GOCCIA DI VITA IN COPER TINA - pennadautore.it · «La crocifissione bianca», di Marc Chagall ©...

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GOCCIA DI VITAImma Schiena

- Collana di Penna d’Autore -

IN COPERTINA«La crocifissione bianca», di Marc Chagall

© Copyright: Edizioni Penna d’Autore ebook giugno 2013

Casella Postale, 2242 - 10151 TorinoTel. 3490934037

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INDICEPREFAZIONE 4

GOCCIA DI VITA 8

GIOIA E PACE DONANO

LA VITA 9

ATTIMO DI PAZZIA 10

CARBINIA MIA AMATA TERRA 12

D’IMPROVVISO L’AMORE 14

IL COLORE DELLE MANI

(LA VIOLENZA SUI BAMBINI) 15

IL TUO NOME 16

LA LUNA 17

LA GITANA CHE È IN NOI 18

LA PALLA 20

LA POTENZA DELLA PAROLA 22

LA RICERCA DELLA VERITÀ 24

LA STRADA 25

LA TERRA 26

LA VENDEMMIA 27

INSIEME 29

L’AMORE UN GIOCO

DI PAROLE 30

L’AQUILA 31

LETTERA A UN PADRE 32

L’ULIVO SECOLARE 34

NOSTRA SPERANZA 35

OMERTÀ 36

PIOGGIA 39

LIMITI 40

SENZA FINE 41

SENZA NOME 42

SOGNO 45

TI HO VISTO 46

STELLA LUCENTE 47

UN UOMO 48

TORINO MITE E FERVENTE 49

TRIADE 51

OCCHI DI MADRE,

AMOR DI FIGLIO 52

VITA QUOTIDIANA 53

11 SETTEMBRE 54

PRESENTAZIONE DI

IMMA SCHIENA 58

SCENETTA TEATRALE

LA NOTIZIA BOMBA 59

A ITALIA - 1° ATTO 61

2° ATTO 63

DAL MEDICO - ATTO I 66

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PREFAZIONE

Trentacinque sono le liriche di questa opera prima diImmacolata, dove sin dall’inizio erompe un concitato desiderio dirivalsa verso una realtà che dimostra tutta la sua crudezzanell’impercettibile desiderio di dolcezza. Immacolata lo hapercepito da sempre questo senso ed a noi lo comunica, facendociriflettere attraverso ogni verso che ci troviamo a leggere, a sentiree provare dentro la nostra condizione di lettori che dal razionalesanno cogliere l’emozione del verso, come “colpo d’ariete” e spiritodi conquista, oltre la quiete abitudinaria del nostro trascorrere neiminuti del tempo di ogni nostro giorno che ci rendono asettici airesponsi della vita. I versi di Immacolata ci smuovono, ci sveglianodal torpore dell’abitudine e ci offrono un percorso che dallariflessione si fa emozione. Il pensiero emozionale ci pone ledomande così come l’autrice stessa si è posta, intercalandole coni responsi della propria emozionale vicenda vissuta. Responsi edesperienze, domande e dubbi che vengono intercettati nel percorsoduro e crudo, ma anche tenero e attento di queste liriche.

Il titolo dell’opera è elemento indicativo del primo testo cheindica il percorso di tutta la silloge, un percorso che indicainesorabilmente l’incedere di una vita pregna di momenti chepesano, ed il percorso della vita è conquistato momento dopomomento, come lo stillicidio di gocce che una dopo l’altra,inesorabilmente, non smettono il loro incedere. La metafora dellagoccia ha poi un profondo sapore di spinta inesorabile allatrasformazione. L’esperienza della vita ci trasforma minutamente,per ogni esperienza che più o meno impercettibilmente, puòtrasformare la nostra sensibilità, il nostro carattere e magari a volte,anche i nostri valori. “Il nostro vissuto nell’eternità infinita è unagoccia di vita”, ci suggerisce l’autrice. La vita terrena è solo unapiccola goccia proiettata nell’Eternità. Una infinitesima partedell’infinito mistero della vita, nella quale l’atto di fede si fa sicuro,nella fiduciosa convinzione dell’opera divina. La riflessione

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esistenziale di Imma, non è aulicamente proiettata verso un futuroradioso e protetto, bensì si cala nella fatica dell’esistere, comeconquista quotidiana e sofferenza esistenziale di momenti che cispalancano d’innanzi a noi il vuoto della solitudine e l’angosciadell’incedere. L’autrice a volte usa con crudezza termini cherendono direttamente il senso del suo penare e del suo crederetenacemente alla vita per quello che è ed offre. Il “topaccio crudele”ad esempio, “che ti rode le interiora”, come elemento descrittivodi un’angoscia che sfinisce. La pace e la gioia restituiscono lavita.

La sensibilità del percorso esistenziale dell’autrice non fuoriescedagli usuali canoni in cui le sensazioni del mondo ti indicano viecontroverse. Il momento del suicidio può balenare a tutti , comeattimo reattivo di una discordanza di intenti e sensazioni, ma lavita col suo grido: “Sorridimi,” chiede d’essere vissuta, catturandocicon la bellezza della natura.

Anche il legame culturale con la terra è per Imma molto forte.Emigrata al Nord con la famiglia da pochi anni, la sua vita si dipanain un ambiente diverso dalla solata cultura del Sud, ma nondisgiunta comunque da un’accettazione che è sempre più, sia percultura, sia per momento storico, Nazionale e Globale. Ama ilsuo Sud, fatto di profumi marini, deità antiche, spiritualità mariana,antichi borghi medievali, ma anche vino, fichi, e gli antichi saporidella terra.

La sensibilità di Imma è quella di una giovane donna attenta aiproblemi del mondo e dell’insegnamento quale è come elementoprofessionale della sua esperienza, e la sua sensibilità verso ibambini, di cui ne conosce anche l’esperienza eticamente privatacome madre, ne fa scaturire riflessioni sempre collegate a quelcrudo senso di realtà amplificato dalla sensibilità del suo sentire,in amore verso i sui figli, che accomuna il suo pensiero e lo rendevivido, facendolo scaturire nei suoi versi.

Per Imma, l’attenzione verso la sofferenza tra la vita e la morte,non ha mezzi termini. “Ho pensato di dovere parlare alla guerra

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(…) ho pensato di dovere parlare alla morte (…) ho capito,dovevo parlare della vita(...) “Ecco che la lotta tra il bene e ilmale del mondo diviene la lotta stessa dell’uomo e della suareiterata corsa al potere di se stesso, e non dell’attenzione versoi deboli, gli umili, i bambini.

Il viaggio della logica, rende più attenta ogni ricercanell’evidenziare distonie e ingiustizie, tanto che Imma, puressendo una docente di Economia, riesce a catalizzarne la forzalogica con la parola e rendere le emozioni del suo dire attraversola denuncia della forma e del fatto.

È nel senso del suo scrivere, più che nella sua forma, cheImma identifica il senso del suo sentire, descrivendo con laforza della parola ciò che esiste nel suo animo. Per questo, avolte il suo messaggio può sembrare crudo, ma sicuramentediretto al senso del suo essere. Probabilmente nella sequela diuna ricerca appena iniziata, nel viaggio profondamente indivi-duale dell’essenza della parola che si fa senso di poesia, l’autricedeve meditare e trovare la sua forma più consona dell’aspettoepistemologico, per raggiungere il suo tratto incisivo di argo-mentazione, ma è un processo di ricerca che si può definire diordinaria amministrazione per qualsiasi inizio.

Da riflessioni tematiche individuali ed etiche, Imma nondisdegna momenti di cultura della sua terra molto alti e profondinei quali si assapora il profondo attaccamento che l’autrice haper una terra millenaria come la sua Puglia. Una Regione fattadi tradizioni contadine e di impatto con la natura, come millenariulivi o vendemmie che divengono aggreganti stimoli di socializ-zazione e di festa.

Dall’etica, al folclore culturale, alle sensazioni esistenzialiche divengono gorgo di emozioni.

Per Imma, lo sguardo sul mondo, sulla storia è come lo sguardosulla sua terra e sui suoi figli, dove l’ininterrotta interrogazionedell’essere e dell’avere, del faticare e del gioire, del disperarsi edell’annullarsi, diviene elemento probante del suo interrogare la

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mente per aprire la via ad una parvenza di Verità.Dalla storia di una madre, alla storia d’Italia, a quella del

mondo. Storia come vicissitudine; come realtà in cui ci siconfronta e si trova spunti per collocarvi la propria identità dipersone che gioiscono, soffrono, AMANO. Questo, è ciò cheImmacolata Schiena è riuscita a farmi provare, nella preziosae piacevole lettura di questi versi primi, segno consapevole diun desiderio di essere, attraverso la parola.

Danilo Tacchino

Goccia di vitaGocce di vitaAttimidal celo cadentiinfaticabili certezzeistanti vissutibrevi momenti

Le nostre giornateappese ad un filoda nostro Signorepredestinate

Ogni ora fluiscecome goccia nel mareimmenso,il nostro vissutonell’eternità infinitaè una goccia di vita.

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Gioia e pacedonano la vita

Talvolta succedeche lo spirito di gioiati abbandonie resti con un topaccioche ti rode l’interiora: l’angoscia.

Affranto ti lasci sopraffare,percepisci il doloredella battaglia.

“Vai via brutto topaccio crudele”.

Ti lasci sopraffare.Ma quando il topaccioha rosicchiato tutto,rimani a terra, sfinito.

Mentre tu sei là a leccarti le feritelo spirito di pace ti vede,porta con sé la gioiasua amica di sempre,insieme ti consolanoe ti restituiscono la vita.

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Attimo di pazziaLa notte mi accarezzaLa luna mi fa luceLa pioggia scende giùe pian piano mi consola.

Il caldo è soffocantemi stringe la gola.Mentre nuoto nel sudorela paura mi sovvienemi spinge a pensaread una pazzia.

Scendo giù dal pontea passi lenti lenti,verso la passerella dura della vita.

Voglio far la finitaMi sciolgo la cinturache il vento porta via.La notte mi accarezzala luna ormai stancasalutando va via.Il vento silenziosocarpisce la mia vistaabbagliata da tanta bellezza,l’alba, la natura,il ponte ed il fiumemi soccorrono,

odo il loro canto ribelle

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d’amore.La Vita mi rapisce,rapidamente ed agguerritami suggerisce: “Sorridimi”“Sorridimi”“Sorridimi”“Sorridimi”“Sorridimi”

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Carbinia mia amata terraUn Amorino che suona la cetramonta un delfinoin questo simbolo intrisa è la tua storiacittà profumata di mare,guardata a distanza dalle due torri:Santa Sabina e Guaceto.Il nome di Carbiniamuta e si conserva nel tempo.Una Dea antica giunta dal Mar Adriaticovolle gettar l’ancora sulle morbide colline ove si erge la nave pietrificatacon la sua prua rivolta ad Oriente.Da piccolina ci salivo sopraguardando il mare a Est,sognavo viaggi incompiutiverso mete sconosciute.Custode delle viuzze della “Terra”,antico borgo medievale,il castello,come un prode guarda il mareed idealmente ad esso si congiunge navigandolo.È issata la bandiera,dedicata a nostra Signora, la Madonna,Madre protettrice dalle tempeste e dall’uragano.Carbinia sulla veste leggera della bandiera si elevaed inneggia alla liberazionesolennementetra canti, musiche e suon di banda,mentre la leggenda del vitello e del pastorelloritorna alla mente.

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La ‘Nzegna si alzadi fronte al Santuario di Belvedereove la Madonna fa da padrona.L’azzurro del mare muta il colorenel verde della pianura sottostante.I secolari alberi di ulivo ti accarezzano,mentre l’onde del mare ti “nazzicano”.Par un bimboche nella culla mestamente gioisce,par un luogo scelto da Diodato in dono alla sua sposa: Maria.La natura si unisce a questo rito nuziale,offrendo tanti beni in processione;fioroni, vino, fichi, ogni frutto ed oro giallo.Depositaria delle mie umili origini,ricordo la mia bella infanziatrascorsa tra la vite e gli uliveti secolari,tra le campagne benedicenti e benedetteove le donne sgranano il rosarioe celebrano le lodi del mattinoove mio padre mostraval’umana naturaal contatto con la terra.Carbinia mia amata terra,sì bella seiche gli Achei vollero fardelle tue grotte la loro dimora.Nel cuor io portola vite, l’ulivo,la tua luce,il sole ed il mare.Carbinia ma amata terraio ti canto.

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D’improvviso l’amoreD’improvviso un tuonocompare nel cielo serenoun lampo entra in casaa finestre chiuse.D’un tratto l’amoresenza chiedere permesso entra nel cuore.Come l’aurorache segna il confinetra la notte ed il giorno,come l’apostrofo,come un segnalibro,d’improvviso l’amoresegna un prima ed un dopodelle mie ore.È meraviglioso che sia apparsacome un fulmine inaspettata in quell’istante,inconsciamente attesa e desiderata.D’un tratto l’amoresenza chiedere nullaentra nel cuore,trasfigurando me, i miei sensi,i miei occhi, il mio umore.Come stuporedavanti ad una stella cometache scivola nell’animaaccendendola,

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come d’incantoal gioco delle luciaccende il sorriso.D’improvviso l’amoreè amore.

Il colore delle mani(la violenza sui bambini)

Piegato all’angolo su me stessocon gli occhi volti verso l’altoguardo il colore delle mani.Sono rossequando scuotono le guancedei bambini sgomenti sono violaquando macchiate del dolore provocato han colpito duramente.Sono rosanormali, asettiche, nascostein tasca nell’indifferenza,sono bianchequando accarezzanoil volto pudico e candido.Sono di un colore che non vedo,ma ne percepisco il caloredall’amore che vorrei.

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Il tuo NomeVorrei scrivere il tuo nomesu questi fogli bianchi.Mi hai dato un pezzo di cartatra le mani mi hai posto una biro,ma hai dimenticato di dirmicosa devo scrivere, quali parole.Hai omesso di dirmi il tuo nome.Mi hai parlato dicendomi di scrivereciò che vedo,ciò che sento.Ho alzato gli occhi dal foglioguardando il mondo ho visto la guerra,ho pensato di dover parlare della guerra,ho visto la terra piangere e gli animali morireed ho pensato di dover parlare della morte.Ho visto le città distrutte e gli uomini costruireed ho pensato di dover scrivere della rinascita.Ho sentito la musica,ho pensato di scrivere le note musicali.Ho visto un fiume che straripava,una montagna che stancafranava per posarsi a valleed ho pensato di scrivere della natura.Poiho visto un bimbo nascere,l’ho sentito piangereed ho capito,dovevo parlare della vita.Il tuo nome è vita.

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La lunaluna splendente e ridentetenuta sospesa da fili di stelledorateIllumini il cielo neroall’uomo ti avviciniriflettendoti nel maretrasportata dalle ondeA me ti accostie mentre vado raccontandotiI miei pensierimi accorgoche non sono più sola.

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La gitana che è in noi Questa sera voglio uscirecon un abito nuovoche non ho avuto mai.Voglio indossareuna gonna lunga e rossa,un velo e gioielli sul capo.

Stasera voglio vestirela zingara che è in meentrare nei suoi occhi nerie portarla fuoria scoprire le danze di ieri.Seguimi bella gitanaandiamo a ballare,sciogliendo i miei capellimi vestirò di te.Andiamo in giro a conoscere le anime nascoste che festeggiano,cantando la libertà.Hanno sciolto le cateneper inseguire un sogno.Prestami il tamburello,facciamo vibrare gli anni passatiNelle feste delle anime libere incontriamo le donne tarantineche nella notte ballanola “Tarantella”.aiutiamo i fantasmi immaginari ad uscire come da un thriller.Incontriamo i cosacchiche danzano sulla neve sfidando sotto il cielo

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i gradi sotto lo zero.Incontriamo i ballerini americani brasiliani e quelli napoletaniche danzano nel golfo di Sorrento.Il sole illuminando la faccia bacia la vita e caccia ogni ombra.Incontriamo le note musicaliChe dopo averci catapultatonel mondo per danzare,sulla pista del cuore ci fanno atterrareQui ripongo la mia gitanache tornata in memi regala nuovi sapori.Mi consegna l’elisir dilunga vita riscossodurante il nostro viaggio.Ho imparato a riconoscerela voce nascosta dentro di meche si chiama musica che si chiama amore.

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La pallaGira e rigira la palla rimbalza,rotola, cade e poi si rialza.nella curata aiuola, nel verde dei campi,nel cortile della scuola.Come la pallina della roulette,come uomini che giocano sul set.Rotola la palla, piano pianonelle piazze di Palermo,Roma e Milano,dall’operaio all’impiegato, al delinquente qualificatoal silenzioso sacrestano.Gira e rigira la palla rimbalza,rotola, cade e poi si rialza.Scivola sul vetro chiaro e scurosfreccia nei salotti, s’appoggia e cade come olio puro.Vola sulla testa della donna china che ha condotto una vita meschina,mentre gli uomini ormai feriti sfoggiano i loro tentativi falliti.Svetta la furia del giocatore che tira in porta con furoreed il politico, che per errore col suo dribbling ha fatto gol,ora avanza con terrore.La palla della responsabilità,logorata dal tempo vola sopra la genteche di questo gioco non sa niente.Son tutti sfiniti dal rimorsoe la palla sudicia oramai sgonfia

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è arrivata alla fine del suo percorso.

Eppure.. non si smette di giocare.La palla! Proprio ferma non può stare.

Il bimbo la vede e che fa’?Lui sii la può tirare.Gira e rigira la palla rimbalza,rotola, cade e poi?Poi, si rialza.

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La potenza della parolaLa parola è un forza meccanicaprodotta dalla spinta del coraggiosprigiona una strana energiache tutto muove.Una parola può esserela potenza della vita,vivente e vivificante.La parola produce sempre un fruttoio esisto perchésono frutto di una parola d’amore.Per una parola ho imparato a parlarecon una parola a comunicare.Una parola può rendereamabile ogni cosa e visibile il pensiero.Può far incontrare uomini diversi,può allontanarli,una parola può alimentare l’odio,può abbattere muri o renderli più alti.può vanificare la forza delle armi,disarmando le guerre.Una parola può celare la verità,così pure può renderla manifesta.può illudere e disilludere.Una parola può intuire i cuori,sensibilizzare e commuovere.Anche quando è silenziosa,quando è introspettivaproduce il suono dell’inconscio,

la voce dell’anima dentro di noiche parla.

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Una parola plasma le persone, le modella,distingue gli uomini per ciò che dicono,può rendere indissolubile una promessa,può rompere il silenzio e seminare amore.Per mezzo della parolaper il suo effetto dinamicose ne può ancora parlare.

Una parola può essere donata o essere un dono.

La parola tutto può quando è vera.

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La ricerca della veritàUn piccolo uomocon una lente in mano,con una lanternaluce fa nella storia,indagando tra le varie fonti,parte alla ricerca della verità.Errante tra le Muse figlie di Zeusinterpella Mnemosinecustode delle memorieode l’eco delle grida dei popoliascolta la voce del vento,sente il desiderio di libertà,pesa sul piccolo uomoLa bramosia di verità.Essa non risiede nella moraleneppure nell’etica sociale.La verità è nei fatti.I fatti siamo noi.La verità è in noi.Sopito ed appagatosmette di cercarenell’animo umanoimpara a guardaree lì trova la verità.

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La stradaRicolma è la stradadel brusio della genteschioccar delle ditabattito di maniclacson di autorombo di motocigolio di biciclette,tintinnio di campane,note dissonantigrida sfrenatedi bimbi innocenti.

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La terraQuesta terra così calda scotta e ti parla.Senza che tu la interroghigià odi il suo grido ribelle.Il contadino l’ha coltivata,con l’ aratro,ne ha estrattoi segreti nascosti nei suoi meandriscoprendone la morbidezza.Le piante più insidiosehanno aggrovigliatole loro radici nelle sue viscere.I buoi stanchi e spossativi hanno riposato,le donne della campagna vi hanno danzato.L’uomo solitario, su di essaha posato i suoi passi leggeri,traendone conforto.Il poeta lui l’ha interrogata ed ascoltandola ne ha tratto i suoi versi.E “Lei”?Lei ha colto il sudore, la fatica,le gioie ed i dolori, prontaa ristabilire un colloquio equilibratomai deluso ed interrotto nel corso dei secoli.

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La vendemmiaLa nostalgia mai dimostrataper troppo tempo soffocatadei profumi dei campi,del colore della gentemi richiama alla mia casadove vi giungo col cuore palpitantee la gola tremante.Una mano calda mi saluta,la gente m’ accoglie.Il sole mi sorrideguardandomi negli occhi.Risalendo la strada della collina,gli uomini sui carriesultano per il frutto della vite,mentre le donne nei campisi appressano al taglio dei grappoli.La terra richiama a sé gli aciniche cadendo la nutronoconferendole il loro “sapore”.I grembiuli delle donnesono macchiate di rosso,rosso vino,le mani forti degli uominisollevano i tini,i bambini danzano nelle bottiposte sul carretto.La fermentazione è musicache dà inizio ai festeggiamenti.La sorte ormai è segnata,quell’uva prima mosto e poi vinorenderà felice molta gente.

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La felicità si legge sul volto di tuttied io mi unisco a quei balli nei campi,uguali dovunque.A settembre c’è gente che gioiscevicino al fruttoche gli uomini di tutta la terra unisce.Andrò dove la sorte mi conduce,ma ogni volta che gusterò del buon vinoritroverò la gioia della mia genteogni sorso, nostalgicamente mi riporterànel luogo da cui son partita: casa mia.

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InsiemeIo l’inspirazionetu l’espirazioneinsieme noi l’unico respiro.

Io l’ala destratu la sinistrainsieme noi unico sogno in volo.

Io la Terratu il cieloinsieme noi l’Universo.Nessuna linea fra noi, né confini.

Io l’atrio superioretu l’inferioreinsieme noi un unico cuore.Nessuna spaccatura fra noi.

Io lo scheletrotu lo spiritoinsieme noi un solo corpo.

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L’amore un gioco di paroleL’amore, un caro gioco di paroledove la matematica non contao conta poco,dove tutto si perde e nulla si guadagna,nel punto di massimol’utile è zero.Dove uno più uno resta sempre uno.Dove lo zero e l’infinito sono uguali,l’ora e l’eterno s’incontrano.Nell’amore la parola “ vuoto “ non esiste,si riempie di significato,l’amore gli dà senso svuotandola del suo non sensoe riempiendola cancella il vuoto.L’amore, che strano gioco di parole.Il bicchiere mezzo vuoto e mezzo pieno.Nella metà vuota: le bugie, le rinunce, le futili parole.Nella metà piena : le risate, le lunghe passeggiate.Quando ho voglia di bere,svuoto il bicchieree penso che tu non ci sei.Tu invece sei in me, “ti ho bevuto”.L’amore che strano gioco di parole, nell’amore il vuoto non c’ ètu sei finito in mee per un io tendente allo zero

tu sei infinito.

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L’ Aquila(Dopo il terremoto, nella disperazione,una richiesta di aiuto è ciò che resta)

Non sia più lucenon sia più buio.Non sia più freddonon sia più caldo.Non sia più giornonon sia più notte,né fuoconé acquané polverené fango.Non sia più riso sul tuo voltoné pianto sulla terra.Non sia più pianto né in cuore

né in gola.Non sia più lamentonon siano più urla.Non sia più “sola”non sia più solo un io,sia più un TU.

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Lettera a un padreLa terra nel grembo della sua maternità t’accoglie,il tuo caro volto ormai nasconde e di te libero lascia vagar solo il ricordo.Nella foto che ritrae i tuoi capelli nerivedo quello che nel mio cuor ora sei e quel che ieri eri.Davanti a te mi ritrovo a ricordar la tua volontà d’amar,l’amor che hai o non hai dato.Vederti nell’immenso silenzio scomparirenel buio che solo la fede sa consolarevorrei sprofondare e desidero con te morire.Dopo l’ultimo commiato mi allontanoeppure, l’aria mi parla di te“dolce profumo della mia infanzia.”Il vento porta con sé la tua voceche mestamente mi sussurra: “Corri”ed io bambina vengo a te portandoti dietro,all’ombra dei miei passi.Passeggiamo tra i sentieri della pineta,rispettosa uditrice.Rifletto, piango e rido.Caro papà,tu hai indossato la sofferenza con eleganza, ci hai danzato dentro sin da piccolo,l’hai servita portando la cravatta, i guanti bianchi.Tu la “ portavi bene”, la sofferenza.Di te restano le parole mai dette, i figli.Resta l’insegnamento che soffrendo non moriamo,il bene scaccia il male, hai reso l’oggi molto

speciale.

Spiritualmente con te nelle preghiere.

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A te chiedo: “Se puoi amami, amami ancora, immensamente”

come solo tu hai saputo fare.A te che della vita mi hai fatto donodico cento volte grazie e chiedo perdono.

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L’ulivo secolareCome un bimbo che mira il cielostellato, sogna il contadinosotto l’albero luccicanteolive nere e verdistillanti olio dorato.

Il tronco dell’ulivo secolaresinuoso, affascinante, provocante gustosi desiderisostiene i rami, larghe maniche si agitano in ariaintonando un applauso al cieloper sì tanta bontà.

Morbide radici si tuffano nel mare marrone e giallo.Sul tappeto di brinale foglie secche profumatedi olio dorato,cuscino ove il contadinoposa i suoi antichi pensieri.

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Nostra Speranza(In tre periodi diversi)

La nostra speranza èaggrappata all’aratroche spinta dalla bestiaspiana la strada per seminare.La nostra speranzaè quell’aratro,anzi è quella bestia.

La nostra speranza ècome la freccia di un arcoche l’arciere mira lontano.La nostra speranza èquella freccia,anzi è l’arciere.

La nostra speranza ècome la perla protetta dal guscionell’immenso mare.La nostra speranza èquella perla,anzi è il mareche protegge ed accarezzala perla della vita

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OmertàÈ stata mia l’idea di farti nascere in me,di coltivarti, giorno per giorno,come fa il contadino con le sue piante,di farti crescere dentro e fuori di me,tra la gente.È stata mia l’idea di accarezzarti,mentre mi accovacciavo al tuo fianco.

Tu crescendohai assunto sembianze umane.hai un fianco dentro me , che mi ripara,divieni il mio fianco,diventi il costato che nasconde il cuore.Hai un corpo dentro di me,sei il mio corpo,sei diventato un uomo.

Pian piano, tu acquisti anche un nome,che io nego.Tu prendi il mio nomeche ora asservito a te diventa il tuo: OMERTÀ.Ora che tu, ti sei attaccata a me,ti vedo guardandomi allo specchio.Ti sei attaccata alla mia faccia,sei diventata la maschera che io portoda una vita.

Prima che io nascessi l’aveva mio padre,mia madre, la mia terra, il nostro Sud.

Ora, che io ti vedo, so chi sei,so chi sono e non mi piaccio

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con questa maschera in facciae dentro di me,con questo tuo corpoche s’è preso la mia anima,quella che avevo.

Ora che vedo derubarmi di tutto ciò,non mi piaccioperché non mi piaci tu.Oh ingannatrice,ti sei impadronita di meoffrendomi riparo mi hai celato la verità.

Non ti voglio piùed io stessa con le mie maniti strapperò da me.Ti aborrisco come un’animale orribile,tale è chi vede uccidere un amicosenza parlare.Ecco! Ora che tuti sei separato da me,sei per strada e tutti potranno vederti,riconoscerti e scacciartidal mondo degli uomini.dove tu non meriti di stare.

Io non voglio più essere Omertà.

Noi, non vogliamo più esseresenza pietà.Tolta questa maschera,ho visto la mia faccia d’uomoso che io un cuore ce l’ho,

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so che noi un cuore l’abbiamo.Ho liberato la mia e la nostra animadalla plurisecolare schiavitù.

Ora,essa in me ubbidisce alla libertà trionfatricee Lei solo Leifa si che non mi pieghi alle regole dell’omertà,ma mi inchini solo davanti all’amore.

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PioggiaCadi pioggia su di noi, resteremo fermi, immobili.Cadi pioggia su di noi,saremo lieti di bagnarci,di sentire le gocceche cadono sui nostri occhidi sentire l’acqua scivolaresul nostro volto.Cadi pioggia su di noi, resisteremo,staremo lì uniti, prendendoci per mano,formeremo una catenache l’acqua non potrà spezzare.

Cadi pioggia su di noi, perchéFORTE È LA VOLONTÀ DI RESISTERE,FORTE È IL DESIDERIO DI LOTTARE.

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LimitiA voi pesci che vagate per il mareanche voi troverete la terra.A voi cavalli che corretesu distese “immense”anche voi troverete il mare.A voi idee che toccate gli uominianche voi incontrerete il “tempo”A te pensiero che ti liberi manifestandotianche tu incontrerai l’indifferenza.A te uomo che vai errante per la vitaanche tu incontrerai Dio.

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Senza fineIl nostro regno sarà,i nostri occhi riusciranno a guardare la lucediverranno luce, chiari e limpidi,i nostri sensi sentiranno.Sarà spazzata viala nostra indifferenza.

Avremo la gioia nel cuore,sentiremola freschezza dell’acqua pulitacapiremo cosa vuol dire essere lindi.

Splenderà il nostro voltodivenuto etereo.

Sentiremo la probità in noi,ascolteremo il vento,lo seguiremo nel cammino infinitoe non ci saranno più baratri oscuri.

Sarà bello,sarà bello seguire l’eco del riso degli uominisul cui volto risplende la felicità,la cui mente è divenuta fonte perenne di pii pensieri.Sarà bello perdersi in questo mondo senza fine.

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Senza nomeUn tumulo senza nomené data di nascita né un fiorecattura il mio sguardomi si schiude il cuore.Chi sei?Se poso l’orecchio, mi par di sentireil tuo languore.Ascolto le tue paroleche con voce supplichevole prendono a dire:“Nascondimi madre, nascondimi beneaffinché anch’io non abbia le mie pene”.Scava una fossa ancor più profondala prossima volta,perché il mio corpo non vedanoe rapendomi, i soldati,facciano di me un loro adepto.Chiudimi madre, chiudimi bene,non voglio imparare ad odiaree la droga trafficare.Grande son diventato ormaie tu nascondermi più non puoi.Al risplender del mattinoson già più piccino,mentre tu nei tuoi pensieri hai impresso il mio destino.Accompagnandomi al confineun bacio mi hai dato,stringendomi al tuo cuor mi hai salutato.Scappa figlio mio, più veloce che puoicerca la pace, la libertà, ciò che vuoi.Oggi bambino, domani uomo saraied il mio abbandonarti capirai

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forse mi ringrazierai.Dall’Oriente, Africa , Iraq, Afganistan son scappatoseguito dai colpi d’arma da fuoco.Fuggo la guerra, l’ingiustizia socialeogni luogo in cui i bambini son costretti a spararee le madri a subire.Scappo madre, per lunghi sentieri ,montagne innevate,mare nero e gonfio delle vite che ha ingoiato.Il desiderio di sopravvivere mi ha spinto lontano.Lascio una terra dove il cielo ha mille colori il deserto ha i suoi profumi.Quando nella notteil nemico in sogno appare,mentre dormotorno a dire la mia preghiera:“Scava madre scava,nascondimi bene, rifugiami ancora”.Com’è lungo il cammino,In un altro paese son giunto,tremando, nei gommoni,nascosto nei tir sotto i sediliemettendo sibili sottili,maleodorante e malato.La morte per la cui paura fui smossodiventata è ormai amica mia di viaggio,io riposo in lei mentre m’ abbraccia.Oh sconosciuto, tu ora scavi,nascondimi benenessuno più saprà dove son io.In questo posto,

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senza un nome né un fiore, ove ora son rifugiato,mi par di sentir la pacein cui il corpo riposaed il tuo sguardo soggiace.La mia richiesta di paceora appagatalibera una voce che si unisceal tuo canto triste.Madre mia, scavar non devi piùperché quiorala mia anima riposa.

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SognoScivolato tra le mani,sfuggito tra le dita,dissolto nei pensieri,prigioniero della ragione,rotto dalle parole,infranto dalla rabbia,denutrito dall’odio,attutito dai rumori,frenato dal non ascoltoderiso dall’ateismo delle idee,mascherato dall’indifferenza altrui,soffocato dalla frenesia,calpestato, schernito.scivolato tra le mani,sfuggito tra le dita.Infedele agli idoli,servo infedele,ma sempre attesoe covato nel mio cuore: il mio sogno.

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Ti ho vistoEppure signoremi sembradi averti già incontrato:eri ai crocicchi delle stradeche chiedevi l’obolo,sotto i porticidesolato dormivi col tuo cane.

Ti ho vistoche piangeviseduto sulla panchinamentre leggevila lettera di licenziamento.

Eri il lavoratore con l’elmettoche saliva sull’impalcatura,eri quel vecchio,solo,che attendeva i figli,nella casa di cura.

Ti ho visto,somigli aquel bambinosofferente e maltrattatoa quell’uomo riccodeluso e suicida.

Sii, ora che ci penso,eri proprio Tu quel signore,eri il Signoreed io che Ti ho vistonon Ti ho riconosciuto.

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Stella lucenteAssiso nel giardino dell’eternocasolare , divengo piccinonostalgico rimango a contemplarti.Nel buio dei giorni mieiti vedo là ferma scintillantee riempi le mie notti.Stella lucente assai invitanteplachi in me gli affanniluce dei miei sogni,curi gli infausti ingannimi fai montare il Piccolo Carro.Sulle stelle dell’Orsa salgoPer visitar nei miei pensieril’immenso spazio, trainatanella Via Lattea mentre illuminiil buio delle notti di altri uomini.Miro il mondo ed ogni sua beltàIl cielo si ricongiunge con la terra,il sogno incontra la realtàintrecciandosi coi miei ricordidolci e consunti.La speme denutrita dalla precarietàsi alimenta.

Io ora vivrò, brillerò come luna,di luce riflessa, procuratadal viaggio immaginarioappena concluso.Il buio non c’è piùuna stella per sempre brilleràper illuminare gli intimi animie le notti di tutti gli uomini.

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Un UomoIo non sono un uomo nero o bianco,io non sono del Sud o del Nord,io sono un uomoposto in tanti diversi luoghi del mondoal fine di popolare la Terraaffinché essa non fosse “sola”.Indosso vesti diseguali che sono l’espressione

della mia libertà.Non sono un uomo nero o bianco,orientale o occidentale,giapponese, cinese,americano o australiano o africano.Le bandiere innalzate dalle nazionisono pezzi dell’arcobaleno che congiungepunti opposti della Terra.Io sonouna mente ed un cuore.Io sono ciò che sentoio sento e vivo come tevedo e ascolto come te.Non dirmiche non sono come tu mi vorrestidimmi solo che sono un uomo.

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Torinomite e fervente

Ti guardo da lontano,vibro in me, sentendomi attratta da te.Avvicinandomi, pian piano,scorgendoti tra le montagne,riveli il tuo fascino,la maestosità che fu nella storia.Timida sei, nascosta tra i monti,come una bimba che cela la sua bellezzacoprendo il proprio volto tra i capelli.Scostando la nebbia che silenziosa cade

su di te,ti vedo ed imparo a conoscerti: Torino,città bella sei,antica e moderna, mite e fervente,con la cupola della Moleche si erge imponente.Con la sua guglia, anelando il cielocerca d’afferrarlo e nel tentativod’emularlo, esso t’abbraccia,tu come rami d’albero ti distendie ti lasci plasmare.Vestigia romana, con le tue vetuste mura,i tuoi palazzi, cerchi d’imitare la bellezza

celeste.Taurinorum , città bella, dell’Italia sei la Reginai tuoi portici, illuminati, ti fanno da corona.Cullata dai monti, accarezzata dalla Dora e dal Po,forte come un toro, nascondi e proteggiil mistero fascinoso della fede nel tuo Duomo.

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L’energia della vita palpita in te dinamica,come il sangue che circola nelle venel’ebbrezza fai vivere in me.Mi ridai la voglia di vivereed io innamorata di teti lascio la mia vita, consegnandotii miei sogni.Oh se tu potessi toccare il mio sentire.In questo abbandono totale in te,nella speranza d’un inizio migliorem’accogli fremente d’amore,mentre gli uccelli cantano in festaper la nuova convertita cittadina torinese.

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TriadeCavour Mazzini GaribaldiLibertà Uguaglianza FratellanzaVerde Bianco RossoPatria Sovranità PopoloAnima Mente CorpoCielo Terra CosmoNota Accordo MusicaPadre Figlio Spirito SantoTriadeUno e TrinoLa C o m u n i o n e tiene uniti tuttiOgnuno è in tutto e tutto è in uno,ma ciascuno isolatamente non è tuttoCos’è la mano se si dissocia dal corpo?Cos’è la gamba se da sola, se ne va in giro?Dov’è il corpo e dov’è la mente?E cos’è la mente se gli organi si ribellano ad essa?Si risvegli il desiderio di essere unioneTriade

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Occhi di Madre, amor di Figlio(Dialogo tra Maria e suo Figlio)

Avrei voluto tirarti giù e stringerti a meMadre, io vi ho portato con me innalzandovi fino al cielo.

Avrei voluto abbracciartiio invece mi sono piegato su voi

Avrei voluto curare le tue ferite, fermare la colata di sangue col mio sangue sgorgante ho lavato l’umanità.

Avrei voluto toglierti la lanciacosì invece mi siete penetrati nel petto.

Avrei voluto toglierti i chiodi e liberarti dalla crocecosì invece vi ho attirati a me.

Avrei voluto darti da bereio sono il pane ed il vinoio sono l’acqua che disseta.

Avrei voluto chiederti perdono per tutti i miei figliio in cuor mio li ho perdonati poiché li amo.

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Vita quotidianaIl fischio d’un treno dalla stazione Lingottosospinge lontanoil pensiero d’un ricordo vicino,al carretto gagliardo del contadinoche stanco è di ritorno al suo casolareal fruscio della falce con cui si miete il granoal rumore del ferro battutodal fabbro nella sua bottega.Allo scoppiettio del motore del peschereccioche all’alba va al largo nel mare,spinto dall’attesa del pescatore.Al rumore bianco delle ondeche si frangono sugli scogli,all’odore inebriante dell’acqua salata.Allo stillicidio dei colpi,che il falegname col suo scalpello,lascia nel legno scolpendolo.Al grido del venditore ambulanteche passa per le viuzze e le strade del paese.Al sole accecanteche ti toglie il respiro.Alla strada ed alla sabbiache sotto i piedi sono scottanti.Alla voce dei bimbi giocosi e gioiosi.Al cancello della scuola che si apre.Al rumore del sugoche sobbolle in cucina,al cinguettio degli uccelliche in primavera fanno ritorno alla loro cascina.

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11 settembreLe stelle son scese nei grattacielidi New York che brilla di luci cheal venire del nuovo giorno, cedonoil posto al chiarore del sole.

Alle nuove luci dell’alba,tra le note che la tromba inneggia,s’apre un nuovo giorno.Le Torri Gemelle si ergono in cielocome braccia innalzate peravvicinare le preghiere dell’uomo

a Dio.

Giorno disatteso , come tanti,eppur diverso, giorno unico.Le strade brulicano di genteche s’avvia al lavoro.

Mentre loro, le Torri, salutanodall’alto la città che smossa dauna tazza di caffè si sveglia alla vita,si riaprono gli edifici, good morning

peopleben arrivata nella città dei sogni,nella città della democrazia.

Le torri prendono voce ed unadice all’altra: “Good morning my care,non sentirti sola che in questosolenne giorno ci son io a farti compagnia”e l’altra: “Reggere i sogni

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della gente non è facile.Noi superbe e gentili ce la facciamo,accogliamo le idee di tutti e comeuna preghiera li presentiamo a Dio,good morning New York.Il mondo ci guarda, ci ammira,dall’Oriente arriva una stella ribelle,degli strani uccellacci ci volano intorno,ci confondono, ci mirano,ci attaccano, ci vengono addosso.”

Han colpito l’ala destra, mentrel’ultimo sospiro sale una torre scende.Dalla strada la gente incredula urla:“Guarda, han trafitto il cuore,il cuore della torre,il cuore della città.”Il rosso fuoco inneggia al suo interno,il rosso sangue scivola sulle pareti.

Le voci, un attimo prima di morireriecheggiano nel cuore:“Come vorrei non foste così altie con un dito toccar terra, stocadendo, cadono le mie idee, i miei sogni.I miei ultimi pensieri son con voi

figli miei.A te moglie mia la richiesta di perdonoche non ti ho mai fatto.Il mio urlo è la mia preghiera che sale

a Dio.”Una torre vuole sostenere la suagemella, ma anch’essaè trafitta con la crudeltà e la freddezza

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di colui che va in guerraad uccider il nemico.

Ella confusa ed isolata ripete:“Guardarti più non posso, amica miadi sorte,anch’io son colpita e pian piano vedo lamorte.Vorrei portar in alto le bandiere dellenazioni, ergere i sogni della persone.Miei concittadini, perdono io vi chiedo,pensavo d’esser forte,good by New York,good by America,good by my world.Raccogliete ogni briciola delle mie pietrevi troverete il sangue dell’aggressore edell’aggredito,vi troverete i sogni in frantumi dei vostripadri, dei vostri figli,dei vostri amici.”

Non ci son più luci che brillano,il sole è tramortito, in penombra si nascondeil cielo si incupisce e le stelle dai palazzison scomparsepersino esse sono grigie,una vecchia era è tramontata.

Non ci son più luci.In questo solenne giornoin questo triste giornonon ci sono più sogni,domani

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domani forse,oggiundici settembreno.

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Presentazione dell’Autrice Imma Schiena

Volevo dire due parole su Imma Schiena, anche se è difficile inpoche parole parlare di lei, della sua forza e dell’aiuto che mi hadato con i suoi testi e con la sua recitazione all’inizio di quellabellissima esperienza teatrale dei “Fumeri per Caso”. È propriograzie a lei, alla sua solarità che i Fumeri hanno imparato acamminare, poi per motivi di lavoro ci ha lasciato, ma volevodirle che lei sarà sempre nei nostri cuori e il suo posto nei Fumerici sarà per sempre.

Grazie Imma.

Margherita Fumero

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SCENETTA TEATRALE

LA NOTIZIA BOMBA (di Imma Schiena )

La scena si svolge all’ufficio postale. C’è una lunga coda.

A. Sai Mario, ho una notizia bomba.

B. Quale?

A. Pare che alcuni giovani ricercatori dell’Università diTorino abbiamo reinventato il motore a scoppio.

C. Il motore a scoppio? Ma è stato già inventato tanti annifa.

Un’altra persona che è in coda cerca di origliare la notizia.

D. Cosa dicono?

E. Oh niente, è scoppiato il motore e sono rimasti coinvoltialcuni giovani ricercatori, è una notizia bomba.

F. Una notizia bomba?

Lentamente.

G. Siii… sono, sono morti alcuni giovani in un attentatoall’Università di Torino, una bomba.

Con impeto crescente

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H. Una bomba? Una bomba, c’è una bomba?

Urlando a squarciagola impaurito.

I. Una bomba.

Tutti Una bomba, una bomba.

Si scappa nel panico, e dopo pochi istanti entra un altro tipoignaro ed indifferente, trova stranamente l’ufficio vuoto.

Oh! Ma che strano, non c è nessuno in coda, sono il primo.

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A ITALIA 1° ATTO

Sul palco entra una donna con caratteristiche mediterraneevestita con i colori della bandiera italiana. Un gruppo di personela guarda.

A. Ehi, ehi guarda chi è questa bella donna?B. Si chiama Italia.C. Ma che bella presenza, che chic, che volto radioso (con

accento toscano).D. E che corpo!B. Si racconta di lei che abbia avuto un passato contorto e

difficile. È scampata a tante battaglie.A. Davvero? Però, a vederla non si direbbe. Così bella

com’è, è così giovane!B. Sai Lei ha tanti figli; Torino, Roma, Venezia, Firenze

Palermo e tanti altri.C. Ma, son tutti suoi figlioli? (con accento toscano)B. È come una grande madre che li ha tutti nel core (con

accento romano).E. Sarà, ma a me così non piace,F.Foss’ io mi prenderei quel che di più bello ha.B. Ci sta così tanta robaG. Sii, e cosa?F. Ah la testa per esempio, con la sua bella chioma,G. Sii, sii, io mi piglierei gli occhi, santi lumi.H. Io la parte centrale il seno, fan tanto bene, la parte più

bella.I. Io mi prenderei il piede.J. Io il tallone.K. Io la caviglia.L. Io le ginocchia.M. Ed io il braccio.

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C. Ehi ma che fate? Se te ti prendi un braccio, e te, se ti pigliuna gamba, te gli occhi, te il seno, cosa ci rimarrà di questa granbella donna.

C. Voi cari miei, pigliatevi quel che volete, ma di un’altradonna, tiè a te e tiè a te.

Si lanciano braccia e gambeQuesta a me piace così, tutta intera com’è, e me la prendo io,

andiamo bella Italia mia.

I due escono abbracciati, con il sottofondo della canzonededicata all’Italia.

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2° ATTO

- Un momento, tu Italia cos’hai da dire.Italia: Grazie per avermi dato la parola. Mi presento: “ Io sono

Italia, sono nata nel 1861 sotto il Re Vittorio Emanuele II. Tantiuomini mi hanno fatto da madre. Sin dai primi anni della mia vitaho dovuto affrontare molti problemi; la povertà, l’analfabetiz-zazione, la ribellione dei miei figli, il brigantaggio”.

- Eh già. A proposito, io sono meridionale e m’hanno messoaccanto questo qua. Questo fratello che non conosco, figlio diuna madre che era troppo lontana da me.

Mi chiamano brigante. Sì, è vero, sono povero e analfabeta,ma chiedo solo un po’ di rispetto e di amore.

- Io invece, scusate, permesso signori. Io son piemontese, sonoistruito e colto.

- È arrivato lui il colto.- Sì signori e ritengo che dobbiamo esser uniti.Italia: Bravo, come una grande famiglia. Tu figliolo (rivolta al

meridionale) hai tanta ribellione in te, ma io ti amo.- Sapessi quanti uomini, mille, anche di più, han dato la vita

per te, per voi, per tutti noi.- Davvero?- Certamente, come non lo sai? Veramente sei ignorante.Italia: Sì, hanno dato il sangue per noi tutti, se questo non è

amore per me, allora cos’ è? Ora sono intera, porto su di me i segnidi questi conflitti; il verde della speranza, il bianco della pace edil rosso del sangue versato affinché io potessi esistere.

Entra in scena la Signora Bandiera:

La signora Bandiera:Buongiorno signori, mi avete chiamato?Avete invocato i miei colori e son venuta. Guarda Italia sei

vestita con i miei colori.

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Italia: tu ormai non sei più sola dove sei tu ci son anch’io.- Oh, cos’è sta storia, tu, io. Io so solo che una bandiera ce l’ho

io ed anche gli altri. La signora Bandiera:

Sì, certo, ma io le racchiudo tutte quante.- Spiegati meglio.La signora Bandiera:Pensa a valori come amore , libertà, pace, unità, solidarietà.

Ognuno di questi valori seppur grandi isolatamente non sonotutto.

- È vero cosa sarebbe l’amore senza la libertà o senza la pace?- O cosa ancora l’unità senza l’uguaglianza o la fratellanza?Italia: È il sangue versato per un unico intento a renderci liberi.Amore, libertà, pace da soli sono un isola, ma insieme

identificano un unico popolo animato dallo stesso spirito.- Ma questo è il concetto di Patria!La signora Bandiera: Questa è la mia patria e per parità d’intenti

è anche la vostra, la nostra patriaD. Senza comunione nessuna idea resta unita. Immaginate le

gambe che vanno in giro da sole?Italia: Non arde nel vostro cuore il desiderio di Unione? Dalla

comunione nasce la compassione. In tal modo nessuno è più soloperché la propria sofferenza è anche quella dell’altro, il tuo ardireè anche il mio. Il nostro è un unico cuore, un solo amore.

- Se non siamo fratelli di costumi, lo siamo in virtù del sangueversato da altri fratelli per noi.

- Siii, siamo fratelli.- Ma allora se è così e meglio essere uniti anziché dispersi e

rinchiusi ognuno nel proprio egoismo.- Sì, è vero, impariamo a stare insieme.- Insegnaci oh madre a stare uniti. Insegnaci ad amare.Italia prende in mano la Costituzione sollevandolaItalia: Intanto figli miei, io dal canto mio vi giuro fedeltà, mai

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più lo straniero verrà a barattarci, l’Italia è una Repubblica, è unaed indivisibile. Giuro fedeltà a voi, giuro che nessuno ci separerà,ma voi, voi promettete la stessa cosa. Dite tutti lo giuro.

- Oh, sì madre, noi promettiamo fedeltà e mai nessuno ciseparerà.

Italia: Andiamo ora, figli, voi siete miei ed io vi appartengo.Viva l’ Italia, viva l’Italia.

La scena si chiude con una musica dedicata all’Italia.

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DAL MEDICOATTO I

La scena è ambientata in uno studio medico, ci sono diversiassistiti seduti in sala che attendono il proprio turno.

Si apre la porta del medicoMedico: “Si accomodi”.La persona che era in piedi (1° uomo), lì lì per entrare, sentendo

s’accomodi, si siede rimanendo al suo posto. Un’altra persona che era seduta vedendo che l’altro si siede,

va ed entra. Dopo un po’, il medico apre la porta salutando l’uscente e si

rivolge agli altri assistiti.Medico: “Si accomodino”, con aria impetuosa.Il 1° uomo che era di nuovo in piedi, lì lì per entrare si siede al

suo posto, in sala di attesa.Un buon uomo vedendo che quello si siede entra lui.Dopo un po’, di nuovo con aria impetuosa, il medico licenziando

il buon uomo.Medico: “Buon giorno, s’accomodi”.E nuovamente lui, il primo che sarebbe dovuto entrare per primo,

sentendo “s’accomodi”, si risiede in sala di attesa, senza entrarenello stanza del medico. Entra un altro.

Finita la visita il medico saluta dicendo: “Buon giorno,s’accomodi”.

Questa volta il 1°uomo, che era lì lì per entrare, irrompe.1° uomo: “Eh no eh, mo basta, mo tocca a me e non mi

accomodo affatto, tocca a me.”Il medico: “Ma cosa fa?” – Con aria sbalordita –1° uomo: Ehhh, uhhh, son due ore che cerco di entrare e lei

continua a dirmi di accomodarmi ed io mi risiedo al mio posto.Medico: “Ma no, guardi lei è italiano?”.1° uomo: “Certo che sono italiano”.Medico: “Bene allora dovrebbe sapere che in Italia quando si

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invita un persona ad entrare si dice s’accomodi, ma per dire “prego,venga dentro”.

1° uomo: “Ahm, mi scusi, allora posso?”.Medico: “Certamente”.L’uomo tutto fiero per avercela fatta, entra.Il medico e l’assistito sono ai due lati opposti della scrivania.Il 1°uomo è in piedi.Il medico: “ Prego”.L’uomo si siede.I due si guardano. Il medico si mette in piedi, anche l’assistito

imbarazzato si mette in piedi.Il Medico: “ Prego”.L’uomo si risiede e sta zitto.Il Medico: “Prego” – guardandolo fisso –1°Uomo: “Ma son già seduto e lei continua a dirmi, prego! Me

lo ha detto lei, prima, che dice s’accomodi per dire prego si sieda.Mi ha detto prego e mi son seduto”.

Medico: “Ma mi scusi dico prego per dire anche: mi dica, dicapure. Prego, in Italia si usa anche per dire dica pure”.

1°Uomo: “Ma che strano paese è il nostro lei dice prego e vuoldire si sieda, poi dice prego per dire – dica –, mi scusi comefaccio io a capirla?”.

Medico: “Senta mi sta facendo spazientire, insomma mi dicaperché è qui?”.

1°uomo: “Ascolti, dottore, io ho un piccolo dilemma che miaffligge da tanto tempo.”

Medico: “Mi dica pure…”.1° uomo: “Mi aiuti a risolvere questo quesito. Allora, ci sono

tre uomini Donato, Peppino e Giovanni, dunque Donato era nato,Peppino nacque per primo, Giovanni era il grande. Insomma chifra questi è il maggiore?”.

Medico: Emm, Giovanni, è lui il grande.1°uomo: “Ecco vede inganna anche lei, ma donato era nato!”.Medico: ma allora è Donato.

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1° uomo: “Ma Peppino era il primo”. Medico: “Allora è Peppino”.1° uomo: “Ma Giovanni è il più grande. Vede, vede dottore

come vivo io?Si propone al pubblico di trovare una soluzione.Donato era nato, Peppino nacque per primo, Giovanni era il

grande. Insomma chi fra questi è il maggiore?Medico: OHoooooooo, senta, buon uomo le prometto che ci

penso, lei intanto, prego…L’uomo si siede. Medico: Prego, le dico prego.1° uomo: “E mi son seduto”.Medico: “Ma no, le dico Prego”.1° uomo: “Mi ha detto prego, ma cosa mi vuol dire adesso? Mi

son seduto e le ho detto tutto”. Medico: “Ma, ma le dico prego per dire s’accomodi,

s’accooomodi fuori e cioè vada, vada pure”.1° uomo: “Dottore lei è strano io non la capisco, buongiorno”.L’uomo borbottando esce mormorando1°uomo : “ Ma questi medici chi li capisce”, prego, s’accomodi,

dica, mah.Intanto il medico esce di scena pensando ad alta voce.Medico: “ Donato era nato, Peppino nacque per primo, Giovanni

era il grande. Insomma chi fra questi è il maggiore? Donato?Peppino o Giovanni? Non ce la faccio più”.