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G.M. Plasmati, La trasformazione eterogenea in comunione d’azienda e in altre entità prive di continuità d’impresa.

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  • G.M. Plasmati, La trasformazione eterogenea in comunione d’azienda e in altre entità prive dicontinuità d’impresa.

  • T R A T T A T O D I D I R I T T O C O M M E R C I A L EE D I D I R I T T O P U B B L I C O D E L L ’ E C O N O M I A

    diretto daFRANCESCO GALGANO

    Prof. nell’Univ. di Bologna

    GLI ARGOMENTI

    La costituzione economica. L’azienda e il mercato. La concorrenza e i consorzi. I segni distintivi, la proprie-tà industriale nel Mercato comune europeo. La moneta e la valuta. Le società, le partecipazioni statali, le so-cietà multinazionali. Il nuovo diritto societario. Giustizia privata del danno. Il sindacato e l’impresa. Le in-venzioni industriali. La banca, il credito, le sovvenzioni. La circolazione delle merci e dei capitali nel Merca-to comune europeo. La borsa, le assicurazioni. Il Gruppo Europeo di Interesse Economico (G.E.I.E.). I con-tratti di impresa. Il contratto internazionale. Il contratto telematico. Le biotecnologie. La lex mercatoria. I ti-toli di credito. Il fallimento e le altre procedure concorsuali. Il diritto pubblico e privato della navigazione.Il diritto penale commerciale e dell’economia. Il diritto tributario dell’impresa. L’arbitrato commerciale in-ternazionale. I contratti del consumatore. Il giustificato motivo oggettivo nel rapporto di lavoro subordina-to. Crisi dell’impresa e soluzioni stragiudiziali. Il contratto collettivo di lavoro. La vendita internazionale. Gliatti e i verbali societari. La riduzione del personale. Corporate governance e tutela del risparmio. I nuovi con-tratti dell’informatica. Governo dell’economia e azione sindacale. Mercato finanziario e tutela del risparmio.L’impugnazione del bilancio d’esercizio. Il nuovo diritto dell’arbitrato. Il consenso contrattuale e le nuovetecniche di contrattazione. Responsabilità e servizi sanitari. Diritto all’anonimato. Il diritto del mercato deltrasporto. Le aziende sanitarie pubbliche. L’arbitrato societario. Il sistema monistico nelle società di capita-li e cooperative. Diritto e prassi del commercio internazionale. Le libere professioni intellettuali. Le discri-minazioni nel lavoro. Il mercato e le regole della correttezza. Tecnologie della comunicazione e riservatezzanel rapporto di lavoro. La trasformazione eterogenea in comunione d’azienda e in altra entità prive di con-tinuità d’impresa.

    GLI AUTORI

    V. Afferni - S. Alagna - G. Amato - M.C. Andrini - F. Bandiera - G. Barbieri - E. Bella - M. Bin - M. Bione -A. Bonsignori - F. Bortolotti - F. Bosello - F. Bricola - A. Caltabiano - R. Calvo - M.T. Carinci - G. Caselli -S. Cassese - F. Cavazzuti - C. Chessa - A. Ciatti - G.E. Colombo - D. Corapi - R. Costi - G. Cottino -L. Delogu - R. De Matteis - F. Denozza - A. Di Amato - G. Di Chio - A. Di Majo - R. Fadda - M.G. FalzoneCalvisi - F. Fenghi - E. Ferrante - F. Ferrari - G. Floridia - E. Frascaroli Santi - A. Frignani - F. Galgano -R. Genghini - G. Ghezzi - G. Ghidini - F. Giorgianni - E. Gragnoli - G. Grippo - B. Inzitari - A. Lassandari -M. Libertini - A. Luminoso - V. Mangini - M. Marazza - P. Marchetti - F. Marrella - M. Martone -F. Mastragostino - S. Mazzamuto - C. Mazzella - C.M. Mazzoni - D. Memmo - P. Mengozzi - F. Merusi -G. Minervini - A. Mongiello - A. Nigro - V. Ottaviano - A. Pavone-La Rosa - G. Pericu - E. Picozza -A. Pizzoferrato - G.M. Plasmati - M. Polano - M. Ricolfi - V. Ricciuto - G. Riolfo - U. Romagnoli -F. Roversi Monaco - R. Salomone - P. Sammarco - F. Scaglione - G. Tantini - M. Tonello - P. Tullini -A.P. Ugas - D. Vittoria - G. Volpe Putzolu - G. Visentini - G. Visintini - R. Weigmann - G. Zanarone -P. Zanelli - N. Zorzi - S. Zunarelli.

    P A D O V A

    CEDAM - CASA EDITRICE DOTT. ANTONIO MILANI

  • T R A T T A T O D I D I R I T T O C O M M E R C I A L EE D I D I R I T T O P U B B L I C O D E L L ’ E C O N O M I A

    VOLUME CINQUANTANOVESIMO

    GIOVANNI MARIA PLASMATI

    LA TRASFORMAZIONE ETEROGENEAIN COMUNIONE D’AZIENDAE IN ALTRE ENTITÀ PRIVE

    DI CONTINUITÀ D’IMPRESALa tutela dei rapporti di lavoro e commerciali.

    Con formulario commentatodelle trasformazioni atipiche e speciali.

  • PROPRIETAÓ LETTERARIA RISERVATA

    Copyright 2010 Wolters Kluwer Italia Srl

    ISBN 978-88-13-30928-2

    I diritti di traduzione, di memorizzazione elettronica, di riproduzione e di adatta-mento totale o parziale, con qualsiasi mezzo (compresi i microfilm e le copie foto-statiche), sono riservati per tutti i Paesi.Le fotocopie per uso personale del lettore possono essere effettuate nei limiti del 15%di ciascun volume/fascicolo di periodico dietro pagamento alla SIAE del compen-so previsto dall’art. 68, commi 4 e 5 della legge 22 aprile 1941, n. 633.Le riproduzioni diverse da quelle sopra indicate (per uso non personale – cioè, a ti-tolo esemplificativo, commerciale, economico o professionale – e/o oltre il limitedel 15%) potranno avvenire solo a seguito di specifica autorizzazione rilasciata daAIDRO, Corso di Porta Romana, n. 108, 20122 Milano, e-mail [email protected] sito web www.aidro.org

    L’elaborazione dei testi, anche se curata con scrupolosa attenzione, non può compor-tare specifiche responsabilità per eventuali involontari errori o inesattezze.

    Stampato in Italia - Printed in Italy

    Centrofotocomposizione Dorigo - PadovaStampato da L.E.G.O. S.p.A., Lavis (TN)

  • PREFAZIONE

    «Eran circa le nove di sera, quando Fotide, in punta di piedi, senza far ru-more, mi conduce lei stessa sino alla camera che voi sapete (1), al piano supe-riore, e mi invita a metter l’occhio a una fessura della porta. Ed ecco che vidi.Dapprima Panfile si spoglia di tutte le vesti, poi apre un bauletto e ne estrae al-cuni vasetti, leva il coperchio a uno di essi, ne trae fuori una pomata, se ne sfre-ga a lungo le palme e si unge tutta, dalle unghie dei piedi alla cima dei capelli;quindi, dopo un lungo e segreto colloquio con la lucerna, è scossa per tutto ilcorpo da un tremito insistente. Al tremito sottentra poi un lieve palpitare,mentre sul corpo spunta una molle peluria, crescono delle robuste penne, il na-so si incurva e si indurisce, le unghie s’inspessiscono e si fanno adunche. E cosìPanfile diviene gufo. Emette uno stridulo lamento, spicca piccoli salti sul pavi-mento per provar le sue capacità, poi s’innalza e vola via al di fuori con l’alispiegate. Panfile, dunque, s’era trasformata a suo piacere... (2)».Apuleio

    «L’arte magica» della trasformazione ha da sempre destato l’attenzionedegli studiosi dei più disparati campi del sapere. Nel campo del diritto, latrasformazione è un istituto conosciuto sin dagli albori della codificazioneitaliana, che ha assunto sempre più importanza, anche a livello normativo,col passare del tempo. Infatti, mentre nel codice di commercio del 1882 essaera prevista (dagli artt. 108 e 158), ma non disciplinata, nella originaria ver-sione dell’attuale codice civile, è stata disciplinata in apposito capo. Con lariforma del diritto societario del 2003 le norme dedicate alla trasformazione

    (1) Apuleio si riferisce alla camera di Panfile, padrona di casa e rinomata maga della Tes-saglia. In tale camera Lucio tenta di introdursi con l’aiuto della servetta Fotide con la qualeegli aveva intrecciato una appassionata relazione amorosa.

    (2) Apuleio, Le metamorfosi o l’asino d’oro, tradotto da Claudio Annarotone, 1997, Ed.Bur Classici greci e latini.

  • si sono moltiplicate, prevedendosi legislativamente i più disparati ed etero-genei tipi di trasformazione. Tutto ciò ha portato inevitabilmente a rivisitarel’istituto della trasformazione, in modo da individuarne le caratteristiche ed irequisiti essenziali.

    Col presente studio, in particolare, si vuol esaminare quali conseguenzel’introduzione della trasformazione eterogenea ha avuto sul principio che co-stituisce il caposaldo dell’operazione: il principio della conservazione e salva-guardia dell’attività d’impresa. Tale principio oggi sembra essere fortementeminacciato dalla presenza di trasformazioni eterogenee regressive in enti omeglio entità disciplinate da Libri del codice civile distinti da quello (LibroV) dedicato all’attività d’impresa. Ci si soffermerà pertanto sulle trasforma-zioni in associazioni non riconosciute, fondazioni e comunioni d’azienda e sicercherà di individuare se anche dopo la riforma debba essere assicurata lacontinuità dell’attività d’impresa, seppur indirettamente o in altro modo, op-pure se con la riforma si deve mutare visuale di osservazione, ricercando al-trove la ratio del nuovo istituto.

    Altra problematica che si affronterà è quella collegata alla opposizionecon conseguente sospensione degli effetti della trasformazione eterogenea,prevista dall’art. 2500 novies. I problemi connessi alla continuazione dell’at-tività di impresa, infatti, devono essere esaminati anche nel periodo che vadalla redazione dell’atto di trasformazione all’acquisto di piena efficacia del-lo stesso, dal momento che in tale lasso di tempo potrebbero essere adottatedelle decisioni, da parte degli amministratori o della maggioranza assemblea-re contrastanti con la nuova forma che si è deciso di assumere, si pensi allacreazione di un patrimonio destinato o all’emissione di un prestito obbliga-zionario in pendenza di una trasformazione da s.p.a. in associazione non ri-conosciuta.

    La continuità dell’attività d’impresa, pertanto, necessita di essere rivisita-ta alla luce delle rilevanti novità apportate di recente dal Legislatore, preci-sando sin d’ora che stante l’assenza di pronunzie della Suprema Corte, la so-luzione del problema risulta tutt’ora aperta e di grande rilevanza sopratuttoin relazione agli interessi coinvolti in tali operazioni.

    L’opera si completa con un capitolo dedicato alle formule, brevementeannotate, di trasformazioni atipiche, per le quali si pone il problema, esami-nato nel capitolo secondo, della individuazione dell’esatto confine della ope-razione in oggetto. Tra le formule esaminate ovviamente si trovano anchequelle relative alle operazioni di trasformazione in cui viene a cessare l’attivi-tà d’impresa. Per queste ultime, infatti, stante quanto si osserverà nel corsodell’opera, sarà «opportuno», sebbene non «necessario» assicurare una con-

    VI PREFAZIONE

  • tinuità «indiretta» o «turnaria» dell’attività imprenditoriale, in modo da assi-curare una potenziale ripresa dell’attività o una tutela della continuità deirapporti di lavoro in corso. Conseguentemente accanto alla formula relativaalle trasformazioni in comunione di azienda o azienda, si sono previste ancheformule di affitto, comodato o gestione turnaria dell’azienda la cui attivitàviene a cessare, in via diretta ed unitaria dell’azienda.

    Giovanni Maria Plasmati

    PREFAZIONE VII

  • ABBREVIAZIONI

    Riviste Sigla

    Archivio civile Arch. civ.Banca, borsa e titoli di credito B.B.T.C.Banca Impresa Società Banca imp. soc.Contratto e Impresa Contr. e Imp.Corriere Giuridico Corr. giur.Corriere Tributario Corr. trib.Diritto del lavoro (Il) Dir. lav.Diritto del lavoro e delle relazioni industriali Dir. lav. e rel. ind.Diritto dell’impresa Dir. imp.Diritto della banca e del mercato finanziario Dir. banc.Diritto e giurisprudenza Dir. e Giur.Diritto e giustizia Dir. e Giust.Diritto e pratica del Lavoro Dir. prat. lav.Diritto e pratica societaria Dir. prat. soc.Diritto e pratica Tributaria Dir. prat. trib.Diritto e società Dir. e soc.Diritto fallimentare (Il) Dir. fall.Fallimento e altre procedure concorsuali (Il) Fall.Famiglia e Diritto Fam. e dir.Fisco (Il) FiscoForo Ambrosiano (Il) Foro ambr.Foro Amministrativo (Il) Foro. amm.Foro Italiano (Il) Foro it.Foro Napoletano (Il) Foro napol.Foro Padano (Il) Foro pad.Giurisprudenza Annotata di Diritto Industriale Giur. dir. ind.Giurisprudenza commerciale Giur. comm.Giurisprudenza di merito Giur. meritoGiurisprudenza Italiana Giur. it.Giurisprudenza Milanese Giur. milaneseGius Gius.Giustizia Civile Giust. civ.Guida al Diritto Guida dir.Jus JusLex LexMassimario del Foro Italiano Mass. Foro it.

  • Massimario della Giurisprudenza del Lavoro Mass. Giur. lav.Massimario della Giurisprudenza Italiana Mass. Giur. it.Massimario della Giustizia Civile Mass. Giust. civ.Massime (Le) MassimeNotariato (Il) NotariatoNotiziario di Giurisprudenza del Lavoro Notiz. giur. lav.Nuova Giurisprudenza Civile Commentata (La) Nuova giur. comm.Nuova Rassegna Nuova rass.Nuove leggi civili commentate (Le) N.L.C.C.Nuovo Diritto (Il) Nuovo dir.Orientamenti della Giurisprudenza del Lavoro Orient. giur. lav.Rassegna di Diritto Civile Rass. dir. civ.Rassegna Giuridica Umbra Rass. giur. umbraRassegna Tributaria Rass. trib.Repertorio del Foro Italiano Rep. Foro it.Repertorio della Giurisprudenza Italiana Rep. Giur. it.Rivista Bancaria Riv. banc.Rivista del Diritto Commerciale Riv. dir. comm.Rivista del Diritto dell’impresa Riv. dir. impr.Rivista del Notariato Riv. not.Rivista delle Società Riv. soc.Rivista di Diritto Civile Riv. dir. civ.Rivista di Diritto Commerciale Riv. dir. comm.Rivista di Diritto del Lavoro Riv. dir. lav.Rivista di Diritto Privato Riv. dir. priv.Rivista di Diritto Tributario Riv. dir. trib.Rivista di Legislazione Fiscale Riv. legisl. fisc.Rivista Giuridica del Lavoro Riv. giur. lav.Rivista Giuridica Sarda Riv. giur. sardaRivista Italiana di Diritto del Lavoro Riv. it. dir. lav.Rivista Tributaria (La) Riv. trib.Società (Le) Soc.Studium Iuris Studium IurisVita Notarile Vita not.

    X ABBREVIAZIONI

  • INDICE-SOMMARIO

    Prefazione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Pag. VAbbreviazioni . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » IX

    PARTE PRIMA

    CAPITOLO PRIMO

    OGGETTO D’INDAGINE

    1. I termini della questione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Pag. 32. Motivi economici dell’operazione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 73. Il quadro normativo di riferimento . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 84. I problemi aperti dalla nuova trasformazione eterogenea . . . . . . . . . » 11

    CAPITOLO SECONDO

    IL PROBLEMA DELLA CONTINUITÀ NELLE TRASFORMAZIONIIN ENTI CHE NON SVOLGONO ATTIVITÀ D’IMPRESA

    1. Eterogeneità della natura giuridica ma omogeneità della fattispecie tra-sformazione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Pag. 13

    2. La continuità come requisito fondamentale della trasformazione . . . . . » 213. continua: la teoria della inesistenza del principio di continuità ovvero

    della continuità come semplice effetto della trasformazione . . . . . . . . » 254. continua: la teoria della continuità come prosecuzione dell’attività d’im-

    presa . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 285. continua: la teoria della continuità come prosecuzione del vincolo di de-

    stinazione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 356. La continuità come effetto della trasformazione . . . . . . . . . . . . . . . » 377. Le comunione d’azienda e l’assenza della continuità « diretta » e « co-

    mune » dell’attività imprenditoriale . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 398. continua: la irrilevanza della continuità d’impresa ai fini della configura-

    zione della res azienda . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 41

  • 9. continua: la continuità d’impresa nella nuova trasformazione eteroge-nea in comunione d’azienda . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Pag. 50

    10. La continuità nelle trasformazioni in associazione non riconosciuta efondazione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 52

    11. Ambito di applicazione del negozio di trasformazione . . . . . . . . . . » 53

    CAPITOLO TERZO

    I PROBLEMI DELLE TRASFORMAZIONI ETEROGENEECON POSSIBILE CESSAZIONE DELL’ATTIVITÀ D’IMPRESA

    1. Introduzione e elementi costitutivi l’azienda . . . . . . . . . . . . . . . . Pag. 552. Disciplina applicabile alle trasformazioni con cessazione dell’attività

    d’impresa . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 583. La tutela dei lavoratori . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 614. Momento in cui deve avvenire la cessazione dell’attività . . . . . . . . . » 665. L’opposizione come mezzo di tutela e i suoi problemi di legittimazione

    attiva e conoscibilità . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 676. Problemi inerenti la trasformazione della comunione d’azienda. La co-

    munità come criterio distintivo della trasformazione rispetto allo scio-glimento e al conferimento . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 73

    7. Aspetti fiscali . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 75

    CAPITOLO QUARTO

    I PROBLEMI INERENTI L’EFFICACIA DELLE TRASFORMAZIONICON INTERRUZIONE DELL’ATTIVITÀ D’IMPRESA

    1. L’efficacia delle trasformazioni eterogenee in o da comunione d’azien-da, in fondazione e in associazione non riconosciuta . . . . . . . . . . . Pag. 79

    2. Segue: l’esternazione della condizione sospensiva legale nel Registrodelle Persone giuridiche e nella Conservatoria dei RR.II. e suo collega-mento con il Registro delle imprese . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 84

    3. Il problema delle modifiche statutarie e delle operazioni compiute du-rante la pendenza della condizione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 94

    4. Conseguenze della falsa pubblicità ovvero della falsa attestazione delverificarsi dell’evento condizionante . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 101

    5. Conclusioni . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 104

    PARTE SECONDA

    CAPITOLO QUINTO

    FORMULARIO COMMENTATO

    1. Introduzione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Pag. 1072. Trasformazione di s.r.l. in comunione di azienda . . . . . . . . . . . . . » 108

    XII INDICE-SOMMARIO

  • 3. Trasformazione di comunione d’azienda in s.r.l. . . . . . . . . . . . . . . Pag. 1204. Trasformazione di s.n.c. in fondazione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 1375. Trasformazione di fondazione in s.n.c. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 1456. Trasformazione di associazione riconosciuta in s.n.c. . . . . . . . . . . . » 1527. Trasformazione di s.n.c. in associazione non riconosciuta . . . . . . . . » 1558. Trasformazione di associazione riconosciuta in società cooperativa . . . » 1599. Trasformazione di cooperativa in associazione non riconosciuta . . . . » 177

    10. Trasformazione di s.r.l. unipersonale in impresa individuale . . . . . . . » 18211. Trasformazione di impresa individuale in s.r.l. unipersonale . . . . . . . » 18712. Trasformazione di impresa individuale in s.n.c. . . . . . . . . . . . . . . » 19013. Trasformazione di snc unipersonale in impresa individuale . . . . . . . » 19514. Trasformazione di s.p.a. in trust . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 19715. Trasformazione di trust in s.r.l. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 20316. Trasformazione di s.p.a. in vincolo di destinazione ex art. 2645 ter c.c. . » 20717. Trasformazione di vincolo di destinazione ex art. 2645 ter c.c. in s.p.a. . » 21218. Trasformazione di s.n.c. in Consorzio di urbanizzazione . . . . . . . . . » 23019. Trasformazione di s.n.c. in associazione di professionisti . . . . . . . . . » 24720. Trasformazione di associazione in cooperativa . . . . . . . . . . . . . . . » 25621. Trasformazione di impresa individuale/familiare in s.r.l. unipersonale . » 25922. Trasformazione di Consorzio in Fondazione . . . . . . . . . . . . . . . . » 26523. Trasformazione di cooperativa in società consortile . . . . . . . . . . . . » 27024. Trasformazione in fondazione di partecipazione . . . . . . . . . . . . . . » 28425. Trasformazione di I.P.A.B. in Fondazione . . . . . . . . . . . . . . . . . » 29626. Trasformazione di azienda speciale in s.p.a. . . . . . . . . . . . . . . . . . » 30227. Trasformazione di associazione ONLUS in srl . . . . . . . . . . . . . . . » 30728. Trasformazione di associazione sportiva in società sportiva ex art. 17, l.

    23 maggio 1981, n. 58 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 31029. Trasformazione di Enti di previdenza e assistenza in associazioni o fon-

    dazioni ex l. 30 giugno 1994, n. 509 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 31530. Trasformazione di s.p.a. in Società europea ex art. 2, co. 4, Reg. C.E., 8

    ottobre 2001, n. 2157 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 32631. Trasformazione S.I.C.A.V. in S.G.R. ex art. 49, d. lgs. 4 febbraio 1988,

    n. 58 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 33032. Trasformazione di Organismo portuale ex l. 28 gennaio 1994, n. 84 . . » 34633. Trasformazione di Ente Lirico in fondazioni ex l. 29 giugno 1996, n.

    367 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 34834. Trasformazione degli enti pubblici di comunali di consumo ex l. 19

    marzo 1993, n. 68 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 35135. Trasformazione di enti pubblici economici ex l. 29 gennaio 1992, n.

    359 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 35136. Trasformazione di banca popolare ex art. 31, d. lgs. 1 settembre 1993,

    n. 385 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 351

    Indice alfabetico degli autori . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 353Indice analitico . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 367

    INDICE-SOMMARIO XIII

  • PARTE PRIMA

  • CAPITOLO PRIMO

    OGGETTO D’INDAGINE

    Sommario: 1. I termini della questione. – 2. Motivi economici dell’operazione. – 3. Il quadronormativo di riferimento. – 4. I problemi aperti dalla nuova trasformazione eterogenea.

    1. - I termini della questione.

    In un recente passato, i competenti organi della Comunità Europea han-no preso in esame l’istituto della trasformazione delle società; con la racco-mandazione del 7 dicembre 1994 (in G.U.C.E. n. 385 del 31 dicembre 1994)la Commissione della C.E. invitava gli Stati membri ad adottare le misure ne-cessarie per facilitare la successione nelle piccole e medie imprese e, in parti-colare, a disporre strumenti atti a preparare tale successione, tra l’altro, pre-vedendo all’art. 4, lett. a) della stessa, « un diritto di trasformazione delle im-prese, in virtù del quale queste possano passare – nel rispetto dei diritti diterzi e soci – da una forma giuridica a un’altra, senza che sia necessaria ladissoluzione dell’impresa o la costituzione di un nuovo soggetto ». L’esorta-zione comunitaria era sollecitata dai nuovi orientamenti della legislazione so-cietaria, all’epoca emersi in Germania e nei quali la trasformazione si confi-gurava e continua a configurasi come strumento giuridico volto a consentirela continuazione dell’azienda, come entità oggettiva. La riforma societaria te-desca del 28 ottobre 1994, infatti, ha disciplinato sotto la denominazione ge-nerale Umwaldlung sia il cambiamento della forma giuridica d’impresa (For-mwechsel, ossia la trasformazione in senso stretto) sia la fusione, la scissione,lo scorporo (quest’ultimo, dagli studiosi italiani, qualificato giuridicamentecome vero e proprio conferimento) e addirittura la mera cessione patrimo-niale dell’azienda.

    La tutela del bene-azienda, inteso nel suo significato puramente oggetti-

  • vo, sembra essere stato fatto proprio anche dal nostro Legislatore su vari li-velli: in campo commerciale, con la riforma del diritto societario (d. lgs. 17gennaio 2003, n. 6, successivamente modificato ed integrato ad opera del d.lgs. n. 37 del 6 febbraio 2004 e del d. lgs. n. 310 del 28 dicembre 2004); incampo civilistico, con la l. 14 febbraio 2006, n. 55, istitutiva del patto di fa-miglia; ed infine in campo tributario con le agevolazioni previste con la l. 23dicembre 1999, n. 488 (Finanziaria per l’anno 2000), integrativa del T.U.R.(d.p.r. n. 131/1986), con la quale sono stati assoggettati ad imposta fissa diregistro sia i conferimenti dei soci di complessi aziendali sia le regolarizzazio-ni delle comunioni ereditarie d’azienda.

    Partendo dal diritto societario, si può osservare come, il fine di tutela og-gettiva del bene azienda emerga chiaramente nella trasformazione in comu-nione d’azienda. In quest’ultima ipotesi, infatti, la trasformazione viene am-messa legislativamente anche in assenza di una continuità soggettiva nella ti-tolarità o nella gestione aziendale.

    In campo civilistico, la precitata l. n. 55/2006, introducendo nel codicecivile i nuovi artt. 768 bis e ss., ha consentito all’imprenditore, tra l’altro, ditrasferire, in previsione della propria morte, in tutto o in parte l’azienda, dicui è titolare, ad uno o più dei suoi discendenti, evitando rischi di fraziona-mento conseguenti ad eventuali azioni di riduzione o di collazione ereditaria.

    In campo tributario, peraltro, già nel 1999 il Legislatore, con la modificadel T.U.R., ha evidenziato il favor per i trasferimenti di bene-azienda rispettoa quelli aventi ad oggetto altri beni, sia che essi avvengano in fase di costitu-zione (con i conferimenti), sia che avvengano in fase di scioglimento della so-cietà (con l’assegnazione ai soci dei beni residuati dopo la liquidazione).

    Inoltre, il favor per il bene-azienda è presente anche per gli atti di regola-rizzazione delle comunioni aziendali ereditarie, dal momento che con essi simantiene la naturale produttività del bene evitando la disgregazione dellostesso.

    Il Legislatore utilizza il termine azienda anche nelle ipotesi di delazioneereditaria di comunioni d’azienda e di trasformazione di comunioni d’azien-da in società (1) ossia in ipotesi in cui l’esercizio dell’attività aziendale (conalta probabilità) è stata, seppur temporaneamente, sospesa.

    Questa osservazione fa sorgere il seguente quesito: « L’azienda (oggetto)per divenire, rimanere o ritornare tale abbisogna di un imprenditore (sogget-to) di riferimento cui essere funzionale? ». Come meglio si vedrà nel prose-

    (1) Il problema, che sta per essere affrontato, non si pone per l’operazione invera di tra-sformazione in comunione d’azienda, stante quanto si dirà nel testo e nella nota seguente.

    4 CAPITOLO PRIMO

  • guo, sembrerebbe che un’attività organizzativa dei beni da parte dell’im-prenditore sia a tal fine necessaria. Tuttavia la risposta positiva al quesito dicui innanzi ne fa sorgere subito un altro, ben più complesso: « Il venir meno,seppur in via del tutto temporanea, dell’imprenditore, ossia di colui che ge-stisce l’impresa, implica l’immediato venir meno della produttività dei beni,ossia della qualificazione di un determinato complesso di beni come azien-da? ». Il quesito nasce da situazioni in cui possono trovarsi soprattutto lepiccole e medie aziende, ossia quelle nelle quali non vi è un grande organicoche gestisce le stesse; basti pensare all’inattività dell’azienda, nel periodo cheva dall’apertura della successione, coincidente con la morte dell’imprendito-re titolare della stessa, al momento dell’accettazione dell’eredità. Inoltre, ilproblema di qualificazione giuridica del complesso di beni destinato allosvolgimento di un’attività d’impresa come azienda si ripropone anche nellanuova trasformazione da comunione d’azienda in società (2).

    In questo caso, infatti, se il bene non può qualificarsi come azienda, nonpotrà parlarsi di trasformazione di comunione d’azienda in società, semmai diconferimento di beni comuni in società.

    In conseguenza dell’ampliarsi delle ipotesi di trasformazione ammessedall’Ordinamento, il principio di continuità, fulcro centrale dell’operazionein oggetto, ha subito una evidente contrazione, la cui entità deve essere veri-ficata. Infatti, ci si può chiedere se la continuità oggi debba essere limitata aduna continuità oggettiva oppure debba contenere un quid pluris, quale lacontinuità dell’attività imprenditoriale, in quanto solo con il concreto eserci-zio dell’impresa l’azienda può considerarsi tale. Il quesito nasce dalla previ-sione, tra le entità trasformabili, della comunione d’azienda che, per defini-zione dottrinale, implica l’assenza di un esercizio dell’attività imprenditoria-le, in modo « diretto » e « comune », da parte dei comproprietari.

    Al fine di individuare con esattezza i requisiti minimi affinché possa es-serci trasformazione è necessario, pertanto, soffermarsi su uno degli argo-menti classici del diritto commerciale, ossia quello della nozione di azienda,chiedendosi se oltre ad una azienda dinamica (attualmente funzionante) pos-sa sussistere una nozione di azienda statica (potenzialmente funzionante), ol-tre quella di azienda cessata (ormai priva di qualsiasi funzionalità).

    (2) Il problema della gestione dell’attività aziendale non si pone nell’operazione inversadi trasformazione da società in comunione d’azienda, in quanto quest’ultima è di fatto gestitada parte della società trasformando. Un rischio di possibile disgregazione aziendale o di qua-lificazione giuridica del bene comune come azienda si pone solo dopo che l’operazione di tra-sformazione è conclusa e la società è stata cancellata dal registro delle imprese.

    OGGETTO D’INDAGINE 5

  • Qualora si risponda negativamente al quesito si dovrà ritenere che pertrasformare una società in comunione d’azienda occorre necessariamenteprevedere o un esercizio della stessa da parte di terzi, ad esempio con uncontratto di affitto coevo alla trasformazione de quo, oppure prevedere unesercizio turnario della stessa da parte degli ex soci (3), che conseguentemen-te diventeranno imprenditori individuali esercenti attività d’impresa in pro-prio seppur sfruttando l’unica azienda comune.

    Qualora, invece, si ritenga possibile l’esistenza di un’azienda statica otemporaneamente inattiva (4) ci si dovrà chiedere: « Sino a quando un’azien-da inattiva può considerarsi tale? ». L’inattività dell’azienda può generare ladisgregazione della stessa in tempi più o meno lunghi, a seconda del tipo diazienda con la conseguenza che la previsione di un contratto di affitto in fa-vore di terzi o di una gestione turnaria dell’azienda da parte degli ex soci,coeva alla trasformazione, sarà un’operazione opportuna, per rendere rever-sibile l’operazione di trasformazione, consentendo, pertanto, alla comunioned’azienda di attuare una eventuale ri-trasformazione in società. La gestionedell’azienda, in tal caso, viene declassata da requisito ad elemento eventuale,seppur opportuno, della trasformazione (in comunione d’azienda).

    Come si è visto, la previsione delle nuove ipotesi di trasformazione ciporta a dover rivisitare alcuni argomenti, come quello del principio di conti-nuità, per poter affrontare il problema delle trasformazioni atipiche dopo lariforma del diritto societario (5).

    (3) Sull’ammissibilità e sulla definizione di godimento turnario dell’azienda si veda, tra glialtri, G.F. Campobasso, (Diritto commerciale, Vol. 2, Torino, Utet, 2007, 37), che afferma:« Si resta ancora nel campo della comunione (d’azienda e non d’impresa) quando i compro-prietari della... (azienda) decidono di gestirla individualmente ad anni alterni, tenendo chiara-mente distinte di fronte ai terzi le rispettive gestioni (c.d. godimento turnario). In tal caso, in-fatti, non si ha impresa esercitata in comune, bensì... distinte imprese individuali, sia pureesercitate utilizzando alternativamente la stessa azienda ».

    (4) In tal senso si è pronunziata di recente la Cassazione (Cass., sez. V, 11 giugno 2007,n. 13580, in Notariato, 2008, 13).

    (5) Di recente: G. Palmieri, Autonomia e tipicità nella nuova trasformazione, in Aa.Vv.,Il nuovo diritto delle società, Liber amicorum Gian Franco Campobasso, diretto da Abbadessae Portale, Tomo IV, Torino, 2007, 104 e ss.; A. Cetra, Le trasformazioni omogenee ed etero-genee, in Aa.Vv., Il nuovo diritto delle società, Liber amicorum Gian Franco Campobasso, di-retto da Abbadessa e Portale, Tomo IV, Torino, 2007, 139; O. Cagnasso, Introduzione al-la disciplina della trasformazione della fusione e della scissione; Artt.: 2498-2500; 2500 ter-2500sexies, in Il nuovo diritto commerciale artt. 2498-2500, diretto da G. Cottino, G. Bonfante,O. Cagnasso, P. Montalenti, Bologna, Zanichelli, 2004, 2223; C. Mosca, Artt. 2498-2499,2500 ter-2500 quater; 2500 sexies, in Commentario alla riforma delle società, diretto da P.Marchetti, L.A. Bianchi, F. Ghezzi, M. Notari, Egea, Milano, 2006, 17; M. Maltoni-F.Tassinari, La trasformazione delle società, in Notariato e nuovo diritto societario, collana di-

    6 CAPITOLO PRIMO

  • Solo dopo aver individuato i requisiti minimi affinché possa parlarsi ditrasformazione, ci si potrà soffermare sulle varie ipotesi di trasformazioneatipica configurabili e dei problemi connessi alla disciplina alle stesse appli-cabile.

    2. - Motivi economici dell’operazione.

    Prima di analizzare la disciplina normativa ed individuare se vi siano equali siano le linee conduttrici comuni alle varie ipotesi di trasformazione,disciplinate dal Legislatore è opportuno valutare la funzione assolta da taleistituto nella pratica degli affari.

    Sino all’entrata in vigore della riforma del diritto societario e all’avventodelle trasformazioni eterogenee, l’istituto della trasformazione era visto cometappa o segmento della vita di un’impresa, la quale, con il mutare delle con-dizioni legali ed economiche, poteva sia evolversi, passando da forme menocomplesse di organizzazione a forme più complesse, sia ridimensionarsi, conprocedimento inverso al precedente.

    In realtà, la vita dell’impresa può essere ben più complessa di quellaappena descritta, potendo quest’ultima subire evoluzioni non solo dimen-sionali ma anche strutturali. L’impresa, infatti, può nascere in forma indivi-duale ed evolversi, attraverso forme societarie sempre più complesse, sinoad arrivare a costituire veri e propri gruppi societari. In questa complessaevoluzione, l’istituto della trasformazione rileva sicuramente nella fase in-termedia, ossia quella relativa alla evoluzione che l’impresa subisce quandoè già organizzata in forma societaria, mentre può rilevare come istituto al-ternativo al conferimento, nella prima fase, ossia quella del passaggio dal-l’esercizio in forma individuale a quello in forma societaria. Sicuramente latrasformazione non rileva nell’ultima fase, quella dell’assunzione della dire-zione e coordinamento dell’attività di diverse società, in quanto la forma ostruttura aziendale non subisce modifiche organizzative ma solo un poten-ziamento.

    Sotto la vecchia normativa, la trasformazione, stante la necessaria identi-tà causale e strutturale tra ente di partenza ed ente di arrivo, poteva essereutilizzato solo come strumento per riorganizzare la propria impresa.

    retta da G. Laurini, 2005, Ipsoa, 11. Ante riforma tra tutti si veda G. Cabras, Le trasforma-zioni, in Trattato delle società per azioni, diretto da G.E. Colombo e G.B. Portale, vol. 7/2,Torino, Utet, 2002, 35.

    OGGETTO D’INDAGINE 7

  • Con la riforma del diritto societario, venuta meno l’identità causale e ad-dirittura strutturale degli enti coinvolti della procedura, la trasformazione di-viene uno strumento ben più flessibile. Infatti, l’unico elemento minimo chedeve essere preservato, come meglio si dirà nel prosieguo, è il vincolo di de-stinazione impresso ad un complesso di beni, che non deve essere, o non de-ve essere sempre e necessariamente, quello imprenditoriale, come si evincenella possibilità di trasformare una società in fondazione; in questo caso in-fatti i beni perdono non solo la loro destinazione all’attività lucrativa (lucrosoggettivo) ma anche, seppur non necessariamente, la destinazione allo svol-gimento di un’attività d’impresa (lucro oggettivo).

    La trasformazione, pertanto, da un punto di vista economico, diviene unutile strumento per conservare la produttività in senso lato (rectius utilità), diun complesso di beni. Con l’introduzione, inoltre, della trasformazione incomunione d’azienda, l’istituto in oggetto diviene ormai istituto alternativonon solo al conferimento, ma anche allo scioglimento.

    3. - Il quadro normativo di riferimento.

    L’individuazione dei requisiti e dei limiti della trasformazione può avve-nire solo attraverso l’analisi del dato positivo, ossia delle norme che espressa-mente disciplinano l’istituto in generale o particolari applicazioni dello stes-so. L’indagine sistematica consentirà, innanzitutto, di individuare se il corpusnormativo si riferisce solo ad un’unica ovvero anche a diverse e peculiari fi-gure di trasformazione e, in via subordinata, verificare se siano ammissibilitrasformazioni non disciplinate, aventi proprie caratteristiche.

    Il quadro normativo di riferimento è abbastanza variegato, dal momentoche la trasformazione è menzionata in diverse norme del nostro Ordinamen-to; in particolare possono ricordarsi le seguenti:

    – artt. 2498-2500 novies c.c.;– artt. 2545 decies e 2545 undecies c.c.;– artt. 2437 e 2473 c.c. (recesso);– artt. 2479, co. 2, n. 4, e co. 4, c.c. (decisione riservata ai soci che de-

    cidono con metodo assembleare nelle s.r.l.);– artt. 2469, co. 5, c.c., nelle s.p.a. e 2479 bis, co. 3, c.c., nelle s.r.l.

    (maggioranza rafforzata);– art. 25, l. 31 maggio, n. 218 (Riforma del sistema italiano di diritto

    internazionale privato);

    8 CAPITOLO PRIMO

  • – art. 17, legge 23 marzo 1981, n. 91 (trasformazione delle societàsportive);

    – art. 49, d. lgs. 24 febbraio 1998, n. 58, come modificato dal d. lgs. n.164/2007 (le trasformazioni delle Sicav sono possibili solo in Sgr);

    – art. 31, d. lgs. 1 settembre 1993, n. 385 (trasformazione di banchepopolari in società per azioni);

    – legge 28 gennaio 1994, n. 84 (trasformazione degli Organismi por-tuali);

    – legge 19 marzo 1993, n. 68 (trasformazione degli enti comunali diconsumo);

    – legge 29 gennaio 1992, n. 35 (trasformazione degli Enti pubblicieconomici);

    – legge 8 agosto 1992, n. 359 (trasformazione delle Aziende autonomestatali);

    – artt. 5 e 16, d. lgs. 4 maggio 2001, n. 207 (trasformazione delle Ipabin Aziende pubbliche di servizi alla persona ovvero in associazioni o fonda-zioni di diritto privato);

    – art. 1, d. lgs. 30 giugno 1994, n. 509 (trasformazione degli Enti diprevidenza ed assistenza in associazioni e fondazioni);

    – d. lgs. 29 giugno 1996, n. 367 (trasformazione degli Enti lirici infondazione);

    – art. 2, co. 4, Reg. C.E. dell’8 ottobre 2001, n. 2157 (trasformazionedi s.p.a in S.E.).

    Le norme citate fanno riferimento solo all’ambito del diritto civile; ad es-se infatti devono aggiungersi tutte le altre norme che prendono in considera-zione la trasformazione ad altri fini (es.: tributari o giuslavoristici). L’analisisistematica del dato normativo tuttavia deve essere limitato solo all’ambitocivilistico, in quanto solo da questo può individuarsi la struttura della tra-sformazione che costituisce il naturale presupposto per l’applicazione dellealtre normative di settore. In altre parole dalla normativa tributaria, ad esem-pio, potrà ricavarsi solo il regime fiscale applicabile alla trasformazione, nonanche i requisiti costitutivi della stessa.

    Nonostante tale limitazione all’ambito di indagine, le norme dedicate al-la trasformazione sono davvero tante; tuttavia, non tutte tali norme sono utilial fine della individuazione della fattispecie dal momento che molte discipli-nano aspetti sono riferiti a singole ipotesi di trasformazione. Conseguente-mente rilevanti ai fini della nostra indagine sono solo le undici norme indica-te al primo punto del precedente elenco e contenute nel Libro V, titolo V,Capo X del c.c.

    OGGETTO D’INDAGINE 9

  • All’interno di tale nucleo essenziale, si distinguono tre (6) aree, in rela-zione all’oggetto disciplinato dalle stesse e precisamente:

    – le norme relative a qualsiasi trasformazione, sia essa omogenea cheeterogenea (artt. 2498-2500 bis c.c.);

    – le norme relative alle trasformazioni omogenee in (artt. 2500 ter-2500 quinquies) e da (2500 sexies) società di capitali;

    – le norme relative alle trasformazioni eterogenee da (2500 septies) ein società di capitali (2500 octies). L’art. 2500 novies si applica sia alle uneche alle altre.

    Al riguardo si deve osservare come le norme codicistiche, dedicate allatrasformazione, abbiano subito un continuo e costante incremento col passa-re del tempo.

    – Nel codice di commercio del 1882, sussistevano solo due norme: l’art.108 che, al fine della variazione o modifica della società collettiva, richiedevaun apposito patto sociale, e l’art. 158 richiedeva, invece, una speciale mag-gioranza per le modifiche dell’atto costitutivo delle s.a.p.a. e delle societàanonime.

    – Nella versione del codice civile del 1942 anteriore alle modifiche deri-vanti dalla riforma del diritto societario, veniva introdotto un apposito titolo(titolo V) nel libro quinto del codice civile, all’interno del quale erano previ-ste tre norme (gli artt. 2498, 2499 e 2500), alle quali veniva riconosciuto ca-rattere generale non esaustivo della disciplina (7).

    – Nel codice attuale così come riformato, si è verificato un notevole in-cremento delle norme dedicate alla trasformazione, dal momento che dalletre norme, del titolo V del libro V, si è passati alle undici norme innanzi det-te, alle quali vanno ad aggiungersi le due dedicate alla trasformazione dellecooperative, per un totale di tredici norme.

    Sulla base di tale sostrato normativo occorre procedere, per individuare irequisiti caratteristici la trasformazione riformata ed individuare i problemiche la nuova trasformazione eterogenea crea.

    (6) M. Maltoni (La trasformazione delle società, in Notariato e nuovo diritto societario,collana diretta da G. Laurini, 2005, Ipsoa), suddivide le norme citate in quattro aree temati-ca, distinguendo all’interno delle trasformazioni omogenee quelle in da quelle da società dicapitali.

    (7) Tra i tanti Autori, ante riforma, si veda G. Cabras, Le trasformazioni, in Trattato del-le società per azioni, diretto da G.E. Colombo e G.B. Portale, vol. 7/2, Torino, Utet, 2002,15.

    10 CAPITOLO PRIMO

  • 4. - I problemi aperti dalla nuova trasformazione eterogenea.

    L’avvento delle nuove trasformazioni eterogenee porta inevitabilmenteha rivisitare due aspetti che prima della riforma sembravano caratterizzare inmaniera abbastanza pacifica l’istituto della trasformazione: l’omogeneitàcausale ed in particolare il principio di conservazione dell’attività d’impre-sa (8). Nei primi commenti, la dottrina, seppur concorde sulla incidenza chela riforma ha sui predetti aspetti, ha manifestato soluzioni fortemente discor-di in relazione al grado di incidenza o di erosione che la riforma ha avuto sudi essi. La situazione, inoltre, risulta aperta anche per l’assenza di pronunziedella suprema Corte.

    Mentre il problema della erosione della omogeneità causale nella trasfor-mazione, ha assunto rilevanza in relazione al passaggio delle società lucrativealle società cooperative, quello della continuità d’impresa, oggetto del pre-sente studio, ha assunto connotati e portata ben più ampia. Il problema dellacontinuità dell’attività d’impresa, diretta o indiretta, è infatti messa in dub-bio in ben tre diverse ipotesi di trasformazione eterogenea regressiva, ossiaquelle in cui la società lucrativa, consortile o cooperativa si trasforma in as-sociazione non riconosciuta, fondazione e comunione d’azienda (9). Si trattadi ipotesi in cui uno degli enti disciplinati dal libro V del codice civile, si tra-sforma in ente o entità, disciplinati in parti differenti del codice civile (ri-spettivamente Libro I, le prime due ipotesi e Libro III la terza ipotesi), neiquali l’attività d’impresa non è assolutamente essenziale per l’esistenza deglistessi. Il quesito che, pertanto, ci si pone è il seguente: « È necessario chenelle predette trasformazioni venga assicurata, in modo diretto, indiretto oturnario, l’esercizio dell’attività d’impresa? ». La risposta a tale domanda ri-chiede una analisi sistematica dell’intero quadro normativo di riferimento,della ratio della nuova trasformazione eterogenea. In altre parole, occorre in-dividuare quale siano le caratteristiche ed i requisiti della trasformazione al-l’indomani dell’entrata in vigore della legge di riforma del diritto societario,rinviando a quanto si dirà nei capitoli secondo e terzo.

    (8) In tal senso G. Franch, Artt. 2500 septies-2500 novies, in Commentario alla riformadelle società, diretto da P. Marchetti, L.A. Bianchi, F. Ghezzi, M. Notari, Egea, Milano,2006, 267 e ss.

    (9) Ciò di recente è stato evidenziato da G. Tantini, La trasformazione di comunioned’azienda in società, le inquietudini del giurista e la magia delle parole, in Contr. Impr., 2008,811., il quale afferma che: «... dopo la riforma societaria, cha ha inciso così profondamente, inparticolare sull’istituto della trasformazione, i giuristi sono tutti chiamati (direi, obbligati) a leg-gere il nuovo dimenticando il vecchio. (Non)... interpret(ando) il nuovo con la lente deformatadel vecchio».

    OGGETTO D’INDAGINE 11

  • La trasformazione eterogenea, tuttavia, genera anche un altro tipo diproblema, su cui è opportuno soffermarsi. Il nuovo art. 2500 novies preve-dendo che: « ... la trasformazione eterogenea ha effetto dopo sessanta giornidall’ultimo degli adempimenti pubblicitari... (di cui all’art. 2500, co. 3) », ria-pre il problema delle delibere e decisioni societarie sospensivamente condi-zionate. I problemi che possono presentarsi nel breve lasso di tempo che vadalla redazione dell’atto di trasformazione al verificarsi della condizione le-gale di cui all’art. 2500 novies, possono essere molto insidiosi, dato che la so-cietà continua ad operare secondo la vecchia veste giuridica. Ecco perchéoccorre chiedersi se in questo periodo vi siano degli obblighi di comporta-mento che gli amministratori devono seguire per evitare l’adozione di deci-sioni incompatibili con la nuova forma giudica. Si pensi ad un decisione delC.d.A. con la quale si costituisca un patrimonio destinato o si emetta un pre-stito obbligazionario, nonostante l’assemblea abbia già deliberato la trasfor-mazione della S.p.a. in associazione non riconosciuta, fondazione o comu-nione d’azienda. Seppur esistano tali doveri per gli amministratori cosa suc-cede a tali decisioni o alla trasformazione, in caso di loro violazione? Cosasuccede, inoltre, se è l’assemblea stessa ad adottare delibere in contrasto conla trasformazione i cui effetti sono ancora sospesi per legge? È possibile dif-ferire il termine legale di efficacia di cui all’art. 2500 novies con l’apposizionedi condizioni volontarie all’atto di trasformazione oppure differire conven-zionalmente anche l’efficacia delle trasformazioni omogenee?

    La risposta a tali questioni richiede una analisi delle delibere sottoposte acondizioni di efficacia. Questa analisi verrà effettuata in uno dei seguenti ca-pitoli, dopo aver trattato dell’opposizione (capitolo quarto) previsto dal Le-gislatore per le trasformazioni eterogenee.

    12 CAPITOLO PRIMO

  • CAPITOLO SECONDO

    IL PROBLEMA DELLA CONTINUITÀ NELLE TRASFORMAZIONIIN ENTI CHE NON SVOLGONO ATTIVITÀ D’IMPRESA

    Sommario: 1. Eterogeneità della natura giuridica ma omogeneità della fattispecie trasforma-zione. – 2. La continuità come requisito fondamentale della trasformazione. – 3. conti-nua: la teoria della inesistenza del principio di continuità ovvero della continuità comesemplice effetto della trasformazione. – 4. continua: la teoria della continuità come prose-cuzione dell’attività d’impresa. – 5. continua: la teoria della continuità come prosecuzionedel vincolo di destinazione. – 6. La continuità come effetto della trasformazione. – 7. Lecomunione d’azienda e l’assenza della continuità « diretta » e « comune » dell’attività im-prenditoriale. – 8. continua: la irrilevanza della continuità d’impresa ai fini della configu-razione della res azienda. – 9. continua: la continuità d’impresa nella nuova trasformazio-ne eterogenea in comunione d’azienda. – 10. La continuità nelle trasformazioni in asso-ciazione non riconosciuta e fondazione. – 11. Ambito di applicazione del negozio di tra-sformazione.

    1. - Eterogeneità della natura giuridica ma omogeneità della fattispecie tra-sformazione.

    L’ampliamento delle ipotesi legali di trasformazione e l’eterogeneità del-le stesse evidenziano l’inadeguatezza della concezione tradizionale che sottoil vigore della vecchia legge considerava l’istituto in oggetto come l’operazio-ne che permette l’adozione da parte di una società di un diverso codice orga-nizzativo, in modo da cambiare le regole legali applicabili, senza dover pas-sare attraverso l’estinzione dell’originario « veicolo » societario e la costitu-zione di uno nuovo (1).

    (1) C. Mosca, Artt. 2498-2499, 2500 ter-2500 quater; 2500 sexies, in Commentario allariforma delle società, diretto da P. Marchetti, L.A. Bianchi, F. Ghezzi, M. Notari, Egea,Milano, 2006, 4, nota 2.

  • La rottura rispetto al passato è evidente nei casi più estremi della trasfor-mazione di società in comunioni d’azienda, associazioni non riconosciute efondazioni, introdotti dal Legislatore della riforma, i quali, spingendosi benoltre la modifica dell’atto costitutivo della società originaria, mettono indubbio la possibilità di continuazione dell’attività d’impresa sotto altra for-ma (2).

    La dottrina, conseguentemente, nei suoi primi commenti alle novità ap-portate dalla riforma, ha definito la nuova trasformazione come un « proce-dimento di riorganizzazione » (3) ovvero come un « ponte fra due schemi or-ganizzativi » (4) ed ha riaperto lo studio della natura e degli effetti dell’attodi trasformazione.

    Prima della riforma, i dibattiti erano incentrati solo su questo secondoaspetto (effetti) in quanto la natura di negozio collegiale (e precisamente didelibera) dell’atto con cui si decideva la trasformazione non era in discussio-ne per il fatto che l’operazione veniva comunque circoscritta agli enti orga-nizzati e dotati di autonoma soggettività giuridica rispetto a quella dei socipartecipanti. La dottrina, infatti, discuteva sul contenuto e sugli effetti di talenegozio, chiedendosi se fosse possibile una trasformazione che implicasse unmutamento causale, oltre che tipologico dell’ente di partenza. L’orientamen-to tradizionale era propenso a negare il mutamento causale poiché, si soste-neva, il negozio di trasformazione aveva effetti meramente modificativi dellostatuto sociale dell’ente coinvolto nell’operazione, non anche effetti novativi,ossia estintivo/costitutivo dello stesso (5).

    A questo orientamento si contrapponeva l’opinione di chi riteneva am-missibili trasformazioni (atipiche) che implicassero un mutamento causaledell’ente di partenza per il fatto che, si sosteneva, la ratio della trasformazio-ne consisteva nel salvaguardare l’attività d’impresa, a prescindere dai risulta-ti, lucrativi o meno, cui tende lo stesso ente; conseguentemente, si riteneva-no possibili anche trasformazioni di società di capitali in società cooperativeed in genere tutte quelle trasformazioni in cui, oltre a mutare il tipo, mutavaanche la causa dell’ente.

    (2) C. Mosca, Artt. 2498-2499, 2500 ter-2500 quater; 2500 sexies, in Commentario allariforma delle società, diretto da P. Marchetti, L.A. Bianchi, F. Ghezzi, M. Notari, Egea,Milano, 2006, 4, nota 5 e 7.

    (3) G. Cian, Commento all’art. 2498, in Commentario breve al codice civile, 8a ed., Pado-va, Cedam, 2007, 2951 e ss.

    (4) O. Cagnasso, La trasformazione delle società, in Il codice civile commentato artt.2484-2548, diretto da Schlesinger, Milano, 1990, 102.

    (5) G. Cabras, Le trasformazioni, in Trattato delle società per azioni, diretto da G.E. Co-lombo e G.B. Portale, vol. 7/2, Torino, Utet, 2002, 3 ss.

    14 CAPITOLO SECONDO

  • Tali opinioni, con la riforma, devono ritenersi superate (6). Le nuove nor-me, infatti, consentono di definire trasformazione anche quelle operazioni, or-mai tipizzate, in cui vi è un mutamento non solo tipologico (es.: trasformazio-ne da s.n.c. in s.p.a.) o causale (es.: trasformazione da s.p.a. in cooperativa), maanche strutturale (es.: trasformazione di s.p.a. in comunione d’azienda).

    L’ampliamento dell’ambito di applicazione dell’istituto ad ipotesi moltoeterogenee tra loro ha, per contrappeso, ampliato la precedente discussionesull’atto di trasformazione, ormai non più (o non soltanto) limitata agli effet-ti, ma alla individuazione della natura dello stesso. Tutto ciò rende ormai im-possibile l’individuazione di una natura, oltre che di un effetto, unitario del-l’atto in oggetto; questi, infatti, variano a seconda degli enti coinvolti nel-l’operazione.

    L’atto di trasformazione si qualifica come atto collegiale (nello specificocome delibera), qualora l’ente che si trasforma è un ente collettivo, dotato dipropria soggettività e composto da vari soggetti (società o associazioni). Gliatti collegiali sono quegli atti in cui le dichiarazioni di volontà di vari soggettisono dirette a formare la volontà di un soggetto diverso che ha una propriavita distinta ed in cui non rileva l’interesse individuale ma quello collegia-le (7). La volontà dei singoli, pur restando distinta nei rapporti interni (a dif-ferenza che negli atti complessi), risulta non solo unitaria, ma riferibile ad unsoggetto diverso da quello che decide nei rapporti esterni (a differenza chenegli atti collettivi).

    Qualora l’ente che si trasforma, pur essendo dotato di una propria sog-gettività giuridica, risulti composto da un unico soggetto (es.: s.p.a. o s.r.l.unipersonale) l’atto, risulterà unilaterale e con effetti imputabili a soggettodifferente dal dichiarante, ma non collegiale. Questa ipotesi si verifica soloqualora si dovessero ammettere le trasformazioni atipiche in impresa indivi-duale e/o azienda (8).

    L’atto di trasformazione, invece, si qualificherà come atto collettivo

    (6) In realtà, come meglio si dirà infra, l’opinione così come espressa da Sarale primadella riforma, può ritenersi superata per quanto concerne l’ambito di applicazione della tra-sformazione, non altrettanto può dirsi per la ratio che veniva posta alla base dell’operazione(assicurare la continuità imprenditoriale), dal momento che ancora oggi ci si chiede se anchenelle trasformazioni, più estreme, attualmente previste dal Legislatori (es.: trasformazione dis.p.a. in comunione d’azienda, associazione non riconosciuta e fondazione) sia necessario assi-curare, in qualche modo, la continuità dell’attività imprenditoriale.

    (7) C. Diener, Il contratto in generale, Milano, Giuffrè, 2002, 30 ss.(8) Per una panoramica delle opinioni espresse al riguardo si rinvia ad altro mio prece-

    dente scritto: G. Plasmati, La trasformazione « da » ed « in » impresa individuale o meraazienda, in Riv. not., 2008, 97.

    IL PROBLEMA DELLA CONTINUITÀ NELLE TRASFORMAZIONI IN ENTI 15

  • quando l’ente (rectius: entità) che si trasforma, pur essendo composto da piùsoggetti, non ha una propria soggettività giuridica (es.: comunioni d’aziendae consorzi). In tal caso le dichiarazioni di volontà dei vari soggetti sono diuguale contenuto e di muovono parallelamente formando una manifestazio-ne di volontà unitaria verso l’esterno, pur restando distinte all’interno dellacerchia di tali soggetti.

    L’atto di trasformazione, infine, avrà natura di atto amministrativo, qua-lora l’ente che si trasforma è sottoposto a controlli e poteri dell’AutoritàPubblica (es.: fondazioni). In tali ipotesi l’Organo dell’ente che vuole tra-sformarsi può solo proporre l’operazione de qua all’Autorità Pubblica chesarà l’unica a decidere al riguardo. Ad esempio, l’Organo gestorio della fon-dazione potrà solo proporre all’Autorità Governativa una determinata e det-tagliata operazione di trasformazione, ma non potrà mai decidere di com-pierla direttamente.

    Nonostante l’eterogeneità della sua natura, l’atto di trasformazione hauna base comune e costante in quanto esso, in ogni caso, un negozio giuridi-co a struttura unilaterale ed inter vivos.

    Circa la natura negoziale, ossia di atto tramite il quale le parti possonoprodurre effetti giuridici riconosciuti e garantiti dall’Ordinamento, deve evi-denziarsi che essa è presente anche nella ipotesi di trasformazione delle fon-dazioni. Infatti, l’atto dell’Autorità Governativa con cui si decide la trasfor-mazione dell’ente in oggetto, non può qualificarsi come atto giuridico nonnegoziale (id est: mero atto giuridico), poiché esso deve considerarsi non co-me limite al potere privato (Organo gestorio della fondazione) di decidereche determinati effetti si producano, ma come esplicazione di autonomiaprivata.

    Circa la struttura unilaterale, invece, deve ricordarsi che la dottrina è pa-cifica nel qualificare come tale sia gli atti collettivi che quelli collegiali (9), dalmomento che questi sono caratterizzati dalla presenza di interessi non con-trastanti ma convergenti, ossia da elementi tipici dei negozi unilaterali.

    Infine, la struttura necessariamente inter vivos dell’atto di trasformazione(dovuta al fatto che le delibere, ad esempio, richiedono l’espressione di vo-lontà dei soci attuali ed esistenti nel momento decisionale) impedisce che lavolontà di un socio, associato o partecipante all’ente possa esprimere la pro-

    (9) M. Maltoni-F. Tassinari, (La trasformazione delle società, in Notariato e nuovo di-ritto societario, collana diretta da G. Laurini, 2005, Ipsoa, 22) usa impropriamente il termine« contrattuale ».

    16 CAPITOLO SECONDO

  • pria decisione in merito ad una futura ed eventuale trasformazione per il pe-riodo in cui non sarà più in vita.

    Il negozio giuridico unilaterale di trasformazione, proprio per la partico-lare funzione che deve svolgere, è connotato da alcuni requisiti peculiari: 1)l’applicazione delle norme previste per la costituzione dell’ente in cui ci sivuole trasformare, oltre che di quelle previste per l’ente che si trasforma(2500, co. 2, c.c.); 2) la necessità che almeno uno degli enti coinvolti nel-l’operazione sia assoggettato a pubblicità; 3) la necessità che gli enti, coinvol-ti nell’operazione, siano previsti dal diritto italiano o che (secondo le normedel diritto internazionale privato) la trasformazione di un ente estero aventeuna forma non prevista in Italia, sia qualificata come modifica statutaria; 4)l’assenza di norme peculiari ostative alla trasformazione; 5) il rispetto delprincipio di continuità.

    1) In merito al primo requisito – consistente nell’applicazione delle nor-me previste per la costituzione dell’ente in cui ci si vuole trasformare, oltreche quelle previste per l’ente che si trasforma – può notarsi la particolaritàdell’atto di trasformazione dal momento che, ai sensi del co. 2 dell’art. 2500c.c., esso è assoggettato alle norme previste per l’ente in cui si è deliberata latrasformazione, prima di acquistare efficacia, ossia prima di essere iscritto oprima che sia decorso il termine per l’opposizione di cui all’art. 2500 noviesc.c. in caso di trasformazione eterogenea.

    Tale peculiarità è stata spiegata in ragione della funzione di « ponte »che la trasformazione svolge tra l’ente di partenza e quello di arrivo della tra-sformazione.

    Risulteranno, conseguentemente, applicabili all’atto di trasformazionenon solo le norme strutturali e pubblicitarie dell’ente che si trasforma, maanche quelle relative all’ente risultante dalla trasformazione stessa.

    In conseguenza di tale peculiarità, sono sorti problemi circa l’individua-zione della norma regolatrice il controllo che il notaio deve svolgere sull’attodi trasformazione dal momento che accanto a chi (10) ritiene trovi applica-zione solo il controllo di cui all’art. 2436 c.c., vi è chi (11) sostiene che l’art.2436 c.c. trova applicazione solo ove l’atto di trasformazione possa qualifi-carsi come modifica statutaria non solo per l’ente che si trasforma ma anche

    (10) L. Panzani, Commento all’art. 2499 e ss., in La riforma del diritto societario, vol. 9,Gruppi, trasformazione, fusione, scissione, scioglimento e liquidazione società estere, Milano,2003, 304.

    (11) M. Maltoni-F. Tassinari, La trasformazione delle società, in Notariato e nuovo di-ritto societario, collana diretta da G. Laurini, 2005, Ipsoa, 25, e nota 48.

    IL PROBLEMA DELLA CONTINUITÀ NELLE TRASFORMAZIONI IN ENTI 17

  • per l’ente risultante dalla trasformazione; in tutte le altre ipotesi, si sostiene,troverà applicazione il controllo di cui all’art. 2330 c.c., ossia quello relativoall’atto costitutivo di società, che consente al Notaio di rifiutare la ricezione,non solo l’iscrizione, dell’atto di trasformazione.

    Quest’ultima opinione, sebbene più corretta non è del tutto soddisfacen-te ai fini della soluzione del quesito. Il controllo pubblico sugli atti, infatti,varia a seconda del tipo di atto che i privati decidono di stipulare; conse-guentemente, per individuare la norma applicabile, ai fini del controllo di le-galità, occorre individuare la natura che l’atto di trasformazione ha nel casospecifico.

    Se si è in presenza di un atto di trasformazione qualificabile come attocollegiale (ossia come delibera) allora il controllo di legalità verrà esercitatodal notaio rogante ai sensi dell’art. 2436 c.c. se relativo a società (es.: in casodi trasformazione di società di capitali, di persone, consortili o cooperative),o ai sensi dell’art. 28 della legge n. 89/1913 (Legge Notarile) se relativo a en-ti non societari (es.: associazioni non riconosciute).

    Se si è in presenza di un atto di trasformazione qualificabile come attonegoziale collettivo (es.: l’atto di trasformazione delle comunioni d’azienda)o semplicemente unilaterale, ossia né collettivo né collegiale (es.: l’atto di tra-sformazione delle imprese individuali o dell’azienda in proprietà individua-le), allora il controllo verrà esercitato dal notaio rogante, come per qualsiasinormale atto negoziale unilaterale, ai sensi del precitato art. 28 L.N., i cui ef-fetti (possibilità di rifiutare la ricezione dell’atto e non della sua pubblicità)non sono molto dissimili da quelli previsti dal precitato art. 2330.

    Se, infine, l’atto di trasformazione è qualificabile come atto amministrati-vo (es.: l’atto di trasformazione delle fondazioni in società), il controllo verràesercitato dall’Autorità Amministrativa preposta a tale controllo. Quindi,nelle trasformazioni delle fondazioni in società esso è svolto dal Prefetto, aisensi del d.p.r. n. 361/00. La proposta di trasformazione, redatta dall’Orga-no gestorio della fondazione, ai sensi dell’art. 2500 octies c.c., infatti, non ne-cessita della forma pubblica non essendo l’atto « privato » (dell’Ente) maquello « pubblico » (del Prefetto) che causa la trasformazione.

    L’individuazione della natura dell’atto, ai fini dell’esatta individuazionedell’Autorità competente all’esercizio del controllo di legalità e dei poteriche essa può esercitare, risulta più rispondente ai principi generali di dirit-to relativi al controllo di legalità sugli atti pubblici. Inoltre, deve ritenersiche il rinvio che l’art. 2500, co. 2, c.c. fa alle norme dell’ente risultante dal-la trasformazione sia limitato alle norme strutturali, essendo quelle sullaforma e quelle sulla pubblicità dell’atto di trasformazione disciplinate ri-

    18 CAPITOLO SECONDO

  • spettivamente dal co. 1 e dalla seconda parte del co. 2 dello stesso articolo.La differenza tra i vari tipi di controllo che possono essere esercitati sul-

    l’atto di trasformazione ha notevole rilevanza pratica, oltre che teorica, dalmomento che, solo qualora sia applicabile l’art. 2346 c.c., il Notaio rogantedovrà ricevere l’atto, pur potendone rifiutare l’iscrizione, se ritiene che il suocontenuto non sia conforme a legge; le parti, dal canto loro, in caso di rifiutodell’iscrizione, qualora non intendano adeguarsi ai « consigli » del Notaio,potranno avviare il procedimento di omologazione giudiziaria.

    Da un punto di vista pratico, occorre infine, ricordare che il controllo dilegalità di cui agli art. 2330 c.c., ritenuto applicabile da parte della precitatateoria, e quello di cui all’art. 28 L.N. (12), in realtà sono molto simili in quan-to in entrambi casi il Notaio deve rifiutare la ricezione di un atto non confor-me a legge.

    2) Passando alla trattazione del secondo requisito che caratterizza il ne-gozio trasformativo – consistente nella necessità che almeno uno degli enticoinvolti nell’operazione sia soggetto a pubblicità – deve ritenersi che essoemerga dalla circostanza che la trasformazione è un’operazione i cui effetti siproducono nei confronti di una moltitudine di terzi: tutti coloro che entranoin contatto con l’ente trasformando. La necessità che almeno uno tra l’entetrasformando e quello risultante dalla trasformazione sia soggetto a pubblici-tà risponde a varie esigenze e precisamente: a quella di assicurare che vengaindividuato un dies a quo certo per proporre l’opposizione di cui all’art.2500 novies; a quella di garantire la conoscibilità dell’efficacia della trasfor-mazione, quindi delle norme che regolano il funzionamento dell’ente con cuisi contratta; a quella di garantire l’individuazione di un momento certo apartire dal quale non sia possibile più agire per l’invalidità dell’atto di tra-sformazione.

    La pubblicità dell’atto di trasformazione, pertanto, deve essere necessa-riamente presente, soprattutto qualora si voglia ammettere forme atipiche ditrasformazione in quanto l’assoggettamento o meno di almeno uno degli enticoinvolti nell’operazione è uno dei criteri in base ai quali ritenere rispettiva-mente ammissibile o meno una trasformazione atipica.

    La pubblicità dell’atto di trasformazione potrà, ma non dovrà essere ne-cessariamente duplice, ai sensi dell’art. 2500, co. 2 e 3, c.c. Infatti, solo se glienti coinvolti nell’operazione sono soggetti a pubblicità in Registri Pubblicidiversi si dovrà effettuare una doppia pubblicità: quella relativa all’estinzio-

    (12) Circa il contenuto del controllo di legalità demandato al notaio da tale articolo si rin-via a: P. Boero, La legge notarile commentata, I, Torino, Utet, 1993, 169 ss.

    IL PROBLEMA DELLA CONTINUITÀ NELLE TRASFORMAZIONI IN ENTI 19

  • ne dell’ente trasformando in un Registro e quella dell’ente risultante dallatrasformazione nell’altro. Quindi, ad esempio, in caso di trasformazione daassociazione riconosciuta in s.p.a. dovrà effettuarsi la cancellazione dell’asso-ciazione nel Registro delle Persone Giuridiche, istituito presso la Prefettura,e l’iscrizione della nuova s.p.a. nel registro delle Imprese, istituito presso leCC.I.AA., presentando in entrambi gli Uffici lo stesso atto di trasformazio-ne.

    3) Il terzo requisito consiste nella necessità che gli enti coinvolti nel-l’operazione siano previsti dal diritto italiano o che, in caso contrario (ossiaquando l’ente risultante dalla trasformazione ha una forma non prevista inItalia) che l’operazione di trasformazione, secondo le norme individuate invirtù dei rinvii previsti dalla legge sul diritto internazionale privato, sia quali-ficato, sia in Italia che nel Pese estero, come modifica statutaria.

    Ai sensi dell’art. 25 della l. n. 218/95 gli enti (ivi comprese le società e leoperazioni da queste compiute) sono regolati dalla legge dello Stato in cuisono stati costituiti (criterio dell’incorporazione), salvo l’applicazione dellalegge italiana quando la sede sociale o l’oggetto principale siano in Italia (cri-terio della sede reale). Dopo aver individuato, ai sensi della precitata leggeitaliana, quale è lo Stato competente a « individuare la legge applicabile »occorrerà analizzare le norme di diritto internazionale di tale Stato e tenerconto delle norme che regolano i « rinvii », per individuare la « legge con-cretamente applicabile » alla fattispecie. Se, dopo tale complessa operazione,risulterà che la legge regolatrice della società o meglio della trasformazionesocietaria è quella italiana, l’operazione dovrà qualificarsi come scioglimento(in Italia)/costituzione (all’estero), vigendo in Italia il principio di tipicitàdelle società ai sensi dell’art. 2249 c.c. Tale principio preclude al notaio ro-gante non solo il ricevimento di un atto trasformazione di una società italia-na in un’altra di « tipo estero », ma anche la costituzione di una società di ti-po estero. Conseguentemente, se la società e l’operazione che la stessa inten-de compiere, è regolata dalla legge Italiana, secondo le leggi di soluzione diconflitti tra norme di più Paesi, non potrà farsi altro che sciogliere la società(in Italia), applicando tutte le conseguenze che ciò comporta e, costituire (al-l’estero) una nuova società con il residuo attivo del predetto scioglimento.

    4) Il quarto requisito del negozio consiste nell’assenza di norme peculia-ri ostative alla trasformazione; esso rileva soprattutto quando si tratti di tra-sformazioni atipiche o che coinvolgo società sottoposte a particolari disposi-zioni legislative (es.: società bancarie ed assicurative).

    5) Circa il quinto ed ultimo requisito che caratterizza il negozio trasfor-mativo – consistente nel rispetto del principio di continuità – si rinvia, per

    20 CAPITOLO SECONDO

  • una trattazione più approfondita, a quanto si dirà nel paragrafo successivo,ricordando, in questa sede, che la continuità è il principale degli elementi ca-ratterizzanti la trasformazione. Esso, infatti, non deve ritenersi limitato aglieffetti che si producono in conseguenza della trasformazione ma deve essereelevato ad elemento caratteristico e distintivo dell’operazione. Il problemache si pone è quello relativo all’esatta determinazione del suo contenuto: ilprincipio di continuazione della trasformazione consiste nella continuazionedel vincolo di destinazione di un complesso di beni ad un’attività d’impresao più semplicemente ad un fine, a prescindere dalla circostanza che esso siaimprenditoriale o meno?

    In conseguenza di quanto detto sino ad ora, devono ritenersi inapplica-bili al negozio trasformativo alcune delle norme proprie dei negozi giuridiciin generale; basti pensare alla incompatibilità esistente tra gli artt. 2498 c.c.(continuazione degli effetti) e 1411 c.c. (deviazione degli effetti verso terzi).Non sarà, pertanto, ammissibile una trasformazione in comunione d’aziendain cui si preveda che la quota di comproprietà sull’azienda venga attribuitanon al socio ma al figlio di questi. Tale previsione, infatti risulterebbe incom-patibile, oltre che con la continuità propria della trasformazione, anche conla normativa del recesso dal momento che si consentirebbe l’uscita oltre itermine e le modalità previste dalla legge.

    L’individuazione del contenuto del principio di continuità della trasfor-mazione consente di determinare l’esatto confine dell’istituto nonché gli ele-menti che sono utili a distinguerlo da altri istituti, oramai molto simili, qualiil conferimento e lo scioglimento.

    2. - La continuità come requisito fondamentale della trasformazione.

    La presenza del principio di continuità, la cui presenza emerge dal detta-to dell’art. 2498 c.c. che, pur disciplinando solo gli effetti della trasformazio-ne, rappresenta anche la fonte di uno dei requisiti qualificanti l’intero istitu-to. Infatti, la conservazione di tutti i diritti, obblighi e rapporti giuridici puòessere possibile solo se vi è una continuità tra l’ente che si trasforma e l’enterisultante dalla trasformazione. Solo tramite la continuità è possibile distin-guere la trasformazione dagli istituti del conferimento e dello scioglimentosocietario.

    Il principio di continuità rappresenta l’elemento comune a tutte le tra-sformazioni e ciò è reso evidente dal fatto che, anche con la riforma, si èmantenuta l’impostazione previgente che collocava l’articolo dedicato alla

    IL PROBLEMA DELLA CONTINUITÀ NELLE TRASFORMAZIONI IN ENTI 21

  • continuità dei rapporti in apertura del Titolo dedicato alla trasformazione.Essa, pertanto, rappresenta una norma considerata norma generale o di si-stema.

    Il problema che il principio di continuità della trasformazione ha dasempre generato è quello relativo all’individuazione del suo esatto contenu-to. Quale tipo di continuità deve essere garantita affinché possa esserci tra-sformazione? Quale è l’interesse che il Legislatore vuole tutelare con la tra-sformazione?

    La soluzione di tali quesiti ha delle ripercussioni teoriche e pratiche mol-to rilevanti dal momento che l’individuazione dell’esatto confine entro cuipuò parlarsi di trasformazione dipende proprio dall’esatta individuazionedel principio di continuità.

    Nel paragrafo precedente si sono individuati gli elementi caratteristicidel negozio trasformativo e tra essi vi è proprio quello di assicurare una con-tinuità tra l’ente che si trasforma e l’ente risultante dalla trasformazione.L’esame di questo requisito deve essere condotto con estrema attenzionestante l’assenza di una sua espressa previsione legislativa e stante la sua gran-de rilevanza al fine della corretta qualificazione giuridica dell’operazione inoggetto.

    Quindi per verificare se una operazione sia ammissibile o, nello specifico,sia qualificabile come trasformazione occorre verificare se vi siano tutti i re-quisiti caratterizzanti tale istituto (tra di essi proprio quello della continuità).

    Fino ad oggi tale principio è stato interpretato in due modi del tutto dif-ferenti: come continuità causale, da una parte e come continuità imprendito-riale, dall’altra.

    La dottrina tradizionale e parte della giurisprudenza accoglieva la teoriadella continuità causale in quanto riteneva che con la trasformazione si ga-rantiva che una società potesse perseguire il proprio scopo lucrativo nel mo-do più appropriato, ossia nel modo più rispondente alle diverse esigenze cheil mercato richiedeva di volta in volta, senza dover passare necessariamenteattraverso la fase liquidativa. L’ente trasformato, si sosteneva, non si estingueper rinascere sotto altra forma, né da luogo ad un nuovo centro di imputa-zione dei rapporti giuridici, ma sopravvive alla vicenda modificativa senzasoluzione di continuità e senza perdere identità soggettiva. La necessità chela causa lucrativa non mutasse con la trasformazione rispondeva ad una vi-sione soggettiva del principio di continuità. Con la trasformazione, si soste-neva, continua ad esistere il medesimo ente come centro di imputazione disituazione giuridiche soggettive, pur nel mutamento del modello organizzati-vo di esercizio dell’attività comune.

    22 CAPITOLO SECONDO

  • Accogliendo tale tesi la trasformazione poteva qualificarsi unicamentecome atto collegiale (delibera) con effetti modificativi, giammai novativi, delprecedente atto costitutivo.

    Altra parte della dottrina e della giurisprudenza, invece, avevano propo-sto una nozione di continuità, che valorizzava l’elemento oggettivo, non sog-gettivo della trasformazione. Secondo tale corrente di pensiero, pertanto, latrasformazione era caratterizzata dal rispetto del principio di continuità del-l’attività d’impresa, a prescindere dallo scopo cui essa era diretta (scopo lu-crativo, cooperativistico, consortile, ecc.).

    Il posizionamento dell’attività di impresa al centro del sistema ha con-sentito un ampliamento delle operazioni qualificabili come trasformazioneanziché estinzione/costituzione.

    La centralità dell’impresa e della sua continuità, infatti, hanno indebolitoin maniera decisiva il rilievo del criterio causale quale limite di applicazionedell’istituto della trasformazione e della sua disciplina, al punto che si è po-tuto affermare che « più che l’omogeneità di causa è l’omogeneità d’impresaa svolgere un ruolo scriminante » (13).

    Secondo tale tesi si poteva giungere ad affermare che l’atto di trasforma-zione potesse avere un effetto novativo della causa, non anche del soggetto.Entrambe le precitate correnti di pensiero erano accomunate dalla circostan-za di considerare la trasformazione preclusa a quelle ipotesi in cui si fosse ve-rificato una estinzione dell’ente originario od un effetto traslativo. Anterior-mente alla riforma, pertanto, la trasformazione escludeva in via assolutal’idea di estinzione, risultando rispetto a quest’ultima come antitetica, nonalternativa.

    Occorre ora vedere come l’avvento della riforma del diritto societario edin particolare come l’introduzione delle nuove ipotesi di trasformazione, hainciso sulle teorie innanzi esposte.

    Queste ultime sono messe in crisi dall’introduzione tra gli enti che pos-sono trasformarsi anche delle associazioni, delle fondazioni e delle comunio-ni d’azienda, in quanto in queste tre figure può mancare l’esercizio di un’at-tività d’impresa. Per le prime due figure, infatti, la dottrina per lungo tempoha discusso se le associazioni e le fondazioni potessero svolgere attività d’im-presa senza giungere ad un contrasto in termini tra scopo ideale od altruisti-co ed attività d’impresa. La risposta positiva al quesito cui è pervenuta la

    (13) M. Sarale, Artt. 2500 septies-2500 novies, in Il nuovo diritto commerciale artt. 2498-2500, diretto da G. Cottino, G. Bonfante, O. Cagnasso, P. Montalenti, Bologna, Zani-chelli, 2004, 260.

    IL PROBLEMA DELLA CONTINUITÀ NELLE TRASFORMAZIONI IN ENTI 23

  • dottrina e la giurisprudenza comporta solo che tali enti possono, non devo-no, esercitare attività d’impresa. Per la comunione d’azienda, salvo quanto didirà nel paragrafo successivo, la dottrina è unanime nel ritenere non possibi-le, neppure in via di mera eventualità l’esercizio dell’attività d’impresa daparte dei comproprietari, almeno in via diretta e comune.

    La trasformazione in comunione d’azienda, inoltre, presenta un ulterioree più grave ostacolo ai fini dell’accoglimento delle vecchie teorie, dal mo-mento che in essa, oltre a non esserci una continuità d’impresa, è assente an-che una pur minima continuità soggettiva tra l’ente trasformando e entità ri-sultante dalla trasformazione.

    La nuova trasformazione, tuttavia, ha causato l’abbandono delle teorietradizionali sul principio di continuità ma non del principio stesso. Infattinegare l’esistenza di un profilo di continuità, tra vecchio e nuovo ente, signi-fica negare l’autonomia trasformazione rispetto allo scioglimento e al confe-rimento. L’elemento discriminante tra la fattispecie trasformazione e unaqualsiasi altra fattispecie traslativa non può ridursi ad un mero elemento vo-litivo. La continuità cui si intende far riferimento in tale contesto non deveidentificarsi con l’effetto di conservazione dei rapporti pregressi ma con l’es-senza stessa dell’operazione in oggetto.

    Il problema diventa, quindi, quello di individuare una nozione di conti-nuità che funga da collante, da comune denominatore tra le diverse ed etero-genee ipotesi di trasformazione, introdotte dal legislatore della riforma. Perpoter risolvere tale quesito si deve focalizzare l’attenzione sulle trasformazio-ni in cui vi sono minori elementi di continuità tra vecchia e nuova situazione.In altre parole ci si soffermerà meno sulle trasformazioni in cui la società dicapitali si trasforma in società di persone (in cui vi è continuità soggettiva,causale e imprenditoriale) o in società cooperative o consortili (in cui vi ècontinuità soggettiva e imprenditoriale); per esaminare meglio le trasforma-zioni che coinvolgono associazioni, fondazioni (in cui c’è solo continuità sog-gettiva) e comunioni d’azienda (in cui sembra mancare qualsiasi tipo di con-tinuità soggettiva, causale e imprenditoriale).

    Al riguardo possono astrattamente prospettarsi tre diverse teorie: quelladella inesistenza del principio di continuità; quella della continuità comeprosecuzione dell’attività d’impresa; quella della continuità come prosecu-zione del vincolo di destinazione.

    Su ciascuna di tali teorie ci si dovrà soffermare per individuare quale tradi esse risulta più rispondente o conforme al dato normativo e in senso piùampio alla ratio della nuova trasformazione.

    24 CAPITOLO SECONDO

  • 3. - continua: la teoria della inesistenza del principio di continuità ovvero del-la continuità come semplice effetto della trasformazione.

    All’indomani della riforma del diritto societario, in dottrina si sono ini-ziate ad abbozzare alcune teorie relative alla continuità della nuova trasfor-mazione che in questa sede si tenderà di esplicare e completare anche pro-ponendo una nuova lettura delle stesse.

    L’indagine partirà dall’esame della teoria che tende a negare l’esistenzadi un concetto di continuità distinto da quello relativo agli effetti della tra-sformazione così come disciplinati dall’art. 2498 c.c., ossia l’esistenza di unconcetto di continuità quale principio cardine dell’istituto della trasforma-zione.

    La teoria, in realtà, non è stata ancora proposta esplicitamente in dottrina,ma essa può considerarsi una logica conseguenza delle tesi che tendono a nega-re che nella nuova trasformazione vi sia una ratio comune, ossia un filo condut-tore comune sia alle trasformazioni progressive che a quelle regressive.

    Parte della dottrina (14) nell’intento di negare l’ammissibilità di trasfor-mazioni eterogenee atipiche, sostiene che l’unico elemento comune alle di-verse ipotesi di trasformazione, introdotte dal legislatore della riforma, è co-stituito solo ed unicamente dalla circostanza che il punto di partenza e di ap-prodo dell’operazione in oggetto è rappresentato dalle società di capitali.Tale circostanza, si sostiene, emerge non solo dalle norme del codice civilema anche dalla relazione alla riforma che indica le società di capitali come ilfulcro intorno al quale ruota la nuova trasformazione.

    Sono le società di capitali a costituire il punto di partenza e di arrivo, ri-spettivamente delle trasformazioni progressive e regressive, a costituire l’ele-mento decisivo a chiarire il senso dell’istituto in oggetto, così come rivisitatodal Legislatore della riforma.

    In virtù di tali premesse tale tesi giunge alla conclusione secondo cui,mentre la ratio delle trasformazioni progressive in società di capitali è da in-dividuarsi nell’esigenza di favorire l’organizzazione di attività produttive me-diante l’adozione di modelli societari capitalistici, la ratio delle trasformazio-ni regressive in società di capitali è da individuarsi nell’esigenza di favorire ilprincipio di economicità degli atti giuridici (ossia il principio tramite cuil’esercizio dell’attività secondo un diverso modello organizzativo non neces-

    (14) G. Palmieri, Autonomia e tipicità nella nuova trasformazione, in Aa.Vv., Il nuovo di-ritto delle società, Liber amicorum Gian Franco Campobasso, diretto da Abbadessa e Porta-le, Tomo IV, Torino, 2007, 104 e ss.

    IL PROBLEMA DELLA CONTINUITÀ NELLE TRASFORMAZIONI IN ENTI 25

  • sita del duplice passaggio dello scioglimento e della costituzione) purché av-venga nel rispetto degli interessi degli interessi dei soci e dei terzi; interesseche solo la società di capitali (quale punto di partenza della trasformazione)può garantire grazie alla sua particolare normativa sui controlli interni e sullaresponsabilità degli amministratori e sindaci.

    La ratio, pertanto, è differente a seconda che si tratti di trasformazioniprogressive o regressive, a prescindere, sembrerebbe, dal fatto che si tratti ditrasformazioni omogenee o eterogenee.

    L’unicità del principio di continuità che caratterizza l’istituto (unitario)della trasformazione risulta essere messo in crisi non solo dall’individuazionedi una duplice ratio alla base dell’istituto, ma anche dalla supposta inesisten-za dell’esigenza di garantire il permanere del vincolo di destinazione impres-so al patrimonio sociale.

    Tale dottrina, infatti, sostiene che nelle trasformazioni eterogenee regres-sive l’assenza della permanenza di un vincolo di destinazione dei beni al-l’esercizio dell’attività d’impresa è confermata da alcune ipotesi tipiche ditrasformazione e precisamente nelle trasformazioni in associazione, in fonda-zione e in comunione d’azienda. Per quanto riguarda le prime due ipotesi, sisostiene, la scelta di consentire la trasformazione in enti del libro I del codicecivile mal si concilia con l’esigenza di assicurare la permanenza dell’attivitàd’impresa, dal momento che tale tipo di enti ben possono esistere senza svol-gere alcuna attività imprenditoriale. Per quanto riguarda, invece, la terza tra-sformazione, quella in comunione d’azienda, la continuità dell’attività d’im-presa sembra essere assente dal momento che la comunione d’azienda che,per definizione, presuppone l’assenza di un esercizio dell’attività da partedei comproprietari.

    Le due argomentazioni (quella della duplice ratio giustificatrice dell’isti-tuto e quella della totale assenza di un’attività d’impresa nelle trasformazioniin associazioni, fondazioni e comunioni d’azienda), addotte da tale tesi, persostenere la tipicità delle trasformazioni eterogenee indirettamente finisconoper precludere l’individuazione di un concetto di continuità (non limitato aisemplici effetti che la trasformazione stessa produce ma) inteso come princi-pio regolatore dell’intero istituto. In altre parole non vi sarebbe un principiodi continuità inteso come causa dell’effetto di continuità dei rapporti giuridi-ci facenti capo al vecchio ente.

    Accogliendo questa tesi, inoltre, anche la previsione legale (art. 2498c.c.) della continuità come effetto risulta difficilmente giustificabile poichécon la trasformazione si crea una netta frattura tra l’ente di partenza e quellodi arrivo; in altre parole, nelle trasformazioni in associazioni non riconosciu-

    26 CAPITOLO SECONDO

  • te, fondazioni e comunioni d’azienda viene negata qualsiasi tipo di continui-tà, individuandosi la ratio ispiratrice della previsione legale nella salvaguar-dia del principio di economicità dei mezzi giuridici.

    Per continuità di effetti, pertanto, dovrebbe intendersi non l’effetto na-turale di una vicenda improntata alla continuità ma l’effetto imposto dal Le-gislatore rispondente alla sola esigenza di garantire i terzi da effetti pregiudi-zievoli dell’operazione.

    Tale tesi non risulta accettabile in quanto non possono ritenersi accogli-bili le due argomentazioni poste alla base della ricostruzione dell’istituto cosìcome effettuata.

    In merito al primo argomento, consistente nella duplice ratio presentenella trasformazione, deve osservarsi come lo stesso sia in contrasto sia conl’unicità dell’istituto che con le conclusioni a cui tale tesi giunge.

    L’unicità dell’istituto, innanzitutto, richiede l’individuazione di un fon-damento comune, non potendosi basare sulla mera volontà dell’assembleaper ritenere che una determinata o