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Attività di gruppo sulla STORIA DEI NUMERI Introduzione Provate a leggere queste due frasi: “Ho compiuto 10 anni e 15 amici sono venuti alla mia festa” “Ho mangiato 24 biscotti al cioccolato” Non c’è niente di difficile da capire, vero? È ben chiaro, per esempio, che chi pronuncia la seconda frase ha mangiato una gran quantità di biscotti (forse troppi!). Eppure ciò che oggi ci sembra semplice e scontato è in realtà il risultato di un lunghissimo percorso. Prima di tutto, pochi sanno che all’inizio della storia dell’uomo i numeri non esistevano. Come facevano allora i nostri antenati quando volevano controllare la quantità di qualcosa (animali, oggetti, persone)? Usavano un metodo molto semplice, anche se un po’ laborioso: facevano un segno (per esempio una tacca su un pezzo di legno) per ogni elemento che vedevano. Poi usavano i segni tracciati per verificare che la quantità rimanesse sempre la stessa. Prima di far uscire i suoi animali al pascolo, per esempio, un pastore poteva incidere su un bastone una tacca per ogni pecora che vedeva; la sera controllava che fossero rientrate nel recinto tante pecore quante erano le tacche segnate. In questo modo poteva essere sicuro di non averne persa nemmeno una, anche se, non conoscendo i numeri, non poteva sapere con precisione quante pecore aveva: se gli avessimo fatto questa domanda, avrebbe risposto semplicemente “poche” o “tante”. Poi, piano piano, l’uomo ha cominciato a usare simboli per rappresentare diverse quantità: era un sistema molto più rapido e comodo e, soprattutto permetteva di considerare anche grandi quantità.

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Attività di gruppo sulla STORIA DEI NUMERIIntroduzione

Provate a leggere queste due frasi:“Ho compiuto 10 anni e 15 amici sono venuti alla mia festa”“Ho mangiato 24 biscotti al cioccolato”Non c’è niente di difficile da capire, vero? È ben chiaro, per esempio, che chi pronuncia la seconda frase ha mangiato una gran quantità di biscotti (forse troppi!). Eppure ciò che oggi ci sembra semplice e scontato è in realtà il risultato di un lunghissimo percorso.Prima di tutto, pochi sanno che all’inizio della storia dell’uomo i numeri non esistevano. Come facevano allora i nostri antenati quando volevano controllare la quantità di qualcosa (animali, oggetti, persone)?Usavano un metodo molto semplice, anche se un po’ laborioso: facevano un segno (per esempio una tacca su un pezzo di legno) per ogni elemento che vedevano. Poi usavano i segni tracciati per verificare che la quantità rimanesse sempre la stessa.Prima di far uscire i suoi animali al pascolo, per esempio, un pastore poteva incidere su un bastone una tacca per ogni pecora che vedeva; la sera controllava che fossero rientrate nel recinto tante pecore quante erano le tacche segnate. In questo modo poteva essere sicuro di non averne persa nemmeno una, anche se, non conoscendo i numeri, non poteva sapere con precisione quante pecore aveva: se gli avessimo fatto questa domanda, avrebbe risposto semplicemente “poche” o “tante”.Poi, piano piano, l’uomo ha cominciato a usare simboli per rappresentare diverse quantità: era un sistema molto più rapido e comodo e, soprattutto permetteva di considerare anche grandi quantità. Pensate al vantaggio di poter scrivere “1000 pecore” piuttosto che dover incidere mille tacche su un bastone.Così sono nati i NUMERI, che però non sono sempre stati come li conosciamo oggi: civiltà diverse usavano diversi tipi di numeri… Andiamo a dare un’occhiata!Cari bimbi,siete divisi in 4 gruppi. Ogni gruppo approfondirà il sistema di numerazione di una specifica civiltà. Dovete leggere il materiale e ripeterlo in modo da poterlo raccontare al resto della classe. Dividete il materiale in modo che ognuno legga e spieghi agli altri il suo “pezzetto”.

Buon lavoro.

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I SUMERI e I BABILONESI

Tavoletta sumera

Il sistema di numerazione sumera risale al 3000 a.C. In seguito fu adottato anche dai Babilonesi.Il sistema di numerazione sumera era utilizzato principalmente in ambito amministrativo ed economico: registrazioni e conteggi di scambio di provviste o salari. Spesso si incidevano tavolette che da un lato presentavano gli oggetti dello scambio e dall’altro i numeri che ne rappresentavano la quantità.Il sistema di numerazione sumera è il primo ad introdurre la base sessagesimale (60) che ancora oggi utilizziamo per misurare il tempo e gli angoli. I Sumeri avevano parole per indicare i numeri 1,60, 60×60, 60x60x60, ecc. Avevano anche i nomi per i numeri 2, 3, 4, 5, 6, 7, 8 9 e 10 e multipli di 10 minori di 60.Mentre gli Egizi scolpivano i loro segni (chiamati geroglifici) nella pietra o li dipingevano su papiri, le registrazioni dei Sumeri avvenivano su tavolette di argilla fresca, materia molto facile da reperire e lavorare in Mesopotamia. Per incidere l’argilla fresca utilizzavano stili di canna o di avorio, che avevano da un lato una punta molto grezza che consentiva loro di segnare tacche circolari, dall’altro un’estremità a punta che permetteva loro di tracciare linee. I simboli della numerazione sumera tracciati con questa tecnica sono chiamati curvilinei.

numerazione sumera: i simboli curvilinei

I simboli dei numeri comparivano al di sopra dell’immagine dell’oggetto. Il simbolo corrispondente al numero 600 era composto dalla tacca che rappresentava il numero 60 con il cerchietto che rappresentava il 10: in pratica

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la combinazione di simboli base rappresentava il risultato del loro prodotto. Allo stesso modo 36.000 era la combinazione dei simboli di 3.600 e 10.Come in Egitto, non c’era un ordine di posizione dei simboli, che venivano raggruppati solo per ragioni stilistiche e per comodità di calcolo.Di seguito la figura che rappresenta il numero 7.320

il numero sumero 7320

I Babilonesi rappresentavano solo due numeri (1 e 10), invece dei sei dei Sumeri. Con uno stilo sull’argilla tracciavano il chiodo e la coda di rondine, che indicavano 1 e 10. I numeri da 1 a 59 erano rappresentati in maniera additiva, ripetendo ognuno di questi segni quante volte era necessario.

Simboli cuneiformi dei BabilonesiSembra che in un primo tempo i Babilonesi non possedessero un simbolo per lo zero. Talvolta però lasciavano uno spazio vuoto dove lo volevano intendere. Nel terzo secolo a.C. fu introdotto un simbolo, formato da due cunei obliqui, per indicare un posto vuoto.

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Della notazione sessagesimale rimangono tracce ancora oggi nella suddivisione dell’ora in minuti, dei minuti in secondi e nella suddivisione degli angoli.

GLI EGIZI

Tavolozza di Re Narmer

I numeri egiziani geroglifici utilizzavano la ripetizione di una sequenza di simboli corrispondenti a uno, dieci, cento, mille, diecimila, centomila e un milione.

Numerali egiziani geroglificiPer contare da 1 a 9 si ripeteva il tratto verticale che rappresenta l’unità; ad esempio 4 si scriveva semplicemente I I I I.Con l’eccezione del simbolo dell’unità, i numeri egiziani geroglifici non sono in relazione diretta con le grandezze rappresentate, si pensa che alcuni siano legati al suono delle parole utilizzate per rappresentare i numeri. Soltanto il dito teso, che rappresenta il numero diecimila, sembra ricollegarsi ad un sistema di conteggio con le dita; l’utilizzo del pesce (100.000) potrebbe derivare dalla numerosità dei pesci presenti nel Nilo; il milione pari al numero enorme di stelle nei cieli sopra le nostre teste.I simboli venivano scritti in modo diverso a seconda che l’iscrizione andasse da destra a sinistra o viceversa, ma in generale i geroglifici venivano scritti da destra a sinistra; ad esempio il numero 3.225.758 veniva scritto come nella figura seguente

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Il geroglifico corrispondente al nostro numero 3.225.758

Uno degli esempi più antichi di questi numerali appare sull’impugnatura di una mazza da guerra appartenuta a re Narmer (3000-2900 a.C.): i numeri rappresentavano il bottino militare che consisteva in 400.000 buoi, 1.422.000 capre e 120.000 prigionieri. Nella figura si notano le immagini di un bue, di una capra e di un uomo seduto sopra i numeri.

Geroglifici incisi sull’impugnatura della mazza da guerra di re Narmer (3000-2900 a.C.)

Gli scalpellini disponevano i simboli in ordine decrescente da destra a sinistra su una riga sottostante il simbolo dell’oggetto che veniva contato, raggruppando su due o tre righe i simboli dello stesso tipo per facilitare il calcolo del totale.Il numero zero non esisteva nel sistema di numerazione egizio: l’esigenza dello zero sorge quanto non c’è nulla da contare, ma in questo caso semplicemente non si scrive alcun simbolo. Lo zero apparirà con i primi sistemi di numerazione posizionale.

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NELL’ANTICA GRECIAUno dei sistemi di numerazione dell’antica Grecia è chiamato alfabetico, perché fa corrispondere a ogni numero una lettera dell’alfabeto… greco ovviamente!Le prime 9 lettere dell’alfabeto, in ordine, indicavano i numeri dall’1 al 9. Le successive 9 lettere indicavano le decine 10, 20, 30 e così via fino a 90. Le ultime 9 lettere indicavano le centinaia: 100, 200, 300, fino a 900.Per arrivare quindi a 900 servivano 3 gruppi di 9 lettere, per un totale di 27 lettere: l’alfabeto greco però ne aveva solo 24. Per risolvere il problema, gli antichi Greci recuperarono tre lettere molto antiche, che ormai non usavano più, e le inserirono nel loro sistema di numeri.

Ma come si scrivevano i numeri intermedi, per esempio 724 o 333? Semplice: si sceglieva prima la lettera che corrispondeva alle centinaia, poi quella che corrispondeva alle decine e infine quella per le unità.

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NELL’ANTICA ROMA

Sicuramente vi sarà già capitato di vedere qualche numero romani in giro…Forse l’avete incontrato sull’iscrizione di qualche monumento, a indicare la data di costruzione oppure fa addirittura parte della via in cui abitate. Trovate i numeri romani anche dopo i nomi dei re o dei papi. Insomma, saper leggere i numeri scritti con il sistema che usavano gli antichi Romani può essere utile ancora oggi!I numeri romani sono stati, per secoli, il principale sistema di numerazione, e non solo in Italia. Come funzionano? Qual è la loro origine? Scopriamolo insieme.Nell’antica Roma il sistema numerico era diverso dal nostro. Ogni numero era indicato con un simbolo, o con la combinazione tra loro di alcuni di questi simboli, che probabilmente ebbero origine dall’intaglio di una tacca sul legno o altri materiali.

Se guardi l’uno (I), sembra proprio uno di quei segni che ti sei trovato a fare per indicare qualcosa, mentre il cinque (V) e il dieci (X), se li guardi bene noterai che sono varianti dell’uno.Ecco qui la tabella con i simboli di base: • I = 1 • V = 5 • X = 10 • L = 50 • C = 100 • D = 500 • M = 1000 Il sistema numerico romano ha poche semplici regole. Se in una sequenza il primo simbolo è quello di maggiore valore, per ottenere il risultato bisogna sommare (ad esempio XVIII = 18, CXV = 115); viceversa, se il valore del

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primo simbolo è inferiore al secondo si deve sottrarre (ad esempio IX = 9, XL = 40). Occorre ricordare che la sottrazione è stata introdotta solo durante il Medioevo, perché nell’antica Roma il sistema era solo additivo, e cioè i simboli venivano ripetuti fino a quattro volte, per ottenere la cifra desiderata. Ad esempio in molti degli 80 ingressi del Colosseo, si trova ancora il numero quattro scritto così: IIII e non così: IV.I simboli I, X, C e M possono essere ripetuti consecutivamente, di solito massimo tre volte, mentre i simboli V, L e D non possono essere mai usati più di una volta consecutiva.

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I NUMERI ARABILe cifre numeriche così come le conosciamo e che sono usate nella maggior parte del mondo furono diffuse in Occidente dagli Arabi.

Gli Arabi nei loro commerci e durante la loro espansione entrarono in contatto con l’India e dalla civiltà indiana impararono i numeri.

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Un grande matematico arabo, Al Khuwarizmi, nato nell’843, divenne famoso per i suoi libri che hanno ampiamente contribuito a diffondere la notazione

posizionale delle cifre, lo zero e i metodi di calcolo di origine indiana.Leonardo Fibonacci (Pisa, 1170 – 1250), assieme al padre, un facoltoso mercante, si recò nell’attuale Algeria dove studiò i procedimenti aritmetici che si stavano diffondendo nelle varie regioni del mondo islamico.Nel 1202 pubblicò (e nel 1228 ristampò) il Liber Abaci, opera nella quale introdusse per la prima volta in Europa le nove cifre, da lui chiamate indiane e il segno 0, che in latino è chiamato “zephirus” (zefiro), adattamento dell’arabo sifr, che significa zero. Per mostrare

l’utilità del nuovo sistema egli pose sotto gli occhi del lettore una tabella comparativa di numeri scritti nei due sistemi, romano e indiano.

Una pagina del Liber Abaci con le cifre arabo-indiane