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1 http://rosemaryok.skyrock.com/ Sommario : * Nicodemo:Halloween * Nedda * Fedro * Mafalda di Savoia * Mirabella: Attualità… * Ovidio: Proverbi e … * Parole difficili * Ovidio:Ars amandi * Quartetto Calace * Vero o falso * Consigli utili * Piatti Tipici campani * Pellezzano * I lirici greci * Leviora * Mitologia: Afrodite * Angolo della poesia Giornale n.ro 19 del 30/10/08 N N N o o o t t t i i i z z z i i i a a a r r r i i i o o o I vampiri si risvegliano, i licantropi ululano, le streghe inforcano scope: la notte di Halloween è tornata. (Pubblicità per un Halloween party) Sconosciuta fino a pochi anni fa,si è ormai diffu- sa nel paese e nelle scuole la festa di Hallo- ween che alcune Amministrazioni hanno addi- rittura istituzionalizzata organizzandola a loro spese nelle piazze. I locali notturni fanno affari d’oro e persino la Televisione le ha dedicato una puntata speciale di Sarabanda. Poiché siamo certi che tra i molti giovani che la seguono pochi o nessuno sa di cosa si tratti vogliamo ricordare che la festa nasce da un rito pagano celebrato nelle isole britanniche sin dai lontani tempi dei Celti: la notte tra il 31 ottobre e il 1° novembre, chiamata la notte di S amhaim, “il Si- gnore della morte, il Principe delle Tenebre” che umilia il dio Sole, sanciva col passaggio dall’estate all’inverno l’inizio dell’anno e con esso le anime dei morti, secondo la credenza dei Druidi (casta sacerdotale presso i Celti), tornavano sulla terra per rientrare nei corpi dei vivi, e per allontanare “gli spiriti cattivi” si vegliava ma- scherati con pelli di animali uccisi. Il mattino, dopo avere acceso il fuoco nuovo, i Druidi facevano il giro delle case portando le ceneri ardenti presso le famiglie affinché tutti potessero riaccendere il focolare familiare e, in quell’ occasione, chiedevano delle offerte per il loro dio e proferivano maledizioni in caso di rifiuto (Dolcetto o scherzetto?) Per quanto riguarda la zucca, la leggenda racconta che un avaro irlandese, tale Stingy Jack, invitò Satana a bere, offrendogli l’anima in cambio di uno scellino. Presa la moneta, la pose accanto ad un crocifisso e ciò impedì al diavolo di prendergli l’anima. Ma una volta morto al povero Jack fu impedito non solo di accedere al paradiso ma anche all’inferno tanto che il diavolo lo colpì al volto con un tizzone ardente e lo condannò a vagare per la terra con il volto in fiamme. La zucca vuota illuminata ricorda dun- que il povero Stingy Jack. La Chiesa tentò nel Medioevo di sra- dicare la “festa degli stregoni”,spostando nell’ 834 la festa di Ognissanti dal 13 maggio al 1° novembre e nel X se colo ag- giunse il 2 novembre, la festa della commemorazione dei defunti. Ma la Riforma protestante – alterando la concezione della fede e sopprimendo molte feste cattoliche (tra le quali la festa di Ognissanti) – aveva scatenato la ribellione contro le giuste tradizioni della Chiesa e aveva creato le condizioni favorevoli al www.andropos.eu HALLOWEEN O DELLE ZUCCHE VUOTE

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    http://rosemaryok.skyrock.com/

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    I vampiri si risvegliano, i licantropi ululano, le streghe inforcano scope: la notte di Halloween è tornata. (Pubblicità per un Halloween party)

    Sconosciuta fino a pochi anni fa,si è ormai diffu- sa nel paese e nelle scuole la festa di Hallo- ween che alcune Amministrazioni hanno addi- rittura istituzionalizzata organizzandola a loro spese nelle piazze. I locali notturni fanno affari d’oro e persino la Televisione le ha dedicato una puntata speciale di Sarabanda. Poiché siamo certi che tra i molti giovani che la seguono pochi o nessuno sa di cosa si tratti vogliamo ricordare che la festa nasce da un rito pagano celebrato nelle isole britanniche sin dai lontani tempi dei Celti: la notte tra il 31 ottobre e il 1° novembre, chiamata la notte di S amhaim, “il Si-gnore della morte, il Principe delle Tenebre” che umilia il dio Sole, sanciva col passaggio dall’estate all’inverno l’inizio dell’anno e con esso le anime dei morti, secondo la credenza dei Druidi (casta sacerdotale presso i Celti), tornavano sulla terra per rientrare nei corpi dei vivi, e per allontanare “gli spiriti cattivi” si vegliava ma-scherati con pelli di animali uccisi. Il mattino, dopo avere acceso il fuoco nuovo, i Druidi facevano il giro delle case portando le ceneri ardenti presso le famiglie affinché tutti potessero riaccendere il focolare familiare e, in quell’ occasione, chiedevano delle offerte per il loro dio e proferivano maledizioni in caso di rifiuto (Dolcetto o scherzetto?) Per quanto riguarda la zucca, la leggenda racconta che un avaro irlandese, tale Stingy Jack, invitò Satana a bere, offrendogli l’anima in cambio di uno scellino. Presa la moneta, la pose accanto ad un crocifisso e ciò impedì al diavolo di prendergli l’anima. Ma una volta morto al povero Jack fu impedito non solo di accedere al paradiso ma anche all’inferno tanto che il diavolo lo colpì al volto con un tizzone ardente e lo condannò a vagare per la terra con il volto in fiamme. La zucca vuota illuminata ricorda dun-que il povero Stingy Jack. La Chiesa tentò nel Medioevo di sra-dicare la “festa degli stregoni”,spostando nell’ 834 la festa di Ognissanti dal 13 maggio al 1° novembre e nel X se colo ag-giunse il 2 novembre, la festa della commemorazione dei defunti. Ma la Riforma protestante – alterando la concezione della fede e sopprimendo molte feste cattoliche (tra le quali la festa di Ognissanti) – aveva scatenato la ribellione contro le giuste tradizioni della Chiesa e aveva creato le condizioni favorevoli al

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    HALLOWEEN O DELLE ZUCCHE VUOTE

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    ritorno di tali cerimonie sacrileghe. La zuccomania odierna è dunque un rinnovato tenta-tivo di sostituire le feste cristiane con feste neopagane e a trasformare i comportamenti dei nostri ragazzi tramite il gioco (vedi Pokemon) e nuovi eroi-modelli legati al mondo dell’esoterismo e della stregoneria (come Herry Potter). E’ evidente che Halloween, i Pokemon e Herry Potter hanno lasciato la scia del “fantastico” classico, per trasmettere la conoscenza dei misteri e poteri magici. Halloween (da All Hallow Even, ovvero vigilia di tutti i Santi) ci riporta perciò in pieno paganesimo. I giovani, felici di dare il loro contributo al rimbambimento nazionale, non si pongono problemi, tanto meno teologici e a nessuno dei liceali viene in mente per associazione la satira menippea dall’oscuro significato, Apokolokyntosis di Seneca sulla sorte di Claudio (la Zucca) nel regno dei morti. Per molti questa festa è una strana epidemia conseguenza del buco di ozono o dell’effetto serra che ha trasformato la zucca (Cucurbita maxima, ma anche moscata e, nel caso, Cucurbita pepo) da gustoso vegetale in festosi riti tribali. Trattasi cioè di un’ultima mattana di un popolo che privo d’identità e probabilmente di carattere ed ignorante (come una zucca), acchiappa or qui or là, s’appropria foresti usi e costumi, mode e tic. (Paolo Granzotto). Si tratta, in altre parole, di festini vampireschi che rappresentano un Natale rovescia-to, il Mortale, visto che celebrano il passaggio degli zombi (M. Veneziani) Per altri, invece, Halloveen è una grande festa-esorcismo della paura e dei fantasmi e per la scuola - dove si è introdotta con l’insegnamento dell’inglese – ciò ha un significato educativo per i bambini. Per noi è una carnevalata priva di significato, una festa del nulla estranea alla nostra cultura e alle nostre tradizioni che rischia di fare concorrenza alle belle e consolanti feste cristiane del 1° e 2 novembre. Se ha preso piede è perché attorno alla zucca e agli zucconi vi è un business incredibile; il mercato specula su queste feste, pubblicizzando maschere, teschi, zucche, mantelli e cappellacci. Bisognerebbe perciò riscoprire il senso cristiano dello nostre feste con visite di grup-po ai cimiteri e considerare che i Santi vanno non solo commemorati, ma anche e so-prattutto imitati nella vita di tutti i giorni. Condividiamo, perciò, gli anatema della Chiesa contro questo rito consumistico e carnevalesco che costituisce un’offesa all’autentica pietà verso i defunti e una resa alle invadenti espressioni colonizzatrici della globaliz-zazione. Il nostro destino è quello di essere lentamente erosi da radici attaccate alla linfa dell’essere a favore del non senso. (Halloween party look, da Zombie e Vampiri)

    Renato Nicodemo DE RELIGIŌNE : (DOTTRINE, CONCETTI, RITUALI, TRADIZIONI, SEMEIOTICA ) ABATE: dall’aramaico “abba” padre, guida spirituale dei monaci egiziani. Dal V sec. È il titolo assunto dai rettori di monasteri ed abbazie; al femminile si dice abbadessa o badessa. Il ditolo, in dignità, viene subito dopo quello di vescovo. ABIURA: dal latino “ab-iura” , consiste nel giuramento pubblico ad una religione o ad una dottrina ritenuta falsa. Nel sistema inquisitorio, vi sono sottoposti gli eretici, gli scismatici e gli apostata, per essere riammessi in seno alla chiesa, mettendo, tra l’altro, per iscritto i propri errori e sottomettendosi alla penitenza imposta. La formula, recitata successivamente, in Spagna la si usa dal 1492 per quei discendenti degli Ebrei e musulmani che, pur comportandosi da cristiani, sono sospettati di conservare le credenze dei loro padri. ABELIANI O ABELITI : setta cristiana del IV sec. diffusasi nel nord-Africa, che promulgano la castità anche dopo il matrimonio, sull’esempio di Abele che non ebbe figli.

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    Il sogno di Janu

    […] I cenci svolazzavano allegramente, e le fave ballavano anch'esse nella pentola, borbottando in mezzo alla schiuma che faceva sbuffare la fiamma. Quando le ragazze furono stanche, venne la volta delle canzonette: - Nedda! Nedda la varannisa! - sclamarono parecchie. - Dove s'é cacciata la varannisa? - Son qua- rispose una voce breve dall'angolo più buio,dove s'era accoccolata una ragazza su di un fascio di legna. - O che fai tu costà? - Nulla. - Perché non hai ballato? - Perché son stanca. - Cantaci una delle tue belle canzonette. - No, non voglio cantare. - Che hai? - Nulla. - Ha la mamma che sta per morire, - rispose una delle sue compa-gne, come se avesse detto che aveva male ai denti. La ragazza, che teneva il mento sui ginocchi, alzò su quella che aveva parlato certi occhioni neri, scintillanti, ma asciutti, quasi im-passibili, e tornò a chinarli, senza aprir bocca, sui suoi piedi nudi. Allora due o tre si volsero verso di lei, mentre le altre si sban-davano ciarlando tutte in una volta come gazze che festeggiano il lauto pascolo, e le dissero: - O allora perché hai lasciato tua madre? - Per trovar del lavoro. - Di dove sei? - Di Viagrande, ma sto a Ravanusa -. Una delle spiritose, la figlioccia del castaldo,che doveva sposare il terzo figlio di massaro Jacopo a Pasqua, e aveva una bella crocetta d'oro al collo,le disse volgendole le spalle: - Eh! non è lontano! la cattiva nuova dovrebbe recartela proprio l'uccello -. Nedda le lanciò dietro un'occhiata simile a quella che il cane accovacciato dinanzi al fuoco lanciava agli zoccoli che minaccia-vano la sua coda. - No! lo zio Giovanni sarebbe venuto a chiamarmi! - esclamò come rispondendo a se stessa.[…] Ella diede alla luce una bam-bina rachitica e stenta; quando le dissero che non era un maschio pianse come aveva pianto la sera in cui aveva chiuso l'uscio del casolare dietro al cataletto che se ne andava, e s'era trovata

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    SITO DEGLI AUTORI

    EMERGENTI Prof. B. Bruno di Cava de' Tirreni

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    SANE SOCIETY

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    LA DONNA NELLA LETTERATURA

    Giovanni Verga

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    senza la mamma; ma non volle che la buttassero alla Ruota. - Povera bambina! Che incominci a soffrire almeno il più tardi che sia possibile! – disse. Le comari la chiamavano sfacciata, perché non era stata ipocrita, e perché non era snaturata. Alla povera bambina mancava il latte, giacché alla madre scarseggiava il pane. Ella deperì rapidamente, e invano Nedda tentò spremere fra i labbruzzi affamati il sangue del suo seno. Una sera d'inverno, sul tramonto, mentre la neve fioccava sul tetto, e il vento scuoteva l'uscio mal chiuso, la povera bambina, tutta fredda, livida, colle manine contratte, fissò gli occhi vitrei su quelli ardenti della madre, diede un guizzo, e non si mosse più.Nedda la scosse, se la strinse al seno con impeto selvaggio, tentò di scaldarla coll'alito e coi baci, e quando s'accorse che era proprio morta, la depose sul letto dove aveva dormito sua madre, e le s'inginocchiò davanti, cogli occhi asciutti e spalancati fuor di misura. - Oh! benedette voi che siete morte! - esclamò. - Oh! benedetta voi, Vergine Santa! che mi avete tolto la mia creatura per non farla soffrire come me! – (G.Verga – Da Vta dei Campi )

    RRIIDDUUZZIIOONNEE IINN VVEERRSSII DDEELLLLAA NNOOVVEELLLLAA (* ) Di Franco Pastore

    ___________ *) Da “Un unico grande sogno” di F.Pastore – 2006

    Antonio della

    Rocca

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    PROLOGO

    Il sole riscaldava come se fosse giugno, solo morte e miseria

    stringeva nel suo pugno.

    L’amore del suo Janu era l’unica certezza, per una volta sola

    desiderò l’ebbrezza.

    Le cime dei castagni, le mosse, adagio, il vento,

    nei grandi occhi neri ondate di sgomento.

    L’estate ancor durava sull’erba che ingialliva,

    un misero sorriso sul lavoro che finiva. Dopo ci fu silenzio

    nel caldo del meriggio, sognare e non morire

    fu atto di coraggio.

    L’ardore dell’amore sentì nelle sue vene,

    e tutto fu delirio lanciato sulle pene.

    EPILOGO Un gallo non lontano

    cantò forte il suo verso, scapparono lontano, ma nulla fu diverso.

    Una morale sterile lo giudicò peccato:

    il frutto del suo ventre fu presto condannato.

    Perse, alla fine, il sogno, la vita la sconfisse,

    rimase sola al mondo: dolor la crocifisse.

    http://www.andropos.it/Nedda.html

    PER IL VIDEO DEI VERSI

    LATITANZELATITANZELATITANZELATITANZE

    di Mauro Daltin

    Editrice Besa

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    SCHERZANDO CON I CLASSICI :

    ‘A vacca, ‘a cràpa, ‘a pecora e ‘o liòne

    ‘Na mucca, ‘na pecurella e ‘na crape

    s’associarono, cumm’a tre cape e rape con un liòne potente,

    Ch’’e facétte fesse ‘nda’ niente. ‘Nda’ ‘na muntagna sparùta

    ‘o liòne acchiappài ‘nu ciérve curnùte; tagliànnele in quattro, dicètte:

    «Dal momento ca song’’o liòne, ‘a prìmma m’ ‘a tenghe p’mmé;

    ‘a seconda me tocca p’sorte, pecché ìe song’’o cchiù forte;

    ‘a terza, ‘a cchiù grossa, m’a frég’ pecché ‘nu’ valìte ‘na séga.

    ‘A quarta so’ guai a chi ‘a tocca, pecché …oggi sto’ stuòrte,

    ‘ndo’ sànghe spèrze ‘e chivammuòrte! »

    Traductio ad sensum

    Mai la società con un potente è leale: questa favoletta

    ne è la conferma. Una mucca, una capretta ed una

    pecora paziente furono compagne di un leone,

    sulle montagne. Avendo questi catturato

    un grosso cervo, dopo aver fatto le parti,

    il leone così prese la parola: « Prendo la prima poiché

    mi chiamo leone; concederete a me la seconda

    poiché sono forte; poi, la terza parte toccherà a me,

    poiché valgo di più; finirà male, se qualcuno toccherà

    la quarta parte». Così l’arroganza di uno solo

    portò via l’intera preda.

    F. Pastore : “ FEDRO ED ESOPO in napoletano ” (una libera trauzione in vernacolo delle favole

    latine e greche)

    DALLE FAVOLE DI FEDRO : LA MUCCA, LA CAPRETTA ED IL LEONE Una molto l ibera traduzione in vernacolo di Franco Pastore

    Fedro nacque intorno al 15 a.C. in Tracia da famiglia di origine greca. Giunse a Roma come schiavo e fu probabilmente liberato da Augusto. Pubblicò durante il regno di Tiberio una raccolta di cinque libri, fa-cendo della favola un vero genere letterario. Tiberio, ritenendolo un personaggio scomodo, lo fece condan-nare all'esilio dal 27 al 31 d.C., e Fedro tornò a Roma solo alla morte dell'imperatore, nel 37 d.C. Nel 31 d.C., processato per aver disturbato il console e prefetto del pretorio Lucio Elio Seiano, ma l’accusa cadde con la morte di costui. Con l'appoggio di alcuni liberti, continuò la sua opera ispirandosi a Esopo e pubblicando altre quattro raccolte.Morì intorno al 50 d.C.

    Numquam est fidelis cum potente societas: testatur haec fabella propositum meum. Vacca et capella et patiens ovis iniuriae socii fuere cum leone in saltibus.Hi cum cepissent cervum vasti corporis,sic est locutus partibus factis leo: «Ego primam tollo, nominor quoniam leo;secundam, quia sum fortis, tribuetis mihi; tum, quia plus valeo, me sequetur tertia;malo adficietur, si quis quartam tetigerit».Sic totam praedam sola improbitas abstulit.

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    La donna nella storia

    PREMESSA

    Secondogenita di Vittorio Emanuele III e di Elena di Savoia, Mafalda Maria Elisabetta Anna Romana nacque a Roma, il 19 novembre del 1902. Il suo nome è la traduzione italiana di Mahalda, il nome della sua ava portoghese, figlia di Matilde di Savoia e nipote di Amedeo III, ma veniva chiamata da tutti “Muti”, perché era solita fissare cose e perso- ne con i suoi grandi occhi e rimaneva silenziosa, come in attesa di qualcosa. Tranquilla ed obbediente, trascorse infanzia e giovinezza in un ambiente più familiare che nobiliare: la mamma spesso organizzava giochi e feste ed insegnava alle figli a cucinare ed a cucire, mentre il papà, ogni volta che poteva, rimaneva in fami-glia, lontano dall’ etichetta di corte. Le vacanze si svolgevano a Sant'Anna di Valdieri, a Racconigi e a San Rossore, con la partecipazione di tutto il personale, famiglie com-prese. La regina Elena, instancabile, organizzava semplici feste, gare e giochi. L'infanzia di Mafalda trascorse punteggiata dalle ricorrenze di famiglia e dai numerosissimi com-pleanni, che la regina non scordava mai di festeggiare. Mafalda e le sue figlie amavano la musica, specie quella di genere operistico,Vittorio Emanuele no. La principessa co-nobbe personalmente Puccini, a Torre del lago, nel 1922. Il maestro non fece a tem-po a dedicarle la Turandot, perché morì lasciando l'opera incompiuta. Le principesse seguivano la mamma in molte visite ufficiali e davano una mano, quando si trattava di fare beneficenza. Durante la prima guerra mondiale, con le sorelle, Mafalda seguì la mamma nelle sue visite ai soldati ed agli ospedali militari, ma trascorse anche delle bellissime vacanze,come quella del 17 a Valdieri, dove giocava con le sue sorelle nelle tre casette,dotate di cucine funzionanti e di suppellettili una per ognuna di loro. Per tutto il periodo bellico,tuttavia, le tre principesse furono spesso coinvolte nelle attività mater-ne di conforto e cura alle truppe, mentre il fratello Umberto,(Beppo), venne educato in altro modo. Gli anni 20 portarono il fascismo, visto da Mafalda non senza simpatia e fu- rono per Muti, Beppo, Giogiò (Giovanna) e Anda (Jolanda) un periodo spensierato e ricco vissuto mondanamente con la più bella nobiltà europea. I destini matrimoniali dei quattro principi Savoia si vanno delineando: Mafalda conosce Filippo,un bel principe te- desco, Giovanna diventa zarina di Bulgaria,Umberto conosce Maria José. Intanto,l’Euro- pa si sta avviando verso quella tremenda bufera, che sarà il secondo conflitto modiale, con il suo bagaglio di morte e di miseria per tutti.

    LA HISTORIA Il 23 settembre del 1925, Mafalda sposa il principe tedesco Filippo d'Assia, tenente nell‘ esercito prussiano, nato a Rumpenheim il 6 novembre 1896. Il dono di nozze del papà Vittorio Emanuele fu un piccolo casale romano, situato tra i Parioli e villa Savoia,

    MM aaff aall dd aa dd ii SSaavv ooii aa L’angelo di Bukenwald

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    cui gli sposi dettero il nome di villa Polissena, in memoria della principessa d'Assia, che andò felicemente in sposa a Carlo Emanuele III di Savoia. Tutto sembrava procedere per il meglio. Il nazismo, pur non riconoscendo titoli nobi-liari utilizzò il principe d‘Assia nelle SS e vari incarichi. Mafalda, nei primi tempi, ammirava Hitler che, per i suoi quattro figli, le aveva conferito la croce al merito (come a tutte le mamme di numerosa prole) e lei ne fu orgogliosa. Nel 1943, dopo la desti-tuzione di Mussolini, l'affidamento del governo a Badoglio e la firma dell'armistizio con gli alleati,i tedeschi organizzarono l'arresto di tutti i regnanti,oltre il disarmo delle truppe italiane. Badoglio e il re fuggirono al Sud ma non tutti i Savoia, tra cui Mafalda, hanno la pos-sibilità di mettersi in salvo. A fine agosto, infatti, Mafalda era partita per Sofia. Su que-sto viaggio si danno più spiegazioni:qualcuno dice che era andata ad assistere la sorel-la Giovanna il cui marito, re Boris di Bulgaria, si era gravemente ammalato. Qualcun altro dice vi si recò con l'intento segreto di dare un regno allo zio mater-no. In altri testi si dice che Boris di Bulgaria sia stato fatto uccidere da Hitler per non essersi schierato con la Germania... Comunque siano andate le cose, la principessa non ebbe la possibilità di occuparsi della sua famiglia in quei terribili frangenti e nessuno l'avvertì di ciò che Il 7 settembre, Mafalda riparte da Sofia per l'Italia; l'8 settembre è a Budapest, il 9 settembre forse qualcuno la informa di ciò che sta accadendo e si appresta a prendere un aereo di for-tuna, per raggiungere i fuggiaschi. Atterrata a Chieti Scalo, il 12, non trova nessuno. In-tanto, i tedeschi liberano Mussolini,l'aeroporto è già in mano loro, come la capitale, e fa appena in tempo a rivedere i figli, custoditi in Vaticano da un certo Montini. (continua)

    [Da “SIDERA HISTORIAE” di Franco Pastore] ________

    (1) Il futuro Paolo VI.

    FIERA D’AUTUNNO A PADULI Week-end con la natura incontaminata, le tipicità e il territorio

    17 18 19 ottobre/08 - ingresso libero Tante le ragioni per partecipare alla Fiera d’Autun no in programma questo week-

    end, dal 17 al 19 ottobre, a Paduli in provincia di Benevento http://www.tabularasaeventi.net/

    Venerdì 31 Ottobre 2008 ore 17,00 al Castello MedioevaleGuardia Sanframondi (BN)

    Workshop Territoriale “Innovazioni e tecnologie utili e sostenibili per un nuovo progetto di sviluppo

    agricolo, alimentare e paesaggistico del territorio”. Segue relazione di Carmine Nardone Presidente Ass. Futuridea

    “Più sostenibilità e più competitività con una nuova governance dell’innovazione e delle nuove tecnologie nello sviluppo territoriale”

    Comunicazione:Donato Matassino, Presidente CONSDABIHealth claims:

    le potenzialità dei prodotti del territorio Sannita

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    Viene qui riproposto un suo scritto in cui,quella che Calamandrei(1) de- finiva “un’ipotesi” sembra stia per divenire, purtroppo, una triste realtà.

    Viviamo, per dirla con Bertold Brecht, “in tempi bui” in cui pare che molti fingono di non accorgersi del triste momento sociopolitico attuale in Italia. E lo scotto di questa situazione lo sta pagando soprattutto la scuola pubblica, che negli ultimi anni ha subito cambiamenti di facciata, che hanno prodotto solo risultati deludenti. Ora vanno di moda il

    “contenimento della spesa pubblica” e il mantenimento dei docenti nel Limbo dell’eterno precariato. Oggi vanno forti in TV le teorie che il posto fisso sia un mito, e perciò più flessibilità=più lavoro per tutti. Ma dov’è questo lavoro? W i call center, che danno lavoro e che lavoro! Ma ci sono poi, come sempre, quelli che sguazzano nella ricchezza e nello spreco più totale. Ed è per questo che si assiste alla girandola continua sulle cattedre di docenti nominati ora in scuola e dopo in un’altra. Le classi devono essere di 30 alunni, via le scuole nei piccoli centri di montagna e dove non si raggiunge un minimo di discenti. E con la qualità come la mettiamo? Ma già a che serve la cultura, meglio l’ignoranza, ma non la docta ignorantia (1440) di cui parlava nel Rinascimento Niccolò Cusano, asserendo “quanto meglio uno saprà che non si può sapere, tanto più sarà dotto”. Ma ora siamo al crollo totale però salviamo l’economia, si risparmia…..”

    La massa del popolo si dice che inneggia al governo attuale che sarebbe al 60% dei consensi?! Bo? Che dire?

    Molti hanno bisogno di qualcuno a cui servilmente inchinarsi per sentirsi realizzati ed allora rileggiammo il testo di Wilem Reich “ Psicologia di massa del fascismo” perché in questo libro, Reich sostiene che il fascismo, lungi dall'essere la concretizzazione di una caratteristica specifica di certune nazionalità, o l'imposizione da parte di una fazione politica su un popolo "innocente", è piuttosto l'espressione della struttura caratteriale irrazionale dell'uomo medio, che da migliaia di anni vede repressi i suoi impulsi primari.

    L'IPOTESI DI CALAMANDREI (2) “Facciamo l' ipotesi, così astrattamente, che ci sia un partito al potere, un partito dominante, il quale però formalmente vuole rispettare la costitu- zione, non la vuole violare in sostanza. Non vuol fare la marcia su Roma e trasformare l'aula in alloggiamento per i manipoli; ma vuol istituire, sen- za parere, una larvata dittatura. Allora, che cosa fare per impadronirsi delle scuole e per trasformare le scuole di stato in scuole dì partito? Si accorge che le scuole di stato hanno il difetto di essere imparziali. c’è una certa re-sistenza; in quelle scuole c`è sempre, perfino sotto il fascismo c’è stata. Allora, il partito dominante segue un’altra strada (è tutta un’altra ipotesi teorica, intendiamoci).

    LLL ’’’ AAATTTTTTUUUAAALLL III TTTAAA’’’ EEE LLL AAA PPPRRREEEVVVEEEGGGGGGEEENNNZZZAAA DDD III PPPIII EEE TTT RRR OOO CCC AAA LLL AAA MMM AAA NNN DDD RRR EEE III

    A cura di Alberto Mirabella

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    Comincia a trascurare le scuole pubbliche, a screditarle, ad impoverirle. Lascia che si anemizzino e comincia a favorire le suole private. Non tutte le scuole private. Le scuole del suo partito, di quel partito. Ed allora tutte le cure cominciano ad andare a queste scuole private. Cure di denaro e di privilegi. Si comincia a consigliare i ragazzi ad andare a queste scuole, perché in fondo sono migliori si dice quelle di stato. E maga-ri si danno dei premi, come ora vi dirò, o si propone di dare dei premi a quei cittadini che saranno disposti a mandare i loro figlioli invece che alle scuole pubbliche alle scuole private. A “quelle” scuole private. Gli esami sono più facili, si studia meno e si riesce meglio. Così la scuola privata diventa una scuola privilegiata. Il partito dominante, non potendo trasformare apertamente le scuole di stato in scuole di partito, manda in malora le scuole di stato per dare la prevalenza alle sue scuole private . Attenzione, amici, in questo convegno questo è il punto che bisogna discutere. Attenzione, questa è la ricetta. Bisogna tener d'occhio i cuochi di questa bassa cucina. L'operazione si fa in tre modi: ve l'ho gìà detto: rovinare le scuole di stato. Lasciare che vadano in malora. Impoverire i loro bilanci. Ignorare i loro bisogni. Attenuare la sorveglianza e il controllo sulle scuole private. Non controllarne la serietà. Lasciare che vi insegnino insegnanti che non hanno i titoli minimi per insegnare. Lasciare che gli esami siano burlette. Dare alle scuole private denaro pubblico. Questo è il punto. Dare alle scuole private denaro pubblico.” ( Pubblicato nella rivista Scuola democratica, 20 marzo 1950) ____________ 1)Dopo essersi laureato in Giurisprudenza all'Università di Pisa nel 1912 partecipò a vari concorsi e nel 1915 fu nominato professore di procedura civile all'Università di Messina. Successivamente (1918) fu chiamato all'Università di Modena per poi passare due anni dopo a quella di Siena ed infine, nel 1924, scelse di passare alla nuova facoltà giuridica di Firenze, dove ha tenuto fino alla morte la cattedra di diritto processuale civile. Politicamente schierato a sinistra, subito dopo la marcia su Roma e la vittoria del fascismo fece parte del consiglio direttivo dell'Unione Nazionale fondata da Giovanni Amendola. Partecipò, insieme con Dino Vannucci, Ernesto Rossi, Carlo Rosselli e Nello Rosselli alla direzione di "Italia Libera", un gruppo clandestino di ispirazione azionista.

    Nel 1925 aderì al Manifesto degli intellettuali antifascisti di Benedetto Croce. Aderí al movimento Giustizia e Libertà ed un anno dopo fu tra i fondatori del Partito d'Azione insieme a Ferruccio Parri, Ugo La Malfa ed altri. In questo periodo (1939-1945) tenne un diario, pubblicato nel 1982. Fu, insieme a Francesco Carnelutti, a Enrico Redenti, a Tito Carnacini e al magistrato Leopoldo Conforti, uno dei redattori del codice di procedura civile del 1942.

    Piero Calamandrei scrisse la celebre epigrafe, dedicata a Duccio Galimberti, "Lo avrai, camerata Kesselring...", il cui testo venne posto sotto una lapide ad ignominia di Kesselring stesso, deposta dal comune di Cuneo, e poi affissa anche a Montepulciano, in località Sant'Agnese, e a Sant'Anna di Stazzema.

    2)Discorso pronunciato da Pietro Calamandrei al III Congresso dell’ Associazione a difesa della scuola nazionale (Adsn), a Roma l’11 febbraio 1950.

    “LA PROSSIMA ERUZIONE DEL VESUVIO” Questo e tanti altri articoli di cultura vesuviana, sul sito

    WESUVIOWEB.COM di Aniello Langella

  • 10

    Detti, proverbi e modi di dire, dagli appunti di…

    • Chi suspira nunn’è cuntente: quàcche diavole ‘nce v a p’’a mente. • Chi vo viènte va da ‘e chiùppe, chi vo diàvule va d a ‘e

    bizzòche. • ‘O diàvule, quanno è viècchio, se fa monaco cappuc -

    cino Trad .: L’uomo manifesta con i sospiri l’insoddisfazione o l’attesa di un evento. Tuttavia, nulla avviene a caso, ma tutto è in relazione alla nostra operatività ed alle persone cui ci relazionia-mo. Comunque vadano le cose, alla fine della vita, ci si avvicina a Dio ed si ricorre all’aiuto religioso, in un rapporto direttamente proporzionale alle nostre colpe. Aspetti semantici : Ancora un’altra occasione per evidenziare la grande tradizione culturale che si cela dietro tutti i dialetti del meridione, fortemente connessi alla lingua latina ed a quella greca. In riferimento ai tre proverbi su indicati, troviamo: Suspira : (verbo intr.) dal latino suspirare (sub-spirare= soffiare preceduto dall’attenuativo sub=sotto), usato come sospirare per nostalgia, o desiderio di qualcosa. In poesia:

    Na fenestella 'e foglie rampicante... na puntigliosa cu nu musso astrinto... E nu suspiro mio ch''a vasa 'nfronte:

    arape 'a vocca e ce se 'mpizza dinto... Na fenestella 'e foglie rampicante.

    Suspiro mio, vièneme a dí che fa:

    Penza 'e fá pace o penza 'e mme lassá?

    T'aspetto a fianco ê rrose, addó' saje tu,

    e addó' diceva: "Io nun te lasso cchiù!"

    "Io nun te lasso cchiù!" (Murolo - Nardella)

    nunn’è/nun è: dal lat. Non-est negazione con raddoppio davanti a verbo, ed ependesi finale. Modi di dire: nunn’è giusto; nunn’è ‘o vero; nunn’è accussì. In poesia: No...nun è overo... No...nun ce crero... E moro pe' 'sta smania 'e turná a Napule! Ma ch'aggi''a fá... mme fa paura 'e ce turná! (Galdieri – Barberis)

    Dora Sirica

    Teleradio News Caiazzo ------

    Giannigosta @libero.it.

    EditriceEditriceEditriceEditrice

    ANTITESIANTITESIANTITESIANTITESI Roma

    w w w . e d i t l i b r i . n e t

    http://it.video.search.yahoo.com/search/video?p=andropos

    http://www.naonisart.it/

    DaylyMotion ALICE VIDEO http://dailymotion.alice.it/relevance/search/andropos

    http://www.myspace.com/

  • 11

    Cuntente, ( aggettivo) , dal lat. contentus – a – um con o atono >u. Derivati: accuntentà, scuntentà, scuntènte, scuntentàte, cuntentàte Sinonimi: suddisfàtte, sazie Modi di dire: sule ‘e pièchere e ‘e curnùte so’ cuntente

    diàvule: ( sostantivo Femm.) dal greco διδιδιδιάβολοσβολοσβολοσβολοσ (malefico), da cui il latino diābolus (diavolo); da cui: diabolico, diavoleria. Aggettivazioni: diàvule ché ccòrne, diàvule dannàte,diàvule tentatòre,diàvulo scartellate. Modi di dire: diàvele p’ capille; sango do’ diàvulo; ‘o diàvulo te porta; ‘o diàvulo vo’ l’anema; diàvule senza fuòco; piglia ‘o diàvulo pe’ ccòrna; ‘o diàvulo so’ porta.

    viénte: (sostantivo maschile) dal latino ventu(m), con dittongazione, quando la finale è u al sing. ed i al plurale. In poesia: “pareva ca steva lu nfiérne ‘ncìmma a la tèrra quànne lu viénte cu lu fiume faceva guèrra.” (Rosa Staffiere) chiùppe: (verbo trans), pioppo, dal latino populu(m) ; in volg. Ploppulu(m), da cui ploppu per metatesi, da cui chiùppe Derivati: chiuppaino (pioppo selvatico) Bizòche/bizuòche dal latino medievale bizōchus: appartenente al terzo ordine francescano; e per estensione, al femminile, donna non sposata, invecchiata da sola, in condizione di rinuncia. Anche pinzochero; a volte usato volgarmente anche come aggettivo: vecchia bizzoca. Sinonimi: fraticello, picuòzzo, bacchettone

    viécchie: (sost. masch.) dall’accusativo latino vètulu(m) , da cui in latino volgare vètlu, evoluto in veclu(m); “ tl “ tra vocali (come il gruppo cl) è divenuto cchj (come in sicchio). La vocale tonica resta breve ed aperta. Derivati: vecchiàia, vecchiòne, vecchiaccia. Moneco/a : dal tardo latino mōnachu(m) (a sua volta dalla radice greca mònos: solo) Detti celebri:- chi fa male ‘e muonece, San Francisco se nne pàva - ‘o monaco ca porta ‘a Cròce nu’ canta . In poesia: Ajeresséra magnàje fresèlle ‘e zi monaco ten’’a zella Tene ‘a zèlla annànz’e arrèto e zi mònaco cumme fète.

    BRUTTINITA’: la condizione di chi è brutto, dal diminutivo bruttino (1939). BUONISMO: chi pratica bontà ( 1995) derivati: buonista, buonistico. CALCIOLOGO, CALCISMO,CALCIOLOGIA : tre brutti termini inerenti al calcio (1990/91). CAOSÒLOGO : studiosa della dinamica del caos (1992). CAPITALIANISMO : capitalismo all’italiana (1993). CAPOCESPUGLIO: uomo politico alla testa di un gruppo (1995)

    LE PAROLE DIFFICILI E…

    QUELLE FAMIGERATE

  • 12

    [...

    E ti riempi di vergogna.

    PUBLIO OVIDIO NASONE

    Publius Ovidius Naso nacque a Sulmona,il 20 marzo del 43 a.C.. Nel suo tenta- tivo di moralizzazione deicostumi, Augusto cercò di distruggere l’Ars amatoria di Ovidio, ma questa sopravvisse. Il disinteresse e l’ignoranza dei nostri giorni considerano i classici come nozionismo sterile, tuttavia ” l’arte di amare” del Nostro è ancora un bestseller. Ovidio ebbe il coraggio di porre, tra tanti poemi didascalici, il suo, che scienti-ficamente introduce all’arte del corteggiamento e dell’amore. In tre libri di distici finis-simi, di melodiosa lettura per chi ancora ama il latino, Ovidio traccia una mappa attenta e completa dei luoghi, degli atteggiamenti, degli approcci e delle parole che un uomo (libro II) ed una donna (libro III) devono utilizzare per far breccia nel cuore dell’essere amato.Nulla è lasciato al caso: con introspezione, egli analizza il comportamento umano, ricercandone quel quid, che rende sempre attraente qualcuno e sempre repellente qual-cun altro. L’amore non ha cose impossibili:prima tuae menti veniat fiducia,cunctas posse capi:capies, tu modo tende plagas.

    Liber secundus (dummodo sit dives, barbarum ipse placet: anche un barbaro va bese, se ricco)

    (Traductio ad sensum di parti scelte, a cura di Franco Pastore) (vv.275-358 ) Manda doni alla donna che vuoi conquistare, ma non dolci versi d’amore, perché la poesia non è considerata: i versi si lodano, ma i grandi doni piacciono ed anche un barbaro è gradito, purché sia ricco (dummodo sit dives): con l’oro si trova l’amore…Ci sono però donne colte, poche in verità, ed altre che pur non essendolo vorrebbero sembrarlo, che amano la poesia per la dolcezza del suono, a queste puoi dedicare una poesia, varrà come un piccolo dono (1). Tutto ciò che fai, di’ che lo fai per lei, e se proprio ci tieni a lei, incomincia a lodare la sua grande bellezza, il mantello che indossa, la veste di lino di Cos(2), di che tutto le calza a pennello, anche se indossa un panno pesante. Se poi la vedi in sottoveste, dille che ti fa uscire pazzo (moves incendia), ma sottovoce supplicala di non prendere freddo. Lodala se si fa una riga ai capelli o li arriccia col ferro; ammira i suoi gesti se balla e la sua voce se canta, e se smette, fa finta di protestare. Sarà bene che tu lodi perfino i vostri amplessi, il vostro piacese e le gioie notturne (gaudia noctis). Foss’anche più violenta della torva medusa, sarà gentile verso un tale amante. Ma cerca di essere convincente e non far scoprile l’inganno e che il tuo viso non sveli che dicci il falso, altrimenti perdi di credibilità. Spesso, in autunno, quando l’uva rosseggia di succo porporino, quando un poco si fa freddo, ed un po’ fa caldo, per il clima incostante i prende un languore, speriamo sempre che lei stia bene; ma se dovesse mettersi a letto per il cielo maligno, sii con lei comprensivo ed amoroso: semina, quel che vorrai raccogliere dopo.[…] Quando l’amore è giovane, curalo con esperienza e se l’alimenti bene, diverrà solido, come il fiume che nasce povero ma si arricchisce scorrendo e ovunque passa riceve affluenti. Diventale familiare, non c’è niente di meglio dell’abitudine,ottienila a tutti i costi: tiveda sempre, sempre ti porga orecchio e ti veda di giorno e di notte. Solo quando sarà lei a cercarti, potrai darti una tregua.(continua ) ___________________________________________________________ ------____

    (1) A Cos (Coo) i tessuti di lino erano particolarm ente pregiati. (2) I cacciatori di eredità abbindolavano con regal ucci vecchie senza figli , per essere inclusi nei l oro testa- menti, ne parla diffusamente Petronio nel Satyricon.

    L’ARS AMANDI “ L ’ A R T E D I F A R L ’ A M O R E ”

  • 13

    “ L’Arte libera dagli affanni e colma tutti. I desideri dell’anima, come alleata preziosa.” Saffo

    “Il quintetto dell'Accademia Musi- cale di Capodimonte,denominato to Pietro Quirino e Quartetto Ca- lace,ha al suo attivo una brillante attività concertistica che da anni porta questi musicisti napoletani a rappresentare la propria città in tutte le regioni italiane ed in vari paesi del mondo quali: Spa- gna, Francia, Svezia,Germania, Ar-gentina, Brasile, Australia, Stati Uniti ecc..Il programma musicale piuttosto arti-colato spazia dalla tradizione etnica alla canzone d'autore con un percorso che accompagna lo spettatore dal 1600 fino alla prima metà del 1900. Il concerto nell'attraversare, quindi, i secoli ed i generi della musica napoletana, si propone il rispetto filologico dei brani eseguiti. Tale fedeltà ai brani stessi è frutto di uno studio continuo sia sulle sonorità degli strumenti impiegati nel concerto (Mandolini, Mandola, Chitarra classica, Percussioni popolari ecc.) e sulla loro tecnica di esecuzione, sia sulla vocalità per il rispetto dei moduli tecnico-stilistici del cantare nelle varie epoche, sulla teatralizzazione dell'esecuzione come evocazione di un sentire coevo ad ogni canzone pur non rinunciando ad una garbata sottolineatura degli elementi metastorici presenti in ogni brano”. Tutti i componenti del gruppo sono musicisti di prim’ordine, che considerano l’arte un prezioso binomio di professionalità e passione creativa. Ascoltarli, quindi, è un privilegio che fa bene all’anima, soprattutto in un momento storico e sociale in cui si sono smarriti i veri valori e tra essi, il gusto dell’armonia e la poesia di un dia-logo universale, dove l’uomo ritrova se stesso, le sue radici e la sua storia. (n.d.d.)

    Pietro Quirino e Quartetto Calace

    Pietro Quirino & Quartetto Calace

    Serenata napoletana Concerto di canzoni classiche napoletane

    Ekoclub International Benevento lancia un grido di allarme: “…Le statistiche, purtroppo, non lasciano molte illusioni al Sannio turistico, il decremento del numero dei visitatori è sotto gli occhi di tutti. Monumenti come l’Arco di Traiano ed il TEATRO ROMANO versano in uno stato d’abbandono; le poche strutture che funzionano vengono irrimedia-bilmente distrutte; eppure basterebbe affidare la gestione dei musei a personale qualificato… il grande Eduardo direbbe: “Il presepe è buono, sono i pastori che non vanno”!

  • 14

    Vero o Falso

    L’Italia è uno dei paesi che produce i migliori salumi, anzi si può dire che questa industria sia proprio caratteristica del nostro Paese. Alcuni salumi nostrani sono noti e celebrati in tutto il mondo. Il valore dietetico dei salumi varia a seconda del loro tipo. Il prosciutto cotto è da considerarsi un salume magro e ha pressap-poco il valore dietetico della carne. È facilmente digeribile e, tolte le parti grasse, lo si può includere anche nella dieta dei bambini molto piccoli e delle persone anziane. Il prosciutto crudo , salato o affumicato che sia, è meno digeribile del cotto, e ancor meno lo sono cotechini e zampone. I salami di ogni tipo, le salsicce, la mortadella sono piuttosto indigesti perché contengono molto grasso e non bisogna quindi abusarne. I salumi , tuttavia, eccitano l’appetito, perché le spezie che essi con-tengono favoriscono la secrezione della saliva e dei succhi gastrici; quindi un antipasto di salumi all’inizio del pasto è da considerarsi favorevolmente. Questo vale naturalmente per le persone in età adulta e che sono in buona salute. Devono astenersi dai salumi:

    • I malati di fegato, perché le sostanze piccanti affaticano ancora di più questo organo che già assolve in maniera imperfetta il suo compito di svelenatore dell’organismo.

    • Le persone affette da cellulite, perché le droghe, il sale e il salnitro contenuti nei salumi contribuiscono a congestionare ancora di più le cellule dei tessuti.

    • I malati di cuore, perché i grassi largamente presenti nell’impasto dei salumi sono nocivi a chi soffre di questi disturbi.

    • I malati di ulcera e di appendicite cronica, perché tutto ciò che è troppo saporito e piccante irrita la lesione della parete gastrica e l’appendice infiammata.

    • Tutte le persone affette da acne e da eczema, perché i grassi e le spezie concorrono al cattivo funzionamento dello stomaco e dell’intestino.

    Il lardo salato e il lardo affumicato hanno una curiosa proprietà dietetica: ricci di vitamina F sono ottimi per l’epidermide. Tuttavia la cucina, che ha come condimento il lardo, è da considerarsi molto pesante e controindicata per chi non abbia stomaco e intestino perfetti.

    IL CLUB DEGLI

    AUTORI www.club.it/autori/sostenitori/franco.pastore/indic e-i.html

    MBUTOZONE.IT

    www.mbutozone.it/poesie/pastore.htm

    REKSTORYREKSTORYREKSTORYREKSTORY http://www.rekstory.com/public/search/q/franco pastore/c/

    GALASSIA ARTE www.galassiaarte.it/profili/franco_pastore.html

    per promuovere

    l’arte http://www.tuttoveneto.it/

    Salumi si, salumi no A cura di Rosa Maria Pastore

    http://www.vesuvioweb.com

  • 15

    ATTENZIONE AGLI IMBROGLI

    Un buon salame , per essere non soltanto gradito al palato ma anche perfettamente digeribile, deve essere prodotto con sola carne scelta di maiale. Troppo spesso, però, vengono utilizzate carni non fresche con la speranza che droghe, sale e stagionatura mascherino odori e sapori ingrati. L’acquisto dei salumi richiede perciò particolare attenzione: tenuto nel debito conto il fattore prezzo, ci si deve indirizzare verso prodotti di ditte, artigiane o industriali, di provata serietà e di sicura fiducia. I migliori salumi sono quelli preparati con carne di suini di razze nostrane, allevati allo stato semibrado, cioè allevati nel bosco e alimentati con ghiande, castagne, radici e tuberi. La loro carne supera di gran lunga, per sapore, compattezza e grado di conserva-bilità, quella dei suini di razza a rapida crescita, allevati al chiuso e ingrassati con pastoni e siero di latte. Purtroppo , soltanto una picco-la parte dei salumi “nostrani” giunge sul mercato: con un po’ di fortuna, li si può rintracciare presso qualche contadino o presso qualche industria artigiana; in questi casi la carne sarà certamente ottima, ma, per ovvii motivi, essa non sarà stata lavorata a regola d’arte. La maggioranza dei salumi che troviamo attualmente in commercio proviene, invece, dalla grande industria la quale utilizza suini allevati al chiuso ma, grazie a una lavorazione accurata, produce salumi sani, di bell’aspetto e di tipo costante.

    Come riconoscere un buon salame. La miglior prova della perfetta sanità e delle buone qualità di un salame è data dalla compattezza e dalla consistenza della pasta: questi due requisiti ci dicono infatti che La stagionatura si è compiuta perfettamente. Il salame per essere considerato di buona qualità, deve, infatti, resistere alla pressione delle dita e al taglio del coltello, dando fette regolari e consistenti. Se invece cede alla pressione delle dita, si sbriciola e si scompone sotto il taglio, vuol dire che è stato male impastato, o prodotto con carni non buone, o che sono state aggiunte sostanze estranee per “legare” la pasta piuttosto inconsistente.

    Le frodi. Il campo delle frodi, per i produttori e i commercianti poco scrupolosi, è purtroppo vasto. Le frodi più comuni sono:

    - Aggiungere alle parti buone ritagli di pelle o carni di scarso valore nutritivo (tendini, cartilagini, ritagli di zampe) ;

    - Impiegare carne congelata; - Usare sostanze leganti. I salami difettosi non “legano”, non

    riescono cioè a presentarsi compatti e consistenti. Per rimediare a questo difetto si usano sostanze vietate dalla legge (polvere di latte magro, cotenna in polvere, caseina, brodo ristretto, farina di grano o di patate, amido o prodotti chimici);

    - Usare coloranti (carminio o zafferano) per migliorare l’aspetto del prodotto e mascherarne i difetti, qualunque essi siano.

    “ ANTITESI EDITRICE “

    ROMA

    III TTTAAAMMMBBB UUURRRAAANNNOOOVVV

    AAA

    ErmannoPastore voce e tammorre

    Nuccia Paolillo voce e ballo

    Cristiana Cesarano voce e ballo

    Michele Barbato e Giovanni del Sorbo

    chitarre

    A. Benincasa Bassoa custico

    Pasquale Benincasa percussioni

    Enrico Battaglia mandolino e violino.

    UUUNNN III NNNCCCOOONNNTTT RRROOO FFFEEELLL III CCCEEE

    CCCOOONNN LLL AAA MMM UUUSSSIII CCCAAA DDDEEELLL LLL AAA NNNOOOSSSTTT RRRAAA

    TTT EEERRRRRRAAA

  • 16

    CONSIGLI UTILI

    … LA CASA

    Per pulire meglio i portacenere macchiati di nicotina strofinarli con un pezzo di sughero ( va benissimo un comune turacciolo) inumidito ed intriso di sale fino.

    … IL SAPER PARLARE Che cosa significa: A bizzeffe? È una espressione che ci viene dalla lingua araba. “Bizzef” significa in arabo “molto”. Di qui, “a bizzeffe” significa “moltissimo, in grande quantità”. Le cose sbagliate: Presentarsi dicendo: “Ingegner Bianchi”, o presentare un familiare dicendo: “Mio figlio, dottor Giuseppe”, “Mio padre, commendator Guglielmi”. Nelle autopresentazioni di familiari, i titoli vanno aboliti per ragioni di modestia; si menzioneranno solo negli uffici e nei rapporti di lavoro, quando cioè la qualifica professionale ha funzioni pratiche e non solo decorative.

    IL PORCO O DELL’AMPLIAMENTO

    DELL’OFFERTA FORMATIVA

    DDD III RRR EEE NNN AAA TTT OOO NNN III CCC OOO DDD EEE MMM OOO

    Fortunati i maiali! Occupano tutta la loro testa a mangiare e parlano soltanto con la coda. (Renard)

    …Chi scrive ha sull’argomento, tra l’altro, il resoconto di un dottissimo e singolare convegno dedicato al ruolo del porco dall’antichità al medioevo, in cui si riferisce che pur rivestito di connotati negativi (simbolo di trasgressione e di sozzura – porco/sporco), il maiale ha conosciuto una secolare attenzione in qualità di preziosa fonte alimentare (Cfr. Tullio Gregory, A tavola col "brutto" porco, Il sole-24 ore 6.4.1997). Una preziosa fonte alimentare, dunque salsicce, cotechini, costatelle, sanguinaccio e via sbavando di piacere e non implicazioni teologiche, filosofiche, scientifiche, estetiche e bioetiche da propinare agli allievi! Nel Testamentum porcelli l’animale lascia ai fanciulli solo la sua "vessica da giocare"; da giocare e non da filosofare, perché se filosofiamo sugli animali dobbiamo concordare con Nietzsche quando scrive ne La gaia scienza "Temo che gli animali vedano nell’uomo un essere loro uguale che ha perduto in maniera estremamente pericolosa il sano intelletto animale: vedano cioè in lui l’animale delirante, l’animale che ride, l’animale che piange, l’animale infelice" . Non ci resta che rispondere come Paperone all’esperto Pico che lo invitava a tacere per potersi concentrare: POF (Cfr. W Disney, Zio Paperone e il vaso di Petronius, Topolino n. 1968, p.53).

    II Parte

    … IL GUARDAROBA

    Per lavare i tessuti elasticizzati (oggi tanto di moda) senza far loro perdere l’elasticità, usare acqua tiepida cui sia stata aggiunta un poco di crusca. Farli asciugare senza esporli al sole.

  • 17

    Cenni storici - Abitata dagli Ausoni (Aurunci) e dagli Opici, verso l'VIII sec. a.C., fu invasa, sulle coste dai Greci, che fondarono la città di Cuma e Partenope ( rifondata poi come Neapolis tra la fine del VI e l'inizio del V secolo a.C) . Ma nel VI sec., le zone interne della regione furono occupate dagli Etruschi, che diedero vita ad una lega di dodici città con a capo Capua. Nella seconda metà del V sec. a.C., iniziò l'invasione dei Sanniti, che conquistarono Capua (nel 440 circa) e Cuma (425 circa). Gli invasori imposero il loro dominio e la loro lingua, diventando così un solo popolo: gli Osci. Quando una seconda ondata scese dalle montagne per invadere la Campania, Capua si rivolse a Roma per essere difesa (343 a.C.). Iniziarono allora le guerre sannitiche (343-290 a.C.), il cui esito fu l'occupazione romana di tutta la regione, sia interna che costiera, con la fondazione di numerose colonie. Con la discesa di Annibale, a nulla valse organizzarsi contro Roma, durante la seconda guerra punica, la regione subì un profondo processo di romanizzazione, e solo Napoli e Pompei conservarono le loro radici elleniche. Dopo aver fatto parte, con il Lazio, della prima regione d'Italia, la Campania divenne sotto Diocleziano una provincia a sé, mantenendo la sua unità anche sotto gli Ostrogoti e i Bizantini. Con l'occupazione longobarda di Benevento (570 circa), la regione fu divisa tra il ducato di Benevento, comprendente Capua e Salerno e Napoli e la regione costiera centrale. Amalfi, invece, arricchitasi coi traffici marittimi, riuscì nei sec. IX-XI a divenire un fiorente ducato indipendente. Dopo la definitiva conquista di Napoli, da parte dei Normanni, nel 1139, la Campania, nei sec. XII e XIII, fu compresa nel regno di Sicilia, divenendo prima un possedimento degli Angioini e poi degli Aragonesi. Dal 1503 al 1707, fu dominio della Spagna e, subito dopo, degli Austriaci (dal 1707 al 1734). sotto. Con l'avvento al trono di Napoli di Carlo VII di Borbone (1734), si ha il regno di Napoli e Sicilia, e poi del Regno delle Due Sicilie. Con l’unità d'Italia (1860), inizia-rono per Napoli enormi problemi economici e politici, che raggiunsero il culmine nel 1884, quando una grave epidemia di colera decimò la popolazione. Nella Seconda Guerra Mondiale, gli Alleati effettuarono un sanguinoso sbarco a Salerno (9 settembre 1943) e presero Napoli, quando ormai la città era stata già evacuata dai Tedeschi. Questa fusione di radici culturali, di usi e costumi di popoli diversi, ha avuto una influenza benefica sulla bellezza delle donne campane e sull’arte culinaria, che può contare sia sulle ricchezze di un mare pescoso, che sulle coltivazioni di frutta, ortaggi, delle pianure. A ciò si aggiungono i magnifici prodotti del latte, i fichi e le olive del Cilento,gli agrumi della costiera amalfitana,i funghi ed i formaggi dell’alta valle del Cervati, i prodotti bufalini della valle del Sele ed i salumi del piagginese.

    Pranziamo nel Napoletano

    Un Primo piatto:

    LINGUINE BUONGUSTO

    Ingredienti e preparazione :

    Pulire e lavare 4 totani (uno a persona). Tagliare a pezzetti le teste e i tentacoli, unirli a 200 gr. di gamberetti sgusciati. Preparare un impasto con poca mollica di pane, imbevuta nel latte e poi strizzata, un vasetto di tonno sott’olio, lasciandone un po’ da parte, metà dei pezzetti di totani e gamberetti, molto prezzemolo tritato e uno spicchio d’aglio tritato. Con questo impasto riempire i 4 totani e chiuderli con un filo bianco o con stecchini. In una casseruola soffriggere in ½ bicchiere di olio d’oliva l’aglio (che poi va tolto), il rimanente tonno, i pezzetti di totani e gamberetti messi da parte. Bagnare con un po’ di vino bianco e lasciare sfumare, unire un pomodoro spezzettato e il prezzemolo tritato. Su questo sugo adagiare i totani imbottiti, saltarli e farli cuocere coperti per circa 30 minuti, rigirandoli e sorvegliando che il sugo non si asciughi troppo. Cuocere al dente 400 gr. di linguine, colarle bene, irrorarle con un filo di olio crudo e poi condirle con il sugo. Su ogni porzione di linguine mettere un totano e una spuzzata di prezzemolo fresco tritato.

    PPII AATTTTII TTII PPII CCII DDEELL LL AA CCAAMM PPAANNII AA AA ccuurr aa ddii RRoossaa MM aarr iiaa PPaassttoorr ee

    Castellammare di Stabia è un comune della Campania, in provincia di Napoli, all'inizio della Penisola Sorrentina: con una popolazione di 65.422, è il nono comune più abitato della Campania e l'ottantaquattresimo a livello nazionale. Deve la sua fama agli scavi della antica Stabia, ed alle due strutture termali. E’ inoltre un affermato centro industriale, per la presenza dei più antichi cantieri navali italiani.

  • 18

    E SI FESTEGGIA

    Un secondo piatto: TOTANI RIPIENI

    Ingredienti e preparazione: Sono i totani imbottiti, saltati e cotti per circa 30 minuti, della ricetta precedente.

    Un contorno: FRITTATINE DI FAGIOLINI

    Ingredienti e preparazione:

    Mondare 300 gr. di fagiolini, lavarli e lessarli in acqua e sale. Quando sono freddi infarinarli, scuotendo via la farina eccedente. Immergerli in 2 uova battute con un po’ di sale e di formaggio. Con la forchetta prenderne pochi per volta, riuniti a mazzettini, scolare bene l’uovo e friggerli nell’olio bollente, formando delle pizzette. Un dolce:

    TARALLI DOLCI

    Ingredienti e preparazione: Disporre 500 gr. di farina a fontana, lasciandone un poca da parte per infarinare il tavolo; mettere al centro 250 gr di zucchero, 150 gr. di burro e sugna, 4 uova, la buccia di un limone grattugiata, 5 gr. di cremore di tartaro e 2,5 gr. di bicarbonato. Impastare fino ad ottenere una pasta di media consistenza. Tagliarne delle piccole porzioni e, sul tavolo infarinato, rotolare la pasta con le mani per formare dei bastoncini di 2 cm di diametro e lunghi 9-10 cm. Formare delle ciambelline da infornare a 250° fino acompleta cottura

    Un buon vino campano: SORRENTO BIANCO DOC

    La Penisola Sorrentina produce, in aree molto limitate, tre vini di eccellente qualità e grande tradizione: il Lettere, il Gragnano e il Sorrento; vini citati da Plinio, Galeno, Strabone, Columella. Dal colore paglierino più o meno intenso, dall’odore delicato, vinoso e gradevole, dal sapore asciutto di giusto corpo armonico, il Sorrento bianco accompagna egregiamente antipasti di mare, risotto allo scoglio, spaghetti a vongole veraci in bianco, grigliate di pesce. _____________ La cucina della Campania “I nostri chef” – Il Mattino Gastronomia salernitana di A. Talarco, ed. Salernum Cucina dalla A alla Z di L. Carnacina, Fabbri Editori Le mille e una… ricetta – S. Fraia Editore Mille ricette - Garzanti L’antica cucina della Campania

    GUARDIAMO UN PO’ DENTRO I NOSTRI NOMI

    ADELAIDE : nome di origine tedesca, che significa “figlia nobile”,ebbe una gran diffusione nella Francia del 1800,gli inglesi chiamarono così una città australiana, in onore della regina, moglie di Guglielmo IV. Si usa anche abbreviato: Ada, Adelina, Adele e si festeggia il 5 febbraio.

    AGNESE: dal greco hàghnòs (‘���ό�) che significa puro, casto. Si festeggia il 21 gennaio, in onore di S.Agnese, una bambina romana di tredici anni, uccisa in martirio sotto Diocleziano.

  • 19

    Salerno, una provinc ia da scopr i re

    Pellezzano, (III secolo a.C).da “fundus Pellitianus” (di proprietà del patrizio romano Pelitius) ha vissuto tutta la storia del meridione, dalla civiltà etrusca a quella greco-lucana, dall'avvento dei Picentini alla dominazione romana, come testimoniano la villa romana di Sava e i vari rinvenimenti in tutta la Valle dell’Irno, dalle invasioni barbariche alle incursioni saracene, dalla dominazione longobarda a quella borbonica. In questo territorio, situato nella media Valle dell'Irno, col passare dei secoli, si sono formati Casali, ben distinti fra loro, cinque dei quali sono stati incorporati nella Università di Salerno. L'origine di questi Casali "è da collegarsi alle guerre gotico-bizantine, alle incursioni barbariche e alle lotte longobarde e normanne, allorquando, per ragioni di sicurezza, gli abitanti della costa trovarono rifugio nell'entroterra,ricco di boschi ed anfratti. All'Università di Salerno questi Casali pagavano salate tasse, senza avere concreti vantaggi. Dal bilancio dell'anno 1742, risulta infatti che l'Università aveva stanziato per i Casali la somma di 15 ducati e 3 carlini, per cui essi erano costretti a provvedere da sé alle opere di pubblica utilità. I Casali ad occidente della Valle erano: S.Nicola, Coperchia, Pellezzano, Capriglia, Cologna, Nofilo e Casal Barone, questi ultimi ai confini settentrionali della giurisdizione demaniale di Salerno, divisa da quella feudale di Sanseverino dal Vallone di Capriglia, che scendeva all'Irno, immediatamente a sud di Acquamela. Il terremoto del 1693 e le tasse che colpivano senza scrupoli la povera gente cusarono l’impoverimento della popolazione. Verso il 1816 iniziò la lotta per la separazione dall'Università. Nel 1819 fu inoltrata una istanza al Ministro degli Affari Interni del Regno delle Due Sicilie nella quale, evidenziando "la distanza di circa cinque miglia dalla città, la difficoltà di eseguire esattamente lo stato civile, la mancanza di un maestro e di una maestra per la pubblica educazione", e assicurando di possedere "dei mezzi finanziari da menare innanzi l'amministrazione medesima", chiedevano la separazione dall'Università. L'istanza fu accolta. Il Consi-glio d'Intendenza della Provincia, con deliberazione in data 3 febbraio 1819, la riconobbe giusta e si pronunciò per il distacco dei Casali dall'Università di Salerno. Nel mese di dicembre del 1819, nacque, così, il Comune di Pellezzano. Il primo Sindaco eletto nel Comune: fu Gae-tano Pagliara. Il Comune di Pellezzano confina ad est con i Picentini e parte del comune di Salerno; a Sud con la città capoluogo; ad Ovest con il Comune di Cava dei Tirreni, da cui è separato da una catena montuo-sa che va da Parito a Diecimari; a Nord col Comune di Baronissi. Prevalentemente agricolo in passato, con forte attività anche della pa-storizia, il territorio ha visto nascere e svilupparsi l’arte qualificata della lavorazione della lana e della concia delle pelli. Molto indicativo lo stemma del Comune raffigurante una pecora su un pettine con cinque stelle che indicano le frazioni. Una buona presenza artigianale e industriale, nei settori del legno, del marmo, del ferro e le numerose attività com-merciali che pullulano nella zona proiettano il Comune di Pellezzano oltre frontiera in una formidabile competizione internazionale.

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    PPP EEE LLL LLL EEE ZZZ ZZZ AAA NNNOOO A cura di Franco Pastore

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    PER LE POLITICHE

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    Direttore Scientifico Natale Ammaturo

    CCC...EEE... III...MMM...

  • 20

    PREMESSA Prima dell’ età della tragedia e dopo la stagione epica, intorno al VII sec. A.C., la Grecia conosce il fiorire di un altro genere letterario: la lirica . Essa ha immedia-tezza espressiva ed è ricca di metafore ed analogie, che vengono espresse attra-verso un periodare breve ed incisivo, che arriva direttamente al cuore. Dalle co-lonie ioniche dell’Asia minore, alla penisola greca, i versi cantati o recitati ven-gono accompagnati dalla lira, che ne evidenzia i toni. Si ha così:

    • La lirica elegiaca • La lirica giambica • La lirica melica monodica • La lirica melica corale

    aaa))) LLLAAA LLLIII RRRIII CCCAAA MMMEEELLLIII CCCAAA MMMOOONNNOOODDDIII CCCAAA (con temi amorosi, conviviali e politici)

    A L C E O Nato a Mitilene, nel 630 a,C., da famiglia aristocratica, lottò contro i tiranni dell’isola di Lesbo e subì l’esilio. I suoi versi, in dialetto ionico, si scagliano contro la tirannide ed inneggiano a situazioni conviviali ed all’amore, con grande varietà formale ed aspre-siva, su uno sfondo paesaggistico inclemente e violento.

    I L IR IC I GRECI A cura di Franco Pastore

    BEVI CON ME

    Bevi con me ed inebriati, Menelippo… Una volta varcato il vorticoso Acheronte

    Non vedrai più la pura luce del sole. Suvvia, non nutrire grandi speranze,

    anche Sisifo, il re figlio di Eolo,(1) il più scaltro di tutti,

    pensava di vincere la morte… tre volte varcò l’acheronte

    ed una gran pena diede a lui da soffrire il re Cronide, sotto la nera terra.

    Ma tu non pensare a ciò, finché la giovinezza ci ammanta,

    or più che mai dobbiamo sopportare le pene ch’il dio ci dà.

    __________

    L’EBRO

    Ebro, (2) bellissimo tra tutti i fiumi,

    sfoci presso Eno, nel mare agitato, rumoreggiando

    per la terra Tracia. Molte fanciulle ti frequentano,

    tu sei gioia per le mani delicate lungo le cocie belle.

    Sono ammaliate dalla tua acqua divina,

    che è come un unguento,

    1) Sisifo, figlio di Eolo, fondatore e primo re di Corinto, famoso per aver evitato la morte per ben due volte; vedi Omero, Odissea, canto XI vv. 593-4 (trad.Privitera) 2)Ebro, l’attuale Maritza, il fiume della tracia centrale che sfocia nel mare Egeo, tra Dorisco e Eno, quest’ultima una colonia di Mitilenesi . cfr Erodoto IV 90,2 e StraboneVii 331.

  • 21

    In una delle belle chiese de lu nostro Ciliénto,lu parroco don Ce- sare Quadrino faceva la prereca su li peccati che portano alla dannazione eterna. Nello scanno della prima fila, nella navata centrale dove era lu pulpito, era seduto un contadi- no sempliciotto, al quale lu popolo aveva attribuito, per lon- tana discendenza il soprannome di “ lu peccatore”. Sono le usanze de li paesi, che per una frase,un’episodio, un fattac- qualunque, danno il marchio del soprannome a tutta la di- scendenza. Allora, accadde che nel corso della predicazione, don Cesare, con il sangue agli occhi, a lu popolo raccolto in chiesa, gridò:

    - Tu, infame peccatore, con li tuoi peccati, hai ucciso Cristo!- Nella chiesa calò silenzio di tomba e gardavano timorosi il parroco, che dall’alto del pulpito continuò:

    - Fosti tu a metterlo in Croce e ficcare li chiuòvi nella carne sua innocente!- - Tu, peccatore maledetto, gli ficcasti in testa una corona di spine e versasti lo

    sangue suo, per la tua bestialità!- - Anatema a te, per li peccati tuoi, miserabile creatura de lo diavolo!-

    A questo punto, tutti incominciarono a guardare lu loro compaesano con occhi cattivi, come a chiedergli il perché di tanta crudeltà. Il povero disgraziato incominciò a sentirsi a disagio e gli sembrò che sotto la sedia vi fossero li cravùni ardenti e si agitava come un’anima in pena. . Intanto, le quattro candele accese, che erano davanti al Cristo, per lo calore medesimo della fiamma incominciarono a piegarsi all’indietro e stavano per bruciare i piedi del grosso Crocifisso appeso alla parete. Il “Peccatore” si accorse del pericolo e con preoccupazione, ma anche con tanta rabbia, scattò in piedi e rivolgendosi al prete ed ai compaesani esclamò:

    - Stutàte chélli cannéle, ca si bruciano li piedi di Cristo, poi dite che sono stato io ad appicciarle!-

    Scappò, poi, fuori della Chiesa, giurando a se stesso che vi sarebbe entrato solo da morto. Scomparve nella campagna, recitando tra sé una sorta di cantilena dissa-cratoria sui morti e stramorti del prete e di tutti i compaesani, che faceva all'incirca così:

    -

    (a cura di Andropos)

    L E V I O R A

    cxÜ áÉÜÜ|wxÜx âÇ ÑÉËcxÜ áÉÜÜ|wxÜx âÇ ÑÉËcxÜ áÉÜÜ|wxÜx âÇ ÑÉËcxÜ áÉÜÜ|wxÜx âÇ ÑÉË

    Allora...

    -Fra’ Scapuòcchio-

    d’’e cornute dritte e stòrte d’’e stramuòrte e chi v’è mmuòrte

    e chi v’adda murì ancora, primm’o prèvete e po’ all’’ate…! -

    -…Mannaggia la semmenta ‘nfracetàta ‘e chélla puzzulénta

    d’’a bisnonna d’’o vavòne ca facètte ‘a discendenza

  • 22

    Dea della bellezza e dell’ amore, secondo Omero, nacque da Zeus e da Didone, secondo Esiodo ed altri, da Gea ed Urano,i cui organi ses- suali, tagliati da Crono,caddero nel mare, generando la dea,che emer- se dalla schiuma delle onde, (lo sperma del dio) e spinta da Zefiro sul- la spiaggia dell’isola di Cipro (Pafhos).Qui,le ore la vestirono, l’agghin- darono e la condussero sull’olimpo, dove rimasero ammirati per la sua bellezza. Zeus la diede in moglie ad Efesto, il dio zoppo che faceva il ifabbro nell’isola di Lemno,per ricompensarlo per avergli fornito i fulmi- ni nella guerra contro i giganti. Tuttavia, il povero Efesto divenne pre- sto cornuto, perché la dea dell’ amore si innamorò del dio della guerra Ares. Il Sole, avendo sorpreso i due amanti, li imprigionò in una rete magica e, chiamò tutti gli dei dell’ Olimpo, i quali si divertirono moltissimo a motteggiarli. La dea, piena di vergogna, fuggì a Cipro. Dalla divina unione nacquero quattro figli: Eros ( l’amore), Antero, Deimos e Fobos ( la paura ). Ma le avventure continuarono ed anche Adone cadde nella rete d’amore; e Priamo, re di Troia, col quale generò Enea. Sempre Afrodite la vedia-mo vincitrice nel giudizio di Paride, il quale consegnò alla dea il pomo della bellezza e della discordia, preferendola ad Atena e ad Era, che si vendicarono provocando la guerra di Troia. La figlia di Urano era circondata dalle Càriti, dal Riso e dagli amorini; a lei erano sacri: cigni, lepri, delfini e tartarughe; tra i fiori, invece, amava le rose, il mirto, il melo ed il papavero. Il principale centro di culto di Afrodite rimase a Paphos, sulla costa sud-occidentale di Cipro, dove la dea del desiderio era da lungo tempo venerata come Ishtar e Ashtaroth. Si dice che inizialmente arrivò a Citera, un punto di collegamento commerciale e culturale tra Creta e il Peloponneso. Nel Simposio, Platone, nel discorso di Pausania, distingue tra due manifestazioni di Afrodite, rappresentata da due storie: Afrodite Urania (Afrodite "paradisiaca"), e Afrodite Pandemos (Afrodite "comune"). Queste due manife-stazioni rappresentano il suo ruolo nell'omo-sessualità e nell'eterosessualità. L'Afrodite gre-ca aveva numerose equivalenti: Inanna (tra i Sumèri), Ishtar (in Mesopotamia), Hathor (in Egitto), Astarte (Siro-Palestinese), Turan (in Etruria), Venere (a Roma), Aferdita (in Albania). Ha, infine, delle caratterischiche in comune con la dea dell'alba indo-europea:Ushas (Auro-ra). Altri appellativi di Afrodite furono: Anadiòmene (emersa dal mare) Antheia (dea dei fiori, così chiamata a Creta) Apostrofìa (sviatrice, sottinteso dalle passioni colpevoli) Aurea (così la si chiama da Omero in poi) Callìpigia (dal bel sedere) Filomète (amante dei piaceri). Ed ancora: Peristèa, Pòntica eTritònia

    RIFERIMENTI LETTERARI: Iliade: Ciprigna o Cytherea (Omero, Iliade, Libro V, v. 330);Le Metamorfosi di Ovidio: nella favola di Amore e Psiche; Esiodo: Teogonia; Platone: nel Simposio; Euripide nell’Ippolito.

    ETIMOLOGIA:da ′αφρéω: spumeggiare; da cui ′αφρόσ: spuma.

    Derivat i; afrodisìe (feste in onore di Afrodite); afrodisiaco (relativo all’amore); afrodisia (desi-derio del piacere).

    DALLA MITOLOGIA GRECO-LATINA

    AFRODITE ( 'ΑφροδΑφροδΑφροδΑφροδίττττηηηη)))) MITOLOGIA, DAL GRECO MITHOS E LOGOS ( DISCORSO SUL MITO )

    NARRA DEGLI ANTICHI DEI E MITI DEL MONDO ANTICO .

  • 23

    111

    .

    ANGOLO DELLA POESIA

    LLL ’’’ AAA LLL LLL OOODDDOOOLLL AAA ( T H E W H I S P E R S )

    Per il filmato della lirica premi qui http://www.andropos.eu/PAGINATHELARK.html

    Inseguo la vita

    nella notte buia,

    mentre i ricordi

    danzano nel cuore.

    Vorrei dormire,

    ma è come morire,

    canta l’allodola

    l’alfiere del mattino.

    Mamma la vedo

    nel cielo che si schiara,

    l ’alba s’accende,

    rivedo la sua bara.

    Ho sessant’anni,

    un orfano vetusto,

    una povera pianta

    che diventa arbusto.

    L’allodola

    ha smesso di cantare:

    un raggio di sole

    luccica sul mare.

    F.Pastore

    COSE ECCEZIONALI - Il quarantatreenne belga Luc Costermans ha stabilito un record mondiale di velocità per non vedenti al vola nte , guidando una Lamborghini Gallardo a 308,70 chilometri orari . Costermans, rimasto cieco in seguito a un inciden-te stradale, ha toccato il record per due volte nella base aerea di Istres, nel Sud della Francia, e ha dedicato l’impresa a Philippe Streiff, pilota di Formula 1 rimasto tetraple-gico dopo un incidente nel G.P. del Brasile del 1988.

    ACCADDE IL TRENTA OTTOBRE

    1974 - Mohammed Ali, il pugile più famoso e apprezzato della storia moderna e vincitore dell' oro Olimpico ai Giochi di Roma (1960 ), come pugile professionista ha detenuto il titolo mondiale dei pesi massimi battendo per K.O.George Foreman a Kinshasa, Zaire, riconquistando la corona di campione del mondo dei pesi massimi.

  • 24

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