Giovanni Righi Riva - Enoch

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Quando ci troviamo di fronte a testi antichi d’indubbio significato mitico, non dobbiamo mai fermarci al loro primo senso letterario. Nel caso del Mito di Enoch, che coinvolge i “Figli di Dio” e le “Figlie degli Uomini”, dobbiamo procedere con particolare prudenza, perché i veri contenuti mitici sono allusivi e non descrittivi. Nel caso del mito dei “Nefilim” (i Guardiani), occorre sostituire alle descrizioni dei protagonisti della vicenda mitica, la loro natura profonda, come si è determinata nella “caduta”, considerandoli a livello essenziale, quali Idee dinamiche dell’Atto emanativo primordiale.

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ENOCH

Indice

ENOCH I .............................................................................................................................................2ENOCH II.............................................................................................................................................5ENOCH III.........................................................................................................................................12

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ENOCH I Osservazioni sul Mito

Quando ci troviamo di fronte a testi antichi d’indubbio significato mitico non dobbiamo mai fermarci al loro primo senso letterario, che può essere insieme esatto e fuorviante.

Nel caso del Mito che coinvolge i “Figli di Dio” e le “Figlie degli Uomini” dobbiamo procedere con particolare prudenza, perché nella disamina dei suoi significati – sempre tentata e con alterne fortune risolta – si è sovente dimenticato che i veri contenuti mitici sono allusivi e non descrittivi di verità profonde, e che quindi i testi non vanno semplicemente analizzati con i soliti strumenti intellettualistici, ma devono essere prima intuiti e poi discriminati.

Questa è una regola generale che antepone il processo intuitivo a quello mentale, ma in questi casi specifici la sua applicazione deve essere particolarmente rigorosa o si perde il senso profondo dell’evento archetipico, “typos” prima e più che “fatto”, pur se ovviamente esso si condensa nel tempo in vicende e cronologie.

Nel caso del mito dei “Nefilim”, i Guardiani, crediamo che i suoi fraintendimenti siano pari alle elucubrazioni che ha prodotto. Notiamo che i contenuti mitici sono enunciazioni sintetiche di fattori che possono assumere multiformi aspetti, e che molte analisi – soprattutto gnostiche – contengono un nucleo più o meno consistente di profonde verità. Senza togliere alcun merito alla fatica e alle conclusioni di questi antichi (ma attualissimi!) maestri, enunciamo dunque alcune nostre osservazioni, che consideriamo più che utili necessarie.

Il processo è semplice se, al posto delle descrizioni – diciamo - formali dei protagonisti delle vicenda mitica (i Figli di Dio e le Figlie degli Uomini) ci riferiamo alla loro natura profonda, quale si è determinata nella “caduta”. Se, in altre parole, consideriamo i Figli e le Figlie a livello essenziale, quali Idee dinamiche dell’Atto emanativo primordiale.

Chi sono, in questa prospettiva, i “Figli di Dio”? Ovviamente, le idee/personalità che, nonostante la tragedia della perdita del Centro Atmico, hanno saputo in qualche modo restare nell’Ideazione fondamentale, la quale esprime concretamente la Volontà del Padre.

All’opposto, e sempre in quest’ottica, cosa impersonano le “Figlie degli Uomini”? Esse rappresentano le ideazioni informanti solamente creaturali, prive di un vero contenuto ontologico, e quindi frutto di un distacco dal Mondo Causale che pretendono di sostituire ben più che d’interpretare.

In quest’analisi i termini “maschile” e “femminile” hanno ben poco rilievo, se

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intesi al semplice stato di generi: “Figli di Dio” sono, infatti, tanto gli uomini che le donne storiche capaci di essere con Dio; al contrario delle cosiddette “figlie degli uomini” le quali (donne o uomini che esse siano) ne sono interiormente lontane. Qui il genere allude allora specificatamente alla presenza di un aspetto intuitivo sintetico di tipo “virile”, o a quella di un esclusivo momento analitico egocentrico, qualificato in questo contesto come “femminile”.

Così il Mito allude ovviamente ad una “caduta”, e ne descrive anche il procedimento intimo e distruttivo.

Insistiamo: perché “figlie”?Occorre una premessa. La Femminilità impersona il momento operativo ed

informante dell’Adam, e come tale si puntualizza nella Donna pur nella prospettiva “microcosmica” che attribuisce ad entrambi i generi la presenza attiva dell’aspetto complementare, virile per le donne e femminile per gli uomini (concetto d’Immagine: vedasi la Tavola di Smeraldo).

La puntualizzazione, che s’evidenzia specificatamente nell’aspetto fisico, ha comunque un ruolo fondante perché esprime un vettore direzionale nell’ambito dell’Interità, esistente ab initio e d’immenso valore. Questa prospettiva ermeneutica ci spiega la ragione della predominanza numerica femminile nell’ambito esistenziale, poco evidente nella nostra attuale zona dimensionale ma enorme in quelle cosiddette “astrali”, le quali sono egualmente formali e quindi fisiche; anche se poste ad una diversa frequenza vibratoria provocata dall’arbitrario distacco nei confronti dell’unità principiale.

Il “punto sintetico” ammette, infatti, un indeterminato numero di vettori esplicanti, simboleggiato tradizionalmente nella “Rosa dei Venti”, per esempio; e comunque in tutti i glifi che la tradizione esoterica ci tramanda.

Questi vettori possiedono, in principio, un numero definito di enti, ben rappresentato nei testi più genuinamente astrologici, i quali interpretano simbolicamente il costante rapporto fra Macrocosmo e Microcosmo (ricordiamo ancora la Tavola di Smeraldo, ed Ermete Trismegisto). Macrocosmo e Microcosmo sono, infatti, i due momenti di un’unica realtà. Ne consegue che le entità ideative-informanti sono ben più numerose di quelle ideative-sintetiche in tutta la Manifestazione, e che il rapporto numerico fra uomini e donne della nostra attuale dimensione esistenziale non è per nulla identico a quello sussistente in altre, ma è semplicemente allusivo.

A questo punto dell’indagine ci possiamo riallacciare alla tradizione gnostica ben nota come “il difetto della Donna”, che è poi l’arbitrio di Sofia: l’eone cumulativo di quel campo manifestato che rifiuta di riconoscersi nella sintesi di Malkuth/Tiphereth per non perdere l’antico potere d’uso e d’abuso dell’Energia Radiante: la quale è però dono divino ed è affidata alla Creatura secondo la Volontà del Padre.

Di questo abbiamo parlato a lungo in altra sede, e non ci dilungheremo oltre.La Bibbia (Genesi 6, 1-12) ed i Libri di Enoch ci dicono un “come” l’evento si

determinò, nel desiderio maschile del nuovo e del differente e nella tensione

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femminile alla seduzione ed al possesso. Dice la Bibbia: “I Figli di Dio, vedendo che le Figlie degli uomini erano adatte, si presero in moglie tutte quelle che loro piacevano”.

In Enoch la descrizione è ancor meno allusiva: “Ed accadde, da che aumentarono i figli degli uomini che in quei tempi a loro nacquero ragazze belle d’aspetto. E gli Angeli, i figli del Cielo, le videro, se ne innamorarono e dissero fra di loro: ”Venite, scegliamo delle donne fra le figlie degli uomini e generiamoci dei figli”. E s’unirono a loro”.

Quello che il testo mitico tace è proprio la componente seduttrice delle idee soltanto “figlie degli uomini”, che non sono d’amore ma di desiderio e di possesso, e quindi aggressive: a prescindere da chi le formula, uomo o donna che egli sia.

L’evento biblico ed enotico parla dunque di una seduzione, nella quale il “sedotto” è ben lieto d’esserlo, tradendo in tal modo la propria fondamentalità proprio come la seduttrice. Questa è la prospettiva della “caduta”, che qui si rinnova come typos e con ovvie conseguenze disastrose: il Diluvio, altro evento simbolico di una dissoluzione karmica.

Le ragioni del “difetto della Donna” sono state attentamente analizzate dalla Gnosi dei primi secoli e da quella susseguente, con ben minore profondità e con assai più timore. Il tema esula da queste note, e quindi rimandiamo il lettore alle opportune analisi da altri compiute e a quanto avemmo occasione d’enunciare in precedenti scritti.

Ciò che c’importa sempre di rilevare è questo: l’errore non appartiene alla sola Donna, e l’Uomo (figlio di Dio!) cade per sua stessa ed estrema colpa.

Tuttavia la Manifestazione è, nella sua totalità, femminile perché ricettiva della Volontà divina: questa ricettività coincide con la più grande libertà della creatura che la comprenda, perché esprime essenzialmente il suo fondamento d’armonia, di bellezza e di dinamicità che noi chiamiamo semplicemente Amore.

In altre parole, le vie dell’esplicazione sono innumeri, ed il Padre richiede che esse manifestino costantemente amore ed armonia, e che siano liberamente scelte nel Suo necessario sostegno.

In questa prospettiva tutte possono essere equivalenti nella sostanza, anche se più e meno rispondenti ai desideri giustificati di chi le voglia percorrere. Per questa individuazione occorre quindi la capacità intuitiva, spirituale, che rende attuale la presenza ontologica del Maestro, altrimenti soltanto potenziale.

1/05/2007

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ENOCH II

Le presenti note intendono chiarire un Mito del quale la stessa Bibbia fa menzione, e che può essere di grande importanza ai fini dell’interpretazione sia del passato più arcaico sia del presente dell’Emanazione. Alludiamo al Mito della commistione dei Figli di Dio con le Figlie degli Uomini e del disastro che ne seguì, quello che condusse una gran parte del campo al Diluvio, con conseguenze “simili” a quelle del Kali-Yuga vero e proprio.

Simili e non identiche, perché allora non vi fu il riassorbimento nell’Informale divino, il “NI”. Ma, ovviamente, il dramma fu immenso se richiese l’intervento della Giustizia ad un tale livello.

Ricordiamo prima di tutto che il Mito del Diluvio non allude di per sé ad un unico evento. Nella dolente storia dell’Adam appaiono molti “diluvi”, ossia molti cicli di decantazione, con le conseguenti divisioni fra coloro che si riconoscono concretamente nella Volontà del Padre e quanti la negano e la ostacolano. Il Mito consegnatoci dai Libri di Enoch è dunque paradigmatico e comprensivo di molti altri, e noi lo possiamo assumere tanto nel suo senso simbolico che storico: accadde, e fu la ripetizione d’eventi precedenti, tragici e dimenticati.

Il presupposto è remoto, perché possiamo rinvenirlo nella Prima Caduta di Adam, quella che ha determinato la frantumazione dell’Emanazione, e che si è poi consolidata in susseguenti Cadute con conseguenze estreme. La Prima Caduta accadde a livello archetipico primordiale, quando gli Enti Pleromatici, creati per condurre a compimento l’Idea di una vita libera ed autonoma nel Continuum divino, ebbri delle loro capacità individuali e del conseguente immenso potere non vollero coordinarsi l’uno con l’altro, e cioè riconoscersi in quel “punto di sintesi” che è l’archetipo dell’elementale Terra, l’ultimo degli Angeli Costruttori.

L’ultimo, ed il più umile. Perché?Perché egli, fattore d’armonizzazione di tutti gli altri, e quindi tramite di ogni

susseguente ideazione di svelamento dell’intenzionalità di Kether, sapeva - e sa - l’esatta posizione coscienziale di fronte al Padre, e la distanza infinita che corre fra l’Illimite supremo e chi nasce come Limite in eterno divenire. Sapeva perché dotato d’intuizionismo spirituale, perché fisso nel Centro dell’Amore, che noi chiamiamo esattamente “Atma”. Anche gli altri Angeli Archetipici ebbero questo dono, ma alcuni (non pochi) lo tradirono. Il rifiuto di tanta parte del Pleroma di riconoscersi nel fattore sintetico ed unitivo dell’Adam della Terra derivò dalla loro polarizzazione sull’ego e non sul Sé, e si concretò nell’aggressione a quest’ultimo Ente, ed in ultima analisi alla volontà del Dio Creatore.

Le cose non accaddero in modo rapido e immediato, perché il Padre si adoperò per ricondurre a sé i figli allontanatisi, e in alcuni casi con vero successo. Ma i più ribelli s’accanirono a tal punto nell’affermare la loro separatività, divenuta durissima e feroce, che Egli ne vide la libertà originaria spegnersi ed annullarsi e, contro ogni

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sua intenzione, li rese all’irrealtà che si erano dati. Nacque così la Qelliphoth, l’ombra oscura dell’Emanazione che tuttora perdura: infatti, essa si dissolverà quando l’Interità sarà in fase di reintegro nel Principio, e saprà riscattarsi compiutamente elidendo tutti gli effetti dell’antica Caduta. Ma quel tempo non è, ovviamente, vicino.

L’eliminazione nell’Informale degli Archetipi oscurati non risolse però il pesante problema dell’Adam, perché il Padre agisce sempre tramite le scelte dei suoi figli, ed interviene direttamente soltanto quando le loro condizioni le rendono impossibili. Così Egli si assunse il peso dei restanti, degli incerti, dei tiepidi e dei veri e propri – ma molto nascostamente! – reprobi. L’Emanazione quindi sopravvisse con numerose aree contaminate, ma si frantumò interiormente. Conseguentemente intere dimensioni esistenziali divennero precarie, ed in più o meno lenta involuzione.

Questo stato delle cose si mantenne in progressivo decadimento per lungo tempo, ed infine l’Adam, o meglio la sua parte più sana, comprese le implicazioni della nuova situazione generale e volle rendersi nuovamente figlio nella pienezza primordiale. Quindi vi furono Enti (virili) ed Entità (femminili) che si assunsero il peso dei delitti passati, e che cercarono con ogni mezzo di rischiarare il campo globale. Nacque cosi l'Uomo cristico, colmo d’amore e di spirito di sacrificio. E fu tradito.

Il testo veterotestamentario allude propriamente a questo. Come sappiamo, vi si ritrovano due racconti della “nascita dell’Adam”. Noi consideriamo il primo allusivo della formulazione del Pleroma archetipico, la base di ogni successiva emanazione, ed il secondo specificatamente riferito al momento in cui il Pleroma decaduto volle l’allontanamento e la successiva distruzione dell’Uomo cristico. Qui l’Adam rinasce come uomo dell’elementale Terra in senso specificatamente rivolto al momento polare, in altre parole direzionato al recupero e all’attualizzazione della Volontà divina secondo la piena logica dell’Immagine.

Ricordiamo la mitologia gnostica, tanto simbolica quanto precisa, ed in particolare il “peccato di Sofia” e la successiva formulazione del Demiurgo, in effetti, donna. Sofia pecca perché vuole “generare” il suo universo in proprio nome, e senza il concorso del naturale compagno di polarità. Oggi diremmo che è madre per partenogenesi, e il frutto che ne deriva è sterile. Più concretamente possiamo affermare che quest’evento determina una deformazione dell’autorappresentazione per tutte le zone dimensionali che in varia misura lo condividono: una distonia che “vela” l’esatta realtà delle cose, e che induce una maya degenerata e pericolosa, quella che anche noi oggi soffriamo.

Sofia (il termine dunque indica in senso stretto il Pleroma della Caduta, prevalentemente femminile e generalmente femmineo) è la base del successivo corso degli eventi; ma perché Sofia decade?

Genericamente possiamo affermare, con la Gnosi, che essa vuole generare senza il compagno di coppia, l’Ente virile che è il tramite naturale dell’Idea di base, ribadendo così il suo potere individualistico. Specificando aggiungiamo che il tramite che più Sofia ricusa è l’Uomo dell’Elementale Terra, e cioè l’aspetto sintetico e virile del Regno che è Malkuth. Quest’Uomo è inoltre il più naturale ostacolo all’arbitrio

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del Pleroma, perché vuole affrontare il disastro della perdita del Centro (in cui Egli stesso è coinvolto, almeno in parte), e quindi “deve” essere neutralizzato.

Neutralizzato e sottomesso, e col tempo annullato. Col tempo, però. Perché?Perché la donna di questo campo archetipico oscurato si ritrova in una

situazione difficile: è priva di un compagno di coppia che l’attivi e la renda meno sterile ed inerte, ed inoltre la perdita del Centro e del giusto rapporto con Principio Causale (Brahma, Kether) la rende povera d’energia vitale, la quale è sempre emanazione del Padre, veramente recepibile e recepita solo con Lui.

Certo, il Padre regge l’arbitrio nell’attesa del suo componimento, e questo fatto – pur se completamente frainteso – consente la temporanea sopravvivenza del piano demiurgico. Ma è sussistenza precaria, e richiede allora qualcosa che la supporti: un’area esistenziale da sfruttare a tutti i livelli possibili, e da dominare perché non si sottragga all’inevitabile sofferenza. Quest’area è appunto la Sfera di Malkuth, che deve venire quindi enucleata e sottomessa. In tal modo la nostra zona diventa il ricettacolo di tutte le incompiutezze delle dimensioni decadute, e compare il “ciclo breve”, contrassegnato da un tempo vitale progressivamente in diminuzione, dal dolore, dalle malattie e dalla morte. La morte è, infatti, la tremenda ideazione del Demiurgo, opposta a quella di Dio che è continuità di vita.

La Bibbia dice e non dice: ma in concreto l’Uomo e la Donna di Eden sono la coppia polare del Regno, della Decima Sephirah, e sono messi dai restanti enti pleromatici in una condizione tale per cui è facile che s’oscurino, e possano conseguentemente essere oggetti di possesso. E, stranamente, anche la donna demiurgica è in sostanza appartenente al Regno, all’elementale Terra che si svela nella Sephirah di Malkuth: ma non lo sa o, sapendolo, lo rifiuta. In pratica, rifiuta se stessa nella propria essenzialità.

Solo un processo esoterico può dar ragione dei metodi involutivi adottati a questo scopo, e qui possiamo solo sommariamente enumerarli. Essi sono l’inganno, il plagio, l’induzione, la falsificazione degli stati e la violenza della repressione, ogni volta che si renda necessaria.

Ricordiamo che noi, esistenti sul pianeta Terra, siamo il frutto non innocente di quest’arbitrio. Infatti, esso ebbe successo per molti, ma tanti se ne sottrassero abbracciando l’amore del Padre, e si collocarono per scelta in altre zone, ben più serene e veritiere. Noi, abitanti di questa sfera dimensionale, fummo irretiti e colpiti, e tuttora versiamo in questa temibile condizione proprio per carenza di vera scelta, quella che si compie soltanto nell’ascolto interiore, nella zona spirituale del nostro ente globale di personalità, in prossimità dell’Atma.

Per ritrovare il Centro occorre dunque spostare la propria percezione sottile dalla mente (Io) al Cuore (zona dello spirito che attornia l’Atma), e quest’esito è possibile solo con un atto di vero e costante affidamento a Dio, nella sua Misericordia e nel Suo sostegno, il Cristo. In questo si concretizza quel momento fondamentale del nostro cammino che chiamiamo “FEDE”.

La perdita del Centro fu la vera causa della Caduta, ed il suo recupero è la rinascita alla realtà della nostra vita. E, per quanto abbiamo sempre sottolineato,

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quello che senza Dio perdemmo solo con Dio lo possiamo ritrovare.Torniamo, dopo questa necessaria premessa, al nostro tema: il connubio fra i

Figli di Dio e le Figlie degli Uomini, e cioè le donne di Malkuth.“Figli di Dio” è termine generico, che può essere causa di fraintendimento.

Infatti, non è solo l’elemento maschile demiurgico che qui agisce, ma anche – e spesso – quello femminile: così come i miti dell’antichità ci tramandano, parlando di rapporti fra Dei o Semidei e donne della Terra e fra uomini comuni e Dee o Ninfe di tutti i tipi.

Rapporti il cui esito è tradizionalmente precario o infelice, e che in genere comporta la dissoluzione dell’uomo e della donna “terrestri” che ne sono coinvolti.

Ovviamente i miti simboleggiano molti aspetti, che dipendono anche dal particolarissimo grado d’oscurità degli enti elementali che conducono il processo, talvolta non del tutto nemici né feroci. Ma questa constatazione deve essere approfondita.

Il Demiurgo esprime non tanto una persona quanto una collettività, estremamente coartata in una gerarchia. Per la condizione globale del piano demiurgico, che implica col tempo un’inversione di valori, al vertice di questa struttura di potere si collocano le personalità più possessive e dedite all’egotismo, che dominano le altre da tempo immemore, rendendole ligie al loro comando e coartandole violentemente se non ubbidiscono. Poiché la base di questa gerarchia (simile alle nostre dittature più feroci o a certe multinazionali) è puramente esecutiva, ad lei è demandata l’assunzione d’energia a favore delle altre, meno impegnate a tanto e quindi più “libere” di direzionare a loro libito i campi. Queste ultime entità operative sono in genere tutte femminili, perché la Donna prevale anche numericamente e in modo insospettabile nei campi sottili, ed è per natura più atta all’azione e forse più manovrabile dell’uomo, in certe condizioni. Esse godono comunque di un limitato spazio di manovra, e di una qualche autonomia. Questo fattore può determinare una possibile e temporanea difformità dei comportamenti individuali rispetto alle direttive generali adottate, ma sempre in pratica una assai rilevante capacità d’induzione e suggestione nei nostri confronti, sempre molto affaticante e distorta, e nel tempo letale.

Il piano demiurgico è – nel presente – strettamente puntualizzato sul controllo mentale, e per i motivi altrove indicati viene coinvolta la mente inconscia, capace d’essere indotta in molti modi per affinità karmicamente stabilitesi, e quindi non suscettibile che in casi specifici di provocare allarme nella mente conscia.

Nel presente: ma la Bibbia e i Libri di Enoch parlano di un passato remotissimo, quello dei Semidei, degli Eroi e dei Titani che “mitici” non sono poi tanto.

La condizione esistenziale della Sfera Demiurgica, globalmente considerata, è difficile: manca l’apporto ideativo ed energetico dei sentimenti, delle passioni e delle emozioni, che così vengono ricercate altrove. Qui.

Fin quando fu possibile il rapporto diretto, esso venne attualizzato, e vi furono effettive commistioni fra entità della zona archetipica e donne e uomini della Terra. Quello che tuttavia ebbe il maggiore rilievo fu la persistenza di rapporti fra elementi

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“maschili” della sfera “sottile” e femminilità terrestri, perché essi determinarono nascite di figli partecipi sia della prima che della seconda dimensione esistenziale (Yesod e Malkuth).(*)

Specifichiamo quanto fu molte volte detto: non esiste differenza ontologica nei corpi fisici fra le diverse zone dimensionali, che erano all’origine unite e improntate alla stessa Idea Basale. Ma le divergenze interiori sono comunque enormi finché non vengano superate, con pesantissimi esiti sullo stesso piano formale.

Cosa accadde? I figli di questi connubi, spesso caratterizzati dalla violenza e sempre dalla sopraffazione, nacquero partecipi tanto degli elementi negativi dei padri quanto delle insufficienze materne: dai primi ricevettero poteri diversi, che li resero più forti dei comuni mortali, e dalle seconde la tenace volontà d’esplicarli. Da entrambi poi, ed in varia misura, l’incapacità d’essere col Padre e conseguentemente d’amare.

Il Mito parla di Titani, e dice che essi ad un certo punto vollero aggredire Dio e – forse – i loro stessi genitori. La condizione degenerò al punto che si rese impossibile il già difficile proseguimento del vettore naturale nelle aree più contaminate, e al punto da richiamare il Rigore dell’Amore.

Il Padre agisce sempre tramite i suoi enti, e talvolta (sovente!) anche coi i più oscurati: Egli lascia che sperimentino gli amari frutti delle loro azioni, secondo un criterio di recupero anche remoto, e mai di retribuzione o, peggio, di vendetta. Il dio vendicativo dell’antico Testamento non è il Dio vero, ma il Demiurgo, come rilevò l’ascesi gnostica dei primi secoli dopo Cristo. E sappiamo bene come la Gnosi fu osteggiata e fraintesa anche e soprattutto dalla Grande Chiesa, quella che voleva richiamarsi all’insegnamento evangelico e che purtroppo lo tradì in molti modi.

La Gnosi non è partecipe di tutta la verità trasmessaci da Gesù, e compresa da pochi. Essa però vide bene in molti angoli volutamente oscurati, e delineò in modo veramente esatto certe problematiche del nostro Tempo e Spazio. Quello che le mancò fu l’intelligenza profonda del messaggio di Gesù e di Maria, fondato principialmente sull’amore e sul perdono, e di conseguenza sulla preminenza della testimonianza interiore nei confronti della legge e della norma, sull'esatto rapporto interpersonale e sull’immanenza di Dio nella Sua manifestazione: nel “piccolo” e nel “grande”. La Gnosi fu soprattutto ben conscia dell’essenzialità insita nell’evento polare (Sofia cade perché ricusa intellettualmente e fisicamente il compagno di coppia...) e che lo Spirito deve informare la Mente, e non viceversa. Il ché implica appunto il superamento della Legge veterotestamentaria nell’Amore, nella profonda intuizione della Realtà che solo con il Salvatore ci è possibile.

Oggi le condizioni di interferenza fra le zone dimensionali sono mutate, perché lo scadimento è assai più pronunciato ed assume forma visibile anche nel nostro campo. Non è però cambiato l’antico rapporto di dominio fra la sfera “sottile” di Yesod e quella “normale” di Malkuth: Yesod più che mai vuole ancora inglobare le nostre risorse energetiche, nella più completa ignoranza che le conseguenze di tale sopraffazione la colpiranno prima e più distruttivamente di quel che accada a noi. Infatti, il rapporto conflittuale fra le due Sephirah genera un cerchio vizioso di cause

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ed effetti, e tutto questo conduce al Kali-Yuga se nulla lo rallenta e lo risolve. Ecco perché Gesù disse che molti sono i chiamati e pochi gli eletti. Pochi sono, infatti, coloro che sanno ascoltare la sua Parola, e che si ritrovano nel suo Amore.

La commistione fra gli uomini del Demiurgo e le donne di Malkuth dunque continua, a livello per noi profondamente inconscio. Perdura anche quella, ancora più celata, fra le Donne del piano sottile e gli uomini, ma non soltanto. Infatti, la perdita dell’idea polare induce fortemente alla sessualità distorta, all’omosessualità, alle degenerazioni del sadismo e del masochismo, al culto della distruzione fine a se stessa. Così l’interferenza che veniamo costatando è molteplice e differentemente indirizzata; ma è sempre esplicazione di un potere individuale enormemente oscurato, difficile da essere compreso ed ancor più da essere risolto.

Il quadro è duro, ma ammette soluzione, e questo non è direttamente implicito nel testo enochiano cui adesso facciamo riferimento. Eppure, qualcosa c’è.

C’è la conferma della possibilità di un incontro anche a livello formale fra enti di zone differenziate, e non necessariamente in modalità oscurate o demoniche.

Quello che generò l’arbitrio e le fatali conseguenze enunciate nel racconto veterotestamentario e nei Libri di Enoch è proprio lo stato di coscienza dei partecipanti, e l’assenza dell’ideazione d’Amore, che è la base ontologica della Manifestazione. Ma, ovviamente, se quest’ideazione c’è, e se gli ostacoli consci ed inconsci che ingombrano le menti vengono a tal proposito rimossi, l’incontro fra Enti di diversi piani esistenziali è possibile.

Possibile? O necessario?Possibile e necessario, ma nell’esatta configurazione d’intenzionalità, di tempo e

di luogo, e nelle forme esplicative che siano attingibili nell’intuizionismo spirituale, così come testimonia tanta parte della Tradizione iniziatica, egizia, orientale o semplicemente esoterica. Altrimenti, è rinnovare l’arbitrio primordiale, è ritornarsi al momento della Caduta principiale.

Questa è l’importanza di Enoch ai nostri giorni, difficile da essere compresa.La Caduta non si risolve che elidendone gli effetti, il più evidente dei quali è

appunto la frantumazione dell’Unità di Eden (il primo Eden!) in varie stratificazioni, l’una all’altra conflittuale. Come quest’esito possa essere raggiunto è facile da dire e difficile da ottenere: occorre che gli uomini e le donne delle sfere separate mutino tanto e così a fondo da sapersi ricondurre a Dio, con un processo esoterico ed iniziatico che li ri-trasformi in quello che furono e non sono.

La nostra riconduzione a Eden è necessaria, ma occorre aggiungere qualcosa: l’Eden che cerchiamo non è identico a quello che perdemmo. Fra lui e noi intercorre il tremendo tempo del nostro comune allontanamento, ed il pauroso lascito che ne derivò, tuttora – e più – attivo. Ed intercorre anche l’Evento Cristico, e la sua infinita capacità d’insegnamento e di riscatto.

Torneremo ad Eden, al Principio del Sentiero, diversi da quel che fummo quando lo perdemmo, certo.

Differenti ma più consci, più forti e sicuri. Migliori, insomma. 13 luglio 2001

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(*) Rileviamo che le entità sefirotiche dominanti assumono personalità virile, e si sentono principi ideativi sintetici oltre che analitici. In contrapposizione valutano la zona dominata “femminile” perché sottoposta al loro potere e ricettiva di tutte le loro deliberazioni. Le entità yesodiche hanno elaborato un’ampia razionalizzazione delle loro istanze, giungendo perfino a considerare la decima Sephirah come l’estensione formale delle loro persone, il corpo (e quindi i “corpi”) concreto della loro personalità globale. Questo perché esse proiettano la loro mente nella mente delle individualità plagiate (occupate) con la massima estensione e precisione possibili. Nella meditazione profonda, infatti, può capitare d’avvertire questa duplicità mentale nella nostra interiorità: un aspetto veramente nostro, che è lo strumento dell’analisi e delle direzionalità vettoriali, ed uno estraneo sottostante e diffuso, che determina coazioni e scompensi a tutti i livelli soprattutto quando è contestato.

Ovviamente, le entità considerano il nostro livello mentale meramente esecutivo nei confronti del loro, che sarebbe in quest’ottica quello ideativo e veramente reale. Qui come altrove constatiamo che la situazione esistenziale della Manifestazione implica un vero rovesciamento, una inversione dei fattori che determinano la nostra autorappresentazione globale, e quindi il campo esistenziale.

Trattare con le entità di piano yesodico è per conseguenza arduo, perché occorre scoprire e comprenderne i parametri concettuali e formativi. L’uomo è generalmente considerato “ricettivo” delle volizioni della donna astrale, e null’altro: quindi, in questa elucubrazione, l’ente veramente virile è la donna, perché la sola capace di ideare in senso sintetico ed analitico, e poi d’imporre al maschio le proprie volontà.

Tutto questo scompensa enormemente l’ideazione di Polarità, e la vuole vanificare in un criterio di dominante/dominato. Ma l’ideazione di Polarità è la base concreta e dinamica dell’Interità, a tutti i livelli della sua autorappresentazione, ed allora quest’arbitrio sephirotico conduce alla crisi della Manifestazione in tutte le aree che lo condividono.

7/08/2003

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ENOCH III

Il Libro di Enoch è un testo fortemente legato alla concezione ebraica di Dio, che non è certamente quella di Gesù, il Cristo. E’ tuttavia un testo molto rilevante, anche se non ha certamente quel valore profetico che il nostro amico Pincherle gli attribuisce; direi piuttosto che esso è estremamente utile nel fissare alcuni concetti, e nel ricordare un evento tanto misterioso che tragico, e cioè la commistione fra i “Figli di Dio” e le Figlie degli Uomini”.

Cominciamo dalle concettualizzazioni che mi sembra giusto rilevare. La prima, è quella inerente alla retribuzione dei meriti e delle colpe, che la Giustizia di Dio sembra applicare con estrema meccanicità: chi, sordo ai costanti ammonimenti del Padre, si ostina a deviare dalla retta via, finisce nell’inferno che egli stesso si crea, e per una cosiddetta “eternità”.

Questo è esatto, ma soltanto se l’inerzia della creatura non si cambia in qualcosa d’altro, e cioè se viene meno la possibilità di un’interferenza divina di Misericordia e di Perdono.

Come sappiamo, Misericordia e Perdono sono il sostegno che il Padre dona alla Sua creazione con il Figlio, che noi sempre nominiamo come Cristo, l’Unto, l’Unigenito. Molto si cela in questa simbologia, veramente vivente perché, per esempio, l’Unigenito è anche l’archetipo della Manifestazione, è la Manifestazione in quanto Idea Suprema di Kether.

Ma il nostro problema, adesso, è quello del contemperamento di Giustizia (e Rigore) con la Misericordia ed il Perdono. Qui la vicenda cristica assume il suo pieno valore, simbolico e fattuale: essa, infatti, riconduce l’esatta concezione del Divino fra gli uomini, che – come sempre costatiamo a differenti livelli – l’avevano generalmente obliata.

Quest’ideazione è semplice: Dio non si nega dannando i peccatori, i reprobi. Egli li ama, perché essi sono Lui nella loro essenza, e sono se stessi nella loro coscienza. La Giustizia ed il Rigore allora devono essere interpretati solamente come strumenti dell’Amore, resisi indispensabili quando l’intelligenza del reale è venuta meno, le creature sono sorde a tutto quello che è la Volontà Vivente del Padre, e si comprendono soltanto con la frustrazione completa delle loro pulsioni e dei loro stati di potere. In breve, il “Perdono” del Padre è immanente a tutta l’Emanazione; quello che è difficile, enormemente difficile, è renderlo attuale nel presente.

Così Enoch esprime la concezione ebraica di Dio, che non è certamente quella coerente con la Sua volontà. Come mai questo può accadere?

Ci ripetiamo, ma “repetita iuvant”. L’Uomo, nasce come Immagine, e quindi dotato di piena libertà di scelta e di autonomia operativa, capace di tradurre in vita questa scelta se egli permane nella sua precisa condizione filiale, quella che gli è “ab initio” donata. Diversamente, diventa il costruttore delle sue catene, e costringe – nel

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tempo che si dà – il Padre, il Maestro di Vita, all’attesa ed alla sofferenza. Come appunto la vicenda di Gesù simboleggia ed insegna.

In un certo momento della sua vicenda, l’Adam si fabbrica concettualizzazioni sul Divino che non sono frutto di ascolto pieno, ma di ascolto condizionato dalle sue tipiche astrazioni, e crede fermamente in esse. Dio interviene? Sempre, come simboleggia anche la vicenda del sacrificio di Abramo, se ben intesa. Ed in genere non è compreso. Ma allora l’Uomo ha quello che vuole avere, anche se è parzialmente o del tutto improprio, e questo fatto può causare innumeri equivoci. L’Adam fa uso qui della sua libertà principiale, che è anche quella di non ascoltare, di non vedere.

L’abuso che ne nasce, e che sovente si traduce in una hibrys di potere, non può essere cancellato che da un atto proprio di libertà, interiore e spirituale prima di diventare esteriore e fattuale. Così il Dio di Enoch assume molto le qualificazioni del Demiurgo, e cioè del Pleroma creato che si crede, e non è, Dio. Ma questo è tipico, se non proprio di tutta, di molta parte dell’ebraismo veterotestamentario, a buona ragione discusso e contestato dalla “famigerata” Gnosi dei primi secoli dopo Cristo. La quale venne a sua volta offesa, fraintesa e condannata da chi, di Dio, non sapeva darsi che un’immagine imprecisa e fortemente intellettualizzata, bisognosa di assumere il “decoro” di una tradizione ebraica o greca, alla luce del sistema giuridico romano.

Questo non toglie nobiltà e verità ai Padri della Chiesa Universale, a quei tempi disgregata in rivalità tribali fra vescovi e relative diocesi. Molti furono veri santi, fieri ed eroici; ma i loro meriti non devono nascondere certe improprietà o certi mastodontici errori.

Ribadisco: Dio non agisce che come vivo sostegno d’attesa e sacrificio, se l’Uomo non lo ritrova almeno come Punto di ricerca ed intenzione. E questo è tutto, per ora.

Veniamo al momento del connubio tra i Figli di Dio e le Figlie degli Uomini.Prioritariamente ribadiamo che, sotto il profilo personale, tanto i Figli di Dio che

le Figlie degli Uomini sono creature d’identica estrazione e nobiltà. Questa puntualizzazione semplifica le cose, almeno in parte.

Innanzi tutto, questo: l’evento a cui alludono la Bibbia ed il Libro di Enoch appartiene al mondo della caduta, e non a quel tragico primo momento in cui il Pleroma si ribellò al Padre, e non volle comporsi in sintesi viva e dinamica d’amore.

Abbiamo sostanzialmente due strati di coscienza esistenziale: quella del Demiurgo (e delle sue schiere) avulso da Principio, e quindi pervaso di un tremendo titanismo. Poi quella del campo frantumato, gli uomini e le donne che non furono contaminati a fondo dall’intenzionalità demiurgica, e che comunque furono esiliati in una zona di supporto energetico ed ideativo, l’ambito in cui il Cristo in Gesù e Maria compare.

All’inizio, le differenze fra le due dimensioni d’esistenza non erano affatto inconciliabili del tutto, come adesso sono; era possibile un trasferimento dall’area demiurgica a quella più propriamente umana, assai più dolce e ricca di passioni,

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sentimenti ed idee della prima; e quindi molto ”desiderabile”. Gli Uomini e le Donne del piano pleromatico decaduto erano conseguentemente

attratti da quello “inferiore”, più vitale e vivo, e sovente interferivano con esso. I Miti raccontano, infatti, di commistioni fra Dei e donne, fra Dee ed uomini, in genere con esiti poco fausti. Questi eventi condussero alla nascita – per la sostanziale identità della specie e dei generi – di nuove personalità, le quali erano tuttavia fortemente impregnate delle condizioni degenerate di almeno uno dei genitori. Qui si tratta sostanzialmente di una continuazione del “peccato di Sofia”, per usare la mitologia gnostica, perché tanto i cosiddetti “Dei” che le altrettanto cosiddette “Dee” erano e sono immersi in una condizione arbitraria e violenta, nella quale gli enti virili si effeminano ed assumono valenze innaturali, e quelli femminili pretendono all’opposto di rendersi “maschili”.

Ma gli uni e le altre utilizzano nel piano propriamente di Malkuth una capacità resasi statica e quindi inagibile nel loro proprio: quella d’esplicare le loro intenzionalità, di “generare” a loro immagine e somiglianza e così di ridurre tutto il piano vitale alla più completa, passiva sottomissione.

Ciò che deriva da quest’atto di violenza e di prevaricazione è e fu tremendo: ne emersero uomini e donne dotati di poteri innaturali, più stregoneschi che magici e comunque tali da dominare le zone in cui vivevano, con estremo dolore e degrado per gli infelici che – privi essi stessi di vera fissazione nel Centro Atmico – non potevano difendersi efficacemente. Ma quest’abominio incontrò, come è naturale, estreme resistenze, e vi furono adepti ed iniziati in grado di vanificarlo. L’evento tuttavia determinò la vera e propria distruzione di gran parte del campo di Malkuth, simboleggiata nel Mito del Diluvio, nel quale le “Acque” purificano tutto e creano le condizioni di una nuova civiltà.

Questo Mito è arcaico, ed allude a varie epoche e a differenti eventi, perché quanto noi abbiamo sopra descritto non accadde una volta soltanto, ma diverse; e tuttora perdura, anche se le condizioni non consentono che in casi rari ed estremi l’interferenza diretta fra la zona demiurgica (archetipi degenerati e le loro schiere) e quella più propriamente umana. Quindi, non “un” diluvio, ma molti; non “una” rinascita, ma tante. Con l’evento cristico il Padre interviene in forma simbolica e concreta in questo tempo ed in quest’area, ormai prossima al Kali-Yuga: interviene su tutta la zona contaminata, e non soltanto sul piano di Malkuth, però. E così s’adopera, ogni qualvolta se ne presenti l’occasione, per agire sul mondo demiurgico “sottile” con gli enti del Regno: quelli che ricercano il proprio Sé e la realtà della loro vita.

Il resto, lo sapete. La resistenza delle aree implicate nella frantumazione dei piani è – come sempre – estrema, e la difficoltà maggiore risiede nella gravissima perdita di libertà tipica dei campi sottili, e nella conseguente spersonalizzazione delle entità che in essi si collocano. Entità prevalentemente femminili, perché le donne – principi esplicativi dell’Idea fondamentale – sono molto più numerose degli uomini nel campo emanato, e gli uomini o sono stati “esiliati” nel ciclo breve o sono precipitati per estrema irrealtà in una zona non formale, che implica l’inabissamento nel proprio ego e la perdita della percezione di qualsivoglia campo esteriore.

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Certo, non tutti; ma, come dicemmo, gli enti maschili dell’area demiurgica sono scarsi, effeminati e feroci, e quindi estremamente invisi alle femminilità che vogliono dominare – più o meno efficacemente – in quel campo. Esse sono però in gran maggioranza, e questo stato delle cose ha un temibile effetto: la Donna, priva del compagno, mantiene la sua dinamicità trasformandola in violenta aggressività e volontà di possesso, a compenso precario della propria profonda frustrazione. La donna, infatti, ha nel suo vero codice genetico (che è spirituale prima che fisico!) la tensione ad agire, a creare e a informare di sé la vita che la circonda, e questo è veramente possibile se essa mantiene nel profondo l’intelligenza dell’amore, che è poi la sua vera essenzialità. In caso differente, desidera l’uomo ma come oggetto, come succubo o schiavo: capace sì di darle emozioni altrimenti impensabili, ma sempre insufficiente se l’elemento di base del rapporto è l’intelletto egotico e non lo spirito.

Così le donne delle aree sottili sono fortemente portate alla sessualità, secondo formulazioni astraenti ed astratte, che difficilmente implicano il contatto fisico con l’uomo (temutissimo perché scompensante) e sempre quello mentale soprattutto inconscio.

Quanto ne deriva è comprensibile solo in un tragitto iniziatico incentrato sul contatto e sull’Eros, quello vero: così come stiamo facendo.

L’affinità teorica fra le Donne del campo sottile e gli uomini di Malkuth è completa: essi sono strutturati in piena complementarità, anche se nel presente questo fatto è nella stragrande maggioranza dei casi inagibile.

Perché si renda concettualmente possibile è, infatti, necessario che l’ideazione di dominio e di potere, di distacco dal Centro, si vanifichi e possa emergere lo stato reale delle persone coinvolte nel vettore esoterico.

Poiché si tratta di un evento teurgico fondamentale (è, in pratica, la fine della Caduta!) occorre che sia l’Amore stesso a condurre il processo, ben oltre qualsivoglia ideazione che uomini e donne possano conferirsi. Ed anche quest’acquisizione – tra le altre cose fondamentale per tutto il tempo della Manifestazione – deve essere conquistata con lunghe ricerche, tentativi e superamenti difficili da essere descritti e più ancora compresi da chi ne sia estraneo.

Comunque, questo lungo discorso giunge ad una conclusione: il tempo è giunto, o almeno sta incontrando la sua risoluzione come problematica d’incontro.

Occorre fare – ovviamente – ancora una lunga strada, ma qualcosa matura od è già maturato. Le entità femminili più consapevoli e responsabili, dopo una lunghissima attesa e molti sacrifici, stanno riconvertendosi all’Idea Principiale, che è appunto il Cristo nel Padre. Se esse sono con l’Amore e la Misericordia recuperano poco a poco la loro natura primordiale, e da “dee” false e bugiarde si rendono donne reali.

Donna…è difficile comprendere la maestà, la bellezza chiusa in questa semplice parola: ma la donna è il fiore della Manifestazione, è la Rosa.

Molte cose sono state enunciate in proposito, ed altre verranno specificate. Ma questo Io vi dico, nel Santo Nome: nessuna “dea”, nessuna detentrice del potere è

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pari alla Donna, quando essa è nella piena esplicazione – così come l’attimo consente – della sua femminilità. La Rosa Divina è la Madre, la Potenza di Dio: la donna ne è, in Malkuth ossia nel Suo regno – l’ombra meravigliosa, concreta e reale.

Questo rende la Femminilità veramente alta e pregnante: essa è la Via che il Padre vuole, in empatia polare con la Verità che l’uomo può recarle.

E’ dunque più “nobile” la Via o la Verità? Domanda inutile, perché esse sono identità: sono Vita ed Amore.

(12 luglio 2001)

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