GIORNALE DI AUGUSTA

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1 Giornale di Augusta E dove siamo? A Venezia? AIAS, dalle stalle alle stelle quattro maratoneti a New york

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N. 36 - Novembre 2008

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E dove siamo?A Venezia?

AIAS, dalle stalle alle stelle

quattro maratoneti a New york

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3 EDITORIALE E dove siamo? A Venezia?

4 AMBIENTE Pianorifiuto, Cuffarohafallito. ElaPrestigiacomo?

6 PRIMO PIANO Glioperai: ”Siamovuotia perdere”.

7 SOLIDARIETÀ AIAS,dallestalle allestelle

9 POLEMICHE Soldinoncene sono.Saràvero?

10 J’accusedi GianfrancoNasti

11 PORTO Marzamemi batteAugusta

12 AutoritàPortualeo Immobilismo

13 Ilsiracusano TuriMagro

14 EVENTI LaIubilaeum emoziona in mondo visione

15 CULTURA Lecondizionidi equilibrioinlibreria

16 STORIA Prigionierodiguerra degliamericani

18 TOPONOMASTICA ViaEpicarmo Corbino

19 ARTE ÈConcettoMendola ilpittorediVia del campo.

20 SCUOLA Finalmentechiusoil plessofuorilegge

21 Quandoleragazze portavanoilgrembiule nero

22 SPORT Siamostatiprofetici

23 LaRari86sifaonore nelTrentino

24 Augustanisfidanola GrandeMela

25 DEVOZIONE/ VOLONTARIATO PellegrinaggioaLou rdes

SOM

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Periodico di interesse cittadino e dintornin. 36 - Anno IX

Direttore responsabile: Giorgio prof. CàsoleRedazione, fotocomposizione e stampa:

Stamperia d’arte “IL TORCHIO”Via Garibaldi, 16 - 96011 AUGUSTA (SR)

Tel. 0931.524010 - Fax 0931.010003Chiuso in tipografia il: 29 ottobre 2008

I Pezzi non firmati si intendono del direttoreSegreteria di redazione Giulia Càsole

e-mail: [email protected] EDITORE

I numeri arretrati sono consultabili in internet all’indirizzo:

http://www.chd.it

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Siamo alle solite. Disagi a non finire per gli augu-stani che sono costretti a percorrere il cosiddetto Lungomare Rossini per andare all’ ospedale o

per accompagnare i figli a scuola. Appena le precipi-tazioni si fanno più intense e prolungate, si registra il fenomeno dell’acqua alta: le barche, solitamente sulla spiaggia, quasi navigano, trascinate dalla pioggia tor-renziale, sull’altra sponda, davanti alle case, sabbia e pietre invadono il selciato, i moli vengono sommersi. Per recarsi al “Muscatello”, l’ospedale civico, che, sia detto per inciso, funziona a scartamento ridotto ed è prossimo alla chiusura o alla sua completa trasforma-zione, mentre il nuovo padiglione diventa vecchio ed è visitato dai ladri e dai vandali, bisogna dotarsi di una barca. L’acqua invade addirittura un quartiere, quello delle case ex Enel, per intenderci, costruito sulle ex saline oltre quarant’anni fa, le ultime sul lungoma-re Rossini, prima del “Muscatello”, che costeggiano pure Via delle Saline e la linea ferrata: quel quar-tiere, dove, fino a pochi anni fa, abitava l’attuale sindaco Carrubba e dove ancora abita il di lui padre anziano, si trasforma in una minuscola Venezia: oc-correrebbero le gondole per andare da una palaz-zina all’altra. Gli abitanti, in tali circostanze, sono prigionieri delle loro abitazioni: vengono allagate le loro rimesse, essi non possono né uscire né entrare perché non posseggono né gommoni, né gambali da pescatori da torrente, pure le loro automobili par-cheggiate presso le loro case imbarcano acqua, con tutte le loro conseguenze successive per l’apparato motore e elettrico. Eppure le case furono costruite con regolare licenza edilizia – il padre del sindaco

era magna pars dell’ufficio tecnico comunale. Succes-sivamente, le strade laterali, il Lungomare Rossini, appunto, e la Via delle Saline sono state asfaltate in rilievo, nel senso che il manto stradale è sollevato ri-spetto al terreno su cui sorgono le case. Restano, però, i disagi perché non sono mai state messe in azione pompe sotterranee o al livello della strada per evitare l’allagamento per ore e ore, tanto che vengono chia-mati spesso i pompieri per risucchiare l’acqua in ec-cesso con l’idrovora in loro dotazione. I lavori per la sistemazione del lungomare Rossini, con i fondi della Protezione civile, dovevano incominciare a settembre del 2007. È passato più di un anno, ma di lavori nem-meno l’ombra.

Giorgio Càsole

E DOVE SIAMO? A VENEZIA?

Editoriale

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Dopo il totale fallimento del Piano Regionale Rifiuti Sicilia, con caparbietà voluto da Cuffa-ro, è urgente adottare un nuovo piano che attui

una corretta gestione integrata del ciclo dei rifiuti. Il “governatore” Raffaele Lombardo, in campagna elet-torale, aveva promesso la riduzione degli Ato (pro-messa confermata con decreto del 20/5/08 che riduce da 27 a 10 il numero di Ato a partire dal 1/1/09) e l’esigenza di rifare le gare di appalto per i termova-lorizzatori. La Prestigiacomo si dichiara preoccupata nei ritardi nella costruzione dei termovalorizzatori che “rischiano di condurre la nostra Isola in una situazione simile a quella della Campania”. Quindi, sia Lombar-do che Prestigiacomo parlano ancora di inceneritori, mentre inspiegabilmente nessuno ha parlato della ne-cessità di riscrivere il piano regionale dei rifiuti, visto

che l’ultimo ha prodot-to ben pochi risultati perché non mirava alla riduzione, al riuso, al riciclo e al recupero dei materiali, nel ri-spetto della normativa europea, nazionale e regionale del settore, ma all’uso esclusivo dell’incenerimento. Il Piano Rifiuti Cuffaro è fallito in diversi punti come nel sovradimen-sionamento dei termo-valorizzatori; infatti, il Piano adottato dal Com-missario nel dicembre 2002 e spedito alla Commissione Europea prevede di raggiungere entro il 2008 il 35% di Raccolta Differenziata

(R.D.) e di costruire impianti di selezione per 1.620.000 t/anno di rifiuti e di incenerirne 958.056 t/a, a fronte di una produzione annua di circa 2.500.000 t/a. Nel 2004 in Sicilia si sono prodotte 2.531.000 t di rifiuti e la R.D. si è attestata sul 5,4% , praticamente stabile negli ultimi tre anni. Il Commissario ha dato esecuzione al Piano con quattro ordinanze sottoscrivendo, con quattro Raggrup-pamenti di Imprese, le Convenzioni per gestire i rifiuti a valle della R.D. Esse prevedono: a)- la costruzione d’impianti di selezione per 2.604.000 t/a di rifiuti con-tro le 1.620.000 tonnellate previste nel Piano; b)- ince-neritori per 1.656.370 t/a contro le 958.056 t/a previste e cioè il 73% in più; c)- discariche per 27.230.107 m3 contro i circa 15.000.000 m3 previsti nel Piano. Pertan-to in Sicilia saremo in grado di incenerire annualmente oltre il 65% dei rifiuti, cioè l’intera frazione secca di tutti i rifiuti prodotti e non la sola parte indifferenziabile

(Forse si pensava all’importazione di immondizie). Gli inceneritori saranno ubicati a Paternò (in un sito SIC, a rischio idrogeologico e zona archeologica, e scaricherà le sue acque nel fiume Simeto), a Casteltermini (sulle rive del fiume Platani), a Bellolampo (zona SIC e di pro-prietà del demanio militare, per cui i cittadini di Palermo e provincia saranno costretti a pagare la costruzione di un nuovo poligono militare per fare posto agli impianti previsti nel sito scelto, occupato appunto da un poligo-no), ad Augusta (a pochi metri da una zona archeologica e di un’area dichiarata a grave rischio di crisi ambienta-le). La tariffa concordata con le imprese è valida fino al 35% di R.D. oltre tale limite essa deve essere aumentata e, qualora non si trova l’accordo, la Regione si è impe-gnata a rilevare gli impianti senza danni per le imprese. Non esiste regione al mondo con una tale potenzialità di impianti: in Germania si incenerisce il 23% dei ri-fiuti, in Francia il 33%, negli USA il 18%, a New York S. Francisco e in tante parti del mondo hanno deciso di non costruire più inceneritori, vedi referendum recente in Svizzera. Se i siciliani si permetteranno di compor-tarsi come i veneti e i lombardi (al 40% di R.D.), o gli austriaci (al 55%) o i tedeschi (al 44%) saranno puniti con tariffe ancora più salate. Non possiamo non tenere in considerazione che la R.D., una volta avviata non si ferma al 35%, ne danno conferma i 1830 Comuni, sugli 8101 Comuni italiani, che hanno superato il 50% di RD. 200 Comuni addirittura sono oltre il 70% di raccolta dif-ferenziata e non sono certo tutti di piccole dimensioni. Ben 11 Province superano ormai il 50% di RD, Novara (357.000 abitanti) è al 61% e Treviso, con 857.000 abi-tanti, è al 66,6%. Il primato va al Consorzio Priula che ha superato il 78% di RD. Il Piano Rifiuti Cuffaro inoltre è incorso in vistose ir-regolarità procedurali, non ultima quella relativa alla violazione della direttiva 92/50/CE sulla pubblicità dei bandi di gara per appalti pubblici di servizi che è valsa all’Italia una condanna dell’UE. Infatti, in merito alla decisione di realizzare i quattro termovalorizzatori in Sicilia (Bellolampo, Campofranco, Paternò ed Augu-sta), la mancata pubblicazione nelle forme dovute sulla Gazzetta Europea del bando di gara dell’agosto 2002, ha leso i principi di concorrenza e dato un indubbio vantag-gio alle imprese italiane: il bando è stato, infatti, pubbli-cato solo sulla Gazzetta della Regione Sicilia. In seguito a questo atto superficiale e irresponsabile, la Commis-sione Europea ha aperto un procedimento di infrazione nei confronti dell’Italia nel gennaio 2005 per mancato rispetto della normativa comunitaria, che prevede rego-le precise di pubblicità in materia di appalti pubblici di servizi, quali quelli configurati nel bando di gara della regione Sicilia per gli inceneritori del 9 agosto 2002 e nelle successive Convenzioni stipulate con le imprese nel giugno 2003. Detta Commissione, non soddisfatta dai chiarimenti ricevuti dal commissario all’emergenza rifiuti e governatore Cuffaro sulla questione, ha indetto

PIANO RIFIUTI, CUFFARO HA FALLITO. E LA PRESTIGIACOMO?Ambiente

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causa all’Italia nel mese di ottobre 2005 presso la Corte di Giustizia dell’Unione Europea. Il 18 luglio 2007 la Corte ha emesso sentenza di condanna del nostro Pae-se, e quindi della regione Sicilia, perché ha riconosciuto la omissione fatta dalla nostra Regione, e per effetto di detta condanna i cittadini siciliani dovranno pagare sa-latissime sanzioni. La pretestuosa urgenza di concludere le convenzioni ha comportato, inoltre, la stipula delle stesse a prescindere dall’acquisizione dell’informativa antimafia. Tale comportamento è da ritenersi particolar-mente imprudente nella considerazione dei noti interessi della criminalità organizzata nel campo dei rifiuti e nel contesto ambientale siciliano. Puntualmente una delle società, riunite in associazione temporanea d’imprese, aggiudicataria di 2 dei 4 sistemi integrati, è risultata in-filtrata dalla criminalità mafiosa. Il Commissario non poteva certo ignorare la circostanza dal momento che la stessa impresa era coinvolta nella raccolta dei rifiuti nel Comune di Messina. Inoltre i bandi di appalto pre-vedevano di attribuire alle imprese la facoltà di scegliere i siti dove ubicare i vari impianti, scelte che per le loro implicazioni ambientali, sociali ed economiche doveva-no essere assunte dalla pubblica autorità; ovviamente le imprese non potevano che scegliere i siti a loro più eco-nomicamente vantaggiosi piuttosto che quelli più idonei sotto il profilo ambientale e di utilità generale. Inoltre il rifiuto, da parte di Cuffaro, di qualsiasi confronto con comitati e associazioni, che hanno presentato critiche e proposte alternative, l’insistenza nel portare avanti un piano frutto di analisi arcaiche e non degne di un paese civile, condanneranno i cittadini siciliani a rimanere nei prossimi anni in fondo alle classifiche delle regioni che hanno fatto scelte più virtuose in tema di lotta ai cambia-menti climatici e all’inquinamento dell’ambiente. WWF e Legambiente hanno denunciato alla Commissione Eu-ropea le dette ordinanze con un dossier di circa mille pagine per le numerose violazioni alle direttive europee riscontrate. Angelo Palmieri di WWF Sicilia ha dichia-rato che “il problema è anzitutto morale e politico: la so-luzione adottata tratta i siciliani come cittadini utenti di serie B di un servizio e non come cittadini liberi di sce-gliere il loro futuro”. Alla luce del fallimento totale del Piano Rifiuti Cuffaro, sembra logico e urgente riscrivere completamente un NUOVO PIANO RIFIUTI. Ci risulta che il presidente Lombardo e l’assessore all’Ambiente Pippo Sorbello, entrambi sensibili alle proposte dei cit-tadini e delle associazioni ambientaliste, si siano attivati in questo senso, lo stesso non può dirsi per la Prestigia-como che, oltre a sostenere l’urgenza della realizzazione degli inceneritori e ignorando la riscrittura di un nuovo piano, ha recentemente presentato un emendamento al collegato alla legge finanziaria approvato dal Consiglio dei Ministri, che riconosce gli incentivi Cip6 anche per l’energia elettrica prodotta dagli inceneritori. “Questo, in deroga alla direttiva comunitaria 77/2001, eviterà per la nostra regione i rischi connessi al possibile blocco

della costruzione degli inceneritori previsti, essenziali per risolvere in via definitiva la questione smaltimento rifiuti che proprio in queste ore si sta riproponendo in maniera drammatica in diverse zone dell’Isola”. Mimmo Fontana di Legambiente (La Sicilia del 3/10/2008) in merito a detto emendamento sostiene: “Sappiamo già che l’Unione europea boccerà questo provvedimento, eppure il governo non ha esitato a espor-ci a una nuova procedura d’infrazione, promuovendo un intervento utile a garantire elevati profitti a chi costruisce gli impianti a scapito dei veri interessi della collettività”. Pertanto è necessario che il governo regio-nale vari un Piano di ampio respiro che riesca realmente a dare risposte struttu-rali e coerenti al pro-blema coinvolgendo la partecipazione at-tiva degli enti locali, delle forze sociali, del sindacato, delle associaciazioni am-bientaliste. Il Piano deve completamen-te ignorare il prece-dente Piano Cuffaro, rigettando la strate-gia dell’Agenzia dei rifiuti che pensa di risolvere il problema ricorrendo all’incenerimento e ignorando che si incor-rerebbe in altre sanzioni se si volesse portare avanti il principio di rispettare gli impegni presi con le imprese che dovevano realizzare i 4 megainceneritori. Questo principio prevede che le imprese che si aggiudi-cheranno la realizzazione dei 4 inceneritori si debbono fare carico di rifondere alle vecchie imprese le spese da quest’ultime sostenute fino a ora; in pratica, è una forma di dissuasione alla partecipazione alla gara d’appalto, mentre sarebbe più giusto fare pagare dette spese a chi, per sua incapacità, per superficialità o per altro, ha per-messo questo. Il Piano deve mirare alla riduzione, al riu-so, al riciclo e al recupero della materia, tutte cose che si possono ottenere con una seria raccolta differenziata porta a porta, così da ridurre la frazione indifferenziata a una bassa percentuale. Per il trattamento di quest’ultima bisognerà valutare i sistemi sperimentati esistenti, a bas-so impatto ambientale, privilegiando impianti che ope-rano a temperature inferiori ai 100°, come la bioastabi-lizzazione, alle quali non si formano prodotti pericolosi, persistenti e cancerogeni, come diossine, dibenzofurani e nanopolveri.

Luigi Solarino

PIANO RIFIUTI, CUFFARO HA FALLITO. E LA PRESTIGIACOMO?

In alto, la ministra Prestigiacomo con il marito, notaio Bellucci

Ambiente

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Nell’intervista esclusiva pubblicata sul nostro giornale, al n° 34, il comandante di Marisici-lia, amm. Andrea Toscano, dichiarava che le

maestranze qualificate dell’arsenale militare, stabili-mento presente nella nostra città dal 1938, continue-ranno a operare per la Marina Militare e per i privati in un processo che renderà lo stesso ente ancor più competitivo.Giovedì 25 settembre, i lavoratori dell’arsenale han-no inscenato , all’interno dello stabilimento, un cor-teo che si è spinto fin sotto il portone d’ingresso della direzione per protestare contro il mancato raggiun-gimento di un accordo amministrazione - organizzazioni sindacali per consentire ai lavoratori di percepire fondi già stanziati per incentivare la produttività, in relazio-ne ai meriti individuali e ai progetti di na-tura produttiva. Questi quattrini rischiano di tornare indietro per i forti ritardi dovuti all’incapacità e all’inerzia dei dirigenti pre-posti alla gestione del fondo stesso.Stando alle testimonianze raccolte tra i di-pendenti, che prestano servizio da tempo nello stabilimento, la vicenda potrebbe es-sere considerata la classica goccia che fa traboccare il vaso, perché essi hanno capito che il fine ultimo è quello di smantellare l’arsenale, affidando tutti i lavori alle dit-te private anziché alle maestranze locali. “Siamo considerati vuoti a perdere”, ha commentato amaramente uno dei manife-

stanti, “perché la gente che va in pensione non viene sostituita; più di dieci anni fa eravamo oltre cinque-cento e i lavori venivano svolti da noi stessi all’in-terno dello stabilimento, mentre oggi siamo quasi la metà e sostanzialmente ci vogliono mandare a casa”. Un altro, con tono più risentito, aggiunge: “Stanno giocando sulla nostra pelle e sulla nostra dignità: pri-ma ci chiedono di riqualificarci e poi ci mettono da parte per affidare ai privati. Lo spreco continua”.L’ultima mobilitazione interna presso l’Arsenale Mi-litare Marittimo di Augusta risalirebbe a più di 15 anni fa.

Verso lo smantellamento dell’arsenale militare

GLI OPERAI: “SIAMO VUOTI A PERDERE”

Assemblea di lavoratori all’arsenale

Primo Piano

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“È stato davvero un momento molto emozionante quello in cui il 38enne Danilo Bellistri ha tagliato il nastro per inaugurare la nuova, splendida, sede dell’AIAS”. A parlare è una delle primissime ope-ratrici dell’AIAS (Associazione italiana assistenza spastici) di Augusta.Attiva da trentatré anni, da quando ancora la sede era negli angusti locali concessi dal Comune, nei giardi-ni pubblici, dietro il cinema estivo denominato arena Megara, l’AIAS ha trasferito la sede in un terreno ac-quistato nei pressi dell’ex hangar per dirigibili.A fare gli onori di casa all’inaugurazione è stato Gio-vanni Brullo, con esperienza ultra trentennale di ge-stione di sezioni AIAS in provincia di Ragusa , che da sei anni dirige, quale commissario, la sezione di Au-gusta, su mandato del presidente nazionale Francesco Lo Trovato, in sostituzione degli organismi statutari della sezione augustana. La nuova sede è stata inau-gurata in pompa magna, sabato 4 ottobre, grazie alla perseveranza di Brullo.-Perché è particolarmente emozionata? Domandiamo all’operatrice.“Perché Danilo è stato uno dei miei primi assistiti e ora è uomo, elegante, con il vestito e la cravatta, e può essere in grado di stare dietro il bancone del bar, secondo il progetto del commissario Brullo, all’in-terno di questa sede, costruita con criteri di assoluta modernità; non per nulla Danilo è stato scelto per tagliare il nastro”.Il commissario Brullo ci dice: “Possiamo considerare questo centro senz’altro uno dei migliori della Sicilia, se non d’Italia, e abbiamo intenzione di continuare”.-Che cosa vuol dire? Non vi basta quest’enorme complesso, che fa impallidire l’ospedale civico?“No, perché vogliamo fare di questo complesso un centro di eccellenza. Intanto vogliamo ripuli-

re e rimboscare il terreno, attualmente incolto, de-limitato dalla rete metallica, per farne un parco dove poter attuare l’ippoterapia, poiché è ormai accertato che stare a cavallo fa veramente bene ai soggetti disabili. Vogliamo costruire un secon-

do edificio per realizzare una comunità-alloggioper far sì che quando noi non ci saremo più, intendo noi genitori, i diversamente abili possano continuare a essere assistiti. Ma vogliamo anche fare in modo che, quando i genitori portano qui i loro figli, possa-no tutti vivere per qualche tempo insieme, qui, fra le stesse mura, evitando ai figli il trauma del distacco repentino”.

Inaugurata la nuova sede

AIAS, DALLE STALLE ALLE STELLE

Da sin.: il presidente nazionale AIAS, Lo Trovato, Danilo Bellistri mentre taglia il nastro, il commissario augustano Brullo

Solidarietà

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-Non vi preoccupate del costo di questi progetti?“Questo terreno di cento ettari, vicino, come vede, all’ex hangar per dirigibili, ci è costato cinquecento milioni di lire, il complesso edilizio che si sviluppa per 1.600 mq ci è costato quasi un milione e cinque-cento mila euro.-Come avete fatto?“Abbiamo risparmiato e abbiamo acceso un mutuo, mutuo che sta per essere estinto. Certo, abbiamo avuto problemi, ma, come ha ricordato il presidente Lo Trovato, l’Aias al suo interno ha saputo trovare i suoi anticorpi e altrettanto certamente le difficoltà non mancheranno visto che oggi l’Asl di Siracusa sta riducendo le rette per i nostri assistiti. Io sono con-vinto che bisogna investire, che bisogna costruire, che bisogna realizzare sempre cose nuove. Per esem-pio, nel ragusano abbiamo già realizzato un villag-gio turistico a misura dei disabili, con una piscina a forma di numero 8, all’interno della quale si potrà entrare addirittura con la carrozzina. Qui ad Augu-sta vorremmo avere maggiore comprensione da parte dell’Amministrazione comunale, anche se l’assessore alla solidarietà sociale, Milena Contento, ci è vicina e ci ha garantito che potrà essere stipulata a breve una convenzione con l’ente Comune per realizzare un centro diurno dove assistere quindici disabili psichi-ci gravi. E vorremmo che il Comune si facesse parte diligente presso l’Ast per attivare una linea urbana di autobus dal centro cittadino fin qua, in contrada Co-sta dei Conti. L’Aias di Augusta dà lavoro a settanta

dipendenti, effettua settantasei trattamenti ambulato-riali e trentotto a domicilio, sollevando le famiglie da tutti quei fardelli che derivano dall’avere un soggetto disabile in casa, tanto che viene deprivata la vita di relazione dei genitori”.-Che cosa chiede ancora?“Chiedo una maggiore presenza, una maggiore vi-cinanza, una maggiore comprensione. Credo che sia legittimo desiderare l’accelerazione delle pratiche, per evitare attese di anni, come è successo per l’ap-provazione del progetto che riguarda il complesso che lei vede, realizzato grazie anche alla dedizione del nostro personale, coordinato dal nostro direttore amministrativo Mario Roggio”.Onore al merito di Giovanni Brullo è stato reso pub-blicamente, nella stipatissima sala-conferenze, dal presidente Lo Trovato, che ha ricordato i primi timidi inizi della sezione Aias, fondata nel 1975 per iniziativa di Domeni-co Umberto La Ferla e di Dora Catalano, genitori di Francesco. Quando Lo Trovato ha pronun-ciato il nome di La Fer-la, oggi scomparso, dalla sala è partito spontaneo l’applauso.

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“Soldi non ce ne sono” – è il ritornello fisso che il sindaco Carrubba ripete, sistematicamente, quando qualcuno gli prospetta particolari necessità, anche ri-guardo ai problemi sociali, ambientali e culturali. A rivelare quest’ atteggiamento del sindaco è il respon-sabile d’un sodalizio augustano, che opera sul territo-rio da lunga data, ma che non vuole esporsi per timore di ritorsioni.-Dice davvero?“Certamente. Non è la prima volta, in tanti anni, che sollecito l’intervento dell’Amministrazione comunale, ma non ricevo riscontri positivi se oso criticare il ma-novratore. E penso che le cose vadano così dapper-tutto. La dimostrazione l’abbiamo su scala naziona-le, se consideriamo che Berlusconi possiede non tre, ma quattro testate giornalistiche televisive, giacché ha TG Com, che imperversa nelle sue tre reti, ha in mano, come capo dell’esecutivo, almeno due testate televisive della RAI, controlla, direttamente o indiret-tamente, molteplice testate della carta stampata, al-cune delle quali fanno da megafono delle sue imprese e alle sue dichiarazioni, eppure si lamenta di chi si permette di mettere in dubbio e imprese e dichiara-zioni. Fa la vittima”.-Va bene, ma in campo cittadino c’è un giunta di sinistra, no? “Forse sulla carta. In ogni caso comanda il sindaco e tutti si allineano per timore di essere defenestrati. Non dimentichiamoci che ogni assessore ha un’in-dennità non indifferente e di questi tempi rappresenta un arricchimento per chi ha uno stipendio o una ri-sorsa per vivere discretamente. Recentemente, il sin-daco, prima della scadenza del suo primo mandato, s’è aumentato l’indennità”.-Sì, però, sono stati stanziati molti quattrini per opere pubbliche.“In campagna elettorale sono stati attivati ben ven-tisei progetti, ma molti sono rimasti al palo, dopo la rielezione di Carruba. I suoi attuali assessori, com-preso Gioacchino Ajello, assessore più volte di Pip-po Gulino, che ripete il ritornello “soldi non ce ne sono”, che cosa fanno? Nulla. Non si possono cele-brare le nozze con i fichi secchi”.-Ma, scusi, non è vero che il Comune ha milioni di debiti di euro che l’attuale amministrazione adde-bita a quelle precedenti?“Non dico di no. Ma perché, quando vogliono, i soldi

I progetti restano nel cassetto

Soldi non ce ne sono. Sarà vero?li trovano anche per spenderli per cose assolutamente futili?”.-Che cosa intende? Può essere più preciso?.“A settembre è stato festeggiato alla grande l’olim-pionico Antonio Scaduto, medaglia di bronzo a Pe-chino 2008”.-Non è stato giusto festeggiare un campione delle Olimpiadi? Non si fa così ovunque?“Non lo nego. Ma quanto soldi sono stati spesi?”-Circa diciassette mila euro.“Un’enormità per una semplice festa in piaz-za per cui non c’era assolutamente bisogno di chiamare un comico catanese, un presentato-re catanese, che sono stati ben pagati, e fare collegamenti video altrettanto dispendiosi”.-Tuttavia, durante l’estate non c’è stato alcuno spettacolo. Qualche diversivo bisognava offrirlo alla cittadinanza, non crede?“Con quei soldi si potevano far lavorare tutti i gruppi locali che aspettano l’estate per poter raggranellare qualche soldo. Durante uno di questi spettacoli si po-teva premiare Scaduto, che è un bravo ragazzo e sono certo che non aveva bisogno né di comici forestieri, perché bastavano i dilettanti locali, né di collega-menti faraonici, perché erano sufficienti le te-stimonianze degli atleti, grandi, di ieri e di oggi che ancora vivono qua, né di fuochi d’artificio, visto che sono andati letteralmente in fumo migliaia di euro proprio per i giochi pirotecni-ci. Penso che la banda musicale cittadina sa-rebbe stata sufficiente. Sarebbe costata meno e sarebbero stati felici tutti i componenti. Sol-di non ce ne sono. Sarà vero?”.Con quest’amaro inter-rogativo il nostro inter-locutore si congeda da noi e noi dai lettori.

L’olimpionico Antonio Scaduto

Politica

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Dopo aver fatto incetta di premi in campiona-ti regionali e nazionali, l’asciutto e vigoroso 65enne Gianfranco Nasti, è volato alla volta

della lontana Australia per partecipare ai campionati mondiali di nuoto per i seniores a Perth, dove ha con-quistato la medaglia di bronzo nei 50 farfalla, nei 100 rana e nei 200 misti, risultando in tutte le gare il primo degli italiani partecipanti alla manifestazione.Nasti da tempo desiderava partecipare ai master mon-diali australiani, visto che gli era stato impossibile, due anni fa, partecipare a quelli di San Francisco in California. Non era potuto andare nella solare cit-tà statunitense per mancanza di sponsor, nonostante l’appello lanciato a suo tempo, tramite il nostro gior-nale. Quest’anno, Nasti ha potuto coronare il suo so-gno grazie a una sponsorizzazione privata e grazie agli sforzi organizzativi compiuti dal Centro Nuoto Megara, presieduto da Giovanni Mignosa. Dopo l’Au-stralia Nasti non si è cullato sugli allori bronzei e ha continuato a gareggiare, conquistando allori aurei nei campionati italiani tenutisi a Palermo classificandosi al primo posto assoluto nei 50 stile libero e farfalla e nei 100 stile. Se per molti di noi terragni, anche se nati e vissuti sulla costa o su un ex isola, qual è Augu-sta, l’elemento naturale è, appunto, la terra, per Gian-franco Nasti l’elemento che più gli si confà è l’acqua. Non è sicuramente un acquatico ma è certamente un terracqueo. Nasti gareggia e vince per sé stesso per la sua personale gratificazione, ma è anche orgoglioso di far sapere che è di Augusta, in Sicilia, anche se, dopo la sfarzosa ( e costosa) celebrazione cittadina di Antonio Scaduto, l’olimpionico di canoa, Nasti è ri-masto profondamente deluso dal silenzio istituzionale nei propri confronti. I motivi della sua amarezza ce li spiega lo stesso Nasti. -Come mai questo tono così risentito? “Ma come- esordisce con tono molto vibrato- “sul palco eretto in Piazza Duomo per Scaduto hanno chiamato anche personaggi semisconosciuti e hanno fatto collegamenti video con augustani noti che nien-te hanno a che vedere o a che fare con lo sport, e io che sono reduce da campionati mondiali, dove pure ho vinto la medaglia di bronzo come Scaduto, non solo non vengo pubblicamente premiato come lui, ma nemmeno ricordato”.-Le imprese di Scaduto sono state trasmesse in

mondo visione e , in ogni caso, la partecipazione alle Olimpiadi costituisce un’occasione di gran-de richiamo; se, poi, si vince una medaglia, se ne inorgoglisce tutta l’Italia, non solo la città di pro-venienza. Non crede?“Sì,non dico il contrario. Per carità, Scaduto è un bravissimo ragazzo, molto semplice e credo che sa-rebbe stato comunque felice di ricevere il saluto dalla sua città, anche senza contorno di fuochi d’artificio, ma mi permetta di dire che, dopo tanti oscuri sacrifi-ci, come quelli di Scaduto, mi sarei meritato, special-mente dopo la vittoria ai mondiali di Perth, almeno una citazione, una chiamata sul palco. Perché dovrei continuare a dire d’essere di Augusta, se non vengo riconosciuto dai miei concittadini”.Nasti ci lascia con lo stesso tono risentito dell’inizio. A supplire alla mancanza di un riconoscimento uffi-ciale ha pensato Vittorio Ribaudo che a Nasti ha con-ferito il premio Rubens durante la cerimonia svoltasi il 20 settembre allo stabilimento elioterapico del Cir-colo sottufficiale della locale base della Marina Mili-tare.

Sfogo amaro del campione mondiale seniores di nuoto

J’ACCUSE DI GIANFRANCO NASTI

Polemiche

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Nella ridente località balneare di Marzamemi è stata celebrata solennemente la tappa della regata internazionale “ Cap Istanbul 2008”,

cui hanno partecipato rappresentative della Tur-chia, della Francia e dell’Italia. A ottenere che la tappa si facesse in provincia di Siracusa, a Marzamemi, appunto, è stato il con-sole generale onorario per la Turchia, l’augustano Domenico Romeo, operatore instancabile per la promozione del porto di Augusta, il quale avreb-be voluto che la tappa avvenisse proprio ad Au-gusta. Non è stato possibile perché Augusta non ha un porto turistico come quello di Marzamemi che, seppur piccolo e gestito da ben tre distinti club, offre quei servizi che Augusta non ha: in primo luogo le prese per la luce e per l’acqua, indispensabili per le barche che sono attraccate ai moli: moli, sia detto per inciso, che sono ro-busti, sicuri e pure eleganti, che non hanno nulla da dividere, dunque, con quelli improvvisati di alcu-ni moli realizzati sul golfo Xifonio per gli augustani

Tappa della regata velica internazionale “Cap Istanbul 2008”

MARZAMEMI BATTE AUGUSTAche possiedono una barca per l’estate e che, dunque, non possono ospitare barche da regata. Domenico Romeo ha premiato, in primo luogo Cristopher Bou-vin, che stava rischiando di perdere la vita durante la regata, in rappresentanza della Marina Militare di Augusta l’ammiraglio An-drea Toscano e per la Re-gione Sicilia l’On. Raffaele Lombardo, che hanno fatti-vamente contribuito affin-ché la tappa avesse luogo a Marzamemi, procurando tutta l’assistenza necessaria.Dopo altri premi a personalità locali, Romeo ha con-segnato una targa alla splendida rappresentante del consolato francese a Catania, Maria Luisa Sisinna, e a Vittorio Ribaudo che ha offerto, appositamente per la serata, come preziosa scenografia, alcune sue grandi tele rappresentanti donne fascinose, in onore delle donne francesi che erano presenti con i loro compagni di regata. Una targa e andata al vincitore della tappa, Antonio De La Cruz. La cerimonia di premiazione è stata presentata dal nostro direttore Giorgio Càsole.

L. S.

Sopra: banchina di AugustaIn alto: Domenico RomeoIn alto a sin.: banchina di Marzamemi

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Premesso che le prin-cipali attività delle autorità portuali sono

di: indirizzo, programmazione, coordinamento, promozione e controllo delle attività economiche che gravitano intorno al porto, desidero conoscere il bilancio complessivo delle attività, dal momento della istituzione fino ai nostri giorni: conti economi-ci, eventuale redazione un piano regolatore, piano di gestione rifiuti, piano antincendio, piano di sicu-rezza per le aree portuali, elenco consulenze, lavori effettuati, pianta organica, tutte le attività di promo-zione e programmazione svolte per raggiungere qui risultati economicamente positivi. Tra le attività spettanti alle Autorità portuali quelle di maggior rilievo per l’utenza sono: il rilascio del-le autorizzazioni a esercitare le operazioni portuali (articolo 16) e il rilascio delle concessioni di aree

e banchine. Ci risulta, invece, che alcuni im-prenditori locali, tito-lari di concessioni di aree demaniali, alla ri-chiesta di ampliamento di dette aree non hanno mai ricevuto risposta alle loro istanze, su-bendo gravi danni alle loro attività. Quali sono il motivo e

la necessità per cui sono stati nominati due commis-sari? Quali strategie sono state messe eventualmen-te in atto per potenziare e creare nuove opportunità di sviluppo dell’area commerciale e di tutte le aree portuali sotto la propria giurisdizione. Come mai l’annunciata istituzione di una linea navi-veloci / traghetti non è mai decollata? Era stato annunciato durante un consuntivo dell’ex presidente un probabile “accordo con Grandi navi veloci di Grimaldi”, non solo non è mai giunto un traghetto, ma si sono perse altre opportunità come i collegamenti tra Sicilia e Malta di cui si è sentito tanto parlare. Neanche per la salvaguardia del terri-torio di propria competenza l’Autorità Portuale sem-bra aver brillato in efficienza: basta dare un’occhiata alla nuova darsena, dove i due capannoni sono stati vandalizzati con scritte di ogni tipo, utilizzati da ter-

zi, nessun controllo, oppure le aree a nord della rada, quelle dell’ex idroscalo per intenderci, dove insistono parecchie discariche abusive e i ragazzi del canottag-gio, ospitati da un’azienda privata, sono costretti a or-ganizzare manife-stazioni sportive e gare regionali tra i rifiuti di cui è cosparsa la strada che costeggia la rada adiacente al parco dell’hangar.Come mai non è mai stata effettua-ta la rimozione e pulizia, da alghe e sabbia, per il ripristino della cir-colazione delle correnti marine presso il rivellino dei ponti spagnoli? Eppure risultano parecchi interventi di pubblici amministratori, Comune, Capitaneria e di-versi articoli sulla stampa locale. L’accumulo di alghe provoca gravi disagi, a causa della putrefazione del-le stesse, con grave pericolo per la salute pubblica, nonché disagio alla piccola marineria, costringendo le imbarcazioni a entrare e uscire dall’entrata principale del porto. Ma quello che più salta agli occhi è lo scol-lamento tra l’ente portuale , la città e il suo territorio che viene mantenuto costantemente lontano dal suo mare, come se l’ Autorità Portuale fosse stata crea-ta per vivere indipendente dal resto della città, senza l’obbligo di dare conto e informare sui propri compiti. Desidero suggerire all’ente una maggiore apertura al dialogo con la città da cui invece pare si sia isolato. Perché il raggiungimento di risultati economicamente positivi previsti dalla legge 84/94 passano per diver-se tipologie di economia. Quindi non solo in ambito petrolchimico e commerciale, ma anche in settori del tempo libero, del turismo, della nautica da diporto e della cantieristica, comparti che attualmente, a livello mondiale, stanno raggiungendo ragguardevoli risultati economici in una economia internazionale stagnante.

Paolo Amato(Capogruppo F.I.

Provincia Regionale di Siracusa)

Sopra immagini di degrado dell’area adiacente all’ex idroscalo

Interviene Paolo Amato

Autorità Portuale o Immobilismo

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Turi Magro dovrebbe essere il nuovo presidente dell’Autorità portuale di Augusta. La notizia circola insistentemente da tempo, da quando il

nome dell’ex democristiano è stato inserito nella ter-na di nomi che il presidente della Regione Siciliana, Lombardo, ha trasmesso al ministero per i traspor-ti, che dovrà nominare il presidente per la gestione del porto di Augusta per i prossimi quattro anni. Turi Magro è il nome che, stando agli accordi politici, do-vrebbe occupare la poltrona che , per quadriennio, è stata occupata da Pippo Spanò, uomo di Forza Italia che nel 2003 sfidò il sindaco Carrubba, ma perdendo la sfida, in compenso, guadagnò la più remunerativa poltrona di presidente dell’autorità portuale. La prorogatio non è prevista. Infatti, dopo la scaden-za del mandato di Spanò, nell’attesa della nomina del nuovo presidente, la gestione è stata affidata all’ex comandante della capitaneria di porto di Catania, il contrammiraglio Bernardo, in veste di commissario.

NO ALLE LOGICHE SPARTITORIE

Contrario alle logiche spartitorie per l’autorità portua-le augustana si è detto il segretario generale della Uil siracusana, l’augustano Stefano Munafò, il quale ha

affermato: “Occorre sce-gliere un’autorità portuale realmente competente per risolvere i problemi della rada di Augusta e dei traf-fici commerciali”. Munafò auspica “una personalità consapevole delle difficol-tà internazionali derivanti dall’area di libero scambio

del 2010. In questa fase” – ha osservato – “registria-mo un’eccessiva agitazione del mondo politico per sponsorizzare questo o quel candidato. Ma, a parte le intemperanze dei singoli partiti, occorre riflettere sul fatto che l’autorità portuale non può essere, per la strategicità dell’incarico, appannaggio di gruppi che lottano per una spartizione di potere. Il fulcro sul quale deve puntare l’autorità è l’esperienza nel set-tore, l’approfondita conoscenza delle regole e delle dinamiche che sono sottese”. Oltre alla sua esperien-

za politica e alla gestione di alcuni Enti pubblici, tra cui la Provincia, il consorzio autostradale, l’Ias, Turi Magro, attuale segretario provinciale dell’Udc, dovrà adesso dimostrare di essere un esperto conoscitore di queste dinamiche e del management ad alti livelli per far valorizzare sempre più, specialmente agli occhi degli investitori esteri, il porto di Augusta. Intanto, c’è da registrare la denuncia del console ono-rario della Turchia in Sicilia, l’augustano Domenico Romeo, il quale, proprio nei giorni scorsi, è stato il re-sponsabile della tappa a Marzamemi della regata ve-lica internazionale “Istambul 2008”. Romeo da buon augustano, sarebbe stato felice di organizzare la tappa in Augusta, ma alla darsena nuova, vicino alla sede della capitaneria di porto, non ci sono le necessarie infrastrutture, prese per l’acqua e la luce, passerelle, ponti, indispensabili per far attraccare le barche alle banchine e consentirne la sosta. Infrastrutture, invece, presenti nel piccolo porto turistico di Marzamemi, i cui amministratori, sindaco di Pachino in testa, giac-ché Marzamemi è frazione di quella cittadina, sono stati capaci di far realizzare. Alla darsena di Augusta sostano i pescatori con le loro lenze da diporto, cui, però, dovrebbe essere vietato pescare poiché il pesce è altamente inquinato. E’ una grande darsena quella di Augusta, con un ampio parcheggio per le auto, ma quasi sempre sederto, costata un bel po’ di miliardi, dove si vedono le barche del gruppo rimorchiatori e le canne da pesca degli appassionati di sempre.Sull’A.P. commissariata si è recentemente abbattuta una bufera politico-mediatica per l’assunzione di un-dici dipendenti, reclutati in semiclandestinità, senza nemmeno portare conoscenza la cittadinanza di Au-gusta.Secondo le accuse, si tratterebbe di assunzioni targa-te nel segno di un preciso partito politico. Assunzioni clientelari? No. O, meglio sì, secondo le accuse, ma senza logiche spartitorie: cioè tanti a te e tanti a me, come succedeva alla RAI nell’era del centro sinistra: tre alla DC, due al PSI, uno al PRI e al PSDI e uno al PCI, quando quest’ultimo partito era nell’area allar-gata di governo. In attesa che la magistratura faccia chiarezza, il commissario Bernardo ha risposto che il concorso si è svolto secondo le vigenti procedure di legge.

Il nuovo presidente dell’Autorità Portuale

Sarà il siracusano Turi Magro?Bufera politico-mediatica su 11 assunzioni targate centro-destra

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La corale “ Iubilaeum “ incanta ed emoziona ven-timila fedeli nella nuova chiesa dedicata a san Padre Pio in San Giovanni Rotondo, e milioni di

telespettatori attraverso le dirette televisive di Rete 4 e di Tele Padre Pio: queste ultime in mondo visione.La corale, infatti, ha animato ben tre solenni concelebra-zioni eucaristiche, tra il sabato 16 sera e la domenica 17 mattina dello scorso mese di agosto.Durante ogni concelebrazione il tempio, progettato da Renzo Piano, è stato gremito da migliaia di fedeli, pel-legrini e gruppi di preghiera, provenienti da ogni parte d’Italia e dal mondo .

Sin dall’incipit, la corale diretta da Luigi Trigilio, si è rivelata subito in splendida forma, offrendo una perfor-mance complessiva assolutamente eccellente. Brividi con “Anima Christi” di M. Frisina e con “Il Tuo Corpo e il Tuo Sangue” di Martinez - Leone, brani eseguiti durante la fase liturgica della comunione.

SOLISTI: MARTURANA E FRAGALÀAll’altezza degli eventi, i due solisti: Sara Marturana (soprano) e Melchiorre Fragalà (baritono).Impeccabili le letture bibliche curate dal presidente Gio-vanni Intravaia, tratte dalla Lettera di san Paolo aposto-lo ai Romani.Il parroco don Francesco Scatà ha partecipato alle so-lenni concelebrazioni eucaristiche .L’atmosfera di grande rarefazione, creata dai coristi, è stata resa ancor più suggestiva dall’accompagnamento del M° Paolo Cipolla, che ha enfatizzato le particolari sonorità timbriche dell’organo meccanico della Chiesa, il più grande mai costruito in Italia.Il momento post celebrativo di ogni S. Messa è stato poi, sorprendentemente arricchito da esecuzioni solisti-che di brani di J. S. Bach, di elevato virtuosismo e di

straordinaria sensibilità interpretativa, che il M° Cipolla ha voluto regala-re alle migliaia di fedeli presenti.“Cantare per san Padre Pio” afferma il presidente Giovanni Intravaia “nel luogo dove sono conser-vate le spoglie del santo di Pietrelcina, è stata un’ esperienza religiosa indescrivi-bile che ha prodotto in ciascuno, uno straordinario arric-

chimento spirituale, un incontro con Dio tramite uno dei Suoi più significativi testimoni. L’emozione profonda è stata quella di sentirci confratelli del Santo nel vivere coerentemente e nell’annunciare la parola, attraverso il canto sacro ed i moderni mezzi di comunicazione. Un evento che rimarrà indelebile nell’anima e nella storia di ognuno di noi e anche della nostra città. Infatti a milioni di persone, nel mondo, è stato diffuso il nome delle città di Augusta, alla quale assieme ai nostri con-cittadini, ai quali il nostro pensiero è stato sempre rivolto e sui quali abbiamo invocato, per l’intercessione di san Padre Pio, la benedizione del Padre”. Innumerevoli le testimonianze di stima di affetto, e di orgoglio che sono pervenute da parte dei tantissimi concittadini, amici e rappresentanti delle Istituzioni, che hanno seguito le dirette televisive.“Comprensibilmente emozionati, ma felici” dichiarano i coristi, visibilmente commossi “Ringraziamo il nostro presidente Giovanni Intravaia, grazie al quale, è stato possibile realizzare eventi straordinari e inimmaginabili, quali sono quelli a cui abbiamo partecipato e che ci hanno ripagato dei sacrifici enormi e del grande impe-gno profuso . Siamo orgogliosi”!

I.G.

San Giovanni Rotondo, successo della corale augustana, presieduta da Giovanni Intravaia

La Iubilaeum emoziona in mondovisione

Eventi

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Finalmente chi ama la cultura in tutte le sue for-me ad Augusta ha un luogo in cui può goderne: la libreria Mondadori che da semplice libreria,

tra l’altro unica in città, si è trasformata in luogo di evento culturale per la presentazione di un libro: tutto questo grazie alla voglia di cultura, alla simpatia e alla travolgente verve della proprietaria della libreria, Gra-zia Salvo. Nonostante gli spazi relativamente ristretti e non molto agevoli di cui la Mondadori Augusta dispo-ne, la signora Salvo è riuscita, in modo davvero egre-gio, a creare uno “spazio-evento” davvero all’altezza della situazione.La protagonista della serata è stata Daniela Averna e il suo primo libro Le condizioni di equilibrio edito dalla casa editrice romana Il Filo.Daniela è nativa di San Cataldo in provincia di Calta-nissetta e abita nella nostra città ormai da sette anni, qui insegna fisica alle superiori, è laureata in astro-fisica e si dedica per hobby da tempo alla scrittura. Ha scritto questi dieci brevi racconti che hanno tutti, come fattore comune, la sicilianità dei protagonisti e dei luoghi in cui si dipanano le storie che parlano di vari tipi di “equilibrio”, che talvolta può non sembrar-lo agli occhi di chi guarda, ma che per chi sta vivendo quella situazione lo è perfettamente. La serata è stata presentata da un collega di Daniela, Giorgio Càsole, giornalista, poeta e docente di materie letterarie, che ha letto, con la sua consueta bravura, alcuni brani tratti dal libro, infondendo alle parole un calore e un pathos che lasciavano trasparire la sua partecipazione emoti-va.

Daniela Averna ha voluto anche “condire” la “sua” serata con intermezzi musicali alquanto inusuali e per questo ancora più apprezzati: ha chiesto a Rosy Messina, direttrice della corale Euterpe di cui anche Daniela Averna fa parte come soprano, e a sua sorella, Cettina Messina, anche lei soprano nella suddetta co-rale, di cantare alcuni brani musicali di rara bellezza e di grande difficoltà di esecuzione che hanno reso an-cora più coinvolgente e particolare la serata.

Ci auguriamo che questa prima presentazione alla libreria Mondadori Augusta sia solo la prima di una lunga serie perché la città di Augusta ha “fame” di questo tipo di cultura, ne sente una diffusa esigenza e ringraziamo ancora una volta la signora Salvo che ci ha dato la possibilità di godere di questa splendida serata.

Daniela Domenici

In alto, da sin.: Daniela Averna, Giorgio Càsole, Grazia Salvo, Cettina

Messina e Rosy Messina.

Presentato il libro di Daniela Averna

Le condizioni di equilibrio in libreria

Cultura

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Il 5 maggio 1943 fui cattura-to dagli americani prigionie-ro di guerra insieme a tutti i

componenti della batteria navale V di stanza nel forte Remel presso Biserta, in Tunisia. A noi furono aggregati i membri della batteria con-traerea della Milmart (poco distante dalla nostra) cui ap parteneva anche il concittadino Fortunato De Leo. Fummo subito portati in un campo recintato in una grande pianura poco distante da Biserta. Da lì poi pellegrinam-mo da un campo all’altro sia sotto gli americani sia sotto i francesi. Durante questi lunghi spostamenti soffrimmo moltissimo: mangiavamo poche gallette e qualche scatoletta di carne, bevevamo l’acqua che avevamo in dotazione nelle nostre borracce, e dormivamo sulla terra pietrosa. Una notte, finalmente, mentre facevamo tappa in un campo io riu scii a dormire in una tenda grazie all’ospitalità del concittadino Domenico Ballotta, che era in quel campo già da qualche tempo e che ebbi la fortuna di incontrare non appena arrivato. Purtroppo, prima di giungere a Bona, in Algeria, persi di vista il De Leo che, seppi in seguito, fu indotto ad arruolar-si nella legione straniera. Finché vivrò, non potrò dimen-ticare che, durante l’attraver samento a piedi delle vie di Bona, i civili francesi inveivano contro di noi con parolac-ce, lanciandoci sputi, sassi, frutta marcia e acqua sporca, mentre i soldati francesi di scorta assistevano soddisfatti.Quando giungemmo al campo di concentramento di Bona si pre sentò ai nostri occhi una scena allucinante: i prigionieri italiani, dispe ratamente aggrappati al filo spinato, chiede-vano acqua a gran voce ai soldati inglesi addetti alla sor-veglianza. Questi, con la loro flemma irritante, si lavavano tranquillamente sotto i rubinetti da cui l’acqua sgorgava abbondante, incuranti delle grida dei nostri connazionali. Poiché qualche giorno prima, alcuni aerei italiani avevano bombardato Bona, gli inglesi avevano deciso di vendicarsi sui prigionieri italiani privandoli dell’acqua per tre giorni. Il giorno del nostro arrivo era il terzo giorno. Da Bona ci imbarcammo in una carboniera alla volta di Orano. Assieme a gruppi di prigionieri tedeschi fummo sti-pati nella stiva let teralmente come sardine. Il viaggio durò cinque giorni e cinque notti. L’equipaggio era francese. Durante il tragitto non ci furono dati né vitto né acqua. Soltanto per i nostri bisogni corporali ci furono calati bi-doni di benzina vuoti. Sopravvivemmo grazie alle solite gallette, alle solite scatolette di carne, ai biscotti e alle ca-ramelle che ciascuno di noi aveva racimolato e che depo-sitammo in una specie di cambusa di cui fu affi data la cura agli ufficiali tedeschi e italiani. Naturalmente, a ciascuno di noi toccavano piccolissime razioni. Il caldo era insop-

portabile soprattutto perché la stiva era sovrastata da un enorme e spesso telone. Durante il viaggio le labbra di tutti si screpolarono, molti divennero febbricitanti per la sete e il caldo, e qualcuno addirittura impazzì. La nostra situazio-ne era resa ancora più disagevole per il cattivo odore che emanavamo soprattutto dopo che un bidone pieno di pi-scio, mentre stava per essere issato in coperta, si capovolse e, di conseguenza, una doccia nauseante investì tutti quelli che eravamo ammassati al centro della stiva. Giunti finalmente a Orano fummo presi in consegna dagli ameri cani che, con nostra grande soddisfazione, rimprove-rarono i francesi per il trattamento inumano usato nei nostri riguardi. L’essere passati sotto gli americani rappresentò la fine delle nostre sofferenze. Ci furono immediatamen-te prestate le prime cure e ci fu dato cibo in abbondanza. Successivamente, salpati da Grano alla volta di New York su una liberty -ship, fummo trattati come gli stessi militari americani. Arrivati a New York i nostri vestiti furono disinfettati, noi fummo completamente spidocchiati e sottoposti a una completa visita medica. Mentre attraversammo a piedi una via della grande metropoli, fummo piacevolmente sorpre-si nel constatare l’affetto di molti italo-americani che, per confortarci, ci gridavano frasi dici tipo: « Coraggio, paesa-ni, qui starete bene! », « Ormai la vostra guerra è finita ». Fummo portati alla stazione. La nostra destinazione era un campo di prigionia poco distante dalla città di Como, nello stato dei Missisippi. Il viaggio in treno fu mera viglioso. Dormimmo in vagoni-letto e fummo trattati più come ospi-ti che come prigionieri di guerra. Giunti a destinazione, infatti, iniziò quella che si potrebbe definire la dolce prigionia. Il campo recintato da altissimo filo spinato, era costituito da un gran numero di baracche prefabbricate sorvegliate a vista da soldati, muniti di mi-tra, appostati in alte torrette, ma tutto era stato predisposto perché non ci mancasse nulla e perché non ci annoiassimo. C’erano accoglienti camerate, un ospedaletto funzionale, attrezzate cuci ne, ampie sale convegno con tavoli da ping-pong, un campo sportivo, un campo da tennis, un cinema e persino fornitissimi spacci dove po tevamo acquistare ciò che volevamo (esclusi gli alcolici) grazie alla paga di ven-tiquattro dollari che il governo americano ci passava ogni mese. Il vitto era ottimo e a sufficienza. Ci destò molta me-raviglia la presenza di ufficiali americani alla mensa di noi soldati. Nella marina italiana infatti eravamo stati abituati alla netta discriminazione tra mensa ufficiali, mensa sot-tufficiali e mensa marinai. Nel campo, i nostri ufficiali non stavano con noi. Il filo spinato separava il nostro settore dal loro, dove, per tredici mesi, grazie all’in teressamento del mio comandante, tenente Beritelli, svolsi la mansione di capo barbiere. Qualche tempo dopo il nostro arrivo, il comandante degli

La testimonianza di Salvatore Salemi

PRIGIONIERO DI GUERRA DEGLI AMERICANI

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ufficiali chiese al comando americano che ogni ufficiale avesse il proprio atten dente, ma il comando americano lo concesse soltanto agli ufficiali in precarie condizioni di sa-lute. Alcuni mesi dopo il nostro insediamento, un altro scaglio-ne di pri gionieri giunse nel campo e tutti fummo spinti dal desiderio di sapere se fra loro ci fosse qualche nostro com-paesano, amico o conoscente. Grande era, infatti, l’attacca-mento alla nostra terra e certo ci saremmo sentiti meno soli se avessimo potuto parlare, nel nostro dialetto, delle nostre cose con qualcuno dei nostri. Io fui uno dei grandi fortuna-ti perché incontrai il mio compare Angelo Amara col quale feci lunghe passeggiate rievocando la nostra Augusta. A proposito di Augusta, mi ricordo che un giorno mi capitò tra le mani la rivista americana Time dove vidi, con molto dispiacere, pubblicata una foto che mostrava i dolorosi ri-sultati dei bombardamenti a tappeto effettuati sulla nostra via principale. Quella foto mi suscitò immediatamente una comprensibile profonda emozione che sfociò in una crisi di pianto. Per molti il ricordo dei luoghi cari e delle persone amate, da cui non potevano avere alcuna notizia, fu come un tar-lo persistente e sottile che portò taluni sulle soglie della pazzia. Quando nel marzo del ‘44 ci fu chiesto di collaborare molti aderimmo e ottenemmo il vantaggio di uscire dal campo per andare a divertirci in città, in seguito fummo trasferiti in un campo vicino alla cittadina di Alexandria nello stato della Lousiana. Fortunatamente la permanenza lì fu breve perché quando andavamo in città sentivamo l’ostilità aper-ta della popolazione, quasi tutta di origine francese. L’osti-lità era tale che una sera in una sala da ballo si verificò un tremendo tafferuglio tra noi e gli avventori locali. Fummo, perciò, trasferiti quasi subito in California, a San Bernardino, vicino a Los Angeles, dove la nostra prigionia si trasformò quasi in una vacanza. Ricevemmo le visite di molte famiglie italiane che, tutte le volte che venivano, ci portavano ogni ben di Dio. Io ebbi la graditissima sorpresa di conoscere la famiglia del com paesano Domenico Di Mare che veniva spesso a trovarmi e che io andavo spesso a trovare, essendo sempre trattato come un figlio. La vicinanza del Di Mare fu per me di grande conforto (Angelo Amara era stato tra sferito lontano da me), ma anche per il Di Mare significò molto la mia presenza che gli ricordava la nostra Augusta alla quale si sentiva pro fondamente legato. Tant’è vero che una volta, a pranzo, mi confessò che avrebbe desiderato tanto man-giare un piatto di maruzzareddi c’à nipitedda che, come si sa, era una nostra pietanza tipica. Nel campo veniva anche il campione europeo dei pesi welter Aldo Spoldi (naturalizzato americano) per disputare con noi incontri amichevoli di pugilato, per allenare la no-

stra squadra di calcio (a cui apparte nevo) e per organizzare partite fra le squadre dei vari campi di prigionia. Ma l’incontro più importante e prestigioso avvenne con la squadra campione della California che, con grande stupore di tutti, noi battemmo nello stadio di Los Angeles, grazie forse all’acceso tifo che i numerosissimi italo-americani facevano per noi. A fine partita la nostra squadra fu calo-rosamente festeggiata dai tifosi nel grande ristorante The River di proprietà di un italoamericano. Fu una serata in-dimenticabile; parla vamo nella nostra lingua, cantavamo canzoni della nostra patria, scher zavamo alla nostra ma-niera; insomma, si creò una tale atmosfera di casa nostra che dimenticammo per un momento di essere in terra stra-niera. A San Bernardino mettemmo su pure un’orchestrina, di cui facevo parte in qualità di violinista, che allietava le setti-manali serate danzanti. Poiché allora quasi tutta la gioven-tù americana era impegnata nell’invasione dell’Europa e del Giappone, venivano volentieri a trovarci molte ragazze americane che familiarizzavano molto presto con noi, tan-to che quasi tutti riuscimmo ad avere la nostra girl-friend. Per molti il rapporto fu più serio che per altri. Infatti, quan-do rimpatriammo, molti chiamarono la fidanzata in Italia, si sposarono e ritornarono negli USA. Diverse ragazze, però, furono abbandonate in stato di gravidanza e inutilmente denunciarono i loro uomini al comando americano che, anzi, rimproverò le donne per favo-reggiamento verso prigionieri di guerra. Il novembre del 1945 fu il mese del grande ritorno tan-to atteso e sospirato. Partimmo in treno alla volta di Nor-folk, in Virginia, nostro porto d’imbarco, dove venimmo più di una volta alle mani con i soldati americani reduci dall’Italia. Questi, infatti, con l’intenzione di umiliarci, ci raccontavano le loro spacco-nate dimostrate con le ragazze italiane; noi facevamo loro il verso vantandoci delle nostre numerose conquiste e stragi di cuori femminili americani: i pugni, perciò, volavano facil-mente. Finalmente, una settimana dopo il nostro arrivo, giunse il momento di imbarcarci nuova-mente su una liberty-ship che, dopo dodici giorni di naviga-zione, ci sbarcò a Napoli. E qui fummo accolti da un esercito di contrabbandieri e di... pi-docchi.

La testimonianza di Salvatore Salemi

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Nella Contrada Monte Tauro una strada è stata intitolata a Epicarmo Corbino (uno dei più im-portanti economisti italiani) fratello del fisico

Orso Mario. Epicarmo nacque ad Augusta il 18 lu-glio del 1890 da Vincenzo, modesto artigiano, e da Rosaria Imprescia. Frequentò la scuola elementare e successivamente la scuola tecnica ad Augusta per poi iscriversi in ragioneria a Catania. Dopo aver con-seguito il diploma nel 1908, non potè proseguire gli studi universitari per motivi economici. Nel 1911, tra-mite concorso, divenne sottotenente del Corpo delle Capitanerie di Porto e si trasferì dapprima a Bari, poi a Genova, Catania, La Spezia, Porto Maurizio (Im-peria) e Sebenico. A 24 anni scrisse L’emigrazione in Augusta, suo primo libro, riguardante l’economia augustana e il problema dell’emigrazione vista come sfogo necessario per una popolazione esuberante cui non corrispondevano sufficienti posti di lavoro. Nel 1922, pur non essendo laureato (punto in comune con Croce; e come Croce se ne vantava privatamente e pubblicamente), partecipò al concorso per la catte-dra di politica commerciale e legislazione doganale presso l’ Istituto Superiore di Scienze Economiche di Napoli. La commissione esaminatrice, tra cui figura-va anche il futuro presidente della repubblica Luigi Einaudi, lo incluse nella terna dei vincitori assegnan-dogli il secondo posto. Grazie alla rinuncia del primo classificato divenne docen-te universitario, incarico che mantenne per quarant’anni presso la facoltà di Economia e Commercio dell’Univer-sità di Napoli. Nonostante Corbino fino ad allora non si fosse mai interessato di politica, con l’avvento in quegli anni del fascismo, si espresse apertamente contro il nuovo corso politico (contrariamente al fratello Orso Mario che fu ministro nel governo Mussolini) firmando nel 1925 il Manifesto degli intellettuali in cui figuravano tra i firmatari molti esponenti della cultura di allora, fra i quali Benedetto Croce. Nominato ordinario, pubblicò il volume Economia dei trasporti marittimi dove trattava della storia della ma-rina mercantile dal XVII secolo ai primi decenni del XX secolo. A causa delle sue idee antifasciste e della frequentazione di ambienti contrari al regime, l’attività di docenza fu bre-vemente sospesa nel 1938. In quei difficili anni si dedi-cò sempre di più agli studi di storia economica curando la stesura degli Annali dell’economia italiana dal 1861 al 1914, cinque volumi scritti tra il 1930 ed il 1938, quasi complemento ideale della Storia d’Italia dal 1871 al 1915 di Benedetto Croce, dove esaminava le vicende della vita economica italiana dal compimento della sua unità. Nel 1927 sposò Ida Contaldi, dalla quale ebbe due figli: Mario e Sergio. Nel 1933 diede alla stampa il libro: La battaglia dello Jutland vista da un economista dove analizza gli an-tecedenti politici ed economici che portarono allo scontro armato nella prima guerra mondiale tra la Germania e l’In-ghilterra. Tra il 1940 e il 1942 raccolse in un volume dal titolo Corso di politica economica e finanziaria gli scritti delle sue lezioni di politica economica e finanziaria tenute all’università. Con la caduta del fascismo fu chiamato dal Maresciallo Pietro Badoglio ad entrare nel suo governo,

dapprima come sottosegretario e poi come ministro al commer-cio industria e lavoro; incarichi che ricoprì dal 16 novembre del 1943 all’11 febbraio 1944 quando si dimise per contrasti sulla direzione politica. Duran-te questo incarico si adoperò per ottenere un cambio mone-tario diverso da quello fissato dagli alleati fin dallo sbarco in Sicilia. Rappresentante liberale alla Consulta, deputato all’Assemblea Costituente fu autore, tra l’altro, dell’emen-damento al III comma dell’art. 33 della Costituzione che recita “Enti privati hanno il diritto di istituire scuole e isti-tuti di educazione senza oneri per lo Stato”. Restò a Montecitorio anche nella prima legislatura repub-blicana. Palmiro Togliatti, che di Corbino era personale estimatore, anche se irriducibile avversario politico, fu vi-sto in più di un’occasione avvicinarsi per meglio udire le parole di quei discorsi sempre così brillanti, scoppiettanti e dotti. Fu ministro del Tesoro nei primi due governi guidati da Alcide De Gasperi; nel primo dal 10 dicembre 1945 al 16 settembre 1946 e nel secondo dal 13 luglio 1946 al 28 gennaio 1947. Durante questo incarico Corbino dettò le li-nee generali di politica finanziaria, sostenuto tecnicamente, intellettualmente e moralmente dalla Banca d’Italia, guida-ta da Luigi Einaudi. Queste linee generali consistettero in un più marcato contenimento della spesa pubblica, nella limitazione della crescita del costo del lavoro, nell’incenti-vare i privati a rimettere in circolazione sul mercato i beni di produzione e di consumo, nel fare un adeguato ricorso al debito pubblico a breve termine (Bot), ed emettere un nuo-vo prestito consolidato come unica operazione finanziaria di carattere straordinario. Di lui De Gasperi disse che “se Corbino non ci fosse bisognerebbe inventarlo”. Corbino si oppose, in maniera intransigente, al cambio della moneta proposto dal Ministro delle Finanze, il comunista Scoc-cimarro. Tale provvedimento servì a fermare l’inflazione (con l’aiuto decisivo del governatore della banca d’Italia, Luigi Einaudi). Fu un provvedimento impopolare e la si-nistra lo impiccò in effige in manifestazioni di piazza. Pur di non cambiare le sue convinzioni, Corbino si dimise il 13 settembre 1946 dall’incarico governativo. Dal 10 maggio 1948 al 3 luglio 1951 fu deputato eletto nel gruppo parlamentare del Partito Liberale, poi dal 3 luglio 1951 al 24 giugno 1953 entrò nel Gruppo Misto al Parla-mento. Successivamente formò un nuovo partito: l’Alle-anza Democratica Nazionale (ADN), movimento nato per contrastare la cosiddetta legge truffa proposta dal governo che istituiva un premio di maggioranza ai partiti singoli o “apparentati” che avessero ottenuto il 50% dei consensi popolari, a cui egli non aderì. L’ADN raccolse voti suf-ficienti affinché il premio di maggioranza previsto dalla nuova legge elettorale scattasse, e Corbino non riuscì a tor-nare alla Camera e si ritirò, quindi, dalla vita politica. Dal 1959 al 1965 fu presidente del Banco di Napoli. Nel 1961 gli fu attribuita la laurea honoris causa in economia. Morì a Napoli il 25 aprile 1984.

Giuseppe Solarino

Un nome, una storia

VIA EPICARMO CORBINO

Toponomastica

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Concetto Mendola nasce a Augusta il 28 Giu-gno del 1974 dove vive e dipinge nel suo la-boratorio d’arte “la casa gialla”.

Nel 1986 frequenta la scuola d’arte di Vittorio Ribaudo, gia conosciuto in tutta Italia per la sua arte. Dopo aver acquisito le tecniche della pittura a olio, aver dipinto molteplici opere e preso parte a diverse mostre, Concet-to nel 2004 apre il suo laboratorio d’arte ad Augusta, nel quale dipinge i suoi quadri e tiene le sue lezioni d’arte.La sua arte, che si rifà ai maestri della scuola impressio-nista novecentesca di tipo figurativo e al maestro messi-cano Rivera, è stata riconosciuta in tutta Italia.Durante il capodanno 2007 riceve il primo premio del concorso “fiocchi di neve e colori di cristallo” a Termi-nillo, in provincia di Rieti.Nel 2007 viene premiato alla prima edizione del con-

corso nazionale Giovanni Paolo II avvenuta a Pompei. L’opera vincitrice “Sui passi della croce” è stata pub-blicata insieme alla sua biografia in un libro donato al pontefice Benedetto XVI. Prende parte alla trasmissione televisiva d’arte SIMPLY ART su CHANNEL© condot-ta dal critico Andrea Duprè.La sua ultima apparizione televisiva risale al 19 genna-io 2007 a Roma nel programma televisivo d’arte: TRA FORMA E COLORE. Citando le parole del critico d’ar-te Andrea Duprè non possiamo che notare “la qualità dell’artista”, “l’eleganza delle masse cromatiche che si aggregano nelle sue elaborazioni pittoriche creando giochi dialettici fra i cromatismi e le volumetrie che ci riconducono a quei drammi che non fanno parte del

bel mondo”. “È un pittore che dedica le sue opere “agli esclusi dai giochi della vita in un mondo che non se la sente di provare trasporto per la desolazione”.All’artista Concetto Mendola, Duprè dedica bellissime parole di elogio della sua arte, in una critica pubblicata nel catalogo delle opere dell’artista intitolato A colori schierati, in cui a ogni opera è associata una poesia fra le più belle, di grandi autori quali Neruda, Hesse, Paso-lini.Quindi, insieme allo sforzo pittorico individuiamo quel-lo letterario pro-fuso nel mettere a paragone opera pittorica e poetica, strettamente cor-relate fra loro.Infatti, lo stesso Duprè fa riferi-mento al fatto che le sue opere si strutturano come un “racconto com-piuto”.Dice ancora Duprè “La sua ricerca espressiva inter-preta non tanto i dati visivi delle figure e dei paesaggi, quanto le intermit-tenze dei sentimenti che guidano la sua intuizione lirica e la sua coscienza estetica”. “Il suo modo di esaltare il paesaggio..trasmette il senso di un inno alla vita.”.Duprè parla ancora del fatto che la storia di Concetto Mendola è racchiusa nelle sue opere e in tutto ciò che queste possano significare, “lì in un dolcissimo grumo del quale la storia dell’arte non potrà sbarazzarsi...” Il critico conclude parlando della scommessa di Mendola, ossia della volontà di dimostrare che solo “la pittura può esprimere l’essenza della realtà, aiutando così l’uomo a riscattarsi dalla vita terrena.”L’ultimo progetto in corso, se la richiesta dell’artista ver-rà accettata, sarà l’allestimento di una mostra, durante la festività di San Domenico 2009, di quadri che narrano le antiche tradizioni augustane, raffigurando gli antichi mestieri e le pratiche ormai in disuso collegati a questi.

Giulia Gavioli

È Concetto MendolaIl pittore di Via del campo

Arte

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Nei giorni scorsi anche gli studenti delle scuole superiori di Augusta si sono astenuti in mas-sa dalle lezioni per protestare contro la rifor-

ma Gelmini della scuola, solidarizzando con docenti e personale ATA, cioè quel complesso di dipendenti della pubblica amministrazione che svolgono funzio-ni amministrative (A), tecniche (T) e ausiliarie (A). Docenti e personale ATA temono per il loro futuro a causa dei tagli previsti dalla riforma della 35enne mi-nistra dell’istruzione pubblica e dell’Università. At-tualmente fanno praticamente parte del personale ATA tutti quei lavoratori a contratto, cosiddetti Co.Co.Co che stanno per essere licenziati, dopo oltre tredici anni di lavoro continuato nella pubblica amministrazione. In questo modo sottraendo personale indispensabile agli uffici pubblici. Per esempio, nel solo liceo “Mègara” di Augusta lavorano cinque persone, spo-sate e con figli, che svolgono un lavoro prezioso per la scuola. Se dovessero es-sere licenziati a dicembre, come è stato loro già fatto sapere, i compiti da loro svolti dovrebbero essere ripartiti fra i di-pendenti di ruolo, con gravissimo danno per la scuola e, in ultima analisi, per gli utenti: alunni e genitori. Gli studenti del liceo “Mègara”, segnatamente coloro che frequentano la sezione scientifica, hanno protestato anche per la delusione provata dal mancato accoglimento della loro richiesta di cambiare plesso, quel-lo di Via Adua, per frequentare quello della cittadella degli studi, recentemente consegnato dall’Amministrazione pro-

vinciale al nuovo dirigente scolastico Giuseppe S. Adònia. Già alunni dello scientifico hanno reclamato quel plesso perché storicamente è stato la sede del liceo scientifico autonomo, intitolato ad Andrea Saluta. Adònia ha replicato agli studenti che le classi dello scientifico sono 22 contro le 16 del classico e del-lo psico-pedagogico, le quali ultime potevano esse-re ospitate agevolmente, come lo sono, nelle aule disponibili del plesso consegnato, senza provocare problemi di organizzazione: ciò che, invece, sarebbe successo se fosse stata smembrata l’unità comples-siva della sezione scientifica. Adònia ha rassicurato gli alunni che quella di quest’anno è una situazione non definitiva, facendo capire che l’anno venturo potrebbe esserci una turnazione, nel senso che, una volta riavuto l’altro plesso della cittadella degli stu-di, quello che storicamente è stato la sede del liceo classico, buona parte degli alunni dello scientifico

potrebbe occupare le aule oggi destinate al classico e allo psico-pedagogico, giacché - ha ribadito il dirigente scolastico – “bisogna intendere la nostra scuola come un unico istituto, articolato nei tre indirizzi, almeno per ora: classico, scientifico e socio-psico-pedagogico”. A proposito di quest’ultimo indirizzo, anche il nuovo dirigente, come chi lo ha preceduto, Rita Spatola, ha escluso tassativamente il ritorno al vecchio plesso di Via Giovanni XXIII, dove, fino allo scorso anno scolastico, per quasi dieci anni, sono stati costretti a frequentare le ragazze che in massa s’iscrivevano a quell’indirizzo. “Quel plesso è decisamente fuori legge” – ha ribadito il dirigente scolastico.

Intanto gli studenti protestano contro la ministra Gelmini

FINALMENTE CHIUSO IL PLESSO FUORI LEGGE

Liceali con in mano il decreto Gelmini

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taIl 24 ottobre si è dato il via alla prima assemblea d’isti-tuto del liceo Mègara, articolato in classico, scientifico e pedagogico. Oggetto dell’assemblea è stata, principal-mente, la presentazione delle tre liste di candidati a rap-presentanti d’Istituto, ma si è discusso anche sulla deci-sione di occupare o non occupare i locali scolastici. Non sono mancate le polemiche e gli scontri tra gli alunni dei vari istituti che non perdono occasione per rimarcare le “differenze”, se così si possono definire, tra gli alunni, intesi come persone nel senso umano, del liceo scientifi-co e del liceo classico. Ognuno difende sé stesso e il proprio indirizzo, non ar-rivando così a un punto preciso. Il nòcciolo del problema sta nel fatto che gli studenti dello scientifico svolgono ancora le loro lezioni nel ples-so “Capuano”, invece gli studenti del classico svolgono le loro lezioni nel plesso dell’ex scuola “A. Saluta”, che doveva spettare ai ragazzi dello scientifico. Al “Capuano” la ricreazione avviene all’interno dell’isti-tuto e non vi è un servizio di ristorazione; invece, nei

locali della cittadella degli studi la ricreazione avviene nel cortile alla presenza di un bar interno. Tante doman-de sono state rivolte al nuovo dirigente scolastico, Giu-seppe Sebastiano Adonia, ma, nonostante le parole e le promesse, la nostra situazione attuale non è mutata. È anche a causa del decreto Gelmini che si discute e si pensa seriamente di occupare la scuola. “L’occupazione può sembrare un sistema poco lecito, ma sicuramente è uno dei pochi mezzi che abbiamo per fare sentire la nostra voce. Siamo stanchi di false pro-messe. È ora di passare ai fatti!” - hanno detto in coro alunni di una classe.

Cecilia Càsole Valentina Romeo

Le foto sono di Domenica Castro

QUANDO LE RAGAZZE PORTAVANO IL GREMBIULE NERO

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Liceo Classico Mègara: primi anni Sessanta

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La nostra veneranda Augusta non ha “partorito” solamente personaggi come Rosario e Beppe Fiorello, ma anche cabarettisti di talento come

Antonello Costa, tanto per citare i volti più noti del mondo dello spettacolo. Ma è nello sport che oggi, dopo i, fasti del glorioso Mègara degli anni ’60/’70, Augusta è davvero “venerabile” grazie al capolavoro olimpico realizzato dal nostro Antonio Scaduto (vedi articolo sul n°31 di dicembre 2007), che ha conqui-stato la medaglia di bronzo, con sagacia e determina-zione, coadiuvato da Andrea Facchin, compagno di ventura, alle Olimpiadi di Pechino 2008.Dopo mesi di duro allenamento, in vista della trasferta in Cina, il duo Scaduto/Facchin (uno siculo e l’altro veneto, insieme, anima e corpo nella stessa “barca”, alla faccia di Bossi che nei meridionali vede sola-mente mangiapane a tradimento e terùn da mandare in Siberia) ha dimostrato di essere in gran forma già nella prima batteria del 18/08, classificandosi al terzo posto subito dopo Ungheria e Polonia con il tempo di 3:18.897, accedendo così alla finale del 24, nella qua-le, dopo una partenza non proprio brillante, entrambi hanno tirato fuori grinta e talento, recuperando diver-se posizioni, piazzandosi al terzo posto col tempo di

3:14.750, dietro alla Germania e alla Danimarca. L’urlo di gioia del duo Scaduto/Facchin ha liberato da ogni angoscia anche noi telespettatori, piazzati davan-ti al televisore a pregare e a sperare per una medaglia che, grazie al loro sacrificio, è arrivata, regalandoci grande soddisfazione.Per il nostro Antonio, questa è l’ultima Olimpiade, forse, data l’età (31 anni), ma siamo certi che sentire-mo ancora parlare di lui, magari in qualche spot pub-bl ic i ta r io televisivo, per una li-nea di pro-fumi o inti-mo uomo, visto il fisico spar-tano che si ritrova, senza nulla togliere a personaggi talentuosi come Kakà, Valent ino Rossi e Nadal, i quali conducono una vita da nabab-bi, grazie agli sponsor che alimentano il loro conto in banca, al contrario di tanti altri sportivi militanti in discipline come la canoa e la maratona, nelle quali si deve dare sempre il massimo per conseguire cer-ti traguardi e guadagnare, grazie anche agli sponsor, qualche milione di euro che gratifica e sicuramente ricompensa dei sacrifici fatti da chi crede nelle pro-prie capacità.L’Amministrazione Comunale ha provveduto con fe-steggiamenti e quant’altro a onorare il nostro olimpi-co concittadino, a cui vanno le congratulazioni di que-sta redazione (ci auguriamo di poter scrivere ancora il suo nome in queste pagine, grazie ad altre affermazio-ni future, onde rendere più “Augusta” la nostra amata e purtroppo anche maltrattata “veneranda” città.

Franco Di Blasi

A proposito dell’olimpionico Antonio Scaduto

Siamo stati profetici

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Il fascino della canoa continua a contagiare i gio-vani di Augusta, che hanno come punto di rife-rimento Antonio Scaduto, l’olimpionico, che ha

dato lustro ad Augusta conquistando la medaglia di bronzo a Pechino, proprio con la canoa, allenato da Gaetano Ciac-chella.Recentemente, il 6 settembre, sul lago di Caldonazzo, nel Trentino, si è svolta l’edizio-ne annuale del meeting delle regioni, che ha visto la Sicilia vincitrice sulle altre, grazie anche all’apporto della poli-sportiva “RARI 86” di Augu-sta, presidente Marco Ciaccia, allenatore Giuseppe Amara.Al primo posto nella categoria K2- 520, sulla distanza dei 200 metri, si sono classificati Vin-cenzo Barba e Gianluca Urzì degli allievi maschili. Per la stessa categoria e sulla stessa distanza, al terzo posto si sono

classificate Giulia Saraceno e Barbara Saraceno, allieve femminili.Per la categoria cadetti B, nella staffetta canadese 200 metri, al terzo posto si sono classificati Giuseppe Messi-na e Demiro Caramagno; in questa specialità si sono di-stinti Gaetano Amara e An-gelo Amato.Chi di questi giovani allievi seguirà le orme di Antonio Scaduto, di Mandragona, Damiata, Stabile, Ciacchel-la? Solo il tempo potrà dir-celo. I piazzamenti ottenuti a Caldonazzo fanno sperare bene.

Giuseppe Tringali

Sull’onda di Scaduto, augustani a Caldonazzo

La Rari 86 si fa onore nel Trentino

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Giorno 2 novembre, giorno canonico in Sicilia per il culto dei defunti, da Staten Island, New York city, partirà la tradizionale maratona

annuale fino a Central Park, per oltre 42 chilometri. Nonostante si tratti di una corsa davvero sfiancante sono in migliaia a parteciparvi e tra questi non solo genti di New York e degli Stati Uniti, ma anche da ogni parte del mondo, a prescindere dalla salata tas-sa d’iscrizione. A rappresentare l’Italia, anche se in modo informale, ovviamente, perché tutti i “marato-neti” sono distinguibili solo per il numero assegnato loro dall’organizzazione, saranno, tra gli altri, quattro atleti augustani, già avvezzi a corse del genere, di cui uno, Lino Traina, laurea Isef (oggi sarebbe Scienze motorie), che della corsa ha fatto una seconda professione.I quattro atleti augustani sono, in stretto ordine alfabetico, Carmelo Casalaina, del 1971, che dal 1995, partecipa regolarmente a maratone italiane, Angelo Messina, del 1962, anch’egli maratoneta, a partire dal 1999, Pasquale, detto Lino, Traina,

del 1962, cui abbiamo accennato sopra, che, in dieci anni, dal 1997 al 2007, si è fatto conoscere e apprez-zare come “top runner”, Antonio, detto Nino Vacan-te, il più anziano dei quattro, essendo nato nel 1953, ad Augusta, come gli altri tre, corre la maratona dal 1988: l’ultima volta, recentemente, nella maratona dell’Etna “da zero a tremila”. La maratona di New York è una brutta bestia da sfidare. In bocca al lupo a tutt’e quattro i maratoneti di Augusta.

Cecilia Càsole

Alla maratona di New York

Augustani sfidano la Grande Mela

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Una cinquantina di fedeli della parrocchia di san Francesco di Paola in Augusta sono partiti da Catania, diretti a Lourdes. Chi scrive era una

dei cinquanta.Poco più di due ore di aereo ed eravamo a destina-zione, catapultati in un mondo “diverso”, fatto di preghiera, raccoglimento, fede, speranza, ma anche dolore, sofferenza, malattia.Questa è Lourdes, la cittadina di Bernadette, luogo in cui 30.000 persone al giorno sono in riflessione davanti alla grotta, dove sta quella Signora piccola e minuta, di bianco vestita e di azzurro fasciata, che domina dall’alto e richiama tutti ogni mattina, pome-riggio e sera, con un tacito appello.Ed è lì che ci si ritrova tutti, seduti o in piedi, in ginoc-chio o prostrati ai suoi piedi, fianco a fianco, di fronte a Lei, o a fare la fila per toccare quella grotta da cui sgorga l’acqua benedetta.“Venite a bere e a lavarvi” e così fan tutti, senza ritro-sia.E così si mettono in fila tutti, ogni giorno, alle “piscine”, per bagnarsi, assistiti da una miriade di volontari.Ma prima bisogna alzarsi di buon mattino, specialmen-te le donne, presenti in gran numero, per evitare quel cartello che pesa come un macigno e su cui sta scritto “completo”. Quella breve parola significa che per quel giorno chi è oltre le transenne potrà fare il bagno, gli altri invece dovranno tornare il pomeriggio o il giorno dopo. Ed è dentro l’apposito“recinto” che inizia il vero e pro-prio percorso di avvicinamento a Maria. Seduti nelle panche, si inizia a pregare, a recitare il Rosario, a com-mentare un brano della Bibbia, ognuno nella propria lin-gua, ma tutti insieme, coralmente.Lì il vero cuore di Lourdes inizia a pulsare nelle migliaia di pellegrini che pregano nell’attesa di potersi bagnare.Nel continuo spostarsi da una panca all’altra, man mano che alcuni entrano nelle piscine, si apprezza quel lento percorso e pian piano la pre-ghiera diventa sempre più unanime, profonda, sentita.E quando si è lì, a qualche passo dalla vasca in cui immergersi, coperti solo da un telo bianco, non ci si rende neanche conto di chi si è, dove si è, cosa si fa. E mentre si “parla” con Lei, la dol-ce Signora di Bernadette, ci si ritrova in acqua e si esce quasi subito dopo…asciutti.Poi, si è fuori, quasi in uno stato di grazia, puri, puliti, mondi dal peccato.Eh sì, Lourdes è un immergersi nell’acqua bene-detta, nel cuore immacolato di Maria.Vale la pena andare lì almeno una volta nella vita, non fosse altro per sentirsi soli, vicino a Maria e Gesù, in mezzo a una moltitudine di persone di nazionalità diversa, che per brevis-simo tempo stanno in quel luogo, gomito a go-

mito, a parlare la stessa lingua, quella dei cristiani, figli di Dio.La sera, la fiaccolata è d’obbligo, mentre fa buio, e al canto di “Ave Maria” ognuno innalza al cielo la propria fiaccola.Quando si partecipa, non ci si accorge di quanto sia sug-gestivo, ma quando si è testimoni, dall’alto della scali-nata della Basilica, non si può fare a meno di commuo-versi.La stessa cosa accade partecipando alla Messa Inter-nazionale, quella che fa sentire cittadini del mondo, in quella cripta a forma di barca capovolta, in mezzo a 25.000 persone provenienti da ogni parte del pianeta: ammalati, sani, bambini, anziani…..Lì si capisce quanto può essere bello stare insieme agli altri, senza distinzioni e divisioni.Nel 150° anniversario dell’apparizione della Madonna a Bernadette, è previsto anche un percorso giubilare che si fa visitando i luoghi più rappresentativi di Lourdes: la casa di Bernadette, la chiesa dove fu battezzata, la grotta, l’oratorio, per acquistare l’indulgenza plenaria, dopo aver fatto la Confessione e la Comunione, insieme a tantissime persone afflitte da mali di ogni tipo.La cosa che sorprende di più a Lourdes, però, non è la presenza degli ammalati, ma quella dei volontari, un vero e proprio esercito, che si presta con il sorriso sulle labbra ed è a disposizione dei pellegrini, in ogni mo-mento della giornata, per amore di quella Madonna che li assiste con la sua invisibile ma continua presenza e li esorta a continuare la loro opera mentre altri guardano, osservano e nel loro cuore meditano di tornare l’anno dopo come volontari.Maria è la grande forza di Lourdes, quella piccola Si-gnora che chiama a sé per aiutare gli altri, come veri fratelli, così come Gesù ci ha insegnato.

Fedeli della parrocchia di S. Francesco di Paola

PELLEGRINAGGIO A LOURDES

Devozione/Volontariato

Parrocchia di S. Francesco di Paola

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Caro direttore,spero vorrà pubblicare questo mio intervento a favore dei lavoratori civili dell’arsenale militare di Augusta. La meritocrazia è un valido strumento che, applicato in assoluta buona fede, riconosce il giusto merito a tutti coloro che operano nel mondo del lavoro, dall’operaio al ricercatore scientifico. L’azienda che persegue questa logica è destinata a prosperare, a espandersi, a essere presa a modello dagli altri. Creare una giusta, sana e le-ale competizione tra chi opera, a distanza di tempo non può che avere risvolti positivi. Nell’azienda in cui si ap-plica questo principio emergeranno i più bravi e i più volenterosi saranno gratificati in termini di emolumenti e di carriera; soprattutto si eviterà che il mediocre, figlio del tizio o amico del caio, abbia la carriera spianata dalle solite e odiose scorciatoie, con l’irreversibile danno non solo ai colleghi, ma soprattutto all’azienda stessa.Nel nostro paese sono presenti diverse tipologie di lavo-ro, ma fondamentalmente sono imperniate su due cate-gorie: il Pubblico e il Privato; senza rammarico diciamo che se la strada che porta alla meritocrazia nel privato è relativamente facile, nel pubblico è irta di mille diffi-coltà. Nel primo caso, infatti, il dirigente responsabile ha tutto l’interesse affinché l’azienda produca, cresca e aumenti il proprio fatturato, con risultati bivalenti: per l’azienda che vedrà crescere il fatturato e per i dipen-denti che godranno di una vita lavorativa più tranquilla senza lo spauracchio della mobilità o del licenziamento, anzi con la consapevolezza che il loro impegno produrrà qualche beneficio.Nel Pubblico Impiego la cosa è ben diversa perché con l’eccezione di qualche realtà, dove il riconoscimento del merito può trovare una “certa plausibilità”, tanti, troppi uffici della P.A. ci hanno provato con risultati a dir poco deludenti. Nel comparto Ministeri le cose non vanno meglio, anzi vanno decisamente peggio: in quello della Salute, appena si discute di salario accessorio spunta-no i bisturi sul tavolo della contrattazione. Al Ministero

dell’ Istruzione è sorta quasi un’ insurrezione generale da parte dei docenti, i quali hanno posto un netto rifiu-to a questo genere di confronto. E via discorrendo.. . Particolare attenzione merita invece il nostro Ministe-ro Difesa per la sua atipicità (l’unico, dove ancora tro-viamo operai dello Stato). Consapevoli di arrecare un profondo dispiacere ai Ministri – Don Chisciotte e ai tanti giuslavoristi – sapienti, crediamo di potere affer-mare, fino a prova contraria, che applicare il concetto di meritocrazia nel nostro Ministero, allo stato attuale è pressoché impossibile perché reduci da oltre un decen-nio da fallimenti in materia; nel frattempo sono cambiati ammiragli, generali, dirigenti e sindacalisti senza aver mai raggiunto risultati concreti. La meritocrazia è strettamente legata a un altro termi-ne altrettanto suadente: produttività. Ma produttività di che? Di cosa? Se costruissimo pentole.. sarebbe facile applicare un conteggio, ma noi produciamo essenzial-mente servizi; noi conosciamo i miracoli a cui sono chiamati (tra sciatiche e colpi della strega, tra un mac-chinario fuori norma e un altro pure) quei quattro lavo-ratori anzianotti rimasti alle lavorazioni. Per non parla-re dell’ insostituibile figura del sottoufficiale, che nello stesso ufficio esegue lo stesso lavoro a un trattamento economico decisamente diverso. E nelle officine? Chi lo stabilisce che un lavoro vale più di un altro? No, signori, il dirigente responsabile, il più delle volte è una figura effimera nominata quasi per caso il cui obiettivo spesso è quello di tornare al più presto da dove è venuto, mentre i suoi sott’ordini, avulsi dal contesto in cui si trovano, ignorano la materia del settore dato loro in affidamento.Sono questi i personaggi chiamati a pronunciarsi sulla meritocrazia. Dio ci salvi dal dirigente che ha le idee chiare, che ha trovato la formula magica della merito-crazia, che ti parla di aumentare la produttività là dove in molti casi non si produce un bel nulla, che rivendica il criterio di valutare il “numero delle pentole”, che in fase di contrattazione sarà bene non contraddire (diversa-mente, la rissa della riunione condominiale, a confronto, potremmo paragonarla a una piacevole conversazione tra amici).Cari dirigenti statali e cari giuslavoristi, che spendete parte del vostro prezioso tempo a spiegarci il moto rivo-luzionario della Terra, provate a riflettere se vale real-mente la pena di spacciare ipocritamente un interesse e un’ambizione personale per un bene collettivo

Sebastiano Trigilio Segretario

FP CGIL Difesa Provinciale

Ambizioni personali e bene collettivo

Pubblico impiego e meritocrazia

Assemblea di lavoratori all’arsenale di Augusta

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