho ricevuto tanti aiuti.Ho lasciato da parte ogni forma di rab-bia e rancore e ho cominciato a perdo-nare chi mi aveva e continuava a pro-curarmi tanto dolore.

Ecco: la fede, il perdono, la preghierae la disponibilità agli altri sono statigl’ingredienti di questa mia riconquistataserenità. E, dopo mesi durante i qualinon avevo più cucinato, ho ripreso avivere le cose più semplici e quotidianedella mia vita, ma soprattutto della miafamiglia; ho preso di nuovo le redini inmano e ho detto ai miei figli: “Forza,ragazzi, noi tre continuiamo ad essere

“FARSI COPPIA NEL SIGNORE…”E chi coppia non lo è più perché è separato, dove si colloca?

una famiglia e possiamo continuare avolerci bene”.Questa è la mia storia.Vorrei fare una considerazione: maidare, nella vita di coppia, nulla perscontato perché tutto si conquista gior-no dopo giorno, talvolta anche a costodi rinunce personali.L’errore che io ho fatto è aver dato perscontato la fedeltà e l’indissolubilità delsacramento del matrimonio. Questi va-lori erano e sono per me fondamentali,parte di me stessa, invece non lo eranoper mio marito ed io con lui non neavevo mai parlato, perché credevo chel’amore non avesse misura e che lafedeltà fosse la più alta testimonianzadi questo amore. Ho poi imparato, amie spese, che l’amore senza misuranon è per tutti se questo amore non èsupportato dall’amore infinito di Dio.

Ho provato in parrocchia a cercare altrepersone che erano nella mia situazioneper fare gruppo, condividere le espe-rienze ma ho scoperto di essere sola.Quasi tutti, superato il momento dellutto, si cercano un nuovo compagno/a, non riescono a condividere la sceltadi una fedeltà “per sempre”, anche seil matrimonio è fallito.Mi sono così resa conto che la miascelta di vita è “controcorrente” ma nonho nessuna intenzione di mollare: hoscelto infatti di vivere la mia vita rima-nendo “fedele” al mio matrimonio, te-stimoniando, nell’ambito degli ambientida me frequentati, l’indissolubilità ma-trimoniale che è alla base dell’amoreconiugale e che ha in Gesù Cristo il suofondamento e la sua forza.Questi sono i motivi per cui credo an-cora fortemente nella famiglia tradizio-nale e nella famiglia guidata da un sologenitore.

Mariarosaria

GRUPPI PER SEPARATIO RISPOSATI

Questi gruppi non si trovano di soli-to nelle parrocchie, ma presso con-sultori e a livello diocesano.Sono gruppi o di persone che hannoscelto di vivere la fedeltà al loro ma-trimonio, nonostante siano separate,o di singoli o coppie divorziate erisposate.Consigliamo gli interessati di contat-tare gli uffici famiglia diocesani perconoscere le iniziative locali.

Sono una cristiana divorziata, e sono ri-sposata ormai da 26 anni.Da giovane ho fatto un buon camminodi formazione cristiana e, quando misono sposata a 24 anni, ero molto mo-tivata verso il matrimonio.Ma una serie di difficoltà, su tutte unagravidanza inattesa e problemi di salu-te, hanno fatto emergere tutta la mia im-maturità, che si può sintetizzare in unafrase che mi ha detto una persona chemi era vicina, probabilmente per farmireagire: “sei una fallita come donna,come madre, come moglie”.Mio marito mi ha lasciata e io non sonostata capace di reagire, mi sono fattaprendere sempre di più dal gorgo delladepressione che è culminato in un tenta-tivo di suicidio.Ho trascorso un anno come in un limboe poi ho conosciuto Gianni, il mio attua-le marito. Lui ha creduto in me, mi haaccettato per quello che ero, ed io ho ri-cominciato a vivere. Quando Gianni èvenuto a vivere con me non ho vissutoquesta realtà come trasgressione ma èstato un segno di speranza, la possibili-tà di avere un futuro.Alla fine di questo periodo di difficoltà,in cui il mio rapporto con Dio si era ap-pannato, ho sentito il bisogno di ricomin-ciare a pregare, mi sono buttata sullaParola, e questo mi ha aiutato molto.

La testimonianza di una donna risposataPoi ho capito che non dovevo continua-re questo cammino da sola, ho provatoad inserirmi nella comunità parrocchia-le: è stato meno difficile di quanto aves-si temuto perché ormai mi ero riconcilia-ta con me stessa.Il punto nodale è stato ovviamente accet-tare l’esclusione dai sacramenti; all’inizioè stata dura, mi sono arrabbiata, hopianto, ma progressivamente è cambia-ta in me la percezione del problema: sequalcosa mi era negato, molto comun-que mi era concesso.Ho scoperto l’importanza di una guidaspirituale, l’atto penitenziale all’iniziodella celebrazione eucaristica, l’apertu-ra alla comunità, il fare comunione conle altre persone. Mi hanno aiutato leparole del parroco che mi diceva: “Nonsarai giudicata per le comunioni che haifatto ma per quanto ti sarai impegnataad amare, ogni giorno un po’ di più”.Ora non dico più che noi divorziati sia-mo esclusi dai sacramenti ma che pos-siamo avere altri segni ugualmente for-ti, che ci permettono di confluire con glialtri verso l’unico sacramento che con-ta: l’amore di Cristo.

M. BlandinoIntervento ripreso dal convegno: “Sepa-rati: da chi?” organizzato il 16 novem-bre 2002 dall’associazione Spazio Ge-nitori e dall’arcidiocesi di Torino.

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GRUPPI FAMIGLIA giugno 2003 7

Ho 18 anni e sono cresciuta con gli in-segnamenti cristiani in una società cheil più delle volte li travisa o addiritturali ignora. Non è sempre facile seguire ipropri principi, soprattutto se si hannodei dubbi.Il mio dubbio riguarda i rapporti ses-suali. Quasi tutte le mie amiche e cono-scenti la “prima volta” l’hanno passatada tempo e ad ascoltare televisione,giornali… è una cosa più che normale.Essendo umana, come tutti ho anch’ioistinti sessuali che al momento cerco ditenere al loro posto usando la ragione,ma è una cosa piuttosto difficile perché,guardandomi intorno, mi sembra di es-sere rimasta una delle poche a ritenerela verginità, la castità un valore.A questo si aggiunge un ulteriore pro-blema. Tempo fa una mia amica è ri-masta incinta. Dopo lo stordimento ini-ziale ha comunque deciso di prosegui-re la gravidanza e di tenere il bambi-no. Gli unici commenti che ho sentitodalle altre nostre coetanee sono stati:“Ma è scema? Ha solo 16 anni. Ma nonlo capisce che così si rovina tutta la vita?Perché non abortisce? Com’è stata stu-pida: con le precauzioni che si posso-no usare adesso…” e così via.Qualcosa in me (ragione? coscienza?)mi dice che tutto ciò è sbagliato, ma nonriesco a formulare forti motivazioni asupporto. Mi date una mano?

C.

Lettere in redazione

I TEMPI DELL’AMOREQuasi tutte le mie amiche la “prima volta” l’hanno passata da tempoe ad ascoltare televisione, riviste, ecc. è una cosa più che normale.Mi nasce allora un dubbio: la verginità, la castità sono ancora valori?

Carissima C.,forse non sono la persona più adattaper darti una mano, ma provo a riflet-tere con te.Quando siamo piccoli l’amore ci vienedato dai nostri genitori e dalle personeche più ci sono vicine. Ma ad un certopunto della nostra esistenza questo amo-re non ci basta più: il bisogno di amaree di essere amati da un altro/a, similea noi, diventa sempre più forte. Il tuogrosso dubbio riguarda i rapporti ses-suali e io penso che, a questo riguardo,noi adulti riusciamo a banalizzare tutto.Amare significa donare. Ma donarecosa? Credo dipenda dalle situazioni.Si può dare il proprio tempo per ascol-tare, si può regalare un sorriso o unacarezza, si può mettere a disposizionela propria giornata o si può arrivare,sull’esempio di Gesù Cristo, a dare lapropria vita.In un sincero rapporto di coppia amaresignifica donarsi totalmente al propriopartner. Anche con il proprio corpo. Manon solo con questo. È un passo chedeve essere preceduto da un percorsocomune, da un’intesa comune rivolta alproprio futuro insieme.A 15-18-20 anni siamo ancora proiet-tati verso… noi stessi! Amiamo piace-re, vogliamo sentirci considerati, deside-riamo essere ancora al centro dell’atten-zione altrui.Non è una colpa, è normale, ma è solo

dopo esserci allenati ad aprirci agli altried aver raggiunto un discreto livello diautostima che riusciamo a vedere ilmondo anche con gli occhi di un altroed insieme a lui possiamo iniziare aguardare il futuro progettandolo insie-me.Solamente quando il nostro IO si lasciaridimensionare da un corposo NOIpossiamo pensare all’Amore.Mentre scrivo queste riflessioni, penso anoi educatori (genitori, catechisti, anima-tori, preti e suore…): come siamo an-cora “poveri e gretti”! Non riusciamo adire che la “vita a due” può essere fe-lice solo se si impara il rispetto recipro-co. Solo se siamo disposti a rinunciaread un po’ di noi stessi consentiamo larealizzazione dell’altro e, di conseguen-za, ci colmiamo di felicità interiore.Ed invece ci limitiamo a dire che avererapporti sessuali prematrimoniali è pec-cato, è male, “perché così dice la Chie-sa, perché ci è stato insegnato così, operché, se sei sprovveduto, rischi unagravidanza indesiderata che ti può ro-vinare l’esistenza…”. Risposte “vuote”,banali. Perché non riusciamo a gridareforte che amare dà gioia?Perché, anziché valorizzarli, rendiamo“sporchi” i gesti d’amore?Ci lamentiamo di vivere in una culturadi morte, ma quando noi adulti parlia-mo con gioia della vita? Ci limitiamo atrasmettere la preoccupazione perl’eventuale indesiderata gravidanza enon evidenziamo che gli atti sessualisono solo una delle tante sfaccettaturedella vita di coppia.

C’è un prima, un durante, un dopo. C’èla fase dell’innamoramento; poi viene iltempo dell’approfondimento, della cono-scenza reciproca che ci aiuta a gettarele fondamenta. Infine c’è il momentodell’impegno a donarsi l’un l’altra pertutta la vita che ci viene regalata.Quindi, carissima C., non “buttar via”momenti intimi che, seppur appagantiall’istante, non possono darti una gioiatotale semplicemente perché, sebbenequesto possa sembrarti strano, non seiancora completamente coinvolta!

Gabriella Rastello

Non riusciamo a dirvi chela “vita a due” può essere felicesolo se si impara il rispettoreciproco.

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GRUPPI FAMIGLIA giugno 20038LE

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LE COMPLESSE RELAZIONITRA GENERAZIONISiamo di fronte ad una trasformazione profondae radicale della società che investe tuttele sue istituzioni, compresa la famiglia.La sigla di questa trasformazione è la “provvisorietà”.

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È sempre più difficile, in fami-glia, la comunicazione tra geni-tori e figli. Gli adulti considera-no gli atteggiamenti dei giovani“amorali”, i figli considerano leidee dei genitori “sorpassate” e“fuori della realtà”. Tutto ciòprovoca sofferenza, interrogati-vi, ma le cause non sono soloda ricercare nella famiglia,anzi…

Crisi dei valori e confronto tragenerazioniIl mutamento culturale che carat-terizza la società post-modernanon è un semplice cambiamen-to, ma una trasformazione pro-fonda e radicale, i cui aspettifondamentali sono rappresenta-ti dalla provvisorietà.L’aumento del numero di oppor-tunità offerto dalla società deter-mina un aumento di stimoli e ilmoltiplicarsi delle relazioni so-ciali in cui si è coinvolti; ciò sitraduce spesso in uno stato diindeterminatezza e nell’incapa-cità di operare scelte definitive.Insicurezza ed incertezza spin-gono gli individui ad assumereposizioni ritenute sicure solo

perché adottate da altri, così na-scono modelli e miti che diven-gono fattori di orientamento del-l’agire.Questo ha come conseguenzal’aumento della distanza tra legenerazioni e l’emergere di unacrisi di ruoli che investe sia gliadulti che i giovani.All’aumento delle opportunità dicomunicazione e di confronto,offerte dalla presenza di piùgenerazioni nella stessa fami-glia, non corrisponde un analo-go intensificarsi dello scambio diopinioni e della solidarietà.

Il difficile intreccio tragenerazioniLa storia è sempre stata un sus-seguirsi di generazioni in tensio-ne fra loro.La famiglia è rimasta l’unico luo-go tendenzialmente multigenera-zionale, in contrasto con tutti glialtri ambiti della vita sociale chesono andati differenziandosi perl’una o per l’altra generazione.Tuttavia la famiglia, oggi, è sem-pre più in difficoltà e pare per-dere i suoi connotati di legamee di trama intergenerazionale e

ciò provoca: nuclei frammenta-ti, incomunicabilità dei contenu-ti, distanze di valori. Il risultatoè che le famiglie implodono, sirichiudono su se stesse, oppureesplodono, si rompono, si fram-mentano ed entrano in conflitto.Rispetto al passato la famiglia,intesa come parentela, constaoggi di un numero maggiore digenerazioni compresenti e que-sto è dovuto soprattutto a fattoridemografici, in primo luogo l’al-lungamento della vita media.Ma, se un tempo i genitori cre-scevano i figli per poi essere aloro volta accuditi quando diven-tavano anziani, oggi le genera-zioni intermedie si trovano adover fronteggiare una situazio-ne più complessa: da un latohanno figli e/o nipoti che sonoancora socialmente dipendenti edall’altro si trovano i genitorianziani che necessitano di cure.Così i membri di una famigliadebbono occupare i loro ruoli,di genitore o di figlio, per untempo maggiore rispetto al pas-sato anche recente.

La famiglia lunga del giovaneadultoIn Italia va affermandosi unaprolungata permanenza dei figliin famiglia, nel senso di un tar-divo abbandono del nucleod’origine, dovuto alla diffusascolarizzazione, all’elevato ac-cesso agli studi universitari e allacrisi occupazionale ed abitativache inevitabilmente protraggononel tempo l’impossibilità a man-tenersi economicamente.Le generazioni giovanili vedonola famiglia di origine come un“nido”, capace di offrire affettoe protezione, competenze, infor-mazioni ed aiuti di tipo materia-le. Tuttavia la convivenza con igenitori è una scelta di comododa parte del figlio, ma rimaneun’esperienza difficile da gesti-re.A loro volta i genitori, per unaparte sempre più lunga dellaloro vita, si trovano a doverconvivere con figli grandi, fisica-mente maturi e legalmente mag-giorenni, che chiedono paritànelle relazioni ed un livello dilibertà proprio degli adulti, an-

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GRUPPI FAMIGLIA giugno 2003 9

che se non sempre si assumono le corri-spettive responsabilità.Si vive insieme, ma, spesso, in un cre-scente disagio reciproco; nessuna gene-razione è più sicura dei propri sentimenti,del modo di rapportarsi con le altregenerazioni e per questo si preferisceevitare il confronto.Se si prova a ragionare insieme, si fini-sce per sottolineare la distanza delleprospettive, la lontananza dei punti divista, modi diversi di concepire la vita eil mondo.Genitori, figli, nonni, sembrano vivere inmondi tra loro separati più che conflit-tuali, ciascuno con le proprie caratteri-stiche.

Una transizione valorialeUna volta uno strumento abituale di co-municazione era offerto dalla condivisio-ne della stessa professione tra le diversegenerazioni, ora questo si è ridotto oannullato a causa della rapida obsole-scenza delle tecniche e da scelte lavora-tive o professionali da parte dei figliprofondamente diverse da quelle deigenitori.La difficoltà di trasmettere il proprio pa-trimonio di esperienze e professionalitàmuta pesantemente il rapporto genitori-figli; ci si sta avviando verso una società“senza padre” perché molti ragazzi nonhanno più la possibilità di conoscere ilpadre, essendo venute meno le occasio-ni concrete per rendersi conto di comeegli affronti le difficoltà o svolga il pro-prio lavoro.Lavori diversi, scelte diverse collocanogenitori e figli in gruppi socialmente edeconomicamente diversi limitando ulte-riormente lo scambio ed allargando ledistanze.

L’organizzazione sociale dell’attualesocietà, basata sull’organizzazione deipropri tempi e spazi in modo semprepiù monogenerazionale, non favoriscel’incontro e il confronto tra generazio-ni. In primo luogo, è cambiato lo spa-zio domestico e familiare. Fino a qual-che decennio fa, la presenza di piùfigli, di età diverse, assicurava una piùprolungata continuità al ciclo di vita fa-miliare, una maggiore vicinanza dellegenerazioni e una gradualità del loroavvicendamento, mentre ora non è piùcosì. Anche lo spazio di socializzazio-ne per eccellenza, quello lavorativo,tende ad essere sempre meno variatosotto il profilo generazionale. L’ingres-so ritardato nel mercato del lavoro ela scarsa mobilità della forza lavororendono l’attività lavorativa patrimonio

LA RIDUZIONE DEGLI AMBITI RELAZIONALIdelle persone di età centrale, né trop-po giovani, né troppo anziane.Ma questa selezione della popolazio-ne in funzione dell’età avviene ancheper altre attività della vita quotidiana,soprattutto in relazione agli spazi fre-quentati, e alle ore del giorno in cui sirealizzano: ad esempio sono in nume-ro maggiore i giovani che vanno al ci-nema la sera, sono le donne delle clas-si di età centrali che frequentano mag-giormente i centri commerciali, sonoprincipalmente gli anziani o le donneadulte che fanno la coda agli sportellidei servizi pubblici.È quindi necessario organizzare la vitaquotidiana, dentro la famiglia e fuori,secondo un intreccio generazionale cherisponda ai mutati rapporti e tempidelle generazioni.

Per una sussidiarietà tra generazioniSecondo Donati, il welfare state deveessere riletto e reinterpretato come uncontratto fra generazioni. Occorre indi-viduare mete e strumenti per favorire lerelazioni tra generazioni ed avviare unsistema di incentivi affinché le diversegenerazioni producano una maggiore so-lidarietà familiare.Si delinea, così, un nuovo concetto di retesociale la cui espressione consiste nel-l’emergere di movimenti, di gruppi infor-mali, di relazioni di vicinato, cui si af-fianca la consapevolezza di un legamegenerazionale di tipo longitudinale che sirealizza nell’avviare iniziative di attenzio-ne all’altro, nuovi orientamenti valoriali.Il ripensare il rapporto interindividuale neitermini suesposti può dare origine a

nuove modalità dello stare insieme, anuove relazioni sociali, ove il passatosegna l’appartenenza e il futuro la con-tinuità. Si può pervenire ad uno scambioreciproco tra dimensione individuale esociale, attraverso la generatività e ilrapporto generazionale, che può permet-tere il rispetto e la gratitudine verso ilpassato e la speranza verso il futuro inuna comunità locale che persegue valorisolidaristici.La comunicazione diretta tra giovani eanziani può emergere, in particolare, intre momenti: nel lavoro, nell’assistenza enella socializzazione.• Nel lavoro, per le attività tradizionali,

gli anziani costituiscono l’unica scuo-la di formazione.

• Nell’assistenza sono diffuse iniziativeper la cura degli anziani in cui moltigiovani sono coinvolti.

• La socializzazione tra giovani ed an-ziani può produrre la valorizzazionedelle tradizioni locali cui i giovani mo-strano un rinnovato interesse.

Attraverso i contatti col passato cresce ilsenso di realtà: per il bambino (ed an-che per adolescenti e giovani) il rappor-to coi nonni costituisce la scoperta delleradici e contribuisce alla costruzione dellasua identità di adulto e ciò, oltre adessere positivo per il bambino, è fonte direalizzazione ed autostima per gli anzia-ni. In questo rapporto ha una fondamen-tale importanza la mediazione degliadulti che devono agire da collegamen-to fra la prima e la terza generazione.

Guido Lazzarini, sociologo

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GRUPPI FAMIGLIA giugno 200310

La situazione della Chiesa è oggi pro-mettente.Sembrerebbe il contrario. Noi sacerdo-ti riteniamo di avere buoni motivi pernon essere soddisfatti, ma un eccesso disicurezza blocca e non si costruisceniente se prima non si abbatte qualco-sa.La diminuzione delle vocazioni e la ri-scoperta dei ministeri laicali sono nellostesso tempo segno di queste difficoltàe apertura a nuove opportunità.L’eccesso di sacerdoti che si è avuto nel-la Chiesa fino a pochi anni fa ha por-tato ad una clericalizzazione della Chie-sa; l’attuale carenza di preti, che si ac-centuerà ancora nei prossimi anni, puòessere un segno dei tempi, un invito alcambiamento.Tre parole dovrebbero segnare questocambiamento: corresponsabilità, cammi-no, Regno: come credenti siamo infattiinvitati alla corresponsabilità nel cammi-no verso il Regno.

LA CORRESPONSABILITÀLa Chiesa è nata come comunità ma èdiventata nel tempo un’istituzione; ilsacerdote è diventato il responsabiledella parrocchia e i laici si sono trovatiin uno stato di sottomissione e passivi-tà. Solo con il Vaticano II le cose han-no iniziato a cambiare, la Chiesa si èaperta allo Spirito.

LA CORRESPONSABILITA’NEL CAMMINO VERSO IL REGNODalla relazione di padre Cesare Giulionell’ultimo incontro di collegamento a Torino

La corresponsabilità dei credenti derivadal battesimo, che dobbiamo sganciaredall’idea del peccato originale per risco-prirne il valore di consacrazione. Ilbattezzato è consacrato per un compi-to: far crescere la comunità e costruireil Regno.

IL CAMMINOQuesto è un termine che ultimamente siè usato molto: la Chiesa è stata definita

popolo pellegrinante, in cammino allaricerca della Verità.Una volta la Chiesa era maestra, ora èchiamata a farsi discepola, a cercare laverità, seguendo le orme di Abramo, diGesù, degli apostoli.Che cos’è la fede se non un camminosegnato dalla ricerca e dall’ascolto?Per camminare bene sono necessariealcune condizioni:– avere uno sguardo positivo verso ciò

che è relativo, provvisorio;– non assolutizzare mai la religione,

solo Dio è Assoluto!– fare spazio alla creatività, la fede è

creativa, non è esecutiva anche se èmolto più facile ricevere che cercare.

IL REGNONel nostro cammino dobbiamo usciredalle mura delle nostre chiese ed aprir-ci al mondo, cogliere il mondo comeluogo dove Dio si rivela.Siamo chiamati a inserirci nelle varierealtà del mondo per assumere i biso-gni dell’uomo, condividerli, santificarli.

Siamo chiamati a passare da uno statodi dipendenza ad uno di corresponsa-bilità.Il ministero, quello dei sacerdoti comequello dei laici, è al servizio delle co-scienze, non sopra le coscienze.Siamo chiamati insieme a cercare laVerità perché questa è più grande del-la Chiesa, per quanto santa essa possaessere.

padre Cesare Giulio

Tra gli argomenti affrontati nell’ultimocollegamento, vi presentiamo quelli chesono parsi più attuali e urgenti.• Il ricambio generazionale.La coppie che tengono gli annunci, chevanno in giro a parlare sono, da pa-recchi anni, sempre le solite. Serve unricambio generazionale, serve crearegruppi di giovani coppie da coltivareed avviare al servizio, per sostenerenuove scuole e avviare nuovi gruppi.• Il rinnovo del collegamento.Bisogna ammetterlo: nonostante l’impe-gno e le telefonate il collegamento èormai un incontro per pochi. La nuo-va coppia responsabile, che sarà elet-ta nel prossimo incontro di collegamen-

LE SFIDE DEL COLLEGAMENTO

to, dovrà, tra le tante cose, farsi cari-co anche di questo problema.Una proposta emersa è quella di nonlasciarla sola ma di eleggere, conte-stualmente, una giunta che la affian-chi e che diventi il motore propulsoredel collegamento stesso.• Il ruolo dei sacerdoti.È fondamentale per il cammino deigruppi. La loro sensibilità verso la pa-storale degli adulti, e delle coppie inparticolare, è in aumento, molti grup-pi nascono proprio grazie al loro di-retto interessamento.Sentiamo il bisogno della loro presen-za anche nell’ambito del collegamento.

Franco Rosada

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GRUPPI FAMIGLIA giugno 2003 11

Cosa ci è rimasto, dopo diversi mesi,dell’ultimo campo invernale, di quei tregiorni trascorsi a Ceretto, a riflettere sul-l’alleanza coniugale sotto la guidaesperta di fra Angelo Manzini?Possiamo dire che oggi ci sono moltopiù chiari alcuni concetti dell’alleanzamatrimoniale, intesa come Sacramento,che tentiamo di vivere quotidianamentealla luce di quanto abbiamo meditato.Nell’A.T. la grande stima del matrimo-nio trova il suo vertice in tutti quei pas-si in cui si parla dell’alleanza con Dio,che prende a prestito delle immagini co-niugali per spiegarci che cos’è l’amoredi Dio, cioè come Dio ci ama.Nel N.T., invece, l’amore di Cristo di-venta immagine per vivere la vita coniu-gale, icona della rivelazione.

CHIAMATI A TESTIMONIAREIL NOSTRO AMORELa prima riflessione che abbiamo fattoè quella di sentirci chiamati in primapersona ad essere conformi al modellodivino, nelle nostre relazioni interne edesterne. Pensiamo anche quanta respon-sabilità abbiamo nel testimoniare agli al-tri il nostro amore, per far riflettere inesso, come in uno specchio, l’amore diDio per l’umanità.È meraviglioso e nello stesso tempo mi-sterioso capire come Dio fa nascere nel-l’uomo la capacità di amare. Ci amadonando amore e ci lascia liberi di sce-gliere.

Molte volte ci chiediamo come ha fattoa nascere il nostro amore di coppia, puressendo noi due così diversi. Non sap-piamo rispondere, ma abbiamo capitoche Dio ci ama così tanto, da donarciun compagno che riempie la nostra vitadi gioia.L’alleanza matrimoniale proviene dallapremurosa bontà di Dio verso l’uomo:“Non è bene che l’uomo sia solo…”(Gen 2,18). È quindi la più alta realiz-zazione sacramentale dell’amore di Dio.Nel N.T. Gesù ribadisce con forza il

L’ALLEANZA CONIUGALENEL PENTATEUCOUna testimonianza dall’ultimo campo invernale.

progetto di Dio sul matrimonio, parlan-do di un dono speciale dato da Dioall’uomo per comprendere questa chia-mata.In S. Paolo, il progetto di Dio sul matri-monio è spiegato in termini cristologici,“i coniugi devono amarsi come Cristoama la Chiesa e ha dato la vita per lei”(Ef 5,25). L’alleanza matrimoniale diven-ta così il Mistero Grande dell’amore diCristo per la Chiesa.Questa ulteriore realtà ci fa riflettere sulfatto che, con il sacramento del Matri-monio, siamo diventati per la Chiesa eil mondo segno della fedeltà infinita diDio, che mai viene meno, nonostante ilnostro tradimento. Ci siamo allora chiestise il nostro amore è sempre fedele,pronto a perdonare e riaccogliere.

L’AMORE DIVENTA LEGGEL’alleanza con Dio è paragonata alla te-nerezza del fidanzamento e alla nostal-gia del deserto (luogo dell’esperienza diDio). Nel matrimonio si vivono tutte edue le realtà, la tribolazione aiuta a mo-

dificare se stessi per diventare uno nel-l’altro.Molte volte in amore, ci ha ricordato fraAngelo, siamo come elefanti in unacristalleria, manchiamo di delicatezza,di tenerezza, più che accarezzare graf-fiamo con la nostra voce, con i nostriatteggiamenti. È necessario allora tene-re sempre presente l’ideale a cui dob-biamo tendere.La vita cristiana è instaurare le cose inCristo, Lui stesso si presenta come esem-pio di vita nuova: “amatevi l’un l’altrocome io ho amato voi…” (Gv 13,34).Nella fede cristiana l’amore di Dio di-venta legge. I profeti quando parlano dialleanza nuova intendono dire allean-za vissuta in modo nuovo, scritta nonpiù su tavole di pietra ma nella propriacarne. Le leggi che Dio ci dà non sonoun’imposizione ma un dono d’amoreper noi: solo osservandole possiamoessere noi stessi ed essere felici.Noi, che ci impegniamo a vivere il sa-cramento del Matrimonio, ci sentiamointerpellati da Dio, il quale ci chiedeogni giorno una risposta libera d’amo-re: nasce allora l’impegno dell’alleanzache è la risposta dell’amore all’Amoreche ama.

Isabella e Luciano Faccin

Il tema della due giorni verteva sulla tra-smissione dell’immagine di Dio ai fan-ciulli, argomento sapientemente espostoda Anna Lazzarini, che ha guidato lariflessione sulla preghiera, facendoci ri-scoprire il valore dell’autenticità del dia-logo con il Signore, un Dio Padre cui cisi rivolge con semplicità, fiduciosi delprogetto che Lui ha su di noi.Non servono nozioni o aride formule: ifigli osservano il nostro comportamentoe come testimoniamo la fede in Cristo,e apprendono come vivere concretamen-te il Vangelo. Dio si riconoscerà nel-l’amore che sapremo dare ai nostribambini, con letizia, accoglienza e per-dono.I frutti di queste giornate sono statimolteplici. Si è valorizzata l’importan-za di trasmettere ai nostri figli lo stupo-re e della gioia per le piccole cose. Siè riconosciuta l’unicità dei nostri bam-bini come “Tabernacolo del Signore”,benedizione delle nostre famiglie, esem-pi viventi della presenza di Dio in mez-

PARLARE DI DIO AI NOSTRI FIGLIDal week-end di febbraio a Ceretto.

zo a noi. Il bambino come parola diDio, unica, originale, irripetibile. Rico-noscerci genitori responsabili di trasmet-tere un’immagine di un Dio amico, nonestraneo alla nostra realtà, ma respirodi ogni nostra scelta quotidiana.L’esperienza è stata inoltre occasioneumana di relazione e di scambio di sen-timenti, dubbi e domande, che si sonorivelati un grande dono reciproco, di-venuto offerta a Dio nella CelebrazioneEucaristica, al termine della due giorni.Il Signore ci ha fatto un grande dono,quello di essere papà e mamme, espe-rienza unica per farci comprenderequale grande amore Lui ha per noi, chesiamo suoi figli.Tornando a casa abbiamo scoperto innoi non un sentimento di eccitazioneemotiva, ma una grande serenità, unamaggiore consapevolezza di avere unruolo importante per la costruzione diuomini nuovi, capaci di costruire nuovealleanze di pace.

Famiglia Balocco

Con il matrimoniosiamo diventati segnodella fedeltà di Dio,che mai viene meno.

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GRUPPI FAMIGLIA giugno 200312DI

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IL DIALOGO E L’ASCOLTO COMESTRUMENTI PER IL GRUPPO“La prova dell’uomo si ha nella sua conversazione”(Sir 27,5)

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Nello scorso numero ho prova-to a disporre quelli che mi sem-bravano essere i punti di par-tenza per una riflessione sul-l’essere gruppo, ed in partico-lare gruppo ecclesiale. Questavolta vorrei approfondire dueaspetti che connotano in spe-cifico l’esperienza di gruppo: ildialogo e l’ascolto.

Il DIALOGOOggi il tema della comunica-zione è di particolare interes-se, proprio perché sembra es-sere una pratica difficile: comu-nicare le proprie idee, opinio-ni, e ancora di più il propriovissuto, carico di sentimenti edemozioni, è sempre più compli-cato e non di rado si fa ricor-so a vere e proprie “tecnichedi comunicazione”.Nel nostro quotidiano rappor-tarci agli altri affrontiamo ledifficoltà del comunicare: il lin-guaggio verbale è ambiguoper natura e spesso contienesignificati tra loro contradditto-ri: tra ciò che pensiamo, ciòche diciamo (che mediamoquindi con le parole), ciò cheviene recepito da chi ci ascol-

ta (pensiamo a quanto “rumo-re” c’è nei contesti in cui ci re-lazioniamo agli altri) e ciò chechi ascolta decodifica e inter-preta (attraverso le sue espe-rienze, la sua situazione parti-colare, ma anche i suoi pregiu-dizi) passa davvero il mondo.Viviamo quotidianamente unarealtà di “sovraffollamento” diinformazioni (sul lavoro, nellascuola, alla televisione, per lestrade con i cartelloni pubblici-tari, annunci di ogni tipo inogni dove, informazioni specia-listiche, giornali, …) eppure ab-biamo atrofizzato le nostre ca-pacità di raccontare (e di rac-contarci), di ascoltare: in mez-zo a tante ciarle e a tantachiacchiera il dialogo profondoè assente e la solitudine dila-gante.Ma non è solo questo. Viviamoormai in una società in cui ilinguaggi si sono moltiplicati enon sempre siamo capaci né diusarli, né di comprenderli (ionon riesco ad abituarmi, adesempio, al linguaggio deimessaggi sms …).La moltiplicazione dei linguag-gi corrisponde al mondo “glo-

bale”, multietnico, “multitutto”nel quale viviamo; il conflitto,che è parte costituente dellarelazione tra individui (il con-fronto tra due soggettività por-ta con sé l’affermazione dellereciproche diversità), è oggidiventato patologico: tutti noi cisentiamo in diritto-dovere diparlare, giudicare, consigliare.Insomma dobbiamo ammettereche comunicare può risultaredavvero un’operazione compli-cata e piena di insidie, dall’al-tra però “rappresenta l’eventonucleare mediante il quale siattua il processo di socializza-zione e quindi di umanizzazio-ne dell’individuo” (1) al qualenon possiamo sottrarci.

IL DIALOGO NEL GRUPPOCome può, quanto detto finora, interessare un gruppo ec-clesiale?Credo che possa esserci di aiu-to questa definizione: “Comuni-care è un evento capace dicambiare il comportamentodelle persone in interazione”.È questa comunicazione-dialo-go che ci interessa, quella cioènella quale ciascuno di noi simette in relazione con l’altro as-sumendo la diversità come va-lore positivo, capace di far cre-scere entrambi nella condivisio-ne e, magari, nella comparte-cipazione.Il gruppo può essere uno deiluoghi (non certo l’unico) in cuifare esperienza di dialogo, diincontro, in cui ci si ferma perconfrontare la propria esperien-za con quella dell’altro aiutan-doci a non sentirci isolati, maaccolti e a rivedere le nostreesperienze alla luce di quelle al-trui e scoprendo, talvolta, chenon sempre le nostre esistenzesono così lontane da quelledegli altri (un atto di umiltàquesto, che spesso costa fatica).Quante volte ci è capitato dipensare di essere gli unici avivere una particolare situazio-ne di ingiustizia o di insoddi-sfazione? O quando ci è capi-tato di trasformare una situazio-ne di conflitto familiare in unostacolo non più superabile, as-sumendo posizioni inconciliabi-

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GRUPPI FAMIGLIA giugno 2003 13

Nella nostra parrocchia di Galliate sisentiva da tempo l’importanza di svi-luppare una pastorale per la famigliaorientata anche ad un cammino forma-tivo. Questa esigenza trovava unosbocco nella proposta dell’Ufficio Dio-cesano della Famiglia di organizzareun corso di “Animatori di Gruppi Fa-miglia” a cui hanno fatto seguito i riu-scitissimi incontri formativi tenuti dalprofessor Guido Lazzarini, che hannovisto la partecipazione di una trentinadi famiglie di diverse parrocchie delnostro vicariato.Cominciava a farsi strada in noi l’ideadel gruppo famiglia così come ci ve-niva proposto e finalmente due anni fasiamo partiti.Ora ci incontriamo circa una volta almese nei locali dell’oratorio; mentre noiadulti ci confrontiamo, i nostri ragaz-zi in un locale attiguo possono espri-mere liberamente le loro esperienze di

DALLA DIOCESI DI NOVARA: IL GRUPPO DI GALLIATE

gioco, per poi condividere con i geni-tori il momento conclusivo di festa in-sieme.Con l’ausilio di un sussidio messo apunto dall’Ufficio Diocesano per la Fa-miglia, ad ogni incontro viviamo sicu-ramente momenti di crescita per tutti.Attraverso la preghiera, la meditazio-ne e la condivisione ci scopriamo adogni serata arricchiti e più carichi peraffrontare i nostri impegni cercando diessere famiglie testimoni all’internodella nostra comunità.Quest’anno una voce nuova si è ag-giunta alle nostre, è quella del nuovoparroco don Ernesto Bozzini che hacominciato ad accompagnarci lungo ilnostro cammino di “Famiglie e Fratel-li”, impegnati a mantenere una rela-zione tra loro per meglio aprirsi allerelazioni con gli altri componenti del-la nostra comunità.

Paolo Pollastro

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li, senza parlarne con nessuno, pervergogna o per altro?Credo che queste siano esperienze cheaccomunano tutti i nostri “quotidiani”,ciascuno nella sua irripetibilità persona-le, e che, se condivisi, permetterebberoa noi e agli altri di crescere: ci aiute-rebbe a non darci sempre ragione, maa “darci ragione” delle cose, imparan-do anche dalle esperienze degli altri anon commettere gli stessi errori e aconfermare le scelte giuste.

L’ASCOLTOLa nostra società ci chiede di impararela prassi del dialogo, di fare spazio alladiversità e in questo, imparare ad ascol-tare: è l’unica via per la convivenzafraterna e credo che sia uno stile di vitache dobbiamo insegnare ai nostri figli.Imparare a relativizzare le nostre posi-zioni è un esercizio al quale non pos-siamo sottrarci e l’esercizio della criticae dell’autocritica è parte integrante delcammino di un gruppo; è chiaro chequesto non è privo da inconvenienti eche vanno ricercati i giusti canali e legiuste mediazioni. È un percorso cheesige impegno personale, maturità uma-na e la convinzione che la ricerca dellaverità è un cammino, e ad essa ci si av-vicina per tappe successive. C’è bisognoper questo di tempo, di luoghi e di pre-disposizione all’ascolto, affinché la pa-rola non diventi prepotente, invadente“che si applichi quel principio di carità,che ci permette di interpretare le paroledell’interlocutore nel modo più ragione-vole e a lui più favorevole” (2). Noncredo che questo voglia dire rinunciarealle proprie idee anzi, non si tratta dicercare l’uniformità ma piuttosto l’unità.

L’ASCOLTO DELLA PAROLA“Guai a chi è solo!” (Qo 4,10). È laParola stessa che ci chiama all’unità,alla ricerca di momenti di riconciliazio-ne tra noi e con Dio. Per questo il grup-po diventa un luogo dove alla luce delVangelo si guarda alle scelte di ciascu-no: non è più solo il confronto con leragioni dell’altro, ma con la Parola diDio. Il tema dell’ascolto diventa espe-rienza centrale per un gruppo ecclesia-le, perché fondamento stesso di tutta lanostra fede: Dio parla all’uomo, ed è

nell’ascolto che avviene l’incontro conDio. “Shemà Israel”, “Ascolta Israele”:la nostra è una religione dell’ascolto, laBibbia pone al principio la parola di Dioche squarcia il silenzio e si fa rivelazio-ne, dialogo e salvezza.Ma è necessario che la parola scavi perpenetrare dentro l’uomo e quindi chel’uomo si renda disponibile ad acco-glierla, non cercando in essa ciò che piùsi adatta al suo contingente, ma ciò cheDio narra, senza dimenticare chel’ascolto della parola è obbedienza(shemà in ebraico vuol dire ascoltare enello stesso tempo obbedire), seme cheporta sempre frutto, seme che contienela vita (Mt 13,19).Dio è comunione e comunicazione: laPentecoste che stiamo per celebrare puòdiventare per i nostri gruppi occasionedi un rinnovato impegno, perché diven-tino essi stessi icona efficace del donodel comunicare elargito da Dio al suopopolo.

Marella Galfrè Rolandi

(1) voce: comunicazione sociale, in Di-zionario di Spiritualità dei Laici.

(2) Alfio Briguglia, Etica della conver-sazione e del mistero trinitario, in Novaet vetera, ottobre 1999.

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GRUPPI FAMIGLIA giugno 200314

In questi mesi di guerra in Iraq abbia-mo visto esposte in molti ambienti pub-blici e privati numerose bandiere dellapace con i colori dell’iride o, detta intermini tradizionali, con i colori dell’ar-cobaleno.L’arcobaleno, la colomba ed il ramoscel-lo d’ulivo sono simboli antichi che richia-mano l’evento del Diluvio e la promes-sa fatta da Dio a Noè: “Non malediròmai più il mondo a causa dell’uomo”(Gn 8,21). Ovvero l’alleanza di Dio congli uomini e la pace che ne deriva.La famiglia di Noè, così come la Bib-bia ce la presenta, ha delle caratteristi-che interessanti per la nostra meditazio-ne, anche se il testo sacro è sempreavaro di dettagli descrittivi. Tuttaviapossiamo cogliere l’essenziale per alcu-ne riflessioni che possono aiutare lanostra vita di fede.

Una famiglia molto unitaNoè e sua moglie, della quale non co-nosciamo neppure il nome, ed i loro trefigli Sem, Cam, Iafet con le rispettivemogli furono gli unici che si salvaronodalla furia dell’acqua che sommerseogni cosa, persino le montagne più alte.Il racconto fa pensare ad un gruppo dipersone in perfetta sintonia nella comu-nione con Dio. Un gruppo fatto di ge-nitori, figli e nuore dove regna una sin-cera armonia, un grande rispetto ed unaprofonda pace.Tutto questo non annulla però la tremen-

Coppie nella Bibbia

NOÈ E LA SUA FAMIGLIAL’arcobaleno, la colomba ed il ramoscello d’ulivo sono simboliantichi che richiamano l’alleanza di Dio con gli uominie la pace che ne deriva, anche in ciascuna famiglia.

da realtà del peccato che circonda Noè,come anche noi oggi, e con la quale ènecessario fare i conti, senza fughe.Noè è figlio di Lamech, discendente daSet, figlio di Adamo ed Eva, colui cheprese il posto di Abele ucciso da Caino.Notiamo subito che Abele è il pastorementre Noè è l’agricoltore. Il nome diNoè deriva da naham = consolare.“Noè ci consolerà dal nostro lavoro edalla fatica delle nostre mani a motivodel suolo che è stato maledetto da Dio”(Gn 5,29).Con Noè e la sua famiglia viene supe-rato il male, il peccato dei progenitori,perfino la maledizione del suolo.Dunque “Noè era un uomo giusto ed in-tegro tra i suoi contemporanei e cam-minava con Dio” (Gn 6,9). Sembraproprio che in casa Noè si possano dinuovo udire i passi di Dio, quel Dio chenel Paradiso Terrestre passeggiava conAdamo sul far della sera.Noè come noi sperimenta di fronte allarealtà del peccato il radicale bisogno disalvezza in tutte le dimensioni della suavita: dal rapporto con il creato a quellocon i membri della sua famiglia.

La scoperta del vino e l’esperienzadell’ebbrezzaNoè agricoltore scopre il vino e speri-menta, attraverso l’ebbrezza, la sereni-tà e l’innocenza dei bambini. Significache il suolo non è più maledetto e puòdare frutti buoni. Noè ubriacatosi si

denuda. Anche Adamo era nudo e nonne provava vergogna. Ma ormai nelmondo, segnato dal peccato, la maliziae la derisione arrivano a contagiareanche la famiglia di Noè, pur salvatadal diluvio. Cam si accorge della nudi-tà e deride il padre. È incapace dicondividere l’innocenza paterna e cosìnon potrà ricevere pienamente in futurola sua benedizione. I suoi discendentisaranno schiavi dei discendenti dei suoifratelli Sem e Iafet.

L’esemplarità come testimonianzaIn queste pagine bibliche non troviamodiscorsi, profezie, proclami, sentenzedette da Noè. Vediamo semplicementeuna famiglia che cerca di obbedire al-l’unico vero Dio.Dire “semplice” non significa che sia“facile”. Non è facile per nessuno esse-re semplici, occorre un lavoro interiorecontinuo per riverificare e rinnovare imotivi della fede e la coerenza dellavita.La famiglia di Noè, prima dell’eventoDiluvio, si differenzia fortemente nellavita e nei valori dalle altre famiglie deipropri contemporanei, ma non troviamoda parte sua o dei suoi familiari alcunsegno di condanna o di contrasto. Noèè chiamato ad annunciare con i fatti noncon le parole.Infatti si mette all’opera con tutta la suafamiglia per costruire quell’ ”Arca”,crede in quel “Diluvio” pur sotto un solesplendido in pieno cielo azzurro. Nondeve essere stato così facile fare il co-struttore di navi in piena terraferma! Chinon immagina le beffe dei passanti?

Il “ricordo di Dio”Lo shemà è alla base della nostra esi-stenza. La vera svolta che segna lasalvezza di tutta l’umanità è la frase:“Dio si ricordò di Noè” (Gn 8,1).Noè ha capito e sperimentato che unmondo senza Dio non sta in piedi. Ilmondo che si allontana da Dio si allon-tana dalla sorgente della vita e ciò puòportare alla fine, al Diluvio appunto.Dio si ricorda sempre della sua allean-za: “Vi do un segno dell’alleanza cheho stabilito fra me e voi… ho messo ilmio arco tra le nubi” (Gn 9,12-13).L’anello che gli sposi si scambiano ilgiorno delle nozze nella lingua france-se si chiama “alliance”, ossia “allean-za”. È l’impegno a mantenere sopra iltetto della nostra “arca” l’arcobalenodivino.

Tony Piccin

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GRUPPI FAMIGLIA giugno 2003 15

Nella mia famiglia, e penso in molte al-tre, non esiste una liturgia strettamente“pentecostale”... anche se la Pentecosteè parte della vita cristiana stessa.Pentecoste è la potenza dello SpiritoSanto in noi, quindi anche nella fami-glia, nel matrimonio! Come farne ameno? Infatti che cosa è, nella famiglia,fuori dall’influsso dello Spirito Santo?Vogliamo sperare che non ci sia pro-prio nulla!

LA MIA PENTECOSTEAllora comincio raccontando quando hovissuto la mia Pentecoste.Ero cristiana, in quanto battezzata. Ave-vo ricevuto anche il sacramento dellaConfermazione. Ma, col tempo, avevodeciso che erano tutte storie e avevoconcluso che Dio non c’era: era l’uomoche se l’era inventato di sana pianta.Circa dieci anni fa accettai nuovamen-te la presenza di Dio nella mia vita eincominciai a chiedere a Cesare, miomarito, di sposarmi in chiesa. Per gra-zia di Dio e per bontà sua accettò.Per me, il giorno in cui ci sposammo,fu veramente vivere una “Confermazio-ne”, un’adesione cosciente e responsa-bile al Signore (più che la scelta di vi-vere con un uomo che era mio maritoda quasi quattordici anni!).Ero emozionatissima e non riuscivo atrattenere le lacrime. Dissi sì contempo-raneamente a Dio e a Cesare, con unfilo di voce, neanche fossi davvero unanovella sposina! E lo Spirito del Signo-re venne con potenza.Io, che fino ad allora avevo visto nelmatrimonio cristiano un punto d’arrivo(pensando: finalmente ho tutti i requisitiin regola per stare dentro la Comuni-tà), ho incominciato a capire che eroappena partita.Ma la cosa più strabiliante fu che an-che Cesare incominciò a camminarenella stessa direzione. Il Signore è gran-de!Cosa fare, se non cercare di capirecome vivere da cristiani? Cosa fare, senon dire a tutti quello che stavamo sco-prendo, coinvolgendo anche i figli neinostri incontri, campi, ritiri, cambiamentidi vita?Non avevamo altra scelta, perché il Si-

PENTECOSTE,CHE PARTE HA NELLA MIA FAMIGLIA?Se avessi dovuto dire come si vive il Natale, o la Pasqua,nella famiglia, sarebbe stato più facile, in quanto avrei potutoattingere ad una sorta di liturgia familiare, invece…

gnore ci spingeva. Il difficile è stato con-tinuare a correre! Ma il Signore è sem-pre stato pronto a darci delle spinte!

LA PENTECOSTE IN FAMIGLIAC’è poi un aspetto più generale dellaPentecoste che mi pare si possa colle-gare bene alla vita familiare.Con la Pentecoste (At 2,1-13) le lingue,disperse con Babele, vengono ricompo-ste in un unico linguaggio e ognunosente parlare la propria lingua.Anche nelle nostre famiglie noi abbia-mo tante lingue ed ognuno rischia dipercorrere strade solitarie, pur nell’af-follamento della casa.È il caso di marito e moglie che non vi-vono in unità e armonia tra loro; è ilcaso dei figli, che sono presi dai lorointeressi e considerano i genitori un’ine-vitabile palla al piede; è il caso dei ge-nitori che non riescono a comprenderei figli proprio perché li considerano unaloro proiezione.Cosa può unificarci tanto, da farci ac-cettare le diversità con armonia, se nonil linguaggio dell’amore, il linguaggiounificato, universalizzato e vivificatodallo Spirito Santo?È l’amore che ci fa capire come comu-nicare; è l’amore che ci fa capire quan-do è il momento di parlare e quello ditacere.La via dell’Amore è potente, ma non

esercita il potere! Dimentichiamo spes-so che “chi ama è paziente, è rispetto-so, non si adira...” (1 Cor 13).Questo modo di porsi, o meglio di es-sere, è fondamentale per poter soprav-vivere ai figli adolescenti (e perchéquesti sopravvivano a noi!). Ma è an-che il segreto di un duraturo e appa-gante matrimonio.Sovente il nostro modo di amare è trop-po umano, imperfetto, non è modellatosull’amore di Dio.

FAMIGLIA COME PARADISO?Ricordo che, molto tempo fa, ad un in-contro per famiglie, mi fu chiesto di direla più bella qualità di mio marito. Ri-masi esterrefatta nell’accorgermi che sefosse stato da dire un suo difetto nonavrei avuto che l’imbarazzo della scel-ta, ma per i pregi dovevo pensarci!Ringrazio Dio per quell’occasione in cuiho anche preso atto che molte mie “buo-ne qualità” avevano la radice, il fonda-mento, in mio marito, nella sua presen-za al mio fianco, e dovevo esserglienegrata.Nella famiglia si può pregustare il pa-radiso, perché è il luogo dove dovreb-be essere naturale amarsi. Ma comeavrete sperimentato anche voi non lo èpoi tanto.Solo lasciandoci guidare dallo Spiritopotremo godere dei suoi frutti che sono:“amore, gioia, pace, pazienza, benevo-lenza, bontà, fedeltà, mitezza, dominiodi sé” (Gal 5,22).Così la famiglia sarà luogo di paradisoper chi ne fa parte e testimonianza divera comunità cristiana.

Marina Cerri Mezzanatto

VOCABOLARIO

Un Gruppo Famiglia può accogliere alsuo interno persone separate, coppie ri-sposate a condizione che abbiano risol-to i loro conflitti familiari o si siano ri-conciliati con la Chiesa.Al contrario il gruppo non è assoluta-mente attrezzato a reggere e a gestirele tensioni innescate da una crisi dicoppia o da contrasti in famiglia.In altre parole il gruppo non può averefunzioni terapeutiche perché le coppieche ne fanno parte, salvo casi partico-lari, non hanno alcuna preparazione inmerito.Sarà compito, in questi casi, della cop-pia responsabile avvicinare la coppia o

IL GRUPPO TERAPEUTICOla famiglia in crisi per aiutarla, anchecon la collaborazione fondamentale delsacerdote, a trovare una soluzione alproblema, a rivolgendosi a consultori,ad operatori sociali, a psicologi, a grup-pi di mutuo aiuto.In caso contrario il gruppo può diven-tare il luogo in cui il conflitto tra i duetrova sfogo, dove le parti cercano alle-ati per sostenere le proprie posizioni, insintesi diventare, da luogo di crescitaper le coppie che ne fanno parte a luo-go di insicurezza e generatore di ma-lessere. Il risultato sarà l’implosione delgruppo, la sua fine.

Franco Rosada

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GRUPPI FAMIGLIA giugno 200316

• Redazione: Noris e Franco ROSADAvia R. Pilo, 4 - 10143 Torino

• Tel. e Fax 011 759 978• e-mail: [email protected]

Abbonamento annuale: E 10,00Abbonamento sostenitore: E 25,00da versarsi sul C.C.P. 36690287 intestato a:Formazione e Famiglia, Via Pilo, 4 - 10143 Torino

GRUPPI FAMIGLIAsito: http://digilander.libero.it/formazionefamiglia

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Vale la pena rinunciare ad una settima-na di ferie per partecipare ad un cam-po scuola? La coppie che hanno fattoquesta esperienza dicono di sì.

20–27 luglioCori (Latina)Il Vangelo secondo la famigliaRelatori: Valeria e Tony PiccinSacerdote: Padre Luigi BuonocoreInfo: Valeria e Tony Piccin 0423748289

03–10 agostoS. Giovanni di Spello (Perugia)Famiglia generatrice di vitaRelatori: vari rappresentanti di alcunecomunità umbreSacerdote: padre Francesco PellizzerInfo: Valeria e Tony Piccin 0423748289Prà del Torno (Torino)Acquisire una mentalità educanteRelatori: Anna e Guido LazzariniSacerdote: don Piergiorgio GiorgisInfo: Caterina e Renato Baretta 01216314

10–17 agostoPrà del Torno (Torino)Padri e madri per crescere in famigliaa immagine di DioRelatori: Maria Rosa e Franco FaudaSacerdote: don Franco RibottaInfo: Cé l ine e Paolo Albert 0116604152, 349 5397238

17–24 agostoCasteltesino (Trento)Camminare verso la paceRelatori: Monica e Giuseppe GoisisSacerdote: don Paolo BonatoInfo: Valeria e Tony Piccin 0423748289

IL CALENDARIO DEI CAMPI ESTIVIVal Sella (Trento)Famiglia dove sei?Nella quotidianità della società comples-sa la famiglia ritrova la sua identitàRelatori: in fase di definizioneSacerdote: Don Stefano MoinoInfo: Piamaria e Andrea Antonioli 0423755027Gallio (Vicenza)Esperienze di coppia e famiglia nellaSacra Scrittura: sollecitazioni per il no-stro tempoRelatori: Barbara e Adriano ConoriSacerdote: don Fabio BertuolaInfo: Martina e Franco Bergamin 0423723516

19–24 agostoBousson (Torino)Il dono di camminare insieme.Le risorse della famigliaRelatori: Caterina e Claudio Restagno,mons. Luciano PacomioSacerdote: Don Beppe ViglioneInfo: Isabella e Stefano Tomatis 0174329404

ATTENZIONE: SE NON DESIDERATE PIÙ RICEVERE IL GIORNALE RESTITUITELO AL PORTA LETTERE!

In caso di mancato recapito inviare alCRP TORINO NORD CMP per la restitu-zione al mittente previo pagamento resi.

PROGETTOMENTORE

Con il campo del 3-10 agosto a Pràdel Torno si concluderà la formazio-ne di base prevista dal progetto,quindi il parteciparvi è particolar-mente importante.A partire da ottobre si formerannogruppi per tipologie di servizio (fi-danzati, giovani, giovani coppie,genitori di battezzandi…) e per cia-scun gruppo si studieranno percorsidi sostegno.

IL PROSSIMOINCONTRODI COLLEGAMENTOIl 27 e 28 settembrea Santo Stefano Lodigiano.

Il prossimo incontro di collegamento siterrà sabato 27 e domenica 28 settem-bre a S. Stefano Lodigiano (vicino a Pia-cenza) in collaborazione con i GruppiFamiglia della diocesi di Lodi.Sarà con noi, al pomeriggio del saba-to, la dott.ssa Elena Bartolini che ci par-lerà di: “La chiesa che si riunisce nellatua casa”, tema dell’ultima settimana dispiritualità organizzata dalla CEI.In quell’occasione sarà anche eletta lanuova coppia responsabile, essendo or-mai arrivato a scadenza il periodo diservizio per Céline e Paolo Albert.Invitiamo quindi tutti a partecipare epreghiamo le coppie responsabili di nonprogrammare attività in quel fine setti-mana.

WEEK-END PER COPPIECon l’autunno riprenderanno i week-endper coppie a Cavagnolo (TO).Sarà ancora con noi la dott.ssa Braidache ci guiderà in un cammino di cono-scenza di coppia.Il titolo dei week-end è infatti: “Impara-re a conoscersi, la conoscenza di sé perla comprensione dell’altro”.Il fine settimana sarà scandito da quat-tro laboratori su: esercitarsi a comuni-care, ascoltare le emozioni, l’attenzio-ne all’ascolto, ascolto e comunicazione.Vi daremo notizie più dettagliate con ilnumero di settembre.Info: Mariarosa e Franco Fauda, tel.011 9908392.