Giovanni Verga Rosso Malpelo -...

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1 © Pearson Italia spa Paolo Di Sacco, Edizioni Scolastiche Bruno Mondadori Il capolavoro del primo Verga “siciliano” è questa lunga novella, pubblicata per la prima volta sul «Fanfulla della domenica» tra il 2 e il 5 agosto 1878. Il testo illustra la sventurata esistenza di un ragazzo vittima della miseria e della malvagità; egli via via, nel corso della narrazione, si conquista una rabbiosa e disincantata consapevolezza su come va il mondo. Malpelo diviene in tal modo un personaggio-simbolo della sopraffazione reciproca che governa la società. Rosso Malpelo Vita dei campi Anno: 1878 Temi: la disumanità del lavoro nelle miniere l’isolamento del protagonista dalla comunità la legge del sopruso che domina la società Giovanni Verga Malpelo si chiamava così perché aveva i capelli rossi; 1 ed aveva i capelli rossi perché era un ragazzo malizioso e cattivo, che prometteva di riescire 2 un fior di birbone. Sic- ché tutti alla cava della rena 3 rossa lo chiamavano Malpelo; e persino sua madre, col sentirgli dir sempre a quel modo, aveva quasi dimenticato il suo nome di battesimo. Del resto, ella lo vedeva soltanto il sabato sera, quando tornava a casa con quei po- chi soldi della settimana; e siccome era malpelo c’era anche a temere che ne sottraesse un paio, di quei soldi: nel dubbio, per non sbagliare, la sorella maggiore gli faceva la ricevuta 4 a scapaccioni. Però il padrone della cava aveva confermato che i soldi erano tanti e non più; e in coscienza erano anche troppi per Malpelo, un monellaccio che nessuno avrebbe vo- luto vederselo davanti, e che tutti schivavano come un can rognoso, e lo accarezzava- no coi piedi, 5 allorché se lo trovavano a tiro. Egli era davvero un brutto ceffo, torvo, ringhioso, e selvatico. Al mezzogiorno, mentre tutti gli altri operai della cava si man- giavano in crocchio 6 la loro minestra, e facevano un po’ di ricreazione, egli andava a rincantucciarsi col suo corbello 7 fra le gambe, per rosicchiarsi quel po’ di pane bigio, come fanno le bestie sue pari, e ciascuno gli diceva la sua, motteggiandolo, 8 e gli ti- ravan dei sassi, finché il soprastante 9 lo rimandava al lavoro con una pedata. Ei c’in- grassava, fra i calci, e si lasciava caricare meglio dell’asino grigio, senza osar di la- gnarsi. Era sempre cencioso e sporco di rena rossa, che la sua sorella s’era fatta spo- sa, 10 e aveva altro pel capo che pensare a ripulirlo la domenica. Nondimeno era co- nosciuto come la bettonica 11 per tutto Monserrato e la Carvana, 12 tanto che la cava do- ve lavorava la chiamavano «la cava di Malpelo», e cotesto al padrone gli seccava assai. Insomma lo tenevano addirittura per carità e perché mastro Misciu, 13 suo padre, era morto in quella stessa cava. Era morto così, che un sabato aveva voluto terminare certo lavoro preso a cottimo, di un pilastro lasciato altra volta per sostegno dell’ingrottato, 14 e dacché non serviva 5 10 15 20 25 1. Malpelo... rossi: nella frase vi è l’eco di una superstizione popolare, secondo cui i capelli rossi sono indice di animo cattivo, e perciò il ragazzo ha il soprannome di Malpelo. 2. riescire: col senso di risultare, divenire; la grafia comune è oggi riuscire. 3. rena: arena, sabbia, ovvero detriti di roccia o terra molto fini, usati come mate- riale da costruzione. 4. ricevuta: documento che attesta la ri- scossione di ogni somma di denaro (qui con valore amaramente ironico). 5. lo accarezzavano coi piedi: lo prende- vano a calci. 6. crocchio: gruppo. 7. corbello: il grosso cesto di vimini che serviva per trasportare fuori dalla cava la rena, munito di cinghia per essere retto sulle spalle. Qui contiene cibo. 8. motteggiandolo: canzonandolo, pren- dendolo in giro. 9. il soprastante: colui che presiede ai la- vori e li controlla. 10. s’era fatta sposa: si era fidanzata. 11. bettonica: erba molto comune, dalle proprietà medicinali; si dice, metaforica- mente, delle persone che si infilano in ogni luogo per fare pettegolezzi. 12. Monserrato e la Carvana: località ap- pena fuori Catania, verso le pendici dell’Et- na, e oggi inglobate nella città. 13. mastro Misciu: in siciliano, mastro è l’appellativo riservato a chi esercita un mestiere manuale; Misciu è diminutivo di Domenico. 14. ingrottato: cavità scavata, come una grotta artificiale. I Malpelo 1 II La morte del padre

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1 © Pearson Italia spa Paolo Di Sacco, Edizioni Scolastiche Bruno Mondadori

Il capolavoro del primo Verga “siciliano” è questa lunga novella, pubblicata per la prima voltasul «Fanfulla della domenica» tra il 2 e il 5 agosto 1878. Il testo illustra la sventurata esistenzadi un ragazzo vittima della miseria e della malvagità; egli via via, nel corso della narrazione, siconquista una rabbiosa e disincantata consapevolezza su come va il mondo. Malpelo diviene intal modo un personaggio-simbolo della sopraffazione reciproca che governa la società.

Rosso MalpeloVita dei campi

Anno: 1878Temi: • la disumanità del lavoro nelle miniere • l’isolamento del protagonista dalla comunità • la legge del sopruso che domina la società

Giovanni Verga

Malpelo si chiamava così perché aveva i capelli rossi;1 ed aveva i capelli rossi perchéera un ragazzo malizioso e cattivo, che prometteva di riescire2 un fior di birbone. Sic-ché tutti alla cava della rena3 rossa lo chiamavano Malpelo; e persino sua madre, colsentirgli dir sempre a quel modo, aveva quasi dimenticato il suo nome di battesimo.

Del resto, ella lo vedeva soltanto il sabato sera, quando tornava a casa con quei po-chi soldi della settimana; e siccome era malpelo c’era anche a temere che ne sottraesseun paio, di quei soldi: nel dubbio, per non sbagliare, la sorella maggiore gli faceva laricevuta4 a scapaccioni.

Però il padrone della cava aveva confermato che i soldi erano tanti e non più; e incoscienza erano anche troppi per Malpelo, un monellaccio che nessuno avrebbe vo-luto vederselo davanti, e che tutti schivavano come un can rognoso, e lo accarezzava-no coi piedi,5 allorché se lo trovavano a tiro. Egli era davvero un brutto ceffo, torvo,ringhioso, e selvatico. Al mezzogiorno, mentre tutti gli altri operai della cava si man-giavano in crocchio6 la loro minestra, e facevano un po’ di ricreazione, egli andava arincantucciarsi col suo corbello7 fra le gambe, per rosicchiarsi quel po’ di pane bigio,come fanno le bestie sue pari, e ciascuno gli diceva la sua, motteggiandolo,8 e gli ti-ravan dei sassi, finché il soprastante9 lo rimandava al lavoro con una pedata. Ei c’in-grassava, fra i calci, e si lasciava caricare meglio dell’asino grigio, senza osar di la-gnarsi. Era sempre cencioso e sporco di rena rossa, che la sua sorella s’era fatta spo-sa,10 e aveva altro pel capo che pensare a ripulirlo la domenica. Nondimeno era co-nosciuto come la bettonica11 per tutto Monserrato e la Carvana,12 tanto che la cava do-ve lavorava la chiamavano «la cava di Malpelo», e cotesto al padrone gli seccava assai.Insomma lo tenevano addirittura per carità e perché mastro Misciu,13 suo padre, eramorto in quella stessa cava.

Era morto così, che un sabato aveva voluto terminare certo lavoro preso a cottimo,di un pilastro lasciato altra volta per sostegno dell’ingrottato,14 e dacché non serviva

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1. Malpelo... rossi: nella frase vi è l’eco diuna superstizione popolare, secondo cui icapelli rossi sono indice di animo cattivo,e perciò il ragazzo ha il soprannome diMalpelo.2. riescire: col senso di risultare, divenire;la grafia comune è oggi riuscire.3. rena: arena, sabbia, ovvero detriti diroccia o terra molto fini, usati come mate-riale da costruzione.4. ricevuta: documento che attesta la ri-scossione di ogni somma di denaro (quicon valore amaramente ironico).

5. lo accarezzavano coi piedi: lo prende-vano a calci.6. crocchio: gruppo.7. corbello: il grosso cesto di vimini cheserviva per trasportare fuori dalla cava larena, munito di cinghia per essere rettosulle spalle. Qui contiene cibo.8. motteggiandolo: canzonandolo, pren-dendolo in giro.9. il soprastante: colui che presiede ai la-vori e li controlla.10. s’era fatta sposa: si era fidanzata.11. bettonica: erba molto comune, dalle

proprietà medicinali; si dice, metaforica-mente, delle persone che si infilano in ogniluogo per fare pettegolezzi.12. Monserrato e la Carvana: località ap-pena fuori Catania, verso le pendici dell’Et-na, e oggi inglobate nella città.13. mastro Misciu: in siciliano, mastro èl’appellativo riservato a chi esercita unmestiere manuale; Misciu è diminutivo diDomenico.14. ingrottato: cavità scavata, come unagrotta artificiale.

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II La morte del padre

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più, s’era calcolato, così ad occhio col padrone, per 35 o 40 carra15 di rena. Invecemastro Misciu sterrava da tre giorni, e ne avanzava ancora per la mezza giornata dellunedì. Era stato un magro affare e solo un minchione16 come mastro Misciu avevapotuto lasciarsi gabbare17 a questo modo dal padrone; perciò appunto lo chiamava-no mastro Misciu Bestia, ed era l’asino da basto18 di tutta la cava. Ei, povero diavolac-cio, lasciava dire, e si contentava di buscarsi il pane colle sue braccia, invece di me-narle addosso ai compagni, e attaccar brighe. Malpelo faceva un visaccio, come sequelle soperchierie19 cascassero sulle sue spalle, e così piccolo com’era aveva di quel-le occhiate che facevano dire agli altri: – Va là, che tu non ci morrai nel tuo letto, co-me tuo padre –.

Invece nemmen suo padre ci morì, nel suo letto, tuttoché fosse una buona bestia.Zio Mommu20 lo sciancato, aveva detto che quel pilastro lì ei non l’avrebbe tolto perventi onze, tanto era pericoloso; ma d’altra parte tutto è pericolo nelle cave, e se si staa badare a tutte le sciocchezze che si dicono, è meglio andare a fare l’avvocato.

Dunque il sabato sera mastro Misciu raschiava ancora il suo pilastro che l’avema-ria21 era suonata da un pezzo, e tutti i suoi compagni avevano accesa la pipa e sen’erano andati dicendogli di divertirsi a grattar la rena per amor del padrone, o rac-comandandogli di non fare la morte del sorcio.22 Ei, che c’era avvezzo23 alle beffe, nondava retta, e rispondeva soltanto cogli «ah! ah!» dei suoi bei colpi di zappa in pieno,e intanto borbottava: – Questo è per il pane! Questo pel vino! Questo per la gonnel-la di Nunziata! – e così andava facendo il conto del come avrebbe speso i denari delsuo appalto,24 il cottimante!25

Fuori della cava il cielo formicolava di stelle, e laggiù la lanterna fumava e girava alpari di un arcolaio.26 Il grosso pilastro rosso, sventrato a colpi di zappa, contorcevasie si piegava in arco,27 come se avesse il mal di pancia, e dicesse ohi! anch’esso. Malpe-lo andava sgomberando il terreno, e metteva al sicuro il piccone, il sacco vuoto ed ilfiasco del vino.

Il padre, che gli voleva bene, poveretto, andava dicendogli: – Tirati in là! – oppure:– Sta attento! Bada se cascano dall’alto dei sassolini o della rena grossa, e scappa! –Tutt’a un tratto, punf! Malpelo, che si era voltato a riporre i ferri nel corbello, udì untonfo sordo, come fa la rena traditora allorché fa pancia28 e si sventra tutta in unavolta, ed il lume si spense.

L’ingegnere che dirigeva i lavori della cava, si trovava a teatro quella sera, e nonavrebbe cambiato la sua poltrona con un trono, quando vennero a cercarlo per ilbabbo di Malpelo che aveva fatto la morte del sorcio. Tutte le femminucce di Monserra-to, strillavano e si picchiavano il petto per annunziare la gran disgrazia ch’era toccataa comare29 Santa, la sola, poveretta, che non dicesse nulla, e sbatteva i denti invece,quasi avesse la terzana.30 L’ingegnere, quando gli ebbero detto il come e il quando,che la disgrazia era accaduta da circa tre ore, e Misciu Bestia doveva già essere bell’earrivato in Paradiso, andò proprio per scarico di coscienza, con scale e corde, a fare il

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15. carra: la quantità di materiale che puòessere contenuta in un carro; è una formadi plurale, derivato dal neutro latino, e cor-rispondente a carrate.16. un minchione: ingenuo tanto da farsiimbrogliare.17. gabbare: ingannare, imbrogliare.18. basto: l’apposita bardatura delle be-stie da soma, adatta per fissarvi il carico.L’espressione indica una persona sotto-messa, di cui tutti si approfittano.19. soperchierie: soprusi, prepotenze.20. Zio Mommu: zio e zia sono appellativiche si usano in Sicilia per indicare i cono-scenti, e non necessariamente i parenti;

Mommu può essere diminutivo di Domeni-co, di Girolamo o di Romolo.21. avemaria: la campana serale che invi-ta alla preghiera.22. la morte del sorcio: la morte di chi re-sta chiuso in trappola; qui come altrove ilcorsivo è usato per indicare espressioni ti-piche del linguaggio popolare.23. avvezzo: abituato.24. appalto: lavoro affidato a una personao a un’impresa dietro pagamento di unacerta somma.25. cottimante: il lavoratore che avevapreso l’appalto a cottimo (oggi diremmo aforfeit).

26. arcolaio: strumento di legno girevoleintorno a un perno e mosso a mano o apedale; vi si dispongono le matasse di filoche devono essere dipanate o avvolte suun rocchetto.27. contorcevasi... in arco: il pilastro, inparte sventrato, aveva assunto la forma diun arco; perciò sembrava contorcersi.28. fa pancia: si rigonfia, prima di crolla-re.29. comare: comare e compare sono ap-pellativi comuni in Sicilia.30. terzana: febbre malarica, che si mani-festa ogni tre giorni.

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buco nella rena. Altro che quaranta carra! Lo sciancato disse che a sgomberare il sot-terraneo ci voleva almeno una settimana. Della rena ne era caduta una montagna,tutta fina e ben bruciata dalla lava,31 che si sarebbe impastata colle mani, e doveaprendere il doppio di calce.32 Ce n’era da riempire delle carra per delle settimane. Ilbell’affare di mastro Bestia!

Nessuno badava al ragazzo che si graffiava la faccia ed urlava, come una bestia dav-vero.

– To’! – disse infine uno. – È Malpelo! Di dove è saltato fuori, adesso?– Se non fosse stato Malpelo non se la sarebbe passata liscia...33 –Malpelo non rispondeva nulla, non piangeva nemmeno, scavava colle unghie colà,

nella rena, dentro la buca, sicché nessuno s’era accorto di lui; e quando si accostaro-no col lume, gli videro tal viso stravolto, e tali occhiacci invetrati,34 e la schiuma allabocca da far paura; le unghie gli si erano strappate e gli pendevano dalle mani tuttein sangue. Poi quando vollero toglierlo di là fu un affar serio; non potendo più graf-fiare, mordeva come un cane arrabbiato, e dovettero afferrarlo pei capelli, per tirarlovia a viva forza.

Però infine tornò alla cava dopo qualche giorno, quando sua madre piagnucolan-do ve lo condusse per mano; giacché, alle volte, il pane che si mangia non si può an-dare a cercarlo di qua e di là. Lui non volle più allontanarsi da quella galleria, e ster-rava con accanimento, quasi ogni corbello di rena lo levasse di sul petto a suo padre.Spesso, mentre scavava, si fermava bruscamente, colla zappa in aria, il viso torvo egli occhi stralunati,35 e sembrava che stesse ad ascoltare qualche cosa che il suo dia-volo gli susurrasse nelle orecchie, dall’altra parte della montagna di rena caduta. Inquei giorni era più tristo e cattivo del solito, talmente che non mangiava quasi, e ilpane lo buttava al cane, quasi non fosse grazia di Dio. Il cane gli voleva bene, perché icani non guardano altro che la mano che gli dà il pane, e le botte, magari. Ma36 l’asi-no, povera bestia, sbilenco e macilento,37 sopportava tutto lo sfogo della cattiveria diMalpelo; ei lo picchiava senza pietà, col manico della zappa, e borbottava: – Così cre-perai più presto!

Dopo la morte del babbo pareva che gli fosse entrato il diavolo in corpo, e lavora-va al pari di quei bufali feroci che si tengono coll’anello di ferro al naso. Sapendoche era malpelo, ei si acconciava ad esserlo38 il peggio che fosse possibile, e se accade-va una disgrazia, o che un operaio smarriva i ferri, o che un asino si rompeva unagamba, o che crollava un tratto di galleria, si sapeva sempre che era stato lui; e infattiei si pigliava le busse senza protestare, proprio come se le pigliano gli asini che cur-vano la schiena, ma seguitano a fare a modo loro. Cogli altri ragazzi poi era addirit-tura crudele, e sembrava che si volesse vendicare sui deboli di tutto il male che s’im-maginava gli avessero fatto gli altri, a lui e al suo babbo. Certo ei provava uno stranodiletto a rammentare ad uno ad uno tutti i maltrattamenti ed i soprusi che avevanofatto subire a suo padre, e del modo in cui l’avevano lasciato crepare. E quando erasolo borbottava: – Anche con me fanno così! e a mio padre gli dicevano Bestia, per-ché egli non faceva così! – E una volta che passava il padrone, accompagnandolocon un’occhiata torva:39 – È stato lui! per trentacinque tarì!40 – E un’altra volta, die-tro allo Sciancato: – E anche lui! e si metteva a ridere! Io l’ho udito, quella sera! –

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31. bruciata dalla lava: la lava dell’Etna.Essa ha modificato in profondità la naturadei terreni circostanti il cratere.32. il doppio di calce: la sabbia che veni-va estratta dalla cava, costituita da sedi-menti vulcanici, più è stata a contatto conla lava incandescente, più è fine e si utiliz-za meglio, perché nell’impasto con la cal-ce ne occorre meno. Perciò il narratore ag-giunge Il bell’affare di mastro Bestia, un

amaro commento, si deve supporre, deiminatori circostanti.33. passata liscia: sarebbe anche lui mor-to con suo padre. La salvezza del ragazzoviene attribuita alla sua natura un po’ dia-bolica.34. invetrati: fissi e inespressivi come fos-sero di vetro.35. stralunati: sbarrati, stravolti.36. Ma: la congiunzione avversativa logi-

camente non si lega con la frase preceden-te; caso mai con quella prima ancora. È unsegnale che il narratore sta riferendo di-scorsi di altri.37. macilento: molto magro, debole.38. ei si acconciava ad esserlo: egli cer-cava di esserlo.39. torva: feroce, ostile.40. tarì: moneta siciliana.

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Per un raffinamento di malignità41 sembrava aver preso a proteggere un povero ra-gazzetto, venuto a lavorare da poco tempo nella cava, il quale per una caduta da unponte s’era lussato il femore, e non poteva far più il manovale. Il poveretto, quandoportava il suo corbello42 di rena in spalla, arrancava in modo che sembrava ballassela tarantella,43 e aveva fatto ridere tutti quelli della cava, così che gli avevano messonome Ranocchio; ma lavorando sotterra, così Ranocchio com’era, il suo pane se lo bu-scava. Malpelo gliene dava anche del suo, per prendersi il gusto di tiranneggiarlo, di-cevano.

Infatti egli lo tormentava in cento modi. Ora lo batteva senza un motivo e senzamisericordia, e se Ranocchio non si difendeva, lo picchiava più forte, con maggioreaccanimento, dicendogli: – To’, bestia! Bestia sei! Se non ti senti l’animo di difender-ti da me che non ti voglio male, vuol dire che ti lascerai pestare il viso da questo e daquello!

O se Ranocchio si asciugava il sangue che gli usciva dalla bocca e dalle narici: – Co-sì, come44 ti cuocerà il dolore delle busse, imparerai a darne anche tu! – Quando cac-ciava un asino carico per la ripida salita del sotterraneo, e lo vedeva puntare gli zoc-coli, rifinito,45 curvo sotto il peso, ansante e coll’occhio spento, ei lo batteva senzamisericordia, col manico della zappa, e i colpi suonavano secchi sugli stinchi e sullecostole scoperte. Alle volte la bestia si piegava in due per le battiture, ma stremo46 diforze, non poteva fare un passo, e cadeva sui ginocchi, e ce n’era uno il quale era ca-duto tante volte, che ci aveva due piaghe alle gambe. Malpelo soleva dire a Ranocchio:– L’asino va picchiato, perché non può picchiar lui; e s’ei potesse picchiare, ci peste-rebbe sotto i piedi e ci strapperebbe la carne a morsi –.

Oppure: – Se ti accade di dar delle busse, procura47 di darle più forte che puoi; cosìgli altri ti terranno da conto, e ne avrai tanti di meno addosso –.

Lavorando di piccone o di zappa poi menava le mani con accanimento, a mo’ diuno che l’avesse con la rena, e batteva e ribatteva coi denti stretti, e con quegli ah!ah! che aveva suo padre. – La rena è traditora,48 – diceva a Ranocchio sottovoce; – so-miglia a tutti gli altri, che se sei più debole ti pestano la faccia, e se sei più forte, osiete in molti, come fa lo Sciancato, allora si lascia vincere. Mio padre la batteva sem-pre, ed egli non batteva altro che la rena, perciò lo chiamavano Bestia, e la rena se lomangiò a tradimento, perché era più forte di lui –.

Ogni volta che a Ranocchio toccava un lavoro troppo pesante, e il ragazzo piagnu-colava a guisa di una femminuccia, Malpelo lo picchiava sul dorso, e lo sgridava: –Taci, pulcino! – e se Ranocchio non la finiva più, ei gli dava una mano, dicendo conun certo orgoglio: – Lasciami fare; io sono più forte di te –. Oppure gli dava la suamezza cipolla, e si contentava di mangiarsi il pane asciutto, e si stringeva nelle spal-le, aggiungendo: – Io ci sono avvezzo –.

Era avvezzo a tutto lui, agli scapaccioni, alle pedate, ai colpi di manico di badile, odi cinghia da basto, a vedersi ingiuriato e beffato da tutti, a dormire sui sassi collebraccia e la schiena rotta da quattordici ore di lavoro; anche a digiunare era avvezzo,allorché il padrone lo puniva levandogli il pane o la minestra. [...]

La vedova di mastro Misciu era disperata di aver per figlio quel malarnese,49 comedicevano tutti, ed egli era ridotto veramente come quei cani, che a furia di buscarsidei calci e delle sassate da questo e da quello, finiscono col mettersi la coda fra legambe e scappare alla prima anima viva che vedono, e diventano affamati, spelati e

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41. raffinamento di malignità: perfezio-namento della cattiveria.42. corbello: vedi nota 7.43. tarantella: danza popolare meridiona-le, molto vivace (il nome viene da taranto-la, perché chi è morso da questo ragno è

agitato da continui movimenti isterici).44. come: quando, non appena.45. rifinito: voce toscana per “sfinito,esausto”.46. stremo: più comune come aggettivonella forma stremato.

47. procura: cerca.48. traditora: l’uso della forma popolaresottolinea la personificazione che Malpelofa anche delle cose.49. malarnese: individuo poco raccoman-dabile.

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selvatici come lupi. Almeno sottoterra, nella cava della rena, brutto, cencioso e lerciocom’era, non lo beffavano più, e sembrava fatto apposta per quel mestiere persin nelcolore dei capelli, e in quegli occhiacci di gatto che ammiccavano50 se vedevano ilsole. Così ci sono degli asini che lavorano nelle cave per anni ed anni senza uscirnemai più, ed in quei sotterranei, dove il pozzo d’ingresso è a picco, ci si calan colle fu-ni, e ci restano finché vivono. Sono asini vecchi, è vero, comprati51 dodici o tredici li-re, quando stanno per portarli alla Plaja,52 a strangolarli; ma pel lavoro che hanno dafare laggiù sono ancora buoni; e Malpelo, certo, non valeva di più; se veniva fuoridalla cava il sabato sera, era perché aveva anche le mani per aiutarsi colla fune, e do-veva andare a portare a sua madre la paga della settimana.

Certamente egli avrebbe preferito di fare il manovale, come Ranocchio, e lavorarecantando sui ponti, in alto, in mezzo all’azzurro del cielo, col sole sulla schiena, – oil carrettiere, come compare Gaspare, che veniva a prendersi la rena della cava, don-dolandosi sonnacchioso sulle stanghe, colla pipa in bocca, e andava tutto il giornoper le belle strade di campagna; – o meglio ancora, avrebbe voluto fare il contadino,che passa la vita fra i campi, in mezzo al verde, sotto i folti carrubbi, e il mare turchi-no là in fondo, e il canto degli uccelli sulla testa. Ma quello era stato il mestiere disuo padre, e in quel mestiere era nato lui. E pensando a tutto ciò, narrava a Ranocchiodel pilastro che era caduto addosso al genitore, e dava ancora della rena fina e bru-ciata che il carrettiere veniva a caricare colla pipa in bocca, e dondolandosi sullestanghe, e gli diceva che quando avrebbero finito di sterrare si sarebbe trovato il ca-davere del babbo, il quale doveva avere dei calzoni di fustagno quasi nuovi. Ranoc-chio aveva paura, ma egli no. Ei pensava che era stato sempre là, da bambino, e avevasempre visto quel buco nero, che si sprofondava sotterra, dove il padre soleva con-durlo per mano. Allora stendeva le braccia a destra e a sinistra, e descriveva comel’intricato laberinto delle gallerie si stendesse sotto i loro piedi all’infinito, di qua edi là, sin dove potevano vedere la sciara53 nera e desolata, sporca54 di ginestre riarse, ecome degli uomini ce n’erano rimasti tanti, o schiacciati, o smarriti nel buio, e checamminano da anni e camminano ancora, senza poter scorgere lo spiraglio del poz-zo pel quale sono entrati, e senza poter udire le strida55 disperate dei figli, i quali licercano inutilmente.

Ma una volta in cui riempiendo i corbelli si rinvenne una delle scarpe di mastroMisciu, ei fu colto da tal tremito che dovettero tirarlo all’aria aperta colle funi, pro-prio come un asino che stesse per dar dei calci al vento.56 Però non si poterono tro-vare né i calzoni quasi nuovi, né il rimanente di mastro Misciu; sebbene i pratici af-fermarono che quello dovea essere il luogo preciso dove il pilastro gli si era rovescia-to addosso; e qualche operaio, nuovo al mestiere, osservava curiosamente57 comefosse capricciosa la rena, che aveva sbatacchiato il Bestia di qua e di là, le scarpe dauna parte e i piedi dall’altra.

Dacché poi fu trovata quella scarpa, Malpelo fu colto da tal paura di veder compari-re fra la rena anche il piede nudo del babbo, che non volle mai più darvi un colpo dizappa, gliela dessero a lui sul capo, la zappa. Egli andò a lavorare in un altro puntodella galleria, e non volle più tornare da quelle parti. Due o tre giorni dopo scoperse-ro infatti il cadavere di mastro Misciu, coi calzoni indosso, e steso bocconi58 chesembrava imbalsamato. Lo zio Mommu osservò che aveva dovuto penar molto a fi-

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50. ammiccavano: si socchiudevano, sistringevano come per un gesto d’intesa.51. comprati: comprati per, costati.52. Plaja: o praja, in siciliano vale “piag-gia, plaga”. Ma qui, con la lettera maiusco-la, si riferisce a un luogo specifico, una lo-calità a sud del porto di Catania, con gran-de spiaggia sabbiosa battuta dal sole.

53. sciara: terreno lavico e desertico, allependici del vulcano. È una voce siciliana diorigine araba (harra, zona pietrosa, terre-no vulcanico).54. sporca: la desolazione della sciara sa-rebbe totale se non ci fossero i cespuglidelle ginestre; e appunto in questo senso ifiori «sporcano».

55. strida: grida.56. dar... al vento: l’immagine raffiguraun animale agonizzante e ormai incapacedi reggersi in piedi.57. curiosamente: con stupore.58. bocconi: con il ventre a terra.

VI Le scarpe e icalzoni del padre

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nire, perché il pilastro gli si era piegato proprio addosso, e l’aveva sepolto vivo: si po-teva persino vedere tutt’ora che mastro Bestia avea tentato istintivamente di liberarsiscavando nella rena, e avea le mani lacerate e le unghie rotte. – Proprio come suo fi-glio Malpelo! – ripeteva lo sciancato – ei scavava di qua, mentre suo figlio scavava dilà –. Però non dissero nulla al ragazzo, per la ragione che lo sapevano maligno evendicativo.59

Il carrettiere si portò via il cadavere di mastro Misciu al modo istesso che caricavala rena caduta e gli asini morti, ché stavolta, oltre al lezzo del carcame,60 trattavasi diun compagno, e di carne battezzata. La vedova rimpiccolì i calzoni e la camicia, e liadattò a Malpelo, il quale così fu vestito quasi a nuovo per la prima volta. Solo lescarpe furono messe in serbo per quando ei fosse cresciuto, giacché rimpiccolire lescarpe non si potevano, e il fidanzato della sorella non le aveva volute le scarpe delmorto.

Malpelo se li lisciava sulle gambe, quei calzoni di fustagno quasi nuovi, gli parevache fossero dolci e lisci come le mani del babbo, che solevano accarezzargli i capelli,quantunque fossero così ruvide e callose. Le scarpe poi, le teneva appese a un chio-do, sul saccone, quasi fossero state le pantofole del papa, e la domenica se le pigliavain mano, le lustrava e se le provava; poi le metteva per terra, l’una accanto all’altra, estava a guardarle, coi gomiti sui ginocchi, e il mento nelle palme, per delle ore intere,rimuginando chi sa quali idee in quel cervellaccio.

Ei possedeva delle idee strane, Malpelo! Siccome aveva ereditato anche il piccone ela zappa del padre, se ne serviva, quantunque fossero troppo pesanti per l’età sua; equando gli aveano chiesto se voleva venderli, che glieli avrebbero pagati come nuo-vi, egli aveva risposto di no. Suo padre li aveva resi così lisci e lucenti nel manico col-le sue mani, ed ei non avrebbe potuto farsene degli altri più lisci e lucenti di quelli,se ci avesse lavorato cento e poi cento anni.

In quel tempo era crepato di stenti e di vecchiaia l’asino grigio; e il carrettiere eraandato a buttarlo lontano nella sciara. – Così si fa, – brontolava Malpelo; – gli arnesiche non servono più, si buttano lontano –.

Egli andava a visitare il carcame del grigio in fondo al burrone, e vi conduceva a forzaanche Ranocchio, il quale non avrebbe voluto andarci; e Malpelo gli diceva che a questomondo bisogna avvezzarsi a vedere in faccia ogni cosa, bella o brutta; e stava a conside-rare con l’avida curiosità di un monellaccio i cani che accorrevano da tutte le fattorie deidintorni a disputarsi le carni del grigio. I cani scappavano guaendo, come comparivano iragazzi, e si aggiravano ustolando61 sui greppi62 dirimpetto, ma il Rosso non lasciava cheRanocchio li scacciasse a sassate. – Vedi quella cagna nera, – gli diceva, – che non ha pau-ra delle tue sassate? Non ha paura perché ha più fame degli altri. Gliele vedi quelle co-stole al grigio? Adesso non soffre più –. L’asino grigio se ne stava tranquillo, colle quat-tro zampe distese, e lasciava che i cani si divertissero a vuotargli le occhiaie profonde, ea spolpargli le ossa bianche; i denti che gli laceravano le viscere non lo avrebbero fattopiegare di un pelo, come quando gli accarezzavano la schiena a badilate, per mettergliin corpo un po’ di vigore nel salire la ripida viuzza. – Ecco come vanno le cose! Anche ilgrigio ha avuto dei colpi di zappa e delle guidalesche;63 anch’esso quando piegava sottoil peso, o gli mancava il fiato per andare innanzi, aveva di quelle occhiate, mentre lobattevano, che sembrava dicesse: «Non più! non più!». Ma ora gli occhi se li mangianoi cani, ed esso se ne ride dei colpi e delle guidalesche, con quella bocca spolpata e tuttadenti. Ma se non fosse mai nato sarebbe stato meglio –.

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VII Malpelo 4 �

59. maligno e vendicativo: persino inquesto silenzio dei compagni di lavoro nonc’è traccia di pietà, ma solo calcolo.60. carcame: cadavere. Ma la parola siadatta piuttosto alla “carcassa” di un ani-

male.61. ustolando: uggiolando, mugolando;propriamente è voce toscana che indical’atteggiamento e la voce degli animali de-siderosi di cibo.

62. greppi: fianchi di un’altura.63. guidalesche: piaghe prodotte dai fini-menti e dal basto sulla pelle degli animalida carico o da tiro.

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La sciara si stendeva malinconica e deserta, fin dove giungeva la vista, e saliva escendeva in picchi e burroni, nera e rugosa, senza un grillo che vi trillasse, o un uc-cello che venisse a cantarci. Non si udiva nulla, nemmeno i colpi di piccone di colo-ro che lavoravano sotterra. E ogni volta Malpelo ripeteva che la terra lì sotto era tuttavuota dalle gallerie, per ogni dove, verso il monte e verso la valle; tanto che una voltaun minatore c’era entrato da giovane, e n’era uscito coi capelli bianchi, e un altro,cui s’era spenta la candela, aveva invano gridato aiuto per anni ed anni. – Egli soloode le sue stesse grida! – diceva, e a quell’idea, sebbene avesse il cuore più duro dellasciara, trasaliva. [...]

Da lì a poco, Ranocchio, il quale deperiva da qualche tempo, si ammalò in modoche la sera dovevano portarlo fuori dalla cava sull’asino, disteso fra le corbe,64 tre-mante di febbre come un pulcin bagnato. Un operaio disse che quel ragazzo non neavrebbe fatto osso duro65 a quel mestiere, e che per lavorare in una miniera, senza la-sciarvi la pelle, bisognava nascervi. Malpelo allora si sentiva orgoglioso di esserci na-to, e di mantenersi così sano e vigoroso in quell’aria malsana, e con tutti quegli sten-ti. Ei si caricava Ranocchio sulle spalle, e gli faceva animo alla sua maniera, sgridan-dolo e picchiandolo. Ma una volta, nel picchiarlo sul dorso, Ranocchio fu colto dauno sbocco di sangue; allora Malpelo spaventato si affannò a cercargli nel naso edentro la bocca cosa gli avesse fatto, e giurava che non avea potuto fargli poi granmale, così come l’aveva battuto, e a dimostrarglielo, si dava dei gran pugni sul pettoe sulla schiena, con un sasso; anzi un operaio, lì presente, gli sferrò un gran calciosulle spalle: un calcio che risuonò come su di un tamburo, eppure Malpelo non simosse, e soltanto dopo che l’operaio se ne fu andato, aggiunse: – Lo vedi? Non miha fatto nulla! E ha picchiato più forte di me, ti giuro! –

Intanto Ranocchio non guariva, e seguitava a sputar sangue, e ad aver la febbre tuttii giorni. Allora Malpelo prese dei soldi della paga della settimana, per comperarglidel vino e della minestra calda, e gli diede i suoi calzoni quasi nuovi, che lo copriva-no meglio. Ma Ranocchio tossiva sempre, e alcune volte sembrava soffocasse; la serapoi non c’era modo di vincere il ribrezzo66 della febbre, né con sacchi, né coprendo-lo di paglia, né mettendolo dinanzi alla fiammata.67 Malpelo se ne stava zitto ed im-mobile, chino su di lui, colle mani sui ginocchi, fissandolo con quei suoi occhiaccispalancati, quasi volesse fargli il ritratto, e allorché lo udiva gemere sottovoce, e glivedeva il viso trafelato68 e l’occhio spento, preciso come quello dell’asino grigio al-lorché ansava rifinito sotto il carico nel salire la viottola, egli borbottava: – È meglioche tu crepi presto! Se devi soffrire a quel modo, è meglio che tu crepi! – E il padro-ne diceva che Malpelo era capace di schiacciargli il capo, a quel ragazzo, e bisognavasorvegliarlo.

Finalmente69 un lunedì Ranocchio non venne più alla cava, e il padrone se ne lavòle mani, perché allo stato in cui era ridotto oramai era più di impiccio che altro. Mal-pelo si informò dove stesse di casa, e il sabato andò a trovarlo. Il povero Ranocchio erapiù di là che di qua; sua madre piangeva e si disperava come se il figliuolo fosse diquelli che guadagnano dieci lire la settimana.

Cotesto non arrivava a comprenderlo Malpelo, e domandò a Ranocchio perché suamadre strillasse a quel modo, mentre che70 da due mesi ei non guadagnava nemme-no quel che si mangiava. Ma il povero Ranocchio non gli dava retta; sembrava che ba-dasse a contare quanti travicelli71 c’erano sul tetto. Allora il Rosso si diede ad alma-naccare72 che la madre di Ranocchio strillasse a quel modo perché il suo figliuolo era

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64. corbe: ceste di vimini.65: non... osso duro: non sarebbe riuscitoad abituarsi.66. ribrezzo: brivido.

67. fiammata: del focolare.68. trafelato: spossato.69. Finalmente: alla fine.70. mentre che: nonostante che (o forse:

dal momento che).71. travicelli: travi.72. almanaccare: fantasticare.

VIII La malattia di Ranocchio

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sempre stato debole e malaticcio, e l’aveva tenuto come quei marmocchi che non sislattano73 mai. Egli invece era stato sano e robusto, ed era malpelo, e sua madre nonaveva mai pianto per lui, perché non aveva mai avuto timore di perderlo.

Poco dopo, alla cava dissero che Ranocchio era morto, ed ei pensò che la civettaadesso strideva anche per lui la notte, e tornò a visitare le ossa spolpate del grigio, nelburrone dove solevano andare insieme con Ranocchio. Ora del grigio non rimaneva-no più che le ossa sgangherate, ed anche di Ranocchio sarebbe stato così. Sua madresi sarebbe asciugati gli occhi, poiché anche la madre di Malpelo s’era asciugati i suoi,dopo che mastro Misciu era morto, e adesso si era maritata un’altra volta, ed era an-data a stare a Cifali74 colla figliuola maritata, e avevano chiusa la porta di casa. D’orain poi, se lo battevano, a loro non importava più nulla, e a lui nemmeno, ché quan-do sarebbe divenuto come il grigio o come Ranocchio, non avrebbe sentito più nulla.

Verso quell’epoca venne a lavorare nella cava uno che non s’era mai visto, e si tene-va nascosto il più che poteva. Gli altri operai dicevano fra di loro che era scappatodalla prigione, e se lo pigliavano ce lo tornavano a chiudere per anni ed anni. Malpe-lo seppe in quell’occasione che la prigione era un luogo dove si mettevano i ladri, e imalarnesi come lui, e si tenevano sempre chiusi là dentro e guardati a vista.

Da quel momento provò una malsana75 curiosità per quell’uomo che aveva prova-ta la prigione e ne era scappato. Dopo poche settimane però il fuggitivo dichiaròchiaro e tondo che era stanco di quella vitaccia da talpa, e piuttosto si contentava distare in galera tutta la vita, ché la prigione, in confronto, era un paradiso, e preferivatornarci coi suoi piedi. – Allora perché tutti quelli che lavorano nella cava non si fan-no mettere in prigione? – domandò Malpelo.

– Perché non sono malpelo come te!76 – rispose lo Sciancato. – Ma non temere, chetu ci andrai! e ci lascerai le ossa! –

Invece le ossa le lasciò nella cava, Malpelo come suo padre, ma in modo diverso.Una volta si doveva esplorare un passaggio che doveva comunicare col pozzo grandea sinistra, verso la valle, e se la cosa andava bene, si sarebbe risparmiata una buonametà di mano d’opera nel cavar fuori la rena. Ma a ogni modo, però, c’era il pericolodi smarrirsi e di non tornare mai più. Sicché nessun padre di famiglia voleva avven-turarcisi, né avrebbe permesso che si arrischiasse il sangue suo,77 per tutto l’oro delmondo.

Malpelo, invece, non aveva nemmeno chi si prendesse tutto l’oro del mondo per lasua pelle, se pure la sua pelle valeva tanto: sicché pensarono a lui. Allora, nel partire,si risovvenne78 del minatore, il quale si era smarrito, da anni ed anni, e cammina ecammina ancora al buio, gridando aiuto, senza che nessuno possa udirlo. Ma nondisse nulla. Del resto a che sarebbe giovato? Prese gli arnesi di suo padre, il piccone,la zappa, la lanterna, il sacco col pane, il fiasco del vino, e se ne andò: né più si sep-pe nulla di lui.

Così si persero persin le ossa di Malpelo, e i ragazzi della cava abbassano la vocequando parlano di lui nel sotterraneo, ché hanno paura di vederselo comparire di-nanzi, coi capelli rossi e gli occhiacci grigi.

G. Verga, Vita dei campi, a cura di C. Riccardi, Le Monnier, Firenze 1987

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IX L’epilogo �

73. non si slattano: non si abituano a ri-manere privi del latte materno, ovvero alledurezze della vita.

74. Cifali: Cìbali, paese vicino a Catania.75. malsana: esprime un giudizio degli al-tri minatori.

76. malpelo come te: malvagio come te.77. il sangue suo: i figli suoi.78. si risovvenne: si ricordò.

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■ Abbiamo suddiviso la novella in nove sequenze. La 1ª, la 3ª, la 5ª e la 7ª sono direttamente incentrate sulcarattere del protagonista, che è il vero perno di tutto ilracconto. Queste quattro sequenze ci presentano Malpelosecondo un punto di vista via via mutevole:• all’inizio è definito senz’altro malizioso e cattivo;• poi (3ª sequenza), dopo la morte del padre, pareva chegli fosse entrato il diavolo in corpo;• quindi (5ª sequenza) viene associato per la solitudine ailupi;• infine (7ª sequenza) il narratore presenta la sua filosofiadi vita (Ei possedeva delle idee strane, Malpelo!).Con montaggio alternato, a queste sequenze focalizzatesul protagonista se ne intervallano altre, incentrate sueventi o figure esterne:• la morte del padre (2ª);• Ranocchio (4ª);• il ritrovamento, nella cava, delle reliquie paterne (6ª);• la malattia e morte di Ranocchio (8ª).Ciascun episodio origina un’evoluzione nel modo d’esseredi Malpelo: il suo muto dolore (2ª); l’amicizia (4ª); la me-ditazione sulla morte (6ª); il desiderio di morire a propriavolta (8ª).■ Il significato del testo consiste nell’inumanità del lavo-ro minorile nelle miniere. In mano a un altro narratore,questi tema si sarebbe colorito delle tinte un po’ conven-zionali e patetiche di un Dickens o di un De Amicis. Ma inVerga nulla è mai convenzionale, e neppure lo è la storia diquesto garzone povero e ignorante, abbrutito dal lavorobestiale, maltrattato dai compagni e dal padrone, orfano(come altri eroi verghiani, Nedda, Jeli, ’Ntoni) inconsolabile,a cui nessuno concede affetto e comprensione. Il narratoreriassorbe l’emozione interamente nell’analisi, e i senti-menti nelle cose. Malpelo non è malvagio per sua natura;lo diventa, ribelle a un mondo che non lo ama perchénessuno, a questo mondo, può essere amato. È la tristemorale della novella. Eppure, noi finiamo per amarlo, que-sto eroe della disperazione. Intuiamo la sua coerenzamorale, la sua umanità, che egli nasconde maltrattandol’asino e Ranocchio, ma che emerge nei suoi gesti di gra-tuita generosità verso l’amico. Intendiamo la sua disperatanostalgia di cielo, di aria, di spazi infiniti. E mentre lo ve-diamo scendere nel labirinto sotterraneo, così simile allemisteriose profondità dell’anima umana, lo accompagniamocon quell’umana fraternità che gli è stata negata dal suomondo, sordo e insensibile al punto da considerare i capellirossi un segno certo di malvagità.■ L’esordio del racconto – Malpelo si chiamava così perchéaveva i capelli rossi; ed aveva i capelli rossi perché era unragazzo malizioso e cattivo – è molto importante per co-gliere la particolare ottica narrativa di Verga. I due per-ché non affermano una causa obiettiva, quanto la distortacausalità, tipica della superstizione popolare. Il narratore hascelto un punto di vista interno alla narrazione stessa:Verga ha ripudiato i suoi criteri di giudizio e si è abbassa-to al livello dei propri umili protagonisti.L’ottica del racconto è dunque (almeno inizialmente) quel-la primitiva dei paesani. Essi attribuiscono un valore esa-

gerato ai capelli rossi (il segno della malvagità); più avanti,giudicheranno naturale che mastro Misciu sia sfruttato dalpadrone e muoia sotto la sabbia; l’uomo è più debole del-la rena traditora, e chi la sfida muore. Nella lotta per la vitac’è chi vince e c’è chi perde: la mentalità popolare, a cui ilnarratore aderisce, accetta in entrambi i casi il risultato, confatalismo e rassegnazione.■ I compagni di lavoro non capiscono il rancore di Mal-pelo verso condizioni di lavoro così infami; egli appare lo-ro via via come una bestia; come un cane; a mo’ dei gatti;al pari di quei bufali feroci. Le similitudini rafforzano l’im-pressione: il narratore asseconda l’impressione generale.Di fronte alla morte di mastro Misciu, al narratore la voce diMalpelo sembra non aver più nulla di umano; in realtà Mal-pelo è l’unico a tenere un contegno umano. Il cinismodel narratore e dei paesani non può capire i sentimenti diaffetto che legano il ragazzo alla memoria paterna (egli cu-stodisce religiosamente le scarpe del padre quasi fosserostate le pantofole del papa). La mentalità comune non co-nosce infatti sentimenti, ma solo rapporti di interesse o diforza. Per questo i valori incarnati da Malpelo verrannoda lui nascosti dietro una maschera di cattiveria e di odio.Sapendo che era malpelo, ei si acconciava ad esserlo il peg-gio che fosse possibile: è una forma disperata di protestacontro tutto e tutti.■ Quando Malpelo prende a proteggere un povero ragaz-zetto storpio, Ranocchio, il narratore-coro interpreta lacosa come un raffinamento di malignità. Ma è proprio daqui che il punto di vista della narrazione, pian piano, sisposta. Il narratore, che ha finora interpretato il pensiero«corale» dei paesani, comincia a porsi nella stessa ottica delsuo protagonista: E quando era solo borbottava: Anche conme fanno così! e a mio padre gli dicevano Bestia, perché einon faceva così!. Una corrente di simpatia s’instaura traVerga e il suo protagonista.■ Malpelo, diversamente dai suoi compagni di sventura, èun ragionatore. Qui è la ragione della sua differenza. Egliha capito la legge del sopruso e della violenza che reg-ge la società; comprende anche che essa è una condizio-ne non modificabile. Reagisce a suo modo, incarnando laparte del cattivo a ogni costo e impartendo all’amico-figlioRanocchio indimenticabili lezioni di vita. Se ti accade di dardelle busse, procura di darle più forte che puoi. Le sue ra-gioni (il mondo è dei forti) sono amaramente condivise dalnarratore. La sua filosofia giunge fino alla riflessione più dolente delpessimismo antico, Ma se non fosse mai nato sarebbestato meglio. Egli applicherà tale idea anzitutto a se stes-so, inabissandosi nel regno dei morti, a cui si sentiva chia-mato (Per noi che siamo fatti per vivere sotterra [...] ci do-vrebbe essere buio sempre e dappertutto). Dopo la mortedell’asino e di Ranocchio, dopo che la madre fedifraga, ma-ritata un’altra volta, se n’è andata dal paese, la parabola vi-tale di Malpelo si esaurisce: non ha più alcuna ragione persopravvivere. ■ L’epilogo del racconto giunge coerente con quanto pre-cede. Malpelo fin dall’inizio portava su di sé i colori dia-bolici della cava, il nero, il rosso maligno, il buio della di-

LE CHIAVI DEL TESTO

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sperazione. I colori e la luce del giorno appartengono alfuori, agli operai che cantano sui ponteggi; il cielo di Mal-pelo è la volta scura della miniera. Essa è il suo dentro, ilsuo destino. Perciò accetta di scendere nell’intricato labi-rinto delle gallerie, che il narratore «paesano» presenta co-me l’equivalente del regno dei morti: un buco nero, abita-to dai fantasmi e custodito dagli animali inferi, civette e pi-pistrelli.L’eroe si addentra nelle viscere della terra; la sua im-presa disperata assume un’aura mitica. Come in un sacra-rio, Malpelo cerca sottoterra l’unico senso possibile dellasua vita, il ricongiungimento al padre. Nella cava mastroMisciu era scomparso e qui Malpelo si inoltra, con gli og-getti stessi di lavoro del padre. La morte (un’esperienza dalui già conosciuta, per le morti via via del padre, dell’asino,di Ranocchio) gli permetterà il ritrovamento dell’unico suo«oggetto di desiderio», l’unica persona da lui amata e chelo abbia mai amato. La cava diverrà così il luogo dellaleggenda di Malpelo (già all’inizio essa è indicata come lacava di Malpelo).

LAVORIAMO SUL TESTO

1. Riassumi in non più di cinque righe ciascuna delle no-ve sequenze che abbiamo identificato nel testo.2. Perché Malpelo picchia l’asino e, soprattutto, perchémaltratta Ranocchio? Solo perché è cattivo, come pensanoi minatori? Oppure con questo modo di fare vuole inse-gnargli qualcosa, e cosa?.......................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................3. Rosso Malpelo è una novella incentrata sulle vicende diun solo personaggio, che domina su tutti gli altri. Sintetiz-za nella tabella i tratti fondamentali del personaggio, facen-do gli opportuni riferimenti al testo.

elementi riferimenti al testo

fisici ...................................................

psicologici ...................................................

culturali ...................................................

ambientali e sociali ...................................................

altri ...................................................

4. A un certo punto il narratore, dopo aver dato corpo al-la figura del ragazzo, sottolineandone la diversità, cominciaa riportare i suoi pensieri; via via che la narrazione proce-de, si fanno più frequenti e significativi i momenti in cui vie-

ne espressa la semplice umanità del protagonista. In talmodo Verga ottiene che il lettore non abbia più davanti agliocchi i fatti visti da un unico punto di vista, quello del «nar-ratore popolare», ma ne abbia un’idea anche del punto divista di Malpelo. • Rintraccia nel testo i luoghi utili a documentare tali feno-meni. Fai attenzione, per esempio, alla progressione chedalle poche parole dette a Ranocchio, conduce fino alleconsiderazioni sulla carcassa dell’asino e sulla morte e lavita.• Esplicita inoltre quale sia il punto di vista specifico di Mal-pelo rispetto ai fatti e all’ambiente che lo circonda..................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................5. Nel testo il «buco nero» della miniera si oppone al buiodella notte illuminato dalle stelle. Rintraccia il punto o i pun-ti interessati; e spiega il valore simbolico che assume taleantitesi..................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................6. Tutto quanto viene detto di Malpelo contribuisce a evi-denziare l’isolamento e l’estraneità del ragazzo dalla comu-nità, dalla famiglia, dal normale rapporto di amicizia con icoetanei; ogni suo atto è visto e interpretato secondo que-sta ottica distorta e malevola. • Evidenzia i punti del racconto da cui si ricava con chia-rezza questo modo di procedere.• Rifletti inoltre sul perché Verga lo metta in atto: quali sco-pi si prefiggeva, quale messaggio intende comunicare?.................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................• E infine: ti sembra giusto dire che, accentuando l’isola-mento di Malpelo, la sua diversità, Verga finisce appuntoper questo per renderlo una sorta di “eroe”? Ed eroe diche cosa? Documenta la tua risposta........................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................7. Come si spiega la “trasfigurazione mitica” che cono-sce il personaggio nella conclusione del testo?.......................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................