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Le collezioni di materiali grafici per la didattica medica (secoli XV-XX) Società Italiana di Storia della Medicina in collaborazione con Centro per la Tutela e la Valorizzazione dell’Antico Patrimonio scientifico (CUTVAP) - Università di Siena Siena, 6-7 novembre 2015 GIORNATE DI MUSEOLOGIA MEDICA ATTI a cura di Davide Orsini

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Le collezioni di materiali grafici per la didattica medica(secoli XV-XX)

Società Italiana di Storia della Medicinain collaborazione con

Centro per la Tutela e la Valorizzazione dell’Antico Patrimonio scientifico(CUTVAP) - Università di Siena

Siena, 6-7 novembre 2015

GIORNATE DI MUSEOLOGIA MEDICA

ATTI

a cura di Davide Orsini

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Realizzazione editoriale: Nuova Immagine Editricehttp://nielibrionline.itISBN 978-88-7145-289-0

In copertina: Paolo Mascagni, Anatomia universa, corporis humani facie aversa, stratumsecundum, tav. I (particolare)

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PRESENTAZIONE

La Giornata di Museologia medica è ormai diventata un incontro abituale per gliiscritti alla Società di Storia della Medicina interessati e impegnati sui temi della

salvaguardia del patrimonio storico di ambito sanitario. Un evento annuale da tenersiai primi di novembre e che, dall’ultimo appuntamento di Torino, per l’alto numero diadesioni, richiede ormai l’estensione della programmazione degli interventi a due gior-ni. Anche la scelta della sede in una città universitaria con musei o collezioni di Ateneo,

che annualmente si alterna nell’ospitare la Giornata, si è dimostrata valida non solo perla giusta valorizzazione dei locali patrimoni storico-scientifici universitari, ma anche perporre l’attenzione su particolari beni scientifici di norma poco noti: si è così parlato dicollezioni di Paleopatologia e Anatomia patologica a Chieti (2012), di Ostetricia a Bolo-gna (2013), di Odontoiatria a Torino (2014). Per Siena, che ospita l’evento del 2015, si èinvece voluto porre l’attenzione su un bene scientifico un po’ diverso, ma che rientraappieno in quei materiali storici che popolano i musei universitari, ossia tavole e materialigrafici, quali strumenti di cui da sempre la Medicina si avvale per la didattica.L’occasione deriva dalla commemorazione per il bicentenario della morte di Paolo

Mascagni (1815-2015) che Siena, e in particolare l’Accademia dei Fisiocritici e l’Uni-versità, hanno organizzato con una serie di eventi e pubblicazioni sulla grande figuradell’Anatomista, che trascorse in questa città gran parte della sua vita professionale e poli-tica.L’interesse per la tipologia di questi incontri della SISM ormai è tale, che già è possi-

bile annunciare, grazie alla disponibilità della professoressa Donatella Lippi, tema e luogodella V Giornata di Museologia Medica che si svolgerà nel 2016: le collezioni storichedi Dermatologia, Firenze.

Francesca VannozziSiena, 6 novembre 2015

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NOTA DEL CURATORE

Ogni anno in misura maggiore i temi scelti per la Giornata di Museologia medicaoffrono spunti per interventi che permettono di conoscere collezioni, storie, perso-

naggi e consentono di apprezzare il lavoro di ricerca di Colleghi di Atenei e Istituzionimuseali diffusi sul territorio nazionale. Per questa edizione 2015 sono state accettate 24 proposte che affrontano il tema scel-

to – Le collezioni di materiali grafici per la didattica medica (secoli XV-XX) – decli-nandolo in modi diversi e sempre di grande interesse. Oltre a queste si è deciso di inserire anche tre interventi che prendono sì spunto dal-

l’argomento appena ricordato ma affrontano specifici aspetti relativi all’utilizzo delleimmagini scientifiche a scopo didattico e divulgativo attraverso le nuove tecnologie: – le postazioni digitali del Museo di Storia della Medicina (Musme) di Padova, con

uno schermo che ‘ricrea’ il tavolo settorio e un modello umano su cui vengono proiettatigli apparati del corpo secondo le conoscenze attuali e quelle che Andrea Vesalio illustrònella sua Fabrica; – la digitalizzazione delle Anatomiae universae icones di Paolo Mascagni nel nuovo

percorso espositivo del complesso storico ospedaliero del Ceppo di Pistoia, che permetteuna ‘lettura’ immediata dell’opera da parte di un gran numero di persone e al contempol’assoluta tutela dell’originale; – il cinema educativo per l’infanzia degli anni Venti e Trenta del Novecento, che va a

completare il panorama degli interventi di divulgazione scientifica che il Regime fascistavolle intraprendere a favore delle famiglie con pubblicazioni, cartelli e poster informativi,ma anche utilizzando il nuovo mezzo cinematografico con cine-documentari che, pur uti-lizzando uno strumento comunicativo diverso, condividono con gli apparati grafici lemedesime finalità. Speriamo che tali ‘ampliamenti’ del tema possano essere apprezzati e possano rappre-

sentare utili stimoli di riflessione.

Davide Orsini

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IL RUOLO DELLA MUSEOLOGIA ATTRAVERSO LE OPERE PERDUTE DI ANTONIO SERANTONI

QuADErNo 4 2015: 9-12

Il valore dell’opera di Paolo Mascagni(1755-1815), di cui si celebra il bicentena-rio della morte, va certamente condivisocon gli abili incisori e disegnatori chehanno collaborato con lui. Il più noto fraquesti è Antonio Serantoni (1780-1837),grazie al lavoro svolto per realizzare lacelebre Anatomiae universae icones publi-cata fra il 1823 e il 1831 a Pisa.

Serantoni nasce a Milano. Il padre,commerciante di seta, si trasferisce aFirenze nel 1784 e sprona il figlio allo stu-dio della pittura e dell’architettura. Le sueabilità artistiche furono notate da Masca-gni che lo scelse come incisore. Insiemecollaborarono per quasi trent’anni. Dibuon mattino Serantoni si recava al gabi-netto anatomico del l’Arcispedale di SantaMaria Nuova, e vi rimaneva fino allequattro e mezza pomeridiane l’inverno,sette e mezza l’estate. A quest’ora facevail suo pranzo parchissimo quindi andava aletto, e dopo tre ore obbligava la moglie asvegliarlo per riprendere la sua attività. Ètale il senso di gratitudine che Mascagniprova per Serantoni che lo inserisce nel

suo testamento, per sdebitarsi del granlavoro svolto. La morte del Mascagni peròrallentò la pubblicazione della Anatomiaeuniversae icones o Grande Anatomia. Idiritti sull’opera cambiarono diversi pro-prietari, gli ultimi dei quali estromiseroSerantoni dalla direzione dei lavori, aiquali comunque continuò a collaborare.Egli stesso racconta che consegnare letavole mancanti era per lui come «abban-donare l’amico il più caro». Il periodo ditempo che va dalla morte di Mascagni allapubblicazione della Grande Anatomiasegna comunque un momento di difficoltàeconomica per il Serantoni, per sua mo -glie e i suoi cinque figli (1).

Per incrementare i propri guadagni, susuggerimento di Filippo Nesti (1780-1849)si dedica allo studio della ceroplastica einizia a realizzare modelli anatomici incera che fece conoscere attraverso mostreitineranti in Italia con l’obiettivo di cercarefinanziatori. Le sue statue scomponibilisono diventate famose come Veneri Fio-rentine, esposte e vendute in tutto ilmondo.

*Università degli Studi di Bologna. [email protected]; [email protected]**Socio SISM. [email protected]

Emanuele Armocida*

Nicolò Nicoli Aldini**Alessandro Ruggeri*

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10 ATTI - Giornate di Museologia Medica

Nei viaggi attraverso l’Europa e succes-sivamente verso gli Stati uniti grazieanche alle mostre temporanee realizzateda Antonio Sarti (-1851), l’espressione‘Venere fiorentina’ si è trasformata in unasorta di marchio usato per etichettaremodelli componibili accomunati da alcunecaratteristiche.

Le Veneri di Serantoni, grazie allostraordinario connubio di arte e scienza,hanno svolto un importante ruolo divulga-tivo specialmente verso il pubblico femmi-nile che ha potuto ammirare l’Anatomianella sua veste più elegante, senza assisterea provanti e discusse dissezioni (2).

Il valore delle opere del Serantoni fusubito riconosciuto dai sui contemporaneia livello mondiale. Dalla sua biografia rea-lizzata da Pietro Vannoni (1802-1876) (1)possiamo notare come molte delle opererealizzate siano oggi andate purtroppo per-dute o distrutte nonostante il pregio a essesempre attribuito. Questi fatti aprono lastrada a una riflessione sul ruolo chiavedella museologia anche nella pianificazionedi strategie che evitino anche solo a causadi eventi accidentali, la dispersione e laperdita di importanti patrimoni di naturastorica.

Può essere utile, a questo proposito,ricordare i fatti verificatisi a seguito dell’e-vento naturale poi ricordato come ‘alluvio-ne di Firenze’ del novembre 1966, quandol’Arno invase il Museo di Storia dellaScienza di Firenze (oggi Museo Galileo).Fra le sale invase dalle acque e dal fangovi fu proprio quella dedicata all’anatomistaMascagni, contenente materiale iconogra-fico e diverse opere che lo storico della

medicina Federico Allodi aveva donato alMuseo fra il 1950 e il 1958. Alcune di esseandarono irrimediabilmente perdute, comeil Vasorum lymphaticorum corporis huma-ni historia et ichnographia (Siena, 1787) ediverse tavole dell’Anatomiae universaeicones, mentre altre, fortemente danneg-giate, furono semplicemente asciugate consegatura e carta per interfogliare, messe daparte e, nella frenetica attività dei mesi cheseguirono, apparentemente dimenticate.

Solo nel 2004 sono state rinvenute treopere del Mascagni danneggiate dall’allu-vione, la più significativa delle quali è lariedizione in formato minore, sempre acura del disegnatore Antonio Serantoni,della Grande anatomia.

Il volume presenta depositi di fango e disegatura che rendono per lo più impossibi-le l’apertura delle carte, le incisioni calco-grafiche che lo illustrano sono ancorainterfogliate con la carta utilizzata subitodopo l’alluvione per abbassare il livello diumidità, carta che, non essendo stata ri -mossa, ha provocato spesso la controstam-pa dei colori delle illustrazioni e, talvolta,l’affioramento di muffe. Della legatura nonrimangono altro che tracce della cucitura(3).

Questi fatti, riportati a titolo di esempio,inducono a una riflessione in termini ditutela del patrimonio museale cartaceo.

La difficoltà di conservazione e traccia-bilità dei singoli volumi nei secoli, data lafragilità dei materiali e la facilità di sposta-mento, è intuibile. Lo stesso non si puòaffermare per altri tipi di reperto come imodelli in cera, dei quali peraltro è perce-pibile maggiormente il senso di unicità del

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manufatto. Ciò nonostante hanno presen-tato analoghe problematiche di tutela.

Ad esempio gran parte dei modelli incera del Serantoni furono ordinati daSamuel Henry Dickson (1798-1872) fra il1822 e il 1824, fondatore della neonataScuola di Medicina di Charleston (SouthCarolina), probabilmente su richiesta delprofessore di Anatomia e cofondatore JohnEdwards Holbrook (1796-1871) che avevatrascorso un periodo di formazione inEuropa.

Durante la guerra di Secessione il colle-ge in cui erano conservate le sue collezionifu preso d’assalto, saccheggiato e occupato(4). Nel 1886, finita la guerra, un forte ter-remoto danneggiò ulteriormente l’edificio,costringendo a un cambio di sede. Date lecircostanze non stupisce che si siano persele tracce di queste cere.

Non si conoscono le sorti nemmenodella Venere Fiorentina ordinata dal chirur-go inglese Charles Tucker (-1828) nel1822, o dei numerosi modelli richiesti daAndrea Vaccà (1772-1826) per avviare ungabinetto anatomico presso la neonataScuola di Medicina ad Abu-Zabol (Cairo).

Dalla biografia di Serantoni risultaanche che alcuni modelli furono commis-sionati da Luigi rolando (1773-1831) peril Museo Anatomico di Torino, ma alla suamorte improvvisa, non lasciando alcunadocumentazione, le opere non furonoriscattate dai successivi curatori.

Queste notizie ci informano dunque dipatrimoni completamente dispersi, relativa-mente ai quali non esiste oggi altra tracciase non attraverso indiretti riferimenti in altra

fonte di informazione; è intuibile come, adifferenza di un passato anche recente, leattuali tecnologie possano portare un con-creto contributo alla tutela, alla tracciabilitàe alla fruibilità dei bei museali.

Fra questi il sito denominato InternetCulturale, patrocinato dal Ministero deiBeni Culturali, che permette di consultare icataloghi e le collezioni digitali delle bi -blioteche italiane (5). Ma esistono altre ini-ziative per la tutela del patrimonio attraver-so l’utilizzo di mezzi informatici. Ne è unesempio il processo di digitalizzazione del-l’Anatomiae universae icones del Masca-gni posseduto dagli ospedali riuniti diBergamo. Da quanto si evince dall’annota-zione a matita posta nelle prime pagine delvolume, esso fu acquistato nella secondametà dell’ottocento dall’ospedale con l’in-tento di metterlo a disposizione dei proprimedici e del personale sanitario. ora, l’at-tuale iniziativa persegue due im portantiobiettivi: garantire la conservazione delprezioso originale e renderne possibilela valorizzazione e un’estesa divul gazioneutilizzando le più moderne e sofisticate tec-nologie informatiche. 

Pregevole anche l’idea di mettere nellapagina del sito i link per raggiungere lepagine web di altre biblioteche e museiche conservano la stessa opera (6).

Altro esempio pratico di utilizzo degliattuali sistemi di comunicazione è statoadottato dal Museo Galileo che ha messo inatto un strategia di crowdfunding, ovverouna campagna di raccolta fondi per restau-rare l’opera del Serantoni danneggiatadall’alluvione e poi dimenticata nei magaz-zini (3). L’iniziativa permette a tutti di par-

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12 ATTI - Giornate di Museologia Medica

tecipare al recupero di un bene pubblicoscientifico e artistico, responsabilizzandoalla salvaguardia della cultura in tutti i suoiaspetti.

Bibliografia1) Vannoni P., Biografia di Antonio Serantoni disegna-tore, incisore e lavoratore di cere anatomiche di P.Vannoni, per V. Batelli e figli, Firenze, 1838.

2) De Ceglia F.P., The Importance of Being Florentine:A Journey around the World for Wax AnatomicalVenuses, «Nuncius», 2011, vol. 26, issue 1, 83-108.3) <http://www.nove.firenze.it/il-mascagni-salvato-dalle-acque.htm> [10/2015].4) Gill T., Biographical Memoir of John Edwards Hol-brook 1794-1871, tratto da National Accademy ofScience biogrphical memoirs, Washington D.C., 1905,vol. 5, p. 65.5) <http://www.internetculturale.it> [10/2015].6) <http://www.midabook.it/mascagni/progetto.html>[10/2015].

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LE TAVOLE ANATOMICHE DI PAOLO MASCAGNI AL MUSEO DI STORIA DELL’ARTE SANITARIA

QUADERNO 4 2015: 13-16

Tra le raccolte depositate nella presti-giosa sede del Museo Nazionale di Storiadell’Arte Sanitaria, sita in Roma nel Com -plesso Monumentale dell’Ospedale SantoSpirito (4), vi è quella che accoglie il visi-tatore al suo ingresso nella sala Ales -sandrina, sulle cui pareti sono appese 19tavole anatomiche di varia grandezza(alcune a dimensione naturale), tutte pro-tette da vetro nelle cornici originali, oltrea quattro dipinti a olio inerenti a descrizio-ni anatomiche.Le tavole, in particolare, sono delle

stampe attribuite e curate sotto le indica-zioni di Paolo Mascagni (1755-1815), rea-lizzate dall’incisore e disegnatore AntonioSerantoni. Rifinite con la colorazione amano, rappresentano in ambito anatomicouna topografia puntuale della rete linfaticanei vari apparati del corpo umano. La loro provenienza è da associarsi alla

dismissione dell’ospedale di Santa Mariadella Consolazione avvenuta nel 1936, perla quale molte delle testimonianze didatti-che furono trasferite all’Ospedale SantoSpirito e alcune al Museo di Storia del -l’Arte Sanitaria, così come abbiamo con-ferma dagli stessi dipinti a olio risalentialla seconda metà del Seicento fatti esegui-

re da Guglielmo Riva primario dello stessoospedale. Ciò ci appare verosimile comepossibile ricostruzione della provenienzain virtù del fatto che alla Consolazione lascuola di Anatomia e Chirurgia aveva fattonumerosi proseliti e formato una schiera divalenti anatomisti che continuamente siaggiornavano oltre che sul cadavere, sulletavole a olio a soggetto anatomico e conmolta probabilità in seguito, oltre che nelcortile anatomico, anche nella biblioteca enei padiglioni interni arricchiti di illustra-zioni.In questo ambito di studi, Guglielmo

Riva, primario alla Consolazione che nel1656 in un dipinto a olio descrive le scopertedi Gaspare Aselli. È raffigurato un individuoin piedi con il corpo sezionato con muscoli eorgani vari in evidenza. Sullo sfondo un pae-saggio, un cane, un albero con fronde e fruttasul quale è posato un fringuello. Ai suoi piediuna grande pergamena dipinta con scrittalatina: Jo, Guillelmus – Riva/Anatomicus –invent.Nel cartiglio: Chylatio ex (a) intestinisper (b) lacteas (C) receptaculum (s)/toraci-cas sub clavias venas cum sanguine (F)cavam superio-/rem in (g) cor./Sanguinatioex (G) cordis (H) ventriculo dextro in venamarteriosam/pulmones in nato (M) arteriam

*[email protected]

Gaspare Baggieri*

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14 ATTI - Giornate di Museologia Medica

venosam in (N) sinistrum ex quo per aor-tam/eiusque (p) ramos in (q) reliquas partesa (q) quibus per (r) venarum radices/Tandemin (g) in cor/Lymphaelatio ab (o) extremispraesertim pepate./Maiores (X) portaecipuepi./num vel (B-C-D) chylifera in Cor/.Sulla cornice di legno in basso “sistema

linfatico e chilifero delineato da G. Rivaper il suo Museo Anatomico. Sec XVIIAutore ignoto”.Dal cartiglio si deduce quindi, ed è una

delle prove d’interesse per indagini anatomi-che così specifiche, che lo studio dei linfaticiera oggetto di scuola. Sappiamo anche chel’anatomista e medico dell’Ospedale dellaConsolazione Pietro Lupi, che svolse la suaattività tra Settecento e Ottocento, estimatoredel Mascagni, provvide ad acquisire e alasciare alcune delle tavole del Mascagniall’Ospedale della Consolazione (3). Tral’altro il Lupi ebbe modo già nel 1793 dipubblicare una sua opera divisa in due tomi

ricorrendo anche alle illustrazioni già notedel Mascagni (2): «T’ov’a per poros inorga-nicos secretienum theoria, vasorumtjuelympbaticorum bistoria Tauli Mascagni, ite-rum vulgata, atque parte altera aucta, inqua vasotum minorum vindicatio, & secre-tionum per poros inorganicos refutatio con-tinetur, auctore Tetro Lupi romano pbilosop-bitet ac medicina doctore. Rj».L’inventario del Museo riporta le tavo-

le nella loro numerazione, nella lorodimensione e scarsamente nella descrizio-ne del soggetto rappresentato, inoltre èassente la storia stessa delle stampe sullaloro origine e produzione. Supponiamotrattarsi della quarta serie che fu intrapre-sa quando il Mascagni insegnava aFirenze, nei primi dell’Ottocento, pressol’Accademia delle Belle arti. In questaoc casione concepisce l’ambizioso proget-to di descrivere l’Anatomia per gli studio-si di arte; alcune tavole da redigere in

Museo Nazionale di Storia dell’Arte Sanitaria, Roma, Sala Alessandrina

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ATTI - Giornate di Museologia Medica 15

visione anteriore e posteriore, altre indiverse modalità di preparazione per ren-dere migliori i dettagli. È in questi quin-dici anni a Firenze che si avvale di Anto-nio Serantoni, incisore, disegnatore chedopo la morte del Mascagni porterà acompimento il monumentale lavoro. Letavole esposte e riprese dall’inventario cidicono che sono presenti tre coppie inanatomia frontale e posteriore, due di essecon cornici di cm. 220 per cm. 100, l’al-tra cm. 200x100; una tavola singola dicm. 200x100; tre tavole speciali su trestrati; nove tavole riferite a specifichedescrizioni di organi, dove in alcunevediamo più organi nella stessa tavola.Tutte firmate da Antonio Serantoni, tran-ne una tavola speciale sulla quale è ripor-tata la collaborazione di “Joseph Canaccisculpsit”.Tavv. 40-43Sistema muscolare, arterioso, venoso e

linfatico superficiale del corpo umano Tavv. 59-62Sistema arterioso, venoso linfatico e

nervoso periferico del corpo umanoTavv. 71-73Sistema osseo dell’intero corpo umanoTav. 39 È stata realizzata (cm. 200x100) in

visione antero laterale e si riferisce alSistema muscolare, arterioso, venoso e lin-fatico superficiale del corpo umano, parteanteriore e laterale.Tav. 33Viscera – Tabula V, rappresentante le

viscere (cm. 80x100).

In basso a destra: “Ant. Serantony deli-navit sculp. et color expres”.Tav. 34Viscera – Tabula X, raffigurante tre

sezioni di tronco umano con colonna ver-tebrale e sistema arterioso (cm. 85x64).In basso al centro: “Ant. Serantony delin.

Sculp.”.Tav. 35Viscera – Stratum tertium – Tabula spe-

cialis Terzo strato dei polmoni, colonna verte-

brale con sistema arterioso, venoso emuscolare (cm. 85x64).In basso a destra: “Ant. Serantony sculp.

et color expressit”.Tav. 36Viscera – Tabula VIII Sezione di colonna vertebrale con siste-

ma nervoso, venoso, arterioso dei variorgani ad essa collegati: genitali maschili(cm. 85x64).In basso al centro: “Antonius Serantony

delineavit sculp. et color expres”.Tav. 37Tabula Viscera – XIIMuscolatura della spalla e braccio sini-

stro con fasce muscolari, sistema arterioso,venoso e nervoso, cinque sezioni di cuoree due di cervello (cm. 85x64).In basso a sinistra la scritta latina:

“Antonius Serantony delineavit sculp.”.Tav. 38Viscera – Tabula ISistema arterioso, venoso e nervoso,

apparato respiratorio e viscere (cm. 85x64).

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16 ATTI - Giornate di Museologia Medica

In basso a destra: “Ant. Serantony deli-neavit sculp. Et color expres”.Tav. 50Viscera -Tabula XITre sezioni del cervello e colonna verte-

brale con circolazione sanguigna arteriosae venosa, centrale e periferica (cm. 98x77).In basso a destra: “Ant. Serantony del.

sculp.”.Tav. 51Stratum secundum -Tabula specialis ISecondo strato di sei parti anatomiche

con vari sistemi arteriosi e venosi (cm.64x85).In basso a sinistra: “Ant. Serantony

delin.t et direxit”, in basso a destra:“Joseph Canacci sculpsit”.Tav. 52Viscera -Tabula VI Le viscere (cm. 80x100).In basso al centro: “Ant. Serantony deli-

neativ sculp. et color expres”.Tav. 53Viscera -Tabula XVSezione del capo, orecchi, trachea, eso-

fago e braccio con sistema arterioso evenoso – articolazioni della mano e delpiede (cm. 64x85).

In basso: “Ant. Serantony delineavit”.Tav. 54 Viscera -Tabula IV Cervello, polmoni, cuore, fegato, milza,

reni, sistema arterioso e venoso (cm.64x85).In basso a sinistra: “Antonius Serantony

delineavit sculp. et color expres.”. Tav. 55 Stratum primum -Tabula specialis IIl primo strato di quattro particolari di

capo con fasci muscolari e vasi sanguigni.Particolari di piedi, di occhi e mammella(cm. 64x85). In basso a sinistra: “Ant. Serantony deli-

naevit”.

Bibliografia1) Inventario Museo Nazionale Arte Sanitaria.2) Una nuova opera di Pietro Lupi in Avviso librario,«Antologia Romana», n. XVI, 1793, pp. 126-129. 3) Pericoli P., Cavagna Sangiuliani di Gualdano A.,L’Ospedale di S. Maria della Consolazione dalle originiai giorni nostri, (1843-1913) con allegati, Roma, 1879.<https://archive.org/details/lospedaledismari00peri>[10/2015].4) Baggieri G., Storia della medicina frammenti romani,in «Anthropos-iatria», anno XIV 2010, n. 1 pp. 80-92.

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L’ATLANTE ANATOMICO DI AMÉ BOURDON CONSERVATO NELLA SEZIONE BIOMEDICA

DEL MUSEO DI STORIA NATURALE DI FIRENZE

QUADERNO 4 2015: 17-19

Il Museo Anatomico di Firenze, oraparte della Sezione Biomedica del Museodi Storia naturale dell’Università degliStudi di Firenze, conserva importantitestimonianze della ricerca anatomica delpassato, dalla strumentaria scientifica aireperti di Girolamo Segato, dai preparati,tra gli altri, di Mascagni, Pacini e Paga-nucci, fino a un importante fondo librarioantico. Gli Atlanti Anatomici di questa colle-

zione, già appartenuti all’Imperiale RegioMuseo di Fisica e Storia Naturale, istitui-to presso La Specola a partire dall’anno1775, rappresentano un corpus di estremovalore.In particolare, riveste grande interesse

l’Atlante di Amé Bourdon, risalente alXVII secolo (1678). Amé Bourdon, medico e anatomista,

nacque a Cambrai, in Francia, tra 1636 e il1638. Figlio di un ingegnere al serviziodella Corona spagnola, dopo aver studiatoampiamente Medicina, decise di frequen-tare l’università a Douai. All’età di 37 anniiniziò la pratica come medico a Cambrai,

dove esercitò la professione per gran partedella sua vita. Morì nel 1706. L’Atlante Nouvelles tables anatomiques

où sont representées au naturel toutes lesparties du corps humain… Cambray: chezl’auteur Paris: Laurens d’Houry vennedisegnato da Bourdon per il figlio, anch’e-gli intenzionato a studiare Medicina. Composto da otto tavole anatomiche,

rappresenta prima le parti esterne e poiquelle interne del corpo umano. Realizzatecon la tecnica dell’acquaforte dall’incisoreDaniel Le Bossu, le tavole rendono questoatlante particolarmente prezioso, in quantoè uno dei pochi esemplari esistenti a colori(tavole incise e acquerellate): in questa tec-nica incisoria, la lastra di zinco viene rico-perta da un sottile strato di cera d’api, bitu-me o vernice satinata. Successivamente,con uno strumento a punta, si asporta ilmateriale protettivo affinché restino scoper-te le parti che poi verranno stampate; vienepoi isolato il retro della lastra, immergen-dola in acquaforte (acqua e acido nitrico),che, tramite un’azione chiamata “morsura”,corrode le parti della lastra rimaste senza

*Università degli Studi di Firenze, Sezione Biomedica Museo di Storia [email protected] (borsista); [email protected]

Riccarda Bernacchi*Chiara Sali*

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18 ATTI - Giornate di Museologia Medica

protezione. Si tratta, quindi, di un’operazio-ne che richiede grande abilità.Nell’Atlante di Bourdon, le immagini

anatomiche riportano lettere maiuscole eminuscole per indicare le diverse parti delcorpo e i loro particolari, secondo una pras-si che veniva utilizzata frequentemente inpassato, in mancanza di una terminologiaanatomica universale. Le descrizioni corris-pondenti si trovano nell’opera Nouvelledescription anatomique de toutes les par-ties du corps humain, & de leurs usages,avec le cours de toutes les humeurs... dellostesso autore, dedicata al suo mecenate,l’arcivescovo Jacques Theodore de Brias,duca di Cambrai.

Le tavole, che misurano mm. 1036x840,sono costituite da due fogli incollati insie-me, più due fogli parziali che contengonoil testo esplicativo. Ogni foglio fu stampa-to a parte, dal momento che, allora, sarebbestato praticamente impossibile da incideresu una lastra unica di queste di mensioni.Da notare che in alcune illustrazioni,accanto alla figura intera, troviamo collo-cate delle parti anatomiche disegnate sepa-ratamente per meglio evidenziarne i parti-colari. La prima tavola, corredata da titolo, rap-

presenta una vista frontale e posteriore diun corpo maschile in cui sono indicati ipunti di rèpere per l’applicazione delleventose e dei cauteri. La seconda consistein quattro viste frontali del tronco. La terzamostra i visceri addominali e la quarta gliorgani del torace, i genitali e il cervello. Laquinta e la sesta tavola sono rappresenta-zioni delle ossa e dei muscoli; infine la set-tima e l’ottava sono raffigurazioni dei ner -vi e dei vasi sanguigni. Molte delle immagini sono sorprendenti

dal punto di vista artistico: in particolare,il corpo femminile nell’ultima tavola è unadelle poche immagini di donna non gravi-da, che appaia in un atlante anatomico diquesto periodo. Un altro particolare interessante è la

compresenza, sulla stessa tavola, di detta-gli e visioni d’insieme, che mirava a forni-re una rappresentazione del particolare edel generale, risolvendo l’antico dilemmadel rapporto tra resolutio e compositio nel-l’iconografia anatomica. In realtà, questa dicotomia era stata av -

vertita già da Galeno, che nel De usu par-

Atlante di Amé Bourdon, frontespizio, tavola incisa eacquerellata, Cambray, 1678

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tium, con un’impostazione marcatamenteteleologica, si era concentrato sulle partianatomiche composte. Nel De anatomicis,invece, dedicato a chirurghi e medici,aveva insistito sulle parti anatomiche sem-plici. A lungo, i due sistemi iconografici, dis-

settivo e compositivo, si fronteggiaronoapertamente, ma il secondo risultò vincen-te. Gunther von Andernach, ad esempio,seguiva uno schema dissettivo, ma CharlesEstienne, compositivo.L’impostazione analitica, dove il dise-

gno dissettivo non è uno stadio intermedio,ma il fine principale della dimostrazioneanatomica, venne poi, come nell’Atlante diBourdon, a congiungere due tipi di rappre-sentazioni analitiche, quelle di un interosistema anatomico isolato e quelle di sin-goli organi. L’Atlante di Bourdon, quindi, si confi-

gura come simbolo del connubio origina-rio tra arte e anatomia, che ha coinvoltoartisti e anatomisti, che si avvalevano am -piamente nei loro studi dell’illustrazioneper finalità didattiche.

BibliografiaBaccheschi E. et al., Le tecniche artistiche, Mursia,Milano, 2009.Bourdon A., Nouvelle description anatomique detoutes les parties du corps humain, & de leurs usages,avec le cours de toutes les humeurs...., Parigi, 1679.<http://194.254.96.52/main.php?key=ZnVsbHwzM-TYyMnx8 > [09/2015].Ciarocchi A., Breve saggio sulla tecnica dell’incisionedell’acquaforte illustrati dai disegni della maturità,Edizione d’Arte Guelfi, Verona, 1971.D’Orazio A., La tecnica degli incisori, «Athenet online», n. 32, 2010. <http://www.unipi.it/athenet/ -32/art_5.htm> [09/2015].Monzani G., L’incisione sistemi antichi e moderni diriproduzione grafica con tavole a colori e in nero, LaZincografia, Milano, 1915, pp. 23-25. Edizione elettro-nica a cura di Toni Pecoraro, Montefiore Conca, 2010.Premuda L., Storia dell’iconografia anatomica, CibaEdizioni, 1993.Starita B., Xilografia Calcografia Litografia - Manua-le Tecnico, Alfredo Guida Editore, Napoli, 1991 pp.25-60.Histoire de l’anatomie et de la chirurgie, Tomo III,Chez P.Fr. Didot le jeune quais des augustus, Paris,MDCCLXX.Enciclopedia Metodica critico ragionata delle BelleArti dell’Abate Pietro Zani, fidentino, parte I, vol. IV,dalla Tipografia Ducale, Parma, MDCCCXX, pp. 227. Tomasi Tongiorgi L., Sine anatomia non sciemus: unpercorso iconografico, «Athenet on line», n. 32, 2010.<http://www.unipi.it/athenet/32/art_5.htm> [09/2015].

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LE TAVOLE DI ANATOMIA NEL DIZIONARIO DI CHAMBERS

QUADERNO 4 2015: 21-24

Ephraim Chambers, nato a Kendall(Westmorland) nel 1680 e morto a Islingtonil 15 maggio 1740 è noto per essere statonon solo un editore, ma anche e soprattuttoun enciclopedista. Nel 1728 pubblica, infat-ti, a Londra un’opera destinata a ottenere unnotevole successo, la cui traduzione è stataalla base del l’Enciclopedia di Diderot. Iltitolo dell’opera già di per sé è assai espli-cativo, come vediamo anche nell’edizioneitaliana del 1729: Dizionario Universaledel le arti, e delle scienze, che contiene laSpiegazione de’ Termini, e la Descriziondelle cose significate per essi, nelle ArtiLibe rali e Meccaniche, e nelle ScienzeUmane e Divine: le figure, le spezie, le pro-prietà, le produzioni, le preparazioni e gliusi delle cose sì naturali, come artificiali. Nel frontespizio l’autore stesso specifica

che, essendo il fine quello di fornire uncorso di studio della dottrina antica emoderna, all’interno del dizionario sonoriportate le opinioni di filosofi, teologi,matematici, medici, antiquari e critici. Nonconosciamo quali fossero in particolare gliautori che servirono alla redazione dellediverse voci pertinenti la Medicina. Quinoi ci intratteniamo specificamente sul-

l’apparato illustrativo che, abbondante intutti i dodici volumi dell’edizione italiana,soddisfa l’esigenza dimostrativa della voceAnatomia con dieci tavole che rappresen-tano il corpo umano. Il dizionario, chesembra non essere entrato adeguatamentenegli interessi della nostra storiografia,offre una sintesi delle conoscenze medicheall’inizio del XVIII secolo, mentre nonpossiamo negare la capacità didattica eistruttiva di un’opera di tanto larga diffu-sione. Entrando nello specifico delle voci di

interesse medico, è certamente degna dinota la definizione di animale ossia dell’es-sere che, al pari di tutti i vertebrati, è ingrado di crescere e di generare un suo simi-le, ma che, diversamente da essi, è anchecapace di provare sensazioni e di muoversiautonomamente. Il significato letterale deltermine rimanda al fatto che animale ècolui che ha un’anima; ciononostante quil’attenzione è rivolta solo al corpo, vale adire a ciò che è organico e composto divasi, umori, sughi. Il dizionario intende chel’animale si differenzia dal fossile avendoun corpo organico e dal vegetale avendo lesue radici dentro di sé, all’interno del suo

*Università degli Studi dell’Insubria (Varese)[email protected]; [email protected]

Melania Borgo*

Ilaria Gorini*

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intestino, e non già fuori di sé come lepiante. L’animale, poi sarebbe unico nellasua specie poiché ha la particolare abilità diintrodurre la materia del suo nutrimentoattraverso la bocca. L’organo di riferimentoper definire l’animale risulta, quindi, esserela bocca e non già il cuore, i polmoni o ilcervello poiché, secondo l’estensore dellavoce, non ci è dato sapere se tutti gli ani-mali ne sono provvisti dal momento cheegli ne conosce alcuni che hanno sedicicuori, come i bachi da seta, e, a suo parere,ne potrebbero pure esistere di sprovvisti dicuore, polmoni o cervello. È così che inaccordo a questo ragionamento il feto, fin-ché è nel grembo materno, dev’essere con-siderato una vera e propria pianta poiché,pur avendo una bocca, si nutre per mezzodel cordone ombelicale che è costantemen-te attaccato alla placenta della madre comele piante alla terra. Altra caratteristica propria degli animali

è il fatto che nascono dalle uova “e vi sonoinchiusi, quasi in compendio, fin a tantoche la semenza del maschio penetra nellacoperta, e li disserra, e li sviluppa, in guisache diventano opportuni ad uscir fuori”. La vita, un tempo solo in potenza nel-

l’uovo, si attua così nel momento in cuiquesto sugo chiloso entra nei vasi e iniziaa circolare per tutto il corpo, lo nutre, lodilata e lo incrementa fino a diventarerosso e a trasformarsi in quel che siamosoliti definire come sangue.Addentrandoci un po’ di più in quel che

attiene al campo della Medicina, il terminecorpo, secondo il dizionario, potrebbederivare dal fiammingo boode che signifi-ca coperta, involucro, e rimanda pertanto

all’idea che il corpo altro non è che il“tabernacolo dell’anima”. Il corpo intesocome quella parte che, negli animali, sicontrappone all’anima, è composto di ossa,muscoli, canali, sughi e nervi ed è capacedi eseguire diversi moti volontari. Tuttavia,all’interno del corpo, avvengono anche nu -merosi moti involontari come, ad esempio,i movimenti dei fluidi. Ciò che governatutti questi moti è l’apparato principale ditutto il corpo, il cervello che l’autore defi-nisce come uno “stupendo laboratorio”,l’unico vero “motore dell’intera fabbricaumana”.

Efraimo Chambers, Dizionario Universale delle arti, edelle scienze, che contiene la Spiegazione de’ Termini,e la Descrizion delle cose significate per essi, nelle ArtiLiberali e Meccaniche, e nelle Scienze Umane e Divi-ne: le figure, le spezie, le proprietà, le produzioni, lepreparazioni e gli usi delle cose sì naturali, come arti-ficiali, presso Giambattista Pasquali, Venezia 1729, tav.VIII, fig. 2, fig. 3, “Miologia, o de’ Muscoli”

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Il dizionario spiega che per poter “fareanatomia”, vale a dire per poter studiare ilcorpo umano, oltre alla natura e alle causedella vita e della sanità, è determinante lapossibilità di sezionare i corpi, e si intrat-tiene per qualche paragrafo spiegandocome l’Anatomia abbia dovuto superareantiche interdizioni prima di poter affron-tare la sezione del corpo umano nella didat-tica della Medicina. Viene anche ricordatala consultazione tenuta dai teologi di Sala-manca per ordine dell’imperatore Carlo Vquando si disquisì sulla liceità o meno disezionare un corpo morto. Nelle altre voci legate al corpo umano

ed ai concetti di salute e malattia, troviamoespressioni che definiscono la Medicinacome un’arte antica e ne richiamano capi-toli della storia remota. Secondo il dizio-nario, la Medicina può essere suddivisa incinque rami: la fisiologia (che studia ilcorpo umano, le sue parti, la vita e lamorte), l’eziologia (ossia la ricerca dellecause delle malattie), la semeiotica (che haper oggetto i sintomi ed i segni di un corpomalato), l’igiene (che valuta i rimedi pre-ventivi) e la terapeutica (vale a dire lasomministrazione di “materia medica”finalizzata a rimuovere la malattia e arestituire al corpo la salute).Come abbiamo detto sono interessanti

le dieci tavole anatomiche. I temi rappre-sentati sono molteplici. La prima e secon-da tavola sono dedicate allo studio dell’o-steologia. Nello specifico mostrano ilcranio, lo “scheletro d’un uomo vedutodavanti”, il “midollo spinale estratto dallevertebre” nella tavola prima e, nella secon-da, “la schiena veduta in parte”, la “vista

posteriore delle vertebre del collo” e altridettagli di vertebre e ossa craniche, nonchédei denti. Le tavole terza e quarta sonoquelle pertinenti l’angiologia: le arterie e levene con i particolari delle “membranedell’Arteria Aspera separate una dall’al-tra”, un tronco dell’aorta e le ramificazionidella vena porta e della vena cava nel fega-to. Seguono l’immagine di tutte le vene ei dettagli di un “tronco d’una gran Venadissecata”, della “Arteria Pulmonaria neltempo del l’Espirazione” e del “troncodelle Vene Pulmonarie, come è distesonella respirazione”. La quinta e la sesta

Efraimo Chambers, Dizionario Universale delle arti, edelle scienze, che contiene la Spiegazione de’ Termini,e la Descrizion delle cose significate per essi, nelle ArtiLiberali e Meccaniche, e nelle Scienze Umane e Divi-ne: le figure, le spezie, le proprietà, le produzioni, lepreparazioni e gli usi delle cose sì naturali, come arti-ficiali, presso Giambattista Pasquali, Venezia 1729, tav.IX, fig. 4, fig. 5, fig. 6, “Miologia, o de’ Muscoli”

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tavola illustrano la splancnologia e in par-ticolare, in diverse immagini, la cavitàaddominale, lo stomaco e gli intestini. Unafigura mostra “l’Argnone diviso permezzo”, una la vescica, una le membranedell’intestino (quinta tavola). Nella sestatavola abbiamo la figura della “partedinanzi della Vescica, i corpi cavernosi delPene &c.”, la “Parte davanti de’ genitalidella Donna”, la “Parte davanti del Clito-ride”, l’utero nonché il cuore e dettagli deipolmoni, la placenta e il funicolo ombeli-cale. Infine, lo spazio maggiore è dedicatoalla miologia: lo studio dei muscoli occupainfatti quattro delle dieci tavole. La settimamostra tutti i muscoli visibili sulla facciaanteriore, l’ottava “i Muscoli interni delCorpo, che appaiono dopo levati i primi”,infine la nona e la decima tavola offrono leanaloghe immagini della parte posterioredel corpo nonché particolari della cute almicroscopio.

Come non conosciamo la fonte dellesingole voci, così dobbiamo qui rilevareche l’edizione italiana non ci consente disapere chi sia stato l’autore delle tavole; cisi accorge, però, che il disegnatore si ispiròcertamente a quanto appariva già nel piùcelebre atlante di Anatomia come vediamonello scheletro intero che appare nellacelebre posizione della Fabrica di Vesalio.

BibliografiaEfraimo Chambers, Dizionario Universale delle arti,e delle scienze, che contiene la Spiegazione de’ Termi-ni, e la Descrizion delle cose significate per essi, nelleArti Liberali e Meccaniche, e nelle Scienze Umane eDivine: le figure, le spezie, le proprietà, le produzioni,le preparazioni e gli usi delle cose sì naturali, comeartificiali, presso Giambattista Pasquali, Venezia 1729.La scena notomica. Rassegna documentaria sull’ico-nografia anatomica del Cinquecento, «Rivista di Sto-ria della Medicina», 1997, fasc. 2, pp. 85 ss.L. Premuda, Storia dell’iconografia anatomica, Cibaedizioni, Saronno 1993.

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PALEOANTROPOLOGIA, FRENOLOGIA, FISIOGNOMICA E ANTROPOLOGIA CRIMINALE: UN CORPO DI CONOSCENZE

DIMOSTRATO NELLA GRAFICA DEL XIX SECOLO

QUADERNO 4 2015: 25-28

Il dialogo tra il testo e l’immagine nellibro scientifico, come è ben noto, si tra-sformò sostanzialmente nel corso del XIXsecolo in ragione del profondo aggiorna-mento delle tecniche di stampa. I notevolivantaggi delle novità aiutarono anche ladidattica della medicina nella complessitàdel suo svilupparsi sulle diversificate stradedelle nascenti specializzazioni. In questocontributo desideriamo indirizzare la nostraattenzione verso quelle discipline che sta-vano ai margini o addirittura al di fuori del-l’articolato ordinario dei sei anni del corsodi laurea in medicina. Nella seconda metàdell’Ottocento alcune erano già tramontate,mentre altre stavano assumendo unaimportanza riconosciuta anche nella pub-blicistica al di fuori degli ambiti accademi-ci. Sappiamo bene che mentre declinava laeffimera presenza della frenologia, dopo isuoi innegabili successi di inizio secolo, siaffacciavano in medicina ambiti culturalidestinati a più duratura consistenza. Domi-nante sopra tutti gli altri interessi culturalidel tempo – medici e non medici – apparve

l’antropologia criminale di Lombroso chefondò una parte delle sue proposizioniscientifiche proprio sulle immagini a corre-do della trattatistica. Qui di seguito ci sof-fermeremo brevemente su alcuni capitolidimostrativi dell’importanza documentariadel disegno nello studio di queste diversediscipline. Sul confine degli interessi della medici-

na, sulla scorta di quanto stavano propo-nendo le prime teorie evoluzionistiche,alcune personalità scientifiche si avviaronoallo studio degli antichissimi resti umaniche stavano allora venendo in luce e su diessi si andò presto configurando il corpo distudi della paleoantropologia, anch’essocorredato al suo apparire da tavole illustra-tive. Considerando la paleoantropologia, uno

dei suoi primi rappresentanti in Italia puòessere Igino Cocchi (1827-1923), profes-sore di geologia e paleontologia fossilenell’Istituto di Studi Superiori di Firenze.Di lui possiamo ricordare due lavori pub-blicati tra il 1865 e il 1867 nelle Memorie

*Università degli Studi dell’Insubria, Dipartimento di Biotecnologie e Scienze della [email protected]; [email protected]; [email protected]

Federica Borromeo*

Jutta M. Birkhoff*Marta Licata*

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della Società Italiana di Scienze Naturali,nei quali si trattava di resti umani preisto-rici trovati in Toscana. Nella trattazione diargomenti paleoantropologici è innegabileil valore delle illustrazioni a spiegazionedei diversi rilievi osteometrici e craniome-trici. Il corredo di tavole superava il signi-ficato di immagini poste semplicemente aornamento e, a nostro giudizio, la tecnicagrafica nella precisione del disegno potevaben sostituire la riproduzione fotograficache allora già arricchiva la trattatisticascientifica. Proprio nella suggestione delpensiero darwiniano, possiamo scorgereun filo che lega le immagini dei cranineandertaliani con la nascente antropolo-gia lombrosiana e con la teoria dell’atavi-smo che sembrava dimostrabile morfolo-gicamente. Non si possono ignorare lontani precur-

sori di una fiducia nella corrispondenza tracaratteristiche fisiche e personalità, comepure tra la conformazione del cranio e lequalità intellettuali o morali della persona.Per quanto attiene allo studio fisiognomico,occorre ricordare Giovan Battista DellaPorta (1535-1615), artefice di una sorta diarchetipo della disciplina. Nel De humanaphysiognomia (1586) era espressa la teoriasecondo cui sarebbe possibile riconoscerenegli esseri umani le inclinazioni dell’ani-mo attraverso l’analisi dei tratti somatici,confrontando addirittura le immagini del-l’uomo con quelle degli animali. A noi peròinteressa quanto si delineò all’aprirsi delXIX secolo con Franz Joseph Gall (1758-1828) che elaborò una teoria di stampo ana-tomo-fisiologico, fondata sull’associazionedi tutte le funzioni psichiche con specifiche

collocazioni cerebrali. La frenologia, chesosteneva di poter evidenziare la corrispon-denza tra i rilievi sulla teca cranica e lefacoltà mentali dell’individuo, si fece cono-scere anche attraverso un indispensabilecorredo di illustrazioni esplicative delle sueproposte scientifiche. La celebre figura delcranio con ben disegnate, in una topografiaprecisa a vignette anche gustose, le pretesecorrispondenze con i 27 “organi” cerebrali,fu capace di spiegare concetti assai difficil-mente trasferibili al lettore solamente con lefrasi di un testo non illustrato. In Italia, nel1838, Giuseppe Canziani (1815-1849) spie -gò la teoria frenologica con due interessantitavole che mostravano in proiezione fronta-le e laterale il cranio suddiviso in 37 piccolearee. Nello stesso anno, venne pubblicataun’Appendice frenologica a un articolo del

La testa di Eustachio in Appendice frenologica

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“Cosmorama Pittorico”, corredata di tretavole: la prima raffigurante la testa diEustachio, “negro di Santo Domingo”, laseconda riproducente quella del “parricidaMartin”, la terza riportante la “topografiadella testa stabilita da Spurzheim nel 1832”.Non distante dalle presunzioni della dottrinafrenologica stava anche la letteratura dellafisiognomia che sembrò trovare molto con-senso in quello stesso periodo storico. A taleproposito si ricorda il volume di AlexandreDavid L’arte di conoscere gli uomini, chevoleva divulgare la disciplina fisiognomicaattraverso l’utilizzo di gustose vignetteesemplificative che riproducevano volti condiverse espressioni nonché atteggiamentidel corpo identificativi di diverse “mimi-che” (benevolenza, venerazione, fierezza,co raggio).Se ricordiamo che un riconosciuto e -

spo nente della frenologia nell’Italia meri -dio nale fu l’alienista Luigi Ferrarese (1795-1855), dobbiamo considerare che egli erastato anticipatore di alcuni dei concettiaffermati più tardi dall’antropologia crimi-nale lombrosiana. Proprio nell’opera diCesare Lombroso (1835-1909) troviamo ilsenso dell’importanza del l’immagine a cor-redo della trattatistica. Anche Paolo Man-tegazza (1831-1910), inizialmente e poinon più amico di Lombroso, era statoattento alla forza rappresentativa dell’illu-strazione come ci chiarisce opportunamen-te, in questo stesso volume, Jessica Mura-no. Ma troviamo soprattutto nell’opera diLombroso una straordinaria ricchezza diriproduzioni fotografiche di soggetti entratinella trattazione. Tuttavia, qui non ci intrat-terremo su questi capitoli già ampiamente

conosciuti e ci limiteremo a ricordare il suostudio dei tatuaggi che non poteva rinun-ciare alla dimostrazione fotografica. Nel1897, l’Atlante a corredo della quinta edi-zione de L’Uomo Delinquente, in quattrovolumi, illustrava anche un gran numero ditatuaggi rilevati su soggetti criminali. Giàstudiosi francesi come Auguste AmbroiseTardieu (1818-1879) avevano evidenziatoil tatuaggio come un utile elemento diidentificazione ai fini dello smascheramen-to di un autore di reato. Il criminologoAlexandre Lacassagne (1843-1924), attra-verso una fine indagine sistematica, ana-lizzò più di 1.300 tatuaggi di soggettiappartenenti al secondo battaglione d’Afri-ca e a reclusi in istituti penitenziari militari,costituendo un importante documento ico-nografico per la disciplina antropologica.

A. Lacassagne, Les Tatouages..., esempio di tatuaggio

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Lacassagne riprodusse nelle pagine delsuo volume i tatuaggi analizzati attraversoun semplice tecnica: applicava una tela tra-sparente sulla parte anatomica tatuata,ricalcando i contorni del disegno con unamatita. Succes sivamente, la tela veniva poggiata

su un foglio bianco di carta e si ripassavanoi tratti del disegno attraverso l’inchiostroblu o rosso, a seconda che il tatuaggio pre-sentasse l’una o l’altra colorazione. Termi-nato questo passaggio, la tela era collocatasu un cartoncino, sul cui retro erano indica-te tutte le caratteristiche del disegno. Venne così stilato un corposo elenco di

diverse categorie di tatuaggi, i cui sogget-ti erano rappresentati da simboli patriotti-ci o religiosi, strumenti professionali,scritte o frasi, metafore espresse perimmagini, simboli militari, storici, eroticio fantastici.

BibliografiaArmocida G., Zanobio B., Storia della medicina, Mas-son, Milano, 2002. Canziani G., Principii elementari di frenologia, coitorchj di Gaspare Truffi, Milano, 1838.David A., L’arte di conoscere gli uomini. Il piccoloLavater e Dottor Gall, Francesco Pagnoni, Milano,1860.Falconi B., Sassi A., Igino Cocchi, pioniere negli studidi paleontologia umana, «Rivista di Storia della Medi-cina», 1-2, 2011, pp. 165-170.Ferrarese L., Memorie risguardanti la dottrina freno-logica ed altre scienze che con essa hanno stretto rap-porto, Francesco Del Vecchio, Napoli, 1838.Licata M., Le ricerche antropometriche di Abele DeBlasio: un protagonista degli studi di craniologia negliultimi anni dell’Ottocento, «Biografie Mediche», n. 1,2013, pp. 28-30.Lacassagne A., Les Tatouages: étude anthropologiqueet médico-légale, J.B. Baillière et fils, Parigi, 1881.Montaldo S., Tappero P., Il Museo di Antropologia cri-minale “Cesare Lombroso”, Utet, Torino, 2009.Appendice frenologica ad un articolo del CosmoramaPittorico sulla testa d’Eustachio il negro di SantoDomingo, coi tipi di P.A. Molina, Milano, 1838.

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LE SCHEDE DIDATTICHE DELLA COLLEZIONE DI ODONTOIATRIA DELL’UNIVERSITÀ DI TORINO

QUADERNO 4 2015: 29-32

L’importanza del patrimonio storicostrumentale di una collezione scientificapassa attraverso una lettura interpretativadell’evoluzione tecnologica e quindi dellastoria della disciplina che non può prescin-dere da altre fonti di conoscenza, quali testie manuali, materiale pubblicitario, docu-mentazione di archivio, cataloghi di pro-duttori e tutte quelle fonti di notizie e studiche contribuiscono alla storia della materia. Le schede esposte presso la Collezione

Storica di Odontoiatria della Dental Schooldell’Università di Torino furono realizzateutilizzando materiali grafici e destinate alladidattica. Fanno parte di oltre settecentocartelle composte a partire dagli anni Tre-nata del Novecento dal professor LuigiCasotti e rappresentano un singolare esem-pio di valorizzazione del bene culturale.

AutoreCasotti Luigi (progettista-costruttore)

(1891-1959)Il professor Casotti fu uno dei più attivi

storici dell’Odontoiatria con oltre 150 pub-blicazioni inerenti la materia. Nato a Torinonel 1891 appartenne a una famiglia di den-tisti attivi dalla metà dell’Ottocento. Lau-reatosi in Medicina e Chirurgia a Padova

nel 1917, nel 1931 ottenne la libera docenzain Odontoiatria e Protesi dentaria che eser-citò a Torino. Con l’istituzione nel 1947della scuola di spe cializzazione di Odon-toiatria, su invito dell’allora direttore profes-sor Dino Roccia, iniziò un corso regolare diStoria dell’Odontoiatria.

FunzioneNel 1948 costituì il Museo Archivio di

Storia della Stomatologia per fornire i ne -cessari supporti informativi agli studenti.L’idea di Casotti fu quella di realizzare

in modo originale schede didattiche cheebbero la funzione di stimolare l’interessee la curiosità con l’intento di appassionarelo studente nel cammino formativo versola futura professione.

CategoriaStoria, Odontoiatria, protesi, biografie.

Materia e tecnicaLe schede, realizzate in modo artigiana-

le ma con geniale inventiva, furono impie-gate come strumento idoneo a soddisfarel’utenza di allora; esse sono costituite dacartoncini ocra e grigi di varia misura suiquali sono applicati differenti materiali. Su

*Dental School-Università degli Studi di Torino, Collezione Storica di [email protected]

Valerio Burello*

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30 ATTI - Giornate di Museologia Medica

questi supporti sono state unite immaginifotografiche, disegni, scritti autografi, pa -gine dattiloscritte ritagliate in vari formati,strumenti chirurgici, protesi originali eriproduzioni protesiche. Queste ultimefurono eseguite utilizzando differenti ma -teriali, quali legno, fili di seta e metalli.

Tipologia e descrizioneIn dettaglio queste schede riguardano tre

campi di interesse storico: Strumenti, Pro-tesi e Profili biografici.Esse illustrano, attraverso immagini,

oggetti e descrizioni, l’evoluzione deglistrumenti e della protesi dentaria, traccian-do parallelamente profili biografici deipionieri dell’Odontoiatria. La parte retro-stante di ogni scheda presenta la descrizio-ne e una breve storia relativa all’argomen-to al verso; i differenti testi sono tratti dallepubblicazioni del Casotti apparse sulleriviste dell’epoca.STRUMENTILa Collezione esposta è composta da

schede inerenti a strumenti chirurgici.Su ognuna è tracciata la descrizione

dello strumento ed è inserita la fotografiadi pertinenza. Sul retro compaiono le notebibliografiche.A titolo esemplificativo ne sono citate

alcune.– Tenaglie anticheIl cartoncino reca una fotografia nella

quale sono documentate quattro pinze perestrazione dentaria con manici di avorio;sono applicati ritagli di fogli dattiloscrittiusati come didascalie: Antiche tenaglie,Fine ’700 princ. ’800, Pinza a tre manici.

Sul lato posteriore è incollata una paginadattiloscritta dal titolo Settecento. Il testo èripreso da un articolo dell’autore pubblica-to nel 1930 su «La Cultura Stomatologi-ca». La descrizione evidenzia come in quelsecolo gli strumenti chirurgici fosseromolto ricercati dal punto di vista ornamen-tale, infatti sia la foggia che gli elementi inavorio applicati ai manici fanno risaltarel’elegante bellezza dell’oggetto.- Pellicano La scheda riporta l’immagine dello stru-

mento chirurgico. Al di sotto della fotogra-fia le scritte: PELLICANO (XVIII secolo)e “Strumento per estrazione dentale”. Aldorso la descrizione particolareggiata dellostrumento. La scheda aveva la funzionede scrittiva dell’oggetto presumibilmentecollocato al suo fianco, uno di questi furiprodotto in modo tale da poterlo maneg-giare al posto dell’originale.

- Chiavi Una fotografia ritrae quattro strumenti

contrassegnati da lettere alfabetiche. Al disotto, CHIAVI INGLESI O DI GARENGEOT

Antiche tenaglie (XVIII secolo)

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ATTI - Giornate di Museologia Medica 31

per estrazione dentale, al lato sinistro “afoggia delle comuni chiavi”, a destra “per-fezionate”. Al verso la descrizione e la cita-zione bibliografica del testo. Le fotografie riportate sulle schede do -

cumentano uno o più strumenti che furonodonati dal Casotti negli anni Trenta all’U-niversità di Torino e al museo dell’IstitutoEastman di Roma.PROTESIL’insieme delle schede dedicate alla

protesi costituisce un percorso attraversoalcuni periodi storici significativi a partiredall’antichità per giungere all’inizio delNovecento. Il periodo antico è presentato a partire

dalla scheda che documenta il codice diHammurabi per proseguire con quella ri -

guardante le ferule fenicie ritrovate a Sido-ne, fino a giungere ai reperti di epoca etru-sca. Per documentare questi ultimi il pro-fessor Casotti realizzò copie fedeli deimanufatti etruschi conservati presso idiversi musei nazionali, li riunì su schedeunendo le note descrittive. Le copie sonoallestite con una lega d’ottone, denti umaniadattati o, al loro posto, legno dipinto. Il periodo successivo è rappresentato da

un insieme di schede che documentano ilcontributo alla protesi fornito dall’opera diAmbroise Paré. Su queste sono applicatedue riproduzioni di otturatori palatini eprotesi a somiglianza di quelle in avorio efotografie che riproducono le tavole deltesto originale.Il XVIII secolo rappresenta una tappa

fondamentale per la storia dell’Odontoiatriadovuto a Pierre Fauchard grazie all’operaLe Chirurgien Dentiste. Casotti realizzòuna scheda riguardante l’argomento espo-nendo su cartoncino due fotografie: l’im-magine dell’autore tratta dall’antiporta delprimo volume e la tavola 34 del secondounendo la riproduzione di cinque protesi. Analogamente è confezionata la cartella

dedicata al dentista fiorentino AntonioCampani che riguarda sei riproduzioni diprotesi i cui originali appaiono nella tavola35 e descritte a pagina 247 del testo Odon-tologia ossia trattato intorno ai denti, pub-blicato nel 1786. Sulle schede relative all’Ottocento furo-

no applicate diverse protesi autentiche inavorio, caucciù e celluloide, corredate dadescrizione al verso, oltre a vari tipi didenti in porcellana e una immagine cheritrae i denti terro-metallici fabbricati da

Scheda su Pierre Fauchard (1690-1761)

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32 ATTI - Giornate di Museologia Medica

Giuseppangelo Fonzi. L’opera del Fonzi èdi grande importanza nella storia dellaOdontoiatria. Altre schede riportano svariati tipi di

denti di porcellana impiegati per la confe-zione di protesi tra fine Ottocento e inizioNovecento. PROFILI BIOGRAFICILe biografie degli autori (tra i più

importanti in ambito odontoiatrico) sonoriportate sulle cartelle riguardanti l’evolu-zione della protesi.Altre biografie furono redatte per evi-

denziare i profili di pionieri dell’Odontoia-tria piemontese succedutisi nell’arco di unsecolo, dalla fine del Settecento alla finedell’Ottocento.Alcuni di questi personaggi hanno rile-

vanza nazionale in quanto si adoperaronoper sostenere ed elevare la professione del-l’arte dentaria indirizzandola verso l’obbli-go degli studi in ambito universitario. Inqueste schede, protette da vetro, sono inol-tre presenti l’immagine del personaggiodescritto e l’indicazione topografica dellasede operativa.

ConclusioneNelle carte facenti parte del lascito del

professor Luigi Casotti è stato reperito undocumento autografo redatto nel 1958, unanno prima della sua scomparsa. In esso

compare un sommario elenco del materialedidattico in oggetto, sono altresì riportati inomi delle persone alle quali fu affidato alfine di dare continuità all’opera da luiintrapresa.Oggi, grazie alla loro tutela e allo spazio

espositivo disponibile, sono apprezzati nonsolo come testimonianze destinate alla con-servazione della memoria ma come sup-porti didattici che, affiancati ad altri oggettie strumenti, completano i percorsi istruttivivoluti dall’insigne storico della Medicina.

Bibliografia Bellagarda G., L’attività storico-scientifica di LuigiCasotti, «Minerva Medica», 1984, 73, 44, 2695-2704.Burello V., L’eredità storico scientifica di Luigi Casot-ti, in Galluppi F. (a cura di), «Atti Giornata di StudiStorici SISOS», Chieti, 1994, pp. 41-48.Burello V. et al., La Collezione Storica di Odontoiatriadi Torino, in: Zampetti P. (a cura di), Atti XII Congres-so Nazionale SISOS, Torino, 2010, pp. 56-59.Galloni M. et al., L’Odontoiatria nell’Archivio Scien-tifico e Tecnologico, in Burello V. (a cura di), Le Col-lezioni di Odontoiatria, Quaderni di MuseologiaMedica, Torino, 3, 2014, pp. 35-38.Vannozzi F., Esperienze didattiche universitarie construmentaria storica odontoiatrica, in Burello V. (acura di), Le Collezioni di Odontoiatria, Quaderni diMuseologia Medica, Torino, 3, 2014, pp. 89-92.Zina Vignotto F. - Galloni M. (a cura di), Beni Cultu-rali in ambiente medico chirurgico censimento pressogli ospedali piemontesi, «Giornale della Accademia diMedicina di Torino», CLVIII, 1995, pp. 102-104.

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LE TAVOLE DIDATTICHE DEL MUSEO ANATOMICO “LEONETTO COMPARINI” DELL’UNIVERSITÀ DI SIENA

QUADERNO 4 2015: 33-36

La collezione e la figura del disegnatorescientifico Il Museo anatomico dell’Università di

Siena conserva una raccolta di circa 600tavole anatomiche datate tra la fine del XIXsecolo e gli anni Novanta del XX, ovverofino a quando il disegno manuale ha incon-trato la grafica computerizzata. Si tratta ditavole che sono state regolarmente utilizza-te per l’insegnamento dell’Anatomia e chedal punto di vista dei materiali si possonosuddividere in due grandi nuclei: quelle inmateriale cartaceo e quelle su pannelloligneo. Le prime sono quelle più antiche eancora oggi sono conservate nel proprio“cassone”, così è in uso chiamarlo, acqui-stato nel 1908. L’arredo storico, probabil-mente commissionato su misura, è in legnodi abete, praticabile da due ante e suddivisointernamente in sei ripiani tematici:I: Istologia e Fisiologia generale;II: Embriologia;III: Apparato digerente;IV: Apparato urogenitale;V: Apparato respiratorio;VI: Sistema nervoso.Le tavole realizzate su supporto ligneo

risalgono agli anni Sessanta-Ottanta delNovecento e sono invece conservate in un

mobile costruito appositamente nei primianni Settanta e dove vengono inserite perscorrimento in verticale. Era compito del tecnico dell’Istituto di

Anatomia predisporre l’aula per la lezione:il docente comunicava al tecnico l’argo-mento che avrebbe trattato e questi affig-geva le relative tavole su un’assicella dilegno attaccata alla parete o direttamentealla lavagna, utilizzando delle puntine dadisegno. Il docente con una bacchettadescriveva i soggetti e conduceva così lalezione. Le tavole del “cassone” infattipor tavano con sé le tracce dell’uso quoti-diano, in molti casi presentavano strappi emolti buchi sulla parte alta. Tale situazioneportò alla scelta di passare dalla carta allegno di compensato.Nel 1952 venne assunto presso l’Istituto

di Anatomia l’ultimo tecnico dissettore,Daniele Mulinacci, che vi prestò serviziofino al 1992. La dissezione, come esercita-zione dell’insegnamento di Anatomia, nonè stata più praticata dal 1978 per compren-sibili ragioni nel reperimento dei cadaveri,nonostante la forte valenza didattica cheessa aveva sugli studenti. Da allora l’usodei modelli, dei preparati e delle tavoledivenne ancora più rilevante. Nel 1952 era

*Università di Siena, Centro servizi CUTVAP (Tutela e Valorizzazione Antico Patrimonio scientifico)[email protected]

Angela Caronna*

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34 ATTI - Giornate di Museologia Medica

già presente un nucleo di tavole, di mani eformati diversi, realizzate da disegnatorioccasionali e commissionati dai docenti diAnatomia. I soggetti rappresentano partidel corpo umano anche in microscopia,ritratti dall’osservazione dei vetrini. A par-tire dai primi anni Sessanta le commissionidi disegno anatomico vennero affidate a ununico disegnatore che lavorava in strettocontatto col docente: Anna Maria D’Erri-co. I lavori da lei realizzati hanno unamano inconfondibile, per il formato, la tec-nica e la precisione nell’esecuzione.Anna Maria D’Errico cominciò a lavo-

rare negli anni Sessanta su commissionedel professor Elio Bagnoli che le chiese diriprodurre una sezione di arti conservati informalina. Lei con un vetro appoggiato alcontenitore riprendeva i contorni che poiavrebbe dovuto colorare, ma l’aspetto rea-

listico dei preparati era compromesso dallasostanza in cui erano immersi che si pre-sentavano in soli due colori: marrone chia-ro e marrone scuro. Così si esercitò su unossobuco e riprodusse attentamente le tra-becole dell’osso, il muscolo in sezione etutti i particolari che il preparato impedivadi mettere in rilievo. Il lavoro fu così pre-ciso e dettagliato che piacque molto al pro-fessore, e la D’Errico cominciò così la sualunga e impegnativa carriera di disegnatorescientifico presso l’Ateneo senese. Halavorato tanto per diversi docenti: Bertelli,Comparini, Bastianini, Fruschelli, e nonsolo nell’ambito dell’Anatomia umana maanche per le Scienze naturali, la Statistica,ecc. Erano gli anni in cui il computerancora non esisteva nel mondo accademi-co per cui o un docente sapeva disegnareoppure doveva ricorrere a qualcuno. I suoidisegni venivano impiegati soprattutto perla didattica in aula ma spesso anche per lepubblicazioni scientifiche. Le tecniche dalei utilizzate erano l’acquerello, il pastello,la tempera, e anche il pennarello che peròabbandonò presto data l’estrema volatilitàdei colori all’anilina che si alteravano conil tempo per l’esposizione alla luce. Cerca-va inoltre di conferire un cromatismo gra-devole e una composizione facilmente leg-gibile anche alla distanza. Eseguiva ledidascalie inizialmente con normografipassando poi ai trasferibili che davano ailavori un aspetto ancor più professionale. Isoggetti erano in genere ripresi dalle tavoledei più importanti manuali di anatomia(Bairati, Pernkopf, Sobotta, Valenti Bertel-li) o di testi a volte non in dotazione deglistudenti e vi apportava le modifiche neces-

Retrocavità degli epiploon, tavola didattica, Museoanatomico “Leonetto Comparini”, Università di Siena

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ATTI - Giornate di Museologia Medica 35

sarie basate sull’interpretazione del docen-te interessato: spesso per lo stesso ‘pezzo’doveva usare tante immagini e ancheseguire la descrizione di chi certi ‘pezzi’ liaveva visti dal vivo. Riceveva commissio-ni anche per tavole da proiettare in diapo-sitiva: la tecnica era diversa dato che talidisegni dovevano essere ben percepibili dalontano e quindi dovevano avere colorimolto forti, contorni ben marcati, il fondoscuro. Grazie a un suo precedente lavoroper un cartone animato (Calimero) in cuidisegnava i fondali, era capace di fare ani-mazioni sovrapponendo i lucidi. Era infattiuna professionista che si adeguava facil-mente alle nuove tecnologie: utilizzava loscanner per l’acquisizione delle immaginiche poi reinterpretava per rispondere alleesigenze del docente, ma con l’arrivo della

tavoletta grafica e Photoshop cominciò perlei un nuovo periodo: era come ritornare aldisegno quando usava matita e pennelloperché anche nella grafica computerizzatabisogna saper disegnare, conoscere la pro-spettiva, avere il senso del colore e perce-pire cosa può essere più piacevole per chiguarda, e di conseguenza efficace per l’ap-prendimento.

Il recupero della collezioneUna prima operazione di recupero

venne intrapresa nel 2008 con il riordino el’inventariazione delle prime 449 tavole,adottando una scheda semplice che ripor-tava i seguenti dati: numero antico e attua-le di inventario, titolo, nome del disegna-tore, dimensioni, stato di conservazione,datazione, data compilazione scheda, nomi

Rene sinistro, faccia anteriore, tavola didattica, Museo anatomico “Leonetto Comparini”, Università di Siena

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36 ATTI - Giornate di Museologia Medica

compilatori, collocazione attuale. Venneinoltre effettuata una ripresa fotografica diciascuna tavola. Tale intervento ha portatoalla pubblicazione di un piccolo inventarioa cura di Francesca Vannozzi, edito dalleEdizioni Cantagalli di Siena nel 2009.Nel corrente anno, grazie alla collabora-

zione di due stagiste della Società DanteAlighieri-Comitato di Siena, le tavole sonostate oggetto di una ulteriore ricerca e siste-mazione, che ha portato alla luce un altronucleo della raccolta che oggi ammonta acirca 530. Le ricerche condotte sugli inven-tari storici hanno permesso una più accura-ta datazione delle tavole; alcune mancantidi soggetto sono state identificate; infine lepiù rovinate sono state sottoposte a unintervento di restauro conservativo: inizial-mente sono state pulite a secco mediantespolveratura effettuata con pennelli e pannomorbido, dopodiché si è proceduto allasgommatura, cioè alla cancellazione legge-ra della superficie della carta, evitando leparti disegnate, per alleggerire l’alone gri-gio provocato dalla polvere nel tempo; nel

caso di sporco molto evidente sono statetamponate con cotone inumidito d’acquademineralizzata o con l’aggiunta di deter-gente a ph neutro; una volta ripulita lacarta, si è proceduto a rinforzare gli strappie i fori presenti nelle tavole, con pezzi dicarta giapponese, messi sul retro in corri-spondenza delle rotture e passati a pennellocon colla Tylose, precedentemente prepara-ta diluendola in acqua calda (1:10). Ogniintervento è stato documentato redigendoun’apposita scheda di restauro corredataanche da immagini fotografiche delle varifasi di lavoro.Il passo successivo, e tutt’ora in corso, è

la catalogazione secondo gli standard dell’I-stituto Centrale del Catalogo e della Docu-mentazione (ICCD) che mette a disposizio-ne il sistema informatico SigecWeb e iltracciato D (Disegni). Si tratta di sperimen-tare questo tracciato, nato per disegni arti-stici e tavole iconografiche, in contestiscientifici di didattica che sicuramenteavrebbe bisogno di campi più specifici perraccogliere le informazioni.

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LE TAVOLE DI GIOVANNI PAOLO MASCAGNI NELLA SALA DEL MASCAGNI

DEL MUSEO ANATOMICO DI MODENA

QUADERNO 4 2015: 37-41

A Modena l’insegnamento della Medi-cina nello Studio pubblico, che dipendevadal Comune, è documentato in uno Statu-to del 1328, circa 150 anni dopo che nel1175 lo Studio aveva preso l’avvio. Il corso iniziò l’anno seguente e l’inca-

rico di primo lettore fu affidato a PietroDella Rocca che salì a grande notorietà peressere stato medico del re Giovanni diBoemia e dell’imperatore Carlo IV e la cuiarca sepolcrale è collocata nel MuseoLapidario Estense.La riorganizzazione dello Studio pubbli-

co avvenne nel 1681 con la stipula di unaconvenzione tra la Comunità e la Congre-gazione di San Carlo che prevedeva tregruppi di insegnamenti: oltre a Medicina,Giurisprudenza, Teologia e Filosofia. Fuinaugurato l’anno seguente con un discor-so ufficiale del medico Ber nardino Ramaz-zini alla presenza del duca Francesco IId’Este.Si deve al duca Francesco III una radi-

cale riforma dell’Università con la promul-gazione nel 1772 dei quindici titoli delle

Costituzioni per l’Università di Modenache prevedevano un Magistrato sopra gliStudi e l’organizzazione degli insegna-menti in quattro classi: oltre a quella medi-ca, la teologica, la legale e quella di filoso-fia e delle arti. Per poter dare compiuta attuazione alla

riforma nel 1773 fu chiamato da Padovaper l’insegnamento della Chirurgia e del -l’Anatomia il venticinquenne AntonioScarpa, discepolo di Giovan Battista Mor-gagni, a cui si deve l’aver coordinato ilprogetto per la costruzione del Teatro Ana-tomico nel recinto del Grande Spedale diSant’Agostino, che fu realizzato in pocopiù di un anno e inaugurato il 23 gennaio1775 con una lezione in latino dello stessoScarpa, come ricorda Il Messaggiere diModena del 25 gennaio 1775. Grazie a Scarpa al Teatro fu annesso un

Gabinetto Ostetrico per la Scuola dei Chi-rurghi Ostetrici che fu aperta con il soste-gno del Magistrato sopra gli studi contem-poraneamente a quella separata dellele vatrici già alla fine del 1775, all’inizio

*Università di Modena e Reggio [email protected]

Elena Corradini*

Valerio Canè*

Anto De Pol*

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38 ATTI - Giornate di Museologia Medica

del nuovo anno accademico, l’11 dicem-bre 1775, con un “dotto ragionamento”ricordato ancora una volta ne Il Messag-giere del 13 dicembre 1775.Dopo la Restaurazione, grazie al contri-

buto dell’arciduca Francesco IV d’AustriaEste, l’edificio del Teatro Anatomico eGabinetto Ostetrico fu ampliato con lacostruzione di un piano al di sopra perospitare il Museo Anatomico e alcunescuole, che furono arricchite di strumenta-zioni chirurgiche e ostetriche come silegge in un’iscrizione dettata da SantoFattori, allora docente di Anatomia, e col-locata al di sopra dell’ingresso del TeatroAnatomico. I lavori per una prima sala,attualmente corrispondente alla terza, ter-minarono nel 1822. Fu dotata delle grandivetrine ancora oggi conservate e dedicata

agli organi interni, alle preparazioni rela-tive agli apparati digerente, respiratorio,circolatorio, escretore e riproduttore: i pre-parati anatomici, sotto la supervisione diFattori, venivano realizzati dal dissettoreManni in collaborazione con Antonio Ric-cardi. Il numero dei preparati continuò adaccrescersi con Alfonso DomenicoBignardi che, succeduto a Fattori, dopo lamorte di questi nel 1819, nell’insegna-mento dell’Anatomia, poté avvalersi diGiuseppe Generali come dissettore a par-tire dal 1832. È lo stesso Generali, a cui fuaffidato l’insegnamento dell’Anatomia nel1837 dopo la morte di Bignardi, e che siavvaleva di Gioachino Sereni come dis -settore, che ricorda in una sua Memoriadello stesso anno 1846 come il moltipli-carsi di centinaia di preparati di Anatomia

Le tre sale del Museo Anatomico dopo l’ampliamento del 1839-40 in G. Sereni, Teatro e museo di anatomia inModena, «Il Mondo illustrato», 1847

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ATTI - Giornate di Museologia Medica 39

fisiologica o patologica rendessero neces-sario un ampliamento del museo che lostesso arciduca Francesco IV approvòdopo averlo visitato. Tra il 1839 e il 1840vennero realizzate due sale simmetriche,

l’attuale seconda e quarta sala, separatedalla prima da un intercolumnio, chefurono dedicate rispettivamente la secon-da ai preparati artro-miologici, ossia agliorgani di senso con la relativa componen-te muscolare, e la quarta agli organi disenso, alla neurologia e all’embriologia,all’anatomia patologica, alla teratologia,con alcuni preparati di anatomia com -parata. Nel mezzo della sala centrale fuinserita una vetrina, tuttora conservata,per consentire una più adeguata visibilitàai preparati anatomici di dimensioni piùridotte. Fin dal 1837 aveva collaborato con

Generali, in qualità di dissettore, PaoloGaddi che dal 1841 lo sostituì nell’inse-gnamento dell’Anatomia.A Gaddi, che dedicò particolare atten-

zione all’allestimento delle sale anatomi-che annesse al Museo e alla loro igiene insuo dettagliato testo del 1864, si devonosignificativi interventi di ristrutturazionedell’edificio che ospitava il Teatro Anato-mico e il Museo di Anatomia, sia perquanto atteneva ai locali della scuola diMedicina, sia per la realizzazione di unlaboratorio a pianterreno, presumibilmentein corrispondenza dell’attuale sala a sini-stra del Teatro Anatomico, che fu correda-to di armadi pieni di strumenti. In partico-lare Gaddi effettuò l’ultimo e significativoampliamento del Museo Anatomico conuna quarta sala realizzata davanti alle altree corrispondente all’attuale prima sala diingresso al Museo, che fu dedicata ai pre-parati osteologici, e con una quinta sala,oggi purtroppo adibita a deposito, dedicataa Paolo Mascagni.

Paolo Mascagni, Anatomiae Universae Icones, Corpo-ris umani facie adversa stratum secundum, tav. I, II, III

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40 ATTI - Giornate di Museologia Medica

Come ricorda l’iscrizione collocata nellalunetta al di sopra della porta del Museo,dettata da Celestino Cavedoni bibliotecarioe archeologo al servizio degli Estensi, ilMuseo nel suo ampliamento definitivo,sostenuto ancora una volta dagli arciduchiAustro-Estensi, in particolare da France-sco V, figlio e successore di Francesco IV,venne riaperto al pubblico nel 1854, inoccasione della Triennale Esposizionedelle Belle Arti che si teneva presso l’Ac-cademia Atestina delle Belle Arti, in unsignificativo connubio tra arte e scienza acui gli Austro-Estensi si dimostrarono par-ticolarmente attenti e di cui diedero provetangibili: basti ricordare che Francesco IVnel 1827 aveva ceduto all’Università il tor-rione di destra del suo seicentesco PalazzoDucale perché fosse trasformato in Osser-vatorio Astronomico e si compiaceva diaccompagnare gli ospiti illustri in visitaalle opere d’arte del suo palazzo così comeai significativi strumenti di cui era statodotato l’Osservatorio, soprattutto grazieall’illustre scienziato Giovanni BattistaAmici. È proprio Gaddi che nello stessoanno 1854 ci ha lasciato un Ricordo del-l’allestimento del Museo in quatto “com-partimenti” o sale, corrispondenti alleattuali, precisando come la memoria deidue arciduchi d’Austria Este fosse visibil-mente presente nel Museo. In fondo alMuseo, di fronte alla porta di ingresso,perché fosse immediatamente visibile a chientrava, era collocato un busto di France-sco IV, opera dello scultore Giuseppe Pisa-ni, docente all’Accademia Atestina diBelle Arti, posto al di sopra di una colonnascanalata con la scritta in caratteri dorati

FUNDATORI: questo fu il primo museorealizzato a Modena. Sopra la porta cheimmetteva invece nella sala minore dedi-cata a Paolo Mascagni era collocato ilbusto di Francesco V, opera dello scultoreLuigi Righi, a memoria dell’ampliamentodel museo che aveva reso possibile: avevaal di sotto la scritta, sempre in caratteridorati, AMPLIFICATORI.La realizzazione della sala del Masca-

gni era stata resa possibile nel 1852, allor-ché era stata demolita la scala realizzatadopo il 1815 per collegare il Teatro Ana-tomico con il piano superiore che era statocostruito per ospitare le Scuole Mediche eil Museo Anatomico: come collegamentodel pianterreno con il piano superiore erainfatti stata costruita la scala con gradiniin marmo tuttora esistente.Nella sala di Mascagni Gaddi aveva

previsto un allestimento con le granditavole anatomiche a colori stampate daincisioni su rame realizzate da AntonioSerantoni che rappresentavano in formanaturale un uomo adulto alto cm. 175.Appartenevano alla monumentale opera diPaolo Mascagni Anatomiae universae ico-nes, pubblicata postuma, dopo la sua morteavvenuta nel 1815, dallo stampatore pisa-no Niccolò Capurro in nove fascicoli, unoper anno, dal 1823 al 1832, per un totale di88 tavole di cui 44 a colori e il loro equi-valente a fronte in bianco e nero, grazie atre professori dello Studio pisano, A. VaccàBerlinghieri, G. Barzellotti e G. Rosini. Seidelle tavole, come ricorda lo stesso Gaddi,si trovavano già nella stessa sala a corredodi “ricche serie di finissime iniezioni dellearterie e vene capillari nei diversi tessuti

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ATTI - Giornate di Museologia Medica 41

organici” che erano collocate “entro dodicicassettoni a cristallo”. Quattordici tavole del Mascagni sono

state di recente recuperate dai depositi del -l’Ateneo e collocate nella sala riunioni e nelcorridoio antistante del Dipartimento Chi -rurgico, Medico, Odontoiatrico e di ScienzeMorfologiche con Interesse Trapiantologi-co, Oncologico e di Medicina Rigenerativa,in attesa di essere adeguatamente ricollocatenella sala del Mascagni del Museo Anato-mico, così come è stato fatto all’Universitàdi Pisa dove nell’ambito del Museo di Ana-tomia umana “Filippo Civinini” è stata alle-stita la Galleria Mascagni.

BibliografiaCorradini E., Percorsi di valorizzazione per i MuseiAnatomici di Modena: il Museo Ostetrico, il MuseoAnatomico, il Museo Etnografico Antropologico e ilMuseo di Medicina Tropicale, «Museologia Scientifi-ca», 5, nn. 1-2, 2011, pp. 97-108.Corradini E., Nascita e sviluppo dei Musei Anatomicidi Modena tra Settecento e Novecento. Il Museo Oste-trico, il Museo Anatomico, il Museo Etnografico

Antropologico e il Museo di Medicina Tropicale,«Journal of History of Medicine. Medicina nei secoli.Arte e scienza», 2015, pp. 441-478.Di Matteo B. et al., Art in Science: Giovanni PaoloMascagni and the Art of Anatomy, «Clinical ortho-paedics and related research», Springer, 2014,<http://www.researchgate.net/publication/266029383>[09/2015].Di Pietro P. et al., L’insegnamento dell’Anatomia nelloStudio modenese e l’Istituto di Anatomia Umana Nor-male, in «Pubblicazione dell’Istituto di anatomiaumana normale dell’Università di Modena», STEM,Modena, 1971, pp. 5-43.Gaddi P., Ricordo per chi visita il Museo Anatomicodella R. Università degli Studj in Modena, aperto alpubblico ricorrendo la Triennale Esposizione delleBelle Arti l’anno 1854, Modena, 1854.Gaddi P., Le sale anatomiche nei loro rapporti collascienza e coll’igiene. Nota del Prof. Cav. Paolo Gaddiletta alla R. Accademia di Scienze, Lettere ed Arti inModena nell’adunanza della Sezione d’Arti tenuta nel10 aprile 1863, Soliani, Modena, 1863.Gaddi P., Il Museo Etnografico-Antropologico della R.Università di Modena. Relazione del Sig. Prof. Cav.Paolo Gaddi letta nell’Adunanza del 13 Gennajo1870, Soliani, Modena, 1870.Generali G., L’Università degli Studj ed il Teatro Ana-tomico. Memoria del dottor Giuseppe Generali, ErediSoliani, Modena, 1846.Sereni G., Teatro e museo di anatomia in Modena, «IlMondo illustrato», 1847, pp. 551-553.

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LA COLLEZIONE DI TAVOLE TELATE DELLA CLINICA GINECOLOGICA E OSTETRICA

DELL’UNIVERSITÀ DI PADOVA

QUADERNO 4 2015: 43-47

in memoria di Marina Cimino

La Clinica Ginecologica e Ostetrica del -l’Università di Padova custodisce numerosiantichi sussidi per la didattica, collezionatiin oltre duecento anni di attività clinica e diinsegnamento a medici e ostetriche. Traquesti ausili ci sono cere e terrecotte sette-centesche rappresentanti la fisiologia e lapatologia della gravidanza e del parto, baci-ni viziati, strumenti ginecologici e ostetriciusati nel tempo presso la struttura sanitaria,un cospicuo materiale librario e, non ultima,una rilevante raccolta di tavole didattiche.Del corredo iconografico fanno parte

anche una sessantina di tavole telate didimensioni varie, sia disegnate e acquerel-late che a stampa tipografica editorialepolicroma. Esse sono cronologicamenteascrivibili, per datazione riportata o fattura,tra la fine dell’Ottocento e le prime decadidel No ve cento. Origina riamente le tavoleerano dotate di due asticelle lignee per

essere appese durante le lezioni in mododa renderle visibili all’uditorio nell’aula. È possibile suddividere queste tavole in

due grandi raggruppamenti: uno di inte-resse ginecologico e l’altro di pertinenzaostetrica. Le varie illustrazioni raffiguranoin fatti casi di patologie degli organi pelvi-ci, le fasi della gravidanza e i momenti delparto fisiologico e patologico. Tra le illu-strazioni si trovano, solo per dare unacasistica d’insieme, raffigurazioni di unepitelioma del canale cervicale (forma ul - cerativa); un fibroma uterino sottomuco-so; un fibroma cervicale dell’utero; feti inatteggiamento di deflessione (presentazio-ne di fronte); feti in presentazione podali-ca; quattro gemelli con placentazioneapparentemente monocoriale biamnioticae situazione longitudinale in presentazio-ne cefalica o con uno dei due in presenta-zione podalica (due dei quattro feti sonostati raffigurati con il funicolo attorno alcollo) e i fenomeni meccanici del parto.

*Studente interno presso la sezione di Medicina Umanistica, Dipartimento di Scienze Cardiologiche Toraciche eVascolari, Università di Padova. [email protected]**Direttore U.O.C. Clinica Ginecologica e Ostetrica, Dipartimento di Salute della Donna e del Bambino, Uni-versità di Padova.***Direttore del Centro Interdipartimentale di Storia della Medicina (CISM), Università di Padova.

Andrea Cozza*

Giovanni Battista Nardelli**Maurizio Rippa Bonati***

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44 ATTI - Giornate di Museologia Medica

Come accennato le raffigurazioni pos-sono essere suddivise, in base alla fattu-ra, in tavole tipografiche editoriali astampa e in tavole disegnate a mano daillustratori. Si individuano:

– tavole editoriali di Schultze Wandtafelnder Schwangerschafts u Geburtskunde,Lith Anst. Von Adolf Giltsch in Jena,verlag von Gustv Fischer in Jena, prin-cipalmente a carattere ostetrico;

– tavole editoriali di Hofmeier TabulaeGynae co logicae, Kgl Druckerei v. H.Sturtz, Würzburg, verlag vov J.F. Berg-mann, Wiesbaden;

– due stampe editoriali provenienti dall’U-terus und Kind di Leopold;

– disegni a tratto d’inchiostro riprodotti amano dalle opere del Cuzzi;

– disegni eseguiti a partire dalle opere delBumm;

– disegno tratto dall’opera di Rihemont;– disegni vari a tratto anonimi;– acquerelli policromi anonimi di carattereprincipalmente ginecologico;

– tavole colorate anonime dedicate allosviluppo embrionale;

– tavole acquerellate composite illustrantii diametri e gli assi eseguiti da ItaloAntonelli e datati 1890;

Epitelioma del canale cervicale (forma ulcerativa), acquerello anonimo

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ATTI - Giornate di Museologia Medica 45

– acquerelli dedicati alle sezioni del baci-no e al canale del parto.Nel 2005 per prevenire il deterioramen-

to di queste tavole si procedette a un inter-vento di restauro definito allora di “conser-vazione e condizionamento”. Le pro cedure comportarono la rimozio-

ne delle asticelle di supporto e consistette-ro nella spolveratura con pennello morbi-do, nella pulizia con gomma Wishabmorbida, nella riparazione degli strappiove opportuno e, infine, nella protezionetramite una cartellina a camicia con car-toncino durevole per la sistemazione diogni singola tavola.

Questa collezione di tavole muraliimpiegata durante le lezioni ex cathedra, anostro avviso, rappresenta una peculiarità– in parte raccolta ed in parte realizzata adhoc – per le necessità di una didattica pro-ficua e incisiva. Tale collezione, pur essen-do piuttosto particolare nel suo genere perl’eterogeneità di realizzazione, rispecchiaa pieno titolo l’esigenza – che nell’Otto-cento trovò una notevolissima diffusione –di ‘illustrare’ le lezioni tramite le cosiddet-te tabulae pictae (delle quali molti esempisono conservati presso i vari ex Istituti uni-versitari di Padova e che sono state espostenella mostra 1 immagine = 1000 parole,

Fenomeni meccanici e plastici del parto, tavola di Schultze

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46 ATTI - Giornate di Museologia Medica

organizzata presso l’Aula Nievo delPalazzo del Bo nel 1999, in occasione del -la IX Settimana della Cultura Scientifica eTecnologica). Questi prospetti didattici, diindiscussa utilità per la Medicina, iniziaro-no a essere indispensabili anche per le di -scipline che, al giorno d’oggi, in qua driamonella categoria delle Scienze naturali comela Botanica, la Geologia e la Zoologia,costituendo di fatto gli apparati illustratividella didattica naturalistica otto centesca.Se il primato della necessità di illustra-

zioni in Medicina spetta – oggi come ieri– sicuramente e a buon diritto all’Anato-mia, un posto di riguardo deve tuttaviaessere riservato soprattutto all’Ostetricia ealla Ginecologia. Esse infatti, per la loroprerogativa di essere discipline che inda-gano molteplici fenomeni fisiologici e pa -tologici assai mutevoli, hanno bisogno di‘fissare’ le dinamiche su carta come fosse-ro una sequenza di istantanee. Di qui laassoluta necessità dell’illustrazione a sup-porto di due branche mediche come l’O-stetricia e la Ginecologia. È inoltre indubbia la correttezza scien-

tifica dei disegni e degli schemi dellenostre tavole telate alla quale si associa lapotenza dell’immediatezza espressiva del-l’immagine a supporto delle lezioni e, per-ché no, anche, per molte di esse, un’intrin-seca bellezza artistica sia nel tratto che nelcolore.

AppendiceElenco delle Tavole telateTavole editoriali di Schultze:– bacino femminile e genitali esterni delladonna;

– bacino femminile/demolizione dellaparete addominale e accesso al cavopelvico/anatomia dell’ovaio/istologiadello zigote;

– aumento volumetrico del cavo addomi-nale in relazione alle settimane di gesta-zione;

– placenta laterale posteriore, funicolo efeto;

– sezione tomografica trasversale conpiano di taglio passante da L2 all’ombe-lico di un utero gravido con feto in pre-sentazione cefalica;

– capo di donna;– sezione longitudinale: rapporti tra utero,vescica e retto;

– feti in atteggiamento di deflessione (pre-sentazione di fronte);

– feti in presentazione podalica;– quattro gemelli con placentazione appa-rentemente monocoriale biamniotica esituazione longitudinale in presentazio-ne cefalica o con uno dei due in presen-tazione podalica;

– fenomeni meccanici e plastici del parto.Tavole editoriali di Hofmeier:– utero, ovaie, colon;– ghiandole linfatiche (linfonodi) dei geni-tali;

– esplorazione bimanuale;– retroversione dell’utero;– applicazione di pessario;– prolasso vaginale ed elongazione dellacervice;

– cistoscopia.– Due stampe editoriali provenienti dal-l’Uterus und Kind di Leopold.

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ATTI - Giornate di Museologia Medica 47

Disegni a tratto d’inchiostro riprodotti amano dalle opere di Cuzzi:

– coniugate interne (2 tav.);– sezione di utero e vagina;– tumore da parto;– sezione trasversale dell’utero con evi-denza dell’orifizio uterino interno;

– orifizio uterino interno e segmento uterino;– orifizio uterino interno, segmento uteri-no, orifizio uterino esterno.

Disegni eseguiti a partire dalle opere diBumm:

– anatomia microscopica dell’endometrio;– impianto dello zigote;– utero e placenta;– villi coriali di un uovo a cinque settima-ne.Disegni tratto dall’opera di Rihemont:

– interfaccia placentare.Disegni vari anonimi:– formazione della decidua reflessa secon-do Coste;

– patologia tubarica;– presentazione anomala con conseguentedistocia di spalla.

Acquerelli policromi anonimi di carattereprincipalmente ginecologico:

– mucosa uterina: fase di secrezione;– mola vescicolare/sezione di una vescico-la/corio epitelioma dell’utero con meta-stasi vaginale (autore: M. Bonatti?);

– piosalpinge bilaterale, esiti di periovaro-salpingite;

– epitelioma del canale cervicale (formaulcerativa);

– tubercolosi genitale;– fibroma uterino sottomucoso;– fibroma cervicale dell’utero;– fibromi uterini multipli interstiziali e sot-tosierosi;

– adeno-carcinoma a cavolfiore del corpodell’utero;

– ematocele retrouterino da gravidanzaextrauterina tubarica;

– ectropion;– impegno della testa;– linfonodi dei genitali femminili.Tavole colorate anonime dedicate allo svi-luppo embrionale:

– embrione ed annessi fetali (2 tav.);– foglietti embrionali (4 tav.).Tavole acquerellate composite illustranti idiametri e gli assi eseguite da ItaloAntonelli e datati 1890:

– Sette tavole.Acquerelli dedicati alle sezioni del bacinoe al canale del parto:

– Quattro tavole.

BibliografiaBuccellati G., Le tavole parietali del Dipartimento dibiologia: patrimonio artistico dell’Università deglistudi di Milano, Hoepli, Milano, 1997.Cimino M., Cozza A., Modelli ostetrici nella Collezio-ne della Clinica Ostetrica di Padova, in Lanzarini V.(a cura di), Le Collezioni di Ostetricia, Atti Giornatedi Museologia medica 2, Bologna, èDICOLA editrice,Chieti, 2013.

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I MATERIALI GRAFICI PER LA DIDATTICA MEDICANEL MUSEO UNIVERSITARIO DI CHIETI

QUADERNO 4 2015: 49-52

L’illustrazione medica ha una storiarelativamente recente e si sviluppa seguen-do l’evoluzione delle conoscenze medichee delle tecniche di stampa. Il disegno è unaforma di comunicazione visiva fondamen-tale, utile per analizzare e comprendere unqualsiasi aspetto della realtà: nel passato,le immagini utilizzate nella comunicazionemedico-scientifica potevano essere figureintere o parti del corpo isolate e definite dacontorni e colori. Per imparare l’anatomia,oltre al preparato, era, infatti, di grande uti-lità la tavola anatomica, cioè la raffigura-zione particolareggiata delle varie parti delcorpo umano.Il Museo universitario di Chieti possie-

de una piccola ma interessante raccolta dimateriali grafici impiegati proprio nelladidattica medica, datati tra la prima e laseconda metà del XX secolo. La collezione è composta da una tavola

murale di Anatomia umana del professorRoberto Cobau ricevuta in donazione dalLiceo Classico “G.B. Vico” di Chieti, daun atlante di Anatomia umana descrittiva eda una serie di tavole e stampe didattiche,

alcune edite con la pubblicizzazione diprodotti farmaceutici (donazione VincenzoGrilli e David Sgandurra).La tavola litografica di Anatomia u mana

fa parte di una serie dal titolo Tavole mura-li di Anatomia umana del dottor RobertoCobau (1883-1960), composta in totale dacinque illustrazioni. Egli ne fu il commit-tente: la sua capacità di recepire nuoveidee e il dialogo fecondo con i maggioristudiosi italiani e stranieri portarono a rico-noscere, sperimentare e diffondere metodid’insegnamento di respiro eu ropeo, avva-lendosi anche di moderni sup porti didatti-ci, proprio come le tavole scientifiche.Il Museo universitario possiede la Tavo-

la II; lo stato di conservazione è buonoanche se sono presenti alcune lacerazioni.Le dimensioni sono di cm. 148x69 contecnica di stampa mista della LitografiaStanzani e Marzocchi (stampatore) e Mes-saggerie Italiane (stampatore) ed è datata1930.Oggi i disegni ‘parlanti’ di anatomia,

che fondono la scienza pura con l’attratti-vità estetica, ancora sorprendono, affasci-

*Museo universitario, Università “G. d’Annunzio” [email protected]

Antonietta Di Fabrizio*

Alessia Fazio*

Alessandro Rapinese*

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50 ATTI - Giornate di Museologia Medica

nano, emozionano. Rappresentano un pa -tri monio da tutelare e far conoscere, perchésignificativo di una stagione della didatticadi spiccata matrice scientifica.La maggior parte degli autori del passato,

redattori e disegnatori, condivideva l’ideache le tavole dovessero essere asso lu ta -

men te di facile interpretazione e sarebbestato più efficace attivare il meccanismodell’intuizione, punto di partenza del pro-cesso conoscitivo: la presentazione dellatavola come quadro, per la vivacità deicolori e la verosimiglianza del disegno,avrebbe avuto il potere di captare l’atten-zione e stimolare curiosità e ragionamento.L’utilizzo delle tavole didattiche scienti-

fiche ha origini che vale la pena ripercorrereper comprendere meglio il valore dei pezzirecuperati, e per contestualizzarli entro cri-teri di scelta mai casuali, che rispondevanoa precisi parametri di funzionalità tecnica,estetica e di rigore scientifico, aspetti, que-sti, che segnarono la diffusione del genere. L’innovazione fu possibile grazie anche

all’avanzamento delle tecniche di stampa,che permise alle case editrici europee laproduzione e la circolazione di materialisempre più ampie.In particolare, la fortuna di questa tipo-

logia di manifesti didattici fu legata allapratica della litografia che, nata alla finedel XVIII secolo, si caratterizzò, poi, suscala industriale per la chiarezza e la pre-cisione dei segni, la possibilità di utilizzareuna vasta gamma cromatica e di realizzaregrandi formati, che potevano essere vendu-ti a un prezzo ragionevole.Ci furono anche ditte che si specializza-

rono proprio nella fornitura di oggetti diinsegnamento, che appartengono soprattut-to all’inizio della seconda metà del XXsecolo.La collezione di materiali grafici per la

didattica medica del Museo universitario diChieti comprende anche materiali apparte-nuti al dottor Vincenzo Grilli (1881-1968),

Tavola murale di Anatomia umana sul sistema musco-lare del dottor Roberto Cobau, 1930

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ATTI - Giornate di Museologia Medica 51

medico condotto specializzatosi in Oftal-mologia e in Ostetricia e Ginecologia cheesercitò nel ferrarese e nella città di Chieti,dopo la Prima guerra mondiale. Le tavoleappartenute al dottor Grilli sono dedicatesoprattutto alla struttura del cuore e sonopubblicate alcune dai laboratori Bouty diMilano, 1958, altre dalla rivista Byk-Gul-den, 1960.La collezione del Museo universitario è

composta, poi, anche di materiali della rac-colta donataci dai coniugi Helen e PaulCritchley appartenuti al dottor DavidSgandurra, medico condotto del paese diFarindola (PE). Molte tavole grafiche dellaraccolta sono datate tra il 1957 e il 1960,con indicazioni mediche e illustrazioniistruttive-formative.

La contestualizzazione storica di tuttiquesti materiali è importante: deve tenerconto del fatto che queste tavole eranostate realizzate con specifiche funzioniistruttive-formative per chi avrebbe dovutoesercitare professioni sanitarie come, adesempio, i medici condotti. Infatti, nel con-testo della sanità post-unitaria, notevole senon fondamentale ruolo giocavano i medi-ci condotti, ovvero coloro ai quali eranoaffidate le cure primarie degli indigenti,assicurate dall’intervento dei comuni. Ilmedico condotto diveniva un punto di rife-rimento assoluto per la popolazione,coprendo completamente l’assistenza sani-taria, dalla diagnosi e cura, sino alla pre-venzione e alla Sanità Pubblica, e pertantodisponeva di materiali grafico per la didat-tica medica.Anche tra i materiali appartenuti al dot-

tor Sgandurra (che è stato anche presidenteprovinciale dell’Associazione Nazionaledei Medici Condotti) ci sono tavole prati-che mediche edite dai laboratori Bouty diMilano (1958) altre dalla rivista Byk-Gul-den (1960), che riportano contenuti scien-tifici sull’argomento corredati da disegni eindicazioni terapeutiche per curare lamalattia, oltre che a piccole pubblicità dialtri medicinali. Altre tavole sono dedicate ai “Consigli

per il Medico automobilista”, alla “Strut-tura del cuore” (Anatomie de l’homme parJ.M. Bourgery), alla “Semiologia e dia-gnostica dentale” (Taddei) e ai “Tests psi-codiagnostici in medicina”. La serie suitest psicodiagnostici è completa e presentacopertina, contenuto, tipo di tavola, tecnicadi esame, quesiti e deduzione, illustrazioni,

Copertina del catalogo Spaltheholz preparation, Deutsches Hygiene-Museum, Dresden, Germania

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52 ATTI - Giornate di Museologia Medica

importanza delle psicodiagnosi e psicote-rapie in Medicina generale e inserti pubbli-citari di medicinali Angiolini.Interessanti anche delle tavole farmacolo-

giche (autore Bracco T.), di ematochimica(Roche), di “Parassitologia” (Ufficio Scien-tifico Roche ed.), su “Sedimenti Urinari”(Ufficio Scientifico Roche ed.), tavole esan-tematiche, ginecologiche (C.H. BoehringerSohn Srl-Firenze), ottometriche decimali(Regione Abruzzo Unita Locale Socio-Sani-taria, Penne, Pescara), piccole tavole anato-miche e un blister della CIBA con campionedi medicinali (Locorten-Vioformio crema,Sostanze eczematogene) corredate di spie-gazioni mediche e foto/immagini.Completano questa variegata raccolta

un Atlante di Anatomia umana descrittivadi A. Farina, tavole su “La medicina nellapittura” (Farmitalia), un quadro sui musco-li del corpo umano, e tre opuscoli pubbli-citari con disegni anatomici in copertina,con prospetti riguardanti modelli, tavolemurali e tavole anatomiche del DeutschesHygiene Museum di Dresda, realizzate dalprofessor Werner Spalteholz di Leipizig, incui è anche presente il listino prezzi deimateriali.Tutte queste tavole mediche, eterogenee

nei loro argomenti e corredate di immagi-ni, costituiscono una significativa testimo-nianza del progresso della Medicina e delsuo insegnamento. Infatti, la loro partico-

larità è che rappresentano uno spaccatodella realtà didattica sanitaria dell’epoca inquanto documentano in modo dettagliatola didattica dell’arte chirurgica e odontoia-trica, nonché farmaceutica soprattutto deimedici condotti, concedendoci la possibi-lità di un approfondimento storico-cultura-le sugli aspetti delle conoscenze e dellapratica igienico-farmaceutico-sanitaria del-l’epoca.Ecco che, allora, oltre il motivo estetico,

c’è un’altra ragione per ammirare questaraccolta: essa rappresenta una piccola maimportante tessera di un puzzle internazio-nale che porta a scoprire un sistema di inse-gnamento della didattica medica basatosull’utilizzo di un mezzo non verbale dellacomunicazione didattico-scientifica (il ma -teriale grafico), antesignano degli odiernistrumenti informatici.

BibliografiaDi Fabrizio A., Capasso L., Cilli J., Paolucci A., Rapi-nese A., Viciano J., Il gabinetto medico-odontoiatricodel Dott. D. Sgandurra nel Museo universitario diChieti, in Burello V. (a cura di), Le Collezioni di Odon-toiatria, Atti Giornate di Museologia Medica 3, Tori-no, 2014.Latronico N., Storia della Medicina, in AA.VV., Illibro dell’uomo, Garzanti, Milano, 1964.Terenna G., Vannozzi F., Il Museo Anatomico LeonettoComparini: gli strumenti scientifici, Nuova ImmagineEditrice, Siena, 2004.

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TAVOLE DIDATTICHE MEDICHE NELL’UNIVERSITÀ DI TORINO

QUADERNO 4 2015: 53-56

L’Università di Torino annovera nel suoampio patrimonio storico materiale moltis-sime tavole in cartone di grandi dimensio-ni con disegni spesso policromi. Eccezio-nalmente ci imbattiamo in tavole prodottein serie da imprenditori specializzati delsettore, quasi sempre abbiamo illustrazionioriginali, che raramente riportano il nomedell’autore e la data di produzione. Il botanico Arnold Dodel-Port nel 1883

ebbe a dire che “un mezzo visivo artisticopuò rimpiazzare la natura” quando leimmagini riproducano fedelmente gli og -getti naturali, e aggiungeva che numerosioggetti erano impossibili da mostrare inuna classe e le tavole parietali potevano“rimpiazzare il corpo naturale nell’inse-gnamento scolastico e nella lezione uni-versitaria”. Questo infatti era l’utilizzo diqueste grandi tavole che venivano appesedagli inservienti ai muri delle aule durantele lezioni e le esercitazioni, prassi prose-guita da alcuni docenti anziani fino a metàdegli anni Settanta del Novecento. Conl’avvento delle diapositive, dapprima invetro di grosso formato e poi le più recentiin pellicola 35 mm., le tavole parietali ven-nero abbandonate nelle loro cassettiere.

Spesso i grandi disegni vennero poi buttativia e persi per sempre, talvolta le tavolefurono solo dimenticate e quindi in un pas-sato piuttosto recente recuperate, rispolve-rate e studiate grazie all’azione del nostroArchivio. L’Ateneo torinese conserva fon-damentalmente quattro fondi di tavole di -dattiche attinenti discipline mediche, com-presa la medicina veterinaria.

La collezione probabilmente più anticacomprende una settantina di disegni ese-guiti per supportare la didattica di GiulioBizzozero e dei suoi collaboratori: sonoconservati ancora oggi presso l’Istituto diPatologia dell’Ateneo torinese. Furonorealizzati su una carta pesante, con il latomaggiore di circa un metro, su cui è anco-ra possibile leggere il nome della cartieraproduttrice “Canson & Montgolfier, Vida-lon Les Annonay”, fondata nel Cinquecen-to e ancora oggi attiva. La loro importanzaè sottolineata dal fatto che costituiscono lacollezione più antica di disegni di Istologianormale e patologica esistente in Italia.Alcuni di essi compaiono nelle dispense di“Istologia normale” e nelle “Lezioni diPatologia generale” di Bizzozero, altri si

*ASTUT-Archivio Scientifico e Tecnologico dell’Università di [email protected], [email protected]

Marco Galloni*Mara Fausone*

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54 ATTI - Giornate di Museologia Medica

trovano anche nel suo “Manuale di Micro-scopia clinica”, dove è l’autore a precisareche le tavole sono state tratte da lui stessoo dal suo bravo allievo signor De Toma dapreparati originali. Di particolare interesse è il disegno delle

piastrine, componenti figurate del sanguescoperte da Bizzozero nel 1881 e da lui de -scritte non solo nella forma ma anche nellaloro funzione nella coagulazione. So lo unatavola riporta la firma degli autori, Salviolie Calderara, due assistenti di Bizzozzero, ela data, 16 aprile 1890. Inoltre sei tavolesono siglate PD e dentro la D di una diqueste si trova la scritta Giotto: l’autore ol -tre a essere un bravo artista aveva anche un

certo senso dell’umorismo. Nel 1989 ilprofessor Enrico Gravela, patologo del-l’Ateneo torinese, pubblicò un vo lume perrendere omaggio alla figura di Giulio Biz-zozero e riportò le tavole della collezione.E ancora nel 1991 a Torino presso il Cir-colo degli Artisti fu organizzata una mo -stra in cui, accanto alle tavole della scuoladi Bizzozero, vennero esposte opere diartisti torinesi, maestri del Novecento, chereinterpretarono, con i materiali e gli stilipiù disparati, i vecchi disegni del fa mosopatologo.

Il secondo fondo è stato recuperato nelledue imponenti cassettiere in legno dell’Au-la Magna dell’Istituto di Fisiologia: an chequi raramente si trova la firma dell’autore.Solo 10 tavole riportano il nome del dise-gnatore, V. Cavallero, e la data, 1919. Letavole firmate riportano anche l’indicazionedel testo o dell’atlante da cui fu copiato ildisegno. La collezione attualmente è com-posta da 327 tavole: rappresentano tes suti,singoli organi, sistemi e apparati sia umaniche animali, la materia peraltro richiedean che la presentazione di molti grafici etabelle numeriche. Degni di particolare nota sono 33 dise-

gni che illustrano esperimenti e strumentifisiologici. Circa il dieci per cento delletavole sono state usate anche sul lato poste-riore per altri disegni. La maggior partedelle tavole sono costituite da fogli irrobu-stiti da tela e anche in questo caso talvoltasi ritrova l’indicazione del’azienda produt-trice della carta “Canson & Montgolfier”.Spesso i fogli hanno agli angoli anellinimetallici utilizzati per far scorrere i disegni

Tavola con miotonometro, collezione ASTUT diFisiologia

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ATTI - Giornate di Museologia Medica 55

su fili che si trovavano lungo le paretidell’aula. Attualmente i disegni sono con-servati presso l’ASTUT, Archivio Scientifi-co e Tecnologico dell’Università di Torino,l’ente deputato alla conservazione e valo-rizzazione del ricco patrimonio storico-scientifico dell’Ateneo torinese.

La terza collezione, ancora presente neilocali dell’Istituto di Anatomia umana, ècomposta da 236 disegni, circa il dieci percento delle tavole riportano un secondo di -segno sul retro del foglio. Poche, anche inquesto caso, le tavole firmate: due G. Ome-gna e sei Angelo Boglione e tra queste ulti-me alcune datate 24 marzo 1947 e altreaprile 1948. Pensiamo che G. Omegna stiaper Giuseppe, medico che fu studente inter-

no nell’Istituto, appartenente a una famigliain cui il padre fu un pioniere del cinemamuto, regista e fotografo, mentre lo zioFilippo fu insegnante all’Accademia Alber-tina di Belle arti. Angelo Boglione, figliodel pittore e incisore Marcello, fu tecniconell’Istituto tra il 1945 e il 1950 prima ditrasferirsi all’Università di Genova ecominciare una carriera di conduttore delletrasmissioni “I racconti del naturalista” perla televisione dei ragazzi a metà degli anniCinquanta. Infine ricordiamo la collezione costituita

dalle tavole utilizzate per l’insegnamentodell’Anatomia normale presso la scuola diMedicina veterinaria, anche in questo casoconservata presso l’ASTUT. I disegni sitro vano ancora nella grande cassettiera ori-

Tavola istologica, collezione ASTUT di Medicina Veterinaria

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ginale di legno scuro, insieme alle pinzemetalliche e ai ganci utilizzati per appen-derli alle pareti delle aule. Si tratta di pocomeno di 300 disegni, di cui uno solo ripor-ta il nome dell’autore: Angelo Boglione.Anche queste tavole illustrano tessuti,organi, apparati, spesso con comparazionitra diverse specie animali, e alcune presen-tano strette somiglianze con le figure ditesti di Felice Perosino e di Umberto Zim-merl. Questa osservazione, che vale inalcuni casi anche per quelle di Anatomiaumana, propone il dubbio se le granditavole siano servite da modello per le illu-strazioni nei volumi o viceversa.

Il fondo “Bizzozero” è quello che pre-senta anche una maggiore uniformità: latecnica utilizzata nelle diverse tavole èmolto simile, si tratta di acquerelli densi otempere, realizzati più spesso su fondi chia-ri ma a volte con pregevoli fondi scuri esapienti lumeggiature. Nelle altre collezionici troviamo davanti a disegni con caratteri-

stiche cromatiche, tecniche e temporali chevariano molto, talvolta policromi, talvoltain bianco e nero, con un accorto uso del-l’inchiostro di china. A volte realizzate concura sbalorditiva per i dettagli e attenzioneal chiaroscuro, per dare un ottimo effetto ditridimensionalità e realismo, a volte sonopoco più che rapidi schizzi ma nel com-plesso rappresentano una risorsa iconogra-fica di fortissimo impatto e suggestione,che ci ripromettiamo di utilizzare e valoriz-zare nelle nostre future realizzazioni dimuseologia medica.

BibliografiaDodel-Port A., Dodel-Port C., Erläuternder Text zumanatomischen-physiologischen Atlas der Botanik fürHoch- und Mittelschulen, Verlag J.F. Schreiber, Esslin-gen am Neckar, 1878–1883.Gravela E., Giulio Bizzozero, Umberto Allemandi &C., Torino, 1989.Gravela E., Balzola A., Mantovani P. (a cura di),Omaggio a Giulio Bizzozero. Fantasticare il vero: vec-chi disegni e nuove immagini, Regione Piemonte, Tori-no, 1991.

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DIDATTICA ANATOMICA: LA RACCOLTA DI TAVOLE PARIETALI DELL’AOU CAREGGI

DELLA SECONDA METÀ DEL XX SECOLO

QUADeRNO 4 2015: 57-60

La raccolta di tavole parietali, conserva-ta presso il Centro di Documentazione diStoria della Cultura Infermieristica “MauraParronchi” della AOU Careggi (Firenze), èstata recentemente recuperata insieme adaltro materiale d’interesse storico rinvenu-to nei locali di Villa Pepi, sede storica dellaformazione infermieristica, e rappresentaun’importante testimonianza di uno deimomenti più significativi che hanno carat-terizzato questo luogo.

Nel 1928, infatti, a seguito delle nuovenormative sulle scuole professionali perinfermiere, emanate nel 1925 e nel 1929,furono richiesti i permessi per l’adegua-mento della villa a Scuola Convitto Profes-sionale per Infermiere, che venne così isti-tuita ufficialmente, con decreto del ca podel Governo, il 25 luglio 1931. La scuolainiziò la sua attività di formazione nel1932, sotto la direzione di Stefania Nutiniche svolse la sua funzione fino al 1960.Nel 1972 la villa diventò sede delle ScuoleRegionali per Infermiere fino agli anniNovanta.

Successivamente, la professione infer-mieristica fu oggetto di formazione univer-sitaria e i locali di villa Pepi furono abban-

donati (2010). In questa occasione il mate-riale utilizzato nelle aule venne recuperato;ne fanno parte i 164 tabelloni didattici, chehanno come tema principale l’Anatomiaumana, alcuni modelli in gesso o plastica,rappresentanti le parti anatomiche umanee dei mezzobusti. Parte di questi supportididattici viene citata da Stefania Nutini neLa Scuola Professionale per Infermiereannessa allo Arcispedale di Santa MariaNuova e Stabilimenti Riuniti di Firenze nelsuo funzionamento dall’ottobre 1930 all’a-gosto 1960 (1969): “Con i contributi delGoverno venne acquistato materiale didat-tico, come cartelloni e plastici di anatomia,un epidiascopio, un apparecchio duplicato-re per stampare le dispense delle lezioni.Oggi la Scuola è corredata di materialedidattico” (p. 19).

Altro materiale didattico proveniva, inve-ce, dalla villa Medicea di Careggi dove ebbesede, fino al 1979, la Scuola per Infermierigenerici, che, a differenza della Scuola Con-vitto Professionale per Infer miere, era apertaanche agli uomini: proiettori o epidiascopierano usati per mostrare sul muro le imma-gini dei libri di testo, prassi che presto venneabbandonata perché le pagine di carta si

*Università degli Studi di Firenze, Sezione Biomedica Museo di Storia naturale, [email protected]

Katia Manetti*

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deterioravano con il calore della lampadache le illuminava. Non esistevano alloramolti manuali di infermieristica, principal-mente traduzioni dall’inglese, dal francese odal tedesco, integrati da dispense o librettiredatti dai medici di Careggi.

La direttrice della Scuola per InfermieriGenerici, Rina Capatini, che insegnò in en -trambe le scuole durante i primi anniOttanta, si avvalse sempre dei supporti di -dattici, tra i quali le tavole parietali, dandoalle sue lezioni una valenza non tanto teo-rica, quanto pratica, facendo toccare conmano i mo delli anatomici, e deduttiva, fa -cendo a nalizzare e osservare direttamente ita belloni didattici agli studenti.

Altrettanto fece il professor MassimoDavini, che insegnò nella Scuola ConvittoPro fessionale per Infermieri materie quali:

Infermieristica, Anatomia e Fisiologia. Sioccupò, invece, dell’acquisto e dell’orga-nizzazione di questo materiale didattico, apartire dagli anni Ottanta, la signora CarlaMoricci che, diplomatasi nel 1971 pressola Scuola Convitto Professionale per Infer-miere, vi lavorò come dipendente ammini-strativa fino al giugno 2009. Secondo lasua testimonianza, parte di questo materia-le proveniva dalla villa Medicea e moltiordini avvenivano tramite una casa editricedi Firenze, la Rosini editrice, con cui ladirettrice Giuseppina Menchini era inbuoni rapporti. Gran parte di questi sup-porti didattici, soprattutto le tavole parieta-li, arrivava dall’estero, specialmente dallaGermania e riporta infatti il marchio delDeutsches Hygiene Museum di Dresda.

Molto spesso, le serie di tavole parietalierano fornite di cartellini oppure di volu-metti esplicativi a uso degli insegnanti,che, nonostante la regolare archiviazione,sono andati dispersi a causa dei numerositraslochi. Medesimo destino è toccato airegistri degli acquisti, dove veniva annota-to il materiale, con relativa descrizione,costo e datazione della spesa. Questa man-canza fa sì che la datazione dei tabellonisia difficile, anche perché, escluse rarissi-me eccezioni, le stesse tavole non riporta-no alcuna indicazione dell’epoca di stam-pa. Tramite una valutazione delle tecnichedi stampa, possono esser fatte risalire aglianni Cinquanta e Settanta del XX secolo.

In realtà, la tradizione delle carte parie-tali è molto antica: le prime apparverointorno al 1830 in bianco e nero e formatoridotto (20x30 cm.), ed erano usate per l’in-segnamento elementare. Questi sussidi eb–

Tav. II, Muscolatura umana anteriore (cm. 118x85),Dott. Alovisi Iorio, Dott. De Cecco Filippo,  Pitt.Ciompi Umberto, G.B. Paravia & C., Torino, 1968

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bero grandissima diffusione in europa apartire dal 1870, fino ai primi decenni delNovecento. Furono moltissime le case edi-trici, le tipografie, le ditte che, a fine Otto-cento, distribuirono le tavole parietali, cheavevano come argomento principale laBiologia e la Zoologia; tra queste, a Berli-no, la casa editrice Paul Parey. In Italia, lacasa editrice Paravia di Torino, di cui fannoparte alcuni esemplari della raccolta di villaPepi, importò e rivendette molte serie ditavole, ristampandole con didascalie in ita-liano e poi stampandone di originali; cosìfecero anche le Officine grafiche di Longoe Zoppelli di Treviso, la Casa editrice tori-nese Loescher e Antonio Vallardi editore diMilano.

Oggi, le maggiori raccolte sono presso ilDansk Skolemuseum di Copenaghen epresso l’Archiv Schulisches Wandlbild del -l’Università di Duisburg, Germania. Anchein Italia si trovano interessanti collezioni,come nel Museo della Scuola di Bolzanoo alla Fondazione Scienza e Tecnica diFirenze.

Antenati illustri delle tavole parietali pos-sono essere considerati i fogli volanti diAnatomia, diffusi a partire dal Cinquecento,con immagini piuttosto schematiche delcorpo umano, ricalcando schemi di epocamedievale. Quelle più famose sono le seiTabulae anatomicae sex, pubblicate a Vene-zia presso Bernardo Vitali da Andrea Vesa-lio nel 1538.

Nel corso del Settecento, prendendospunto dall’opera di Jan Comenius Orbissensualium pictus (Norimberga, 1658), pre -se avvio, in ambito pedagogico-didattico,l’uso dell’immagine come ausilio e sussi-

dio per la memorizzazione e associazionedegli oggetti alle parole. Il pedagogistaJohann Bernhard Basedow contribuì con lasua opera Elementarwerk (Dressau, 1774),corredata da cento tavole illustrate dal pit-tore Daniel Chodowiecki, alla elaborazionedi nuovi principi pedagogici ispirati all’o-pera di Johann Hainrich Pestalozzi, secon-do cui, attraverso l’osservazione, si giungealla vera conoscenza. Grazie al l’intuizionedi Basedow, che per primo vide la necessitàdi ingrandire le tavole perché fossero appe-se e visibili all’intera classe, venne adottatoquesto nuovo tipo di rappresentazione inmolte aule studentesche di diverso grado epreparazione. Questo avvenne anche grazieai progressi avvenuti nelle tecniche distampa, con l’invenzione nel 1798 di AloysSenefelder della litografia, per cui fu pos-sibile riprodurre immagini grandi a prezziridotti anche con l’utilizzo della cromolito-grafia (stampa a colori).

A partire dal primo decennio del Nove-cento fu prodotto un genere peculiare ditavole, del tipo manifesto murale di argo-mento medico e biologico, che ebbero unvasto impiego nelle campagne sanitariefatte nelle scuole e tra la popolazione. Neiregimi totalitari di Germania e Italia furo-no utilizzate con molta frequenza diffon-dendo informazioni e prescrizioni sia nellapropaganda politica che nella diffusione diteorie. Anche nella riproduzione iconogra-fica delle tavole parietali a uso didattico,come quelle della raccolta di villa Pepi, sipossono riconoscere tratti e pose tipici diquel tempo e che richiamano a quella tipo-logia di pensiero.

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BibliografiaBellini P. Manuale del Conoscitore di Stampe, A. Val-lardi, Milano, 1998.Buccellati G. (a cura di), Le tavole parietali del Dipar-timento di Biologia patrimonio artistico dell’Univer-sità degli studi di Milano, Hoepli, Milano, 1997.Bucchi M. Images of science in the classroom:wallcharts and science education 1850-1920, «TheBritish Journal for the History of Science», CambridgeUniversity Press, vol. 31, n. 2, Jun. 1998.Davini Massimo, comunicazione orale avuta nel gen-naio 2014 e nell’agosto 2015.Mazzolini R. G. (a cura di),  Le collezioni scientifichedel Ginnasio liceo Giovanni Prati di Trento, Ginnasioliceo Giovanni Prati, Trento,1997.

Moricci Carla, comunicazione orale avuta nell’aprilee nell’agosto 2015.Nutini S. La Scuola Professionale per Infermiereannessa allo Arcispedale di Santa Maria Nuova e Sta-bilimenti Riuniti di Firenze nel suo funzionamento dal-l’ottobre 1930 all’agosto 1960, «Bollettino d’Informa-zioni della Consociazione Nazionale InfermiereProfessionali e Assistenti Sanitarie Visitatrici», n. 12,1968, n. 1-2-3-4-5, Roma, 1969.

Sitografia <http://www.museodellascuola.findbuch.net/php/main.php?ar_id=3649#4> [09/2015].

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LA RIVOLUZIONE STORICA DEL TEATRO ANATOMICO NELLA DIDATTICA PER LO STUDIO DELL’ANATOMIA.

LE RAPPRESENTAZIONI GRAFICHE NEI SECOLI

QUADERNO 4 2015: 61-63

Il teatro anatomico è uno degli elementiessenziali per il passaggio dall’Anatomiamedievale a quella umanistica o rinasci-mentale. Infatti, la pratica dell’Anatomiane cessita di uno spazio diverso da quellodelle altre lezioni universitarie, che sigeneri sulle esigenze della vista e dell’udi-to, in cui si guardi l’essere umano nella suacomplessità e profondità, attraverso unaserie di azioni, che assumono un dichiaratoprestigio e valore simbologico.

L’evoluzione delle strutture anatomicheè decisamente ampia e caratterizza tutta lamodernità, in un arco di tempo che partedal Trecento per arrivare ai primi anni del -l’Ottocento; durante i secoli le caratteristi-che architettoniche di questi luoghi edell’evento che in essi si svolge cambianoin relazione all’epoca, ai personaggi e allefilosofie che li animano.

I teatri anatomici cominciarono a esserecostruiti intensamente verso la fine delCinquecento: si attribuisce ad AlessandroBenedetti (medico e umanista) l’invenzio-ne del teatro anatomico già alla fine delQuattrocento; all’inizio venivano smontatidopo le dissezioni, in seguito diventaronodelle istituzioni stabili.

Il Teatro Anatomico di Padova, comple-tato nel 1595 per opera di Girolamo Fabricid’Acquapendente, è il primo esempio almondo di struttura permanente creata perl’insegnamento dell’Anatomia: è a forma dicono rovesciato ed è articolato in sei ordi-ni, di ampiezza variabile.

Diversamente, l’anfiteatro di Bologna fucostruito nel 1631 all’interno del Palazzodel l’Archiginnasio, dando l’incarico ad An -tonio Paolucci, detto il Levanti, che ripro-dusse una sorta di “piazza”, alludendo alledinamiche cittadine e alla gestione del pote-re, arricchendolo di decorazioni. Con laposizione del tavolo dissettorio al centro ela cattedra incastonata nella gradinata, reli-gione e sapere universitario creavano duepoli d’attenzione, staccati dalla sezione delcorpo che era al centro della sala.

Padova e Bologna furono i prototipi didue modi diversi di concepire lo spaziosettorio, e aprirono la strada a modelli, chefurono variamente rivisitati in Italia e inEuropa.

Sia Alessandro Benedetti nel suo Ana -tomice, sive Historia corporis humani libriquinque (1493) sia Charles Estienne, nel Dedissectione partium corporis humani libri

*Università degli Studi di Firenze, Sezione Biomedica Museo di Storia naturale, [email protected]

Beatrice Messeri*

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tres (1545), presentano la dissezione comeuno spettacolo meraviglioso, non più ascopo esclusivamente didattico, doveanche la scelta dei luoghi e la disposizionedelle persone, che vi assistevano, era fon-damentale.

Nell’opera di Estienne, in particolare, èdedicata ampia trattazione agli aspetti teo-rici e pratici della costruzione del teatroanatomico.

Risulta particolarmente interessante, inquesto percorso, l’analisi di due edizionidell’opera di Andrea Vesalio, che, attraver-so la rappresentazione grafica, documenta-no l’evoluzione dello spazio settorio.

Nel frontespizio dell’edizione del 1543del De humani corporis fabrica, vediamolo scienziato intento nello svolgimento diuna dissezione con un’ambientazione piut-tosto realistica. L’incisore Johan Stephenvon Calcaar (allievo di Tiziano) raffigurauna scena con uno scorcio di un teatroprobabilmente in legno, davanti a unpalazzo, forse in un cortile. Il pubblico èdistribuito su tre gradinate principali connello sfondo l’emiciclo del palazzo dise-gnato da colonne e architrave riccamentedecorati, che lascia intravedere la prosecu-zione della struttura al piano superiore,con due persone affacciate nella zona piùalta. Il fulcro compositivo è comunque ladissezione anatomica, ubicata nella partebassa in zona intermedia. Nella rappresen-tazione di questa scena teatrale, sicura-mente il De Architectura di Vitruvio èstata opera di riferimento come anche iteatri di legno di Sebastiano Serlio; l’im-magine rappresentata è antesignana delteatro all’antica come il Teatro Olimpico

di Vicenza (1580-1585) iniziato da Palla-dio e terminato da Vincenzo Scamozzi equello di Sabbioneta (1588-1590) di Vin-cenzo Scamozzi.

L’edizione del 1555, di Basilea, presen-ta un frontespizio molto simile, seppure inuna versione colorata e con molti partico-lari relativi alle persone sulla scena deci-samente differenti. Ma, nonostante talivariazioni la composizione architettonicaè rimasta la stessa. Vesalio è rappresentatonell’atto di dissezionare un cadavere fem-minile, in questo modo rom pendo la tradi-zione dove era prevista una separazione di

Andreae Vesalii opera omnia anatomica et chirurgica,1725. Il frontespizio ricalca quello del 1543, se sieccettua la rimozione del titolo nella zona centrale ela modifica del cartiglio con la data

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spazi e competenze tra chi leggeva il testodi Anatomia e chi operava sul cadavere.

L’edizione del 1568 di Venezia riporta,invece, un frontespizio completamente dif-ferente con la rappresentazione della pacetra il ramo di olivi (ramus felicis olivae) ela cornucopia (simbolo dell’abbondanzaapportato dalla pace). Nell’edizione del1642, di Amsterdam, la vista generale delteatro scompare e la struttura architettonicaè ridotta al minino: viene inquadrata solo lascena della dissezione in primo piano e isuoi principali attori. Nella zona retrostantedue figure inserite in una nicchia e sormon-tate da due putti sorreggono il panno distoffa con il titolo.

Si rileva dallo studio come la rappresen-tazione grafica dell’evento settorio e glistudi a esso correlati ci documentano ladidattica medica ma anche la vita di unacittà e la cultura diffusa in quel periodo sto-rico. I teatri anatomici non devono essereconsiderati dei meri contenitori architetto-nici dell’evento teatrale ma invece l’archi-tettura svolge il ruolo di memoria storica,tramandandoci le testimonianze della so -cietà dell’epoca.

Bibliografia Benedetti A., Historia corporis humani sive Anatomi-ce, a cura di Ferrari G., Giunti, Firenze, 1998.Benedetti A., Historia corporis humani sive Anatomi-ce, Venezia, 1502.Carlino A., L’anatomia a teatro tra didattica, cele-brazione e edificazione, in Carlino A., Ciardi R.P.,Luppi A., Petrioli Tofani A. (a cura di), L’anatomia

tra arte e medicina, Silvana Editoriale, Milano, 2010,pp. 12-23.Carlino A., Ciardi R.P., Petrioli Tofani A. (a cura di),La bella anatomia. Il disegno del corpo fra arte escienza nel Rinascimento, Silvana Editoriale, Milano,2009.Carlino A., Ciardi R.P., Luppi A., Petrioli Tofani A. (acura di), L’anatomia tra arte e medicina, Silvana Edi-toriale, Milano, 2010.Carlino A., Ciardi R.P., Luppi A., Petrioli Tofani A. (acura di), Visioni anatomiche. Le forme del corpo neglianni del Barocco, Silvana Editoriale, Milano, 2011.Cazes H., Théâtres imaginaires du livre et de l’anato-mie: La Dissection des parties du corps humain,Charles Estienne, 1545-1546, Fabula/Les colloques,Fiction du savoir à la Renaissance, <http://www.fabu-la.org/colloques/document103.php> Estienne C., La Dissection des Parties du corpshumain, Simon de Colines, Paris, 1546.Mascardi C., I teatri anatomici nella cultura moderna.Storia e storie di teatro, scienza, arte e società, Uni-versità di Bologna, 2011.Vesalius A., Andreae Vesalii Bruxellensis, scholaemedico rum Patavinae professoris, suorum de humanicorporis fabrica libro rum epitome, ex officina IoannisOporini, Basilea, 1543.Vesalius A., Andreae Vesalii Bruxellensis… De humanicorporis fabrica libri septem, per Ioannem Oporinum,Basilea, 1555.Vesalius A., De humani corporis fabrica libri septem.Cum indice rerum & uerborum memorabilium locu-pletissimo, apud Franciscum Senensem & IoannemCriegher Germanum, Venezia, 1568.Vesalius A., Librorum Andreae Vesalii Bruxellensis Dehumani corporis fabrica epitome: cum annotationibusNicolai Fontani Amstelredamensis medici, apud Ioan-nem Ianssonium, Amsterdam, 1642.

Sitografia<http://www.unipd.it/universita/patrimonio-artistico-cul-turale/palazzo-bo-teatro-anatomico/teatro-anatomico>.<ww.cis.unibo.it/bslc/tesori/archiginnasio/home.html>.

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INDAGINE SUL GESTO ESPRESSIVO ATTRAVERSO L’ATLANTE DEL DOLORE DI PAOLO MANTEGAZZA

QUADERNO 4 2015: 65-68

Paolo Mantegazza (1831-1910) medico eantropologo italiano, si distinse nel corsodella sua vita per il cospicuo numero dipubblicazioni a carattere divulgativo e perl’attivo interesse dimostrato in vari ambitidisciplinari, dalla patologia all’igiene, dallafisiologia all’antropologia. In questa sedesarà discusso l’apporto dell’autore allo stu-dio della mimica e del gesto espressivoattraverso l’indagine di un Atlante pensatocome compendio iconografico alla Fisiolo-gia del Dolore (1880). Lo studio dell’espressione delle emozio-

ni divenne nell’Ottocento tema di grandeinteresse, ormai svincolato dalle indaginifisiognomiche che tendevano a tracciareuna rigida corrispondenza tra carattere efisionomia del volto, ora più orientatoverso un’analisi di tipo fisiologico-psicolo-gico. All’indomani dell’uscita de L’espres-sione delle emozioni nell’uomo e negli ani-mali (1872) di Charles Darwin, con il qualeMantegazza aveva già discusso riguardo lateoria della selezione sessuale, l’autoredecise di proseguirne lo studio sul temadelle espressioni, intenzionato ad ampliaree completare la teoria darwiniana. Ripercorrendo le sue pubblicazioni ante-

cedenti al 1881 è possibile osservare come

l’interesse per gli aspetti psicologici e moralidella natura umana accompagnò l’autore sindagli anni giovanili: l’idea di scrivere una«storia naturale dell’uomo» è già in nuce nelsuo primo viaggio in America Latina, ovealle analisi antropometriche e fisiche deipopoli incontrati si aggiunge una riccadescrizione di usi, costumi e senso comune,tant’è che nelle pagine del Giornale dellamia vita di quegli anni Mantegazza imma-ginò di scrivere un Museo di NumismaticaMorale. La pubblicazione non ebbe luogo,ma tornato in Italia diede alle stampe LettereMediche, opera di patologia storico-geogra-fica arricchita da osservazioni etnografiche,etnologiche, psicologiche, antropologiche.Sarà la sua formazione poliedrica a dare allesue indagini sulla mimica e il gesto espres-sivo un respiro più ampio, che non si arrestòalle sperimentazioni fisiologiche ma inclusenell’analisi osservazioni di carattere antro -pologico, psicologico, estetico. La pubblicazione dell’Atlante del Dolo-

re è datata 1876, la Fisiologia del dolore,testo di cui l’Atlante doveva essere uncompendio, fu pubblicata quattro anni do -po, nel 1880. Non si sa con precisione daquando l’autore iniziò a collezionare mate-riale iconografico inerente all’espressione

*Università degli Studi dell’[email protected]

Jessica Murano*

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66 ATTI - Giornate di Museologia Medica

delle emozioni, sappiamo però che gliesperimenti fisiologici per tentare di misu-rare l’intensità del dolore e la tolleranzadello stesso nei diversi individui iniziòalmeno nel 1868, da quanto cioè si opposeal metodo scientifico operato da Lombrosoper tracciare l’algometria del dolore attra-verso «un apparecchio a induzione allaRhumkorf» che, a parere di Mantegazza,altro non era che un misuratore della tolle-ranza per la corrente indotta. L’autore stes-so si era prodigato nella creazione di unostrumento per stimolare artificialmente ildolore: «ma l’espressione del dolore è cosìdiversa nei diversi individui, e la tolleranzaper uno stesso dolore varia nello stessouomo a intervalli così brevi di tempo e perinfluenze così minime, che ho dovutorinunziare al mio algometro ed all’algome-tria, credendo oggi impossibile la misurascientifica del dolore». Mantegazza si reseben presto conto dunque dei limiti di quelmetodo sperimentale di cui si fece portato-re, la sua cieca fiducia nell’osservazionedel dato empirico, della possibilità di«misurare tutti i fenomeni con gli occhialidella scienza» venne meno nel momento incui si prefisse il compito di studiare i sen-timenti umani e l’espressione degli stessi.È interessante osservare i parametri chedevono neces sariamente essere tenuti daconto per comprendere il grado e l’inten-sità dei sentimenti: la sensibilità, l’intelli-genza, la razza, il sesso, l’età, l’uso oabuso di sostanze. Accanto all’indaginefisiologica dunque, Mantegazza associauno studio psicologico e antropologicodell’espressione dolorosa, di cui l’Atlanteè testimonianza.

Nella Fisiologia del Dolore (1880) l’au-tore si compiaceva d’aver trovato unanuova legge dei fatti mimici: molti dolorifisici si esprimono con la stessa mimica deidolori morali. La mimica dunque, quandonon strettamente connessa a un meccani-smo di difesa fisiologico, è metaforica. Isentimenti, così come i pensieri, passano inprimis dal corpo, che li esprime attraversouna motricità che è al tempo stesso metafo-ra di uno stato d’animo. Tale legge percorrel’intero Atlante, ove alla rappresentazionedei dolori fisici è associata la rappresenta-zione dei dolori morali, come vedremo trapoco.

P. Mantegazza, Atlante dell’espressione del Dolore,tavola III, fotografia scattata presso il Museo diAntropologia ed Etnologia di Firenze da JessicaMurano

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La raccolta d’immagini che diede vitaall’Atlante si costituisce di un piccolonucleo di scatti (7 fotografie) ritraenti sog-getti ripresi mentre si sottoponevano agliesperimenti sulla misurazione del dolore diMantegazza. A queste se ne aggiunge unopiù consistente (88 fotografie) riproducentiopere d’arte (quadri e sculture) aventicome soggetto personaggi che esprimonouna forma di dolore. Le fotografie furonofissate su dei cartoni e sotto ciascuna diesse venne giustapposta una didascalia. Icartoni relativi alle riproduzioni artisticheportano la dicitura «Espressioni del dolo-re», mentre le fotografie sperimentali por-

tano la dicitura «Espressioni del doloreprese dal vero». In qualche caso le fotosono riunite per soggetto, in altri casi pertema comune. Al contempo, Mantegazzacommissionò allo scultore pavesino Raf-faele Re diversi bustini in gesso rappresen-tanti ‘l’alfabeto mimico’ del dolore e,nell’archivio del Museo di Antropologiaed Etnologia da lui fondato si trova unAlbum legato in marocchino con fotogra-fie esprimenti emozioni e passioni umane.È quindi probabile che in questo periodol’autore abbia continuato a raccoglieremateriale sull’argomento; questo potrebbespiegare il motivo per il quale le fotografiedell’Atlante sono stampe incollate allepagine e non riprodotte con sistema tipo-grafico.Il testo si apre dunque con le espressioni

di dolore dei sensi «prese dal vero»: foto-grafie sperimentali in cui l’autore stesso siprestò a fare da cavia per immortalare leespressioni del dolore fisico. Seguono leespressioni elementari del dolore: unatavola dedicata al Cristo, due alla Madda-lena (tav. IX- X) e una alla MiscellaneaSacra e Profana (tav. XI). Le prime duetavole dimostrano come l’uomo e la donnapatiscano il dolore in maniera assai diffe-rente. Per l’autore, gli uomini sono statieducati a non manifestare il dolore, a trat-tenere le lacrime per mantenere intatta lavirilità che dovrebbe contraddistinguerli.Nell’Ecce Homo (1508 c.ca) di Fra Barto-lomeo, così come in quello di Guercino eGuido Reni la sofferenza del Cristo si con-centra tutta sul volto levato al cielo e gliocchi imploranti. Le donne viceversa, ma -nifestano il loro dolore con una mimica

P. Mantegazza, Atlante dell’espressione del dolore,tavola V, fotografia scattata presso il Museo diAntropologia ed Etnologia di Firenze da JessicaMurano

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68 ATTI - Giornate di Museologia Medica

espressiva e ricca di forme. La donnaviene educata a essere aggraziata in ognisuo atteggiamento, ma le è consentitoesprimere il dolore in tutto il suo manife-starsi. Quando il dolore raggiunge il suoapice, la donna non trattiene le lacrime e siaddolora con tutto il corpo, l’uomo invecesi abbandona in una mimica bestiale escoordinata. Nella tavola IX e X è ben vi -sibile questo scarto, nella prima tavoladelle opere d’arte la Maddalena soffre inmaniera composta e aggraziata; nella se -conda la Maddalena pentita (1670) delFranceschini si accascia a terra con tutto ilsuo peso. La tavola seguente (XVII) mo -stra le espressioni a grande reazione nelleopere d’arte, dove si vede come il doloresi impadronisca di tutto il corpo. Il Tizio(1638) di Salvator Rosa si contorce didolore e sembra urlare disperato, la donnache vede suo figlio mangiato dal leone neldipinto Il Leone di Firenze (1801) di Mon-siau leva le mani al cielo in un grido di ter-rore così come la Venere che piange Adone(1603-04) del Domenichino. Sem bra cheMantegazza abbia voluto raggruppare siaopere che esprimono fedelmente le espres-sioni a grande reazione che quelle che nonsono riuscite nell’intento; nella tavolaXVII Mantegazza inserisce infatti il dipin-to Ninfa seguita da un Satiro (1515) diGiorgione, dove pare che il pittore si siapreoccupato di restare fedele al passo vir-giliano della Galatea «Malo me Galatea

petit, lasciva puella, Et fugit ad salices, etse cupit ante videri» mitigando così la rap-presentazione del terrore per far emergerela voluttuosa bellezza della ninfa. I doloridella sensibilità generale sono invece affinialle espressioni paralitiche di dolore, cheMantegazza accosta al gruppo iconografi-co della Deposizione dalla Croce. L’idea dell’Atlante è certamente innova-

tiva: grazie alla tecnica del montaggiomostra al lettore una galleria d’immaginiin cui fotografia sperimentale e opere d’ar-te vengono accostate secondo un criterionon formale ma piuttosto descrittivo dellesue teorie sulla mimica del dolore. L’inda-gine iconografica completa e arricchiscequella più strettamente fisiologica, resti-tuendo un quadro completo sulla manife-stazione di tale sentimento.

BibliografiaMantegazza, P., Dell’espressione del dolore, Parte I,«Archivio per l’Antropologia e la Etnologia», vol. 4,1876, pp. 1-11.Mantegazza, P., Dell’espressione del dolore, Parte II,«Archivio per l’Antropologia e la Etnologia», vol. 6,1876, pp. 1-16.Mantegazza, P., Atlante dell’espressione del dolore,Brogi, Firenze, 1876.Mantegazza, P., Fisiologia del dolore, Paggio, Firenze,1880.Mantegazza, P., Fisionomia e Mimica. Con più dicento disegni originali di Ettore ed Eduardo Ximenes,Dumolard, Milano, 1881.

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I SUSSIDI DIDATTICI PER L’INSEGNAMENTO DELL’ANATOMIA UMANA A PISA

QUADERNO 4 2015: 69-72

L’organizzazione di studi superiori aPisa risale al 1343, quando fu istituito loStudio Generale Pisano, con l’emanazionedella bolla In supremae dignitatis di papaClemente VI. Gli studi ebbero un grossoim pulso con Lorenzo il Magnifico. Con lachiusura dello Studio Generale Fiorentino,fondato 120 anni prima, i cui studi medicie anatomici continuarono a svolgersi solopresso l’Arcispedale di Santa Maria Nuo -va, tutte le risorse economiche e culturalifurono concentrate dai Medici su Pisa. Findalla sua origine, lo Studio Pisano non tra-scurò l’indagine anatomica. I primi dati suquest’importante insegnamento si hannosolo verso il 1544, quando Andrea Vesalio(1514-1564) fu chiamato a tenere lettureanatomiche a Pisa.La rivoluzione negli studi anatomici ini-

ziò proprio con Vesalio che interruppe lalunga e obsoleta tradizione galenica. Que-sto passaggio fu sancito dalla pubblicazio-ne, nel 1543, di una pietra miliare neglistudi anatomici, il De humani corporisfabrica, ricco di splendidi disegni. Pareche la scientificità e la correttezza di quelleillustrazioni abbiano influenzato anche fa -mosi scultori e pittori del Rinascimento.

Sono proprio questi straordinari disegni arappresentare la prima testimonianza mo -derna della volontà di raffigurare il corpoumano non solo per ragioni scientifiche,ma anche e soprattutto didattiche.I Medici crearono un clima favorevole

all’insegnamento dell’Anatomia. I magi-strati si adoperavano perché i cadaveri deidelinquenti fossero a disposizione deglistudenti. Anche le esecuzioni capitali e -rano concentrare nel periodo d’aperturadello Studio Generale, affinché il materia-le fosse ben utilizzato e c’era la precisaindicazione di non danneggiare il cadave-re in vista degli scopi scientifici. CosimoI disponeva che ogni anno, durante levacanze di carnevale, «il Lettore di noto-mia facesse una metodica continuatalezione ed ostensione sul cadavere d’unqualche condannato a pena capitale»,consegnato poi agli studenti che nell’arcodi una dozzina di giorni provvedevanoalla sua completa dissezione. Questa pub-blica dissezione fu ordinata negli Statutidell’Università alla rubrica 50 (De anato-mia singulis annis facienda), e fu eseguitapoi quasi ogni anno, fino agli inizi del-l’Ottocento.

*Università di Pisa, Museo di Anatomia umana “Filippo Civinini”, Dipartimento di Ricerca Traslazionale edelle Nuove Tecnologie in Medicina e [email protected]

Gianfranco Natale*

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70 ATTI - Giornate di Museologia Medica

Dopo Vesalio, altri illustri maestri inse -gnarono Anatomia nella Scuola Pisana:Realdo Colombo (dal 1545 al 1548), Ga -briello Falloppia (dal 1548 al 1551), CarloFracassati (dal 1665 al 1668), LorenzoBellini (dal 1668 al 1703), Paolo Masca-gni (nel 1800), Filippo Civinini (dal 1835al 1842) e Filippo Pacini (dal 1844 al1846).A Mascagni si deve la realizzazione della

pregevole serie di tavole anatomiche dell’A-natomia Universa. Quest’opera non è straor-dinaria solo per la precisione e la qualità deidisegni e dei colori, ma anche per gli intentididattici dell’autore. Le tavole raffigurano

una figura umana a grandezza naturale.Secondo la dissezione per piani, il corpo èvisto anteriormente e posteriormente in quat-tro strati: 1) la superficie corporea, priva deltegumento, mostra muscoli, vasi e nervisuperficiali; 2) muscoli, vasi e nervi piùprofondi; 3) muscoli e tronchi dei vasi arte-riosi e venosi; 4) scheletro e ligamenti. Lasoluzione scelta per la rappresentazione deimuscoli nelle figure intere, che in buonaparte appaiono distaccati per un capo dellaloro inserzione e più o meno allontanati eribaltati rispetto alla loro posizione normale,è indubbiamente dettata dall’intento di con-sentire sia l’apprezzamento dei rapporti che

Le tavole anatomiche di Paolo Mascagni inizialmente esposte nella galleria del pianterreno dell’Istituto anato-mico di Pisa

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ATTI - Giornate di Museologia Medica 71

questi contraggono tra loro su piani diversi,sia la visione, altrimenti nascosta, dei pedun-coli vascolari e nervosi.Questa lunga tradizione di studi anato-

mici rappresentò il punto di partenza per losviluppo e il perfezionamento dell’attivitàdidattica e delle tecniche di conservazionedei preparati anatomici. Nei primi anni del-l’Ottocento, gli articoli XIV e XV delRegolamento Proposto dal Collegio Medi-co dell’I. e R. Università di Pisa per l’inse-gnamento dell’Anatomia Pratica approva-to dall’illustrissimo Sig. Consultore Regiosoprintendente agli studj del Granducatoin esecuzione del motuproprio sovrano deldì 31 ottobre 1818 pose concretamente lebasi per la conservazione di preparati ana-tomici. Questo regolamento era in fondo alRegolamento per la Regia Università diPisa approvato da S.A.I. e R. con benignorescritto de’ IX. Novembre MDCCCXIV. Inparticolare, nell’articolo XIV si legge: «Sein tempo che il Settore dirigerà la Gioventùnegli Esercizj pratici, s’incontreranno dellerare affezzioni di Visceri, o di Parti, concre-zioni morbose ec., questi pezzi patologicisaranno scrupolosamente raccolti, e prepa-rati per la conservazione ad istruzione de’

Medici, e de’ Chirurghi. Quindi, per esem-pio, se si troveranno Ossa mal riunite nel-l’accadute fratture... ec. tutto dovrà esserconservato, se possa reputarsi dal Settoreistruttivo per la Scuola Chirurgica. Così ses’incontrino vizj enormi ne’ Visceri; tumoriinterni glandulari; alterazioni non naturali,e che giovino all’istruzione Medica, ancoquesti pezzi dovranno esser conservati, epreparati, o custoditi in modo che non pos-sano perire». L’articolo XV prevedeva, poi,per le parti non conservabili, la loro minu-ziosa descrizione in un apposito libro inti-tolato Osservazioni rare fatte nella Scuoladi Anatomia pratica di Pisa. Fra gli allievi,si auspicava anche la presenza di alcunoistruito nel Disegno, per avere anche delleimmagini relative ai pezzi descritti. Lararità di certi reperti anatomo-patologiciindirizzava quindi verso la necessità di unacultura della conservazione, con il nobilescopo di permettere a tutti di usufruire delleconoscenze.Un passo fondamentale verso un’ulte-

riore affermazione del valore didatticodegli studi anatomici fu l’istituzione di unmuseo da parte di Civinini. Sul finire del1834 nacque il Museo d’Anatomia fisiolo-gica e patologica umano-comparativa.L’intento della collezione era chiaro: i pre-parati sono «pregievoli tutti per la loroqualità e molto opportuni alla pubblicaistruzione, alcuni rarissimi e non possedutianche dai più adulti Gabinetti, o forseanche nuovi o almeno ignoti fin qui».Civinini allestì molti preparati di cranio odi vertebre in cui le singole parti eranodistinte con colori diversi (preparati varia-mente colorati). In quel periodo s’accesero

Il professor Giovanni Vitali (1876-1963) insegnaAnatomia con l’ausilio di tavole realizzate nell’Isti-tuto anatomico di Pisa

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72 ATTI - Giornate di Museologia Medica

discussioni scientifiche sul valore didatticodi questi modelli. C’erano i fautori dellatesta montée à distance, di scuola francese,e i fautori della testa variamente colorata,di scuola italiana. Civinini dedicò un arti-colo scientifico a sostegno del suo modellodidattico.Il museo conserva altri preparati didat-

tici realizzati con i materiali più diversi.Oltre ai calchi in gesso, ci sono molti pre-parati embriologici in cera realizzati inGermania fra la fine dell’Ottocento e gliinizi del Novecento dalla ditta tedescaFriedrich Ziegler di Friburgo.In cartapesta sono alcuni modelli anato-

mici, fra i quali uno generale del corpoumano, con organi smontabili, realizzatoin Francia nel 1861. Si tratta delle statueelastiche, realizzate dal dottor Auzoux.Pare che lo stesso ministro della PubblicaIstruzione raccomandasse queste famosestatue. Il dottor Lemercier, rappresentantedella ditta produttrice di questi modelli,giunse a Pisa nel 1852, per una dimostra-zione pratica.In tempi più recenti, prima dell’arrivo

delle diapositive e delle moderne proiezio-ni computerizzate integrate con internet,gli stessi docenti provvedevano a dareindicazioni per il disegno e la colorazionedi grandi tavole tratte dai libri oppure con-cepite ex novo. L’istituto era attrezzato con

un tecnigrafo per la loro realizzazione.Queste tavole, solitamente prive di indica-zioni scritte, erano appese nell’aula duran-te la lezione.

BibliografiaCivinini F., Della origine progressi e stato del Museod’Anatomia Fisiologica e Patologica Umano-Compa-rata dell’I. e R. Università di Pisa all’epoca del PrimoCongresso degli Scienziati Italiani l’anno 1839, RanieriProsperi, Tipografia dell’I. e R. Università, Pisa, 1841.Corradi A., Dello studio e dell’insegnamento dell’ana-tomia in Italia nel Medio Evo e in parte del Cinque-cento, «Gazzetta Medica Italiana - Provincie Venete»,anno XVI, n. 37 e anno XVII, nn. 7, 8, 9, Stab. Di P.Prosperini, Padova, 1873.Fedeli C., Gli studi medici a Pisa cinquant’anni orsono. Cenni e ricordi, «Rivista Storica delle ScienzeMediche e Naturali», XVII, 1926, pp. 125-137.Feroci A., La scuola chirurgica in Pisa nel secoloXVIII, Stabilimento Tipografico Toscano, Pisa, 1911.Ferrarini G., L’insegnamento della Patologia Chirur-gica nella storia dell’Università di Pisa, TipografiaModerna Riziero Alessandrini, Pisa, 1923.Intorno al completamento della Facoltà Medico-Chi-rurgica della R. Università di Pisa. Istanza del Sinda-co di Pisa al Prefetto della Provincia e documentirelativi. Pisa, Tipografia Nistri, 1868.Natale G., Paparelli A., Medicina, archeologia e studiodell’Uomo nella tradizione di Vesalio, in Alberto Zam-pieri e Laura Zampieri (a cura di), Alla ricerca dell’ar-te di guarire. Storia della sanità a Pisa dal Medioevoal 1861, Volume I, Edizioni Ets, Pisa, 2006.Regolamento per la regia Università di Pisa approvatoda S.A.I. e R. con benigno rescritto de’ IX novembreMDCCCXIV, Presso Ranieri Prosperi, Stampatoredella R. Università, Pisa, 1814-1838.

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PROFESSIONALITÀ E TECNICHE PER LA REALIZZAZIONE DEI MATERIALI GRAFICI UTILIZZATI NELLA DIVULGAZIONE SCIENTIFICA

QUADERNO 4 2015: 73-78

L’Anatomia è disciplina che per lo studionon può fare a meno di un supporto visivo,sia esso un corpo sezionato, un preparato, unmodello o una tavola. Il mo mento più signi-ficativo nel suo insegnamento è d’altro cantoquello della dis sezione, che si configuracome ‘rappresentazione’ in uno spazio ap -positamente co struito affinché molti spet-tatori possano assistere all’evento. E dalteatro – la cui derivazione etimologica èdal greco theàomai, io guardo – tale spa-zio mu tua il nome e la finalità, assumendola denominazione di Teatro anatomico.

L’impossibilità di poter avere a disposi-zione in maniera continuativa corpi suiquali studiare ha portato nei secoli alla rea-lizzazione di ausili didattici, come le tavoleanatomiche sulle quali in questo interventoci soffermeremo. In particolare l’attenzio-ne sarà rivolta alle professionalità e alletecniche che sono alla base di tali materialigrafici appositamente pensati per la didat-tica delle scienze mediche per gli studentidi Medicina, oltre che dell’anatomia per

quelli delle scuole di Belle arti. Il binomioArte e Anatomia è d’altro canto ineludibi-le. In questo anno nel quale celebriamo ilbicentenario della scomparsa di PaoloMascagni è facile ricordare come il suoimpegno fu teso alla realizzazione di dueAtlanti anatomici, l’uno per gli studenti diMedicina e l’altro per gli artisti.

Ma già tre secoli prima del grande Ana-tomista senese, Leon Battista Alberti nelsuo De Pictura aveva dichiarato necessariala conoscenza del cadavere attraverso ladissezione, come approfondimento del di -se gno: «come a vestire l’uomo prima si di -segna ignudo, poi il circondiamo di panni,così dipignendo il nudo, prima pogniamosue ossa e muscoli, quali poi copriamo consue carni che non sia difficile intendereove sotto sia ciascuno moscolo». Si trattadi rapporti simmetrici e modulari legati allastatica e al movimento, ai canoni e alle pro-porzioni per capire e rappresentare in modochiaro le parti che compongono il corpoumano.

*Università di Siena, Centro servizi CUTVAP (Tutela e Valorizzazione Antico Patrimonio scientifico). [email protected]**Università di Siena, Consiglio direttivo Centro servizi CUTVAP (Tutela e Valorizzazione Antico Patrimonioscientifico)[email protected]

Davide Orsini*

Maria Luisa Valacchi**

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74 ATTI - Giornate di Museologia Medica

Così come nel XVI secolo Giorgio Vasa-ri nel Proemio delle Vite insisteva sullaopportunità dello studio «degli uominiscorticati per sapere come stanno l’ossasotto et i muscoli et i nervi con tutti gli or -dini e termini della notomia, per potere conmaggior sicurtà e più rettamente situare lemembra nell’uomo e porre i muscoli nellefigure».

Senza dimenticare che in pieno Quattro-cento papa Sisto IV nella bolla De cada-verum sectione (1472) aveva dichiaratol’Anatomia come «utile alla pratica me -dica e artistica», una vera e propriafusione tra realismo clinico e sensibilitàartistica.

Lo stretto rapporto tra Arte e Scienzaanatomica non è però limitato solo al pro-dotto artistico o educativo, ma prende vitaproprio nella realizzazione dei supportididattici oggetto di questo intervento.

Le tavole che accompagnano gli scrittidei grandi anatomisti sono in realtà opere,talora pregevoli, di veri e propri artisti,che dovevano possedere anche una buonaconoscenza dell’anatomia umana. Eccoallora che nel De Humani Corporis Fabri-ca di Vesalio si possono ammirare le inci-sioni dell’olandese Jan Stephan van Cal-car e immaginare, secondo una accettabiletradizione, l’intervento di Tiziano.

Per il De dissectione partium corporishumani libri tres, che presenta uno tra ipiù alti apparati grafici dell’epoca, Char-les Estienne si affidò a una squadra diillustratori, tra i quali Perin del Vaga, col-laboratore di Raffaello, Rosso Fiorentinoe altri maestri della scuola di Fontaine-bleau.

E lo stesso Mascagni si avvalse di gran-di disegnatori e incisori come il bologneseCiro Santi che preparò i rami per le imma-gini a corredo del Vasorum lymphaticorumhistoria et ichnographia, costretto per setteanni a «stare sopra tante centinaia di cada-veri infradiciati», il fiorentino AgostinoCosta e Antonio Serantoni, che lavorò alfianco del grande Anatomista dal 1801 al1815 disegnando i suoi preparati, inciden-doli nel rame per ottenerne poi la stampacon l’acquaforte e, quando necessario,colorarle a mano.

Ce ne danno testimonianza, nomi e sigleche in antico venivano collocati alla basedelle tavole, nel margine inferiore all’inter-no della battuta della lastra e che perciòcompaiono incisi: il nome del disegnatoreseguito dal termine delineavit, delineavit etpinxit (o et color expressit), e in alcuni casidelineavit et direxit; il nome dell’incisoreseguito da sculpsit o incidit, e nel caso incui disegnatore e incisore coincidevanodelineavit idemque incidit.

Il nome dell’editore che aveva l’incaricodi tirare le copie era seguito dalla parolaexcudit.

Certamente in questo stretto quanto pro-ficuo rapporto tra Scienza e Arte assumonouna grande rilevanza le tecniche che sonoalla base della realizzazione delle incisioni.

Le splendide tavole dell’opera di Vesa-lio furono ad esempio realizzate tramiteuna incisione in rilievo su legno di pero(xilografia). La matrice veniva scolpita inaltorilievo su una tavola di legno scelto,come una sorta di moderno timbro. Il dise-gnatore tracciava il disegno sulla superfi-cie lignea (all’inizio fu usato il pero e in

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ATTI - Giornate di Museologia Medica 75

seguito legni più duri come il ciliegio e ilbosso); quindi l’intagliatore, per mezzo disgorbie, intagliava tutto intorno al disegnole parti che sarebbero dovute rimanerebianche, lasciando in rilievo solo l’imma-gine da stampare.

Il risultato sul foglio stampato era diuna immagine ben definita, rovesciatarispetto alla matrice, ma spesso caratteriz-zata dalla mancanza di profondità, essen-do le parti stampanti superfici piane: l’e-ventuale differenza di tono tra le varieparti dell’immagine era suggerita daisegni più radi o più fitti della composizio-ne. Esempi qualitativamente alti sono rap-presentati dal frontespizio e dal ritratto diVesalio con i quali si apre il De humanicorporis fabrica libri septem, che sonoall’apice della tecnica xilografica e al con-tempo portatori di una straordinaria caricarivoluzionaria che ca ratterizza il volume,‘manifesto’ del nuovo metodo anatomico.La prima incisione rappresenta una lezio-ne di dissezione, nella quale il maestronon si trova in cattedra con un trattato diAnatomia, come era in uso all’epoca, madisseziona in prima persona il cadavere,mostrando agli spettatori le varie partianatomiche. La stessa posa scelta da Vesa-lio per essere ritratto nel volume comuni-ca con immediatezza la sua concezionedell’Anatomia, secondo la quale la cono-scenza del corpo umano deriva dalla dis-sezione eseguita in prima persona dall’a-natomista, che poi diffonde il suo sapereattraverso la parola e gli scritti.

La tecnica xilografica raggiunse altezzenon più superabili con le illustrazioni deiCommentarii del senese Pier Andrea Mat-

tioli disegnate con arte e ingegno da Gior-gio Liberale da Udine e intagliate da Wol-fang Meyerpeck. I legni preparati per leincisioni furono per un certo tempo consi-derati persi fino a che Duhamel de Mon-ceau non li ritrovò e ne riutilizzò alcuni,con risultati eccellenti, per il suo Traitédes arbres (1755), opera che segnò defini -tivamente la fine dell’illustrazione botani-ca su legno.

Ma intanto si era affermata la calcogra-fia, tecnica incisoria per incavo. La matricecalcografica, di norma in rame levigato aspecchio (ma anche argento, zinco e ferro),veniva ricoperta di uno strato di cera conpece e mastice sul quale il disegnatoretracciava il disegno, che veniva quindiinciso con il bulino o la puntasecca. Ripu-lita dalla pece, la lastra veniva inchiostratacon un tampone perché potesse stampare ilfoglio di carta.

Fra le tecniche di stampa calcograficacon matrice di metallo fu particolarmenteutilizzata l’acquaforte. La matrice di rameveniva ricoperta di cera nera sulla quale sidisegnava l’immagine: la successiva inci-sione lasciava scoperto il rame in corri-spondenza del disegno. Vi si versava sopral’acquaforte, acido nitrico con acqua, per-ché corrodesse le parti che l’incisioneaveva private della cera. Il principio di taletecnica si basa sul potere protettivo dellacera nera e su quello cor rosivo di un mor-dente, in questo caso l’acido nitrico. Lalastra, ripulita, era pronta per la stampacome una normale calcografia. L’interven-to successivo su una stessa matrice per-metteva ulteriori inchiostrazioni con il pre-valere di diversi colori; per questo motivo

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76 ATTI - Giornate di Museologia Medica

l’acquaforte si prestava meglio dell’inci-sione a bulino alla stampa a colori.

Esempi altissimi di incisioni ad ac qua -forte sono le tavole dell’Anatomia universae dell’Anatomia per uso degli studiosi discultura e pittura di Paolo Mascagni, cherisultano straordinarie per precisione e ric-chezza di particolari, oltre che esteticamen-te belle. Inoltre, se considerate in base allafinalità didattica, le Anatomiae universaeicones, nelle quali per la prima volta com-pare il sistema linfatico, testimoniano solu-zioni tecniche estremamente innovative:come una sorta di moderno polittico, unitetre a tre, offrono la rappresentazione delcorpo umano a grandezza naturale, ritrattocome su un tavolo autoptico, sia nella pro-spettiva anteriore che posteriore con un cri-terio stratigrafico, cioè dal piano muscolarepiù superficiale fino allo scheletro.

Le tavole anatomiche del Mascagni fu -rono oggetto di un contenzioso che ebbegrande risonanza e che permette di intro-durre una ulteriore tecnica di stampa, lalitografia. Alla morte del grande Anatomi-sta un suo allievo e collaboratore, France-sco Antommarchi, portò con sé gli appuntie gli scritti approntati da Mascagni per ilgrande Atlante e le prove di alcune provedi stampa delle tavole anatomiche. Alcunianni dopo pubblicò a Parigi un’opera a suonome, «spacciando per suoi questi lavori»e «facendo incidere alcune tavole in lito-grafia col mezzo delle prove ricevute deirami» del Mascagni (R. Lippi, Elogio diPaolo Mascagni).

Al di là del furto intellettuale e delleconseguenze legali che ne seguirono, ser -ve a noi evidenziare che le tavole pubbli-

cate da Antommarchi furono realizzatecon la nuova tecnica detta stampa chimicasu pietra o arte litografica e in seguito piùsemplicemente litografia. Tale procedi-mento venne inventato nel 1796 dal tede-sco Alois Senefelder e cominciò a essereutilizzato a partire dai primi anni del XIXsecolo, conoscendo subito una rapida egrande diffusione

La litografia utilizza come matrice unapietra a base di carbonato di calcio, sullaquale il disegnatore riporta il soggetto dastampare, senza incisione ma in piano, ser-vendosi di pastelli a inchiostro grasso. Lapietra litografica ha la peculiarità di tratte-nere un velo d’acqua nelle parti non dise-gnate. Passando l’inchiostro, esso è respintodalle parti inumidite mentre viene trat tenutodalle parti grasse. Al torchio, perciò, ilfoglio di carta riceve solo l’inchiostro che sideposita sulle parti disegnate e non sullealtre.

A metà Ottocento la xilografia conosceun nuovo periodo di grande utilizzo, so -prattutto per realizzare le illustrazioni dilibri e giornali. Si utilizzano legni moltoduri, soprattutto il bosso, e tagliati in sensoperpendicolare alla venatura: xilografia ditesta o nuova xilografia. Questa innovazio-ne fu diffusa e resa famosa da ThomasBewick che, al contempo, introdusse l’usodel bulino al posto delle sgorbie.

Il nuovo secolo, il Novecento, vide l’af-fermarsi di sempre nuove tecniche, con icliché in zinco o rame, incisi con processifotografici e chimici per la riproduzionetipografica di fotografie e disegni.

E se le matrici lignee e i rami per lastampa delle tavole anatomiche sono per -

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si, tra gli oggetti conservati nel Museoanatomico “Leonetto Comparini” dell’U-niversità di Siena ci sono 13 moderni cli-ché in piombo serviti per stampare imma-gini anatomiche su testi di studio: tassellidi un’opera più grande concepita con lo

scopo di rappresentare l’uomo, organodopo organo, e ultime testimonianze digrandi capacità tecniche che nei secolihanno permesso di realizzare supporti gra-fici fondamentali per la diffusione del sa -pere scientifico.

Tavola tratta da Frederik Ruysch, Thesaurus anatomicus septimus, Amsterdam, apud Janssonio-Waesbergios,1727, in Opera omnia anatomico-medico-chirurgica. In basso si legge “C. Huÿberts ad vivum sculpsit”, a indicarel’opera di incisione fatta da Huÿberts osservando dal vero la ‘composizione’ di scheletri fetali e varie parti orga-niche realizzata da Ruysch

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BibliografiaD’Orazio A., La tecnica degli incisori, «Athenet online», n. 32, 2010. <http://www.unipi.it/athenet/32/ -art_ 5.htm> [10/2015].Le meraviglie dell’incisione descritte da GiorgioDuplessis, traduzione libera con note ed aggiunte di L.Chirtani, Fratelli Treves Editori, Milano, 1875.<http://www.tonipecoraro.it/Duplessis_le_meravi-glie_dell’incisione.pdf> [09/2015].

Monzani G., L’incisione sistemi antichi e moderni di ri -produzione grafica con tavole a colori e in nero, La Zin-cografia, Milano, 1915, pp. 23-25. <http://www.tonipe-coraro.it/Giuseppe_Monzani_l’incisione.pdf> [09/2015]Lippi R., Elogio di Paolo Mascagni, Batelli, Firenze,1823.Vannozzi F. (a cura di), L’eredità intellettuale di PaoloMascagni, Accademia delle Scienze di Siena detta de’Fisiocritici, Siena, 2015.

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IMMAGINI PER GLI STUDENTI:ANALISI DELL’ICONOGRAFIA DI DISPENSE LITOGRAFATE

PAVESI DI FINE OTTOCENTO

QUADERNO 4 2015: 79-82

IntroduzioneL’iconografia medico-chirurgica può di -

sporre di una storiografia ampia e consoli-data, frutto di tradizione storica e di esi-genze attuali di ricerca (e di esperienze epro posizioni culturali di impatto mediaticoal confine fra il commerciale e lo scienti-fico). Con il presente contributo si vuole sot-

tolineare la produzione iconografica deglistudenti per gli studenti. Anch’essa gode di una tradizione, ma fu

certamente la disponibilità di sussidi didat-tici a basso costo (al di fuori dall’attivitàdegli editori/stampatori specializzati nelletirature di non elevato livello formale, mapur sempre identificabili colla produzione

libraria tradizionale) a determinare e condi-zionare la necessità di una scelta iconogra-fica di origine e destinazione studentesca. Le dispense litografate di fine Ottocento

si segnalano quali materiali degni di tutela,stante la loro natura di materiali di uso econsumo (o almeno spesso non consideratiper una conservazione dagli istituti di con-servazione bibliografica). Attraverso la loro analisi comparativa

possiamo anche rilevare le differenti ne -cessità iconografiche delle singole discipli-ne, così come si andavano sviluppandoalla fine dell’Ottocento. La scelta dell’esempio pavese propone

diversi spunti d’interesse: innanzi tutto lapresenza di una consolidata tradizione in

*Università degli Studi di Brescia, Dipartimento di Specialità medico chirurgiche, Scienze radiologiche eSanità pubblica. **AO “Mellino Mellini” di Chiari (BS).***UO Servizio Beni culturali. Fondazione IRCCS Ca’ Granda Ospedale Policlinico di Milano.****Università degli Studi di Brescia, Dipartimento di Scienze cliniche e Sperimentali.*****Università degli Studi di Milano, Dipartimento di Scienze cliniche e di Comunità.

Alessandro Porro*

Bruno Falconi*Lorenzo Lorusso**

Paolo Maria Galimberti***Carlo Cristini****

Antonia Francesca Franchini*****

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80 ATTI - Giornate di Museologia Medica

proposito; indi la presenza di istituzioni eriferimenti scientifici comprovanti unarilevante presenza iconografica; infineun’attività studentesca particolarmentevivace.

Koiné iconografica, koiné studentescaL’analisi delle varietà di sussidi didatti-

ci, elaborati nel decorrere dei secoli, puòaiutarci a sempre meglio comprendere nonsolo la vita e l’ambiente universitario, maanche le basi formative dei futuri profes-sionisti.Se gli studi sulle comunità studentesche,

nei loro svariati aspetti (non esclusi quelligoliardici) sono tradizionalmente consoli-dati, altrettanto sembra non potersi dire diquelli relativi a talune categorie di stru-

menti didattici, probabilmente a causadelle caratteristiche intrinseche loro, con-dizionanti una scarsa conservazione negliistituti ad essa destinati.Le raccolte di dispense litografate rap-

presentano un interessante esempio, già inpassato proposto all’attenzione dei colleghi(1).Tuttavia, una riflessione sull’iconografia

relativa a tali sussidi didattici sembra noninutile, tenendo conto di una lettura basatasul concetto di koiné.

Discipline diverse, dispense litografatediverseL’esempio che proponiamo, quello del -

l’Università di Pavia alla fine del XIXsecolo, si dimostra utile per vari motivi:innanzi tutto per l’attività scientifica deltempo, che poteva giovarsi di docenti estrutture di prim’ordine; indi per la dispo-nibilità di un nucleo di dispense litografatedisponibili per l’analisi.Analoghe riflessioni potrebbero valere

an che per altre realtà universitarie: si segna-la esemplificativamente quella torinese.Una prima riflessione riguarda una pre-

senza iconografica differenziata, a secondadelle discipline. Nella nostra analisi, abbia-mo preso in considerazione dispense lito-grafate relative a lezioni di: Psichiatria(1891), Malattie nervose (1890), Igiene(bromatologia sanitaria) (1889), Epidemio-logia (1889), Medicina operativa (1889),Clinica chirurgica (1889), Patologia specia-le chirurgica (1889), Anatomia patologica(1888), Patologia speciale medica (1889),Ostetricia (1891), Patologia generale(1890), Istologia generale (1892; 1896).

C. Golgi, Sunti delle lezioni di Istologia generale,Pavia, Marelli, 1892

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ATTI - Giornate di Museologia Medica 81

Disponiamo di una vasta gamma didispense litografate, quanto a mole: si vadalle 68 pagine di quelle relative alla Psi-chiatria (Raggi A., Sommario delle lezionidi psichiatria, Pavia, Marelli, 1891) alle1420 pagine di quelle di Ostetricia (CuzziA., Lezioni di ostetricia [...], Pavia, Bruni,1891).In quest’ultimo caso il volume, revisio-

nato dal docente, differisce da un manualedella disciplina solo per il tipo di stampaadottata, non certo per le sue caratteristicheintrinseche (contenuti).Potremmo aspettarci anche una diffe-

rente struttura iconografica, relativa alledifferenze disciplinari: differenti potrebbe-ro essere le necessità iconografiche dell’E-pidemiologia, rispetto a quelle dell’Anato-mia patologica; differenti quelle dellaPatologia speciale chirurgica da quelledella Patologia speciale medica, e così via.Un’attenta analisi ci dice, però, che

così non è, almeno in termini assoluti: l’i-conografia presente su una dispensa lito-grafata deve essere allora analizzata te -nendo in considerazione anche le altremodalità di apprendimento disponibili perlo studente.

Il riferimento va, naturalmente, a tutte leattività pratiche e di tirocinio.Per esempio, non ci stupisce l’assenza

di rappresentazioni iconografiche relativeall’Anatomia patologica, così come pos-siamo ben comprendere la grande ricchez-za iconografica di quelle di Istologiagenerale e Patologia generale. In ciò ebbeanche gioco la fama del pro fessore, Barto-lomeo Camillo Golgi (1843-1926).Analoga fama, e analogo interesse, po -

trebbe essere proposto anche per le dispen-se litografate delle lezioni di Giulio Bizzo-zero (1846-1901), tantoché esse po treb beroessere comparate (2), rendendoci così pre-ziose informazioni non solo sulla strutturadei corsi impartiti, ma anche sui contenutidisciplinari specifici.

Quale iconografia?Tuttavia, il tema che ci preme qui ana-

lizzare, è quello dell’iconografia.Nella fattispecie, diversi possono essere

i livelli d’analisi.Una prima riflessione si riferisce alla

scelta iconografica stessa, non sempre enon solo supervisionata dal docente: inogni caso si tratta della scelta di un coreiconografico destinato a trasmettere leconoscenze ritenute indispensabili per laformazione del futuro professionista sani-tario.Poiché le serie di dispense potevano

avere una vita de facto più lunga dell’annoaccademico di riferimento, le relative scel-te iconografiche potevano anche assumereun valore più generale, e in qualche modocanonizzarsi, diventando sorta di classicidelle varie discipline.

C. Golgi, Appunti di Istologia generale, Pavia, Marelli,1896, particolare dello “sberleffo disegnato”

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82 ATTI - Giornate di Museologia Medica

Un fenomeno simile è riscontrabile inquegli anni a livello molto più alto e ampio(su scala intercontinentale), a propositodella formazione degli specialisti (3).Nel nostro caso, si tratta, in ultima ana-

lisi, di una scelta iconografica propostadagli studenti.Inoltre, l’analisi, qualora possibile, delle

fonti iconografiche stesse, ci può rendereconto dell’intrinseco valore di aggiorna-mento scientifico delle dispense stesse.Non a caso si è scelto di riprodurre una

celeberrima iconografia golgiana: non vi èin questo caso differenza fra iconografiapropria della produzione scientifica elevata(si veda, nell’esempio proposto, la tavola(tav. 15) inserita nel I volume dell’OperaOmnia golgiana, Milano, Hoepli, 1903) equella destinata agli studenti.Tuttavia, il nostro interesse finale è rap-

presentato dalle vite e dalle esperienze de -gli studenti: anche in questo caso, l’espe-rienza pavese è del tutto particolare,proprio in considerazione dell’iconografia.I numeri unici goliardici rappresentano

un’evoluzione e un collegamento icono-grafico, che ha le sue radici anche nell’il-lustrazione delle dispense litografate difine Ottocento (4). Allora, può trovare de -gno posto anche uno sberleffo disegnatosulla copertina di un volume di lezioni gol-giane.

Conservare, studiare, valorizzareUno dei problemi, che si oppone alla

valorizzazione di questi materiali, è dovutoalla disomogeneità e scarsità di conserva-zione negli istituti a ciò deputati. Le carat-

teristiche di materiali di uso e consumo(sui quali stiamo da tempo lavorando)accomunano questi volumi a quelli dei ca -taloghi della produzione industriale, quan-to a loro volatilità e rischio di dispersione.Anche in quest’occasione si è dovuto farriferimento a collezioni private.Infatti, è più frequente che questi mate-

riali siano conservati negli archivi e raccol-te familiari.Inoltre, e questo è il caso delle dispense

delle lezioni golgiane (ma anche di quelle diBizzozero), la fama degli autori rende questivolumi meno esposti alla dispersione.A nostro avviso, questi materiali merita-

no di trovar posto nelle nostre raccoltemuseali e nelle nostre esposizioni storicomediche.

Bibliografia1) Porro A., Franchini Lavarda A.F., Un esempio dimateriale didattico impiegato nella Facoltà di Medi-cina dell’Università di Pavia alla fine dell’Ottocento:gli “Appunti di Istologia generale del Prof. Golgi”,La Formazione del Medico, vol. 13, 1998, pp. 75-76.2) Franchini A.F., Porro A., Le Lezioni di PatologiaGenerale di Camillo Golgi e Giulio Bizzozero: unesempio di materiale didattico, in Convegno per ilcentenario della morte di Giulio Bizzozero, Torino-Varese, 14-15 maggio 2001, Torino-Varese, Accade-mia di Medicina di Torino-Comune di Varese [stam-pa Varese, La Tipografica Varese], 2002, pp.123-135.3) Porro A., Strumenti per la formazione odontoiatricafra Ottocento e Novecento, Actes. Société françaised’histoire de l’art dentaire, 18, 2013, pp. 85-89.4) Porro A., Franchini A.F., Il sorriso degli studenti:testi unici sacri e profani, in Lorusso L., Fazzi E. (acura di), Il sorriso della mente. The smile of the mind.La caricatura nella storia delle neuroscienze. Carica-ture in the history of neurosciences, Edizioni SantaCaterina, Pavia, 2014, pp. 77-94.

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IL PROGETTO ICONOGRAFICO DEL PROGRAMMA SCIENTIFICO-EDITORIALE DI GIROLAMO FABRICI D’ACQUAPENDENTE

QuADErNo 4 2015: 83-87

Girolamo Fabrici d’Acquapendente(1533-1619) iniziò a scrivere solo nel1600, a quasi settant’anni e dopo ben tren-tacinque anni di insegnamento. La varietàdegli argomenti trattati nelle sue opere eancor più il ritmo serrato impresso alleedizioni dimostrano chiaramente che aquella data l’ormai anziano anatomistanon iniziò una nuova attività, ma si limitòad avviare la ‘fase divulgativa’ di quelloche definiamo ‘programma scientifico-editoriale’.

Durante la sua lunga vita attiva Fabriciregolò la sua ricerca anatomica e fisiologi-ca, riguardante sia l’uomo che gli animali,secondo un programma di filosofia naturaleche può essere considerato l’ideale conti-nuazione di quello di Aristotele. Il suometodo di lavoro prevedeva tre ‘momenti’:historia, che l’anatomista definiva anchefabrica o anatomia e che possiamo tradurrecon “dissezione”, “struttura” o “anatomia”;actio, cioè “funzionamento”, e utilitas ov -vero “funzione”. Si trattò di un programmavasto e articolato che comprendeva ancheun ambizioso e innovativo progetto icono-grafico, che avrebbe dovuto essere costi-tuito da due tipi di immagini: le illustrazio-

ni in bianco e nero, definite dall’anatomi-sta dissegni, e le tavole dipinte, a colori,chiamate pitture. Era previsto che l’icono-grafia riguardasse ovviamente quella cheoggi definiamo “Anatomia normale”, siaumana che animale, ma, eccezionalmente,anche «tutti i mali esterni appartenentialla Cirugia, e di tutti gl’istromenti Ciru-gici, si mostri qualche volta la pittura, odissegno».

Prima di passare a tratteggiare il ‘pro-gramma scientifico-editoriale’ e approfon-dire il ‘progetto iconografico’ di Fabriciriteniamo interessante capire le ragioni diun ritardo nella pubblicazione delle sueopere oggi incomprensibile e incompatibi-le con l’attività accademica. La ragioneprincipale, se non unica, consiste nel fattoche l’edizione di un’opera anatomica,tanto più se illustrata, richiedeva un inten-so lavoro preparatorio e un’attenta curanella realizzazione. Numerose provedimostrano la lunga incubazione subitadalle opere fabriciane: già nel testamentoredatto nel 1577 l’anatomista si ripropone-va di «rivedere i suoi scritti così di Anato-mia come di Cirurgia», nel 1591 il croni-sta della Natio Germanica Artistarum

*Direttore del Centro Interdipartimentale di Storia della Medicina (CISM), Università di [email protected]

Maurizio Rippa Bonati*

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84 ATTI - Giornate di Museologia Medica

registra che Fabrici è impegnato a perfe-zionare le tabulae e, infine, l’amico e col-lega Antonio riccoboni, nella sua storiadello Studio patavino edita nel 1598, rife-risce che «a breve scadenza saranno editealcune sue opere molto utili e importanti,fortemente volute dagli studiosi di medi-cina»; tra le numerose opere, tutti citaticon l’esatto titolo adottato nelle successiveedizioni, è compreso anche il monumen-tale e ambizioso Totius animalis fabricaetheatrum. In realtà quest’opera non vennemai completata, né tantomeno edita, eppu-re anche quanto è giunto sino a noi con-

sente di considerarla il punto d’arrivodell’attività pubblicistica fabriciana. I ven-titré titoli registrati nel testamento del1615 da un lato provano l’ampiezza degliinteressi di Fabrici e dall’altro fornisconouna chiara idea della complessità cheavrebbe potuto caratterizzare il suo Thea-trum.

Il fatto che Girolamo Fabrici d’Acqua -pendente sia stato – per usare una termino-logia moderna – chirurgo, medico pratico,docente e ricercatore e che in tutte questeattività abbia saputo eccellere è cosa nota.A queste caratteristiche riconosciute vaperò aggiunto un aspetto finora assoluta-mente trascurato: Fabrici fu anche undivulgatore attivo e innovatore, soprattuttonel campo dell’iconografia anatomica.

In tanti anni di pratica settoria, Fabricidoveva avere ormai idee precise su quasitutti i componenti della fabrica, non soloumana ma anche animale, e disporre dimateriale sufficiente per dimostrare la cor-rettezza anche delle sue osservazioni piùinnovative. D’altro canto l’anatomista, cheormai da tempo veniva definito senex,doveva rendersi conto che il tempo a suadiposizione si faceva sempre più esiguo; incompenso la nomina a lector supraordina-rius gli concedeva una maggiore libertàdagli obblighi di insegnamento, che peraltro non aveva mai amato. Possiamo infineprendere in considerazione due stimoli ana-loghi, seppure di segno diverso: da un latole affettuose pressioni di colleghi e studentiriportate da Antonio riccoboni e, dall’altro,la rivalità con Giulio Casseri, allievo e suc-cessivamente concorrente di Fabrici, checontemporaneamente a lui portava avanti

Girolamo Fabrici d’Acquapendente, Muscoli della testae del collo

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ATTI - Giornate di Museologia Medica 85

identiche ricerche e analoghi programmieditoriali.

Fabrici, dal canto suo, aveva ideato unsistema articolato: le opere avrebbero do -vuto essere realizzate, sul modello del Devenarum ostiolis (Padova 1603), in fasci-coli aventi caratteristiche editoriali omo-genee, tali da renderne agevole la rilega-tura comune; erano inoltre previsteillustrazioni disegnate in bianco e nero edipinte a colori, tutte dotate di apposite«esplicationes». rimangono da chiarirecome fossero state previste dall’autore le

modalità di realizzazione del programmanel suo insieme. D’altra parte l’individua-zione in biblioteche italiane e straniere dicopie di alcune delle pitture colorate d’a-natomia conservate presso la BibliotecaNazionale Marciana risolve l’annosa que-stione riguardante la loro singolarità, inquanto dimostra l’esistenza di una, seppurlimitata, produzione seriale.

Che Fabrici fosse conscio dell’impor-tanza della sua opera lo dimostra il magni-loquente motto con la quale la presentanella prefazione del De visione. De voce.De auditu (Venezia 1600): «Nihil fieriposse exactius, nihil perfectius».

riguardo alle Pitture Fabrici non esitaa confrontare, dal punto di vista qualitati-vo e quantitativo, l’opera del maestroVesalio con la propria: afferma che laFabrica conteneva solo quarantotto tavo-le e di non grande dimensione, mentre lesue erano più di trecento, realizzate indimensioni reali e «naturali etiam coloredepicta». L’anatomista è inoltre fiero disottolineare come tutte le sue tavole fos-sero state realizzate «geminas, alterascoloratas, non coloratas alteras», per unafruizione più comoda e proficua, e perraggiungere un pubblico il più ampio evario possibile.

Presso la Biblioteca Nazionale Marcia-na sono conservate otto cartelle così con-trassegnate da antica mano (tra parentesitonda viene indicata la consistenza):De anatomia venarum (11 tavole); De anatomia ossium (22 tavole);De anatomia capitis et cerebri nervo-

rum (21 tavole);De anatomia animalium (55 tavole);

Girolamo Fabrici d’Acquapendente, Arto superioredestro. Muscoli profondi della faccia posteriore del-l’avambraccio

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86 ATTI - Giornate di Museologia Medica

De partibus esternis (2 tavole);De anatomia thoracis et partium in tho-

race contentarum (5 tavole); De anatomia musculorum totius corpo-

ris (31 tavole);De anatomia abdominis et parcium in

eo contentarum (20 tavole).oltre a questa tavole sciolte, nella mede-

sima Biblioteca sono conservati quattroprototipi realizzati dallo stesso Fabrici cheriuniscono le opere a stampa, le incisionie le relative tavole a colori. Questi «librigià stampati ove sono delle dette pitture»costituiscono il miglior esempio del suo«progetto iconografico»:De venarum ostiolis (8 tavole); De locutione et eius instrumentis (1

tavola); De formato foetu (24 tavole);De visione. De voce. De auditu (11 tavole).La volontà divulgativa di Fabrici non

era limitata al presente ma si proiettavaverso il futuro, come espresso nel testa-mento del 1615: «Le quali [pitture colora-te d’anatomia] havendo io fatte a benefi-cio del Mondo, desidero che si lascinocopiare a chi ne avesse desiderio pur chel’Autentico resti».

In realtà da allora si perse per secoli senon la memoria quantomeno la cognizio-ne dell’esistenza delle Pitture, tanto cheAlbrecht von Haller nella sua Bibliothecaanatomica (1771) si spinse ad affermareche «Majus opus, totius animalis fabricaetheatrum molitus erat, et tabulas paraveratsupra trecentas, sed chartae interciderunt».

Fu solo nel 1909 che Giuseppe Sterzi,anatomista e storico dell’Anatomia, resenota la ‘scoperta’ delle Pitture, effettuata

mentre svolgeva ricerche per una biografiadell’anatomista Giulio Casseri. In quell’oc-casione ebbe modo di constatare che le «lepitture in generale sono ben conservate;solo alcune si mostrano guaste dalle muffeo dall’umido». Condizioni precarie chepeggiorarono quando nel febbraio del 1917gli eventi bellici costrinsero il trasferimen-to dei volumi più preziosi della BibliotecaMarciana da Venezia alla più sicura Firen-ze. Le Pitture, collocate nelle casse n. 186e n. 187, trascorrono così tre anni di «for-zato esilio» in condizioni sicure, ma certa-mente non ottimali, nei sotterranei dellacappella dei Principi in San Lorenzo.ritornate a Venezia nel 1920, GiuseppeFavaro, anch’egli anatomista e storico,«con dolorosa sorpresa» ebbe occasione di«rilevare il notevole deterioramento» subi-to dalle Pitture. È doveroso ricordare chegià nel 1921 Luigi Ferrari, appena nomina-to prefetto della Marciana, affidò le Pittureal restauratore Luigi Betto per gli interven-ti del caso che, stando sempre al giudiziodi Giuseppe Favaro consentirono la resti-tutio ad integrum delle preziose tavole.

Per quanto riguarda la valorizzazionedelle tavole nel 1930, in occasione di unaesposizione di opere mediche della oslerLibrary organizzata presso la McGill uni-versity venne esposto il citato prototipodel De Visione. De voce. De auditu (Vene-zia 1600) e nel 1955 Loris Premuda orga-nizzò a Verona una Mostra del disegno dianatomia attraverso i tempi, in occasionedella quale vennero esposte sei Pitturecolorate d’anatomia della Marciana.

Le cattive condizioni delle tavole – evi-denti nelle immagini a colori contenute

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ATTI - Giornate di Museologia Medica 87

nell’opera dedicata dallo stesso Premudaall’iconografia anatomica – impedironoulteriori esposizioni e costrinsero a predi-sporre un piano di recupero e di conserva-zione: nel 1969 un primo volume marcia-no venne affidato all’Istituto Centrale perla Patologia del Libro di roma e tra il1994 e il 1996 tutte le Pitture vennerosottoposte a un appropriato restauro.

Se solo otto Pitture avevano potuto esse-re esposte a Padova in occasione della mo -stra I Secoli d’oro della medicina (1986),senza poi poter partecipare alla trasferta

parigina dell’esposizione del 1989, final-mente nel 2004 una ampia selezionedelle preziose Pitture poté essere presen-tata al pubblico nelle Sale monumentalidella Biblioteca Nazionale Marciana diVenezia, in occasione dell’esposizione Ilteatro dei corpi. Le “Pitture colorate d’a -na tomia” di Girolamo Fabrici d’Acqua-pendente (2004-2005). Da allora ottimeriproduzioni hanno consentito quella dif-fusione che Fabrici, in maniera lungimi-rante, aveva auspicato nel suo ultimo te -stamento.

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Le TavoLe di ezio anichini per IL LIBRO DELL’INFERMIERA.

un’inediTa coLLezione deLL’azienda oSpedaLiero-univerSiTaria careggi di Firenze

QUADERNO 4 2015: 89-92

Il Centro di Documentazione della Cul-tura Infermieristica “Maura Parronchi”dell’AOU Careggi, inaugurato il 10 mag-gio 2013 allo scopo di archiviare, tutelaree valorizzare beni materiali e immaterialiconnessi alla professione infermieristica,conserva trentaquattro disegni firmati dalnoto artista fiorentino Ezio Anichini(1886-1948). Realizzati a matita su carton-cino e ripassati con penna a inchiostro, idisegni illustrano lo strumentario e le pra-tiche assistenziali citati nel capitolo Tecni-ca professionale dell’infermiera, scritto daStefania Nutini per Il libro dell’infermiera.Manuale ad uso delle Scuole ConvittoProfessionali e delle assistenti sanitarie.

Il volume, uscito nel 1937 e destinatoalla preparazione teorica e pratica delleinfermiere, raccoglieva i contributi di varispecialisti e fu curato dal professore e diret-tore generale sanitario del Regio Arcispe-dale di Santa Maria Nuova, Carlo Bifulco,che così lo presentò: «Esso colma la lacunache si notò finora nei riguardi dell’insegna-mento, in quanto prima non esistevano libricompleti e sobriamente proporzionati aivasti programmi triennali di Stato per i

corsi di infermiera professionale e del cer-tificato di abilitazione alle funzioni diretti-ve» (Bifulco s.d., p. 12). Solo pochi anniprima, infatti, il regio decreto legge n. 1832del 1925 aveva ri voluzionato e rafforzato laformazione professionale delle infermieree l’aveva affidata alle scuole-convitto. AFirenze la prima scuola fu fondata nell’areadi Careggi dal Regio Arcispedale di SantaMaria Nuova il 25 luglio 1931 presso VillaPepi e fu diretta dal 1932 al 1960 da Stefa-nia Nutini, autrice del capitolo illustrato daidisegni di Anichini.

L’uso di questo ricco apparato iconogra-fico si deve certamente alla volontà dipotenziare il carattere didattico e le finalitàpratiche del testo della direttrice Nutini,ma non è chiaro quando sia stato deciso diinserirlo. Infatti, secondo la testimonianzarilasciata nel 1979 circa dalla secondadirettrice della scuola-convitto GiuseppinaMen chini all’ex infermiera Rosella Ga -bellini (2014), i disegni di Anichini eranodestinati a una pubblicazione antecedentea quella di Bifulco, che potrebbe esserequella ricordata dalla direttrice Nutini nellamemoria stilata a conclusione del suo inca-

*Università degli Studi di Firenze, Sezione Biomedica Museo di Storia naturale, [email protected]

Serena Tarantino*

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90 aTTi - Giornate di Museologia Medica

rico, dove riferisce quanto segue: «Nel1935 dagli insegnanti e dalla direttrice incollaborazione fra di loro fu scritto e pub-blicato Il libro dell’infermiera che venneadottato come libro di testo nella nostra ein altre scuole fino all’esaurimento di dueristampe. Il libro avrebbe dovuto essereaggiornato, ma questo non fu fatto» (Nuti-ni 1968-1969, p. 19). Purtroppo la memo-ria non chiarisce se il libro del 1935 coin-cida con quello di Bifulco del 1937 o se nerappresenti solo l’embrione e neppure e -splicita le circostanze che portarono a pub -blicare i disegni di Anichini. Grazie alladirettrice Menchini (Gabellini 2014) sap-piamo solo che il nome dell’artista fu pro-posto da un membro del consiglio diamministrazione della scuola-convitto, ilcui nome resta tuttavia oscuro.

La scelta di Anichini potrebbe esseremotivata dallo stile chiaro e lineare checaratterizzava la mano dell’artista, partico-larmente appropriato a un testo didatticocome quello in questione. Fondamentalesarà stata inoltre la notorietà del pittore,illustratore e litografo, che sin dai primianni del Novecento collaborava con ilmondo editoriale. Dopo il suo esordio nel1903 sulla rivista fiorentina «Scena Illu-strata», egli lavorò per altre note rivistedell’epoca, tra le quali pubblicate da Bem-porad l’«Almanacco della donna italia-na»  e soprattutto il  «Giornalino dellaDomenica», settimanale per bambini fon-dato nel 1906 dal famoso giornalista e cari-caturista Vamba (Pallottino 1988). Per lostesso editore illustrò inoltre Storie dellastoria del mondo, greche e barbare diLaura Orvieto (1911), che in epoca fascista

di venne uno dei ‘libri di Stato’ più ristam-pati per le scuole elementari, in virtù delletematiche trattate e delle illustrazioni inuno stile ispirato ai vasi della classicità.L’elaborazione di questo ‘stile littorio’, lacollaborazione con il periodico interventi-sta fio ren tino «Juventus» e l’abbondanteproduzione per il regime (cartelloni, carto-line e stampa di propaganda) hanno fattosospettare un’adesione di Anichini al fasci-smo (Assirelli 1985), che tuttavia non ha

Un esempio delle tavole di Ezio Anichini che raffigura-no lo strumentario dell’infermiera. La tavola illustraalcuni oggetti necessari per l’assistenza del malato (1.ciambella di gomma; 2. Pompa per introdurvi l’aria; 3.Materasso ad acqua; 4. Termoforo; 5. Borsa di gommaper acqua calda; 6. Borsa di gomma per ghiaccio; 7.Borsa di tela impermeabile per ghiaccio) ed è la fig. 7del capitolo Tecnica professionale dell’infermiera, scrit-to da Stefania Nutini e pubblicato in C. Bifulco, Il librodell’infermiera. Manuale ad uso delle Scuole ConvittoProfessionali e delle assistenti sanitarie, Firenze 1937

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ancora trovato conferma. L’illustratore fuinoltre protagonista di altre iniziative dellascena culturale fiorentina, quali i concorsiindetti da Alinari per l’illustrazione del -la Divina Commedia e quello per le coper-tine del «Giornalino della Domenica», inoccasione del quale il suo bozzetto ottennela preferenza di una giuria di bambini(Assirelli 1985). Da non dimenticare sonopoi le illustrazioni per i programmi e ilibretti di scena del Teatro di Fiesole.

Nonostante Anichini abbia illustratocirca un centinaio di libri per numerose enote case editrici dell’epoca, come la mila-nese Treves (Fanelli et al. 1989) e la fioren-tina Salani (Bacci 2009 e 2012), allo statoattuale degli studi questa esperienza di illu-stratore scientifico risulta l’unica della suacarriera. A conferma di ciò abbiamo anchela testimonianza della direttrice Menchini,che ebbe modo di conoscere direttamenteAnichini e del quale ricordava, oltre che ladisponibilità e la gentilezza, anche l’inte-resse che questo primo lavoro per l’ambitosanitario aveva suscitato in lui (Gabellini2014). Purtroppo sono poche le notizie bio-grafiche su questo pittore, ma una raratestimonianza sulla sua personalità vieneofferta da Laura Orvieto nella sua Autobio-grafia: «Aveva gran talento, ma nel restodella vita era così nullo, così sconclusiona-to, così inetto da parere qualche volta defi-ciente, e da restare, pur sempre lavorando,povero e come bambino e in miseria sem-pre» (Assirelli 1985, p. 332).

Negli anni successivi alla pubblicazio-ne le tavole rimasero conservate presso laScuola-Convitto Professionale per Infer-miere di Villa Pepi, dove probabilmente

venne attribuito loro scarso valore: quiinfatti le 64 figure originariamente pub-blicate sul libro di Bifulco si dimezzaronoa trentaquattro, finché la direttrice Men-chini non decise addirittura di disfarsene.La dispersione dei disegni fu fortunata-mente evitata da Rosella Gabellini, che licustodì personalmente fino alla donazio-ne nel 2013 al Centro di Documentazionedella Cultura Infermieristica dell’AOUCareggi.

Fonti e bibliografia Assirelli M., Illustratori e grafici nella Firenze del‘Marzocco’, in Il Marzocco. Carteggi e Cronache fraOttocento e Avanguardie (1887-1913), Atti del semi-nario di studi (12-13-14 dicembre 1983), Olschki,Firenze, 1985, pp. 311-332.Bacci G., Le illustrazioni in Italia tra Otto e Nove-cento. Libri a figure, dinamiche culturali e visive,Olschki, Firenze, 2009.Bacci G. (a cura di), Da Pinocchio a Harry Potter.150 anni di illustrazione italiana dall’Archivio Salani1862-2012, catalogo della mostra (Milano, CastelloSforzesco, 18 ottobre 2012-6 gennaio 2013), Salani,Milano, 2012.Bifulco C. (a cura di), Il libro dell’infermiera. Manua-le ad uso delle Scuole Convitto Professionali e delleassistenti sanitarie, Stabil. Grafico Editoriale C. Ruf-filli, Firenze, 1937.Bifulco C.,  La Scuola Convitto Professionale perinfermiere del R. Arcispedale di S. Maria Nuova eStabilimenti Riuniti nei primi sei anni di gestione,S.A: Arte tipografica fiorentina, Firenze, sd.Cresti C., Grafica Liberty e Decó a Firenze, AngeloPontecorboli Editore, Firenze, 2010.Faeti A., Guardare le figure. Gli illustratori italianidei libri per l’infanzia, Donzelli, Roma, 2011.Fanelli G. et al., L’illustrazione Art Nouveau, Laterza,Roma-Bari, 1989.Gabellini Rosella, comunicazione orale del 13 febbraio2014.

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Nutini S., La Scuola Professionale per Infermiereannessa allo Arcispedale di Santa Maria Nuova e Sta-bilimenti Riuniti di Firenze nel suo funzionamentodall’ottobre 1930 all’agosto 1960, «Bollettino d’Infor-mazioni della Consociazione Nazionale InfermiereProfessionali e Assistenti Sanitarie Visitatrici», n. 12(1968), n. 1-2-3-4-5 (1969), pp. 20-21.Pallottino P., Storia dell’illustrazione italiana, Zani-chelli, Bologna, 1988.Pallottino P., Schede degli illustratori, Anichini Ezio,in Bacci G. (a cura di), Da Pinocchio a Harry Potter.150 anni di illustrazione italiana dall’Archivio Salani1862-2012, cit.Piatti F., Etnografia di una assenza. La cultura delprendersi cura fra memoria e sottrazione, tesi di lau-rea, a.a. 2012-2013, Università di Firenze, p. 28.

Rocco G. et al., La storia del nursing in Italia e nelcontesto internazionale, Franco Angeli, Milano 2015,p. 260.<www.letteraturadimenticata.it>, voce “Illustratori”,[09/2015]. <www.bibliografiaeinformazione.it> voce “collezio-ni”, “Fondo iconografico Ezio Anichini” [09/2015].

I disegni e le relative scansioni sono conservati al Cen-tro di Documentazione della Cultura Infermieristica“Maura Parronchi”, diritti riservati.

Si ringraziano vivamente la coordinatrice infermieristi-ca Fabiola Piatti, la signora Patrizia Cecchi e la signoraRosella Gabellini per le notizie fornite e l’assistenzadurante la ricerca. 

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LA RACCOLTA DI STRUMENTI ODONTOIATRICI DI PADRE RONDINELLI, PARTE DELLA SUA GRANDE

COLLEZIONE MUSEALE: UN PATRIMONIO CULTURALE SCOMPARSO E TESTIMONIATO DA UN LIBRO

QUADERNO 4 2015: 93-96

Il monaco benedettino Ippolito Ron -dinelli dopo aver raccolto dal 1746 lo stru-mentario medico-chirurgico odontoiatricoconosciuto all’epoca lo espose in una archi-tettura solenne nel monastero di san Vitalein Ravenna. Questa sua opera fu pubblicatada un altro monaco, Mauro Soldo, in unlibro con tavole illustrate nel testo.Come afferma Rondinelli nella prefa-

zione, nel museo furono esposti dodici bu -sti didattici e una statua con le fasciatureche allora si usavano per le ferite e per lefratture ossee. Inoltre furono esposti due scheletri, una

serie di feti, disegni del Tiziano sul corpoumano e altro materiale didattico. Tuttoquesto materiale nel corso degli eventi del -la storia è andato perduto. Ci rimane soloil libro a testimoniare la bellezza e l’im-portanza di un patrimonio culturale ormaiscomparso.Nel libro, il corpo umano è stato suddi-

viso in quattro sezioni dette “capi”, allequali corrispondono altrettante parti delcorpo con la descrizione degli strumenti eil loro uso, per curarne le varie patologie.Infine è stata aggiunta una quinta sezione

in cui sono descritti gli strumenti che nonpotevano rientrare nelle precedenti.Il libro inizia con una pianta del museo

che mostra le stanze dove sono raccolti glistrumenti medici e chirurgici e tre stanzedi contenzione dei pazienti in stato di agi-tazione psicomotoria. Il capo I riguarda glistrumenti per la terapia delle malattia dellatesta e del collo e degli organi ivi contenu-ti. Al paragrafo IV del capo I, gli articoli II,III e IV descrivono una serie strumentiodontoiatrici; ogni articolo inizia con ladescrizione dei suddetti strumenti.L’articolo II, facendo riferimento alla

tavola XII afferma: «La fig. I Tav. XII è unsottile cilindro di ferro, che dalla parte Atermina in figura di un piccolo scarpello,dall’altro B in una vite, con cui si ferma ilmanico di legno adattabile ancora agli altridelineati in questa tavola fino alla fig. XII,terminano tutti in una vite somigliante aquella del primo». E così via fino alla de -scrizione dello strumento XII. I precedentistrumenti servono per detrartage. L’autoreafferma che «la maggior parte di questi siritrova presso il Signor Fauchard, uno de’più ragguardevoli maestri di quest’arte, da

*MD., Ph.d., Società Italiana di Storia della [email protected]

Roberto Tempestini*

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94 ATTI - Giornate di Museologia Medica

esso lui arricchita di molte utili cognizio-ni nel suo libro intitolato Chirurgien den-tiste». Le figure VII e VIII riproducono due

piccoli falcetti che hanno lo scopo di pulirei denti, staccare la gengiva prima di unaestrazione dentaria e regolarizzare la mu -cosa durante le operazioni in bocca.La figura IX mostra un’asticella con un

bottone tondo terminale e la figura X favedere il bottone piegato a forma di oliva:questi strumenti servono a cauterizzare ildente cariato per impedire l’evoluzionedella malattia.La figura XI mostra una lima che serve

a regolarizzare denti allungati o con aspe-rità dello smalto.La figura XIII mostra l’apice di un cono

che serve per le otturazioni che all’epocasi eseguivano con sottilissime lamine dioro o di piombo e con queste «affinchénon si innoltri la corrosione, e sia impeditol’ingresso all’aria, dalla cui azione, edincostanza eccitare agevolmente si potreb-bono acuti dolori».L’articolo III descrive la figura XIV che

consiste in una piccola sega che taglieràl’avorio o l’osso con i quali saranno mo -dellati i denti artificiali dalla lima dellafigura XI. I denti artificiali saranno poi le -gati con l’aiuto della pinza della figura VIdella tavola XIII, ai denti naturali, creandoquindi la protesi sostitutiva.L’articolo IV tratta degli strumenti per le

estrazioni dentarie.Le figure XV e XVI della Tavola XII

rappresentano due leve, una diritta e l’altracurva, che servono per le estrazioni denta-rie in generale e specialmente quelle del

dente del giudizio; la leva curva è menopericolosa perché meno soggetta a scivo-lare durante le manovre estrattive.La figura XII rappresenta uno strumento

curvo con la parte concava dentata e serveper estrazioni o per detrartage.Nella tavola XIII la figura I mostra la

chiave, detta inglese o d’Inghilterra perchéinventata da Fothergill, medico inglese. Lostrumento è versatile perché il ganciobipartito alla sua estremità può essere gira-to da l’una o l’altra parte ed è adatto per leestrazioni dei molari in bocche piccole. Lachiave inglese comparve tra il 1740 e il1760 e rappresentò ai suoi tempi un pro-gresso tecnologico nei confronti del pelli-cano perché molto meno traumatica. Disolito la chiave inglese aveva un corredo diganci di riserva di varia grandezza.La figura IV mostra una pinza somiglian-

te «al becco di pappagallo»: una parte èbipartita e l’altra dentata per afferraremeglio il dente da estrarre; si adatta all’e-strazione di denti ormai senza corona,oppure, quando il dente è già stato solleva-to col pellicano dopo il tentativo di lussa-zione.La figura V è chiamata Rostrum corvi,

(becco di corvo). L’estremità è dentata al -l’inizio. È adatta all’estrazione dei dentidecidui o dei denti ormai mobili a causa diflogosi suppurative.La figura VI mostra una pinza che può

servire non solo a legare i denti di una pro-tesi, ma anche a estrarre i denti già lussatidal pellicano; oppure per regolarizzare unalveolo danneggiato durante l’estrazione eanche per dividere le radici del dente incorso di estrazione.

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ATTI - Giornate di Museologia Medica 95

L’autore spiega la successiva tavola XIV:gli strumenti mostrati dalle figure IV e Vsono detti «piede di capra» e terminanocon due punte; Il primo di questi nellaparte concava è dentato. Servono per l’e-strazione di radici dei denti fratturatedurante l’estrazione o ridotte in tale statoda carie destruente.La figura VI mostra uno strumento a

uncino a due punte e dentato nella parteconcava. Serve per estrarre i denti incisivio le radici dentarie.Le figure II e III mostrano due «pellica-

ni retti», con la parte in legno che consistenel ruotino e due uncini che possono girarein senso orario o antiorario. La differenza

è che nella figura III un uncino per l’estra-zione è più lontano dal ruotino al fine dicontenere denti di maggior volume.La figura I mostra un pellicano compo-

sto da due uncini che sono alloggiati inuna doccia di ferro, uno opposto all’altro.Le estremità di questa doccia o «canna»,come la chiama l’autore, sono svasate efungono da appoggio sulla gengiva duran-te l’estrazione. Si consigliava di avvolgerein un fazzoletto la suddetta estremità pertraumatizzare meno possibile la gengiva.Questo strumento serve per estrarre i dentiin generale e in modo particolare i molari.La figura VII mostra un pellicano con

due uncini fissati a un pernio d’acciaio,

Strumenti odontoiatrici del museo di Padre Rondinelli

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però da parti opposte, a metà del manico dilegno che termina con i ruotini; uno degliuncini è più lungo per afferrare denti conmaggior diametro.L’autore torna alla tavola XIII e descri-

ve un altro pellicano mostrato dalla figuraVII, simile al precedente, ma con un unci-no diritto e uno curvo uniti al manico diferro; uno dei ruotini ha una superficiediversa. I pellicani sono strumenti versatilie servono per le estrazioni dei molari ditutte le arcate dentarie.Una terapia interessante per il dolore di

denti è riportata nel capitolo V, articolo III:«Per dar fuoco all’orecchio, ad oggetto dicalmare il dolore dei denti». In pratica sicauterizzava l’antitrago al fine di eliminareil dolore, perché la convinzione di diversimedici dell’epoca era dell’esistenza di unnervo che dall’antitrago si distribuiva aidenti: dopo aver bruciato questo nervo, ildolore avrebbe dovuto scomparire. Rondi-nelli riporta anche l’opinione di Heister che,al contrario, interpretava l’anestesia comeeffetto dello spavento a subire la cauterizza-zione dell’orecchio. Comunque fa rifletteresull’argomento il fatto che l’orecchio èoggetto di studio per tutta una auricolo-tera-pia che può ottenere anestesia e analgesia inalcune parti del corpo. Inoltre la suddettapratica del cauterio è conosciuta dai tempi

più antichi nel bacino del Mediterraneo:Shirley Bowsher in un articolo del 2002 hariportato lo studio sul Kawi, cioè la caute-rizzazione di particolari punti della superfi-cie corporea a scopo terapeutico, praticatodai beduini della Giordania. Per curare ilmal di denti il Kawi consiste in una ustionesopra l’orecchio per i denti dell’arcata supe-riore, o sotto l’orecchio per i denti dell’ar-cata inferiore; in caso di ascesso si cauteriz-zano i linfonodi reattivi tumefatti.

BibliografiaBowsher S., Kawi, la medicina del fuoco fra i beduinidella Giordania meridionale, «Studi per l’ecologia delquaternario», n. 24, 2002.Fauchard P., Le Chirurgien dentiste, Mariette,Paris,1728.Heisteri L., Institutiones Chirurgicae, Pitteri, Venetiis,1740.Martini L., Un museo scientifico perduto, «Museo in-forma, notiziario del sistema museale Provincia diRavenna», n. 4, 1999, p.6.Nogier P., et al., Introduzione pratica all’auricolotera-pia, Cortina, Torino, 1999.Soldo M., Descrizione degl’istrumenti, delle macchinee delle suppellettili raccolte ad uso chirurgico e medi-co dal P. don Ippolito Rondinelli ferrarese, MonacoCasinense in S. Vitale di Ravenna, Faenza, Archiimpress. Camerale e del S. Uficio, Faenza, 1766.Vogel G.et al., Storia dell’Odontoiatria, Ars medicaAntiqua, Milano, 1985.

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CATALOGARE UNA TAVOLA ANATOMICA

QuADErNO 4 2015: 97-100

Questo contributo intende aprire unariflessione sulla metodologia di cataloga-zione applicata alle tavole anatomichedisegnate a mano, patrimonio grafico car-taceo in uso fino al XX secolo negli ambitididattici della Medicina accademica.

Per catalogare una tavola anatomica larisposta semplice e corretta è la seguente:se la tavola è disegnata si adotta la schedadi catalogazione D – Disegni, se è stampa-ta con tecniche incisorie, litografiche etc.,la scheda S – Stampe.

Per il fatto che la Normativa Disegni(versione 3.00, MIBACT, ICCD) appartengaal Settore disciplinare dei Beni storici e arti-stici, essendo una derivazione della stessascheda OA – Opere d’Arte, possono sorgeredei dubbi per alcune differenti informazioniche costituiscono l’oggetto da catalogare.

Nella catalogazione, per la necessità dicriteri omogenei e linguaggi condivisi,dovremmo confrontarci con gli strumentiterminologici dei vocabolari chiusi e aper-ti, delle tipologie definite di oggetti, dellecategorie connesse alle discipline, in prati-ca un linguaggio riferito alla tradizioneclassificatoria storico-artistica mentre lascheda D, pure la S Stampe, per un dise-gno a soggetto scientifico ha bisogno diavere precisi termini controllati e forse

qualche opzione diversa nella strutturacatalografica.

La formazione di tabelle, glossari, the-sauri non è affatto semplice con il ricono-scimento di ‘nuovi’ beni culturali, destinatiad aumentare il Catalogo generale dei beniculturali attraverso il recente sistema dicatalogazione SIGECWEB; pur ampliando-si il contributo degli specialisti nel proces-so di conversione delle conoscenze in daticatalografici, per i compilatori o cataloga-tori, ruolo ancora mai abbastanza valutatoe incrementato, non è immediato superareun livello inventariale se non muniti dispecifica formazione.

Di conseguenza la domanda è se lasche da D può soddisfare concretamente latrattazione dei beni grafici illustranti unsoggetto scientifico, creato a scopo didat-tico, commerciale, a corredo del benescien tifico stesso ma anche artistico, dovead esempio lo studio anatomico coniugala qualità artistica dell’opera con la resaanatomica, esatta o interpretata, del sog-getto “uomo”.

Dal passato la funzione delle tavole ana-tomiche era essenzialmente quella di cor-redo iconografico di opere a stampa dellaletteratura medica, come la monumentaleDe humani corporis fabrica (1543) del

*Università di Siena, Centro servizi CUTVAP (Tutela e Valorizzazione Antico Patrimonio scientifico)[email protected]

Gigliola Terenna*

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98 ATTI - Giornate di Museologia Medica

fiammingo Andrea Vesalio con ben 300 ta -vole xilografate.

La didattica del passato si è avvalsa divaste collezioni di tavole per le scienzemediche, le scienze naturali, senza trala-sciare quelle per lo studio delle materieumanistiche, tutto un corredo didattico con-servato, bene o male, ancora in molte scuo-le italiane di vecchia istituzione.

Praticamente esiste un patrimonio storicocartaceo che ha per soggetto proprio queibeni naturalistici di recente dotati di schedaministeriale e distinti in: Botanica, Minera-logia, Petrologia, Planetologia, Zoologia,Paleontologia. Ognuna di queste schedecreate per il reperto naturalistico, non anco-ra per quello anatomico, ha termini e campispecialistici per la classificazione sistema-tica della disciplina di cui il reperto è testi-monianza, nel caso della scheda di unatavola botanica, zoologica etc., quale rap-presentazione grafica, potrebbe beneficiaredel relativo repertorio terminologico.

Per indirizzare al meglio le informazionirelative a una tavola anatomica da catalo-gare, si osserveranno alcuni passaggiessenziali tra contenuti scientifici e struttu-ra catalografica.

L’oggetto-bene culturale è il disegno inquanto tale, nella sua concezione intellet-tuale e tecnica, realizzato su un foglio dicarta con vari strumenti e tecniche appar-tenenti alla tradizione artistica, come loerano i disegnatori chiamati per lo piùdagli stessi docenti di anatomia a replicareda atlanti e manuali immagini ingrandite ecolorate, utili alle loro lezioni di Medicina.

Il riconoscimento di una qualità artisticasegue i criteri applicati in generale dalla

critica d’arte ma con essa andrebbe inda-gata pure una qualificazione scientifica, avolte anche storica quando la rappresenta-zione anatomica cambia visualizzazionecon l’indagine microscopica.

Dopo questo inciso vediamo che la nor-mativa considera il disegno sciolto comeun esemplare autonomo anche se era partedi una raccolta o album.

La catalogazione (scheda D, versione3.00) inizia con l’individuazione obbliga-toria del livello di indagine catalograficaproseguendo con le relazioni dirette adaltre schede di diversa tipologia, es. biblio-grafica se la tavola proviene da un’opera astampa, poi alla definizione di relazioni

Intestino tenue mesenteriale e parte del crasso, tavoladidattica, Museo anatomico “Leonetto Comparini”,Università di Siena

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ATTI - Giornate di Museologia Medica 99

correlate al disegno, una codifica trasver-sale che ci porta a segnalare altre schedecollegate, esempio collezione o restauro.

L’Oggetto è il campo cardine per lacaratterizzazione del disegno e disponendodi un vocabolario aperto nella sua Defini-zione (OGTD) al termine di riferimentoDisegno si aggiunge alla lista suggerita innormativa, come termine preferenzialedisegno anatomico (OGTT); nella Identifi-cazione (OGTV) il rimando al vocabolariochiuso indicante la situazione del bene, puòvariare in esemplare, elemento di insiemeo serie. Nel campo Soggetto, pur non es -sendo ancora disponibile un SoggettarioIconografico dei beni scientifici, si utilizza-

no termini specifici, ad esempio Corpoumano (SGTC-Soggetto), Anatomia uma -na (SGTI-Identificazione), Apparato dige-rente (SGTT-Titolo). Se ci fosse, comeaccennato prima, una scheda per i repertianatomici, nella sua struttura a questopunto si avrebbe un campo sulla Sistemati-ca della Anatomia umana, con riferimentiterminologici a cui potrebbe at tingere lasog gettazione del disegno, fornendo allaconsultazione precise indicazioni dellaparte anatomica, come origine, branca,distribuzione, componente, funzione, etc.,nonché una conoscenza di eventuali termi-ni storici; così una tavola didattica botanicao zoologica potrebbe avvalersi nella cata-logazione della terminologia scientificacontrollata delle rispettive schede di repertinaturalistici.

un’assenza nella scheda D riguarda ilcampo CT Categoria e sottocampi, in cuipotrebbero trovare collocazione i terminiseguenti ad esempio: CTP -Categoria prin-cipale Medicina e Chirurgia, CTA-Altracategoria Anatomia topografica, CTC-Parole chiave Stomaco, campi solitamenteoggetto di ricerca. Nella sua struttura cata-lografica di approccio artistico, troviamo laCategoria generale nel campo Soggetto(SGTC) in cui il termine da adottare nelvocabolario chiuso è: «essere umano euomo in generale (comprende anche cate-gorie quali per esempio anatomia, corpoumano, atti)».

Tornando alla scheda del disegno anato-mico, eventuali informazioni scientificheandranno inserite nel campo dei Dati ana-litici (DES-Descrizione), dove tra le indi-cazioni sull’oggetto (DESO) inteso nella

Cuore, atrio e ventricolo destro, tavola didattica,Museo anatomico “Leonetto Comparini”, Universitàdi Siena

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100 ATTI - Giornate di Museologia Medica

materialità della tavola, e i successivicampi iconografico (DESI-Codifica Icon-class) e indicazioni sul soggetto (DESS), sicompleta l’obiettivo della classificazione,pur con grande spazio interpretativo essen-do ancora da definire linguaggi controllatie standardizzati per i beni storico-scienti-fici.

BibliografiaStrutturazione dei dati delle schede di catalogo e pre-catalogo. Beni artistici e storici. Schede OA-D-N,ICCD 1992.Appendice, Note di accompagnamento al vocabolariodi controllo del sottocampo Soggetto – SGT e Indica-zioni per la normalizzazione ortografica del sottocam-po per l’identificazione del soggetto SGTI.Normativeper la catalogazione – versione 3.02. Paragrafi tra-

sversali. Struttura dei dati e norme di compilazione,ICCD 2007.Normativa Disegni 3.00, MIBACT-ICCD.Auer P., Cavallini F., Giffi E. (a cura di), Normativaper l’acquisizione digitale delle immagini fotografiche,ICCD, roma, 1998.Vasco rocca S., Beni culturali e catalogazione, Gan-gemi, roma, 2002.Corti L., I beni culturali e la loro catalogazione, Mon-dadori, Milano, 2003.Le tavole anatomiche di Antonio Canova: dalla colle-zione dei Libri rari e di pregio dell’Istituto Superioredi Sanità, roma, 2006. Pantaleoni M., Disegni anatomici di Antonio Cano-va, Istituto Superiore di Sanità, roma, 1949.Vincenzo Camuccini. 12 Anatomical Drawings fromLife, Antonacci-Lapiccirella, roma, s.d.<http://polovea.sebina.it/SebinaOpac/.do?idopac=VEA0768877> [09/2015].

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LA DIVULGAZIONE SCIENTIFICA PER «SERVIRE DI GUIDA AL POPOLO»:

LA COLLEZIONE MICOLOGICA DEL MEDICOVALENTI SERINI PRESSO I FISIOCRITICI DI SIENA

QUADERNO 4 2015: 101-106

È quanto mai presumibile che l’album didisegni del medico Francesco Valenti Serini(Villa a Sesta, Siena, 3 giugno 1795-Siena,11 agosto 1872), Dei funghi sospetti e vele-nosi del territorio senese (1868) sulle varietipologie di funghi presenti nel territoriosenese sia essenzialmente attribuibile allasua sensibilità professionale di fronte all’al-ta casistica nella povera gente di morte daavvelenamento da funghi. Certo è che ilrisultato del suo intendimento non sia statosolo quello della grande qualità artistica,ma anche della straordinaria originalità edefficacia del mezzo didattico prescelto.Questa valutazione inoltre è ancor piùavvalorata dal complesso progetto culturaleche si affianca all’opera grafica ed editoria-le: la collezione di funghi in plastica diterra cotta, oggi conservata nel Museo diStoria Naturale dell’Accademia dei Fisio-critici di Siena.Il presente contributo intende pertanto

mettere in luce non tanto la qualità degliacquarelli e dei modelli dal punto di vistaartistico o scientifico ossia micologico,quanto l’evidenziare come la condizione dimedico del suo autore abbia influito su una

scelta formativa di così rilevante portata,rivolta a una popolazione in gran parteanalfabeta che, da un censimento del 1871per la provincia di Siena, ammontava al77,9% della totale. A tal scopo, non si puòche iniziare con il soffermarsi sulla forma-zione dell’autore e poi sulla sua scelta pro-fessionale. Francesco Valenti Serini, di nobile fami-

glia senese, laureatosi in Medicina pressol’Ateneo di Siena, manifestò da subito unforte interesse alla Botanica che riuscì acoltivare grazie alla frequentazione conimportanti botanici, sia in Siena (BiagioBartalini nel 1815) che in altre sedi qualiFirenze (Antonio Targioni Tozzetti), Pisa(Gaetano Savi), Bologna (Antonio Bertolo-ni) e poi Milano, Pavia, Padova. Facileconseguenza fu una particolare attenzionenel periodo dell’esercizio professionalequale medico in Firenze, all’Arcispedale diSanta Maria Nuova e al San Giovanni diDio, verso la casistica degli avvelenamentida funghi. A tale sua passione è in parteimputabile l’abbandono della professionenel 1850, per potersi dedicare appieno allaricerca micologica, con il conseguente tra-

*Università degli Studi di Siena, Storia della Medicina, Dip. Scienze Mediche, Chirurgiche e [email protected]

Francesca Vannozzi*

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sferimento di residenza ad Arbia, in provin-cia di Siena. Evento scatenante il suo ‘progetto di

vita’ sembra esser stato l’assistere perso-nalmente alla morte per avvelenamento diuna dama di compagnia della Corte diLuigi Napoleone Bonaparte Re d’Olanda.Ma la causa motrice, come lo stesso Auto-re afferma, non fu solo la frequenza diavvelenamenti da funghi, ma il constatare«che questo ramo di sapere non facciaparte di pubblico insegnamento nelle Uni-versità, mentre ne sarebbe immensamentemeritevole» (Valenti Serini F., 1864).Poco più che quarantenne, iniziò così la

realizzazione di tavolette, prediligendo nonla costosa cera, ma la terracotta, perchémateria più durevole ed economica, pla-smando modelli sia in altorilievo, che atutto rilievo di numerosi funghi presentinel territorio senese, accompagnati daaltrettante tavole in disegno, colorate e coni numeri corrispondenti ai modelli stessi.Ad esse, l’autore aggiunse poi un trattato astampa, affinché il suo non fosse «soloammaestramento sempre utile per il pub-blico, ma sterile per lo scienziato». È evi-dente che tale complessa opera non puòche attestare sia una grande creatività, cheuna forte propensione per l’arte, in partico-lare per la manipolazione della creta, suacottura e colorazione, tutte fasi che seguivapersonalmente, facendosi anche costruire,per semplicità, una propria fornace dovepoter eseguire la cottura dei modelli. La collezione senese, al tempo del suo

primo riordino e in vista di una possibilecollocazione museale presso il PalazzoPubblico di Siena (Nannizzi A., 1915), si

componeva di 1854 esemplari, 1619 a tuttorilievo, 235 ad altorilievo su 125 tavolette(cm. 25x20), gran parte a grandezza natu-rale con un cartellino di pugno dello stessoValenti, il nome del rispettivo fungo e spes-so anche il sinonimo e il termine volgare.Sono specie attribuibili a varietà distri-

buite in 40 famiglie e in 156 generi. La nonsempre perfetta corrispondenza al campio-ne è forse spiegabile con il fatto che ilmedico poteva non avere a disposizioneesemplari freschi, affidandosi quindi a raf-figurazioni. Ogni tavoletta rappresenta unao più specie di funghi in tutte le fasi dellacrescita. La collezione passò all’Accademiadei Fisiocritici di Siena nel 1929.Perché la collezione avesse validità

didattica, era fondamentale l’aspetto realedel modello, avvalorato dalla scelta del-l’argilla, materiale duttile, plastico, colora-to a freddo, con una attenzione al partico-lare che avvicina il pezzo ad una veridicitàsorprendente. Non a caso, Valenti racco-glieva personalmente i funghi e tentò per-sino di poterli avere sempre a disposizionetramite il «sistema di trapiantarle e di edu-carle in casa».Oltre alle terracotte, il medico senese,

dopo 12 anni di studi, approntò un Catalo-go dei funghi mangerecci, sospetti e vele-nosi (Siena, 1864) e di seguito le citate 56tavole in disegno, uscite a cura della RealeAccademia di Medicina di Torino (1868). È curioso come il Valenti Serini nell’In-

troduzione al suo Dei funghi sospetti evelenosi non solo si soffermi sulle caratte-ristiche dei funghi, ma fornisca anche unalettura antropologica della popolazione chese ne cibava, sia quella misera che trovava

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in essi un alimento di facile reperimento ea costo zero, sia la ricca che, vinta da«gola, lusso e incontinenza», cadeva confacilità vittima di forti malori o avvelena-mento mortale.La strategica scelta dell’adozione del

modello didattico consente, fra l’altro, ditrascurare tutti quei limiti dati all’epoca dauna scarsa conoscenza scientifica delmondo dei funghi, dalla difformità nellaterminologia popolare e dalla variabilitànella risposta al trattamento dei funghi,sottoposti a particolari condizioni, quali lacottura e l’invecchiamento. Si prediligequindi, per semplicità e immediatezza nel -la comunicazione scientifica, la scelta delmodello e della raffigurazione in disegno

aderente quanto più possibile al reale, conil solo obiettivo di insegnare a conoscere edistinguere i funghi in base alla loro tossi-cità, abbandonando così le false credenzeper ridurre o abbattere il danno da avvele-namento. Unico strumento rimaneva quindi l’at-

tenta osservazione della morfologia delfungo da raccogliere, senza empirichemanovre di dubbia validità, raccomandan-do l’essere cauti anche nei confronti difunghi apparentemente eduli.Medico, botanico, artista, collezionista:

una commistione di formazione, cono-scenze e passioni che caratterizzano il sin-golare personaggio che ben si configura inquell’ottocentesco ricco mondo culturale,

Francesco Valenti Serini,Agaricus coccineus

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che non esitava a permearsi di un afflatodi umanità nei confronti delle poverigenti.La consapevolezza dell’unicità della

collezione è anche ben dimostrata dal desi-derio del Valenti Serini, più volte espressa,di poterla esporre, tanto da donare mano-scritto micologico corredato da tavolecolorate da lui eseguite e una serie di fun-ghi in terracotta sia alla R. Accademia diTorino che al Municipio di Reggio Emiliae la terza donazione, la più ampia e com-pleta, al Comune di Siena perché il tuttofosse esposto «in un museo, in una scuolao in altro luogo pubblico affinché potesseriuscire di qualche utilità al popolo»;esempio di quel ‘collezionismo scolastico’che vede oggi molte scuole di ogni ordinee grado proprietarie di uno straordinariopatrimonio di beni scientifici, purtropponon sempre ben custodito, fruibile al pub-blico e conosciuto.La raccolta senese fu quindi prima col-

locata presso una scuola, poi all’Ufficiomunicipale di Igiene, per poi trovare nel1928 la sua definitiva e adeguata sedeall’Accademia dei Fisiocritici, di cui ilmedico era stato socio dal 1848 e alla qualeil Valenti già aveva donato una pregevolecollezione di piante criptogame. L’immediatezza e semplicità del mezzo

didattico scelto non deve però trarre ininganno sulle conoscenze scientifiche delValenti Serini, che invece attesta il propriosapere citando nel suo volume vari illustriscienziati (Pier Andrea Mattioli, Plinio,Galeno, Euripide, Anastasio Kirker e altri)a sostegno delle personali teorie. Certo è che l’attenta osservazione rima-

ne la guida più attendibile per il riconosci-mento del fungo mangereccio, da valutarescrupolosamente non solo dal punto divista morfologico, ma prestando attenzio-ne anche ad altri fattori, quali l’odore, lavariabilità in base agli agenti meteorologi-ci o temporali (fungo giovane o vecchio) oambientali.L’approfondita conoscenza dell’autore è

fra l’altro ben desumibile dal contenutodelle informazioni del suo Catalogo(1864) dove, oltre alla nomenclatura involgare delle specie e varietà, aggiunge inomi usuali in inglese, francese, tedesco;la Sinonimja fatta dai micologi del passatosui caratteri distintivi e le mutazioni deifunghi nel corso della vita; i sintomi diavvelenamento e relativa possibile cura; irisultati dell’autopsia dei casi di morte; «lacautela nella ricerca e nella preparazione diqueste piante prima di farne uso perchésempre facili ad ingannarci».La grandiosa opera intrapresa riportò il

plauso di molti, tra cui degno di nota quellodei partecipanti al X Congresso degliScienziati Italiani tenutosi a Siena nel 1862,che gli rivolsero «l’encomio di quantiebbero ad ammirare un sì prezioso lavorodi un uomo dotto e sommamente mode-sto». Fu nell’occasione che il presidentedella sezione medica del Congresso, pro-fessor Benedetto Trompeo, esortò il Valentia «ripetere i modelli dei sospetti e veleno-si» per presentarli alla Reale Accademia diMedicina di Torino. 56 modelli, un suotrattato manoscritto e un atlante di 57 tavo-le di funghi «maestrevolmente disegnati ecoloriti al vero» furono così donati nel1864 all’Accademia dal medico senese.

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L’esame dell’opera fu affidata al medi-co, filosofo, naturalista Antonio Garbigliet-ti che attribuì ad essa le doti già presentinei lavori dei «celebri micologhi Battarra,Micheli, Viviani, Vittadini, Venturi, Corda,Barla, Bulliard, Krombholz…». Al colossale lavoro del Valenti fu rico-

nosciuta una utilità «non soltanto peiSanesi e per tutti i Toscani, ma sì benanche per le altre parti della nostra peni-sola e specialmente per il Piemonte, per-ché colà pure trovasi il maggior numerodelle specie e varietà di funghi nell’operastessa descritto». L’Accademia torinese deliberò così il 3

febbraio 1865 la stampa del volume per-ché di «sommo benefizio alla popolareistruzione, non che alla pubblica igiene».Le spese per la pubblicazione furono co -perte da una sottoscrizione pubblica per«azioni di lire venti ciascuna», dando dirit-to a ogni azionista di ricevere una copiadella suddetta opera. Botanici, scienziati,medici, famiglie senesi aderirono all’ap-pello, consentendo l’uscita dell’opera.

Per concludere, mi pare degno di notariportare di seguito il pensiero del Medicoben espresso nel suo Catalogo, a eviden-ziare come la sua consapevole scelta del-l’uso di modelli e disegni fosse dall’autoreritenuta la più valida per una comunicazio-ne scientifica diretta, facile, immediata edefficace: «questo modo parmi più utiledegli esempi, degli scritti, delle disserta-zioni, e delle opere le meglio architettate,le quali infine vanno a riposare negli scaf-fali delle Accademie, o nelle private e pub-bliche Biblioteche, condannate alla polve-re, agl’insetti ed all’Oblio, ove il popolonon ha motivo di andarvi ed il grande nonle cura» (Valenti Serini, 1864).

BibliografiaI funghi in mostra. Dalla collezione Valenti Serinidell’Accademia dei Fisiocritici di Siena, 3 Museo dellaTerracotta di Petronio (Trequanda), Sistema MuseiSenesi, Quaderni Etnografici, Protagon editori toscani,Siena, 2001.Bonini I., Ferri S., La Sala Francesco Valenti Serini,in: Siena. Museo di Storia Naturale, in F. Vannozzi, G.

Francesco Valenti Serini,Amanita virgata (a sinistra), Uovolo malefico rosso-Amanita muscaria (a destra)

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Manganelli (a cura di), Accademia dei Fisiocritici,Fondazione Musei Senesi Guide/14, Milano, SilvanaEditoriale, 2011, pp. 73-75.Dei A., Il cavaliere dott. Francesco Valenti-Serini.Breve cenno biografico, estr.: «Il possidente», II, n. 5,s.d.Ferri S., Francesco Valenti Serini: un micologo dell’800,«Gli Atti dell’Accademia delle Scienze di Siena detta de’Fisiocritici», serie XV 1987, tomo VI, IX-XV.Ferri S., Ritratto di un medico-micologo dell’Ottocen-to: Francesco Valenti Serini, in Atti del Convegno“Piante officinali e funghi: biologia, chimica ed appli-cazioni”, 1989, pp. 144-147.

Garbiglietti A., Intorno all’opera manoscritta del dott.Francesco Valenti Serini sopra i funghi sospetti e vele-nosi del territorio sanese, estr. «Atti Gior. R. Acc.Med. di Torino», 5, 1865.Garbiglietti A., Cenno necrologico, Vercellino ed.,Torino, 1872.Nannizzi A., La collezione micologica di FrancescoValenti-Serini conservata nel Palazzo Pubblico diSiena, Siena, 1915.Valenti Serini F., Catalogo dei funghi mangerecci,sospetti e velenosi eseguiti in disegno ed in rilievo perservire di guida al popolo ossia myceologia-igienico-toxicologica popolare, Tip. Sordomuti, Siena, 1864.

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TRA GIORNALISMO SCIENTIFICO E DIDATTICA MEDICA: L’ILLUSTRAZIONE DERMATOLOGICA NEI PRIMI DIECI ANNI

DI PUBBLICAZIONE DEL «GIORNALE ITALIANO DELLE MALATTIE VENEREE E DELLA PELLE» (1866-1875)

QUADERNO 4 2015: 107-110

L’invenzione della litografia, dovuta altedesco Alois Senefelder nel 1796, hacostituito un notevole progresso rispettoalle tecniche calcografiche, in quanto hapermesso di produrre velocemente ungran numero di immagini. È noto chePaolo Mascagni aveva in maggior consi-derazione i preparati anatomici da lui stes-so allestiti rispetto alle incisioni del Santi,che, per quanto di straordinaria qualità,erano prodotte con tempi tecnici moltolunghi e quindi non sempre rappresentati-ve dello ‘stato dell’arte’ delle ricerchedello scienziato, anche se indispensabiliper raggiungere una diffusione e un rico-noscimento universali delle proprie sco-perte. Inizialmente le stampe venivano rifinite

ad acquerello, sino a quando non verrannoprodotte litografie a colori, grazie allainvenzione della cromolitografia da parte diun allievo di Senefelter, Gottlieb Engel-mann, nel 1837. Questo, insieme all’intro-duzione del torchio a stella, consentiva a un

solo operaio di produrre ben 100 stampe algiorno e la qualità della stampa rimanevainalterata anche dopo migliaia di copie.Sull’industria editoriale a Milano

nell’Ot tocento, rimane ancora oggi attualeil lavoro di Marino Berengo, in cui l’auto-re dimostra come, pur dopo la fine delRegno d’Italia napoleonico e la comparsadi un clima di tensione tra il restauratopotere austriaco e gli intellettuali, non ven-gano a mancare risorse economiche per lacultura. Se in epoca napoleonica i fondierano erogati per lo più dal Governo cen-trale, nel periodo della Restaurazione sa -ranno ridotti e spesso concessi solo agli«intellettuali organici» al potere, ragion percui l’attività editoriale libera sarà per lo piùdi impronta liberale.Un settore in cui l’intellettuale riesce ad

affermarsi come imprenditore conservandola proprietà dell’iniziativa editoriale èquello della stampa periodica, specie diquella specializzata (come quella medica escientifica). Qui si viene a godere sia del

*Collaboratori esterni del Centro servizi CUTVAP (Tutela e Valorizzazione Antico Patrimonio scientifico), Uni-versità di [email protected], [email protected]

Angelo Vettorello*

Alessandro Bisaccioni*

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vantaggio di uno smercio sicuro, attraversol’adesione di un certo numero di associati,sia di un maggior guadagno unitario perpagina, rispetto al libro.Nel secondo Ottocento, Milano, supera-

ta la crisi produttiva legata agli eventi bel-lici risorgimentali, torna a essere un centroeditoriale e tipografico di primaria impor-tanza: anche se la produzione librariarimase la più alta in Italia (per cui vennedefinita la Lipsia d’Italia), il rapido svilup-po tecnico-scientifico non si ac compagnòalla formazione di una florida industriacul turale, in confronto agli esempi di Tori-no e Firenze. Le tipografie milanesi rad-doppiano in numero tra il 1857 e il 1883 eha grande sviluppo la stampa periodica (sipassa dagli 80 periodici del 1864 ai 137del 1873). Inizia l’evoluzione da impresatipografica artigiana a industria poligrafica(in cui sono presenti reparti e macchinariin grado di eseguire qualsiasi tipo di lavo-razione): ne sono esempio gli stabilimentiTreves, Sonzogno e Vallardi (quest’ultimaparticolarmente specializzata nelle esecu-zione e commercio di stampe, libri illu-strati, strenne).Nel 1866 Gian Battista Soresina fonda-

va a Milano il «Giornale Italiano delleMalattie Veneree e delle Malattie dellaPelle», che rappresenta la più antica rivistadermatologica tuttora attiva (oggi comeorgano della Società Italiana di Dermato-logia SIDeMaST). Il Soresina, nato nel 1803 in Polesine,

Ispettore Sanitario di Milano, Medico Capodel Sifilocomio e del Dispensario Celtico,pubblicava già dal 1862 un’Appendice Sifi-liatrica nella «Gazzetta Medica Italiana-

Lombardia». Nella breve presentazione delprogetto editoriale si enun ciava in modochiaro la necessità di dare veste scientificaalla nascente specialità medica, che dapochi anni poteva vantare l’istituzione dicattedre universitarie: se il Chiarugi aFirenze era stato il primo, isolato antesi-gnano, solo nel 1859 a Roma con Manas-sei e ancora a Firenze col Michelacci, poinel 1860 a Bologna col Gamberini, Tantur-ri a Napoli e Scarenzio a Pavia dal 1868,si diffondevano capillarmente le cattedredi Sifilografia e di Dermatologia.Veniva inoltre affermato con forza, da un

lato il carattere di giornale aperto a opinionidiverse e polemiche anche vivaci, dall’altrol’orgoglio di rappresentare la Scuola Der-matologica e Venereologica Italiana nelmomento in cui si veniva a formare l’Unitàdella Nazione. Tra gli aderenti all’impresafiguravano cultori di tutte le regioni italia-ne, principalmente specialisti in malattieveneree, alcuni dermatologi, pochi gli uni-versitari, maggiormente rappresentati gliospedalieri. Nei primi dieci anni di pubblicazione, il

Giornale Italiano veniva edito, prima coitipi di Giuseppe Bernardoni di Giovanniper le prime due annate, successivamentenel 1868 dallo Stabilimento Redaelli (dellaSocietà Chiusi e Rechiedei), dal 1869 al1873 dalla Tipografia della Società Coope-rativa, nel 1874 dalla Tipografia Giuliani enel 1875 dalla Fratelli Rechiedei Editori.Come tutti i periodici anche il GiornaleItaliano cambiò spesso tipografia: questofa supporre che lo stampatore non avessepartecipazione agli utili e operasse solo sucommissione. Si segnala tuttavia per una

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maggiore continuità la Società Cooperati-va Tipografica, che si costituì nel 1866 ecessò nel 1874: tra i promotori ebbe l’edi-tore Treves e Luigi Luzzatti, mentre tra ifinanziatori spicca il banchiere di origineaustriaca Alberto Weill-Schott. Quest’ulti-mo, legato all’ambiente massonico e aquello politico vicino a Crispi, ha avuto unruolo importante nel Risorgimento.La presenza del supporto grafico nel

Giornale Italiano, nei suoi primi anni dipubblicazione, si concretizza con l’uso siadi incisioni a illustrare novità di strumen-taria medico-chirurgica, sia con litografie,per esempio a indispensabile supportodegli interventi del professor Michelacci,poi raccolti in volume, in tema di micolo-gia medica. La prima immagine a colori comparve

nel vol. 4 (anno 1867). Si tratta di una cro-molitografia (il litografo era Paolo Bertottidi Milano), disegnata sulla base di una ri -presa fotografica, a corredo di una rarapatologia (denominata dall’autore della re -lazione, il dottor Francesco Orsi di Pavia,come Antropoleopardalisdermia, og gi Me -lanocitosi Neurocutanea). Nell’articolo ildottor Orsi segnala che la cute del pazientesarà conservata in una soluzione di glice-rina e acido acetico e propone di allestireun preparato anatomico da collocare pres-so il Gabinetto dell’Università, insiemealla base del cranio contenente il tumore,l’encefalo e il midollo spinale. Dunque,anche in relazione al progresso tecnico nelcampo grafico ed editoriale dell’epoca, ilGiornale Italianomostra come un raffina-to corredo iconografico divenga essenzialestrumento delle finalità didattiche e di

comunicazione scientifica proprie di unarivista di ampia diffusione. Bisogna comunque rimarcare come la

storia dell’immagine scientifica del l’Ot -tocento rimanga un campo ancora pocoesplorato, stante che gli studi pubblicatihanno approfondito principalmente gliaspetti storico-artistici oppure quelli legatial costume e alla cultura materiale.

Bibliografia«Giornale italiano delle malattie veneree e delle malat-tie della pelle. Compilato e diretto dal dott. G. B. Sore-sina (Ispettore Sanitario di Milano, Medico Capo delSifilocomio e del Dispensario Celtico)», Milano 1866e sgg.Berengo M., Intellettuali e librai nella Milano dellaRestaurazione, Milano, 2012 (Rist. ediz. Torino 1980).Bisogni P., Scienza e iconografia: la funzione delleincisioni nel Vasorum lymphaticorum di Paolo Masca-gni, in Vannozzi F. (a cura di), La scienza illuminata.Paolo Mascagni e il suo tempo (1755-1815), NuovaImmagine, Siena 1996.Ehring F., Hautkrankheiten/Skin Diseases. 5 Jahrhun-derte wissenschaftliche Illustration - 5 Centuries ofScientific Illustration, Stuttgard-NewYork 1989(ediz.ital. Salerno 1997).Gelmetti C., Storia della Dermatologia e della Vene-reologia in Italia, Milano 2014.Kadonga J.N., Frieden I.J., Neurocutaneousmelanosis: definition and review of the literature, «J.Am. Acad. Dermatol.», 24, 1991.Marazzi E., Libri per diventare italiani (L’editoria perla scuola a Milano nel secondo Ottocento), Milano2014.Mazzocca F., L’illustrazione romantica, in Storiadell’Arte Italiana, Torino, 1981, vol. 9, tomo II, pp.323-419.Pallottino P., Storia dell’illustrazione italiana (cinquesecoli di immagini riprodotte), La Casa Usher, Firenze2010.

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Pancino C., Igiene e sanità nella Milano di fine Otto-cento, in Della Peruta F. (a cura di), Sanità e società.Lombardo-Veneto, Piemonte e Liguria, Casamassima,Udine 1989.Pogliano C., L’utopia igienista (1870-1920), in Storiad’Italia, Annali VII: Malattia e Medicina, a cura di F.Della Peruta, Torino, 1984.

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LE ICONES ANATOMICAE COME ESEMPIO DI MATERIALE GRAFICO

PER LA DIDATTICA MEDICA A LIVELLO EUROPEO

QUADERNO 4 2015: 111-114

Leopoldo Marco Antonio Caldani(1725-1813) si laureò in Medicina a Bolo-gna nel 1753 e, dopo aver lavorato pressol’ospedale di Santa Maria della Morte,ottenne la cattedra di Medicina pratica(1760) e successivamente di Anatomia, cheresse un solo anno prima di lasciare la cittàemiliana. Caldani, infatti, sin dai primi annidi carriera accademica aveva combinato lesue ricerche anatomiche col concetto di“irritabilità muscolare” derivato dalle teo-rie del medico e fisiologo svizzero Albre-cht von Haller (1708-1777), delle qualiera di venuto un convinto sostenitore (Bal-dini 1973, p. 67). Secondo Haller l’irritabi-lità era caratteristica specifica del tessutomuscolare e determinava la sua capacità dicontrarsi in presenza d’uno stimolo, mentrela sensibilità era specifica dei nervi, deter-minando la capacità di reagire a uno stimo-lo attraverso una sensazione dolorosa più omeno intensa. Il concetto di irritabilità, inparticolare, destò molto interesse in Euro-pa, in quanto recepito come in grado didescrivere la proprietà essenziale della vita(Ongaro 1990, p. 117). Caldani, inizial-

mente scettico, in seguito a una serie diesperimenti e attraverso un rapporto episto-lare con Haller si convinse della correttezzadella teoria (Ongaro 2002, p. 36). Nontardò, quindi, a insegnarla all’università e adivulgarla coi suoi scritti, suscitando le rea-zioni di parte dell’ambiente accademicobolognese ostile all’idea che tale prospetti-va potesse rifondare la Fisiologia (F. Cal-dani 1823, pp. XIX-XXI).Caldani si trovò costretto a lasciare l’u-

niversità di Bologna alla ricerca d’unambiente accademico più aperto e tolle-rante. Si trasferì a Venezia, esercitando lame dicina con successo e, ricevute diverseofferte, accettò la cattedra De morbismulierum, puerorum et artificum dell’Uni-versità di Padova nel 1764. L’anno succes-sivo ottenne quella di Medicina teorica conla promessa, da parte delle autorità vene-ziane, di passare all’insegnamento d’Ana-tomia quando Giovanni Battista Morgagni(1682-1771), all’epoca ottantaduenne, l’a-vrebbe lasciato libero (ivi, p. XXIII). De -ceduto Morgagni nel 1771, Caldani passòalla sua cattedra prima come supplente,

*Università degli Studi di Padova, Dipartimento di Scienze Cardiologiche, Toraciche e [email protected], [email protected]

Alberto Zanatta*

Fabio Zampieri*

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poi come docente stabile nel 1773 (Ongaro2002, p. 38).A Padova Caldani insegnò per qua-

rant’anni e la sua opera, sebbene noncaratterizzata da spiccata originalità, rivi-talizzò un ambiente accademico che, aparte il lavoro innovatore di Morgagni, erarimasto stagnante dopo l’anatomia rinasci-mentale e alcune figure di spicco del XVIIsecolo (Baldini 1973, p. 69). Oltre al con-tributo delle Icones anatomicae, ebbe ilmerito d’innovare le tecniche di sperimen-tazione animale introducendo in Italia l’e-lettricità come nuovo metodo di stimola-zione (Ongaro 2002, p. 37).Floriano Caldani (1772-1836), nipote di

Leopoldo, fu iniziato agli studi medici dalcelebre zio. Studiò questa disciplina a Bolo-gna per poi laurearsi a Padova nel 1792.Nel 1797 divenne assistente dello zio e infi-

ne gli succedette alla cattedra nel 1806. Fuanche rettore nel biennio 1835-1836,morendo quand’era ancora in carica (Mene-ghelli 1841, p. 20; Casellato 1996, p. 11).Sin dal diploma s’impegnò nella collabora-zione con Leopoldo per la pubblicazionedelle Icones, uscite in 5 volumi a Veneziafra 1801 e 1814 (L.M. Caldani & F. Cal dani1801-1814). Proprio grazie a questo meritosuccedette a Leopoldo, dedicandosi all’A-natomia con passione per tutta la vita, oltrea interessarsi anche di storia naturale e let-tere classiche (Casellato 1996, p. 11). Peresempio, fu un buon sperimentalista e ripre-se alcune ricerche di Lazzaro Spallanzani(1729-1799) sulla capacità di orientamentodei pipistrelli anche in assenza di vista(Meneghelli 1831, p. 18). Inoltre, fu consi-derato un ottimo docente, sebbene fu de -scritto anche di carattere irascibile (Cortese1882, p. 553).Zio e nipote, dunque, pubblicarono uno

dei più belli atlanti anatomici della storia,le Icones, che ebbe ampia fama e venneadottato in molte università italiane edeuropee, proprio grazie all’accuratezza ealla precisione delle illustrazioni che, perquei tempi, rappresentavano la più ricca ecompleta documentazione d’anatomiaumana (Casellato 1996, p. 11). L’opera fustampata dal tipografo Francesco Picotti,friulano stabilitosi a Venezia, la tipografiadel quale era molto nota e apprezzata perla qualità dei volumi di gusto neoclassico.A Picotti si rivolgevano, in particolare,medici e storici dell’arte, entrambi interes-sati alla qualità delle illustrazioni. Fu pro-prio l’opera dei Caldani a dare a Picotti lafama maggiore e per la sua stampa creò i

A sinistra: Apollo del Belvedere (dal cortile del Belve-dere in Vaticano, dove collocato in passato, ora pressoi Musei Vaticani), scultura del periodo postellenistico(seconda metà del II secolo a.C.); a destra: Tabula Idelle Icones di Leopoldo e Floriano Caldani (L. Cal-dani e F. Caldani 1801-1814), opera di Gaetano Bosa,ispirata all’Apollo come ideale di bellezza umana,all’elaborazione del quale contribuiva anche la ricercaanatomica

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locali che poi sarebbero stati sede di pro-duzione delle sue opere successive (Giaco-mello 2001, p. 82).Per quanto riguarda le illustrazioni, le

tavole calcografiche incise col bulino furo-no realizzate da un’equipe fra le miglioridell’epoca, che diede alla luce opere diestrema accuratezza e bellezza (Premuda1996, p. 309). Le figure originali furonodisegnate da Gaetano Bosa (1776-ca1840)su preparati allestiti dal giovane Caldani. IlBosa proveniva da una famiglia d’incisorie calcografi attiva nel Veneto nei secoliXVIII e XIX, della quale fu il maggioreesponente. Lavorò principalmente a Vene-

zia fino a prima del 1833, quando divennecieco e fu costretto ad abbandonare la suaattività. Incisore di stampe d’occasione, daibiglietti da visita alle stampe celebrative, sidedicò anche al ritratto, fra i quali quellodello stesso Leopoldo, e alla riproduzionedi opere di artisti celebri. Il capolavorodella sua carriera sono considerati i quattor-dici rami preparati proprio per le Icones,per cui fornì anche 48 disegni incisi da altriautori (Borroni 1971, p. 134). Ispirata algu sto dello scultore neoclassico AntonioCanova (1757-1822), per esempio, la tavo-la I riproduce l’Apollo del Belvedere senzastrophium e clamide. L’immagine raffigurapienamente il concetto di bellezza ideale, alquale anche la ricerca anatomica volevacontribuire (Premuda 1966, p. 312).Il Bosa fu coadiuvato da Francesco

Ambrosi, operante a Venezia nella secondametà del Settecento, Felice Zuliani, Fran-cesco Ambrosi e Giovanni Battista Torcel-lan. La tecnica del bulino era quella piùindicata per riprodurre la finezza dei parti-colari anatomici, tuttavia gli incisori furo-no in grado di ottenere anche un chiaro-scuro paragonabile alla litografia,fun zionale alla rappresentazione tridimen-sionale di organi e apparati (ivi, p. 309).Merita una menzione speciale, infine, ilfrontespizio intriso di neoclassicismo edella pittura paesaggistica veneziana delSettecento. All’interno d’una grotta ungruppo di medici e studenti, in abiti clas-sici, sta eseguendo la dissezione d’uncadavere adagiato su d’un tavolo di roc-cia. Uno di essi sta dissecando, assistito daun secondo che confronta quanto osserva-to col testo d’un libro posto sulle gambe

Frontespizio delle Icones di Leopoldo e Floriano Caldani(L. Caldani & F., Caldani (1801-1814), nel quale si puòammirare una scena di dissezione anatomica di gustoneoclassico, inserita in un paesaggio ispirato alla tradi-zione naturalistica della pittura veneziana del Settecento

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del cadavere, mentre uno studente stringeil cuore asportato dalla salma chiedendospiegazioni al maestro (ibidem).L’opera dei Caldani, come poche altre

precedenti e successive, seppe coniugareun lavoro scientifico vasto e accurato conuna rappresentazione artistica altrettantoprecisa, oltre che di grande valore estetico.La storia ci fornisce molti esempi di questogenere, dimostrando che le maggiori operescientifiche furono caratterizzate da unaparticolare sensibilità artistica, nello spiritod’una cultura universale che sembra sial’unico mezzo per l’elaborazione d’unsapere che lasci un segno nello svolgersidello sviluppo della conoscenza umana.

BibliografiaBaldini U., Caldani, Leopoldo Marco Antonio, Dizio-nario Biografico degli Italiani Treccani, Roma, 1973,vol. 16, pp. 66-69.Borroni F., Bozza, Dizionario Biografico degli ItalianiTreccani, Roma, 1971, vol. 13, pp. 134-135.Caldani F., Memorie intorno alla vita e alle opere diLeopoldo Marco Antonio Caldani, Tipografia Came-rale, Modena, 1822.

Caldani L.M. e Caldani, F., Icones anatomicae quot-quot sunt celebriores ex optimis neotericorum operi-bus summa diligentia depromtae et collectae, 5 voll.,ex calcographia Josephi Piccotti, Venezia, 1801-1814.Casellato S., Floriano Caldani (Bologna, 1772-Pado-va, 1836), in Casellato S. e Pigatto L., Professori dimaterie scientifiche all’Università di Padova nell’Ot-tocento, Lint, Trieste, 1996, pp. 11-13.Cortese F., Di alcuni cranii di scienziati distinti che siconservano nel Museo Anatomico dell’Università diPadova e che appartennero alla sua Scuola. Parteprima relazione storica, «Memorie del Reale IstitutoVeneto di Scienze, Lettere ed Arti», XXI, III, 1882, pp.547-557.Giacomello A., Un tipografo friulano a Venezia. Giu-seppe Picotti primo stampatore di Fabio di Maniago,in Furlan C. e Grattoni D’Arcano M., Fabio di Mania-go e la storiografia artistica in Italia e in Europa,Forum, Udine, 2001, pp. 81-94.Meneghelli A., Cenni biografici degli accademici diPadova mancati ai vivi dopo la pubblicazione delterzo volume dei nuovi saggi MDCCCXXXI, coi TipiAngelo Sicca, Padova, 1831.Ongaro G., Leopoldo Marco Antonio Caldani (Bolo-gna, 1725-Padova, 1813), in Casellato S. e Sitran ReaL. (a cura di), Professori e scienziati a Padova nel Set-tecento, Antilia, Treviso, 2002, pp. 35-43.Ongaro G., L’irritabilità hallierana in Italia, in Onga-ro G. (a cura di), Storie di medici e di medicina, IlPoligrafo, Padova, 2008, pp. 217-234.Premuda L., Storia dell’iconografia anatomica, Ciba-Geigy, Milano, 1996.

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NUOVI SUPPORTI ICONOGRAFICI PER LA DIDATTICA MEDICA:

ESPERIENZE DI UN MUSEO INTERATTIVO

QUADERNO 4 2015: 117-120

Dopo anni di iniziative temporanee conlo scopo di far conoscere il legame tra lacittà di Padova e la Medicina, il 6 giugnodi quest’anno è stato inaugurato il Museodi Storia della Medicina (Musme). Il com-plesso museale, situato nell’antico Ospe-dale di San Francesco, inizia la sua attivitàcon il proposito di diventare un luogo diincontro tra l’importanza storica dei reper-ti, valorizzando le testimonianze del presti-gio padovano, e il carattere didattico dialtri materiali.

Grazie alla collaborazione tra il comita-to scientifico e l’ente gestore, un’impresalocale che offre supporto tecnologico astrutture del settore sanitario, il progetto diallestimento del Musme prevede la pre-sentazione di contenuti in diversi formati.All’interno del museo si trova una serie direperti storici di speciale interesse in que-sto contesto, con testi esplicativi e dida-scalie, ma come novità a livello localeviene proposta anche una gran quantità dielementi grafici: dalle immagini illustrati-ve dei pannelli alle postazioni virtualiinterattive.

Seguendo le nuove teorie sul ruolo edu-cativo dei musei, sempre più diffuse, esso

viene inteso come una parte irrinunciabiledi mostre, eventi e laboratori. In questomodo, per il loro valore comunicativo, re -perti, testo e rappresentazioni visive di -ventano di pari importanza e trovano spa-zio in tutte le sale della mostra.

Tra le più interessanti soluzioni chefanno parte delle postazioni del Musme tro-viamo: uno schermo che sostituisce il tavo-lo settorio e permette di guardare attraversouna “lente” diverse strutture anatomiche;dei giochi anatomici interattivi; la stampa3D di una vera protesi ossea e, all’interno diun avveniristico teatro anatomico, unmodello umano di otto metri su cui vengo-no proiettati gli apparati del corpo secondole conoscenze attuali e quelle che AndreaVesalio illustrò nella sua Fabrica.

La progettazione di un laboratorio didat-tico all’interno di un percorso come questo,caratterizzato da un elevato utilizzo didiversi mezzi espositivi, richiede l’analisidelle risorse esistenti e l’uso di altre tecni-che che permettano agli utenti di avere unapproccio complementare alla visita in unambiente d’incontro tra il museo e l’aula. Inquesto spazio comune vengono svolte delle

*Traduttrice e comunicatrice scientifica, La Orotava, [email protected]

Adriana Martín García*

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118 ATTI - Giornate di Museologia Medica

attività che mettono insieme le conoscenzeprecedenti e quelle apprese al museo in unformato molto semplice che consente difocalizzare l’attenzione sul contenuto.

Dato che in un ambiente museale il pro-cesso di trasmissione dell’informazioneviene prodotto attraverso i reperti e altri ele-menti per un pubblico generale, uno dei piùimportanti compiti del laboratorio è quello diagire come una struttura interpretativa per lediverse fasce di età, individuando le loronecessità e contestualizzando i temi delmuseo per garantire una co municazioneadatta agli utenti. Il principale motivo percreare un laboratorio dedicato a studenti dai6 ai 14 anni è che i minori di 6 anni nonsono un target del museo in generale, per lasua complessità, e che i maggiori di 15hanno un livello di conoscenza di base chepermette di visitare il Museo senza bisognodi ulteriori appoggi didattici.

Una volta deciso il target delle attivitàdidattiche, è stato necessario capire qualisono i loro interessi al momento di visita-re un museo o mostra di qualsiasi tipo.Studi sviluppati nel mondo anglosassone(Stuart Davies, 1994; Harris Qualitative,1997) dimostrano che ciò che maggior-mente attrae un pubblico giovane sono leattività di sperimentazione della storia, lepostazioni interattive, i computer e altridevice tecnologici, le esperienze tattili, iquiz, i giochi di disegno e costruzione, iluoghi e gli oggetti affascinanti.

In generale le strategie tecnologiche dididattica forniscono un accesso più flessi-bile all’informazione e in musei dellaMedicina l’utilizzo di queste tecniche è

sempre più diffuso (Hooper-Greenhill,1999). Nel caso particolare del Musme,una volta aperto si è potuto confermarel’interesse dei giovani per le postazionidigitali. Comunque, ci troviamo in unmomento di transizione nel quale le nuovegenerazioni di nativi digitali convivonocon altri supporti analogici in diversiambienti di insegnamento ed è necessarioche tale equilibrio sia portato nel Museoattraverso il laboratorio.

Tenendo in considerazione questi risultatie il contesto dell’intero progetto Musme, illaboratorio doveva proporre esercizi chemettessero i suoi utenti a contatto direttocon la storia, tramite un approccio diretto,esperienze sensoriali, giochi di diverso tipoe attività manuali, pensati specialmente perle fasce di età più giovani. Così facendo, sipresta attenzione a tutti gli aspetti che ren-dono il Museo fruibile e di successo perquesto pubblico.

Come principale scopo per la creazionedi tale iniziativa, possiamo dire che il labo-ratorio del Musme nasce per rafforzare illegame tre la comunità di studenti, comepotenziali ricercatori e visitatori, e gli enticulturali.

Altre mete fissate per le attività didattichesono: garantire che anche i visitatori piùgiovani abbiano un’esperienza come prota-gonisti al museo, stimolare la comprensionea seconda dei livelli di capacità e conoscen-za, promuovere la curiosità come base dellascienza, collegare l’espressione verbale evisuale con il ragionamento logico.

Dal punto di vista iconografico, l’utiliz-zo di immagini è più limitato che nel resto

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ATTI - Giornate di Museologia Medica 119

del percorso museale ed è caratterizzatoda rappresentazioni fisse e, in gran parte,schematiche. Questa scelta viene motivatanon solo dalla mancanza di elementi digi-tali nel laboratorio, ma anche dalla neces-sità di mettere a disposizione materiali cheservano all’apprendimento di concettichiave attraverso attività pratiche.

Tutti i “microlaboratori” e il materialegrafico del laboratorio sono il risultatodell’adattamento di proposte didatticheprecedenti, utilizzate da docenti di scuoleitaliane, europee e internazionali, e chehanno dimostrato avere risultati positiviper l’insegnamento di materie scientifi-che.

Alcuni sono anche stati usati in manife-stazioni culturali e hanno attirato l’atten-zione di un pubblico simile per età, rispon-dendo anche alle esigenze di accuratezzarichieste nel settore.

In primo luogo troviamo la presentazio-ne dell’informazione tramite poster, cheseguono lo stile schematico e semplificatodell’infografica e vengono utilizzati comesupporto alle attività o come spazi diapprofondimento. La presentazione deicontenuti in questo formato diventa effica-ce da diversi punti di vista: permette un’a-nalisi veloce, crea un’immagine facile daricordare e attira la curiosità dei più picco-li. Questi aspetti sono di speciale impor-tanza in un contesto in cui la quantità diinformazione trasmessa è così alta. Infatti,le infografiche in generale vengono sem-pre più utilizzate in musei scientifici, lad-dove il testo renderebbe più difficile il pro-cesso di apprendimento.

In secondo luogo abbiamo le rappresen-tazioni bidimensionali, che diventano labase dei microlaboratori in formato gioco.Anche esse molto schematiche, ac con -sentono agli utenti del laboratorio di par-tecipare attivamente alla costruzione deigiochi e di utilizzarli a prescindere dal-l’età. I giochi didattici basati sulle ma teriescientifiche aiutano gli studenti a costruiredei concetti altrimenti astratti tramite lamanipolazione di oggetti, richiedono ilrispetto delle regole che so no fondamen-tali nelle discipline scientifiche e permet-tono agli insegnanti di valutare le abilitàdegli studenti fuori dal contesto artificialedelle scuole (Vankúš, 2005).

Infine, utilizzando il concetto di tridi-mensionalità in un quadro analogico, tro-viamo, nel nostro caso, ciò che è statodenominato i “costumi”. Si tratta di mo -delli ritagliabili e costruibili che nella loroforma finale appaiono come costumi uti-lizzabili dai bambini sui quali si rappre-sentano diverse parti dell’anatomia. L’im-magine semplice e standardizzata vieneaccompagnata dai nomi corrispondenti, inmodo che i partecipanti all’attività possa-no vedere nei propri compagni l’anatomiadel corpo. Così l’interazione tra gli utenti,che trovano a portata di mano i termini el’immagine, diventa un metodo di appren-dimento tra pari.

Infine, possiamo affermare che i nuovisupporti non sono altro che una rivisita-zione dei formati classici che ci permettel’ottimizzazione del loro potenziale. Man -tenendo un equilibrio tra il digitale e l’a-nalogico è possibile approfittare dell’ac-

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curatezza delle immagini virtuali e, nelcontempo, creare attività che facilitino ilcontatto con temi di elevata complessità.

BibliografiaHooper-Greenhill E. et al., The Educational Role ofthe Museum, Routledge, New York, 1999.Mezzagora M. et al., Listening to change: children aschange agents for science in society in Bucchi M. eTrench B. (a cura di), Quality Honesty and Beauty in

Science Communication, Observa Science in Society,Vicenza, 2012.Sapia S. e Ferrara V. Al museo per fare didattica, 2013<http://www.educationduepuntozero.it/community/al-museo-fare-didattica-collaborativa-4068384227.shtml>[12/2014].Tomea Gavazzoli M.L., Manuale di Museologia,ETAS, Milano, 2003.Vankúš P., History and present of didactical games asa method of mathematics’ teaching, «Acta DidacticaUniversitatis Comenianae Mathematics», n. 5, 2005,Comenius University Press, Bratislava, pp. 53-68.

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ANATOMIAE UNIVERSAE ICONES DI PAOLO MASCAGNI:UNA OPPORTUNITÀ DIDATTICA PER UN MUSEO

DI STRUMENTI CHIRURGICI

QUADERNO 4 2015: 121-125

L’‘idea’ di realizzare un percorso mu -seale della raccolta storica dei ferri chirur-gici appartenenti all’ospedale del Ceppo diPistoia nasce all’interno del progetto PIUSSpromosso dal Comune di Pistoia e finan-ziato dalla Regione Toscana concernente lavalorizzazione del complesso storico ospe-daliero ormai desueto per la realizzazionedel nuovo polo sanitario pi stoiese in loca-lità Volo.Oltre al restauro delle facciate com-

prensivo dell’apparato decorativo del fre-gio robbiano, il cantiere si è concentratosulla ristrutturazione della corsia trecente-sca di San Jacopo, vasto spazio che nelNovecento è stato suddiviso in due am -bienti di cui quello più ampio da destinareall’Accademia Medica Filippo Pacini(1928). Il recupero della volumetria origi-naria e il restauro delle pitture murali aforma di conchiglia nei colori del rosso edel verde – antichi capoletto dei malati –ha consentito di fruire di un ambiente ade-guato per l’esposizione della raccolta dellastrumentaria storica. Un corpus di oggetti (datato tra XVII e

XIX secolo) che non risultavano neppureinventariati, esistendo solo elenchi riferiti

alle otto bacheche entro le quali eranostati raccolti fino a questo momento.Primo atto, dunque, è stato quello, di pro-cedere alla precatalogazione mediantescheda PST promossa dal Centro di Docu-mentazione per la Storia dell’Assistenza edella Sanità.Il cantiere di ristrutturazione ha preso

avvio nell’agosto del 2010 procedendoabbastanza lentamente tanto che solo allafine del 2014 è stato possibile iniziare con-cretamente a stilare un progetto scientificoespositivo.Si è costituito un comitato scientifico a

cui hanno partecipato – oltre ai referentidell’Azienda USL3 – anche i due referen-ti di zona per i Beni storici e artistici e peri Beni architettonici delle rispettive So -printendenze (dottoressa Maria CristinaMasdea, architetto Valerio Tesi), la dotto-ressa Elisa Di Zanni quale storica dellaCittà e del Ceppo in particolare, il dottorClaudio Rosati – già coordinatore perl’organizzazione del Sistema dei Musei diPistoia – e la sottoscritta.All’interno di una più ampia riqualifica-

zione del complesso storico ospedalierodel Ceppo (di cui è già deciso il trasferi-

*Centro di Documentazione per la Storia dell’Assistenza e della Sanità[email protected]

Esther Diana*

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mento di proprietà dall’Azienda USL3 alComune di Pistoia) il primo intento delcomitato preposto è stato quello di creareuna esposizione flessibile che potesse pre-vedere future implementazioni e modifi-che. Questa specificità, tuttavia, non haincrinato il percorso del progetto che fin daquesto primo momento si è voluto apertoall’interdisciplinarietà dove i vari argo-menti storici di contesto (storia sociale egeo-morfologica del sito, l’ospedale all’in-terno del contesto sanitario della città, l’e-voluzione dell’architettura e suo rapportourbano, testimonianze artistiche, ecc.) sipotessero embricare con la storia dellostrumento esposto.La collezione di strumentaria storica è

composta da circa 270 pezzi fra strumenticompleti e loro accessori. Gli strumenti si presentano – ad ecce-

zione di poche cassette – ‘sciolti’, ovveronon raggruppati entro appositi contenito-ri; una circostanza che avvalora un usonon privatistico del ferro chirurgico daparte di un singolo medico ma, piuttosto,quello di una dotazione condivisa fra piùoperatori.La fattura degli strumenti appare gene-

ralmente di livello elevato; non è infre-quente l’uso di materiali ‘nobili’ quali l’e-bano, l’argento, l’avorio. In alcuni casi sirasenta la raffinatezza con decorazioniparticolari sulle impugnature (in forma distrumento musicale e di liuto) o con altret-tanto particolari incisioni recanti la firmadel costruttore, la data o, come in un caso(lancetta per salasso), leggiadri volti fem-minili. Questi particolari e singolari carat-teri inducono a supporre come molti ferri

derivino da una produzione di ambito arti-gianale locale; considerazione avvaloratadalla letteratura attestante il particolarerichiamo che suscitava, fin dal Medioevo,il mercato del ‘ferro chirurgico’ pistoiese. La collezione è espressiva di una attività

ordinaria, con particolare riferimento allebranche ostetrico-ginecologica e urologicache costituiscono i principali nuclei dellaraccolta. Come è noto lo strumento medicoè uno degli oggetti più difficili da musea-lizzare.Finalità d’uso, materiali, personaggi pre -

posti al suo utilizzo trasmettono emotivitàe tensioni che limitano l’approccio dei visi-tatori, specie quelli delle fasce della scuola

Museo della Sanità Pistoiese. Ferri per curare

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ATTI - Giornate di Museologia Medica 123

dell’obbligo. Pertanto, nella redazione delprogetto, il comitato è stato attento ad abbi-nare l’esposizione a intermezzi didatticiche, modulandosi a un pubblico di interlo-cutori differenziato, riuscissero a ‘raccon-tare’ la storia dello strumento sdrammatiz-zandone gli aspetti cruenti. Uno di questi ‘intermezzi’ è rappresen-

tato dalla proiezione di un ‘dialogo impos-sibile’: ovvero quello tra due medici –Sebastiano Marcacci (1618-post 1690) eFilippo Pacini (1812-1883) – vissuti insecoli differenti i quali, trattando della loroprofessione, delle loro ambizioni, dei loroambienti di lavoro, dei successi, delle fru-strazioni, introducono argomenti passibilidi approfondimento da parte di guide disettore e insegnanti.Il secondo intermezzo – forse più dif-

ficile da presentare ma senz’altro più sti-molante – è quello legato alla digitalizza-zione dell’Anatomiae universae icones diPaolo Mascagni nell’edizione Capurrodel 1823. Questa iniziativa, sostenuta dalCentro di Documentazione, si è avvalsadi collaborazioni prestigiose quali la

Biblioteca Forteguerriana di Pistoia e ilMuseo Galileo di Firenze. La genesi delprogetto è stata la ricorrenza del bicente-nario della morte del Medico che hacoinciso con il termine della schedaturadel fondo librario antico dell’ospedaledel Ceppo che ha portato alla luce unapregevole edizione dell’Opera: un’occa-sione da non perdere per valorizzare etutelare il patrimonio aziendale in un mo -mento di riconsiderazione del complessonosocomiale e, di conseguenza, del suopatrimonio. Per motivi di conservazione, tuttavia,

non è stato possibile esporre l’originaleAnatomiae universae icones, Pisis, apudNicolaum Capurro, MDCCCXXIII, comedeciso in un primo momento dal comitatoscientifico. Ci si è pertanto indirizzativerso la digitalizzazione del testo di pro-prietà della Biblioteca Forteguerriana diPistoia che conserva una copia dello stes-so anno in migliori condizioni. L’applica-zione, elaborata dal Laboratorio Multime-diale del Museo Galileo, istituzione daanni impegnata nell’applicazione dellenuove tecnologie della comunicazione aibeni culturali, permetterà, infatti, di ‘sfo-gliare’ l’Opera tramite l’ausilio di un indi-ce permettendo ingrandimenti tali da esal-tare i dettagli. La digitalizzazione ha perseguito due

fondamentali obiettivi strettamente corre-lati: in primis quello di garantire la con-servazione del Testo attraverso la cono-scenza della sua ‘esistenza’. All’interno diun contesto nosocomiale ormai dismessocome quello del Ceppo, ma proiettato

Museo della Sanità Pistoiese. Ferri per curare

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124 ATTI - Giornate di Museologia Medica

verso nuovi utilizzi, è importante che laconsistenza dell’originario patrimonio sto-rico dell’istituzione – sia esso artistico oscientifico – sia resa pubblica il più possi-bile così da evitare che il bene (al di làdella sua inventariazione e/o catalogazio-ne) possa rimanere ‘dimenticato’ all’inter-no di scaffali o armadi. Anche se in questomomento non è stato possibile collegarel’applicazione digitale alla diretta visionedell’Opera di proprietà aziendale, questointento è fra i primi atti che dovrannoessere presi in considerazione nella secon-da tranche di lavori di allestimento cheriguarderanno il Museo. In secondo luogo,l’apporto della tecnologia, ha aiutato adivulgare un’Opera che, allorquandofosse esposta, non avrebbe potuto inalcun mo do essere sfogliata dai visitatori,ri schiando così una valorizzazione ‘in -completa’ privilegiante l’esposizione – adarbitrio dell’allestitore – dell’una o dell’al-tra tavola e, dunque, mai dell’Opera nellasua interezza. L’Anatomia del Mascagni è, infatti, un

testo complesso rappresentando il corpoumano nei sistemi linfatico, circolatorio enervoso con organi proposti non nella lorosingolarità ma quali parti del contesto ana-tomico. Come è noto, questo atlante ebbe una

grande risonanza rappresentando una delleesplicazioni anatomiche più significativeper ricchezza e precisione dei particolari.La figura umana rappresentata è quella diun uomo di altezza di 175 cm. raffiguratoanteriormente e posteriormente per ‘strati’:il primo strato è dedicato ai muscoli, vasi

e nervi superficiali; il secondo, ai muscoli,vasi e al sistema nervoso più profondo; ilterzo ai muscoli, alle vene e alle arterie; ilquarto, infine, allo scheletro. Altre tavolerappresentano i visceri e ogni tavola colo-rata è corredata da una contro faccia inbianco e nero.Proprio questa particolare, assoluta-

mente di difficile strutturazione, ne faoccasione di apprendimento destinata a unpubblico adulto per il quale competenti disettore o insegnanti preparati potrannointrodurre temi di Storia della medicinaintegrativi al contesto museale del Ceppoquali l’importanza della manualistica nellaformazione del medico, il progresso deglistudi sulla fisiologia degli organi, le sco-perte dei ‘grandi’ medici, senza dimenti-care quel legame tra artista e medico,ovvero tra Arte e Scienza. Tuttavia, non si è voluto escludere del

tutto i visitatori più piccoli certi cheanche un argomento ostico come l’Anato-mia possa – se ben presentato – costituireun successivo momento di riflessione eri-considerazione con il progredire deglianni.Ci si è avvalsi, pertanto, nella stessa

postazione multimediale di un gioco inte-rattivo mirato al corretto posizionamentodegli organi all’interno del corpo umanodestinato al pubblico della scuola primaria:è stato questo il terzo intermezzo offertodal Museo, un intermezzo propriamenteludico, ma non meno interessante. Per que-sta categoria di visitatori l’Anatomia delMascagni verrà percepita quale espressionefigurativa, quale ‘bel disegno’, in cui i vivi-

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di colori delle tavole sono demandati a evi-denziare determinati organi e sistemi: do -vrà essere l’insegnante preparato – in sin-tonia con il gioco – ad accompagnare ilbambino alla conoscenza degli organiintroducendolo alle prime nozioni fonda-mentali.

BibliografiaBrancolini L., Niccolai G., Uno sguardo al passato:viaggio tra i ferri chirurgici dello spedale del Ceppodi Pistoia, Spedali Riuniti di Pistoia, Pistoia, 1979.Coturri E., La scuola medico-chirurgica dell’Ospedaledel Ceppo, Pistoia, 1983.Dipartimento di Storia dell’Architettura, Università diFirenze, Lo spedale del Ceppo di Pistoia, Firenze,1997.

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ALLE MADRI D’ITALIA E ALTRO. IL CINEMA EDUCATIVO PER L’INFANZIA, TRA MODERNISMO E SPERIMENTAZIONE

QUADERNO 4 2015: 127-130

Il regime fascista nel 1924 favorì lacostituzione di un proprio Sindacato diIstruzione Cinematografica per produrre edistribuire film didattici. Nel novembredel 1925 divenne L’Unione Cinematogra-fica Educativa LUCE e, in breve, fu elettoEnte cinematografico di Stato. Dall’apriledel 1926 con precise norme fu esteso allesale cinematografiche l’obbligo di proie-zione di pellicole educative prodotte dalLUCE, o da privati se approvate dall’Isti-tuto. Il 1924 segna la nascita dell’OperaCattolica per le proiezioni luminose e il1926 del CUCE, Consorzio Utenti Cine-matografici Educativi, per la proiezionedelle pellicole cinematografiche nelle saleparrocchiali. I r.d.l. n. 3287 del 1923 e n.1682 del 1924 previdero il controllo e lalimitazione alla circolazione in Italia dipellicole straniere dedicate ai minori. L’intento di creare e proporre una mo -

derna icona italiana della famiglia e delbambino, e i temi educativi per l’infanziaproposti nel cinema documentario del ven-tennio fascista (tra questi, ricorrenti, assie-me alla salute, furono scuola sport guerra)sono riscontrabili anche nella vasta e siste-matica raccolta di immagini dell’infanzia

degli stessi anni, ripetitive e perfette, cata-logata recentemente da INDIRE. Fu con il r.d. del 31 dicembre 1923 n.

3126 (obbligo scolastico) e con la nascitanel 1925 dell’ONMI (Opera NazionaleMaternità e Infanzia) che l’intervento edu-cativo di tipo sanitario, attraverso il cinema,fu realizzato dal governo nazionale in modoorganizzato e sistematico. Con l’ONMI furegolato l’impiego dei minori nel cinema el’ONMI si attribuì il compito di autorizzarela visione delle pellicole permesse ai mino-ri. Nel successivo Rego lamento emanatonel 1926 furono promossi accordi con ilMinistero della Pubblica Istruzione e con lescuole di ogni ordine e grado per impartire,tra l’altro, nozioni di igiene e assistenzainfantile attraverso l’utilizzo di proiezionicinematografiche e fisse e opere murarie.Allo scopo di favorire la visione alle giova-ni generazioni furono curate la qualità dellepellicole e degli strumenti di proiezione efavorita, nelle sale cinematografiche, la pre-senza di speciali agenti di protezione pervigilare sulle disposizioni. L’ONMI si attri-buì la facoltà di imporre programmi e con-tenuti da proiettare e di indire concorsi apremio per la realizzazione di filmati con

*Università degli Studi di Cagliari, Scuola di specializzazione in [email protected]

Maria Francesca Vardeu*

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128 ATTI - Giornate di Museologia Medica

argomenti riguardanti norme relative all’i-giene alimentare individuale e sociale delfanciullo, difesa dalle malattie infettive e deidiritti dell’infanzia, igiene del lavoro, inse-gnamento tecnico professionale, pellicolesperimentali rivolte ai bambini affetti dapatologia fisica, mentale o handicap neuro-sensoriale, alla rieducazione dei bambiniospitati in casa di correzione. I contenuti educativi proposti, come

ribadito da Ettore Marchiafava nel maggio1925, escludevano per l’infanzia temi poli-zieschi o passionali, ritenuti eccessivamen-te eccitabili e dannosi per la morale. Scon-sigliato sotto i tre anni di vita, il cinema fuproposto ai bambini più grandi. Con lefavole potevano essere insegnate normeigieniche e fornita una prima visione delmondo, sopra i sei anni e per gli adole-scenti fu auspicata la scelta di film a carat-tere ricreativo o educativo. I contenuti peri più grandi e gli adulti riguardavano l’i-giene e la cura del corpo, l’igiene delleabitazioni, la prevenzione di patologieinfettive causa importante di invalidità emorte, igiene e prevenzione degli incidentisul lavoro, igiene della gravidanza, delparto, le norme e i vantaggi dell’allatta-mento al seno e la cura dei neonati e lat-tanti. L’impatto visivo e la particolare sem-plicità del linguaggio mostrano che iltarget dei primi video didattici furono lepopolazioni rurali o cittadine dei centriindustriali, dove maggiori erano la morta-lità materna e infantile e l’analfabetismo. Nel 1928 su iniziativa del governo italia-

no fu istituito presso la Società delle Nazio-ni l’Istituto Internazionale di Cinematogra-fia Educativa, IICE (l’attuale INVALSI) che

collaborò con il Comitato per la Protezionedell’Infanzia, con l’Ufficio Internazionaledel lavoro, la Commissione Internazionaleper l’insegnamento e l’Educazione Socialedella cinematografia e la radio-diffusionecostituiti presso la Società delle Nazioni,per proporre e coordinare a livello interna-zionale il cinema didattico per l’infanzia ela radio-diffusione. In programma anche lacostituzione di una biblioteca internaziona-le, con emeroteca e filmoteca. Per valutare l’impatto del moderno stru-

mento educativo tra le giovani generazionifurono distribuiti migliaia di questionari,rivolti ai fanciulli e agli insegnanti in dodi-ci paesi, tra questi l’Italia. Un questionarioche comprendeva dieci domande sul Cine-matografo e l’Infanzia, diretto alle madriitaliane, fu indetto dall’ONMI nel 1932,coordinato dall’IICE e dai delegati provin-ciali dell’ONMI. L’iniziativa ebbe il plausodell’“Osservatore Romano” e, per favorirel’adesione al referendum delle organizza-zione cattoliche, fu prorogato il termineper la presentazione delle risposte. La

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ATTI - Giornate di Museologia Medica 129

maggioranza delle madri esaminate simostrò nettamente favorevole al cinema,considerato un avvenimento di grande in -teresse per il bambino. Nelle sale di proie-zione si auspicava una adeguata illumina-zione, areazione e distanza dallo schermo,gli apparecchi furono dotati di buona sin-cronizzazione, suoni naturali piani e nonassordanti. Le proiezioni per l’infanzia sitenevano una volta la settimana nel pome-riggio di un giorno festivo. Tra i sanitari iltimore, ben presto superato, che la visionedel cinema fosse una pratica nociva per legiovani generazioni, si accompagnò a unintenso dibattito. Le proiezioni cinemato-grafiche per l’infanzia divennero obbliga-torie in alcune ricorrenze nazionali. Benpresto furono proposti film di guerra,«quella fatta e vinta dagli italiani», affer-mava Maria Costa nel 1933. Sedi preferite per le proiezioni le scuole,

le sedi delle organizzazioni di partito OND,ONB, sale di riunioni in grandi aziende,Comune, cinema ambulanti. Nella scuolala moderna proposta educativa previde la

visione di una pellicola di 100-200 metri almassimo di lunghezza, quindici minuti ladurata di proiezione seguita da un com-mento esplicativo dell’insegnante, parlatose di produzione nazionale, solo sonoro seinternazionale. Corsi popolari e pubblicheconferenze d’igiene e assistenza allamaternità e al fanciullo nella prima infan-zia e nell’età scolare, prevenzione di inci-denti e malattie trasmissibili, sotto formadi filmati realizzati a partire dalla secondametà degli anni Venti, furono rivolti a inse-gnanti e alunne degli istituti magistrali ealle donne in genere. Conferenze sanitarieaccompagnate dalla proiezione di un videoillustrativo rivolto alla popolazione raccol-ta nella piazza del paese furono tra i com-piti degli ufficiali sanitari e dell’èquipedelle Cattedre Ambulanti di Puericultura,operanti in Italia dal 1927.Il gruppo di spot educativi denominato

Alle madri d’Italia, in parte presentati nel1935 al Festival del Cinema di Venezia, furealizzato con la collaborazione di pediatrie ostetrici. Allo stesso genere appartengonoi film educativi del 1929: Educazione fisicae igiene individuale, Educazione sessuale,Igiene della scuola. Efficaci corti inse-gnarono alle famiglie norme igieniche eprevenzione dal contagio della TBC. Lamo derna tecnica cinematografica e gli a -vanzati contenuti scientifici fanno dellapellicola Alle Madri d’Italia e dei filmati diigiene e diagnosi precoce e prevenzionedelle malattie infettive e veneree, talvoltaillustrati con pannelli anatomici in linguainglese o francese, un incisivo e validostrumento di informazione per quei tempi ecostituiscono parte di una collezione didat-

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tica del Novecento finora poco studiata.Altri, più propagandistici, quali The fascistschool, Come l’Italia fascista educa lenuove generazioni, Per la protezione dellaStirpe, I valori supremi della Stirpe, o SMIOpere assistenziali della società metallur-gica italiana (1940) furono destinati all’e-stero. Altri illustravano la costruzione eprime nozioni per la riabilitazione protesicadi arti, la diagnostica o la rieducazione deibambini affetti da patologia neurosensoria-le, in particolare ciechi e sordomuti, aiquali dal 1923 fu esteso l’obbligo scolasti-co. Altri ancora furono rivolti ad anormalifisici e psichici o ai bambini da rieducareinternati in carcere, a essi equiparati. Sperimentale, se non eticamente discu-

tibile, l’attività didattica rivolta all’inse-gnamento delle attitudini professionali o auna generica rieducazione dei minori,compito affidato a Nicola Pende dell’Isti-tuto di Biotipologia di Genova, visibile inparte in un breve filmato del 1933 conser-vato nel sito dell’Archivio Storico LUCEcon il titolo Studiando l’individualità siscopre quello che ogni uomo può fare,dove appare al lavoro lo stesso Pende.Poco chiara la proposta e il valore educa-tivo dei video proposti ai malati mentali,per lo più rappresentanti mestieri agricoli.Ai minori internati, che i pesanti lavori neicampi e in officina li svolgevano di fatto,

non sappiamo se, nella rieducazione, fuproposta, come auspicato, la visione divideo didattici atti a suscitare sensi dicolpa per gli errori commessi, esaltanti l’o-nestà, il diritto alla vita, alla proprietà e ilrispetto delle leggi.

Bibliografia La Biennale di Venezia, ASAC, Fondo Storico, serieCinema, busta n. 3.La Biennale di Venezia, ASAC, Raccolta documenta-ria, serie Cinema, busta n. 3.Manetti D. Un’arma poderosissima. Industria cinema-tografica e Stato durante il fascismo 1922-1943, Fran-co Angeli,Milano, 2012.Vardeu F., L’ONMI e il cinema per l’infanzia, «RivistaItaliana di Pediatria», vol. 27, supplemento al n. 4 ago-sto 2001 p.266-67.Vardeu F., Le Cattedre Ambulanti di Puericultura inItalia 1927-1934 «Grand’angolo di Edit-Symposia,Pediatria e Neonatologia», vol. IX, n. 1, Bologna, 2001.Taillibert C., L’Institut International du cinèmato-graphe èducatitif, L’Harmattan, Parigi, 1999,Vardeu F,, 1999, L’assistenza all’infanzia nell’Italiadegli anni ’20, «Il Pediatra», 11, pp. 6-11. Brunetta G.P., Cent’anni di cinema italiano, Laterza,Bari 1991.Argentieri M., L’occhio del regime. Informazione epropaganda nel cinema del fascismo, Vallecchi, Firen-ze, 1979.INDIRE <www.fotoedu.indire.it> [06/2015]. Istituto LUCE Archivio Storico <www.archivio -luce.com/ archivio> [06/2015].

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ATTI DELLA GIORNATA DI MUSEOLOGIA MEDICA

Indice del volume

Presentazione p. 5Nota del curatore p. 7ARMOCIDA E., NICOLI ALDINI N., RUGGERI A.: Il ruolo della museologia attraverso le opere perdute di Antonio Serantoni p. 9 BAGGIERI G.: Le tavole anatomiche di Paolo Mascagni al Museo di Storia dell’Arte Sanitaria p. 13BERNACCHI R., SALI C.: L’Atlante anatomico di Amé Bourdon conservato nella sezione Biomedica del Museo di Storia naturale di Firenze p. 17BORGO M., GORINI G.: Le tavole di anatomia nel dizionario di Chambers p. 21BORROMEOF., BIRKHOFF J.M., LICATA M.: Paleoantropologia, frenologia,fisiognomica e antropologia criminale: un corpo di conoscenze dimostrato nellagrafica del XIX secolo p. 25BURELLO V.: Le schede didattiche della collezione di Odontoiatria dell’Università di Torino p. 29CARONNAA.: Le Tavole didattiche del Museo anatomico “Leonetto Comparini” dell’Università di Siena p. 33CORRADINI E., CANÈ V., DE POL A.: Le tavole di Giovanni Paolo Mascagninella sala del Mascagni del Museo Anatomico di Modena p. 37COZZA A., NARDELLI G.B., RIPPA BONATI M.: La collezione di tavole telate della Clinica Ginecologica e Ostetrica dell’Università di Padova p. 43DI FABRIZIO A., FAZIO A., RAPINESE A.: I materiali grafici per la didatticamedica nel Museo universitario di Chieti p. 49GALLONI M., FAUSONE M.: Tavole didattiche mediche nell’Università di Torino p. 53MANETTI K.: Didattica anatomica: la raccolta di tavole parietali dell’AOU Careggi della seconda metà del XX secolo p. 57

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MESSERI B.: La rivoluzione storica del teatro anatomico nella didattica per lo studio dell’anatomia. Le rappresentazioni grafiche nei secoli p. 61MURANO J.: Indagine sul gesto espressivo attraverso l’Atlante del dolore di Paolo Mantegazza p. 65NATALE G.: I sussidi didattici per l’insegnamento dell’Anatomia umana a Pisa p. 69ORSINI D., VALACCHI M.L.: Professionalità e tecniche per la realizzazione dei materiali grafici utilizzati nella divulgazione scientifica p. 73PORRO A., FALCONI B., LORUSSO L., GALIMBERTI P.M., CRISTINI C., FRANCHINI A.F.: Immagini per gli studenti: analisi dell’iconografia di dispense litografate pavesi di fine Ottocento p. 79RIPPA BONATI M.: Il progetto iconografico del programma scientifico-editorialedi Girolamo Fabrici d’Acquapendente p. 83TARANTINO S.: Le tavole di Ezio Anichini per Il libro dell’infermiera. Un’inedita collezione dell’Azienda ospedaliero-universitaria Careggi di Firenze p. 89TEMPESTINI R.: La raccolta di strumenti odontoiatrici di Padre Rondinelli, parte della sua grande collezione museale: un patrimonio culturale scomparso e testimoniato da un libro p. 93TERENNA G.: Catalogare una tavola anatomica p. 97VANNOZZI F.: La divulgazione scientifica per «servire di guida al popolo»: lacollezione micologica del medico Valenti Serini presso i Fisiocritici di Siena p. 101VETTORELLO A., BISACCIONIA.: Tra giornalismo scientifico e didattica medica: l’illustrazione dermatologica nei primi dieci anni di pubblicazione del «Giornale italiano delle malattie veneree e della pelle» (1866-1875) p. 107ZANATTA A., ZAMPIERI F.: Le Icones anatomicae come esempio di materiale grafico per la didattica medica a livello europeo p. 111MARTÍN GARCÍAA.: Nuovi supporti iconografici per la didattica medica: esperienze di un museo interattivo p. 117DIANA E.: Anatomiae universae icones di Paolo Mascagni: una opportunità didattica per un museo di strumenti chirurgici p. 121VARDEU M.F.: Alle Madri d’Italia e altro. Il cinema educativo per l’infanzia, tra modernismo e sperimentazione p. 127