Good News - Giugno14

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ORDINE DEGLI INGEGNERI DI NAPOLI: ATTIVITÀ FORMATIVE NEI BENI CONFISCATI ALLA CAMORRA

L’ex parco Rea di Giugliano, confiscato alla criminalità organizzata e attualmente assegnato al Comune di Giugliano, in questi anni è diven-tato una struttura dall’elevato valore simbolico, che unisce la sensibilità dell’integrazione sociale con quella civile; compendia l’arte e la cultura con la legalità. Il parco ha un’estensione di oltre 33.000 mq e ospita al suo interno le seguenti strutture: la caserma della Guardia di Finanza, una casa alloggio per ragazzi diversamente abili, la palestra, il campetto sportivo polivalente, una piscina, vari laboratori, corsi di formazione e conferenze. Nelle prossime settimane, il programma cul-turale dell’ex Villa Bunker (ribattezzata “Villa Am-maturo” in memoria di Antonio Ammaturo, capo della squadra mobile ucciso nel 1982 ad opera delle brigate rosse) si arricchirà con una Giornata

“CREA TE STESSA”: IL LIBRO DELLA COACH DI FAMA INTERNAZIONALE NANCY COOKLIN PRESENTATO A NAPOLI

Nel mese di Maggio presso il Vanilla Cafè del Lungomare Caracciolo di Napoli ha fatto tappa

il tour mondiale di “Crea Te Stessa”, il libro della coach di fama internazionale Nancy Cooklin. La coach e scrittrice ha incontrato le donne della Campania nella suggestiva cornice del lun-gomare partenopeo dispensando i suoi interes-santi consigli e il suo metodo per il raggiungi-mento del benessere e della felicità. L’incontro è stato moderato dalla giornalista Francesca Scognamiglio e organizzato dall’imprenditrice Gianna Mazzarella. Nancy Cooklin invita le donne a pensare liberamente, a prendere in mano la propria vita e decidere in autonomia e con convinzione come viverla. Pagina dopo pa-gina, la Cooklin spiega come affrontare un per-corso e come trovare l’equilibrio, sicuramente non facile da trovare, tra famiglia, lavoro e di-vertimento, attraverso il metodo sperimentato in prima persona, chiamato appunto “Crea Te Stessa”, che può definirsi trasversale e essere applicato a ogni ambito e momento della vita. Una frase di Mae West racchiude il senso di tale percorso descritto nel libro: “Si vive solo una volta, ma se lo si fa bene, è sufficiente”. L’autrice invita a pensare “outside the box”, oltre quella gabbia che troppo spesso finisce per imbrigliare la vita delle donne. “La vita è ciclica, noi donne siamo cicliche e ci reinventiamo in continuazi-one…ogni momento è buono per rivalutare certe situazioni” – asserisce la coach Cooklin – “ La cosa più importante è il rispetto per se stesse, il prendersi cura di sé come si fa con le persone e le relazioni a cui si tiene di più”, conclude. E l’affascinante e dinamico pomeriggio di rifles-sione ma anche di divertimento che ha unito le donne campane attorno a Nancy Cooklin, si farà ricordare con piacere pur essendo volato via in un baleno.

di Formazione su procedimenti e regole tecniche in materia di prevenzione incendi. L’evento form-ativo si svolgerà nella prima settimana di luglio e vedrà tra i relatori esperti del settore antincendi e vertici del Comando Provinciale e Regionale dei Vigili del Fuoco. Il convegno si inserisce in un più ampio pro-gramma di formazione itinerante, ideato dall’Ordine degli Ingegneri di Napoli, che alterna eventi formativi nel capoluogo presso la Basilica di San Giovanni Maggiore a incontri sul territo-rio, tra cui gli ultimi a Castellammare di Stabia e Nola. A coordinare la giornata di formazione a Villa Ammaturo sarà il vicepresidente dell’Ordine degli Ingegneri, Paola Marone, molto entusiasta della sinergia nata con il prof. Giovanni Del Rio, presidente della Fondazione Girasole affidataria in gestione del bene confiscato. L’alto valore simbolico del bene e la dis-ponibilità di ampi spazi hanno reso possibile l’organizzazione di un seminario, pensato per formare gli ingegneri su tematiche tecniche, ma anche per diffondere la conoscenza delle tante attività che si svolgono a Villa Ammaturo.

DALLA CAMORRA ALLA CULTURA

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di Angelo Morlando

di Valeria Vitale

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Non solo Napoli centro, anche Chiaiano si apre alla street art: settemila metri quadrati di cemento grigio e freddo sono scomparsi dalla percezione e sono diventati il supporto creativo per un grande murale dipinto a mano da artisti di rilevanza europea. Il ponte della Metrò e l’ingresso della stazione metropolitana sita in via Emilio Scaglione a Chiaiano hanno cambiato volto: si tratta del progetto Oltre i Muri promosso dall’Associazione Let’s Think – Living an Idea, (presentato a febbraio 2013 al Sindaco di Napoli Luigi de Magistris proprio nella allora sede di GoodNews), il cui obiettivo è quello di rispondere alle esigenze di riqualificazione sociale dei non luoghi pubblici. In accordo con le autorità competenti, l’associazione ha sviluppato un progetto culturale di sensibilizzazione e integrazione sociale attraverso la riqualificazione artistica della zona. Il progetto è stati realizzato grazie al supporto di importanti artisti partenopei (Leila Andreoli, Marco Matta, Raro, Omar Mohamed, Teso, Gola, Snervantes, Valerio Tuccillo), i quali utilizzando la tecnica dei murales, hanno riprodotto ambienti naturalistici lungo le mura del viadotto della metropolitana, delle scale mobili e le pareti in direzione del parcheggio principale. E’ stata valorizzata una zona che per lungo tempo è stata catalogata come zona a rischio, ed è stato fatto partendo proprio dal territorio, garantendo anche un coinvolgimento attivo della cittadinanza: «è una rivalutazione sia esterna, quindi del paesaggio, sia interna perché sono coinvolti anche i minori a rischio e i disabili» dice il presidente di Let’s Think, Gianluca Di

Maro - infatti l’Associazione, ha coinvolto attivamente i minori a rischio e i diversamente abili del territorio a Nord di Napoli: cinquanta metri quadri saranno destinati al libero sfogo creativo dei minori ospiti presso la Comunità Pubblica Don Peppino Diana c/o il Centro Giustizia Minorile per la Campania dei Colli Aminei e da altri minori in regime di messa alla prova domiciliare non residenti in casa famiglia ma seguiti nei laboratori di pittura dall’associazione Set Me Free e dall’associazione Let’s Think, inoltre altri cinquanta metri quadri sono destinati al gruppo dei diversamente abili dell’associazione Agurabile. «L’arte a nostro avviso rappresenta un patrimonio che deve essere valorizzato e divulgato, nonché un utile strumento di integrazione e sensibilizzazione e di crescita sociale» conclude Di Maro. Un evento organizzato per agire oltre l’individualismo, oltre l’affanno e la paura del futuro, oltre i muri che politicamente vengono costruiti impedendo lo sviluppo e la crescita morale, civile, sociale ed economica del nostro paese.

UN PONTE OLTRE I MURI

COS’È GOOD NEWS?

Definire cos’è una buona notizia sembra molto facile: è una notizia che fa piacere leggere, una notizia che aiuta a vivere meglio, un’informazione che ci serve a fare qualcosa di buono a nostro vantaggio o a quello altrui. Ma a ben vedere la questione si complica non appena si vuole cer-care di considerare quella notizia una notizia buona per il maggior numero di persone, se non per tutti. Come stabilire che una data informazi-one sia una “buona novella” (com’è detto anche il Vangelo cristiano) per tutti? Si rischia imme-diatamente di scivolare nel mistico. Un conteni-tore di informazioni deve avere infatti una voca-zione civile, laica, che appunto tenga conto di tutte le diversità dei cittadini e delle loro diverse aspettative. Insomma ciò che è una buona no-tizia per me potrebbe non esserlo per il mio vi-cino di casa. E ciò che rappresenta una buona notizia in un dato ambiente storico-culturale non deve necessariamente esserlo per una co-munità che vive un altro tempo o luogo. Ecco riaffacciarsi l’importanza della comunità, della quale uno strumento d’informazione (buone o cattive che siano le notizie che vi si riportano) è sempre espressione puntuale. Il nostro gior-nale dunque ha una comunità di riferimento cui dare conto e a cui dare strumenti di crescita civile e culturale con riferimento ai sani valori democratici e morali della tradizione dei diritti liberali. Dunque, il progetto Good News nasce nel 2011 nella provincia di Napoli in quell’Italia tardo-berlosconiana in piena crisi economica. I valori di riferimento cui ci si ispira rimandano di-rettamente alla teorizzazione - e alla costruzione ancora in essere - dello stato moderno proposta alla fine del settecento dai grandi pensatori Il-luministi. Però ci sono nella comunità, e forse anche alla radice della stato moderno, valori che vengono da lontano, da tradizioni diverse, come appunto quella giudaico-cristiana, senza tralas-ciare l’eredità greco-romana. Come muoversi in questo mare magnum che è la storia politica, religiosa, culturale della nostra Italia, della Cam-pania, della provincia a nord di Napoli, in virtù del fatto che il progetto Good News è anche online? Una possibile soluzione muove neces-sariamente dalla compilazione di un identikit della buona notizia, con in chiaro i valori positivi ai quali una tale notizia deve aderire. Bisognerà spulciare la sterminata letteratura prodotta solo nel nostro continente dalla filosofia morale e po-litica, dalla teologia giudaico cristiana, o anche da quella islamica oltre a quella di tutti i culti così detti pagani dalla teologia dominante che ancora oggi r-esistono in occidente? Oppure basta considerare che una buona notizia deve aprire uno spiraglio in una situazione di crisi in un contesto dato, come per esempio quella at-tuale dell’ambiente, deve seguire le sensibilità giovanili rispetto ai problemi che essa sente, deve scongiurare una deriva plebiscitaria set-taria, come pare le ultime elezioni europea ab-biano fatto, deve indicare come costruire nuove possibilità concrete a livello sociale e individu-ale... Problema di non facile soluzione, come dicevamo: noi ci metteremo la nostra parte, il nostro punto di vista, come meglio caratterizza-to con riferimento ai valori di cui sopra, ma dato che il nostro servizio di informazione è rivolto a voi lettori dell’agro giuglianese, membri di una comunità, chiediamo anche a voi quali sono le caratteristiche che una buona notizia dovrebbe avere, in modo da poter costruire insieme un futuro per la nostra comunità sempre più ricco di notizie buone, basta scriverci. Buona lettura.

16 febbraio 2013 - Sede Good News Italia - Corso Campano - GiuglianoGIANLUCA DI MARO PRESENTA IL PROGETTO OLTRE I MURI AL SINDACO

WORK IN PROGRESS 02 GIUGNO 2014

di Suania Acampa

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‘’’Di fronte a un DIO che non si stanca di perdonare’’ queste le parole di Jorge Mario Bergoglio, Papa Francesco, in un suo libro. Il Papa pellegrino in Terra Santa in un viaggio simile a un suo predecessore: Paolo VI, un viaggio questa volta accompagnato da due leader religiosi, il rabbino Skoka e l’Iman Aboud per dare un segnale importante a favore della Pace tra Israele e La Palestina. Papa Francesco ha un solo pensiero, quello della scadenza del mandato a luglio del Presidente Israeliano Simon Peres. Prima di quella scadenza, Papa Francesco lo ha invitato, insieme al leader Palestinese Abud Mazen, a casa sua, (a casa nostra, in Italia), a Roma per firmare quello che è l’auspicio di tutto il mondo: la Pace tra due popoli , una pace che fermerà gli attentati, il sangue di tanti innocenti, non ultimo l’attentato al museo di Bruxelles, morti che si aggiungono a tanti altri, sia Israeliani che Palestinesi. Dopo il Muro del Pianto, l’abbraccio con il Rabbino Skoka e l’Iman Aboud, entrambi uniti in questa volontà del Papa; una volontà condivisa e attesa per un equilibro con tante aspettative Internazionali. La Pace in Medio Oriente

porterà pace in tutto il mondo, quindi sarà ‘’una bella notizia’’. Lasciato il muro del Pianto ad Occidente e la visita al Monte Herzel , il Papa si è recato al Museo di Yad Vashem dove la Memoria di sei miloni di morti porta un popolo a difendersi con la barriera del muro, commovente la lettera di un ebrea alla famiglia, un ultimo saluto ai suoi cari, prima della morte assurda dell Olocausto, il Papa piegato non si arrende al suo invito alla Pace. Nel mondo ci sono cinquanta Barriere difensive, dal muro che divide Stati Uniti e Messico, a quello della ultra liberale Olanda presso Hoek van Holland, queste barriere servono a limitare i flussi demografici, la barriera di Israele è l’unica al mondo che serve ad impedire ulteriore spargimento di sangue, in attesa della pace. Mentre Papa Francesco rendeva omaggio a 6 milioni di ebrei allo Yad Vashem, una coppia di israeliani tornava in patria dentro una bara, ma anche in Palestina si contano vittime innocenti, ora è il tempo di aspettare e pregare per il 6 Giugno 2014, giorno in cui ci sarà l’incontro con i due leader di Palestina e Israele a casa del Papa, noi li accoglieremo in Pace. Tina Bianco ( Associazione ‘Rosa Bianca’)

NAPOLI SEMPRE PIÙ STREET

PAPA FRANCESCO PER LA PACE

di Suania AcampaLa street art ha le sue radici nel writing storico e nell’estetica della bomboletta spray, ma si nutre anche di idee nuove e di nuove forme di comunicazione diffusa, dai linguaggi alle tecniche più innovative; tante forme di “disordinazione urbana” presenti ormai ovunque nelle grandi metropoli. Questo mese anche Napoli e la sua provincia si sono aperte al questa nuova generazione d’artisti sospesa tra cultura hip-hop e iper-pop, abituata ad applicare la propria creatività nelle strade: dalla break dance allo skeatboarding. Napoli, infatti, è stata capitale mondiale dello skateboarding per tre giorni di fila durante l’evento “Vans Off The Wall”, organizzato da Vans Europe in collaborazione con Sport 7: uno dei più importanti eventi europei dedicati a questa disciplina. Ottanta skater internazionali si sono sfidati in vere e proprie acrobazie sulla famosa tavola a quattro ruote e lungo una rampa (detta half-pipe) costruita per l’occasione alla Rotonda Diaz. Le gare, hanno attirato diverse centinaia di persone di tutte le età e l’arena, appositamente allestita per l’evento, è stata montata verso il mare così da avere come meraviglioso sfondo alla battle il golfo partenopeo che non ha nulla da invidiare alla California. I concorrenti in gara provenivano da tutta Europa, ma era presente anche l’americano Mason Merlino; tra gli italiani ha gareggiato il piccolo Alessandro Mazzara di soli dieci anni, un vero talento dello skate. Ma non è stato l’unico baby talent: il concorrente svedese Gabriel ha solo quattro anni in più. Un evento, dunque, che ha reso Napoli una città europea a tutti gli effetti e che ha visto protagonisti ragazzi di ogni nazionalità uniti finalmente dal vero sentimento sportivo.In conclusione all’evento è stato assegnato al miglior tricker su skate un premio del valore di 15 mila euro; alla premiazione era presente anche il primo cittadino di Napoli Luigi De Magistris, il quale ha promesso a tutti gli amanti dello skate che l’evento si ripeterà l’anno prossimo. Tra il pubblico erano presenti anche molti turisti che, a passeggio sul lungomare, sono stati

attirati della musica proveniente dal villaggio Vans. Durante l’evento si è esibito un gruppo di writers napoletani, per un’estemporanea di street art, curata dall’assessorato comunale ai Giovani in collaborazione on “Inward, osservatorio sulla creatività urbana”. Gli artisti coinvolti sono statu, Zeus, Koso, Aroma, Tres, Nedo e Zeal, rappresentanti delle tre Acu (Associazioni per la creatività urbana) cittadine. L’obiettivo delle loro bombolette spray è stato un autobus di linea fornito dall’Anm, le cui fiancate sono

state decorate con graffiti, scritte e disegni ispirati al contest Vans. «Con questo progetto, avviato tre mesi fa - ha spiegato l’assessore Alessandra Clemente - diamo il via ad una carta che riqualificherà nei prossimi mesi alcuni muri degradati della nostra città, grazie al contributo di writers e taggers, veri e propri maestri della street art». L’autobus della linea 184, che collega Posillipo a piazza Nicola Amore, andrà in giro per la città con la sua nuova mise di colori e graffiti che non sarà lavata via.

di Suania Acampa

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la pagina delle buone notizie

Ho sempre avuto una visione molto chiara per lo svi-luppo di un popolo: il motore è il sapere. Direte, ma cosa c’entra con un’intervista musicale e per di più senza le solite domande? Perché tutta la mia vita ruota intorno al dettaglio, alle piccole cose. Da piccolo ero molto interessato alle formiche. Andavano tutte nella stessa direzione, ma non capivo perché. Le seguivo mentre si caricavano anche pesi decine di volte supe-riori alle loro possibilità. Il vento non sembrava scom-porle, non temevano il pericolo. Erano un popolo, che stava affrontando le difficoltà. Vincendole. Superan-dole. Avevo un grembiulino azzurrognolo quando fre-quentavo le scuole elementari. Mi sentivo un po’ stu-pido ed avevo la sensazione che fosse il grembiulino a decidere la direzione e non io. Avrei voluto mettere qualche maglietta colorata, magari con Goldrake o l’uomo ragno. Lo avevo sempre in tasca l’uomo ragno, di gomma, con quei ferretti negli arti che si spezzavano subito lasciandolo in improbabili pose. Ma mi piaceva: sembrava uno che metteva a posto le cose per me, e non dovevo neanche dirglielo. Accadeva. Ma un gior-no mi tradì. Non mise le cose a posto quando in un pomeriggio senza tempo, un uomo, barcollando, con una pistola in mano, in una camicia bianca macchiata di sangue mi trovò per strada tra le urla della gente. Un conflitto a fuoco. Sembravano portate dal vento ogni sera nella mia testa. La stessa scena. Per anni. Torna-va nella mente. L’uomo ragno non serviva più. Aveva fallito. Non c’erano eroi. Avevo questo flauto di plas-tica. Mi aveva sempre affascinato. Se ci soffiavi dentro in un modo, usciva qualcosa di fastidioso ed orribile, ma se gestivi il fiato e le dita, ciò che veniva fuori era anche piacevole. Ed iniziai a suonare. Per me. Le scale di casa e la soffitta erano un ottimo rifugio, e mi piace-va il riverbero. Villaricca, il mio paese di poche migli-aia di abitanti, aveva un meraviglioso nome, molto più interessante e antico, antico non vecchio. Panicocoli. Ho scoperto in seguito che amministratori asserviti ad una italiota invasione ne hanno sostituito il nome, con l’intercessione del senatore Ranieri. E sul Mario Nuzzo alla voce Panicololi si legge“Paese di stolti e di ming-hioni, oggi noto col nome di Villaricca”. Non è singo-lare il fatto che questo e si mio signore lo abbia scritto nel suo dizionario, ma che nessuno se ne sia accorto. Forse la giusta punizione per l’autore. Andavo al mare. Morbide vecchie coperte erano poggiate a mo’ di tappeto sul cassone dell’Ape Piaggio arancione. Noi bambini prendevamo il sole sul retro. Mentre alla ve-locità di un ciclista, ci dirigevamo verso Pinetamare o Mondragone. Lo stereo a batteria ci faceva compag-nia con le canzoni orribilmente trash dell’epoca. Per fortuna la fame energetica dell’aggeggio ci lasciava senza musica dopo 45 minuti. Era dicembre. Mio pa-dre arrivò a casa con un orribile aggeggio sonoro dai tasti bianchi e neri. Somigliava ad un organo ma del sacro ed oniricostrumento non aveva nulla oltre i tasti simili: la pianola. Devastante compagna sonora di tanti

pomeriggi, fu sostituita da una chitarra. Elettrica. Dissi a mio padre: “ papà, ci hanno fatto fessi, guarda, tiene solo sei corde! Ma le note nun so’ sette?”. Presto, di-vennero 5 perché ne spezzai subito una. Non credo che i vicini fossero contenti di ascoltare per ore scale e strani suoni di un capellone a cui la mandria di caproni - autoctoni e lontanissimi - urlava da cavalli di metallo e ruote della razza Superbravo o Si piaggio, rigorosa-mente truccati: “capellòòò, tagliate ‘e capille t’e ddong io tremila lire”. Ai nitriti delle marmitte Paolini, prefe-rivo i suoni. Paradossalmente ero interessato anche a quelli dei motori. Ai suoni in generale. Mi immagi-navo, come un moderno re biblico, sulle mura della mia Gerusalemme, con a seguito diecimila chitarristi elettrici con amplificatori di mille watt a testa che, a un mio comando, erano pronti a suonare un grande power chord rock; anche solo il primo accordo del riffdi Smoke on the water, c’è da scacciare gli invasori marmittoni e paninari. Il rock vincerà. Ora e sempre. Lei era bella. Bellissima. Mi baciò. Per ore. E lo lasciò. Per me. Così almeno disse prima di sparire per sem-pre. Ma la chitarra non spariva. Ogni giorni mi portava dal Corso Malta a casa. Poi i libri. Montagne di libri. Disegnavano mondi immaginari e reali. Riviste in in-glese di chitarre, elettronica, mi facevano compagnia insieme ai dischi comprati per 1500 lire da Smelting. Di fronte al vecchio liceo di Giugliano, lungo il viale, in questo negozio potevi ascoltare musica nuova. Bellis-sima. Tommy Dorsey mi incantava. Come le messe in Si minore di Bach, come Joe Sample, Tony Levin, Carl Off. La Tammurriata giuglianese mi ha sempre affas-cinato. Immagino questa danza di guerra ancestrale, la dea Ops, speranza. Anche gli Osci lo sapevano, che serviva la speranza per andare avanti. O serviva la speranza per tenere sotto la gente? Io non ho sper-anze, ho certezze. Se studi esci dal fosso, altrimenti sei nel caos. E nel caos vive il disordine e qualcuno ne approfitta. Per inquadrarti in un sistema che controlla tutto. Anche te. La mia musica. Ho iniziato da piccolo a scrivere cose. Pensieri e musiche dalla grammatica sconclusionata, poi forse non sono migliorato molto, ma di sicuro mi diverto come allora. L’incontro con Maria Ylenia Trozzolo è stato fondamentale per la mia vita, per la mia carriera e forse per la storia di tante persone. Creammo i Marenia ma la band era concepi-ta come un open ensemble. Una visione atipica, avanti di un ventennio. Nell’era delle band “closed source”, dai poster su “Tutto”, noi volevamo collaborare con tutto il mondo. Ed il mondo arrivò. Dentro il salone di casa mia. Ma non bastava. I discografici, gli impresari, molti sembravano ed erano rapaci. Spesso disonesti. Dovevamo essere liberi. E scegliemmo di esserlo. I brani, i concerti, tutto doveva essere libero da ogni el-emento che potesse devastare la nostra libertà. E le collaborazioni aumentavano. Nel mondo. Per fortuna, per passione e per lavoro. E dieci anni fa nacque illimi-tarte e con essa è iniziata una nuova grande avventura. Migliaia di musicisti ed artisti che si formano e produ-cono continuamente musica. Nulla di assolutamente associabile a qualunque altra realtà commerciale. Oggi siamo in grado di pensare ad un brano e di stam-parlo su disco nello stesso giorno. Di fare contenuto di qualità e di diffonderlo ovunque, in modo virale e ve-locissimo. E nel 2006 i Bidonvillarik che suonando sui rifiuti hanno fatto in giro del mondo. Con Massimo Ca-pocotta, Nicola Orabona, Pino Ciccarelli, e tutti i nostri giovani associati. Infinite avventure. I media mondiali che vengono per vendere lerciume a buon prezzo al mondo sono stupiti e se ne vanno con speciali su di noi, mostriamo ciò che siamo, e non permettiamo di vendere notizie false. Noi siamo semplicemente felici e belli. E la camorra? È un problema marginale per me. Il vero problema è l’assenza totale dello stato. Se date ad un ragazzo la gioia, non la cercherà nell’illusione della droga, se gli date l’amore non lo cercherà in quello venduto dalle migliaia di prostitute, se gli date rispetto per i suoi sogni, le possibilità di costruirsi un futuro, non emigrerà, sconfitto e lontano dalla sua ter-ra, dai suoi amici, dal suo mondo. Se gli date i valori della sincerità e della solidarietà, dell’integrazione, e non fingete, egli non diverrà un bruto, non devasterà il suo futuro e quello degli altri. Ogni persona che resta è un rivoluzionario. Un brigante della nuova era. Se ad accompagnare la sua esistenza c’è la cultura e la sen-sibilità verso il bello infinito e unico, della nostra gente, della nostra cultura e della nostra terra. E la vera riv-oluzione è nel sapere. Solo chi sa, vince questa guerra. Sapientia Omnia Vincit. Lello Cardone

Dallo scorso 28 Aprile è in programma in tutte le radio italiane il primo singolo di Carlo Contocalakis, giovane cantautore e polistrumentista napoletano, con alle spalle anni di gavetta, partecipazioni a molti concorsi nazionali, tra cui il “Premio 29 Settembre” dedicato a Lucio Battisti, che ha vinto, come anche il “Music&Video Contest – Prima Edizione”. Il singo-lo, dal titolo “Chiudi gli occhi”, è un brano pop/rock il cui video porta la firma della regista romana Paola Rotasso e la partecipazione di Max Gelsi (bassista di Elisa, Vasco Rossi, Gianna Nannini) e di Ria Mac Carthy, modella di fama internazionale. “Non aver paura” è invece il titolo dell’album d’esordio, che ovviamente contiene “Chiudi gli occhi”, la cui us-cita è prevista per Settembre. Abbiamo incontrato Carlo per saperne di più su di lui e sulla sua arte:

Come definiresti la tua musica e in particolare questo tuo disco d’esordio?

“Il mio è un Rock melodico in italiano. Adoro la melodia italiana, ma sono influenzato anche da suoni e colori internazionali. Come per l’EP “L’onda e il fiore” (del 2009), in quest’album si mescolano melodia e rock, alternative ed elettronica, fino alla sperimentazione.”

C’è un filo conduttore che lega le canzoni dell’album?

“Direi di si…il filo conduttore è sicuramente la voglia di vita, di rinascere seguendo i propri sogni. Il po-tere della mente è immenso, i desideri vanno segui-ti, come affermo nel titolo dell’album non bisogna aver paura, al contrario occorre avere sempre fidu-cia in se stessi e…la testa dura!”

Come nascono i tuoi brani?

“Nascono da sensazioni, da attimi. Fermo su carta un pensiero, un’emozione, e poi ci lavoro, libera-mente. Mi ripropongo di esprimere sentimenti sin-ceri, per costruire un progetto che sia autentico e a lungo termine”.

Porterai presto in tour “Non aver paura”? Quan-do potremo ascoltarlo live?

“Il tour partirà in Ottobre, in concomitanza con l’uscita del secondo singolo e relativo video. Girerò l’Italia con la mia band, sia in acustico che in elettri-co. In alcune tappe ci sarà di sicuro Max Gelsi come ospite, a darci una mano rock a spaccare i timpani!”

Per info su Carlo, sul disco, sul tour si può cliccare su www.carlocontocalakis.com

Valeria Vitale

NAPOLI E IL ROCK D’AUTORE: ESCE IN TUTTA ITALIA IL DISCO DI CARLO CONTOCALAKIS

Lello Cardone per

IO RESTO!

VIA EMILIA

NUOVA APERTURA

CORSO S.D’AMATOVIA A.C. CAMPANAVICO POZZOVIA MARCHESELLA

CORSO ITALIA

REPARTOGASTRONOMIA

REPARTOMACELLERIA

REPARTOORTOFRUTTA

CREDIT CARDE BANCOMAT

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VIA EMILIA

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CORSO S.D’AMATOVIA A.C. CAMPANAVICO POZZOVIA MARCHESELLA

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Perché parlare di arte nella scuola dell’Infanzia? La vocazione creativa del nostro Paese renderebbe quasi obbligatorio un percorso educativo e formativo in grado di lasciare ampio spazio all’espressione artistica. L’arte nelle sue varie forme, coinvolge tutti i sensi del bambino e ne rafforza le competenze cognitive, socio-emozionali e ultrasensoriali. Nel corso della vita, continuerà ad influenzare lo sviluppo cognitivo, le abilità, la creatività e l’autostima, favorendo l’interazione con il mondo esterno e fornendo tutta una serie di attività che agevolano l’espressione di se e la comunicazione Attraverso un percorso laboriatoriale, i bambini si sono confrontati con le tecniche, le opere e gli artisti. In particolare abbiamo scelto di proporre alcune tematiche (il segno, lo spazio, la materia e il colore) che maggiormente caratterizzano l’arte contemporanea, vale a dire l’arte del tempo in cui viviamo, della storia che ci appartiene e di cui noi stessi siamo parte. Il progetto è stato articolato in tre laboratori, attraverso i quali i bambini hanno acquisito equilibrio tra la padronanza dello strumento espressivo e la libertà dell’ atto creativo .Hanno imparato a familiarizzare con le forme, plasmato la materia, acquisito i concetti di riutilizzo e riciclaggio in comunione con le correnti artistiche che della decontestualizzazione dell’assemblaggio e del reimpiego hanno fatto il punto cardine della loro espressività. I grandi artisti dell’arte contemporanea, come Paul Klee Joan Miro, Vasilij Kandinskij, Hirst, Kheit Haring eMark Rothko hanno accompagnato i bambini in un percorso magico, promuovendo in loro un atteggiamento estetico, un punto di vista che guarda al di là di stereotipi e pregiudizi e legge la realtà quotidiana con curiosità e stupore. Le referenti del progetto sono: Nunzia Ciriello - Maria Cotarella. Le insegnanti che hanno collaborato al progetto: Luisa Agrillo - Rosalba Santaniello - Marianna Granata - Daniela Di Domenico

La scorsa domenica 18 maggio, nelle affrescate sale del cinquecentesco Palazzo Pinelli, noto ai più come “Palazzo Palumbo”, a Giugliano, è stato presentato alla cittadinanza giuglianese, e non solo, il progetto ATEna, che vede impegnati studenti e ragazzi dell’hinterland napoletano in un’iniziativa di ampio respiro che punta a portare un rinnovamento culturale nel nostro territo-rio sfruttando le capacità, le competenze e la voglia di mettersi in gioco dei nostri giovani.La conferenza di presentazione è stata accompagnata da un’originale esposizione fotografica che ha visto accostare alle immagini di personaggi di vari ambiti della cultura (da Jane Austen e Massimo Troisi per citarne qualcuno canonico agli “inaspettati” Alberto Angela, George Weah e Gordon Ramsey, giusto per fare qualche esempio) le immagini degli aderenti al progetto, che in maniera simpatica e innovativa “imitavano” i loro idoli suggerendo come il loro scopo sia unire le esperienze di personaggi che hanno dato tanto - senza purtroppo incontrarsi mai - per realizzare un qualcosa di onnicomprensivo che veda nell’unità e nel gruppo la sua piena realizzazione. Il tutto sotto la “presenza vigile” di una rielaborazione di Atena Par-thenos, la cui sagoma bianca si stagliava su uno sfon-do di scritte richiamanti i valori, gli ideali, gli obbiettivi e gli interessi dell’Associazione, quali la cooperazione, il talento, il confronto, la bellezza, l’arte, la storia, la tradizione e così via.La conferenza ha visto intervenire davanti ad una sala gremita gli aderenti al progetto che, tra interventi sul palco e impeccabile lavoro “dietro le quinte”, hanno esposto all’uditorio il percorso di gestazione di ATEna, i punti focali del progetto, a chi esso si rivolge e in che modo, con un rapido sguardo ai progetti già in cantiere e alle modalità di adesione. E’ stato presentato il logo, magistralmente ideato da Alessandra Desiderio, stu-dentessa in grafica editoriale dell’Accademia di Belle Arti di Napoli, che ha rielaborato con competenza e originalità i motivi tradizionali dell’iconografia classica, realizzando una civetta, l’animale sacro alla dea, che avvolge con le ali uno scudo, altro attributo della glau-copide, sul quale campeggia il nome ATEna.Curiosità: perché scritto in tal modo? Presto detto: il gruppo

base dell’associazione nasce dall’esperienza della Compagnia A.T.E., fondata nel settembre del 2010 da Ilaria Romano e Raffaele Palumbo, che finora ha unito attorno a sé ragazzi e ragazze degli ambiti più svariati. Questi ragazzi sono tutti originari del territorio napoletano, e da qui la volontà di unire le due realtà in una parola che le unisca: ATEna! Un augurio ad arriv-are lontano senza dimenticare mai da dove si è partiti.E per arrivare lontano i ragazzi di ATEna hanno le idee chiare: ATEna nasce dalla collaborazione e dalla voglia di lavorare e di mettersi in gioco di ciascuno, perché si è imparato in anni di impegno e cooperazione che unendo le proprie forze e le proprie capacità si ottiene molto di più che lavorando da soli. ATEna vuole re-cuperare, conservare, valorizzare e promuovere il ter-ritorio perché siamo figli della nostra terra; la tradizione perché siamo il prodotto del nostro passato; le per-sone, e soprattutto i giovani, perché abbiamo bisogno delle nostre idee. ATEna vuole recuperare il Passato e confrontarlo col Presente, e intende farlo in tutte le sue forme: dall’arte all’archeologia, dal teatro alla musica, dalla tradizione enogastronomica alla letteratura, per-ché la Cultura è dell’Uomo e l’Uomo è della Cultura.La scorsa domenica 18 maggio, nelle affrescate sale del cinquecentesco Palazzo Pinelli, noto ai più come “Palazzo Palumbo”, a Giugliano, ATEna ha fatto il primo passo in questo lungo percorso che i suoi raga-zzi si accingono a fare. Il secondo passo è già in pro-gramma: uno spettacolo teatrale a metà giugno nelle sale della biblioteca comunale. E i successivi sono già in cantiere. Non resta che augurare a questi giovani “buon viaggio” e, perché no, accompagnarli per un pezzo di strada.

Gennaro Ciambriello

ARTE NELLA SCUOLA DELL’INFANZIAdi Gennaro Ciambriello

ATENA PRENDE VITA!

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Nei suoi occhi si può leggere umiltà e dedizione per la fede ma soprattutto amore verso il prossimo. Attento alle problematiche giovanili, ha ricoperto il ruolo di professore ordinario di Ecclesiologia e Mariologia presso la Pontificia facoltà teologica dell’Italia meridi-onale - Sezione San Luigi di Napoli-, è particolarmente impegnato nel mondo dei media attraverso giornali e conduzione televisiva di programmi divulgativi in reti televisive private a larga diffusione territoriale. Ai giovani ricorda di “non essere il problema” per le proprie famiglie ma con sacrificio e responsabilità di “risolvere i proble-mi”, tendere la mano ai più bisognosi per il bene comune. Parole commoventi e determinate, quelle di Sua Eccel-lenza, che invita gli uomini non solo all’amore reciproco ma anche e soprattutto all’amore per il proprio territorio.Il 25 giugno 2013 viene nominato Vescovo, il 4 ottobre dello stesso anno prende possesso canonico della Diocesi di Sessa Aurunca. Come è stato guidare la comunità di fedeli fino ad oggi? Ha riscontrato delle difficoltà?«Un crescendo di responsabilità, di passione per questa realtà e di attenzioni nei confronti di problemi estrema-mente delicati. Sono stati mesi in cui l’entusiasmo non è diminuito ma è cresciuto, anche se la pressione delle

MONS. ORAZIO FRANCESCO PIAZZA: Intervista a Sua Eccellenza Mons. Orazio Francesco Piazza, Vescovo della Diocesi di Sessa Aurunca

Foto di Valentina Panetta tante questioni che emergono è veramente notevole. Il grido di tante sofferenze, difficoltà, questa processione quotidiana di persone che chiedono aiuto, da un lato mette a dura prova la mia umana resistenza, dall’altro mi attiva attraverso una grande voglia di tentare tutte le strade per riuscire a trovare delle risposte per questa nos-tra realtà e per coloro che vivono gravi crisi economiche. Una crisi economica che, però, diventa anche una crisi sociale ed umana; purtroppo, delle volte, ho l’amarezza di non riuscire a farcela ad aiutare tutti. Nonostante i mo-menti di disagio, intravedo anche un grande potenziale per il nostro territorio, tante risorse, straordinarie qualità». Nel discorso di insediamento ufficiale lei ha dichi-arato: “Desidero costruire comunione”. Cosa voleva intendere?«Comunione ecclesiale per vivere una coesione sociale, è quello che sto tentando di fare, a cominciare dallo spos-tamento dei vari parroci, sto rigenerando il territorio at-traverso nuove opportunità, sto chiedendo ai sacerdoti di dare una testimonianza più coerente con il vangelo e innanzitutto dimostrando che possono vivere insieme per il bene delle persone. Voglio ricordare a tutti che Per un nuovo progetto di Chiesa bisogna partire tutti dalla stessa linea. Guardiamo al futuro!»Lo spostamento dei parroci, dalle proprie parrocchie, è stato causa di malumori da parte dei fedeli. Come si può ristabilire serenità?«Reputo questi malumori come una condizione fisio-logica, è normale! Sebbene il parroco diviene un punto di riferimento per la propria comunità, i fedeli devono comprendere che quest’ultimo non è il proprietario della parrocchia per cui è necessaria la loro rotazione il parroco non è il proprietario della parrocchia per cui è necessaria la loro rotazione per la realizzazione di progetti. Tra i tanti progetti, sto riformando la Curia, sto cercando di creare dei collegamenti tra la Curia e il territorio per far fronte alle esigenze delle persone costituendo delle foranie con i centri di ascolto».Lei è molto attento alle problematiche giovanili, come pensa che i giovani si possano avvicinare alla fede? Che ruolo occupa la fede nella società odierna?«E’ un problema molto delicato! Di una cosa sono certo, che quando hai a che fare con un giovane, hai a che fare con un cuore aperto, agile e pronto alla vita. Se il giovane conosce le motivazioni profonde della fede è addirittura più generoso di chi la fede l’aveva già scelta. Ho lanciato un grido di aiuto nelle scuole ai giovani: Statemi vicini!

Aiutatemi a risolvere i problemi! Perché vi impegnerete per qualcuno! Fare del bene fa stare bene!»Nel corso dell’anno ci sono stati dei suicidi che hanno sconvolto la comunità. La Chiesa come risponde a questi fenomeni?«Attenzione! Dobbiamo cambiare stile di vita! Ritornando al discorso legato ai giovani, quest’ultimi devono convincersi che la parola sacrificio, rinuncia, im-pegno, sconfitta, fa parte del bagaglio della vita di og-nuno di noi. C’è bisogno di dare senso alla propria vita, anche quando questa ci spreme, i giovani devono com-prendere che anche quando si viene piegati dalla vita bisogna guardare al futuro. In questa speranza verso il futuro la fede ha un ruolo molto importante perché fa at-tingere a valori puri e semplici». Il nostro è un territorio difficile, denominato “terra dei fuochi”, si parla di degrado culturale e morale. La fede come si confronta con questo problema?«La nostra potenza è la capacità di stare vicino a chi sof-fre, ai più deboli, a chi ha bisogno. Desidero una Chiesa in ginocchio, ecco la mia Riforma pastorale, chinata sulla realtà. La Chiesa ha una grande responsabilità. Ci vuole un intervento immediato per cambiare le strutture, le mentalità, un determinato stile. Bisogna fare cultura! Accanto al calore del Vangelo c’è bisogno di un impegno culturale molto serio. Come Chiesa ce la sto mettendo tutta, non solo con la nascita del Polo culturale, la presenza all’interno delle scuole, con le motivazioni anche a livello socio-politico agendo sulle questioni del territorio, sono intervenuto nella questione che riguarda il tavolo di trasparenza con la Sogin per la centrale nucleare ma anche per rimuovere la discarica “Cantarella” a Mondragone. Credo che il primo grande passo sia ripresentare alla coscienza delle persone la ri-appropriazione del proprio territorio, la bellezza deturpata della propria terra che è mancanza di stima delle per-sone verso se stesse e verso ciò che vivono. Le persone devono tornare ad amare la propria città, c’è bisogno di cambiare modelli culturali e quindi il senso civico, il bene comune, la legalità, che sono tutte condizioni necessarie per il nostro territorio. Abbiamo avuto dalla Provvidenza un territorio meraviglioso, di questo territorio noi siamo custodi e il compito del custode è quello di: prendersi in cura del territorio, accompagnarne lo sviluppo, pos-sederlo nel cuore. Io ho invertito il concetto: riprendi-amoci nel cuore il nostro territorio, poi ovviamente ce ne prendiamo cura e ne sosteniamo lo sviluppo. Questa è un’operazione culturale!»

di Ada Marcella Panetta

RESPONSABILITÀ, AMORE E DEDIZIONE VERSO IL PROSSIMO

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