Gli esiti occupazionali dei Dottori di ricerca: una ... · nell’università (o tutt’al più in...

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1 Articolo pubblicato nel volume “XI Rapporto sulla condizione occupazionale dei laureati. Occupazione e occupabilità dei laureati. A dieci anni dalla Dichiarazione di Bologna” (Il Mulino, 2009). A cura del Consorzio Interuniversitario Alma Laurea. Gli esiti occupazionali dei Dottori di ricerca: una indagine a Bologna 1 di Claudia Girotti e Giunio Luzzatto 1) L’indagine: motivazioni e risultati generali Pur con le caratteristiche proprie, che lo connettono strettamente anche all’assetto del sistema della ricerca scientifica, il Dottorato di ricerca si configura ormai come uno dei livelli, il terzo, nel quadro complessivo dei titoli di studio universitari; a ciò ha contribuito il “Processo di Bologna”, che nei suoi diversi sviluppi fa permanente riferimento a titoli a tre livelli (si veda, tipicamente, l’articolazione delle competenze come indicata dai Descrittori di Dublino). Aumenta perciò l’esigenza di una sistematica valutazione della qualità, dell’efficienza e dell’efficacia dell’offerta formativa relativa a questo segmento del sistema di istruzione superiore; alla determinazione di requisiti ex ante, in corso da tempo, e di verifiche di processo è sempre più necessario aggiungere una adeguata analisi, ex post, del prodotto. L’esame degli esiti occupazionali dei corsi dottorali rientra in questa analisi, ed è particolarmente importante in relazione alla necessità, da ogni parte affermata, di superare l’attuale concezione italiana del dottorato; a differenza di quanto accade altrove, esso infatti è ancora considerato quasi esclusivamente come tappa iniziale della carriera nell’università (o tutt’al più in enti di ricerca), e non anche come formazione a posizioni professionali che richiedano elevata qualificazione scientifica. Indagini su tali esiti vi sono già state in passato 2 ; il Nucleo di Valutazione (NdV) dell’Università di Bologna, pienamente incoraggiato in tale direzione dal Rettore Pier Ugo Calzolari, ne ha promossa una ulteriore, che si caratterizza per la volontà di individuare le posizioni lavorative a distanze diverse dal momento di conclusione degli studi dottorali. La scelta di distanze pari a uno, a tre e a cinque anni, già compiuta da AlmaLaurea nelle analisi che essa svolge sui laureati dei primi due livelli, è parsa convincente, sia nel merito sia perché in futuro consentirà di disporre, per i differenti livelli, di dati pienamente comparabili. Proprio in ragione di questa scelta, nonché della consolidata esperienza 1 Il § 1) è stato curato congiuntamente dagli autori; i § 2), 3) e l’Appendice da C. Girotti; i § 4) e 5) da G. Luzzatto 2 Cfr. CNVSU Progetto per la ricognizione, raccolta e analisi dei dati esistenti sul dottorato di ricerca e per l’indagine sull’inserimento professionale dei dottori di ricerca (Indagine su dottori delle Università di Pavia, Pisa, Salerno, Siena), RdR1/06, settembre 2006, disponibile su http://www.cnvsu.it/_library/downloadfile.asp?id=11349 , A. Schizzerotto, Gli esiti occupazionali dei dottori di ricerca (dottori Università di Milano, Milano Bicocca e Trento), 2006, disponibile su http://www.sociologiadip.unimib.it/lsa/documenti/materiali/A061%20Gli%20esiti%20occupazionali% 20dei%20dottori%20di%20ricerca.pdf e Indagine sull’inserimento professionale dei dottori di ricerca

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Articolo pubblicato nel volume “XI Rapporto sulla condizione occupazionale dei laureati. Occupazione e occupabilità dei laureati. A dieci anni dalla Dichiarazione di Bologna” (Il Mulino, 2009). A cura del Consorzio Interuniversitario Alma Laurea.

Gli esiti occupazionali dei Dottori di ricerca: una indagine a Bologna1

di Claudia Girotti e Giunio Luzzatto

1) L’indagine: motivazioni e risultati generali

Pur con le caratteristiche proprie, che lo connettono strettamente anche all’assetto del

sistema della ricerca scientifica, il Dottorato di ricerca si configura ormai come uno dei

livelli, il terzo, nel quadro complessivo dei titoli di studio universitari; a ciò ha contribuito il

“Processo di Bologna”, che nei suoi diversi sviluppi fa permanente riferimento a titoli a tre

livelli (si veda, tipicamente, l’articolazione delle competenze come indicata dai Descrittori di

Dublino). Aumenta perciò l’esigenza di una sistematica valutazione della qualità,

dell’efficienza e dell’efficacia dell’offerta formativa relativa a questo segmento del sistema

di istruzione superiore; alla determinazione di requisiti ex ante, in corso da tempo, e di

verifiche di processo è sempre più necessario aggiungere una adeguata analisi, ex post, del

prodotto.

L’esame degli esiti occupazionali dei corsi dottorali rientra in questa analisi, ed è

particolarmente importante in relazione alla necessità, da ogni parte affermata, di superare

l’attuale concezione italiana del dottorato; a differenza di quanto accade altrove, esso

infatti è ancora considerato quasi esclusivamente come tappa iniziale della carriera

nell’università (o tutt’al più in enti di ricerca), e non anche come formazione a posizioni

professionali che richiedano elevata qualificazione scientifica. Indagini su tali esiti vi sono

già state in passato2; il Nucleo di Valutazione (NdV) dell’Università di Bologna, pienamente

incoraggiato in tale direzione dal Rettore Pier Ugo Calzolari, ne ha promossa una ulteriore,

che si caratterizza per la volontà di individuare le posizioni lavorative a distanze diverse dal

momento di conclusione degli studi dottorali.

La scelta di distanze pari a uno, a tre e a cinque anni, già compiuta da AlmaLaurea nelle

analisi che essa svolge sui laureati dei primi due livelli, è parsa convincente, sia nel merito

sia perché in futuro consentirà di disporre, per i differenti livelli, di dati pienamente

comparabili. Proprio in ragione di questa scelta, nonché della consolidata esperienza

1 Il § 1) è stato curato congiuntamente dagli autori; i § 2), 3) e l’Appendice da C. Girotti; i § 4) e 5) da G. Luzzatto 2 Cfr. CNVSU Progetto per la ricognizione, raccolta e analisi dei dati esistenti sul dottorato di ricerca e per l’indagine sull’inserimento professionale dei dottori di ricerca (Indagine su dottori delle Università di Pavia, Pisa, Salerno, Siena), RdR1/06, settembre 2006, disponibile su http://www.cnvsu.it/_library/downloadfile.asp?id=11349, A. Schizzerotto, Gli esiti occupazionali dei dottori di ricerca (dottori Università di Milano, Milano Bicocca e Trento), 2006, disponibile su http://www.sociologiadip.unimib.it/lsa/documenti/materiali/A061%20Gli%20esiti%20occupazionali%20dei%20dottori%20di%20ricerca.pdf e Indagine sull’inserimento professionale dei dottori di ricerca

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acquisita da AlmaLaurea stessa, il NdV bolognese ha dato mandato a tale Consorzio di

realizzare tecnicamente l’indagine, sulla base di un protocollo elaborato congiuntamente.

Quale presidente, all’epoca, di tale NdV voglio rilevare che la collaborazione in questo

lavoro si è sviluppata in modo molto positivo, integrando le competenze delle due parti, a

dimostrazione del fatto che è ingiustificata la diffidenza a priori per azioni cogestite, spesso

presente nella tradizione autarchica delle istituzioni italiane.

L’indagine si è svolta, con il metodo CATI (Computer Assisted Telephone Interviewing),

nel maggio 2008. Essa era rivolta all’analisi della posizione lavorativa dei dottori di ricerca

(nel séguito, DdR) che avevano conseguito tale titolo nell’Ateneo bolognese negli anni

solari 2007, 2005 e 2003; poiché la conclusione del dottorato (discussione della tesi) si

svolge in oltre il 90% dei casi nel primo semestre dell’anno, ciò corrispondeva per il 2007 a

un periodo tra i 10 e i 16 mesi di distanza da tale conclusione.

Sui 1.492 DdR degli anni considerati si sono ottenute 1.200 interviste, con un tasso di

risposta superiore all’80%. Relativamente alle singole annate il quadro è quello che risulta

dalla Tab. 1.

Tab. 1 - Tasso di risposta dei Dottori di ricerca (DdR) anni 2007, 2005, 2003

Anno di dottorato

2007 2005 2003 Totale

Totale dottori di ricerca 565 527 400 1.492 Interviste svolte 473 413 314 1.200 Tasso di risposta 83,7% 78,4% 78,5% 80,4%

Fonte: ALMALAUREA, indagine 2008.

Nell’analisi della condizione occupazionale sono stati considerati come occupati, oltre a

coloro che svolgono un’attività lavorativa secondo le definizioni usuali, anche coloro che

sono impegnati in attività sostenute da borsa post-doc o assegno di ricerca. Quest’ultimo

collettivo rappresenta una parte consistente, importante e peculiare della popolazione dei

dottori di ricerca; per ciò che concerne il lavoro nelle istituzioni scientifiche la borsa o

l’assegno di ricerca rappresentano infatti quasi sempre -e se ne avrà puntuale conferma

nella presente indagine- la prima tappa di un percorso di lavoro. Secondo tale definizione,

quindi la quasi totalità (91%) dei DdR risulta occupato già ad un anno dall’acquisizione del

titolo; tale percentuale sale fino al 96% tra i DdR a cinque anni dal titolo.

Un confronto con i laureati è possibile comprendendo tra gli occupati, oltre a coloro che

svolgono un’attività lavorativa, anche coloro che sono impegnati in una qualsiasi attività di

formazione purchè retribuita (non solo, dunque, la borsa post-doc o assegno di ricerca); ciò

corrisponde alla definizione di occupato utilizzata dall’ISTAT nell’indagine sulle forze di

lavoro. Secondo tale definizione, il dato sull’occupazione precedentemente descritto viene

LUISS Guido Carli (dottori Università LUISS), febbraio 2007, disponibile su http://www.luiss.it/valutazione/pdf/Rapporto_Dottori_2007.pdf

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incrementato di un ulteriore 2%, corrispondente ai DdR impegnati in attività di formazione

retribuite diverse dalla borsa post-doc o assegno di ricerca (prevalentemente scuola di

specializzazione). Il tasso di occupazione così definito, a uno, tre e cinque anni

dall’acquisizione del dottorato, viene messo a confronto, nella seguente Tab. 2, con

l’analogo risultato relativo ai laureati della stessa Università di Bologna.

Tab. 2 - Tasso di occupazione dei DdR e dei Laureati a uno, tre, cinque anni dal titolo

Distanza dall’acquisizione del titolo

UN anno TRE anni CINQUE anni

Dottori di ricerca 92,8 94,7 96,8 Laureati* 72,2 86,3 91,2

* I dati sui Laureati sono tratti dall’indagine AlmaLaurea 2007 relativa ai laureati dell’Università di Bologna (vecchio ordinamento) negli anni 2006, 2004 e 2002.

Fonte: ALMALAUREA, indagine 2008.

Emerge perciò, come primo elemento, che un tasso di occupazione superiore al 90%,

raggiunto dai Laureati solo dopo cinque anni, viene raggiunto già dopo un anno dai DdR.

Se si passa all’esame del ramo di attività economica nel quale si svolge il lavoro dei

medesimi DdR, si ha il prospetto presentato nella Tab. 3.

Tab. 3 - Percentuale di DdR occupati operanti nei diversi rami a uno, tre, cinque anni dal titolo

(percentuali di colonna)

Ramo di attività Distanza dall’acquisizione del titolo

UN anno TRE anni CINQUE anni Totale

Istruzione e ricerca 56,5 58,6 67,4 60,2

di cui Università 36,3 40,6 50,2 41,5

Enti di ricerca 8,1 8,6 5,3 7,5

Totale Univ. e Enti 44,4 49,2 55,5 49,0

Altro (1) 12,1 9,4 12,0 11,1

Agricoltura 2,3 2,1 1,3 2,0

Industria 10,5 10,5 8,3 9,9

Consulenze professionali (2) 5,3 7,6 3,7 5,7

Sanità 12,1 7,1 8,0 9,3

Altri servizi (3) 13,0 13,9 11,0 12,8

Non risponde 0,2 0,3 0,3 0,3

Totale occupati 430 382 301 1.113

Fonte: ALMALAUREA, indagine 2008.

(1) sono comprese anche la scuole primarie (e dell’infanzia) e le scuole secondarie. (2) comprende la consulenza legale, amministrativa e contabile e altre attività di consulenza e

professionali. (3) comprende i rami: commercio; trasporti e viaggi; poste, comunicazioni e telecomunicazioni; credito

e assicurazioni; informatica, elaborazione ed acquisizione dati; altri servizi alle imprese; pubblica

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amministrazione e forze armate; servizi ricreativi, culturali e sportivi; altri servizi sociali e personali.

Vi è, come prevedibile, una netta prevalenza dell’attività nel settore istruzione e ricerca,

e all’interno di esso nelle istituzioni scientifiche (Università e Enti). L’occupazione in queste

istituzioni presenta peraltro una variazione forte, di oltre 5 punti, in corrispondenza di

ognuno dei bienni considerati; ciò può essere dovuto sia alla diminuzione di opportunità di

lavoro negli Atenei e negli Enti di ricerca nel corso del quinquennio trascorso, sia al fatto

che alcuni DdR, inizialmente attivi altrove o non ancora attivi, si inseriscono in un secondo

tempo nell’Università o in tali Enti. Solo la ripetizione della presente indagine in anni

successivi potrà chiarire in quale misura incida ognuna delle due cause; la prima causa

farebbe diminuire, nelle successive indagini, le percentuali di occupazione universitaria in

ognuna delle scadenze indicate, mentre la seconda le manterrebbe stabili.

2) Tipologia dell’attività lavorativa

L’analisi della tipologia dell’attività lavorativa (tab. 4) mostra che nel complesso il 14%

dei dottori occupati svolge un’attività sostenuta da assegno di ricerca; un quinto ha un

contratto di collaborazione mentre il 15% svolge un lavoro a tempo determinato. Il lavoro

stabile3 riguarda invece il 48% del totale degli occupati. Ovviamente col tempo cambia la

diffusione dei vari tipi di contratto: ad un anno dal titolo, infatti, il lavoro stabile riguarda

36 dottori su cento (soprattutto grazie alla diffusione dei contratti a tempo indeterminato

che caratterizzano un quarto degli occupati), mentre 17 occupati su cento svolgono

un’attività sostenuta da assegno di ricerca. Il 15% degli occupati ha un contratto a tempo

determinato, mentre il 28% ha un contratto di collaborazione.

A cinque anni dal titolo la stabilità riguarda il 68 per cento degli occupati, grazie al forte

aumento dei contratti a tempo indeterminato (61,5% degli occupati) e alla diminuzione di

tutte le altre forme contrattuali, che sembrano essersi trasformate in lavoro stabile.

Tab. 4 - Occupati: tipologia dell’attività lavorativa per anni dal conseguimento del titolo di dottore di

ricerca (percentuali di colonna)

anni dal conseguimento del titolo di dottore

UN anno TRE anni CINQUE anni Totale

autonomo 11,2 10,7 6,6 9,8 tempo indeterminato 25,3 34,6 61,5 38,3 assegno di ricerca, borsa post-doc 17,0 16,2 8,0 14,3 tempo determinato 15,3 18,1 11,0 15,1 collaborazione 28,1 18,6 12,3 20,6 altro 2,3 1,0 0,3 1,3 non risponde 0,7 0,8 0,3 0,6 Totale occupati 430 382 301 1.113

Fonte: ALMALAUREA, indagine 2008.

3 Per lavoro stabile si intende la somma delle modalità lavoro autonomo e lavoro a tempo indeterminato.

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Nel complesso, la stabilità riguarda in misura assai più consistente gli uomini (53%)

delle loro colleghe (43%), rispetto ad entrambe le due componenti del lavoro stabile: il

lavoro autonomo riguarda, rispettivamente, 11 uomini e 8 donne su cento; il contratto a

tempo indeterminato coinvolge invece il 42% degli uomini e il 35% delle donne.

Nonostante la numerosità del collettivo non permetta di operare ulteriori approfondimenti, i

differenziali di genere sembrano essere legati, almeno in parte, alla diversa posizione

ricoperta nella professione svolta: diminuiscono fortemente tra i ricercatori e gli impiegati

(rispettivamente, 5,8 e 0,8 punti percentuali a favore degli uomini), mentre tra i dirigenti,

direttivi e quadri si registra addirittura una maggiore stabilità contrattuale tra le donne

(89% contro l’85% dei colleghi).

Al contrario, il lavoro atipico risulta caratteristica peculiare delle donne, in particolare

per la diversa diffusione dei contratti di collaborazione (quasi il 23% delle donne e il 18%

degli uomini ) e a tempo determinato (17% delle donne e il 13,5% degli uomini). Tuttavia,

col tempo le differenze di genere tendono a diminuire e su entrambi i collettivi si osserva

un forte aumento dei contratti a tempo indeterminato in corrispondenza di una diminuzione

di tutte le altre forme contrattuali.

L’analisi del percorso compiuto dal conseguimento del titolo di dottore al momento

dell’intervista ha reso possibile uno studio dettagliato dell’evoluzione della tipologia

contrattuale. In particolare, agli intervistati è stato chiesto di indicare (con cadenza

trimestrale) l’attività prevalente svolta nell’intero periodo considerato4.

L’analisi sui dottori di ricerca del 2003 (fig. 1) mostra, nel primo anno seguente il titolo

di dottore, un aumento sia degli assegni di ricerca che dei contratti a tempo determinato.

Nell’anno successivo gli assegni di ricerca sono stabili, per poi crollare dal terzo anno. I

contratti a tempo determinato invece, raggiunto il massimo entro il primo anno,

mantengono per tutto il periodo di osservazione un andamento altalenante, ma tendente

comunque ad una leggera diminuzione pur senza differenziali significativi.

Il lavoro stabile invece aumenta per tutto il periodo e presenta un andamento

complementare a quello dell’assegno di ricerca a partire dal secondo anno successivo al

titolo: al progressivo aumento dell’uno si rileva il calo, in misura analoga, dell’altro.

Sempre molto basse e tendenti ad annullarsi nel tempo le altre attività di formazione

post-dottorato e i periodi di studio in preparazione a concorsi pubblici o all’esame di stato.

4 Ai dottori di ricerca è stato chiesto di ripercorrere il percorso compiuto dal conseguimento del titolo al momento dell’intervista e di indicare per ogni trimestre qual era l’attività prevalente tra: lavoro con assegno di ricerca; lavoro a tempo determinato, contratto formazione lavoro, collaborazione, altro contratto atipico, lavoro senza contratto; lavoro a tempo indeterminato/autonomo effettivo; conclusione del dottorato; attività di formazione post-dottorato; periodo di studio in preparazione a concorsi pubblici/esame di stato; ricerca di un lavoro; altra condizione di inattività (non lavorava e non cercava lavoro) diversa dallo studio.

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6

0

10

20

30

40

50

60

70

80

90

100

assegno di ricerca

lavoro tempo determ.

lavoro tempo indet./autonomo

formaz. post-doc

preparazione a concorsi/esame di stato

ricerca lavoro

2004 2005 2008200720062003

Fig. 1 - Dottori di ricerca 2003: percorso compiuto dal conseguimento del titolo di dottore al momento dell’intervista (valori percentuali)

Fonte: ALMALAUREA, indagine 2008.

Come sottolineato in precedenza, il forte aumento della stabilità da uno a cinque anni e,

contemporaneamente, la diminuzione degli altri tipi di contratto, sembrano suggerire che

col tempo i contratti atipici si trasformino in contratti a tempo indeterminato. Per verificare

tale ipotesi si è posta l’attenzione in particolare sui dottori di ricerca del 2003 che

risultavano impegnati in attività sostenute da borsa/assegno di ricerca alla fine del 2004,

anno in cui tale forma contrattuale ha raggiunto la massima diffusione. L’analisi effettuata

mostra che l’uscita dalla condizione di “assegnista di ricerca” si traduce spesso in lavoro a

tempo determinato (o altro lavoro atipico) ma, ancor più frequentemente, in lavoro stabile.

Questo sembra confermare dunque l’ipotesi che il lavoro atipico sia l’anticamera della

stabilità, ma ciò è vero solo in parte. Dopo cinque anni dal titolo, infatti, solo il 48% di

coloro che erano impegnati in attività sostenute da borsa/assegno di ricerca presenta una

condizione contrattuale stabile; circa un quarto lavora a tempo determinato e un altro 23%

non ha modificato la propria situazione, svolgendo ancora un’attività sostenuta da borsa o

assegno di ricerca.

I contratti di lavoro sono fortemente differenziati fra i due settori pubblico (nel quale è

occupato il 71% dei dottori) e privato (che raccoglie il 29% degli occupati)5: in particolare,

il confronto tra i due settori consente di confermare la maggiore, e oramai nota, diffusione

5 Per una lettura più corretta dei risultati si deve tener presente che la Riforma Biagi ha introdotto modifiche differenti per il settore pubblico e quello privato.

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della precarietà nel settore pubblico. Ciò è dovuto in particolare alla maggiore diffusione dei

contratti di collaborazione (22% contro il 17% dei colleghi del privato), ma soprattutto del

tempo determinato (17% contro il 9,5% del privato) e dell’assegno di ricerca (19%, contro

il 2% del privato). Al contrario, nel settore privato la stabilità è raggiunta dal 69% di chi vi

lavora, 30 punti percentuali in più rispetto al pubblico.

Anche se le ridotte numerosità inducono ad una certa cautela, le differenze di genere

evidenziate in precedenza si ripresentano anche nella distinzione tra settore pubblico e

privato: nel primo ha un contratto stabile il 36,5% delle donne e il 43% degli uomini; nel

privato le percentuali sono rispettivamente del 62 e del 75%. Corrispondentemente, è più

consistente la presenza del lavoro atipico tra le donne, in particolare nel settore pubblico.

I settori pubblico e privato non si differenziano solo per la diversa stabilità contrattuale

che offrono agli occupati che vi lavorano. Un’analisi approfondita6 ha messo in luce

molteplici differenze tra i due settori, tra cui ad esempio la diversa capacità di valorizzare le

competenze acquisite durante gli studi; di seguito sono riportate le principali caratteristiche

dei due settori, quelle a cui sono associati alti livelli di probabilità.

Verosimilmente il settore pubblico è caratterizzato da dottori di ricerca occupati nel

ramo dell’Istruzione e Ricerca, in particolare all’università, in qualità di ricercatori o, anche

se in misura inferiore, come insegnanti. Il titolo di dottore di ricerca risulta molto efficace7

per il lavoro svolto, grazie ad un utilizzo elevato delle competenze acquisite durante gli

studi e alla necessità (reale o formale) del titolo per il lavoro svolto. Con maggiore

probabilità, i dottori che lavorano nel pubblico svolgono un’attività sostenuta da assegno di

ricerca e presentano un guadagno mensile netto inferiore alla media: 1.431 euro contro i

1.473 del totale. La soddisfazione per il lavoro svolto è più elevata della media per i

seguenti aspetti: coerenza con gli studi fatti, flessibilità dell’orario di lavoro, rispondenza ai

propri interessi culturali, utilità sociale del lavoro svolto, tempo libero. Minore invece la

soddisfazione rispetto alle prospettive di guadagno e di carriera e alla stabilità e sicurezza

del lavoro.

Al contrario, il settore privato è verosimilmente caratterizzato da dottori di ricerca

occupati come liberi professionisti e impiegati ad alta/media qualificazione, nel ramo

dell’industria o delle consulenze, in aziende di piccole o medie dimensioni. Con maggiore

probabilità il titolo di dottore di ricerca risulta poco o per nulla efficace, a causa della ridotta

necessità del titolo nel lavoro svolto e dello scarso o nullo utilizzo delle competenze

acquisite durante gli studi. Con maggiore probabilità il settore privato è composto da

6 Per facilitare l’analisi dei collettivi in esame, si è utilizzata una particolare procedura statistica (DEMOD) che permette di identificare le variabili, indipendentemente dalla loro natura, maggiormente caratterizzanti un determinato gruppo di soggetti. Per ciascuna variabile analizzata, infatti, si individuano, attraverso opportuni test probabilistici, le modalità (nel caso di variabili qualitative) o le medie (nel caso di variabili quantitative) che risultano significativamente diverse rispetto al complesso della popolazione in esame; inoltre, ordinando in modo decrescente le probabilità ad esse associate, è possibile costruire la graduatoria delle modalità o variabili maggiormente caratterizzanti ciascun gruppo. 7 L'indice di efficacia del titolo di dottore di ricerca deriva dalla combinazione delle domande inerenti l’utilizzo delle competenze acquisite durante il corso di dottorato e la necessità (formale e sostanziale) del titolo per l’attività lavorativa.

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dottori che si sono iscritti ad un corso di dottorato per arricchire la propria formazione

culturale, non hanno svolto alcuna attività di formazione post-dottorato, provengono da

una scuola di dottorato in Scienze giuridiche o dell’area ingegneristica; verosimilmente

sono più soddisfatti del lavoro svolto per le prospettive di guadagno e di carriera, e per la

stabilità e sicurezza del lavoro svolto. Con maggiore probabilità gli occupati nel settore

privato percepiscono un guadagno mensile netto più elevato della media: circa 1.580 euro,

oltre 100 euro in più rispetto al complesso.

Sembra dunque che sia il settore pubblico che privato non siano in grado di valorizzare

appieno la figura del dottore di ricerca: da un lato, il settore pubblico, seppure permetta di

sfruttare le competenze acquisite durante gli studi, non garantisce una buona stabilità

contrattuale né livelli retributivi che vadano in qualche modo a compensare tale precarietà;

dall’altro, il settore privato non solo attira a sé un ridotto numero di dottori di ricerca, ma

non riesce a sfruttarne completamente le competenze. Tuttavia, i pochi dottori di ricerca

che hanno trovato un impiego nel settore privato vantano un guadagno mensile netto più

elevato dei colleghi del pubblico; ciò è dovuto in parte alla diversa diffusione del lavoro

svolto al momento del conseguimento del titolo di dottore, maggiore tra gli occupati nel

privato e generalmente associato a livelli retributivi più elevati. Tuttavia, anche limitando

l’analisi a coloro che hanno iniziato a lavorare dopo il titolo, gli occupati nel settore privato

guadagnano oltre il 7% in più rispetto ai colleghi del pubblico.

3) Analisi della professione svolta

Per un’analisi più completa delle caratteristiche degli occupati, oltre al tipo di contratto,

guadagno, efficacia del titolo nel lavoro svolto, si è chiesto agli intervistati di descrivere nel

modo più dettagliato possibile i principali compiti svolti nel proprio lavoro. Sono state così

raccolte 1.113 risposte aperte sulle quali è stata effettuata un’analisi testuale, basata su

parole chiave, che ha permesso di individuare 7 gruppi di mansioni, omogenei al loro

interno rispetto alla descrizione data, e corrispondenti quindi a particolari gruppi

professionali8.

Una prima analisi delle risposte date ha permesso di individuare i lemmi più

frequentemente usati dai dottori per descrivere le principali mansioni svolte nel proprio

8 In particolare, i cluster sono stati individuati attraverso l’analisi tematica dei contesti elementari (nel nostro casi, le risposte aperte con cui gli intervistati hanno descritto le principali mansioni svolte nel proprio lavoro) del software T-Lab, che restituisce la “mappatura delle isotopie”, ovvero l’individuazione di cluster caratterizzati da insiemi di unità lessicali (parole chiave) che caratterizzano gli stessi contesti di riferimento. Nella scelta della migliore clusterizzazione si è tenuto conto, tra l’altro, del rapporto tra varianza tra-cluster e varianza totale, della numerosità e delle caratteristiche di ciascun cluster. Per approfondimenti sulla metodologia, cfr. F.Lancia, Strumenti per l’analisi dei testi. Introduzione all’uso di T-Lab, Milano, Angeli, 2004 e G.Salton, Automatic Text Processing: The transformation, Analysis and Retrieval of Information by Computer, Reading, Mass., Addison-Wesley, 1989, G.Salton e C.Buckley Term-weighting approaches in automatic text retrieval in Information & Management Vol.24, No.5, 1988, scaricabile al link https://eprints.kfupm.edu.sa/68614/1/68614.pdf. e S.Bolasco, Criteri e tecniche della statistica testuale per l’analisi automatica dei testi, in Statistica e Demografia: un ricordo di Enzo Lombardo tra scienza e cultura, Anna Grassi (a cura di), TIPAR, 2007.

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lavoro. La tabella che segue contiene l’elenco dei primi 30 lemmi, ordinati in modo

decrescente rispetto al numero di occorrenze.

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Tab. 5 - Primi 30 lemmi utilizzati dai dottori di ricerca per descrivere le mansioni svolte nel proprio

lavoro (ordinati in modo decrescente rispetto al numero di occorrenze)

rango lemma Numero

di occorrenze

rango lemma Numero

di occorrenze

1 ricerca 345 16 lavoro 40

2 attività 103 17 medico 40

3 didattico 101 18 universitario 38

4 attività_di_ricerca 94 19 articoli 37

5 laboratorio 78 20 docente 37

6 analisi 63 21 progettazione 36

7 ricercatore 61 22 scrivere 35

8 responsabile 52 23 scientifico 34

9 università 48 24 chimico 33

10 dati 46 25 azienda 32

11 insegnamento 44 26 attività_didattica 29

12 insegnante 43 27 settore 29

13 sviluppo 42 28 progetti 28

14 gestione 41 29 insegna 26

15 studio 41 30 assistenza 25

Fonte: ALMALAUREA, indagine 2008.

La lettura dei lemmi più frequenti offre già una prima indicazione delle mansioni svolte,

inerenti in particolare alla ricerca, alla didattica, alle analisi di laboratorio o dati9, ma anche

a ruoli di responsabile o insegnante.

Come anticipato, attraverso un processo di clusterizzazione dei contesti elementari,

basato sulla similarità del vocabolario, è stato possibile individuare 7 insiemi omogenei di

descrizioni in grado di rappresentare specifici gruppi professionali. Ciascun cluster è stato

successivamente descritto attraverso le variabili relative alle caratteristiche dei dottori di

ricerca e del lavoro da loro svolto. Il numero relativamente basso di cluster individuati e di

parole chiave utilizzate10 per l’individuazione dei cluster stessi fa pensare quindi che i

dottori di ricerca rappresentino un collettivo particolare, i cui sbocchi professionali sono

decisamente più specifici e circoscritti nelle loro mansioni rispetto a quelli ad esempio dei

laureati11.

9 Si fa presente che “analisi di laboratorio” e “analisi dati” non sono multiwords, ossia sequenze di più parole che, a livello di significato, costituiscono un’unità lessicale, e che vengono quindi trattate come se fossero un’unica parola (nel presente documento unite dal simbolo “_”); tuttavia, l’abbinamento tra questi lemmi deriva dall’analisi dell’associazione tra parole. 10 Per l’individuazione dei gruppi sono state considerate le parole chiave che ricorrevano almeno 7 volte nell’insieme delle descrizioni rese dai dottori: si tratta di 171 parole chiave che hanno permesso di classificare 847 casi, dei 1.113 inizialmente considerati. Dall’elenco dei lemmi da utilizzare per l’analisi testuale sono stati eliminati “ambito”, “campo”, “nel_campo”, “occupare”, “svolgere” perché creavano un’alterazione dei risultati non essendo termini caratterizzanti la descrizione della professione. La scelta di considerare un numero contenuto di parole chiave deriva da alcune considerazioni legate alle ridotte dimensioni del collettivo di riferimento ma ancor di più alla specificità dello stesso. 11 Cfr. F.Camillo e S.Ghiselli, Mi dici con parole tue che lavoro fai? Modelli di text mining per l’analisi delle risposte aperte, in Crocetta (a cura di) Metodi e modelli per la valutazione del sistema universitario, Padova, Cleup, 2006 e A.di Francia, G.Gasperoni, S.Ghiselli, La condizione occupazionale nel lungo

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11

Tab. 6 - Cluster, peso percentuale e relativi lemmi caratterizzanti (ordinati in modo decrescente

rispetto al proprio potere caratterizzante)

n. cluster

peso (%)

Lemmi connotanti Nome

del cluster

1 14,3 analisi, dati, gestione, settore, raccolta, tecnica, laboratorio, qualità, alimentare, controllo, monitoraggio, lavoro, cliente, particolare, produzione, amministrazione

analisi e gestione dati

2 13,2 ricercatore, università, docente, insegnamento, universitario, facoltà, bologna, professore, laurea, disciplina, specialistico, ricercatore_universitario, lingua, chimico, corsi

ricercatori e docenti

universitari

3 18,1 didattico, ricerca, attività_didattica, attività_di_ricerca, pubblicazione, organizzazione, collaborazione, bibliografico, elaborazione_dati, laureando, letteratura, materiale, ricevimento, partecipazione

attività di ricerca e didattica

4 18,3 responsabile, progettazione, software, ufficio, addetto, progettista, legale, civile, elettronico, meccanico, ricerca_e_sviluppo, produttivo, studio (ufficio)

responsabili

5 18,4 attività, medico, docenza, scientifico, ospedaliero, assistenza, paziente, progetti_di_ricerca, diagnostica, articoli, pianta, stesura, laboratorio, specialista, giudiziale, molecolare, ambulatorio, studente

medici e ricercatori scientifici

6 9,2 sviluppo, azienda, modelli, sistemi, agricolo, algoritmo, computer, farmaco, prodotto, consulente, progetto, coordinare, nuovo, lavoro, sperimentazione, numerico, simulazione

ricerca e sviluppo

7 8,5 scuola, fisica, materia, insegnante, italiano, insegna, medie, letterario, media, latino, insegnare, corso, scuole_superiori, scuola_superiore, insegnante_di_matematica, superiore

insegnanti

Fonte: ALMALAUREA, indagine 2008.

Sulla base dei lemmi utilizzati nella descrizione è stato possibile attribuire un nome a

ciascuno di questi cluster12 (tab. 6). Alcuni corrispondono a specifiche professioni, altri

invece fanno riferimento all’area aziendale nella quale operano i dottori. Ad esempio, il

primo cluster è stato denominato “analisi e gestione dati” essendo maggiormente connotato

dalle parole chiave “analisi”, “dati”, “gestione”. La descrizione dei vari cluster è riportata in

Appendice, dove, oltre ai lemmi maggiormente connotanti ciascun gruppo, sono state

riportate le principali descrizioni, fornite dagli occupati, delle mansioni nel lavoro svolto.

Ciascun cluster presenta diverse caratteristiche occupazionali rispetto ad esempio al

tipo di contratto, guadagno, efficacia del titolo.

periodo: il lavoro attuale dei laureati del 1997-1998, in Consorzio Interuniversitario ALMALAUREA (a cura del) IX Rapporto sulla condizione occupazionale dei laureati. Dall’università al lavoro in Italia e in Europa, Bologna, Il Mulino, 2007. 12 Nel definire il nome di ciascun cluster si è tenuto conto dell’insieme delle relative descrizioni; tuttavia, non sempre il nome attribuito al cluster contiene i lemmi caratterizzanti (si veda ad es. il cluster 6 che tra i lemmi caratterizzanti non contiene la parola “ricerca”).

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12

Tab. 7 - Occupati: tipologia dell’attività lavorativa per cluster di professioni (percentuali di colonna)

cluster 1 analisi e gest.dati

cluster 2 ricercat. e doc.univ.

cluster 3 attività

did.e ric.

cluster 4 respon-

sabili

cluster 5 medici e

ric.scient.

cluster 6 ricerca e sviluppo

cluster 7 insegnanti

Autonomo 11,6 0,9 0,7 16,8 7,7 7,7 - Tempo indeterminato 33,9 53,6 39,2 45,8 34,6 39,7 41,7 Assegno di ricerca, borsa post-doc 16,5 8,9 26,1 5,2 19,2 19,2 8,3 Tempo determinato 16,5 15,2 9,2 14,2 10,3 17,9 33,3 Collaborazione 20,7 18,8 22,2 16,8 25,0 15,4 15,3 Altro - 0,9 1,3 1,3 2,6 - 1,4 Non risponde 0,8 1,8 1,3 0,6 - -

Fonte: ALMALAUREA, indagine 2008.

I responsabili e i ricercatori e docenti universitari presentano infatti una maggiore

stabilità contrattuale (rispettivamente, 63 e 54,5% degli occupati), grazie in particolare al

tempo indeterminato; all’estremo opposto gli insegnanti, un terzo dei quali ha un contratto

a tempo determinato, e coloro che svolgono attività di ricerca e didattica, caratterizzati

dalla più elevata quota di attività sostenute da assegno di ricerca (26% degli occupati; tab.

7).

I cluster individuati si differenziano anche rispetto al guadagno mensile netto (fig. 2),

massimo per coloro che sono impegnati nell’ambito della ricerca e sviluppo e per i

responsabili; minimo invece per gli insegnanti e coloro che svolgono attività di ricerca e

didattica. Ciò sembra legato alla diversa diffusione del lavoro nel settore pubblico e privato.

Come già accennato in precedenza, nel complesso i dottori di ricerca sono prevalentemente

occupati nel settore pubblico; tuttavia, emergono significative differenze tra i cluster: come

ci si poteva attendere, il lavoro nel pubblico riguarda oltre il 90% degli insegnanti,

ricercatori e docenti universitari e coloro che svolgono attività di ricerca e didattica;

fortemente presente, invece, il lavoro nel settore privato per i responsabili e coloro che

lavorano nell’ambito della ricerca e sviluppo (rispettivamente, 53,5 e 44%).

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13

Fig. 2 - Occupati: guadagno mensile netto per cluster di professioni (valori medi, in euro)

Fonte: ALMALAUREA, indagine 2008.

Infine, l’efficacia13 del titolo nel lavoro svolto (fig. 3): oltre l’80% di chi svolge attività di

ricerca e didattica e dei docenti e ricercatori universitari dichiara che il titolo di dottore di

ricerca è efficace o molto efficace nel lavoro svolto; poco o per niente efficace, invece, per i

responsabili e gli insegnanti. Per i primi, questo risultato non deve essere necessariamente

letto come aspetto negativo, in quanto un quarto di essi si è iscritto ad un corso di

dottorato per completare o arricchire la propria formazione culturale e 17 su cento per

ottenere ulteriori qualificazioni spendibili sul mercato del lavoro. Diversamente, per gli

insegnanti lo scarso utilizzo delle competenze acquisite può essere frustrante in quanto

oltre un terzo di essi sono stati spinti a proseguire gli studi universitari dal desiderio di

prepararsi alla carriera universitaria; non riuscendovi, hanno dovuto evidentemente

rivolgersi verso un’attività che non permette loro di sfruttare appieno quanto acquisito

durante gli studi.

13 Vedi nota 7.

1.296

1.339

1.421

1.448

1.493

1.558

1.635ricerca e sviluppo

responsabili

insegnanti

medici e ricercatori scientifici

analisi e gestione dati

ricercatori e docenti universitari

attivit à di ricerca e didattica

ricerca e sviluppo

responsabili

insegnanti

medici e ricercatori scientifici

analisi e gestione dati

ricercatori e docenti universitari

attivit à di ricerca e didattica

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14

molto eff./efficacemolto eff./efficace

abb. efficaceabb. efficace

poco/per nulla eff.poco/per nulla eff.

35,2

43,8

60,2

69,7

74,5

82,0

89,1

0% 20% 40% 60% 80% 100%

analisi e gestione dati

ricercatori e docenti universitari

attività di ricerca e didattica

ricerca e sviluppo

medici e ricercatori scientifici

insegnanti

responsabili

35,2

43,8

60,2

69,7

74,5

82,0

89,1

0% 20% 40% 60% 80% 100%

analisi e gestione dati

ricercatori e docenti universitari

attività di ricerca e didattica

ricerca e sviluppo

medici e ricercatori scientifici

insegnanti

responsabili

Fig. 3 - Occupati: efficacia del titolo di dottore di ricerca per cluster di professioni (valori percentuali)

Fonte: ALMALAUREA, indagine 2008.

Da queste considerazioni derivano importanti spunti di riflessione, da un lato la difficoltà

o incapacità delle imprese di incrementare e valorizzare l’offerta di personale con titolo di

terzo livello, dall’altro la presenza di posizioni lavorative che presentano caratteristiche

profondamente diverse: la precarietà di alcune professioni (ad esempio gli insegnanti e

coloro che svolgono attività di ricerca e didattica), spesso associate a livelli retributivi non

adeguati e in alcuni casi addirittura ad una scarsa efficacia del titolo, convive con l’ottima

collocazione di alcune figure professionali (i responsabili in primis), in termini di stabilità e

retribuzione.

4) Le differenze tra le diverse Aree scientifiche

La tipologia dell’attività lavorativa, il ramo di attività economica dell’azienda e la sede in

cui lavorano i DdR presentano ovviamente significative differenze in relazione all’area

disciplinare nella quale il Dottorato è stato acquisito; nel presente § analizzeremo tali

differenze in corrispondenza alle diverse aree. Per avere aggregati sufficientemente ampi

abbiamo qui considerato il totale dei DdR delle annate in esame, e abbiamo accorpato i

Dottorati appartenenti a Scuole di dottorato affini14.

I risultati relativi ai diversi rami di attività, corrispondenti a quelli generali visti nella

Tab. 3, sono riportati in Tab. 8.

14 Le Scuole, che comprendono tutti i Corsi di dottorato dell’Università di Bologna, sono state così accorpate in Aree: Scienze umanistiche, la sola Scuola omonima; Scienze Matematiche Fisiche e Chimiche, le Scuole di Scienze chimiche e di Scienze matematiche, fisiche ed astronomiche; Scienze Biologiche Geologiche, le Scuole di Scienze agrarie, di Scienze biologiche, biomediche e biotecnologiche e di Scienze della Terra e dell’ambiente; Scienze Giuridiche Economiche Politico-Sociali, le Scuole di Scienze economiche e statistiche, di Scienze giuridiche e di Scienze politiche e sociali; Scienze Ingegneria Architettura, le Scuole di Ingegneria civile e Architettura, di Ingegneria industriale e di Scienze e

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15

Tab. 8 - Percentuale di DdR occupati nei diversi rami, in relazione all’area scientifica del Dottorato

(percentuali di colonna)

Ramo di attività

Totale

Area Scienze Umani- stiche

(Sc.Um)

Area Sc. Matemat. Fisiche

Chimiche (Sc.MFC)

Area Scienze

Biologiche Geologiche (Sc.BiGe)

Area Sc. Giuridiche Econom.

Pol.-sociali (Sc.GEPS)

Area Scienze Ingegn.

Architett. (Sc.InAr)

Area Scienze Mediche Veterin. (Sc.MV)

Istruzione e ricerca 60,2 76,7 76,3 64,8 56,7 49,7 32,9

Agricoltura 2,0 --- --- 6,7 0,5 --- 4,6

Industria 9,9 4,1 12,4 6,7 4,1 25,6 5,9

Consulenze professionali(1) 5,7 0,5 1,2 3,8 21,1 5,6 ---

Sanità 9,3 0,5 0,6 6,2 2,1 --- 55,3

Altri servizi(2) 12,8 17,6 8,9 11,9 14,9 19,0 1,3

Non risponde 0,3 0,5 0,6 --- 0,5 --- ---

Totale 1.113 193 169 210 194 195 152

Fonte: ALMALAUREA, indagine 2008.

(1) comprende la consulenza legale, amministrativa e contabile e altre attività di consulenza e professionali. (2) comprende i rami: commercio; trasporti e viaggi; poste, comunicazioni e telecomunicazioni; credito e assicurazioni; informatica, elaborazione ed acquisizione dati; altri servizi alle imprese; pubblica amministrazione e forze armate; servizi ricreativi, culturali e sportivi; altri servizi sociali e personali.

Emerge il fatto che in due delle sei aree l’occupazione nei campi dell’istruzione e della

ricerca riguarda meno della metà dei DdR. Oltre la metà dei DdR dell’area medico-

veterinaria opera in strutture sanitarie diverse da università e enti di ricerca, oltre un

quarto dei DdR dell’area ingegneristica opera in ambito industriale, oltre un quinto dei DdR

di area giuridico-economico-sociale svolge attività di consulenza professionale.

Considerando, poi, i diversi sub-settori nell’area dell’istruzione e della ricerca si ha il

prospetto di cui alla seguente Tab. 9.

Tab. 9 - Percentuale di DdR occupati in Istruzione e ricerca, in relazione all’area scientifica del Dottorato (percentuali di colonna)

Totale Sc.Um Sc.MFC Sc.BiGe Sc.GEPS Sc.InAr Sc.MV

Istruzione e ricerca 60,2 76,7 76,3 64,8 56,7 49,7 32,9

di cui Università 41,5 44,0 37,9 47,6 50,5 37,9 27,0

Enti di ricerca 7,5 0,5 28,4 8,6 2,1 5,1 2,0

Tot. Univ. e Enti 49,0 44,5 66,3 56,2 52,6 43,0 29,0

Altro(1) 11,1 32,1 10,1 8,6 4,1 6,7 3,9

Fonte: ALMALAUREA, indagine 2008.

(1) sono comprese anche la scuole primarie (e dell’infanzia) e le scuole secondarie.

Ingegneria dell’informazione; Scienze Mediche Veterinarie, le Scuole di Scienze mediche e chirurgiche cliniche e di Scienze veterinarie.

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16

Gli occupati nelle strutture scientifiche, inclusi gli Atenei, sono quasi la metà del totale.

Relativamente all’università lo scarto dal valore medio (41,5%) è elevato soprattutto per

l’area medico-veterinaria (27,0%); sull’insieme degli enti scientifici gli scarti sono però

maggiori, per la presenza degli enti di ricerca che è massiccia nell’Area matematico-fisico-

chimica (28,4%) e rilevante anche in quella biologico-geologica (8,6%). Gli sbocchi nel

sistema scolastico raggiungono quasi un terzo dell’area umanistica e superano il 10% in

quella matematico-fisica.

In alcune delle ulteriori analisi, per non appesantire con un eccessivo numero di Tabelle,

anziché presentare l’intero prospetto di valori per ognuna delle Aree indicheremo se

rispetto alla media generale vi siano scarti significativi, e in caso affermativo quali essi

siano.

E’ stato già ricordato, ad esempio, che il lavoro si svolge nel settore pubblico per il

70,8% dell’insieme dei DdR, nel privato per il 29,2%. Disaggregando, si rileva che

quest’ultima situazione riguarda il 43,6% dei Dottori in Sc.InAr e il 33% di Sc.GEPS,

mentre è minima per Sc.MV (23%) e di poco superiore per Sc.Um (23,3%).

Si verificano significative differenze anche per ciò che concerne il periodo durante il

quale una attività lavorativa è iniziata. Il 58,8% dei DdR che lavorano ha già iniziato una

attività prima del conseguimento del titolo: il 38,5% dei DdR ha poi proseguito la

medesima attività, mentre il 20,3% la ha cambiata. Quest’ultima media deriva da valori

estremi non lontanissimi tra loro: 25,2% per Sc.BiGe, 15,1% per Sc.MV. Circa coloro che

hanno invece proseguito l’attività, è opportuna una ulteriore distinzione: il 17,3% la aveva

iniziata prima dell’iscrizione al dottorato (e per questi le variazioni tra le Aree sono

abbastanza lievi, con un minimo del 12,5% per Sc.MFC), mentre il 21,1% ha iniziato

durante il corso di dottorato. In quest’ultimo gruppo una singola Area si differenzia

nettamente: per Sc.MV la corrispondente percentuale dei DdR raggiunge il 34,9%, mentre

tutte le altre Aree presentano valori poco diversi tra loro e tutti inferiori alla media

generale. L’effetto combinato di queste situazioni si può verificare esaminando l’insieme

complementare, quello di chi ha iniziato il lavoro dopo il conseguimento del titolo: dalla

percentuale del 41,2% si scostano verso l’alto il 49,7% di Sc.MFC e il 44,1% di Sc.InAr,

mentre Sc.Um, Sc.GEPS, Sc.BiGe sono di pochissimo inferiori alla media generale e

Sc.MV si colloca al 30,3%.

I dati fin qui discussi nel presente § rappresentano situazioni di fatto. Vogliamo ora

vedere come si differenzino, per le diverse Aree, indici che derivano invece da valutazioni

che gli interessati esprimono circa il rapporto tra la propria formazione e il proprio lavoro. Il

principale è l’indice di efficacia, che combina l’utilizzo delle competenze e la necessità del

titolo15. Le risposte che portano, rispettivamente, all’indicazione di Molto efficace/Efficace,

ovvero di Abbastanza efficace, ovvero di Poco/Per nulla efficace sono presentate in Tab.10.

15 Vedi nota 7.

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17

Tab. 10 – Efficacia, nel lavoro svolto, del titolo di Dottore di ricerca (percentuali di colonna) Totale Sc.Um Sc.MFC Sc.BiGe Sc.GEPS Sc.InAr Sc.MV

Molto efficace/Efficace 63,3 52,7 74,7 62,4 68,6 60,2 62,4

Abbastanza efficace 19,2 22,9 11,4 19,0 19,4 23,0 18,4

Poco efficace/Per nulla efficace 17,5 24,5 13,9 18,5 12,0 16,8 19,1

Fonte: ALMALAUREA, indagine 2008.

Gli scostamenti dalla media generale sono qui molto rilevanti: guardando ad esempio

alla valutazione favorevole, i maggiori scarti valgono in positivo +11,4 punti percentuali per

Sc.MFC, in negativo –10,6 per Sc.Um. Se si considerano i rami di attività in cui operano i

DdR delle diverse Aree (Tab. 8 e Tab. 9), le considerazioni svolte al termine del §3) in

relazione ai diversi cluster (v., in particolare, Graf. 3) risultano, per quest’altra via,

pienamente confermate.

La valutazione Molto efficace/Efficace, espressa dal 63,3% del totale dei DdR, non è la

stessa per i sottoinsiemi costituiti da coloro che vengono intervistati in tempi diversi

rispetto al momento dell’acquisizione del titolo: vi è un consistente aumento dal valore

58,9% (intervistati a 1 anno), al 63,1% (a 3 anni), al 69,7% (a 5 anni). Si noti che ciò non

corrisponde a sostanziali variazioni nella percentuale di occupati, sicché altre devono

ritenersi le cause di questa “rivalutazione”: può risultare, col tempo, maggiormente

qualificata la tipologia dell’attività in cui il DdR è impegnato, ma può anche esservi una

crescente consapevolezza dell’importanza di elementi che, presenti nella propria

formazione, vengono inizialmente sottovalutati. Sarebbe molto interessante esaminare

l’andamento di questo indice, a 1-3-5 anni, per le singole Aree; disaggregando i DdR di

ogni Area su tali tre sottogruppi si avrebbero però insiemi troppo ristretti per poter dare poi

significato ai risultati16.

Un elemento ancora più significativo, pur trattandosi comunque di una percezione degli

interessati, si ha se si considerano separatamente coloro che proseguono, dopo il

dottorato, una attività iniziata già prima (è, abbiamo rilevato poco sopra, il 38,5% del

totale di chi ha lavoro). Tali DdR valutano il miglioramento, o meno, nel proprio lavoro

secondo le misure riportate in Tab. 11.

Tab. 11 – Miglioramento nel proprio lavoro in relazione all’acquisizione del Dottorato di ricerca (percentuali di colonna)

Totale Sc.Um Sc.MFC Sc.BiGe Sc.GEPS Sc.InAr Sc.MV

Ha notato un miglioramento 49,3 36,8 63,0 48,6 51,4 59,4 42,2

Non ha notato alcun miglioramento 50,0 61,8 37,0 51,4 45,9 40,6 57,8

Ha notato un peggioramento 0,7 1,3 --- --- 2,7 --- ---

16 La popolazione relativa a una intera annata è di almeno 314 individui, mentre nei sottogruppi si avrebbero talora 38 individui. Sull’intero gruppo di Area, per l’insieme delle tre annate, il valore minimo (relativo a Sc.MV) è 168.

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18

Fonte: ALMALAUREA, indagine 2008.

Il quadro di forti differenziazioni emerso nell’esame del più vasto aggregato precedente

risulta qui confermato in termini anche più netti. Relativamente alla valutazione favorevole

il maggiore scarto in positivo, rispetto alla media generale 49,3%, è ora -ancora per

Sc.MFC- +13,7 punti percentuali, mentre in negativo -ancora per Sc.Um- si ha lo scarto -

12,5 punti percentuali. La sola Area che nelle due situazioni mostra risultati diversi è quella

di Sc.InAr, qui nettamente superiore alla media mentre era sotto media nella situazione di

Tab. 10.

5) Un confronto e qualche considerazione conclusiva

Nel novembre 2007 il NdV dell’Università di Bologna ha svolto una indagine (alla quale

ci riferiremo, nel séguito, con Ind-st.07) relativa alle opinioni dei dottorandi nelle stesse

Scuole di dottorato dalle quali sono usciti, in anni precedenti, i DdR considerati

nell’indagine (Ind-doc.08) qui finora esaminata. Ind-st.07 è stata rivolta a coloro che

stavano concludendo il corso, e che pertanto -in grande maggioranza- avrebbero acquisito

il titolo nel primo semestre 2008.

I quesiti erano in gran parte diversi, essendo prevalentemente rivolti, in Ind-st.07,

all’esame delle attività formative nei corsi di dottorato. Qualche quesito si presta comunque

a un interessante confronto.

In particolare, nell’Ind-st.07 veniva chiesto se il dottorando stava svolgendo una

attività lavorativa. Ciò consente un paragone con quanto nell’Ind-doc.08 viene detto circa

una attività precedente il conseguimento del dottorato. I due gruppi di risposte sono

presentati nella Tab. 12.

Tab. 12 – Confronto tra due indagini relativamente alla posizione lavorativa

Totale Sc.Um Sc.MFC Sc.BiGe Sc.GEPS Sc.InAr Sc.MV

Ind-doc.08 : Ha svolto attività lavorativa prima del conseguimento del dottorato

56,3

55,7

46,7

56,8

58,0

54,4

67,3

Ind-st.07 : Svolge attività lavorativa durante il 3° anno del corso di dottorato

43,0

50,9

27,0

36,1

44,7

35,9

69,4

Fonti: ALMALAUREA, indagine 2008, e Nucleo di Val. Univ. di Bologna, indagine 2007.

I quesiti non erano identici, poiché nell’Ind-st.07 si faceva riferimento al lavoro al

momento dell’indagine; mancavano perciò i casi di lavoro precedentemente svolto e poi

lasciato. Non sembra peraltro che la presenza di questi casi possa spiegare completamente

la differenza tra i risultati complessivi (56,3% versus 43%); in parte, essa dipende anche

dal fatto che nell’Ind-st.07 il tasso di risposta è stato del 51,2%, e tra i non rispondenti,

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19

meno legati alla struttura universitaria, il numero dei dottorandi con un lavoro esterno è più

alto17.

Pur in presenza di questa differenza sui totali, le variazioni dall’una all’altra Area

scientifica presentano il medesimo andamento, il che dimostra la significatività del

confronto e contribuisce indirettamente ad accreditare entrambe le indagini; il valore

massimo, con notevole scostamento dalla media, è sempre per Sc.MV (ove spesso il

dottorato è successivo a una specializzazione, che favorisce l’immediato inserimento

lavorativo), mentre il valore minimo, anch’esso con notevole scostamento dalla media, è

per Sc.MFC (ove il dottorato è prevalentemente considerato un prolungamento degli studi

accademici).

Un altro quesito che consente il confronto, pur non riguardando direttamente la

posizione lavorativa, è quello che sintetizza, in qualche modo, l’opinione che il DdR o il

dottorando si è fatta circa la validità del percorso formativo seguito: si tratta della

domanda, presente in entrambe le indagini, “Se dovessi decidere oggi, seguiresti

nuovamente lo stesso corso di dottorato nella stessa università?”. Le risposte sono nella

Tab. 13.

Tab. 13 – Ipotesi di reiscrizione allo stesso corso di dottorato Totale Sc.Um Sc.MFC Sc.BiGe Sc.GEPS Sc.InAr Sc.MV

Ind-doc.08 Totalità dei DdR : Si reiscriverebbe

66,9 65,1 69,0 64,3 67,8 68,1 67,9

Ind-doc.08 Soli DdR a Un anno: Si reiscriverebbe

63,8 57,9 65,1 59,8 62,8 70,5 68,8

Ind-st.07 : Si reiscriverebbe 53,2 62,8 43,3 28,6 54,1 58,8 74,9

Fonti: ALMALAUREA, indagine 2008, e Nucleo di Val. Univ. di Bologna, indagine 2007.

In questo caso il divario tra le due indagini è notevole; in particolare, nella Ind-doc.08

relativa alla totalità dei DdR le valutazioni nelle diverse Aree si avvicinano fino a ridurre le

differenze a molto poco . Emerge nettamente il fatto che, con l’andar del tempo, aumenta

la convinzione di aver fatto una scelta giusta (vi è una sola eccezione, l’Area Sc.MV)18.

Anche dalla sola Ind-doc.08 risultava già l’aumento, nel tempo, della percentuale relativa

all’ipotesi di reiscrizione: il dato medio 66,9% deriva da valori che vanno dal 63,8% a 1

anno dal dottorato, al 68,5% a 3 anni, al 69,4% a 5 anni. Nel confronto va comunque

considerato anche l’effetto della proposta di risposte diverse: nella Ind-st.07 veniva

esplicitamente chiesto se si sarebbe preferito seguire un corso di dottorato all’estero, e tale

17 Ciò risulta dai diversi tassi di risposta tra i dottorandi titolari di borsa di studio (tasso 57,8%) e i non borsisti (tasso 41,2%). 18 Come già rilevato nella nota 16, quando si considerano i dati disaggregati sulle singole Aree la significatività dei valori relativi al dato sul totale dei DdR è molto più alta rispetto a quella che si ha restringendosi a una sola annata. Per ciò che riguarda le popolazioni dei DdR a Un anno, il valore minimo (relativo a Sc.MFC) è pari a 63.

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eventualità aveva raccolto il 35,1% di risposte19, con valori particolarmente alti nelle Aree

delle scienze sperimentali (57% per Sc.BiGe!).

Questi elementi di confronto tra due indagini costituiscono il punto di partenza per

alcune brevi osservazioni conclusive.

Vogliamo, anzitutto, rilevare che occorre dare sistematicità alle analisi sui dottorati di

ricerca nelle università italiane. L’Università di Bologna, che ha sviluppato indagini sia (st)

sugli iscritti sia (doc) sui DdR, potrebbe utilmente fare da battistrada per una impostazione

organica. In tale impostazione si dovrebbero predisporre unitariamente -pur con le

differenziazioni necessarie- il questionario st e quello doc e si dovrebbero interpellare, nei

momenti diversi, gli stessi gruppi di individui, onde essere anche in condizione di sviluppare

analisi longitudinali. Specificamente, nel 2009 saranno a 1 anno dal titolo quasi tutti gli

interpellati nella Ind-st.07, nel 2010 saranno, rispettivamente, a 3 e a 5 anni dal titolo i

gruppi interpellati, a 1 e a 3 anni dal titolo, nella Ind-doc.08. Solo la ripetizione delle

indagini doc a 1-3-5 anni potrà inoltre chiarire quanto le differenze verificate su tali tre

sottogruppi dipendano da una diversa situazione degli interessati, e quanto invece da

modifiche nelle condizioni esterne.

Un altro tema centrale è costituito dalla esigenza di utilizzare i risultati delle indagini:

spetta agli Atenei considerare con estrema attenzione, nella progettazione dell’offerta

formativa di terzo livello, quanto emerge dalle indagini stesse, in particolare per ciò che

concerne le effettive opportunità occupazionali dei DdR. Si è qui mostrato che lo sbocco nei

campi dell’istruzione e della ricerca riguarda i tre quarti dei DdR solo in due delle 6 Aree

scientifiche, mentre in un’altra Area si è alla metà e in una si è sotto a un terzo; al

contempo, si è mostrato che spesso chi ha trovato sbocchi diversi manifesta elementi di

insoddisfazione, il che è confermato dalle risposte (qui non discusse) a quesiti sulle

motivazioni della scelta di dottorato, sia per Ind-doc sia anche per Ind-st.

Vi sono state, da anni, crescenti sollecitazioni a ripensare il dottorato anche in funzione

di attività altamente qualificate esterne all’ambiente Università-Enti di ricerca. Ciò non

significa solo “privato”; basti citare il corpo della Pubblica Amministrazione, che in altri

Paesi recluta quasi sistematicamente, ai livelli maggiori, persone che attraverso un

dottorato abbiano acquisito capacità creative, inventive anziché routinarie. Si sta

sviluppando, non ovunque, una specifica filiera di Dottorati professionali, e una recente

struttura ad hoc dell’EUA, l’organizzazione dei Rettori europei, è impegnata nella direzione

dell’uscita del terzo livello da una logica interamente endo-finalizzata.

Per le nostre università, l’obbligo di analizzare gli sbocchi -già affermato da Decreti e

Linee guida ministeriali anche al fine dei finanziamenti- non può restare fine a se stesso. Da

tale analisi vanno dedotte conseguenze, non solo in termini di quantità dell’offerta e di

articolazione di essa sui diversi settori, ma anche -diremmo ancor più- in termini di

caratterizzazione dei percorsi formativi: se la progettazione, cioè la definizione di obiettivi e

19 Vi era inoltre un elevato numero di “Non so”.

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di percorsi, sarà maggiormente finalizzata a una pluralità di opportunità di lavoro, anche le

aspettative degli interessati ne verranno influenzate.

Beninteso, le università da sole non bastano: occorre che il “sistema Paese” sappia

valorizzare il capitale umano che esse producono.

Appendice. Principali descrizioni rese dai dottori di ricerca per cluster di

mansioni.

Il cluster 1, che raccoglie il 14,3% degli occupati, è connotato in particolare dalle parole

chiave analisi, dati, gestione, settore, raccolta, e può quindi essere definito analisi e

gestione dati. Tra le descrizioni qui ricondotte si ritrovano infatti: “elaborazione statistica

su archivi amministrativi: analisi dati analisi multivariata dati”, “dottorata in statistica:

divisione economica dell'Ocse su dati macro economici per gli stati membri dell'Ocse. Data

base management. Modellistica dei dati. Elaborazione di articoli. Workshop. Previsione e

stima dei dati economici”, “gestione analisi dati proveniente da sistema di monitoraggio

geotecnico”, “ricerca scrivendo articoli per riviste specializzate. Esplica le funzioni a livello

informatico (gestione analisi dati)”.

Ricercatore, università, docente, insegnamento, universitario sono i lemmi che

identificano il secondo cluster, quello appunto dei ricercatori e docenti universitari

(13,2% degli occupati), che così descrivono le loro mansioni: “lavora come ricercatore

confermato presso università di BO nel campo ingegneria informatica specificatamente

sistemi multi agente. Fa anche il docente di 2 corsi universitari alla 2° facoltà di ingegneria

a Cesena”, “ricercatrice universitaria. Ricercatrice biologa alla facoltà di medicina”, “docente

universitario presso l’università di Alberta Canada e al contempo ricercatore presso la

stessa”, “ricercatrice universitaria in geologia con utilizzo di strumenti laboratorio e

interpretazione dei dati ottenuti e insegnamento a livello universitario”.

Il cluster 3, che può essere denominato attività di ricerca e didattica (anche

pubblicazione), è connotato dai lemmi didattico, ricerca, attività didattica, attività di

ricerca, pubblicazione, e comprende descrizioni come: “organizzazione di gruppi di ricerca e

di didattica attività di ricerca in prima persona”, “ricerca in biblioteche ed archivi sulla storia

della filo del XVIII sec. Pubblicazioni e didattica presso l’università spagnola.

Organizzazione eventi culturali (congressi e conferenze)”, “ricerca su imprenditorialità e

aspetti economici dello sviluppo locale organizzazione convegni pubblicazione didattica

universitaria”, “attività di ricerca pubblicazione titoli collaborazione didattica”.

Il cluster 4, quello dei responsabili, è definito dalle parole chiave responsabile,

progettazione, software, ufficio e comprende mansioni così descritte: “responsabile di

progettazione di alimentatori elettronici”, “responsabile ufficio legale - formazione delle

risorse”, “progettazione di impianti e ottimizzazione di impianti in qualità di ingegnere di

processo”, “responsabile dell’ufficio provinciale per la vigilanza delle attività estrattive

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facente funzione ingegnere capo polizia mineraria”, “responsabile della progettazione dei

sistemi integrati”.

All’interno del gruppo 5, connotato dai lemmi attività, medico, docenza, scientifico,

ospedaliero, assistenza, paziente, si trovano in particolare i medici e ricercatori

scientifici, che così descrivono le loro principali mansioni: “medico ricercatore con attività

assistenziale attività di didattica di ricerca e di assistenza medica ospedaliera in

ambulatorio”, “neurologo ospedaliero. Si occupa della clinica, pazienti ricoverati e in

ambulatorio. Partecipa a convegni, scrive articoli scientifici. Incarico di docenza per la

neurologia”, “medico ospedaliero. Visita pazienti più attività di ricerca”.

Il cluster 6, denominato ricerca e sviluppo, comprende il 9,2% degli occupati ed è

connotato, tra le altre, dalle parole chiave sviluppo, azienda, modelli, sistemi che si

ritrovano nelle descrizioni più ampie rese dai dottori: “lavoro al computer sviluppo dati

sviluppo di nuovi algoritmi”, “astrofisica studio di ammassi di galassie ed accelerazioni di

particelle sviluppo dei modelli teorici relativi”, “sistemi informatici sviluppo di software”,

“sviluppo ed applicazioni di modelli matematici per la geofisica”.

Il gruppo 7, che raccoglie l’8,5% degli occupati, è descritto in particolare dalle parole

chiave scuola, fisica, materia, insegnante, italiano; può essere quindi denominato gruppo

degli insegnanti. A titolo di esempio si riportano alcune frasi utilizzate dai dottori qui

classificati per descrivere i loro principali compiti; in tali frasi si osserva la presenza dei

lemmi caratterizzanti, diversamente combinati tra loro: “insegna materie letterarie alla

scuola media”, “insegnante di italiano scuola media”, “insegnante di inglese in corso serale

per adulti scuole medie superiore statali”, “docente di scuola superiore materie letterarie.

Insegnante di latino. Aggiornamento”, “didattica e coordinamento di un corso di francese

per alunni della scuola media”, “insegnante scuola superiore italiano e latino”, “insegna

matematica fisica elettronica in una scuola superiore”.