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1 Gli aspetti comunicativi nella gestione della violenza

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Gli aspetti comunicativi nella gestione della violenza

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La sequenza della violenza

La maggior parte delle aggressioni avviene in seguito ad un percorso di escalation verbale e fisica che vede protagonisti due o più contendenti.

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Uso di

Espressioni

Verbali

aggressive

Impiego di

Gesti

violenti

Minaccia Spinta Contatto

fisico Uso di arma

Lesione o morte

L’escalation della violenza

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La sequenza della violenza

L’escalation viene alimentata da particolari atteggiamenti, comportamenti, messaggi verbali e non verbali che si connotano in due tipologie di comportamento:

la modalità aggressiva

la modalità passiva

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Modalità aggressiva

E’ quando di fronte ad un comportamento ostile di qualcuno, scegliamo di resistere attivamente (forza contro forza).

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Modalità aggressiva

In questo caso, reagendo in modo attivo all'aggressività altrui, si innalza automaticamente il livello dello scontro, dalle parole agli spintoni, dagli schiaffi al coltello, fino ad una conclusione che è determinata solo dalla capacità e dalla volontà di offendere dei contendenti.

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Modalità passiva

E’ quando, invece, cerchiamo di "non fare arrabbiare" l'altro, cercando di accontentarlo o di non fare nulla, nella speranza che quello desista di sua spontanea volontà.

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Modalità passiva

Il comportamento remissivo favorisce, però, gli intenti aggressivi dell'altro, alimentando la violenza anziché contenerla.

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Quale comportamento?

Se la distanza interpersonale è nulla e la minaccia è troppo vicina, non si può più fare nulla, bisogna agire e difendersi.

Se il combattimento non è iniziato o non è chiaramente imminente si può tentare un percorso di dissuasione comunicativa (la de-escalation).

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La de-escalation comporta:

Saper riconoscere gli aspetti rituali che precedono un’aggressione;

Mantenere le distanze fisiche;

Saper utilizzare tecniche di comunicazione e negoziazione.

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Il rituale dell’aggressione

In tutte le aggressioni l'aggressore riduce in modo inesorabile la distanza psicologica e fisica tra sé e la sua vittima, fino al punto di poterla colpire.

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Il rituale dell’aggressione

La vittima viene aggredita molto spesso per la propria incapacità di gestire rapidamente gli aspetti relativi alla distanza fisica ed allo sguardo, di assumere un atteggiamento dissuasivo e, soprattutto, di prevedere che l'altro avrebbe veramente attaccato.

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L’escalation violenta

La fase visuale. La fase verbale. La fase delle spinte e delle prese.

L’aggressione fisica.

Tipica escalation violenta in situazioni collettive

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L’escalation violenta

Il rituale delle quattro "D"

"Dialogue - Deception - Distraction - Destruction" (Dialogare, Ingannare, Distrarre, Distruggere)

Tipica escalation violenta

del delinquente abituale

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Riconoscere l’imminenza di un attacco.

L’adrenalina, un alleato prezioso

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I segnali del corpo

L’espressione del viso

Lo sguardo

La gestualità

La postura

La prossemica

La prosodica

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Prevenire un attacco

L’espressione del viso.

La mimica facciale si può dissimulare ma non del tutto. Se qualcuno si avvicina sorridendo, qualunque cosa dica, vanno visti i dettagli. Ci sono persone che "sorridono solo con la bocca“ , ma se guardiamo meglio, potremmo cogliere lo sguardo fisso, i lineamenti tesi, tic nervosi, pallore, sudorazione. Segni che possono essere collegati all'azione dell'adrenalina.

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Prevenire un attacco

Lo sguardo. Sotto l'effetto dell'adrenalina l’aggressore sperimenterà il cosiddetto effetto tunnel, cioè la perdita della visuale periferica. E’ un fenomeno fisiologico, e quindi incontrollabile, che determina la sensazione di vedere il bersaglio come attraverso un cannocchiale. La perdita della visuale periferica è accompagnata da una sensibile dilatazione della pupilla (per fare entrare più luce) e dalla necessità di muovere freneticamente lo sguardo a destra e sinistra per controllare che la scena sia libera. Questi segni, se presenti, stanno ad indicare che si sarà presto colpiti.

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Prevenire un attacco

La gestualità.

E’ necessario prestare attenzione agli improvvisi rallentamenti dei gesti, accompagnati da eventuali irrigidimenti nella zona delle spalle: possono essere un preludio al caricamento di un colpo.

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Prevenire un attacco

La postura. Normalmente parlando con qualcuno ci poniamo in modo frontale rispetto all'altro, in questo modo ogni parte del corpo è visibile. Non bisogna fidarsi di chi si presenti con posture angolate o non rilassate: può nascondere una mano che impugna un'arma, oppure può essere una posizione di difesa (si sente minacciato) o di preparazione ad un attacco.

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Prevenire un attacco

La prossemica (distanza interpersonale).

La distanza è FONDAMENTALE! Gli amici, le persone intime riducono la distanza sociale per motivi affettivi, gli estranei, al contrario, hanno spesso cattive intenzioni.

Attenzione alle "contraddizioni" tra contenuto verbale e comportamento: se l’altro dice "non voglio litigare" e contemporaneamente cerca di avvicinarsi dobbiamo considerare l’aspetto non verbale della comunicazione: la riduzione della distanza.

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Prevenire un attacco

La prosodica (Ritmo e tono della voce).

Normalmente, nel parlare il tono della voce è uniforme, così come il ritmo. Prima di un'aggressione, frequentemente osserviamo improvvisi rallentamenti, interruzioni del discorso o cambiamenti repentini del tono di voce. L’aggressore può diventare improvvisamente mutacico o rispondere a monosillabi.

Il momento in cui smette di parlare è quello nel quale più probabilmente attaccherà.

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Cosa fare?

far capire all'altro di non voler attaccare (non essere aggressivi);

far capire all'altro di essere pronti a reagire (non essere passivi o arrendevoli);

utilizzare la comunicazione, la negoziazione.

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Il messaggio deve essere chiaro a

livello non verbale

E’ necessario assumere una posizione che consenta contemporaneamente di parlare e di reagire (braccia e gambe a protezione del corpo);

Cercare di avere sempre qualcosa tra noi ed il nostro possibile avversario (porre un ostacolo);

Cercare di mantenere una distanza di sicurezza (circa un metro e mezzo);

Usare voce e gesti in modo calmo.

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Le modalità personali di reazione

1 - Aggressivo?

2 – Passivo?

3 – Assertivo?

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Il tipo Aggressivo

Tende a prevalere sull’altro e a far valere solo il proprio punto di vista.

E’ rigido, inflessibile, tende a colpevolizzare, ad attribuire agli altri i propri errori.

Queste sono persone che frequentemente provocano o rispondono alle provocazioni generando situazioni violente.

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Il tipo Passivo

Non esprime la propria opinione, si mostra condiscendente e sottomesso.

Generalmente depresso e rinunciatario. Non si non partecipa e non si coinvolge nelle decisioni.

Non si trovano mai in situazioni violente, ma la loro difficoltà a reagire diventa un incoraggiamento per chi è fortemente aggressivo che ne fa le vittime predestinate.

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Il tipo Assertivo

Non antepone, né rinuncia al proprio punto di vista. Tende a negoziare e a cercare soluzioni che siano favorevoli per sé e per l’interlocutore. Non giudica, possiede un elevata dose di

flessibilità. Queste persone sono in grado di bloccare l'innalzamento della tensione con un atteggiamento fermo ma aperto verso l'altro, in modo da fornirgli una soluzione alternativa al conflitto stesso.

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Assertività

Saper ascoltare

Individuare soluzioni possibili

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Assertività

Ascoltare:

Ricevere il messaggio

Riformulare

Restituire (feedback)

Comprendere

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La riformulazione…

…. è un atto di comprensione dell’emozione,

del momento dell’altro

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Tenendo presente ….

In ogni intervento di emergenza sanitaria un gruppo di persone (ossia un sistema umano, sia esso estemporaneo, i conoscenti di una strada, o più stabile, per esempio una famiglia) presenta al suo interno un elemento che per ragioni strettamente mediche (infarto, ictus o incidente) o solamente relazionali (casi psichiatrici) sta rendendo impossibile la gestione dell’equilibrio di quel sistema. Quindi in ogni caso il “sistema equipaggio” interagirà con un gruppo di persone emotivamente scosse. A questo proposito è bene ricordare che il sistema equipaggio entra a far parte per la durata dell’intervento di tutto il sistema presente sulla scena.

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Entrare in relazione con gli altri

Quando si entra validamente in relazione con paziente ed il suo ambiente sociale ogni atto del soccorso contribuisce ad allentare una tensione emotiva che è sempre presente in misura minore o maggiore in ogni situazione;

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Nel momento che si inizia ad

interagire:

Essere consapevoli che, per esempio: gli altri presenti possono comportarsi nei propri confronti con le modalità impiegate con persone conosciute in passato. facendo leva su tale aspetto il personale può iniziare a lavorare per la raccolta di notizie e nello stesso tempo per cominciare a differenziarsi facendo capire che si è un po’ diversi.

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Cosa mi dice con le parole …

Siete dei razzisti

Non vuoi capire

Non c’è verso di farsi ascoltare da te

Non mi tieni in nessuna considerazione

Cosa mi sta dicendo davvero?.....

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Cosa mi sta dicendo davvero …

Mi sento discriminato

Non mi sento compreso

Non mi sento ascoltato

Non mi sento considerato

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Assertività

Individuare soluzioni possibili:

Saper comunicare, negoziare.

Trovare una soluzione nella quale non ci siano vincitori né vinti

Storiella…

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Un’arancia per due sorelline…..

In una mattina due sorelline si alzano e corrono in cucina con un preciso obiettivo: vogliono ambedue un’arancia. Si accorgono però che in casa ne è rimasta una sola …..

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Un’arancia per due sorelline …..

QUALI SOLUZIONI?

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Un’arancia per due sorelline…..

… le due sorelline decidono di dividere l’arancia. Anna spreme la sua metà ottenendone un’aranciata abbastanza insoddisfacente e getta via la buccia; Bice gratta la buccia per l’impasto della torta che intende fare e getta via la polpa, ma la quantità è insufficiente.

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Un’arancia per due sorelline …..

Se le due sorelline avessero comunicato (ascoltare, riformulare, negoziare, trovare soluzioni), avrebbero potuto certamente evitare eventuali conflitti, ottenendo, però, una maggiore soddisfazione reciproca …

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Quando la comunicazione è davvero efficace?

Per comunicare in modo efficace è importante sapere come e cosa comunichiamo.

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La finestra di Johari

La finestra o matrice di Johari è stata ideata nel 1961 da due psicologi ricercatori della California Joseph Luft e Harry Inghan, che strutturarono questo modello per studiare le interazioni sociali.

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La finestra di Johari

Aperto/pubblico

Cieco/feedback

Nascosto/privato

ignoto

Noto a sé Ignoto a sé

Noto

agli a

ltri

Ig

noto

agli a

ltri

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La finestra di Johari

Relazione di reciprocità tra le aree

Pubblico

Privato Feedback

Ignoto

Altro

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Quindi ….

Nell’interazione con l’altro la conoscenza è fatta di ciò che vediamo dell’altro, ciò che percepiamo dell’altro e di ciò che “mediamo” dell’altro attraverso i nostri criteri psicologici, sociali e culturali.

Questo è un processo RECIPROCO!

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L’approccio al paziente aggressivo

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Cosa non fare

Non insultare

Non gridare

Non esprimere giudizi

Non minacciare o dare ultimatum

Non rispondere alle provocazioni

Non essere arrendevole

Non insistere solo sulle proprie ragioni

Non sfuggire lo sguardo ma evitare lo sguardo fisso, di sfida

Non dimostrare imbarazzo o timidezza

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Cosa fare

Usare un tono di voce pacato ed uniforme.

Alzare il volume ed il ritmo della voce aumenta la carica adrenalinica e quindi l’eccitazione dell’interlocutore. Rallentare cadenza e tono della voce, invece, è spesso interpretato come l'avvisaglia di un attacco con il rischio è di essere colpiti in modo improvviso.

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Cosa fare

Usare i gesti in modo aperto e mai eccessivo.

Le persone passive in genere hanno una gestualità rigida e povera, che può essere interpretata come sottomissione e paura.

Le persone aggressive, al contrario, tendono ad agitare le mani, a toccare, spingere. Questo contribuisce ad aumentare la tensione e la probabilità che si arrivi ad uno scontro.

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Cosa fare

Adottare un'espressione del viso attenta ma non accigliata.

La mimica deve essere coerente con la comunicazione verbale. Se possibile, sarebbe opportuno mostrare attenzione e apertura verso l'interlocutore.

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Cosa fare

Usare un contatto visivo diretto ma non inquisitorio.

Le persone aggressive usano lo sguardo in modo teso e rigido, mentre le persone passive tendono ad essere evasive.

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Cosa fare

Curare la postura in modo da esprimere solidità ed energia.

Le persone passive tendono ad essere ricurve ed a occupare il minor spazio possibile, mentre i soggetti aggressivi tendono ad essere "invadenti" e rigidi. L'assertivo è eretto ma non proteso in avanti, rilassato ma pronto al movimento.

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La comunicazione deve essere

esaustiva

Molte volte quando comunichiamo diamo per scontato che l’altro sia al corrente di informazioni che invece non ha: in questo caso la comunicazione non viene compresa dall’altro o compresa in maniera diversa da quello che era nostra intenzione comunicare.

Bisogna quindi comunicare attraverso messaggi semplici chiari e completi, considerando che la nostra storia e quella di chi abbiamo di fronte sono diverse, quindi non necessariamente l’altro conosce i presupposti non presenti nel messaggio, ma necessari per comprendere quello che volevamo esprimere.

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Si lavora in squadra

I componenti del team, durante l’interazione con i presenti sulla scena, ognuno con le proprie competenze e ruoli, devono agire come squadra, tenendo presente che nella raccolta delle informazioni, soprattutto nei casi di TSO, non esistono ruoli prestabiliti, ma il Team leader rimane sempre quello che coordina e prende al momento le decisioni;

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“Contestualizzare” ogni discorso

I componenti del team devono fare in modo, con domande di precisazione, di “contestualizzare” le comunicazioni del paziente e degli altri presenti; cioè devono fare in modo che gli altri esprimano tutti gli aspetti della comunicazione che danno per scontato noi conosciamo. Ciò, come abbiamo detto è una caratteristica delle abitudini umane, ma si verifica ancora maggiormente nelle situazioni altamente emotive. Chiedere chiarimenti, allora, comporta che anche l’interlocutore metta ordine nelle proprie idee, fattore questo che determina anche “il contenimento” emotivo. Il paziente e gli alti presenti, infatti, si chiariscono sempre più e si convincono che chi hanno di fronte ha le capacità e la volontà di fare tutto il possibile per risolvere nel migliore dei modi la situazione;

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Lettura in positivo

Non nascondere mai, o sottovalutare la gravità della situazione, ma sottolineare in ogni comunicazione anche le possibilità di cura (lettura in positivo), questo per ridurre la depressione ed abituare, già nel soccorso, i parenti e conoscenti del paziente ad avere un ruolo attivo nella futura riabilitazione dello stesso. E’ inutile sottolineare come anche questo riduca la tensione emotiva, anche la rabbia, facendo sentire partecipe chi sta intorno all’intervento.

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Quadri clinici correlati a comportamenti

violenti

Demenze Alzheimer, morbo di Pick, Corea di Huntington, ecc.

Disturbi genetici Sindrome di Klinefelter

Disturbi dello sviluppo Disturbi della condotta, Disturbo da deficit dell’attenzione, Ritardo mentale, Disturbi pervasivi dello sviluppo (ad es. Autismo)

Disturbi neurologici Trauma cranico, epilessia, encefaliti paraneoplastiche e neoplastiche

Disturbi psichiatrici Schizofrenia, Disturbo bipolare, Disturbo antisociale di personalità, Disturbo paranoide di personalità, Depressione.

Abuso di sostanze Alcol, droghe, benzodiazepine, steroidi.

Disturbi tossico metabolici Intossicazione da metalli pesanti, Morbo di Cushing (eccesso di cortisolo), Porfiria acuta intermittente (malattia metabolica caratterizzata dalla mancanza di un enzima), stato confusionale acuto o delirium (alterazioni metaboliche o intossicazione da farmaci).

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La sicurezza per gli operatori

Paziente Operatore

Parla ad alta voce, gesticola, si muove a scatti

No movimenti bruschi né avvicinamenti. Non contrariare il paziente con pareri negativi. Parlare con calma.

Passeggia avanti ed indietro Chiedere al paziente come percepisce il proprio umore ed il proprio stato di agitazione, e se ha o ha avuto pensieri suicidari

Stringe i pugni o i braccioli di una sedia

Fare in modo di avere un ostacolo tra sé ed il paziente. Individuare la via di uscita

Salta, sobbalza bruscamente Non indugiare nel convincere il paziente a seguirvi. Mettersi al sicuro ed attendere le forze dell’ordine

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La sicurezza per gli operatori:

comportamento generale

1 - MAI USARE LA COERCIZIONE FISICA O L’AGGRESSIONE VERBALE: IL PAZIENTE CHE SI SENTE AGGREDITO AGGREDISCE.

E’ necessario usare lo stesso atteggiamento che si usa con i bambini, cercando di capire il significato del comportamento del paziente.

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La sicurezza per gli operatori:

comportamento generale

2 - IL PAZIENTE DEVE ESSERE INFORMATO ESATTAMENTE SULLA SUA DESTINAZIONE.

Il personale sanitario non deve MAI sembrare un alleato di chi vuole il ricovero del paziente.

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La sicurezza per gli operatori:

comportamento generale

3 - NON IMBROGLIARE IL PAZIENTE.

Il soccorritore non è e non deve diventare un complice della famiglia.

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La sicurezza per gli operatori:

comportamento generale

4 - DICHIARARE LA PROPRIA QUALIFICA DI SOCCORRITORE (“siamo in Suo aiuto”)

Il paziente deve sapere con chi ha a che fare e cosa si vuole fare di lui. Il soccorritore deve cercare di spiegare che la propria azione viene svolta per il bene del paziente.

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La sicurezza per gli operatori

Se il paziente è aggressivo o apertamente ostile,

Accertarsi che l’avvicinamento non sia pericoloso. Richiedere l’intervento delle forze dell’ordine prima di avvicinarsi.

Attenzione ad eventuali improvvisi mutamenti del comportamento del paziente.

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La sicurezza per gli operatori

Se il paziente è delirante,

Non negare il delirio del paziente, si entrerebbe in conflitto con lui, aumentandone lo stato di ansia.

Bisogna far capire al paziente che crediamo che lui veda o senta ciò che descrive, spiegandogli che, in conseguenza dello stato di ansia che ciò che vede o sente gli procura, è necessaria una terapia adeguata per modificare questa condizione.

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La sicurezza per gli operatori

Paziente potenzialmente suicida,

È fondamentale la capacità di interagire con il paziente, si deve cercare di stabilire un contatto visivo e verbale al più presto, evitando di discutere con il paziente, di minacciarlo e di mostrare di voler usare la forza.

Attenzione ad eventuali improvvisi mutamenti del comportamento del paziente.

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La sicurezza per gli operatori

Se il paziente è catatonico,

quindi non parla, è immobile, ha lo sguardo fisso, ma è pronto a diventare clastico (a danneggiare e a distruggere cose e persone)

Bisogna mettersi sullo stesso piano del paziente sia a livello verbale che di altezza, (come per i bambini). Per questo tipo di paziente, infatti, è necessaria la carezza, lo stare vicino, il parlargli. In questo modo il paziente percepisce il soccorritore simile a lui ed al proprio modo di sentire e lo accetta.

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Il Role Playing

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Il Role Playing

E’ la rappresentazione scenica di una situazione inerente i temi specifici dell’attività formativa

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Il Role Playing

Consente di

sperimentare e verificare i risultati dell’azione attraverso l’osservazione diretta e quella degli altri. E’ possibile quindi agire imparando a governare gli accadimenti

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Il Role Playing

Regole

Attori: interpretazione del ruolo sullo stralcio del copione, ma utilizzando atteggiamenti e tecniche che si desidera sperimentare

Osservatori: usare la griglia e non intervenire mai, né commentare durante la scena. Intervenire solo quando lo chiede il conduttore