GIOVANNI VERGA · GIOVANNI VERGA IL CICLO DEI VINTI. Il progetto complessivo Parallelamente alla...

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GIOVANNI VERGA IL CICLO DEI VINTI

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  • GIOVANNI VERGA

    IL CICLO DEI VINTI

  • Il progetto complessivo

    Parallelamente alla composizione delle

    novelle, Verga concepisce anche il disegno

    di un ciclo di romanzi, che riprende il

    modello affermato dai Rougon-Macquart del

    naturalista francese Zola.

  • Il progetto complessivo

    Criterio unificante è il principio della lotta per la

    sopravvivenza, che lo scrittore ricava dalle teorie

    di Darwin sull’evoluzione delle specie animali e

    vegetali ed applica alla società umana: tutta la

    società, ad ogni livello, è dominata da conflitti di

    interesse, ed il più forte trionfa, schiacciando i più

    deboli. Verga, però, non intende soffermarsi sui

    vincitori di questa guerra universale e sceglie

    come oggetto della sua narrazione i «vinti».

  • Il progetto complessivo

    La concezione di Verga è dunque molto

    pessimistica: valori come la generosità

    disinteressata, l’altruismo, la pietà non

    trovano posto nella realtà, se non in minima

    parte, perché gli uomini agiscono

    innanzitutto mossi dall’interesse economico,

    dall’egoismo, dalla volontà di

    sopraffare gli altri.

  • Il progetto complessivo

    Si tratta di una legge di natura, valida in ogni luogo e in

    ogni epoca. In quanto legge di natura essa è immodificabile.

    Esistono per Verga alternative?

    Per Manzoni nella vita è presente il Male (come ci dimostra

    l’atteggiamento di don Rodrigo), ma c’è anche la possibilità

    di una speranza, data dalla fiducia nella Provvidenza

    (Lucia, abbandonando il suo paese, si dice convinta che

    Dio non toglie una gioia ai suoi figli se non per prepararne

    una più grande).

    In Verga troviamo la stessa concezione?

  • Il progetto complessivo

    Verga ritiene che non ci possono essere

    alternative: né nel futuro, in un’organizzazione

    sociale diversa e più giusta (Verga, pertanto, non

    può appoggiare idee come quelle socialiste), né

    nel passato, nel ritorno a forme di vita ormai

    superate, e neppure nella vita ultraterrena (la sua

    visione è atea ed esclude ogni speranza di

    miglioramento dell’esistenza terrena in un’altra

    vita, come suggeriva, invece, Manzoni).

  • Il progetto complessivo

    Questa concezione pessimistica ci fa anche

    capire il senso della tecnica dell’impersonalità,

    adottata da Verga.

    Manzoni interviene nel romanzo con commenti e

    giudizi perché ritiene che si possa dare

    un’alternativa alle vicende umane, sia in questa

    vita che in quella ultraterrena. Per questo il

    narratore de I Promessi Sposi è onnisciente.

  • Il progetto complessivo

    Per Verga è impossibile modifica la realtà, perché

    essa è dominata da leggi immodificabili; dunque,

    ogni intervento giudicante appare inutile e privo di

    senso e allo scrittore resta il compito di

    rappresentare la realtà per quella che è, lasciare

    che parli da sé. La letteratura, quindi, non può

    contribuire a modificare la realtà, ma può solo

    avere la funzione di studiarla.

  • Il progetto complessivo

    Da quanto detto, possiamo concludere

    dicendo che Verga manifesta un

    atteggiamento critico verso la cieca fiducia

    nel progresso che accompagna il diffondersi

    delle idee positivistiche.

  • Il progetto complessivo

    I romanzi del ciclo dovevano essere cinque:

    1. I Malavoglia (i protagonisti appartengono alla classe

    più umile, quella composta da contadini, allevatori,

    pescatori. I Malavoglia sono infatti una famiglia di

    pescatori; il tema affrontato è la lotta per i bisogni

    naturali e dunque il tentativo di migliorare la propria

    condizione economica);

    2. Mastro-don Gesualdo (il protagonista è un carpentiere

    che si è arricchito con il suo lavoro ed ora appartiene

    alla borghesia di provincia; il tema affrontato è quello

    dell’avidità di guadagno);

  • Il progetto complessivo

    3. La Duchessa di Leyra (la protagonista

    appartiene all’aristocrazia; il tema doveva

    essere la vanità aristrocratica);

    4. L’onorevole Scipioni (il protagonista

    appartiene alla classe politica di livello

    nazionale; il tema doveva essere

    l’ambizione politica);

    5. L’uomo di lusso (il protagonista appartiene

    al mondo dell’arte; il tema trattato doveva

    essere l’ambizione artistica).

  • Il progetto complessivo

    Anche lo stile e il linguaggio devono

    modificarsi gradatamente in questa scala

    ascendente e ad ogni tappa devono avere

    un carattere proprio, adatto al soggetto.

    Il progetto non fu portato a termine da Verga

    che compose i primi due romanzi e il primo

    capitolo del terzo.

  • I Malavoglia

    Il primo romanzo del ciclo è I Malavoglia

    (1881), la storia di una famiglia di pescatori

    siciliani.

    Per la trama leggi il file pubblicato sul blog.

  • I Malavoglia

    Verga narra la storia di una famiglia di Aci

    Trezza: i Toscano, detti “Malavoglia”.

    Essa è composta dal nonno padron ‘Ntoni,

    dal figlio Bastianazzo con la moglie

    Maruzza, detta la Longa, e da cinque nipoti:

    ‘Ntoni, di circa vent’anni, Luca, Mena, detta

    Sant’Agata, Alessi e Lia.

  • I Malavoglia

    Il loro patrimonio è costituito da una grossa

    barca, la Provvidenza, e dalla casa del

    nespolo (così chiamata perché vi cresce

    accanto un nespolo). Il titolo padron

    (possidente) attribuito al capofamiglia allude

    a tali beni.

  • I Malavoglia

    I soprannomi sono spesso usati in senso ironico e dunque

    indicano il contrario di quello a cui sembrano alludere:

    • Malavoglia, ma la famiglia Toscano è tutt’altro che svogliata;

    • Provvidenza, ma in realtà la barca non garantirà fortuna alla famiglia;

    • la Longa, ma Maruzza è una donna bassina e minuta.

    • nel caso di Mena, detta Sant’Agata, vi è un’allusione alla sua virtù e al suo spirito di rassegnazione (con tono di malevola ironia).

  • I Malavoglia

    La vita di questa famiglia scorre tranquilla e in una

    condizione economica di relativo benessere. Il mondo in

    cui vivono viene rappresentato come cupo e violento, dove

    incombono la morte, la carestia e la fame; e dove i rapporti

    tra le persone sono regolati da forme di egoismo brutale.

    Ciò che permette la sopravvivenza sono la dedizione verso

    i propri familiari (la “religione della famiglia”) e il tenace

    attaccamento al proprio ambiente, come fa un’ostrica allo

    scoglio (“ideale dell’ostrica”). Questi criteri guida vengono

    meno quando nella famiglia subentrano due forze: “la vaga

    bramosia dell’ignoto” e “l’accorgersi che non si sta bene, o

    che si potrebbe star meglio”.

  • I Malavoglia

    Ne I Malavoglia, in effetti, si scontrano due opposte

    visioni della vita:

    a) la concezione di chi, come padron ‘Ntoni, si sente

    legato alla tradizione, ad uno stile di vita tradizionale

    e riconosce l’importanza di valori antichi come la

    famiglia, il senso dell’onore, la dedizione al lavoro, la

    rassegnazione al proprio stato;

    b) la concezione di chi, come il nipote ‘Ntoni, si ribella

    all’immobilismo dell’ambiente in cui vive, ne rifiuta i

    valori e aspira ad uscirne con il miraggio di una vita

    diversa.

  • I Malavoglia

    ‘Ntoni, infatti, è uscito dall’universo chiuso del

    paese, è venuto in contatto, grazie al servizio

    militare di leva, con la realtà moderna, conoscendo

    la metropoli del continente, Napoli; per questo non

    può più adattarsi ai ritmi di vita arcaici del

    paese, accettare il suo fatalismo immobilista,

    rassegnarsi pazientemente ad un’esistenza

    di fatiche e di miserie. Emblematico è il suo

    conflitto col nonno.

  • I Malavoglia

    ‘Ntoni è dunque il personaggio che

    trasgredisce i valori arcaici tradizionali,

    come dimostra il suo comportamento dopo il

    ritorno dal servizio militare.

    Ma, paradossalmente, è il nonno padron

    ‘Ntoni a dare avvio al processo di caduta

    della famiglia, cercando di migliorarne la

    condizione, con il commercio di lupini.

  • I Malavoglia

    Sotto l’azione di tutte queste forze innovatrici, la famiglia, roccaforte del

    tradizionalismo, si disgrega; l’attaccamento del vecchio padron ‘Ntoni ai valori

    antichi non vale a preservarla, anzi, è una delle cause della sua rovina (padron

    ‘Ntoni consente il pignoramento della casa per mantenere fede alla parola

    data); ed è proprio ‘Ntoni con la coltellata alla guardia doganale (don Michele),

    in cui tocca il fondo il processo di degradazione a cui l’ha portato la sua

    inquietudine, a darle il colpo di grazia.

    È vero che alla fine Alessi riuscirà a ricomporre un frammento dell’antico

    nucleo familiare; ma ciò non implica un ritorno perfettamente circolare alla

    condizione iniziale: Bastianazzo, Luca, Maruzza, padron ‘Ntoni sono morti,

    ‘Ntoni e Lia sono lontani, Mena ha rinunciato al matrimonio per il disonore: le

    ferite sono immedicabili. Non solo, ma il romanzo non si chiude affatto con

    questa parziale ricomposizione dell’equilibrio, bensì con la partenza di ‘Ntoni

    dal villaggio. È un finale emblematico: il personaggio inquieto, che già

    aveva messo in crisi quel sistema, se ne distacca per sempre,

    allontanandosi verso la realtà del progresso, delle grandi città, della

    storia.

  • I Malavoglia

    La tecnica narrativa usata da Verga è quella

    dell’impersonalità. I fatti vengono narrati adottando il punto

    di vista dell’ambiente sociale a cui appartengono i

    personaggi (che non è lo stesso dell’autore Verga). La

    voce narrante regredisce al livello del mondo rappresentato

    e dei suoi personaggi, adottando il loro modo di pensare e

    sentire, gli stessi principi morali e il medesimo orizzonte

    culturale.

    Non ci sono commenti, dunque, i fatti parlano da sé. Anche

    i personaggi non vengono presentati dall’autore e il lettore

    impara a conoscerli a mano a mano che il racconto

    procede.

  • I Malavoglia

    Alcuni degli espedienti più rilevanti del racconto impersonale del testo sono:

    1. la riproduzione colta di un linguaggio parlato semplice e sgrammaticato (per esempio con l’uso di gli al posto di le, di ce per gli; con l’impiego generico e con vari usi della congiunzione che).

    Verga, fra l’altro, non sceglie il dialetto, che sarebbe stata la scelta più fedele

    alla dottrina verista, per due motivi:

    a) per ragioni politiche (era fautore accanito dell’unità d’Italia e timoroso di tutto ciò che potesse indebolirla);

    b) per ragioni artistiche: vuole compiere un’operazione d’avanguardia a livello nazionale e teme che il dialetto possa limitare la portata della propria opera riducendola a un ambito regionale.

    Tuttavia egli si sforza di rendere il ritmo della sintassi siciliana e di adoperare

    un lessico immediato, semplice, naturale.

  • I Malavoglia

    2. il ricorso al discorso indiretto libero che permette all’autore di riferire i fatti come se provenissero direttamente dalla voce dei personaggi;

    3. la ricca presenza di nomignoli e proverbi: attraverso questi ultimi si manifesta la saggezza popolare.

  • I Malavoglia

    Nota bene.

    Il discorso indiretto libero non presenta i verbi come “dire”, “pensare”,

    “rispondere”, la congiunzione “che” e tutti i segni grafici (ad esempio le

    virgolette).

    Nulla voleva fare, lui! Che gliene importava della barca e della casa? Poi

    veniva un'altra malannata, un altro colèra, un altro guaio, e si mangiava la casa

    e la barca, e si tornava di nuovo a fare come le formiche. Bella cosa! E poi

    quando si aveva la casa e la barca, che non si lavorava più? o si mangiava

    pasta e carne tutti i giorni? Mentre laggiù, dov'era stato lui, c'era della gente

    che andava sempre in carrozza, ecco quello che faceva. Gente appetto dei

    quali don Franco ed il segretario lavoravano come tanti asini a sporcar

    cartacce, e a pestare l'acqua sporca nel mortaio. Almeno voleva sapere perché

    al mondo ci doveva essere della gente che se la gode senza far nulla, e nasce

    colla fortuna nei capelli, e degli altri che non hanno niente, e tirano la carretta

    coi denti per tutta la vita?

  • I Malavoglia

    Un esempio di sintassi. L’uso della congiunzione che.

    Allora don Franco diceva, fregandosi le mani, che pareva un piccolo

    Parlamento, e andava a piantarsi dietro il banco, pettinandosi colle dita la

    barbona, con certo sorriso furbo che (= valore consecutivo) pareva si volesse

    mangiare qualcuno a colazione, e alle volte si lasciava scappare sottovoce

    delle mezze parole dinanzi alla gente, rizzandosi sulle gambette, e si vedeva

    che la sapeva più lunga degli altri, tanto che don Giammaria non poteva patirlo

    e ci si mangiava il fegato, e gli sputava in faccia parole latine. Don Silvestro, lui,

    si divertiva a vedere come si guastavano il sangue per raddrizzare le gambe ai

    cani, senza guadagnarci un centesimo; egli almeno non era arrabbiato come

    loro, e per questo, dicevano in paese, possedeva le più belle chiuse di Trezza,

    - dove era venuto senza scarpe ai piedi - aggiungeva Piedipapera. Ei li aizzava

    l'un contro l'altro, e rideva a crepapancia con degli Ah! ah! ah! che (= valore

    consecutivo) sembrava una gallina.