GiornaleStudentescodelLiceoScientifico“Einstein” · 2014-05-03 · sa con quanta fatica!...

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Giornale Studentesco del Liceo Scientifico “Einstein” Via Luigi Sturzo 5, 64100 Teramo www.lse.te.it Anno V - Numero 1 - Natale 2007

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Giornale Studentesco del Liceo Scientifico “Einstein”

Via Luigi Sturzo 5,64100 Teramowww.lse.te.it

Anno V - Numero 1 - Natale 2007

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Indice

La Voce . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 3Saluti . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 3Dai meandri dell’Einstein . . . . . . . . . . . . . . . . . . 4

Rappresentanti d’istituto . . . . . . . . . . . . . . 4Ma cosa ci faccio qui?. . . . . . . . . . . . . . . . . 5Il vostro ex Etanolo . . . . . . . . . . . . . . . . . 6(Dis)informati . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 7Ora di religione. . . ciao-ciao!? . . . . . . . . . . . 8

Intervista doppia . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 10Uno sguardo sul mondo . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 12

Forze dell’ordine: da che parte state? . . . . . . 12L’inferno delle pere . . . . . . . . . . . . . . . . . 13Tutti uguali . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 14Parliamo di anoressia . . . . . . . . . . . . . . . . 16Addio spaghetti!!!! . . . . . . . . . . . . . . . . . . 17Bullismo on-line . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 18

Oltre noi stessi . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 19Fittizio . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 19Ricordo bene . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 20Ritratto di un concittadino . . . . . . . . . . . . 22“Omnia vincit amor” . . . . . . . . . . . . . . . . 23Animali o esseri divini? . . . . . . . . . . . . . . . 24Una piccola riflessione . . . . . . . . . . . . . . . 25

Forza Albert . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 26Quel mostro di Albert . . . . . . . . . . . . . . . 26Lo scandalo della ricerca italiana . . . . . . . . . 28

Fortissimamente sport . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 29Calcio femminile . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 29

I colori della letteratura . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 30La donna fatale . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 30

Recensioni . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 31La coscienza di Zeno . . . . . . . . . . . . . . . . 31Vendute! L’odissea di due sorelle . . . . . . . . . 32

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Sandro Melarangelo . . . . . . . . . . . . . . . . . 34Kitchen . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 36Elizabeth: The Golden Age . . . . . . . . . . . . 37

. . . Secondo Noi. . . la neve . . . . . . . . . . . . . . . . . 38Cruciverba . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 39

La Voce

Nonostante le prime consuetedifficoltà, nonostante la bu-

rocrazia e le notevoli incertez-ze. . . anche quest’anno a dispet-to di tutti, La Voce è tornataed è più viva che mai! Vorreisottolineare l’importanza di que-sto progetto, che forse molti igno-rano o vivono passivamente, checi permette di esprimere le no-stre idee, di dialogare, di riflet-tere, insomma di avere voce incapitolo.

Quando nei primi mesi scola-stici ho vagato nelle classi in cer-ca gente disponibile a cimentarsicome giornalisti, fotografi o dise-gnatori sono rimasta un po’ de-lusa, forse un tantino amareggia-ta dal fatto che moltissimi nonavevano neanche la voglia di ten-tare. Nello stesso tempo, però,ho trovato gente entusista, subi-to pronta a mettersi in gioco con

l’atteggiamento giusto di chi havoglia di fare! Perché il giornali-no, oltre a duri pomeriggi passa-ti a correggere e ritoccare, è an-che divertimento, risa, collabora-zione tra ragazzi che si sentonofortemente complici! Non credodi essere un’eccellente scrittrice,ma cercherò ugualmente di met-tere in questo progetto, al qua-le io sento di essere sinceramen-te affezionata, passione ed impe-gno, che caratterizzano tutti i no-stri lavori. Leggendo queste pa-gine troverete il frutto delle no-stre riflessioni; articoli che tocca-no moltissimi argomenti di diver-sa natura, che spaziano dalla let-teratura alla scienza! Mi auguroche riescano a destare la vostracuriosità e che vi portino a discu-terne, e perché no, che riescanoanche ad accrescervi! Con la spe-ranza di non deludere le vostreaspettative. . . buona lettura!!

Antinea Di Pietro

Saluti

Ho accettato l’incarico di fa-re da “Direttore” al giornali-

no scolastico La Voce con unmisto di curiosità e di presun-zione, ma il gruppo di redatto-ri che si è miracolosamente com-

posto (grazie anche alla forza di-rompente dell’indispensabile An-tinea) mi ha letteralmente travol-to per il suo entusiasmo assoluta-mente (ai miei occhi cinici) disin-teressato. Infatti, siamo riusciti

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a chiudere la rivista che avete trale mani nel giro di tre riunioni (dicui la prima per fare conoscenze)!

Ci tengo a ricordare che tuttoè stato autoprodotto con le for-ze presenti a scuola, dai testi edai disegni fino alla composizio-ne e stampa (su carta riciclata).In questo, non abbiamo fatto al-tro che seguire le tracce lascia-te dall’ottimo gruppo redaziona-le dell’anno scorso guidato dallaProf.ssa Gabriella Pompei.

In questo numero sono statiprivilegiati i lavori degli alunniredattori anche per ovvi moti-vi di tempo, ma, in futuro, po-tremmo modificare il protocollodi selezione e accettare contribu-ti “esterni”. Le rubriche presen-ti sono per lo più le stesse de-gli scorsi anni. Troverete an-che l’Intervista doppia richiesta a

gran voce dagli studenti. Ho an-che pensato a un’ipotesi per unafutura rubrica di posta per ri-sposte, precisazioni, confronti o,perché no, critiche.

Il mio personale contributo èconsistito nel tentativo di pre-disporre un “template” in LATEXper il giornalino in modo che, an-che in futuro, il lavoro di com-posizione sia facilitato e la leggi-bilità rimanga elevata. Non so-no riuscito a reperire lavori giàpronti da riutilizzare per cui misono cimentato con un’imposta-zione molto “seriosa”. Per il mo-mento il mio lavoro è stato, co-me si suol dire, “quick-and-dirty”,ma conto di migliorare. Appenasarà il caso pubblicherò il listatoLATEX della rivista.

A tutti auguro una buonalettura e un Buon Natale!

Nando Cozzi

Dai meandri dell’Einstein

Rappresentanti d’istituto

E come sarebbe potuto man-care sul nostro giornalino un ar-ticolo riguardo i nostri “amati”rappresentati di istituto!?

Dopo una lunghissima campa-gna elettorale che ha visto scon-trarsi sei agguerritissime liste,il giorno 12 Novembre abbiamovotato.

Alle 13:20 finalmente terminalo spoglio delle schede: abbiamoPaola Di Marco 3aC e poi AchilleScipioni 5aG, Riccardo Marzoli

5aC e Nicola Ferrara 5aH.Salta subito all’occhio che per

la prima volta dopo tanto tem-po abbiamo come rappresentanteuna ragazza del 3o anno. Tantipensano che la sua giovane etàpotrà essere d’ostacolo al ruoloche le è stato assegnato, ma ma-gari, proprio perché è a metà delsuo percorso scolastico, sarà ingrado di rappresentare al meglioanche il Biennio, che negli ulti-mi anni è stato un po’ dimenti-

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cato. C’è aria di cambiamento ascuola.

In ogni caso tutti loro sonopronti a prendersi le responsa-bilità soprattutto per quanto ri-guarda la nuova assemblea coge-stita (formata cioè sia da profes-sori che da studenti e a sfondoculturale). Inoltre progettano dicreare un sito scolastico funzio-nante dove tutti gli studenti pos-sano discutere le problematicheriguardanti la scuola.

Unica nota di rammarico èrivolta a Federico Sciamanna(5aD): sembrava quasi che ce l’a-

vrebbe fatta e alla fine, sebbe-ne sia stato il secondo più vo-tato della scuola, non è riuscito.Evidentemente non era destino!:P

Quasi mi dimenticavo dei rap-presentanti alla Consulta provin-ciale! Quest’anno la scelta eralimitata a due liste quindi è ov-vio che siano stati eletti i due ca-polista: Chiara Santarelli (4aI) eEugenio Caccia (5aF).

In ogni caso si spera che que-st’anno tutti loro riescano a fareun buon lavoro e a rappresentarciadeguatamente. IN BOCCA ALLUPO!

Puc

Ma cosa ci faccio qui?. . .Il senso di stare in classe

Mi guardo intorno. . . sonospaesato e provo un senso di di-sagio, la lezione continua e il pro-fessore imperterrito recita a me-moria formule dette e stradette.Non trovo alcuna motivazione al-lo stare in classe, mi sembra so-lo tempo perso e gli stimoli so-no inesistenti. La domanda cheè sempre nella mia testa è cosaci faccio qui. Il 75% di tutti noistudenti italiani, secondo un son-

daggio de Il Venerdì, prova que-sta sensazione più di una voltadurante la propria carriera scola-stica, e non si parla del classicotorpore della quarta ora del Sa-bato, ma di una vera condizio-ne esistenziale! Ma cosa riesce acombattere questo forte disagio?

Quello che invoglia a studiarei giovani dai quindici ai dicianno-ve anni è in primo luogo la pas-sione per la disciplina e la capa-cità dell’insegnante di fare lezio-ni interessanti, segue l’avere buo-ni risultati e che la materia pos-sa essere utile per il futuro pro-fessionale! Il timore della valu-tazione severa da parte del do-cente invece sembra quasi un di-sincentivo. L’interessante comemezzo, torna quindi a far parla-

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re di sé. Per lo studente italianomedio i motivi per studiare sonopochi, e una lezione interessanteriesce a far evitare il senso di no-ia. I professori potrebbero quin-di, nei limiti del possibile, utiliz-zare metodi d’insegnamento piùsperimentali, coinvolgere diretta-mente gli studenti in discussio-ni sull’argomento trattato e per-mettere lo svolgimento di lavori

scolastici in gruppo.

In questo modo i professori,che secondo il sondaggio, godonotuttavia della fiducia degli stu-denti, aumenterebbero la nostrapartecipazione alle lezioni, connotevoli soddisfazioni per i pri-mi e futuri vantaggi per i secon-di. Pochi accorgimenti possonoportare a risultati importanti, eil senso di stare in classe sarebbeposto meno in discussione!

Drunkkk

Il vostro ex Etanolo

All’improvviso padrone di mestesso. Ti senti diverso, soffocatoda un nodo alla gola che stringecon la stessa violenza la tristezzae la paura, la novità e l’attesa,il passato e il futuro. Scrivendoqueste parole su un treno in follecorsa verso la primavera del mioessere, non mi rendo conto anco-ra di che cosa possa il destino vo-lere da me, di che cosa un giornopotrò essere capace.

Vago per il sentiero irto del-la mia coscienza, a cercare tragli alberi fitti, le foreste incanta-te del passato e dell’infanzia unsegreto, un silenzio o una parola,capace di aprirmi la strada.

Ecco. Il treno ha sussultato,e l’anziano signore di fronte a meha appena richiuso la bocca dallaquale le sue russa riecheggiavanoin tutto il vagone. Che immagi-ne felice! Un sorriso dolce comeil limone. Dentro di me i pensie-ri si affollano, si rincorrono e sisusseguono pensando a Pisa, al-

l’università, e soprattutto al fu-turo. Simone è lì che aspetta. Enon sa che il treno è in ritardo dimezz’ora!! Povero amico mio!

La casa è pronta. Oddìo, pro-prio pronta no! Manca il mi-croonde! Lo salirò presto, pur-troppo le valige pesavano trop-po. . . Nello scegliere i vestiti misono fermato. Ho aperto un atti-mo il mio vecchio zaino di liceo,quello che usavo ogni mattina fa-cendo la stessa strada, il solitoponte, la solita scalinata infinitaper andare a scuola. E lì den-tro, tra i libri di storia e di mate-matica, c’era un vecchio giornali-no scolastico. Quello che abbia-mo stampato a giugno, Dio solosa con quanta fatica! Sfogliarele pagine, rileggerlo è stato co-me, anzi più che rivivere quei mo-menti. È stato aprire la finestradella soffitta più antica, e ritrova-re quei dolcissimi pupazzetti del-l’infanzia. Lavoro, certo, ma an-che gioia, risa, urla, pianti e chi

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ne ha più ne metta, sembra quasiparlare di un film ma in realtà èdi noi che parlo, di noi ex e di voiredattori, di un liceo che non ve-devamo l’ora di finire, e che orarimpiangiamo ogni ora che passa.

Eppure, La Voce ha avutoun significato in più del sempli-

ce “giornalino scolastico”. Ora,su questo treno, col vecchio cheha ripreso a russare, viaggio ver-so Pisa, verso quella tanto temu-ta e disprezzata facoltà di Lette-re, sperando solo che quella “vo-ce” in me non si spenga, come so-no sicuro non si spegnerà mai nelcuore di ogni redattore.

Il vostro ex Etanolo

(Dis)informati

A cosa serve la consulta? Co-sa bisogna fare per convocareun’assemblea di classe? Nellanostra scuola c’è un’aula bilin-gue? Sembrano domande ba-nali, ma siamo sicuri che siacosi?!?

Guardate i dati emersi daun sondaggio realizzato al bien-nio. . .

A cosa serve la consulta? %

a Organizzare le assemblee d’istituto. 40b Rappresentare gli studenti a livello provincia-

le e a gestire i fondi.60

c Niente 0

Quanti rappresentanti d’istituto ci sono? %

a 2 60b 3 0c 4 40

Qual è il nome della preside? %

a Maria 20b Marilena 40c Milena 40

Dove si trova l’aula bilingue? %

a Seminterrato 0

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b 3o piano 30c Non c’è. 70

Per convocare l’assemblea di classe bisogna: %

a Chiedere un colloquio con la preside. 20b Chiedere ai rappresentanti d’istituto. 10c Ritirare il foglio di richiesta presso i bidelli

(vicino l’entrata principale).70

Qual è il numero massimo di assembleeconvocabili in un mese?

%

a 1 80b 2 20c Non c’è un limite. 0

Quale tra questi non è il vicepreside? %

a Salini 40b Di Antonio 60c Provvisiero 0

a cura di Snow_White e Bloody_Belle

Ora di religione. . . ciao-ciao!?

Qualche tempo fa un notoquotidiano nazionale (La Repub-blica) ha riportato i dati di un

recente dossier della CEI (Confe-renza Episcopale Italiana ) sul-la frequenza dell’ora di religio-ne cattolica. Il documento è poiconfermato da un’indagine dell’I-STAT secondo cui il distacco deigiovani dalla Chiesa è in crescita.Infatti uno studente su quattrodecide di non partecipare all’oradi religione per dedicarsi ad altro.È vero che il nostro liceo non ri-specchia molto i dati nazionali inquanto la stragrande maggioran-za se ne avvale mentre i “fuggia-schi” sono solo 33. Non si puònegare che una causa sia il note-vole aumento del numero di stu-

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denti stranieri che praticano altriculti ma scegliendo spesso di re-stare ugualmente in classe. Manon manca chi vuole solo “fug-gire”, almeno in questa occasio-ne, dalla scuola e magari, se l’o-ra di religione è la prima o l’ul-tima, entrare più tardi o tornarea casa prima. C’è poi anche chiimpiega questo tempo svolgendoattività didattiche alternative echi studia per recuperare i propridebiti.

È chiaro quindi che a parte ilvoler avere un’ora libera di cui di-sporre, devono esserci altri moti-vi a scatenare questo esodo (inItalia infatti i disertori sono ben300.000). Alcuni vedono nell’oradi religione solo una sorta di pro-paganda spudorata da parte del-la Chiesa e altri non ritengono didoverla seguire se non credono inDio visto che la Costituzione hastabilito che l’Italia è uno stato

laico. Altri ancora però sostengo-no che tale materia non sia resainteressante dagli stessi professo-ri che dovrebbero invece focaliz-zare l’attenzione su questioni co-me l’aborto, l’eutanasia, il sessoecc. parlandone in classe con glialunni. In particolare quest’ul-tima proposta viene da chi vor-rebbe che quest’ora fosse un mo-mento di confronto tra una per-sona che, conoscendo la religione,può esprimerne il punto di vistae quello di ogni studente.

Sono quindi in molti a ritenereche tale materia non sia propo-sta nel modo giusto proprio da-gli insegnanti e che quindi que-sto fuggi-fuggi sia dovuto in par-te anche proprio a quei professo-ri che rendono la disciplina “pe-sante”, anche se, a dire il vero, èla pigrizia di quegli studenti chepreferiscono fare altro a privarlidi quello che potrebbe essere unottimo momento per la propriacrescita.

Bloody_Belle

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Intervista doppia

Giuseppe Di Saverio Nome? Nino30 Età? 42È una passione!! Soprat-tutto per la matematica.

Insegnamen-to: passione oripiego?

Passione.

Per piacere! Come mai pro-prio matematica/ lettere?

Mmm. . . dopo architettu-ra, una scelta dopo archi-tettura.

Intanto di iscriversi perchésono pochissimi gli iscrit-ti a matematica. . . e poi,beh. . . insomma, di segui-re la passione senza porsiil problema del lavoro per-ché se ci si iscrive alla fa-coltà che dà più opportu-nità di lavoro alla fine si ri-schia di fare una cosa chenon piace.

Che consigliodarebbe ad unostudente chevolesse iscriversia tale facoltà?

Di studiare tante poesie eleggere tanti romanzi.

(Ride) Non lo so!. . . le gitescolastiche, per esempio,di questa scuola.

Il ricordo piùbello della suainfanzia?

Le feste di paese.

Eh, non ve lo dico! È nelcassetto non ve lo dico!

Qual è il suo so-gno nel cassetto?

Mmm. . . Diventare. . . Vi-aggiare! Viaggiare di più!

Non lo so! Forse Sud-America.

La vacanza idea-le: dove?

Africa.

Non ve lo dico. . . Vabbè,con la mia ragazza.

Con chi? Con. . . ma forse da solo.

Pub. Discoteca o pub? Discoteca.Pandoro. Panettone o pan-

doro?Panettone con l’uvetta.

Che vuol dire? Sport in-tendi? . . . boxe.

Boxe o yoga? Yoga.

No, vabbè questo pensonon interessi a nessuno. . .Io ho ancora il senso delpudore a differenza del-le ultime tendenze in cuiGrandi Fratelli e cose delgenere sembra scomparso.

Dove e quando laprima volta?

. . . in macchina. . .Mmm. . . 18 / 19.

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. . . Con o senza pro-tezione?

Pure?!? Non me loricordo!

Sì, purtroppo. Fuma? Poco poco poco.No. Ha mai fumato

una canna?No.

Matrimonio, ma. . . non èideologica la cosa.

Matrimonio oconvivenza?

Quello che uno decide.

Io non sono sposato. Sposato? No.No. Ha figli? No.Nooo (ride). Quanti sparsi per

il mondo?Nessuno. . . che io sap-pia. . .

Favorevole. Favorevole o con-trario all’aborto?

Dipende dalla scelta dellamadre.

Non lo so, è complicata lacosa, non so rispondere.

All’eutanasia? Contrario, ma contrarioall’accanimento terapeuti-co.

Non lo so. Alla legalizzazio-ne delle drogheleggere?

Mmm. . . dipende se que-sto garantisce la. . . il caloe l’arricchimento insommadegli spacciatori.

Sìì, favorevole, ma control’adozione.

Ai matrimonigay?

Anche qua, secondo lavolontà di ciascuno.

Credo sia La Casta. Qual è l’ultimolibro che ha let-to?

Ho riletto Memorie diAdriano.

Mmm. . . pochissimo,un’oretta la sera.

Quanto tempopassa davantialla tv?

Ma per niente!. . . mi ad-dormento. . .

Non sono preventivamentecontro queste. . . (?)

Una professores-sa della scuolale chiede di usci-re dopo cena. . .Cosa risponde?

Ci vado!

. . . (Ci pensa) eeeh. . .frizzante!

Un aggettivo perdescrivere la pre-side?

Mi cogli in castagna! . . .Troppo sintetico. . . Nonlo so. . . sintetica!

Bella! La mia scuola! Per la nostrascuola (ingenerale)?

Mmm. . . bella bella, quin-di bella bella vuol direbellissima.

Mettiamoli alla prova. . . 196? (Dopo un po’)Quanto sarà? 14!

Radice quadratadi 196?

Io insegno lettere!

Non lo so! Chi ha scrittol’Adone?

L’Adone. . . Dunquel’Adone. . . Non me loricordo, aspetta sì me loricordo, ma non me loricordo, non lo so.

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No. . . Chi ha scrittol’Adone?

Vuole aggiungerequalcos’altro?

Ciao a tutti! . . . Chi hascritto l’Adone? (anchelui. . . )

a cura di Snow_White e Bloody_Belle

Uno sguardo sul mondo

Forze dell’ordine: da che parte state?

Ultimamente si sente spessoparlare di rovesciamento di ruo-li, di confusione tra le parti. “Ilmondo si sta capovolgendo” èquesta la frase più detta. . . e sicade nel luogo comune di donnein carriera e mariti casalinghi ofigli che frenano lo spirito giova-nile dei propri genitori. . . ma ame viene in mente un poliziottoche spara ad un inerme! In que-sto caso il capovolgimento è benpiù disastroso, non credete???

Tutti avrete sicuramente capi-to a cosa mi sto riferendo, tutta-via il mio articolo non vuole esse-re una cronaca della morte di Ga-briele Sandri, ma una riflessioneriguardo il potere e il suo sbaglia-to utilizzo e l’esempio riportatocalza proprio a pennello.

Perché quello sparo?—michiedo—e non riesco a trova-re risposta. Penso solo all’irre-sponsabilità di un dipendentedello stato che avrebbe dovuto“mettere ordine” e non violar-lo. Che forse avrebbe dovutoavere maggiore padronanza delmezzo che impugnava, maggioreintelligenza.

E che dire degli avvenimentidurente il G8 a Genova in quel

torrido luglio del 2001? Rivede-re quelle immagini è un sempliceoltraggio alla serietà e alla digni-tà umana, è una presa in giro al-l’ordine che la polizia impersona-va. Vedere picchiare il gruppo dipacifisti che manifestava regolar-mente e con piena autorizzazioneper le strade della città e osserva-re come il gruppo di black blockriuscisse a scappere ogni volta,impunito e silenzioso, quasi di-menticato. Errori, si dice. Mapenso solo che questa sia violenzagratuita e abuso di potere, puracrudeltà, e credo che spesso nonsi tratti di semplice leggittima di-fesa perché le immagini parlanochiaro. È terribile vedere la po-lizia inveire su di un corpo or-mai morto come è stato fatto suquello di Carlo Giuliani.

Non sarebbe giustificabile se acompiere un atto del genere fos-se un uomo qualsiasi, ed è ancorpiù grave e mostruoso vederlo fa-re da un poliziotto. Questo nonè ordine.

Ma non voglio fare di tutt’er-ba un fascio, perché ritengo chevi sia ancora qualcuno all’internodelle forze armate che crede for-temente in quello che fa e lotta

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ogni giorno per far rispettare lalegge, anche a costo della propriavita. Inoltre con questo artico-lo non voglio affatto giustificare icomportamenti incivili e scorret-ti di molti nei confronti delle for-ze dell’ordine, perché sarebbe as-surdo. Semplicemente ho volutobrevemente far luce su alcuni ac-caduti che sono prova di violenzaimmotivata da parte della poliziae ne mostrano il lato oscuro checi ostiniamo a non vedere.

Il mio invito è quello di apri-

re gli occhi, di informarsi, di nondare tutto per scontato, di nongiustificare qualsiasi atto, soprat-tutto se grave e ingiusto, soloperchè viene dall’alto. Infattiè facile condannare il compor-tamento di un ragazzo teppistao di un corteo rumoroso a prio-ri, come è facile sparare o alzareun manganello per dimostrare lapropria falsa superiorità.

Io vorrei che le forze dell’or-dine lavorassero per me e noncontro di me, e voi?

Maria Chiara

L’inferno delle pere

La cultura dell’eroina è esplo-sa a Teramo come una bombaatomica.

L’eroina è una droga derivatadall’oppio, che inventò la Bayercome antidolorifico alla fine del1800, rendendosi conto dell’er-rore commesso la ritirarono dalcommercio, ma ormai il dannoera fatto.

Sono troppi i ragazzi che han-no “deciso” di iniziare, indipen-dentemente da sesso, età o deri-vazione sociale, li troviamo ovun-que: nei locali, nelle viuzzedel centro storico, nei parchi espesso purtroppo anche a scuola(fortunatamente non è il nostrocaso).

La domanda che tutti si pon-gono, quando si rendono con-to della crescita esponenziale delfenomeno, è sempre la stessa:perché?

Le risposte possono esseremolteplici: ricerca di qualcosadi nuovo, una delusione amoro-sa (che in età tardoadolescenzia-le è spesso sottovalutata, comeci spiega il vecchio Alex in “JackFrusciante è uscito dal gruppo”) opiù semplicemente per essere ac-cettati da una nuova combriccoladi amici.

Spesso però la domanda chetanti si pongono prima di far-lo la prima volta non è perché,piuttosto perché no?!

Fatto è che tutti vanno in cer-ca della “gran botta”, quella del-la prima volta, quella che è statadescritta come la sensazione piùbella della vita, come una serieripetuta di orgasmi sparsi per ilcorpo.

Già, una sensazione stupenda,peccato che ti porti, anche do-po una sola dose, alla dipendenza

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fisica e psicologica.È a questo punto che ti inco-

minci a fare di continuo, giungen-do presto ad uno stato mentale,in cui l’unica cosa che conta è ri-mediare una dose, si incominciaa rubare spesso alle persone piùvicine e amiche, in molti casi aspacciare, così inizia l’immanca-bile dentro e fuori dalle galere edai centri di recupero.

Nel frattempo sei già entratonella fase che non ti fai più perquel momento di euforia, infatti,il tuo corpo è assuefatto alla so-stanza che non ti dà più piacere,e ti fai solo per rimanere norma-le. La dipendenza fisica ti uccide.Devi farti ogni nove ore, altri-menti il tuo corpo va in tilt: vam-

pate di freddo e caldo improvvi-so, il cuore va a mille e un do-lore lancinante allo stomaco chesembra spaccarsi in due, tuttocon una paura matta di morire.A volte, invece, la morte arrivadavvero, improvvisamente, spes-so, quando hai ancora l’ago in ve-na. Overdose, è la diagnosi tec-nica cioè l’assunzione di una doseeccessiva dello stupefacente.

Tutto questo porta alla di-struzione totale di quello che siha, e in un modo o nell’altro cisi ritrova soli, soli con la propriadipendenza. Fino a quando unbel giorno un tuo amico non ri-ceve una telefonata dai carabinie-ri sentendosi sputare addosso l’a-settica dicitura “c’è un cadavereda riconoscere”.

Achille Scipioni

Tutti uguali

Nel XXI secolo, era di gran-di innovazioni e di alta tecnolo-gia, si presta sempre meno at-tenzione a se stessi e alla rifles-sione sul senso della propria vi-

ta. . . ci si chiede mai se esistiamoo viviamo????

Ahimè, purtroppo la rispostaè tutt’altro che semplice! Molti,infatti, forse troppo occupati ad

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acquistare il televisore più piat-to e supertecnologico che esistao impegnati a sfrecciare a bordodi automobili lussuosissime, nontrovano il tempo di rispondere oforse fuggono e si fingono impe-gnati proprio per non ritrovarsisoli con se stessi.

Eppure ogni tanto sarebbemeglio fermare per qualche mi-nuto la solita routine per inda-gare nel proprio io, tralasciandostupidi dubbi amletici su dettaglipoco importanti della vita quoti-diana. Purtroppo la società at-tuale è troppo radicata sull’im-portanza di cose materiali e nonpermette all’uomo di poter ritro-vare la propria personalità. Essainfatti lo isola e lo rende invisibileagli occhi estranei.

Metafora di tutto ciò è il ro-manzo di Italo Calvino Il cava-liere inesistente, che, ambienta-to nell’epoca medievale di Car-lo Magno, tratta di un cavalie-re che non c’è, ma nello stessotempo esiste perché tutti vedonola sua splendida armatura biancache cammina e si muove, ma chedentro è vuota. È dunque pale-se il paragone tra il cavaliere ine-sistente calviniano e l’uomo del2007, che c’è poiché lo vediamo,lo sentiamo e ne percepiamo leazioni, ma contemporaneamentenon c’è perché si nasconde tra lepareti della sua casa, passandoinosservato. È un uomo che nonvive più, stereotipato secondo icrudeli schemi della società mo-derna e che non trova la forza e

la volontà di ribellarsi.Eppure se qualche “povero

pazzo” scegliesse di trasgredire aquesto laido sistema verrebbe ad-ditato come “diverso” ed emargi-nato, ma non ci si accorge chela sentenza di diverso è in realtàun premio, che permette di di-stinguersi dalla massa di personetutte uguali.

Il problema, però, rimanel’uomo che è spesso indifferentea ciò che lo circonda e preferiscevivere nascosto, dietro le quin-te della vita vera, rinunciando aschierarsi, ad esprimere la pro-pria opinione e a mettersi sotto iriflettori. L’ignavia lo attanaglia.Bisogna al contrario combattereper le proprie idee, sapersi affer-mare come individuo nella socie-tà, trovare lo scopo della propriavita e non crogiolarsi senza sensonel buio dell’indifferenza.

Secondo Dante il peccato diignavia, ovvero di noncuranzaverso la vita e di coloro che scel-sero di non scegliere, è il piùgrave. Perciò il mio consiglio èdi riuscire a trovare qualche mi-nuto per riflettere sulla propriaesistenza e sulle proprie scelte,giuste o sbagliate che siano.

In conclusione l’unico atteg-giamento verso coloro che prefe-riscono essere delle comparse nel-la storia del mondo piuttosto cheveri e propri protagonisti è quel-lo che Virgilio consigliò a Dantenell’Antinferno:

Non ragioniam diloro ma guarda e passa.

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Melò

Parliamo di anoressia

Non occorre attenersi a dellestatistiche per capire che il pro-blema dell’ anoressia è in costan-te aumento, soprattutto fra leragazze della nostra età.

Nel nostro paese è presente tralo 0,36 e lo 0,4% al centro nord etra lo 0,2 e lo 0,3% al sud1.

È sicuramente noto che l’ano-ressia è la conseguenza di unosbagliato e difficoltoso rapportocon il proprio corpo, che vie-ne alimentato anche dai mass-media, i quali ci propongono unmodello di donna sempre più ma-gra, dal ventre piatto e dal cor-po praticamente perfetto, crean-do delle vere e proprie icone dibellezza.

L’informazione sulla dramma-ticità di questi disturbi alimenta-ri è senza dubbio scarsa. Se nesente parlare solo quando il pro-blema interessa personaggi cele-bri e famosi. Ne è un esempiola recente campagna pubblicita-ria del marchio “Nolita”, realizza-ta dal fotografo milanese OlivieroToscani, che attraverso una sem-plice frase, “no anoressia”, ha vo-luto lanciare un chiaro messaggiosulla gravità del problema.

In alcuni casi, l’anoressia puòdivenire persistente, portare al-

la sterilità e progressivamente al-la morte. In quelli meno gravi,ma non per questo meno impor-tanti, può determinare uno statoemotivo molto ansioso e provo-care disgusto nei confronti del ci-bo. La maggior parte delle voltesi verifica nelle persone che, nel-l’età infantile, hanno subito deitraumi, ma anche in quelle chesoffrono nei rapporti interperso-nali, ad esempio per la presuntadisattenzione di amici e familiari.

Sono sicura che ognuno di noidi fronte ad una ragazza anores-sica si pone la stessa domanda:E la famiglia che ruolo riveste?

È un dato oggettivo che, inparticolare i genitori, tendono adavere un atteggiamento iperpro-tettivo nei confronti dei proprifigli e quindi a pensare che ilproblema sia quasi inesistente.

Personalmente credo che l’as-sunzione del cibo debba essere re-golato in modo da poter creareun adeguato equilibrio tra questoe la persona.

Si eviterebbero così gli ecces-sivi dimagrimenti e, perché no,anche la percentuale di obesi-tà che da diversi anni interes-sa una larga fascia della nostrapopolazione.

Fiore

1Da Wikipedia

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Addio spaghetti!!!!

Gelato all’azoto, maionesefritta, aceto in polvere, burroelastico. . .

In molti leggendo storcerannoil naso, eppure questo è ciò checi aspetta o spetterà in futuro ainostri figli: la cucina molecolare.

Essa consiste nella preparazio-ne di cibi e portate a base di “in-trugli” chimici che conferisconoun’esplosione di nuovi e sorpren-denti sapori al nostro delicato pa-lato. Inoltre il dato più scon-volgente è che sempre più chef,improvvisandosi scienziati, si ci-mentano in esperimenti gastro-nomici abbastanza futuristi, tra-sformando la “vecchia” e tradi-zionale cucina in un laboratoriochimico.

Fortunatamente in Europa lacucina molecolare tarda ad affer-

marsi, mentre nel Nuovo Conti-nente essa è già una ben accet-tata realtà, forse perché “la sco-perta di una pietanza nuova gio-va alla felicità del genere umanopiù della scoperta di una stella”(Brillat-Savarin).

Di certo chi è favorevole alla“gastrochimica” e alle sue pietan-ze può affermare che anche la cu-cina come la tecnologia si evol-ve (in bene o in male) attraver-so gli anni e proprio per questodovremmo essere capaci di ac-cettarla come ad esempio abbia-mo fatto con il telefonino, che èormai indispensabile!!

Ma nello stesso tempo come sipuò pretendere di rinunciare adun bel piatto di spaghetti “fattiin casa” con pomodoro fresco ebasilico?!?

Melò

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Bullismo on-line

Il Bullismo, non si può di cer-to definire raro nella società incui viviamo. Dall’inglese “bully-ing”, con questa parola s’intendel’atto di prevaricazione, a disca-pito del prossimo, che più spessoavviene nell’ambito lavorativo.

Nonostante questa definizio-ne, tale fatto più che nell’am-biente di lavoro sembra esser-si riversato nelle scuole. Gio-vani ragazzi,dai dodici ai diciot-to anni, maltrattano o tormen-tano i propri coetanei spingendo-li a fare ciò che loro desiderano.Purtroppo i provvedimenti pre-si dallo Stato , per questo pro-blema non sono stati sufficien-ti, in quanto pare non ridursi,anzi, sembra incrementarsi ulte-riormente, grazie all’avvento, del“Cyber bullismo”, “Bullismo On-Line”. Questi giovani crimina-li minacciano mediante internetcompagni o conoscenti, rendendopubbliche le umiliazioni , oppureintimidendoli con e-mail o sms.

L’enciclopedia interattiva Wi-

kipedia afferma che oggi il 34%di tale fenomeno si è riversato sulweb, grazie a blog, sms, foto pub-blicate, siti, e benché si presen-ti in una forma totalmente diver-sa dalla sua originale, anche que-sto è bullismo. Statistiche ren-dono noto che, in Inghilterra unragazzo su quattro, è stato mi-nacciato da un coetaneo con unmezzo telematico, mentre in Ita-lia circa il 24% degli adolescen-ti subisce prevaricazioni, offese eprepotenze.

Perciò come tutti i movimen-ti sociali che si modificano con icambiamenti tecnologici, anche imali da cui è afflitta la società, sisviluppano parallelamente a essi.

Allo stesso tempo è sbaglia-to pensare che la tecnologia siala causa di queste crudeltà, a so-stegno di ciò sta il fatto che, chiha inventato internet non avevacertamente l’intenzione di creareun oggetto per la trasmissione dicose orribili.

Il problema di fondo, non è

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quindi nello strumento che puòessere sia buono che pessimo,ma è nell’uomo che ne fa, molto

spesso, un uso errato.

Rose

Oltre noi stessi

Fittizio

Pirandello aveva proprio ra-gione: l’uomo indossa diversemaschere ed io ne indosso una inpiù!

Sono costretto a modellare l’i-dentità e il mio essere a secon-da da chi mi circonda, fingo esto ben attento a non espormitroppo.

Dove e in chi posso cercare laforza di urlare al mondo ciò chesono, che sento?

Temo il giudizio universale,quello altrui! Sono frenato, bloc-cato da mille paure che quasi miimpedisono di muovermi.

Cosa penseranno di me? Nonposso deludere le loro aspetta-tive. . . Crederanno sicuramenteche non sono stato sincero, chenon ho dignità! Non credo di es-sere realmente pronto a svestir-mi, a cambiare pelle, riuscire fi-nalmente a dire che sono omoses-suale e sentirmi libero di essere

me stesso fino in fondo, di dive-nire il solo ed unico padrone dellamia vita. Non riuscirò a fingerein eterno.

Fittizio monologo per cercaredi trasmettere e far arrivare sta-ti d’animo, sensazioni, emozioniche sfiorano menti che all’appa-renza ci paiono diverse, lontane,ma che in realtà sono più vicinea noi più di quanto riusciamo adimmaginare.

È importante realizzare cheoggi la nostra società guarda aquesta realtà ancora come un ta-bù o semplicemente come ad unargomento non abbastanza rile-vante da meritare rispetto, atten-zione o riflesioni più profonde diquelle che solitamente si sentonoa riguardo.

Spero sinceramente che que-sto breve articolo sia incisivo atal punto da portarvi a parlar-ne, a dicuterne e, perché no, acambiare idea. . .

Magnete

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Ricordo bene

Sì che mi ricordo,io ricordo bene,sì, ricordoquando ai giorni del maggeseil pesco ed il ciliegioguarnivano il tuo voltodi candide primizie,e assorto a te di frontemiravo, rimiravoe già di primule d’amor vanodispensavo pendii e isole lontano.

Sì ricordo. . . con animo calmoma dolente,malinconico ovviamente.Ma quando il ricordoè perpetuo, insolentee al mio lamentar sordo,come un tarlo nella mentein disparte solo resto,a brancicarnel vuoto della vitae nel colmo del ricordo.

I ricordi, gemme di gioia, figlie genitori di malinconia, doloree nostalgia. “Ti ricordi?” Dis-se l’anziano uomo al figlio primache si spense, rammentando i beigiorni assieme passati. “Ti ricor-di?” Disse l’uomo alla sua don-na ricordandole di quando per laprima volta le sfiorò le labbra, edi come aveva gli occhi belli e d’a-mor sapienti. “Ti ricordi?” urla-va al vento l’uomo vagante, sen-za meta e senza metà col piantoin viso, sapendo che mai avrebbetrovato qualcuno che gli dicesse“Sì, ricordo”.

. . . I ricordi non sono senti-menti, eppure dai ricordi è sem-

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plice, anzi è consecutivamenteobbligatorio, lo scaturire di unsentimento. . . i ricordi sono coseastratte, eppure la loro presenzaè tangibile e a volte pesante piùdi ogni altro macigno. . . i ricor-di non sono neanche degli esse-ri viventi come le persone, eppu-re sanno dar gioia come un bim-bo sorridente al petto di una ma-dre e sanno dar tristezza come iltradimento di un caro amico.

E allora cosa sono i ricordi? Idizionari com’è di consueto nonfanno altro che dare una defini-zione fredda e distaccata definen-doli come cose o persone rima-ste impresse nella nostra memo-ria, ma i ricordi sono ben piùdi quanto è capace di dire undizionario.

I ricordi non hanno orari pre-cisi e neanche stagioni favorevo-li, i loro semi germogliano sem-pre e inaspettatamente, e i fruttiche concedono ricolmano di sen-sazioni e di sentimenti traboc-canti d’emozioni. Un ricordo chesi rispetti poi non entra mai bus-sando o pulendosi le scarpe sullozerbino, anzi ha il pass par toutdi tutte le porte delle nostre stan-ze e vi entra per rovistare, per di-sordinare o più raramente per ri-mettere a posto qualcosa da trop-po tempo in disordine. Chi non si

è perso in forti nostalgie nel sen-tir l’odore di qualcosa, o nel rit-mo di una canzone? Inoltre è in-descrivibile la forza emotiva chepuò racchiudere in sé un ricordo,a volte quando si cura di noi stes-si sa riservare piacevoli nostalgiecontornate da tratti di dolci ma-linconie, ma quando non si cura-no di noi stessi entrano forzan-do la serratura e si scagliano conforza dirompente implodendo edesplodendo senza un ordine sta-bilito, come una bomba in corto-circuito, e ci ritroviamo a dispen-sare l’anima di dolore, passandole giornate ad aspettare che as-sieme al tempo se ne vadano an-che i dolenti ricordi che ci ten-gono alzati di notte mentre, consguardo assente, guardiamo al dilà di una finestra. Senza i ricordila vita dell’uomo sarebbe inutilepoiché solo i ricordi possono do-narci l’idea d’immortalità e quelsenso della vita, che forse poi nonc’è, che cerchiamo al risveglio diogni giorno.

. . . restano i ricordi senzatempo, le impressioni di un mo-mento, le luci nel buio di case in-traviste da un treno. Siamo qual-cosa che non resta, frasi vuotenella testa e il cuore di simbo-li pieno. . . (Francesco Guccini,Incontro)

Il Freddo

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Ritratto di un concittadino

Se la mia chitarra piange dolcementestasera non è sera di vedere gentee i giochi nella strada che ho chiuso dentro al pettomi voglio ricordare. . .

Versi tratti da Agnese, 1978

Già, ricordare, la nostra gene-razione ha smesso di farlo, quasinessuno sa di chi sono questi ver-si, sia perchè le tendenze musicalisono cambiate, sia perchè il tu-bo catodico maestro di vita nonparla mai di quello strano, eccen-trico teramano che fece sognare,con le note della sua chitarra elet-trica, una generazione di nostriconcittadini.

1945: la grande guerra è ap-pena finita, la gente è profonda-mente segnata dal dolore, gli edi-fici sono distrutti e vige un cli-ma di sconfitta sia fra i vinti chefra i vincitori. Proprio in que-sto duro anno Teramo dà alla lu-ce uno dei suoi figli più illustri:Ivan Graziani.

Giovanissimo si dedica allamusica e soprattutto alla sua

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amata chitarra. Lo prende sottola sua ala un’altra colonna por-tante del palcoscenico musicaleteramano: Nino Dale, al qua-le lo stesso Ivan dedicherà unacanzone nell’81. Insieme fonda-no i The Modernist un gruppocomposto interamente da tera-mani che ebbe un gran successoin tutta Italia.

Iniziano i favolosi anni settan-ta la musica più in voga del mo-mento è il rock, Ivan intraprendeora la sua carriera da solista, madeve aspettare fino al 1977 perricevere la consacrazione nazio-nale. In quel anno esce, infatti,un 33 giri intitolato I Lupi con-tenente uno dei suoi capolavori:Lugano addio.

Nel ’78 c’è un altro grandesuccesso con il suo album piùfamoso Pigro dall’omonima can-zone che è sulla bocca di tutti.Nel ’79 conclude il decennio con

un tris memorabile facendo usci-re un altro LP di successo daltitolo Agnese dolce Agnese.

Partecipò a San Remo ripor-tando un ottimo piazzamento.Continuò a lavorare, ma il suosuccesso andò scemando semprepiù.

Nel 1996 progettava il suogrande ritorno con l’amico Re-nato Zero, scrivendo canzoni chequest’ultimo canterà postume.

Fu colpito da un male incu-rabile il primo giorno del 1997,si scatena così un vero e propriopellegrinaggio di suoi fans prove-nienti da ogni parte d’Italia. Col-pisce un foglio in un cestino sulsuo sepolcro, che recita così:

Ivan il grande cuo-re, la voce limpida. . .tremavano le corde del-la fender, vibravano lecorde dell’anima.

Achille Scipioni

“Omnia vincit amor”

La cronaca nera ha ormai in-vaso televisione e pagine di gior-nali che non parlano altro chedi guerre, attentati, omicidi eviolenza.

Purtroppo la solidarietà e l’a-more per gli altri sono diventa-ti una lontana utopia, lasciandoil posto a un profondo egoismoche ci rende incapaci di vederequanto il mondo possa essere bel-lo e armonioso; potremmo accor-gercene se solo sorridessimo a chi

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ci passa vicino tendendo una ma-no a chi ha bisogno di aiuto an-ziché andare dritti per la nostrastrada, chiusi in noi stessi. Spes-so ci pesa dover fare un favore aqualcuno, anche se si tratta di unamico o di una persona cui vo-gliamo bene; forse perché si hala sensazione di perdere del tem-po che si potrebbe utilizzare me-glio per noi stessi. Ci scordia-mo, però, che dare una mano achi ci è vicino, può renderci mol-to più soddisfatti e anche simpa-tici di quanto faccia quell’indivi-dualismo che si appropria di noirendendo la vita arida e priva diemozioni. Basta con le solite gio-vani facce spente e apatiche, checercano la felicità in qualche mitofatiscente! La felicità più grandeè nascosta in ognuna delle per-sone che incontriamo durante lagiornata e sta a noi scoprirla ac-cettando i suoi difetti, i suoi li-

miti oltre che i suoi pregi e le suequalità.

Se davvero desideriamo la pa-ce, quella parolina scritta a ca-ratteri cubitali su una bandieraarcobaleno appesa anche all’in-gresso del nostro liceo, una pa-rolina per cui ci sono numerosemanifestazioni nel mondo, inizia-mo a costruirla tra di noi par-tendo da un sorriso, consapevo-li che l’amore, quello vero e di-sinteressato, è molto più potentedell’odio e vince ogni cosa. Certonon sarebbe che una microscopi-ca goccia in un oceano immenso,ma anche gli oceani più grandisono fatti di gocce!

E’ solo un sogno? Forse! Macome spesso sentiamo dire “noisiamo il futuro” e possiamo sce-gliere se essere un futuro caratte-rizzato da odio e violenza o agi-re con un po’ di coraggio per unfuturo migliore fatto di amore egioia.

Bigfoot

Animali o esseri divini?

Chi l’avrebbe detto? Forseneanche Darwin! Gli scimpanzéhanno il DNA al 99,5% ugualea quello umano. E allora per-ché la nostra specie si è evolu-ta fino ad esplorare lo spazio egli scimpanzé vivono ancora nellagiungla?

A questo proposito due sonole teorie.

La prima, quella della Reli-gione, spiega che l’uomo è statocreato a immagine e somiglianza

di Dio, e quindi la sua vita hauno scopo preciso, e a lui è sta-ta donata un’anima che sopravvi-ve al corpo anche dopo la morte.L’Universo quindi è la manifesta-zione della grandezza di Dio e laTerra è un luogo di fondamentaleimportanza, poiché qui vi è natol’uomo.

La teoria laica, invece, affer-ma che siamo in questo picco-lo pianeta, che sopravvive gra-zie ad una piccolissima stella, di

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una delle infinite galassie dell’U-niverso, per caso; dunque l’evo-luzione dell’uomo non fa partedi un disegno divino ma è do-vuta all’interazione fra uomo eambiente.

E allora l’anima? I sentimen-ti? E l’etica?

Per la Scienza l’anima, co-me principio immateriale distintodal corpo e immortale non esiste;i sentimenti sono reazioni chimi-che che il nostro cervello producea causa della necessità di vivereinsieme agli altri (l’amore e l’o-dio, e tutta la gamma di senti-menti che c’è fra loro ci permet-

tono di interagire con gli altri).E la morale è un insieme di leg-gi convenzionali che l’uomo si èdato attraverso i secoli per vive-re bene in una società e per farein modo che questa funzioni.

Nessuno però può pretende-re di dare una risposta a que-sto quesito esistenziale che l’uo-mo continuerà a porsi per sem-pre: si può solo riflettere sul-la nostra condizione di umani e,se non abbiamo il dono della fe-de, pensare comunque che siamoparte della vita, rassegnarsi aisuoi limiti, amarla perché è unasola e accettare di morire per farposto agli altri che verranno.

Ale

Una piccola riflessione

Il problema del consumismofra i giovani è un problema mol-to importante, specialmente perquanto riguarda l’analisi sociolo-gica del problema (più genera-le) sia quella psicologica(più in-dividuale) degli individui che vi‘aderiscono’.

Ma partiamo dall’inizio. Ilconsumismo, come tutti sappia-mo, alla lunga porta nella socie-tà che lo ‘ospita’ il diffondersi diatteggiamenti conformisti, deri-vanti da un consumo omogeneoda parte della popolazione deglistessi prodotti. Ed è qui che cen-triamo il problema. Da chi ciderivano i cosiddetti ‘must have’per i quali questo agghiacciantefenomeno si diffonde in manie-ra così massiccia? Semplice, dai

media!Tutti noi siamo sottoposti ad

un incessante ed assiduo bom-bardamento pubblicitario che ciimpone in continuazione dei mo-delli da imitare, facendo appel-lo ai nostri più bassi istinti (unerotismo neanche tanto implici-to presente ormai ovunque, otti-mo per destare l’attenzione del-lo spettatore) rendendo la nostrasocietà un terreno fertile per unconsumismo sconsiderato e azze-rando la soggettività dell’indivi-duo. Infatti, colui che non segue(o anche solo segue parzialmente)i dettami del consumismo (sia es-so riferito alla moda, all’elettro-nica ecc.) viene etichettato co-me una persona anormale, fuoridal mondo, ed è quindi costret-

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to, per non rimanere isolato, adagganciarsi alla catena.

Un altro esempio agghiaccian-te ci è fornito dai nomi che i no-tiziari televisivi danno alle per-sone. Noi non siamo più indivi-dui, siamo “consumatori”, questoinfatti è il termine più utilizza-to per indicare il popolo italiano,come se ormai fosse quello l’uni-co scopo della nostra esistenza.Perché? Perché non troviamo laforza di dire basta a tutto ciò?Perché siamo disposti a rinuncia-re alla nostra individualità in no-me della popolarità? Ma soprat-tutto, chi ci ha ridotto così? For-se la colpa è di noi stessi. Forse

non abbiamo la paura del diver-so, forse abbiamo paura di essereconsiderati diversi. Ma il prez-zo della ‘normalità’ non può es-sere l’azzeramento di noi stessi,il ridurci a delle macchine divo-ratrici di tutto ciò che ci vieneimposto da coloro che conside-rano l’immagine esteriore l’uni-ca cosa che conta veramente, checonsiderano l’avere più dell’esse-re. E se forse la prima riflessio-ne poteva risultare incomprensi-bile ad un ragazzo qualunque diquarta liceo, queste ultime paro-le un ragazzo qualunque le capi-sce meglio di chiunque altra per-sona, o meglio, di chiunque altro“consumatore”.

Brakko

Forza Albert

Quel mostro di Albert

All’alba del ‘900’ il mondo del-

la fisica era nel panico: le duegrandi teorie fisiche, la mecca-nica newtoniana e l’elettroma-gnetismo di Maxwell, sembrava-no incompatibili. Bastava que-sta semplice domanda per met-terle in difficoltà: se potessimoaffiancare un raggio di luce comeci apparirebbe? Galileo e New-ton avrebbero risposto che lo ve-dremmo “congelato”, come se af-fiancassimo un treno alla stessavelocità. Anche Maxwell sarebbestato d’accordo, se non fosse chela sua intera teoria dell’elettro-magnetismo gli suggeriva qualco-s’altro: la velocità della luce ècostante in ogni sistema di rife-rimento non accelerato. Ciò si-

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gnifica che alla velocità della lu-ce vedrei ancora il raggio lumino-so sfuggirmi alla stessa velocitàdi quando ero fermo! È assurdo!Ma le equazioni non mentono. . .Chi sbaglia?

Nel 1905 l’articolo Sull’elet-trodinamica dei corpi in movi-mento, presenta agli occhi dei fi-sici la verità su un piatto d’argen-to. Scritto da un perfetto sco-nosciuto proveniente dall’ufficiobrevetti di Berna, il testo è sem-plicemente geniale. Albert Ein-stein il ribelle diede una lezionedi vita a tutti: ai professori chelo avevano sabotato nella carrie-ra e a tutti i fisici conformistisenza un briciolo d’immaginazio-ne. Ma come aveva affrontato ilproblema?

Einstein credeva che Maxwellnon sbagliasse, lo confermava an-che il celebre esperimento di Mi-chelson e Morely. Ma se la veloci-tà della luce è costante, cosa va-ria tra un osservatore fermo e unoin movimento? La verità è scon-volgente: spazio e tempo sonorelativi al moto dell’osservatore,nell’universo non batte per tut-ti la stessa ora. In particolare lavelocità rallenta il tempo e accor-cia la lunghezza del corpo in mo-vimento. Perché allora non av-vertiamo questi strani effetti nel-la vita reale? Semplice: le veloci-tà alla nostra portata sono trop-po basse per effetti rilevanti. Peresempio uno Space Shuttle allavelocità di 10.000 Km/h ha unritardo temporale solo di un de-cimiliardesimo di secondo. Ma se

viaggiassimo al 90% della veloci-tà della luce il ritardo sarebbe diben 0,56 secondi per ogni secon-do! Da notare che questa non èfantascienza, ci sono dati speri-mentali che non lasciano dubbi alriguardo.

Ma Einstein si spinse più inlà. Capì che lo spazio e il tem-po fanno parte di una stessa en-tità assoluta, il tessuto spazio-temporale. Il tempo non è al-tro che la quarta dimensione chesi aggiunge alle tre spaziali. PerEinstein fu subito chiaro che tut-to si muove nello spazio-tempoalla velocità della luce, con unacomponente velocità spaziale euna velocità temporale. Faciledunque è interpretare la dilata-zione temporale nel moto: se cre-sce la componente velocità nel-lo spazio dovrà diminuire la ve-locità nel tempo. Oltre a spazioe tempo Einstein unificò materiaed energia: la materia è l’enne-sima forma di energia. E nonfinisce qui.

Einstein si scontra perfino conla legge gravitazionale. Egli in-tuisce che la forza di gravità è so-lo la maschera di una realtà piùprofonda: la materia e l’energiacurvano lo spazio-tempo, e i corpicircostanti tendono a cadere nel-la “buca” gravitazionale. Anchequi ci sono prove incontestabiliche questa non è filosofia. Perfacilitare l’intuizione immaginia-mo lo spazio-tempo come un tap-peto elastico. Se poniamo su diesso una boccia essa sprofonderàincurvando il tappeto. Ora, se ti-

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riamo una piccola biglia sul tap-peto essa seguirà un moto circo-lare intorno alla massa più gran-de. Sostituiamo la boccia conil Sole, la biglia con la Terra, iltappeto con lo spazio-tempo e ilgioco è fatto.

Einstein è il “Katrina della fi-sica”: con una sola domanda ro-vescia la teoria di Newton, divoraogni certezza, riscrive la fisica, cimostra un universo complesso eaffascinante. Ricordiamolo comeuna mente mostruosa!

Andrea Addazi VaF

Lo scandalo della ricerca italiana

Da anni ormai l’Italia è tra gliultimi paesi in Europa per i fon-di destinati alla ricerca: basti da-re un’occhiata ad alcune cifre perrendersi conto di quanto sia de-solante la situazione in cui lavo-rano gli scienziati italiani: l’Ita-lia destina alla scienza solamen-te 1% del prodotto interno lor-do, contro il 2,3% circa di Franciae Gran Bretagna e l’1,8% dellamedia europea. Dato ancor piùpreoccupante però sta nel fattomentre le altre nazioni, cosiddet-te industrializzate, aumentano ifondi destinati alla ricerca l’Ita-lia non fa altro che continuare atagliare preziosissime risorse in-dispensabili per la crescita delloStato.

Esempio clamoroso è la ricer-ca sui cambiamenti climatici alPolo Sud: gli scienziati italianisono costretti a lavorare con ri-sorse esigue e a subire continuitagli. La situazione è arrivata atal punto che non hanno aerei perraggiungere il Polo Sud o per tor-nare in Italia, e si vedono obbli-gati a chiedere passaggi a colleghid’altre nazioni. Molte altre ricer-

che inoltre, sono state cancellatedel tutto e non è escluso che pre-sto anche le basi italiane al Po-lo Sud presto saranno cedute adaltre nazioni.

Ad aggravare ulteriormente lasituazione della ricerca italiana èla carenza d’occupati: l’Italia, in-fatti, ha solamente 70 mila per-sone impegnate sul fronte dellaricerca Italia contro le 160 milain Francia, 240 mila in Germa-nia, 150 mila in Gran Bretagna,un milione e 200 mila negli StatiUniti, 650 mila in Giappone.

Il fatto è che sempre più ri-cercatori italiani decidono di ef-fettuare le proprie ricerche all’e-stero con laboratori più efficien-ti, moderni e confortevoli. Nonc’è da meravigliarsi quindi se alCNR francese sia italiano un ter-zo dei ricercatori sotto i tren-ta anni. Ciò dimostra che l’Ita-lia è effettivamente in grado diformare ricercatori preparati ma,a causa di una politica che nondà molta importanza alla ricerca,sono costretti ad emigrare all’e-stero determinando, quindi, unagrave perdita, anche monetaria

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del nostro paese.Recenti studi, infatti, hanno

dimostrato che occorrono almeno500 mila euro per formare in 21anni d’istruzione, a partire dalleelementari, un dottorato in ricer-ca. Un investimento massiccio,su cui uno stato serio, consapevo-le di quanto sia vitale il propriofuturo, dovrebbe essere pronto ascommettere.

L’Italia inoltre è l’unico deipaesi industrializzati in cui la dif-ferenza tra ricercatori italiani al-l’estero e ricercatori stranieri inItalia è negativa: risulta che lapercentuale di laureati emigratiè 7 volte maggiore di quella dilaureati stranieri presenti nel no-stro Paese a differenza di Fran-cia, Gran Bretagna, Germania eper non parlare degli Stati Unitiche hanno ben più laureati stra-nieri nel loro Paese che laureatiemigrati all’estero.

Il problema della ricerca scien-

tifica in Italia, però, non può es-sere circoscritto solo a quello del-l’esiguità dei finanziamenti e nep-pure a quello dell’inefficienza deiricercatori i cui risultati scienti-fici, anzi, risultano mediamentepiuttosto buoni. Il problema so-stanziale è il deficit di politicadella ricerca che ha caratterizza-to i governi passati e che, a giu-dicare dai suoi primi passi, ca-ratterizzerà anche il governo incarica.

L’Italia è l’unico fra i paesi piùricchi a non essersi reso conto delruolo chiave che svolgono la ri-cerca e lo sviluppo tecnologico inun paese moderno. Chi non in-veste in questi campi è destina-to a rimanere ai margini, senzaavere la possibilità di esprimer-si sui temi chiave che segneran-no i prossimi anni: la distribuzio-ne delle risorse, lo sviluppo eco-compatibile, l’accesso ai farma-ci, le biotecnologie, i nuovi mezzitecnologici.

Steffanson

Fortissimamente sport

Calcio femminile

Viviamo in un’epoca moder-na, dove “tutto è permesso”, dovequalsiasi estrosità non desta or-mai alcuno scalpore. Ma ci stu-piamo ancora se incontriamo unaragazza calciatrice.

Purtroppo, riguardo questoaspetto, i pregiudizi sono anco-ra tanti: il calcio è ancora oggiconsiderato uno “sport maschile”,

non praticabile quindi da donne.Proprio per questo, il calcio

femminile è soltanto conosciutodagli addetti ai lavori, mentre èvisto come un qualcosa di “so-vrannaturale” dalla gente comu-ne. Inoltre neanche i mass me-dia si interessano delle donne cal-ciatrici: vi sono infatti centinaiadi programmi, nelle varie reti na-

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zionali, che la domenica pomerig-gio dedicano racconti unicamentesulle imprese dei grandi campioniuomini.

Sembra inutile, dire poi, che lecalciatrici italiane non sono con-siderate professioniste al pari deiloro colleghi . . . uomini. . . Mol-ti ritengono che questo degradodel calcio femminile sia dovutoal fatto che le donne non sianocapaci di “tenere un pallone trai piedi”!! Il calcio è considerato“duro” per essere praticato da ra-gazze tutte minigonne e tacchi aspillo!! Ma in realtà questi pre-giudizi sembrano essere presentiunicamente in italia: ad esem-pio negli Stati Uniti o nei paesidel nord europa il calcio femmi-nile è considerato al pari di quel-lo maschile, se non addiritturasuperiore.

Di conseguenza è proprio l’o-

pinione comune, presente in ita-lia, che non offre alle calciatricidi avere la notorietà che meri-terebbero, che non permette al-cun progresso dello stesso calciofemminile.

Tante ragazze sono interessatea praticare questo sport. Non vo-gliono essere soltanto spettatriciotifose degli uomini. . .

Ma esiste un problema: le ra-gazze possono iniziare a giocare acalcio soltanto dopo aver compiu-to 14 anni!!! Non esistono scuoledi calcio femminile. . . under 14 !!

Pertanto, un invito rivolto allesocietà presenti sul territorio na-zionale: aprite le porte anche alle“ragazzine”. Siate coraggiosi.

Lo sport non ha limitazio-ni di alcun genere, né tantome-no penalizzazioni. Le donne ac-cetterebbero di buon grado taleopportunità. Provateci.

Bones

I colori della letteratura

La donna fatale

Donna: fragilità, sensibilità,grazia, dolcezza? Solo questo?Eppure il termine “donna” de-riva dal latino domina, padro-na, quindi l’idea di un ruo-lo subalterno non le si addiceaffatto.

E, a quanto pare, se la scon-tata concezione di una donna cheha come unico scopo quello diprocreare ed accudire i figli è dasempre molto diffusa, lo è al-

trettanto quella della donna chesa farsi valere, protagonista del-la sua vita e, perché no, anche diquella del suo uomo.

È questo lo stereotipo che inletteratura è definito “donna fa-tale”: un personaggio “tipo”, alle-goria di alcuni aspetti quasi de-moniaci. Raffigurata come domi-natrice del maschio fragile e sot-tomesso, è maliziosa e disinvol-ta, lussuriosa, crudele torturatri-

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ce, maga ammaliatrice al cui fa-scino nessuno può sfuggire. Co-me un vampiro, succhia le ener-gie vitali dell’uomo, portandoloalla follia, alla perdizione, alladistruzione.

Numerosi sono gli esempi didonne fatali nella produzione let-teraria: dalla Circe di Ome-ro, maga insidiosa e affascinan-te che, seppur disarmata, rappre-senta forse il più serio ostacoloper Ulisse, alla biblica Dalila, chesi serve delle sue doti persuasi-ve per ingannare l’eroe Sansone.E che dire della Clodia di Ca-tullo o di Agrippina, moglie diClaudio e madre di Nerone? Inogni epoca, la donna fatale assu-me delle sfumature diverse, o as-solve a funzioni distinte: in Kea-ts, per esempio, la “Belle Dame

Sans Merci” rappresenta la Na-tura non completamente domina-ta dall’uomo, che crea benevola edistrugge maligna. In D’Annun-zio invece la donna è la nemicache si oppone ai sogni eroici delprotagonista in crisi, l’ “inetto avivere”.

Di donne fatali ce ne sono sta-te sempre nel mito e nella lette-ratura, perché mito e letteraturanon fanno che rispecchiare fanta-sticamente aspetti della vita rea-le, e la vita reale ha sempre offer-to esempi più o meno perfetti difemminilità prepotente e crudele.

Di certo la letteratura ampli-fica alcuni tratti, ma chissà chedietro ad un aspetto grazioso eangelico non possa nascondersiun fascino così irresistibilmenteammaliante al quale non si puòproprio dire di no?

Recensioni

La coscienza di ZenoItalo Svevo, La coscienza di Zeno, 1923

Edito nel 1923 ma iniziato nel1919, questo splendido libro diItalo Svevo ci mostra in manie-ra acuta, ma anche ironica, al-cune delle nevrosi tipiche dell’uo-mo del ’900. Zeno è un fumatorepentito ma deciso a non smette-re, è un malato immaginario, hasposato una donna che pensa dinon amare e non riesce a rimane-re monogamo, nonostante tutti isuoi sforzi. Proprio per questo sirivolge a medici su medici e, alla

fine, anche alla psicoanalisi, no-nostante non sia convinto dei po-teri guaritori di questa disciplina.Proprio il fantomatico dottor S.,psicoanalista, gli dice di redigerela sua storia. Ed è proprio que-sto La coscienza di Zeno il reso-conto della vita di questo tipicouomo borghese contradditorio etragi-comico, non vista però daun narratore onnisciente, ma dal-la coscienza di lui stesso. In talmodo egli ha la possibilità di rivi-

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vere i suoi errori, i momenti del-la sua vita che lo hanno influen-zato di più e di farne un quadroche assomiglia alla realtà dei fat-ti, ma che non può esserlo perchéfiltrato dal suo pensiero.

Un libro quindi influenzatodalle nuove scoperte freudiane,dalla critica al controllo che han-no l’io e la nostra ragione sullenostre azioni e sui nostri pensie-ri, come dice lo stesso Zeno: ri-

cordo tutto ma non intendo nien-te. Ma tutti gli eventi accadutia quest’uomo, alcuni anche tra-gici e dai quali si potrebbe rica-vare una visione pessimistica del-la vita, sono filtrati attraverso lagrande ironia che aleggia in tuttoil testo, come se Svevo sorridessein maniera beffarda sulle vicendedel povero Zeno, e ciò fa sorridereanche il lettore. Un libro grande,che può essere letto su più piani,sia solo in maniera superficiale,passando il tempo con gli avve-nimenti di questa vita così simi-le alla nostra, o andando più inprofondità e vedendoci, tra le al-tre cose, una critica ai tentativiche facciamo per rendere la no-stra vita più facile e dolce, noncapendo che come dice Zeno: lavita non è né brutta né bella, èsolo originale.

Buddha

Vendute! L’odissea di due sorelleZana Muhsen, Vendute! L’odissea di due sorelle, 1990, ArnoldoMondadori Editore, pp. 305

“Mamma, se non mi trovo be-ne laggiù, posso tornare indietrosubito? Certo Zana, puoi partireall’istante. . . Che cosa ti prendeora? Sembravi così contenta!”.

Zana parte per lo Yemen, ilpaese di origine di suo padre. Im-magina spiagge dorate, mare, av-venture esotiche. Troverà l’infer-no. Un’ inferno senza uscita, unincubo che durerà 8 lunghi an-ni, fin quando la sua prigioniaavrà fine perché il mondo “fuo-ri” si è accorto di lei. Nel frat-tempo, però, ha subito ogni gene-re di violenze: ha dovuto sposa-

re uno sconosciuto e ha dato allaluce un bambino, Marcus, tantoamato quanto di ostacolo alla li-berazione sua e di sua sorella Na-dia, anche lei caduta nella stessatrappola tesagli dal padre.

Molte cose vi sconvolgerannoin questo libro, soprattutto sa-pere, pagina dopo pagina, che èuna storia vera. Quante giova-ni donne subiscono le stessa sortedi Zana e Nadia? Quante figliesono tenute prigioniere dai pro-prio padri? Molte più di quantosi sappia. È una tratta occultache riguarda non solo le famiglie,

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ma anche i governi. Spesso avvie-ne ciò dopo “l’errore” dei matri-moni cosiddetti “misti”: gli isla-mici, come detto nella prefazio-ne del libro da Betty Mahmoody,non sopportano l’idea che la loroprole venga educata nella societànon islamica del loro partner.

Con questo lavoro Zana Mu-hsen, che aveva 27 anni quan-do nel 1990 scrisse questo libro,mentre all’epoca delle “vacanza”

nella Yemen aveva solo 15 anni,si è battuta per anni affinché suofiglio e sua sorella, che aveva per-so la speranza e forse la volontàdi tornare, potessero rientrare inInghilterra.

Consiglio di leggere questo li-bro perché bisogna capire che ilproblema dei soprusi sulle don-ne c’è da sempre e da sempre c’èqualcuno che cerca di combatter-lo, nonostante siano i mass me-dia a decidere quando e quantosia importante.

Hammy

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Sandro Melarangelo,una vita dedicata all’arte e alla politica

50 opere dell’artista teramano, dedicate al mondo del lavoro, sonoesposte per l’anniversario della morte del sindacalista Giuseppe DiVittorio al Convitto di Teramo.

Sicuramente è da valorizzaree scoprire il lavoro pluridecenna-le dell’artista teramano SandroMelarangelo. Nato nel 1941, hainiziato ad esporre giovanissimogià nel ’57. Nel ’62 si trasferi-sce a Roma per studiare all’Ac-cademia delle Belle Arti. In se-guito dal 1971 fino al 2003 è ti-tolare della cattedra di disciplinepittoriche nel Liceo Artistico diTeramo. Da sempre molto impe-gnato politicamente, ha realizza-to diverse opere di protesta ed èstato segretario provinciale dellagioventù comunista.

Ora espone 50 sue opere peril cinquantennale della morte delsindacalista della Cgil GiuseppeDi Vittorio, che durante sua ope-ra per l’emancipazione del lavo-ro, per la giustizia e la libertà, havissuto anche l’esilio e il carcere.

I lavori esposti hanno per lamaggior parte come tema il lavo-ro, ma sono presenti anche ope-re di altro genere. Per esempiomolto interessanti sono le opereBomba al fosforoMK77 e Ecci-dio per la bomba al fosforo in cuiMelarangelo ha voluto mostraregli effetti della bomba sul corpoumano, che lascia intatti solo ivestiti. Nel primo, un lavoro sucartone, si vedono le sagome del-le diverse posizioni in cui i cor-pi delle vittime si sono disgrega-

te, nel secondo vi è il collage diindumenti sui corpi delle vittime.

Un altro tema è la farsa del la-voro nei campi di Auschwitz, nel-l’opera Auschwitz-Campo di con-centramento in Germania, dove icolori tenui del sole ormai scom-parso vengono ancor di più of-fuscati dal fumo delle ciminieredei forni crematori. Unica fon-te di luce la figura del Cristocrocifisso.

Grande spazio hanno le ope-re sui minatori (Effetto Grisou-Marcinelle, L’ultimo sguardo aisuoi, Marcinelle, Discesa nel poz-zo, ecc.) in cui dominano i colo-ri cupi, interrotti solo sporadica-mente e figure schiacciate, quasicome ritagliate dal cartone, chemettono in risalto l’offesa dignitàumana di questo lavoro che og-gi come ieri provoca moltissimimorti.

Colpisce molto anche l’ope-ra monumentale di 100x600 cmQuarto Stato, omaggio a Pelizzada Volpedo, esponente della cor-rente sociale nella prima metà del’900, in cui i visi fieri dei proleta-ri, tra cui spicca la donna con ilbambino, sono in netto contratocon i loro vestiti laceri, che co-munque non riescono a toglierela voglia all’osservatore di essereritratto con loro, con le stesse ca-micie sporche, ma anche con gli

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stessi occhi tristi e forti al tempostesso.

È una mostra che dà vanto al-la nostra cittadina, sia per il valo-

re delle opere esposte, sia perchéesalta un autore vicino a noi e cheproprio per questo deve esseremeglio scoperto.

Buddha

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KitchenBanana Yoshimoto, Kitchen, 1988, Feltrinelli, pp. 148

L’ho scovato nella nostra bi-blioteca, quasi nascosto dallamole dei suoi vicini. Un libro conun po’ di polvere sopra e un nomeche mi ha colpito: Banana Yoshi-moto. Nulla di nuovo, ma la miamemoria non è eccellente. Provoa sforzarmi. . . ah ecco! Mi sem-bra di possedere una copia di unodei suoi ultimi libri tra gli scaffalidi casa. La letteratura giappone-se mi attira; un mondo così di-verso e allo stesso tempo simileal nostro!

È la storia di Mikage che ri-masta orfana da bambina cresceallevata dall’anziana nonna. Conlei impara ad amare le cucinevecchie, sporche, vissute ed è lìche si rifugia quando la nonnamuore. Dopo un periodo di soli-tudine, Yuichi, un giovane fioraiotimido e impacciato, amico del-la nonna, le propone di andare avivere nella sua casa con la ma-dre Eriko, per aiutarla a sollevar-si dal proprio dolore. Nonostantel’immediato stupore, Mikage ac-cetta, considerandola una situa-zione temporanea. Scopre cosìcon sorpresa che la madre Eriko,è in realtà il padre del ragazzo.La storia della famiglia, infatti,è molto strana. La vera madredi Yuichi è morta da molti annie il padre ha deciso di diventaredonna per allevare il bambino so-

lo come una madre sa fare. Doponon molto tempo la ragazza si in-tegra nella famiglia e comprendeche a volte i lati negativi della vi-ta possono portare a svolte posi-tive, che la famiglia si può anchescegliere e che perfino in una si-tuazione non convenzionale ci sipuò sentire a proprio agio. La vi-ta però mette di nuovo alla provaMikage. La paura di capire i sen-timenti che legano i due giovanili porterà ad allontanarsi per unpo’. . . ma capiranno presto chei sentimenti devono essere vissu-ti intensamente. Il romanzo del-la Yoshimoto, una chiara ripresadei famosi manga giapponesi inchiave di romanzo, si sofferma sullato psicologico della protagoni-sta, facendo emergere le sensazio-ni di solitudine e fragilità che ca-ratterizzano la giovinezza. L’au-trice cerca inoltre di fornire a Mi-kage dei punti di riferimento, co-me una famiglia quasi scelta e unragazzo che probabilmente rap-presenterà il suo futuro. Parten-do da Kitchen, e passando at-traverso N.P., Honeymoon e al-tre opere pubblicate in seguito,Banana cerca di sfatare quei ta-bù di cui la società giapponeseè colma: alcolismo, omosessuali-tà femminile, amore tra consan-guinei, telepatia e religione, mo-strando un mondo a tratti stra-no e personale, ma estremamenteaffascinante.

Drunkkk

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Elizabeth: The Golden AgeElizabeth: The Golden Age, Shekkar Kapur, 2007 (con Cate Blan-chett, Clive Owen, Geoffrey Rush, Tom Hollander, Samantha Mor-ton)

Seguito del film Elizabeth ediretto dallo stesso regista delprequel, The golden age ricalcail momento di massimo splendo-re dell’era elisabettiana inseren-do anche il famoso episodio del-la guerra contro l’ armata Spa-gnola. Contemporaneamente aquesto episodio, avviene che suacugina Maria Stuarda trama al-le spalle della regina per spode-starla dal trono, e gli spagno-li, guidati da Filippo II, intendo-no attaccare l’Inghilterra con unaguerra di religione. L’inquisizio-ne manderà l’attacco via mare eElisabetta I sola con il suo im-pero avrà il gravoso compito diresistergli. . .

In Elizabeth The Golden Agetornano i costumi e le scenogra-

fie barocche, ma con meno enfasie più ombre. La trama si svilup-pa abilmente tra intrighi di cor-te e triangoli amorosi, ma peccadi eccessiva enfasi nei confrontidella bella e affascinante prota-gonista. Il regista descrive, inol-tre, molto bene l’impossibilità diun uomo qualunque nell’innamo-rarsi della donna-regina dotatadi un certo spessore caratteriale.Dal film viene fuori anche la de-lusione di Elisabetta nel non sen-tirsi amata per quello che è, laquale per questo motivo sceglie-rà infine di dedicarsi anima e cor-po all’Inghilterra. Quindi può es-sere considerato un film comple-to e degno della storia che narra,è, allo stesso tempo, epico, d’e-poca, vigoroso, suggestivo, bencostruito, ben realizzato e beninterpretato.

Rose

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Secondo Noi. . . la neve

. . . Se potessi avere una bambina dai capelli neri come l’ebano, dallelabbra rosse come il sangue e dalla pelle bianca come la neve. . . sichiamerà biancaneve.

. . . Sognami se nevica. . .

. . . Grazie per la neve che sta scendendo. Mi è sempre piaciuta.Ma adesso mi sembra proprio puntuale. Tempestiva. Porta semprepulizia. Porta bianco. Costringe all’attenzione in tempi lunghi.Lima rumori e colori. Lima le bave dei sensi. C’e n’è bisogno ancoraper un po’. (Luciano Ligabue)

. . . La neve è la grande livella del mondo! (SnoopY)

. . . La neve è timida. . . Se la guardi non scende!!

. . . Vivere nel mondo di oggi ed essere contro l’uguaglianza permotivi di razza o colore è come vivere in alaska ed essere contro laneve! (William Faulkner)

. . . La neve ci porta a scoprire tante COSE che spesso sononascoste dall’abitudine!

. . . Neve, cioccolata calda, natale. . .

. . . La neve ha il potere di rendere tutto piu magico, più soffice. . .diverso!

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Cruciverba

a cura di Rò e Steffanson

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Comitato di redazione: L’Allegra Brigata

Coordinatore: Prof. Nando Cozzi

Caporedattrice: Antinea (Magnete) Di Pietro

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