giornale di gastroenterologia epatologia e nutrizione pediatrica

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Giornale di Gastroenterologia Epatologia e Nutrizione Pediatrica ORGANO UFFICIALE VOLUME VI N° 4 - DICEMBRE 2014 Trimestrale - Poste Italiane Spa - Spedizione in Abbonamento Postale - 70% - LO/MI Area Qualità S.r.l. - Via Comelico 3 - 20135 MI DICEMBRE 2014 IN QUESTO NUMERO Sensibilità al glutine non celiaca Le ciliopatie, diagnosi e gestione clinica Malattia celiaca e obesità: cosa c’è di nuovo da sapere Diagnostica strumentale della stipsi cronica La celiachia in sala endoscopica: cosa cambia con i nuovi criteri diagnostici ESPGHAN ISSN 2282-2453

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giornale di gastroenterologiaepatologia e nutrizione pediatricao r g a n o u f f i c i a l e

Volume VI n° 4 - DICemBRe 2014 Trimestrale - Poste Italiane Spa - Spedizione in Abbonamento Postale - 70% - lo/mI

Area Qualità S.r.l. - Via Comelico 3 - 20135 mI

DICEMBRE 2014

IN QUESTO NUMERO

Sensibilità al glutine non celiaca

Le ciliopatie, diagnosi e gestione clinica

Malattia celiaca e obesità: cosa c’è di nuovo da sapere

Diagnostica strumentale della stipsi cronica

La celiachia in sala endoscopica: cosa cambia con i nuovi criteri

diagnostici ESPGHAN

ISSN 2282-2453

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SommarioSEditorialEIn rotta verso il cambiamentodi M. Baldassarre

topic HigHligHtIntervista a Samy Cadranel. HP o non HP, questo è il problemadi M. Baldassarre

cliNical SYStEMatic rEWiEVSensibilità al glutine non celiaca Non celiac gluten sensitivitydi M. Sarno e R. Troncone

pEdiatric HEpatologYLe ciliopatie, diagnosi e gestione clinica Ciliopathies, diagnosis and treatment di M. Sciveres

pEdiatric NutritioN & HEALTH AND FOOD SCIENCEMalattia celiaca e obesità: cosa c’è di nuovo da sapere Celiac disease and overweight in children: an update di T. Capriati, R. Francavilla, M.S. Basso, F. Ferretti, M. Ancinelli, A. Diamanti

traiNiNg aNd EducatioNal corNErDiagnostica strumentale della stipsi cronica Instrumental diagnosis of chronic constipation di G. Pagliaro, G. Di Nardo, E. Ruggeri, M. Serra, G. Caio, S. Cucchiara, R. De Giorgio

iBd HigHligHtSNuovi obiettivi terapeutici nella malattia di Crohn:il punto di vista del gastroenterologo pediatra e del gastroenterologo dell’adultoNew therapeutic outcomes in pediatric and adult Crohn’s disease: different points of view? di F. Nuti, D. Pugliese, A. Armuzzi

caSE rEportUn bambino obeso con transaminasi elevate: solo questione di peso?An obese child with elevation of aminotransferases: is it only obesity? di M. Farallo, C. Amoruso, M. Maggioni, G. Nebbia

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ommarioSS

L’iscrizione alla SIGENP come Socio è riservata a coloro che, essendo iscritti alla Società Italiana di Pediatria, dimostrano interesse nel campo della Gastroenterologia, Epatologia e Nutrizione Pediatrica. I candidati alla posizione di Soci SIGENP devono compilare una apposita scheda con acclusa firma di 2 Soci presentatori. I candidati devono anche accludere un curriculum vitae che dimostri interesse nel campo della Gastroenterologia, Epa-tologia e Nutrizione Pediatrica.In seguito ad accettazione della presente domanda da parte del Consiglio Direttivo SIGENP, si riceverà conferma di am-missione ed indicazioni per regolarizzare il pagamento della quota associativa SIGENP. Soci ordinari e aderenti - Dal 2013 i Soci possono scegliere tra le seguenti opzioni:- solo quota associativa annuale SIGENP senza abbonamento DLD (anno solare) € 35.- quota associativa annuale SIGENP con abbonamento DLD on-line (anno solare) € 75.Soci junior: quota associativa annuale SIGENP con DLD on-line (anno solare) € 30.

Per chi è interessato la scheda di iscrizione è disponibile sul portale SIGENP

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Come si diventa soCi della

CONSIGLIO DIRETTIVO SIGENP

Presidente

Vice-Presidente

Segretario

Tesoriere

Consiglieri

Carlo Catassi

Claudio Romano

Elena Maria Lionetti

Renata Auricchio

Antonella Diamanti, Erasmo Miele, Licia Pensabene

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NEWS iN pEdiatric gaStroENtErologY pHarMacologYLa talidomide nelle MICI: efficacia e sicurezza Thalidomide in IBD: efficacy and safetydi S. Martelossi, G. Stocco, M. Lazzerini

ENdoScopY lEarNiNg liBrarYLa celiachia in sala endoscopica: cosa cambia con i nuovi criteri diagnostici ESPGHAN Celiac disease for endoscopists: what changes with the 2012 ESPGHAN criteria di F. Valitutti e C. Catassi

WHat to do if...?Che fare se la diarrea riprende dopo un quadro di enterite What to do if the diarrhea resumes after a case of enteritis di G. Bardasi, L. Bertelli, G. Di Nardo, I. Cocchi, M. Verna, A. Pession

dirE t torE rESpoNSaBilE Giovanna Clerici [email protected]

rESpoNSaBilE coMMiSSioNE Editoria Claudio Romano [email protected]

dirE t torE EditorialE Mariella Baldassarre [email protected]

c apo rEdat torE Francesco Cirillo [email protected]

aSSiStENti di rEda zioNE Alessandra Dileone [email protected] Pietro Drimaco [email protected]

coMitato di rEda zioNE Salvatore Accomando [email protected] Barbara Bizzarri [email protected] Osvaldo Borrelli [email protected]

Fortunata Civitelli [email protected]

Antonella Diamanti [email protected]

Monica Paci [email protected]

Salvatore Oliva [email protected]

coordiNaMENto rEda zioNalE Fiorenza Lombardi Borgia

iMpagiNa zioNE Fiorenza Lombardi Borgia e Elena Ribolini

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Volume VI - N°4/2014 - Trimestrale

La pubblicazione o ristampa degli articoli della rivista deve essere autorizzata per iscritto dall’Editore. Questa rivista è spedita in abbonamento: l’indirizzo in nostro possesso verrà utilizzato per l’invio di questa e altre pubblicazioni. Ai sensi della legge n. 196/03 è nel diritto del ricevente richiedere la cessazione dell’invio e/o l’aggiornamento dei dati in nostro possesso.

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In rotta verso il cambiamento

Con questo numero del Giornale si conclude un ciclo. È infatti l'ultimo numero del 2014, ma è anche l'ultimo numero "editato" da Area Qualità.A partire da gennaio 2015 il nuovo editore del Giornale sarà Pacini, a molti di voi sicuramen-te già noto nel campo dell'editoria medica.Desidero ringraziare lo staff di Area Qualità, in primis il direttore responsabile, Giovanna Clerici, la coordinatrice di redazione, Fiorenza Lombardi Borgia, e tutti quanti hanno lavora-to sempre con grande professionalità, puntualità e precisione al nostro fianco in questo anno, ma anche in passato, per la messa a punto del Giornale. Considero Giovanna e Fioren-za due care amiche, oltre che due grandi professioniste, ognuna nel proprio campo.

Lo sguardo al futuro, tuttavia, ci porta verso un'orizzonte carico di novità. La più significati-va è che, a partire dal prossimo numero, il Giornale avrà un suo sito web, "open access" e quindi fruibile da chiunque abbia voglia di conoscere la gastroenterologia pediatrica. È pre-vista una diffusione del Giornale anche attraverso i "social network" (Facebook, Twitter), perché desideriamo che si innamorino della gastroenterologia pediatrica i colleghi più gio-vani. Molte altre novità si preparano, ma non voglio svelarvi tutto...Ancora in tema di cambiamento, durante l'ultimo congresso della SIGENP, tenutosi a Sor-rento ed ottimamente organizzato dalla Prof.ssa Annamaria Staiano, si sono svolte le ele-zioni di 3 nuovi componenti del Consiglio Direttivo. Sono stati eletti Antonella Diamanti (che fa anche parte della nostra redazione), Erasmo Miele ed Elena Lionetti, in sostituzione di Tiziana Guadagnini, Giovanni Dinardo, Daniela Knafeltz e Silvia Salvatore, giunti alla fine del loro mandato. Ai nuovi entrati va l'augurio di buon lavoro da parte nostra, ai consiglieri uscenti un "grazie" per la loro disponibilità al servizio della SIGENP.

Torniamo a parlare del Giornale... Questo ultimo numero del 2014 è un buon "mix" di arti-coli che soddisfano, da un lato, l’esigenza di aggiornarsi su patologie emergenti e nuove terapie (leggerete i mirabili contributi sulle ciliopatie e sulla gluten sensitivity, sull’uso del-la talidomide nelle MICI e sui nuovi obiettivi terapeutici nella malattia di Crohn) e di imple-mentare i nostri comportamenti nella pratica clinica alla luce di una medicina sempre più basata sull’evidenza (vi segnalo gli aggiornamenti sull'approccio diagnostico alla stipsi croni-ca, sulla relazione tra celiachia ed obesità, sui nuovi criteri ESPGHAN per la diagnosi endosco-pica di malattia celiaca). Il caso clinico, proposto da Gabriella Nebbia, è molto intrigante, ed

M. BALDASSArrE

ditorialeee

Giorn Gastr Epatol Nutr Ped 2014; Volume VI(4):5-6

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ditorialeee

6Giorn Gastr Epatol Nutr Ped 2014; Volume VI(4):5-6

estremamente utili i suggerimenti sui comportamenti da tenere in caso di ripresa della diar-rea dopo un quadro di enterite. Il personaggio intervistato è Samy Cadranel, un'autorità per quanto riguarda l'Helicobacter Pylori, ed è proprio questo l’argomento della nostra intervista.Speriamo di essere riusciti ad intercettare i vostri interessi, e di aver solleticato le vostre cu-riosità.In questo scorcio d'anno, desidero ringraziare i miei "compagni di viaggio" della redazione, e tutti coloro che hanno contribuito con i loro articoli a rendere magnifico questo Giornale. Un grazie al nostro Presidente, Carlo Catassi, ed a tutto il consiglio direttivo per l'appoggio incondizionato.Arrivederci al 2015.

Buon Natale e buon inizio d'anno a tutti!

Mariella Baldassarre

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7Giorn Gastr Epatol Nutr Ped 2014; Volume VI(4):7-9

a cura di

MariELLa BaLdaSSarrETopic Highlig

ht

ESPGHaN - NaSPGHaN

L’Helicobacter pylori è qui tra noi per restare per sempre?

La scoperta dell’Helicobacter pylori (HP), premiata con il Premio Nobel nel 2005 è stata una ri-scoperta: nel 1982 G. Biz-zozero (1) descrisse un batterio a forma di “S” responsabile dell’infiammazione della mucosa gastrica.L’HP ha albergato nello stomaco uma-no per millenni sviluppando una note-vole capacità di adattamento all'am-biente acido ostile, così come altri HP ritrovati nello stomaco di altri animali. Infetta la metà della popolazione mon-diale, con una prevalenza del 90% nei bambini di 10 anni residenti nei Paesi del mondo in via di sviluppo.Nei paesi industrializzati, la prevalenza è progressivamente in calo grazie alle norme igieniche che si stanno diffon-dendo anche in alcune aree del mondo in via di sviluppo.L’HP dovrebbe lentamente scomparire del tutto, anche se i ceppi resistenti po-trebbero affermarsi creando nuovi adattamenti e condividendo, con altri germi, la nicchia lasciata vacante con conseguenze sconosciute.

È importante combatterlo?Le principali infezioni sono state annul-late dalla prevenzione, igiene o vaccina-zione, ma raramente dal solo uso degli antibiotici. A meno che non venga rag-giunto un tasso di eradicazione dell’ 80-90%, la lotta contro l’HP potrebbe di-ventare pericolosa.Attualmente tale tasso è a malapena ot-tenuto usando vari schemi e durate che combinano 2-3 antibiotici con gli inibi-tori di pompa protonica (PPI), ed è osta-colato da un rapido sviluppo di ceppi resistenti (2). L'ubiquità di HP ne rende difficile la sua completa eradicazione e tale sforzo terapeutico potrebbe deter-minare una catastrofe ecologica renden-do altre specie microbiche resistenti agli antibiotici utilizzati. Forse è inutile com-battere l'HP a costi così alti dato che la sua convivenza con la specie umana po-trebbe, in qualche modo, essere consi-derata benefica con vantaggi reciproci.

Quando bisogna eseguire l’en-doscopia?

Nei bambini, l’infezione da HP è più spesso associata ad una gastrite lieve-

IntervIsta a samy Cadranel HP o non HP, questo è il problemaMARIELLA BALDASSARRE - U.O. di Neonatologia e T.I.N. del Policlinico Universitario di Bari

Key Words Helicobacter Pylori, gastritis,

eradication, endoscopy

Samy Cadranel è un "gigante" della gastroenterologia pediatrica

mondiale. Le sue ricerche hanno contribuito in maniera essenziale

alla comprensione del ruolo patogenetico dell’Helicobacter

Pylori in età pediatrica. Ottimo clinico ed esperto endoscopista,

ha formato moltissimi colleghi, desiderosi di "mettere le mani"

nella gastroenterologia pediatrica. È stato anche president

dell'ESPGHAN. Quando si incontra Samy, la prima cosa che si riceve

è un grande sorriso, a cui fa seguito poi la giusta dose di attenzione.

Gli si può parlare in italiano, inglese, francese, olandese, spagnolo,

portoghese, tedesco, arabo, ebraico. Sorprendentemente, vi

risponderà in modo appropriato e perfetto nella stessa lingua in cui

gli avete rivolto la parola! Grazie davvero, Samy, per essere stato con

noi in questo numero del Giornale.

Helicobacter Pylori (HP) infects half the world’s population with a prevalenceof 90% in 10 year old children in the developing world. in the industrialized world,

prevalence is gradually falling due to hygienic measures that are spreadingin some areas of the developing world. HP infection causes gastritis but lesions

are less severe in children than in adults and can be asymptomatic during many years . Evolution towards gastro-duodenal ulcers occurs only in a small

percentage of patients. recent literature shows that there is no specific symptom in infected children except nocturnal ulcer-like epigastric pain.

The ubiquity of HP makes its complete eradication difficult and can end upwith an ecological catastrophe other microbes becoming resistant to

the antibiotics used. Perhaps is it unnecessary to struggle against HP at risky costs since its coexistence with the human species may also, somewhat,

be considered as beneficial with mutual advantages (allergy, inflammatorybowel diseases, oesophageal carcinoma).

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8Giorn Gastr Epatol Nutr Ped 2014; Volume VI(4):7-9

Topic HighlightESPGHAN - NASPGHAN

moderata piuttosto che alla malattia ulcerosa e non tutte le ulcere o le ero-sioni gastroduodenali sono associate all’HP (3). L'indicazione principale ad eseguire un’endoscopia in età pe-diatrica, il dolore addominale ricor-rente (DAR), non è direttamente cor-relato alla gastrite da HP, come illustrato dai criteri di Roma per le malattie funzionali: la maggior parte delle infezioni da HP sono asintoma-tiche. Lo screening sistematico per HP non è raccomandato e il tratta-mento deve essere limitato solo ai bambini con sintomi abbastanza gravi da giustificare un'endoscopia. Pertanto, ogni endoscopia dev'essere accuratamente pianificata e comple-tata con l'esecuzione di biopsie che possano consentire di determinare le resistenze agli antibiotici e consentire l’orientamento verso un trattamento adeguato. La strategia del “test and treat” non è adeguata per i bambini, così come indicato dalle linee guida ESPGHAN del 2011 (4).

Qual è la più comune sinto-matologia in età pediatrica ?

L'infezione da HP provoca gastrite, tuttavia le lesioni sono meno gravi nei bambini che negli adulti, ma può esse-re asintomatica per molti anni (5).L'evoluzione verso le ulcere gastro-duodenali si verifica solo in una pic-cola percentuale di pazienti. In altri pazienti l'evoluzione verso la gastrite

cronica atrofica può preludere ad un linfoma MALT (tessuto linfoide associato alle mucose), rara forma aggressiva di linfoma non-Hodgkin, o addirittura ad un carcinoma. Nei bambini, alcuni sintomi indiretti possono essere presenti nella gastri-te da HP, come la sensibilità epiga-strica, le eruttazioni, la sensazione di pienezza e l’ alito cattivo.L’infezione da HP può essere, in certi casi, probabilmente responsabile di anemia da carenza di ferro e, nei Pa-esi in via di sviluppo, può essere cau-sa di ritardo di crescita e diarrea nei giovanissimi (6). La letteratura recen-te dimostra come l'infezione non de-termina alcun sintomo specifico nei bambini ad eccezione del dolore epi-gastrico notturno simil-ulceroso (7).

In che modo l’HP influenza il microbiota gastrico ed inte-stinale?

I phyla batterici campionati dallo stomaco di adulti sani comprendo-no Firmicutes, Actinobacteria, Bacteroidetes, Fusobacteria e Prote-obacteria (8). Sebbene l’infezione da HP non alte-ri notevolmente la composizione e la struttura del microbiota gastrico e sembri in grado di resistere alle per-turbazioni del microbiota dell’ospi-te, la patogenicità dell’HP potrebbe essere modulata per mezzo di inte-razioni fra HP e batteri, verosimil-

mente attraverso una via indiretta di programmazione dei Linfociti T pro-infiammatori vs i Linfociti T-regolatori, dando luogo a una rispo-sta infiammatoria sistemica cronica che può provocare reazioni autoim-muni implicate nella patogenesi di malattie autoimmunitarie (9).L’ignota patogenesi delle malattie infiammatorie intestinali croniche (IBD, M. di Crohn, Rettocolite Ul-cerosa) potrebbe essere la risultante delle complesse interazioni fra fatto-ri ambientali e il microbiota in indi-vidui geneticamente predisposti, do-ve l’HP potrebbe essere coinvolto attraverso l’induzione di alterazioni della permeabilità gastrica e/o inte-stinale oppure provocando discrasie immunologiche con conseguente assorbimento di materiale antigeni-co e autoimmunità per mezzo di va-ri percorsi immunologici. Tuttavia, i dati epidemiologici non supportano questa associazione: diversi studi in-dicano che la prevalenza dell'infezio-ne di HP è bassa nei pazienti con IBD, suggerendo un ruolo protettivo nello sviluppo delle IBD (10).

Cosa ci riserva l'HP nel futuro?La straordinaria scoperta del ruolo dell’HP nell’ infiammazione gastrica ha influenzato fortemente la pratica in gastroenterologia: le gastrectomie sono definitivamente scomparse.Dopo 30 anni di ricerca volti all’era-

il Professor Samy cadranel, laureatosi a Bruxelles, ha completato la sua formazione specialistica in Pediatria e Gastroenterologia pediatrica

tra Bruxelles, Parigi e Londra. È stato direttore dell'unità di Gastroenterologia Pediatrica presso l'Ospedale universitario St. Pierre (1979-1986) e poi direttore

del dipartimento di Gastroenterologia ed Epatologia del Queen Fabiola university children's Hospital (QFucH) a Bruxelles (1986 al 2005). È stato professore di Nutrizione

Pediatrica (1984-88), Professore di Pediatria (1980-1984) e poi di Gastroenterologia Pediatrica (1988-2005) presso la Facoltà di Medicina dell'università Libera di Bruxelles (u.L.B.). È stato inoltre "Visiting Professor" presso le università

di Tohuku (Sendai, Giappone), al-azhar (cairo, Egitto), Baylor Medical School (Houston, uSa), Santiago de compostela (Spagna), San Pietroburgo, (russia),

Smirne (Turchia), Brasilia and San Paolo (Brasile). È stato Presidente dell'ESPGHaN nel triennio 1995-98. È autore di moltissime pubblicazioni riguardanti l’endoscopia

pediatrica, di cui è un conoscitore particolarmente esparto, il reflusso gastroesofageo, l'infezione da Helicobacter pylori. È merito suo il primo report in letteratura

pediatrica sull’infezione da Helicobacter pylori nel bambino (1986). Prof. Samy Cadranel

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Intervista a Samy Cadranel

Giorn Gastr Epatol Nutr Ped 2014; Volume VI(4):7-99

Giorn Gastr Epatol Nutr Ped 2014; Volume VI(4):7-9

dicazione dell’infezione da HP, sap-piamo oggi che non tutti i ceppi sono da considerarsi dannosi e sono stati suggeriti addirittura alcuni effetti protettivi risultanti dall’infezione da HP (allergia, carcinoma esofageo).Pertanto l’eradicazione dovrebbe essere mirata soltanto verso i ceppi più aggresivi. Degno di nota è il ri-

torno ai sali di bismuto, usati all’ini-zio, seppure al giorno d’oggi richie-dono una forte associazione con altri farmaci (tetracicline, metroni-dazolo, bismuto e PPI); il loro uso nei bambini richiede tuttavia un ul-teriore adeguamento delle giuste dosi e degli schemi terapeutici.I Ricercatori sono ancora a caccia

della "pillola magica" che guarisca ogni infezione da HP, e ancora delu-denti appaiono le aspettative di un vaccino.Tuttavia il complesso ruolo dell’infe-zione da HP, testimone attendibile di povertà e scarsa igiene, va rimarcato con studi più rigorosi sul piano della sanità pubblica.

1. Bizzozero G. Sulle ghiandale tubulari del tubo gastroenterico e sui loro rapporti con l’ epithelo di rivestimento della mucosa. Atti d R Accad delle Sci di Torino.1892;28:233-51.

2. Koletzko S, Richy F, Bontems P, Crone J, Kalach N, Monteiro L, et al. Prospective multicenter study on antibiotic resistance of Helicbacter pylori strains obtained from children living in Europe. Gut 2006; 55:1711-6.

3. Cadranel S, Goossens H, De Boeck M, Malengreau A, Rodesch P, Butzler JP Campylobacter pyloridis in children. Lancet 1986; i:735 6.

4. Koletzko S, Jones NL, Goodman K, Rowland M, Cadranel S, Chong S, et al, on behalf of the H. pylori working groups of ESPGHAN and NASPGHAN. Evidence-

based guidelines from ESPGHAN and NASPGHAN for Helicobacter pylori infection in children. J Pediatr Gastroenterol Nutr 2011;53:230-43.

5. Ganga-Zandzou PS1, Michaud L, Vincent P, Husson MO, Wizla-Derambure N, Delassalle EM, Turck D, Gottrand F Natural outcome of Helicobacter pylori infection in asymptomatic children: a two-year follow-up study. 1999;104:216-21.

6. Baysoy G, Ertem D, Ademoglu E, Kotiloglu E, Keskin S, Pehlivanoglu E. Gastric histopathology, iron status and iron deficiency anemia in children with Helicobacter pylori infection. J Pediatr Gastroenterol Nutr 2004; 38:146-51.

7. Mac Arthur C. Helicobacter pylori infection and childhood recurrent abdominal pain: lack

of evidence for a cause and effect relationship. Can J Gastroenterol 1999; 13:607-10.

8. Dicksved J, Lindberg M, Rosenquist M, Enroth H, Jansson JK, Engstrand L.Molecular characterization of the stomach microbiota in patients with gastric cancer and in controls. J Med Microbiol 2009;58:509-16.

9. Bontems P, Aksoy E, Burette A, Segers V, Deprez C, Mascart F, Cadranel S. NF-B activation and severity of gastritis in Helicobacter pylori-infected children and adults. Helicobacter 2014; 19:157-67.

10. Luther J, Dave M, Higgins PD, Kao JY. Association between Helicobacter pylori infection and inflammatory bowel disease: a meta-analysis and systematic review of the literature. Inflamm Bowel Dis 2010; 16:1077-84.

BIBLIOGRAFIA

9

Key Points•L’HPInfettalametàdellapopolazionemondiale,conunaprevalenzadel90%neibambinidi10anniresidentineiPaesi

delmondoinviadisviluppo.Neipaesiindustrializzati,laprevalenzaèprogressivamenteincalograzieallenormeigieniche

chesistannodiffondendoancheinalcuneareedelmondoinviadisviluppo.

•L'ubiquitàdiHPnerendedifficilelasuacompletaeradicazioneetalesforzoterapeuticopotrebbedeterminareunauna

catastrofeecologicarendendoaltrespeciemicrobicheresistentiagliantibioticiutilizzati.

•L'infezionedaHPprovocagastrite,tuttavialelesionisonomenogravineibambinichenegliadultiepuòessereasintomati-

capermoltianni.L'evoluzioneversoleulceregastro-duodenalisiverificasoloinunapiccolapercentualedipazienti.Non

vièalcunsintomospecificoneibambiniconl’infezioneadeccezionedeldoloreepigastriconotturnosimil-ulceroso.

•Dopo30annidiricercavoltiall’eradicazionedell’infezionedaHP,sappiamooggichenontuttiiceppisonodaconsiderarsi

dannosiesonostatisuggeritiaddiritturaalcunieffettiprotettivirisultantidall’infezionedaHP(allergia,carcinomaesofageo,

protezioneversoleIBD).Pertantol’eradicazionedovrebbeesseremiratasoltantoversoiceppipiùaggresivi.

CORResPONdING AUTHOR SAMY CADRANEL Department of Paediatric GastroenterologyQueen Fabiola University Children's Hospital 15 ave JJ.Crocq 1020 BrusselsPh + 32 2 477 3216 Fax + 32 2 477 3215E-mail: [email protected]

Page 9: giornale di gastroenterologia epatologia e nutrizione pediatrica

a cura di

OSVaLdO BOrrELLi

clinical Systematic

rewiev

10Giorn Gastr Epatol Nutr Ped 2014; Volume VI(4):10-13

Non celiac gluten sensitivity is characterized by

symptoms triggered by gluten, alleviated by gluten

withdrawal. Given the absence of a biomarker,

the prevalence is difficult to estimate, and the diagnosis

should be performed with double blind placebo

controlled gluten challenge. The presentation is various and seems to have common

points with irritable bowel syndrome. The involvement

of innate immunity has been supposed, but other

mechanisms (motility disorders, visceral

sensitivity) could be involved.

DEFINIZIONE ED EPIDEMIOLOGIALa “gluten sensitivity”, o più precisamente “non celiac gluten sensitivity (NCGS)”, è una sindrome caratterizzata da sintomi intestinali ed extra-intestinali correlati all’ingestione di alimenti contenenti glutine, in soggetti non affetti da malattia ce-liaca (CD) né allergici al grano (1).Per quanto sia inclusa nei disordini correlati all’ingestione di glutine, molti aspet-ti epidemiologici e patogenetici sono ancora poco chiari.In effetti questa entità è conosciuta da decenni: già negli anni ’80 si individua-rono gruppi di pazienti non celiaci con diarrea cronica, la cui sintomatologia migliorava dopo eliminazione del glutine dalla dieta, e peggiorava dopo la sua reintroduzione.La prevalenza nella popolazione generale è difficilmente stimabile, visto anche l’aumento di pazienti autodiagnosticatisi disturbi correlati al glutine che hanno iniziato la dieta senza glutine (DSG) senza indicazione medica.Tuttavia la NCGS sembra un disturbo piuttosto comune: in uno studio america-no, condotto su 7.762 persone dai sei anni in su coinvolte nel “National Health and Nutrition Examination Survey” (NHANES), è stata stimata una percentua-le dello 0,55% di pazienti a DSG auto-prescritta, con una prevalenza più alta nelle donne e nei pazienti adulti. Altri studi hanno mostrato prevalenze variabili tra lo 0,6% e il 6%. Gli importanti limiti di queste stime è che si tratta di dati spesso provenienti dai centri specialistici e in ogni caso la relazione tra sintomi gastrointestinali e l’intake di glutine non è stata adeguatamente esplorata.Il gold standard diagnostico da tutti proposto è il challenge con glutine in doppio cieco controllato con placebo (double-blind placebo-controlled challenge, DBPC), con comparsa di sintomi intestinali ed extraintestinali direttamente cor-relabile al’ingestione di glutine e la loro scomparsa con l’eliminazione dello stes-so dalla dieta.Questa metodica non è tuttavia di facile esecuzione nella pratica clinica. In po-chissimi studi i pazienti sono stati correttamente diagnosticati e ciò rappresenta un importante limite per molte delle informazioni disponibili circa la clinica e la patogenesi di questa condizione.Il rapporto tra Irritable bowel Syndrome (IBS) e disturbi correlati al glutine è complesso, ed è suggerito un legame tra il disordine funzionale e la NCGS. Se-condo altri autori, il ruolo del glutine nell’insorgenza dei sintomi andrebbe ridi-mensionato, valorizzando invece il peso di altri nutrienti, in particolare gli oligo- e monosaccaridi fermentabili e polioli (FODMAPs), presenti nel grano ma an-che in altri alimenti come alcuni vegetali.La relazione tra sintomi IBS-like e dieta priva di glutine non è chiara: uno studio randomizzato e controllato non ha evidenziato effetti specifici o dose-dipenden-ti del glutine, una volta esclusi i FODMAPs, in una coorte di pazienti con NCGS “autoriportata” e sintomi IBS-like (2). Secondo alcuni sarebbe più corretto par-lare di “sensibilità al grano non celiaca” (Non Celiac Wheat Sensitivity - NCWS).

Marco Sarno e riccardo Troncone Dipartimento di Scienze Mediche Traslazionali, Sezione di Pediatria, Università degli Studi di Napoli Federico II

Sensibilità al glutine non celiaca

Key Words Non celiac gluten sensitivity,

innate immunity, wheat,celiac disease, FODMAPs

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Giorn Gastr Epatol Nutr Ped 2014; Volume VI(4):10-1311

CARATTERISTICHE DEI PAZIENTILe caratteristiche dei pazienti con NCGS sono ancora poco chiare. Uno studio pro-spettico multicentrico condotto in Italia in 38 centri, di cui 4 pediatrici, ha individuato, durante un periodo di sorveglianza di un anno, 486 pazienti con NCGS, diagnosticati in base alla comparsa di sintomi in seguito all’assunzione di glutine, e alla loro scom-parsa in seguito all’eliminazione del glutine dalla dieta, ovviamente dopo aver escluso CD e allergia al grano. 410 pazienti (84%) erano donne con un’età media di 38 anni e con più di due sintomi. Tra i sintomi gastrointestinali, i due più frequenti erano il gon-fiore e il dolore addominale, seguiti da nausea, sensazione di reflusso, stomatite aftosa. Più del 50% dei pazienti riferiva un alvo diarroico, il 24% costipazione e il 27% carat-teristiche dell’alvo alternate. Tra i sintomi extraintestinali, i più frequenti sono stati l’astenia e la sensazione di malessere, il dolore osteo-artro-muscolare, la perdita di pe-so, l’anemia e alcune manifestazioni cutanee. Per quanto riguarda i sintomi neuropsi-chiatrici, circa il 54% dei pazienti riferiva cefalea, seguita da ansia e senso di mente annebbiata e da depressione. Il 95% di questi pazienti riferiva insorgenza dei sintomi ogni volta o quasi che assumeva cibo contenente glutine. In questo studio è stata valu-tata anche l’associazione con altre patologie: l’associazione più frequente era con IBS, rilevata nel 47% dei pazienti, mentre intolleranze alimentari e allergie ad inalanti, ali-menti o metalli sono state individuate nel 35% e 20% dei pazienti rispettivamente. In questo studio è stata confermata la mancanza di associazione con l’aplotipo HLA, mentre il marker immunitario contro la gliadina più frequentemente individuato è rappresentato dagli anticorpi antigliadina IgG di prima generazione (AGA IgG), ri-scontrato nel 25% dei pazienti. Una biopsia duodenale, quando effettuata, presentava un Marsh 0 nel 69% dei casi e un Marsh 1 nel 31%. Nei diversi centri il rapporto tra le nuove diagnosi di NCGS e celiachia durante lo studio è stato di 1,15:1, passando a 0,29:1 considerando soltanto le casistiche dei centri pediatrici (3). Lo studio è interes-sante perché offre uno spaccato di come è percepita oggi la NCGS, ma va sottolineato come tutte queste informazioni provengano da pazienti non sottoposti ad adeguato DBPC.In uno studio condotto su popolazione adulta nel 2012 in cui gli autori preferiscono l’espressione NCWS (4), sono stati analizzati 276 pazienti con una sintomatologia IBS-like che avevano ricevuto diagnosi di NCWS in base all’esecuzione di un DBPC, con l’esclusione di altre diagnosi mediante metodiche di laboratorio, radiografiche ed en-doscopiche. I pazienti sono stati sottoposti a un DBPC per grano e latte. Durante il periodo di studio sono state registrate la comparsa dei sintomi tramite questionario validato, e la loro gravità mediante scala visiva analogica. I pazienti positivi al challen-ge erano divisibili in due gruppi, il primo caratterizzato dalla sola NCWS, il secondo caratterizzato da ipersensibilità alimentari multiple. Tutti i pazienti hanno mostrato un aumento della sintomatologia (gonfiore, dolore addominale, modifica della consisten-za delle feci) in seguito all’assunzione di grano, ma nessuno ha mostrato aumento degli indici infiammatori. Nessuno dei pazienti con NCWS mostrava atrofia dei villi. I pa-zienti che erano pure HLA-DQ2 e/o DQ8 positivi appartenevano principalmente al primo gruppo e mostravano infiltrazione linfocitaria maggiore rispetto ai negativi, inoltre circa un terzo delle biopsie presentava la produzione di anticorpi antiendomisio (EMA) nel mezzo di coltura, mentre i pazienti del secondo gruppo mostravano fre-quentemente un infiltrato eosinofilo. Inoltre i pazienti con sola NCWS presentavano una maggior frequenza di anemia e perdita di peso rispetto ai pazienti con intolleran-ze multiple, mentre in questi ultimi era più frequente la coesistente storia di atopia. Viste le caratteristiche istologiche dei pazienti del primo gruppo, è possibile ipotizzare che alcuni pazienti con NCWS rientrino piuttosto nello spettro della CD.Gli effetti del glutine su pazienti con IBS sono stati indagati in uno studio del 2013 (5): 45 pazienti affetti da IBS con fenotipo diarroico sono stati randomizzati in due gruppi

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Clinical System Review

12Giorn Gastr Epatol Nutr Ped 2014; Volume VI(4):10-13

per confrontare gli effetti della dieta con e senza glutine sulla motilità e permeabilità intestinale. I pazienti HLA DQ2/8 positivi a dieta con glutine presentavano più movi-menti intestinali, un aumento della permeabilità e un’alterazione dell’espressione delle proteine delle giunzioni cellulari.Ci sono minori informazioni sulla popolazione pediatrica, anche se sembra che anche i bambini presentino come sintomi più frequenti dolore addominale, diarrea cronica, astenia e gonfiore, e spesso una positività degli AGA IgG (6).Per quanto riguarda gruppi di pazienti particolari, l’efficacia della DSG nella popola-zione autistica non è stata provata da studi randomizzati e controllati. In uno studio coinvolgente 140 bambini di cui 37 con autismo, 27 parenti sani di autistici e 76 con-trolli, la popolazione con autismo mostrava livelli di AGA IgG significativamente più alti rispetto ai controlli sani e ai parenti, mentre non si registravano differenze tra i markers sierologici specifici della CD né una chiara associazione tra livelli di AGA IgG e HLA. I pazienti autistici con sintomi gastrointestinali associati presentavano livelli di AGA IgG significativamente più alti rispetto agli autistici senza sintomi gastrointesti-nali. I risultati di questo studio suggeriscono la possibilità che nella popolazione autisti-ca agisca un meccanismo immunitario coinvolgente la gliadina ma diverso dai proces-si coinvolti nella CD. Per ammissione stessa degli autori, questi dati non necessariamente indicano la presenza di sensibilità al glutine nella popolazione autisti-ca, ma piuttosto confermano l’assenza di correlazione tra CD e autismo (7).

PATOGENESILe informazioni sui meccanismi patogenetici della NCGS provengono in larghissima parte da studi condotti su soggetti non sottoposti ad appropriate procedure di challenge. In uno studio condotto da Sapone et al (8) coinvolgente 26 pazienti con NCGS, 42 pa-zienti con CD attiva e 39 controlli, i pazienti con NCGS non presentavano, a differenza di pazienti con CD attiva, aumento della permeabilità intestinale, che anzi risultava si-gnificativamente ridotta rispetto ai controlli sani; parallelamente si osservava su campio-ni bioptici duodenali un aumento della claudina 4, una proteina coinvolta nelle giun-zioni cellulari. Per quanto riguarda i markers immunitari, i campioni dei soggetti con NCGS presentavano mediamente un aumento dei linfociti intraepiteliali CD3 rispetto ai controlli, mentre il livello dei linfociti γδ era paragonabile ai controlli, probabilmente per un meccanismo immunitario diverso rispetto a quello coinvolto nella CD. Valutan-do l’espressione dei Toll Like Receptors (TLRs) 1, 2 e 4, coinvolti nell’immunità innata e noti per essere aumentati nella CD, si è visto che il TLR2 era aumentato nelle biopsie dei NCGS rispetto ai controlli, così come era presente una riduzione nell’espressione di FOXP3 e TGFB1, due molecole marker delle cellule T regolatorie. Anche in questo studio, circa il 50% dei pazienti con NCGS presentava una positività per gli AGA. Que-sti dati suggerirebbero che CD e NCGS siano due entità distinte con diverse risposte mucosali al glutine. Il ruolo dell’immunità nella NCGS è stato esplorato valutando an-che l’espressione di IFN-γ, IL-8, TNF-α, MCP-1, Hsp-27 e Hsp-70, molecole coinvolte nell’immunità innata e adattativa, di MxA, proteina effettrice del pathway dell’IFN-α, e delle cellule CD3, in biopsie di 30 pazienti con NCGS HLA-DQ2 positivi e 15 pa-zienti con CD, tutti a DSG, ottenute prima e dopo un challenge in aperto al glutine. Nello studio in questione (9) si confermava un aumento dei linfociti CD3 nella mucosa dei pazienti con NCGS indipendentemente dal challenge. L’IFN-γ, che nello studio di Sapone risultava più basso nei NCGS rispetto ai CD, aumentava nelle biopsie dei pa-zienti con NCGS in risposta al challenge con glutine, mentre era costitutivamente au-mentato nelle biopsie dei pazienti con CD. Alcuni autori hanno infine riportato una risposta immunitaria innata scatenata da componenti del grano diversi dal glutine, co-me gli amylase/trypsin inhibitors (ATIs) (10), ed è stato ipotizzato un loro ruolo nella genesi della NCGS.

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Giorn Gastr Epatol Nutr Ped 2014; Volume VI(4):10-1313

Sensibilità al glutine non celiaca

Giorn Gastr Epatol Nutr Ped 2014; Volume VI(4):10-13

CONCLUSIONIL’assenza di biomarkers e in molti casi la inadeguatezza delle procedure diagnostiche rendono difficilmente stimabile la prevalenza e le caratteristiche della NCGS. Il ruolo del glutine è ancora da definirsi, così come i meccanismi immunitari eventualmente coinvol-ti. Va infine sottolineato il pericolo, soprattutto nella popolazione adulta, che l’autodia-gnosi di NCGS e l’autoprescrizione della DSG impedisca la corretta diagnosi di CD.

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CORRESPONDING AUTHORRICCARDO TRONCONEDipartimento di Scienze Mediche Traslazionali Sezione di Pediatria Università degli Studi di Napoli Federico II Via Pansini, 5 - 80131 Napoli Tel. + 39 081 7463383 Fax + 39 081 5469811E-mail: [email protected]

Key Points• La “Non Celiac Disease Gluten Sensitivity” (NCGS) è una sindrome complessa, i cui aspetti epide-

miologici, clinici e patogenetici restano da definire.

• L’assenza di biomarkers e la complessità delle procedure diagnostiche rendono difficilmente stima-

bile la prevalenza e le caratteristiche della NCGS.

• La clinica dei pazienti che si ritiene siano affetti da NCGS è varia.

• Oltre al glutine, è possibile la responsabilità di altri componenti della dieta, come i FODMAPs.

• Alcuni studi suggeriscono il possibile ruolo di un meccanismo immunitario, seppur diverso quello

attivo nella celiachia, ma non è possibile escludere al momento alterazioni della motilità intestinale

e/o della sensibilità viscerale

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a cura di

FraNcEScO ciriLLO

Pediatric Hepatology

14Giorn Gastr Epatol Nutr Ped 2014; Volume VI(4):14-18

in the last few years, there has been considerable progress

in the understanding of the role of primary cilia in various human diseases.

They sense the extracellular environment and transduce

signals into appropriate cellular response thus directing embryonic

development and organ function. defects have been associated with a

growing number of pediatric conditions including a number of complex

syndromes and a few of organ-specific conditions.

Hepatic ciliopathies are congenital Hepatic Fibrosis,

caroli Syndrome and disease.

Il cIglIo prImarIo, struttura e funzIoneIl ciglio primario (CP) è un organello subcellulare, altamente conservato durante l’evoluzione, presente in singola copia in numerose linee cellulari. La funzione del-le cilia mobili è nota da tempo ma il CP, immobile, è stato considerato a lungo un organello di secondaria importanza dalla funzione oscura. Tale visione è mutata negli ultimi dieci anni, in parallelo con il tumultuoso incremento della conoscenza della sua ultrastruttura e proteomica (contiene almeno un migliaio di proteine) (1,2).È composto da nove coppie di microtubuli periferici e da un corpo basale che deri-va dal centriolo. Si riconosce poi una zona di transizione composta da fibre a forma di Y che si ancorano alla membrana separando fisicamente e funzionalmente la porzione ciliare da quella cellulare. Esiste inoltre un sistema di trasporto bidirezio-nale altamente specializzato che provvede alla corretta localizzazione delle proteine ed alla loro rimozione. Il CP può definirsi come un sensore universale che permette alla cellula di rilevare un ampio spettro di segnali extracellulari, meccanici, chimici, osmotici, termici, elettromagnetici e di orientare di conseguenza il comportamento cellulare. Esiste inoltre una stretta connessione con il ciclo di replicazione cellulare. Il riassorbimen-to del CP permette la liberazione del corpo basale che andrà poi a formare il cen-triolo maturo il quale, duplicandosi, fornirà gli estremi del fuso mitotico e quindi l’orientamento spaziale della divisione mitotica (1,2).

fIsIopatologIa e spettro clInIco delle cIlIopatIeIl malfunzionamento del CP ha conseguenze sia di tipo malformativo, se il difetto agisce in fase embriogenetica, sia di tipo degenerativo, se perturba la capacità di ri-generazione ed omeostasi di un tessuto. Ad esempio la flessione meccanica determi-na l’aumento della concentrazione intracellulare di Ca attraverso l’apertura dei canali connessi alla policistina 1 e 2 (mutate nella malattia policistica del rene auto-somica dominante). Lo stesso stimolo può avvenire nell’ambito del nodo embriona-rio per rilevare la corrente di fluido extracellulare che regola l’informazione di late-ralità così come nell’ambito del tubulo renale dell’organo adulto per rilevare il flusso di urina. Le conseguenze saranno estremamente diverse: difetti di lateralità vs for-mazioni di cisti tubulari (3).La maggior parte delle ciliopatie può essere definita come “disordine monogenico recessivo”. La correlazione genotipo-fenotipo è estremamente complessa, in prima analisi dipende dal gene coinvolto e dalla gravità della mutazione: una missense de-termina una malattia degenerativa lieve ad insorgenza tardiva, una null una malat-tia disembriogenetica grave ad insorgenza precoce. Sono poi possibili fenomeni di allelismo multiplo ovvero mutazioni eterozigoti in geni funzionalmente correlati che determinano l’insorgenza di malattia così come polimorfismi multipli possono agire come modificatori del fenotipo.Esistono malattie d’organo come la fibrosi epatica congenita o l’amaurosi di Leber e malattie sindromiche nelle quali il quadro clinico è la somma delle singole anoma-lie, variamente combinate, ma con pattern patologici relativamente monotoni (4).

Marco ScivereS epatologia pediatrica e trapianto di fegato, Ismett, university of pittsburgh medical center di palermo

Le ciliopatie, diagnosi e gestione clinica

Key Words Primary cilium, hepatic ciliopathies,

children, Caroli syndrome,congenital hepatic fibrosis

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15Giorn Gastr Epatol Nutr Ped 2014; Volume VI(4):14-18

Nel rene e nel fegato prevale la fibrosi e la formazione di cisti, nell’encefalo la malformazio-ne delle strutture della linea mediana, nell’occhio la degenerazione retinica, così come pos-sono comparire malformazioni della gabbia toracica, polidattilia, difetti di lateralità (situs inversum, malformazioni cardiache), etc. La nefronoftisi, ad esempio può esistere in forma isolata o come parte di sindromi con differente gravità: dal quadro relativamente benigno della sindrome di Senior-Loken fino alle forme gravi di Sindrome di Meckel, incompatibili con la vita già in utero (5).Nel fegato adulto solo i colangiociti sono dotati di CP. Essi rilevano il flusso biliare, la con-centrazione intraluminale di ADP e l’osmolarità della bile (6). L’integrità del sistema ciliare è inoltre cruciale per consentire il normale sviluppo delle strutture duttali. Il coinvolgimento epatico in tutte le ciliopatie ha un aspetto comune che è quello della malformazione del piat-to duttale.Durante la vita fetale il piatto duttale è una struttura canalicolare cilindrica indifferenziata che decorre intorno al ramo venoso portale. L’arresto della maturazione di questa struttura esita in una corona di dotti periferici malformati nell’ambito di una fibrosi portale densa. Anche le strutture biliari di più grosso calibro possono mostrare dilatazioni intra o extraepa-tiche (7).In tabella 1 sono elencate le principali ciliopatie con danno epatico ed il loro possibile substra-to genetico. Tra le ciliopatie epatiche d’organo si distinguono la fibrosi epatica congenita (FEC) e la malattia di Caroli (MC) con la sindrome di Caroli (SC) definita come un overlap tra le due [figura 1].

tabella 1 Elenco delle ciliopatie con interessamento epatico. Sia la fibrosi epatica congenita che la sindrome e la malattia di Caroli sono in realtà quasi sempre associate a vari tipi di nefropa-tia fibrocistica, più spesso ARPKD (autosomica recessiva), ma anche (ADPKD (autosomica dominante) o rene a spugna midollare

malattia geni coinvolti

malattie d’organoFibrosi epatica congenita PKHD1

Sindrome di Caroli PKHD1

Malattia di Caroli ?

sindromi complesseMeckel-Gruber MKS1, TMEM67, CEP290, RPGRIP1L, CC2D2A

Joubert e disordini correlati (incluso COACH)AHI1, NPHP1, CEP290, TMEM67, RPGRIP1L,ARL13B, CC2D2A

Bardet-BiedlBBS1, BBS2, ARL6, BBS4, BBS5, MKKS, BBS7,TTC8, BBS9, BBS10, TRIM32, BBS12, MKS1,CEP290

Oral-facial-digital Type I OFD1

Condrodisplasia di Jeune IFT80

Displasia cranioectodermica ?

Displasia epatorenale e pancreatica NPHP3

Ellis-Van Creveld EVC, EVC2

Mainzer-Saldino ?

Glomerulocystic kidney disease HNF-1b

NefronoftisiNPHP1, INVS, NPHP3, NPHP4, IQCB1, CEP290,GLIS2, RPGRIP1L, NEK8

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Pediatric Hepatology

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la fIbrosI epatIca congenIta/sIndrome dI carolIQueste entità, largamente prevalenti nell’ambito delle ciliopatie epatiche, condividono l’ano-malia istopatologica della malformazione della placca duttale e la fibrosi massiva. Il fegato è aumentato di volume, a contorni irregolari, di consistenza dura con ipertrofia del lobo sinistro ed un margine inferiore quasi orizzontale, spesso apprezzabile appena al di sopra dell’ombe-licale trasversa. La splenomegalia è causata dall’ipertensione portale. I dati di laboratorio sono “inconsueti”: transaminasi, GGT, albumina ed emocoagulazione nella norma, eventuali se-gni di ipersplenismo (leucopenia e trombocitopenia).Nella SC il quadro è più complesso, a quanto descritto si aggiungono delle dilatazioni sac-culari delle vie biliari intraepatiche, spesso le più periferiche, e talvolta la dilatazione fusifor-me del coledoco e delle principali diramazioni (8,9). Una nefropatia fibrocistica si associa nel 90% dei casi.La FEC “isolata” è una entità controversa. Il coinvolgimento renale è talvolta evidenziabi-le solo a livello subclinico. Può coesistere una tipica anomalia del sistema portale: rami portali intraepatici che decorrono duplicati e paralleli alla periferia degli spazi portali (aspet-to “a binario”), forse frutto dell’ostruzione del ramo portale primitivo.La presentazione in epoca perinatale e neonatale è caratterizzata da un fenotipo grave che riflette la presenza di un genotipo più sfavorevole. In essa le caratteristiche malformative predominano e la diagnosi è spesso fatta in utero per la presenza di nefromegalia o cisti renali e oligoidramnios. È frequentemente associata con ipoplasia polmonare e pneumo-torace che richiedono una assistenza ventilatoria prolungata (9). La malattia renale è pre-coce e severa, vi è ipertensione refrattaria ed insufficienza d’organo precoce. La fibrosi epatica in questo contesto assume un ruolo di secondo piano, il fenotipo prevalente è quel-lo della SC e la diagnosi è spesso fortemente suggerita dagli elementi clinici e dall’aspetto d’imaging. La biopsia epatica può non essere necessaria.Quando invece la presentazione clinica si colloca dopo la prima infanzia, il fenotipo pre-valente è quello della FEC paucisintomatica e con malattia renale inapparente o lieve. In questo caso la biopsia epatica spesso è necessaria per apprezzare le lesioni tipiche (9).La storia naturale della malattia non è caratterizzata dallo sviluppo di insufficienza d’or-gano. Le problematiche da gestire sono due: l’ipertensione portale e le colangiti ricorren-ti. La prima è legata alla fibrosi ed è presente in entrambe le varianti cliniche. La gravità

figura 1 Spettro clinico delle ciliopatie epatiche. La cisti del coledoco tipo 5 è una entità controversa, probabilmente parte di questa famiglia di disordini

malformazione piatto duttale, fibrosi sindrome di caroli

malattia di caroli

cisti del coledoco tipo 5?

dilatazione viebiliari intraepatiche

dilatazione viebiliari extraepatiche

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Le ciliopatie, diagnosi e gestione clinica

Giorn Gastr Epatol Nutr Ped 2014; Volume VI(4):14-18

è variabile così come la propensione alla progressione; a 10 anni di età, tuttavia, il 75% dei bambini ha varici esofagee ed il 25% di essi ha sofferto di almeno un episo-dio di sanguinamento (9). La possibilità di andare incontro ad episodi ricorrenti di colangite è strettamente correlata al fenotipo SC (50% almeno un episodio). Il problema clinico può essere relativamente lieve, in caso di episodi sporadici, che coinvolgono germi naïve, privi di significative resistenze agli antibiotici, ma può essere anche drammatico se le dilata-zioni biliari vengono colonizzate da germi multiresistenti. In questo caso gli episodi sono ravvicinati e subentranti e può esistere un rischio quoad vitam. Altre problematiche minori possono essere la presenza di litiasi all’interno delle dila-tazioni biliari, il rischio di colangiocarcinoma che diventa concreto a partire dalla terza decade di vita e l’ insorgenza di episodi di pancreatite qualora alla dilatazione fusiforme del coledoco si sommi una malgiunzione dei dotti biliopancreatici con tratto comune.La gestione della malattia deve tenere conto della complessità del quadro e della malattia renale. Le complicanze dell’ipertensione portale possono essere gestite con-servativamente in maniera piuttosto agevole, la prognosi nei pazienti con un quadro di FEC ad esordio tardivo è generalmente buona, la sopravvivenza con il fegato na-tivo a dieci anni dalla diagnosi supera il 90%. Nei casi di SC, specie se ad esordio precoce, la prognosi è peggiore: a 10 anni dalla diagnosi il 50% dei bambini ha su-bito un trapianto di fegato (9). Le colangiti ricorrenti sono di per sé una indicazione al trapianto: il timing e l’opzione di un trapianto combinato fegato/rene sono ancora oggetto di discussione. La presenza di infezioni ricorrenti controindica il trapianto di rene isolato; non è semplice invece valutare il potenziale residuo ed il ritmo di pro-gressione di malattia del fegato e soprattutto del rene (10). La prognosi della nefro-patia dipende dalla variante clinica. Nella SC è decisamente peggiore: l’80% dei casi svilupperà insufficienza renale in età pediatrica. Non vi è inoltre alcuna corre-lazione tra l’andamento clinico dell’ipertensione portale e la funzione glomerulare: le due problematiche decorrono parallele ed indipendenti.

la malattIa dI carolINel 1958 J. Caroli descrisse per primo la dilatazione congenita delle vie biliari intraepatiche associata a malattia cistica renale. Questa rara variante (incidenza 1:1000000), caratterizzata da ectasia duttale pura senza altre anomalie epatiche, è ora definita come “Malattia di Caroli” ed è comunemente attribuita ad un ar-resto del rimodellamento della placca duttale a livello dei grandi dotti biliari intraepatici. Le dilatazioni biliari nella MC sono più prossimali, numerose e molto spesso ospita-no formazioni litiasiche: ciò condiziona esordio clinico e storia naturale della malat-tia. Le colangiti sono infatti la modalità di presentazione più frequente, ma la MC può essere asintomatica per decadi o essere caratterizzata solo dalla presenza di do-lori addominali ricorrenti ed epatomegalia. Possono coesistere quadri di malattia focale con presenza di parenchima epatico sano: in questi casi il trattamento chirur-gico può consistere nella resezione epatica (segmentale o lobare). Il trapianto di fega-to viene riservato ai casi di malattia bilobare con ricorrenti colangiti o ipertensione portale refrattaria.

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Pediatric Hepatology

18Giorn Gastr Epatol Nutr Ped 2014; Volume VI(4):14-18

Key Points• La disfunzione del ciglio primario determina un gruppo numeroso ed eterogeneo di malattie.

• Vi è ampia variabilità genetica ma lo spettro clinico comprende un limitato numero di manifesta-

zioni d’organo.• La malattia fibrocistica del fegato è frequentemente presente ma, se isolata, configura il quadro

della Fibrosi epatica Congenita e della Malattia e Sindrome di Caroli

• I principali problemi clinici sono l’ipertensione portale e le colangiti ricorrenti.

• La gestione è scarsamente standardizzata e va ottimizzata sul singolo paziente.

3. Waters AM, Beales PL. Ciliopathies: an expanding disease spectrum. Pediatr Nephrol 2011;26(7):1039-56.4. Ferkol TW, Leigh MW. Ciliopathies: the central role of cilia in a spectrum of pediatric disorders. J Pediatr.

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correspondIng authorMARCO SCIVERESEpatologia Pediatrica e Trapianto di FegatoISMETT, University of Pittsburgh Medical Center ItalyVia Tricomi, 1 - 90127 PalermoTel. + 39 0912192111 E-mail: [email protected]

Page 18: giornale di gastroenterologia epatologia e nutrizione pediatrica

a cura di

aNTONELLa diaMaNTiPediatric Nutrition

& Health and food

science

Giorn Gastr Epatol Nutr Ped 2014; Volume VI(4):19-22

Over the two past decades there was an increased

evidence of obesity/overweight at celiac disease onset and in celiac patients who strictly comply with the

gluten-free diet. We reviewed the main pediatric cohort study about this topic to focuse attention on the

pathogenesis and on clinical implications of co-existence,

still unclear, between this two apparently conflicting

conditions.

DefinizioneLa malattia celiaca (MC) è una patologia cronica dell’intestino tenue che colpisce individui geneticamente suscettibili e ha una prevalenza mondiale tra l’1 e il 2% (1).La presentazione clinica della MC nel bambino varia con l’età. I sintomi gastroin-testinali “classici” di malattia (diarrea, distensione addominale e arresto di crescita) sono tipici dei bambini molto piccoli mentre quelli “non classici” (dolore addomi-nale, vomito, costipazione) sono più comuni nei bambini più grandi e negli adole-scenti. In assenza di sintomi gastrointestinali la diagnosi avviene per screening in soggetti asintomatici o in soggetti che presentino condizioni extra-intestinali quali artrite, malattie neurologiche e anemia (2).Negli ultimi due decenni gli esordi di malattia con diarrea e malassorbimento sono progressivamente diminuiti, mentre le manifestazioni non classiche sono aumenta-te. La MC è, pertanto, più spesso associata a uno stato nutrizionale normale o a una condizione di sovranutrizione (2) e diverse casistiche pediatriche (3-10) descrivono la coesistenza tra MC e obesità/sovrappeso. La patogenesi e le implicazioni cliniche di tale associazione sono ancora poco chiare e poco studiate. Alcuni autori hanno suggerito che una dieta priva di glutine (GFD) possa avere un ruolo nelle alterazioni dello stato nutrizionale dei celiaci a distanza dalla diagnosi (3).

MC e sovrappeso/obesità: le eviDenze CliniCheEsistono diversi lavori in età pediatrica [tabella 1], che hanno studiato la prevalenza di sovrappeso/obesità nella MC al momento della diagnosi di malattia e alcuni di questi studi hanno anche seguito nel tempo i soggetti per valutare come si modifica

Teresa CapriaTi1, ruggiero FranCavilla2, Maria sole Basso1, FranCesCa FerreTTi3, MoniCa anCinelli1, anTonella DiaManTi1 1Unità di Gastroenterologia, epatologia e nutrizione, ospedale pediatrico bambino Gesù di roma2Unità di Gastroenterologia, Clinica pediatrica, Università di bari 3Unità Malattie epato-metaboliche, ospedale pediatrico bambino Gesù di roma

Malattia celiaca e obesità: cosa c’è di nuovo da sapere

Key Words Celiac disease, overweight, obesity,

gluten free diet, association

19

tabella 1 Prevalenza dell’associazione tra sovrappeso/obesità e malattia celiaca in diverse casistiche pediatriche

autore (anno) nazione (campione)sovrappeso/obesità

alla presentazione (%)sovrappeso/obesità

a GfD (%)rif. (n°)

Aurangzeb 2010Australia, Nuova Zelanda

(n=25)20.8/0 NR/NR 4

Venkatasubramani 2010 Wisconsin, USA

(n=143)NR/5 NR/3 5

Balamtekin 2010Ankara, Turchia

(n=220)NR/0.5 NR/NR 6

Valletta et al 2010Italia

(n=149)11/3 21/4 7

Reilly et al 2011New York, USA

(n=142)12.6/6 20/4 9

Norsa et al 2013Italia-Israele

(n=114)8.8/5.3 11.5/8.8 10

Brambilla et al 2013Italia

(n=150)11.3/0.7 9.4/0 8

gFD: dieta priva di glutine (gluten free diet) nr: non riportato

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Pediatric Nutrition & health and food science

20Giorn Gastr Epatol Nutr Ped 2014; Volume VI(4):19-22 Giorn Gastr Epatol Nutr Ped 2014; Volume VI(4):19-22

tale prevalenza di sovrappeso/obesità in relazione alla GFD: i risultati sono quanto mai variabili. Alcuni autori riportano che la prevalenza di sovrappeso (BMI z-score > + 1) e di obesità (BMI z-score > 2) riscontrati alla diagnosi aumenti in modo significativo dopo l’ini-zio della GFD: la percentuale di sovrappeso infatti raddoppierebbe (7). Brambilla e coll (8), al contrario, hanno confrontato 150 bambini con MC a dieta priva di glutine con 288 bambini sani abbinati per sesso ed età e hanno notato che, tra la diagnosi di MC e l’ultima valutazione clinica, la mediana del BMI dei pazienti con MC è significa-tivamente inferiore a quella dei controlli. I bambini con MC sono meno frequentemente sovrappeso/obesi (12% vs 23.3%) e più frequentemente sottopeso (16 % vs 4.5 %) rispetto ai controlli. Con la dieta priva di glutine si osserva una forte diminuzione del numero dei soggetti sottopeso e un leggero aumento del numero di soggetti in sovrappeso. Anche Reilly e coll (9) hanno studiato 142 bambini con nuova diagnosi di MC: di questi quasi il 19% pre-senta un BMI elevato (12.6% sovrappeso, obesi 6%) e il 74.5% presenta un BMI normale. Il 75% dei pazienti con elevato BMI alla diagnosi mostra una diminuzione del BMI dopo la GFD. Tra i pazienti con un BMI normale al momento della diagnosi, lo z-score del peso aumenta in modo significativo dopo la dieta e il 13% di questi pazienti diventa sovrappeso. In questa indagine l’insorgenza del sintomo nel 28% dei pazienti con MC in sovrappeso è il dolore addominale e in un altro 28 % la diagnosi di MC è stata effettuata sulla base di un test di screening. Anche Venkatasubramani et al (5) riportano il dolore addominale come uno dei sintomi più frequenti di esordio della MC in pazienti in sovrappeso: nel loro studio la diagnosi di MC è basata in almeno ¼ dei pazienti sovrappeso sul test di screening. Brambil-la et al (8) affermano, infatti, che la ricerca dei pazienti con MC tramite test di screening, e non sulla base dei sintomi, può aumentare la probabilità di trovare soggetti celiaci sovrap-peso/obesi alla diagnosi. Un altro studio multicentrico trasversale (10), analizza i dati di 114 bambini con MC in remissione sierologica, che sono a GFD da almeno un anno. Alla diagnosi si riscontra sottopeso (BMI < 5°centile) nel 9.6% di tutti i pazienti, peso normale (BMI dal 5° all’85°centile) nel 76.3 %, sovrappeso (BMI dall’85° al 95°centile) nell’8.8% e obesità (BMI > 95°centile) nel 5.3%. Dopo GFD la prevalenza di sovrappe-so e obesità diventa rispettivamente 11.4% e 8%.

MC e sovrappeso/obesità: linK patoGenetiCisovrappeso e obesità nei pazienti con nuova diagnosi di MC:un caso o rapporto causa-effetto?La coesistenza tra sovrappeso/obesità e MC appare come una sorta di paradosso in consi-derazione della condizione di atrofia intestinale che accompagna tipicamente la MC. Semeraro ha ipotizzato che nei celiaci l’atrofia del duodeno-digiuno (più spiccata nel duo-deno distale e nel digiuno prossimale) potrebbe essere compensata da un assorbimento maggiore nei segmenti intestinali distali (11) grazie ad un processo simile a quello dell’adat-tamento intestinale dopo una resezione chirurgica. I cambiamenti strutturali e funzionali della mucosa conseguenti all’atrofia del tratto interessato, infatti, comportano un aumento dell’atteggiamento assorbente intestinale dei tratti conservati e quindi, in alcuni casi, una estrazione di energia maggiore rispetto agli effettivi fabbisogni del bambino (11). Tale ipo-tesi non è al momento dimostrata ma è in linea con alcune evidenze presenti in letteratura:• adolescenti celiaci sovrappeso/obesi a GFD da anni possono ancora presentare atrofia dei villi alle biopsie digiunali

• obesità e sovrappeso sono più frequenti nei bambini più grandi e negli adulti (l’adatta-mento richiede tempo per svilupparsi)

• non c’è correlazione tra la gravità di presentazione della MC e il grado di atrofia dei villi (12) o l’estensione del danno nell’intestino coinvolto (13) (l’aspetto funzionale della mucosa potrebbe essere più importante di quello morfologico nello spiegare la gravità dei sintomi di presentazione).

Un’altra possibile spiegazione di tale associazione all’esordio di malattia potrebbe essere

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Giorn Gastr Epatol Nutr Ped 2014; Volume VI(3):19-2321

Giorn Gastr Epatol Nutr Ped 2014; Volume VI(4):19-22

Malattia celiaca e obesità: cosa c’è di nuovo da sapere

non di tipo causale ma, per così dire, casuale ossia potrebbe semplicemente riflettere la pre-disposizione individuale (genetica, nutrizionale e ambientale) e la naturale tendenza all’au-mento della prevalenza mondiale del sovrappeso/obesità in età pediatrica.È noto, infatti, che negli ultimi due decenni il numero di bambini in sovrappeso e obesi è notevolmente aumentato e si stima che continuerà ad aumentare fino a raggiungere i 60 milioni di bambini entro il 2020 (14).

sovrappeso e obesità nei pazienti con MC a dieta: la GfD ha un effetto?Sovrappeso o obesità si possono sviluppare nei pazienti con MC anche dopo l’esclusione del glutine dalla dieta e indipendentemente dallo stato nutrizionale di base alla diagnosi. I principali studi effettuati in tal senso in età pediatrica riportano una normalizzazione del BMI nei pazienti sottopeso e sovrappeso a GFD (4-10).La guarigione della mucosa dopo l’avvio della GFD potrebbe essere responsabile della nor-malizzazione del BMI sia nei pazienti sottopeso che nei pazienti sovrappeso, come conse-guenza del recupero di una funzione assorbente e di un bilancio energetico regolare.Alcuni autori suggeriscono invece che la GFD possa essere causa di sviluppo di obesità/sovrappeso nei celiaci poiché la poca palatabilità di alcuni alimenti senza glutine induce una preferenza verso alimenti iperproteici e iperlipidici con una eccessiva assunzione di energia e incremento ponderale (3). Mariani et al (3) hanno esaminato le abitudini alimenta-ri e la composizione della dieta di 47 adolescenti con MC rispetto a 47 soggetti di controllo sani di pari età. I pazienti celiaci vengono suddivisi in due sottogruppi a seconda dell’ade-renza alla GFD (gruppo 1A: aderenti alla GFD; gruppo 1B: non aderenti alla GFD). Tra i pazienti con MC, nel gruppo 1A, l’assunzione totale di calorie, lipidi e proteine risulta au-mentata rispetto al gruppo 1B e infatti nel gruppo 1A il sovrappeso/obesità è più frequente (72%) che nel gruppo 1B (51%) e nei soggetti di controllo (47%).Diversi studi, in bambini ed adulti, confermano che la GFD a lungo termine può non es-sere nutrizionalmente equilibrata. Alcuni studi sottolineano che la GFD è caratterizzata da un elevato apporto di zuccheri semplici, basso apporto di carboidrati complessi e fibre e alto apporto di proteine e grassi saturi (3,15). Altri studi, al contrario, riscontrano un ridotto apporto calorico nei pazienti a GFD. Tali dati contrastanti, se da un lato spiegano la varia-bilità delle tendenze antropometriche in pazienti celiaci a dieta, non chiariscono di fatto se e come la GFD sia in grado di favorire lo sviluppo di sovrappeso/obesità.D’altra parte, come già detto a proposito dello stato nutrizionale dei celiaci alla diagnosi, la crescente tendenza mondiale al sovrappeso/obesità potrebbe spiegare perché i pazienti celiaci anche in GFD possano sviluppare una condizione di sovrappeso.I cambiamenti delle abitudini alimentari che inducono lo sviluppo di obesità sono proba-bilmente condivisi da pazienti celiaci a dieta e da popolazione di riferimento (non celiaca o celiaca non aderente alla GFD).

ConClUsioniIl sovrappeso e l’obesità sono più comuni nei bambini con MC di quanto prima riconosciu-to. Lo screening di tale tipo di pazienti viene effettuato o per familiarità o per la presenza di sintomatologia non classica (dolore addominale prevalentemente).La patogenesi di tale associazione non è al momento chiara sebbene alcuni autori suggeri-scano che la GFD possa avere un ruolo.In realtà è possibile che la GFD porti i pazienti a selezionare alimenti ad alto contenuto calorico, lipidico e proteico ma non vi è, al momento, evidenza statisticamente significativa nelle casistiche considerate che essa favorisca la condizione di obesità/sovrappeso.D’altra parte l’associazione della MC con il sovrappeso/obesità sia alla diagnosi che duran-te il follow-up è influenzata dalla crescente tendenza mondiale verso la sovranutrizione. Tale tendenza ragionevolmente coinvolge anche i pazienti celiaci e implica che una diagno-si di MC debba oggi essere sospettata, sulla base della clinica e/o della familiarità, e atten-tamente vagliata anche nel caso di bambini in sovrappeso o obesi.

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Pediatric Nutrition & health and food science

22Giorn Gastr Epatol Nutr Ped 2014; Volume VI(4):19-22 Giorn Gastr Epatol Nutr Ped 2014; Volume VI(4):19-22

Key Points• La prevalenza di sovrappeso nei bambini con MC alla diagnosi varia dall’ 8,8 al 20,8 % (4, 7-10) e

dopo l’avvio della GFD dal 9,4 % al 21 % (7-10).

• La prevalenza di obesità nei bambini celiaci alla diagnosi varia dallo 0 % al 6 % (5-10) e dopo l’avvio

della GFD dallo 0% all’8,8 % (5, 7-10).• Sebbene la GFD porti i pazienti a preferire alimenti ad alto contenuto calorico, lipidico e proteico

non vi è, al momento, evidenza statisticamente significativa nelle casistiche considerate che essa

favorisca la condizione di obesità/sovrappeso (3).

• L’associazione fra sovrappeso/obesità e MC all’esordio di malattia e durante il follow-up potrebbe

riflettere anche la predisposizione individuale (genetica, nutrizionale e ambientale) e la naturale ten-

denza all’aumento della prevalenza mondiale del sovrappeso/obesità in età pediatrica (14).

• La diagnosi di MC andrebbe considerata anche nei bambini sovrappeso/obesi soprattutto in presen-

za di familiarità per celiachia e in presenza di sintomi atipici (soprattutto dolore addominale) (5,8).

biblioGrafia1. Husby S, Koletzo S, Korponay-Szabò IR et al. European Society for Pediatric Gastroenterology, Hepatology

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CorresponDinG aUthorTERESA CAPRIATIUnità di Gastroenterologia, Epatologia e NutrizioneOspedale Pediatrico Bambino Gesù di Roma Piazza Sant’Onofrio, 4 - 00165 RomaTel. + 39 06 68592329 Fax + 39 06 68593889E-mail: [email protected]

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a cura di

BarBara BiZZarriTraining and

Educational corner

Giorn Gastr Epatol Nutr Ped 2014; Volume VI(4):23-26

chronic constipation, likewise in adult patients, is a common pediatric problem in primary care and tertiary

referral centers. children with severe constipation unresponsive to dietary, behavioral and medical

treatment require further investigation. ano-rectal

manometry, colonic transit times and, in some centers,

colonic manometry may help a better management of

chronic constipation.

IntroduzIoneLa stipsi cronica è un’entità clinica molto comune in età pediatrica con una preva-lenza compresa tra lo 0.3-8%. Nel 90-95% dei casi si tratta di stipsi cronica funzio-nale la cui diagnosi è essenzialmente clinica; tuttavia, in alcuni pazienti è richiesto un approfondimento diagnostico. La diagnostica strumentale si fonda principal-mente su esami di cui si dovrebbero conoscere indicazioni, vantaggi e limiti al fine di migliorare il management del paziente con stipsi cronica. Tali test comprendono:

ManoMetrIa anorettaledescrizione della tecnicaLa manometria anorettale (MAR) fornisce una valutazione quantitativa e quali-tativa delle funzioni motorie anorettali e in particolar modo dello sfintere anale (interno ed esterno) il cui normale funzionamento esprime la perfetta coordina-zione tra il sistema nervoso autonomo e somatico. Esistono due tipi di catetere: il catetere a perfusione ad acqua o il catetere allo stato solido. Il paziente viene posizionato sul lato sinistro con ginocchia flesse a 90° e il catetere lubrificato viene inserito fino a 10-15 cm dal margine anale. Suc-cessivamente mediante la tecnica del “pull-trough” viene individuata una zona di alta pressione che corrisponde allo sfintere anale interno (SAI).

Interpretazione dei risultatiViene valutata la funzione sfinteriale, attraverso l’analisi dei seguenti aspetti:• pressione a riposo (resting pressure): valuta la pressione involontaria dello SAI a ripo-so per mantenere la continenza

• ponzamento (squeezing pressure): valuta la pressione sfinteriale durante la manovra di evacuazione volontaria

• RAIR (recto anal inhibitory reflex): valuta la funzionalità dell’innervazione intrinseca (plesso mienterico). Si evoca riempendo rapidamente il palloncino con volumi d’aria sempre crescenti. È di fondamentale importanza nel sospetto di malattia di Hirschsprung, poiché la sua presenza esclude tale patologia. In caso di assenza del riflesso è indicato effettuare una biopsia rettale profonda (suction biopsy), almeno 3-4 cm sopra la linea pettinata onde evitare la zone di fisiologica aganglionosi, per confermare o escludere la diagnosi di M. Hirschsprung.

Indicazioni all’indagine

Giuseppe paGliaro1, Giovanni Di narDo1, euGenio ruGGeri2, Mauro serra2, GiacoMo caio2, salvatore cucchiara1, roberto De GiorGio2 1dipartimento di Pediatria, Sapienza - università di roma2dipartimento di Scienze Mediche e Chirurgiche, università di Bologna e azienda ospedaliero universitaria di Bologna

Diagnostica strumentaledella stipsi cronica

Key Words Anorectal manometry, constipation, colonic manometry, barium enema,

colonic transit time, hirschsprung disease

23

• Diagnosi di Malattia di Hirschsprung• Diagnostica differenziale nella stipsi cronica refrattaria alla terapia medica• Pre/post-chirurgia anorettale nella valutazione degli “outcome funzionali”.

• manometria anorettale• manometria del colon• studio del tempo di transito intestinale• clisma opaco.

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Training and Educational Corner

24Giorn Gastr Epatol Nutr Ped 2014; Volume VI(4):23-26

limiti

ManoMetrIa del Colondescrizione della tecnicaLa manometria del colon valuta l’attività pressoria intraluminale del colon e del retto, for-nendo informazioni sugli aspetti qualitativi e quantitativi della motilità del colon. Esistono due tipi di cateteri: a perfusione ad acqua e allo stato solido. Il catetere manometrico viene posizionato tramite endoscopia sotto guida fluoroscopica nel colon ascendente o nel tra-sverso. Il periodo di registrazione può andare da poche ore fino a 24 ore, ma solitamente il protocollo di studio include 1 ora di registrazione a digiuno e almeno 1 ora di registrazione dopo un pasto altamente calorico; in alcuni casi viene effettuata una stimolazione farmaco-logica della motilità mediante somministrazione di bisacodile (casi in cui si vuole effettiva-mente appurare la presenza di una inertia coli in pazienti con severa slow transit constipation).

Indicazioni all’indagine

Interpretazione dei risultatiNell’analisi del tracciato vengono valutati principalmente le HAPCs (high amplitude propa-gated contractions, contrazioni propagate di alta ampiezza) [Figura 1], definite come una contrazione del colon > 60 mmHg in ampiezza, propagata per almeno 30 cm. A tutt’oggi, sono con-siderate il più importante indicatore dell’ integrità neuromuscolare del colon.

• Scarsità dei valori di riferimento nei soggetti sani• Mancanza di uniformità nella metodologia d’esecuzione tra i vari centri• Difficoltà di esecuzione nei bambini molto piccoli e poco collaboranti (in questi casi, per la

diagnosi di malattia di Hirschsprung, è fondamentale l’esecuzione di una biopsia rettale per suzione con relativo esame istopatologico).

• Pazienti con disordini gastrointestinali funzionali conseguenti a sospette patologie neuro-muscolari del colon

• Valutazione e guida di un eventuale intervento chirurgico nei pazienti con stipsi refratta-ria (ossia severa slow transit constipation/inertia coli)

• Studio dei pazienti che presentano disordini della defecazione precedenti la chirurgia per malattia di Hirschsprung.

Figura 1 Esempio di high amplitude propagated contractions (HAPCs) (contrazioni propagate ad elevata ampiezza)

Cieco

Colon ascendente

Colon traverso prossimale

Colon traverso distale

Colon discendente

Sigma prossimale

Sigma distale

retto

100 mmHg

2 minuti

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Giorn Gastr Epatol Nutr Ped 2014; Volume VI(3):19-2325

Diagnostica strumentale della stipsi cronica

Giorn Gastr Epatol Nutr Ped 2014; Volume VI(4):23-26

limiti

StudIo del teMPo dI tranSIto InteStInaledescrizione della tecnicaQuesta metodica permette di studiare il tempo di transito intestinale mediante la som-ministrazione orale di marcatori radiopachi, valutandone il numero rimasto dopo un certo arco di tempo per identificare il segmento del colon nel quale rallentano mag-giormente. La maggior parte dei pazienti assume al mattino del 1° giorno del test 20 marcatori radiopachi e successivamente in 5° giornata viene eseguita una radiografia diretta dell’ addome.L’esame è considerato normale quando più dell’80% dei marcatori non è più visibile nel colon alla lastra di controllo effettuata in 5° giornata.

Indicazioni all’ indagine

analisi dei risultatiNell’analisi dei dati si valuta principalmente il tempo di transito totale che viene defi-nito alterato se è maggiore di 62 h.Attraverso modifiche dell’introduzione dei marcatori radiopachi per os (a quantità refratte nel tempo) può anche essere definito il tempo di transito per ogni singolo seg-mento colico.

limiti

ClISMa oPaCodescrizione della tecnicaÈ una metodica radiologica che studia l’intestino crasso mediante l’uso di un mezzo di contrasto, generalmente solfato di bario, somministrato tramite una sonda per via rettale in un colon studiato senza una specifica preparazione intestinale.Esso viene esaminato mediante l’acquisizione di multiple proiezioni (laterale, frontale e obliqua).

Indicazioni all’indagine e limitiIn passato veniva effettuato in caso di stipsi refrattaria o sospetta malattia di Hirschsprung; nelle nuove linee guida non è più raccomandato come test diagnostico in fase iniziale per la valutazione della stipsi poiché non rappresenta una valida alternativa alla manometria rettale o, nel paziente pediatrico entro i primi 2 anni di vita, alla biopsia rettale.Può essere indicato per definire l’estensione del tratto verosimilmente agangliare prima dell’intervento chirurgico per Hirschsprung.

• È richiesto un ricovero ospedaliero con esame endoscopico• Il posizionamento e il mantenimento nel colon ascendente non è sempre possibile• Pochi centri specializzati effettuano tale metodica la quale, per ora, ha più finalità di studio

fisiopatologico che di test utile nel management diagnostico.

• Storia di stipsi refrattaria ai trattamenti convenzionali con diagnosi clinica non ben definita• Diagnosi differenziale tra stipsi funzionale e incontinenza fecale funzionale non ritentiva.

Pur essendo una tecnica semplice, non invasiva e poco costosa, l’accuratezza diagnostica può essere inficiata da vari fattori (fra questi ad esempio l’assunzione di lassativi durante i 5 giorni dell’esame).

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Training and Educational Corner

26Giorn Gastr Epatol Nutr Ped 2014; Volume VI(4):23-26

analisi dei risultatiSi basa sulla valutazione del calibro del colon, l’identificazione di una zona di “transizio-ne” tra un segmento aganglionico e uno ganglionico e la definizione della lunghezza approssimativa del segmento aganglionico. Suggestiva di malattia di Hirschsprung è l’immagine “a fumaiolo” evidenziabile in proiezione latero-laterale [Figura 2].

Figura 2 Tipica immagine “a fumaiolo” in proiezione latero-laterale durante un clisma opaco di un paziente con Hirschsprung

BIBlIograFIa1. Tabbers MM, Dilorenzo C, Berger MY et al. Evaluation and Treatment of Functional Constipation in

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Key Points• Nel management della stipsi

cronica, la diagnostica stru-mentale è indicata in un sot-togruppo di pazienti, soprattut-to i non responsivi alla terapia medica.

• La manometria anorettale è fondamentale per identifica-re la malattia di Hirschsprung quale causa di stipsi.

• La manometria del colon può essere di ausilio nello studio delle alterazioni motorie e nella valutazione della sua integrità neuromuscolare.

• La variante ad alta risoluzione della manometria del colon renderà possibile un migliora-mento nell’interpretazione dei risultati.

• L’utilizzo del clisma opaco nello studio della stipsi cronica non è più raccomandato come test diagnostico in fase iniziale.

CorreSPondIng autHorRobERto DE GIoRGIoPoliclinico S. orsola-MalpighiVia Massarenti, 9 - 40138 bolognatel. + 39 051 6363558Fax + 39 051 345864E-mail: [email protected]

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COMMISSIONI PERMANENTICOMMISSIONE EDITORIAResponsabile di CommissioneDirettore Editoriale Portale SIGENPDirettore Responsabile Portale SIGENP

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Giovanna Clerici Editore Area Qualità - Milano

Giovanna Clerici Editore Area Qualità - Milano

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Responsabili di Commissione

COMMISSIONE FORMAZIONE E AGGIORNAMENTOSalvatore Cucchiara - RomaSilvia Salvatore - Varese

IMIBD Immunologia Microbiologia e Malattie Infiammatorie IntestinaliCoordinatore di AreaSegretario

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Malattie del Fegato Vie Biliari e PancreasCoordinatore di AreaSegretario

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Neurogastroenterologia e Malattie Acido CorrelateCoordinatore di AreaSegretario

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Malattie Correlate ad Alimenti e Nutrizione

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Coordinatore di AreaSegretario

Sergio Amarri - Reggio Emilia Antonella Lezo - Torino

Per le Malattie Correlate ad Alimenti

Per le Malattie Correlate alla Nutrizione

Endoscopia e Indagini Diagnostiche StrumentaliCoordinatore di AreaSegretario

Filippo Torroni - RomaSerena Arrigo - Como

AREE

RESPONSABILI REGIONALI SIGENPAbruzzo Molise Giuliano LombardiCalabria Licia Pensabene Campania Pietro VajroEmilia Romagna Miris Marani Friuli V. Giulia Stefano Martelossi Lazio Antonella Diamanti

Liguria Paolo Gandullia Lombardia Costantino De Giacomo Marche Antonio Carlucci Piemonte Cristiana Barbera Puglia Basilicata Flavia Indrio Sardegna Georgios Loudianos

Sicilia Occidentale Giuseppe Iacono Sicilia Orientale Giuseppe Magazzù Toscana Paolo Lionetti Trentino A. Adige Carlo Polloni Umbria Giuseppe Castellucci Veneto Mauro Cinquetti

Biomedia srlVia Libero Temolo, 4 - 20126 MilanoTel. 02 45498282 int. 215 - Fax 02 45498199E-mail: [email protected]

SEGRETERIA SIGENP LA SEGRETERIA AMMINISTRATIVAIL SEGRETARIO NAZIONALEDott.ssa Elena Maria LionettiPoliclinico Universitario di CataniaVia Francesco Crispi 177 - 95131 CataniaE-mail: [email protected]

Biomedia srlVia Libero Temolo, 4 - 20126 MilanoTel. 02 45498282 int. 215 - Fax 02 45498199E-mail: [email protected]

CONSIGLIO DIRETTIVOPresidenteVice-PresidenteSegretarioTesoriereConsiglieri

Carlo CatassiClaudio RomanoElena Maria LionettiRenata AuricchioAntonella Diamanti, Erasmo Miele, Licia Pensabene

Page 27: giornale di gastroenterologia epatologia e nutrizione pediatrica

I VAntAGGI DI ESSErE SoCI SIGEnP

glI SCoPI PrInCIPalI della SoCIetà Sono:• Promuovere studi di fisiopatologia dell’intestino, del fegato, del pancreas e di nutrizione clinica in età pediatrica,

con particolare attenzione agli aspetti multidisciplinari; • Promuovere attività di educazione scientifica dei giovani ricercatori; • Promuovere la standardizzazione di metodologie cliniche; • Promuovere le conoscenze in gastroenterologia pediatrica attraverso l’aggiornamento dei pediatri; • Elevare la consapevolezza sull’importanza delle patologie croniche dell’apparato digerente e del fegato in età pediatrica; • tutelare la salute supportando la ricerca e l’educazione sulle cause, sulla prevenzione e sul trattamento delle malattie

dell’apparato digerente e del fegato; • Sviluppare le relazioni scientifiche con le altre Società italiane e internazionali e le attività di ricerca in gastroenterologia,

epatologia e nutrizione pediatrica; • Promuovere la cooperazione scientifica con l’industria al fine di facilitare il raggiungimento degli scopi societari.

CoME SI DIVEntA SoCI DEllA SIGEnPL’iscrizione alla SIGENP come Socio è riservata a coloro che, essendo iscritti alla Società Italiana di Pediatria, dimostrano inte-resse nel campo della Gastroenterologia, Epatologia e Nutrizione Pediatrica. I candidati alla posizione di Soci SIGENP devono compilare una apposita scheda con acclusa firma di 2 Soci presentatori. I candidati devono anche accludere un curriculum vitae che dimostra interesse nel campo della Gastroenterologia, Epatolo-gia e Nutrizione Pediatrica.In seguito ad accettazione della domanda da parte del Consiglio Direttivo SIGENP, si riceverà conferma di ammissione ed indicazioni per regolarizzare il pagamento della quota associativa SIGENP.

Soci ordinari e aderenti - Dall’anno 2013 i Soci potranno scegliere tra le seguenti opzioni:- solo quota associativa annuale SIGENP senza abbonamento DLD (anno solare) € 35.- quota associativa annuale SIGENP con abbonamento DLD on-line (anno solare) € 75.

Soci junior: quota associativa annuale SIGENP con DLD on-line (anno solare) € 30.

I BeneFICI ConCeSSI aI SoCI Sono:• La possibilità di partecipare agli studi multicentrici proposti o di essere promotori lori stessi di nuovi;• La possibilità di accedere alle aree riservate del portale SIGENP che contengono le linee guida elaborate dalla Società,

articoli scelti dalla letteratura nazionale ed internazionale, l’elenco dei progetti in corso ancora aperti, tutte le informazioni della vita della Società, i bandi delle borse di studio;

• La possibilità di partecipare ai bandi per vincere le borse di studio che annualmente vengono bandite per premiare i progetti di studio più meritevoli;

• L’abbonamento al Giornale SIGENP;• La quota ridotta di iscrizione al congresso nazionale.

Per chi è interessato la scheda di iscrizione è disponibile sul portale SIGEnP www.sigenp.org

Segreteria SIgenP Biomedia srl

Via Libero temolo, 4 - 20126 Milano tel. 02 45498282 int. 215 - Fax 02 45498199

E-mail: [email protected]

Page 28: giornale di gastroenterologia epatologia e nutrizione pediatrica

a cura di

FOrTuNaTa ciViTELLi

iBd Highlights

Giorn Gastr Epatol Nutr Ped 2014; Volume VI(4):29-33

inflammatory bowel diseases (iBd) including crohn’s disease (cd), ulcerative

colitis and iBd undefined, present a chronic relapsing

course causing heavy morbidity and impairment of quality of life. recently,

therapeutic aims of iBd have moved from symptomatic control to the achievement

of mucosal healing and deep remission. This has

been possible with the advent of disease-modifying

drugs, able to interrupt the inflammatory cascade underlying iBd, such as the biological agents. The latter

are usually administered in subjects refractory to conventional therapies. However, their use in the

initial phases of the disease could shutdown deeply the

inflammatory process.

IntroduzIoneLa malattia di Crohn (Crohn’s disease, CD) è una malattia infiammatoria cro-nica dell’intestino che colpisce primariamente soggetti giovani-adulti. Dati epi-demiologici mostrano come negli ultimi decenni ci sia stato un aumento di in-cidenza nei paesi cosiddetti “industrializzati” e più recentemente anche in paesi in via di rapido sviluppo economico. Parallelamente, l’incidenza della CD è aumentata anche in età pediatrica e ad oggi circa il 25% dei pazienti riceve una diagnosi prima dei 18 anni (1). La CD è caratterizzata da un decorso clinico variabile con periodi di acuzie alternati a periodi di remissione e tipicamente ha un carattere evolutivo, con possibile sviluppo nel corso degli anni di complicanze disabilitanti (quali steno-si, fistole e ascessi) e ricorso ad intervento chirurgico (2).

obIettIvI terapeutIcILa migliore comprensione dell’andamento di questa malattia e l’introduzione di farmaci sempre più efficaci ha fatto emergere la necessità di un cambiamen-to nella gestione delle malattie infiammatorie croniche intestinali, mirato a mo-dificarne la storia naturale. In passato, infatti, il principale outcome delle terapie mediche nel-la CD era la remissione clinica intesa esclusivamente come risolu-zione dei sintomi mentre attualmente gli obiettivi da porsi sono molto più complessi, tra cui la modifica del decorso clinico e l’ar-resto della progressione, la riduzione del ricorso alla chirurgia, delle ospedalizzazioni e dei trattamenti con corticosteroidi (3). In aggiunta ai precedenti, obiettivi terapeutici peculiari dell’età pediatrica sono la promozione ed il mantenimento di un’adeguata crescita staturo ponderale e di un adeguato sviluppo puberale (4).Numerosi studi hanno dimostrato l’assenza di correlazione tra attività clinica, endoscopica e biologica nella CD, e che la persistenza di infiammazione sub-clinica si associ ad un progressivo danno a livello intestinale con possibile svilup-po di complicanze nel lungo termine. La guarigione mucosale (mucosal hea-ling, MH), seppure con i limiti di un tipico coinvolgimento “trans-murale” della parete intestinale nella CD, è emersa pertanto come obiettivo terapeutico primario nei trial e nella pratica clinica in quanto associata ad una remissione prolungata nel tempo ed un decrescente bisogno di un trattamento attivo nelle IBD (5). Recentemente, è stato proposto un nuovo endpoint compo-sito, la cosiddetta remissione completa (“deep remission”), ovvero il concomitante raggiungimento della remissione clinica e della re-missione endoscopica, associato a remissione prolungata nel tem-po, minor necessità di ricorso alla chirurgia e miglioramento della qualità di vita dei pazienti (6). Tale definizione è stata ampliata da altri autori con l’aggiunta del concetto di “remissione biologica”, intesa come nor-malizzazione dei marcatori sierologici (Proteina C reattiva) e/o fecali (calpro-

Federica Nuti1, daNiela Pugliese2, alessaNdro armuzzi2

1u.o.c. di Gastroenterologia ed epatologia pediatrica, policlinico umberto I, Sapienza università di roma2Ibd unit, complesso Integrato columbus, università cattolica del Sacro cuore di roma

Nuovi obiettivi terapeutici nella malattia di Crohn: il punto di vista del gastroenterologo pediatra e del gastroenterologo dell’adulto

Key Words Clinical remission, mucosal healing,

deep remission, modification of the disease course, personalized therapeutic approach

29

Page 29: giornale di gastroenterologia epatologia e nutrizione pediatrica

IBD Highlights

30Giorn Gastr Epatol Nutr Ped 2014; Volume VI(4):29-33 Giorn Gastr Epatol Nutr Ped 2014; Volume VI(4):29-33

tectina) (7). Sebbene in numerosi trial clinici (prevalentemente quelli in cui sono stati testati i farmaci biologici), il MH, inteso come assenza di lesioni endoscopiche all’ileo-colonscopia, sia annoverato tra gli endpoints primari, ad oggi non ne esiste ancora una definizione universale. È dibattuto infatti se considerare in remissione mucosale solo i pazienti che non abbiano alcuna attività endoscopica (completa) o anche coloro che presentino ancora una minima attività residua (parziale). Studi futuri inoltre saranno necessari per standardizzare precisi criteri di definizione di MH, attraverso i due scores endoscopici più utilizzati nei trials, ovvero il Crohn’s Disease Endoscopic Index (CDEIS) ed il Simple Endoscopic Score for Crohn’s Disease (SES-CD). (8) È importante sottolineare che la guarigione mucosale potrebbe non riflettere a pieno l’effettiva risoluzione del danno parietale poiché la CD è caratterizzata da un processo infiammatorio che interessa la parete intestinale a tutto spessore.A partire da queste considerazioni, recenti studi hanno confrontato i dati endoscopici con la valutazione della guarigione trans-parietale attraverso metodiche di “imaging” quali entero-risonanza magnetica, entero-TAC ed ecografia (in particolare l’ecografia con mezzo di contrasto orale- SICUS: small intestine contrast ultrasonography) (9), suggerendo che una completa guarigione transparietale è presente solo in una piccola percentuale di pazienti.Esistono tuttavia numerose evidenze che il raggiungimento del MH si associ ad un più favorevole andamento nel lungo termine dei pazienti adulti affetti da CD.Nel sotto-studio endoscopico del trial ACCENT 1, i pazienti trattati con infliximab che ottenevano il MH avevano un minor rischio di recidiva e di ospedalizzazioni cor-relate alla malattia (10). Nel follow-up a lungo termine dello studio Step-up/Top down, coloro che a 2 anni erano in MH (significativamente più numerosi nel braccio trattato con approccio “top-down”) avevano una maggiore probabilità di mantenere la remis-sione clinica senza steroidi, necessità di ulteriori infusioni di infliximab e di ricorso alla chirurgia fino al quarto anno (11).Uno studio retrospettivo belga che ha incluso 214 pazienti con CD seguiti nel lungo termine, ha evidenziato come i pazienti in cui venisse riscontrata la presenza di MH presentavano un maggiore beneficio clinico e un decrescente bisogno di chirurgia e ospedalizzazioni (12). Recentemente nello studio EXTEND, in cui è stato confrontato l’adalimumab versus placebo come terapia di mantenimento in pazienti affetti da CD, la remissione com-pleta profonda (deep remission), ovvero l’associazione di remissione clinica (intesa co-me presenza di un CDAI score < 150 punti) e di remissione endoscopica, è stata con-siderato come obiettivo primario.Dopo un anno di trattamento, nel braccio attivo, si è registrato un tasso di remissione completa o profonda di circa 19.4%, mentre nessuno dei pazienti trattati con placebo raggiungeva questo obiettivo (6). Negli ultimi tempi, mutuando l’esperienza in altre patologie infiammatorie croniche come l’artrite reumatoide o la sclerosi multipla, sta emergendo l’idea di diversificare gli obiettivi terapeutici in relazione alla fase della malattia, ovvero se si è in presenza di una malattia “early”, quindi priva di complicanze disabilitanti, o di una malattia “late”, in cui si sia già instaurato un danno cronico strutturale a carico dell’intestino. In caso di malattia “early” infatti, è importante approfittare della cosiddetta “finestra di opportunità”, ovvero di quella fase in cui ancora si può intervenire sulla storia naturale di malattia, prevenendo l’insorgenza di complicanze irreversibili.

Page 30: giornale di gastroenterologia epatologia e nutrizione pediatrica

Giorn Gastr Epatol Nutr Ped 2014; Volume VI(3):19-2331

Giorn Gastr Epatol Nutr Ped 2014; Volume VI(4):29-33

Nuovi obiettivi terapeutici nella malattia di Crohn:

il punto di vista del gastroenterologo pediatra e del gastroenterologo dell’adulto

In questa categoria di pazienti è necessario ricorrere ad un approccio “treat-to-target”, ovvero ad uno stretto monitoraggio clinico, di laboratorio e strumentale, per ottenere un pieno controllo dei sintomi e del quadro infiammatorio sottostante, con normaliz-zazione dei parametri infiammatori e guarigione mucosale.In caso di pazienti con una malattia di lunga data e che abbiano già sviluppato delle complicanze irreversibili (malattia “late”), l’obiettivo terapeutico diventa la stabilizza-zione del quadro e la prevenzione di una sua ulteriore progressione. In questa catego-ria di pazienti è possibile che non si raggiunga il pieno controllo dei sintomi e pertanto la “deep remission” auspicabile può consistere anche solo in un miglioramento clinico e di uno o più dei parametri infiammatori misurati (guarigione mucosale o marcatori infiammatori) (7). A fronte di tali obiettivi terapeutici, la gestione della CD sta progressivamente evolven-do verso strategie adattate al singolo paziente, che tengano conto delle caratteristiche di malattia, età e comorbidità. Sono stati compiuti numerosi sforzi, per identificare potenziali fattori di rischio per un andamento negativo di malattia al fine di effettuare una corretta stratificazione dei pazienti ed impiego delle differenti strategie terapeutiche. Dati presenti in letteratura supportano infatti, in pazienti che presentino fattori di rischio per una prognosi nega-tiva, il ricorso ad un approccio terapeutico “top-down”, cioè l’introduzione precoce di farmaci biologici in associazione o meno ad un immunosoppressore, rispetto al classi-co approccio “step-up” (in cui i farmaci biologici rappresentano l’apice della piramide terapeutica, che prevede alla base i farmaci corticosteroidei e immunosoppressori tra-dizionali) (11).L’utilizzo di farmaci con un così elevato impatto terapeutico, di sicurezza ed economi-co richiede ancor di più uno stretto monitoraggio dei pazienti e degli obiettivi pre-de-finiti e standardizzati.

GeStIone della terapIaIn accordo con la letteratura dell’adulto, anche nei pazienti pediatrici i goal terapeuti-ci sono passati dalla necessità di un mero controllo dei sintomi alla ricerca della cosid-detta “deep remission” con il fine ultimo di modificare la storia naturale della patolo-gia. Studi epidemiologici ed osservazionali hanno dimostrato che i bambini affetti da IBD presentano frequentemente un decorso più severo e disabilitante della patologia rispet-to alla controparte adulta (13,14).Pertanto, proprio la natura più aggressiva delle forme pediatriche, la necessità di ridur-re al minimo l’esposizione ai corticosteroidi e di massimizzare il potenziale di crescita e di sviluppo puberale, ha indotto i gastroenterologi pediatrici ad introdurre precoce-mente terapie più aggressive quali i farmaci immunosoppressori e biologici.Dati sugli effetti a lungo termine di questo approccio più aggressivo sulla storia natu-rale della malattia non sono ancora disponibili per l’età pediatrica.Sono inoltre pochi gli studi che valutano la guarigione mucosale come outcome tera-peutico in questa popolazione. I dati disponibili riguardano principalmente la terapia biologica e mostrano come anche in età pediatrica ci sia un miglioramento significati-vo degli score endoscopici dopo terapia con infliximab (15) e un tasso di guarigione mucosale completa a 10 settimane dall’inizio della terapia del 22.7% (16).

Page 31: giornale di gastroenterologia epatologia e nutrizione pediatrica

IBD Highlights

32Giorn Gastr Epatol Nutr Ped 2014; Volume VI(4):29-33 Giorn Gastr Epatol Nutr Ped 2014; Volume VI(4):29-33

concluSIonIIl fine ultimo della terapia in tutti i pazienti affetti da malattia di Crohn, sia in età adul-ta che in età pediatrica, è di modificare la storia naturale della patologia.Dai dati attualmente disponibili emerge come per raggiungere tale obiettivo non sia sufficiente ottenere soltanto una remissione clinica ma è necessaria anche la remissione endoscopica che sembrerebbe predire un miglior outcome a lungo termine.II concetto di remissione profonda è tuttavia in fase di continua evoluzione ed una de-finizione condivisa non è ancora stata formulata. La guarigione trans-parietale nella malattia di Crohn è oggi argomento emergente e di grande interesse, in particolare si sta cercando di chiarirne l’effettivo contributo nel modificare il corso naturale di malattia. Si pone pertanto la necessità di validare le tec-niche diagnostiche per immagini per definirne l’accuratezza nel rilevare l’attività pa-rietale di malattia e le modificazioni della stessa in seguito a terapia, nonché la capaci-tà di quantizzare il danno strutturale intestinale. È attualmente in fase di studio il Crohn’s Disease Digestive Damage Score (Lémann score) che dovrebbe essere in grado di fornire una misura del danno intestinale cumu-lativo in un ben definito momento della storia del paziente, di misurare la progressione del danno intestinale nel tempo in una corte di paziente in un trial clinico, di stratifica-re i pazienti con CD come ad alto o a basso rischio di rapida progressione del danno e infine di paragonare gli effetti del trattamento sulla progressione del danno intestinale al fine di determinare la reattività dell’indice (17).È auspicabile inoltre che il trattamento dei pazienti affetti da CD sia sempre più adat-tato alla singola persona con l’obiettivo di evitare l’insorgenza di complicanze e di ga-rantire una qualità di vita ottimale.

correSpondInG authorAlEssANdro ArmuzzIIBd unit Complesso Integrato Columbus università Cattolica del sacro CuoreVia G. moscati, 31-33 - 00168 romaTel. + 39 06 3503310Email: [email protected]

bIblIoGrafIa1. Benchimol EI, Fortinsky KJ, Gozdyra P et al. Epidemiology of pediatric inflammatory bowel disease: a

systematic review of international trends. Inflamm Bowel Dis 2011;17(1):423-39. 2. Solberg IC, Vatn MH, Høie I et al.;IBSEN Study Group. Clinical course in Crohn’s disease: results of a

Norwegian population-based ten-year follow-up study. Clin Gastroenterol Hepatol 2007;5(12):1430-8.3. Hindryckx P, Baert F, Hart A et al. The Clinical Trial Committee Clincom of the European Crohn’s and Colitis

Organisation(ECCO). Clinical trials in luminal Crohn’s disease: A historical perspective. J Crohns Colitis 2014;16. pii: S1873-9946(14)00152-4.

4. Ruemmele FM, Veres G, Kolho KL et al. Consensus guidelines of ECCO/ESPGHAN on the medical management of pediatric Crohn’s disease. J Crohns Colitis. 2014;8(10):1179-207.

5. Peyrin-Biroulet L, Ferrante M, Magro F at al. The Scientific Committee of the European Crohn’s and Colitis Organization. Results from the 2nd Scientific Workshop of the ECCO. I: Impact of mucosal healing on the course of inflammatory bowel disease. J Crohns Colitis 2011;5(5):477-83.

Page 32: giornale di gastroenterologia epatologia e nutrizione pediatrica

Giorn Gastr Epatol Nutr Ped 2014; Volume VI(3):19-2333

Giorn Gastr Epatol Nutr Ped 2014; Volume VI(4):29-33

Nuovi obiettivi terapeutici nella malattia di Crohn:

il punto di vista del gastroenterologo pediatra e del gastroenterologo dell’adulto

6. Rutgeerts P, Van Assche G, Sandborn WJ et al. Adalimumab induces and maintains mucosal healing in patients with Crohn’s disease: data from the EXTEND trial. Gastroenterology. 2012;142(5):1102-11.

7. Panaccione R, Colombel JF, Louis E et al. Evolving definitions of remission in Crohn’s disease. Inflamm Bowel Dis 2013;19(8):1645-53.

8. Hommes D, Colombel JF, Emery P et al. Changing Crohn’s disease management: need for new goals and indices to prevent disability and improve quality of life. J Crohns Colitis 2012;6(2):S224-34.

9. Sandborn WJ, Hanauer S, Van Assche G et al. Treating beyond symptoms with a view to improving patient outcomes in inflammatory bowel diseases. J Crohns Colitis. 2014;8(9):927-35.

10. Hanauer SB, Feagan BG, Lichtenstein GR et al.; ACCENT I Study Group. Maintenance infliximab for Crohn’s disease: the ACCENT I randomised trial. Lancet. 2002;359(9317):1541-9.

11. D’Haens G, Baert F, van Assche G et al. Belgian Inflammatory Bowel Disease Research Group; North-Holland Gut Club. Early combined immunosuppression or conventional management in patients with newly diagnosed Crohn’s disease: an open randomised trial. Lancet 2008;371(9613):660-7.

12. Schnitzler F, Fidder H, Ferrante M et al. Mucosal healing predicts long-term outcome of maintenance therapy with infliximab in Crohn’s disease. Inflamm Bowel Dis 2009;15(9):1295-301.

13. Vernier-Massouille G et al. Natural history of pediatric Crohn’s disease: a population based cohort study. Gastroenterology 2008;135:1106-113.

14. Duricova D, Burisch J, Jess T et al; On Behalf of ECCO-EpiCom. Age-related differences in presentation and course of inflammatory bowel disease: an update on the population-based literature. J Crohns Colitis. 2014 Jun 17. [Epub ahead of print]

15. Borrelli O, Bascietto C, Viola F et al. Infliximab heals intestinal inflammatory lesions and restores growth in children with Crohn’s disease. Dig Liver Dis 2004 May;36:342-7.

16. Kierkus J, Dadalski M, Szymanska E et al. “The impact of infliximab induction therapy on mucosal healing and clinical remission in Polish pediatric patients with moderate-to-severe Crohn’s disease.” Eur J Gastroenterol Hepatol 2012 May;24:495-500.

17. Pariente B, Cosnes J, Danese S et al. Development of the Crohn’s disease digestive damage score, the Lémann score. Inflamm Bowel Dis 2011;17(6):1415-22.

Key Points• Gli obiettivi terapeutici nella malattia di Crohn si sono evoluti negli ultimi anni: dall’obiettivo di

solo controllo dei sintomi (remissione clinica) si è giunti all’obiettivo di remissione completa (deep

remission), che include la remissione clinica, la guarigione della mucosa intestinale (mucosal

healing) e la normalizzazione degli indici di laboratorio (remissione biologica).

• L’avvento di farmaci in grado di raggiungere questi obiettivi ha prospettato la reale possibilità di

modificare la storia naturale della malattia: la guarigione mucosale è risultata associata ad un

ridotto numero di ospedalizzazioni, di ricorso alla chirurgia e ad un miglioramento della qualità

della vita.• Dati della letteratura suggeriscono che l’introduzione precoce di terapie più aggressive, quali

i farmaci immunosoppressori e i farmaci biologici, prima dell’instaurarsi di un danno intestinale

irreversibile (therapeuthic window of opportunity) possa modificare l’outcome a lungo termine

dei pazienti con malattia di Crohn• La gestione della malattia di Crohn sta progressivamente evolvendo verso strategie adattate

al singolo paziente, che tengano conto delle caratteristiche di malattia, dell’età del paziente e

della presenza di comorbidità.

Page 33: giornale di gastroenterologia epatologia e nutrizione pediatrica

We describe the case of an 11 year old obese child with chronic elevation of aminotransferases and

enlarged liver with severe steatosis. Nonalcoholic

steatohepatitis was diagnosed; although it is frequently found in patients with obesity, it can also

be caused by other etiologies, which must therefore always be

ruled out in the obese child.

Key Words NAFLD, NASH, Wilson disease,

steatohepatitis, obesity

Presentazione del caso clinicoIl bambino è giunto all’osservazione all’età di 11 anni per riscontro occasionale di rial-zo delle transaminasi, con AST 103 UI/L (v.n.<35 UI/L), e ALT 341 UI/L (v.n.<35 UI/L). L’alterazione perdurava da circa un anno. L’indagine ecografica mostrava “fegato in-grandito con ecostruttura diffusamente iperecogena come da marcata steatosi”.In anamnesi veniva riferito notevole incremento ponderale dall’età di 8 anni, alimen-tazione sregolata, scarsa in frutta e verdura e ricca di carboidrati e grassi.Dati auxologici del bambino: peso 60 kg (>97°percentile), altezza 157cm (97°percen-tile), Body Mass Index (BMI) = 24.39 Kg/m2 (95°-97°percentile).

All’esame obiettivo: adipomastia bilaterale, modesta achantosis nigricans, non gibbo, non strie rubre; addome globoso per abbondante pannicolo adiposo, trattabile, non dolente, fegato palpabile a 1 cm dall’arcata costale e di consistenza lievemente au-mentata, milza non apprezzabile.

Protocollo diagnosticoPoiché le cause di steatosi epatica sono molteplici, è necessario impostare uno scre-ening di primo livello atto ad escluderne le principali eziologie [tabella 1], conside-randone la frequenza relativa e/o la disponibilità di trattamento adeguato e tenen-do conto delle specifiche manifestazioni cliniche. A tale scopo, si suggerisce di effettuare specifici dosaggi ematici e urinari, che includano almeno: ceruloplasmi-na e cupruria su urine delle 24 ore, alfa1antitripsina, anticorpi anti-HCV, screening della malattia celiaca, zuccheri riducenti urinari. In caso di negatività di tali indagini si potrà proseguire con ulteriori accertamenti in base alla situazione clinica.

La soluzione del caso clinico a pagina 46

MArceLLo FArALLo, chiArA AMoruso, MArco MAggioni, gAbrieLLA nebbiA Fondazione i.r.c.c.s. ca’ granda, ospedale Maggiore Policlinico di Milano

Un bambino obeso con transaminasi elevate: solo questione di peso?a cura di

Mariella Baldassarre

case report

Giorn Gastr Epatol Nutr Ped 2014; Volume VI(4):34

tabella 1 Principali cause di NAFLD/NASH in età pediatrica

disordini MetaBolici disordini nUtrizionaliabetalipoproteinemia malnutrizione proteico-calorica

deficit di α1-antitripsina nutrizione parenterale totale

tirosinemia sovrappeso/obesità

galattosemia FarMacimalattia da accumulo degli esteri del colesterolo amiodarone

fibrosi cistica glucocorticoidi

glicogenosi terapie antiretrovirali

intolleranza ereditaria al fruttosio L-asparaginasi

morbo di Wilson valproato

disordini iMMUnologiciinFezioni epatite autoimmune

epatite C cronica celiachia

tossine malattie infiammatorie croniche intestinali

etanolo diabete mellito tipo 1

34

Page 34: giornale di gastroenterologia epatologia e nutrizione pediatrica

Stefano MarteloSSi1, Gabriele Stocco2, Marzia lazzerini1

1Clinica Pediatrica I.R.C.C.S. “Burlo Garofolo” di Trieste2Dipartimento di Scienze della Vita, Università degli Studi di Trieste

a cura di

MONica PaciNews in Pediatric

Gastroenterology

Pharmacology

Giorn Gastr Epatol Nutr Ped 2014; Volume VI(4):35-39

Key Words Thalidomide, teratogenicity,

Crohn’s disease, immunomodulatory, neuropathy

Thalidomide is a molecule with anti-TNF alfa,

immunomodulatory and antiangiogenic properties.

Observational studies in adults and children and a italian multicentre study

in children with refractory crohn’s disease have

reported encouraging result. Peripheral neuropathy is

the most frequent adverse event. it’s mandatory a

prevention program because its teratogenicity. Some

result are found for ucerative colitis in a small pylot study.

La talidomide nelle MICI: efficacia e sicurezza

35

News in Pediatric

Gastroenterology

Pharmacology

InTRoDUzIone

molare come reazione la definizione dei moderni principi per l’immissione in commercio dei farmaci. Dopo pochi anni da questi eventi rientrò in uso a se-guito della scoperta accidentale del suo importante potere antinfiammatorio nel trattamento dell’eritema nodoso leprosico (1).

MeCCanISMo D’azIone e faRMaCoCIneTICaGli effetti molecolari alla base dell’attività antinfiammatoria della talidomide sono molteplici e non del tutto chiari. Il più noto è l’inibizione del TNF-alfa sia su cellule che su tessuti, probabilmente a livello della trascrizione e traduzione del suo gene e degradazione del RNA. Inoltre inibisce citochine infiammatorie come IL-6 e IL-12 in modo apparentemente selettivo. L’attività anti-TNF e anti-IL-12 è stata dimostrata in vivo in pazienti con Malattia di Crohn (MC) (2). Ha anche un’attività antiangiogenetica, che si ritiene responsabile dell’efficacia in ambito oncologico ma che potrebbe avere un ruolo nel controllo dell’infiam-mazione mucosale nelle MICI. All’effetto immunomodulante non pare corri-spondere un effetto pro-infettivo. La talidomide somministrata per via orale raggiunge un picco ematico in 2-6 ore. Si distribuisce in tutti i tessuti e nei liqui-di corporei ed è riscontrabile nel liquido seminale. È enzimaticamente idroliz-zata a livello dei tessuti e del plasma, solo una piccola parte è metabolizzata dal fegato attraverso il citocromo P450. L’emivita è di 5-7 ore, meno dell’1% del farmaco è escreto immodificato dal rene e non è più rilevabile nelle urine dopo 48 ore.

effetti avversiIl principale terribile effetto avverso è la teratogenicità, dose indipendente, dovu-ta principalmente all’effetto antiangiogenico, che provoca malformazioni so-prattutto agli arti (focomelia) e morte nel 50% dei feti malformati. Per questo è obbligatorio un attento sistema di controllo della gravidanza, con l’utilizzo di 2 metodi contraccettivi nella donna fertile (estro-progestinico + metodo barriera),

La talidomide [figura 1] è un farma-co relativamente recente, sintetiz-zato negli anni ‘50 e messo in di-stribuzione nei primi anni‘60 come farmaco da banco ipnotico-sedati-vo, largamente utilizzato dalle don-ne in gravidanza per il trattamento dell’iperemesi gravidica e, in segui-to, rapidamente ritirato dal com-mercio per i suoi devastanti effetti teratogeni. La vicenda della Tali-domide fu così emblematica da sti-

figura 1 Talidomide inibisce attività di TNF-alfa, di IL-6 e IL-12, ha attività antiangiogenica

O

O

OO

HNS S S SN

Page 35: giornale di gastroenterologia epatologia e nutrizione pediatrica

News in Pediatric Gastroenterology Pharmacology

36Giorn Gastr Epatol Nutr Ped 2014; Volume VI(4):35-39

e del metodo barriera per il maschio. L’altro effetto collaterale importante è la neuropa-tia periferica sensitiva che si ritiene essere dose cumulativa-dipendente, per lo più rever-sibile. La talidomide presenta un effetto sedativo dose dipendente: può indurre sonnolen-za e deficit di attenzione per cui è consigliata l’assunzione serale. Sono state descritte anche vertigini, alterazioni dell’umore e cefalea, effetti che tendono a migliorare nel tempo e che di rado portano alla sospensione del farmaco. Sono frequenti alterazioni dermatologiche (rush cutanei, xerosi, seborrea) e stipsi. Altri effetti rari sono ipertensione, bradicardia, ipotiroidismo, alterazioni del ciclo mestruale (fino all’amenorrea ipergona-dotropa, reversibile dopo sospensione del farmaco) e disfunzione erettile. Nel corso di terapia con talidomide non è stato descritto un aumentato numero di infezioni.

DosaggioIl dosaggio nell’adulto è compreso tra 100 e 400 mg/die; nelle MICI sono stati utilizzati dosaggi di 150-200 mg, ma anche minori (50 mg/die). In età pediatrica i dosaggi sono 1,5-2 mg/kg/die. È possibile, al raggiungimento della remissione stabile, tentare una riduzione della dose con eventuale somministrazione a giorni alterni. La strategia delle “basse dosi” è in grado di prevenire/ritardare la comparsa di neuropatia periferica.

IndicazioniAttualmente l’uso della talidomide è autorizzato per il mieloma multiplo e per l’eritema nodoso leprosico; la FDA ne ha approvato l’utilizzo nelle ulcere da HIV. Viene utilizzata anche in varie patologie infiammatorie “granulomatose” (stomatite aftosa, malattia di Beçhet, GVHD muco-cutanea cronica, manifestazioni cutanee del LES) (4). Recentemen-te è stata utilizzata con successo per la terapia dell’angiodisplasia gastrointestinale, grazie alle proprietà antiangiogeniche (3).

TalIDoMIDe e MICIL’efficacia della talidomide nei pazienti con MICI è stata valutata in studi clinici off label in età adulta (5). Per l’età pediatrica è stato pubblicato uno studio in aperto, di discrete dimensioni e con follow-up a lungo termine (6). L’uso della talidomide è stato inoltre ri-portato in numerosi case report sia nell’adulto (7-8) che in bambini (9). Nel complesso in letteratura sono descritti circa 300 pazienti trattati, la maggior parte con MC: sono pa-zienti “refrattari” alla terapia con immunomodulatori o biologici anti-TNF (infliximab, adalimumab e certolizumab pegol), con effetti collaterali da farmaci, con malattia grave (estesa, fistolizzante, perianale) e spesso di lunga durata. Il tasso di remissione varia tra il 20-70% (media 40%), la risposta clinica è del 60-100% (media 70%). In un’alta percen-tuale di soggetti è stato possibile lo scalo dello steroide e in molti la sospensione. La rispo-sta è stata ottenuta anche in pazienti non responders o con effetti avversi da biologici; ed è stata osservata risposta sulla malattia perianale e fistolizzante. Lo studio del Chicago Children Hospital (9) ha dimostrato l’efficacia in 8 su 10 bambini con MC severo (peria-nale e/o fistolizzante) refrattari agli immunomodulatori e anti-TNF (anche infliximab e adalimumab in successione). In 2/3 dei casi la talidomide è stata sospesa per comparsa di neuropatia periferica. La neuropatia non veniva “ricercata” con EMG periodici e non era prevista la riduzione del dosaggio del farmaco ottenuta la risposta clinica. Negli studi che hanno valutato il mantenimento della remissione (2 sull’adulto e 1 pediatrico), questa è stata ottenuta, in un follow-up > 12 mesi e fino a 38 mesi, nell’80% dei pazienti.

lo STUDIo PeDIaTRICo ITalIanoNel 2013 è stato pubblicato su JAMA (10) uno studio multicentrico randomizzato con-trollato italiano che ha dato dimostrazione dell’efficacia della talidomide come unico farmaco nell’indurre e mantenere la remissione clinica, in bambini e adolescenti con

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La talidomide nelle MICI: efficacia e sicurezza

Giorn Gastr Epatol Nutr Ped 2014; Volume VI(4):35-3937

MC severa non responsivi alla terapia convenzionale. In precedenza i soggetti erano stati trattati con nutrizione polimerica esclusiva (90%), steroidi (86%), azatioprina (100%), metrotrexate (10%) o infliximab (35%); avevano una durata media di malattia di 3 anni, manifestazioni extraintestinali in 1/3 dei casi, malattia perianale nel 25% e presenza di fistole nel 10% dei casi. Lo studio ha coinvolto 54 soggetti (2 -18 anni) rando-mizzati a ricevere talidomide (1,5-2,5 mg/kg/die) o placebo in cieco per 8 settimane ed ha previsto per i 21 soggetti non responders al placebo, trattamento in open-label estension con talidomide per 8 settimane. La risposta al farmaco intesa come remissione di malattia (PCDAI < 10) a 8 settimane è stata del 60% circa [figura 2]. La talidomide si è dimostra-ta altrettanto efficace nel sot-togruppo di pazienti in pre-cedenza trattati con infliximab. La risposta clini-ca si è avuta non prima di 6 settimane di terapia. Dopo le 8 settimane i pazienti hanno continuato ad assumere la talidomide con follow-up tri-mestrale che prevedeva visi-ta, PCDAI, esami ematici, EMG. La durata media di remissione (senza corticoste-roidi o altri farmaci) è stata di oltre 3 anni (182 settimane) e la sospensione del farmaco è stata prevalentemente moti-vata, dove avvenuta, dall’in-sorgenza di effetti avversi più che da perdita di efficacia [fi-

gura 3].

figura 3 Durata di remissione clinica (in settimane) libera da effetti avversi in 31 bambini con risposta alla talidomide (curva di Kaplan-Meyer). La durata media di remissione è stata di 181 +/- 36 settimane. Durante il follow-up 2 bambini sono ricaduti e 9 hanno sospeso per effetti avversi (7 neuropatia periferica)

figura 2 Andamento del PCDAI per singolo paziente all’arruolamento, a 4 e 8 settimane nel gruppo trattato con placebo e nel gruppo trattato con talidomide. Le linee verdi rappresentano i pazienti in remissione clinica (PCDAI < 10)

analysis time

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News in Pediatric Gastroenterology Pharmacology

38Giorn Gastr Epatol Nutr Ped 2014; Volume VI(4):35-39

L’effetto avverso più frequente si è confermato la neuropatia periferica comparsa ad una dose cumulativa media di 380 mg/kg (10 mesi di terapia) e che ha portato alla sospensione del farmaco nel 25% dei soggetti.Molto più frequenti le alterazioni elettromiografiche senza clinica (70%) che non han-no portato alla sospensione del farmaco. Interessante notare come la neuropatia peri-ferica si sia verificata in questo studio in misura minore rispetto agli studi precedenti, questo probabilmente sia per la strategia di riduzione della dose al raggiungimento della remissione stabile di malattia, che al monitoraggio con EMG trimestrale con ri-duzione della dose alla comparsa di alterazioni minime, che ha permesso la stabilizza-zione e anche la risoluzione della neuropatia iniziale. In tutti i casi comunque la neu-ropatia si è risolta alla sospensione del farmaco.Altri effetti avversi che hanno provocato la sospensione della terapia sono stati in un caso l’insorgenza di amenorrea ipergonadotropa (risolta dopo sospensione) e un even-to “neurologico acuto” con cefalea improvvisa, disorientamento, disartria e parestesie, classificato come TIA (RM cerebrale, EEG, fondo oculare, Ecocardio, eco vasi del col-lo e ricerca fattori protombogeni nella norma) in un ragazzo di 16 anni operato a 11 per cisti subaracnoidea post-traumatica, e che a distanza di 1 anno dalla sospensione della talidomide ha presentato, in terapia con Adalimumab, un episodio simile.Effetti avversi minori sono stati cefalea, sonnolenza, difficoltà concentrazione, derma-tite, stipsi, bradicardia. Non abbiamo rilevato nel nostro gruppo di pazienti eventi tromboembolici certi, seppur segnalati in letteratura e che vanno sempre ricercati, anche con uno screening trombofilico prima della terapia (proteina C e S, fattore V Leiden, ab anti fosfolipidi).La talidomide è stata utilizzata, dallo stesso gruppo italiano e con lo stesso disegno, in uno studio pilota (in via di pubblicazione) su 26 bambini affetti da Rettocolite Ulcero-sa (RCU) refrattaria, con risultati ancor più soddisfacenti. In definitiva la dimostrazio-ne dell’efficacia della talidomide nella MC (ma anche RCU) “refrattaria” (circa il 30% nelle casistiche) apre una prospettiva concreta e praticabile. L’utilizzo del farmaco, gravato dal rischio teratogenico e della neuropatia periferica, deve rimanere affidato a centri di riferimento. Inoltre sono auspicabili ulteriori studi che ne confermino l’effica-cia e valutino l’insorgenza di effetti avversi in una popolazione più ampia.La localizzazione orale (granulomatosi orofacciale) e il Crohn metastatico possono essere delle indicazioni aggiuntive all’utilizzo della talidomide, che rimane ancora un farmaco di terzo livello, ma che potrebbe, anche per la possibilità di “mucosal-healing”, trovare proprio in età pediatrica uno spazio terapeutico specifico e più precoce in casi seleziona-ti.

CoRReSPonDInG aUThoRSTEfaNO MarTELOSSI S.O.S. Gastroenterologia e Nutrizione ClinicaClinica Pediatrica I.r.C.C.S. Burlo Garofolo Via dell’Istria, 65/1 - 34137 Trieste Tel. + 39 040 3785380 fax + 39 040 3785452

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39

La talidomide nelle MICI: efficacia e sicurezza

Giorn Gastr Epatol Nutr Ped 2014; Volume VI(4):35-3939

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•La talidomideè risultataefficace inpazientipediatriciconMorbodiCrohn refrattarioalle

terapiaconvenzionali,anchedopobiologicoanti-TNF.

•Latalidomideèefficacenell’induzioneenelmantenimentoalungotermine.

•L’utilizzonecessitadiunostrettoprogrammadiprevenzionedellagravidanzaseutilizzatoin

soggettifertili.

•Laneuropatiaperifericaèl’effettoavversopiùfrequente,reversibile,inparteprevedibilee

prevenibileconlamodulazionedeldosaggiodelfarmaco.

Key Points

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40Giorn Gastr Epatol Nutr Ped 2014; Volume VI(4):40-41 Giorn Gastr Epatol Nutr Ped 2014; Volume VI(4):40-41

a cura di

SaLVaTOrE OLiVaEndoscopy

Learning Library

in 2012 the ESPGHaN updated the diagnostic

criteria for celiac disease (cd). Physicians who take care of pediatric patients

with cd must be aware that, in a very specific clinical scenario, the diagnosis

could be established without intestinal biopsies: this concerns patients with clinical features of cd

who display high anti-tTg antibody titer (>10 upper

limit normal), Ema positive and HLa-dQ2 or -dQ8. For

all other cases, multiple biopsies (at least 1 from the bulb and at least 4 from the 2nd/3rd duodenal portion)

must be provided in order to identify histological lesions

compatible with cd.

Key WordsCeliac disease, ESPGHAN criteria,

anti-transglutaminase, anti-endomysial,HLA DQ2, HLA DQ8, duodenal biopsy

INTRODUZIONENel 2012 l’ESPGHAN ha pubblicato un update dei criteri diagnostici per la ce-liachia. In questo breve articolo cerche-remo di sottolineare le peculiarità dei nuovi criteri, segnatamente in merito alla necessità di biopsia intestinale.

La celiachia è una patologia immuno-mediata sistemica causata, in soggetti predisposti geneticamente, dall’inge-stione di glutine, proteina contenuta nel grano ed in altri cerali tra cui l’orzo, la se-gale ed il farro. È caratterizzata dalla pre-senza di una combinazione variabile di manifestazioni cliniche glutine-dipen-denti, di anticorpi specifici, di enteropa-tia; questi elementi regrediscono con l’eliminazione del glutine dalla dieta e recidivano con la sua reintroduzione (1).Dal punto di vista clinico è possibile clas-sificare la malattia in diverse forme (2):• tipica o classica: è caratterizzata da

una sindrome da malassorbimento con rallentamento della crescita pon-derale/perdita di peso, dolori addo-minali, vomito, steatorrea e diarrea

• atipica o non classica: è la forma a prevalente sintomatologia extrain-testinale (anemia sideropenica da malassorbimento di ferro, aftosi orale, osteoporosi da malassorbimento di calcio e vitamina D, ipertransamina-semia, parestesie, infertilità e aborti ricorrenti, alopecia areata, ipoplasia dello smalto dentario)

• silente o asintomatica.

La celiachia deve essere ricercata sulla base di un sospetto clinico (soggetti con segni o sintomi compatibili con la ma-lattia) e di un sospetto epidemiologico (familiari di I grado di celiaci; soggetti af-fetti da altre patologie autoimmuni quali tiroidite di Hashimoto, diabete mellito di tipo I, sindrome di Down).Gli attuali test sierologici anti-transgluta-

minasi ed anti-endomisio si sono rivelati sempre più affidabili nell’identificare i ce-liaci. Gli anticorpi anti-transglutaminasi in particolare, se ad alto titolo, sono in grado di predire l’evoluzione verso l’a-trofia della mucosa anche in assenza di danno istologico (3).La migliore attendibilità dei test sierolo-gici e l’aumentata prevalenza di malattia hanno imposto pertanto una ridefinizio-ne degli ultimi criteri diagnostici, ormai datati 1990. Nel 2012 un working group dell’ESPGHAN ha pubblicato le nuove li-nee guida per la diagnosi della celiachia, con raccomandazioni incentrate sul livel-lo delle evidenze e sulla base dell’accor-do tra i vari opinion-leader che le hanno redatte (1). In accordo a tale documento, la diagnosi non si fonda più sulla biopsia intestinale, ma si realizza attraverso l’inte-grazione di dati clinici, sierologici, geneti-ci, istologici.Quando si valutano pazienti con sospet-ta celiachia in età pediatrica, la biopsia intestinale può oggi essere omessa in uno (ed uno solo!) scenario clinico ben circoscritto: in caso di forte positività degli anticorpi anti-transglutaminasi (va-lori superiori a 10 volte i valori massimi di riferimento secondo il kit utilizzato), per confermare la diagnosi di celiachia in soggetti sintomatici sarà sufficiente comprovare la positività degli anticorpi anti-endomisio e, mediante il test di ti-pizzazione genetica, dimostrare la com-patibilità dell’HLA (DQ2 o DQ8). In caso di negatività degli anticorpi anti-endomisio e del test genetico, si dovrà riconsiderare la diagnosi. In caso di discordanza tra il risultato degli anticorpi anti-endomisio e del test genetico, la biopsia intestinale sarà comunque necessaria.In tutti gli altri casi la diagnosi non può prescindere da una conferma istologica che si avvale della biopsia intestinale in corso di EGDS. Per ovviare alla distribu-zione irregolare delle lesioni istologiche

La celiachia in sala endoscopica: cosa cambia con i nuovi criteri diagnostici ESPGHANFrancesco Valitutti1 e carlo catassi2

1U.O.C. di Gastroenterologia, Epatologia e Endoscopia Digestiva Pediatrica, Sapienza Università di Roma2Dipartimento di Scienze Cliniche Specialistiche ed Odontostomatologiche, Università Politecnica delle Marche di Ancona

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41Giorn Gastr Epatol Nutr Ped 2014; Volume VI(4):40-41

(4), sono necessarie almeno una biopsia prelevata dal bulbo duodenale ed almeno 4 dalla seconda/terza porzione duodenale. Le biopsie dovranno essere sem-pre orientate con accuratezza e affidate alla valutazio-ne di un patologo con esperienza specifica: solo così verrà consegnata al clinico l’informazione più corretta da inserire nel puzzle diagnostico (5).

CONCLUSIONI E TAKE-HOME MESSAGESLa revisione dei criteri diagnostici per la celiachia pub-blicata nel 2012 dall’ESPGHAN prevede la possibilità di confermare la diagnosi senza necessariamente dover ricorrere alla biopsia intestinale in un particolare con-testo clinico (bambini sintomatici con anti-transgluta-minasi ad alto titolo, EmA positivi e HLA compatibile). Negli altri casi, la biopsia intestinale multipla rimane al momento un elemento diagnostico insostituibile.

CORRESPONDING AUTHORCARLO CATASSIDipartimento di Scienze Cliniche Specialistiche ed Odontostomatologiche Università Politecnica delle Marche, AnconaPresidente Società Italiana di Gastroenterologia, Epatologia e Nutrizione PediatricaTel. + 39 071 596 23 64Mob + 39 349 22 35 447Fax + 39 071 36281E-mail: [email protected]

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Key Points•Laceliachiasicontraddistingueper lapresenzadiunacombinazionevariabiledimanifestazionicliniche

glutine-dipendenti,dianticorpispecifici,dienteropatiaediparticolariaplotipiHLA(DQ2,DQ8oancheil

soloDQB1*02).•Ladiagnosidimalattiaceliacapuòoggiessereeffettuatasenzailricorsoallabiopsiaintestinaleinbambini

sintomaticiconanti-transglutaminasiadaltotitolo(>10volteivalorinormali),EmApositivieHLAcompatibile.

•Intuttiglialtricasi,labiopsiaintestinalemultiplarimaneuninsostituibiletassellodiagnostico.

Page 41: giornale di gastroenterologia epatologia e nutrizione pediatrica

a cura di

Salvatore accomando

Fortunata civitelli

What to do if...?

42Giorn Gastr Epatol Nutr Ped 2014; Volume VI(4):42-45 Giorn Gastr Epatol Nutr Ped 2014; Volume VI(4):42-45

Che fare se la diarrea riprendedopo un quadro di enteriteGiulia Bardasi1, luca Bertelli1, Giovanni di nardo2, ilaria cocchi1, Martina verna1, andrea Pession1

1Dipartimento di Pediatria, Unità di Gastroenterologia e Nutrizione Pediatrica, Azienda Ospedaliero-Universitaria S. Orsola-Malpighi di Bologna2Dipartimento di Pediatria, Unità di Gastroenterologia ed Epatologia Pediatrica, Sapienza Università di Roma

INTRODUZIONEL’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) definisce la diarrea come una riduzione di consistenza delle feci (semiformate o liquide) e/o un aumento del numero di evacuazioni (in genere > 3 evacuazioni/24 ore) (1). Essa può essere distinta in base al meccanismo patogenetico in:• secretoria (enterotossine batteriche, peptidi intestinali vasoattivi o mutazioni di proteine di trasporto ionico)

• osmotica (ingestione di soluti non-assorbibili o malassorbimento secondario ad altra patologia)

• da alterata motilità intestinale e infiammatoria, quest’ultima spesso caratterizzata da sangue e muco nelle feci (2).

Quando la durata della diarrea supera i 14 giorni si parla di diarrea cronica o persistente (2).

DIAGNOSIL’approccio al bambino con diarrea persistente si basa su anamnesi ed esame obiettivo (3) e solo in casi selezionati su esami di laboratorio o strumentali (3) (vedi algoritmo gestionale).In particolare l’anamnesi dovrà indagare i seguenti aspetti (4,5): modalità d’e-sordio, decorso, durata dei sintomi, fattori epidemiologici, caratteristiche delle feci, presenza di incontinenza fecale o mancato raggiungimento della continen-za, presenza di dolore addominale e sue caratteristiche, calo ponderale o man-cato incremento ponderale, fattori che peggiorano/alleviano la diarrea, farma-ci, patologie sistemiche.All’esame obiettivo sarà importante valutare (4,5): stato nutrizionale, presenza di distensione o masse addominali, epatosplenomegalia, ascite e di sintomi e segni associati [Tabella 1].Un esame obiettivo normale depone per una diagnosi di diarrea funzionale, da confermare con i criteri di Roma (5).

Key WordsPersistent diarrhea, children,

diagnostic, oral rehydration solution, bowel cocktail

Persistent diarrhea is a reduction of fecal consistency

and/or an increase in the number of evacuations that persists beyond 14 days. It is important to set a diagnostic

based on history, physical examination. Laboratory

exams/imaging studies as much targeted as possible,

should be reserved to selected patients to identify and treat

organic causes.

Tabella 1 Sintomi/Segni eventualmente associati alla diarrea

Sintomi/Segni associati Significato

Vomito

• Intolleranza alimentare• Dismotilità intestinale, causata da anomalie della mucosa intestinale o da aderenze derivate da precedente intervento chirurgico• Più raramente condizione extraintestinale come un’infezione delle vie urinarie

Febbre Processi infettivi e infiammatori

Rash cutaneo, ulcere orali, artrite, uveite Inflammatory Bowel Disease (IBD, Malattia Infiammatoria Intestinale)

Wheezing o infezioni ricorrenti delle vie aeree• Fibrosi cistica • Immunodeficienza

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43Giorn Gastr Epatol Nutr Ped 2014; Volume VI(4):42-45

Negli altri casi è consigliabile procedere con esami di approfondimento al fine di porre una corretta diagnosi (4,5):• I livello: emocromo e formula leucocitaria, indici di flogosi, elettroliti, protei-ne, albumina, funzionalità epatica e renale, IgA totali, Ab anti-TG, AGA-de-amidati (nel bambino sotto i due anni di vita) ed esame urine

1anaMnesi: esordio, decorso, durata, caratteristiche delle feci, sintomi associati, fattori epidemiologici, anamnesi familiare, anamnesi farmacologica2esaMe oBiettivo: biometria, idratazione, masse addominali, organomegalia, segni associati31) Evacuazioni ematiche, mucose, notturne 2) Perdita di peso/scarso accrescimento 3) Età < 2 mesi 4) Sintomi associati: febbre, rash, artrite, lesioni perianali41) Altezza e peso normali 2) Stato nutrizionale normale 3) Non steatorrea

Algoritmo gestionale

Terapia Reidratante Orale

ANAMNESI1 + ESAME OBIETTIVO2

Criteri ROMA per Sindrome dell’intestino irritabile

ESAMI DI1° LIVELLO

DIETA: ridurre consumo di fruttosio e sorbitolo, normalizzare consumo di liquidi (< 100 mL/Kg/die), aumentare consumo di grassi (> 4 g/Kg/die o > 45% delle calorie totali/die) e fibre, micronutrienti

TERAPIA SPECIFICA

DIETA ELEMENTARE

DIARREA PERSISTENTE

SEGNI DI ALLARME?

Normalizzazione alvo?

Normalizzazione alvo?

NO4SI3

STOP

SI

SINO

NO

CELIACHIADieta priva di glutine e successiva rivalutazione

BOWEL COCKTAIL

Alimentazioneenterale/parenterale

ALLERGIA PROTEINEDEL LATTE VACCINODieta priva di PLV

INTOLLERANZAAL LATTOSIORidurre apporto di lattosio: dieta a base di riso/cereali, sostituire latte con yogurt

ESAMI DI3° LIVELLO

ESAMI DI2° LIVELLO

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44Giorn Gastr Epatol Nutr Ped 2014; Volume VI(4):42-45 Giorn Gastr Epatol Nutr Ped 2014; Volume VI(4):42-45

What to do if. . .?

• II livello: Prick test/Patch test, Gap Osmotico fecale, test non invasivi per la valuta-zione della funzione digestivo-assorbitiva intestinale [Tabella 2], sangue occulto fecale, Calprotectina fecale, coprocoltura, parassitologico

• III livello: esami di laboratorio e strumentali specialistici in base alla categoria pa-togenetica della diarrea.

TERAPIALa terapia include misure di supporto generale, riabilitazione nutrizionale e farmaci (4). La Terapia Reidratante Orale è importante per prevenire la disidratazione (6). La for-mula raccomandata dall’OMS è quella “a ridotta osmolarità” (245 mOsm/L) (7), ma esiste anche una formula “ipotonica”, raccomandata dalla ESPGHAN (1). La riabilitazione nutrizionale ha effetto benefi co sulla funzione intestinale e sulla risposta immunitaria. L’OMS raccomanda una dieta priva di lattosio e sconsiglia la sospensione dell’allattamento al seno (1). Ulteriori norme dietetiche nella gestione della diarrea sono: ridurre il consumo di succhi di frutta e bevande zuccherate, normalizzare il consumo di liquidi, aumentare il consu-mo di grassi, integrare micronutrienti [es. Zinco (3)]. La terapia farmacologica comprende:• bowel cocktail [Gentamicina + Metronidazolo + Colestiramina (8)]: terapia empirica utilizzabile quando la diarrea persiste nonostante siano state escluse le cause organiche (5)

• diosmectite: riduce la durata della diarrea, aumentando consistenza delle feci e dimi-nuendo il numero di evacuazioni (9)

• terapia farmacologica specifi ca nelle forme ad eziologia nota (4).

CORRESPONDING AUTHORGIOVANNI DI NARDO Dipartimento di PediatriaUnità di Gastroenterologia ed Epatologia PediatricaSapienza - Università di RomaViale Regina Elena, 324 - 00185 RomaE-mail: [email protected]

Tabella 2 Test non invasivi per la valutazione della funzione digestivo-assorbitiva intestinale

Esame Meccanismo patogenetico

Concentrazione fecale di α1-antitripsina Aumentata permeabilità, enteropatia protido-disperdente

Steatocrito Perdita fecale di grassi, malassorbimento

Sostanze riducenti fecali Malassorbimento carboidrati

Concentrazione di elastasi e chimotripsina Disfunzione del pancreas esocrino

Test di assorbimento del doppio zucchero (cellobiosio/mannitolo) Aumentata permeabilità del tenue

Page 44: giornale di gastroenterologia epatologia e nutrizione pediatrica

Che fare se la diarrea riprende dopo un quadro di enterite

45Giorn Gastr Epatol Nutr Ped 2014; Volume VI(4):42-45

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2012;26:677-87. 8. Bowie MD, Mann MD e Hill ID. The bowel cocktail. Pediatrics 1981;67(6):920-21. 9. Guarino A, Bisceglia M, Castellucci G et al. La diosmectite nel trattamento della diarrea acuta: uno

studio clinico nazionale randomizzato controllato della SIGEP in collaborazione con i pediatri di famiglia. Journal of Pediatric Gastroenterology and Nutrition 2001;32:71-75.

• La diarrea persistente è un sintomo comune in età pediatrica, non solo nei Paesi in via di

sviluppo.• La diarrea persistente può essere la manifestazione di un disturbo funzionale o sottendere un

ampio numero di patologie organiche, la maggior parte delle quali trattabile con terapia

specifica.• È fondamentale impostare un corretto iter diagnostico associando ad anamnesi ed esame

obiettivo, test di laboratorio, metodiche di imaging ed endoscopia.

• I pilastri della terapia sono: accorgimenti dietetici e Soluzione Reidratante Orale ai quali pos-

sono essere associati farmaci specifici per la patologia di base.

Key Points

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Sviluppo del caSo clinicoPur esistendo una condizione di obesità con steatoepatite potenzialmente ad essa secondaria, in considerazione della cronica alterazione delle transaminasi, del livello di tale alterazione e del quadro di marcata steatosi, sono stati eseguiti accertamen-ti atti ad escludere le principali eziologie citate in Tabella 1 a pag. 32.La cupruria delle 24 ore risultava elevata (212 µg/24 ore - v.n. < 40 µg/24 ore); la ce-ruloplasmina era pari a 19 mg/dL (v.n. > 20 mg/dL), mentre i livelli di cupremia risul-tavano nella norma.Il paziente veniva sottoposto a biopsia epatica: “epatite cronica di grado medio con diffusa formazione di setti completi ed incompleti, steatosi epatocitaria micro-macro-vescicolare diffusa (60-70%), con plurifocali depositi parenchimali periportali di rame e proteine leganti il rame” [Figura 1]; dosaggio rame intraepatico 460 µg/g di tessuto secco (v.n.<250 µg/g). Veniva quindi posta diagnosi di morbo di Wilson, confermata con analisi genetica.

SpunTi di riFleSSioneIl riscontro ecografico/istologico di steatosi epatica può essere attribuibile a malat-tia epatica non alcolica (NAFLD) o steatoepatite non alcolica (NASH), entità cliniche ben riconosciute anche in età pediatrica (1,2).

Un bambino obeso con transaminasi elevate: solo questione di peso?

Marcello Farallo, chiara aMoruso, Marco Maggioni, gabriella nebbia Fondazione i.r.c.c.S. ca’ Granda, ospedale Maggiore policlinico di Milano

soluzione del caso clinico di pagina 34

Figura 1 Istologia epatica con marcata steatosi micro-macrovescicolare e depositi di rame

a cura di

Mariella Baldassarre

case report

46Giorn Gastr Epatol Nutr Ped 2014; Volume VI(4):46-48

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La malattia epatica non alcolica (NAFLD) è una condizione patologica comune, caratteriz-zata da accumulo di lipidi a livello epatico. Si definisce NASH (steatoepatite non alcolica) un quadro di NAFLD che presenti infiammazione e fibrosi epatica di grado variabile.I bambini con steatoepatite sono spesso asintomatici; l’ipertransaminasemia e la steatosi epatica rilevata ecograficamente possono essere il primo segno di tale patologia, il cui ri-scontro è in genere occasionale o conseguente ad esami eseguiti sulla base di un sospetto clinico (obesità, acanthosis nigricans e/o epatomegalia) (3,4).La steatoepatite può determinare un danno epatico progressivo che procede dalla fibrosi fino alla cirrosi epatica (2,3).Un quadro di NAFLD/NASH è descritto fino al 90% dei bambini obesi (3,4), ma può essere associato a varie condizioni patologiche, congenite o acquisite, come il morbo di Wilson (1).In età pediatrica la presentazione più frequente di tale malattia è quella epatica, nella mag-gior parte dei casi con esordio prima dei 10 anni di età, elevazione delle transaminasi e steatosi, rilevabile a livello ecografico e/o istologico (5), in assenza di sintomatologia clinica. Il riscontro di ceruloplasmina ridotta, cupruria e rame intraepatico elevati permettono di formulare la diagnosi. Il paziente descritto presentava un quadro istologico di steatoepatite cronica: ad essa con-tribuivano sia l’obesità sia il morbo di Wilson; l’obesità avrebbe potuto giustificare di per sé il danno epatico, ma un protocollo diagnostico più ampio ha permesso di individuare la grave malattia metabolica sottostante.

concluSioneNei bambini con steatoepatite è consigliabile seguire un accurato protocollo diagnostico che escluda le principali cause di tale condizione.Nel caso di coesistenza di obesità, si consiglia di valutare in prima istanza la possibilità di un intervento dietetico che porti all’eventuale normalizzazione del quadro; secondaria-mente, di fronte a cronico rialzo degli indici di necrosi epatocellulare, soprattutto se di grado elevato, è utile un ulteriore approfondimento.

Take hoMe MeSSaGeS• Di fronte ad un caso di obesità in età pediatrica associata a NASH, è necessario non con-

siderare tale condizione come unicamente secondaria all’obesità, ma escludere anche le altre cause di steatosi epatica.

• È sempre necessario escludere il morbo di Wilson, per il quale è disponibile una terapia specifica ed efficace.

correSpondinG auThorGAbrIELLA NEbbIA Servizio di Epatologia e NutrizioneClinica Pediatrica De MarchiFondazione I.r.C.C.S. Ca’ Granda Ospedale Maggiore PoliclinicoVia Commenda, 9 - 20122 MilanoTel./Fax + 39 02 55032476E-mail: [email protected]

Giorn Gastr Epatol Nutr Ped 2014; Volume VI(4):46-4847

Page 47: giornale di gastroenterologia epatologia e nutrizione pediatrica

Case Report

48Giorn Gastr Epatol Nutr Ped 2014; Volume VI(4):46-48 Giorn Gastr Epatol Nutr Ped 2014; Volume VI(4):1-3

BiBlioGraFia1. Vajro P, Lenta S, Socha P et al. Diagnosis of nonalcoholic fatty liver disease in children and

adolescents: position paper of the ESPGHAN Hepatology Committee. J Pediatr Gastroenterol Nutr 2012;54:700-13.

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health in the balance. Washington, D.C.: National AcademiesPress; 2005.5. Roberts EA, Schilsky ML. Diagnosis and Treatment of Wilson Disease: An Update.

Hepatology 2008;47:2089-111.

• La malattia epatica non alcolica (NAFLD) è una condizione patologica comune, carat-

terizzata da accumulo di lipidi a livello epatico. Le cause possono essere molteplici.

• Si definisce NASH (steatoepatite non alcolica) un quadro di NAFLD che presenti infiam-

mazione e fibrosi epatica di grado variabile.

• L’obesità è una delle più importanti cause di NAFLD. Con l’incremento della prevalenza

di obesità in età pediatrica, la NAFLD è diventata sempre più frequente nei bambini e

negli adolescenti dei paesi industrializzati.

• Di fronte ad un bambino obeso che presenta un quadro di NAFLD/NASH, è importante

indagare anche altre possibili cause di epatopatia con steatosi, compresa la malattia

di Wilson.

Key Points