Giornata seminariale Le novità in materia ambientale per gli Enti Locali NUOVO MANUALE DI DIRITTO E...
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Giornata seminariale
Le novità in materia ambientale per gli Enti LocaliIl tema dei rifiuti e le nuove responsabilità nelle forme e nei moduli funzionali/gestionali degli Enti Locali
Presentazione delNUOVO MANUALE DI DIRITTO E GESTIONE DELL’AMBIENTE
alla presenza dell’autore e curatore Alberto Pierobon
e dei co-autori:Tiziano Tessaro, Giuseppe Piperata, Alfonso Andretta,
Gerardino Castaldi, Giovanni Montresori
Bologna, 18 maggio 2012
www.tizianotessaro.it
TIZIANO TESSARO MAGISTRATO DELLA CORTE DEI CONTI Direttore della Rivista www.lagazzettadeglientilocali.it e della Rivista Comuni d’Italia
Responsabilita’ e danno ambientale
Definizione di danno
ambientale
Ambito di applicazione
della direttiva
Criteri di imputazione
della responsabilit
à
Modalità e criteri di
riparazione del danno
Legittimazione ad agire
Assicurabilità del rischio ambientale
LE PRINCIPALI QUESTIONI DA AFFRONTARE
Cos’è l’ambiente
L’ambiente è di per sé un bene immateriale unitario che, appartenendo alla categoria dei c.d. “beni liberi”, è fruibile dalla collettività e dai singoli (Corte Cost. 30.12.1987 n.641);
Il danno arrecato al bene ambientale è un danno pubblico e va risarcito allo Stato
4
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L’evoluzione normativa
Tiziano Tessaro - riproduzione riservata
La figura giuridica del danno ambientale
Costruzione giurisprudenziale della Corte dei Conti 86/1980:
muove dalla tesi della proprietà statale dei beni (ambiente come patrimonio della collettività soggetto ad uso pubblico)
Sussiste la responsabilità contabile degli amministratori pubblici che non impediscono il danneggiamento delle risorse naturali
1Tendenza espansiva della giurisdizione della Corte
La figura di diritto positivo del danno ambientale è stata
introdotta nel nostro ordinamento con l’art. 18 della
Legge 8 luglio 1986 n. 349
LA GENESI DEL DANNO AMBIENTALE
Interpositio legislatoris che stoppa la tendenza espansiva della Corte dei
conti
art. 18 comma 1,della legge 8 luglio 1986, n. 349,
O «qualunque fatto doloso o colposo in violazione di disposizioni di legge o di provvedimenti adottati in base a legge che comprometta l'ambiente, ad esso arrecando danno, alterandolo, deteriorandolo o distruggendolo in tutto o in parte, obbliga l'autore del danno al risarcimento nei confronti dello Stato»,
Danno ambient
ale
La responsabilità per il danno ambientale derivava dal verificarsi di un fatto doloso o colposo in violazione di disposizioni di legge o di provvedimenti adottati in base a legge, lesivo per l’ambiente.
PRESUPPOSTI DI APPLICAZIONE DELL’ART. 18
Nell’arrecare
danno all’ambi
ente
Alterandolo,
Deteriorandolo
o distruggendolo in tutto
o in parte
La condotta quindi consisteva:
L’azione per il risarcimento del danno ambientale, anche se
esercitata in sede penale mediante la costituzione di parte
civile, poteva essere promossa dallo Stato o da enti territoriali
cui era riconosciuta per legge tale capacità
LEGITTIMAZIONE ALL’AZIONE DI RISARCIMENTO CIVILE
L’azione civile per danno ambientale aveva come scopo:
Ottenere il ripristino dell’ambiente danneggiato (prescindendo anche dalla eccessiva onerosità per il responsabile)Nel caso di impossibilità di ottenere il
ripristino, si doveva procedere alla liquidazione monetaria del danno in via equitativa (tenuto conto della colpa, del
costo necessario per il ripristino e del profitto ottenuto dal trasgressore)
FINALITA’ DELL’AZIONE CIVILE
art. 18, comma 2, legge 8 luglio 1986, n. 349
O «per la materia di cui al precedente comma 1 la giurisdizione appartiene al giudice ordinario, ferma restando quella della Corte dei conti, di cui all'art. 22 del decreto del Presidente della Repubblica 10 gennaio 1957, n. 3».
Al giudice ordinario spettava…
O attribuito al giudice ordinario la giurisdizione in materia di danno ambientale, precisando che la relativa azione di risarcimento è promossa dallo Stato, nonché dagli enti territoriali sui quali incidono i beni oggetto del fatto lesivo.
Danno diretto
Alla Corte dei conti spettava …
O ….solamente la c.d. “azione di rivalsa” nei confronti del dipendente pubblico per i danni che questi abbia cagionato a terzi, e che l'amministrazione pubblica alla quale il dipendente medesimo appartiene sia stata costretta a risarcire,
Danno indiretto
Le norme di riferimento
O «l'impiegato che, nell'esercizio delle attribuzioni ad esso conferite dalle leggi o dai regolamenti cagioni ad altri un danno ingiusto ai sensi dell'art. 23 (dello stesso d.P.R. n. 3/1957) è personalmente obbligato a risarcirlo» (art. 22, comma 1, prima parte, d.P.R. n. 3/1957)
O «l'amministrazione che abbia risarcito il terzo del danno cagionato dal dipendente, si rivale agendo contro quest'ultimo a norma degli articoli 18 e 19 (..)» (art. 22, comma 2, d.P.R. n. 3/1957). Danno indiretto
Legittimita’ costituzionale
La norma ha resistito più volte al vaglio di legittimità della Corte
Costituzionale
Corte costituziona
le 30 dicembre 1987, n.
641 ordinanze nn. 719 e 808 del 1988.
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La nuova definizione di danno ambientale contenuta nel nuovo testo unico dell’ ambiente
Tiziano Tessaro - riproduzione riservata
Nella Direttiva:A. Danno alle specie e agli habitat
naturali protetti (vale a dire qualsiasi danno che produca signifi cativi eff etti negativi sul raggiungimento o il mantenimento di uno stato di conservazione favorevole di tali specie e habitat; Direttiva Habitat 79/409/CEE; Direttiva Uccelli 92/43/CEE);
B. Danno alle acque indicate nella Direttiva quadro 2000/60/CEE;
C. Danno al terreno (vale a dire qualsiasi contaminazione del terreno che crei un rischio signifi cativo di eff etti negativi sulla salute umana a seguito dell'introduzione diretta o indiretta nel suolo, sul suolo o nel sottosuolo di sostanze, preparati, organismi o microrganismi nel suolo).
DEFINIZIONE E TIPOLOGIE DI DANNO AMBIENTALE (ART.2)
Nella Direttiva:a)Il danno alle specie ed agli habitat è inteso come
squilibrio nella conservazione favorevole naturale delle risorse e la riparazione privilegiata è quella primaria (ripristino delle condizioni originarie).
b)Il danno alle acque è analogamente riferito allo “stato ecologico”, al “potenziale ecologico”, condizionati dai profi li chimici e/o quantitativi. Anche in questo caso, la misura di riparazione privilegiata è quello del recupero delle condizioni originarie.
c)Il danno al terreno è limitato alle “contaminazioni” comportanti un rischio significativo sulla salute umana.
NATURA E CARATTERISTICHE DEL DANNO
Nuova definizione del danno ambientale:Art. 300 Dlgs 152/2006:
E' danno ambientale qualsiasi deterioramento significativo e
misurabile, diretto o indiretto, di una risorsa naturale o dell'utilità
assicurata da quest'ultima. Continua…
DEFINIZIONE
Il comma 2 riprende pedissequamente la definizione della direttiva europea, senza fare sforzo di adattamento della norma comunitaria all’ordinamento nazionale, prevede, infatti che: “ai sensi della Direttiva 2004/35/CE costituisce danno ambientale il deterioramento, in confronto alle condizioni originarie, provocato:a) alle specie e agli habitat naturali protetti
dalla normativa nazionale e comunitaria (…);
b) alle acque interne (…)c) alle acque costiere ed a quelle ricomprese
nel mare territoriale (…);d) al terreno, mediante qualsiasi
contaminazione (…)”.
D. LGS N°152/2006 (CODICE DELL’AMBIENTE)
Alla tutela frazionata di alcune componenti del bene ambiente, come sopra descritta, segue però la formulazione in termini generali dell’illecito ambientale nell’art. 311 com. 2, in base al quale:“chiunque realizzando un fatto illecito, o omettendo attività o comportamenti doverosi, con violazione di legge, di regolamento, o di provvedimento amministrativo, con negligenza, imperizia, imprudenza o violazione di norme tecniche, arrechi danno all’ambiente, alterandolo, deteriorandolo o distruggendolo in tutto o in parte, è obbligato a ripristino della precedente situazione e, in mancanza, al risarcimento per equivalente patrimoniale nei confronti dello Stato”.
ART. 311 COM. 2
Nella Direttiva il danno deve presentare alcune caratteristiche generali, ovvero deve essere :a. concreto;b. misurabile (o quantificabile);c. significativo.
E’ anche prevista una protezione anticipata: la minaccia imminente, cioè il “rischio suffi cientemente probabile”, ossia un pericolo attuale e concreto di un danno futuro.
Attribuzione alla Corte dei conti del danno diretto e indiretto
espansione della giustizia
contabile,
gli artt. 313, c. 6 e 318, c. 2 del D.lgs. 152/06
attribuiscono nuove
competenze alla Corte dei Conti in tale materia
ambientale
Responsabilita’ diretta e indiretta
• Il Codice attribuisce al giudice della contabilità anche una specifica competenza in ipotesi di responsabilità diretta, prima riservata in via esclusiva al giudice ordinario, qualora si faccia questione di risarcimento in forma di equivalente patrimoniale, non solo per il danno arrecato allo Stato ma anche nei confronti dell’ente pubblico titolare dei beni pubblici.
Danno diretto
• Ovviamente la Corte conserva il suo spazio d’intervento per il perseguimento di quelle condotte che abbiano concorso alla produzione dei pregiudizi ambientali indiretto, relativo all’esborso sostenuto dagli Enti pubblici per effetto di sentenze di altre giurisdizioni (azione di rivalsa).
Danno indirett
o
Un primo caso Degna di nota è la pronuncia Corte dei Conti 9 dicembre 2009, n.1492 ove il collegio ha rilevato la presenza di un danno pubblico patrimoniale materiale[2] da mancata raccolta differenziata.
[2] Il nocumento si è manifestato sotto vari profili: costo tariffa per raccolta indifferenziata, mancato introito derivante da cessione
eventuale materiale recuperato, collasso del piano integrato dei rifiuti e dei costi emergenziali. Si noti quanto affermato da Cass. Civile, III,
n. 25010/2008 ha affermato che “una volta accertata la compromissione dell'ambiente in conseguenza del fatto illecito altrui, la prova del
danno patito dalla P.A. deve ritenersi "in re ipsa", e la relativa liquidazione deve avvenire con criteri ampiamente equitativi, in quanto non è
oggettivamente possibile tenere conto di quegli effetti che inevitabilmente si evidenzieranno solo in futuro”.
DANNO PUBBLICO PATRIMONIALE da mancata raccolta differenziata.
Premesso che, la raccolta differenziata svolge un ruolo prioritario nel sistema di gestione integrato dei rifiuti, in quanto consente sia di
ridurre il flusso dei rifiuti da avviare allo smaltimento che di condizionare positivamente l’intero sistema di gestione, la mancata adozione delle ordinanze sindacali concernenti l'istituzione e i termini di svolgimento del servizio di raccolta differenziata dei rifiuti urbani, che è obbligatoria e non una facoltà, è stata ritenuta, in maniera controvertibile, dalla Corte dei Conti all’origine di un danno all’ambiente e alle casse erariali.
DANNO PUBBLICO PATRIMONIALE da mancata raccolta differenziata.
Un secondo casoUna ulteriore sentenza, Corte Conti 21 luglio 2009, n. 1003 va evidenziata per la sua rilevanza non solo sul piano giuridico ma, altresì, sul fronte della tutela degli interessi collettivi nonché relativamente alla salvaguardia di quei beni ambientali rilevanti per la collettività.
In questa occasione, nel trattare dell’esecuzione dei lavori di
ripascimento della spiaggia del Poetto, mal eseguiti se non inutili,
HA CONDANNATO numerosi amministratori locali, funzionari pubblici, componenti della commissione di monitoraggio e ha ritenuto che sia stato provocato un disastro di incalcolabile entità, sotto il profilo ecologico e ambientale, in dipendenza della devastazione non reversibile di gran parte del litorale costiero e del deturpamento di una bellezza naturale assoggettata a vincolo.
ripascimento della spiaggia del Poetto
I lavori in questione vennero realizzati in palesi difformità da quanto previsto nel capitolato d’appalto e con estrema leggerezza riguardo tempistica e modalità.Anche in questo caso, il danno di cui si discute non è quello inferto alla spiaggia, per cui non viene in rilievo quale sia l’amministrazione proprietaria della stessa o incaricata della sua gestione, bensì quello conseguente all’ingiustificata diminuzione patrimoniale subita dalla Provincia a fronte di lavori eseguiti in difformità dal contratto[3] .
[3] Né rileva, sotto tale profilo, che l’opera fosse finanziata con fondi di provenienza statale e comunitaria, come chiarito da Corte di Cassazione, n. 515 del 24 luglio 2000.
DISASTRO DI INCALCOLABILE ENTITÀ, SOTTO IL PROFILO ECOLOGICO E AMBIENTALE
Il danno è stato individuato nelle somme inutilmente spese - per
l’effettuazione dei lavori e per attività connesse agli stessi - dalla
pubblica amministrazione (la Provincia di Cagliari) incaricata di curare
l’esecuzione dell’opera, nonché nella lesione dell’immagine di detta Amministrazione [4] Sotto questo ultimo rilevantissimo profilo, precisa
la Corte che l’esito disastroso dell’intervento ha destato notevole
scalpore ed ha avuto risalto a lungo sulla stampa locale e nazionale,
con conseguente grave degrado dell’immagine e del prestigio non solo
dell’ente provinciale ma di tutta l’amministrazione pubblica. In
particolare, la Corte, facendo proprio il consolidato indirizzo elaborato
dalla Cassazione[5], ha rilevato che la tutela dell’immagine della P.A.
discende dai principi di imparzialità e di buon andamento di cui all’art.
97, c. 1, della Costituzione, la cui violazione si traduce in un’alterazione
in senso negativo della sua immagine.
[4] I convenuti sono stati condannati in solido al pagamento, in favore dell’ente provinciale, di 4.784.292.,42 euro di cui 797.382,07
a titolo di danno all’immagine.
[5] Cfr. n. 5790/1979, n. 2527/1990, n. 7642/1991, n. 129511992, n. 5668/1997, n. 744/1999, n. 14990/2005.
DISASTRO DI INCALCOLABILE ENTITÀ, SOTTO IL PROFILO ECOLOGICO E AMBIENTALE
E sulla linea di quanto a suo tempo affermato
dalle SS.RR. n. 10/2003/QM, in merito ai criteri
applicabili per la valutazione equitativa, il
pregiudizio in questione si sostanzia nella perdita
di immagine pubblica e derivante dal
comportamento gravemente illecito di soggetti
legati da un rapporto di servizio alla P.A., sulla
quale si riverberano gli effetti negativi, in termini
di lesione della sua dignità e del suo prestigio,
connessi a detta attività illecita. 6].
[6] Così Corte Conti, Umbria, 28 maggio 1998, n. 501.
DISASTRO DI INCALCOLABILE ENTITÀ, SOTTO IL PROFILO ECOLOGICO E AMBIENTALE
IL DANNO ALL’IMMAGINE
LESIONE DELLA SUA DIGNITÀ E DEL SUO
PRESTIGIO, CONNESSI A DETTA ATTIVITÀ
ILLECITA.
In conclusione, e avendo riguardo al caso specifico, il vulnus subito all’immagine è indubitabile:
“tanto più grave deve quindi considerarsi tale lesione quando si constati che l’esito in questione sia
stato dimostrato essere la conseguenza di comportamenti che, al di là dei loro risvolti penali,
ancora non accertati in via definitiva, e che comunque non interessano tutti i convenuti nel
presente giudizio, sono stati però sicuramente contraddistinti da volontaria pretermissione
dell’interesse pubblico primario sotteso all’opera appaltata, tenuti talvolta con pervicacia e
arroganza, ma comunque sempre con sostanziale disprezzo dell’opinione pubblica, all’insegna,
non, come dovrebbe essere tratto distintivo di una PA, della trasparenza dell’azione
amministrativa, ma al contrario, dell’opacità spinta talora sino al punto persino del mendacio”.
Ebbene, “tale identificazione opera nel bene, quando
l’azione di chi rappresenta l’amministrazione si modelli
sui principi costituzionali di legalità, buon andamento ed
imparzialità, e nel male, quando viceversa la stessa
azione vada in senso contrario a detti principi”.
IL DANNO ALL’IMMAGINE
Un terzo caso
E ancora, sotto la vigenza delle prescrizioni di cui al Codice
dell’Ambiente, la Corte Conti, Trento, 27 maggio 2009, n. 35
ha condannato il Sindaco e il direttore dei lavori a titolo di
responsabilità amministrativa gravemente colposa per
danno, commisurato alle somme necessarie per il ripristino
dei luoghi, arrecato all’ente locale da omessa vigilanza
nell’esecuzione di opere pubbliche su un sentiero montano,
illegittimamente realizzate in difformità rispetto al progetto
autorizzato ed in violazione dei vincoli paesaggistico-
ambientali. La condanna era relativa anche alle spese
indebite (danno da spese per la realizzazione dell’opera
abusiva e quindi inutile) o ai mancati introiti di somme
(danno per mancata riscossione di contributi comunitari).
DANNO, COMMISURATO ALLE SOMME NECESSARIE PER IL RIPRISTINO DEI LUOGHI, ARRECATO
ALL’ENTE LOCALE DA OMESSA VIGILANZA NELL’ESECUZIONE DI OPERE PUBBLICHE SU UN SENTIERO
MONTANO, ILLEGITTIMAMENTE REALIZZATE IN DIFFORMITÀ RISPETTO AL PROGETTO AUTORIZZATO ED
IN VIOLAZIONE DEI VINCOLI PAESAGGISTICO-AMBIENTALI.
Precisa la Corte che una medesima condotta di danno ambientale può ledere nello stesso
tempo sia l’interesse dello Stato sul bene collettivo - ambiente (il diritto dello Stato
all’ambiente), sia l’interesse di privati o di enti pubblici (l’art. 313 si riferisce a “soggetti
danneggiati” in genere, compresi enti pubblici o altre autorità diverse dallo Stato) su beni
mobili o immobili o della personalità di cui essi sono titolari (il diritto di proprietà, il diritto di
possesso, il diritto alla salute e così via); quindi, tale condotta può fondare azioni diverse da
quelle ministeriali, per soggetto attivo e per oggetto, ai sensi dell’art.313 ultimo comma D. Lgs.
152/2006.
In particolare, accanto all’azione per danno
ambientale facente capo al Ministero
dell’ambiente vi sono le normali azioni
civilistiche a tutela della proprietà e del
possesso
AZIONI PETITORIE, POSSESSORIE, RISARCITORIE
degli enti titolari di proprietà danneggiate dei
soggetti danneggianti (art. 313 comma 7 cit.); e,
nel caso in cui il danno ai diritti del soggetto
pubblico sia stato cagionato da soggetti in
rapporto di servizio con l’ente (in violazione di
doveri di ufficio), può proporsi l’azione di
responsabilità amministrativa nei confronti di
tali soggetti, ai sensi del R.D.1214/1934 e succ.
modd. (applicabile in quanto norma speciale
rispetto all’art. 313 comma 7) [7].
[7]. comma 3 D.Lgs.267/2000 (che prevedeva la legittimazione di regioni ed enti locali per il danno ambientale) ad opera dell’art.318
comma 2 lett.b, l’art.313 ult. co. (primo periodo) non preclude ma anzi presuppone azioni di autorità diverse dal Ministero
dell’ambiente; infatti, tale articolo dispone che “nel caso di intervenuto risarcimento del danno” (eccezion fatta per il mancato
risarcimento totale o parziale) “sono esclusi, a seguito di azione concorrente da parte di autorità diversa dal Ministero dell’ambiente,
nuovi interventi comportanti aggravi di costi per l’interessato”, e quindi non vieta azioni aventi titolo diverso (fatte salve nel secondo
periodo dell’art.313 ult. co.) ma si limita a precludere ulteriori risarcimenti in forma generica o specifica in presenza di risarcimenti
già disposti dal Ministero.
Ebbene, è interessante evidenziare che “il D.Lgs. 152/2006 affida alla
cognizione della Corte dei conti il danno ambientale;
Nel caso di danno all’ambiente
provocato da soggetti sottoposti alla giurisdizione contabile,
si prevede che
il Ministero dell’Ambiente (effettuata l’istruttoria ed ordinato
infruttuosamente il ripristino ambientale)
non agisca nei loro confronti con ordinanza-ingiunzione,
ma invii rapporto
alla Procura della Corte dei conti competente per territorio (art.313
comma 6);”
ma sotto altro rilevante profilo “si abroga l’art.18 L. 249/1986, che
limitava la giurisdizione della Corte al danno indiretto da spese sostenute
all’amministrazione per risarcire terzi dal danno ambientale da essa
concausato (art. 318, c. 2 lett. a)
Nella concreta fattispecie, il P.M.
• ha richiesto in citazione il risarcimento dei danni a
favore del Comune e non dello Stato;
• ha precisato che i beni danneggiati sono di
proprietà del Comune medesimo;
• ha liquidato il danno (anche) in relazione alle spese
necessarie per il ripristino dello stato dei luoghi e
per l’eliminazione delle opere illecitamente
realizzate, oltre che in relazione a maggiori spese
sostenute o minori entrate conseguite;
• ha precisato che il diritto all’ambiente “concorre”
con quello azionato in giudizio.
Deve quindi ritenersi che nel giudizio in questione il titolo della pretesa risarcitoria
non sia dato dalla lesione del diritto all’ambiente in senso stretto (il cui risarcimento,
del resto, è assoggettato alle particolari procedure facenti capo al Ministero
dell’ambiente: artt. 311, 312, 313 commi 1 e 2 D. Lgs. 152/2006), bensì dalla lesione
del diritto di proprietà del Comune su immobili (ovvero il danno cagionato ai boschi
comunali dalla realizzazione di opere non decise dal comune, liquidato in relazione
alle spese necessarie per il ripristino dello stato dei luoghi), nonché dalle spese
indebite (danno da spese per la realizzazione dell’opera abusiva e quindi inutile) o
dai mancati introiti di somme (danno per mancata riscossione di contributi
comunitari).
Il bene «ambiente»
Secondo la Suprema Corte, infatti, dalla lettura costituzionalmente orientata degli artt. 2, 9 e 42 Cost.,
emerge il principio della necessità della tutela della umana personalità anche nell'ambito del "paesaggio".
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L'art. 9 Cost., in particolare, prevede che la Repubblica tutela "il paesaggio e il patrimonio storico e artistico della Nazione", con una affermazione che negli ultimi anni ha costituito la base per una ricca legislazione in tema di beni culturali (in particolare, al D.Lgs. 22 gennaio 2004, n. 42, che contiene il Codice dei beni culturali e del paesaggio.). A sua volta l'art. 42 Cost., fa riferimento alla proprietà " pubblica o privata", il che costituisce un implicito riconoscimento di una diversità di fondo tra i due tipi di proprietà.
L’utilizzo dei beni e il terzo superamento dei principi : dal binomio “bene pubblico –indisponibilità ” al meccanismo della “valorizzazione degli immobili”
“Da tale quadro normativo-costituzionale, e fermo restando il dato "essenziale" della centralità della persona (e dei relativi interessi), da rendere effettiva, oltre che con il riconoscimento di diritti inviolabili, anche mediante "adempimento dei doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale", emerge l'esigenza interpretativa di "guardare" al tema dei beni pubblici oltre una visione prettamente patrimoniale-proprietaria per approdare ad una prospettiva personale-collettivistica.”
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L’utilizzo dei beni e il terzo superamento dei principi : dal binomio “bene pubblico –indisponibilità ” al meccanismo della “valorizzazione degli immobili”
la prospettiva “personale-collettivistica” indicata dalla Corte ben può essere tradotta nella necessità di valorizzare il patrimonio pubblico non per necessità puramente di “cassa” ma nell’ottica del bene comune dello Stato comunità, e quindi dell’insieme dei cittadini stessi, in particolare al fine della massima valorizzazione dei beni ambientali e culturali che costituiscono un patrimonio del nostro Paese che non ha eguali a livello internazionale.
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La recente posizione della Corte di cassazione