Giornata seminariale Le novità in materia ambientale per gli Enti Locali NUOVO MANUALE DI DIRITTO E...

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Giornata seminariale Le novità in materia ambientale per gli Enti Locali Il tema dei rifiuti e le nuove responsabilità nelle forme e nei moduli funzionali/gestionali degli Enti Locali Presentazione del NUOVO MANUALE DI DIRITTO E GESTIONE DELL’AMBIENTE alla presenza dell’autore e curatore Alberto Pierobon e dei co-autori: Tiziano Tessaro, Giuseppe Piperata, Alfonso Andretta, Gerardino Castaldi, Giovanni Montresori Bologna, 18 maggio 2012

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Giornata seminariale

Le novità in materia ambientale per gli Enti LocaliIl tema dei rifiuti e le nuove responsabilità nelle forme e nei moduli funzionali/gestionali degli Enti Locali

Presentazione delNUOVO MANUALE DI DIRITTO E GESTIONE DELL’AMBIENTE

alla presenza dell’autore e curatore Alberto Pierobon

e dei co-autori:Tiziano Tessaro, Giuseppe Piperata, Alfonso Andretta,

Gerardino Castaldi, Giovanni Montresori

Bologna, 18 maggio 2012

www.tizianotessaro.it

TIZIANO TESSARO MAGISTRATO DELLA CORTE DEI CONTI Direttore della Rivista www.lagazzettadeglientilocali.it e della Rivista Comuni d’Italia

Responsabilita’ e danno ambientale

IL DANNO AMBIENTALE

Definizione di danno

ambientale

Ambito di applicazione

della direttiva

Criteri di imputazione

della responsabilit

à

Modalità e criteri di

riparazione del danno

Legittimazione ad agire

Assicurabilità del rischio ambientale

LE PRINCIPALI QUESTIONI DA AFFRONTARE

Cos’è l’ambiente

L’ambiente è di per sé un bene immateriale unitario che, appartenendo alla categoria dei c.d. “beni liberi”, è fruibile dalla collettività e dai singoli (Corte Cost. 30.12.1987 n.641);

Il danno arrecato al bene ambientale è un danno pubblico e va risarcito allo Stato

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L’evoluzione normativa

Tiziano Tessaro - riproduzione riservata

La figura giuridica del danno ambientale

Costruzione giurisprudenziale della Corte dei Conti 86/1980:

muove dalla tesi della proprietà statale dei beni (ambiente come patrimonio della collettività soggetto ad uso pubblico)

Sussiste la responsabilità contabile degli amministratori pubblici che non impediscono il danneggiamento delle risorse naturali

1Tendenza espansiva della giurisdizione della Corte

La figura di diritto positivo del danno ambientale è stata

introdotta nel nostro ordinamento con l’art. 18 della

Legge 8 luglio 1986 n. 349

LA GENESI DEL DANNO AMBIENTALE

Interpositio legislatoris che stoppa la tendenza espansiva della Corte dei

conti

art. 18 comma 1,della legge 8 luglio 1986, n. 349,

O «qualunque fatto doloso o colposo in violazione di disposizioni di legge o di provvedimenti adottati in base a legge che comprometta l'ambiente, ad esso arrecando danno, alterandolo, deteriorandolo o distruggendolo in tutto o in parte, obbliga l'autore del danno al risarcimento nei confronti dello Stato»,

Danno ambient

ale

La responsabilità per il danno ambientale derivava dal verificarsi di un fatto doloso o colposo in violazione di disposizioni di legge o di provvedimenti adottati in base a legge, lesivo per l’ambiente.

PRESUPPOSTI DI APPLICAZIONE DELL’ART. 18

Nell’arrecare

danno all’ambi

ente

Alterandolo,

Deteriorandolo

o distruggendolo in tutto

o in parte

La condotta quindi consisteva:

L’azione per il risarcimento del danno ambientale, anche se

esercitata in sede penale mediante la costituzione di parte

civile, poteva essere promossa dallo Stato o da enti territoriali

cui era riconosciuta per legge tale capacità

LEGITTIMAZIONE ALL’AZIONE DI RISARCIMENTO CIVILE

L’azione civile per danno ambientale aveva come scopo:

Ottenere il ripristino dell’ambiente danneggiato (prescindendo anche dalla eccessiva onerosità per il responsabile)Nel caso di impossibilità di ottenere il

ripristino, si doveva procedere alla liquidazione monetaria del danno in via equitativa (tenuto conto della colpa, del

costo necessario per il ripristino e del profitto ottenuto dal trasgressore)

FINALITA’ DELL’AZIONE CIVILE

art. 18, comma 2, legge 8 luglio 1986, n. 349

O «per la materia di cui al precedente comma 1 la giurisdizione appartiene al giudice ordinario, ferma restando quella della Corte dei conti, di cui all'art. 22 del decreto del Presidente della Repubblica 10 gennaio 1957, n. 3».

Al giudice ordinario spettava…

O attribuito al giudice ordinario la giurisdizione in materia di danno ambientale, precisando che la relativa azione di risarcimento è promossa dallo Stato, nonché dagli enti territoriali sui quali incidono i beni oggetto del fatto lesivo.

Danno diretto

Alla Corte dei conti spettava …

O ….solamente la c.d. “azione di rivalsa” nei confronti del dipendente pubblico per i danni che questi abbia cagionato a terzi, e che l'amministrazione pubblica alla quale il dipendente medesimo appartiene sia stata costretta a risarcire,

Danno indiretto

Le norme di riferimento

O «l'impiegato che, nell'esercizio delle attribuzioni ad esso conferite dalle leggi o dai regolamenti cagioni ad altri un danno ingiusto ai sensi dell'art. 23 (dello stesso d.P.R. n. 3/1957) è personalmente obbligato a risarcirlo» (art. 22, comma 1, prima parte, d.P.R. n. 3/1957)

O «l'amministrazione che abbia risarcito il terzo del danno cagionato dal dipendente, si rivale agendo contro quest'ultimo a norma degli articoli 18 e 19 (..)» (art. 22, comma 2, d.P.R. n. 3/1957). Danno indiretto

Legittimita’ costituzionale

La norma ha resistito più volte al vaglio di legittimità della Corte

Costituzionale

Corte costituziona

le 30 dicembre 1987, n.

641 ordinanze nn. 719 e 808 del 1988.

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La nuova definizione di danno ambientale contenuta nel nuovo testo unico dell’ ambiente

Tiziano Tessaro - riproduzione riservata

Nella Direttiva:A. Danno alle specie e agli habitat

naturali protetti (vale a dire qualsiasi danno che produca signifi cativi eff etti negativi sul raggiungimento o il mantenimento di uno stato di conservazione favorevole di tali specie e habitat; Direttiva Habitat 79/409/CEE; Direttiva Uccelli 92/43/CEE);

B. Danno alle acque indicate nella Direttiva quadro 2000/60/CEE;

C. Danno al terreno (vale a dire qualsiasi contaminazione del terreno che crei un rischio signifi cativo di eff etti negativi sulla salute umana a seguito dell'introduzione diretta o indiretta nel suolo, sul suolo o nel sottosuolo di sostanze, preparati, organismi o microrganismi nel suolo).

DEFINIZIONE E TIPOLOGIE DI DANNO AMBIENTALE (ART.2)

Nella Direttiva:a)Il danno alle specie ed agli habitat è inteso come

squilibrio nella conservazione favorevole naturale delle risorse e la riparazione privilegiata è quella primaria (ripristino delle condizioni originarie).

b)Il danno alle acque è analogamente riferito allo “stato ecologico”, al “potenziale ecologico”, condizionati dai profi li chimici e/o quantitativi. Anche in questo caso, la misura di riparazione privilegiata è quello del recupero delle condizioni originarie.

c)Il danno al terreno è limitato alle “contaminazioni” comportanti un rischio significativo sulla salute umana.

NATURA E CARATTERISTICHE DEL DANNO

Nuova definizione del danno ambientale:Art. 300 Dlgs 152/2006:

E' danno ambientale qualsiasi deterioramento significativo e

misurabile, diretto o indiretto, di una risorsa naturale o dell'utilità

assicurata da quest'ultima.   Continua…

DEFINIZIONE

Il comma 2 riprende pedissequamente la definizione della direttiva europea, senza fare sforzo di adattamento della norma comunitaria all’ordinamento nazionale, prevede, infatti che: “ai sensi della Direttiva 2004/35/CE costituisce danno ambientale il deterioramento, in confronto alle condizioni originarie, provocato:a) alle specie e agli habitat naturali protetti

dalla normativa nazionale e comunitaria (…);

b) alle acque interne (…)c) alle acque costiere ed a quelle ricomprese

nel mare territoriale (…);d) al terreno, mediante qualsiasi

contaminazione (…)”.

D. LGS N°152/2006 (CODICE DELL’AMBIENTE)

Alla tutela frazionata di alcune componenti del bene ambiente, come sopra descritta, segue però la formulazione in termini generali dell’illecito ambientale nell’art. 311 com. 2, in base al quale:“chiunque realizzando un fatto illecito, o omettendo attività o comportamenti doverosi, con violazione di legge, di regolamento, o di provvedimento amministrativo, con negligenza, imperizia, imprudenza o violazione di norme tecniche, arrechi danno all’ambiente, alterandolo, deteriorandolo o distruggendolo in tutto o in parte, è obbligato a ripristino della precedente situazione e, in mancanza, al risarcimento per equivalente patrimoniale nei confronti dello Stato”.

ART. 311 COM. 2

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Le caratteristiche del danno

Nella Direttiva il danno deve presentare alcune caratteristiche generali, ovvero deve essere :a. concreto;b. misurabile (o quantificabile);c. significativo.

E’ anche prevista una protezione anticipata: la minaccia imminente, cioè il “rischio suffi cientemente probabile”, ossia un pericolo attuale e concreto di un danno futuro.

Attribuzione alla Corte dei conti del danno diretto e indiretto

espansione della giustizia

contabile,

gli artt. 313, c. 6 e 318, c. 2 del D.lgs. 152/06

attribuiscono nuove

competenze alla Corte dei Conti in tale materia

ambientale

Responsabilita’ diretta e indiretta

• Il Codice attribuisce al giudice della contabilità anche una specifica competenza in ipotesi di responsabilità diretta, prima riservata in via esclusiva al giudice ordinario, qualora si faccia questione di risarcimento in forma di equivalente patrimoniale, non solo per il danno arrecato allo Stato ma anche nei confronti dell’ente pubblico titolare dei beni pubblici.

Danno diretto

• Ovviamente la Corte conserva il suo spazio d’intervento per il perseguimento di quelle condotte che abbiano concorso alla produzione dei pregiudizi ambientali indiretto, relativo all’esborso sostenuto dagli Enti pubblici per effetto di sentenze di altre giurisdizioni (azione di rivalsa).

Danno indirett

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ESEMPI GIURISPRUDENZIALI IN MATERIA DI DANNO AMBIENTALE

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Un primo caso

Un primo caso Degna di nota è la pronuncia Corte dei Conti 9 dicembre 2009, n.1492 ove il collegio ha rilevato la presenza di un danno pubblico patrimoniale materiale[2] da mancata raccolta differenziata.

[2] Il nocumento si è manifestato sotto vari profili: costo tariffa per raccolta indifferenziata, mancato introito derivante da cessione

eventuale materiale recuperato, collasso del piano integrato dei rifiuti e dei costi emergenziali. Si noti quanto affermato da Cass. Civile, III,

n. 25010/2008 ha affermato che “una volta accertata la compromissione dell'ambiente in conseguenza del fatto illecito altrui, la prova del

danno patito dalla P.A. deve ritenersi "in re ipsa", e la relativa liquidazione deve avvenire con criteri ampiamente equitativi, in quanto non è

oggettivamente possibile tenere conto di quegli effetti che inevitabilmente si evidenzieranno solo in futuro”.

DANNO PUBBLICO PATRIMONIALE da mancata raccolta differenziata.

Premesso che, la raccolta differenziata svolge un ruolo prioritario nel sistema di gestione integrato dei rifiuti, in quanto consente sia di

ridurre il flusso dei rifiuti da avviare allo smaltimento che di condizionare positivamente l’intero sistema di gestione, la mancata adozione delle ordinanze sindacali concernenti l'istituzione e i termini di svolgimento del servizio di raccolta differenziata dei rifiuti urbani, che è obbligatoria e non una facoltà, è stata ritenuta, in maniera controvertibile, dalla Corte dei Conti all’origine di un danno all’ambiente e alle casse erariali.

DANNO PUBBLICO PATRIMONIALE da mancata raccolta differenziata.

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Un secondo caso

Un secondo casoUna ulteriore sentenza, Corte Conti 21 luglio 2009, n. 1003 va evidenziata per la sua rilevanza non solo sul piano giuridico ma, altresì, sul fronte della tutela degli interessi collettivi nonché relativamente alla salvaguardia di quei beni ambientali rilevanti per la collettività.

In questa occasione, nel trattare dell’esecuzione dei lavori di

ripascimento della spiaggia del Poetto, mal eseguiti se non inutili,

HA CONDANNATO numerosi amministratori locali, funzionari pubblici, componenti della commissione di monitoraggio e ha ritenuto che sia stato provocato un disastro di incalcolabile entità, sotto il profilo ecologico e ambientale, in dipendenza della devastazione non reversibile di gran parte del litorale costiero e del deturpamento di una bellezza naturale assoggettata a vincolo.

ripascimento della spiaggia del Poetto

I lavori in questione vennero realizzati in palesi difformità da quanto previsto nel capitolato d’appalto e con estrema leggerezza riguardo tempistica e modalità.Anche in questo caso, il danno di cui si discute non è quello inferto alla spiaggia, per cui non viene in rilievo quale sia l’amministrazione proprietaria della stessa o incaricata della sua gestione, bensì quello conseguente all’ingiustificata diminuzione patrimoniale subita dalla Provincia a fronte di lavori eseguiti in difformità dal contratto[3] .

[3] Né rileva, sotto tale profilo, che l’opera fosse finanziata con fondi di provenienza statale e comunitaria, come chiarito da Corte di Cassazione, n. 515 del 24 luglio 2000.

DISASTRO DI INCALCOLABILE ENTITÀ, SOTTO IL PROFILO ECOLOGICO E AMBIENTALE

Il danno è stato individuato nelle somme inutilmente spese - per

l’effettuazione dei lavori e per attività connesse agli stessi - dalla

pubblica amministrazione (la Provincia di Cagliari) incaricata di curare

l’esecuzione dell’opera, nonché nella lesione dell’immagine di detta Amministrazione [4] Sotto questo ultimo rilevantissimo profilo, precisa

la Corte che l’esito disastroso dell’intervento ha destato notevole

scalpore ed ha avuto risalto a lungo sulla stampa locale e nazionale,

con conseguente grave degrado dell’immagine e del prestigio non solo

dell’ente provinciale ma di tutta l’amministrazione pubblica. In

particolare, la Corte, facendo proprio il consolidato indirizzo elaborato

dalla Cassazione[5], ha rilevato che la tutela dell’immagine della P.A.

discende dai principi di imparzialità e di buon andamento di cui all’art.

97, c. 1, della Costituzione, la cui violazione si traduce in un’alterazione

in senso negativo della sua immagine.

[4] I convenuti sono stati condannati in solido al pagamento, in favore dell’ente provinciale, di 4.784.292.,42 euro di cui 797.382,07

a titolo di danno all’immagine.

[5] Cfr. n. 5790/1979, n. 2527/1990, n. 7642/1991, n. 129511992, n. 5668/1997, n. 744/1999, n. 14990/2005.

DISASTRO DI INCALCOLABILE ENTITÀ, SOTTO IL PROFILO ECOLOGICO E AMBIENTALE

E sulla linea di quanto a suo tempo affermato

dalle SS.RR. n. 10/2003/QM, in merito ai criteri

applicabili per la valutazione equitativa, il

pregiudizio in questione si sostanzia nella perdita

di immagine pubblica e derivante dal

comportamento gravemente illecito di soggetti

legati da un rapporto di servizio alla P.A., sulla

quale si riverberano gli effetti negativi, in termini

di lesione della sua dignità e del suo prestigio,

connessi a detta attività illecita. 6].

[6] Così Corte Conti, Umbria, 28 maggio 1998, n. 501.

DISASTRO DI INCALCOLABILE ENTITÀ, SOTTO IL PROFILO ECOLOGICO E AMBIENTALE

IL DANNO ALL’IMMAGINE

LESIONE DELLA SUA DIGNITÀ E DEL SUO

PRESTIGIO, CONNESSI A DETTA ATTIVITÀ

ILLECITA.

In conclusione, e avendo riguardo al caso specifico, il vulnus subito all’immagine è indubitabile:

“tanto più grave deve quindi considerarsi tale lesione quando si constati che l’esito in questione sia

stato dimostrato essere la conseguenza di comportamenti che, al di là dei loro risvolti penali,

ancora non accertati in via definitiva, e che comunque non interessano tutti i convenuti nel

presente giudizio, sono stati però sicuramente contraddistinti da volontaria pretermissione

dell’interesse pubblico primario sotteso all’opera appaltata, tenuti talvolta con pervicacia e

arroganza, ma comunque sempre con sostanziale disprezzo dell’opinione pubblica, all’insegna,

non, come dovrebbe essere tratto distintivo di una PA, della trasparenza dell’azione

amministrativa, ma al contrario, dell’opacità spinta talora sino al punto persino del mendacio”.

Ebbene, “tale identificazione opera nel bene, quando

l’azione di chi rappresenta l’amministrazione si modelli

sui principi costituzionali di legalità, buon andamento ed

imparzialità, e nel male, quando viceversa la stessa

azione vada in senso contrario a detti principi”.

IL DANNO ALL’IMMAGINE

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Un terzo caso

Un terzo caso

E ancora, sotto la vigenza delle prescrizioni di cui al Codice

dell’Ambiente, la Corte Conti, Trento, 27 maggio 2009, n. 35

ha condannato il Sindaco e il direttore dei lavori a titolo di

responsabilità amministrativa gravemente colposa per

danno, commisurato alle somme necessarie per il ripristino

dei luoghi, arrecato all’ente locale da omessa vigilanza

nell’esecuzione di opere pubbliche su un sentiero montano,

illegittimamente realizzate in difformità rispetto al progetto

autorizzato ed in violazione dei vincoli paesaggistico-

ambientali. La condanna era relativa anche alle spese

indebite (danno da spese per la realizzazione dell’opera

abusiva e quindi inutile) o ai mancati introiti di somme

(danno per mancata riscossione di contributi comunitari).

DANNO, COMMISURATO ALLE SOMME NECESSARIE PER IL RIPRISTINO DEI LUOGHI, ARRECATO

ALL’ENTE LOCALE DA OMESSA VIGILANZA NELL’ESECUZIONE DI OPERE PUBBLICHE SU UN SENTIERO

MONTANO, ILLEGITTIMAMENTE REALIZZATE IN DIFFORMITÀ RISPETTO AL PROGETTO AUTORIZZATO ED

IN VIOLAZIONE DEI VINCOLI PAESAGGISTICO-AMBIENTALI.

Precisa la Corte che una medesima condotta di danno ambientale può ledere nello stesso

tempo sia l’interesse dello Stato sul bene collettivo - ambiente (il diritto dello Stato

all’ambiente), sia l’interesse di privati o di enti pubblici (l’art. 313 si riferisce a “soggetti

danneggiati” in genere, compresi enti pubblici o altre autorità diverse dallo Stato) su beni

mobili o immobili o della personalità di cui essi sono titolari (il diritto di proprietà, il diritto di

possesso, il diritto alla salute e così via); quindi, tale condotta può fondare azioni diverse da

quelle ministeriali, per soggetto attivo e per oggetto, ai sensi dell’art.313 ultimo comma D. Lgs.

152/2006.

In particolare, accanto all’azione per danno

ambientale facente capo al Ministero

dell’ambiente vi sono le normali azioni

civilistiche a tutela della proprietà e del

possesso

AZIONI PETITORIE, POSSESSORIE, RISARCITORIE

degli enti titolari di proprietà danneggiate dei

soggetti danneggianti (art. 313 comma 7 cit.); e,

nel caso in cui il danno ai diritti del soggetto

pubblico sia stato cagionato da soggetti in

rapporto di servizio con l’ente (in violazione di

doveri di ufficio), può proporsi l’azione di

responsabilità amministrativa nei confronti di

tali soggetti, ai sensi del R.D.1214/1934 e succ.

modd. (applicabile in quanto norma speciale

rispetto all’art. 313 comma 7) [7].

[7]. comma 3 D.Lgs.267/2000 (che prevedeva la legittimazione di regioni ed enti locali per il danno ambientale) ad opera dell’art.318

comma 2 lett.b, l’art.313 ult. co. (primo periodo) non preclude ma anzi presuppone azioni di autorità diverse dal Ministero

dell’ambiente; infatti, tale articolo dispone che “nel caso di intervenuto risarcimento del danno” (eccezion fatta per il mancato

risarcimento totale o parziale) “sono esclusi, a seguito di azione concorrente da parte di autorità diversa dal Ministero dell’ambiente,

nuovi interventi comportanti aggravi di costi per l’interessato”, e quindi non vieta azioni aventi titolo diverso (fatte salve nel secondo

periodo dell’art.313 ult. co.) ma si limita a precludere ulteriori risarcimenti in forma generica o specifica in presenza di risarcimenti

già disposti dal Ministero.

Ebbene, è interessante evidenziare che “il D.Lgs. 152/2006 affida alla

cognizione della Corte dei conti il danno ambientale;

Nel caso di danno all’ambiente

provocato da soggetti sottoposti alla giurisdizione contabile,

si prevede che

il Ministero dell’Ambiente (effettuata l’istruttoria ed ordinato

infruttuosamente il ripristino ambientale)

non agisca nei loro confronti con ordinanza-ingiunzione,

ma invii rapporto

alla Procura della Corte dei conti competente per territorio (art.313

comma 6);”

ma sotto altro rilevante profilo “si abroga l’art.18 L. 249/1986, che

limitava la giurisdizione della Corte al danno indiretto da spese sostenute

all’amministrazione per risarcire terzi dal danno ambientale da essa

concausato (art. 318, c. 2 lett. a)

Nella concreta fattispecie, il P.M.

• ha richiesto in citazione il risarcimento dei danni a

favore del Comune e non dello Stato;

• ha precisato che i beni danneggiati sono di

proprietà del Comune medesimo;

• ha liquidato il danno (anche) in relazione alle spese

necessarie per il ripristino dello stato dei luoghi e

per l’eliminazione delle opere illecitamente

realizzate, oltre che in relazione a maggiori spese

sostenute o minori entrate conseguite;

• ha precisato che il diritto all’ambiente “concorre”

con quello azionato in giudizio.

Deve quindi ritenersi che nel giudizio in questione il titolo della pretesa risarcitoria

non sia dato dalla lesione del diritto all’ambiente in senso stretto (il cui risarcimento,

del resto, è assoggettato alle particolari procedure facenti capo al Ministero

dell’ambiente: artt. 311, 312, 313 commi 1 e 2 D. Lgs. 152/2006), bensì dalla lesione

del diritto di proprietà del Comune su immobili (ovvero il danno cagionato ai boschi

comunali dalla realizzazione di opere non decise dal comune, liquidato in relazione

alle spese necessarie per il ripristino dello stato dei luoghi), nonché dalle spese

indebite (danno da spese per la realizzazione dell’opera abusiva e quindi inutile) o

dai mancati introiti di somme (danno per mancata riscossione di contributi

comunitari).

Il bene «ambiente»

Secondo la Suprema Corte, infatti, dalla lettura costituzionalmente orientata degli artt. 2, 9 e 42 Cost.,

emerge il principio della necessità della tutela della umana personalità anche nell'ambito del "paesaggio".

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L'art. 9 Cost., in particolare, prevede che la Repubblica tutela "il paesaggio e il patrimonio storico e artistico della Nazione", con una affermazione che negli ultimi anni ha costituito la base per una ricca legislazione in tema di beni culturali (in particolare, al D.Lgs. 22 gennaio 2004, n. 42, che contiene il Codice dei beni culturali e del paesaggio.). A sua volta l'art. 42 Cost., fa riferimento alla proprietà " pubblica o privata", il che costituisce un implicito riconoscimento di una diversità di fondo tra i due tipi di proprietà.

L’utilizzo dei beni e il terzo superamento dei principi : dal binomio “bene pubblico –indisponibilità ” al meccanismo della “valorizzazione degli immobili”

“Da tale quadro normativo-costituzionale, e fermo restando il dato "essenziale" della centralità della persona (e dei relativi interessi), da rendere effettiva, oltre che con il riconoscimento di diritti inviolabili, anche mediante "adempimento dei doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale", emerge l'esigenza interpretativa di "guardare" al tema dei beni pubblici oltre una visione prettamente patrimoniale-proprietaria per approdare ad una prospettiva personale-collettivistica.”

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L’utilizzo dei beni e il terzo superamento dei principi : dal binomio “bene pubblico –indisponibilità ” al meccanismo della “valorizzazione degli immobili”

la prospettiva “personale-collettivistica” indicata dalla Corte ben può essere tradotta nella necessità di valorizzare il patrimonio pubblico non per necessità puramente di “cassa” ma nell’ottica del bene comune dello Stato comunità, e quindi dell’insieme dei cittadini stessi, in particolare al fine della massima valorizzazione dei beni ambientali e culturali che costituiscono un patrimonio del nostro Paese che non ha eguali a livello internazionale.

P.M.Zerman 

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La recente posizione della Corte di cassazione