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Gli n-poli e gli N-bipoli in regime sinusoidale La teoria degli n-poli e degli N-bipoli in regime sinu- soidale si sviluppa in maniera del tutto analoga a quan- to fatto per gli stessi dispositivi in corrente continua. Così avremo una matrice delle impedenze ed una matrice delle ammettenze del tutto analoghe a quelle delle resistenze e delle conduttanze introdotte per il regime continuo. Gli elementi delle matrici avranno definizioni analoghe a quelle già introdotte per i corri- spondenti parametri in continua; l'unica differenza sarà nel fatto che si dovrà operare con fasori e numeri com- plessi piuttosto che con numeri reali. Le proprietà dei parametri o sono le stesse già dimostrate per i parametri G ed R, salvo quelle per la dimostrazione delle quali si è fatto uso del teorema di non amplifica- zione delle tensioni o delle correnti che, come abbiamo più volte rilevato, non sono validi se non in regime con- tinuo. Per i doppi bipoli, in particolare, abbiamo le due rap- presentazioni, della matrice delle impedenze, e delle ammettenze, Nei regimi dinamici ha senso introdurre un particolare doppio bipolo, che non ha il suo equivalente in c.c.: l'accoppiamento magnetico mutuo tra due circuiti. Vediamo di cosa si tratta. Abbiamo già visto che un induttore altro non è che un avvolgimento di un certo numero di spire su di un sup- porto che, in generale, ha anche il compito di amplifi- I 1 = Y 11 V 1 + Y 12 V 2 I 2 = Y 21 V 1 + Y 22 V 2 . (VI.36) V 1 = Z 11 I 1 + Z 12 I 2 V 2 = Z 21 I 1 + Z 22 I 2 , (VI.35) Z Y Luciano De Menna Corso di Elettrotecnica 187

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Gli n-poli e gli N-bipoli in regime sinusoidale

La teoria degli n-poli e degli N-bipoli in regime sinu-soidale si sviluppa in maniera del tutto analoga a quan-to fatto per gli stessi dispositivi in corrente continua.Così avremo una matrice delle impedenze ed unamatrice delle ammettenze del tutto analoghe a quelledelle resistenze e delle conduttanze introdotte per ilregime continuo. Gli elementi delle matrici avrannodefinizioni analoghe a quelle già introdotte per i corri-spondenti parametri in continua; l'unica differenza sarànel fatto che si dovrà operare con fasori e numeri com-plessi piuttosto che con numeri reali. Le proprietà deiparametri o sono le stesse già dimostrate per iparametri G ed R, salvo quelle per la dimostrazionedelle quali si è fatto uso del teorema di non amplifica-zione delle tensioni o delle correnti che, come abbiamopiù volte rilevato, non sono validi se non in regime con-tinuo.Per i doppi bipoli, in particolare, abbiamo le due rap-presentazioni, della matrice delle impedenze,

e delle ammettenze,

Nei regimi dinamici ha senso introdurre un particolaredoppio bipolo, che non ha il suo equivalente in c.c.:l'accoppiamento magnetico mutuo tra due circuiti.Vediamo di cosa si tratta.Abbiamo già visto che un induttore altro non è che unavvolgimento di un certo numero di spire su di un sup-porto che, in generale, ha anche il compito di amplifi-

I1 = Y11 V1 + Y12 V2

I2 = Y21 V1 + Y22 V2.(VI.36)

V1 = Z11 I1 + Z12 I2

V2 = Z21 I1 + Z22 I2,(VI.35)

ZY

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care il fenomeno sul quale il sistema fonda le sue pro-prietà: il campo magnetico prodotto dalla corrente checircola nell'avvolgimento. I due estremi dell'avvolgi-mento costituiscono i morsetti del bipolo.Supponiamo che il campo magnetico prodotto dallacorrente in un avvolgimento si estenda anche in unaregione di spazio in cui è presente un altro avvolgi-mento. Avremo, in tal caso, un sistema a quattro mor-setti, e quindi un doppio bipolo. Sarebbe facile dimo-strare in base alle leggi fondamentali del campo elet-tromagnetico che le relazioni caratteristiche di un taledoppio bipolo sono, in condizioni abbastanza generali:

dove i coefficienti M12 ed M21 prendono il nome dicoefficienti di mutua induzione, e, per contrasto, quel-li L1 ed L2, rispettivamente, di coefficienti di auto indu-zione primaria e secondaria. A differenza dei coeffi-cienti di autoinduzione, i coefficienti di mutua induzio-ne possono essere sia negativi che positivi.Per una introduzione del doppio bipolo mutuo accop-piamento, che metta meglio in risalto il ruolo svolto dalcampo magnetico, si consiglia di leggere l'appendiceA4.Un sistema di questo genere si presenta dunque intrin-secamente come un doppio bipolo e sarà schematizza-to con il simbolo di cui alle immagini a lato, dove i duepuntini neri stanno ad indicare che, se si sceglie comeverso positivo per le correnti quello entrante nel mor-setto contrassegnato con il punto, e si adotta una con-venzione dell'utilizzatore, allora il segno di M è quello

v1 = L1 di1dt

+ M12 di2dt

v2 = M21 di1dt

+ L2 di2dt

,

(VI.37)

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fornito.La semplice applicazione del teorema di reciprocitàinduce a richiedere che: M12 = M21. Infatti M21 di1/dtnon è nient'altro che la tensione prodotta al secondarioper la presenza della corrente i1 al primario, e, vicever-sa, M12 di2/dt la tensione prodotta al primario per lapresenza della corrente i2 al secondario. D'altra parteallo stesso risultato si giunge anche in base a conside-razioni energetiche, che ci aiuteranno a fare ulterioripassi nella comprensione del comportamento di un taledoppio bipolo. Infatti la potenza istantanea assorbita(convenzioni dell'utilizzatore ad entrambe le porte) daldoppio bipolo è:

Quindi l'energia assorbita dW in un intervallo infinite-simo di tempo dt è:

D'altra parte la variazione infinitesima di energia deveessere un differenziale esatto: solo in tal caso infatti lavariazione finita di energia che si ottiene integrandoquella infinitesima tra due "punti" (i1-,i2-) ed (i1+,i2+)del piano delle correnti [i1,i2], sarà indipendente dal"percorso", cioè dal modo in cui si è andati dalla con-dizione in cui le correnti erano (i1-,i2-) a quella in cuiesse erano (i1+,i2+) - vedi l'immagine a lato. Perché ciòsia vero occorre che M12=M21=M e, in tal caso, dW è ildifferenziale esatto della funzione W:

dW = p dt = 12

L1di12 + M12i1di2 +

+ M21i2di1 +1

2 L2di2

2 .(VI.39)

p = v1i1 + v2i2 = L1i1 di1dt

+ M12i1 di2dt

+ + M21i2 di1

dt + L2i2 di2

dt .

(VI.38)

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La VI.40 è l'espressione della energia magnetica imma-gazzinata in un accoppiamento mutuo. Essa ci consen-te ulteriori deduzioni; infatti, l'energia magneticaimmagazzinata deve, evidentemente, essere definitapositiva. Tale sarà dunque anche il rapporto tra l'ener-gia immagazzinata ed il quadrato della corrente allaporta primaria

dove si è detto x il rapporto tra le due correnti. Laparabola che la VI.41 descrive nel piano[x,W] è rap-presentata nella immagine a lato. È evidente che, solonel caso in cui la parabola non interseca l'asse delle x,non esisterà alcuna coppia di valori delle correnti percui l'energia immagazzinata è negativa - il che corri-sponde al fatto che l'equazione, che si ottiene annul-lando la VI.41, ha radici complesse. Questa condizionesi verifica quando:

La condizione limite M2 =L1L2 si dice di accoppia-mento perfetto; infatti se tale condizione è verificata,esiste una coppia di valori di i1 ed i2 per i quali risultaW = 0. Ma dato che per annullare l'energia magneticaassociata ad un campo magnetico bisogna necessaria-mente annullare lo stesso campo magnetico in ognipunto dello spazio, l'affermazione precedente equivalealla seguente: se l'accoppiamento è perfetto, è possibi-le annullare completamente il campo prodotto dallacorrente in uno dei due circuiti, facendo circolare nel-

M ≤ L1L2 . (VI.42)

Wi12

= 12

L1 + M i2i1

+ 12

L2 i22

i12 =

= 1

2 L1 + M x2 + 1

2 L2 x .

(VI.41)

W = 12

L1i12 + Mi1i2 + 1

2 L2i2

2 . (VI.40)

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l'altro una opportuna corrente. E ciò giustifica eviden-temente il fatto che tale condizione si dica di accoppia-mento perfetto. Al coefficiente k,

viene dato il nome di coefficiente di accoppiamento;esso varia tra -1 ed 1.

Esercizi

Le impedenze dei due bipoli assegnati precedentemen-te sono, nel primo caso,

e nel secondo caso,

Per l'esercizio successivo diamo il valore della corren-te:

Per risolvere la rete, naturalmente, si sarà utilizzato lasovrapposizione degli effetti considerando i due gene-ratori separatamente; ciò è necessario in quanto i gene-ratori hanno frequenza diversa - uno dei generatori hafrequenza nulla -. Si noti che la rete è in risonanzarispetto alla componente sinusoidale e quindi la cor-rente da essa prodotta è in fase con la tensione. La com-ponente continua della tensione non produce una cor-rispondente corrente per la presenza del condensatoreche non consente il passaggio di una corrente continua.Si noti che la tensione sul condensatore (convenzionedell'utilizzatore), però, ha una componente continua:

Quando i generatori presenti invece hanno la stessa fre-quenza non è necessario utilizzare la sovrapposizionedegli effetti, come nel caso dell'esercizio seguente.

vc t = 10 + 2 0,1 sen 1000 t - π 4 . V

i t = 2 sen 1000 t + π 4 mA.

Ze = 10 + j 5 .

Ze = 100 - j 90 ,

k = ML1L2

, (VI.43)

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L'accoppiamento mutuo in regime sinusoidale

In particolare, se il doppio bipolo accoppiamentomutuo è in regime sinusoidale, si potrà fare uso del sim-bolismo vettoriale e parlare di impedenza propria oautoimpedenza ed impedenza mutua. Le equazionisaranno:

Il doppio bipolo accoppiamento magnetico in regimesinusoidale è dunque caratterizzato globalmente daivalori delle tre impedenze , corrispon-denti ai tre parametri indipendenti che lo individuanoL1, L2 ed M. È possibile, però, costruire un circuitoequivalente del doppio bipolo in esame, nel quale ladipendenza da tre parametri indipendenti è messa inparticolare evidenza. Cominciamo dal caso dell'accop-piamento perfetto; sarà allora M2 = L1 L2 e quindiL1/M = M/L2. A tale quantità daremo il nome di rap -porto di trasformazione e lo indicheremo con il simboloa. Consideriamo ora le equazioni (VI.44) e riscriviamo-le mettendo in evidenza nella prima equazione il fatto-re jωL1 e nella seconda jωM. Si ottiene:

Dividendo membro a membro le due ultime equazionisi ottiene ancora:

Mentre dalla prima delle (VI.45) si ha:

V1

V2 = a . (VI.46)

V1j ω L1

= I1 + ML1

I2 = I1 + I2a

V2j ω M

= I1 + L2M

I2 = I1 + I2a .

(VI.45)

Z11 , Z22 ed Zm

V1 = Z11 I1 + Z12 I2 = j ω L1 I1 + j ω M I2

V2 = Z21 I1 + Z22 I2 = j ω M I1 + j ω L2 I2.(VI.44)

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Le due equazioni (VI.46) e (VI.47), essendo equivalen-ti alle equazioni (VI.44), descrivono anche esse il dop-pio bipolo accoppiamento magnetico perfetto.Nella ipotesi che L1 sia molto grande, al limite per L1che tende all'infinito, si ha:

Le equazioni (VI.48) definiscono un doppio bipoloideale che chiameremo trasformatore ideale e che rap-presenteremo con il simbolo mostrato nell'immagine alato; esso è ideale in quanto descrive un doppio bipoloaccoppiamento magnetico perfetto solo nel limite incui l'induttanza primaria di tale accoppiamento vadaall'infinito. Il trasformatore ideale è caratterizzato daun solo parametro: il suo rapporto di trasformazione a. Se ora ritorniamo alle equazioni (VI.46) e (VI.47), chedescrivono il doppio bipolo accoppiamento perfetto,vediamo che mentre la prima di esse afferma che le ten-sioni sono nello stesso rapporto che avrebbero in untrasformatore ideale, la seconda ci dice che la correnteal primario può essere vista come somma di una cor-rente, che è la stessa che si avrebbe in un trasformato-re ideale, più la corrente che circola nell'induttanza L1quando essa è sottoposta alla tensione primaria. In altritermini le stesse equazioni (VI.46) e (VI.47) caratteriz-zano anche un circuito del tipo mostrato nelle immagi-ni a lato, e quindi tale circuito è equivalente all'accop-piamento magnetico perfetto.Il caso dell'accoppiamento non perfetto si risolve oracon grande semplicità. Supponiamo, infatti, di scom-porre le due induttanze L1 ed L2 in due parti L1' ed L2',e L1" ed L2" tali che L1" L2" = M2:

V1

V2 = a , I1

I2 = - 1a . (VI.48)

I1 = - I2a + V1

j ω L1 . (VI.47)

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Evidentemente, le tre equazioni (VI.49) definiscono iquattro parametri L con un grado di libertà in quantole equazioni che li determinano sono solo tre. Esistonodunque infinite scelte possibili per la scomposizionedescritta; per ottenerne una basterà fissare ad arbitriouno dei parametri ed ottenere gli altri dalle (VI.49).Introduciamo ora le posizioni fatte nelle equazioni(VI.44):

È evidente che i termini in parentesi, per come li abbia-mo costruiti, descrivono un accoppiamento perfetto.Per ottenere il circuito equivalente di un accoppiamen-to non perfetto, basterà aggiungere, a quello di unaccoppiamento perfetto, le due cadute di tensione

e rispettivamente al primario ed al secon-dario, così come mostrato nella seconda immagine alato.Naturalmente, data l'arbitrarietà della scelta di cui alla(VI.49), si possono costruire infiniti circuiti equivalen-ti dell'accoppiamento dato; in particolare sono possibi-li le due scelte L'1 = 0 oppure L'2 = 0: in questo secon-do caso il circuito equivalente che ne risulta è quellomostrato in figura.Si noti che se i morsetti secondari di un doppio bipolotrasformatore ideale sono chiusi su di una impedenza

, il rapporto tra tensione e corrente al primario è datoda:Z

jωL2' I2jωL1

' I1

V1 = j ω L1' I1 + j ω L1

" I1 + j ω M I2 ,

V2 = j ω L2' I2 + j ω M I1 + j ω L2

" I2 .(VI.50)

L1' + L1

" = L1 ,

L2' + L2

" = L2 ,

L1" L2

" = M2 .

(VI.49)

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Cioè il primario vede una impedenza a2 volte più gran-de di quella su cui è chiuso il secondario. Questa osser-vazione fornisce un metodo generale per eliminare gliaccoppiamenti mutui presenti in un circuito e ricon-durre la rete ad una equivalente cosí come mostratonelle immagini a lato.L'accoppiamento mutuo, e a maggior ragione il tra-sformatore ideale, sono, evidentemente, trasparenti perle potenze attive; infatti in tali doppi bipoli non sonopresenti elementi dissipativi e quindi la potenza attivaalla porta primaria è eguale ed opposta a quella allaporta secondaria - si ricordi che si è assunta una con-venzione dell'utilizzatore ad entrambe le porte - dimodo che la potenza attiva totale assorbita dal doppiobipolo è identicamente nulla.Mentre però il trasformatore ideale è trasparente ancheper le potenze reattive - ed in generale per qualsiasitipo di potenza - l'accoppiamento mutuo invece assor-be una certa potenza reattiva; si dimostri che talepotenza può essere messa nella forma:

Esercizi

Per il primo esercizio a lato, proposto in precedenza,diamo la corrente i1, per verificare i risultati ottenuti:

Si provi a risolvere la stessa rete applicando la sovrap-posizione degli effetti.Nell'esercizio successivo si propone la soluzione con ilmetodo delle correnti di maglia o dei potenziali ai nodi.

i1 t = 100 sen 100t - π 4 .

Q = ω L1 I12 +

V12

ω M2

L2

. (VI.52)

V1

I1 = - a2 V2

I2 = a2Z. (VI.51)

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Il trasformator e

Il nome "trasformatore ideale" dato al doppio bipolointrodotto per costruire il circuito equivalente di unaccoppiamento mutuo, deriva dal fatto che "trasforma-tore" viene detto un dispositivo, di larghissimo usonelle pratiche applicazioni, del quale il trasformatoreideale è, appunto, una idealizzazione. Si tratta di unaccoppiamento mutuo realizzato con due avvolgimen-ti, che, con accorgimenti tecnici sui quali non è possi-bile ora soffermarsi, vengono fatti interagire in manie-ra molto stretta (coefficiente di accoppiamento inmodulo prossimo ad 1!). La relazione (VI.46) stabilisceche in tali condizioni le tensioni primarie e secondariesono nel rapporto a, mentre, trascurando la correntederivata dalla induttanza L1 del circuito equivalente, la(VI.47) afferma che le correnti primarie e secondariesono nel rapporto - 1/a. Sarebbe facile dimostrare chetale rapporto di trasformazione altro non è che, conbuona approssimazione, il rapporto tra il numero dellespire dell'avvolgimento primario e quello dell'avvolgi-mento secondario. Un tale dispositivo, dunque, con-sente con grande semplicità di ridurre o elevare unatensione, aumentando o riducendo nel contempo lacorrente; da ciò il suo nome. Si noti che tutto ciò acca-de, almeno nel caso teorico che stiamo qui esaminando,senza nessuna dissipazione di potenza attiva. Il trasfor-matore dunque consente di adattare la tensione allaparticolare applicazione. Ma c'è di più e, per compren-derlo, bisogna sviluppare qualche considerazione ele-mentare sul problema della produzione e della distri-buzione dell'energia elettrica.Motivi di sicurezza degli operatori, e ragioni di ordineeconomico, consigliano l'uso di tensioni relativamentebasse per la distribuzione capillare dell'energia elettri-

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ca. È abbastanza intuitivo infatti comprendere che ildanno prodotto sugli organismi viventi, a parità di con-dizioni, è tanto maggiore quanto maggiore è la tensio-ne. Inoltre gli "isolamenti", sempre necessari in undispositivo elettrico, diventano sempre più costosi edelicati quando la tensione cresce. Nell'Europa conti-nentale, come è noto, il valore efficace della tensionealla distribuzione è di 220 V. D'altra parte il trasportodell'energia elettrica, dal punto di produzione a quellodi utilizzo, avviene mediante conduttori che, natural-mente, non essendo perfetti, presentano una certa resi-stenza. In una situazione schematica di un generatoreG ad una distanza L dal carico che assorbe una corren-te I con un determinato cosϕ, sotto una tensione V, lapotenza dissipata lungo la linea è:

dove ρ è la resistività del materiale di cui i conduttoridi linea sono fatti ed S la loro sezione. Tale potenzadipende soltanto dal quadrato del valore efficace dellacorrente richiesta dal carico! È evidente che se a montedell'utilizzatore disponessimo un trasformatore ridut-tore di tensione in modo da mantenere bassa la tensio-ne sul carico ma da elevare quella sulla linea di tra-sporto, potremmo nel contempo ridurre la corrente dilinea - vedi le VI.48 - e quindi le perdite su di essa. Sesi pensa ai chilometri e chilometri di linee di trasmis-sione elettrica che caratterizzano il panorama di unqualsiasi paese sviluppato, si comprende la convenien-za del trasportare l'energia elettrica, sulle grandi tratte,ad alta tensione e relativamente bassa corrente.Si potrebbe pensare di produrre l'energia elettricadirettamente a tale tensione elevata. Ma anche questonon è conveniente economicamente perché, come si è

Pd = 2ρ LS

I2, (VI.53)

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detto, la complicazione ed il costo di un qualsiasidispositivo elettrico - e quindi anche di un generatore -cresce notevolmente al crescere della tensione. Ciòporta al classico schema, rappresentato a lato, che pre-vede un trasformatore elevatore di tensione a valle deigeneratori ed a monte della linea, ed un trasformatoreriduttore a monte del carico. Naturalmente le cosesono in realtà molto più complesse ed articolate diquanto queste semplici considerazioni possano far cre-dere; si pensi, per esempio, al semplice fatto che sup-porre un trasformatore privo di perdite è chiaramenteuna idealizzazione, non foss'altro perché gli avvolgi-menti di cui esso è costituito presentano necessaria-mente una certa resistenza e quindi introducono unadissipazione aggiuntiva. Queste ed altre problematichesono oggetto di studio di altre discipline che si occupa-no in modo specifico delle macchine elettriche e degliimpianti elettrici; a noi basta qui aver evidenziato, inlinea di principio, il fondamentale ruolo svolto nellatecnica dal dispositivo "trasformatore".

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Il problema del rifasamento nelle reti elettriche.

La necessità di lunghe linee di trasmissione dell'energiaelettrica che collegano i luoghi della generazione conquelli della utilizzazione e la presenza di una inevitabi-le dissipazione in linea dovuta alla resistenza dei con-duttori, ha anche altre interessanti conseguenze checercheremo ora di illustrare in maniera molto elemen-tare.Consideriamo un carico che sotto una determinata ten-sione V, assorbe una potenza attiva P ed una potenzareattiva Q. Supponiamo ancora che la fase della impe-denza equivalente del carico, ϕ=arctg(Q/P), sia positi-va (carico induttivo), come in realtà si verifica nellamaggioranza dei carichi industriali. Il diagramma faso-riale corrispondente alla situazione descritta è rappre-sentato a lato. Nella successiva figura è rappresentataanche una diversa condizione di funzionamento in cuila stessa potenza attiva P è assorbita con una differentepotenza reattiva Q'. La potenza attiva è la stessa neidue casi perché la componente Icosϕ del fasore rap-presentativo della corrente, la sola che entra a determi-nare la potenza attiva, non è variata. Il fatto è ancorapiù chiaro se si considera il triangolo delle potenze neidue casi considerati, così come mostrato in figura. Èevidente però che, nei due casi, è diverso il modulodella corrente I, e quindi diverse sono le potenze dissi-pate lungo la linea che che collega il carico ai generato-ri che lo alimentano. Tali potenze, infatti, sono propor-zionali al quadrato del modulo della corrente secondoun fattore R che rappresenta, appunto, la resistenzaequivalente della linea. Queste perdite potrebbero,dunque, essere ridotte se si disponesse in parallelo alcarico un secondo carico, puramente reattivo - nellenostre ipotesi, capacitivo - in grado di assorbire una

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potenza reattiva pari a - (Q - Q'); ciò senza variare inalcun modo la potenza attiva assorbita dal carico stes-so. In tali condizioni il carico si dirà rifasato da cosϕ acosϕ'. In pratica con il rifasamento si evita che l'ener-gia immagazzinata nel carico, che, come è noto, oscillatra un punto di massimo ed uno di nullo, venga conti-nuamente trasferita lungo la linea, avanti ed indietro,con le conseguenti perdite; l'aver disposto un "serba-toio di energia" in controfase in prossimità del carico -è questa appunto la funzione che svolgono i condensa-tori posti in parallelo al carico - consente che tale scam-bio di energia avvenga tra il "serbatoio" ed il carico enon tra i generatori ed il carico stesso. Gli Enti produt-tori di energia elettrica, interessati a questo risparmiodi energia, cercano di favorire l'uso di tale tecnica adot-tando opportune politiche contrattuali e tariffarie. Inpratica l'energia utilizzata viene fatturata a prezzi diver-si a seconda del cosϕ, quando esso scende al di sotto diun certo valore. In Italia tale valore è cosϕ = 0,9.In conclusione il problema del rifasamento si riduce alcalcolo della capacità del banco di condensatori dadisporre in parallelo al carico per ottenere il voluto rifa-samento. Tale banco dovrà assorbire la potenza reatti-va:

Qc = - (Q-Q') = - P(tanϕ-tanϕ').Si avrà, quindi:

da cui:

dove ϕ è l'angolo di fase del carico non rifasato e ϕ'quello che si vuole ottenere dopo il rifasamento.

C = P tgϕ - tgϕ'

ωV2 , (VI.55)

Qc = - V2

Xc = - ωCV2, (VI.54)

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Esercizi

La corrente che circola nel condensatore centrale, dellarete assegnata in precedenza, è nulla. Il circuito ha,infatti, un grafo a ponte - di cui si è già parlato in regi-me continuo - con i lati del ponte che verificano la con-dizione di equilibrio:

Allo stesso risultato si può arrivare rapidamente appli-cando il teorema del generatore equivalente di tensioneai morsetti del condensatore centrale.

L'ultimo esercizio richiede di applicare il teorema delgeneratore equivalente di corrente ai morsetti A e Bdella rete mostrata.

jXL2 -jXC4 = R1 R3 .

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Bipoli e strumenti di misura in regime dinamico

Anche i bipoli introdotti in regime dinamico, nella loroconcreta realizzazione, si discostano in alcuni aspettidalla loro idealizzazione, che fin qui abbiamo preso inconsiderazione. Abbiamo già visto che un condensato-re può essere realizzato con una semplice strutturapiana di due armature conduttrici con un isolante (die-lettrico) interposto. Se S è l'area delle armature, d ladistanza tra le stesse, ed ε la costante dielettrica delmezzo interposto, la capacità del condensatore è:

Cominciamo con l'osservare che l'unità di misura faradè in realtà molto grande; è facile verificare, per esem-pio, che per ottenere una capacità di un farad con uncondensatore ad armature piane separate da uno spa-zio vuoto - o con aria - di un decimo di millimetro,occorrerebbe una superficie delle armature di diecimilioni di metri quadri. Per questo motivo sono moltousati, come unità di misura delle capacità, i sottomulti-pli del farad: millifarad, microfarad, nanofarad e pico-farad.Come per i resistori, il valore della capacità del con-densatore non è l'unico parametro che caratterizza ilcomponente. Tra gli altri parametri importanti ricor-diamo la tolleranza, il margine di incertezza, cioè, concui il valore della capacità è dato, e la tensione di lavo -ro che è la tensione per la quale lo spessore di isolanteè stato progettato; tensioni maggiori mettono a rischiol'integrità del componente. A caratterizzare ulterior-mente il componente, intervengono a volte, le modalitàdi costruzione dello stesso; alcuni condensatori, peresempio, detti polarizzati, hanno le polarità dei loromorsetti fissate a priori, nel senso che uno dei morset-

C = ε Sd

. (VI.56)

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ti, opportunamente contrassegnato, deve necessaria-mente essere mantenuto nel circuito ad un potenzialemaggiore rispetto a quello dell'altro. Essi sono realizza-ti con particolari tecniche che consentono di otteneresottilissimi strati di dielettrico e quindi capacità moltoelevate. Va osservato infine che nessun isolante, natu-ralmente, è perfetto, e quindi tra le due armature siavrà necessariamente anche un passaggio di ordinariacorrente di conduzione. Ciò implica una dissipazionedovuta alla resistività del "materiale isolante". È comese esistesse in effetti un'altra via di passaggio in paral-lelo per la corrente; ciò giustifica lo schema equivalen-te spesso adottato che vede connesso in parallelo alcondensatore un opportuno resistore che, naturalmen-te, avrà, in generale, una elevata resistenza, detta resi -stenza di dispersione del condensatore. A volte, pertenere in conto anche gli effetti dovuti alle connessioniinterne alle armature ed alla non perfetta conducibilitàdelle armature stesse, si dispone anche un resistore inserie al condensatore nel suo circuito equivalente; que-st'ultimo avrà, naturalmente, una resistenza moltobassa.Per quanto riguarda il bipolo induttore, si è già dettoche esso può immaginarsi costituito da un avvolgimen-to di un certo numero di spire su di un supporto mate-riale. Tale supporto può avere l'unico scopo di sostene-re semplicemente l'avvolgimento, o svolge esso stessouna funzione, amplificando il valore dell'induttanza,quando è realizzato con particolari materiali detti fer -romagnetici. In tal caso però non si può evitare unacerta non linearità del componente. Essendo l'avvolgi-mento realizzato con un conduttore necessariamentenon perfetto, un circuito equivalente adeguato dell'in-duttore prevede una resistore, di norma di bassa resi-stenza, in serie all'induttore stesso. Uno schema più

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raffinato contempla anche un condensatore, di relati-vamente bassa capacità, in parallelo alla serie dell'in-duttore e del resistore. Tale condensatore tiene inconto, in modo complessivo, la capacità, detta parassi -ta, che necessariamente viene a stabilirsi tra spira espira dell'avvolgimento. Le singole spire giocano ilruolo delle armature e l'isolante di cui esse sono rico-perte, per impedirne il contatto elettrico, quello deldielettrico interposto. Ciò spiega anche perché si parlaa volte, in alcune applicazioni, del fattore di qualità - siricordi il circuito risonante - di un induttore.Del trasformatore e dei suoi usi abbiamo già fattocenno; possiamo immaginarlo costituito da due avvol-gimenti sovrapposti o comunque messi in condizionedi interagire in modo molto stretto (alto fattore diaccoppiamento) utilizzando particolari strutture realiz-zate con materiali ferromagnetici. Del trasformatoreoccorrerà conoscere la tensione nominale primaria equella secondaria che sono le tensioni per le quali ildispositivo è stato costruito e, di conseguenza, per lequali è stato proporzionato l'isolamento. In luogo diuna delle due tensioni può essere assegnato equivalen-temente il rapporto di trasformazione. Sarà necessarioconoscere anche la corrente nominale che possiamointendere come la corrente per la quale sono stati pro-porzionati i conduttori degli avvolgimenti - si pensi alladissipazione che in essi si produce ed al conseguentesviluppo di calore -. Altri due fattori che caratterizzanoun trasformatore e che fanno parte dei così detti dati ditarga del dispositivo, sono la tensione di cortocircuito ela corrente primaria a vuoto. La prima è la tensione concui bisogna alimentare il primario perché nel seconda-rio, messo in cortocircuito, circoli la corrente nomina-le. La seconda è la corrente che circola nel primarioquando il secondario è a vuoto. Non possiamo, in que-

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sto contesto, appro f o n d i re oltre sull'argomento; cibasti dire che i due ultimi dati citati sono nel comples-so indicativi della qualità del dispositivo, delle sue dis-sipazioni interne e del suo grado di accoppiamento.Daremo ora un rapido cenno agli strumenti di misuradi tensione e corrente in regime dinamico. Come nelregime continuo, voltmetri e amperometri vanno inse-riti il primo in parallelo al carico ed il secondo in serieallo stesso. Trattandosi però di grandezze che varianonel tempo occorrerà stabilire cosa intendiamo in effet-ti misurare. Per il regime sinusoidale, o più in generalealternativo, abbiamo diverse scelte: possiamo averevoltmetri o amperometri che forniscono il valor massi-mo della tensione o della corrente nella loro evoluzio-ne temporale, o strumenti che forniscano il valor medioin un periodo od in un semiperiodo della grandezza damisurare. Per quanto detto in precedenza sulla poten-za nei regimi sinusoidali, è chiaro però che il caso piùinteressante è quello del voltmetro e dell'amperometroche forniscono il valore efficace della tensione o dellacorrente.Naturalmente, per gli stessi motivi descritti per gli ana-loghi strumenti in continua, occorrerà che il voltmetroabbia una elevata impedenza interna, mentre l'ampero-metro dovrà presentare una bassa impedenza interna.Uno strumento molto diffuso nei laboratori o, comun-que, nella pratica operativa, è il multimetro. Si tratta diun dispositivo molto duttile che può essere voltmetro,amperometro ed altro ancora, semplicemente variandola posizione di opportuni commutatori.In regime dinamico, però, può sorgere la necessità dimisurare, istante per istante, l'andamento temporale diuna grandezza elettrica; gli oscilloscopi, o anche oscil-lografi, siano essi digitali o analogici, svolgono appun-to una tale funzione. Il risultato della misura è un gra-

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fico, evidenziato su di uno schermo o tracciato su di unfoglio, che rappresenta appunto l'andamento neltempo della grandezza. Particolare complessità e raffi-natezza richiedevano, un tempo, gli oscilloscopi ingrado di rilevare anche grandezze non periodiche.Oggi un tale problema è brillantemente risolto conl'uso del calcolatore come strumento di misura o,comunque, di sistemi di acquisizione dati sotto formadigitale. In pratica il segnale viene misurato automati-camente, utilizzando un opportuno trasduttore, in ungran numero di istanti egualmente distanziati neltempo; i risultati delle misure vengono memorizzaticome dati e possono successivamente essere visionatinella modalità desiderata. È chiaro che una voltamemorizzato il risultato della misura sotto forma disequenza di numeri, è possibile immaginare ogni sortadi successiva elaborazione degli stessi mediante calco-latore. Ciò ha fatto oggi del calcolatore - o di dispositi-vi digitali progettati per scopi specifici - lo strumentoprincipe di ogni sistema di misura in laboratorio.Esistono in commercio software molto raffinati ai qualiè possibile demandare, con estrema semplicità, tutta lagestione di un esperimento o di un processo.Un strumento di cui non si sentiva particolare necessitàin continua, ma che è di interesse in regime sinusoida-le, è il wattmetro: lo strumento che misura la potenzaattiva. In continua infatti, la potenza è data dal prodot-to VI, e può essere facilmente ottenuta con due misure,rispettivamente, di tensione e di corrente. In alternatainvece la potenza attiva è VIcosϕ, e sarebbero quindinecessarie tre misurazioni, avendo però a disposizioneuno strumento in grado di misurare lo sfasamento tratensione e corrente. Fortunatamente esistono strumen-ti in grado di fornire direttamente il prodotto VIcosϕcon una sola misura. Nel wattmetro dovremo distin-

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guere due coppie di morsetti: i morsetti voltmetrici,che verranno collegati ai punti tra i quali insiste lad.d.p., e quelli amperometrici che dovranno essereattraversati dalla corrente, così come mostrato nelleimmagini a lato. Si parlerà di circuito amperometrico ecircuito voltmetrico del wattmetro.Il wattmetro dunque è, per sua natura intrinseca, undoppio bipolo ed è facile convincersi in base a ragiona-menti simili a quelli già sviluppati per il voltmetro e perl'amperometro, che esso deve presentare, per essereideale, una impedenza infinita ai suoi morsetti voltme-trici ed una impedenza nulla a quelli amperometrici.Esistono anche strumenti che misurano la potenza reat-tiva assorbita da un carico: essi vengono detti Varmetri dal nome della unità di misura che abitualmente si uti-lizza per le potenze reattive, i volt-ampere reattivi.

Esercizi

Per la rete di figura, già proposta, la tensione ai mor-setti A e B, ottenuta applicando il teorema del genera-tore equivalente di corrente, è:

Nell'esercizio successivo è presente un accoppiamentomutuo; non sarà difficile risolverlo se si utilizzerà il cir-cuito equivalente dell'accoppiamento e si ricondurràl'impedenza secondaria al primario.L'ultimo esercizio proposto richiede di rifasare un cari-co, di cui sono date le caratteristiche, a cosϕ = 1. È uncaso puramente teorico, scelto per semplificare i calco-li, in quanto, per motivi che sarebbe lungo spiegare inquesta sede, non si richiede mai un rifasamento totale.

vAB t = 200 sen ωt - π 4 .

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