glottodidaktika

99
INDICE: 0. Premessa 1. Un approccio all’insegnamento dell’italiano a stranieri 1.1 Introduzione 1.2 L’approccio 1.3 Il metodo e le tecniche 1.4 Le glottotecnologie 1.4 Problemi particolari 1.5 Questionario 1.6. Bibliografía consigliata

description

flotto didaktika

Transcript of glottodidaktika

Page 1: glottodidaktika

INDICE:

 

0. Premessa

1. Un approccio all’insegnamento dell’italiano a stranieri

1.1 Introduzione

1.2 L’approccio

1.3 Il metodo e le tecniche

1.4 Le glottotecnologie

1.4 Problemi particolari

1.5 Questionario

1.6. Bibliografía consigliata

 

 

 

 

Page 2: glottodidaktika

GLOTTODIDATTICA GENERALE DELL'ITALIANO COME LINGUA E CULTURA STRANIERE. 

AUTORI: DANIELE VISENTIN E PAOLO PAGLIAI

 

 

0. PREMESSA:

Il presente modulo è il risultato di una complessa rielaborazione delle teorie di quattro glottodidatti dell’italiano a stranieri, il Prof. Paolo E. Balboni, il Prof. Renzo Titone, il Prof. Giovanni Freddi e la Prof.sa Anna Maria Ciliberti.

Tale scelta arbitraria è stata dettata, oltre che dalla necessità di riassumere in poche righe i contenuti di una scienza che seppur nuova, meriterebbe ben altri spazi di definizione, anche dallo spessore scientifico delle teorie dei suddetti ricercatori. E’ questo il caso del Prof. Paolo Ernesto Balboni che da tutti gli esperti di settore, è ormai riconosciuto come il capostipite di questa scienza.

Sulla base di una delle sue opere più prestigiose (Didattica dell’italiano a stranieri, Bonacci Editori, Università per stranieri di Siena, Roma, 1994, Terza Edizione, Coll. I libri dell’arco), vengono integrate le proposte teoriche ed operative dei colleghi sopraccitati: Renzo Titone, Problemi di psicopedagogia del linguaggio. Dalla psicolinguistica alla glottodidattica, Guerra, Perugia, 1999; Giovanni Freddi, Glottodidattica. Fondamenti, metodi e tecniche, Utet, Torino, 1999; Anna Ciliberti, Manuale di Glottodidattica, La Nuova Italia, Scandicci, 1994.

Alla fine di questo modulo sono previste in appendice alcune griglie di domande utili per valutare le conoscenze acquisite sui vari autori.

Page 3: glottodidaktika

1.1 INTRODUZIONE

Nonostante la glottodidattica italiana abbia elaborato a partire dalla metà degli Anni Sessanta nozioni assolutamente originali nel panorama internazionale, come per esempio quella di “educazione linguistica integrata”, nell’ambito dell’insegnamento dell’italiano come lingua straniera, seconda o etnica, gli approfondimenti sono stati meno sistematici. Il libro del Prof. Paolo E. Balboni, Didattica dell’italiano a stranieri, venne a risolvere per la prima volta il problema suddetto offrendoci un chiaro punto di sintesi di raccordo tra gli studi e le ricerche in glottodidattica teorica e glottodidassi quotidiana.

Di fatto, per l’italiano è necessario delineare un approccio non solo nel senso pragmatico e utilitaristico ma anche formativo, distinguendo tra lingua seconda e lingua straniera, concetti che spesso vengono confusi nella letteratura glottodidattica internazionale.

Inoltre, il presente volume venne a colmare un vuoto storico e lacerante: far maturare agli italianisti di tutto il mondo un linguaggio glottodidattico comune e dar loro la possibilità di tradurre la teoria in pratica quotidiana.

Chiariamo alcuni concetti di base:

La glottodidattica è lo studio dei fini e dei mezzi dell’educazione linguistica e dell’insegnamento delle lingue. Come afferma Ciliberti il modello ‘impara la teoria e poi applicala’ (linguistica applicata) non è soddisfacente. Quello che serve è una ‘teoria pratica’.

La glottodidassi è il risultato sul campo di questo studio.

Lingua materna è un termine ambiguo giacché si tratta della lingua ufficiale del paese in cui si vive. Spesso in Italia l’italiano non rappresenta la lingua materna, bensì è il dialetto a coprire questo ruolo.

Lingua seconda o lingue seconde sono le lingue che si acquisiscono oltre alla lingua materna, escluse le classiche. Questo è in ogni modo un concetto strettamente semantico e non glottodidattico. Ad eccezione di Krashen, tutti i glottodidatti contemporanei sostengono che la seconda lingua è tale se viene insegnata a parlanti non italofoni e se viene insegnata in un contesto situazionale dove l’italiano è insegnato come lingua di comunicazione quotidiana; Italia (Siena e Perugia per esempio), Canton Ticino, Val d’Aosta per i francofoni, provincia di Bolzano per i germanofoni e ladini, alcune aree dell’Istria, isole e penisole linguistiche slovene, croate, albanesi, francoprovenzali, catalane, greche e cimbre). In questo caso è d’estrema importanza il raccordo tra realtà extra-scolastica e lavoro in classe e l’elaborazione di un modello glottodidattico capace di integrare le varie lingue acquisite dall’allievo, evitando di generare interferenza nel transfer di strategie d’apprendimento e di riflessione metalinguistica.

Lingua straniera è la lingua che s’insegna in un contesto in cui essa non è presente se non nella scuola, e in maniera occasionale in alcuni mass media. Quindi è la lingua che s’insegna in America, in Germania, ecc... a studenti di origine non italiana oppure di origine italiana ma non esposti all’italiano perché usato in famiglia, nel quartiere e nella comunità di riferimento. Le difficoltà sono superare “l’estraneità” ovvero la distanza psicologica e culturale, stimolare e sostenere la motivazione,

Page 4: glottodidaktika

reperire materiale didattico che presenti modelli d’italiano aggiornati ed autentici, trovare insegnanti con padronanza linguistica e qualificazione glottodidattica ed infine trovare forme di raccordo con le altre lingue insegnate all’allievo.

Lingua etnica è la lingua che non è materna ma che si usa nell’ambiente familiare o nella comunità culturale di riferimento (figli e nipoti di emigranti). É compito del maestro far sì che l’allievo faccia perno su queste strutture linguistiche ma che non assorba i frequenti dialettalismi, arcaismi ed interferenze con la lingua del paese d’accoglienza, nonché presentare una visione dell’Italia odierna da contrapporre a quella superata ormai da alcuni decenni e dare motivazioni all’allievo che può soffrire problemi d’identità nel non voler venire associato a una comunità non dominante.

Lingua classica è la lingua che presenta una struttura scritta finita e nessun segno di evoluzione o rinnovamento, come per esempio il latino e il greco. L’italiano è una lingua vivissima, rapida e totale è stata la sua evoluzione a partire dal dopoguerra. Lingua classica può essere quella lingua insegnata nei Conservatori di musica, varietà collocata tra il Cinquecento e l’Ottocento, incomprensibile spesso a parlanti nativi d’italiano del ventesimo secolo.

Alla Società Dante Alighieri di Città del Messico, insegniamo italiano come lingua straniera.

 

Page 5: glottodidaktika

1.2 L’APPROCCIO

ovvero come stendere un progetto curricolare indicando fini generali e obiettivi specifici dell’insegnamento dell’italiano, nonché l’individuazione delle categorie secondo cui organizzare i contenuti e il contesto al cui interno si iscrive il curricolo.

A cavallo tra gli anni ‘50 e ‘60, in occasione della riforma della scuola media, si accese la discussione tra scuola prevalentemente strumentale o prevalentemente formativa. Il risultato fu differente a quelli della scuola di Casati (1859) e di Gentile (1923): le lingue svolgono un ruolo fondamentale nella formazione della persona anche se non bisogna sottovalutarne l’aspetto strumentale. Da questo venne d’obbligo lo studio della lingua straniera nella scuola media (1962) e nella scuola elementare (1985). A livello europeo il problema si è già posto in maniera sempre più netta anche negli altri paesi, come testimonia il convegno promosso dalla Fédération Internationale des Professeurs de Langues Vivantes nel 1990.

In ogni caso in questo risiede la difficoltà che incontrano gli insegnanti italiani di italiano a stranieri e la sintesi di questa opposizione è che l’italiano è una lingua inutile.

Secondo Balboni, in questo saggio, data la tendenza anglofona dei rapporti internazionali del ventunesimo secolo, parlare di italiano come lingua inutile in una prospettiva utilitaristica è ovvio. L’italiano è utile solo in tre contesti:

- nel Maghreb e nelle altre aree dove esiste tra i giovani una prospettiva di emigrazione in Italia.

- nei paesi del bacino del Mediterraneo dove esiste interesse a frequentare le università italiane, per stranieri e non.

- presso le ditte multinazionali che intendono inviare il loro personale in stage nelle filiali italiane.

Quindi risultano effimeri gli sforzi per accreditare una valenza utilitaristica e strumentale della conoscenza della nostra lingua, anche se ultimamente, in ripetute occasioni, lo stesso studioso ha affermato il contrario: la globalizzazione e il made in italy, capace di approdare in ogni parte del mondo e di soddisfare le più recondite e svariate richieste di applicazione dei nostri prodotti, ha dato nuovo impulso all’importanza dell’insegnamento e dell’apprendimento della nostra lingua in tutto il mondo, seppur con valenza commerciale o utilitaristica. Afferma lo studioso che attualmente, l’italiano in un’ipotetica graduatoria mondiale di preferenze nello studio di una lingua straniera, si posizionerebbe al terzo o quarto posto, dietro ai colossi dell’inglese, dello spagnolo e dell’arabo che si spartiscono gran parte del pianeta e che avrebbe superato nelle preferenze il francese, in crisi a livello mondiale per problemi legati al nazionalismo francofono e il tedesco che paga il prezzo di un’economia, la quale, nonostante sia più solida di quella italiana, non riesce, nel campo delle esportazioni a garantire la stessa qualità e flessibilità dei prodotti del nostro paese.

Page 6: glottodidaktika

L’italiano è invece utile in una prospettiva formativa e non per il nostro grandioso patrimonio culturale - insegnare lingua non significa obbligatoriamente insegnare letteratura, arte, musica, ecc... - ma per il contributo che può dare alla culturizzazione, socializzazione e autopromozione dell’alunno, ovvero alle relazioni “Io e il mondo”, “Io e te” ed “Io”. Così definisce Freddi la questione: l’apprendimento è una formidabile impresa formativa perché con essa il soggetto apprendente assume i modelli culturali del popolo straniero con la possibilità di poterli valutare dall’interno senza i filtri deformanti degli stereotipi (operazione di acculturazione pregiudiziale per la comprensione e il dialogo), allarga il suo raggio di socializzazione integrandosi o raccordandosi con gruppi ben più vasti di quello nazionale grazie al nuovo codice linguistico e arricchisce il suo processo di autorealizzazione cognitiva, affettiva e sociale con il vantaggio aggiuntivo di un relativismo linguistico-culturale che lo porta a riconoscere e ad accettare la diversità come valore.

culturizzazione - include l’inculturazione nella propria cultura, ovvero l’acquisizione dei modelli culturali della propria comunità, l’acculturazione di uno straniero, ovvero la conoscenza dei modelli necessari per socializzare in Italia e la creazione di un atteggiamento di relativismo culturale, ovvero accettazione di ogni modello culturale in relazione a un problema di natura, rispetto e valutazione in base ai parametri della cultura in cui si inserisce. L’insegnante ha il compito di far rispettare quello che è diverso in Italia rispetto al paese di provenienza degli alunni e mettere in luce le matrici che lo legano all’Italia, anche nel contesto dell’insegnamento della lingua straniera.

socializzazione - per insegnare a socializzare bisogna sviluppare la competenza linguistica ma soprattutto quella pragmatica e sociolinguistica.

La persona culturizzata e socializzata può perseguire la propria autopromozione

autopromozione -  I due aspetti fondamentali dell’autopromozione sono la competenza comunicativa e l’imparare ad imparare in quanto le mete glottodidattiche si articolano in due blocchi, lo sviluppo della competenza comunicativa nella lingua italiana e quello della competenza matetica, cioè dell’apprendimento linguistico dell’italiano e delle lingue che l’allievo deciderà in futuro di acquisire.

 

competenza comunicativa - ovvero la necessità di padroneggiare con le abilità linguistiche come processi interrelati,- saper comprendere, infatti richiede una serie complessa di processi cognitivi, esperenziali e linguistici-, di saper fare con la lingua, utilizzandola secondo i più svariati contesti e sapere la lingua e poterla integrare con altri codici disponibili per la comunicazione (grammatiche fonologiche, grafemiche, lessicali, morfosintattiche e testuali ed integrare la lingua verbale con i linguaggi gestuali, oggettuali, prossemici, ecc...). Queste tre competenze devono essere interattive.

imparare ad imparare la lingua - obiettivo glottomatetico - sarebbe il learning to learn o l’autonomia dell’allievo. Freddi e Titone ne sono i pionieri italiani. Si basa sul processo di induzione, di matrice chomskiana che significa apprendere ad osservare la lingua, formulando ipotesi e generalizzazioni sulla sua struttura linguistico-comunicativa, verificandole nella realtà quotidiana, attraverso testi o per conferma dell’insegnante, valutando se la nuova “regola” è di tale portata che

Page 7: glottodidaktika

valga la pena di essere fissata in un processo automatico e su quello di riflessione sulla lingua che è caratterizzata da un soggetto che è l’allievo il quale sotto la guida dell’insegnante riflette autonomamente sulla lingua, e dall’oggetto, ovvero le regole come meccanismi di funzionamento e non come norme da applicare, il momento della riflessione su un’unità didattica, su quello che si è intuito, verificato, fissato e reimpiegato in precedenza e il modo che è a schema aperto e non pieno e concluso come quello del libro tradizionale e dell’insegnante. Questa impostazione rimanda alla inventional grammar di Otto Jespersen dove l’attività di inventare è ovviamente molto motivante. Sul terzo polo dell’insegnamento, l’oggetto dello studio, la lingua italiana, Freddi aggiunge che utilizzare le famose liste di frequenza delle parole significa fare linguistica applicata e non glottodidattica, significa dimenticare la madrelingua degli apprendenti, la loro psicologia, il livello di età e spesso la componente socio-pragmatica della lingua.

Sempre fondamentale risulta il riferimento a Freddi per quanto riguarda la dicotomia educazione/istruzione linguistica.

L’educazione è in pedagogia il processo in cui si ex ducet, si aiuta ad emergere, la potenzialità del sé (autopromozione), del rapporto con gli altri (socializzazione) e quello con l’ambiente culturale proprio e diverso (culturizzazione). Nella scuola italiana, la finalità educativa è primaria nella scuola elementare e media e nei licei, mentre quella istruttiva è fondamentale negli ordini tecnico e professionale della scuola superiore.

L’istruzione è invece quel complesso di metodi e tecniche studiato dalle scienze didattiche per tradurre il progetto educativo in azione didattica. L’educazione ha mete di maturazione personale. L’istruzione ha obiettivi basati sui bisogni pragmatici di interazione tra la persona e l’ambiente sociale, industriale, scientifico, turistico, ecc...

Ovviamente nel caso delle lingue “inutili” o pseudo-inutili è fondamentale la preoccupazione educativa.

Nel dopoguerra italiano la formazione era un lusso per pochi eletti. Nelle scuole destinate a classi medie e basse predominava la dimensione istruttiva. Per questo motivo l’alunno straniero spesso studia l’italiano come un fiore all’occhiello per alimentare il proprio status d’importanza. Quando studia in Italia trova un docente italiano, generalmente senza formazione di glottodidattica comparativa, che propone il modello italiano formativo non curando la dimensione utilitaria. Nelle scuole straniere generalmente incontra maestri di origine italiana che hanno studiato al liceo e che si rifanno a questo modello, quello per esempio di cultura animi di Cicerone. Quindi le sue prerogative di imparare una lingua odierna non vengono spesso considerate.

Analizziamo ora il problema in base all’età che divide il corpus dei destinatari dell’insegnamento, considerando che esiste un dato comune: il percorso dell’insegnamento ha un’accentuazione formativa all’inizio e una focalizzazione sull’istruzione alla fine.

- Italiano per bambini e (pre)adolescenti: la scuola impone delle cesure nel continuum della vita delle persone. Il periodo ottimale per la formazione, è per quasi tutte le nazioni tra l’età di sei anni

Page 8: glottodidaktika

circa e quella di diciotto. Il concetto di educazione linguistica, nato attorno agli Anni Settanta come risultato della lunga tradizione pedagogica italiana, è il più grande contributo italiano alla riflessione internazionale nell’ambito delle scienze dell’educazione. Il meccanismo di acquisizione linguistica, il LAD (Language Acquisition Device) di Chomsky, è unitario e comune per tutte le lingue, quindi anche l’impianto glottodidattico della scuola deve essere unitario e integrato, se si vuole che sia di supporto ambientale, ovvero integrato con il LASS (Language Acquisition Support System). In poche parole, per questioni psicolinguistiche, economia di tempo e risultato ottenuto, ogni insegnante deve integrare la propria programmazione e azione didattica con gli altri docenti che insegnano lingue agli stessi studenti. É una grande proposta per l’insegnante di italiano come lingua straniera o etnica all’estero per far riguadagnare qualità alla proposta educativa. Il raccordo tra la lingua italiana, le lingue straniere e la lingua materna può avvenire a più livelli, eccetto nei paesi anglofoni dove l’italiano è seconda o terza lingua straniera, con integrazione in una programmazione comune. Non si tratta di attività svolte parallelamente in varie lingue, analisi comparativa o ricerca di argomenti culturali comuni ma di analisi dei processi di acquisizione linguistica, il ricorso ad una stessa metodologia di analisi e descrizione linguistica, la pluralità terminologica produce solo confusione, adozione di approcci glottodidattici concordi e scelta di metodi e tecniche glottodidattiche comuni per realizzare gli approcci comuni. La mente del bambino e quella del pre-adolescente non ha sviluppato ancora strategie glottomatetiche ed è velleitario pretendere l’apprendimento se gli insegnanti agiscono in modo solitario, chiedendo all’allievo di utilizzare strategie differenti nelle ore di lingua materna e straniera. La mente dell’adolescente giovane (13-16 anni) sta ancora elaborando e formalizzando le sue strategie e quindi tende a risolvere in modo quantitativo e non qualitativo la pluralità di impianti glottodidattici differenti ed utilizza solo quello che utilitaristicamente gli conviene.

Nell’italiano come lingua etnica è ancora più difficile giacché il bambino tende ad identificarsi con il gruppo non per questioni etniche o linguistiche, ma per tifo sportivo, gusto musicale, modo di vestire. Si tratta ovviamente di un problema psico-pedagogico, glottodidattico e di organizzazione dell’insegnamento linguistico. Il raccordo è quindi obbligatorio per evitare che l’italiano diventi un incomprensibile obbligo imposto dai “vecchi”. 

italiano per adulti - s’intende l’insegnamento in università, corsi per immigrati, per professionisti, ecc. e da un punto di vista psico-linguistico un sedicenne è già un adulto. I problemi si legano a diversi fattori:

- spesso l’insegnante ha studiato al liceo e in seguito ha terminato la carriera con una laurea di natura umanistica, quindi, tende ad insegnare la cultura animi a studenti che generalmente chiedono di imparare una lingua e una cultura più contemporanee. Molti insegnanti per esempio non considerano il rock, la generazione dei cantautori, il teatro e il cinema nel loro insegnamento. Il passato storico italiano spesso risulta incomprensibile a studenti stranieri.

- si crede spesso che conoscere una disciplina significa saperla insegnare. Manca un progetto di trasformazione dell’insegnante in professore.

- a volte l’insegnante umanista è obbligato ad insegnare le microlingue agli studenti del progetto Erasmus, che devono iscriversi a facoltà di medicina, economiche o scientifiche.

 

Page 9: glottodidaktika

Vediamo quali sono le mete dell’educazione linguistica dell’italiano e gli obiettivi da perseguire per il livello di competenza dell’alunno.

Distinguiamo tra i termini Corpus o sillabo, programma e curricolo.

Il corpus ( a volte si usa il termine sillabo) è l’elenco del materiale da insegnare in un corso. Può essere lessicale se si basa su una lista di frequenza, indicando le prime x parole a seconda del livello del corso, tematico se tale corpus viene integrato da elementi lessicali relativi alle situazioni delle unità didattiche, funzionale se relativo ai bisogni immediati di gruppi quali vigili, ferrovieri, ecc... e microlinguistico se oltre al bisogno funzionale esiste un bisogno culturale.

É per esempio un corpus morfosintattico quello del volume sulla Certificazione dell’Italiano come Lingua Straniera dell’Università per Stranieri di Siena. É un corpora pragmatico-grammaticale quello del Consiglio d’Europa basato sui livelli soglia delle principali lingue straniere (Galli de’ Paratesi, 1981).

Programma è un termine italiano che identifica i documenti ufficiali dello Stato in cui si descrivono mete, obiettivi e contenuti da insegnare in un dato corso, sfortunatamente non in forma dettagliata ma per grandi blocchi.

Curricolo è l’integrazione di un programma (mete, obiettivi, linee di fondo) e di un corpus linguistico (fonologico, lessicale, morfosintattico, testuale, pragmatico, sociolinguistico) e culturale (modelli di organizzazione sociale, vita quotidiana, ecc..) con l’aggiunta di indicazioni metodologiche per la didattica e per la verifica oltre ai raccordi con gli altri settori dello stesso ambito disciplinare.

Il curricolo di italiano per stranieri fa parte del macro-curricolo di educazione linguistica che include tutte le lingue studiate (materna, seconda, etnica, ecc.) e si raccorda al curricolo di educazione letteraria.

In parte le mete le abbiamo già viste ma per necessità di schematizzazione le riproponiamo.

Le mete educative fanno parte dell’educazione generale e quindi si perseguono attraverso l’educazione linguistica. Sono l’autopromozione, la socializzazione e la culturizzazione.

Le mete specifiche si rifanno alla competenza comunicativa e glottomatetica.

A queste dobbiamo aggiungere gli obiettivi specifici, i modelli operativi, le tecniche didattiche e le glottotecnologie.

In un curricolo d’italiano per stranieri oltre ai principi della glottomatetica si devono elencare i processi necessari per realizzare le varie abilità, i contenuti funzionali, lessicali, morfosintattici ecc. che compongono la competenza linguistica e comunicativa nonché i processi della metacompetenza comunicativa, individuare i modelli operativi e le tecniche didattiche, ovvero tutte quelle tecniche glottodidattiche (esercizi ed attività svolte a casa, in classe, da soli o di gruppo, a coppie, ecc.) utilizzate in un’unità didattica con lo scopo di perseguire obiettivi e verificarne il raggiungimento e infine indicare quale ruolo possono avere le glottotecnologie, ovvero le tecnologie didattiche utili e necessarie, con relativa metodologia d’uso e tipo di interazione tra allievo e insegnante. Le abilità si rifanno generalmente al modello quadripolare comprendere/parlare/leggere/scrivere, ma in realtà si integrano con dialogare e riassumere, parafrasare e tradurre, monologare su traccia scritta e scrivere

Page 10: glottodidaktika

sotto dettatura da sviluppare in una prospettiva intralinguistica (riassunto in italiano di un testo italiano) ed interlinguistica (riassunto in lingua materna di un testo italiano). Così commenta Freddi al proposito: nelle fasi iniziali dello studio di una lingua ogni abilità deve avere un suo trattamento specifico, l’auspicabile, funzionale integrazione delle quattro abilità avrà poi luogo in stadi successivi dell’apprendimento. L’eccessivo schematismo con cui vengono presentate le quattro abilità linguistiche primarie, ricettive o produttive, orali e scritte, lasciano in ombra le abilità integrate come il “dialogare” e il “riassumere”.

Abilità ricettive, produttive, interattive e manipolative. Comprendere significa ipotizzare quello che potrà venir detto o scritto in un dato contesto, grammatica dell’anticipazione quindi. Bisogna operare sulla consapevolezza situazionale in ordine all’argomento e agli scopi degli interlocutori, in base alla rindondanza ovvero ai supplementi di informazioni reperibili nel contesto, nel cotesto (ciò che compare prima nel testo) e nel paratesto (titoli, fotografie, ecc...) e sulla base della conoscenza del mondo (enciclopedia) per eliminare l’ambiguità degli elementi polisemici.

Gli studenti d’italiano sono sovente incapaci di comprendere non per la mancanza di capacità linguistiche ma per la loro inabilità di creare ipotesi adeguate. La expentancy grammar si favorisce con procedure cloze, incastri, ecc...

Esistono inoltre vari tipi di comprensione, intensiva, parola per parola, estensiva globale (skimming) o mirata al dettaglio (scanning). In un curricolo è necessario stabilire quale strategia utilizzare ed identificarne la funzione o funzioni. Tutti questi campi d’azione devono essere comuni per l’insegnante di lingua materna, italiano ed eventuali lingue straniere e classiche.

Le abilità produttive sono il monologo e la composizione scritta. Il monologo è scarsamente utilizzato nella vita quotidiana ma compare nelle interrogazioni in classe. La composizione scritta è invece frequente sotto forma di tema, relazione, saggio, ecc. Gli obiettivi didattici da perseguire sono l’analisi del contesto situazionale, scopi di chi produce il testo, quelli del destinatario, rapporto tra i due, luogo fisico e culturale in cui ci si trova, definizione del tipo di testo che si intende produrre e del genere testuale, la scaletta ovvero la linea concettuale che darà coerenza al testo, stesura di un testo corretto e coeso. Il computer può aiutare molto perché elimina le frecce e gli asterischi e permette all’alunno di lavorare sempre su un testo pulito.

L’abilità interattiva del dialogo è simile a quella della produzione ma si differenzia per la continua integrazione alla scaletta mentale in base alla dinamica dello scambio comunicativo, alle informazioni, scopi aggiunti, per la richiesta di forte coesione e attenzione alle regole che in Italia governano il modo in cui si dà la parola e soprattutto l’importanza degli altri codici extralinguistici e paralinguistici.

Le abilità manipolative, stesura di appunti, riassunto, parafrasi, traduzione e dettato sono quelle che permettono di passare da un testo all’altro.

Nella stesura di appunti e nel riassunto rilevante importanza sostiene l’individuazione dei nuclei formativi per non dissolvere la coerenza logico-semantica di un testo e la loro gerarchizzazione, distinzione tra informazioni principali ed accessorie. Nella stesura, gli appunti di stendono in una forma personalizzata, il riassunto non prevede il discorso diretto e obbliga alla sequenza temporale e logica. Obbligatoria l’integrazione con altri docenti di educazione linguistica.

Page 11: glottodidaktika

La parafrasi impone una notevole capacità di manipolazione a livello morfo-sintattico (passaggio dal discorso diretto all’indiretto) e lessicale (sinonimi, iponimi, iperonimi). La parafrasi è per studenti avanzati e sviluppa la capacità della perifrasi, ovvero della possibilità di formulare la definizione di una parola che non si conosce.

La traduzione può essere simultanea orale-orale, impromptu scritto-orale, da una varietà antica ad una moderna, scritta di testi scritti. Per molti anni, le si è data molta importanza ma ultimamente si è capito che crea molti problemi alla capacità di parlare e scrivere in lingua straniera. Occorre capire il contesto, l’analisi del ruolo dell’autore nel testo, il ruolo attribuito al testo nel contesto, il ruolo effettivo del testo nel contesto, analisi dei tratti caratterizzanti del testo e reperimento di tratti equivalenti ma non paralleli. Non esiste traduttore professionista che traduca dalla propria lingua in un’altra lingua.

Il dettato varia d’oggetto secondo le lingue ma il processo di base rimane quello della comprensione.

La competenza pragmatica permette di agire socialmente attraverso la lingua e si articola in varie funzioni che la lingua svolge nell’interazione sociale. La competenza pragmatica è necessariamente accoppiata alla competenza sociolinguistica, dati i diversi registri linguistici da utilizzare secondo la situazione, inoltre, dipendendo dal mondo in cui si intende agire, è legata a quella culturale, conoscenza di modelli di comportamento sociale, regole di turn taking e modelli culturali che governano la vita quotidiana. Il curricolo d’italiano è a tale fine un curricolo basato sullo sviluppo funzionale.

Ad esempio, integrando i modelli di Jakobson e Halliday si può definire una griglia di sei funzioni che si perseguono quando usiamo la nostra lingua per agire sul contesto:

- la funzione personale, ovvero quando lo studente rivela la propria soggettività; diari, interviste, ecc.

- la funzione interpersonale, quando l’italiano agisce nel rapporto d’interazione, presentarsi, rifiutare, salutare, offrire, ecc.

- la funzione regolativo-strumentale, quando l’italiano è usato sugli altri, dare e ricevere istruzioni, consigli, divieti.

- la funzione referenziale per descrivere o spiegare la realtà, messaggi oggettivi, lessico denotativo, uso dell’indicativo e terza persona

- la funzione poetico-immaginativa per produrre effetti ritmici, suggestioni musicali, associazioni metaforiche sulla forma del messaggio (significante) o per creare mondi immaginari.

- la funzione metalinguistica per usare l’italiano per riflettere sulla stessa lingua.

Queste funzioni devono essere realizzate nelle diverse varietà situazionali e comprese nelle diverse varietà geografiche. Un’educazione linguistica armoniosa ed equilibrata dovrà dispiegarsi su tutte le funzioni, senza privilegiarne alcune a scapito di altre.

Ogni funzione si realizza attraverso atti comunicativi che l’insegnante d’italiano a principianti organizza attraverso la scansione dei principali atti linguistici, mentre quello di italiano a livello

Page 12: glottodidaktika

avanzato affronta lavorando sui diversi generi comunicativi. Per ottenere questo, l’insegnante deve valutare i manuali didattici per vedere se tutte le funzioni sono armonicamente sviluppate e poi eventualmente lavorare alla progettazione di materiale integrativo, deve programmare con i colleghi il lavoro sulle funzioni o progettare prove d’ingresso organizzate su basi funzionali. I generi invece possono essere orali, scritti, audiovisivi e multimediali.

Sapere le abilità, ovvero saper fare lingua e le funzioni o utilizzare la lingua in base al contesto, presuppongono una terza dimensione, quella di sapere la lingua e saperla integrare con gli altri codici, ovvero la competenza linguistica ed extralinguistica.

La competenza linguistica è un sistema complesso composto dalla competenza fonologica, che permette di riconoscere e produrre i fonemi di una lingua nonché le sue curve intonative, dalla competenza morfosintattica che permette di legare le parole tra di loro in un periodo, la competenza lessicale, che permette di comprendere le parole, di memorizzarle, di organizzarle in campi lessicali, di reperirle e utilizzarle distinguendo tra il livello di denotazione e connotazione, dalla competenza testuale che consente di riconoscere e di produrre testi coerenti sul piano semantico, coesi sulla relazione fra frasi, congruenti con le caratteristiche dei vari generi comunicativi e dalla competenza grafemica che consente di leggere e stendere testi scritti.

É ovviamente dilatata negli ultimi anni la nozione di “grammatica”.

La competenza extralinguistica implica la padronanza di quei codici che vengono usati insieme alla lingua. Le principali competenze sono la paralinguistica, ovvero del particolare uso che si può fare del tono di voce, dell’intonazione, della velocità con cui si parla, al fine di sottolineare o modificare il significato, cinesica, ovvero la capacità di comprendere e utilizzare i gesti, le espressioni facciali, i movimenti della lingua, ecc., la prossemica, relativa all’uso dello spazio interpersonale, distanza e vicinanza con l’interlocutore, uso di microfoni, oggettuale o vestemica, ovvero l’uso di oggetti per comunicare uno status o una funzione sociale, la capacità di padroneggiare il sistema della moda, olfattiva (i profumi del corpo sono spesso sostituiti in Italia da quelli artificiali, la cui qualità spesso informa sul livello socio-culturale della persona) e tattile come la stretta di mano e il doppio bacio sulla guancia, tipico italiano.

La metacompetenza, cioè la competenza sull’uso, serve ad alunni che abbiano superato il livello elementare, tanto quanto la competenza d’uso. Da una parte si tratta di saper usare la lingua sulla base di un complesso di grammatiche implicite, dall’altro di sapere in maniera esplicita perché la lingua italiana funziona in un certo modo e perché si integra con altri linguaggi secondo certe modalità e perché l’italiano varia a seconda del contesto. Alla base della competenza implicita, vi sono le conoscenze dichiarative che descrivono uno stato di verità elementare e quelle procedurali che si basano sulla sequenza.

Alla base della metacompetenza esplicita troviamo il concetto di rappresentazione mentale, schemi morfologici, scripts convenzionali, frames semantiche, alberi sintattici, che permettono di archiviare e recuperare sia conoscenze dichiarative generalizzate, sia meccanismi procedurali generativi.

Le rappresentazioni mentali, grammatica tout court, permettono all’allievo di padroneggiare in maniera consapevole quando ha interiorizzato spontaneamente e di raggiungere un certo grado di

Page 13: glottodidaktika

autonomia nell’apprendimento della lingua ponendo le basi per una futura vita linguistica indipendente.

Sviluppiamo un’ulteriore analisi sulla glottodidattica con lo scopo di approfondire i temi legati alla programmazione e all’azione didattica quotidiana nell’ambito concettuale di un approccio eclettico (comunicativismo e umanismo/affettivo) e formativo.

Nonostante la glottodidattica abbia fatto in questi ultimi anni numerosi sforzi nel cercare il proprio spessore epistemologico, è rimasta molta confusione nella distinzione dei termini teoria, approccio, metodo e tecnica, spesso usati come sinonimi e soprattutto nei vari parametri di giudizio ai diversi livelli.

Il termine teoria rimane fuori dall’interesse del glottodidatta che non ha il compito di elaborare teorie sulla lingua e sulla cultura, sull’educazione e l’apprendimento. Egli si rifà alle teorie dei linguisti, degli psicologi, ecc., cogliendone i principi affidabili scientificamente. Quindi la teoria può essere vera o falsa.

L’approccio è invece la finalità primaria dell’educazione linguistica. Si basa sulla fondatezza scientifica delle teorie di cui ha assunto o tratto i principi, sulla coerenza interna e sulla capacità di generare metodi in grado di realizzare l’approccio stesso.

Il metodo è l’insieme di principi metodologici-didattici che traducono coerentemente un approccio in modelli per organizzare sia i materiali didattici sia il lavoro degli allievi su quei materiali. Un approccio può essere giusto o sbagliato, buono o cattivo, un metodo può essere solamente adeguato o non all’approccio che intende realizzare e coerente o no al proprio interno.

La tecnica glottodidattica è un’attività che realizza in classe le indicazioni del metodo e le finalità dell’approccio.

Le tecniche, possono essere coerenti o non con il metodo e l’approccio ed efficaci o non nel raggiungere l’obiettivo didattico che si propongono.

L’atto didattico è atto in quanto intenzionale e progettato. Si attribuisce all’alunno, ovvero ai suoi bisogni, alle sue motivazioni, ai processi psicolinguistici attivati, alla dimensione affettiva e agli aspetti relazionali, all’insegnante e alla sua competenza linguistica e glottodidattica, alla sua funzione di modello linguistico, di guida dell’attività di classe, di stimolatore e valutatore e all’italiano, oggetto dell’apprendimento, anche nel suo rapporto con le altre lingue possedute e studiate dall’allievo. L’interazione tra i tre poli è filtrata dalla situazione (Ciliberti conferma l’ipotesi: apprendimento, insegnamento e oggetto dell’insegnamento/apprendimento sono gli apici di questo processo). La descrizione e valutazione degli approcci, dei metodi e delle tecniche può essere condotta sulla base di questo modello.

Balboni e Freddi condividono pienamente la necessità di affiancare la glottodidattica e la neurolinguistica.

I termini bimodalità e direzionalità si devono in parte alle scoperte della neurologia che ha offerto indicazioni biologiche precise sul fenomeno della lateralizzazione, cioè sulle funzioni specializzate dei

Page 14: glottodidaktika

due emisferi cerebrali, della psicologia che ha scoperto come l’emisfero sinistro abbia compiti di natura analitica, sequenziale e logica mentre quello destro ha compiti di natura globalistica, simultanea ed analogica e alla neurolinguistica che ha individuato nell’emisfero sinistro le due aree in cui avviene l’elaborazione del linguaggio e si è arricchita delle ricerche psico-semiotiche che indicano i diversi tipi di messaggio (visivo, audiovisivo, verbale, ecc.) elaborati in forma interrelata tra il sinistro e il destro.

La Bimodalità obbliga all’integrazione di tutti e due gli emisferi affinché l’intera mente dell’allievo venga coinvolta nell’apprendimento. Ne sono esempio il modello d’unità didattica di Freddi e quello di Titone.

Direzionalità è invece quel principio che stabilisce l’uso bimodale solo secondo una direzione ben precisa, dall’emisfero destro a quello sinistro. É fondamentale l’assunzione di questi due principi per la programmazione e l’organizzazione di un’unità didattica.

L’acquisizione (SLAT, Second Language Acquisition Theory di Krashen) è un processo matetico inconscio, che sfrutta le strategie globali dell’emisfero destro del cervello insieme a quelle analitiche dell’emisfero sinistro. Quanto viene acquisito diventa competenza della persona e su questo si basa la produzione linguistica.

L’apprendimento è invece un processo razionale, governato dall’emisfero sinistro e basato sulla memoria a medio termine. La competenza appresa non è definitiva. Si tratta di una competenza attivata più lentamente di quella acquisita. Di conseguenza, nella comunicazione reale si fa ricorso alla competenza appresa come monitor, controllo formale su quello che è già stato prodotto dalla competenza acquisita. Si deve lavorare quindi sull’acquisizione e non sull’apprendimento, riflettere sulle azioni didattiche se sono relative all’apprendimento (prima fase) e all’acquisizione (seconda fase).

L’acquisizione si produce attraverso tre ipotesi:

- l’acquisizione di base c’è quando l’allievo concentra l’attenzione sul significato e non sulla forma di un imput comprensibile. L’insegnante deve quindi fornire l’imput comprensibile.

- l’imput comprensibile deve essere collocato al gradino dell’ordine naturale immediatamente successivo all’input finora acquisito (i+1). L’ipotesi dell’ordine naturale è alla base anche del recupero degli allievi.

- in questo meccanismo non deve intervenire il filtro affettivo che blocca il flusso dell’acquisizione, collocando ciò che si comprende nella memoria a breve termine e non a termine definitivo. Il filtro affettivo è costituito dal modo in cui si attua il rapporto tra i fattori dell’atto didattico. L’insegnante non deve essere un inquisitore ma un aiuto, la lingua familiare e non estranea. Evitare anche stati di ansia utilizzando dettati autocorretti come piacevole sfida con se stessi, attività che pongono a rischio l’immagine di sé che lo studente vuole offrire al resto della classe, attività che minano l’autostima e aumentano l’autodifesa, attività che danno all’allievo la sensazione di non essere in grado di apprendere.

L’insegnamento della lingua italiana implica di necessità l’insegnamento della cultura e della civiltà italiana.

Page 15: glottodidaktika

Cultura non è solo la ciceroniana cultura animi ma si riferisce all’intero patrimonio di modelli culturali, soluzioni che gli italiani hanno dato a dei problemi di natura: nutrirsi, creare nuclei familiari, organizzazioni, ecc. (way of life).

Civiltà sono i modelli che possono essere trasmessi al mondo come esemplari, l’arte, il melodramma, il neorealismo, la cultura ambientalistica, uguaglianza dei sessi, abolizione della pena di morte, ecc.

Si deve predisporre l’alunno alla culturizzazione, all’acquisizione di modelli italiani che potrebbero incidere in una rivalutazione dei modelli della nazione a cui appartiene. Affiancare l’accentuazione delle differenze interculturali e degli aspetti che unificano le due culture è fondamentale in un processo formativo. Si stimola la motivazione e la curiosità, il relativismo culturale e l’interesse per il diverso.

Questo meccanismo è diverso secondo il paese straniero da cui proviene l’alunno o di cui fa parte l’alunno.

Nei paesi di lunga e complessa storia culturale, come i paesi europei, in cui l’emigrazione italiana è stata limitata ad alcuni decenni del dopoguerra, accentuare le matrici significa, riflettere per esempio sul ruolo del latino nel formarsi delle varie lingue nazionali, sull’identità greco-latina del pensiero filosofico, sullo stile gotico, sulla polifonia rinascimentale, sul romanticismo, sul melodramma, sulle tragiche dittature e avvenimenti bellici.

Nei paesi che hanno subito il colonialismo europeo, in America e in Oceania, dove gli italiani sono giunti come disperati in cerca di fortuna, si sono inseriti mantenendo la propria individualità culturale, accentuare le matrici comuni, significa far scoprire il contributo italiano sia ai discendenti degli emigranti italiani sia a studenti di altra origine etnica, con il fine di proclamare i vincoli tra le varie componenti di queste culture di fusione.

Page 16: glottodidaktika

1.3 IL METODO E LE TECNICHE

Passiamo ad analizzare la glottodidassi operativa, ovvero come trasformare il progetto teorico in azione didattica.

Come abbiamo visto l’atto didattico è imperniato su tre poli: allievo, insegnante ed obiettivo. Il più antico dei modelli di atto, è il “maieutico” o “socratico” dove l’insegnante possiede ciò che per l’allievo è l’obiettivo. Questo modello vige attualmente solo in alcuni corsi universitari di alto livello, come i Phd e secondo Ciliberti è un orientamento di natura direttiva che esclude ogni partecipazione dell’apprendente alle decisioni riguardanti il processo di insegnamento. Oggi questo modello è improponibile e quindi bisogna ricorrere alle tipologie della lezione e dell’unità didattica.

La lezione.

Termine che deriva dal latino lectio, tipico dell’istruzione religiosa (cattolica, ebraica, islamica e non protestante).

Esiste cioè un maestro-sacerdote che interpreta il libro sacro e che dall’alto della propria autorità convoglia in maniera frontale e diretta l’obiettivo agli allievi. Il modello non maieutico-conversazionale o socratico, è monodirezionale ed imperniato sul docente. Si tratta di una posizione gratificante per il maestro ma poco effettiva per l’alunno dato che costui non sviluppa l’autopromozione e nel caso dell’insegnamento delle lingue non dispone di un libro sacro o di un maestro che possa dire “è così” o “non è così” e quindi di un maestro da seguire fideisticamente. È ovvio che nell’italiano insegnato come lingua straniera l’insegnante può barare, usando il proprio idioletto ma nell’italiano come seconda lingua non esiste questa ipotesi in quanto la realtà circostante all’alunno potrebbe mettere in discussione l’interpretazione del maestro e fargli perdere autorevolezza. L’idioletto secondo Ciliberti a volte può addirittura assumere le caratteristiche del linguaggio “Io Tarzan, tu Jane”, ovvero di una lingua completamente pidginizzata, semplificata e sgrammaticata che ha come finalità quella di aiutare l’apprendente sebbene spesso sia invece sintomo o manifestazione di conscio o inconscio razzismo tra parlanti nativi e non nativi. Il foreign talk può tuttavia essere positivo quando assomiglia alla lingua che i genitori usano con i figli durante l’apprendimento infantile e prematuro. Inoltre, aggiunge Ciliberti, il possesso della lingua materna costituisce un fondamentale prerequisito o battistrada per l’apprendimento di ogni altra lingua: superati i 10 anni, qualsiasi soggetto apprendente una LS o L2, deve per lo più imparare parole nuove ma relativamente pochi concetti che ha imparato nello studio di altre discipline o sulle proprie basi esperenziali (concetto di numero, ora, tempo, ecc…).

Il villaggio globale con i mezzi di comunicazione in tempo reale sta minando la possibilità dell’insegnante-sacerdote autorevole. Altro motivo per cui si sconsiglia la lezione è che nonostante questa venga costruita suddividendo il curricolo in capitoli e illustrandolo agli alunni lezione dopo lezione, utilizzata dagli alunni per adeguare i propri comportamenti linguistici, questi ultimi alla fine vengono chiamati a compiere un atto di fede, ovvero a sottolineare che non si è capito niente ma che alla fine del corso si parlerà l’italiano. Alunni disposti a compiere atti di fede ce ne sono ormai pochi e soprattutto se si tratta di studenti provenienti da una tradizione utilitaristica.

Page 17: glottodidaktika

Si dovrebbe abbandonare quindi l’approccio grammatico-traduttivo e strutturalistico-neocomportamentistico anche se nella didattica italiana sono molto diffusi, o coglierne solamente le implicazioni valide.

 

L’unità didattica.

Nell’unità didattica, invece, l’allievo è al centro del reticolo delle relazioni - il docente propone di insegnare all’apprendente a divenire ‘insegnante di se stesso’ o lo informa sugli obiettivi da raggiungere, gli indica le ragioni per cui essi sono definiti in un certo modo, gli spiega perché le attività proposte hanno determinati contenuti e caratteristiche (Ciliberti) -, riceve l’input dall’insegnante in termini psicolinguistici (il LASS), l’input dal corpus linguistico offerto dall’unità, input che deve seguire l’ordine naturale dell’acquisizione e deve essere un po’ più complesso di quanto già acquisito e interagisce con la lingua, la usa, l’analizza e riflette sulle strategie di apprendimento.

Per l’italiano, tuttavia, molti manuali usano ancora il termine “lezione” o quello di “unità” anche se realmente si tratta di una lezione.

I vari modelli di unità si caratterizzano dal fatto che propongono un insieme completo e autosufficiente di lingua, e che si riferiscono alle ricerche psicomatetiche, gestaltiche e al modello olodinamico di Titone. Lo studioso gesuita infatti ha più volte affermato come esista una dimensione olodinamica e una egodinamica nell’apprendimento del soggetto: l’io, unificando in sé tutte le acquisizioni della persona, le mette a disposizione di tutte le sue funzioni; l’intelletto, astraendo dalla singolarità dei dati e categorizzandoli nei quadri universali del pensiero, garantisce la comunanza e quindi la “comunicabilità” delle acquisizioni. Questo transfer è perciò un processo di unificazione verticale: dal pianto tattico (attività di codificazione e decodificazione), al piano strategico (programmazione, direzione e controllo mentale sulle esecuzioni comunicative) e infine all’egodinamico (motivazioni, scelte, decisioni che sorgono dal profondo del vissuto personale).

Questa visione solistica (del tutto) si può trasferire senza nessun problema al piano della competenza comunicativa, considerandone tutte le componenti che la integrano e costituiscono.

Solo ultimamente, grazie a Marcel Danesi e Balboni, si può parlare di unità del contenuto in relazione all’unità della persona che apprende utilizzando in forma integrata le facoltà, lateralizzate nei due emisferi cerebrali (vedi componente neurolinguistica).

Bisogna considerare l’unità come oggetto dell’insegnamento e come un complesso di procedure atte a presentare la lingua nella sua pienezza comunicativa, ovvero includenti tutti gli obiettivi basilari dell’insegnamento linguistico, i modelli culturali, gli elementi pragmatici, la competenza linguistica e le abilità linguistiche.

L’unità del soggetto è un concetto che è stato suggerito dall’impostazione bimodale e direzionalizzata.

La psicologia della Gestalt offre la descrizione della percezione nei termini di globalità che coinvolge principalmente l’emisfero destro del cervello e si basa sulle strategie dello sfruttamento al massimo

Page 18: glottodidaktika

della rindondanza contestuale e co-testuale, sulla formazione di ipotesi su quanto potrà venire in quel contesto o co-testo, sullo skimming, sullo scanning e sulle analogie con gli eventi noti, parla poi dell’analisi, ovvero della ricezione guidata dall’insegnante (LASS) degli elementi culturali, morfosintattici, lessicali, funzionali, ecc. che costituiscono l’obiettivo specifico dell’unità, operazione che coinvolge anche l’emisfero sinistro ed infine accenna alla sintesi o alle sintesi, all’inizio dell’unità guidate e poi sempre più libere e creative. Il processo di analisi-sintesi-riflessione che è alla base di ogni fattore e momento dell’insegnamento viene esemplificato da Titone in questi termini: l’insegnamento procede dalla forma problematica verso quella tematica, si parte dalla percezione del problema, si passa alla formazione delle ipotesi, quindi alla verifica e si giunge alla formulazione della tesi o del tema, si privilegia il procedimento induttivo-euristico nell’intento di condurre l’alunno verso la generalizzazione di principi e criteri. Solo attraverso questo processo si garantisce il transfer e l’interdisciplinarietà.

I momenti sono comunque in numero maggiore. Secondo Balboni, un’unità didattica prevede varie ore per il suo svolgimento; di solito da sei a otto ore. Quelle più corte spesso sono incomplete, quelle più lunghe, noiose. Freddi prevede invece una durata di 4-6 ore, tuttavia, come si può chiaramente notare da un’attenta analisi contrastiva tra i due modelli di UD proposti in questo ambito, emerge un’evidente similarità di ipotesi applicative.

Vediamo come Balboni (per Freddi si rimanda alla nota 24) scandisce tempi e funzioni di un’unità didattica per l’italiano di base, insegnato di solito ad allievi adolescenti o adulti.

Questo modello copre sostanzialmente sei-sette ore di lezione, quindi due settimane dove i corsi generalmente prevedono tre ore alla settimana, come è usuale.

La prima ora è dedicata alla motivazione specifica per l’unità che sta iniziando e all’approccio globale del testo, imput linguistico al quale vengono esposti all’inizio gli studenti, chiamato testo pivot da Freddi. Si tratta in sostanza di penetrare il testo nella sua globalità attraverso una serie successiva di ascolti (in sequenza normale e successivamente in sequenza segmentata con segmenti autosufficienti a livello fonico e semantico). con specifiche attività da compiere prima, durante e dopo l’ascolto. Prima della conclusione dell’ora, si ripete l’ascolto del testo d’apertura e si legge, dapprima in forma silenziosa e poi corale e guidata dal nastro. Secondo Freddi sarebbe opportuno che l’ascolto non tralasciasse il contesto dei rumori e di vita in cui la registrazione ha luogo e all’uopo il videotape con situazioni comunicative riprese dal vivo sarebbe di straordinario aiuto. Tra la prima e la seconda ora si assegnano attività domestiche che portino l’allievo a familiarizzare con il testo e a memorizzarlo inconsapevolmente. Secondo Ciliberti, in questa prima fase bisogna prendere in considerazione le seguenti implicazioni glottodidattiche:

1. In fase di comprensione, lo studente va oltre l’informazione fornita, cioè collega la nuova informazione in arrivo con l’informazione già posseduta, comprende l’evento comunicativo adattandone armonicamente l’informazione linguistica e la contestuale che può derivare dalle conoscenze sul mondo e opera a livello di formulazione di ipotesi culturali, dalla situazione nella quale influisce anche la percezione visiva e dal cotesto, cioè dal contesto linguistico degli enunciati, dal “prima” e dal “dopo”.

Page 19: glottodidaktika

2. Comprendere una lingua significa aver appreso delle regole tramite cui estrarre significati da elementi linguistici, significa codificare quanto si legge (abilità ricettivo scritta) o si ascolta (abilità ricettivo orale) in una rappresentazione del significato.

3. Comprendere significa anche cercare di rendere esplicito quanto vi è di implicito in un testo o un discorso.

4. In riferimento esplicito a Schank comprendere significa analizzare per percepire i significati espressi da altre persone attraverso, uno scandaglio lessicale per attribuire un concetto o una catena di concetti ai quali fanno riferimento gli elementi linguistici e l’adattamento di questi alla descrizione di uno stato o di un evento, allo stesso tempo di compiere inferenze, cioè formulare ipotesi su quello che il parlante ha voluto significare, indipendentemente da quello che ha detto in modo esplicito e di connettere gli eventi, cioè verificare se la nuova informazione si adatta alle credenze, ai fatti contradditori o a ulteriori informazioni che spiegano, messe assieme, gli eventi o gli stati del mondo del quale siamo stati appena informati.

5. Il meccanismo di monitor (Krashen), cioè di controllo o formulazione di ipotesi sulla comprensione dell’evento comunicativo e l’adattamento delle informazioni al contesto situazionale e alle conoscenze del mondo, rende la stessa comprensione più efficiente in quanto si prevede attraverso il “prima” e l’“adesso” il “dopo”. In realtà questo meccanismo è pressoché naturale in LM ma è evidentemente più laborioso in L2 o LS, c’è in questo caso meno conoscenza e più interferenza.

La seconda ora, dopo aver ripreso contatto con il testo attraverso la correzione delle attività svolte a casa, si affronta la dimensione funzionale con una serie di sequenze analisi - sintesi - riflessione di ciascun atto linguistico da far acquisire: lo si fa individuare nel testo, lo si drammatizza, lo si fissa e lo si riutilizza, guidando gli allievi nella riflessione sull’aspetto funzionale. Si parte evidentemente dall’analisi del genere di testo (dialogo, lettera, intervista, racconto, descrizione tecnica, ecc…) e dai contenuti con lo scopo di migliorare la competenza testuale, cioè la capacità di cogliere e riprodurre la coesione e la coerenza in un testo (Freddi).

La terza ora è dedicata all’analisi - sintesi - riflessione di aspetti grammaticali, fonologici, morfosintattici, lessicali e testuali. Nei corsi avanzati dove si esplora attraverso la lingua scritta, quest’ora può divenire la quarta ora e può essere eseguita anticipatamente. Si può anche trasportare l’analisi - sintesi - riflessione testuale alla fine della quarta ora. I compiti per casa faranno riferimento agli aspetti linguistici trattati o saranno finalizzati alla motivazione per la quarta ora (ricerca di materiali iconografici, visione di un film, ecc.).

La quarta ora, dopo il massacrante lavoro sulla lingua e le abilità orali, ha come scopo quello di riprendere il tema analizzato, drammatizzato e memorizzato, con un altro testo che riprenda il tema culturale del primo e alla fine viene il momento di affrontare le abilità scritte. Difficilmente si arriva a fare attività di scrittura e manipolazione della scrittura in classe giacché ogni allievo ha differenti ritmi, quindi è meglio dedicarsi alla lettura in classe e poi spiegare la metodologia con cui comporre a casa, ad esempio come fare un riassunto, come scrivere una lettera, un saggio o una parafrasi o come tradurre.

Page 20: glottodidaktika

La quinta ora è l’ultima ora di lavoro e input prima della verifica. Si correggono collettivamente i lavori eseguiti a casa, si commentano e se è necessario si offre un supplemento di materiale orale: dialoghi, una canzone, video, e così via, richiamando la dimensione utilitaristica, cioè la strumentalità nel prendere contatto con la realtà del nostro paese. È anche utilizzata per rinforzare quello che si è visto nelle prime quattro ore in vista del test conclusivo e soprattutto è dedicata, anche se in forma veloce, alla riflessione glottomatetica finalizzata ad imparare ad imparare, quindi discussione in lingua materna sulle ragioni, il modo, i processi cognitivi, i risultati e le difficoltà emerse.

La sesta ora è dedicata al controllo delle abilità scritte (test).

La settima ed eventuale ottava è dedicata al controllo del test e ad attività varie come la presentazione della lingua quotidiana (giornale, canzone, video, ecc.), creare cartelloni, studio della storia, della geografia, lettura di un testo letterario e motivazione alla lezione successiva.

Dalla seconda ora in poi, è opportuno far riferimento alle seguenti implicazioni di Ciliberti, in relazione con le abilità del parlare (produttiva orale) e dello scrivere (produttiva scritta):

1. Nel parlato, lo studente può incontrare difficoltà di ordine linguistico, fonologico, sintattico e lessicale, e problemi di carattere interazionale, cioè nella conduzione dell’interazione, regole dei turni di parola, cambiare argomento, aprire e chiudere una conversazione, e nella negoziazione del significato, farsi capire dagli altri e capire gli altri, nonché conoscenza delle regole sociali della cultura in cui ci si è inseriti o della cultura che si sta studiando.

2. Lo scritto, rispetto al parlato, si caratterizza per la qualità di essere permanente, quindi offre garanzie allo studenti in termini di controllo dei propri mezzi linguistici per ottenere una migliore organizzazione testuale

3. Lo studente deve dimostrare di essere capace a trasporre in un codice diverso da quello materno tutte le operazioni che compie nella propria lingua, deve essere competente in lessico, strutture, tipologia testuale e stile. La difficoltà sta esattamente in questo, nell’acquisizione di nuove conoscenze culturali insite nella lingua in oggetto.

Per quanto riguarda poi il periodo ottimale per l’applicazione di attività collegate alla lingua scritta, Freddi fa questa precisa puntualizzazione: il possesso della lingua orale facilita l’apprendimento della lingua scritta, non viceversa. E’ imprescindibile quindi che, nella prassi dell’insegnamento, la fase iniziale sia esclusivamente orale (50 ore circa) e che segui poi una fase mista nella quale accostare l’assunzione orale dei materiali linguistici alla loro grafia. Le ricerche neurolinguistiche confermano questa ipotesi: il sordomuto non riesce a parlare in quanto è sordo ma non muto, quando impara la lettura labiale dell’interlocutore, impara a parlare pur restando sordo.

Questa scansione si può fare con qualsiasi materiale didattico o manuale.

Page 21: glottodidaktika

PER I DOCENTI DEI CORSI INTEGRATIVI:

Diversa è l’unità didattica per l’insegnamento precoce dell’italiano.

Per l’organizzazione dell’unità didattica per l’insegnamento della lingua straniera al bambino si devono considerare alcune linee di fondo comuni.

Nel bambino la lateralizzazione non è ancora sviluppata. Le modalità di destra e sinistra sono sovrapposte. Non ha il bambino sviluppato ancora la capacità di analisi astratta e si trova nel periodo critico, ovvero nel periodo in cui l’acquisizione linguistica è molto attiva. Sarebbe quindi positivo sviluppare la curiosità del bambino per l’inusuale dato che costui generalmente è conservatore e poco propenso ad accettare quello che è diverso, attuare un’esposizione globale guidata di un testo e soffermarsi solo per focalizzare pochissimi punti linguistici. Eccellente l’attività ludica: lavorare sul testo, drammatizzandolo con sostituzione d’elementi e manipolazione. Doverosa la collaborazione con gli altri settori come le scienze sociali e la geografia per esempio, per evitare che l’italiano diventi una materia avulsa al processo di maturazione quotidiana del bambino.

Applicare l’insegnamento della lingua in forma scritta o attraverso la lettura, non è positivo per un bambino che ha ancora molte incertezze nella propria lingua, gli si può produrre molta incertezza. Quindi è preferibile insegnare l’italiano in forma orale, basandosi prettamente su atti comunicativi che si usano per drammatizzare, cantare o fare attività di gioco. La grammatica da far apprendere al bambino è implicita, alcuni schemi basici visti in forma parallela con la lingua madre. È da evitare il test perché produce ansia ed elimina l’attività ludica. Si preferisce l’attività di feedback. Nell’italiano precoce l’attività glottomatetica è quasi nulla dato che il giovane apprendente è un matetico sui generis. È meglio far riflettere il bambino sul fatto che l’italiano si può apprendere, può essere appreso giocando e può essere usato per comunicare.

Nell’unità didattica per le microlingue scompaiono praticamente le fasi relative alla motivazione. La motivazione viene all’inizio del corso. Generalmente nelle microlingue “monodirezionali” le strutture delle unità didattiche sono uguali a quelle delle unità di italiano di base. Altre microlingue, come quella del commercio, sono più interattive e quindi si può iniziare con l’esplorazione globale dell’evento microlinguistico, attraverso la lettura di vari testi, per passare poi ad uno studio analitico delle caratteristiche alla generalizzazione delle analisi e riflessione sulla natura di ogni testo relativo all’evento. Produrre poi la sintesi e il test.

Nell’unità didattica per l’insegnamento letterario, data spesso la presenza di studenti anche giovani (come per esempio nei college americani) la fase di motivazione è opportuna per far scoprire all’allievo che la letteratura è un piacere linguistico e che risponde ai bisogni esistenziali.

Consiste in una serie di percorsi paralleli dedicati a vari testi dello stesso autore, dello stesso genere, dello stesso periodo o sullo stesso tema. Il testo si tratta al principio con la lettura, l’ascolto di canzoni e poesia o la visione di spettacoli teatrali o film, che è globale ed estensiva per comprendere il contenuto generale del testo e alla fine con l’analisi letteraria. Si passa poi alla terza fase, quella

Page 22: glottodidaktika

della riflessione comparata dei testi ed infine alla sintesi, apprezzamento critico (emisfero sinistro) ed emotivo (emisfero destro), e al test.

In una Unità Didattica, la fase iniziale che dura al massimo un’ora (la prima) o “incoativa” secondo Titone è quella in cui viene offerto all’allievo l’input di base, al cui interno questi deve cogliere gli obiettivi dell’unità. L’input è il materiale linguistico offerto mentre l’intake è quanto si deve acquisire.

La fase incoativa prevede la creazione della motivazione e la presentazione globale dell’input iniziale. Se si usano altri testi faranno comunque riferimento a quello d’apertura e verranno usati con la stessa metodologia.

Per questioni psicopedagogiche non esiste acquisizione senza motivazione. Non è vero che si perde tempo con la motivazione dato che su questo si creano le fondamenta psicologiche per l’acquisizione. La motivazione si fa all’inizio del corso d’italiano (si possono utilizzare anche molte ore), all’inizio dell’unità e in forma reiterata durante la stessa. Gli stimoli della motivazione sono tre, il piacere, il bisogno e il dovere. Quest’ultimo comunque bisogna escluderlo poiché non rientra negli obiettivi di un insegnamento eclettico-formativo.

Nell’aggettivo “straniera” è implicita la questione dell’estraneità. Lo studente deve essere coinvolto in maniera profonda per evitare la distanza psicologica tra la lingua-civiltà nazionale e quella straniera, con interventi concreti da parte del maestro nella didassi quotidiana.

Tre percorsi sono utili per consentire il dépaysement: il condizionante, per lo straniero che studia l’italiano come seconda lingua e quindi si trova stimolato e condizionato dalla lingua-cultura del paese in cui risiede, il sereno, ovvero il considerare l’aula d’italiano come un lembo di Italia, incastonato all’estero e che favorisce un avvicinamento spontaneo alla lingua italiana e l’integrato nella scuola, nei mass-media, nella realtà quotidiana e nell’eventuale comunità italiana locale.

Per bisogno comunicativo non s’intende solo il bisogno utilitaristico dello studente (come comprare il biglietto del treno) ma anche formativo (conoscere ed imparare l’Italia che si vede dal finestrino) ed attuale, lavorare su test di livello adeguato, essere esposti a varietà di italiano, non annoiarsi, ecc. L’italiano come seconda lingua include anche un bisogno di carattere esistenziale. Il bisogno è quello per il futuro nel caso dell’adolescente e quello concreto dell’adulto che viene individuato nettamente. Invece il concetto di “bisogno futuro” è praticamente assente nel bambino come quello di “bisogno pratico” dato che questo viene risolto spesso dai suoi genitori o da chi ne fa le veci. Tre sono i momenti in cui si sviluppa la motivazione del bisogno: far capire all’allievo perché il corso è moderno e si basa su una progressione funzionale anziché grammaticale, su quali bisogni si lavorerà nelle ore seguenti ed aiutare l’allievo a superare la nozione utilitaristico-funzionale di bisogno per approdare alla scoperta del bisogno dell’imparare ad imparare, oltre a quello di approfondimento culturale. E’ necessario che il docente in fase di motivazione e successivamente operi una costante ricerca-azione (questionari, interviste, osservazione diretta della produzione scritta e/o orale che tipicamente caratterizza la comunicazione nelle situazioni d’uso in cui gli studenti si troveranno ad usare la lingua) sui bisogni degli studenti che rappresentano un corpus notevole di informazioni per l’organizzazione del percorso didattico, la selezione dei materiali didattici e la scelta delle strategie

Page 23: glottodidaktika

pedagogiche da adottare, soprattutto nel caso di corsi di lingua straniera per scopi speciali. Ciliberti ha adattato da Nunan e Brindley il seguente questionario per l’analisi sui bisogni:

Page 24: glottodidaktika

Ciliberti A., Manuale di Glottodidattica, pag. 125-127.

Indicazione degli scopi di apprendimento

Vorremmo che dicessi quali dei seguenti usi della lingua straniera sono utili per te. Poni una X nella casella appropriata a seconda che tu ritenga l’uso menzionato: “Molto utile”, “Utile” o “Inutile”. Vuoi migliorare la tua lingua straniera così da poter:

Molto Utile Inutile

Utile

1) Parlare di te con parlanti stranieri “ “ “

2) Parlare della tua famiglia “ “ “

3) Parlare del tuo lavoro “ “ “

4) Parlare dei tuoi interessi “ “ “

5) Parlare al telefono in lingua straniera “ “ “

6) Proseguire i tuoi studi “ “ “

7) Ottenere un lavoro in cui la conoscenza della

lingua straniera è indispensabile “ “ “

8) Ascoltare alla radio programmi in lingua

straniera “ “ “

9) Vedere programmi televisivi in lingua

straniera “ “ “

10) Leggere giornali o riviste in lingua

straniera “ “ “

11) Conversare in lingua straniera “ “ “

12) Altro? …………………………………………………………….

Page 25: glottodidaktika

Come preferisci studiare?

Indica con un cerchietto la tua risposta:

Si          No

a)       In classe ti piace lavorare:

1) Individualmente? “ “

2) A coppie? “ “

3) In piccoli gruppi? “ “

4) Tutti insieme? “ “

b) Come impari meglio?

1) Studiando a memoria? “ “

2) Risolvendo dei compiti o problemi? “ “

3) Trovando da solo l’informazione che ti serve? “ “

4) Ascoltando? “ “

5) Leggendo? “ “

6) Copiando alla lavagna? “ “

7) Ascoltando e prendendo nota? “ “

8) Leggendo e prendendo nota? “ “

9) Ripetendo quello che senti? “ “

c)       Quando parli nella lingua straniera vuoi essere corretto:

1) Immediatamente, di fronte a tutti, “ “

oppure:

2) Più tardi, a conclusione dell’attività e di fronte a tutti? “ “

3) Più tardi, in privato? “ “

d) Ti piacerebbe se altri studenti correggessero i tuoi lavori scritti? “ “

e)       Ti piace imparare:

1) Dalla televisione, videoregistratore, film? “ “

2) Dalla radio? “ “

Page 26: glottodidaktika

3) Da cassette, registrazioni? “ “

4) Da materiali scritti? “ “

5) Dalla lavagna? “ “

6) Da cartelloni, immagini, schemi? “ “

f)        Trovi queste attività utili?

1) Role play? “ “

2) Giochi linguistici? “ “

3) Canzoni? “ “

4) Parlare nella lingua straniera con altri studenti? “ “

5) Memorizzare dialoghi o conversazioni? “ “

6) Altro? ………………………………………………………………………………

g)       Come preferisci verificare se stai facendo progressi nella lingua straniera? Per mezzo di:

1) Compiti scritti preparati dall’insegnante? “ “

2) Facendo valutare la tua produzione orale all’insegnante? “ “

3) Controllando i tuoi progressi da solo. Ad esempio registrando di tanto

in tanto la tua produzione orale su cassette che poi riascolti criticamente

e valuti comparativamente? “ “

4) Cercando di renderti conto se sei capace di usare quanto hai imparato in situa-

zioni di vita reale? “ “

h)       Sei contento quando:

1) Si dà un voto ai tuoi compiti scritti? “ “

2) Ti si dice che fai progressi? “ “

Il piacere, la forma più efficace di motivazione umana, deriva da varie fonti:

Page 27: glottodidaktika

- il piacere dell’apprendere, far notare come passo a passo si sta avanzando evitando di trasformare le correzioni degli errori in sanzioni negative o sospensioni del piacere.

- il piacere di superare le sfide, utilizzare il dettato, la procedura cloze, gli incastri e le transcodificazioni che sono gradite dall’allievo anche se rappresentano una sfida,

- il piacere della varietà: utilizzare video, diapositive, figure, ecc. per creare l’interesse e soprattutto far rilevare ciò che è diverso tra un paese e l’altro, evitare le attività troppo lunghe perché noiose (i meccanismi dell’attenzione si basano sulla produzione di enzimi e la pressione del sangue nel cervello, quindi sono di natura ciclica). È opportuno variare il tipo di attività (frontale, di gruppo, individuale, orale e scritta) e introdurre una canzone, un video, una pagina di giornale, una visita di un italiano.

- il piacere di sistematizzare e comprendere: mettere insieme oggetti (où tout se tient), cogliere le leggi che regolano un dato evento o che governano un sistema.

- il piacere del gioco, il far finta che ..... è ottimo per la drammatizzazione.

L’approccio al testo in fase motivazionale rimane ovviamente dentro una prospettiva globale.

L’allievo non si pone di fronte solo a un testo, ma davanti a un sistema più complesso. Il paratesto è generalmente il titolo, una breve situazionalizzazione, fotografie, illustrazioni didascaliche o a fumetti, che presentano solo alcuni elementi della situazione sociale, delle parole chiave e la dinamica situazionale. L’attività dell’alunno è quella di girovagare attorno al paratesto con l’idea di anticiparne il contenuto (expectancy grammar).

Il contesto è invece il contesto situazionale in cui avviene un evento comunicativo (chi, che cosa, quando, dove, come, perché/causa e perché/scopo). “Chi” rappresenta in socio-linguistica il ruolo sociale e psicologico dei partecipanti. “Perché” in pragmalinguistica rappresenta le motivazioni che hanno portato gli interlocutori all’evento comunicativo nonché gli scopi dichiarati. “Dove” in etnografia è il luogo fisico e culturale di un evento,

Il testo è la componente verbale di un evento comunicativo realizzato in un dato contesto e presentato agli allievi in un dato paratesto.

Tra le tecniche di pre-contatto troviamo l’elicitazione, ovvero lo sfruttamento al massimo della ridondanza di un testo. Si sviluppa attorno alle conversazioni in cui il maestro estrae da ogni alunno le informazioni già acquisite riguardanti il contesto e l’argomento del testo, l’esplorazione delle parole-chiave, ovvero delle parole fondamentali e non di quelle più semplici in fase di warming-up e la guida alla comprensione che prevede, in poco tempo, durante o subito dopo l’ascolto, tecniche di comprensione quali la griglia, l’incastro, l’accoppiamento parola-immagine, transcodificazione, ecc.

Il contatto con il testo è preferibile con una cassetta anziché con il video, poiché questo implica maggiormente una comprensione basata sull’occhio e non sull’orecchio. Oltre a servire da feed-back, l’ascolto motiva l’alunno e lo salva dal compito generico di ascoltare e capire quello che si riesce a capire. Una buona tecnica è quella del selective listening di Eugene Nida, dove l’ascoltatore sa a

Page 28: glottodidaktika

priori quello che deve inserire nella sua memoria evitando quindi l’impossibile comprensione e memorizzazione di tutti i dati.

La fase di globalità consta di una successione di esperienze di comprensione quali per esempio, scelte multiple da inserire nella successione in cui compaiono nel testo le relative risposte, spesso introdotte da una pratica pre-lettura, le griglie di domande ridotte all’essenza con inserimento di parole isolate o semplici crocette utili per individuare gli elementi situazionali (chi, che cosa, ecc.) e le transcodificazioni, passando dal codice linguistico ad un altro codice come disegnare ciò che si comprende, seguire l’itinerario in una piantina, completare o modificare disegni, mimare azioni, eseguire ordini, individuare quale vignetta o foto o disegno viene descritto.

Dopo tre o quattro ascolti inizia il lavoro di sviluppo delle abilità linguistiche.

Quattro sono le tecniche da utilizzare in forma consecutiva:

- ascolto-ripetizione: si ripresenta il testo d’apertura segmentato in gruppi dotati di senso. Gli allievi ripetono in coro, quindi gli errori e le incertezze si correggono automaticamente senza l’intervento del filtro affettivo. Dopo il riascolto, l’insegnante può assegnare il compito di comprensione e pre-analisi (es.. con quale parola Filippo esprime il suo disappunto?).

- ascolto-lettura silenziosa

e - ascolto-lettura-ripetizione ad alta voce che permette di assimilare la forma scritta globale delle parole alla loro essenza fonetica.

- drammatizzazione, facile con i bambini perché a loro piace o con gli adulti che ne capiscono lo scopo. La drammatizzazione favorisce il procedimento mnemonico di pronunce, parole, strutture morfosintattiche ed espressioni di vari atti linguistici.

 

La seconda ora pone il problema di richiamare alla memoria il contenuto del testo di partenza. Tra le tecniche più qualificanti menzioniamo la procedura cloze, ovvero quella di cancellare una ogni sette parole dalla fotocopia di un testo originale con un tempo di esecuzione, teminato il quale si procede all’ascolto del testo originale che consente a ciascun alunno di valutare “in privato” se e come ha superato la sfida, l’attività d’incastro tra le battute di un dialogo trascritte in ordine casuale con modalità di somministrazione uguali al cloze e il dettato che favorisce la memoria grafemica. Si possono inserire anche il dettato-cloze (spot-dication) o il dettato-completamento, dettato eseguito su una fotocopia del testo in cui mancano le sezioni conclusive di ogni battuta. La correzione può essere condotta da ciascun allievo sul proprio libro di testo o incrociata tra compagni.

A questo punto entrano in gioco una serie di percorsi successivi, ciascuno focalizzato su vari tipi di obiettivo con la classica sequenza analisi - sintesi - riflessione dove l’insegnante deve attrarre l’attenzione dell’allievo su alcune parti del dialogo d’apertura per far notare atti comunicativi, nozioni, strutture, su cui vuole iniziare a lavorare. Il maestro, usando cerchi, frecce e colori, deve fissare le espressioni che realizzano gli atti comunicativi, le strutture e il lessico, ripetendoli con attività di matrice comportamentistica (stimolo - risposta - conferma) o con attività di riempimento di spazi vuoti, deve impiegare di nuovo in attività di simulazione (drammatizzazione, role-taking, role-

Page 29: glottodidaktika

making, roleplay e dialogo aperto) i materiali appena fissati, integrandoli con quelli già acquisiti nelle unità precedenti e riflettere sui meccanismi che regolano l’uso delle espressioni e del lessico, appena analizzati, fissati e nuovamente impiegati. Questo per ogni obiettivo dell’unità.

Vediamo le tecniche per l’analisi, sintesi e riflessione funzionale.

È differente insegnare all’estero e in Italia. Nel primo caso l’unico modello di riferimento è il testo che può essere integrato da altri, nel secondo caso il testo è un richiamo alle espressioni che l’allievo ha udito fuori dalla scuola.

Drammatizzazione: gli studenti devono recitare a memoria oppure leggendo il testo predisposto. È una tecnica che richiede tempi lunghi di preparazione e lo sforzo di esecuzione non pare adeguato ai risultati. Sarebbe opportuno (video)registrarla ed analizzarla successivamente.

Role-taking: inventato da Littlewood, si tratta di un procedimento di simulazione in cui gli allievi ancora molto guidati dal testo di partenza si limitano al cambiamento di alcuni elementi. L’idea è quella di presentare all’allievo molte varianti in modo da poter arricchire e rendere più complesso l’esercizio.

Role-making: si da all’alunno una situazione e si presentano i principali atti comunicativi da compiere. L’alunno rimane comunque libero di aggiungere tutti gli atti di routine sociale necessari (saluti, ringraziamenti, ecc.), sia quello di realizzare atti comunicativi secondo le espressioni trovate nel testo d’apertura o nell’esperienza quotidiana.

Role-play: è la variante più libera. Agli studenti si danno coordinate situazionali, scopi dell’interazione, informazioni accessorie (che possono essere date a ciascun partecipante “in segreto” per fare in modo che ogni partecipante non sappia quale intenzione di simulazione abbia il compagno) e si lascia libertà agli studenti di condurre lo scambio comunicativo secondo le proprie strategie, richiamando unità precedenti, esperienze quotidiane o aggiungendo particolari.

Dialogo aperto: gli studenti ricevono un foglio in cui compaiono solo le battute di un personaggio e devono creare le battute dell’altro. Questa tecnica rafforza la dimensione testuale, unitaria, coerente e coesa di un dialogo.

L’insegnante nelle tecniche di simulazione deve intervenire il meno possibile ma indicare con chiarezza il termine delle operazioni, far eseguire davanti alla classe le versioni dei dialoghi per favorire l’attenzione e la correzione. L’attività di simulazione è utile per raccogliere feedback, informazioni sull’autonomia funzionale dei singoli allievi secondo l’efficacia pragmatica della comunicazione e la correttezza linguistica dell’espressione, da apporre in un registro.

In relazione all’aspetto morfosintattico e testuale, al livello deduttivo (regola e deduzione del comportamento linguistico corretto) si preferisce quello induttivo. In questo caso l’insegnante fa ripercorrere il testo stimolando l’alunno a creare ipotesi (es.: si fanno sottolineare tutti i plurali e poi si chiede all’alunno di ipotizzare il modo in cui si forma il plurale), a verificare nel resto del campione a disposizione se sono corrette, a fissare il meccanismo, cioè ad introdurlo tra i mental habits e giungere ad una sistematizzazione consapevole, cioè ad uno schema esplicito, che possa servire da riferimento in futuro.

Page 30: glottodidaktika

Il maestro che stimola la riflessione sulla lingua lo produce a differenza della sistematizzazione della psicolinguistica in un processo di consapevolità dell’alunno e non di inconsapevolità, usando tecniche ben precise.

Alcune sono di natura insiemistica, come la costituzione e la manipolazione degli insiemi, inclusione, esclusione, seriazione e sequenziazione.

Inclusione ed esclusione significa che l’allievo deve ridistribuire un insieme disomogeneo in insiemi omogenei o eliminare le disomogeneità togliendo alcuni elementi. Esempio: ci sono molti sostantivi maschili plurali in cui compaiono plurali in “i” e in “a”. Gli allievi creeranno ovviamente due insiemi ma potrebbero anche proporre altri parametri di inclusione come “nomi che riguardano il corpo e nomi che non lo riguardano”. Ciò farebbe riflettere sul fatto che molte parole connesse al corpo umano hanno il plurale in “a”. L’esclusione (odd man out) invece ha lo scopo di cogliere l’intruso in una lista ed eliminarlo. Tutte e due le tecniche corrispondono a una piacevole sfida per l’alunno.

La seriazione consiste nel riordinare un insieme caotico in base ad un parametro di quantità, frequenza, connotazione, intensità cromatica, ecc. Un suo aspetto particolare è la sequenziazione, cioè la richiesta di distribuire un insieme caotico secondo un ordine temporale, collocando gli avverbi di tempo, lungo una “linea” del tempo” che va dal più remoto al più futuro. Attuata su testi letterari permette di riflettere sulla natura del testo narrativo, sui connettori di tempo e sulla consecutio temporum.

Altre tecniche sono basate sull’esplicitazione, ovvero sul chiarimento della tipologia di un testo, sulla serie di relazioni che tengono unite le frasi: meccanismi di referenza come le pro-forme (sinonimi, iperonimi, iponimi) e i pronomi che evitano la ripetizione, l’uso dei connettori per le relazioni logiche (causa, sequenza, ecc.), la modalità e temporalità dei verbi, e così via o sulle tavole di combinazione e di sostituzione, dove nella colonna centrale è presente la forma che serve per combinare le parole della prima e della terza colonna, da integrare in una frase di senso compiuto. È una tecnica assai difficile da realizzare e spesso troppo meccanica.

Esistono poi le tecniche di manipolazione (Volgi al ...), tipiche dell’approccio formalistico e strutturalistico che permettono di applicare delle “regole” piuttosto che indurre a una riflessione sulla morfosintassi, quelle del riempimento di spazi vuoti e d’identificazione degli errori, da evitare quando le regole non sono ancora pienamente acquisite perché potrebbero contribuire a fissare forme devianti.

Queste attività coprono circa 3-4 ore di lezione e in maniera coerente perseguono l’obiettivo legato allo sviluppo delle abilità. Si parte, infatti, con l’ascolto, si passa poi ad una produzione molto guidata di ascolto-ripetizione e drammatizzazione), ad un approccio indiretto alla lettura con ascolto-lettura silenziosa, poi corale e poi individuale e/o a coppie, si consolidano le abilità ricettive in ordine al testo di partenza dell’unità, si passa a parlare in maniera via via più autonoma (roleplay, dialoghi aperti, ecc.) e si introduce la scrittura, comunque finalizzata all’analisi e alla sintesi linguistica e non alla comunicazione vera e propria.

Nella quinta ora si possono riprendere attività specifiche per lo sviluppo delle abilità.

Si può rafforzare la capacità di ascolto utilizzando testi scritti od orali (radio, televisione) che riprendano l’ambientazione socio-culturale del dialogo d’apertura. Si può rafforzare la capacità di

Page 31: glottodidaktika

lettura attraverso testi di cultura e civiltà, la manipolazione testuale con riassunti, raccolta d’appunti, contrazione del testo, trasposizione in un altro genere comunicativo e parafrasi dalle forme dialogiche al discorso indiretto, l’abilità di scrittura autonoma con una composizione o un commento su quanto si è visto nell’unità in forma di saggio, lettera, articolo, relazione di viaggio, ecc. e sulle abilità di passaggio di modalità, dall’orale allo scritto, dall’audiovisivo al verbale, dal verbale al cinesico.

Lo sviluppo delle abilità culturali va pienamente d’accordo con quelle linguistiche. Per la glottodidattica l’idea di cultura è il modo in cui in Italia si da risposta “culturale” ai problemi di carattere naturale ed è fondamentale per la metodologia della comparazione dei modelli culturali stranieri. Nel processo di analisi-sintesi e riflessione culturale si devono considerare tre aspetti qualificanti, l’autenticità culturale, l’atteggiamento affettivo e il modello descrittivo.

Nel primo caso bisogna considerare che gli studenti che studiano l’italiano generalmente ne conoscono buone informazioni culturali, per quanto incomplete e non sistematiche. Spesso comunque queste informazioni non sono autentiche e di due tipi: stereotipizzate ovvero ipersemplificate e generalizzate dai mass-media (italiano “mafioso” e godereccio, donne, vino, mandolino e chiaro di luna, ma anche positivo per il buon gusto, senso artistico, educazione canora e musicale) o denigrate alla ristrettezza regionale delle componenti friulana, veneta, gallo-italica, centrale, meridionale, sicula e sarda. L’insegnante deve far attenzione anche agli alunni di origine italiana che spesso presentano modelli obsoleti e retrogradi della lingua e che comunque sono ritenuti attendibili dai loro compagni. E’ fondamentale evitare anche l’atteggiamento affettivo perché spesso l’italiano non ama parlare degli aspetti negativi, cioè tende a positivizzare e dall’altro parte a generalizzare il negativo.

Infine, grazie a Lévi-Strauss, ripreso in glottodidattica da Robert Lado, l’antropologia culturale presenta una griglia tripolare sulla descrizione del modello culturale, cioè descrizione in base alla forma in cui si realizza, alla distribuzione o rapporto che instaura con altri modelli appartenenti allo stesso paradigma e al significato. Si pensi per esempio alla differenza tra colazione e breakfast o tra romanticismo latino e anglosassone.

La riflessione culturale deve essere posta in ogni momento della lezione e soprattutto non deve essere considerata banale perché molto conosciuta dal maestro.

Nella fase conclusiva risulta fondamentale cercare di verificare la competenza comunicativa senza spezzarla in frammenti, dettati, traduzioni, esami di grammatica, interrogazioni su aspetti di civiltà. Nelle scuole italiane si è arrivati al test diffuso, con le stesse tecniche didattiche quotidiane, che servono per avere retroinformazione.

Si utilizzerà la verifica e non la valutazione, ovvero il reperimento di dati circa l’acquisizione di obiettivi determinati, che può essere costruita sull’unità didattica, su un complesso di unità, su un anno di lavoro o su un corso pluriennale. I dati hanno bisogno di un’interpretazione che varia secondo il docente, la cultura in cui avviene il corso, gli scopi della scuola e degli alunni, ecc.

Page 32: glottodidaktika

Risulta fondamentale la dicotomia achievement (realizzazione) e proficiency (padronanza). La prima è la verifica dopo il raggiungimento di alcuni obiettivi (dopo un’unità per esempio) e la seconda è quella indipendente dal tipo di corso o percorso d’acquisizione (test d’ingresso, placements tests, test di certificazione).

Prima di analizzare il processo della verifica è necessario sviluppare un po’ di nozionistica al riguardo:

L’insegnante può riconoscere dei prodotti linguistici, delle esecuzioni comunicative ma non può penetrare nella mente dell’alunno ed individuare i lineamenti autentici della sua competenza comunicativa in italiano nonché i processi per la realizzazione delle abilità linguistiche. Non conosce dati ma elabora ipotesi su dati.

Questi dati inoltre, non sappiamo se sono frutto dell’apprendimento o dell’acquisizione, se sono consapevoli o automatici.

Nei test d’ingresso, per esempio, il problema principale è quello dell’oggetto da testare più che della metodologia. Generalmente ha un duplice oggetto: la padronanza di alcuni processi profondi sottostanti la competenza comunicativa e la padronanza specifica di nozioni, funzioni, abilità, competenze e metacompetenze in lingua italiana.

Nel primo caso ci riferiamo ad una comprensione profonda (saper individuare le coordinate situazionali, scopi dichiarati e non dichiarati degli interlocutori, modificazioni nei loro ruoli sociali e psicologici introdotti dallo scambio comunicativo), ad una capacità di rilevare la coerenza logica di un testo (snodi concettuali, loro correttezza, critica sulla loro successione), alla capacità di riassumere (selezionare le informazioni rilevanti, porle in sequenza e stabilire una gerarchia di rilevanza), alla capacità di progettare testi (ovvero individuare idee pertinenti, collocarle in base alla coerenza logica, valutarne gli elementi situazionali, destinatario, ruoli sociali e psicologici, stendere un testo) e alla capacità di tradurre ovvero di trasformare un testo iniziale analizzato in un finale equivalente per scopo ed effetto ma con altri mezzi comunicativi.

Nel secondo si ricorre ad elenchi già costituiti come il Livello Soglia dell’italiano di Galli de’ Paratesi. I test d’ingresso, servono per collocare e a volte in forma più limitata per vedere quanto hanno imparato gli alunni dopo un periodo di vacanza.

Il test diffuso è il testing fatto quotidianamente, senza verifica dichiarata o formale e durante l’attività didattica.

Le tecniche sono note: spesso si usano delle schede dove si mettono dei voti soggettivi per ogni abilità o attività della glottodidassi quotidiana. Si possono anche inserire informazioni interessanti relative agli atteggiamenti e comportamenti degli studenti. Questi ultimi non si possono comunque elaborare matematicamente. Dalla media della classe si possono ottenere informazioni relative alla produzione relativa di ogni alunno nei confronti del resto della classe, evitando simpatie, pregiudizi o mancanze d’attenzione, variazioni di rendimento in base alla media della classe e informazioni sul prodotto del proprio lavoro, in forma veritiera senza cadere negli ottimismi dei migliori o nei pessimismi dei peggiori.

Page 33: glottodidaktika

Il testing periodico si integra al diffuso a cui da formalità. Questo test elimina i problemi relativi allo stress, all’ansia e anche alle tecniche con cui barano gli studenti, e può garantire allo studente miglioramenti nel processo formativo.

Si suggerisce:

- per le scelte multiple, le griglie e le domande di dare solitamente 1 punto per ogni risposta corretta, quindi di valutare in forma positiva.

- nella transcodificazione, negli incastri e cloze di valutare in forma negativa, di togliere un punto per errore a partire da 10, lo stesso che nel riempimento di spazi vuoti e negli esercizi di natura strutturale.

- il monologo e la composizione presentano problemi più complessi poiché aumenta il numero dei fattori da tener conto, come l’efficacia pragmatica, la coerenza testuale, la qualità linguistica articolata anche secondo i livelli di padronanza lessicale e conoscenza morfologica.

- nelle simulazioni di dialoghi di valutare in base all’efficacia pragmatica, all’appropriatezza sociolinguistica e alla correttezza generale.

- il riassunto richiede una separazione tra la valutazione dell’aspetto cognitivo e quello linguistico.

- il dettato è inaffidabile come test perché misura un complesso inestricabile di abilità (comprensione, ortografia, conoscenza lessicale, ecc.) da utilizzare in tempo reale producendo risultati non comparabili.

A questi tipi di test Ciliberti aggiunge il testing pragmatico, cioè quello che verifica la capacità di agire in lingua straniera. Tra le tecniche più proficue in questo caso troviamo quella di formulare delle domande che si riferiscono alla parte sottolineata di una frase (es.: La Sig.a Rossi vive alla periferia di Roma) anche se allo studente si richede solo la competenza sintattica del formulare domande e non viene richiesta appropriatezza alla situazione, quella di formulare risposte a qualcuno immedesimandosi in una particolare situazione (Situazione: Ieri pomeriggio non hai guardato la televisione. Hai preferito leggere un libro. Ora tuo fratello ti sta rimproverando. Rispondigli. 1. Quante volte mamma ti ha detto di spegnere la televisione quando non la vuoi più guardare! ….) e quella di fornire a coppie di studenti dei testi parziali nei quali mancano le informazioni degli altri, informazioni che devono essere recuperate attraverso la formulazione di domande ai compagni: in questo caso vengono rispettati i criteri di naturalezza pragmatica; la presenza di un destinatario, di una situazione realistica, delle abilità linguistiche di vario ordine e natura necessarie alla soluzione del compito, della situazione comunicativa che attiva questi criteri e della immedesimazione dello studente nel ruolo.

Infine, il testing conclusivo che riguarda il programma che è stato svolto in un certo periodo di tempo (trimestre, anno, ecc.) e la certificazione che riguarda un programma teorico su un modello di cosa significhi “sapere l’italiano”.

Il testing conclusivo dovrebbe valutare almeno le abilità di comprensione e di interazione orale e l’abilità di lettura, in molti casi l’abilità di scrittura con tipologie di testi secondo il corso, gli scopi degli studenti e in altri la competenza grafemica, la morfosintassi ed il lessico. L’abilità del monologo è

Page 34: glottodidaktika

richiesta solo in determinati casi, come nel progetto Erasmus. Le abilità manipolative (riassumere, prendere appunti, parafrasare, tradurre) paiono inutili in verifiche centrate sulla conoscenza dell’italiano.

Le abilità di comprensione creano la dicotomia pragmatica-scolastica. La comprensione è pragmatica quando si adottano strategie di comprensione globale (skimming) e mirata (scanning), momenti di comprensione intensiva, analisi referenziali in forma scritta, cioè capacità di andare oltre alle informazioni esplicite del testo. La comprensione scolastica è invece avulsa ad un contesto comunicativo e fa dell’italiano un insieme di segni e regole combinate senza scopo sociale.

Nel dettato non tutto ciò che è scritto è necessariamente compreso, non tutte le parole mancanti sono ignote e spesso si uniscono variabili che creano risultati differenti da allievo ad allievo.

Nell’abilità di interazione orale è fondamentale riconoscere che nell’interazione insegnante-studente spesso l’insegnante interlocutore non può valutare l’alunno, in quanto impegnato nel dialogo, o spesso lo guida nella conversazione ponendogli domande a cui risponde. Se l’interazione avviene tra un allievo bravo e uno non bravo, il primo ne esce rafforzato e il secondo frustrato. Il problema si risolve con un altro insegnante a fianco del primo o con la registrazione del colloquio.

La scrittura, soprattutto per scopi accademici obbliga alla scelta di chiarezza sul genere testuale richiesto, sullo scopo comunicativo (descrivere, opinare, convincere), sulla natura del destinatario (italiano o non per esempio) e sui parametri valutativi senza confondere gli aspetti cognitivi (organizzazione concettuale del testo), nozionistici (conoscenza dell’argomento) e linguistici.

La conoscenza o padronanza di alcuni elementi di un sistema non garantisce la conoscenza del sistema nel suo complesso. Le competenze comunicative vanno quindi valutate in forma diretta. Per esempio verificare la competenza lessicale significa verificare la padronanza dei meccanismi di derivazione linguistica, la conoscenza dei sinonimi e contrari, differenze di connotazione. A tal fine si usano le tecniche della manipolazione (volgere al passato ...) e di completamento (riempire gli spazi con connettori, preposizioni, pronomi, ecc.).

Le competenze socio-culturali raramente appaiono nelle forme di testing scritto e orale. Per esempio la forma informale e quella formale non si riduce alla scelta morfosintattica tra il “tu” e il “lei” ma anche ad aspetti cinesici, prossemici, tono di voce, ecc. Il video aiuta nel rilevare queste congruità tra comportamenti e scelte linguistiche.

Grazie alle ricerche di psicologia cognitiva e agli impianti glottodidattici di Krashen sulla metacompetenza come monitor che controlla formalmente la comunicazione, la metacompetenza ha sempre più importanza. Si mira sempre più alla competenza sull’uso oltre a quella d’uso. Ciliberti conferma l’ipotesi: l’auto-riparazione o auto-valutazione è il controllo messo in opera dagli interattanti sulla propria produzione e comprensione. Questo controllo assume tre forme differenti:

a. monitoraggio: ha luogo nello stesso momento in cui ha luogo il comportamento verbale, attiva l’auto-correzione o la correzione degli altri sul contenuto, la grammatica, la fonologia e lo stile adottato.

Page 35: glottodidaktika

b. Segnale di non-audizione o non-comprensione, è leggermente ritardato rispetto al momento in cui ha luogo il comportamento verbale ed è generalmente una richiesta di riformulare un enunciato o chiarire un concetto.

c. Riflessione meta-comunicativa, avviene dopo un certo periodo di tempo, rivedere una registrazione video per esempio, aggiungo io.

La riflessione sulla lingua e la descrizione della stessa consiste nella funzione del monitoraggio formale, nel saper riconoscere la “grammaticalità” e nell’abilità di descrizione della lingua. Ai fini della certificazione non pare necessario verificare il saper descrivere l’italiano mentre si giustifica la richiesta di indicare se un enunciato è corretto o non, con proposta di versione corretta e giustificazione della proposta discutendo anche sulla natura dell’errore individuato.

L’attività di rinforzo, ripasso e recupero va al di là dell’unità didattica e si estende per giorni o settimane dopo la conclusione della singola unità.

Per gli allievi che hanno fallito uno o più obiettivi specifici di un’unità si ricorre al rinforzo, cioè al supplemento di riflessione linguistica ed esercizio applicativo, mirato alla specifica lacuna.

Il recupero invece riguarda coloro che evidenziano carenze globali nel processo di acquisizione oppure lacune risalenti a unità precedenti che influiscono sulle attuali. Si spiega all’allievo che questo progetto è stato pensato per lui e che deve partecipare attivamente e capire che si tratta di un contratto psicologico con l’insegnante anziché di una punizione per gli scadenti risultati. Le attività di recupero possono essere:

- attività libere tra le unità, come per esempio quelle che si dedicano al piacere di scoprire il procedere dell’apprendimento e alla soddisfazione della curiosità (canzoni, filmati, drammatizzazioni, visione di foto, diapo, poster commentati, ecc.)

- attività domestiche parallele, come svolgere esercizi paralleli ed ulteriori esercizi sui testi analizzati, ricopiatura, autodettato, riassunto, risposte scritte a domande fatte in classe oralmente, procedura cloze, composizioni sullo stesso tema, trasformazione in altri generi comunicativi, ecc.

Al lavoro extra dell’allievo corrisponde il lavoro extra dell’insegnante che corregge le prove effettuate a casa e ne vede i risultati, e solo apparentemente si tratta di un superlavoro: avere una classe omogenea aiuta il lavoro.

L’unità didattica deve prevedere alla conclusione anche l’attività glottomatetica, la facoltà di apprendere più lingue. Questo comporta la riflessione sui processi utilizzati nell’apprendimento e dei mezzi impiegati per apprendere l’italiano. Lo studente quindi, si muoverà da un uso acritico e passivo ad un utilizzo maturo di processi e mezzi dell’apprendimento di una lingua.

In relazione con il principio di glottomatetica Titone afferma che sulla base del transfer of training, cioè negli effetti o nei risultati propri dell’apprendimento è insita una diretta utilità per il successivo processo di apprendere e per il compimento di attività che sono parte della vita umana in generale. Afferma Titone: il transfer è proattivo quando un primo apprendimento A influisce su un secondo apprendimento B, o facilitandolo (positivo) o ostacolandolo (negativo) o è retroattivo quando un secondo apprendimento B agisce sul primo apprendimento A, qualora questo sia ripreso,

Page 36: glottodidaktika

negativamente o positivamente. Nell’insegnamento delle lingue la transferenza proattiva, retroattiva, positiva e negativa, è indissolubilmente legata al metodo usato: se tende a dare agli allievi il possesso di principi generali, tanto più avrà effetto generale o generalizzabile.

Tutt’ora non si può confermare l’ipotesi secondo la quale lo studio di un’altra lingua comporti necessariamente un’utilità nell’apprendimento della propria; come afferma Titone, la glottodidattica non ha ancora scientificamente statuizzato la teoria secondo la quale imparare la LS significa migliorare per forza la LM. Infatti, la ricerca nel campo della psicopedagogia glottodidattica, per il momento conferma solo che negli studenti con alto quoziente di intelligenza, lo studio della LS facilita e migliora le competenze in lettura, grammatica e sintassi nella LM e che invece, lo studio di una LS facilita la comprensione dei valori culturali che sono connessi a essa. Al contrario, l’apprendimento della grammatica della lingua nativa è efficace come preparazione allo studio della grammatica di una LS. Riassumendo quindi, sono tre le indicazione pedagogico-didattiche che Titone suggerisce:

1. più generale è l’istruzione e più ha valore di trasferenza patetica

2. il transfer è positivo con studenti ben dotati, quando la materia contiene elementi applicabili ad altre situazioni, quando si fa uso costante dei processi di motivazione, interesse e attenzione

3. l’apprendimento è vita quando è collegato esplicitamente con la vita

 

 

Page 37: glottodidaktika

1.4 LE GLOTTOTECNOLOGIE

È impensabile oggigiorno che un maestro, per quanto sia di madrelingua italiana, eviti il ricorso sistematico alle nuove tecnologie per l’insegnamento dell’italiano. Inoltre, bisogna considerare che spesso queste nuove tecnologie non vengono utilizzate per registrare le prestazioni degli stessi allievi in modo da poter poi procedere alla analisi e agli interventi di rinforzo e recupero. Ci sono poi insegnanti umanisti che detestano, hanno paura e sono intimoriti dalle glotto-tecnologie. Si devono quindi creare le basi affinché i glottodidatti di italianistica di tutto il mondo diventino propositivi e padroni della domanda, in modo da guidare l’offerta dei produttori di materiali elettronici e informatici. Le glottoteconologie includono i sussidi e i catalizzatori, ovvero gli aiuti sussidiari o catalizzatori della lavagna tradizionale, di quella luminosa, del registratore audio, di quello video, del computer e del laboratorio linguistico.

Per affrontare una riflessione sulle glotto-tecnolgie bisogna considerare le seguenti dicotomie:

- tecnologie monodirezionali e tecnologie interattive

- tecnologie ad uso individuale e tecnologie collettive

- tecnologie eterodirette (la televisione non governata dall’utente) e tecnologie autodirette (video)

- tecnologie sussidiarie e tecnologie catalizzatrici.

Per le prime tre dicotomie si rimanda alle scienze dell’educazione.

La quarta invece, si basa sulla differenza concettuale tra sussidio, mezzo di cui ha bisogno l’insegnante ma di cui potrebbe fare a meno, pur rallentando l’unità didattica e mezzo che ha bisogno di una profonda analisi tra i suoi costi ed i benefici e i catalizzatori ovvero mezzi obbligatori all’azione didattica che altrimenti non si potrebbe realizzare in maniera soddisfacente (registratore audio per esempio).

- il registratore audio è fondamentale per presentare all’alunno voci italiane di diverso sesso, età, provenienza geografica e sociale. Si usa generalmente nella prima fase, quella della globalità, ma anche come supplemento di attività di ascolto, per esercizi di fissazione e per attività con finalità di recupero in auto-accesso e di sostegno alla motivazione con canzoni ed ascolto di testi “non didattici”. Queste sono attività insostituibili ed irrinunciabili per le quali è doveroso l’uso del registratore o di un videoregistratore o di un computer con scheda fonica. Il registratore serve anche a registrare le prestazioni degli alunni trasformando la didattica in interattiva e fondandola su bisogni matetici effettivi e non presunti e nel caso della seconda lingua ad analizzare registrazioni di campioni di lingua in uso. Questo catalizzatore deve essere maneggevole, con doppia piastra per travasare registrazioni da una cassetta all’altra, con numeratore per evitare perdite di tempo nel cercare il punto del nastro voluto e con altoparlanti rivolti verso la classe.

Page 38: glottodidaktika

- il video è un sussidio per l’insegnamento della lingua e un catalizzatore per quello della cultura e della letteratura. È un sussidio utilissimo per la sua potenza semiotica, per la capacità di sottolineare contesti e dinamica delle situazioni. Deve essere fornito di contagiri e di fermo-immagine. Eccellente ed obbligatorio per presentare film, trasmissioni televisive ed accedere alla letteratura teatrale e melodrammatica, introdurre video didattici, registrazioni autentiche, previsioni del tempo, pubblicità, telegiornali, ecc.

Questi messaggi audiovisivi possono essere di doppia natura:

- di natura semiotica da cui dipende il percorso neuronale dell’informazione nel cervello e che richiedono all’utente molti tipi e quantità di attività. Le dit et le vu (Barthes) sono legati da due meccanismi fondamentali, l’ancrage dove l’immagine visiva diventa significativa solo dopo l’intervento linguistico e il relais dove il “visto” e il “detto” si rimandano vicendevolmente. Ai fini didattici i meccanismi di ancrage sono sussidi essenzialmente lessicali mentre i relais sono catalizzatori nell’osservazione della valenza pragmatica della lingua, del suo ruolo nella situazione sociale e nella modifica del contesto.

- di natura neurologica e neurolinguistica. La neurologia indica che l’83% delle informazioni che afferiscono al cervello provengono da canali visivi e solo l’11% da quelli uditivi. Ecco perché per fini didattici è opportuno insistere sullo sforzo uditivo, nelle prime fasi di approccio al testo orale. C’è poi il problema della lateralizzazione per cui sappiamo che gli emisferi destro e sinistro operano diversamente in ordine al trattamento delle informazioni visive (simultanee e globali) e linguistiche (sequenziali ed analitiche). Il video va usato quindi con attenzione, separando le parti in cui si chiede uno sforzo puramente uditivo da quelle in cui si richiede l’intera competenza semiotica dell’allievo.

- il computer, odiato ed esaltato dai professori d’italiano, sussidio utile o catalizzatore indispensabile, è uno strumento importante secondo il software di cui è dotato.

Molti insegnati umanisti sono computerfobici e la loro paura si deve spesso alla definizione di “violento” rispetto al libro tradizionale, allo standard che si utilizza dato che spesso si tratta del sistema MS-DOS e solo in alcuni rari casi del Macintosh, alla falsa equazione informatica = matematica, alla altrettanto falsa equazione utente = esperto e alla paura di essere battuti dagli studenti che spesso sono più avvezzi all’uso di strumentazioni elettroniche.

Esiste comunque, una minoranza di computerfili, entusiasti, amanti e a volte fanatici del mezzo telematico che spesso si sentono superiori agli altri e utilizzano il computer per fare cose che si possono fare anche con carta e penna.

Rifiutare od essere fanatici del computer è comunque ingiustificato. Il mezzo telematico può servire per alcune funzioni come un ottimo sussidio. Per esempio:

- l’esercitazione manipolativa (di ordine morfosintattico) è totalmente programmabile e le prove di comprensione possono essere svolte agilmente con la macchina che corregge, tiene conto degli errori ed esprime una valutazione numerica finale.

Page 39: glottodidaktika

- attraverso la scheda fonica si possono fare attività orali e con schede grafiche e memorie amplie si possono integrare audio, video e scrittura.

- nelle attività di recupero individualizzato può guidare l’allievo a comprendere le proprie mancanze: di fronte ad una risposta errata, il computer da una nuova possibilità, se questa viene fallita si apre una finestra con la spiegazione relativa e l’invito a riprovare. Se la risposta rimane errata il computer dà la risposta corretta ma conserva in memoria l’indicazione della lacuna e ne informa l’insegnante.

Tre sono gli aspetti per cui si riconosce al computer la funzione di catalizzatore:

a. uso dei sistemi di scrittura. È uno dei più diffusi tipi di software. Serve per sviluppare le abilità di scrittura in cui l’insegnante non partecipa ma riceve il prodotto finito. L’allievo non assiste alla correzione ma riceve anche lui il prodotto finito. Per esempio si può dividere la classe in gruppi, ciascuno con un computer. Si da un tema e gli alunni discutono sui possibili contenuti, formano una scaletta argomentativa e stendono i vari punti in forma discorsiva. Mentre gli allievi si correggono tra di loro, il maestro passa di banco in banco, aiutando, guidando e segnalando errori. Entra così nel processo di scrittura grazie al computer. Si può utilizzare anche per sviluppare le abilità di riassunto, parafrasi e traduzione dove addirittura con un sistema di computer di rete si possono mettere nello schermo le diverse composizioni e analizzarle in forma comparativa. Infine si possono effettuare attività di recupero individualizzato come il dettato o l’autodettato, utilizzando correttori ortografici o evidenziando le parole che la macchina non riconosce, con il fine di riflettere sull’ortografia e sulle ragioni dell’errore.

b. uso delle banche dati. La banca dati è una serie di registrazioni che il computer può ordinare automaticamente secondo una variabile (alfabeto, data, ecc.) e che possono essere recuperate selettivamente, chiedendo al computer di trovare tutte le voci che comprendono per esempio la parola x. In letteratura è fondamentale perché permette di raccogliere informazioni complete attorno a un autore, a un libro, a un genere, a una data, a una collocazione e perché no attorno a una parola-chiave. Ovviamente si insegna all’allievo come costruire la propria banca-dati e gli si da una funzione formativa, organizzando le proprie riflessioni e catalogando le proprie conoscenze.

c. uso degli ipertesti. L’ipertesto è il maggior contributo dell’informatica all’educazione. È un testo organizzato, non solo sequenzialmente come un libro o un video ma nella sua interezza ed è l’utente a decidere come “navigare” nel suo interno. Non è importante avere ipertesti pronti ma costruirne, anche se piccoli, dei nuovi con gli allievi, evitando lo studio mnemonico di un tema e favorendo lo studio per collegamento o connessione di elementi.

- il laboratorio linguistico e l’integrazione multimediale. Nella versione originaria il laboratorio linguistico funzionava da catalizzatore in quanto prevedeva due piste, una sulla quale l’alunno leggeva il testo registrato in madre lingua e un’altra sulla quale si registravano le sue prestazioni. Serviva quindi per comparare la madre lingua e l’esecuzione dell’allievo straniero. Attualmente è più multimediale. Esiste un’integrazione tra audio e video con uno schermo per tutta la classe. È gestito quasi sempre da un computer centrale con terminali per gli allievi in grado di integrare audio, video e testi scritti. Alcune versioni introducono un lettore ottico che riproduce sul video come una lavagna

Page 40: glottodidaktika

luminosa, testi, disegni, foto, pagine di riviste e così via. Permette di fare test orali come per esempio quelli di scelta mltiple dove l’allievo può premere su uno dei tre tasti per dare la risposta corretta o test scritti dove il “computer” corregge in tempo reale, dando al docente il quadro della comprensione della classe e memorizzando i dati di ogni allievo. È utile anche per le attività individuali di autorecupero e autoapprendimento.

- le glotto-tecnologie per l’autoapprendimento e la formazione a distanza. Il selfaccess permette all’alunno di recuperare le lacune che l’insegnante ha individuato. Si pensi, solo alla necessità di studiare una lingua e di non trovare corsi disponibili nella propria area o nelle ore in cui si avrebbe la possibilità di frequentare. Rimane in ogni caso, importante la presenza umana del maestro che spesso può aiutare l’alunno a superare l’impatto rigido e tecnico con la macchina. Si sta sviluppando ultimamente la glotto-tecnologia dell’insegnamento a distanza, ovvero dell’autoapprendimento guidato da un insegnante a distanza. Si utilizza in questo caso il modem che permette di mantenere un collegamento scritto-orale 24 ore su 24 ore. Ancora più costosa è la teleconferenza video con computer, telefono e telecamera.

Page 41: glottodidaktika

1.5 PROBLEMI PARTICOLARI

 

Didattica della letteratura italiana a stranieri

 

Bisogna chiarire anzitutto due concetti, quello di lingua e letteratura in glottodidattica e quello di cultura e letteratura in glottodidattica.

Nel primo caso, quello della lingua e letteratura in glottodidattica, si deve considerare che l’inserimento di testi letterari in un corso di lingua si giustifica glottodidatticamente a condizione che avvenga quando la padronanza della lingua è tale da consentire un reale accesso al testo letterario, che il testo non venga presentato come modello linguistico e che si presenti come uno dei tanti tipi testuali in un programma che includa anche testi scientifici, tecnici ed istruttivi, evitando le dimensioni estetiche e filosofiche che sono estranee all’insegnamento della lingua.

Si definisce comunque l’uso di testi letterari per insegnare l’italiano a stranieri come una perversione della natura del testo letterario, la cui finalità non è quella di dare materiale glottodidattico.

Nel secondo ambito, quello della cultura e letteratura in glottodidattica, si deve considerare la cultura non come classica, cultura animi ciceroniana, ma in un senso antropologico e ovviamente in un corso d’italiano non possono mancare elementi culturali in senso antropologico mentre si può comunicare in italiano senza conoscere la storia d’Italia, l’arte, la musica, la letteratura o la filosofia italiana, anche se si possono inserire.

 

L’insegnamento della letteratura italiana va collocato nella dimensione teorica dell’educazione letteraria. Quando lo studente inizia ad affrontare la letteratura italiana ha probabilmente trascorso già molte ore su testi letterari ma questo non vuol dire che abbia sviluppato un senso critico-letterario o alcuna forma di metacompetenza. I testi letterari sono inoltre parte dell’esperienza quotidiana (film, cartoni animati, musica, spot, slogan, videoclip, ecc.) e non proposti dal maestro a cui compete integrare l’esperienza dell’allievo proponendo testi letterari italiani e contribuire alla nascita di un senso critico, cioè della capacità di aggiungere alla frase “mi piace o non mi piace” anche la consecutiva “perché ....”.

Far capire all’allievo che esiste una letteratura raffinata e profonda è compito integrato di tutti i maestri che intervengono nella sua educazione letteraria.

Le principali motivazioni umane allo studio della letteratura sono il dovere, tra l’altro ormai caduco, e soprattutto il piacere e il bisogno.

La finalità del maestro è quella di far provare agli studenti il piacere della letteratura, il piacere di evasione, di compassione per l’eroe o per il pianto di un protagonista sfortunato, o per una trama alla Sciascia, o un dialogo alla Busi o una descrizione, ecc. L’insegnante deve offrire allo studente il

Page 42: glottodidaktika

corpus letterario in originale e non solo in traduzione, ampliandolo con la disponibilità di testi tipo canzoni, melodramma, film italiani.

L’altra motivazione è il bisogno della letteratura. Il maestro deve far scoprire agli allievi che nella letteratura presente e passata si possono trovare risposte, anche se parziali, alle grandi domande che sbocciano nella loro consapevolezza (comprendere la vita, l’amore, la sessualità, il senso del potere, la giustizia, ecc.).

Al tradizionale insegnamento della storia culturale, in questi ultimi anni si è aggiunto l’insegnamento dell’abilità di lettura dei testi letterari e dei passaggi da compiere per collocare ogni testo nel proprio contesto.

Nel caso dell’insegnamento della letteratura italiana a stranieri si deve intendere l’abilità di lettura e di analisi linguistica e la capacità di raccordo tra testo, autore e contesto.

Insegnare letteratura è ovviamente prima di tutto insegnare a leggere, ovvero a distinguere tra un testo letterario e uno non letterario. L’aspetto qualificante della letterarietà di un testo è il distacco dalla lingua d’uso quotidiano, lo scarto secondo i francesi, la deviazione secondo gli inglesi, la re-invenzione o la rottura del linguaggio secondo le avanguardie di ogni luogo che possono avvenire a vari livelli della struttura linguistica:

- scarti fonologici: rima, ritmo, allitterazioni tipiche della poesia parlata o cantata, cura fonologica per testi teatrali e in prosa.

- scarti grafici: scansione in versi, calligrammes, poesia visiva, ecc.

- devianze morfosintattiche: scelta paratattica (Sciascia) basata sulla coordinazione ed ipotattica (Manzoni) basata sulla subordinazione, superamento della morfosintassi (Svevo), scelte puristiche, passato remoto o prossimo, ecc.

- deviazioni lessicali: figure retoriche, neologizzazione, invenzione di parole.

- i generi letterari, antiromanzi, non-romanzi, post-romanzi, comico, epico, poema, prosa, epistolare, dialogato, flussi di coscienza, realistico, in prima o terza persona, autore onnisciente, basato sul punto di vista circoscritto.

- deviazioni alla grammatica sociolinguistica: scelta tra italiano e dialetto, scelta di registro, ecc.

- deviazioni dell’attesa pragmatica: i testi di Beckett, Jonesco, Pinter non rispettano le regole d’uso sociale della lingua come neppure le rispettano i monologhi di Bergonzoni e Poli.

- dimensione semiotica: non esiste solo la lingua come codice della comunicazione, troviamo per esempio anche il teatro, il melodramma, e il cinema ad introdurre codici gestuali, prossemici, visivi e musicali.

Ovvio che un testo per essere letterario deve avere finalità letteraria, ovvero deve essere scritto per essere letterario, oltre che ad altri scopi di carattere filosofico, religioso, politico, ecc.

Page 43: glottodidaktika

Il percorso effettivo di un fruitore di letteratura prende le mosse dal contatto di un testo. Se questo piace, il lettore cerca di procurare tutti i libri dell’autore, studiandone l’evoluzione. Poi si deciderà per l’aspetto sincronico (gruppo, movimento) ed infine diacronico (contesto storico, culturale, letterale).

Il modello per l’insegnamento della letteratura italiana si sviluppa attorno a un’unità didattica e non attorno alla lezione. I temi dell’unità didattica sono argomenti rilevanti psicologicamente per adolescenti e giovani, amore, morte, guerra, la donna, ecc. In fase di motivazione si possono scegliere eventi di cui parlano i mezzi di comunicazione o su cui ci si interroga spesso ad una certa età. I testi si possono presentare anche in un ordine cronologico inverso, dalla donna-oggetto delle canzoni attuali alla donna-angelo di Dante per esempio.

Si possono anche scegliere unità didattiche basate sul genere letterario che deve essere ovviamente di gradimento dell’allievo. Si analizzano le sue regole costitutive per vedere come applicare le varianti e approfondire l’analisi sul testo narrativo. In questo caso generalmente conviene iniziare da un film o da una canzone per poi arrivare al testo.

Le unità basate sull’autore, sono a differenza delle prime due, applicabili solo con alunni di livello avanzato. Difficile risulta la scelta su quali autori sviluppare l’approfondimento e quali tralasciare.

L’unità basata sul gruppo, sul movimento o sul periodo è positiva perché si possono comparare i temi letterari italiani con quelli del Paese dell’allievo.

L’insegnamento della letteratura, non prende le mosse come nel caso della lingua solo a partire di un testo ma ha bisogno invece di vari stimoli. Si apre con la motivazione attraverso varie esperienze di lettura (testo 1, testo 2, ecc.) che conducono alla riflessione globale sul tema, sull’autore, sul periodo e sul genere.

Poi avviene l’esplorazione di ogni testo che si basa su una prima lettura estensiva, finalizzata alla comprensione globale di quello che viene narrato, descritto o argomentato, su una seconda fase di lettura intensiva guidata dall’insegnante che stimola gli allievi ad approfondire gli aspetti specifici della letterarietà di quel testo particolare, su una fase di “estensione” che collega il testo con quelli già analizzati nel corso dell’unità o che verranno analizzati in seguito, sulla contestualizzazione del testo se si tratta di testi di autori o periodi differenti, sull’espressione del giudizio e della giustificazione dell’allievo, sull’appropriazione personale, ovvero sul riportare dell’allievo del testo al suo vissuto, ai suoi principi e alla propria emotività e sulla sintesi e riflessione conclusive sull’oggetto principale dell’unità didattica. L’ultima fase è quella della verifica in cui si utilizza un altro testo per vedere se l’allievo è capace di leggere, comprendere, analizzare gli elementi che lo collegano a quelli dell’unità o altri tipi di verifica secondo la finalità dell’unità.

Le tecniche per l’insegnamento della letteratura si dividono in due grandi categorie:

- tecniche di analisi sul testo. Si chiede generalmente e in forma “discreta” all’allievo di “discernere” un elemento ben preciso (fonologico, lessicale, ecc.) evidenziandolo nel testo o utilizzando griglie di analisi (aggettivi e sostantivi relativi ai cinque sensi, luce-oscurità, verbi di movimento-verbi di stato) o le sequenze per scoprire le regole costitutive di un genere testuale (come nelle fiabe, che smontate in sequenze, si assomigliano in tutti i paesi).

Page 44: glottodidaktika

- tecniche di analisi oltre il testo (non scholae, sed vitae). Sono meno usate perché creano confusione in classe e i maestri non le sopportano. Tra le più famose, v’è quella di dividere la classe in vari gruppetti, per far preparare per esempio le indicazioni di regia di un testo teatrale che si è appena letto (come lo recitereste? Quali frasi accentuereste? Mettereste musica di sottofondo? ecc.). Nel caso di un testo poetico o di narrativa fare una transcodificazione sarebbe difficile e noioso, a meno che non avvenga in un testo cinematografico o in un testo musicale e chiedere di spezzarlo in sequenze o inquadrature cinematografiche sarebbe una piacevole sfida, includendo anche le domande relative (che tipo di inquadratura, primo piano agli occhi, solo viso, busto, piano americano, piano sequenza con camera mobile, perché, che tipo di luce, forte o tenue, diretta, frontale, laterale, esaltante i tratti o in controluce, perché, che musica e con quale colore, ecc.)

Queste tecniche di transcodificazione sono eccellenti per motivare il dibattito in classe.

 

Didattica delle microlingue settoriali.

In questo caso spesso l’insegnante è un linguista o un letterato non motivato ad insegnare le microlingue mentre l’allievo è motivatissimo per ragioni professionali, quindi pragmaticamente legate al suo lavoro, socialmente per essere accettato dai colleghi e culturalmente per poter partecipare a convegni o corsi in Italia.

In questo caso, ovviamente la lingua settoriale non è affatto inutile.

L’insegnante di microlingue deve essere competente nella capacità di analisi di testi, sulle caratteristiche formali di testi microlinguistici (fonologia, lessico, morfo-sintassi, testualità, sociolinguistica, intercodicità, ecc.) e spesso un umanista in grado di affiancare l’allievo anche nell’impegno formativo e non solo pragmatico nella microlingua.

La microlingua è una varietà di lingua usata tra specialisti ai fini di ridurre e se possibile annullare ogni ambiguità nella comunicazione, infatti, la parola della lingua di tutti i giorni è polisemia (denotata e connotata) mentre quella della microlingua è un termine monosemico (Freddi)

I due punti fondamentali sono il fatto che la microlingua si usa tra specialisti e non fuori da tale contesto e che deve essere utilizzata per annullare ogni ambiguità, quindi per essere precisi e definitivi. A tal fine servono tutte le grammatiche:

- fonologia: importanti risultano i problemi sovrasegmentali come la lunghezza di termini, risultato di più strati di affissazione (es.: decostituzionalizzazione), problemi di discrezione tipo l’ipofisi, l’apofisi e l’epifisi nell’italiano medico e di separazione sintagmatica, tipo quelli “di fusione” e “diffusione” che possono comparire nell’italiano della metallurgia.

- morfo-sintassi: uso della paratassi al luogo dell’ipotassi, la nominalizzazione e l’eliminazione del verbo, la passivizzazione ovvero la messa in prima posizione del tema di cui si parla e in seconda del tema che si sta predicando (rema), la spersonalizzazione con passivi e forme impersonali e l’ellissi di articoli e preposizioni per ragioni stilistiche.

- lessico: importante in una lingua settoriale è il passaggio dalla parola al termine, che è immobile, cioè non varia nel tempo, è privo di connotazione, monoreferenziale e privo di sinonimi e allo stesso

Page 45: glottodidaktika

tempo molto importante è l’uso dei neologismi, con prefissi, infissi e suffissi di origine greco-latina o inglese che comunque rientrano nel principio di microlingua sovrannazionale (cliccare, faxare, scann(erizz)are, filmico, reaganomico).

- testualità: generalmente i testi in lingua settoriale vengono ordinati secondo paragrafi concettuali collocati senza analessi o prolessi, anticipazioni o flashback e sono caratterizzati da regole retoriche strettissime.

- pragmatica: tutto deve essere esplicito e chiaro al lettore e rimangono fuori le funzioni personale-emotiva e poetico-immaginativa, mentre hanno fondamento le funzioni referenziale, regolativo-strumentale e metalinguistica.

- sociolinguistica: le microlingue si caratterizzano per la formalità.

- semiotica: sono sempre caratterizzate dall’interazione tra codice linguistico ed altri codici, tabelle, grafici, numeri, forme).

Nell’insegnamento della microlingua, l’insegnante deve considerare che sarà l’alunno esperto in quel determinato campo e che di conseguenza dovrà esserci una vera e propria collaborazione. L’insegnante conosce la lingua e la didattica, l’allievo conosce l’economia, la medicina o l’architettura. L’allievo inoltre non è un principiante in lingua e l’insegnante è comunque un conoscitore degli argomenti specialistici.

Il problema da evitare è quindi quello per cui un insegnante si senta battuto dallo studente e perda il fattore di onniscienza e che uno studente non possa uscire dal principio di dipendenza totale dall’insegnante al quale è stato abituato nei precedenti corsi.

L’unità didattica si basa generalmente in un testo e quindi da un punto di vista neurologico considera solo l’emisfero sinistro del cervello, perdendo il contributo dell’impostazione bimodale che prenda in considerazione anche il contesto globale in cui il testo è inserito. Da un punto di vista linguistico, l’enciclopedia, ovvero la conoscenza del mondo, svolge un ruolo fondamentale nella comprensione, in quanto su questa si fondano la ridondanza contestuale e la expectancy grammar. Lo studente di microlingua è un esperto sul mondo del suo settore specifico di studi e non tener conto di questa specificità significa rendere il processo di acquisizione estremamente complesso e difficile.

Per risolvere questi problemi si consiglia di utilizzare la seguente strategia.

Per attivare le strategie globali del cervello e mettere in azione la expectancy grammar è necessario richiamare le pre-conoscenze dell’allievo, ovvero utilizzare tecniche di elicitazione che lo coinvolgano direttamente, ovvero delineare la mappa dell’evento microlinguistico cui sta per partecipare. In termini di psicologia cognitiva, si tratta di recuperare la rappresentazione mentale che l’allievo-specialista ha dell’evento stesso.

Si inizia quindi ad utilizzare l’unità didattica, operando prima sulla globalità (emisfero destro), poi sull’analisi (emisfero sinistro) e poi in fase di sintesi.

Si presenta un evento nella sua globalità e successivamente si passa all’analisi di tutti i testi linguistici che appartengono allo stesso, testi scritti, orali, telematici, ecc., tuttavia senza toglierli dal contesto comunicativo globale. Si centrerà l’attenzione sugli aspetti retorici (modo in cui si scrive una data,

Page 46: glottodidaktika

come si apre una lettera), fonologici, morfosintattici, lessicali, pragmatici, sociolinguistici. La verifica si potrebbe basare sulla presentazione di un evento e di alcuni testi, ai quali l’allievo deve aggiungerne altri per dimostrare di aver conquistato l’autonomia nell’organizzazione di un evento.

 

L’insegnamento dell’italiano ad allievi adulti  

L’adulto è ovviamente colui che ha terminato gli studi, ha un lavoro, è un soggetto autonomo nelle decisioni, ecc. Dato che l’insegnamento dell’italiano a stranieri comporta una forte presenza di adulti bisogna considerare una serie di problematiche affini. In particolare, il fatto di insegnare ad allievi caratterizzati da tratti assolutamente propri e la solita trasposizione dei metodi pedagogici per adolescenti agli adulti e viceversa. Secondo Rogers, l’insegnamento ad adulti diventa positivo solo se è lo stesso allievo a decidere di voler modificare la sua realtà conoscitiva e sociale, mettendo in continua discussione l’architettura delle sue conoscenze. Knowles definisce come l’adulto non sia disposto ai famosi atti di fede quanto l’adolescente. L’andragogia differisce quindi dalla pedagogia nella motivazione dell’allievo e nel grado di autonomia in decision making. Hermann ha scoperto come differenti sono tra l’adulto e l’adolescente le forme di acquisire, memorizzare e reimpiegare, nonché le differenze di ordine affettivo.

Un approccio andragogico si caratterizza quindi per la particolare natura e il ruolo giocato dalla motivazione dell’adulto che per restare attiva ha bisogno di potersi misurare continuamente nel percorso effettuato, individuando gli obiettivi che attendono l’allievo, per la disponibilità dell’allievo di modificare l’architettura della propria conoscenza, per la consapevolezza della propria esperienza di vita e quindi per l’accentuazione dell’autonomia nel processo di apprendimento, per il passaggio dell’insegnante da guida a facilitatore dell’apprendimento e per l’accentuazione delle procedure di problem solving condotte autonomamente sulla base della propria esperienza seppure con l’aiuto dell’insegnante.

L’adulto si caratterizza anche per aver superato il periodo critico, quindi per poter imparare una lingua in forma lenta e non veloce come il bambino, per soffrire un sentimento di estraneità qualora l’insegnante utilizzasse un sistema d’insegnamento diverso da quelli che l’allievo aveva sperimentato in corsi linguistici precedenti, per una maggiore necessità di riflessione consapevole ed esplicita sulla realtà formale della comunicazione in lingua italiana, per la pre-conoscenza che favorisce la expectancy grammar, per il filtro affettivo più forte che obbliga l’insegnante ad una correzione davanti ai compagni in forma più opportuna e a velare i risultati affinché l’allievo non perda l’immagine davanti ai famigliari e ai colleghi di lavoro, ecc.

La tecnica più accettata in andragogia è quella che pone l’allievo di fronte alla sua competenza. Porlo ad interagire con i compagni o a confronto diretto con l’insegnante è in un certo senso riconducibile più alla pedagogia.

Page 47: glottodidaktika

1.5 QUESTIONARIO 

 

(contributo di Balboni)

Prima parte: COORDINATE DI RIFERIMENTO E APPROCCIO ALL’INSEGNAMENTO DELL’ITALIANO A STRANIERI

1. Quali sono gli scopi del modulo?

2. Cos’è la glottodidattica?

4. Cos’è la glottodidassi?

5. Cos’è la lingua materna? Qual è il ruolo del dialetto in Italia?

6. Cos’è una lingua seconda? A chi s’insegna? In quale contesto s’insegna? Che tipo di raccordo è importante in questo caso? Come deve essere il modello glottodidattico?

7. Cos’è una lingua straniera? A chi si insegna? Quali sono le difficoltà da superare per un maestro che insegna l’italiano come lingua straniera?

8. Che cos’è una lingua etnica? Di che cosa si deve preoccupare un maestro che insegna l’italiano come lingua etnica?

9. Che cos’è una lingua classica? Nel caso dell’italiano, dove s’insegna generalmente?

10. Che cosa s’intende per approccio all’insegnamento dell’italiano a stranieri? Che cosa bisogna indicare ed individuare in un progetto curricolare?

11. In quale occasione e quale discussione si accese in Italia a cavallo tra gli anni ‘50 e ‘60? Come fu il risultato? Quale ruolo svolgono le lingue? Cosa significa scuola strumentale e scuola formativa?

12. In una prospettiva utilitaristica, perché si parla dell’italiano come lingua inutile? In quali contesti è utile l’italiano in senso utilitaristico-strumentale? Com’è cambiata la prospettiva dell’italiano come lingua utilitaristica in seno al fenomeno della globalizzazione?

13. Per quali motivi l’italiano è importante in una prospettiva formativa?

14. Che cos’è la culturizzazione? Che cosa include?

15. Che cos’è la inculturizzazione?

15. Che cos’è l’acculturazione di uno straniero?

16. E il relativismo culturale?

17. In una prospettiva di culturizzazione qual è il compito del maestro?

Page 48: glottodidaktika

18. Che cos’è la socializzazione? Quali competenze si devono sviluppare per insegnare a socializzare?

19. Chi può perseguire l’autopromozione?

20. Quali sono i due aspetti fondamentali dell’autopromozione?

21. In quali blocchi si articolano le mete glottodidattiche?

22. Che cos’è la competenza comunicativa? Quali sono le tre competenze del saper comprendere? Quante grammatiche linguistiche conosci?

23. Che cos’è la competenza glottomatetica? Qual è il suo equivalente in inglese e a quale grammatica rimanda? Chi sono i pionieri italiani della glottomatetica? Su quale processo si basa? Spiega le tre funzioni del metodo induttivo chomskiano e la struttura tripolare della lingua. Qual è il compito del soggetto? Qual è l’oggetto? Com’è il modo e perché differisce dal metodo tradizionale?

24. Quale dicotomia presenta Freddi?

25. In pedagogia che cos’è l’educazione? Come si articola l’educazione con l’autopromozione, la socializzazione e la culturizzazione?

26. In pedagogia che cos’è l’istruzione?

27. Quali sono le mete dell’educazione e gli obiettivi dell’istruzione?

28. Nel caso di una lingua inutile che cosa è fondamentale?

29. Storicamente, com’era in questo senso il dopoguerra in Italia? Chi veniva “formato” e chi veniva “istruito”? E nell’attualità? In base alla dicotomia formazione-istruzione quali sono i problemi che incontra uno straniero che studia l’italiano in Italia o all’estero?

30. Nonostante il corpo dei destinatari dell’insegnamento sia diviso in base all’età qual è il dato comune?

31. A che età viene fissato in quasi tutte le nazioni il periodo ottimale per la formazione?

32. Quando e dove è nato il concetto di educazione linguistica?

33. Che cosa significa LAD? Chi ne è l’inventore? Come deve essere?

34. Come deve essere l’impianto glottodidattico della scuola?

35. Che cosa significa LASS?

36. Per quali ragioni l’insegnante deve integrare la propria programmazione e azione didattica con gli altri insegnanti dell’allievo?

37. Che cos’è questo raccordo tra lingua italiana, lingue straniere o lingua materna? Di che cosa non si tratta e di che cosa si tratta?

Page 49: glottodidaktika

38. Che cosa provoca la pluralità terminologica?

39. Che cosa non può aver ancora sviluppato in senso psicolinguistico la mente di un bambino e di un pre-adolescente? E come agisce quella dell’adolescente? Che cosa deve evitare l’insegnante?

40. Nell’insegnamento dell’italiano come lingua etnica per quali questioni l’adolescente s’identifica con il gruppo? Come potrebbe l’adolescente considerare l’italiano?

41. Che cosa s’intende per italiano per adulti? A quale età psicologicamente si diventa adulti?

42. Elenca i tre problemi principali che si legano all’insegnamento ad adulti e descrivili.

43. Che cos’è il corpus (sillabo)? Come può essere? perché?

44. Cita un esempio di corpus morfosintattico e di corpora pragmatico-grammaticale.

45. Che cos’è un programma? Che cosa si descrive in un programma? Come è sfortunatamente di solito?

46. Che cos’è un curricolo? Cosa contiene?

47. A quale curricolo appartiene quello d’italiano e quale si raccorda?

48. Di cosa fanno parte e come si perseguono le mete educative? Quali sono?

49. A cosa si rifanno le mete specifiche?

50. Che cosa si aggiunge alle mete educative e a quelle specifiche?

51. Che cosa deve esserci in un curricolo: elenca.

52. Con quale scopo si utilizzano le glottotecnologie in un’unità didattica.

53. Quali sono generalmente le abilità e con quali altre si devono integrare? Spiega brevemente cos’è un dettato da sviluppare in una prospettiva intralinguistica e uno in una prospettiva interlinguistica.

54. Che cos’è la grammatica dell’anticipazione? Su che cosa bisogna operare?

55. Che cos’è un contesto, un paratesto e un cotesto?

56. Che cosa s’intende per enciclopedia? A cosa serve?

57. Con cosa e perché si favorisce la expentancy grammar?

58. Quali sono i tipi di comprensione? Che cos’è lo skimming e che cos’è lo scanning?

59. Quali sono le abilità produttive?

60. Quando si utilizza il monologo? Sotto forma di cosa si utilizza la composizione scritta?

61. Quali sono gli obiettivi da raggiungere in base alle abilità produttive? Elencali.

Page 50: glottodidaktika

62. Quale glottotecnologia aiuta molto in una composizione scritta? Perché?

63. Qual è l’abilità interattiva? Per quale motivo si differenzia dalla produzione?

64. Quali sono le abilità manipolative? Che cosa permettono?

65. Che cosa è rilevante nella stesura di appunti e nel riassunto? Perché? Che cosa s’intende per gerarchizzazione?

63. Come si stendono gli appunti? Che cosa non prevede il discorso diretto e a che cosa obbliga?

64. Che cosa impone la parafrasi? Che cos’è la perifrasi?

65. Come può essere la traduzione? Quale problema comporta da un punto di vista glottodidattico?

66. In una traduzione, che cosa occorre capire?

67. Su che cosa permette di agire la competenza grammatica? Come si articola? A quali altre competenze si accoppia? Perché?

68. Quali modelli abbiamo integrato per la griglia delle sei funzioni linguistiche sul testo?

69. Di quali funzioni si compone questa griglia?

70. Che cos’è la funzione personale? Spiegala.

71. Che cos’è la funzione interpersonale? Spiegala.

72. Che cos’è la funzione regolativo-strumentale? Spiegala.

73. Che cos’è la funzione referenziale? Spiegala.

74. Che cos’è la funzione poetico-immaginativa? Spiegala.

75. Che cos’è la funzione metalinguistica? Spiegala.

76. In quali varietà devono essere realizzate e comprese le funzioni sopracitate?

77. Come dovrà essere, in questo senso, un’educazione linguistica?

78. Come vengono organizzati gli atti comunicativi da un insegnante d’italiano a principianti e da uno ad avanzati? Che cosa deve valutare quindi l’insegnante? Su cosa e poi deve lavorare? Cosa deve programmare e cosa deve progettare?

79. Come possono essere i generi?

80. Che cosa s’intende per competenza linguistica?

81. Che cos’è la competenza fonologica?

82. Che cos’è la competenza morfosintattica?

Page 51: glottodidaktika

83. Che cos’è la competenza lessicale?

84. Che cos’è la competenza testuale?

85. Che cos’è la competenza grafemica?

86. Che cosa implica la competenza extralinguistica?

87. Che cos’è la competenza paralinguistica?

88. Che cos’è la competenza cinesica?

89. Che cos’è la competenza prossemica?

90. Che cos’è la competenza oggettuale o vestemica?

91. Che cos’è la competenza olfattiva?

92. Che cos’è la competenza tattile?

93. Che cos’è la competenza d’uso?

94. Che cos’è la metacompetenza sull’uso?

95. Qual è esplicita e qual è implicita?

96. Alla base della competenza implicita che cosa troviamo?

97. Che cosa descrivono le conoscenze dichiarative?

98. Su che cosa si basano quelle procedurali?

99. Alla base della competenza esplicita che cosa troviamo?

100. Che cosa permettono rappresentazioni mentali, schemi morfologici, scripts convenzionali, frames semantiche ed alberi sintattici?

101. Interessa o non interessa il termine teoria al glottodidatta? Perché?

102. Che cos’è l’approccio? Su cosa si basa?

103. Che cos’è il metodo? A chi e a che cosa serve?

104. In quali metodi trova realizzazione l’approccio comunicativo?

105. Come può essere un approccio, come può essere un metodo e come può essere una teoria?

106. Che cos’è la tecnica glottodidattica? Come può essere?

107. Per quali ragioni un atto diventa didattico. A chi si attribuisce?

108. In che modo l’alunno compie un atto didattico?

109. In che modo l’insegnante compie un atto didattico?

Page 52: glottodidaktika

110. A quali scienze si devono i concetti di bimodalità e direzionalità? Perché?

111. Che cosa obbliga la bimodalità? Quali modelli di unità didattica bimodale conosci?

112. Che cosa invece stabilisce la direzionalità?

113. Che cosa significa SLAT? Chi è il suo teorico? Che tipo di processo è? Quali strategie sfrutta?

114. Qual è la differenza tra acquisizione e apprendimento?

115. Neurolinguisticamente in cosa consiste l’apprendimento?

116. Su cosa quindi deve lavorare il maestro?

117. Che cosa rafforzerà nella prima parte e cosa nella seconda?

118. Attraverso quante e quali ipotesi si produce l’acquisizione?

119. Cosa deve fornire l’insegnante? Su cosa concentra l’attenzione l’allievo?

120. Dove deve essere collocato l’imput comprensibile? Che cos’è l’ordine naturale?

121. Che cosa non deve intervenire in questo meccanismo?

122. Che cosa produce il filtro affettivo? Come si evita? Perché?

123. Che cosa s’intende per cultura?

124. Che cosa s’intende per civiltà?

125. Perché è importante la culturizzazione dell’alunno?

126. Perché è importante l’accentuazione delle differenze interculturali e degli aspetti che unificano le due culture?

127. Come sarà questo meccanismo nei paesi europei?

128. Come sarà questo meccanismo in America e in Oceania?

Page 53: glottodidaktika

Seconda parte: METODO E TECNICHE

1. Qual è il più antico dei modelli di atto? In che cosa consiste? In quali situazioni vige attualmente?

2. Da quale termine deriva lezione? Di quale istruzione è tipica? Qual è il ruolo dell’insegnante? Cosa s’intende per monodirezionale? Quali problemi comporta per l’alunno? In quale caso l’insegnante può barare? Perché? Da cosa è minata la possibilità di un insegnante-sacerdote autorevole? Per quale altro motivo si sconsiglia la lezione? Cosa s’intende per atto di fede? Quali approcci si consigliano quindi di abbandonare?

3. Quale posizione ha l’allievo nell’unità didattica? Quali imput riceve dall’insegnante? Quale dal corpus linguistico dell’unità? Come deve essere quest’ultimo imput? Che cosa presentano i vari modelli di unità?

A quali ricerche e modelli si riferiscono? Grazie a Danesi e a Balboni, di cosa possiamo parlare oggi in riferimento all’unità didattica? Che cos’è l’unità didattica come oggetto?

4. Da quale impostazione viene suggerito il concetto di unità del soggetto?

5. Che cosa offre la psicologia della Gestalt? La percezione della globalità quale emisfero cerebrale coinvolge? Su quali strategie si basa? Che cos’è l’analisi in questo senso? Quali emisferi coinvolge l’analisi? Come saranno la sintesi o la sintesi?

6. Quante ore (Balboni e Freddi) si prevedono per lo svolgimento di un’unità didattica ad allievi adolescenti o adulti? Quanto tempo prevede generalmente?

7. A che cosa si deve dedicare la prima ora? Come si penetra globalmente un testo? Che cosa si deve fare prima della conclusione dell’ora? Come si leggerà il testo? Tra la prima e la seconda ora che cosa si assegna? Perché?

8. Che cosa si fa nella seconda ora? Con quale sequenza o come si affronta in forma funzionale ogni atto linguistico?

9. A che cosa è dedicata la terza ora? A quali aspetti? Come si distribuisce la terza ora in un corso avanzato?

A che cosa saranno finalizzati i compiti per casa?

10. Qual è lo scopo della quarta ora? Per quale ragione l’attività di redazione e manipolazione della scrittura si consigliano di fare a casa? Come risolve questo problema il maestro?

11. Che cosa si deve fare nella quinta ora? A cosa serve l’inserimento di materiale orale? A quali altre funzioni viene dedicata la quinta ora? Che cos’è la riflessione glottomatetica? In quale lingua si deve produrre?

12. A che cosa è dedicata la sesta ora?

13. A che cosa eventualmente sono dedicate la settima e l’ottava ora?

Page 54: glottodidaktika

14. Con quali materiali si può fare questa scansione?

15. Quali linee sostanzialmente si devono considerare nell’organizzazione di un’unità didattica per bambini?

16. Neurolinguisticamente che cosa non ha ancora sviluppato un bambino? In quale periodo si trova? Quale posizione assume un bambino di fronte al diverso? Come deve quindi proporre il maestro l’unità didattica?

17. Perché è eccellente l’attività ludica? In cosa consiste? Con quali altri settori si integra?

18. Quale applicazione della lingua non è consigliabile per un bambino? Quale invece è consigliabile?

19. Come gli si insegna la grammatica? Al test quale attività si preferisce? Come sarà l’attività glottomatetica?

20. Che cosa scompaiono nell’unità didattica per le microlingue? Come sono generalmente le strutture delle unità? Come sono nel caso specifico di altre, per esempio della microlingua del commercio? Come si gestiscono?

21. Perché nell’insegnamento della letteratura è importante la fase della motivazione? In cosa consiste l’unità di letteratura? A chi, a cosa, a quando possono fare riferimento i vari testi dell’unità? Come si scandisce temporalmente quest’unità? Quale emisfero si utilizza in un apprezzamento critico e quale in un

apprezzamento emotivo?

22. Come si definisce la prima ora? Che cosa viene offerto all’allievo secondo Titone? Che cos’è l’input? che cos’è l’intake? Si possono o non si possono usare altri testi? Come? Perché è importante la motivazione? Quando si deve fare? Quali sono gli stimoli della motivazione? Quale non rientra dentro degli obiettivi di un insegnamento formativo-comunicativo?

23. Quale questione è implicita nell’insegnamento di una lingua straniera? Come bisogna coinvolgere l’allievo per evitare la distanza psicologica? Quali percorsi sono utili per consentire il dépaysement?

Cosa s’intende per condizionante? Per sereno? Per integrato?

24. Quanti e quali sono i tipi di bisogno dell’alunno? Spiega il bisogno utilitaristico, formativo ed esistenziale. In quale lingua è fondamentale il bisogno esistenziale? Com’è un bisogno nell’adolescente e come è nell’adulto? Quali e perché sono i bisogni praticamente assenti nel bambino? In quali momenti si sviluppa la motivazione del bisogno? Su quale progressione si deve basare il corso?

25. Da quali fonti deriva il piacere? Come si facilita quello dell’apprendere? Come quello di superare le sfide?

Page 55: glottodidaktika

Come quello della varietà? Su cosa si basano i meccanismi dell’attenzione? Come dovrà quindi essere una lezione? Per variare la lezione cosa deve fare ed evitare un maestro? Cosa comporta il piacere di sistematizzare e comprendere? Cosa quello del gioco? È questo una variante del play o del game?

26. In quale prospettiva rimane in fase motivazionale l’approccio al testo?

27. Che cos’è un paratesto? Che cosa presenta? In base all’expectancy grammar, quale attività compie l’allievo con un paratesto?

28. Definisci il contesto. Che cosa rappresenta “chi” in sociolinguistica? Che cosa rappresenta “perché” in

pragmalinguistica? Che cosa rappresenta “dove” in etnografia?

29. Definisci il testo.

30. Quali sono le tecniche di pre-contatto?

31. Che cos’è l’elicitazione? Attorno a cosa si sviluppa? Che cosa deve estrarre il maestro dalle conversazioni? Che cosa sono le parole-chiavi? Quali sono le tecniche di comprensione?

32. Come si preferisce il contatto con il testo? Perché non è bene usare il video? Qual è l’importanza di ascoltare un testo? Quale tecnica ha inventato Eugene Nida?

33. Su quali esperienze di comprensione si basa la fase di globalità? Spiegale.

34. Dopo quanti ascolti si inizia il lavoro di sviluppo delle abilità?

35. Quante e come si utilizzano le tecniche per lo sviluppo delle abilità linguistiche?

36. Come funziona la fase di ascolto-ripetizione? Come si divide il testo? Come ripetono gli allievi? Perché?

Che cosa assegna l’insegnante dopo il riascolto? Fai un esempio di comprensione e pre-analisi.

37. Quali fasi seguono a questa? Qual è la funzione di ripetere ad alta voce?

38. Con quali soggetti è facile la drammatizzazione? Che cosa favorisce?

39. Quale problema pone la seconda ora? Quali tecniche sono le più qualificanti?

In che cosa consiste la tecnica cloze? Perché si prevede un ascolto in questa tecnica?

In che cosa consiste l’attività di incastro?

Quale tecnica favorisce la memoria grafemica?

Che cos’è uno spot-dication?

In che cosa consiste il dettato-completamento? Come avviene la correzione di un dettato?

40. Dopo queste tecniche cosa deve avviare il maestro? Secondo quale sequenza? Qual è lo scopo di attrarre l’attenzione dell’allievo su determinate parti del dialogo?

Page 56: glottodidaktika

41. Con quali mezzi si fissano le espressioni che realizzano gli atti comunicativi, le strutture e il lessico?

Con quali attività si ripetono? Quali sono le attività di matrice comportamentistica? Come agisce l’attività

di riempimento degli spazi vuoti? Quali sono quelle di simulazione?

42. Come si sviluppano i materiali già fissati?

43. In una fase di analisi - sintesi - riflessione funzionale quali sono le differenze tra

l’insegnamento all’estero e quello in Italia?

44. Quali sono le tecniche di analisi - sintesi - riflessione funzionale?

45. In che cosa consiste la drammatizzazione? Quali sono i suoi limiti? Che cosa sarebbe opportuno fare ed utilizzare in questa tecnica?

46. In che cosa consiste il role-taking? Da chi è stato inventato? Che cosa deve presentare il maestro?

47. In che cosa consiste il role-making? L’alunno è libero di fare cosa?

48. In che cosa consiste il role-play? Come agisce il segreto? In che cosa consiste la libertà dell’alunno?

49. In che cosa consiste il dialogo aperto? Che cosa rafforza?

50. Nelle tecniche di simulazione come deve intervenire l’insegnante? Cosa deve indicare? Cosa deve far eseguire? Perché è utile l’attività di simulazione?

51. In relazione all’aspetto morfosintattico e testuale, quale livello si preferisce al deduttivo? In che cosa consiste il livello deduttivo?

52. Come per esempio agisce in un metodo induttivo l’insegnante per spiegare la grammatica? Che cosa vuol significare mental habits?

53. Nella stimolazione della riflessione sulla lingua, l’alunno è consapevole o non consapevole? E nella sistematizzazione della psicolinguistica?

54. Quali tecniche si usano nella stimolazione alla riflessione sulla lingua? Quali sono quelle di natura insiemistica? In cosa consistono l’inclusione e l’esclusione (odd man out)? Fai un esempio. In che cosa consiste la seriazione? Qual è il suo aspetto particolare? Che cosa permette di analizzare attuata su un testo letterario? In che cosa consiste la tecnica dell’esplicitazione? Quali sono i meccanismi di referenza? Quali sono le pro-forme? Cita alcuni pronomi che evitano le ripetizioni, alcuni connettori per relazioni logiche e modalità e temporalità dei verbi. In cosa consistono le tavole di combinazione e sostituzione? In che cosa consistono le tecniche di manipolazione? Di quale approccio sono tipiche le tecniche di manipolazione? A che cosa generalmente inducono? Quando bisogna evitare le tecniche di riempimento di spazi vuoti e d’identificazione degli errori?

Page 57: glottodidaktika

55. Queste attività quante ore generalmente ricoprono? Riassumile.

56. Che cosa si riprende nella quinta ora? Che cosa si può rafforzare? Come si possono manipolare i testi?

Come si parafrasano le forme dialogiche? In quali forme si sviluppano le abilità di scrittura autonoma e quelle di passaggio di modalità?

57. Che cos’è la cultura secondo una visione glottodidattica? Per quale disciplina è fondamentale?

58. Quali aspetti qualificanti si devono considerare nel processo di analisi-sintesi e riflessione culturale?

59. Come sono generalmente le informazioni non autentiche? Spiegale. A quali alunni e perché deve fare attenzione il maestro?

60. Perché è importante evitare l’atteggiamento affettivo?

61. Come e di cosa si compone la griglia tripolare di modello culturale secondo la visione dell’antropologia culturale? Da chi è stata ripresa questa teoria di Lévi-Strauss in glottodidattica? Perché non si deve considerare banale la riflessione culturale?

62. Come si verifica la competenza comunicativa nella fase conclusiva?

63. A cosa serve il test diffuso?

64. In un test diffuso si utilizzerà la verifica o la valutazione? Che cos’è la verifica? Su cosa può essere costruita? Come varia l’interpretazione dei dati?

65. Che cosa è l’achievement? Che cos’è la proficiency?

66. Quale relazione ha l’insegnante con i dati di una verifica? Che cosa può riconoscere? Dove non può penetrare?

67. Di cosa sono frutto i dati? Sono frutto dell’apprendimento o dell’acquisizione?

68. Qual è il problema principale del test d’ingresso? Quale oggetto si testa generalmente?

69. A che cosa ci si riferisce quando si parla di padronanza di alcuni processi profondi sottostanti? Che cos’è la comprensione profonda? Che cos’è la capacità di rilevare la coerenza logica di un testo? Che cos’è la capacità di riassumere? Che cos’è la capacità di progettare testi? Che cos’è la capacità di tradurre?

70. A cosa generalmente si ricorre per la padronanza specifica di nozioni, funzioni, competenze e metacompetenze?

71. A che cosa servono i test d’ingresso? Quando si possono applicare?

72. Quali tecniche si usano nei test diffusi? Che informazioni si possono raccogliere dalla media della classe? Che cosa si evita?

Page 58: glottodidaktika

73. Quale testing da formalità al diffuso? Quali problemi elimina il testing periodico?

74. Come si consiglia di valutare in scelte multipli, griglie e domande? Come nella transcodificazione, negli incastri, nei cloze, nel riempimento degli spazi vuoti e negli esercizi di natura strutturale? Come nelle simulazioni di dialoghi? Che cosa richiede il riassunto? Perché è inaffidabile il dettato?

75. Che cosa riguarda il testing conclusivo? Che cosa riguarda la certificazione? Che cosa dovrebbe valutare il testing conclusivo?

76. In quali casi è richiesta l’abilità del monologo? Quali abilità non si devono valutare in verifiche centrate sulla conoscenza dell’italiano?

77. Quale dicotomia producono le abilità di comprensione?

78. Quando la comprensione è pragmatica? Che strategia è lo skimming? E lo scanning? Quali sono le capacità di andare oltre alle informazioni esplicite del testo?

79. Come è invece la comprensione scolastica?

80. Quali problematiche bisogna considerare nel valutare un dettato?

81. Che cosa è fondamentale riconoscere nell’abilità di interazione orale? Come è l’interazione orale tra un allievo bravo e uno meno bravo? Come si risolve il problema?

82. A che cosa obbliga un maestro la scrittura, soprattutto per scopi accademici? In questo caso che cosa s’intende per scopo comunicativo? Come può essere la natura di un destinatario? Quali sono gli aspetti cognitivi e quali quelli nozionistici?

83. In che forma vanno valutate le competenze comunicative? Che cosa significa verificare la competenza lessicale? Quali tecniche si usano a tal fine?

84. In quali forme appaiono raramente le competenze socio-culturali? A quali scelte si relaziona la forma informale e quella formale? In che cosa aiuta il video?

85. Come si definisce la metacompetenza? Grazie a quali ricerche si può definire così? In che cosa consiste la riflessione sulla lingua e la descrizione della stessa? Che cosa è e che cosa non è necessario valutare ai fini della certificazione?

86. Quando è opportuno sviluppare l’attività di rinforzo? Per quanti giorni e per quante settimane? A che cosa si ricorre per gli allievi che hanno fallito uno o più obiettivi specifici? A chi invece è diretto il recupero? Che cosa deve spiegare in questo caso il maestro e che cosa deve capire l’alunno? Quali possono essere le attività di recupero? In che cosa consiste l’extra-lavoro del maestro?

87. Che cosa prevede in più un’unità didattica? Che cosa comporta l’attività glottomatetica?

88. Che cosa è impensabile per un maestro oggigiorno? Per cosa si dovrebbero usare le glottotecnologie? Che relazione intercorre tra umanisti e glottotecnologie? Come si può risolvere questo problema?

Page 59: glottodidaktika

89. Che cosa includono le glottotecnologie? Che cosa sono sussidi e catalizzatori?

90. Quali dicotomie bisogna considerare nella riflessione sulle glottotecnologie? Quali sono quelle eterodirette? Quali sono quelle autodirette? A quale scienza si rimanda per le prime tre dicotomie?

91. Su cosa si basa la dicotomia tra tecnologie sussidiarie e tecnologie catalizzatrici? Che cosa è il sussidio? Che cosa è il catalizzatore? Di quale si può fare a meno, qual è obbligatorio?

92. Perché è fondamentale il registratore audio? Quando si usa generalmente? Come si usa per supplemento di attività d’ascolto? Come per sostegno alla motivazione? Come sono queste attività? Quali glottotecnologie possiamo usare? A cosa anche serve il registratore? Come si trasforma la didattica e su cosa si fonda? A che cosa serve il registratore nel caso di italiano come lingua seconda? Come deve essere questo catalizzatore?

93. Per quale insegnamento il video può essere sussidio e per quale catalizzatore? Perché è un sussidio? Di cosa deve essere fornito? Per cosa è eccellente ed obbligatorio?

94. Come possono essere i messaggi audiovisivi? Cosa dipende dalla natura semiotica di un messaggio audiovisivo? Che cosa richiede all’utente? Da quali meccanismi sono legati le dit e le vu (Barthes)? In che cosa consiste l’ancrage? In che cosa consiste il relais? Come sono gli ancrage ai fini didattici? Come sono i relais? Che cosa indica la neurologia? Su cosa è quindi opportuno insistere per fini didattici? In quali fasi? Quale problema comporta la lateralizzazione? Come si deve quindi usare il video?

95. Il computer è sussidio o catalizzatore? Da cosa dipende il suo effettivo rendimento? Su quali ragioni si basa la computerfobia di molti insegnanti umanisti? Su cosa invece si basa la computerfilia? Come può essere utile il computer come sussidio? Spiega l’esercitazione manipolativa telematizzata. Come si possono usare le schede foniche e quelle grafiche di memoria amplia? Come può essere utilizzato il computer nelle attività di recupero individualizzato? Quanti e quali sono gli aspetti per i quali si riconosce al computer la funzione di catalizzatore? A che cosa serve l’uso dei sistemi di scrittura? Quale posizione assume l’insegnante? Quale posizione assume l’allievo? Fai un esempio di uso del computer-catalizzatore in classe. Come entra il maestro nel processo di scrittura? Per quali altre abilità si può usare? Che cosa si può fare con un sistema di computer di rete? Come si può utilizzare per l’ortografia e le ragioni di un errore? Che cosa è una banca dati? Perché è fondamentale in letteratura? Che cosa s’insegna all’alunno?

Che cos’è l’ipertesto? Che tipo di studio favorisce? Quale evita?

96. Come funzionava il laboratorio linguistico nella sua versione originaria? A cosa serviva? Com’è attualmente? Come funziona? Che cosa introducono altre versioni? Quali test permette di fare? Per quali altre attività individuali è utile?

97. Che cosa permette il self-service all’alunno? Perché è comunque importante la presenza umana del maestro? Quale glottotecnologia si sta attualmente sviluppando? Quali strumenti si possono usare?

Page 60: glottodidaktika
Page 61: glottodidaktika

Terza parte: PROBLEMI PARTICOLARI

1. Che cosa si deve considerare nel concetto di lingua e letteratura in glottodidattica?

2. Come si definisce l’uso di testi letterari per insegnare l’italiano a stranieri?

3. Che cosa si deve considerare nel concetto di cultura e letteratura in glottodidattica?

4. In quale dimensione teorica va inserito l’insegnamento dell’italiano? Qual è la posizione iniziale di uno studente che inizia ad affrontare la letteratura italiana? Di cosa fanno parte i testi letterari? Cosa compete al maestro?

5. Quali sono le principali motivazioni umane allo studio della letteratura?

6. In che cosa consiste il piacere della letteratura? Come deve essere offerto allo studente il corpus letterario?

7. Quali risposte possono trovare gli studenti nella letteratura passata e presente?

8. Quale insegnamento si è unito ultimamente a quello della letteratura italiana? Che cosa significa insegnare a leggere? Qual è l’aspetto qualificante della letterarietà di un testo?

9. A quali livelli della struttura linguistica avvengono gli scarti, le reinvenzioni o le rotture del linguaggio?

10. Quali sono gli scarti fonologici? Quali quelli grafici? E le devianze morfosintattiche? Le deviazioni lessicali? I generi letterari? Le deviazioni alla grammatica sociolinguistica? Le deviazioni dell’attesa pragmatica? La dimensione semiotica?

11. Che cosa s’intende per finalità letteraria? Come si sviluppa il percorso affettivo di un fruitore di letteratura?

12. Attorno a quale modello si sviluppa l’insegnamento della letteratura italiana? Per chi sono rilevanti psicologicamente gli argomenti di un’unità didattica? Quali eventi si possono scegliere in fase di motivazione? In quale ordine cronologico si possono presentare i testi? Come si organizza un’unità didattica basata sul genere letterario preferito dallo studente? Da cosa conviene iniziare? A chi invece si possono applicare le unità letterarie basate sull’autore? Perché è positiva l’unità basata sul gruppo?

13. Come si sviluppa la fase della motivazione? Su cosa si basa poi l’esplorazione di ogni testo? Che cosa stimola l’insegnante nella seconda fase di lettura intensiva? In che cosa consiste l’estensione? In che cosa consiste la contestualizzazione? In che cosa consiste la giustificazione dell’allievo? In che cosa consiste l’appropriazione personale? Quali sono la penultima e l’ultima fase? Che cosa si utilizza nella fase della verifica?

14. In quali categorie si dividono le tecniche dell’insegnamento della letteratura? Che cosa si chiede all’allievo attraverso le tecniche di analisi del testo? Perché? Perché i maestri non amano le

Page 62: glottodidaktika

tecniche di analisi oltre il testo? In che cosa consistono le tecniche di transcodificazione? Per quale motivo sono eccellenti?

15. Nell’ambito dell’insegnamento delle microlingue settoriali, chi è spesso l’insegnante? In cosa deve essere competente? Quali sono le motivazioni dell’allievo?

16. Qual è la definizione di microlingua? Quali grammatiche servono a tal fine?

17. Quali sono i problemi importanti della grammatica fonologica?

18. Quali sono i problemi importanti della grammatica morfo-sintattica?

19. Quali sono i problemi importanti della grammatica lessicale?

20. Quali sono i problemi importanti della grammatica testuale?

21. Quali sono i problemi importanti della grammatica pragmatica?

22. Quali sono i problemi importanti della grammatica sociolinguistica?

23. Quali sono i problemi importanti della grammatica semiotica?

24. Perché è richiesta la collaborazione tra insegnante e alunno? Quale situazione bisogna evitare?

25. In che cosa si basa generalmente l’unità didattica? Quale emisfero si considera?

26. Da un punto di vista linguistico, che cosa svolge un ruolo fondamentale? Perché?

27. Per quale motivo il processo di acquisizione può essere complesso e difficile?

28. Quale strategia si deve utilizzare? Perché è necessario richiamare le pre-conoscenze dell’allievo? In che cosa consiste l’elicitazione? In che cosa consiste in termini di psicologia cognitiva?

29. Come si inizia ad utilizzare l’unità didattica? Su quali aspetti dei testi di un evento si centrerà l’attenzione? Su cosa si potrebbe basare la verifica?

30. Chi si può considerare come adulto? Quali sono le principali problematiche da considerare nell’insegnamento dell’italiano ad adulti?

31. Che cosa ha detto Rogers al riguardo? Che cosa ha detto Knowles? Che cosa ha scoperto Hermann?

32. Qual è quindi la differenza tra pedagogia e andragogia?

33. Come si caratterizza quindi un approccio andragogico? Spiega.

34. Per quali altri aspetti si caratterizza un adulto? Elencali.

35. Qual è la tecnica più accettata in andragogia? Che cosa è più riconducibile alla pedagogia?

Page 63: glottodidaktika

(contributo di Ciliberti)

4. Cosa dice l’autrice al riguardo della linguistica applicata?

5. Quali sono i poli del processo di insegnamento-apprendimento di una lingua straniera?

6. Cosa pensa l’autrice rispetto al metodo maieutico o socratico?

7. Quali caratteristiche o manifestazioni può assumere a volte l’idioletto?

8. Quando si può considerare positivo il foreign talk?

9. Che ruolo giocano la lingua materna, le altre discipline acquisite e i valori esperienziali nell’apprendimento di una lingua straniera?

10. Cosa succede nell’Unità Didattica?

11. Quali implicazioni glottodidattiche dovrebbe prendere a priori in considerazione ogni docente in fase di motivazione o pre-contatto (prima ora)?

12. Quali implicazioni glottodidattiche dovrebbe prendere a priori in considerazione ogni docente in relazione con le abilità del parlare (produttiva orale) e dello scrivere (produttiva scritta)?

13. Prova a descrivere il questionario per l’analisi sui bisogni di Nunan e Brindley.

14. Che cos’è un testing pragmatico? Quali sono le tecniche più proficue per la costruzione di un testing pragmatico? Quali sono i criteri di naturalezza pragmatica?

15. Che cos’è l’auto-riparazione o auto-valutazione? Quali forme può assumere?

(contributo di Freddi)

 

1. Che opinione ha Freddi delle liste di frequenza?

2. Spiega quali sono secondo Freddi le mete formative nell’apprendimento di una lingua e cultura straniere o seconde.

3. A quale trattamento bisogna sottoporre le quattro abilità nelle fasi iniziali dello studio di una lingua? E poi? Ci sono altre abilità, oltre alle primarie, che meritano attenzione?

4. Nella prassi dell’insegnamento quando e come devono essere applicate le attività didattiche sull’orale e sullo scritto? Come giustifica la neurolinguistica questa opinione?

Page 64: glottodidaktika

5. Che differenza esiste a livello semiotico tra lingua e microlingua?

6. Come chiama Freddi, il test linguistico al quale vengono esposti all’inizio gli studenti?

7. Quali sono secondo Freddi i 5 momenti psicologico-operativi dell’Unità didattica? Potresti spiegare con tue parole il modello di UD di Freddi? Noti qualche differenza con quello di Balboni?

8. Come dovrebbe essere la registrazione per l’attività di ascolto?

(contributo di Titone)

 

1. Come potresti descrivere il concetto di olodinamicità ed egodinamicità?

2. Potresti spiegare che cos’è il transfer of training?

3. Che differenza c’è tra il transfer proattivo e quello retroattivo?

4. Che ruolo svolge il metodo nell’attivazione del transfer?

5. E’ vero che imparare LS o L2 significa migliorare LM?

6. In quali casi il transfer da LS a LM è positivo? E quello da LM a LS?

7. Quali infine sono i suggerimenti pedagogico-didattici di Titone all’insegnamento? Come li applicheresti in glottodidattica?

8. Spiega come esemplifica Titone il processo di apprendimento.

Page 65: glottodidaktika

1.6 BIBLIOGRAFIA CONSIGLIATA

BALBONI PAOLO ERNESTO: Professore di Didattica delle Lingue Moderne e direttore del Progetto Itals, Progetto Italiano Lingua Straniera, dell’Università di Venezia, Ca’ Foscari.

(per una bibliografia più dettagliata vedere http://helios.unive.it/~lingdida/balboni.html)

- Lingua e percezione ambientale, in P.E. BALBONI, A. DE MARCHI, F.LANDO e G. ZANETTO, La percezione dell'ambiente. L'esperimento di Venezia, Venezia, Ciedart/UNESCO, 1978, pp.45-81.

- Natura, finalità, struttura e risultati del testing 1981-1983, in G.PORCELLI e P.E.BALBONI, Lingua alle elementari: i risultati del progetto veneziano, Padova, Cleup, 1985, pp.23-61.

- Elementi di glottodidattica , Brescia, La Scuola, 1985.

- Un modello operativo per la glottodidassi in P.E.BALBONI, M. BONDI, O.CHANTELAUVE e F.RICCI GAROTTI, Inglese, francese, tedesco: Modelli operativi, Brescia, La Scuola, 1988, pp. 9-100.

- Storia degli insegnamenti linguistici nella scuola italiana dall'Unità ai nostri giorni, Padova, Liviana, 1988.

- Microlingue e letteratura nella scuola superiore, Brescia, La Scuola, 1989.

- Psicolinguistica e tecnologia didattica, in Aula Multimediale e Lingue Straniere, Venezia, C.L.I./Università, 1990, pp.27-34.

- Tecniche didattiche e processi d'apprendimento linguistico, Padova, Liviana, 1991.

- BALBONI P.E. y G. PORCELLI, Glottodidattica e università. La formazione del Professore di Lingue, Padova, Liviana, 1991.

- Didattica dell'italiano a stranieri, Roma, Bonacci,1994.

- La progettazione della sperimentazione [Ianua Linguarum], in P.E. BALBONI, P.ELLERO e G.FREDDI (cur.), La lingua straniera alle elementari. Sperimentazione e valutazione, Milano, Longman / Venezia, IRRSAE Veneto, 1994, pp. 27-37.

- P.E. BALBONI e M.C. LUISE, Interdisciplinarità e continuità nell'educazione linguistica, Roma, Armando, 1994. Balboni: capp 1-4.

- Le nuove tecnologie e l'insegnamento linguistico, in AA.VV., Tecnologia, Lingua, esperienze, Campobasso, ANILS, 1994, pp. 1-6.

- Natura, fini, struttura e limiti del curricolo, en AA.VV., Curricolo di italiano per stranieri, Roma, Bonacci, 1995, pp. 109-125.

Page 66: glottodidaktika

- Tecniche didattiche per la realizzazione e la verifica del curricolo, in AA.VV. Curricolo di italiano per stranieri, Roma, Bonacci, 1995, pp. 187-206.

- Educazione Bilingue (cur.), Perugia, Guerra, 1996. Nuova edizione modificata en 1999.

- Tecniche didattiche per l'educazione linguistica. Italiano, lingue straniere, lingue classiche, Torino, UTET Libreria, 1998.

- Parole comuni, culture diverse. Guida alla comunicazione interculturale, Venezia, Marsilio, 1999

- Dizionario di glottodidattica. Con floppy disc, Guerra Edizioni Guru, 1999.

- Le microlingue scientifico-professionali, UTET Libreria, 2000.

- Grammagiochi. Per giocare con la grammatica, Bonacci, 2000.

TITONE RENZO: professore emerito di Psicopedagogia del Linguaggio nelle Università di Roma, La Sapienza e di Toronto, Canada.

- L'insegnamento delle materie linguistiche e artistiche. Saggio di una didattica dell'espressione, 1963, LAS.

- Studies in the psychology of second language learning, 1964, LAS.

- Le lingue estere, 1966, LAS.

- Metodologia didattica, 1975, LAS.

- Il funzionalismo. Un capitolo della storia della psicopedagogia, 1975, Bulzoni.

- L'insegnamento delle lingue per televisione, 1975, Le Monnier.

- Psicologia pedagogica, 1976, Armando.

- Psicodidattica, 1977, La Scuola.

- Insegnare oggi le lingue seconde (Breviario di glottodidattica), 1979, SEI.

- Formazione e aggiornamento degli insegnanti di lingue, 1980, K. KATERINOV y R. TITONE, Guerra Edizioni Guru.

- Il linguaggio nella interazione didattica, 1981, Bulzoni.

- Oroscopo per la scuola primaria. Obiettivi, materie e programmi, 1983, G. GOZZER, F. RAVAGLIOLI y R. TITONE, Armando.

- Psicolinguistica applicata, 1983, Armando.

- L'apprendimento educativo. Problemi generali di psicopedagogia, 1985, Bulzoni.

Page 67: glottodidaktika

- Educare al linguaggio mediante la lingua, 1985, Armando.

- Guida allo studio della psicopedagogia del linguaggio e della comunicazione, 1985, Bulzoni.

- Psicolinguistica applicata e glottodidattica. Orientamenti teorici e sperimentali, 1986, Bulzoni.

- I programmi della scuola elementare. Lingua italiana. Lingua straniera, 1987, I. DESIDERI y R. TITONE, Armando.

- Modelli psicopedagogici dell'apprendimento, 1988, Armando.

- L'uso delle schede di lingua nella individualizzazione didattica, 1989, Armando.

- Introduzione alla psicopedagogia del linguaggio, 1990, R. TITONE y M. DANESI, Armando.

- La lingua straniera nella scuola elementare. Guida didattica, 1990, Armando.

- Introduzione alla glottodidattica. Le lingue straniere, 1990, SEI.

- Guida alla formazione didattica degli insegnanti, 1990, R. TITONE y E. GANDINI GAMALERI, Armando.

- La ricerca in psicolinguistica applicata e in glottodidattica, 1991, Bulzoni.

- Dallo strutturalismo alla interdisciplinarità. Itinerari psicopedagogici, 1991, Armando.

- Insegnare il latino oggi. Per le Scuole superiori, 1992, E. COCCIA y TITONE R., Armando.

- Grammatica e glottodidattica. Nuove prospettive, 1992, Armando.

- Schedario educhandicap, 1992, CPE.

- Dal plurilinguismo all'interculturalismo, 1993, Dimensione Europea.

- Psicopedagogia e glottodidattica, 1993, Liviana.

- Avamposti della glottodidattica contemporanea, 1993, Guerra Edizioni Guru.

- Bilinguismo precoce ed educazione bilingue, 1993, Armando.

- La psicolinguistica ieri e oggi, 1993, LAS.

- Educazione linguistica dei bambini handicappati: una ricerca, 1994, R. TITONE, F. CIPOLLA y G. MOSCA, Bulzoni.

- Problemas psicológicos en el aprendizaje de un segundo idioma, 1995, Guerra, Edizioni Guru.

- Come parlano gli adolescenti. Storia di una ricerca, 1995, Armando.

- Percorsi di scienze dell'educazione, 1996, R. TITONE y B. SPADOLINI, Armando.

- La personalità bilingue, 1996, Bompiani.

- Anima all'oblò, 1996, Bulzoni.

Page 68: glottodidaktika

- Lineamenti di scienze dell'educazione, 1997, R. TITONE y B. SPADOLINI, Armando.

- Il tradurre. Dalla psicolinguistica alla glottodidattica, 1998, Armando.

- Metalinguistic awareness. Theory, development and measurement instruments, 1999, M.A. PINTO y R. TITONE, Ist. Editoriali e Poligrafici.

- La conciencia metalingüística. Teoria, desarrollo e instrumentos de meditación, 2000, M.A. PINTO, R. TITONE y G. L. GONZALEZ, Ist. Editoriali e Poligrafici. .

- Esperienze di educazione plurilingue e interculturale in vari paesi del mondo, 2000, Guerra Edizioni Guru.

- Problemi di psicopedagogia del linguaggio. Dalla psicolinguistica alla glottodidattica, 2000, Guerra Edizioni Guru.

- Dalle grammatiche funzionali alla 'Performance grammar', Guerra Edizioni Guru.

- Orizzonti della glottodidattica, Guerra Edizioni Guru.

- L'insegnamento delle lingue nel mondo, Guerra Edizioni Guru.

FREDDI GIOVANNI: è stato il primo professore ordinario di Glottodidattica nell’Università italiana, a Venezia. Ha fondato le riviste Lingue e civiltà e Quaderni per la promozione del bilinguismo ed è autore di numerosi volumi e saggi sull’insegnamento e sull’apprendimento delle lingue.

- Metodologia didattica delle lingue straniere, 1970, Minerva Italica, Bergamo.

- Fondamenti e metodi della didattica delle lingue. Conversazioni televisive, 1972 Cafoscarina Editrice, Venezia.

- Gli adulti e le lingue - Les adultes et les langues, Edic. Bilingüe: italiano e francese, 1974, Minerva Italica, Bergamo.

- Didattica delle lingue moderne, 1979, Minerva Italica, Bergamo.

- Competenza comunicativa e insegnamenti linguistici, FREDDI G., FARAGO LEONARDI M., ZUANELLI SONINO E., 1979, Minerva Italica, Bergamo.

- Lingue moderne per la scuola italiana. Antologia di “Lingue e Civiltà”(cur.), 1983, Minerva Italica, Bergamo.

- L’Italia plurilingue (cur.), 1983, Minerva Italica, Bergamo.

- Educazione lingüística per la Scuola Superiore. Mete e obiettivi en Aa. Vv., 1987.

- L'insegnamento della lingua-cultura italiana all'estero. Aspetti glottodidattici,, 1987, Le Monnier, Firenze.

Page 69: glottodidaktika

- Il bambino e la lingua. Psicolinguistica e glottodidattica, 1990, Liviana, Padova.

- Azione, gioco, lingua. Fondamenti di una glottodidattica per bambini, 1990, Liviana, Padova.

- La glottodidattica tra scienze del linguaggio e scienze dell’educazione, en PORCELLI G., BALBONI P.E., (cur.), 1991

- Glottodidattica. Principi e tecniche, Canadian Society for Italian Studies, Ottawa, 1993.

- Glottodidattica. Fondamenti, metodi e tecniche, 1994, UTET Libreria

- Psicolinguistica, sociolinguistica, glottodidattica. La formazione di base dell'insegnante di lingue e di lettere, 1999, UTET Libreria.

CILIBERTI ANNA: è Professoressa Ordinaria e pro-rettore dell’Università per stranieri di Perugia, nella Facoltà di Lingua e cultura italiana. Esperta di linguistica, ha pubblicato numerosi articoli e libri di didattica:

- “Gli errori nell’apprendimento di una lingua straniera: cause ed effetti”, Annali-Anglistica, Istituto Universitario Orientale, 1, pp. 7-39, 1976.

- (cur.) Glottodidattica e discipline linguistiche: prospettive attuali, Bologna, Zanichelli, 1980.

- “Approcci teorici nella descrizione del linguaggio scientifico e loro utilizzazione didattica”, in CILIBERTI A. (a cura di), 1981.

- (cur.) L’insegnamento linguistico per scopi speciali, Bologna, Zanichelli, 1981.

- (cur.) Didattica delle lingue in Europa e negli Stati Uniti, Milano, Edizioni Scolastiche Bruno Mondatori, 1985.

- “Strategies in service encounters in Italian bookshops”, in ASTON G., (a cura di) Negotiating Service: Studies in the Discourse of Bookshop Encounters, Bologna, CLUEB, 1988.

- Grammatica, pedagogia, discorso, Firenze, La Nuova Italia, 1991.

- e Aston, G., “Research methodology and affectivity” in RUTELLI, R., JOHNSON A. (a cura di), Il linguaggio della passione, Udine, Campanotto, 1992.

- “The personal and the cultural in interactive styles”, in Journal of Pragmatics, 20, pp. 51-75, 1993.

- “L’insegnamento della grammatica come meccanismo di supporto allo sviluppo di una competenza dell’uso linguistico”, VI Convegno nazionale GISCEL, “L’universo delle lingue. Confrontare lingue e grammatiche nella scuola”, Senigallia, 23-25 aprile 1993.

- Manuale di Glottodidattica, La Nuova Italia, Scandicci, 1994.

Page 70: glottodidaktika

- “Repetition in native-non-native interaction”, in C. Bazzanella (ed), Repetition in dialogue, Niemayer, Tübingen, 39-49, 1996.

- “Dal concetto di competenza linguistica a quello di competenza comunicativa e di competenza di azione”, in Baur S., A. Carli, D. Larcher (a cura di), Interkulturelles Handeln. Neue Perspektiven des Zweitsprachlernens/ Agire interculturale. Nuove prospettive nell'apprendimento della lingua seconda, Edizioni Alpha & Beta, Merano, pp. 147-158, 1996.

- “La rilevanza degli orientamenti glottodidattici odierni per l'insegnamento linguistico nella scuola elementare”, in N. Vasta (a cura di), Università e lingue alle elementari, Campanotto Editore, Udine, 1996.

- “La formazione iniziale dell’insegnante di lingue”, Lingua e Nuova Didattica, numero speciale, pp. 28-36, 1996.

- “Changes in discursive practices in Italian public administration”, Journal of Pragmatics 27, 127-144, 1997.

- “Egocentric versus self-denying communication in an asymmetric event”, in S. Cmejrkova et alii (eds), Dialoganalyse VI, Referate der Arbeitstagung, Prag 1996, Max Niemeyer Verlag, Tübingen, 29-38, 1997.

- “Le rappresentazioni pre-nozionali degli studenti nei questionari di Pavia”, in Pavesi, M. & G. Bernini (a cura di), L’apprendimento linguistico all’università: le lingue speciali, Bulzoni editore, Roma, 97-107, 1998.

- “Professionalizzazione degli iscritti alle facoltà di lingue”, Lingua e Nuova Didattica 5, pp 22-27, 1998.

- “The importance of context in the definition and negotiation of coherence”, in Bublitz W. , U. Lenk & E. Ventola (eds), Coherence in spoken and written discourse: How to create it and how to describe it, Benjamins, Amsterdam, 189-205, 1998.

- [Ciliberti A./ L. Anderson] (a cura di) Le forme della comunicazione accademica. Ricerche linguistiche sulla didattica universitaria in ambito umanistico, Franco Angeli, Milano, 1998.

- “Gli esami orali: tra agentività e dipendenza, tra auto-referenzialità ed etero-referenzialità”, in Ciliberti/Anderson (a cura di), 1999.

- “La ricerca sulla comunicazione didattica”. In Ciliberti/ Anderson (a cura di), 1999.

- [Ciliberti A./ L. Anderson], “Introduzione”, in Ciliberti/ Anderson (a cura di), 1999.

- [Ciliberti A./ L. Anderson], “Analisi del questionario docenti”, in Ciliberti/Anderson (a cura di), 1999.

- [Ciliberti A./ R. Pugliese], "Analisi dei questionari studenti”. In Ciliberti/Anderson (a cura di), 1999.

Page 71: glottodidaktika

- "The teaching of foreign languages in Italy and linguistc ideologies”, in Polezzi, Di Napoli, King (eds), Breaking boundaries, CILT documents, London, 2000.