Grano, Giovanni-Notas Al Disco de Paganini

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1 dal libretto del CD: Il violino e la chitarra: due grandi amori di Niccolò Paganini "C'era un uomo, uno Spagnolo, un chitarrista che viaggiò a lungo con Paganini: era prima dell'epoca della grande gloria ufficiale di Paganini. Quei due conducevano la bella vita vagabonda degli zingari, dei musicisti ambulanti, della gente senza famiglia e senza patria. I due, violino e chitarra, davano concerti ovunque passassero. Per parecchio tempo errarono in quel modo per diversi paesi". Fin qui la leggenda, in ossequio al mito romantico del musicista "wanderer", così descritta nel pamphlet Del vino e dell'hashish dato alle stampe da Charles Baudelaire nel 1851. Quest'episodio, fra i tanti di cui son costellate le biografie su Niccolò Paganini, spesso oscillanti fra il romanzo e l'aneddoto, ci introduce al repertorio per violino e chitarra Sappiamo, invece, che dal padre apprese prima il mandolino e poi il violino, come asserì egli stesso nella Notice Autobiographique pubblicata nel 1830 a Parigi. Già nel 1795 un Paganini appena tredicenne eseguì pubblicamente la sua prima composizione destinata all'insieme violino-chitarra, il Carmagnuola con variazioni. E' singolare che questa prima opera e le due ultime composizioni, le Variazioni sul Barucabà e l'Allegro vivace a movimento perpetuo, realizzate entrambe nel 1835, siano state concepite per la formazione violino- chitarra a testimoniare, fatalmente, il favore costantemente accordato dal maestro genovese a questa combinazione strumentale. Tale repertorio era forse destinato ad

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dal libretto del CD: Il violino e la chitarra: due grandi amori di Niccolò Paganini

"C'era un uomo, uno Spagnolo, un

chitarrista che viaggiò a lungo con

Paganini: era prima dell'epoca della

grande gloria ufficiale di Paganini. Quei

due conducevano la bella vita

vagabonda degli zingari, dei musicisti

ambulanti, della gente senza famiglia e

senza patria. I due, violino e chitarra,

davano concerti ovunque passassero.

Per parecchio tempo errarono in quel

modo per diversi paesi".

Fin qui la leggenda, in ossequio al mito

romantico del musicista "wanderer",

così descritta nel pamphlet Del vino e

dell'hashish dato alle stampe da

Charles Baudelaire nel 1851.

Quest'episodio, fra i tanti di cui son

costellate le biografie su Niccolò

Paganini, spesso oscillanti fra il

romanzo e l'aneddoto, ci introduce al

repertorio per violino e chitarra

Sappiamo, invece, che dal padre

apprese prima il mandolino e poi il

violino, come asserì egli stesso nella

Notice Autobiographique pubblicata nel

1830 a Parigi. Già nel 1795 un

Paganini appena tredicenne eseguì

pubblicamente la sua prima

composizione destinata all'insieme

violino-chitarra, il Carmagnuola con

variazioni. E' singolare che questa

prima opera e le due ultime

composizioni, le Variazioni sul

Barucabà e l'Allegro vivace a

movimento perpetuo, realizzate

entrambe nel 1835, siano state

concepite per la formazione violino-

chitarra a testimoniare, fatalmente, il

favore costantemente accordato dal

maestro genovese a questa

combinazione strumentale. Tale

repertorio era forse destinato ad

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contenuto in questo disco. Il grande

violinista coltivò nel corso della sua vita

tale connubio strumentale, complice,

anche, una giovanile infatuazione per

la chitarra.

Nella sua produzione musicale la

chitarra occupa, parallela e spesso

concomitante al violino, un posto di

rilievo. Resta ancora misterioso ed

aperto a varie congetture come e dove

Paganini abbia appreso i rudimenti

dello strumento. Egli, infatti, non fece

mai alcun accenno al suo

apprendistato chitarristico.

esecuzioni private, come ci ricorda

l'autorevole testimonianza su Paganini

scritta da Hector Berlioz in Les soirées

de l'orchestre: "Altre volte, quando il

violino lo affatiami troppo, prendeva

dalla sua borsa una raccolta di duetti

per violino e chitarra da lui stesso

composti e, in compagnia di un

dignitoso violinista tedesco, M. Sina,

che esercita ancora la sua professione

a Parigi, egli suonava la parte della

chitarra traendo da questo strumento

effetti straordinari. Così suonavano i

due, Sina, il modesto violinista

e Paganini, l'impareggiabile chitarrista, a

quattr'occhi attraverso le lunghe serate,

senza che od una tersa persona, foss'anche

la più meritevole, venisse consentito

l'accesso." Val la pena rammentare che

proprio lo stesso Berlioz venne in possesso

della chitarra Grobert già appartenuta a

Paganini, avvenimento, questo, che

suggellò ancor più un'antica amicizia

basata sulla stima reciproca e sulla

predilezione per lo strumento

distinta in tre diversi fascicoli,

contrassegnati dalle lettere a, b e c,

ciascuno dei quali contiene sei sonate. La

stesura di queste composizioni risale al

periodo trascorso da Paganini a cavallo tra

il 1828 ed il 1829 a Praga, città nella quale

si trovava in tournée per una serie di

concerti.

Qui egli acquistò la carta da musica,

recante la dicitura C. Haming'schs

Notenpapier-Prag, sulla quale avrebbe poi

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che entrambi i musicisti utilizzavano, al

posto del pianoforte, nel loro lavoro

compositivo.

Certo è che Paganini dovette tenere molto

anche ad eseguire in pubblico il repertorio

per violino e chitarra se a Torino,

conosciuto ed ascoltato al Teatro

Carignano il chitarrista Luigi Legnani, da

lui definito 'primo suonatore di

quell'istrumento', aveva progettato una

serie di 'accademie' da tenere in comune.

Progetto che mai fu portato a compimento,

forse a causa delle cattive condizioni di

salute del sommo violinista, come ci

attesta, in data 30 Ottobre 1836, la

rescissione del contratto precedentemente

stipulato fra i due artisti.

I brani contenuti in questo disco

rappresentano una selezione tra gli oltre

cinquanta componimenti destinati al duo

prediletto. Il Centone di Sonate, dal quale

si

ascoltano la prima, la terza e la quarta

sonata, fu titolo postumo attribuito ad

un'opera

redatto l'opera. Non è tuttavia da escludere

che il geniale violinista si fosse deciso ad

una tardiva o definitiva stesura di opere

concepite precedentemente al 1828. Il

termine sonata, relativamente alle

composizioni per violino e chitarra, fu

definitivamente abbandonato dal

compositore ancor prima ch'egli iniziasse la

sua tournée boema. Il Centone di Sonate,

infatti, in una copia non autografa di

provenienza genovese (come si evince

dalla scritta in filigrana della Cartiera G.B.

Grillo di Voltri), è conosciuto ancora sotto

il titolo di Divertimenti per violino e

chitarra. In realtà, i brani contenuti nel

Centone non si possono definire sonate in

senso stretto, quanto divertimenti appunto o

forse, più propriamente, sonatine. Titolo,

quest'ultimo, che appare più coerente con

lo stile e la forma in essi impiegati. Il primo

di questi duetti inizia con un'Introduzione

inquieta e turbinosa cui fa séguito un tempo

di marcia

dal ritmo pulsante, intercalato da un

disinvolto cantabile esposto in modo

maggiore; quindi la ripresa del tempo

primo la cui conclusione è affidata ad una

vorticosa coda. Il Rondoncino, col quale

termina la prima sonata, include una serie

di temi incastonati senza soluzione di

Andantino (scherzoso) è un originale rondò

zampillante di vivacità, giocato su un tema

dal tipico ritmo puntato, su rapide

progressioni e su un finale serrato e

scintillante. Nella sesta sonata, ultima

dell'op. 3 la melodia del primo movimento

Andante (innocentemente) si contrappone,

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continuità, fra la stessa gioiosa melodia che

apre e chiude il brano. La terza sonata, di

struttura più semplice, consta di due soli

movimenti. Il primo è un prestissimo che si

schiude verso il secondo, un Larghetto

cantabile toccante e voluttuoso che ricorda,

a tratti, una romanza d'opera. Caratteristica,

questa, che pervade anche il primo

movimento, Adagio cantabile, con cui

inizia la quarta sonata. Segue un lungo

Rondò che si svolge in forma assai libera

sebbene contenga il caratteristico e

prevedibile "ritomo" del tema iniziale.

L'Opera 3 - dedicata "alla Ragazza

Eleonora" - riconosciuta dagli storia in

quella Eleonora Chicca Quilici per la quale

il compositore aveva disposto un lascito

testamentario - fu stampata da Ricordi nel

1820 unitamente all'op.2, quantunque la

data di composizione di entrambi i lavori

sia da collocare tra il 1805 ed il 1809. Nella

seconda sonata tratta dall'op. 3 ascoltiamo

un Adagio caratterizzato da una morbida

cantabilità, tutta costruita sulle corde

doppie (soprattutto terze), mentre il

successivo

con la sua struggente semplicità, a quello

successivo, assai spigliato ed a tratti

beffardo, giocato sugli effetti violinistici

delle terze doppie e del pizzicato. Fin qui

alla chitarra è demandato un ruolo

d'accompagnamento e di sostegno

armonico al violino che si muove assai più

liberamente.

Ben diverso è il caso della Sonata

Concertata, composta nel 1803 e dedicata

alla nobile genovese Emilia Di Negro. E'

indicativo che, in una copia non autografa,

questa sonata venga intitolata dall'ignoto

copista Sonata per chitarra con

accompagnamento di violino, forse per

conformità alla Gran Sonata per chitarra

sola con accompagnamento di violino,

composta nello stesso periodo, nella quale

il violino svolge, però, una funzione così

modesta da renderne addirittura superflua

la presenza. Nella Concertata, invece, la

chitarra ed il violino giuocano un ruolo

paritario basato sulla spiccata originalità

del materiale tematico e sul perfetto

equilibrio sonoro. Il primo tempo, Allegro

spiritoso costruito secondo lo schema

della forma-sonata, è affidato alle

mutazioni ed al "rimandi" tematici fra i due

strumenti che si rincorrono, in un gioco

serrato ed avvincente.

Delicatamente sognante e soffusa di dolce

malinconia è l'atmosfera evocata

che utilizzano preminentemente il sistema

della 'scordatura' sull'ultima corda del

violino. La quarta corda, infatti, viene in

questo caso innalzata d'una terza minore su

esplicita disposizione del compositore. La

Sonata si apre con un'Introduzione in cui, il

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nell'Adagio assai espressivo, dove

l'assoluta libertà di dialogo fra i due

strumenti ed alcune inaspettate

modulazioni d offrono un saggio tra i più

beffi dell'estro creativo paganiniano, che

ben riflette la suggestiva espressione

baudeleriana ".... l'air mistériaux .... un air

mourant exécuté par l'archet délirant de

Paganini, et cet air sympathique vous parle

de vous-même, et semble vous raconter tout

votre poeme intérieur d'espérances

perdues."

Completa la Sonata il Rondeau, che espone

uno di quei festosi ritornelli di danza tanto

cari all'autore, sempre così attento a

riportare ritmi e melodie popolari,

fondendoli con la sua inesauribile

inventiva.

La Sonata a preghiera su un tema del

Mosè di G. Rossini, fu scritta da Paganini

dopo la ripresa napoletana dell'Opera,

tenuta al teatro San Carlo nel 1819. Fu in

quell'occasione che il maestro pesarese

aggiunse al Mosè in Egitto la celebre

preghiera "Dal tuo stellato soglio". La

Sonata fa parte di quel gruppo di

composizioni "sulla quarta corda" alle quali

appartengono anche la Sonata Napoléon e

la Sonata Maria Luisa

tema della preghiera, accorato e

malinconico. viene ripetuto in diversi

registri e seguito da una ripresa in modo

maggiore che si chiude su una cadenza di

bravura. Fa seguito il Tema in tempo alla

marcia e tre variazioni. L'uso frequente di

armonici e di subitanee cadenze (come

nella prima e seconda variazione), dell'arco

in prossimità del ponticello del violino e

figurazioni ritmiche pulsanti e variegate

(terza variazione e finale), fanno di

quest'opera, dai contenuti musicali in verità

poco consistenti, un esempio peculiare di

trovate strumentali ed effetti sorprendenti.

L'opera, originariamente

composta per violino ed orchestra, viene

qui presentata in versione per violino e

chitarra.

Conclude l'ascolto il Cantabile in re

maggiore (originale per violino e piano

forte), prezioso modello di suggestivo e

malinconico mèlos, tutto pervaso da

elegante intimismo e sinuosità liriche, che

ben rappresentano l'aspetto più

squisitamente romantico del bizzarro animo

paganiniano.

Giovanni Grano, 1994