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forma speciale in www.sanitariasantanna.com [email protected] Anno XI - Sport Comuni Speciale Informa Supplemento al n. 12 dicembre - Finito di stampare il 20/12/2017 COPIA GRATUITA CURIOSITÀ Poche settimana fa è uscita sulle pagine di un quotidiano nazionale la notizia dei tempi record che un’ortopedia milanese ha impiegato per realizzare la maschera di protezione del famoso calciatore Bonucci in seguito alla frattura al naso. Ebbene anche a Ferrara possiamo contare su una simile efficienza. Lo stesso giorno della dimissione dall’ospedale dove era ricoverato per la frattura allo zigomo è stato preso il calco in gesso del viso del giocatore della SPAL Bartosz Salamon. L’Ortopedia Sanitaria Sant’Anna 24 ore dopo ha consegnato la maschera protettiva in carbonio al difensore. Nei giorni successivi il tecnico ortopedico Monica Grazzi provveduto a modificarla fino a trovare una accettabile via di mezzo tra la necessità di proteggere e le esigenze di confort e visibilità del giocatore. Non è la prima volta che Monica è stata chiamata a realizzare ortesi a giocatori della SPAL: prima di Salamon, gli infortuni di Floccari e Schiattarella ed ora anche il polso di Poluzzi hanno reso necessaria la lavorazione di tutori su misura. UN IMPEGNO PER IL BENE Ci siamo immersi nell’inverno, ciascuno con le proprie aspettative e considerazioni: c’è chi apprezza il freddo glaciale e brinato del mattino, per una camminata veloce prima del lavoro, magari con i fedeli amici a quattro zampe; chi non vede l’ora che nevichi, pregustando sciate e ciaspolate in montagna; quelli che finalmente berranno solo acqua del rubinetto, perché alla giusta fresca temperatura; oppure ci sarà chi non vorrà abban- donare il clima più mite e si farà una vacanza in un mare tropicale, fosse anche solo nei suoi sogni; chi alzerà il termostato per rimanere in maglietta corta in casa e chi se ne starà semplicemente alla memoria di Ungaretti con le quattro capriole di fumo del focolare. Mentre scriviamo, i 4 gradi sottozero ci paventano la possibilità di scivolare fin dal pianerottolo di casa e anche se gli pneumatici invernali sono montati, la nostra auto non sembra poi così stabile. Poi ormai è un altro Natale: “Final- mente” “Oh no, ancora” “Un periodo come un altro” “Sarò di turno al lavoro”… cosa ci sentiamo di rispondere in cuor nostro al sopraggiungere di questo momento dell’anno? Possiamo ancora definirlo “speciale”? Chissà se la festa si stia davvero svuotando di significato; se le tradizioni non le conosca più nessuno e se sia solo una corsa all’acquisto dei regali. Quest’ultima cosa può pure essere letta come un segnale positivo: nel nostro conto in banca c’è abbastanza denaro per farli, possediamo una rete di persone care a cui rivolgere la nostra attenzione, abbiamo le idee chiare su cosa ci piace! Un velo di scontentezza o di ansia proprio non ce lo vogliamo togliere di torno; le nostre aspettative sono sempre alte e la realtà in contrasto con quanto ci proponiamo; la dea Fortuna non ci assiste, Bacco ci porta solo problemi di salute, la buona stella cometa non trova il Presepe, e Marte continua a combattere, non si sa più a favore di chi o di che cosa. Non stiamo poi così bene neanche durante tutto il resto dell’anno: qualcuno di noi ha la casa vuota, di persone, di ricordi; i servizi giornali- stici danno l’idea che nulla sia sicuro, niente fedele, duraturo, compe- tente, confortante… e rotoliamo angosciati, sbattendo da una parte all’altra, come su una strada in una discesa di cui non possiamo percepire il panorama, né un pit-stop di rifornimento. Caspita, manca davvero il fiato. Allora, che possiamo fare? Probabilmente assolutamente “niente”. Proprio così: ci sono tante cose che non cambieranno, nonostante i nostri sforzi; ci sono situazioni che rimarranno tali, per le quali nessuno saprà aiutarci e per le quali non esistono rimedi effettivi di ripristino. Focalizziamolo bene. Soffermiamoci a considerarlo, in una temporanea pausa. L’unico aspetto che può veramente cambiare è il nostro modo di approcciarci a questi stati e situa- zioni, la nostra maniera di rielaborare gli eventi, la capacità di resistere, di ricostruire, di capire e di andare oltre; la flessibilità, la creatività; e non ultimo l’amore, per se stessi, per gli altri e per la vita che rimane, nonostante tutto, da vivere. Occorre spostare l’attenzione altrove e conquistare traguardi diversi da quelli che avevamo forse progettato di raggiungere; quello che ancora non abbiamo immaginato o sognato o desiderato potrà divenire un successo gratificante, non per gloria o per denaro, ma per acqui- stata sicurezza in capacità che non credevamo di possedere. Apriamo porte nuove, per apprezzare gli intarsi di quelle vecchie. I migliori auguri di Buone Feste! Silvia Accorsi

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Anno XI - Sport Comuni Speciale Informa Supplemento al n. 12 dicembre - Finito di stampare i l 20/12/2017

COPIAGRATUITA

CURIOSITÀPoche settimana fa è uscita sulle pagine di un quotidiano nazionale la notizia dei tempi record che un’ortopedia milanese ha impiegato per realizzare la maschera di protezione del famoso calciatore Bonucci in seguito alla frattura al naso. Ebbene anche a Ferrara possiamo contare su una simile efficienza. Lo stesso giorno della dimissione dall’ospedale dove era ricoverato per la frattura allo zigomo è stato preso il calco in gesso del viso del giocatore della SPAL Bartosz Salamon. L’Ortopedia Sanitaria Sant’Anna 24 ore dopo ha consegnato la maschera protettiva in carbonio al difensore. Nei giorni successivi

il tecnico ortopedico Monica Grazzi provveduto a modificarla fino a trovare una accettabile via di mezzo tra la necessità di proteggere e le esigenze di confort e visibilità del giocatore. Non è la prima volta che Monica è stata chiamata a realizzare ortesi a giocatori della SPAL: prima di Salamon, gli infortuni di Floccari e Schiattarella ed ora anche il polso di Poluzzi hanno reso necessaria la lavorazione di tutori su misura.

UN IMPEGNO PER IL BENE

Ci siamo immersi nell’inverno, ciascuno con le proprie aspettative e considerazioni: c’è chi apprezza il freddo glaciale e brinato del mattino, per una camminata veloce prima del lavoro, magari con i fedeli amici a quattro zampe; chi non vede l’ora che nevichi, pregustando sciate e ciaspolate in montagna; quelli che finalmente berranno solo acqua del rubinetto, perché alla giusta fresca temperatura; oppure ci sarà chi non vorrà abban-donare il clima più mite e si farà una vacanza in un mare tropicale, fosse anche solo nei suoi sogni; chi alzerà il termostato per rimanere in maglietta corta in casa e chi se ne starà semplicemente alla memoria di Ungaretti con le quattro capriole di fumo del focolare. Mentre scriviamo, i 4 gradi sottozero ci paventano la possibilità di scivolare fin dal pianerottolo di casa e anche se gli pneumatici invernali sono montati, la nostra auto non sembra poi così stabile.Poi ormai è un altro Natale: “Final-mente” “Oh no, ancora” “Un periodo come un altro” “Sarò di turno al lavoro”… cosa ci sentiamo di rispondere in cuor nostro al sopraggiungere di questo momento dell’anno? Possiamo ancora definirlo “speciale”? Chissà se la festa si stia

davvero svuotando di significato; se le tradizioni non le conosca più nessuno e se sia solo una corsa all’acquisto dei regali. Quest’ultima cosa può pure essere letta come un segnale positivo: nel nostro conto in banca c’è abbastanza denaro per farli, possediamo una rete di persone care a cui rivolgere la nostra attenzione, abbiamo le idee chiare su cosa ci piace!Un velo di scontentezza o di ansia proprio non ce lo vogliamo togliere di torno; le nostre aspettative sono sempre alte e la realtà in contrasto con quanto ci proponiamo; la dea Fortuna non ci assiste, Bacco ci porta solo problemi di salute, la buona stella cometa non trova il Presepe, e Marte continua a combattere, non si sa più a favore di chi o di che cosa.Non stiamo poi così bene neanche durante tutto il resto dell’anno: qualcuno di noi ha la casa vuota, di persone, di ricordi; i servizi giornali-stici danno l’idea che nulla sia sicuro, niente fedele, duraturo, compe-tente, confortante… e rotoliamo angosciati, sbattendo da una parte all’altra, come su una strada in una discesa di cui non possiamo percepire il panorama, né un pit-stop di rifornimento.Caspita, manca davvero il fiato.

Allora, che possiamo fare? Probabi lmente assolutamente “niente”. Proprio così: ci sono tante cose che non cambieranno, nonostante i nostri sforzi; ci sono situazioni che rimarranno tali, per le quali nessuno saprà aiutarci e per le quali non esistono rimedi effettivi di ripristino. Focalizziamolo bene. Soffermiamoci a considerarlo, in una temporanea pausa. L’unico aspetto che può veramente cambiare è i l nostro modo di approcciarci a questi stati e situa-zioni, la nostra maniera di rielaborare gli eventi, la capacità di resistere, di ricostruire, di capire e di andare oltre; la flessibilità, la creatività; e non ultimo l’amore, per se stessi, per gli altri e per la vita che rimane, nonostante tutto, da vivere. Occorre spostare l’attenzione altrove e conquistare traguardi diversi da quelli che avevamo forse progettato di raggiungere; quello che ancora non abbiamo immaginato o sognato o desiderato potrà divenire un successo gratif icante, non per gloria o per denaro, ma per acqui-stata sicurezza in capacità che non credevamo di possedere. Apriamo porte nuove, per apprezzare gli intarsi di quelle vecchie.I migliori auguri di Buone Feste!

Silvia Accorsi

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2 Anno XI - Sport Comuni Speciale Informa Supplemento al n. 12 dicembre 2017

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Rubrica a cura del Dott. Armando Francesco Cervini

Medico ChirurgoSpecialista in Ortopedia e Traumatologia

UO di Ortopedia Casa di Cura Santa Maria Maddalena

OCCHIOBELLO (ROVIGO)[email protected]

I menischi sono due strutture fibro cartilaginee a forma di semiluna: il menisco mediale nella parte interna del ginocchio, ed il contrap-posto menisco laterale, inter-posti tra la cartilagine dei condili femorali e del piatto tibiale. La loro sezione è grossolanamente trian-golare. La parte più alta si inserisce sulla capsula del ginocchio, cioè su quella struttura che avvolge e stabilizza tutta l’articolazione, mentre il margine libero va a frapporsi tra le cartilagini. Sono composti di fibre collagene dense, fittamente incrociate, disposte in una trama che confe-risce grande elasticità, ma anche capacità di resistenza alla compressione.Sono vascolarizzati solo nella parte adiacente alla loro inser-z ione capsulare e questo purtroppo, riduce il potenziale riparativo in caso di lesioni. I menischi sono importanti per la completa funzionalità del ginocchio. Essi, infatti, fungono da “guarnizione” tra la superfici articolari e permettono quindi di distribuire il carico su un area di contatto maggiore, proteggendo in questo modo, la cartilagine da forme di compressione. Contri-buiscono inoltre, alla stabilità del ginocchio stesso in sinergia con le altre strutture legamentose. Nei traumi distorsivi a media o alta energia, come quelli che si possono realizzare durante le attività sportive, o anche in caso di incidenti stradali e sul lavoro, i menischi possono riportare delle lesioni che talvolta si associano al altre rotture legamentose. Dolore, movimento limitato del ginocchio e deambulazione difficoltosa sono in genere i sintomi più comuni in

questi casi, cui spesso si associa un versamento di liquido all’interno del ginocchio che contribuisce a creare una sensazione di “tensione intrarticolare”. La morfologia di alcune rotture meniscali presenta un “flap”, cioè un piccolo lembo libero di menisco, che può intralciare la meccanica articolare. In taluni casi,

si può avere una lesione cosiddetta a “manico di secchio”, dove la parte del menisco rotto viene completa-mente capovolta e lussata nell’ar-ticolazione, cosi come si fa nel ribaltare il manico di un comune secchio, ed è spesso responsabile di un vero e proprio blocco articolare del ginocchio.

I menischi, tuttavia, non sono indenni da processi degenerativi che spesso si presentano non solo per l’invecchiamento della fibro cartilagine ma perché sottoposti a carichi alterati. Infatti l’aumento del peso corporeo, gli scompensi muscolari, e le deformità degli arti

inferiori, sottopongono le strutture meniscali ad uno stress continuo con conseguente degenerazione. Si comprende quindi, che in questi casi, spesso, il menisco degenerato è all’interno di un’articolazione che presenta anche altri aspetti di soffe-renza. Il menisco degenerato può andare incontro a rottura anche

con minimi traumi distorsivi, avendo perso le natie caratteri-stiche di elasticità e resistenza. Nelle lesioni meniscali su base degenerativa nella maggior parte dei casi, manca nell’anamnesi un evento traumatico o distorsivo valido. Il Paziente riferisce un dolore divenuto via via più invali-dante nelle settimane, fino a limitare le attività quotidiane. Il dolore usualmente compare quando si salgono e scendono le scale, quando ci si accovaccia ed anche in questo caso può essere associato al versamento articolare. I dati anamnestici e l’esame o b i e t t i v o d e l g i n o c c h i o permettono allo specialista di sospet tare una les ione

meniscale. La risonanza magnetica consente di avere una conferma strumentale precisa ed affidabile, poiché studia molto bene le strutture meniscali, legamentose e carti-laginee. L’anatomia della lesione è fondamentale per guidare la scelta terapeutica, infatti, come già detto, i menischi ricevono vasco-larizzazione, ossia apporto diretto di sangue, solo nella loro parte periferica e pertanto solo le lesioni di questa zona potrebbero andare incontro a processi riparativi. Il trattamento dipende non solo dal tipo di lesione ma anche da molteplici altri fattori come l’età, l’attività sportiva, i tempi di ripresa

delle attività e dovrebbe anche tener conto delle conseguenze sul medio e lungo termine. Di base l’approccio moderno nel tratta-mento delle lesioni meniscali è rivolto a  preservare la maggiore quantità di menisco possibile. Nelle lesioni stabili ed isolate può essere valutato il trattamento conser-vativo, che prevede nelle prime fasi riposo, scarico dell’articolazione e a seguire un periodo di riabilita-zione per la ripresa delle attività. Anche nei trattamenti chirurgici, che oggi vengono eseguiti tutti in artro-scopia, vale la regola di preservare la parte sana del menisco. Di fronte a lesioni con frammenti liberi o lussati o rotture in zone non vasco-larizzate, il trattamento chirurgico indicato è la meniscectomia artro-scopica selettiva, cioè la rimozione del menisco lesionato preservando la parte sana e stabile del menisco. Le lesioni che interessano zone vascolarizzate possono essere suturate, quindi riparate sempre in artroscopia, sia pure con dei tempi di convalescenza maggiori. Infine, il trapianto del menisco può essere una opzione chirurgica riservata a Pazienti giovani che hanno riportato lesioni estese del menisco in traumi complessi del ginocchio.

LE LESIONI MENISCALIPROBLEMA PER GIOVANI E MENO GIOVANI

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3Anno XI - Sport Comuni Speciale Informa Supplemento al n. 12 dicembre 2017

La metatarsalgia è un d i s t u r b o d e l l a zo n a a v a m p o d a l i c a c o n origine multifattoriale che può affliggere 1 o più teste metatarsali e che si manifesta con algia e impedimento, a volte, della deambulazione. Le origini di questa patologia possono essere molteplici: dalle malattie sistemiche a quelle biomeccaniche oppure da a l terazioni strutturali.Per una corretta terapia è fo n da me n t a l e una precisa e attenta diagnosi per identificare la causa del dolore ed intervenire con un trattamento efficace. Una delle diagnosi differenziali più importanti è quella con il Neuroma Di Morton per la quale è molto utile un’ecografia delle parti molli dell’avampiede. Solitamente la causa più frequente di metatarsalgia è di or ig ine biomeccanica, dunque dovuta all’appoggio del piede e dei suoi movimenti durante il ciclo del passo. Molto influenti in questa patologia sono le ca lza tu re u t i l i z za te, infat t i , in base a l tacco che possiedono possono influenzare lo

spostamento del carico corporeo da posteriorizzato ad anteriorizzato e, quindi, aumentare il peso nella zona metatarsale. Ancor più di rilievo risulta essere nello sportivo, nel quale si deve analizzare il gesto atletico che compie nella disciplina sportiva per identificare le anomalie che por tano a l sovraccar ico dell’avampiede.La metatarsalgia può avere due forme acuta o cronica; la forma acuta presenta dolore, spesso anche a riposo, e tumefazione delle parti molli plantari senza

riscontro di ipercheratosi cutanea (callosità), mentre quella cronica è caratterizzata dalla presena di sintomatologie dolorose che compaiono in modo specifico in seguito ad un certo periodo di stazione eretta o di deambulazione, in aggiunta alla presenza di callosità importanti.Come terapia, quando la causa è di origine biomeccanica e quindi dovuta da un errato appoggio, il trattamento conservativo più efficace è la terapia ortesica plantare. Infatti, dopo un attento esame obiettivo

e un’analisi della deambulazione, si possono individuare le cause primarie dell’errato appoggio e

quindi real izzare un plantare su misura che compensi le alterazioni del piede che provocano i l s o v r a c c a r i c o m e t a t a r s a l e . N e l l a p r o g e t t a z i o n e d e l plantare si valutano le zone di ipercarico de l l ’avampiede che identificano i punti in cu i ve r ranno c reat i scarichi mirati. Queste z o n e d i s c a r i c o servono a migliorare l a d i s t r i b u z i o n e d e l l a p r e s s i o n e e conseguentemente ad alleviare il dolore.

L’osteoporosi consiste in una riduzione della massa ossea e dal deterioramento della micro-architettura del tessuto osseo. Queste modificazioni comportano un aumento della fragilità con rispettivo rischio di frattura in seguito ad un evento traumatico, coma una caduta. Le conseguenze possono portare a tempi di ricovero prolungati, dolore cronico e disabilità, con aumento di costi per il sistema sanitario nazionale.Le fratture da osteoporosi più frequentiI siti anatomici più comunemente colpiti da questo tipo di fratture sono l’anca, la spina dorsale e i polsi. La frat tura del l’anca è la più frequente, con l’aggravio maggiore per i costi della sanità. Il 30% dei soggetti che si fratturano un’anca non riescono a recuperare lo stato funzionale ad un anno dall’evento traumatico. In oltre, chi ha una storia di fratture dell’anca c’è un aumento del rischio di mortalità stimato del 30%, con percentuale maggiore nei maschi (37.5%).Le fratture vertebrali da osteoporosi sono spesso asintomatiche. Sono un tipo di frattura che presentano rischi di comorbidità, mortalità e ospedal izzazione maggiore

rispetto alle altre fratture da fragilità. Le fratture al radio distale sono comunemente associate ad un trauma diretto e sono più frequenti nelle donne tra i 45 e i 65 anni. Anche questa topologia di frattura è associata ad un aumento del rischio di ulteriori fratture e mortalità, ma in modo minore.

Il rimodellamento osseoAnche se la maggior parte (60-80%) delle variazioni della composizione ossea è attribuibile a fattori genetici, l ’osso è un tessuto dinamico soggetto a rimodellamento continuo. Questo processo di rimodella-mento è mediato dagli osteo-blasti, responsabili della formazione ossea, e dagli osteoclasti, respon-sabili del riassorbimento. Lo stile di vita e i fattori ambientali come la

nutrizione, il fumo, l’alcool e gli stimoli meccanici contribu-iscono circa del 20-40% sulla variazione della qualità ossea. Per esempio, è risaputo che lunghi periodi di inattività e carico meccanico a livello osseo ha effetti negativi, con perdita di massa ossea. Al contrario, stimoli meccanici dettati dall’attività fisica e dalla massa muscolare determinano un aumento della densità ossea. Ciononostante, questo

effetto non è ancora dimostrato in tutti i tipi di attività fisica.

L’esercizio in acqua fa bene alle ossa?

L’esercizio in ambiente acquatico viene spesso raccomandato nelle popolazioni fragili. Infatti, presenta un ridotto rischio di fratture da trauma e le articolazioni sono sotto-poste ad un carico grazie al galleg-giamento. Questo lo rende allettante per la popolazione anziana, appor-tando benefici a livello muscolare e cardiovascolare. I benefici a livello osseo, però, non sono ancora chiari. Per cercare di dare una risposta, un gruppo di r icerca Austra-liano ha pubblicato nel 2017 una revisione sistematica della lette-ratura prendendo in considera-zione uomini e donne sani o con

diagnosi di osteoporosi o osteo-penia. Gli interventi motori compren-devano esercizio in acqua o a terra, e gli studi potevano avere o meno un gruppo di controllo sedentario.Esercizio in acqua vs gruppo sedentarioLa sedentar ietà compor ta del deterioramento del tessuto osseo. Praticare esercizio fisico in ambiente acquatico, comporta dei miglio-ramenti significativi sulla densità minerale ossea a livello della colonna lombare e del collo del femore.

Esercizio in acqua vs esercizio a terra

Confrontando l’esercizio acquatico con quello a terra, quest’ultimo porta dei benefici maggiori sulla densità ossea della colonna lombare, mentre la densità ossea a livello della testa del femore non cambia tra le due tipologie di esercizio.In conclusione, si può confermare che l’esercizio a terra è più efficace dell’esercizio in acqua per migliorare la salute ossea. Tuttavia, rispetto ad uno stile di vita sedentario, l’eser-cizio in acqua comporta comunque dei benefici ed utile per cercare di coinvolgere persone seden-tarie alla pratica di attività motoria. I benefici aumentano quanto più il l’allenamento è intenso, frequente e duraturo nel tempo.

METATARSALGIA: CAUSE E RIMEDI

Rubrica a cura del Podologo Dott. Giacomo Sella

Studio di Via Bologna, 68 - FerraraSu appuntamento: 0532/798230

Il podologo

SALUTE OSSEAESERCIZIO IN ACQUA E A TERRA

Rubrica a cura del Centro Attività Motoria AdattataEsercizio VitaIl Movimento è un Bisogno...l’Esercizio è VitaTel. 0532 747914www.eserciziovita.ite-mail: [email protected]

At tività Fisica

Baropodometria statica senza plantari

Baropodometria statica con plantari

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4 Anno XI - Sport Comuni Speciale Informa Supplemento al n. 12 dicembre 2017

Una malattia si definisce rara quando la sua prevalenza, intesa come il numero di casi presenti su una data popolazione, non supera una soglia stabilita. In UE la soglia è fissata allo 0,05 per cento della popolazione, ossia  5 casi su 10.000 persone. Il numero di malattie rare conosciute e diagnosticate oscilla oggi tra le 7.000 e le 8.000, ma è una cifra che cresce con il progredire degli studi in materia e, in parti-colare, con i progressi della ricerca genetica.  Stiamo dunque parlando non di pochi malati ma di milioni di persone in Italia e addirittura decine di milioni in tutta Europa.  Secondo la rete Orphanet Italia nel nostro paese i malati rari sono 2 milioni e il 70 per cento sono bambini. In base ai dati coordinati dal registro nazionale malattie rare dell’Istituto superiore di sanità,  in Italia si stimano 20 casi di malattie rare ogni 10.000 abitanti e ogni anno sono circa 19.000 i nuovi casi segnalati. Il 20% delle patologie riguarda pazienti in età pediatrica (di età inferiore ai 14 anni), tra i quali le malattie rare che si manifestano con maggiore frequenza sono le malformazioni congenite (45%) e le malattie delle ghiandole endocrine, del la nutr iz ione, del metabo-lismo e disturbi immunitari (20%).  Per i pazienti in età adulta, invece, le frequenze più alte appartengono al gruppo delle malattie del sistema nervoso e degli organi di senso (29%) e delle malattie del sangue e degli organi ematopoietici (18 %).

La maggior parte di tali malattie, spesso croniche, progressive e debilitanti, ha un’origine genetica (70-80%), mentre la restante parte è causata da infezioni, disturbi allergici e autoimmuni, avvele-namento e cause sconosciute. Per queste patologie i farmaci orfani possono quindi essere definiti come farmaci distri-buiti dall’indu-s t r i a f a r m a -c e u t i c a c o n m i l l e d i f f i -coltà, ma che r i s p o n d o n o ad un grande b i s o g n o d i salute pubblicaA causa della bassa incidenza possono quindi d e t e r m i n a r s i due condizioni, s t r e t t a m e n t e legate tra loro: la difficoltà di riconoscere, diagno-sticare una certa malattia e la possi-bilità di avere farmaci efficaci a disposizione in tempi rapidi.

I   f a r m a c i o r f a n i   s o n o quei  medicinali  potenzialmente utili per trattare una malattia rara. A tutela di questo bisogno, nell’in-tento di promuovere lo sviluppo di tali farmaci a garanzia dell’e-quità nell’accesso ai trattamenti, i paesi industrializzati hanno intro-dotto specifiche misure di supporto, per le quali sono stati definiti i criteri economici e/o epidemiologici

per la designazione dello stato di “orfano” ed una conseguente serie di incentivi per promuovere la ricerca su questo tipo di farmaci a livello industriale. Dopo l’entrata in vigore dell’Orphan Drug Act negli USA (1983), in Giappone (1993), Australia (1997) e successivamente nell’U-nione Europea (2000) sono state

approvate leggi per incentivare le compagnie farmaceutiche e biotecnologiche a d i n v e s t i r e ne l l a r i ce rca s u i f a r m a c i o r f a n i a t t r a -verso agevola-zioni fiscali ed esclusiv i tà di mercato.

È l ’es i s tenza s t e s s a d i u n n u m e r o

sempre maggiore di terapie per malattie che prima non avevano alcuna cura a dimostrare che non mancano né ricerca né interesse. Dal 2000 a oggi oltre 1160 molecole hanno ricevuto la designazione di ‘farmaco orfano’. Questo vuol dire che team di esper ti, nel 90% circa dei casi finanziati da aziende si sono messi all’opera per trovare soluzioni a malattie rare. Tuttavia, nonostante i l grande numero di molecole candidate a diventare farmaci, poco meno di un centinaio hanno superato tutte le fasi della sperimentazione e sono

arrivate ai pazienti: meno del 9% del totale. Tutte le altre molecole non si sono dimostrate valide, sono ancora in fase di sperimentazioni oppure attendono ancora di completare gli iter burocratici per poter entrare sul mercato. Perché i tempi della ricerca sono lunghi e le basi di molte malattie rare sono state chiarite solo da poco.L’attenzione nei confronti delle malattie rare, anche attraverso il lavoro delle associazioni dei malati, delle campagne di sensibilizzazione e gli incentivi previsti per la ricerca e la commercializzazione di farmaci che altr imenti non potrebbero avere un bacino sufficiente per garantire il r itorno economico, sta giustamente puntando il faro sulla necessità di non dimenticare nessuno, di non emarginare malati e creare categorie: malati di serie A e di serie B in base all’ incidenza e riconoscibilità della loro condi-zione. Una questione etica, che deve legare ricerca e cura in una visione complessiva di sanità pubblica.

Rubrica a cura della Dr. Stefano Gamberini AFM

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5Anno XI - Sport Comuni Speciale Informa Supplemento al n. 12 dicembre 2017

I l precedente ar t icolo s i può riassumere in tre punti fondamentali:- Il primo punto è un paradosso: “un muscolo rigido diventa debole... per essere troppo forte”.- Il secondo è che il muscolo può essere paragonato a un elastico: l’energia immagazzinata dall’al-lungamento che gli viene prodotto l a r e s t i t u i s c e quando questo smette di essere sollecitato (legge di Hooke). - Il terzo sono i “ f r e n i ” i n e v i -tabili che l’attività sportiva genera e amplifica.

I f ren i possono essere: la musco-lazione errata e/o eseguita male, il suo eccesso, i l suo potenziamento ind i f ferenz iato. Spesso l’at t iv i tà sportiva non viene svolta nelle condizioni ottimali (mancanza di tempo, stress, dieta sbagliata ecc). Preparatori atletici e/o allenatori sovente “inseriscono” sedute di allungamento della durata di pochi minuti alla fine o all’inizio dell’allenamento del singolo atleta o della squadra, come se fosse “un’appendice”, senza dare la giusta importanza del perché farlo, sulle modalità di esecuzione (come), la sua tempistica (quando), ma soprat-tutto quali regole bisogna seguire affinché l’allungamento sia efficace.

I dif ferenti modi di allungare i muscoli (statici soprattutto), al di là della loro tendenza fisiologica alla retrazione, non solo si assomigliano, tranne qualche variante, ma spesso rivelano grande empirismo.Ciò non è una critica in sé, sappiamo che l’empirismo non è altro che lo sfruttamento di “ricette” che hanno il merito di avere un’efficacia... temporanea, ma i risultati che si ottengono con tali metodi sono destinati a non avere successo. Se invece si applicano principi e regole ben precise, i risultati che si otter-ranno non saranno conseguiti per puro caso, la loro caratteristica sarà la ripro-ducibilità ogni qual volta ce ne sia bisogno e saranno di lunga durata. Questo modo di vedere le cose ci impone di proporre soluzioni logiche ed efficaci ai problemi correlati alla pratica sportiva e non solo.

Essere sintetico, rendere interes-sante e “piacevole” un esposto tecnico altamente specifico è molto difficile; onde evitare il pericolo di snaturare i concetti, che per alcuni saranno totalmente nuovi, rimando

il lettore curioso ad approfondire l’argomento; se è anche un fautore e amante del web, a consultare LE LEGGI DELLA FISICA DELLA MATERIA che regolano il compor-tamento dei materiali visco-e-lastici così detti “docili” sotto-posti a stress, cioè a freddo e/o

riscaldati e dei Polimeri Fibrosi poco reticolati. Alcune di queste leggi possono essere applicate al sistema muscolo-tendineo perché il suo comportamento è sovrappo-nibile a quello dei materiali, con la RISERVA che il sistema muscolare NON È un materiale inerte NÉ omogeneo, ma è materia vivente.Ogni materia vivente si differenzia da quella inerte per la sua capacità d i autoregolamentazione, s ia quando tale sistema è a riposo sia come riscontro alle sollecitazioni esterne che richiedono una risposta muscolare; ergo, rimando sempre il lettore curioso a consultare anche il Sistema Nervoso Centrale che regola questi comportamenti.La proprietà di un corpo elastico di mantenere una lunghezza perma-nente in seguito a un certo allunga-mento si chiama “deformabilità”. I suoi principi, relativamente semplici, sono in parte trasferibili anche a livello delle differenti fibre muscolari contenute nel muscolo con le dovute riserve, vale la pena sottolinearlo ancora, sopra citate.

Ess i r ispondono a l la formula semplificata:

Questa formula mette in evidenza che la lunghezza guadagnata è direttamente proporzionale al tempo di trazione; ciò significa che gli stira-menti prolungati mantenuti più a lungo possibile sono più efficaci delle trazioni brevi che di solito sono anche brusche.La lunghezza supplementare ottenuta è direttamente legata alla forza di estensione esercitata sul

muscolo.È possibile allungare “qualcosa” senza mettervi la forza necessaria, o addirittura la deformazione può continuare a progredire in caso di una diminuzione relativa della forza di trazione?La legge di Hooke dei materiali,

a p p l i c a t a a l t e s s u t o m u s c o l a r e , dimostra che la deformazione del mater ia le e qu ind i de l m u s c o l o è proporzionale alla trazione al quale è sotto-p o s t o e d è t o t a l m e n t e r e v e r s i b i l e ; o t t e n i a m o che l ’energia immagazzinata q u a n d o l a tensione smette d i e s i s t e r e viene restituita; q u e s t a f a s e

viene chiamata ELASTICA ed è mostrata chiaramente nel relativo grafico.Se la trazione continua, il grafico dell’andamento del comportamento del muscolo ha un ulteriore sviluppo; si passa al modello di YOUNG. Tale grafico dimostra e mostra chiara-mente che una volta che il muscolo ha superato la fase ELASTICA passa nella fase PLASTICA; in questa fase si ottiene la deformazione definitiva del muscolo.

Per quanto riguarda il coefficiente di elasticità (proprietà intrinseca del materiale) presenta anch’esso un paradosso: esso è tanto più elevato quanto più il materiale è elastico; al contrario più la materia è rigida più il coefficiente è basso, di conseguenza la materia ha più possibilità di deformarsi. I materiali flessibili, con un alto coefficiente si deformano poco (il tasso di defor-mazione si chiama FLUAGE). Inver-samente, più il materiale è rigido (basso coefficiente) più fluisce, cioè può presentare un alto tasso di lunghezza guadagnata dopo la trazione. Anche questo modello lo possiamo applicare ai tessuti

muscolari.U n i t a m e n t e a l t e m p o , i l c o e f f i c i e n t e ci permette di rispondere alla d o m a n d a d i

cui sopra in modo affermativo. L’aumento del tempo di stira-mento permette di diminuire la forza di trazione.Questo conferma che i tessuti sono più estensibili se portati a tempe-rature più elevate, ma fluiscono poco (Lehmann et al.,1970; Warren e Lehmann,1976; Woo et al.,1987; Safran et.,1988; Nooman et al.,1993).Al lo stesso modo, l ’ampiezza

articolare aumenta dopo il riscal-damento (Wiktorsson et al.,1983; Henricson et al.,1984; Taylor et al.,1995; Stewar t ey al.,1998). Tuttavia gli allungamenti ottenuti in tali condizioni sono solo TEMPO-RANEI (Sapega et al.,1981) cioè non raggiungono la fase plastica.A parità di tensione la defor-mazione è durevole solo se il tessuto muscolare è allungato a “FREDDO”.O G N I R I S C A L D A M E N T O MUSCOLARE CHE PRECEDE LO STIRAMENTO È QUINDI DA EVITARE.” (Sapega et al.,1981).Questo “modo” di concepire l’allun-gamento ci permette di trattare muscoli dolenti e affaticati dopo uno sforzo muscolare intenso o patologie non necessariamente collegate all’attività sportiva e di intervenire anche negli stati dolorosi acuti muscolo-schele-trici ove la soglia del dolore si è abbassata; il corpo è più reattivo agli stimoli mettendo in atto atteg-giamenti di difesa antalgica, peggio-rando il quadro acuto.Tutto ciò condanna in modo formale e definitivo le trazioni di breve durata (i famosi 30,40,60 sec) che di solito sono anche violente in termini di entità di forza applicata. È provato che lo stiramento muscolare non aumenta la superficie trasversale del muscolo (cross section area) ma non riduce la sua forza, cosa di cui sono convinti erroneamente molto atleti che quindi non includono gli allungamenti nella loro pratica sportiva. Si ribadisce che un allungamento svolto nelle modalità (come) e con una tempistica (quando) corretta che segue le leggi spiegate preceden-temente non provoca una riduzione della forza.I vari elementi che costituiscono il muscolo presentano caratteri-stiche viscose, elastiche e plastiche diverse che condizionano le reazioni allo stiramento. Quando la trazione supera la soglia di elasticità i legami crociati trasversali tra i filamenti di collagene cedono, provocando una modificazione strutturale (Lieber et al.,1996; Lieber et Friden,2002;). I tendini e il sistema fasciale, in misura minore, sono resistenti allo stiramento grazie all’organizza-zione longitudinale delle loro fibre e sono costituiti da un materiale più “secco”; queste caratteristiche si

Rubrica a cura del Dott. Michele Mardegan

FisioterapistaCentro di Medicina dello Sport

AUSL - FERRARA

Fo cus

CONSIDERAZIONI SUI MITIII PARTE: I PRINCIPI FISICI DELL’ALLUNGAMENTO

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TASSO DI LUNGHEZZA = GUADAGNATA

TASSO DI ALL. TEMPORANEO x TEMPO DI

STIRAMENTO

COEFFICENTE DI ELASTICITÀ

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6 Anno XI - Sport Comuni Speciale Informa Supplemento al n. 12 dicembre 2017

Fo cus CONSIDERAZIONI SUI MITI - II PARTE: I PRINCIPI FISICI DELL’ALLUNGAMENTO>>> Michele Mardegan

avvicinano alle proprietà plasto-e-lastiche, quindi più suscettibile a fluire. Per quanto riguarda la viscosità dipende essenzialmente dalla cattura dell’acqua all’interno delle strutture reticolate. Il carattere più o meno viscoso dipende fonda-mentalmente dal peso molecolare.

Riassumendo: a livello micro-scopico lo scopo del fluage è quello di provocare una riorga-nizzazione della conformazione delle catene macromolecolari in una posizione di maggiore lunghezza (vedi figura). [Da Riedu-cazione Posturale Globale RPG-Il metodo, Ed. Masson, 2011.] I materiali organici, non essendo omogenei, possiedono vari elementi che presentano, attraverso il fluage, differenze di resistenza allo stira-mento e di capacità di allunga-mento. Durante lo stiramento la tensione aumenta prima nelle strutture muscolo-fibrose che per natura o per patologia sono meno

estensibili.L a c o n t r a z i o n e m u s c o l a r e

concentrica è in effetti l'essenza di ogni attività sportiva, per quanto

essa possa essere raccomandata e consigliata, ma porta inevitabilmente a l l ’aumento del la r ig idi tà del muscolo stesso e di conseguenza a quella articolare. Si può definire rigidità un sistema di risorse che ha la capacità di resistere alle forze interne o esterne che agiscono sulle articolazioni e di riprendere la lunghezza di origine dopo l’allungamento. Si può misurarla attraverso la forza necessaria per produrre tale defor-mazione e allungamento. Questa “competenza” si sintetizza col nome STIFFNESS.L’allungamento muscolare è quindi indispensabile anche perché “combatte” un’eccessiva rigidità in seguito alla pratica sportiva ripetuta a prevalenza “concentrica”, permettendo al sistema muscolare di mantenere un’elasticità tale da mettere il corpo nelle migliori condizioni per garantire le performance motorie ottimali nel tempo.

Da “Rieducazione Posturale Globale RPG-Il metodo” - Ed Masson, 2011

Il termine di “piede piatto” sta generi-camente ad indicare la classica sindrome pronatoria dell’infanzia e dell’adolescenza, definibile, in senso funzionale, come eccesso di prona-zione durante la fase d’appoggio. È opinione comunemente accettata che nella primissima infanzia la grande maggioranza dei bambini abbia un piattismo del piede dovuto sia alla presenza di abbondante tessuto adipose sottocutaneo a livello dell’arco plantare sia all’e-levata elasticità legamentosa propria di questa età. La formazione della volta plantare si completa entro i 4 anni ed è solo dopo tale età che il piattismo idiopatico può conside-rarsi patologico.In termini anatomici la sindrome è caratterizzata da un affondamento della testa astragalica nello spazio vuoto fra calcagno e scafoide con cedimento del legamento calca-neo-scafoideo plantare (detto altri-menti spring ligament, per la sua capacità di ritorno elastico simile ad una molla).Gli elementi indiretti di supporto del legamento, in primis il tendine tibiale posteriore, sono cosi sottoposti ad un lavoro eccessivo, come pure tutte le strutture di sostegno della voltaplantare, quali quadrato della pianta e sistema achilleo-cal-caneo plantare.

ESAME CLINICO E STRUMENTALE

L’aspetto morfologico dei piedi di tali bambini in appoggio monopo-dalico non è univoco, tuttavia è caratterizzato, come elemento distintivo, da un marcato valgo del calcagno, cui può associarsi o meno la caduta della volta p lanta re con ca ra t te r i s t ico

allargamento dell’istmo al podogramma.N e i c a s i p i ù g r a v i compare una caratte-r istica convessità del profilo mediale del piede ed una concavità laterale. La convessità mediale può essere accentuata da una procidenza esagerata del profilo mediale dello scafoide, all’inserzione del tendine tibiale posteriore, oppure per la presenza dell’os tibialis externum, osso accessorio.Sempre nell’osservazione statica, in carico bipodalico, eseguendo la manovra d i iperestens ione dell’alluce (detta jack’s test) si nota un riallineamento del retro-piede ed una scomparsa della volta plantare, con normalizzazione dell’appoggio. Questo non avviene nel piede piatto contratto per presenza di sinostosi astragalo-cal-caneare o calcaneo-scafoidea. L’esame clinico viene completato dal esame podoscopico statico, che permette di osservare l’appoggio del

piede, con rilievo del podogramma. Importante è la valutazione dinamica del passo per una pronta visualizza-zione della morfologia dell’appoggio. L’esame radiografico, obbligato-riamente in carico, ed in rari casi, la TC e RMN completano lo studio del paziente. L’esame Rx in carico permette infatti di apprezzare facil-mente i segni dello scivolamento astragalico.

IL TRATTAMENTO CHIRURGICO

La correzione chirurgica viene proposta in quei casi in cui dopo

un adeguato periodo di osserva-zione, il piede risulti sintomatico (facile stancabilità nel manteni-mento della posizione eretta e durante la deambulazione) o con grado di piattismo elevato ed ha lo scopo di permettere il ripristino di una buona funzione statica e dinamica del piede.La mancata cura del piede piatto valgo in età evolutive porta alla strutturazione dell’alterazione morfologica e funzionale del piede.Il piede piatto valgo dell’a-dulto frequentemente porta alla comparsa, più o meno precoce, di sintomi quali dolori, facile stanca-bilità e successivamente può in alcuni casi sfociare in artrosi per

la quale gli interventi chirurgici sono sicuramente molto più invasivi e richiedono degenze più impegnative.Riteniamo che l’età corretta per sottoporre i bambini alla correzione chirurgica sia quella compresa tra i 8 e i 14 anni.La soluzione chirurgica consente nel realizzare un arresto parziale dello scivolamento inserendo una protesi tra astragalo e calcagno. Questa protesi ha la funzione, in termini corretti, di creare un arresto pronatorio, cioè limitare l’eccesso di pronazione dell’articolazione sottoa-stragalica (effetto di calcaneo stop) e poi, con la crescita del piede, facilitare lo spontaneo ritensiona-mento dei legamenti interni. È un intervento che si esegue in sedoa-nalgesia, la ferita chirurgica è sulla faccia esterna della caviglia sotto il malleolo, solitamente si applicano 2-3 punti di sutura con filo riassorbibile, dopo l’intervento viene applicato uno stivaletto gessato

LA RIMOZIONE DELL’ENDORTESI

A correzione ultimate, la rimozione delle viti nei tempi e nei modi opportuni (in media dopo tre anni), risulta agevole e poco cruenta, con il ripristino dell’integrità anatomica della sottoastragalica.

PIEDE PIATTO NEL BAMBINO

Rubrica a cura diDott. Andrea Valcarenghi

Specialista in chirurgia del piede e della caviglia presso il

Policlinico di Abano Terme.Delta Medica - Affidea, Monselice (PD)

tel. 0429 783000

Or topedia

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7Anno XI - Sport Comuni Speciale Informa Supplemento al n. 12 dicembre 2017

Praticare sport fa bene alla salute sia fisica che mentale, lo stesso si può dire di una corretta e sana alimenta-zione. Purtroppo però anche all’in-terno del mondo sportivo ci possono essere problema-tiche inerenti l’alimentazione.Sono oltre tre milioni gli i ta l iani che sof frono di disturbi del comportamento alimentare (DCA) di cui 2,3 milioni sono adolescenti.Nel 2015 i soggetti tra i 10 e i 19 anni praticanti sport erano circa 2.700.000 corri-spondenti a circa il 48% degli adolescenti totali in quella fascia d’età (Fonte Istat 2015): metà de l la popolazione adolescenziale in target da DCA risultava praticare sport o comunque fare una qualche attività fisica.I disturbi dell’immagine corporea, caratteristica fonda-mentale di Anoressia Nervosa e Bulimia Nervosa, sono presenti anche nel mondo sportivo adole-scenziale, che, quindi, potrebbe diventare, in certe condizioni, un potenziale terreno fertile per lo sviluppo di queste patologie. Tutto questo perché competitività, perfe-zionismo, il porsi obiettivi troppo

alti rispetto al proprio livello, sia da parte del soggetto che di genitori ed allenatori, non fanno altro che alimentare un potenziale disturbo

sottosoglia, quindi non completa-mente visibile, che a fronte di queste condizioni potrebbe manifestarsi completamente. Un adolescente allo specchio non si vedrà mai come realmente è, sviluppando quindi un’alterazione della percezione del proprio corpo. Ogni giorno gli adolescenti vengono messi in contatto con situazioni

che possono alterare il loro modo di vedere il proprio corpo. Televi-sione, riviste, internet e tutti i social media bombardano continuamente

con corpi “perfetti”, sempre più pubblicità dove si parla di wellness, fitness, alimenti ipocalorici e via dicendo. Tutto questo non fa altro che mettere di fronte gli adole-scenti a continui confronti tra ciò che vedono e ciò che sono, provocando reazioni a volte dannose.Attraverso uno studio su 192 adolescenti praticanti sport è stato visto che circa nel 40% dei soggetti è presente un disagio del corpo che andrebbe u l te r io rmente analizzato. Non necessaria-mente tutti i soggetti positivi al test usato per lo studio svilupperanno un DCA, ma sicuramente questi problemi,

associati ad altri fattori di rischio, possono sfociare in anoressia o bulimia, con conseguenze molto serie per il soggetto.La presenza di personale qualificato all’interno delle società sportive, che conosca le dinamiche, i segni e sintomi di queste patologie, potrebbe essere importante per una diagnosi precoce di questi disturbi,

specialmente quelli “sottosoglia”, cioè che non si sono ancora manife-stati completamente. È importante notare come la diagnosi di questi disturbi è una diagnosi sindromica, si basa cioè sull’analisi dei sintomi già presenti e quindi della malattia già in fase di sviluppo. Riuscire a favorire la diagnosi precoce o, quanto meno, la rilevazione di tutti quei segnali che possono precedere la comparsa dei veri e propri sintomi, può essere un modo per fare prevenzione. Sarebbe auspicabile l’istituzione di corsi specifici o l’inserimento di insegnamenti all’interno dei corsi di formazione per Allenatori, sul tema dei disturbi del comporta-mento alimentare, per sensibilizzare il mondo dello sport sull’importanza di una prevenzione e di una segna-lazione precoce di casi a rischio, creando anche sinergie e collabora-zioni con i Servizi sanitari ed profes-sionisti dedicati a questo tipo di patologie.

Winter Wonderland - Natale in Giostra, giunto alla sua quinta edizione, è il parco divertimenti al coperto più grande d’Italia e si svolge nei 4 padiglioni di Ferrara Fiere nel periodo natalizio, per un totale di oltre 20.000 mq tra interno ed esterno.Con numerose attrazioni, appunta-menti per giovani, bambini e famiglie, ed eventi speciali di assoluto r ichiamo, questo “paese delle meraviglie in versione invernale” si conferma come un evento di prim’ordine nel panorama dell’enter-tainment e dell’animazione.La manifestazione, che lo scorso anno ha superato le 22.000 presenze, offre a bambini, giovani e famiglie la possibilità di divertirsi in tutta sicurezza, con attrazioni come le montagne russe, grandi

“classici” come l’autoscontro e il brucomela, spettacoli di burattini, feste a sorpresa, fuochi d’artificio, truccabimbi, babydance e babymu-sical, il tutto arricchito dall’anima-zione della mascotte Winterello (che intratterrà i piccoli con una gustosa merenda), dai personaggi dei cartoni animati e naturalmente da Babbo Natale e la Befana (oltre 1.500 le calze con “golose” sorprese, che verranno distribuite il 6 gennaio), ai quali i bambini potranno consegnare le proprie letterine. Altra novità il corner Panini che promuoverà, per tutta la durata della fiera, l’album di figurine più famoso, quello dei calciatori.

Date16-17 dicembre 2017, 22 dicembre 2017 - 7 gennaio 2018, 13-14 gennaio 2018

Orari16 dicembre dalle 14.00 alle 19.3017 dicembre dalle 10.00 alle 19.3022 dicembre dalle 14.00 alle 19.3023 e 24 dicembre dalle 10.00 alle 19.3025 dicembre dalle 15.00 alle 19.30Dal 26 al 30 dicembre dalle 10.00 alle 19.30

31 dicembre dalle 10.00 alle 02.00Dal 1 al 7 gennaio 2018 dalle 10.00 alle 19.3013 e 14 gennaio 2018 dalle 10.00 alle 19.30

Programma eventi speciali16-17 dicembre - Winter Brick Mattoncini a Ferrara26 dicembre - Super Pigiamini PJ Masks31 dicembre - Speciale cenone di Capodanno3 gennaio - Spal Day4 gennaio – Ginnastica Putinati Farfalle Estensi7 gennaio – Favij14 gennaio - I Mates

TariffeBiglietto di ingresso 4 euro, ridotto 3 euroL’ingresso consente di usufruire di tutte le animazioni giornaliere e gli spettacoli ed eventi; le attra-zioni si pagano singolarmente o con l’acquisto di bracciali giornalieri. Sul sito  winterwonderlanditalia.com è possibile acquistare il braccialetto giornaliero, valido per avere accesso illimitato a tutte le attrazioni presenti, al prezzo scontato di 19,90 euro

InfoAll’interno di Winter Wonderland saranno in funzione un ristorante, una pizzeria, una hamburgheria by American Graffiti e altri punti ristoro.

Per i turisti che sceglieranno di soggiornare a Ferrara è prevista una interessante convenzione con il B&B Hotel Ferrara, comodissimo per raggiungere la Fiera.Winter Wonderland - Natale in Giostra 2017 - 2018 è organizzato da Eventi Spettacoli in collaborazione con Ferrara Fiere Congressi e patro-cinato da Regione Emilia Romagna, Comune di Ferrara, Camera di Commercio di Ferrara; tra i partner e supporter: Mc Donald’s, Spal, Radio Bruno, Dream Kleb, Newton Group e Centro Commerciale Il Castello.

Per informazioni:www.winterwonderlanditalia.com

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Dott. Andrea VaniniTel. 346 7200701

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SPORT IN ETÀ ADOLESCENZIALE E DISTURBI DEL COMPORTAMENTO ALIMENTARE

WINTER WONDERLAND – NATALE IN GIOSTRA 2017/2018 A FERRARA IL PARCO DIVERTIMENTI AL COPERTO PIÙ GRANDE D’ITALIA

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Anno XI - Sport Comuni Speciale Informa Supplemento al n. 9 settembre 2017

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