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40 musica 245, aprile 2013 VIOLINISTI Giuliano Carmignola: non sono mai stato un carrierista di Massimo Viazzo Ancora legatissimo alla sua citta `, Treviso, e al- le amate Dolomiti, il grande violinista italiano sembra trarre forza estetica proprio dal suo rifiuto di una vita sradicata e cosmopolita. Giuliano Carmignola e ` il violinista italiano che piu ` d’ogni altro ha frequentato e frequenta il repertorio del secondo barocco e del primo classicismo. Gli esiti sono notevoli. Gli si riconoscono eleganza e freschezza di fraseggio legate ad una capacita ` di stupirsi ancora di fronte alla pagina scritta, ma anche essenzialita ` e rigore antiesibizionistico. I suoi CD pluripremiati sono conservati con cura dagli appassionati, che non rimarranno certo delusi dall’ultima uscita firmata Archiv e dedicata ad Antonio Vivaldi. L’incontro con Giuliano Carmignola ha luogo a Vercelli il giorno prima del recital del violinista veneto con la Camera- ta Ducale diretta da Guido Rimonda nell’ambito del Viotti Festival. Nella citta ` del riso e ` proprio davanti a un buon ri- sotto che ha inizio la conversazione...

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40 musica 245, aprile 2013

VIOLINISTI

Giuliano Carmignola:non sono mai stato un carrierista

di Massimo Viazzo

Ancora legatissimo alla sua citta, Treviso, e al-le amate Dolomiti, il grande violinista italianosembra trarre forza estetica proprio dal suorifiuto di una vita sradicata e cosmopolita.

Giuliano Carmignola e il violinista italiano che piu d’ognialtro ha frequentato e frequenta il repertorio del secondobarocco e del primo classicismo. Gli esiti sono notevoli. Glisi riconoscono eleganza e freschezza di fraseggio legate aduna capacita di stupirsi ancora di fronte alla pagina scritta,ma anche essenzialita e rigore antiesibizionistico. I suoi CD

pluripremiati sono conservati con cura dagli appassionati,

che non rimarranno certo delusi dall’ultima uscita firmataArchiv e dedicata ad Antonio Vivaldi.L’incontro con Giuliano Carmignola ha luogo a Vercelli ilgiorno prima del recital del violinista veneto con la Camera-ta Ducale diretta da Guido Rimonda nell’ambito del ViottiFestival. Nella citta del riso e proprio davanti a un buon ri-sotto che ha inizio la conversazione...

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Perche Vivaldi?Vivaldi, in effetti, mi ha accompagnato tutta la vita. L’hoeseguito molto se non altro per il gran numero di Concertiper violino presenti nel suo catalogo. Ma le mie radici musi-cali si possono rintracciare un po’ in tutto cio che si e svilup-pato attorno all’opera di Tartini, Albinoni, Dall’Abaco, Co-relli... Quando ero bambino, il papa, un dilettante, ma undilettante di gran pregio, un musicista molto raffinato, avevaformato un gruppo amatoriale con tanto di primario, avvo-cato e maestro elementare. « Pro Aris Et Juventute » si chia-mava ed io, bambino, assistevo agli incontri musicali che sisvolgevano nella sagrestia della chiesa di Santa Maria Mag-giore a Treviso...

E lı risuonavano le note di Vivaldi, Corelli e Albinoni...Sento ancora la fragranza dell’incenso e l’odore delle cande-le... un’atmosfera magica e indimenticabile.

Carmignola e un instancabile nostalgico. Ecco spiegata quell’aura dimalinconia che s’irradia dal timbro del suo violino.

Poi e arrivato Luigi Ferro...Sı, con lui ho iniziato a studiare a Venezia. Ferro e stato ungrande interprete vivaldiano. Con i Virtuosi di Roma neglianni cinquanta e sessanta ha iniziato a far conoscere un re-pertorio ancora sconosciuto ai piu...

E, se non sbaglio, Lei lo ha sostituito nel complesso romano ainizio anni settanta.Mi ha per cosı dire passato il testimone. Lı sono rimasto finoalla morte di Renato Fasano, il direttore dell’ensemble. Vi-valdi, quindi, per rispondere alla Sua domanda, e diventatoper me quel che e diventato forse anche per caso, per unaserie di concause...

Lei ha percorso un po’ tutta la stagione della riscoperta dellaprassi autentica nel nostro paese collaborando con quasi tuttii gruppi italiani che si occupavano di musica barocca, dai pio-nieristici Virtuosi di Roma e in seguito I Solisti Veneti, perarrivare ai Sonatori della Gioiosa Marca, alla Venice BaroqueOrchestra e, in questa ultima registrazione, all’AccademiaBizantina. Lei e uno specialista?Non mi sento affatto uno specialista. Anzi, negli anni settan-ta avevo atteggiamenti un po’ snobistici nei confronti deicosiddetti barocchisti. Arcate, articolazioni, messe di voce,vibrato, emiolie... Per me era un mondo sconosciuto. Poiarrivarono i Sonatori della Gioiosa Marca...

... e la musica cambio...Sı, perche Andrea Marcon, trevigiano come me, comincioad operare nei miei confronti un lavoro ai fianchi ossessio-nante, in alcuni momenti fin esasperante, per convincermiad intraprendere lo studio di quel repertorio in un modonuovo...

Chi l’ha dura la vince... (e meno male, aggiungerei io... )E gia, chi l’ha dura la vince! Aveva ragione lui. Mi sono ap-passionato a poco a poco. Ho cominciato a leggere trattatid’epoca. Ho provato l’arco barocco, ho montato un ponti-cello barocco, corde di budello, e poi e finita come lei sa...Se non fosse stato per lui, chissa forse sarei ancora tra i leggiidell’Orchestra del Teatro La Fenice. Non sono mai stato uncarrierista. In quegli anni preferivo investire nella famiglia.

Mi piaceva la vita tranquilla di provincia. E pensare che aventitre anni mi capito di suonare in un concerto diretto daClaudio Abbado. Quella volta rimasi talmente impressionatoda sentirmi quasi fuori posto. Mi ricordo che Abbado midisse: « Ma tu con il tuo talento che cosa ci stai a fare ancoraa Treviso? ». Ma lı io stavo bene, ero a casa.

Giuliano Carmignola si definisce un po’ pigro. Gli piace la vita ri-servata, appartata e ascoltandolo si resta colpiti dalla sua umilta. Miracconta, ad esempio, di quando gli arrivo il fax firmato « Claudio »in cui gli si chiedeva la disponibilita di collaborare con le nascente Or-chestra Mozart. « E uno scherzo! » pensa istantaneamente, salvo poifarsi venire la pelle d’oca, qualche giorno dopo, durante il colloquiotelefonico con Abbado. Ancora brividi di emozione all’incontro neicamerini, dopo un concerto negli USA, con un signore anziano e pic-colino che, dopo avergli stretto la mano per complimentarsi, gli dice:« Mi chiamo Ruggiero Ricci ». « E vedermi Viktoria Mullova in ca-merino dopo un recital a Roma entusiasta della proposta di AndreaMarcon di registrare con lei i Concerti per due violini di Vivaldi...Incredibile, vero? ». Questo e Giuliano Carmignola. E questo suomodo di essere si riflette totalmente nel suo modo di suonare.

So che anche Mario Brunello ha avuto un ruolo fondamentalenella Sua vita musicale...Mario a fine anni ottanta mi ha dato il primo scossone...

... coinvolgendola in prima persona....Con lui ho suonato il Doppio Concerto di Brahms e poi moltomusica da camera a Torino, all’Unione Musicale. Gli sonomolto riconoscente.

Tornando a Vivaldi, c’e una Sua registrazione con i Sonatoridella Gioiosa Marca, edita dalla Divox, che vinse il Diapasond’oro.Sı, il CD intitolato « Le Humane Passioni ». Era il 1996. Allenove di mattina squilla il telefono. Era Andrea Marcon chemi diceva che doveva darmi due notizie, una bella e unabrutta, e io gli dissi di cominciare da quella brutta. « E andataa fuoco La Fenice! ». E, cosı, la vittoria del Diapason d’Orservı, in parte, a lenire la tremenda ferita che si era apertaquel giorno, per certi versi indimenticabile, nella mia cittad’adozione.

Poi, prima di approdare alla Archiv, ci fu l’esperienza con laSony...Con la nuova formazione di Marcon, la Venice BaroqueOrchestra.

Un manciata di CD premiatissimi, con la definitive versiondelle Stagioni vivaldiane...Sara come dice lei, ma rimasi talmente impressionato dallanuova proposta di collaborazione discografica con la Sonyche scrissi la lettera che, forse, nessun artista al mio postoavrebbe neanche lontanamente pensato di scrivere.

Non mi dica che aveva deciso di rinunciare...Proprio cosı. Troppe incognite, i viaggi, la lontananza da ca-sa, la preoccupazione di non farcela. Ma alla fine la lettera ri-mase nel cassetto... E devo ringraziare l’amico Olivier Fou-res, musicologo e violinista lui stesso – pensi che Olivier si esuonato tutti i duecentocinquanta Concerti di Vivaldi! – chemi ha introdotto ancor di piu in questo repertorio. E un mioconsigliere di fiducia, mi stimola, mi suggerisce nuovi pez-

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zi... Secondo lui io dovrei incidere ancora un paio di dischivivaldiani per completare le opere qualitativamente indispen-sabili del suo catalogo. E per me, ora, e quasi un obbligomorale accontentarlo.

Allora la prossima incisione sara ancora vivaldiana...No, in verita registrero tra qualche mese i Concerti per violinodi Bach con il Concerto Koln, un gruppo con il quale e natauna bella collaborazione. Sono entusiasti e gioiscono nel farmusica e per me questo e fondamentale. Suonero con loro ilConcerto in Mi maggiore e quello in La minore e c’e anche l’i-dea di eseguire le trascrizioni violinistiche dei Concerti per cla-vicembalo in Re minore e in Sol minore.

Farei ora un passo indietro: Lei ha partecipato nel 1973 al con-corso Paganini. Forse, nel Suo intimo, aveva pensato almenoun momento a un altro tipo di carriera?Ma no, ho fatto il Paganini perche un buon allievo dovevafarlo. Tutto qui. E gia che stiamo parlando del Paganini affer-mo una volta per tutte che non l’ho vinto come compare suqualche mia biografia. Sono arrivato al quinto posto. C’eraSalvatore Accardo in giuria. Al termine della competizione ri-cordo che mi disse che secondo lui io non ero un animale daconcorso. Un mio grande rimpianto di quegli anni e proprioquello di non aver seguito i corsi che Accardo teneva a Rove-reto, e Salvatore lo sa... Ma Luigi Ferro, docente vecchiostampo, era geloso dei suoi studenti ed io, il suo ultimo allie-vo, ero un po’ succube di lui. E cosı non se ne fece nulla.Pensi che l’anno prima dovetti inventarmi non so che cosacon l’aiuto dei miei genitori e di amici senesi per parteciparealle lezioni di Franco Gulli all’Accademia Chigiana. Gulli perme era un modello. Ce l’ho sempre nel cuore. Poi quando sitrasferı nell’Indiana, a Bloomington, non ebbi il coraggio diseguirlo. I soliti timori, i soliti problemi, le solite insicurezze...

Nell’integrale dei Concerti per violino di Mozart registratacon Abbado, Lei si e avvalso delle cadenze di Franco Gulli.

Sono cadenze qualitativamente e stilisticamente molto belle.Furono scritte da Gulli nel 1991 in occasione del bicentena-rio mozartiano. Le ho utilizzate anche nella mia prima regi-strazione effettuata con Il Quartettone diretto da Carlo deMartino. Quando gli mandai il disco Gulli era felicissimo.« Una lezione di stile e di buon gusto che faro ascoltare aimiei allievi » mi disse.

Poi ci fu l’incontro a Ginevra con Henryk SzeryngSı, un istrione, uno showman. Lui durante le lezioni imbrac-ciava sempre il suo violino e suonava spessissimo. Dire chefosse amabile... non so. Certo che aveva carisma da vendere.

E Milstein?Tutt’altra pasta. Lui, invece, non suonava mai di fronte aisuoi allievi, con i quali si rapportava in modo molto umile.Pensi che una domenica mattina in Piazza del Campo mi vi-de seduto al tavolino di un caffe. Si avvicino e mi chiese se sipoteva sedere con me... Incredibile, lui, il grande Milstein!Una persona semplice, spontanea. Ho ancora nelle orecchie ilsuo Bach: che freschezza! Milstein era un filologo per istinto.

Lei ebbe anche un contatto con David OistrakhPiu che un contatto, la cosa era bell’e fatta. Lo incontrai inoccasione del Concorso Ciaikovski, gli piacqui, ed erano giapronti i documenti, e una borsa di studio, per quel viaggiooltre cortina che tanto angosciava me e i miei familiari. Oi-strakh era per me « il mito » e andare a studiare con lui era unsogno. Certo, di paura ne avevo tanta: affrontare in queglianni l’Unione Sovietica... Mia nonna piangeva al pensierodella mia partenza. Ma il sogno non si pote concretizzare perla sua morte avvenuta ad Amsterdam nell’autunno del 1974.

Di Abbado, invece, che mi dice?Claudio Abbado e un musicista che ha saputo mettersi sem-pre in discussione, un musicista con un grande desiderio dirileggere la musica, di imparare e di rinnovarsi. E non parlosolo delle sue interpretazione di musiche di Bach e Mozart.

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Ha sentito il suo Beethoven inciso con i Berliner? Formida-bile! Per me e stata un’esperienza stimolante condividere conlui il progetto dei Brandeburghesi e dei Concerti per violino diMozart registrati con la Deutsche Grammophon. Fu Claudiostesso, poi, a mandarmi il CD con tanto di lettera allegata pie-na di complimenti. E stato un grande onore e privilegio po-ter lavorare con lui, una leggenda vivente.

In questi anni c’e stata un’evoluzione stilistica nel Suo mododi suonare?Credo di sı, soprattutto una maturazione nei movimenti len-ti, nei cantabili...

Dove comunque Lei non ha eliminato il vibrato...Prossimamente suonero il Concerto in La maggiore di Mozart aZurigo con Roger Norrington. Lui e un musicista estroso,ma sul vibrato ha le sue convinzioni. Staremo a vedere... Midiceva Viktoria Mullova che John Eliot Gardiner le avevaproposto, tempo fa, di eseguire il Concerto di Brahms senzavibrare. Mah... Io penso che se lo si fa con gusto, se non sene abusa, se non lo si fa solo per comodita soprattutto con ilsecondo e il terzo dito, allora il vibrato diventa una risorsa.Perche rinunciarvi tout court?

L’assenza di vibrato e il troppo vibrato, allora, sono per Leidue estremi che si possono toccare.Penso che in una nota lunga, in un momento armonicamen-te piu interessante, in una frase particolarmente espressiva,perche non si deve vibrare? Non sta scritto da nessuna parteche non si deve vibrare. E, alcontrario, un vibrato sempree comunque secondo me efastidioso ed esaspera un po’troppo la linea musicale.

Che strumenti suona?Suono un Pietro Guarnieridel 1733. Poi in questi ulti-mi anni ho suonato lo Stra-divari Baillot del 1732 ac-quistato dalla FondazioneCassa di Risparmio di Bolo-gna...

E che ha usato nelle ultimeincisioni con Claudio Ab-bado, i Concerti per violi-no di Mozart, quello mignondi Pergolesi e i Brandebur-ghesi...Sı, ma io resto affezionato alFlorenus Guidantus del1739, un violino creato daun liutaio bolognese menonoto, ma che costruiva stru-menti di gran pregio ispiran-dosi agli Amati. Con il Gui-dantus ho realizzato le ulti-me incisione vivaldiane. In-vece il Vivaldi della Divox equello della Sony li ho regi-strati usando un violino diun anonimo del Settecento,uno strumento a me molto

caro perche fu proprio con quello che iniziai la mia esperien-za barocca. Ad essere precisi, il fondo, le fasce e il riccio diquel violino erano di una mano, mentre il piano armonicoindubbiamente di un’altra. Un violino di grande qualita cheha anche un valore affettivo per me.

Il Suo repertorio e ormai consolidato. Ha desiderio di studiaree approfondire qualche pezzo dell’Ottocento o del Novecento?Anni fa eseguii due lavori di Alban Berg che ho amato mol-to, il Kammerkonzert sotto la direzione di Giuseppe Sinopoli eil sublime Concerto per violino diretto da Daniele Gatti. Quan-do suonavo nell’Orchestra della Fenice masticai anche moltoMahler con Inbal.

Alla Fenice suonava anche l’opera, naturalmente. Mozart conPeter Maag, ad esempio...Una grande lezione di stile. Mentre il melodramma italianomi interessava meno... Poi, in effetti, uscito dall’orchestra, unpo’ i casi della vita, come le dicevo prima, e un po’ la miapredisposizione, mi hanno portato a concentrarmi sul diciot-tesimo secolo. Comunque, prossimamente ho in programmail Triplo di Beethoven con Sol Gabetta e Dejan Lazic e con ladirezione di Giovanni Antonini. E mi piacerebbe suonare insestetto Verklarte Nacht di Schonberg. Ma il mio Schonberg siferma lı...

Nel tempo libero ascolta i Suoi dischi?Ascolto un po’ di tutto, non solo classica, soprattutto nei lun-ghi viaggi in macchina, ma i miei dischi quasi mai!

E i violinisti?C’e stato un periodo in cui mipiaceva molto ascoltare Gi-don Kremer: le sue registra-zioni mozartiane con Har-noncourt mi affascinavano.Poi, naturalmente, i violinististorici: Oistrakh, Milstein,Szeryng... Heifetz meno.

Troppo virtuosismo?Sı, forse... Io sono cresciutocon un vinile regalatomi damio padre con David Oi-strakh e Isaac Stern che suo-navano un Concerto di Bachper ciascuno e poi il Doppioin La minore di Vivaldi insie-me. E all’Adagio in Mi mag-giore di Bach, la sera, piange-vo sempre tutte le mie lacri-me...

Un pensiero finale alla Suamontagna...Ah, quella e insostituibile. LeDolomiti per me sono unluogo speciale. Mi piace sen-tire i suoni della montagna.Amo molto la montagna edalla montagna ricevo ener-gia, ispirazione e tanta sere-nita. Non potrei proprio far-ne a meno! &

CDVIVALDI Concerto in mi RV. 281;Concerto in DO RV 187; Concerto inRE RV 232; Concerto in FA RV 283;Concerto in MI bemolle RV 254;Concerto in re RV 243 violino Giulia-no Carmignola Accademia Bizantina,direttore Ottavio DantoneARCHIV 479 1075DDD 76:55 .AHHHHHHHHHH

E cosı GiulianoCarmignola ri-torna sul luogodel delitto! Do-po anni e annidi frequentazio-

ni vivaldiane, dagli esordi con iVirtuosi di Roma e i Solisti Vene-ti, alle piu aggiornate e fruttuosis-sime collaborazioni con i Sonatoridella Gioiosa Marca e la VeniceBaroque Orchestra, si viene a rin-saldare in questa attesa incisionetutta italiana il sodalizio con unaltro prestigioso ensemble nostra-no, l’Accademia Bizantina direttada Ottavio Dantone. C’e ancorala voglia di aprire ed indagare ilprezioso scrigno del catalogo vi-valdiano. E cosı, eccoci di fronte adue ricostituite « versioni origina-li » depurate dalle incrostazioni deltempo, il tempestoso Concerto inMi minore e l’ancor contrastatoConcerto in Do maggiore, mentre il

gaio e un poco agreste Concerto inFa maggiore viene qui inciso per laprima volta. Ricordo anche la pre-senza in questo nuovo CD Archivdel piu ombroso Concerto in Re mi-nore « senza cantino » pensato per unviolino a cui viene rimossa la cordapiu acuta, il cantino appunto.Le esecuzioni hanno, direi, i carat-teri del classico. La frenesia agogi-ca, le vetrosita timbriche e l’arma-mentario folcloristico di certe in-terpretazioni parafilologiche odier-ne sono distanti anni luce. Si vadritti al cuore della musica senzacompiacimenti ne integralismi: cir-cola aria, calore, non mancando dicerto la comunicativa. GiulianoCarmignola suona con una puliziaammirevole disegnando una lineamusicale limpida e luminosa. Latimbrica e anche arricchita danuances nostalgiche (sentire, adesempio, il Largo del Concerto in Mibemolle maggiore) e il controllo tec-nico e indiscutibile. Ottavio Dan-tone guida da par suo l’AccademiaBizantina, con polso fermo, risolu-tezza ritmica nient’affatto metro-nomica, fantasia e spiccato sensoteatrale.Insomma, un Vivaldi da non man-care, e non solo da parte dei piuferventi appassionati del PreteRosso.

Massimo Viazzo