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GIOVANNI VERGA Verga inaugura il romanzo moderno in Italia. Verga rinuncia alla prospettiva onnisciente, il punto di vista narrativo , rigorosamente dal basso, coincide con quello dei suoi personaggi . L’autore non manifesta più direttamente i propri sentimenti e le proprie ideologie ed assume invece l’ottica narrativa, l’orizzonte culturale e il linguaggio dei suoi stessi personaggi. La sua storia comincia con il periodo fiorentino (1869-72). Qui frequenta lo scrittore romantico Francesco Dall’Ongaro e viene influenzato dalla letteratura filantropico-sociale di Caterina Percoto. Qui compone Storia di una capinera e il dramma Rose caduche. Verga si convince che l’epoca romantica è finita e che l’arte è diventata un lusso inutile in una società in cui dominano unicamente le banche e le imprese industriali. Il primo racconto verista è Rosso Malpelo, scritto 1878 . Inizia contemporaneamente a lavorare ad un abbozzo di romanzo, Padron ‘Ntoni. Sono i mesi in cui elabora le novelle che poi confluiranno in Vita nei campi. Dal 1893 egli torna a risiedere a Catania. Il suo pessimismo scettico sfiora ormai il cinismo, anche nei rapporti privati. La sua formazione è provinciale ed attardata. Storia di una capinera risente dell’ambiente romantico e sembra ispirarsi ad una letteratura di tipo filantropico volta a documentare un’ingiustizia sociale: la monacazione coatta a cui erano costrette le ragazze povere. 1. Scelta di personaggio semplice ed uso di un linguaggio ingenuo ed elementare 2. adopera il fiorentino 3. appare il tema dell’orfano e dell’escluso 4. il motivo della esclusione sociale e della vittima si congiungono a quello economico. Eva esce per Treves, e risente dell’ambiente milanese. Il romanzo si fonda sull’intreccio tra quattro temi: 1. studio del rapporto fra arte e modernità 2. esame di coscienza dell’artista in crisi che vede ormai irrealizzabili gli ideali romantici 3. la storia d’amore di un giovane romantico costretto a verificare il fallimento dei propri ideali e alla fine a tornare sconfitto e morente alla famiglia siciliana 4. contrasto fra modernità, rappresentata dalla metropoli e dalla prevalente atmosfera di Banche ed Imprese Industriali. 5. compare il tema della ballerina, topos della letteratura e della pittura moderna. 1874. Nedda: per la prima volta Verga sceglie come personaggio un umile della sua terra , immerso in un ambiente contadino descritto realisticamente. Non è tuttavia una novella verista perché manca l’impersonalità : anzi, l’autore interviene di continuo a difendere il proprio personaggio, con un atteggiamento costantemente moralistico. Tre fatti favoriscono fra la fine del 1877 e il 1878 l’adesione al Verismo: 1. esce L’assomoir 2. Capuana va ad abitare a Milano e fonda un gruppo che intende creare in Italia il romanzo moderno 3. viene diffusa l’Inchiesta in Sicilia di Franchetti e Sonnino. Adotta un’impostazione di tipo positivistico, materialistico e deterministico.

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GIOVANNI VERGA

Verga inaugura il romanzo moderno in Italia. Verga rinuncia alla prospettiva onnisciente, il punto

di vista narrativo, rigorosamente dal basso, coincide con quello dei suoi personaggi.

L’autore non manifesta più direttamente i propri sentimenti e le proprie ideologie ed assume

invece l’ottica narrativa, l’orizzonte culturale e il linguaggio dei suoi stessi personaggi.

La sua storia comincia con il periodo fiorentino (1869-72). Qui frequenta lo scrittore romantico

Francesco Dall’Ongaro e viene influenzato dalla letteratura filantropico-sociale di Caterina

Percoto. Qui compone Storia di una capinera e il dramma Rose caduche.

Verga si convince che l’epoca romantica è finita e che l’arte è diventata un lusso inutile in una

società in cui dominano unicamente le banche e le imprese industriali.

Il primo racconto verista è Rosso Malpelo, scritto 1878. Inizia contemporaneamente a lavorare ad

un abbozzo di romanzo, Padron ‘Ntoni. Sono i mesi in cui elabora le novelle che poi

confluiranno in Vita nei campi.

Dal 1893 egli torna a risiedere a Catania. Il suo pessimismo scettico sfiora ormai il cinismo, anche

nei rapporti privati.

La sua formazione è provinciale ed attardata. Storia di una capinera risente dell’ambiente

romantico e sembra ispirarsi ad una letteratura di tipo filantropico volta a documentare

un’ingiustizia sociale: la monacazione coatta a cui erano costrette le ragazze povere.

1. Scelta di personaggio semplice ed uso di un linguaggio ingenuo ed elementare

2. adopera il fiorentino

3. appare il tema dell’orfano e dell’escluso

4. il motivo della esclusione sociale e della vittima si congiungono a quello economico.

Eva esce per Treves, e risente dell’ambiente milanese. Il romanzo si fonda sull’intreccio tra quattro

temi:

1. studio del rapporto fra arte e modernità

2. esame di coscienza dell’artista in crisi che vede ormai irrealizzabili gli ideali romantici

3. la storia d’amore di un giovane romantico costretto a verificare il fallimento dei propri ideali e

alla fine a tornare sconfitto e morente alla famiglia siciliana

4. contrasto fra modernità, rappresentata dalla metropoli e dalla prevalente atmosfera di Banche

ed Imprese Industriali.

5. compare il tema della ballerina, topos della letteratura e della pittura moderna.

1874. Nedda: per la prima volta Verga sceglie come personaggio un umile della sua terra, immerso

in un ambiente contadino descritto realisticamente. Non è tuttavia una novella verista perché

manca l’impersonalità: anzi, l’autore interviene di continuo a difendere il proprio personaggio,

con un atteggiamento costantemente moralistico.

Tre fatti favoriscono fra la fine del 1877 e il 1878 l’adesione al Verismo:

1. esce L’assomoir

2. Capuana va ad abitare a Milano e fonda un gruppo che intende creare in Italia il romanzo

moderno

3. viene diffusa l’Inchiesta in Sicilia di Franchetti e Sonnino.

Adotta un’impostazione di tipo positivistico, materialistico e deterministico.

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L’esclusione della soggettività dell’autore implica l’impersonalità. Nell’opera non si devono vedere

né i sentimenti né l’ideologia dell’autore, il quale deve comportarsi come uno scienziato e un

tecnico neutrale, cioè limitarsi a documentare la realtà soggettiva.

Inoltre bisogna procedere sempre dal semplice al complesso, dall’elementare al complicato.

Bisogna perciò partire dalle classi più basse per arrivare a quelle più elevate.

Sostiene la necessità dell’eclissi dell’autore, il quale deve sparire nella propria opera, senza

lasciarvi le tracce della propria personalità. È esclusa anche la presentazione dei protagonisti

da parte del narratore: il lettore deve imparare riconoscerli progressivamente dall’azione

romanzesca stessa. Si rompe con la tradizione manzoniana dell’autore onnisciente.

La narrazione deve essere condotta dal punto di vista dei personaggi rappresentativi: lo scrittore

deve annullarsi assumendo la loro prospettiva, la loro cultura, il loro modo di vedere le cose, il

ritmo stesso del loro parlare.

C’è una stretta correlazione tra livelli sociologici e livelli stilistici.

La prima raccolta è uscita nel 1880: contadini, pastori, minatori di una società premoderna, in cui

domina il latifondo. Verga intende mostrare come, a ogni livello della scala sociale, agisca la

molla dell’interesse individuale e dei bisogni materiali, però il mondo rurale è visto sotto una

luce di arcaicità romantica e a volte anche idillica.

Con le Novelle rusticane e Per le vie, il metodo verista è d’ora in poi del tutto coerente con la

prospettiva pessimistica e materialistica dell’autore, che a ogni gradino della scala sociale

scopre il meccanismo della “lotta per la vita”.

I Malavoglia è un romanzo sperimentale che risponde a criteri d’avanguardia e dunque lascia il

lettore disorientato. Anche il successo della critica fu postumo e successivo alla rivalutazione

avviata subito dopo la prima guerra mondiale. È il momento in cui si concentrano su di lui

Tozzi, Borghese e Pirandello.

I MALAVOGLIA

Nel settembre del 1875 Verga, in una lettera a Treves, scrive di lavorare ad un bozzetto

marinaresco, Padron ‘Ntoni. Dopo aver aderito al verismo, però, abbandona il bozzetto e scrive

un romanzo I Malavoglia. Il titolo è una ingiuria, cioè un soprannome scherzoso. Nello stesso

tempo, in una lettera a Verdura, scrive di progettare un ciclo chiamato prima “Marea”, poi i

“Vinti”.

Lavora al romanzo dal 1878 al 1880. Il romanzo esce nel 1881.

Prese di posizione teorica:

• il racconto Fantasticheria

• la lettera dedicatoria a Farina premessa all’Amante di Gramigna

• la prefazione ai Malavoglia

• le lettere al Capuana

1. Occorre inventare una forma inerente al soggetto

2. l’autore deve sparire calandosi in una voce narrante appartenente al mondo rappresentato

3. devono cadere gli artifici narrativi della tradizione manzoniana, come il narratore onnisciente, la

messa in scena dei personaggi da parte del narratore, la descrizione dall’alto dei protagonisti e

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dei luoghi, il loro inquadramento nella griglia ideologica e nel sistema gerarchico di valori

dell’autore

4. occorre perciò inventare nuovi artifici narrativi: bisognerà inserire all’inizio della narrazione

ampie scene corali in cui essi possano comparire direttamente in scena, di modo che il lettore

sia posto nella condizione di imparare a riconoscerli da ciò che dicono

5. bisogna cercare anche nuove soluzioni linguistiche, capaci di esprimere la prospettiva

popolaresca

6. rifiuto di un successo facile, la rinuncia ai gusti del pubblico.

Radicale rinnovamento formale.

La verità della rappresentazione si raggiunge non copiando dal vero la realtà, ma facendone una

ricostruzione intellettuale e sostituendo la nostra mente agli occhi. Per questo è meglio

rappresentato il mondo siciliano, da una certa distanza, e cioè da Milano.

Egli non ricopia, ma ricostruisce intellettualmente, cioè scientificamente, un paese siciliano

servendosi dei documenti sociologici ed etnologici del suo tempo.

Vuole esprimere una ideologia e un sentimento che la distanza geografica rende più chiari e vivi.

Nella ricostruzione intellettuale si mescolano esigenze di distacco scientifico e di ricostruzione in

laboratorio di un fenomeno sociale, sia istanze ideologiche che si rifanno all’anticapitalismo

romantico e alle teorie di Franchetti Sonnino.

Verga non muove dalla descrizione dal vero di Trezza, ma dalla costruzione di un paese-modello

che poi identifica in Trezza.

15 capitoli, tra il 1863 (anche se l’azione comincia nel 1865) fino al 1877 o 78. Storia della famiglia

Toscano, nota in paese con il soprannome antifrastico di Malavoglia.

Tre parti:

I-IV: dopo una premessa riassuntiva, si rappresentano avvenimenti che durano in tutto quattro

giorni: tempo della storia breve e tempo del racconto lento e dilatato.

V-X: tempo della storia si allarga, si condensa quello del racconto: dall’autunno del 65 alla fine del

667.

XI-XV: parecchi anni.

‘Ntoni è un personaggio fonologico, che conosce ed attesta un’unica verità, quella immobile

espressa dai proverbi e dalla saggezza degli antichi. Il mondo presente ha il suo eroe nel

nipote, che è invece un personaggio problematico, in crisi, scisso fra sistemi di valori

contrapposti: quello della famiglia e quello della città, quello della tradizione contadina e

quello della modernità.

Duplice scissione fra i nipoti: Alessi vs ‘Ntoni e Mena vs Lia.

La scissione dà luogo a diverse tonalità espressive: un unico codice linguistico e sintattico si lascia

penetrare da due diversi registri: uno lirico-simbolico e l’altro comico-naturale.

Gli elementi storici penetrano nel romanzo, anche se il progresso è inserito in un altro tempo,

circolare ed etnologico, il tempo rurale e premoderno.

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All’interno uno spazio geografico preciso, all’esterno una geografia che sfuma in contorni

indeterminati, misteriosi.

Storia e mito, romanzo storico e romanzo etnologico, studio veristico e idealizzazione romantica si

sovrappongono e si intrecciano.

Tempo e spazio sono simboli. Più in là tutti i personaggi, invece, saranno inseriti nel tempo storico

dell’alienazione economica.

Verga narra secondo un’ottica dal basso: a parlare è una comunità arcaico-rurale che dà per

scontata la conoscenza della vecchia strada di Trezza. I luoghi non vengono presentati.

La prospettiva dell’autore si eclissa e assume quella dei personaggi. La novità stilistica verghiana

consiste nel riportare una fitta rete di voci narranti popolari. Anche le metafore e le similitudini

sono coerenti con questa impostazione: il campo referenziale è quello dei personaggi.

Verga non fa ricorso al dialetto, ma impiega un italiano parlato così come lo parlano i siciliani

dotati di una certa cultura.

La voce narrante non coincide con quella dell’autore, che regredisce in un narratore incolto o

primitivo.

Il coro narrante trasforma ciò che dovrebbe essere normale – l’affetto dei familiari per il nonno –

in qualcosa di strano e viceversa.

Malinconia soffocante, grande tristezza e impotenza che pervade l’opera.

L’autore vuole mostrare ogni gradino della scala sociale, mettendo in risalto come ogni

personaggio sia condizionato dalla forza degli istinti e degli interessi materiali. Però esalta la

realtà arcaico-rurale della Sicilia.

Compresenza di due registri espressivi all’interno di un unico codice linguistico e sintattico:

• lirico-simbolico: i personaggi privilegiati, dotati di interiorità e di valori (padron ‘Ntoni ecc)

vs

• comico, grottesco e caricaturale: comportamenti e parole dei compaesani.

L’ottica preminente è quella economica e materialistica, cui ubbidiscono tutti, anche i Malavoglia,

che però ubbidiscono anche all’etica del dovere e dell’onore. Per questo padron ‘Ntoni non si

avvale della legge che gli permetterebbe di non cedere la casa del nespolo all’usuraio.

L’idillio patriarcale non è un’alternativa al presente, ma il sogno di un passato che non può tornare

più.

Il tono lirico simbolico, infatti, sottolinea quasi sempre il momento della rinuncia o della sconfitta,

o quello del non detto in quanto non dicibile.

Il tema della religione della famiglia fa parte della componente romantica del romanzo. In esso

sopravvive un idoleggiamento per un mondo di valori autentici che appartiene all’universo

patriarcale e arcaico-rurale. Chi si allontana da questi valori nido si perde per sempre: vedi

‘Ntoni.

La forza della famiglia è garantita materialisticamente dal legame di sangue che unisce i suoi

componenti. Essa può costituire perciò una cellula di resistenza in una società dominata dalla

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violenza e dall’egoismo. La solidarietà dei suoi membri è un modo per sopravvivere all’interno

della feroce selezione naturale che caratterizza a ogni livello l’esistenza.

Chi tenta di mutar stato è destinato alla sconfitta. Di fronte alle ingiustizie sociali non giova

ribellarsi, è meglio rassegnarsi. Si tratta di una ideologia conservatrice.

Eroismo della rinuncia, che rende artisticamente vive figure come quella di Mena o di padron

‘Ntoni.

MASTRO DON GESUALDO

Il titolo compare nella lettera al Vendura nel 78 per indicare il secondo romanzo del ciclo della

Marea.

Il protagonista sarebbe stato un rappresentante della vita di provincia ed esponente di una classe

superiore rispetto a quella dei pescatori e contadini.

Verga racconta la storia di un arrampicatore sociale in una società della provincia siciliana, che

diventa don pur restando mastro.

Una prima anticipazione si trova nella novella La roba.

Il romanzo esce prima a puntate, sulla Nuova Antologia, nel 1888.

Il romanzo è ambientato prima dell’Unità a Vizzini. Esso copre trent’anni, dal 1829 alla fine del 48

o all’inizio del 59.

Sono rappresentate due rivoluzioni, la nascita della borghesia cittadina e imprenditoriale, la

decadenza della nobiltà cittadina.

Ventuno capitoli suddivisi in 4 parti.

Protagonista è Gesualdo, viene meno la struttura binaria dei Malavoglia e domina solo la legge

della roba.

Gesualdo obbedisce alla legge economica, però ne paga lo scotto nella forma di un duro rovello,

un acre rimorso nei confronti degli affetti familiari e amorosi da lui violati.

Sono raccontati strati sociali differenti: dai contadini ai servitori al ceto ecclesiastico ai borghesi e

ai nobili.

Ruolo importante ce l’hanno Bianca Trao e Diodata: entrambe vittime delle leggi sociali.

In questo romanzo si impone la necessità di un ricorso alla rappresentazione psicologica, che

risolve non con un’analisi dall’interno ma dalla «rappresentazione dell’osservazione

psicologica», come dice in una lettera a De Roberto.

Il mondo rappresentato è quello vario ed aperto della società borghese e perciò non è possibile il

tono costante e uniforme dei Malavoglia.

Non mancano però modi di dire e punti di vista diversi, corrispondenti all’ottica della nobiltà

cittadina o a quella contadina.

Il linguaggio tende all’immediatezza del parlato, ne riproduce l’icasticità e la vivezza, con scelte

costantemente antiletterarie. Mentre è venuto meno il tono epico-lirico dei Malavoglia, il

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parlato tende ad arieggiare il discorso della borghesia di campagna, piuttosto che quello

popolaresco.

Anche la sintassi non tende più al periodo lungo e alle cadenze epiche.

1. mimesi del discorso diretto

2. discorso indiretto libero

3 interventi di un narratore oggettivo che in genere usa lo stesso linguaggio del mondo

rappresentato.

Il tempo verbale prevalente è quello del passato remoto. Il tempo non è più una durata fluida ma

è rapido ed affannato. Frammentazione del tempo, che scarta le fasi intermedie per isolare

alcune scene culminanti, coincidenti con momenti drammatici o con episodi dove domina

l’azione e dove il tempo non si distende in lente cadenze.

Viene meno l’unità di luogo.

La natura diventa un ostacolo da superare con stento e sudore.

Romanzo senza mito e senza idillio. Si dissolve l’unico mito della modernità: il senso della vita

starebbe nell’arrampicata economica, nella corsa contro il tempo, nella carriera individuale,

nel successo economico.

Anche romanzo storico, senza la fiducia romantica nella storia.

Gli avvenimenti risultano come smembrati e l’unica realtà è quella del condizionamento naturale,

dei bisogni elementari, degli interessi egoistici.

Alla dissoluzione della storia corrisponde quella della vita individuale. La morte anche non è

solidarietà collettiva ma annullamento.