Giornale Gamberale - n° 2 Novembre 2006

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Gamberale Periodico quadrimestrale Poste Italiane S.P.A. Spedizione in abbonamento Postale -70% CB BERGAMO Registrato presso il tribunale di Bergamo n.14 del 07/04/2006 Editore: Isidoro Sciulli, Via Torretta 15 - 24125 Bergamo Direttore Responsabile: Isidoro Sciulli Stampa: Edicom S.r.l. - Via Madonna della Neve, 24 Bergamo Anno I - N. 2 Novembre 2006 I l nostro paese è un villaggio di ori- gini altomedievali nato tra il quinto e il decimo secolo, cioè più di mille anni fa. Il nome ha ascendenze germaniche, perché molte tribù di origine germani- ca, scendendo dal Nord, si insediarono su tutto il territorio nazionale e quindi anche nel territorio del nostro paese. Per esempio, tutte le località e i luoghi con il nome Fara sono testimonianze che ci dicono che in quella zone si era insediato un gruppo di Longobardi e nella loro lin- gua il gruppo di famiglie imparentate fra loro si chiamava fara. Il nome Gamberale deriva da una parola di origine germanica, Gamhall o Gamhallos, ed era un toponimo, cioè un nome con cui si indicava un luogo. La parola tradotta in italiano significa “Socio”. Il nome del nostro paese era, quindi, Gamhall-Socio. Da questo toponimo, nome che indica Dal primo numero… La festa del decennale della statua degli Alpini L a cerimonia si è svolta il 20 ago- sto, in quattro momenti. Presso il monumento ai caduti di Piano d’Ischia, al cimitero presso la statua della Madonna, al monumento dei caduti del Capoluogo e infine al passo della Forcella, con la presenza di don Antonio Mascio, che ha celebrato la messa. Dopo c’è sta- to un rinfresco offerto dal gruppo degli alpini. Nicola Sciulli, il capogruppo, insieme a Walter Incremona, ha organizzato alla perfezione il tutto, coadiuvato da un gruppo di ragazzi che hanno dato il loro contributo: l’elenco è troppo lungo per poterli citare tutti. Il Monumento è un’opera notevole. A dir la verità non si tratta di una statua, ma di un complesso statuale in quanto le figure sono tre. Il tema sviluppato dallo scultore è: “l’alpino al servizio della co- munità nazionale”. In alto c’è una bambina con tanti capel- li e sorridente: è l’Italia. La bambina è sostenuta da due alpini, uno in piedi e in divisa, l’altro accosciato e a dorso nudo. Sul basamento è scritto: AI CADUTI ALPINI GAMBERALE AK 1993. AK sta per Ananas Kmielauskas, sculto- re lituano, autore anche delle figure delle fontane. Ha operato nel nostro comune su segnalazione di Nicolino De Pasquale. 1 un luogo ,deriva un antroponimo, cioè un nome di persona, per intenderci, “quello di Gamhall/quello di Socio”, che in germanico-latino si diceva Gamalarius o Gamalerius. Il nostro paese viene menzionato in un documento scritto ,per la prima volta, nel secolo XII (tra il 1100 e il 1200) col nome di Gambarum. Nel documento conservato all’Archivio di Stato di Napoli c’è scritto anche che Gambarum era un feudo di un milite, tenuto da Raynaldus Gentilis. Feudo di un milite vuol dire che quel ter- ritorio doveva dare al re un soldato per il suo esercito, quando c’era necessità e veniva richiesto. Negli anni dal 1308 al 1326 Gamberale è ricordato in altri documenti scritti col nome di Gamerarius, Gamerario, Gama- rarus e quest’ultima parola è simile a come noi lo pronunciamo in dialetto: Ammarar’. Da tutto questo ne deriva che il nome del nostro paese non ha niente a che fare con il gambero che è presente nello stemma del Comune.

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Giornale Gamberale - n° 2 Novembre 2006

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GamberalePeriodico quadrimestrale

Poste Italiane S.P.A.Spedizione in abbonamento Postale -70% CB BERGAMO

Registrato presso il tribunale di Bergamo n.14 del 07/04/2006Editore: Isidoro Sciulli, Via Torretta 15 - 24125 Bergamo

Direttore Responsabile: Isidoro SciulliStampa: Edicom S.r.l. - Via Madonna della Neve, 24 Bergamo

Anno I - N. 2Novembre 2006

I l nostro paese è un villaggio di ori-gini altomedievali nato tra il quinto e il decimo secolo, cioè più di mille

anni fa.Il nome ha ascendenze germaniche, perché molte tribù di origine germani-ca, scendendo dal Nord, si insediarono su tutto il territorio nazionale e quindi anche nel territorio del nostro paese. Per esempio, tutte le località e i luoghi con il nome Fara sono testimonianze che ci dicono che in quella zone si era insediato un gruppo di Longobardi e nella loro lin-gua il gruppo di famiglie imparentate fra loro si chiamava fara.Il nome Gamberale deriva da una parola di origine germanica, Gamhall o Gamhallos, ed era un toponimo, cioè un nome con cui si indicava un luogo. La parola tradotta in italiano significa “Socio”. Il nome del nostro paese era, quindi, Gamhall-Socio.Da questo toponimo, nome che indica

Dal primo numero…

La festa del decennale della statua degli Alpini

L a cerimonia si è svolta il 20 ago-sto, in quattro momenti. Presso il monumento ai caduti di Piano

d’Ischia, al cimitero presso la statua della Madonna, al monumento dei caduti del Capoluogo e infine al passo della Forcella, con la presenza di don Antonio Mascio, che ha celebrato la messa. Dopo c’è sta-to un rinfresco offerto dal gruppo degli alpini.Nicola Sciulli, il capogruppo, insieme a Walter Incremona, ha organizzato alla perfezione il tutto, coadiuvato da un gruppo di ragazzi che hanno dato il loro contributo: l’elenco è troppo lungo per poterli citare tutti.Il Monumento è un’opera notevole.

A dir la verità non si tratta di una statua, ma di un complesso statuale in quanto le figure sono tre. Il tema sviluppato dallo scultore è: “l’alpino al servizio della co-munità nazionale”. In alto c’è una bambina con tanti capel-li e sorridente: è l’Italia. La bambina è sostenuta da due alpini, uno in piedi e in divisa, l’altro accosciato e a dorso nudo.

Sul basamento è scritto: AI CADUTI ALPINI GAMBERALE AK 1993.AK sta per Ananas Kmielauskas, sculto-re lituano, autore anche delle figure delle fontane. Ha operato nel nostro comune su segnalazione di Nicolino De Pasquale.

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un luogo ,deriva un antroponimo, cioè un nome di persona, per intenderci, “quello di Gamhall/quello di Socio”, che in germanico-latino si diceva Gamalarius o Gamalerius.Il nostro paese viene menzionato in un documento scritto ,per la prima volta, nel secolo XII (tra il 1100 e il 1200) col nome di Gambarum.Nel documento conservato all’Archivio di Stato di Napoli c’è scritto anche che Gambarum era un feudo di un milite, tenuto da Raynaldus Gentilis.

Feudo di un milite vuol dire che quel ter-ritorio doveva dare al re un soldato per il suo esercito, quando c’era necessità e veniva richiesto.Negli anni dal 1308 al 1326 Gamberale è ricordato in altri documenti scritti col nome di Gamerarius, Gamerario, Gama-rarus e quest’ultima parola è simile a come noi lo pronunciamo in dialetto: Ammarar’. Da tutto questo ne deriva che il nome del nostro paese non ha niente a che fare con il gambero che è presente nello stemma del Comune.

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S i trascrivono le prime due strofe dell’inno nazionale, chiamato an-che inno di Mameli, dal nome del-

l’autore del testo, Goffredo Mameli. Lo scrisse nel 1848: aveva ventuno anni, era un patriota, genovese, morirà l’an-no dopo a ventidue anni, per difendere la repubblica romana con i garibaldini, contro le truppe pontificie e i soldati fran-cesi. Nel 1848 in Italia c’erano state tante rivoluzioni contro i precedenti governi: nello Stato pontificio contro il Papa, nel Lombardo-Veneto contro gli austriaci, nel Regno di Napoli contro i Borboni.Le rivoluzioni saranno tutte sconfitte, ma dieci anni dopo i patrioti e l’esercito piemontese ci riproveranno e nascerà il Regno d’Italia: la patria italiana. Il testo è stato musicato da Novaro.

L’Inno Nazionale

Gamberale lungo la linea Gustav

L a notte tra il 9 e il 10 luglio 1943 gli alleati anglo-americani sbar-cano in Sicilia e la conquistano

rapidamente. Il 28 luglio del 1943 cade il regime fascista e il 3 settem-bre i rappresentanti del governo di allora, succeduto a quello di Mussolini, firmarono l’armistizio con gli Alleati. L’8 settembre del 1943 l’armistizio viene divulgato, l’esercito italiano si sbanda e i te-deschi cominciarono ad assumere il controllo di tutti i territori non conquistati dagli Alleati e si atte-starono sulla linea Gustav. La linea Gustav è quella linea immaginaria che congiunge la foce del fiume Sangro, il suo corso fino alla linea di spartiacque e che prosegue sul-l’altro versante verso Montecassi-no, il corso del fiume Garigliano fino alla foce, sul Mar Tirreno. Il territorio del nostro paese, che si trovava sulla prima linea difensiva tedesca, cominciò ad essere oc-cupato il 4 ottobre del 1943 e la popolazione fu invitata dai soldati tedeschi a trasferirsi più a Nord, a Sul-mona, dove c’era un campo di raccolta profughi.Occupazione del territorio significava re-

quisizione di ogni elemento che potesse servire all’esercito occupante, a comin-ciare dagli animali che venivano macel-lati per dar da mangiare ai soldati. Ogni

abitazione che non servisse ai soldati fu bruciata o fatta saltare in aria, tutti i ponti della strada che risaliva verso la montagna furono minati e distrutti. Per le operazio-

ni militari la popolazione era di impiccio e anche sospettata di spionaggio e di pos-sibili atti di sabotaggio. Le direttive del comandante dell’esercito tedesco in Italia,

il generale Albert Kesserling, era-no dure e spietate verso la popola-zione civile. Dopo il 4 di ottobre 1943 iniziò la strage. Alla fine di dicembre del 1943 quasi tutta la popolazione attraverserà il fiume Sangro e passerà sul versante occu-pato dagli Alleati.Alla fine si conteranno: • 36 trucidati dai tedeschi; • 41 morti per cause belliche: sepolti sotto le macerie delle abi-tazioni colpite dalle cannonate, schegge di granate, ferite, esplosio-ni di mine antiuomo;• 30 per disagi e malattie dovute alla guerra: per un totale di 107.Faremo un elenco dei caduti se-guendo la cronologia:• 20 ottobre 1943: Eduardo De Juliis, 17 anni, la prima vittima; ucciso a bruciapelo da un soldato tedesco nei boschi della Posta della

Montagna. La sua colpa era di cercare di sottrarre alla requisizione dei soldati tede-schi il proprio bestiame. Continua...

2° Noi siamo da secoli

calpesti e derisi

perché non siam popolo,

perché siam divisi.

Raccolgaci un’unica

bandiera ,una speme (speranza);

di fonderci insieme

già l’ora sonò.

Stringiamoci a coorte,

siam pronti alla morte;

1°Fratelli d’Italia

l’Italia s’è desta

dell’elmo di Scipio

s’è cinta la testa.

Dov’è la vittoria?

Le porga la chioma,

(per)chè schiava di Roma

Iddio la creò.

Stringiamoci a corte,

siam pronti alla morte;

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Racconto di Cesidio Bucci sui fatti del Ponte delle Mulinelle

I l testimone, Cesidio Bucci, è stato sindaco del nostro paese dal 1968 al 1972. Sotto la sua amministrazio-

ne molte contrade furono, finalmen-te, liberate dal fango: Piano D’Ischia, Giardinari , Galeoti , Giammarchi, Mosè. All’epoca dei fatti aveva 14 anni. Il racconto è molto più lungo, ma per ra-gioni di spazio ci limitiamo a trascriverne solo una parte. Al ponte delle Mulinelle o ponte di San Vittorino, a Sant’Angelo del Pesco, ancora oggi una lapide ricorda i fatti. “Era la notte del 18 di dicembre. Siamo arrivati a 52 persone. A mezzanotte si parte. Siamo arrivati al fiume e l’abbiamo passato. Mio padre aveva raccomandato: “Ognuno si curi della propria famiglia. Io ne ho già otto dei miei, non posso pensare a tutti!”. A metà strada, prima di arrivare a Sant’Angelo, ognuno cominciò a sentirsi al sicuro, ormai eravamo in territorio alleato. Siamo arrivati al ponte delle Mulinelle. Il ponte era crollato, perché i tedeschi l’avevano minato e si era creata una salita grande. Uno dietro l’altro. Appena saliti i primi c’erano tre militari piazzati là sopra. Dicono: “Inglesi, English, English. So-meone speak English.” E tanti andarono a baciargli le mani. Una vecchia di Gamberale grido: “Aniceto sa parlare l’inglese!” e fa per

baciare le mani ad uno dei soldati; questi gli da’ uno schiaffo sulla mano e sussurra: “Scheise!”. “Papà ha detto scheise, in te-desco vuol dire merda. Sono tedeschi!”. Siamo saliti tutti e Zi’ Aniceto dice di saper parlare inglese al militare che era al centro e che era un ufficiale. Torniamo indietro un attimo. Io avevo visto una pattuglia inglese che si era spinta fino alle nostre frazioni, avevo visto le loro divise e le loro armi: queste di questi non erano uguali a quelle. Il fucile mitragliatore di questi era tutto di ferro, quello degli inglesi aveva il legno. L’ufficiale faceva le domande, Zi’ Aniceto rispondeva, in inglese, e gli diceva tutta la situazione delle frazioni: dove erano le postazioni,dove erano i soldati. Ad un tratto uno dei soldati comincia a mangiare. Io mi avvicino per avere qualcosa, c’era la fame. Per tutta risposta mi da’ uno schiaffo sulla mano e mi dice: “Scheise, kinder!”. “Papà questi sono tedeschi, parlano tedesco. Non sono inglesi”. “Pure io penso così”. A questo punto Zi’ Aniceto chiama: “Lo-renzo, l’ufficiale chiede quante persone siamo?”. “Siamo cinquantadue.” “Quanti uomini?” “Quattordici”. A questo punto l’ufficiale ordina che le donne e bambini possono andare verso Sant’Angelo del Pesco, mentre gli uomini devono restare.

Uno dei due soldati si avvicina all’altro, che era vicino a me, e gli dice: “Alles kaputt”. Tutti ammazzati. Cesidio Sciulli e mio padre capirono. La voce si era sparsa e alcuni si era buttati sotto la scarpata della strada. I due soldati tedeschi cominciarono a mitragliare. Le donne e bambini, che si erano incamminati verso S’Angelo, ormai erano dietro la curva e non furono colpiti. Maria, la figlia di Zi’ Aniceto, fa per tornare indietro e fu falciata da una mitragliata. Cosa è successo veramente è stato raccon-tato da Domenico Di Nardo (Minch’) ad Agnone, qualche giorno dopo. Zi’ Aniceto era al centro, Francesco di Nardo a fianco a lui era seduto su alcune coperte che si era portato, dietro Zi Aniceto c’era Domenico. L’ufficiale ha sparato con la pistola a Zi Aniceto e dopo a Francesco e Domenico è stato colpito dalla stessa pallottola che aveva ferito a morte Zi’ Aniceto. Si sono accasciati in tre e i due soldati continuava-no a mitragliare. Io, Zio Vincenzo, Bezz’, Cesidio e suo figlio Luigi, ci siamo buttati sotto la strada e ci siamo nascosti. Tutta la notte un abbaiare di cani, quanta paura, quanto freddo. Ci siamo riscaldati tra le gambe dei tre adulti. La mattina abbiamo saputo da Oriente di Nardo e da Basilio Fantini chi erano i morti e i feriti. Sono riuscito a ritornare sul posto. La strada era brecciata, non asfaltata come adesso, ed ho visto la scena e le strisce di sangue, lunghe, tanto lunghe ma quanto sangue abbiamo dentro?”.

Le nostre origini (Seconda parte)

L e numerose tribù che popolavano il territorio interno dell’Italia cen-tro-meridionale sono nate dalla

pratica di allontanare dai villaggi i giova-ni, dotandoli di poche capi di bestiame. In questo modo i Sanniti colonizzarono una vasta zona dell’Italia, tutta interna e che corrisponde all’Abruzzo meridionale interno, al Molise, all’Irpinia, fino alla parte settentrionale della Basilicata.Questa vasta area venne chiamata Sannio e Sanniti le popolazioni che vi abitavano. Scendendo si incontravano per primi i Carecini, le cui città più importanti erano Cluvie (vicino a Casoli) e Iuvanum; seguiva-no i Pentri ,le cui città più importanti erano Aesernia (Isernia) e Bovianum; venivano poi i Caudini, lungo il corso del Volturno e in-fine, più a Sud, gli Irpini. La colonizzazione dei territori da parte dei Sanniti aveva la caratteristica di presidiare il territorio con piccoli insediamenti sparsi, rinunciando alla

formazione di grandi città. Per capirci, il territorio occupato dai Sanniti era un po’ simile al territorio delle frazioni del nostro paese. Il territorio era controllato, oltre che da piccoli e numerosi insediamenti sparsi, da recinti fortificati posti sulle sommità di rocche e colline. Nell’area del Sangro e dell’Aventino sono visibili tuttora le grandi mura megalitiche, cioè formate da grandi pietre, di Monte Pallano, di Fara San Marti-no, di Coccioli nel comune di Gessopalena e di Montenerodomo.Queste fortificazioni venivano utilizzate soprattutto in caso di pericolo :invasioni, attacchi di predatori e si localizzavano non molti distanti dai tratturi antichi. Esistevano, poi, i santuari dedicati alle divinità, Ercole soprattutto, che sorgevano in posizioni aperte e pano-ramiche. Le aree dei santuari erano dotate di opere architettoniche notevoli e avevano anche funzioni commerciali e culturali. Queste popolazioni nel 354 a.C., cioè

circa duemilaquattrocento anni fa, costi-tuirono una lega per meglio controllare le azioni politiche e militari dei Romani e per agevolare la ricerca e l’insediamento di nuovi territori più adatti allo sfruttamento agricolo e ai pascoli invernali necessari alla sopravvivenza della loro attività principale legata alla pastorizia. Furono proprio i San-niti ad essere citati dagli antichi documenti letterari come il popolo più fiero e com-battivo che i Romani abbiano incontrato. Continua...

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CRONACHE CITTADINERiflessioni...

Da molto tempo, ma in maniera più accentuata con l’ultima amministrazione, proprietà del Comune vengono affidate a condizioni agevolate a singoli cittadini. Ti serve del terreno per fare gli impianti di risalita ? Ti serve del terreno per costruire una stalla ? Ti serve un locale per iniziare una attività imprenditoriale? Ti serve un locale per iniziare un’attività da libero professionista?Ti rivolgi al Comune ed è cosa fatta: ottieni ciò che chiedi e in alcuni casi senza nem-meno pagare, perché viene fatta passare per un’opera meritoria e addirittura di bonifica e miglioramento. Si sa poi come vanno a finire queste cose: le proprietà di-ventano con il passare degli anni proprietà private e gli amministratori fanno scadere le possibilità di riscatto, in alcuni casi colpevolmente e in altri per dimenticanza.E’ una pratica che non si può condividere. Quando qualcuno è proprietario di terreni perché concedergli proprietà terriere comunali? Quando uno possiede immo-bili perché concedergli in affitto locali di proprietà del comune? Se prendo in affitto o compro un locale per uso ufficio o per svolgere un’attività economica quanto costa? Le proprietà comunali vanno con-cesse a gruppi o a singoli, che svolgano attività senza fini di lucro, per esempio: le società di mutuo soccorso, le associa-zioni come il gruppo ANA (Associazione Nazionale Alpini), la Pro Loco, le associa-zioni di volontariato come la protezione civile e chiedendo loro un contributo per le spese di manutenzione e la cura dei locali. I privati che vogliono iniziare un’attività economica, all’inizio possono e devono essere agevolati, ma in altre forme. E poi ogni iniziativa privata ha in sé una parte di rischio, che è lo stimolo per fare in modo che riescano e siano portate al successo, facendo affidamento sulle proprie forze e qualità. Che facciamo, alla fine dell’anno andiamo a dividere i guadagni di una attività professionale o di una attività eco-nomica svolta su proprietà comunali?

• Il 29 settembre è già passato da un po’, ma i cavalli sono ancora nei pascoli estivi. Esiste il regolamento per l’utilizzo dei pascoli, il sindaco non lo fa rispettare. • Due anni fa la giunta comunale - l’asses-sore D’Andrea fa parte della giunta - fece acquistare 400 pali di castagno, di quelli buoni per le recinzioni e un certo quantitativo di filo spinato. Furono consegnati all’assessore D’Andrea, che mise la manodopera e furono piantati lungo la strada che dalla Fonte degli Agnelli risale. Detta così sembrerebbe un’opera benemerita, ma ragionando uno si chiede: ma a cosa serve la recinzione? A non far scendere, d’inverno, i cavalli del-

l’assessore D’andrea dalle Morrecine verso le stalle. • I cavalli che per dodici mesi utilizzano i pascoli non sono tutti di proprietà dell’as-sessore D’andrea. Alcuni, pare, siano di proprietà di un signore di Pietransieri, amico dell’assessore e altri di non ben definiti allevatori. E il Sindaco dov’ è in tutta questa storia? Chiude gli occhi e non vede, ha paura e si rende sempre più complice di illegalità e abusi. Non si vuole altro che il rispetto di un regolamento che il capo del Comune, primo fra tutti, deve avere il coraggio di far rispettare, a tutti, a cominciare da un suo assessore. E’ chiedere troppo?

Uno degli assessori della numerosa giunta del nostro Comune ha avuto alcune aule dell’ex scuola elementare e le ha adattate per svolgervi un’ attività economica .Apparentemente niente di strano né di illegale. Ma un semplice cittadino avrebbe potuto avere la stessa agevolazione?

Se domani dieci cittadini chiedono al Comune la stessa agevolazione possono essere accon-tentati? Ma non c’è un conflitto di interesse? Nel senso che un assessore delibera, insieme ai colleghi della giunta presieduta dal Sindaco, di concedersi l’uso di un locale comunale a condizioni agevolate.

E’ la storia di un’altra proprietà comunale finita in mani private, non certamente bisognose, e a condizioni agevolate.

Il Sindaco ha dato l’autorizzazione. Ma perché proprio una proprietà comunale? Siamo curiosi di sapere perché.

Il Sindaco e la sua giunta hanno stornato fondi destinati al consolidamento del mercato coperto e li hanno utilizzati per far costruire ringhiere. Quella che è stata messa tra la villa comunale del Capoluogo e la strada, ha un suo senso, ottima decisione.

Ma i cento metri circa di ringhiera, che sono stati fatti mettere in Contrada Tesoro-Casale Galeoti, in una strada che finisce verso il bo-sco del Colle della Valle a che cosa servono? Mistero e spreco di denaro pubblico. Ordini superiori,e il Sindaco si mette sull’at-tenti e risponde:”Obbedisco!”.

Siamo arrivati al punto che ci sono più cani che cristiani. Prendiamo l’esempio di Contrada Tesoro, che conosco bene. A occhio e croce ci sono tra i venti /trenta cani. La notte e il giorno è un continuo abbaiare, lamentarsi, guaire in tutte le tonalità. I proprietari, poi, non si limitano a possederne uno, ma fino a quattro/cinque. Oltre al disturbo continuo, bisogna mettere in conto anche la pericolo-

sità e la paura che ti prende quanto ti trovi improvvisamente davanti un cane di grossa taglia ,senza guinzaglio. E’ diventata una moda diffusa in tutte le contrade e qualcuno ha avuto anche la bella idea di allevare pitbull, i cani più pericolosi che esistano, e lasciarli circolare liberamente. E’ molto pericoloso girare da solo per le strade e nella campagna. Bisogna arrivare alla tragedia?

Il nuovo padrone della Posta Vecchia - Brevi notizie

La ex scuola elementare di Piano d’Ischia e l’assessore Varrati

L’ex ambulatorio del Capoluogo e il bar-ristorante

Le ringhiere

I cani

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