Grandi Maestri del Cinema Argentino

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Fernando BIRRI Leonardo FAVIO PROGRAMMA GRANDI MAESTRI DEL CINEMA ARGENTINO STAGIONE 2015

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Programma-Catalogo della prima stagione del ciclo organizzato dall'INCAA e l'Ambasciata Argentina, che porterà in Italia i film dei più importanti registi argentini del XX Secolo. In 2015: Leonardo Favio e Fernando Birri

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Fernando BIRRILeonardo FAVIO

PROGRAMMA

GRANDI MAESTRIDEL CINEMAARGENTINO

STAGIONE 2015

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Organizzato e promosso da

In collaborazione con

Un ringraziamento particolare a Lucrecia Cardoso, Bernardo Bergeret, Ale-jandro Righini, Cecilia Sosa (INCAA), Augusto e Alessandro Pellicia, FrancescaDi Giamberardino (Augustus Color), Pia ‘t Lam e Giovanni Miglioli (Edisegno),Rolando J. L. Bantar (ISCAA), Verónica Flores (ATE Sta Fe), Martín Wain (LaOtra Boca), Ana Jaramillo (Univ. Lanús), Alessandra Bonanni, Juan Franciscodel Valle (CSC), Monica Maurer, Ugo Adilardi, Claudio Olivieri (AAMOD).

Questo ciclo propone un viaggio alle origini del cinemaargentino, per cercare nel suo passato, gli assi fon-danti di una cinematografia che si distingue oggi nei

più importanti festival in tutto il mondo per la sua ricchezza ela sua diversità. Nasce con l‘ambizione di diventare un appun-tamento annuale con l’opera di quei registi che hanno contribuitoa rendere grande il nostro cinema. Esse si basano sulla convin-zione che il cinema argentino di questo secolo è il risultato -cons-ciamente o inconsciamente- dell’ammirazione, il rifiuto, il recuperoe l’imitazione che i grandi maestri, evocati in questo ciclo, hannoprodotto nelle generazioni dei futuri registi. È un tentativo di cercarein quelle tracce, l’inizio del nostro presente vibrante.

In questa prima stagione confluiscono due artisti fondamentali della ci-nematografia Argentina. Con percorsi chiaramente diversi, con deglisguardi apparentemente dispari, in geografie spesso lontane, FernandoBirri e Leonardo Favio sono riusciti comunque a costruire, con coerenzae coraggio, una carriera cinematografica gemellata da una vocazione in-crollabile per quello che è popolare. Nel suo lavoro, il popolo (quellodell‘Argentina, della grande patria latinoamericana) ha trovato uno spec-chio incorruttibile, dove si può specchiare. In essi, le generazioni succes-sive di cineasti hanno trovato un riferimento con cui misurarsi.

Il ciclo dei Maestri del Cinema Argentino si propone di stimolare l’interesseche un vasto pubblico italiano ha per il cinema argentino, arricchendolocon uno sguardo diretto verso il passato. Si propone anche di accom-pagnare quei concittadini che, esiliati per diverse cause, vivono in Italiacon la nostalgia del paese al quale non è sempre facile tornare, in modoche possano condividere una parte importante della cultura popolare Ar-gentina con gli affetti formati in Italia, come lo avrebbero fatto se non fos-sero mai dovuti partire, così come fanno nel nostro paese molti argentiniin lungo e in largo del nostro territorio.

Infine, il ciclo dei Grandi Maestri, insieme alla rassegna del Nuevo Cine Ar-gentino, rappresenta il forte impegno del Instituto Nacional de Cine yArtes Visuales (INCAA) e dell’Ambasciata Argentina, per valorizzare il nos-tro cinema in un paese con il quale mantiene livelli crescenti di coopera-zione e di empatia.

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FEDERICO GONZALEZ PERINI TORCUATO DI TELLAAddetto Culturale Ambasciatore Argentino in ItaliaAmbasciata Argentina in Italia

Grandi Maestridel cinema argentino

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Fernando Birri con Fidel Castro e García Márquez

Ri-conoscendo Birri:90 anni di militanza dell’immagine

Dopo essersi diplomato in regia al Centro Sperimentale di Cine-matografia nel 1952, tornato in Argentina, Birri fonda la primascuola di cinema in Argentina, la Escuela Documental de Santa

Fe nel 1956, e proclama attraverso diversi manifesti che il cinema ar-gentino e latinoamericano dovrebbe essere “nazionale”, “realista”, “cri-tico” e “popolare”.

«Dobbiamo adottare una maniera di fare cinema che si avvicini allaguerriglia cinematografica. (…). Dobbiamo fare un cinema di testimo-nianza diretta, favorire la presa di coscienza politica e culturale, sulpiano nazionale. (…)» [F. Birri – Jeune Cinéma n. 37, 1969]

«Il nostro cinema, le nostre vite,sono un atto, un seme, un fiore,

un frutto carnale di resistenza poetico-politica.Quando dico il nostro cinema,

le nostre vite, non sto usando la retoricadi una prima persona in plurale: tutto il contrario,

sto usando il plurale del popoloe dei cineasti del popolo.

Questa resistenza poetica si chiamaNuovo Cinema Latinoamericano. (…)»

[Manifesto dei 30 anni di Nuovo Cinema Latinoamericano, 1985]

«Tutto il nostro cinema (il nuovo cinema latinoameri-cano) ha una profonda radice di protesta e fu costantenella resistenza; ma, utilizzando una parola molto peri-colosa ed enorme- anche si tratta di un cinema di sogni.Se ti chiedi intimamente il perché di questa protesta, ilperché corrompere i valori di una società ingiusta, ecco,è per cambiarla.Dietro tutto questo c’è un sogno di giustizia, uguaglianzae bellezza; un sogno ribelle che non accetta la mediocrità,il conformismo o quella realtà che, anche se ha grandissimepotenzialità, non è quella che dovrebbe essere …» [FernandoBirri]

FERNANDO BIRRI 5

Dialogo notturno con gli alunni della EICTV

Fernando Birri a Cuba

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«Fernando Birri, gran papádel Nuevo Cine Latinoamericano»

Gabriel García Márquez

FERNANDO BIRRI

«Titiritero y poeta. Actor y pintor. Cineasta precursor y visionario. Lú-cido teórico de las imágenes en movimiento. Educador y pedagógo.Transmisor de experiencias, que en el campo de la cultura escrita y au-diovisual lo hacen único». [Dalla presentazione di “Un señor muy viejo conunas alas enormes”, al IX Festival Internacional del Nuevo Cine Latinoamericano]

Selinunte (1951, italiano, 10’, b/n)Le antiche rovine di Selinunte, la città della luna nella Magna Grecia,rivivono grazie alla regia e all’arte del montaggio.

Tire dié (1960, spagnolo c/sott. in italiano, 32’, b/n)La prima inchiesta sociale realizzatanell’America Latina del sottosviluppoda Birri. Il tema è la pratica quoti-diana di alcuni bambini che, a SantaFè, al passaggio dei treni, chiedonoun ‘soldino’ (‘tiraci dieci centesimi’ èla traduzione letterale del titolo) aiviaggiatori affacciati ai finestrini, cor-rendo pericolosamente vicinissimialle rotaie. Attraverso una serie di in-terviste, viene denunciata la situa-zione sociale ed economica di unsobborgo povero, alla periferia diSanta Fè, con la sua cruda realtà e lesue aspettative, viste attraverso lalotta quotidiana per la sopravvivenza.

Castagnino diario romano (1967, italiano, 12’, colore)Attraverso l’opera del pittore argen-tino Juan Carlos Castagnino, resi-dente a Roma, prima della sua scomparsa, una riflessione sul significatodell’artista nel mondo contemporaneo: la sua contraddizione tra l’uni-versale a cui deve aspirare tutta l’arte e l’impegno nell’affermazione na-zionale.

Entreacto Habanero o Una orquidea salvaje en la mochillla(1985, spagnolo c/sott. in italiano, 10’, misto)Clip con brani cantati da Benny Moré e versi dedicati dedicati a Che Gue-vara alternati a immagini di L’Havana.

Elegia friulana (2007, italiano, 22’, colore)Omaggio di Fernando al nonno Giovanni Battista Birri, mugnaio, emigratoda Santa Maria la Longa attorno al 1880 in Sudamerica per motivi politici.Questo lavoro include vecchie immagini del Friuli, alcuni disegni del pittoreCastagnino, facenti parte dello story-board del film “Mal d’America”, edelle riprese fatte nel 2007 a Santa Maria la Longa e nella pianura friulanadocumentando in particolare i mulini, in omaggio al lavoro del nonno. Rac-conto intimo e poetico del rapporto tra la sua storia familiare ed il Friuli.

13 MARZO 2015 ORE 17-18.30 - CINETECA NAZIONALE

Fernando Birri: 90 anni di militanza dell’immagine

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Mi hijo el Che (1985, spagnolo c/sott. in italiano, 71’, misto)L’Avana, aprile 1984, intervista a Ernesto Guevara Lynch padresulla vita del Che, con immagini di repertorio sulla sua infanzia. Ilpadre ci racconta il figlio esplorando la sua memoria, raccon-tando la simpatia, lo spirito avventuroso, i viaggi, i diari, l’asma,le influenze culturali, la laurea in medicina, l’“ottimismo della vo-lontà”, la generosità e lo spirito di solidarietà di Ernestinoprima, e di Ernesto poi, quando ancora non era diventato la fi-gura mitica che tutti hanno conosciuto. Il film è anche undoppio ritratto. Il ritratto del figlio nasce da quello del padre,la cui figura è delineata con altrettanta forza. Don Ernesto,con i suoi 84 anni al momento dell’intervista ci narra anchedi sè, dell’Argentina dell’inizio del Novecento, della scopertadel petrolio e della sua esperienza nel movimento per la na-

zionalizzazione dello stesso, della caduta di Yrigoyen, Gardel,del peronismo e, infine, dei giorni neri degli attentati, delle tor-

ture, dei desaparecidos, della dittatura, del suo esilio a Cuba.

Remitente Nicaragua (1984, spagnolo c/sott. in italiano, 14’, colore)Testimonianza del processo rivolu-zionario nel Nuovo Nicaraguadopo anni di dittatura politica e dicongelamento culturale. Comeomaggio alla “tecnica d’innova-zione”, il film utilizza per le sue im-magini alcuni scarti dei primi 10Notiziari dell’Incine, mentre la co-lonna sonora è un poema sceneg-giatura composto e letto daFernando.

ZA 05. Lo viejo y lo nuevo(2006, spagnolo c/sott. in italiano, 77’, colore)Megaclip didattico e collettivo, ungrande collage dove si confron-tano frammenti e scene di filmstorici del Nuovo Cinema Latinoa-mericano (Memorias del subdesar-rollo, Frida, Tire dié, ecc.) con unaselezione di sequenze dei film gi-rati dagli studenti della Scuolacome tesi di laurea lungo i suoiventi anni di essistenza.

CINETECA NAZIONALE - 13 MARZO 2015 ORE 19.00 e 21.008

15 APRILE 2015 ORE 19.00 - CASA ARGENTINA6 MAGGIO 2015 ORE 19.00 - CASA ARGENTINA

18 NOVEMBRE 2015 ORE 19.00 - AAMOD

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Buenos dìas, Buenos Aires (1960, 20’, colore)Documentario sulla vita quotidiana a Buenos Aires.

La verdadera historia de la primera fundaciòn de Buenos Aires (1959, spagnolo c/sott. in italiano, 40’, colore, restaurato, a cura dell’AAMOD, nel 1999)Il film è girato su unquadro di Oski “La pri-mera fundacion deBuenos Aires”, che illu-stra la storia dellaprima fondazione diBuenos Aires. Fer-nando e il produttoreLeón Ferrari realizzanoil film inventando una“macchina diabolica”artigianale, per le ri-prese di dettaglio e inmovimento sulla super-ficie del quadro di pic-cole dimensioni. Attraverso il movimento sulle immagini raffigurate nelquadro e il commento di Ulrich Schmidel, è narrata la“vera storia della prima fondazione di Buenos Aires”.

El siglo del viento (1999, spagnolo c/sott. in italiano, 86’, colore)Una carrellata di tutti gli eventi più importanti del ventesimosecolo commentati dallo scrittore uruguaiano Eduardo Ga-leano, e raccontati attraverso la storia di Miguel Marmol rap-presentata in un teatrino di marionette.

Rafael Alberti, un retrato del poeta(1983, spagnolo c/sott. in italiano,150’, colore)

Nella sua casa di Roma, il poetaRafael Alberti racconta all’a-mico regista Fernando Birri lapropria vita mentre scorronoanche immagini di repertorio, fo-tografiche ed audiovisive.

2 DICEMBRE 2015 ORE 19.00 - CASA ARGENTINA10

Fausto Criollo(2011, spagnolo c/sott. in italiano, 87’, colore)

Tragicommedia musi-cale e grottesca, libera-mente tratta dal poemadi Estanislao del Campo(1866).Provenienti al galoppoda differenti punti cardi-nali, due gauchos (Ana-stasio “el Pollo” e il suosocio Don Laguna) si in-contrano sotto lachioma di un solitarioombu�. Fra un sorso dimate e uno di gin, con ilcuore ancora colmodalla rappresentazionedi un’opera alla quale ha assistito nell’antico teatro Colo�n di Buenos Airesil 24 agosto 1866, Anastasio racconta a Don Laguna: si tratta del “Faust”di Goethe, con musiche di Gounod. Ma, non potrebbe andare diversamente, raccontando “traduce” in imma-gini, personaggi e situazioni della propria realta�. Cosi�, Faust e� un “dottore”con abiti d’epoca e Mefistofele un diavolo da carnevale; la cantina di Auer-bach a Lipsia un negozio locale, e la morte di Valentino, fratello di Marga-rita, avviene in un lotta ai coltelli “stile creolo”; e il cielo al quale salira�l’anima di Margarita un cielo di nubi barocche come quello del catechi-smo dei missionari. Un contrappunto, quindi, di senso e di stile caratterizza il film: una visionelirico-epica della nostra pampa “ba�rbara” (paesaggio e personaggi cheraccontano la trama del Faust) e una vi- sione “naif”-grottesca, umoristicadel mondo “civilizzato” (il dramma gotico del Faust). Due visioni, due “wel-tanschauung”: e, nel mezzo, un abisso culturale. Specificando, tuttavia, chela novita� di questa proposta consiste nell’inversione dei mezzi tradizionali:quello che una cultura “tradizionale, civilizzata”, considera “barbaro”, di-viene qui sentimento della vita, naturale e liber- tario, spregiudicato, che,nel suo disprezzo elementare, “barbaro”, vede come “retorica artefatta”,persino incomprensibilmente “comica”, la tragedia intellettuale di uno spi-rito “civilizzato”. Non si tratta di una parodia del “Faust”, ma di una reinterpretazione mul-ticulturale e, problematica contemporanea per eccellenza, della “diversita�”culturale - polemicamente, fra culture considerate “sviluppate” in opposi-zione ad altre, da queste considerate come “sottosviluppate” -: cio� giusti-fica, politicamente, la nostra proposta (FB).

Leonardo Favio è stato un grande cineasta, unico, di un talento e unvolo lirico senza paragoni nel cinema argentino, al quale ha conse-gnato alcuni dei suoi film più belli, da Crónica de un niño (1964) ad

Aniceto (2008).

Tuttavia Favio è stato molto più di quello: una figura singolare, incompa-rabile della cultura popolare dell’ultimo mezzo secolo, che ha segnato nonsolo con le sue canzoni -parte dell’inconscio collettivo di diverse genera-zioni- ma anche con il supporto incondizionato, perenne al peronismo, dicui è diventato una sorta d’incarnazione del suo immaginario. C’è qual-cosa di basico, essenziale, dell’identità argentina che sempre si è espressacon passione in Favio, nella sua vita e nel suo lavoro artistico.

Quella passione risale a un vicolo di Luján de Cuyo, in Mendoza, dove nac-que Leonardo Favio, il 28 maggio 1938, come Fuad Jorge Jury. Da quandoha memoria, suo padre è stato sempre assente, ma quell’abbandono èstato compensato dall’amore dei nonni -che avevano creato una compa-gnia teatrale nel paese-, della madre e della zia, Laura Favio ed Elcira Oli-vera Garcés, entrambe attrici che lo iniziarono alla magia del radio teatro,dove Leonardo ha anche fatto breccia come attore. Quella vita lenta diprovincia in cui ha avuto il tempo di contemplare la luna e le stelle, dovele donne della sua famiglia pregavano al lume di candela, insieme con larivelazione di un mondo di finzioni tanto ingenuo quanto sfrontato, hacontribuito -secondo Favio- alla propria cosmogonia artistica. Il suo triste

GRANDI MAESTRI DEL CINEMA ARGENTINO 11Leonardo Favio: cronista della passione popolare

Leonardo Favio con Juan Domingo Perón

trascorso per la Casa El Alba, un riformatorio per minorenni, come lo pro-verebbe il suo primo lungometraggio, Crónica de un niño solo, che è ve-nuto dalla mano del suo amato maestro e mentore, Leopoldo TorreNilsson. Babsy, come lo chiamava affettuosamente Favio, lo aveva sco-perto in ruoli minori in televisione, mentre cercava disperatamente il pro-tagonista di El secuestrador. Nel 1958, Torre Nilsson era già il piùimportante regista di cinema argentino, grazie al precedente film, La Casadel Angel (1957), premiato a Cannes.

Da quel momento, Favio e Torre Nilsson sono diventati grandi amici, e nonè azzardato affermare che Leonardo vide in Babsy una figura paterna. Èstato Torre Nilsson che li ha dato volo a Favio, che improvvisamente è di-ventato una stella del cinema argentino di quegli anni come co-protago-nista de El Jefe (1958) di Fernando Ayala, con Alberto de Mendoza; En laardiente oscuridad (1958) di Daniel Tinayre con Mirtha Legrand; e Dar lacara (1961) di José Antonio Martínez Suárez, con Lautaro Murua. Torre Nils-son l’ha anche convocato per il film Fin de fiesta (1960), La mano en latrampa (1961) e La terraza (1963), ma Favio non si è mai sentito veramenteun attore di cinema dove, a differenza del radio teatro, si sentiva a disagio.

Narrazione d’iniziazione, la seminale Crónica de un niño solo (1964) (ispi-rato dal suo passaggio nell’istituto per minorenni), l’opera prima di Faviocontinua a sorprendere ancora oggi per la sua modernità classica nellamessa in scena, mediante la quale è riuscita ad attraversare indenne laprova del tempo. A quasi mezzo secolo della sua realizzazione, Crónica deun niño solo, sembra fatto ieri, al punto che non è un caso che gran partedel cosiddetto Nuovo Cinema Argentino -dai ragazzi ladri di Pizza, birra,faso a Rulo di Mundo Grúa – sia in grado di riconoscere la propria originein questo film. In un momento in cui ilcinema nazionale sembrava avere fi-ducia unicamente nei dialoghi, il de-butto di Favio ha dimostrato comefosse possibile fare del suono unelemento drammatico: il fischiodella guardia carceraria è elo-quente come il silenzio che im-pone la disciplina o le grida dirabbia che improvvisamenteesplodono in una rissa nelbagno.

Come ne Los inundados diFernando Birri, Favio nonabbellisce la povertà. Sem-plicemente la espone intutti i loro sentimenti. Lamateria del suo film è viva,respira, è riconosciuta come

una parte intrasferibile dellarealtà Argentina e, allo stesso

tempo, la trascende con una bel-lezza autentica, completamente

LEONARDO FAVIO12

ignara al sentimentalismo e al compiacimento. C’è un certo liri-smo, la poesia che non ha paura di lavorare con gli elementipiù scuri, che nelle mani del regista diviene stranamente lu-minoso.

Questo film primordiale è stato seguito da un altro nonmeno fondamentale: Este es el romance del Aniceto y laFrancesca, de cómo quedó trunco, comenzó la tristeza yunas pocas cosas más… (1967). Basandosi su una grandestoria, “El cenizo”, scritto da suo fratello e stabile collabo-ratore, Jorge Zuhair Giuria, Favio ha depurato ancora più lostile ascetico che si era sviluppato nel suo film precedente e- in quello che molti considerano il miglior film di tutti i suoi la-vori e, di conseguenza, di tutto il cinema argentino - ha narratoil dramma di un triangolo amoroso condannato dal destino conun laconismo e un profondità mitica quasi borgesiana (infatti,Borges, nonostante il suo anti-peronismo, è sempre stato uno deipochi autori che Favio riconosceva come lettura di riferimento co-stante, oltre alla Bibbia e al Corano).

Lo stesso è successo con El dependiente (1969), il suo terzo largo-metraggio e l’ultimo della sua carriera girato in bianco e nero, anchesulla base di un racconto del fratello Zuhair Giuria. Caratterizzata daun estremo minimalismo, la storia di nuovo gira intorno alla piccolavita di paese, in questo caso l’amore non detto di un commesso di unnegozio (Walter Vidarte) per la signorina Plasini (Graciela Borges). Peròa differenza del Romance ... , ne El dependiente si percepisce unosguardo meno sensibile e più critico nei confronti della meschinità e del-l’egoismo della vita di paese. La camera e le perfomance attoriali diven-tano anche più espressive, anticipando la rivoluzione copernicana chedarà la sua opera.

Fino a quel momento, nessuno dei suoi film era stato un successo di pub-blico ma Favio conosce improvvisamente il fervore popolare grazie allesue canzoni. Nel 1968 ha inciso il singolo Fuiste mía un verano, che è di-ventato un successo di vendite non solo in Argentina, ma anche in tuttal’America Latina. Per la prima volta si è parlato di “vos” e non di “tu” in unaballata, si usava la parola “piba” e con essa il linguaggio argentino. È statoseguito da altri successi come Ella ya me olvidó, O quizás simplemente leregale una rosa e Quiero aprender de memoria, che in un’epoca di rigidacensura -erano gli anni della dittatura militare di Juan Carlos Onganía- stu-pivano per l’erotismo del testo, dicendo: “Voglio imparare a memoria, conla bocca il tuo corpo, ragazza d’aprile.” E per le orchestrazioni, Favio -chenon ha mai studiato musica accademica, né cinema- chiedeva oboi e vio-loncelli, a causa della sua passione per la musica barocca, che aveva giàutilizzato magistralmente nei suoi primi tre film.

Utilizzando un confronto di ordine musicale, si potrebbe pensare che seall’inizio Favio ha fatto un film intimo, equivalente alla musica da camera,poi ha sentito il bisogno- una necessità espressiva, ma anche ideologica,che corrisponde alla sua natura popolare e al suo fervore per il peroni-smo- di cambiare il corso del suo lavoro verso un cinema popolare, di di-

INTRODUZIONE 13

LEONARDO FAVIO

mensione prima operistica e poisinfonica. D’altra parte, con l’av-vento del colore, i suoi filmhanno rivelato un caratteresproporzionato, orgiastico, dio-nisiaco: dai sussurri di Crónicade un niño solo passò alle gridadi Nazareno Cruz e il lupo; dallasolitudine che abitava l’anima gri-gia de El dependiente è saltato alle

moltitudini imbandierate di Gatica;dall’ascetico monocromatico di El Ani-

ceto y la Francisca virò al rosso sangue diJuan Moreira.

Nel maggio del 1973 (un mese prima delmassacro di Ezeiza, dove ha salvato dallamorte a una decina di militanti, minacciandoi torturatori con il suo suicidio pubblico),Favio ha consegnato uno dei più grandisuccessi di pubblico nella storia del cinema argentino Juan Moreira, in-terpretato da Rodolfo Bebán. In retrospettiva, è impossibile non vederequel gaucho rinnegato che si rifiuta di essere sottomesso dalla milizia, insintonia assoluta con lo spirito dell’epoca: la primavera democratica e ilritorno del peronismo al potere.

Le risorse formali non sono più quelli di rigore e austerità bressoniani maquelli del romanzo d’appendice degli spaghetti western e delle telenovele.Questo cambiamento lo portò immediatamente all’eccesso verdiano diNazareno Cruz y el lobo (1975), basato in un radio teatro di Juan CarlosChiappe, un film pieno di suoni, di amore e di furia, che con i suoi tre mi-lioni e mezzo di spettatori continua a essere il film più popolare di tutta lastoria del cinema argentino.

Il colpo di stato militare del 24 marzo 1976 sorprese Favio sul set di Soñar,soñar una fantasia con un’atmosfera da circo interpretato da CarlosMonzón e Gianfranco Pagliaro come due grotteschi artisti nomadi. E an-cora, Favio sembra intuitivamente in sintonia con i tempi. Quello che all’e-poca era un vero film maledetto, ignorato dal pubblico e diffamato dallacritica, oggi può essere letto come un riflesso del periodo violento eoscuro, con quei due tristi personaggi come i resti feriti del popolo pero-nista dopo il brutale assalto di Videla al potere.

Il sangue versato arriva con Gatica, el mono (1993), un progetto a lungoaccarezzato da Favio e che ha fatto del famoso pugile una parabola cri-stiana e peronista, il martire del popolo avvolto in una bandiera Argentinatinta di rosso.

Con Perón, Sinfonia del sentimiento (1994-1999), Favio si è permesso diraccontare la storia del peronismo alla sua maniera. Durante le sei ore diquesto documentario in molti sensi fuori dall’ordinario -a causa della suaestensione sproporzionata; per la sua estetica tra anacronistica e naïve; perla sua produzione insolita, assunta tanto da Eduardo Duhalde quanto da

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Hector Ricardo García-, Favio si immerge nella mitologia piut-tosto che nella politica, come se volesse trovare il paradisoperduto della sua infanzia.

Infine, Aniceto (2008), nella sua versione-ballet del film ori-ginale, con il ballerino Hernán Piquín nel ruolo del prota-gonista, arriva ad esprimere un momento di sintesi nellavoro di Favio; una sintesi nel senso di summa, un luogodove finalmente convivono questi due grandi blocchi chefino ad allora sembravano irrimediabilmente divisi nella suafilmografia. È allo stesso tempo, tornare al principio -all’iniziodel suo film, ma anche al popolo e alle storie della sua infan-zia- ma con sfondo espressivo e la tavolozza multicolore ac-quisiti negli anni della maturità. Questo Aniceto ha molto diparadosso: l’intimità, ma su larga scala.

La voce fuori campo di Favio -dolce, tremante- che introduce latragedia conferma anche il carattere quasi confessionale di unprogetto come Aniceto: Favio parla di questa storia come una chenon ha mai smesso di “popolare le mie notti insonni”. Si sta en-trando nel suo mondo più personale, quello dei suoi sogni e dellesue insonnie, quella frontiera dell’alba che ossessivamente ha ali-mentato la sua immaginazione. Per questo è coerente che Anicetosia stata girata interamente all’interno di uno studio: lì Favio ha potutoriprodurre la sua idea di quel paesino di provincia, creando un simbolocon pochi oggetti di scena, quasi come il teatro kabuki, ma con un’i-dentità inesorabilmente Argentina. Come tutta la sua opera. �[Luciano Monteagudo, Un niño solo, un cine grande, Página 12, 6/11/12]

INTRODUZIONE

Leonardo Favio al lavoro in una scena di “Aniceto”

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CASA ARGENTINA - 18 MARZO 2015 ORE 19.00

Polín è un ragazzinoche passa i suoigiorni in un rifor-

matorio di Buenos Aires dalladisciplina ferrea. Ossessionato

dalla fuga, un giorno si finge ma-lato per sfruttare la minore sorve-glianza all’interno dell’infermeria. Ma iltrucco viene scoperto e Polín vienepunito. Una volta messo in penitenza,non obbedisce al castigo e vieneschiaffeggiato da Fiori, uno dei pre-cettori più severi e crudeli. Il ragazzoperò si ribella e restituisce lo schiaffo;viene allora portato davanti a un giu-dice minorile che lo condanna a es-sere rinchiuso in cella d’isolamento.Ma Polín riesce a fuggire e torna nella sua “villa” il quartiere di baraccheai confini della città, dove incontra un suo amico d’infanzia e Fabián, unprotettore di prostitute che possiede un cavallo bianco.

«La storia, in realtà non nasce nella borgata, ma da una mia personale esperienza.Quando ero un ragazzino fui rinchiuso in un riformatorio a Mendoza e riuscii afuggire dalla cella insieme a un amico, il Gallego. Che bello raccontare comescappai, pensavo. (…). Lo scrissi come un mediometraggio e lo intitolai Venti-quattro ore per iniziare. Il ragazzino protagonista scappava, alla fine lo riacciuf-favano e lo riportavano al commissariato. Questo era tutto. Quando finii di

scrivere la sceneggiatura e iniziaia cercare i soldi per produrlo, aBuenos Aires esce Un condan-nato a morte è fuggito di Bres-son. Quando lo vidi mi sentiimalissimo, perché era la storia diun tipo che scappava da unacella. Tutti avrebbero pensatoche io avevo copiato da Bresson,mi ripetevo tra me e me. Ma,parlando con mio fratello, iniziaia pensare che potevo svilupparein modo diverso la storia e allorainiziai a scrivere Crónica de unniño solo». [LF]

Crónica de un niño solo[1964, spagnolo c/sott. in italiano, 70’, b/n]

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25 MARZO 2015 ORE 19.00 - CASA ARGENTINA 17

In un paese in provincia di Men-doza, un ragazzo e una ragazza,Aniceto e Francisca, si conoscono

e si innamorano. Francisca va a viverenella stanzetta del ragazzo in unquartiere povero della città e so-pravvivono grazie al magro sti-pendio da cameriera dellaragazza e ai guadagni rica-vati dai combattimentidei galli a cui Anicetopartecipa con un ani-male chiamato “el Blan-quito”. Dopo una rissa instrada, Aniceto viene ar-restato. Una volta liberotorna con Francisca e i duevanno a vedere uno spetta-

colo teatrale di una compagnia ambulante. Qui Aniceto incro-cia lo sguardo di Lucía. È l’inizio di una storia clandestina cheAniceto porta avanti di nascosto da Francisca.

«Mi sono resoconto che per ElRomance avreiavuto bisogno delcolore dei canali,del bianco dellacalce delle mura…»[LF]

Este es el romance del Aniceto y la Francisca,de cómo quedó trunco, comenzó la tristeza y unas pocas cosas más...(1966, spagnolo c/sott. in italiano, 75’, b / n)

CASA ARGENTINA - 8 APRILE 2015 ORE 19.00

La vita di Fernándezè monotona: com-messo presso il ne-

gozio di ferramenta di DonVila, l’uomo vive solo in attesa

della morte del suo padrone, nu-trendo dentro di sé la speranza cheil vecchio, non avendo eredi, lasci a luiil negozio in eredità. Un giorno, arrivauna ragazza e Fernandéz ne rimanemolto colpito. All’inizio non osa avvi-cinarsi, poi, una volta rotto il ghiaccio,le rivolge la parola e la ragazza lo in-vita a venirla a trovare a casa sua. Daquel momento le visite si fanno piùfrequenti e regolari e Fernandéz hamodo di farsi conoscere e apprez-zare per la sua compitezza e gentilezza. Spinti dal desiderio di usciredalle proprie situazioni opprimenti, dalla dipendenza che entrambi pro-vano nei confronti, rispettivamente, di Don Vila e della madre di lei, idue decidono di sposarsi, trovando così una propria autonomia. Ma ilmatrimonio non sarà una via d’uscita per Fernandéz perché l’uomo di-venterà il dipendente della moglie.

“Durante le riprese di El de-pendiente ero felice. Ci tro-vavamo a Derqui, in unapiccola casa, era primavera.Si udiva il canto dei grilli,perché in quel periodo eraun paesino quasi deserto. Sibeveva mate, sentivamomusica, lavoravamo in asso-luta tranquillità, era unmondo affascinante”. [LF]

El dependiente(1966, spagnolo c/sott. in italiano, 75’, colore)

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22 APRILE 2015 ORE 19.00 - CASA ARGENTINA

Dalla scena del fu-nerale di Juan Mo-reira, famoso

gaucho bandito del dician-novesimo secolo, cominciaun lungo flashback che neracconta la storia. Mandatoingiustamente in prigione, ilgaucho Juan Moreira appenatornato in libertà cerca il com-merciante che lo ha tradito e louccide. Da quel momento, inizia perJuan una vita da fuorilegge. Inse-guito dalle forze dell’ordine è co-stretto a muoversi continuamente ea trovare nascondigli nelle pampas.Una sera, completamente ubriaco, li-

tiga ferocemente con un uomo e, al culmine della lotta, lo uccide. Solopiù tardi scopre che l’uomo che ha accoltellato è un’importante figurapolítica nazionale. Il bandito viene avvicinato da alcuni uomini, mem-bri della fazione opposta a quella del politico ucciso, che gli fanno unaproposta: in cambio della loro protezione, e della promessa che le ac-cuse contro di lui verranno cancellate, Moreira dovrà lavorare per lorocome assassino, eliminando, di volta in volta, i nemici di turno. Il gau-cho accetta e inizia una lunga e sanguinosa sequenza di crimini. Ma lasospirata amnistia non arriva e Moreira, conscio di essere stato in-gannato, prende contatti con l’altra fazione politica e inizia a lavorareper loro.

«Quello che non devi mai dimen-ticare è che non si tratta di muo-vere la macchina da presa senzamotivo. La camera è espressionedel battito del tuo cuore, il sensomusicale del sangue quando staicorrendo. Non sono casuali né uncarrello, né una panoramica, néuno stacco su un primo piano.Sono come punti di sospensione,come un punto e virgola. Questoè la macchina da presa.» [LF]

Juan Moreira (1972, spagnolo c/sott. in italiano, 105’, colore)

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CASA ARGENTINA - 29 APRILE 2015 ORE 19.00

Un vecchia maga eveggente, Lechi-guana, che vive vi-

cino a un piccolo villaggio dipastori, predice un giorno a una

donna che suo figlio, il suo settimofiglio, diventerà un licantropo e lasventura si abbatterà su di lui e sullasua famiglia. Poco tempo dopo, il ma-rito della donna e i suoi sei figlimuoiono mentre tentano di attraver-sare un fiume in piena con la mandriache stanno accompagnando. Nel do-lore dovuto alla perdita dei suoi cari, ladonna si rende conto di aspettare unfiglio e nel villaggio tutti sperano chesia una femmina e che la maledizionenon si avveri. Nasce un bambino, Nazareno, e naturalmente tutti credonoche prima o poi si trasformerà in un uomo lupo. Passano gli anni e il bam-bino è diventato un ragazzo forte e allegro. Nessuno crede più alla vecchiamaledizione. Durante una festa, Nazareno incrocia lo sguardo di una bel-lissima ragazza, Griselda e i due si innamorano follemente a prima vista.Nazareno balla con Griselda, ma nota anche uno sconosciuto dallosguardo serio che lo osserva attentamente. Il giorno dopo, mentre sta pas-seggiando nella pianura, Nazareno incontra lo sconosciuto che lo chiamae gli fa una strana predizione: poiché si è innamorato, alla prossima lunapiena la maledizione si avvererà e Nazareno si trasformerà in un lupo.

«Il film fu pensato e realizzato quandonell’intero Paese si diffondeva un enormeconflitto per determinare chi erano ibuoni e i cattivi. Tutti si mobilitavanopensando ora al peronismo, ora alla sini-stra, ora alla destra… quello che sceglieval’amore era destinato immancabilmente aperdere. In quel momento erano tuttemeschinità. La storia di Nazareno mi erasembrata una buona metafora. È una pel-licola che parte dalla mia ingenuità, dal-l’aver pensato che inviando messaggi sipotevano riappacificare gli animi». [LF]

Nazareno Cruz y el Lobo (1975, spagnolo c/sott. in italiano, 92’, colore)

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13 MAGGIO 2015 ORE 19.00 - CASA ARGENTINA

Il film racconta per quadrila vita e le imprese di JoséMaría Gatica, il più famoso

pugile argentino del dopo-guerra. Nella gloria e nel tramonto delcontroverso pugile, Favio intra-vede una cifra del primo governo diPerón, laddove i settori più umiliatiottennero un’improvvisa visibilitànella vita política argentina. A Favio interessa recuperare il suocarattere emblemático come ídolodelle classi popolari e il suo sguardo

astuto lo trasforma in un mito. Così come Juan Moreira costituiva la sín-tesis dolente di un’epoca in cui i gauchos venivano perseguitati, margi-nati e sfruttati, Favio sfrutta il carattere contraddittorio di Gatica perriconstruire un intero periodo storico (David Oubiña).

«Gatica è la sin-tesi stringata delnostro popolo.Emerge dalla ba-raonda, dall’alle-gria, per farsicullare in unagloria che poi di-venterà effi-mera.» [LF]

Gatica, el Mono (1991, spagnolo c/sott. in italiano, 136’, colore)

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CASA ARGENTINA - 20 e 27 MAGGIO 2015 ORE 19.00AAMOD - 28 MAGGIO 2015 ORE 19.00

«Si supponeva che avrei do-vuto consegnare il film in un

anno e che sarebbe duratoun’ora e mezza. E mi ci sono vo-

luti quasi sei anni per finirlo e hoconsegnato un film di cinque ore e

mezzo. Quando ho finito, abbiamo de-ciso che non era un film per il cinema. Ilvideo che abbiamo ottenuto, lo abbiamovenduto nei chioschi e lo abbiamo tra-smesso nei centri sociali e nei sindacati. Inquartieri molto poveri mettevano un pic-colo cartello: ‘Oggi Perón, empanadas evino’. Lì vedevano il film e i militanti face-vano un dibattito.» [LF]

Monumentale storia di passione collettiva che Favio ha permeato dipoesia senza alterare la struttura del documentario. Un vero pro-digio estetico. Un cocktail di peronismo esplicito, che, tuttavia,

non si esaurisce con una mera accumulazione d’immagini apologetiche.Le immagini d’archivio, molte delle quali inedite (manifestazioni popolari,discorsi di Evita e di Juan Perón, il dolore del popolo peronista per lamorte del loro capo spirituale, l’illusione di ritorno del Generale, la lottaoperaia per le strade) sono manipolate dalla tecnologia digitale e dal ta-lento narrativo di Favio, che compone –dietro il presunto rudimento pro-

pagandistico-, un grande affresco.

La matrice ideologica di questo lavoro diFavio è mediata dalla prepotenza degli af-fetti. Nelle parole memorabili di Evita, “il pe-ronismo non s’impara né si proclama; sicapisce e si sente. Per questo è convinzionee fede”, forse è stata sintetizzata la ricerca diFavio, che può avvalersi di disegni di RicardoCarpani o dei frammenti di La Traviata diVerdi per rafforzare la propria memoriaemotiva”.

Perón, Sinfonía del sentimiento[1999, doppiato in italiano, 346’, colore]

Sinfonia dibujo di Echeveste

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25 NOVEMBRE 2015 ORE 19.00 - CASA ARGENTINA 23

Èl’ultimo film realizzato daFavio. Un film insolito, sor-prendente, un film-ballet in-

terpretato da ballerini di danzaclassica, che ripercorre la storia diuna delle vette del suo cinema. Que-sto è il Romance del Aniceto y laFrancisca... (1967).

Se in principio, agli esordi,Favio si concentra verso uncinema più intimista, l’e-quivalente a una musicada camera, in seguitosente il bisogno –una

necessità non solo espressiva ma anche ideologica, atti-nente e derivante dalla sua natura popolare e dal suo fer-vore peronista- di cambiare il corso della sua opera verso uncinema di massa di una dimensione prima operistica e poisinfonica, riflesso altresì dallo stesso titolo di Perón, sinfonia diun sentimento.

In questo senso, Aniceto –dal suo status di ballet- esprime unmomento di sintesi del lavoro di Favio; di sintesi nel senso disumma, in cui convivono finalmente i due grandi blocchi che finoad ora sembravano irrimediabilmente divisi nella sua filmografia. È,allo stesso tempo, un ritorno all’origine della sua filmografia, maanche alla sua terrae alle storie dellasua infanzia - peròcon il bagaglioespressivo e una ta-volozza multicoloreacquisiti negli annidella maturità. Que-st’Aniceto ha moltodi paradossale: èl’intimità, a grandescala.

Aniceto[2007, spagnolo c/sott. in italiano, 82’, colore]

MERCOLEDÌ 18 MARZOCasa Argentina ore 19CONFERENZA La cinematografia diLeonardo Favio: unosguardo italiano (Daniele Dottorini,

Pietro Armocida) - a seguire il film: Crónica de un niño solo (1965)

MERCOLEDÌ 25 MARZOCasa Argentina ore 19Este es el romance del Aniceto yla Francisca, de cómo quedótrunco, comenzó la tristeza y unas pocas cosas más... (1967)

MERCOLEDÌ 8 APRILECasa Argentina ore 19El dependiente (1969)

MERCOLEDÌ 22 APRILECasa Argentina ore 19Juan Moreira (1973)

MERCOLEDÌ 29 APRILECasa Argentina ore 19Nazareno Cruz y el Lobo (1975)

MERCOLEDÌ 13 MAGGIOCasa Argentina ore 19Gatica, el Mono (1993)

MERCOLEDÌ 20 E 27 MAGGIOGIOVEDÌ 28 MAGGIOCasa Argentina ore 19Perón, Sinfonía del sentimiento(1999) - I Parte - II Parte - III Parte

MERCOLEDÌ 25 NOVEMBRECasa Argentina ore 19CONFERENZA Leonardo Favio: un uomo, mille sguardi(Giovanni Spagnoletti) - a seguire il film: Aniceto (2007)

VENERDÌ 13 MARZOCasa Argentina ore 13CONFERENZA Festeggiando i primi 90 anni di Fernando Birri(Ugo Adilardi, Stefano Rulli,Luciano Sovena, LucreciaCardoso, Carlo/LucaVerdone, Fernando Birri)

Cineteca Nazionale ore 17Selinunte (1951) Tire dié (1960)

Castagnino, Diario Romano (1967)

Entreacto habanero (1985) Elegía friulana (2007)

Ore 19 - Mi hijo el Che (1985)Remitente Nicaragua (1984)

Ore 21 - Za 05. Lo nuevo y lo viejo (2006)

MERCOLEDÌ 15 APRILECasa Argentina ore 19CONFERENZA Fernando Birri: l’alchimista democratico(Roberto Perpignani, Roberto Silvestri) - a seguire i film: Buenos dìas, Buenos Aires (1960)La verdadera historia de la primerafundación de Buenos Aires (1959)

MERCOLEDÌ 6 MAGGIOAAMOD ore 19Elegía friulana (rep.)El siglo del viento (1999)

MERCOLEDÌ 18 NOVEMBREAAMOD ore 19Rafael Alberti, un retrato del poeta (1983)

MERCOLEDÌ 2 DICEMBRECasa Argentina ore 19CONFERENZA Fernando Birri: il cineasta andante(Goffredo De Pascale)a seguire il film: Fausto Criollo (2011)

Fernando Birri Leonardo FavioDue militanti dell’immagine

GRANDI MAESTRI DEL CINEMA ARGENTINO