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21 Conservatorio “Alfredo Casella” L’Aquila www.consaq.it Bimestrale, anno VI gennaio - febbraio 2011 Festa per l’Unità d’Italia: Tutino e Ferrero in teatro Borgna: a Sanremo no! Riccardo Muti: il gran rifiuto Giovanni Bellucci: straniero in patria Magda Olivero: la voix humaine SOLO IL PALAZZO E' ILLUMINATO A FESTA

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Festa per l’Unità d’Italia:

Tutino e Ferrero in teatro

Borgna: a Sanremo no!

Riccardo Muti:

il gran rifiuto

Giovanni Bellucci: straniero in patria

Magda Olivero: la voix humaine

SOLO IL PALAZZO E' ILLUMINATO A FESTA

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L’AUDITORIUM DI SHIGERU BAN

É REALTÀ

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COPERTINA

Il mondo dello spettacolo non sta a guardare. La manifestazione del 22 novembre, festa di Santa Cecilia, è riuscita. Anche Bondi ha ammesso che lo spettacolo ha ra-

gione a manifestare; e dal Presidente della Repubblica è venuto l'invito a non pena-lizzare una delle più grandi risorse del nostro paese. Se si deve tagliare, si taglino

privilegi, immeritati, e si eliminino sprechi, infiniti.

RUDERI, ROVINE ed ora, dappertutto, anche MACERIE

SOLO IL PALAZZO E’

ILLUMINATO A FESTA

di Pietro Acquafredda

artiamo 'dalla grande vittoria della cultura italiana',annunciava gongolante la bionda presentatrice diUno Mattina; e mettiamoci anche che la Rai haaperto un nuovo canale 'Rai 5', dedicato a cultura emusica. Due belle notizie, anzi bellissime, in unpaese che non se la passa tanto bene; se non fosseche la cultura italiana alla quale faceva riferimento labionda presentatrice era la 'dieta mediterranea' cheha avuto il riconoscimento Unesco come 'patrimo-nio dell'umanità' ; e il referente per la musica di Rai5, Renzo Arbore. C'è nei confronti del mondo dello

spettacolo un accanimento che se venisse incana-lato verso miglior causa potrebbe recare non pochibenefici. Siamo sicuri che Sandro Bondi , quandodice di voler moralizzare il mondo dello spettacoloperchè guadagna bene, e perciò lo mette a stec-chetto su incitazione di Brunetta, e lo invita ad 'an-dare a lavorare', pensi allo stesso spettacolo al qualepensiamo noi? Il dubbio talvolta viene.Perciò grandi novità e buone notizie dal mondodella politica per lo spettacolo e la cultura non ve nesono, oltre che la solita litania ' la cultura non si man-gia'- ma 'dà da mangiare', ha corretto qualche eco-

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COPERTINA

nomista - avallato senza distinguo dal silenzio di de-stra e sinistra sull'argomento, come aveva fatto no-tare mesi fa anche Vincenzo Cerami, rimproverandoal neo segretario del PD, Bersani, di non aver maipronunciato, in discorsi e scritti ufficiali, neancheuna volta la parola 'cultura'! - come del resto fa dasempre la destra, la quale per cultura e spettacolo,sappiamo cosa intenda. Invece, qualche segnale dinovità lanciato dal mondo della cultura e dello spet-tacolo verso la politica, c'è. Anzi più d'uno. Innanzi-tutto l'orgoglio di appartenere ad un mondo cherappresenta ancora nel mondo il vanto dell'Italia, al-meno fino a quando ben noti politici non trascine-ranno nel fango l'Italia presente e ridurranno inmacerie quello che si è riusciti a preservare dallabarbarie dell'incultura e dell' inciviltà. C'è di nuovo, anche, che il mondo della cultura edello spettacolo ormai si organizza, si muove auto-nomamente, e, nelle proteste sempre più numerosee partecipate, non fa solo richieste di fondi. Chiedeattenzione, riconoscimento, valorizzazione per unsettore che, contrariamente a ciò che pensano Tre-monti e Bondi (ed anche Brunetta) - Berlusconi nonsi è mai espresso pubblicamente in proposito e,nelle occasioni di rappresentanza, non si è fatto maivedere e perciò non ci è dato di sapere come la

pensa - è un settore produttivo; che dà lavoro a cen-tinaia di migliaia di addetti, produce reddito, garanti-sce buon nome di fronte al mondo. Un Euroinvestito in tale settore, ne produce tre, distribuiti va-riamente fra pubblico e privato, parola di economistiitaliani e stranieri. A proposito dei quali, c'è da regi-strare un gran movimento: convegni, interventi perconfermare, dati alla mano, che se si disinveste inquesto settore - come si sta facendo contro ogni lo-gica di sviluppo solo da noi - il destino dell'Italiavolge verso un lento e tragico declino. Forti di que-sta coscienza, alla serata inaugurale del Festival in-ternazionale del cinema di Roma, s'è dato convegnoil mondo del cinema, aprendo la sfilata sul tappeto'rosso' – un colore che al governo fa venire l'orticaria,anche se per un semplice tappeto. Se si continuacosì, 'tutti a casa' hanno gridato. Andiamo 'tutti acasa', intendevano, non 'Andate tutti a casa!, comesarebbe augurabile, vista l'evidente miopia. C'è vo-luto l'intervento diretto del sottosegretario Letta,non è bastato Bondi, quando ha dato assicurazioneche il FUS sarebbe stato rifinanziato, pena lo sman-tellamento generale. Solo che il 'piedidipiombo' sot-tosegretario, ha aggiunto 'compatibilmente con lerisorse disponibili'.Cosa avrà voluto dire? Che da unlato prometteva e da un altro faceva marcia indie-tro? Il 12 novembre, altro fatto rilevante. Organizzatada Federculture, dati alla mano sull'assurdità dellaLegge 122, s'è svolta la manifestazione nazionale(con l'appoggio dell'ANCI, di Regioni, Province, e delFAI): 'Porte Chiuse. Luci accese sulla cultura' che havisto musei, siti archeologici, luoghi di cultura, bi-blioteche farsi carico e sposare in pieno gli obiettividella manifestazione ecc.. Sui quali ha convenutoanche l'Assessore Croppi, il quale ha pure dichiaratopubblicamente che, avendo dato una sbirciata nelle'pieghe' della Finanziaria, 'se le cose restano come lalegge finanziaria prevede, a piangere non sarà solola cultura m ma anche l'istruzione, la sanità'. Dunque,anche a detta dell'Assessore alla cultura del Comunedi Roma, tempi duri per tutti! Tremonti ha fatto sa-pere che incontrerà Federculture per vedere di risol-vere in breve – con la cancellazione degli articoliprevisti in quella legge infame(!) - i nuovi problemiche essa non risolve, anzi pone.Il 17 novembre manifestazione nazionale dellaScuola, nella 'Giornata europea per il riconosci-mento del diritto all'Istruzione'. Anche questa è cul-tura. Oltre duecentomila fra studenti, professori,ricercatori hanno sfilato per le vie di numerose cittàitaliane per protesta, occupando alcuni storici monu-menti, a mò di presidio. La Gelmini ha commentato:'Vecchi slogan!' Signor ministro, vecchi slogan, sì, eforse ha ragione; ma sono vecchi slogan per ancorpiù vecchi problemi, tuttora irrisolti.Lunedì 22 sciopero nazionale del mondo dello spet-tacolo. Ancora tutti insieme per far sentire, nell'as-

Non mortifichiamo la cultura. E' una risorsa

La crisi economica internazionale ci impone di ripensare moltecose in Italia e in Europa, anche per come siamo cresciuti finora,spesso al di sopra delle nostre possibilità nei paesi ricchi, ricchinel contesto mondiale, per quanto segnati al loro interno da squi-libri e iniquità. Il mondo è cambiato e non ci sono sconti e vied'uscita indolori per paesi (ad esempio dell'Eurozona, comestiamo vedendo) che hanno conosciuto un'illusoria, troppo facilecrescita negli scorsi decenni. Le sfide attraverso cui passerà il fu-turo dell'Italia richiedono revisioni rigorose nella spesa pubblica.Dobbiamo discuterne seriamente e trovare nuove vie per il nostrosviluppo economico e sociale.Insisto nel chiedere un'attenzione specifica per il discorso sullospettacolo come mondo espressivo e come attività economica,come industria, di fronte alle gravi difficoltà che sta attraversandoe all'incertezza che pesa sul suo futuro.Tenendomi lontano, com'èdoveroso per me, dalla dialettica tra sindacati e governo, consi-dero positivo quello che il Ministro dei Beni culturali ha dichiaratosulle ragioni della protesta del mondo dello spettacolo, sui pro-blemi reali che essa pone e quelli che ha annunciato in materia diripristino di risorse per il Fondo unico per lo spettacolo 2011 ed ilrinnovo di misure di incentivazione fiscale al cinema. Tale rifles-sione deve comprendere l'insieme del capitolo cultura e quindidelle risorse private da destinarvi: spettacolo, comprese le Istitu-zioni, anch'esse sofferenti dell'opera lirica e della musica sinfo-nica, e musei, siti archeologici, palazzi storici, centri urbani eluoghi paesaggistici da preservare nella loro unicità, il patrimoniostraordinario, insomma, che abbiamo ereditato e che abbiamo ildovere di preservare e di valorizzare. È ora di discuterne seria-mente».

GIORGIO NAPOLITANOPresidente della Repubblica

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sordante silenzio generale, che è ora di voltar pagina.Lo spettacolo ha bisogno di riforme – e sono in moltia sostenerlo – allora facciamole, ma non si pensi di ri-formare semplicemente chiudendo la bocca a chiprotesta e giustamente. Ci sono ancora privilegi,sprechi, anche nello spettacolo e nella cultura? Se visono, ammesso che vi siano, eliminiamoli ( ma sonoin molti a pensare che ormai s'è raschiato il fondo delbarile e che siamo alla corda col sapone). Il più dan-noso spreco è quello della scarsa produttività. Questosì possiamo e dobbiamo eliminarlo, non incentivarlo,come hanno fatto all'Opera di Roma, dove volendonon aggravare il bilancio, hanno cancellato un titolodal già striminzito cartellone, per risparmiare, non di-cendo che per le settimane in cui quel titolo è statocancellato, la spesa per gli stipendi del personale cor-reva, improduttiva. Nel frattempo vengono propostimodelli di varia tipologia ed efficacia, alcuni sincera-mente pittoreschi, in vista della necessaria riforma.Vediamoli. C'è il 'Modello Petruzzelli', così soprannominato dalsovrintende veneziano, Gianpaolo Vianello. Un teatrosenza una sua orchestra, che l'ha presa in prestito dachi ce l'aveva (Provincia). E per risparmiare ancora,era già ricorso ad un altro mezzo: il finanziamento alPetruzzelli n on gravava sul FUS, perchè arrivava,negli anni scorsi, dal Gioco del Lotto'.C'è il 'Modello Carlo Felice', cosìddetto dal sovrinten-dente torinese, Vergnano. Chiudiamo il teatro, a casa isuonatori, ed ospitiamo spettacoli prodotti altrove edartisti meno costosi. L'opera in questione, 'La gran-cassa integrazione', avrebbe Sandro Bondi autore dilibretto e musica. E l'autore la vedrebbe volentieri intournée in Italia. Una sola compagnia di giro, per tre-dici teatri d'opera; se qualcuno non ce la fa neanchein questo modo, allora chiudiamolo. C'è il 'ModelloCagliari', di cui è autore e suggeritore il sindaco citta-dino. Allo scopo di risparmiare, per tutta la stagionecorrente ed anche, se necessario, per quelle a venire,non scritturiamo neanche un cantante, sfruttiamo icomponenti del coro. Che ci fanno lì impalati, in pal-coscenico, durante le rappresentazione', avrebbedetto il sindaco-presidente. L'idea è geniale, ancheperchè proviene dal teatro il cui sovrintendente, inquesti anni, è stato sempre portato in palmo di manodal ministro per l'amministrazione 'virtuosa' C'èanche il 'Modello Palermo' la definizione è nostra,nessuna l'ha ancora brevettata. Si inaugura la sta-gione con un'opera nuova – e noi la presentiamo suqueste stesse pagine - dedicata ai 150 anni dell'Unitàd'Italia, e la si affida ad un regista-scenografo-costu-mista, certo non il più a buon mercato del mondo, esapendo già che l'opera farà una semplice piroetta ,in questa e nella prossima stagione, in un altro tea-tro europeo, nella speranza di ammortizzare com-pletamente il non irrilevante costo. Non possiamo

dimenticare un dispendiosissimo allestimento aRoma, sempre di Hugo De Ana, con una locomo-tiva, una vecchia locomotiva a vapore (vera contanto di binari!) in palcoscenico, che è stato poi ri-preso in tutte le stazioni ferroviarie italiane ed euro-pee, ripagandosi ampiamente. Comunque a Palermopossono permetterselo, perchè il sovrintendete hariportato i bilanci in pareggio. C'è il 'Modello Trieste'.Hanno nominato sovrintendnente il già capo delloStabile cittadino. Una sola persona, il regista Ca-lenda, per due teatri. Un bel risparmio. E Lui, ha chia-

Tutti da Fazio a Raitre, domenica (e lunedì) sera

Sbagliato fare tagli alla cultura

Perchè la cultura arricchisce sempre; permette di superare tutti ilimiti; chi ama la cultura desidera conoscere tutte le culture equindi è contro il razzismo; la cultura, quindi anche la musica, èascolto, che è la base del vivere civile e del pluralismo. Nelle or-chestre con cui faccio musica, come ad esempio nell'OrchestraMozart a Bologna, i musicisti vengono da tutta l'Europa. Alleprove parliamo diverse lingue, ma spesso bastano solo deglisguardi e il sapersi ascoltare l'uno con l'altro. La cultura rendeanche economicamente; è contro la volgarità e permette di di-stinguere tra bene e male; la cultura permette di smascheraresempre i bugiardi è lo strumento per giudicare chi ci governa; èlibertà di espressione e di parola. La cultura salva: sono stati lamusica e i miei figli che mi hanno aiutato a guarire dalla malattia;porta valori sempre e comunque positivi, soprattutto ai giovani;con la cultura si sconfigge il disagio sociale delle persone, soprat-tutto dei giovani, il loro sentirsi persi e disorientati ; è riscattodalla povertà: in Venezuela, non certo un Paese ricco come l'Italia,José Antonio Abreu ha organizzato un sistema che in trent'anniha insegnato la musica a 400.000 bambini e ragazzi, spesso sal-vandoli dalla droga, dalla violenza e dando loro un'opportunità divita. Cultura è far sì che i nostri figli possano andare un giorno ateatro per poter vivere la magia della musica, come feci quandoavevo sette anni e una sera alla Scala decisi di riprodurre ungiorno quella magia... la cultura è un bene comune e primario,come l'acqua: i teatri, le biblioteche, i musei, i cinema sono cometanti acquedotti. La cultura è come la vita, e la vita è bella!

CLAUDIO ABBADO

Aiutiamo il nostro Paese

Sono più di quarant'anni che faccio questa professione e niente ècambiato a proposito delle lamentele sui gravi problemi culturalidel nostro Paese, che non sono imputabili alle persone di oggi, diieri e di avant'ieri. E' una lunga storia di ignoranza musicale e didisconoscimento di quanto la musica faccia parte della vita diquesto Paese, della storia di questo Paese. Dobbiamo dedicarci adaiutare questo Paese lavorando in questo Paese: perciò mi dedicoai giovani, per dare loro ciò che i miei grandi insegnanti italianimi hanno dato. Ora sono a Roma, all'Opera, e poi a Napoli adaprire la stagione del San Carlo, ed è importante sottolineare chequesti nostri musicisti sono di valore: attendono solo l'occasionedi esprimere ciò che loro possono fare e di non sentirsi come ele-menti di istituzioni assistenziali.

RICCARDO MUTI

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COPERTINA

mato, in nome di tal risparmio, un direttore generale,Ferrazza, lo stesso che andando via da Genova comecommissario s'è lasciato dietro una voragine di de-biti, più profonda di quella che avrebbe dovuto sa-nare; il quale, a sua volta, avendo coscienza di nonessere tanto bravo nel fare i conti, ha chiamato a suavolta un dirigente che farà i conti. C'è il 'Modello Mi-nistero' , che potremmo anche definire 'ModelloBondi-Nastasi' . Dove va il Ministero i debiti spari-scono, e negli ultimi tempi, anche dove non va dipersona , e dove invia persone di gradimento cherappresenterebbero, per questo, una garanzia. Co-minciano in fondo a fare ciò che Bondi ha promessoa proposito della Biennale Cinema, dove - ha dichia-rato - metterà becco sulla giuria del festival. E c'è, in-fine, il 'Modello Tremonti'. Chiudiamo tutto, avremoun gran risparmio! All'Italia, dice il ministro, serve ri-sparmiare. Se i turisti non vengono più a visitaremusei e monumenti, siti archeologici, mostre, adascoltare musica ed opere, ce ne faremo una ra-gione, e rimedieremo altrimenti a sollazzarli. A possi-bili alternativi spettacoli pensa da tempo il ministroBrambilla; spettacoli che alla comunità nazionalenon costano praticamente nulla, ma potrebebro di-vertire i turisti, oltre il principe e la sua corte. Sì per-chè la corte, oltre naturalmente il principe, continuaa divertirsi nei palazzi illuminati a festa. I cortigiani lofanno per rinfrancarsi dalla fatica del 'buon governo'.Per questo hanno stipendi che nessuno (o quasi)prenderebbe mai, se esercitasse la professione dallaquale proviene; per questo hanno bisogno di mac-chine scure che sfreccino, senza dare nell'occhio, perle strade delle città e recarli a palazzo; per questo,dopo neppure una legislatura, hanno diritto ad unameritatissima pensione a vita; per questo, fanno im-boccare la medesima strada che nessuno più vuolepercorrere, a figli, amanti e parenti in genere ( al fi-glio del capo leghista, vent'anni, e dopo aver fatto ilgiro di tutte le scuole della repubblica per strappareun diploma, gli danno appena 10.000 Euro netti almese; mentre ai parlamentari soltanto 15.000). Unarecente inchiesta sulle cosiddette Autority, quanto asprechi e prebende dal capo all'ultimo usciere, sisono allineati alle tariffe del palazzo. Noi aggiun-giamo l'abolizione delle Province, l'abbattimentodrastico del numero dei parlamentar. Lì, caro Tre-monti, non c'è modo di risparmiare? Sembra di no. Ilpalazzo si oppone. L'ultima notizia viene dal Parla-mento, vergognosamente sempre più vuoto neisuoi scranni, stando alle desolanti immagini che,giornalmente, ci rimandano le televisioni, ma smo-datamente pieno in occasione del voto di una mo-zione che riformava la normativa delle pensioni aiparlamentari (l'abolizione del vitalizio che spetta aiparlamentari dopo solo 5 anni di legislatura inquanto tale trattamento risultava iniquo rispetto aquello previsto per i lavoratori che devono versare

Appello-denuncia del Presidente del FAI- Fondo Ambiente Italiano

Passione, impegno civile, serietà erigore le nostre armi

I fatti recenti dal crollo della Domus dei Gladiatori di Pompei ai di-sastri dell’alluvione in Veneto hanno prepotentemente posto iltema del nostro patrimonio ambientale al centro del dibattitopubblico. La verità è che siamo tutti attoniti o forse, ahimè, disil-lusi di fronte a una crisi generale politica, morale, istituzionaleoltre che ovviamente economica.Come reagire? Come poter dare un contributo che sia uno scattoin avanti, che aiuti non solo i nostri sostenitori ma tutti a capireche siamo di fronte a uno di quei momenti della vita nel quale sideve fare appello alle forze e alle risorse migliori individuali e col-lettive se si vuole guardare di nuovo al futuro con ottimismo?Il FAI si occupa di tutelare e valorizzare il patrimonio culturale ita-liano: si occupa quindi di Cultura. Ecco dunque la prima risposta:un Paese che non riconosca la propria identità culturale e che av-vilisca i segni di questa identità, che ci circondano, è un Paese de-stinato alla decadenza.Cultura è consapevolezza, è rispetto, è crescita morale e, va ancheaggiunto, proprio in una fase di recessione così importante, è svi-luppo.Tutto in Italia è cultura e noi, difendendo questo concetto, diamogià un contributo civile e lo diamo con i fatti, oltre che con la no-stra voce indipendente e rispettata. Nel 2011 si celebra l'anniver-sario dell'Unità d'Italia, un’occasione che potrebbe e dovrebbeessere motivo per una riflessione importante e costruttiva, pro-prio perché stiamo attraversando una fase così oscura e preoccu-pante della storia italiana.Permettetemi un esempio concreto che il FAI ha reso possibile: laFontana delle 99 Cannelle, il primo tra i monumenti aquilani de-vastati dal sisma del 6 aprile 2009, è stata restituita al pubblicograzie all’intervento della Fondazione ( la cerimonia ufficiale loscorso 15 settembre). Si è trattato di un progetto concreto, immediatamente operativoe di pregevole risultato, che restituisce alla Città e all’Italia uno deimonumenti più suggestivi e più significativi del Capoluogod’Abruzzo. Ecco perché per tutti noi essa costituisce un simbolo eun emblema dell’unità culturale e della comune identità che, inquesta fase drammatica della nostra storia, costituiscono le basidella rinascita e della ricostruzione. È dunque particolarmente esingolarmente significativo che la ricostruzione della Città partaproprio dal luogo della sua “costruzione” primaria, ossia dal borgoe dal monumento da dove tutto ebbe origine.Cari amici, oggi più che mai, quindi, una chiamata alle armi: le no-stre sono la passione, l’impegno civile, la serietà e il rigore con cuifacciamo il nostro lavoro con la coscienza di proteggere per le ge-nerazioni future il segno migliore della nostra identità.

ILARIA BORLETTI BUITONI per Music@

40 anni di contributi per avere diritto ad una pen-sione) assimilandola a quella di tutti gli altri lavora-tori, facendo risparmiare, ogni anno, allo Stato, e pertutti gli anni a venire, 150 milioni di Euro all'anno. La proposta non è passata. In 498 hanno votato con-tro, e solo 21 a favore. E naturalmente dei privilegidella corte - meritatissimi, lo ripetiamo, con ironia! -beneficia anche la servitù. Tutta la servitù, di tutti ipalazzi. @

alessio.gabriele
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SOMMARIOGennaio - Febbraio2011

Conservatorio "Alfredo Casella"Direttore: Bruno CariotiVia Francesco Savini 67100 L'Aquilatel. 0862 22122

Bimestrale di musicaAnno VI. N.21 Gennaio - Febbraio 2011Direttore: Pietro Acquafredda

Progetto graficocurato dagli studenti del corso di Grafica dell'Accademia di Belle Arti dell'AquilaCopertina: Marta Fornari, Alberto MassettiInterno: Caterina SebastianiIllustrazioni: Eleonora Regi, Barbara Santarelli,Alberto Massetti

Impaginazione: Barbara Pre

Consultabile sul sito: www.consaq.itVersione online: Alessio Gabriele

Hanno collaborato a questo numero:Elio Battaglia, Alan David Baumann, GianniBorgna, Ilaria Borletti Buitoni, Angelo Bozzo-lino, Enzo Fantin, Lorenzo Ferrero, Dario Marti-nelli, Umberto Padroni, Roberto Pagano,Roberto Prosseda,Walter Tortoreto, Marco Tu-tino, Giulia Veneziano, Barbara Zanchi.

è una produzione del Laboratorio teorico-pra-tico di "Tecniche della Comunicazione" delConservatorio "Alfredo Casella"

Lettere al direttore. Indirizzare a: [email protected]

Stampa: Tipografia GTE, Gruppo TipograficoEditorialeL'Aquila Zona ind.le Loc. San Lorenzo67020 Fossa (AQ)E-mail: [email protected]

COPERTINA___________________________3Macerie su macerie nel Paese.Solo il Palazzo è illuminato a festadi Pietro Acquafreddacon un appello di Ilaria Borletti Buitoni

ATTUALITA'_____________________________ 8Riccardo Muti: il gran rifiuto

ANTEPRIME. RISORGIMENTAL _________ ____9I sensi di 'Senso'di Marco Tutino

ANTEPRIME.RISORGIMENTAL___ _________11Risorgimentodi Lorenzo Ferrero

DISCUSSIONI___________________________ 12L'unità d'Italia a Sanremo? No graziedi Gianni Borgna

FOGLI D'ALBUM_________________________14La parola d'ordine è svecchiare

PROSSIMAMENTE______________________ 15Il sistema di Abreu sbarca in Italiadi Giulia Veneziano

NTERVISTA ____________________________17Eva Fischer racconta Franco Ferraradi Alan David Baumann

FOGLI D'ALBUM ________________________ 18Serata benefica a Napoli pro veneti efriulani

INTERVISTA____________________________19Giovanni Belluccidi Umberto Padroni

FOGLI D'ALBUM________________________26Anniversari, sono solo anniversari

AMARCORD SCARLATTIANO______________27Romanzo di un romanzo. IVdi Roberto Pagano

GIRAMONDO__________________________ 34Vilnius, capitale di festivaldi Dario Martinelli

MUSICOTERAPIA________________________35Scriviamo una canzonedi Barbara Zanchi

MUSICA & FILOSOFIA___________________ 37Ascolta il silenziodi Walter Tortoreto

RITRATTO D'AUTORE_____________________ 39Magda Oliverodi Elio Battaglia

MUSICA E TV__________________________ 43Chopin. Come nasce un documentariodi Roberto Prosseda e Angelo Bozzolino

OMNIBUS_____________________________45Dischi, Notizie, Appunti, LettereA cura della redazione

ARIA DEL CATALOGO_____________________50Concerto Bariccodi Leporello

*La rubrica GIRAMONDO è curata da Dario Mar-tinelli, professore di Musicologia all'Università diHelsinki

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ATTUALITA’

getto di attacchi per qualcosa di cui non erano re-sponsabili, avendo in buona fede ripetuto ciò che iostesso avevo detto. E cioè che sarei venuto all'Operadi Roma con un incarico formale. Lo avevo detto alsindaco Alemanno, quando venne a trovarmi a Sali-sburgo, durante le rappresentazione del 'Moise'; miimpegnai, per togliermelo di torno (detto scherzosa-mente) perchè aveva minacciato di accamparsi nelmio giardino, fino a quando non gli avessi rispostodi sì. Gli dissi sì, lo confesso e lo ripeto, come lui hapoi ripetuto, sulla mia parola. Poi ci ho ripensato emi sono detto che, non essendo ancora disoccupatoe dovendo tener fede a molti impegni in giro per ilmondo, non avrei comunque trovato il tempo perfare il 'direttore musicale'; io preferisco la dizione an-tica 'direttore 'stabile', perchè fa capire chiaramentela ragione del mio rifiuto. Non ho il tempo per fer-marmi a Roma 'stabilmente' per mesi , come l'inca-rico richiederebbe. Non posso; e allora ho optato pervenirci comunque a lavorare, come promesso, ma'senza titolo'. Mi pare che i risultati delle mie prece-denti opere, la passata stagione, sono stati da tuttinotati e lodati. Bene continuerò a lavorarci, per ri-portare alto il nome di questo teatro anche fuorid'Italia”. Fin qui le ragioni 'diplomatiche' del direttore galan-tuomo che ha voluto togliere d'impaccio il sindacodi Roma ed il suo amico Bruno Vespa, mediatore del-l'operazione 'Muti a Roma'. Ma ci sono ragioni chenon si dicono e che, di conseguenza, anche Mutinon ha voluto dire; e noi, tenendo fede alla sua con-segna, non le diremo, neppure proponendole comesemplici nostre supposizioni. @

era da immaginarselo che alla sua prima uscitapubblica, dopo un mese di 'astinenza forzata', causastress - 'da cui mi sono completamente ripreso', harassicurato Muti - il grande direttore avrebbe volutola scena tutta per sé. Ed è ciò che è accaduto al-l'Opera di Roma, durante la conferenza stampa, uffi-cialmente convocata per presentare l'operainaugurale, 'Moise et Pharaon', del Rossini 'serio' cheil direttore ' tanto ama'. Brevi parole di circostanza daparte degli altri intervenuti (il sindaco Alemanno -'puntiamo all'eccellenza, a breve presenteremo ilpiano di rilancio del teatro' ; il sovrintendente, Ca-tello De Martino che, più concretamente, ha detto dipuntare al pareggio di bilancio) poi il direttore haparlato a ruota libera. Ha ribadito la necessità di promuovere la cultura,anche economicamente, perchè a Napoli si dice'senza soldi non si canta la messa' ; poi ha dettomolto chiaramente che le classifiche dei nostri teatrinon hanno senso, perchè la nostra storia è molto di-versa da quella degli altri paesi. 'L'Inghilterra è benrappresentata dal Covent Garden, la Francia dal-l'Opéra o gli Stati Uniti dal Metropolitan; ma l'Italiano. In Italia ci sono molti teatri e la gran parte di essiha una storia straordinaria ; non ve n'è nessuno chepiù di altri può essere assunto a simbolo della nostranazione. Io sono per l'apertura di nuovi teatri, nonper la chiusura degli esistenti, sono per la forma-zione di nuove orchestre, per la protezione dellebande musicali... solo così possiamo ridare all'Italia laposizione che il mondo pretende dall'Italia”. E poi,espressamente richiesto, ha spiegato le ragioni delsuo 'gran rifiuto' ad accettare un incarico formale aRoma; che ha preferito definire 'marcia indietro'. In-nanzitutto ha scagionato completamente sindaco esovrintendente, che a suo dire, “sono stati fatti og-

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Il direttore ha spiegato la sua 'marcia indietro' dall'Opera di Roma

IL GRAN RIFIUTO DIMUTI

alessio.gabriele
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enso deriva da almeno due narrazioni: il più an-tico racconto omonimo di Camillo Boito di fine Otto-cento, esempio alto di qualità letteraria preveggentee ardita, e il più recente film di Visconti, altrettantoomonimo, del 1954. Anch’esso, se vogliamo, un casodi prodotto “cult”, il primo esempio forse di mania-cale ricostruzione cinematografica di oggetti, am-bienti, abiti e atmosfere passate.Ho detto almeno due, perché credo che tutte le nar-razioni, i soggetti, le storie, convivano e siano attinteda un grande serbatoio di archetipi, e che qualsiasiplot debba sempre qualcosa a tracce passate e de-positi narrativi che si accumulano, si amalgamano, siinfluenzano a vicenda; così succede anche alle nar-razioni del linguaggio musicale.Senso deve quindi, certamente, qualcosa al feuille-ton ottocentesco, al romanzo passionale d’appen-dice, ma anche alle narrazioni risorgimentali toutcourt, alle mitologie e agli stereotipi del raccontoletterario dell’amor di patria: l’abilità di Boito fuanche quella di mescolare e mimetizzare elementidiscordanti, quali erano appunto le arditezze lingui-stiche della scapigliatura- esperimenti drammatur-gici di una generazione assai dirompente di letterati-con generi più popolari, di consumo, in qualche

modo più rassicuranti e consueti. Insomma, un pro-dotto abile, che se da un lato esprimeva grandi no-vità: l’erotismo esplicito, l’estrema caratterizzazionenegativa dei personaggi, la cruda narrazione diun’ossessione sensuale ma anche della ferocia dellavendetta; dall’altro circondava tutto ciò di eroi, di ca-micie rosse, di ufficiali in divisa e rivoluzionari, e nonultimo dettaglio, di conti, marchesi e varie nobiltà,per comporre un contesto, uno sfondo, un luogo digrande riconoscibilità e maniera, compresi i bozzettirurali delle dimore di campagna.Visconti, pur facendo un’operazione linguistica-mente assai meno ardita soprattutto nella caratteriz-zazione dei due protagonisti, che nel suo film sonoassai meno perversi e perduti di come sembrano nelracconto, mantiene tuttavia la logica narrativa del-l’enucleare la vicenda a due per inserirla in unosfondo sfarzoso, fatto di prime all’Opera, palazzi,grandi toilette, interni opulenti ma anche di scene dibattaglia del tutto riconducibili alla cinematografiadi rievocazione storica. Tutto sommato, anche que-sta un’operazione di abilità semantica, poiché la vi-cenda di Senso diventa notevole e degna di rilievosolo se inserita in un contesto che usualmente nonospita che amori e passioni sorretti da grandi spinteideali, appunto nobilitando quelle pulsioni riprove-

Novità di Tutino apre la stagione a Palermo

I SENSI DI “SENSO”di Marco Tutino

Dal 20 gennaio al TeatroMassimo di Palermo, Senso

di Tutino, libretto di GiuseppeDi Leva . Scene, costumi e

regia di Hugo De Ana. Sul podio Pinchas Steinberg.

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voli che altrimenti la drammaturgia tradizionale as-segna a contesti e ambienti più bassi e triviali.Cosa c’è, d'altronde, di più nobile e degno di ri-spetto dell’agiografia risorgimentale? Chi aveva maiosato turbare il racconto dell’indipendenza e del-l’unità d’Italia con vicende men che edificanti edesemplari? Da queste considerazioni prende vita anche la nostraterza narrazione, che si pone per forza di cose ancheil problema dell’inserimento di un altro livello dram-maturgico, quello rappresentato dal linguaggio mu-sicale. L’Opera lirica Senso mantiene, volutamente, lacontraddizione, l’aporia tra le due vicende, quellastorica sullo sfondo e quella del tutto privata e in-tima, amplificandone gli elementi conflittuali; poichéle sfumature consentite dal linguaggio letterario eancor più da quello cinematografico, sono nel nostrocaso forzatamente invisibili ed evitate, dando luogoa un costante sfasamento di livelli che si possono so-vrapporre ma mai confondere.La musica di Senso ha il compito drammaturgico diindividuare due piani percettivi, uno molto tradizio-nale, che richiama il melodramma ottocentesco al li-mite della parafrasi; e un altro più sottile e intimo,fatto di inquietudini frastagliate, di incisi melodici os-sessivi, di scarti improvvisi che evitano le attese piùovvie, e più in generale, di un’armonia costante-mente irrisolta.Anche il libretto, ovviamente, al quale si è lavorato aquattro mani forse più che in altre occasioni, vienecostruito considerando queste esigenze: ci sono pas-saggi teatralmente sviluppati con la cura maniacaledel dialogo privato e sussurrato, assieme a ricostru-zioni letterali del linguaggio patriottico. Prendendole mosse dagli esempi primigeni, dunque, si insiste esi amplifica la curiosa opposizione che si producequando un racconto “basso”, una pulsione distrut-tiva e maligna, viene inserito in un racconto “alto”, ildato risorgimentale; e accade di doversi ritrovare inun labirinto il cui percorso costringe ad imbattersinella morbosità allusa o manifesta, così come in uncoro di impostazione patriottica schietta e riconosci-bile, il tutto senza soluzione di continuità.La trama originale di Senso, comunque, è talmentegià essa stessa piena di elementi sia melodrammaticiin senso lato, sia propriamente riferiti al melo-dramma quasi come citazioni involontarie, o premo-nizioni, che è inevitabile il gioco di parallelismi einfluenze di linguaggio: il finale stesso, sembra sug-gerire a Puccini quello della sua Tosca; come anchel’estraneità folle e crudele di Livia nella casa di Hans aVerona deve qualcosa alle “pazzie” operistiche, vediLucia di Lammermoor. In questo senso è assai com-prensibile che Visconti abbia iniziato il suo film con lacitazione del Trovatore; ed è scontato e evidente cheda questo omaggio melodrammatico l’Opera non

possa tirarsi fuori: soprattutto Verdi, che come sap-piamo incarna tutto il percorso del Risorgimento ita-liano, è ampiamente alluso, a cominciare propriodalla citazione del duetto del Trovatore che com-pare affidata al coro nella prima scena. Di schiettostampo verdiano, anche l’aria del conte Serpieri (atto II, scena 2), e il coro risorgimentale che chiudela scena 1 sempre del secondo attto.La musica di Senso nasce, tuttavia, anche da un’al-tra esigenza, che sta alla base del teatro d’operacontemporaneo. Abbiamo illustrato, sin qua, ungioco di specchi: tra soggetti che si moltiplicanol’uno riflettendo gli altri, tra livelli drammaturgici, tramelodramma storico e melodramma in diretta, tralinguaggi diversi e apparentemente conflittuali. Tut-tavia, a noi preme raccontare anche un’altra storia,più distaccata rispetto alle implicazioni morali o sto-riografiche e ideali della vicenda, e più coinvoltanella sua natura tautologica: se un senso ha, per gliautori dell’Opera, Senso, esso risiede principalmentenella resa immediata della sensualità che si spri-giona dalla temperatura dei rapporti tra i protagoni-sti, affidata al linguaggio della musica, al suo essereper natura già un dato sensuale. Senza prendereuna posizione, dunque, sulla viltà, sulla trasgres-sione, sul tradimento e sulle questioni dei vincitori edei vinti, ci interessa l’emozione pura di una pas-sione che il contesto costringe alla tragedia, e ci ri-guarda e ci coinvolge il meta racconto che essaproduce, la sua implicazione vera e epidermica,quasi a cercare una complicità nel percorso chechiediamo allo spettatore di intraprendere; alla sco-perta, nella foresta di significati che incontriamoquasi per caso, di un dramma che ha origini e ra-gioni assolute e senza tempo. E forse nessuna spie-gazione né condanna.In questa storia, a differenza delle altre due, può ac-cadere di comprendere Hans e di perdonare Livia, eanche di riconoscere nel marchese Donà alcune in-genuità del nostro popolo, come di ritrovare nelConte un bozzetto schietto di trasformismo italico.E di concedere alla passione dei sensi un valore insé, che trascende persino il Risorgimento, e che sigiustifica e produce la sua forza drammaturgica aprescindere dagli imperativi etici di una società,questa sì, avviata verso un inesorabile tramonto. @

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linzaghi, interprete di Fenena, non ama né l’opera néla sua relativamente modesta parte. Provando e ri-provando la sua preghiera col Maestro Sostituto (fer-vente patriota mazziniano, e qui abbiamo una primaidea di Risorgimento), fa continue rimostranze sullaparte e non crede al futuro dell’opera e del suo au-tore. Giuseppina Strepponi invece ci crede ferma-mente (presagio del futuro amore con l’autore?) enon le sfugge la novità di un personaggio forte e vo-litivo come Abigaille. Tantomeno le sfugge una parti-colare atmosfera di aspettativa fra i lavoratori delteatro, di solito indifferenti. L’impresario Merelli èpreoccupato per la censura, che non ha ancora dige-rito il noto coro. Il suo patriottismo è moderato, e co-munque viene dopo gli affari. Come un modernoproduttore cinematografico, intuisce che anche ilpatriottismo può essere un nuovo filone di successo.Oltre alla censura lo preoccupa il fatto che l’entusia-smo della Strepponi (sua attuale compagna) non siasolo di natura musicale, ma si guarda bene dal farlovedere. La notizia che il libretto ha passato la cen-sura è portata da un patrizio milanese (Luigi Bar-biano di Belgiojoso – ci dicono le cronache cheparteciperà alle Cinque Giornate), anch’egli patriota,ma di idee opposte al Maestro Sostituto, che pos-sono essere riassunte da questo scambio di battute:Maestro – Solo il popolo è sovrano; Barbiano – Il so-vrano è Carlo Alberto.Dal punto di vista drammaturgico, l’apparente carat-tere di conversazione dell’opera è contraddetto daun preludio e due cori, in cui il futuro appare informa di sogno, e in cui vengono evocati perso-naggi, battaglie, detti dell’epoca e posteriori. E’ inquesto contesto che l’Autore fa la sua apparizione.Ma per lui, ormai vecchio, il Nabucco sarà un lontanoricordo, e l’Italia unita una realtà non priva di pro-blemi irrisolti e di disillusioni. @

ai le opinioni sono state controverse come inquesta ricorrenza dei 150 anni di vita di quella cheancora chiamiamo nazione (un concetto forse da ag-giornare, visto che ormai viviamo in un solido conte-sto europeo). Il centenario, che ricordo come ilgrande son et lumière di una sfilata di padiglioni ce-lebrativi a Torino, visitati in compagnia del nonno,che aveva fatto la prima guerra mondiale, era tuttaun’altra cosa. Ma forse ero troppo piccolo per accor-germi di possibili dissensi.Ad ogni modo, l’opera non è certo la sede più adattaper mettere a confronto idee da talk show. Ho preferito fare un passo indietro, e tornare al mo-mento in cui il risorgimento era ancora un sogno,anzi diversi sogni, alcuni dei quali ancora vivononelle polemiche di oggi. Un sogno e un luogo, illuogo del melodramma, che meglio di altre testimo-nianze artistiche ha incarnato quel momento, quelloslancio, quegli incontri segreti, quei primi volantini,quelle morti eroiche, e per un certo periodo ha con-tinuato a farlo, nonostante il fatto fosse compiuto, el’Italia unita ci fosse.Il luogo del melodramma che ho scelto sono leprove del Nabucco, che si tennero a Milano nel’42, inun momento in cui il sogno era solo un sogno,un’ipotesi segreta e sovversiva, a cui quel “Va pen-siero” ha dato, in parte secondo verità e in parte leg-genda, più sostanza e più corpo, in cui un autore incerca di affermazione l’avrebbe finalmente trovata,legando il suo destino all’Italia futura, e dandole permolti versi una voce unitaria, anche grazie al melo-dramma stesso. I personaggi di “Risorgimento!” (ilpunto esclamativo richiama l’idea di un auspicio, diuno slancio verso l’avvenire), sono in parte i perso-naggi del Nabucco, e le stesse voci. Giovannina Bel-

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Anche il Comunale di Bologna fa festa per l'Unità d'Italia. Dal 5 aprile

RISORGIMENTO!di Lorenzo Ferrero

Durante le prove di Nabucco alla Scala con i personaggi della storia, prendono so-stanza e corpo due sogni: l'affermazione del compositore e il destino dell'Italia futura.

Libretto di Dario Olivieri. Musica di Lorenzo Ferrero. Regia di Giorgio Gallione. DirettoreMichele Mariotti. Con 'Risorgimento!, opera in un atto di Ferrero, viene rappresentato

anche 'Il prigioniero' di Luigi Dallapiccola. Anteprima a Modena.

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Canzoni per i 150 anni dell'Unità d'Italia

Sanremo? No, graziedi Gianni Borgna

plementarietà: tanto per fare un esempio, sperandodi non essere frainteso, quello che accomuna o po-trebbe accomunare un Vasco Rossi a Jack Kerouac oad Agnes Heller. La canzone, in fondo, rispondesenza dubbio a un bisogno di poesia. Ieri come oggi.E prende rilievo dalle circostanze in cui nasce e incui, magari solo per caso, va a cadere. 'Rosamunda',ad esempio, era un brano abbastanza sciocco, madiventò, vai a capire come e perché, l’inno delletruppe di liberazione nell’ultimo conflitto mondiale.'Lilì Marlene', invece, che raccontava le vicende diuna signorina non proprio morigerata, divenne mi-steriosamente per l’esercito tedesco (e non solo perquello) il simbolo puro e sconsolato della nostalgia,della voglia di tornare a casa, di una tristezza tuttosommato assai nobile. E poi le canzoni fanno deglistrani matrimoni con le varie occasioni sentimentalidella nostra vita. Anche un grande poeta può fre-

o passato un po’ del mio tempo (forse troppo) acercare di spiegare l’importanza delle canzoni e per-sino del Festival di Sanremo. Il peso che le canzonihanno nella nostra vita (di tutti, senza eccezioni) èinfatti grande. Se il loro posto nella storia dell’arte ècontroverso, è però certo in quella dei sentimenti. Loscrisse Proust, lo ha confermato Pasolini, lo ha fattodire Truffaut ai personaggi dei suoi film. E dunquedeve essere vero. Oggi, del resto, tutti i più avvertitistudiosi della cultura di massa sono concordi nel sot-tolineare come essa non formi un genere a sé stantema piuttosto un assieme di elementi che possonoentrare in ogni genere artistico. Bisogna perciò riu-scire a cogliere e ad analizzare non solo la distin-zione ma anche la confusione tra “popolare” e“artistico”. In altre parole, non solo la loro opposi-zione e concorrenza, ma anche la loro unità e com-

Il festival è un contenitore televisivo, una trasmissione omnibus dove contano più i pre-sentatori, e le presentatrici, i comici e gli ospiti d’onore, dei cantanti e, ancor più, delle

canzoni. E, come ha detto qualcuno, da celebrazione per quanto “debole” della vita na-zionale è ormai solo la celebrazione “forte” di se stesso.

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sgressivo. La formula del Festival, detta in pillole, èstata, ed è, proprio questa: prendere un argomentod’attualità, agitarlo un po’ prima dell’uso e trasfor-marlo in qualcosa di assolutamente inoffensivo (ecome tale digeribile dal pubblico medio, dalle fami-glie, essendo il familismo la sua più vera ideologia).“Ci sarà la rivoluzione, nemmeno un cannone peròtuonerà…”, tanto per intenderci. Oggi, poi, non ènemmeno più questo. E’ un contenitore televisivo,una trasmissione omnibus dove contano più i pre-sentatori, e le presentatrici, i comici e gli ospitid’onore, dei cantanti e, ancor più, delle canzoni. Il Fe-stival insomma, come ha detto qualcuno, da cele-brazione per quanto “debole” della vita nazionale èormai solo la celebrazione “forte” di se stesso. Perquesto, ripeto, una riflessione storico-critica, perquanto necessariamente popolare e magari spetta-colare, di 150 anni d’Italia nelle canzoni, idea in sébellissima e utilissima, la televisione farebbe benis-simo a farla (e sono convinto che avrebbe un grandesuccesso). Ma non a Sanremo. Soprattutto non nelSanremo di oggi, non in questo Sanremo. Ma in unaltro contesto e con altri protagonisti. @

mere di fronte a parole scadenti come “amore mionon ti vedrò mai più” , sol che gli accada di sentirlenel momento in cui lui stesso piange, e sul serio, unamore finito. Ed è forse vero che tutto quello che ètroppo stupido per essere detto o scritto può inveceessere, impunemente, cantato. La poesia o il ro-manzo non hanno la forza di esprimere la nostrasentimentalità dispiegata, che è liquida e palpitantecome quella degli adolescenti. La musica popolaresì. Le canzoni non sono gli stampi che noi riem-piamo con le nostre passioni; sono gli stampi cheimprimono, a lungo andare, la forma alle nostre pas-sioni. Chi le ascolta, soprattutto se lo fa di frequente,assimila più o meno consapevolmente tutto unmondo e un modo di concepire e di vivere le vi-cende sentimentali. Del resto, se c’è qualcosa ingrado di restituire immediatamente il profumo diun’epoca sono proprio le canzoni. Persino le più (ap-parentemente) banali. Persino le più (apparente-mente) sciocche. Bastano tre note di 'Tulipan'intonate dal Trio Lescano ed ecco dischiudersi da-vanti a noi gli anni Trenta e Quaranta. Basta l’attaccodi 'Vola colomba' per tornare a respirare il clima deldopoguerra. Basta riascoltare anche solo un attimo ilrefrain di 'Volare' per rivivere di colpo l’euforia (la“tragica spensieratezza”, l’ha definita Alberto Arba-sino) degli anni del boom economico. E potrei conti-nuare all’infinito. Mi chiedo, dunque, se non sarebbestato meglio che gli organizzatori del Festival di San-remo di quest’anno, se proprio volevano, compis-sero una sorta di excursus storico-musicale propriopartendo da questi brani (molti, peraltro, proprio le-gati alla storia del Festival). Forse che il Trio Lescanoo Carlo Buti, l’Orchestra Zeme o quella di Barzizza,non possono essere utili a raccontare il fascismo al-meno quanto 'Giovinezza'? Che, peraltro, all’originenon era un inno di partito ma una canzoncina go-liardica: “Son finiti i giorni lieti / degli studi e degliamori, / o compagni in alto i cuori / e il passato salu-tiam!...”. Così come 'Bella ciao' era, prima di diventareun canto partigiano, un lamento delle mondariso, epersino la rivoluzionaria 'Bandiera rossa' non l’innodel partito comunista ma un’innocua arietta lom-barda di tono sentimental-ironico: “Ven chi Ninetasotto l’ombrelin / Ven chi Nineta sotto l’ombrelin /Ven chi Nineta sotto l’ombrelin / ven chi Nineta tedarò on basin”. Ecco, a me pare che il Festival potevaoptare per questa seconda scelta. Sanremo non èmai stata una manifestazione “impegnata” o dallepretese culturali. Sanremo è sempre stato – a di-spetto anche dei generosi tentativi fatti a più ripreseda alcuni cantautori – il tempio della musica frivola einnocua. E’ vero che ha spesso cercato di fare i conticon la cronaca. Ma lo ha fatto sempre (o quasi) inmodo maldestro o ruffiano, e comunque tendendosempre a edulcorare e banalizzare qualunque conte-nuto almeno all’apparenza scabroso o audace o tra-

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ACCADEMIE E TEATRI D'OPERA: SVECCHIARE!

è capitato di ascoltare cose mai udite; che desi-deriamo condividere con voi. Alla presentazionedella nuova stagione dell'Opera di Roma, nellaquale si attendeva lo sbarco di Riccardo Muti, timo-niere, alla guida dell' insicuro vascello ( fra parentesi,non si è ancora capito se il suo rapporto con il teatroromano continuerà anche dopo le due opere in car-tellone, e la sua consulenza gratuita per le stagioni avenire), il Presidente della Commissione cultura delComune di Roma, Mollicone, ha fatto rivelazioni sba-lorditive. D'accordo con tutti i dirigenti del teatro, hadichiarato, vuole 'svecchiare l'opera' - testualmente.Abbiamo fatto un salto di gioia nell'ascoltare quelledue paroline e soprattutto quel verbo che giungevacome musica sublime alle nostre orecchie. Ha ra-gione Mollicone. Finalmente uno che capisce cosa

s'ha da fare per far risorgere i teatri, salvandoli da si-cura agonia. Svecchiare bisogna! E ragione su ra-gione ha quando rivela il sistema messo in atto, perringiovanire quella bella ma attempata signora cheè l'opera. Per tutta la stagione, quando si parlerà diopera, lo si farà sotto un cielo, dipinto di azzurro. Lanuova campagna di comunicazione dell'Opera diRoma si tinge di azzurro... ' il pomeriggio è sempreazzurro'... Sul fondo azzurro, campeggeranno pertutta la stagione ora un ventaglio, ora un papillon,ora una rosa ora una bombetta. Insomma ce ne èper tutti i gusti e per tutte le età. Che altro si può de-siderare? Ci hanno riferito che, non appena la cam-pagna azzurra è stata diffusa, si sono create fileinterminabili al botteghino di Piazza Gigli, e ormaitutte le recite di opera e balletto della stagione - uncentinaio circa, con un incremento del 50% sulla sta-gione precedente – sono quasi esaurite. Stessa sortesi annuncia per le stagioni a venire.L'esempio riuscito dell'Opera ha contagiato il SanCarlo e La Scala ed altri teatri, salvo il Carlo 'Infelice'di Genova' alle prese con i contratti di solidarietà -altro che nuova campagna promozionale!- edanche Santa Cecilia che ha rinnovato, nel segnodella modernità, il suo storico marchietto, coloran-dolo con i colori della attualità, e rimandando, diconseguenza, in soffitta quello antico, semplice eforse anche elegante per taluni, ma poco attraente,secondo l'Accademia, per la massa. E non è la primavolta che accade. Questi svecchiamenti fanno lagioia delle agenzie di pubblicità. L'epidemia dellosvecchiamento, dunque, s'è diffusa da Roma in tuttaItalia, toccando teatri e storiche istituzioni. La sem-plice lettura delle nuove campagne pubblicitarieconvincerà della bontà della ricetta 'Mollicone'. Tuttivogliono svecchiare, perchè solo svecchiando - hadimostrato Mollicone, dati alla mano - si hanno lesale piene. Lo prendiamo in parola. (P.A.)

Fogli d’Album

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Presentato il progetto delleOrchestre e Cori Giovanili inItalia. La Scuola di Musica diFiesole ha ospitato il lancio

del “Sistema” nazionale delleorchestre sinfoniche e dei cori

infantili e giovanili, voluto esostenuto da Claudio Abbado,

che ha proposto di adattareall’Italia il celebre “Sistema”

creato in Venezuela quasi 35anni fa dal musicista, econo-

mista e allora ministro JoséAntonio Abreu.

IL “SISTEMA” ITALIANO di Giulia Veneziano

annuncio di Abbado, la scorsa primavera, nellatrasmissione di Fabio Fazio “Che tempo che fa” hascatenato gli entusiasmi di centinaia di operatorimusicali italiani. Dal febbraio 2010, per sua volontà,si sono riuniti a Fiesole esperti di diverse regioni ita-liane per delineare la fattibilità del progetto, mentreFederculture ha collaborato alla stesura di un pro-getto di legge sullo stesso soggetto, attualmente inattesa di discussione alla Camera, il quale ha già ilconsenso entusiastico del presidente Napolitano,sotto il cui Alto Patronato, e in collaborazione con leprincipali associazioni di “volontariato musicale” ita-liane e con l’Associazione Nazionale dei Critici Musi-cali e del CEMAT, è stato organizzato dalla Scuola dimusica di Fiesole, col fattivo concorso di Federcul-

ture, il convegno che annunciava il lancio del “Si-stema” italiano e che ha evidenziato, nel corso deivari interventi, come il coinvolgimento nella praticamusicale d’insieme dei giovanissimi – la base del si-stema venezuelano – sia la più potente alternativa alprogressivo abbandono di interessi del mondo con-temporaneo, che nell’universo minorile penalizzaminoranze, poveri e deboli. Un brivido d’emozioneha scosso i presenti quando Maria Gabriella Laydell’Organizzazione Internazionale del Lavoro (Na-zioni Unite) a Ginevra, ha mostrato un video sulla si-tuazione dello sfruttamento dei bambini,sottolineando il ruolo della musica che dice “no al la-voro minorile”. Le caratteristiche del futuro “Sistema”italiano sono state presentate dai due organismi at-tuatori: Roberto Grossi, presidente di Federculture,

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NOVITA’

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che ne ha illustrato i particolari organizzativi; e An-drea Lucchesini, direttore artistico della Scuola dimusica di Fiesole, la parte didattica. Il sistema ita-liano delle Orchestre Giovanili si configurerà comeuna rete nazionale – coordinata da un Comitato Pro-motore centrale - composta da esperienze locali, i“nuclei”, distribuiti su base regionale con un livellointermedio di coordinamento tra centro e periferie.In pratica i “nuclei”, che riflettono le realtà culturali esociali delle diverse aree geografiche italiane e dun-que nascono dove è possibile creare una sperimen-tazione con bambini tra i 4 e i 14 anni, dovrannoapplicare il piano didattico-educativo predispostodalla Scuola di Musica di Fiesole, che garantirà il li-vello di qualità dei docenti, sotto la tutela ideale deidue presidenti onorari del progetto, Abreu e Ab-bado, e con un comitato composto dai due soci fon-datori (Fiesole e Federculture) e 7 membri scelti traesperti italiani. Il progetto si rivolgerà a tutti i bam-bini italiani - priorità assoluta alle periferie degradatedelle nostre città - che dovranno suonare insieme findal primo giorno, secondo il metodo Abreu. Sarà la più grande operazione di avvicinamento allamusica della gioventù mai tentato in Italia. Ogni Re-gione dovrà avere il suo centro organizzativo, soste-nuto da appositi finanziamenti. Alcune regioni, giàpronte a partire, a Fiesole hanno siglato accordi con irispettivi enti territoriali, come nel caso dell’Orche-stra Internazionale per la pace “Pequeñas huellas –Piccole impronte” fondata da Sabina Colonna Preti,con sede a Torino ( Music@ ne ha parlato per boccadella sua fondatrice), che coinvolge bambini e ra-gazzi di tutto il mondo per portare un messaggio dipace e di fratellanza per il diritto di tutti i bambini adavere un’infanzia serena. Presentati anche altri espe-rimenti, come quelli in via di attuazione in quartieridifficili, come quello della “Sanitansemble - di Napolio quello di prossima realizzazione alle Piagge, a Fi-renze. Presentando la situazione dell’Italia meridio-nale, Dinko Fabris ha parlato del fermento che inPuglia e in Basilicata si sta creando intorno al pro-getto italiano, con il coinvolgimento di alcune realtàgià operative nel territorio; molto attiva e recettiva èapparsa anche l’aria emiliana, come hanno rimarcatogli interventi di Giuseppe Gherpelli (I Teatri di ReggioEmilia) e di Gisella Belgeri (Cemat). Fra i tanti interventi, particolarmente interessantisono apparsi quello di natura pedagogica “Musica esviluppo: ‘tutti i bambini hanno bisogno di musica’. Iruoli della musica nello sviluppo del bambino”;quello di Andrea Lucchesini sull’esperienza direttadella Scuola di Fiesole con la sue Orchestre Giovanilie, soprattutto, quello di Luigi Berlinguer (firmatariodi un progetto di legge per introdurre l’educazionemusicale in tutte le scuole italiane di ogni ordine, apartire dalle elementari) che ha sottolineato come il“diritto alla musica” debba appartenere a tutti sin

dall’infanzia come materia curricolare fondamentalenella formazione dei bambini, non come disciplinarelegata ad una élite privilegiata e ricca. Sostegnoistituzionale al progetto è venuto dal Ministero, in-serendo i Conservatori di Musica italiani nel pro-getto didattico, per un coordinamento possibile trale istituzioni tradizionali preposte all’insegnamentodella musica e la nuova realtà italiana del “Sistema” . A sostegno della diffusione in Italia del 'Sistema' ve-nezuelano è stato realizzato da Cristiano Barbarossail documentario 'A slum symphony' (Allegro cre-scendo), premiato al Roma Fiction Fest, trasmesso a“Che tempo che fa”, l’11 dicembre e, nei prossimimesi, presentato in molte città. Forse la musica inItalia sta per cambiare. @

Messaggio di Claudio Abbado, assente

Desidero salutare tutti gli amici riuniti a Fiesole per un progettonel quale convivono due aspirazioni. La prima è quella di rendereomaggio a José Antonio Abreu e alle sue realizzazioni. Abbiamocercato, con alcuni amici musicisti, di accrescere e rafforzare ulte-riormente "El Sistema" da lui ideato in Venezuela, che coinvolgeun numero enorme di ragazzi: oggi sono più di 400.000 e oltre 2milioni dall'avvio del progetto 35 anni fa. Abbiamo portato la no-stra esperienza facendo concerti, insegnando, avvicinando sem-pre più musicisti europei che andassero in Venezuela a portare ilproprio contributo. La seconda aspirazione è quella di aiutare atrasferire in Italia i principi fondamentali del Sistema Abreu. Tant'èvero che, a imitazione del modello venezuelano, in ogni Regioneitaliana sono già sbocciate molte realtà che è bene ora portare inun alveo comune. I motivi per i quali è urgente e necessario im-portare nel nostro Paese questa realtà sono diversi. In primoluogo perché è chiaro a tutti che "così non va", che qualcosa, nellanostra società, va fatta. Non sono purtroppo assenti, anche danoi, sacche di povertà e disagio dove le prime e più vulnerabilivittime sono i ragazzi. Basterebbero gli esempi segnalati da Ro-berto Saviano, altra persona a cui tutti dovremmo rispetto per ilcoraggio con cui continua a denunciare queste situazioni. E alloraecco che fare musica insieme, studiarla e praticarla sono tuttistrumenti che rendono possibile il riscatto. Abreu lo ha chiara-mente dimostrato a tutto il mondo. Una seconda ragione, nonmeno importante. La gioventù è stata letteralmente depredata diprospettive credibili, per le quali valga lo sforzo e la gioia dellarealizzazione. Non solo chi è nel disagio, ma forse ancor più chiabita il benessere, viene manipolato per diventare un conformi-sta, un animale compratore, un ebete che si nutre solo di superfi-cialità. Una vita piena di musica e di cultura è sicuramente unargine a tutto ciò. Chi ha avuto il privilegio di crescervi faccia,come proviamo a fare oggi, qualcosa perché altri vi crescano aloro volta.

NOVITA’

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INTERVISTA

ove nasce il suo forte le-game con la musica ?

Ottenni nel 1949 dalle Radio Au-dizioni Italiane (RAI), il permessodi assistere alle prove ed alle ese-cuzioni musicali delle varie orche-stre. Per un anno intero mirannicchiavo tra gli orchestralijazz o di musica classica, con lemie tele, i miei fogli di carta, i mieicolori. Quando ebbi molti quadri,decisi di esporli. Cercavo qual-cuno per scrivere una presenta-zione alle mie opere e per questodecisi che musicisti, direttori d’or-chestra o compositori fossero ipiù indicati. L’amico Jacopo Recu-pero, professore d’arte che lavo-rava con Palma Bucarelli al Museod’arte moderna di Roma, mi sug-gerì di andare da Ildebrando Piz-zetti e Franco Ferrara. Pizzettiguardò i miei quadri e trovava inognuno l’esatto brano che avevovoluto descrivere: quando adesempio diceva “questo è un not-turno di Chopin”, dietro al quadroavevo già scritto lo stesso ti-tolo…..

Franco Ferrara, il celebre diret-tore, è stato il suo più caroamico?

Si, siamo stati grandi amici. Face-vamo lunghe chiacchierate. Fra dinoi c’era una grande stima. Miascoltava, a volte chiedeva consi-glio, spesso me ne dava. La suaamicizia mi aiutò ad interpretarele melodie con i giusti colori. Fer-rara era nato pianista, cresciuto

sica da film, forse perché lo impe-gnavano diversamente dal puntodi vista emozionale. Franco Ferrara era una bella per-sona dentro e fuori, dotato di par-ticolare eleganza, grande bontà egigantesca cultura musicale. Ciò nonostante era timido e riser-vato, ed aveva il pregio di saperparlare ed ascoltare.

Le sue frequentazioni musicalinon erano limitate a Franco Fer-rara?

Fra gli amici più cari di Ferrarac'erano Nino Rota e Franco Man-nino. Ricordo una serata a casa diLuchino Visconti. Mannino ralle-grava la serata suonando il piano.Fra i presenti, Ehrenburg e Pi-casso. Grazie anche a Ferrara, Morricone,Pizzetti e Mannino, sono riuscita acolorare le note della mia vita.

Per conoscere Eva Fischerwww.evafischer.com

violinista e diventato ottimo diret-tore d’orchestra, fra i più famosi.La musica era veramente tuttoper lui. Era meticoloso quasi finoall’ossessione. Come io vivo di co-lori, lui si nutriva di note.

Eppure un giorno dovette smet-tere di dirigere. Troppo presto.Ne avete mai parlato?

Sì. Quandosmise bru-scamente didirigereconcertimolti ne vi-dero lecause in unao più malat-tie, spessotra le piùfantasiose,per non diresurreali. Ef-fettiva-mente ilmotivo per il quale dovette inter-rompere parte della sua profes-sione, era che spesso sveniva,talvolta ruzzolando pericolosa-mente giù dal podio. Mi confessòche aveva scoperto l’esatta ra-gione della sua momentanea per-dita di conoscenza nell’averdistinto una nota falsa: esatta-mente come se al posto di unaboccata di ossigeno, ne facesseuna di cloroformio.Un suo amico viennese pregò meed altri suoi amici, di convincerloa dirigere una serie di concerti inAustria… ce l’avevo quasi fattama all’ultimo Ferrara desistette.Da allora diresse soprattutto mu-

Incontro con la pittrice Eva Fischer

Io dipingo la musicadi Alan David Baumann

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IL GRANDE CONCERTO AL TEATRO SAN CARLO DI NAPOLIPRO FRATELLI VENETI E FRIULANI

apoli non ha voluto essere seconda alle altrecittà italiane nell’ospitalità e nell’opera di soccorsoverso i profughi del Veneto. Molti comitati sono sorticome d’incanto e tutti fanno del loro meglio per alle-viare la sventura di tante famiglie strappate alle loroterre ed alle loro case. Il Comm. Augusto Laganà, ilfervido e fattivo impresario del Teatro San Carlo,ebbe l’idea di un grande concerto e non interposeindugio a tradurre l’idea in azione. Diramò innanzi-tutto un largo invito ai rappresentanti dell’alto com-mercio e dell’alta finanza, e nel primo convegno,dovendosi provvedere alla presidenza del Comitato,tutte le volontà si accodarono per acclamazione nelnome della signorina Maria De Sanna, la degna fi-gliuola del Comm. Roberto De Sanna, la cui figura ela cui opera, non può essere dimenticata dai napole-tani.La giovanissima presidente - una figura muliebre digentilezza squisita, di larga cultura e di moderni in-tendimenti - si occupò con fervore della compila-zione del programma, desiderosa che questo fossedegno del grande pubblico nostro. Ed ecco un bre-vissimo resoconto del concerto, datosi nel pomerig-gio del giorno 9 dicembre.

-Marcia reale:inno inglese:inno americano: Marsi-gliese.-Lettura fatta da Roberto Bracco di un suo breve di-scorso traboccante di di tenerezza e di italianità.-Esecuzione della Ciaccona per violino del Vitali, do-vuta all’alta maestria di Arrigo Serato.-Esecuzione del Concerto di Grieg, per pianofortecon accompagnamento di orchestra. Sedeva al pia-noforte Adriana Gianturco, una giovane artista disquisito intelletto, la quale si è fatta ammirare so-prattutto per la soavità e la purezza del suono.-Serie di favole romanesche saporosamente detteda Trilussa. Richieste di bis.-Esecuszione del prologo di Mefistofele, con l’inter-vento del basso Mugnoz. Ottima concertazione daparte dell’illustre direttore Giuseppe Baroni.-Esecuzione calda ed impetuosa della Ouverture deiVespri Siciliani.-Serie di bozzetti in versi napoletani squisitamentedetti da Ernesto Murolo. Richieste di bis.- Esecuzione di due tempi del Concerto per violinodi Vieniawski fatta con mirabile slancio e con grandeespressione da Arrigo Serato. Richieste di bis.- Esecuzione di un’Aria di Pergolesi e di un branodella Lakmè di Leo Délibes dovuta all’eccezionaleartista Graziella Pareto. La Pareto era febbricitante:nondimento la sua ugola fu meravigliosa. Richiestedi bis.- Calda e vibrante esecuzione corale ed orchestraledell’Inno di Mameli. - Marcia reale.Grandi applausi a tutti gli artisti e grande soddisfa-zione dell’enorme pubblico accorso all’eccezionaleconvegno.Noi plaudiamo con la penna a tutti gli artisti - primofra tutti a Roberto Bracco - e mandiamo speciali con-gratulazioni alla Signorina Maria De Sanna, alComm. Laganà, al Maestro Baroni, i tre principali fat-tori del grande avvenimento.L’incasso ha raggiunto la considerevole cifra di Liretrentamila.

(da L’Arte pianistica. Mensile diretto daAlessandro Longo. Napoli, 15 dicembre

1917. Anno IV. N. 12 )

Fogli d’Album

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A colloquio con Giovanni Bellucci

Chopin, Schumann ed anche Liszt A due secoli dalla nascita di due grandi musicisti, Chopin e Schumann, e sulla soglia di un terzo bicen-tenario, quello lisztiano, incontriamo un interprete acuto e personale che di Liszt, soprattutto, e dellasua poetica è considerato oggi l'esegeta più fiero e credibile.

di Umberto Padroni

A colloquio con Giovanni Bellucci

Chopin, Schumann ed anche Liszt A due secoli dalla nascita di due grandi musicisti, Chopin e Schumann, e sulla soglia di un terzo bicen-tenario, quello lisztiano, incontriamo un interprete acuto e personale che di Liszt, soprattutto, e dellasua poetica è considerato oggi l'esegeta più fiero e credibile.

di Umberto Padroni

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INTERVISTA

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ono trascorsi duecento annidalla nascita di Fryderyk Chopine di Robert Schumann; due im-mense presenze nella musicamoderna accomunate in modoforse addirittura emblematicoalmeno nella nascita: più gio-vane Schumann di qualchemese.

È una cosa davvero sorprendente:trovarsi a ricordare nel bicentena-rio della nascita due compositoridi questa statura, quando di essisi eseguono continuamente leopere e dei quali si ritiene di sa-pere tutto, o quasi tutto. La cele-brazione imposta dallecircostanze obbliga comunque,finalmente, il mondo della musicaa riflettere, ad esempio, sull’operadi Chopin che negli anni è stata ri-petutamente, incessantementeproposta a tutte le latitudini, èstata oggetto di approfondi-mento, anche ampio, e cono-sciuta - o creduto di conoscere.Dal rapporto dei due - nati nellastessa stagione ma in Polonia e inGermania: luoghi diversissimi,lontanissimi tra loro, anche cultu-ralmente - emerge l’inevitabile di-versità; ma essi accomunatinell’intenzione celebrativa, mo-strano di partecipare a quel movi-mento che noi un po’genericamente definiamo “Ro-manticismo”, e le loro caratteristi-che impongono approcciprofondamente diversi che peròpossono rivelare aspetti anchecomplementari. Ci sono moltipunti di contatto tra loro: anzi-tutto Schumann risente ancoraoggi, nell’esecuzione delle sueopere in pubblico, di uno dei pro-blemi fondamentali: quello di unasottigliezza di espressione che loportava, se si può dire, a vertici as-soluti della capacità di interpre-tare, nella più piccola inflessioneagogica, o più ampiamente strut-turale, di un brano, episodi di vitavissuta: Schumann è capace di

già personale, noto distacco: “Miha scritto un tedesco…” Anche daquesto episodio emerge la lungi-miranza di Schumann, che capìben presto il peso della presenzadel giovane Chopin nella musicadi quel tempo; ma già si colgono idue diversi caratteri: quello diSchumann, di un giovane uomod’arte e di cultura, portato alla ri-cerca, alla curiosità, e aperto allacomunicazione, alla partecipa-zione, portato alla scoperta e acondividere con il prossimo i risul-tati della propria ricerca, anche in-tellettuale: un veicolatore di alticoncetti, e un propositore, entu-siasta e persino eccitato, di idee divalore: non a caso fondatore diuna rivista musicale, la “Neue Zeit-schrift für Musik”; e Chopin chereagisce con la diffidenza tipica dicolui che, intanto è messo un po’in imbarazzo dalla attenzione di-retta, e poi probabilmente nonvede chiaro, pur intuendo e forseinterpretando non positivamentele parole encomiastiche di Schu-mann, e soprattutto le compara-zioni tra le idee musicali delle'Variazioni' e le immagini realisuggerite dal momento teatrale:ad esempio Zerlina che viene ba-ciata, proprio là, sul si bemolle…Chopin si è fatto conoscere, eanche oggi la sua identità è con-fermata, come un musicista inte-grale, lontano da contaminazioniletterarie, ed estraneo a significatipalesemente extramusicali; unesempio è il 'Notturno' op.15, n.3,una pagina misteriosa che ter-mina in una forma aperta, su cuiegli scrive “religioso”; all’atto dellapubblicazione l’editore stava perapporre il titolo che effettiva-mente l’autore aveva indicato: 'Dauna rappresentazione di Amleto';all’ultimo momento però lostesso Chopin bloccò l’editore:“Non scrivetelo; chi sarà in gradodi capirlo lo sentirà comunque, al-trimenti non ne vale la pena”. Ilsuggerire il carattere del pezzo, glisarà sembrato qualcosa di nega-tivo. Vorrei fermarmi un attimo sulconcetto del 'suggerimento' del

'raccontare' la realtà, attraverso ilsuono, senza l’ausilio dei mezzidella semantica letteraria, più fe-licemente di quanto egli stessofosse poi in grado di affermareverbalmente. Quello che a meparticolarmente interessa nel-l’arte di Schumann è la presenzadi una sorta di 'visionarietà reale'vissuta a fondo con una straordi-naria libertà e disinibizione, che loporta ad essere talvolta un com-positore frainteso, e conseguen-temente di difficile collocazioneper un pubblico, soprattuttocome quello italiano, che è por-tato ad associare alla musica si-gnificati prossimi a concettiispirati dalla parola o comunqueletterari. Schumann è un perso-naggio di somma cultura: bastileggere i suoi scritti per rendersiconto della straordinaria confi-denza, persino della familiarità,con la pagina scritta; qualchevolta era, come dire, logorroico,altre era addirittura lapidario; iofui molto colpito da alcune sueespressioni su cose ascoltate inconcerto: egli detestava Meyer-beer e in occasione di una rappre-sentazione del 'Profeta', ilcommento di Schumann fu sem-plicemente un segno di crocesulla pagina del suo diario, sinte-tizzando in modo inequivoco ilgiudizio su questa musica. In quelcaso egli espresse in termini chia-rissimi la propria opinione (sor-ride).Cosa emerge dal confronto diqueste due grandissimi composi-tori - i quali si incontrano in modovirtuale, e in questo senso sonocertamente modernissimi? Schu-mann recensisce un’opera giova-nile di Chopin per pianoforte eorchestra, le 'Variazioni sul tema“Là ci darem la mano” di Mozart '(1827), senza che i Due si sianomai incontrati, e nemmeno scritti:è curiosa la loro relazione, come sidiceva: virtuale, avviata dalla re-censione per mano del già auto-revole, attentissimo coetaneotedesco. Chopin avrebbe comu-nicato l’accadimento ai suoi con il

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carattere di un’opera: eliminare lapossibilità di suggerire il caratteresecondo me è l’ultima frontierache permette a Chopin di non im-mischiarsi nelle faccende dell’ese-cutore che si accinge a farerivivere nel suono le sue opere.Questo è un punto che nessunoha mai analizzato in profondità, eche invece deriva da una compo-nente specifica, molto impor-tante, della scrittura chopiniana. Ame è capitato di notare affron-tando 'trascrizioni' busoniane dipagine di Chopin, come la 'Po-lacca in la bem.magg.' op.53“Eroica”, dove il “ritocco” ad operadi Ferruccio Busoni porta inesora-bilmente a una ridistribuzione trale due mani delle stesse notescritte dal Polacco - non appareuna modifica sostanziale del testo- che porta a una concezione deltimbro di stampo “sinfonico”quindi, comunque, a una “ristru-mentazione” dell’idea musicaleastratta originaria. Invece nellascrittura chopiniana si riscontrauna forte diffidenza nei confrontidel pianista che andrà ad eseguirel’opera, e questo atteggiamentoumano si traduce anche nelmodo di scrivere, perché: Chopinprevede tutto, con assoluta preci-sone; talvolta si nota una voce po-lifonicamente intermedia - che inorchestra potrebbe figurare adesempio in una fanfara di ottoni,o una sottolineatura delle viole, ein questo caso Chopin distribui-sce la voce tra le due mani inmodo che il pianista possa eserci-tare sempre il controllo fisico, eanche timbrico, dell’esecuzione:se vogliamo, programmato dal-l’uso, in quel passo, della manodestra piuttosto che della manosinistra. Chopin ha previsto davvero tutto;ha calcolato anche che il pianistanon debba riflettere su che diteg-giatura scegliere, o come disporrela mano sulla tastiera poiché tuttociò è componente primaria diquello che sarà la risultante tim-brica, quindi dell’interpretazionedell’opera.

faccende dell’esecutore; il di-stacco da questo problema e ladifesa dei valori della sua musicalo induce dunque a non indicareespressamente almeno il 'signifi-cato dell’opera': come dire: “Io tiporgo il pezzo da realizzare fisica-mente; tu mira con le tue forze amettere in chiaro quello che io in-tendessi dire…”.Purtroppo questa sua omissioneconcettuale ha causato un per-corso, nella tradizione esecutiva, afar data proprio dalla morte delgrande Polacco ad oggi, acciden-tatissimo; ma questa strada pienadi buche, di difficoltà e di perigliche è stata l’interpretazione dellamusica di Chopin, è andata via viaappiattendosi fino a ridursi in de-finitiva a un’ombra di quello chepoteva essere la versatilità, l’im-palpabilità del messaggio. La con-notazione magica della suamusica, così precisata da Liszt, e

La lontananza dalla tecnica diLiszt è concettualmente rilevante.

Sì. Franz Liszt ha composto te-nendo sempre in altissima consi-derazione la forma mentis, lacultura, e l’intuizione dell’esecu-tore che avrebbe letto il suo spar-tito. Egli scrive sottointendendoche il pianista capisca, mentreChopin compone con la riservamentale che il pianista non sia ingrado di comprendere, quindi eglisi preoccupa di porgere la paginadotata di ogni raffinata indica-zione. Questa forma di disprezzoumano, mi si perdoni l’espressioneforte, nutrita da Chopin nella suatorre, se non d’avorio, certamented’oro e di diamanti - nella qualeegli legittimamente dimora, e di-morerà per sempre - è l’ultimafrontiera che lo tiene lontano dalle

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proprio con l’utilizzo di questoaggettivo - egli definiva Chopin il'compositore delle magie' - ha de-finito mirabilmente il Polacco, cosìdotato di quella forse innata ric-chezza armonica, che ha indottoRobert Schumann-Eusebio a di-chiarare nel 1836 che “Le opere diChopin sono cannoni sepoltisotto i fiori”. Questa è una magni-fica definizione perché ancorauna volta ci fa capire quanto delladensità della propria musica Cho-pin si sia avvalso come di un “ca-vallo di Troia” nel fare accettareraffinatezze armoniche, polifoni-che, timbriche, anche strutturali,così lontane dal sentire contem-poraneo: caratteristiche che ci au-torizzano a guardare a lui nontanto come a un precursore, ma aun attivo geniale aderente a quelmovimento - l’Impressionismo -che sarebbe fiorito in Francia oltremezzo secolo dopo. Pensiamo almiracolo della 'Berceuse' (1844) incui il suono rarefatto apparecome una componente siderale,proveniente da un’altra dimen-sione, utilizzando delle forme mu-sicali che erano quanto di piùriuscito ed efficace dal punto divista del marketing: valzer, mazur-che, polacche, danze di tutti i ge-neri rivelano l’intenzione di farsiaccettare a un livello, come dire,popolare e occultare in qualchemodo la sua aristocratica profon-dità e il distaccato anticonformi-smo che si evidenziano invece auna analisi strettamente musicale. C’è un altro aspetto nella figuracreativa di Chopin assai poco fre-quentato, ma importante quandoqueste parole si rivolgano a unesecutore: qual è il percorso a ri-troso che noi dobbiamo cercaredi compiere alla ricerca delle in-tenzioni originarie da rendere evi-denti al pubblico dei fruitori. Sideve tenere ben presente che noiviviamo in un’epoca e in unmondo in cui la sofferenza è undato esistenziale negativo da eli-minare, o quanto meno da can-cellare, da esorcizzare; lapsicologia vive di questo, la civiltà

occidentale “opulenta” mostramodelli naturalmente irraggiungi-bili che orientano a condizioniastratte: per quanto noi ci si im-ponga di fare astrazione dal no-stro tempo, per non andarelontano, nessuno ignora comequesta realtà abbia ad esempioprodotto interpreti che perquanto mostrino di sforzarsi acompenetrare la sofferenza di unuomo come Ludwig van Beetho-ven, i più in vista vivono in alber-ghi a cinque stelle; nessuno diloro aspirerebbe mai ad una auto-flagellazione tale da vivere unasola giornata degli anni vissutinella sofferenza da quell’immensoartista. Ma è comunque necessa-rio almeno cercare di avvicinaremolto umilmente questa condi-zione.

Sembra inevitabile una digres-sione nelle biografie

Chopin viveva in una condizioneterribile; al termine della sua nonfelice vita visse in situazioni addi-rittura disumane; io ho avuto l’oc-casione di conoscere discendentidi una famiglia che era accanto alui, attraverso George Sand, maanche di parenti della sua fami-glia, di origine franco-alsaziana, iquali mi hanno raccontato qual-che aspetto degli ultimi mesi delcompositore in cui le condizionidella vita quotidiana del malatoerano talmente pesanti da impe-dirgli di spostarsi in modo auto-nomo dal suo letto,nell’appartamento parigino al n°12 di Place Vendôme, di cui pieto-samente gli era pagata dagliamici la metà della pigione (que-sto è un argomento che oggi, peraltri versi, è di viva attualità) fa-cendogli credere che la sommache egli aveva accettato di versarecopriva ogni spesa: solo così gli fupossibile vivere lo scorcioestremo dell’esistenza, in cui leforze lo avevano abbandonato atal punto che egli, quando sen-tiva di poterselo concedere, per

uscire un poco di casa, si facevaportare in carrozza, dalla qualeevitava di scendere, per provve-dersi delle vivande necessarie allagiornata e il bottegaio si premu-rava di raggiungerlo con i cartoccidei modesti acquisti.A questo contesto teso e dolo-roso - e così difficile, come ho vo-luto accennare, con l’inesorabilecondanna della malattia che Cho-pin, perdipiù emigrato per ragionipolitiche, conosceva bene - rap-porterei il forte influsso letterariodi denso spessore romantico. Leletture che non potevano nonemozionare Schumann e Liszt e,dall’altra parte della barricata,Chopin, non partecipavano solocome sfondo di questo scenario,ma facevano parte integrantedella vita culturale e spiritualedella categoria di artisti più sensi-bile. Al 'Konrad Wallenrod' - il poematurgido di sentimenti e di passionicomposto nel 1828 da Adam Mic-kiewicz, il poeta nazionale po-lacco, anch’egli emigrato a Parigi -è sicuramente ispirata la 'Ballatan.1 in sol min.' (dedicata nel 1835al barone von Stockhausen, men-tre a Mickiewicz Chopin dedicòinvece due dei 'Diciassette CantiPolacchi' op.74) come l’autoreconfidò a Schumann. Chopin ese-guì la Ballata a Schumann, il qualepoi ne riferì pubblicamente, defi-nendola, tra l’altro, “musica sel-vaggia”. 'Konrad Wallenrod', unautentico best-seller dell’epocafra gli emigrati polacchi, inizia ri-traendo la Germania che affoganel proprio sangue per manodella micidiale armata russa; iniziadunque con l’utilizzo di termini eimmagini talmente forti e crudiche, in altro ambito, portano allamemoria le letture di un giovanedalla personalità “aerea”, del tuttodiversa, quasi un sognatore, comeFranz Schubert, il quale, pocoprima di morire, si appassionavaalla lettura dell’'Ultimo dei Mohi-cani' di James Fenimore Cooper,una novità ancora non edulco-rata, che, irta di efferatezze e di

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atrocità, indulgeva a cose terrifi-canti. Ora, considerata la relativabrevità dell’esistenza e conside-rata anche la sostanziale ferociadella natura umana, sembra dav-vero fuori luogo pensare, in que-sto caso, alla musica chopinianasotto la specie della graziosità,della gentilezza, della dolcezza,del soft-mood: una creatività as-solutamente non alimentata inquesti termini!...

…radicata invece in una condi-zione di sofferenza, come anchenel caso di Schumann.

Ma certo! Nel caso di Schumann siapre inoltre il terribile capitolodell’accettazione della sofferenzaquale causa di ciò che passa sottoil nome di follia, quindi dell’allon-tanamento definitivo dalla logicadel reale, per sconfinare nell’irre-altà, nell’incomprensibilità, nell’in-comunicabilità. Quale musica haoggi compito di comunicare, nelmodo più intenso, più potente senon quella che a suo tempo ve-niva definita incomprensibile?

…e che oggi consumiamo inmodo troppo spesso astratta-mente compiaciuto, alienato,acritico, e addirittura disciolta inuna impoverita connotazioneautoreferenziata.

Per la verità ciò accade soprat-tutto perché alla nostra epoca èsfuggito l’aggancio con la fonte,con la forte temperie originaria;non tutti hanno la possibilità dileggere uno spartito o una parti-tura musicale; molti invece ascol-tano musica; naturalmente letracce delle caratteristiche che s’èdetto, non si trovano nelle esecu-zioni astrattamente idealizzate esostanzialmente riduttive che noiassumiamo quasi a identifica-zione di un modello di stile, o diun genere; questo, corrente, è unmodello per alcuni versi apprez-zabile, che contiene dei valori, ma

sentire, traggono la loro origine,e originalità, dal dramma.

Assolutamente. Io credo forte-mente - è una mia idea personale- che oggi la musica debba avereil ruolo che nella Grecia anticaaveva la tragedia, ovvero: non ri-proporre ciò che di rassicurantescorre nel tessuto della società,ma fare vivere ciò che di ance-strale c’è in noi, e che per fortunaoggi la società ha eliminato sottocerti aspetti; ma la grande arteforse ci aiuterebbe ad apprezzaremaggiormente alcune compo-nenti positive del “progresso”umano e sociale, che io preferisco

è comunque lontano, ovvia-mente nel tempo, ma soprat-tutto nello spirito perché iriferimenti sono differenti, radi-calmente diversi: la vita è di-versa, i riferimenti ai rapportidella società sono diversi e, co-munque noi apparteniamo auna civiltà che, soprattutto dopola seconda guerra mondiale, si èallontanata a velocità vertigi-nosa dalla realtà di cui si diceva.

Anzi oggi si intende accreditarecome primarie una serie dicomponenti, e situazioni, este-tiche e storiche identificateprincipalmente in ambito edo-nistico, quando invece, a ben

Straniero in Patria

Straniero è il romanissimo Giovanni Bellucci; e la patria in questione è l'Italia.La 'sua' patria cioè, ma anche la nostra. Succede a lui ciò che succede tuttora- ed è già successo in passato - a tanti altri valorosi musicisti italiani, e chetante volte, qui o in altra sede, abbiamo denunciato, nella speranza che qual-cosa cambi. Perchè accade qualcosa di vergognoso: e cioè che un musicistadel suo valore, giovane e prestante, stimato ed osannato nel mondo, con un ca-talogo discografico di grande impegno e sudore ed ormai ricchissimo di titoli,sia praticamente ignorato in patria, dove da sedicenti direttori artistici, piutto-sto ragionieri ed affaristi, gli vengono preferiti coetanei ma stranieri, e senzaneppure il palmares interpretativo che a Bellucci nessuno potrà più strappare.E ciò accade anche quando, per effetto della crisi in atto, una naturale saggezzadovrebbe suggerire - come fanno del resto nazioni più sagge ed oneste - lascelta di un interprete indigeno, di uguale se non superiore valore di quellostraniero. In Italia non si fa, non si è mai fatto, salvo nel caso in cui si appartengaa mafie e società segrete o si abbiano affari in comune con agenti potenti, peri quali il valore musicale di un interprete è l'ultimo dei pensieri.Infinite volte abbiamo detto anche in pubblico ai rappresentanti di impor-tanti istituzioni musicali che ciò era assurdo oltre che antieconomico. E pernoi, aggiungiamo, anche legalmente sanzionabile. I signori della diligenzahanno sempre tirato in ballo la libertà del direttore artistico, o di colui checon un eufemismo chiamano 'direttore artistico'. Come se noi non sapessimoleggere fra le righe di programmi e cartelloni e dedurne intrecci, scambi, fa-vori molto poco artistici. A questa storia - che lo ripetiamo: non interessasolo Bellucci, benchè il suo sia il caso più eclatante - occorre porre fine. E sipuò. Il ministro Bondi, che in nome dell'onestà e della responsabilità si senteimpegnato a salvare la musica in Italia, tagliando il FUS, cominci a disporre,con una circolare del suo direttore generale Nastasi, che le istituzioni musi-cali finanziate con denaro pubblico sono tenute a preferire - anche per viadella crisi, ma non esclusivamente per questo, perchè non si tratta di fare be-neficienza - interpreti italiani, come fanno in linea di principio nazioni nostresorelle. E prescriva anche che nelle istituzione di maggior prestigio, non pos-sano per più di due volte restare negli stessi incarichi direttivi le medesimepersone. Così si romperebbe quel circuito anche affaristico che è alla base dideterminate scelte che hanno penalizzato alcuni nostri interpreti di grandevalore, osannati e tenuti in palmo di mano, come meritano, all'estero. E inpatria, invece, no. ( P.A.)

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definire “adattamento”, e le moltealtre componenti che invece ab-biamo smarrito irrimediabilmentee che ovviamente non possonoessere concretamente ricuperate.La musica potrebbe, a mio avviso,impedirci di perdere il contattocon quella sfera intima, ancestraledi noi stessi, ma anzi aiutarci arievocare con forza quelle voci equei sentimenti che noi, distratti,ormai non ascoltiamo più. Tor-nando a Schumann e alla sua ge-nerosità intellettuale: il sapere,diversamente da Chopin, accet-tare, apprezzare, e al limite, idola-trare i suoi colleghi, o compagnid’arte, più dotati, rende peraltroevidente una delle sue debolezze:la cedevole apertura della strut-tura caratteriale che lo ha portatoad essere nell’amore legato a unadonna di grandissimo talento mu-sicale, ma soprattutto nata per es-sere “l’interprete”, come lo siconcepiva all’epoca: non il veico-latore dello strazio che si agitadietro la creazione di un’opera ar-tistica, ma l’abile presentatore, eimbonitore di una folla che ac-corra all’ascolto; tanto è vero cheClara detestava Franz Liszt, cheera considerato il pianista “concet-tuale”: mentre gli altri pianisti 'se-ducono', l’Ungherese ci vuolespiegare, insegnare qualcosa;Clara Wieck sosteneva che il pub-blico dovesse essere messo nellacondizione di accettare ciò che glivenisse proposto.La selezione di opere del maritoche ella eseguiva risentiva di que-sta convinzione, e metteva in luceil bisogno che ella nutriva di averel’apprezzamento del pubblico;Clara giungeva ad influenzare Ro-bert per indurlo a riscrivere al-cune pagine in maniera piùpianistica. A me è capitato di analizzare leversioni originali di alcune pagine- versioni deliranti, se vogliamo,ma proprio per questo (sorride)pienamente “schumanniane” - enella comparazione posso affer-mare che Schumann sia stato inqualche modo condizionato,

Dopo un concerto di Giovanni Bellucci

Organizzato da “Il Pianoforte” di Verona, ha avuto luogo un prestigioso ap-puntamento concertistico con il pianista Giovanni Bellucci, dedicato a pa-gine di Fryderyk Chopin (1810-1849). È possibile riabilitare i fasti dellagrande scuola lisztiana al di là delle consolidate prassi esecutive neoclassi-che oggi imperanti ed impostesi dopo la lezione di Rubinstein, BenedettiMichelangeli e Pollini? Il giovane solista italiano e di fama soprattutto eu-ropea è in grado da solo di esserne il più acuto e persuasivo revisore. Il suopianismo, se si dovesse pensare a un parallelo possibile nel passato, alludeforse alle realizzazioni, per quanto se ne sappia, di un Anton Rubinstein,caposcuola del concertismo russo della seconda metà dell’Ottocento.Ma la vera lezione di Bellucci, di cui tutto il concerto si permeò, riguarda lalibertà del suono pianistico e la traduzione vivente del messaggio chopi-niano troppo spesso codificato in versioni eburnee che ne rendono lostile forse troppo legato ad un razionalismo strenuo.. Ma questo è unvezzo generale dell’amministrazione del suono che i grandi virtuosi delpassato (Busoni, Cortot tra tutti) avrebbero sdegnosamente rifiutato.Giovanni Bellucci si pone così alla testa di un nuovo spirito del pianismoancorché saldamente ancorato agli splendori del passato. Non si tratta diuna riabilitazione ma di uno spirito che prosegue nel solco di una moder-nissima fenomenologia del suono sentito al di là di ogni rigida testualità.Parafrasando Piero Rattalino, “è una forza della natura al di là dello spazio edel tempo (si pensi ai 'Notturni' op.15 n.2, e op.48 n.1) e sollecitato dai di-versi parametri del suono pianistico”.Bellucci conduce per mano in un viaggio affascinante e meraviglioso nellapoetica chopiniana decantandone non solo l’intimismo ai limiti del silen-zio ma in particolare quello posto in sottordine, il côté epico-eroico delcompositore sofferente e ardente il cui solo termine di riferimento uditivoè quello offerto da Vladimir Horowitz, ma al netto delle sue mirabolanti di-vagazioni strumentali che sembrano andare al di là dello statuto dellecomposizioni (Londra 1982). Ecco la 'Ballata n.1 op.23' che si precisa all’ascolto secondo uno sguardo dilungo orizzonte drammatico-espressivo. Il pianista propone di rileggereopere ormai costrette in un disegno esecutivo sclerotizzato, quasi egli lepotesse ricuperare appena uscite dalla penna ideale del compositore.Ecco i 'Sei Canti polacchi' trascritti dall’op.74 da Franz Liszt (R.145) in cui ilvirtuoso (che si dedica ad un approfondimento dell’imponente stile “or-chestrale” del compositore ungherese) accentua aspetti visionari delmelos legato a potenziare i ritmi di mazurka sottesi alla filigrana dei brani,choc per l’uditorio in quasi tutto il concerto. Qui risiede la capacità innatadi Bellucci di indurre a pensare letteralmente a come Liszt stesso avrebbestoricamente suonato Chopin.Ecco ancora, vertice della serata memorabile, la versione busoniana della'Polacca in la bem.magg. op.53' “Eroica” (1842), forse la più intensa letturamai udita per le acmi dinamiche e la congesta impostazione del fraseggio,integrato da un pedale armonico straordinario. Così lo 'Studio in do diesismin. op.10 n.4' con accenti personalissimi e il vertiginoso incalzare incal-zare del tempo ritmico. Dopo una 'Berceuse' di mirabile visionarietà la se-rata approda, in conclusione, all’abbagliante capolavoro dellosperimentalismo chopiniano, la 'Sonata n.2 in si bem.min. op.35' (Marciafunebre) che, sotto le dita del solista appare dilatarsi enormemente, cre-scere lungo un periodare che dà all’opera un nuovo statuto uditivo sfi-dando anche qui la tradizione consolidata. Quello alimentato e dominatodalla coscienza di Giovanni Bellucci è un pianismo che ama le sfide più te-merarie, e sarebbe auspicabile avere anche un saggio schumanniano diquesta forte lezione, che si accosti, per esempio, all’Humoresque e al suosincopato mirabolante, e, per converso, ai 'Gesänge der Frühe'.Caso pressoché unico nel panorama concertistico, Bellucci assume su disé, forte di un magistero tecnico di improbabile raffronto, tutta l’epica vi-sionaria di cui l’esaltazione del momento fisico dell’arte abbisogna per an-dare al di là della musica dei ragionieri del suono (nessuna riproduzionetecnologica potrà rendere l’esperienza della ”mesmerizzante” pregnanzastilistica del pianista romano) incamminato lucidamente verso un neoro-manticismo della musica di cui il nostro tempo è assetato.

ENZO FANTIN

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anche ispirato dalla sua musa, macertamente - e queste sono con-traddizioni - condizionato a talpunto da non potere essere inte-gralmente se stesso. D’altra parte:quale Schumann è se stesso?Quando parla di sé egli dice “Iosono Eusebio” e anche “Io sonoFlorestano”; egli pone già il pro-blema di una identità almenosdoppiata; oppure mostra di ac-cettare, pericolosamente, che unindividuo possa essere tutto e ilcontrario di tutto; la 'non definiti-vità' della personalità di Schu-mann che non afferma ma, casomai, mette in discussione, è iltratto che in conclusione mette ilpubblico meno partecipe delle vi-cende narrate dalla sua musica; ilpubblico ha sempre bisogno diessere preso da una mano moltoforte che lo rassicuri (Schumann ètutto, ma non rassicurante), e chemostri un elemento: e quell’ele-mento deve essere una certezza.A conferma di ciò le sue Variazioniper pianoforte, che sono statescoperte recentemente, sulla 'Set-tima Sinfonia', e su temi dellaSesta e della Nona Sinfonia diBeethoven, sono un esempio discrittura pianistica assolutamenteutopica, e non è un caso cheSchumann, nel suo guardareoltre, con la straordinaria sensibi-lità che gli era propria, abbia sco-perto il talento di Berlioz e della'Sinfonia Fantastica', non attra-verso l’audizione sinfonica, enemmeno grazie alla lettura dellapartitura, che non era ancorastata pubblicata, ma, nel 1833, at-traverso la trascrizione per piano-forte ad opera di Franz Liszt, dallaquale Schumann ha tratto fortimotivi di ispirazione, sia nellascrittura pianistica, definibile “afiammate”, dato che compren-deva salti tra registri diversissimi,ed escursioni avventurose e per-sino improbabili sulla tastiera perrealizzare nella dinamica delledue mani l’oscillazione timbricatra le differenti aree, quindi crearel’illusione di simultaneità tra regi-stri reciprocamente lontanissimi,

e di conseguenza uno spessoresonoro di grana orchestrale, sinfo-nica.

1833: Liszt contava ventidueanni…

Ventidue anni! Ed erano sei annidalla morte di Beethoven. Oggi è possibile comparare lascrittura pianistica dell’ultima 'So-nata op.111', di Beethoven, con lospartito della 'Sinfonia Fantastica'e si rimane sconvolti. Ci si chiede:è lo stesso strumento? Sì, è lostesso strumento! Il pianoforteviene spinto ai limiti estremi, al-l’esplosione. Nella storia della cul-tura è un periodo meravigliosoquello che viene interpretato at-traverso la musica di Schumann edi Chopin. E il pianoforte e la cul-tura di Liszt. La dedica a RobertSchumann con cui Chopin invia la'Ballata n.2', composta dal 1836 al1839, propone il ritratto del Tede-sco - i Due si sono ritratti in mu-sica reciprocamente: e per iposteri è una cosa bellissima -nella sua schizofrenia: si coglie ilmomento bucolico di calma pa-storale su cui si scatena improvvi-samente una terribile tempesta,che si placa altrettanto improvvi-samente senza una ra-gione plausibile. RobertSchumann pensa a Cho-pin, sia dedicandogliquel sommo capolavoropianistico che sono i'Kreisleriana' (1836) e poiil n.12 di 'Carnaval', unbrano in cui appare la'maschera' di Chopin, daitratti sintetizzati in unascrittura di straordinariaraffinatezza: ad esempioil raddoppio di ottavadell’elemento tematico,senza preparazione -come una seconda voceventriloqua - rafforzandoquella principale, precisail disegno del fantoma-tico universo narrativo diChopin, e lo descrive

mettendolo immediatamente inatto in questo piccolo ritratto: sitratta di pochi secondi di musica,ma, come in un’istantanea, essi fo-calizzano le caratteristiche delcompositore Chopin.In una affrettata conclusione - mal’argomento è così vasto! - si puòricordare l’apologia che si è fattadella capacità di questi due stra-ordinari sensibilissimi artisti di ca-pirsi reciprocamente, diraccontare se stessi, e di riflesso,fedelmente, le pulsioni collettivedel mondo, attraverso la loro mu-sica, senza dimenticare gli 'abba-gli' che qualche volta hanno unpoco disorientato, come quelloche ha colpito Schumannquando, ricevendo lo spartito dapoco pubblicato, della Sonata n.2,op.35 “Marcia funebre” di Chopin,descrive - con parole che confer-mano anche il fortissimo impattoche Chopin esercitava sul suomondo - il Finale, così sinistro, in-solito, fuori da ogni schema “si-mile a un’ironia piuttosto che auna musica qualsiasi…senza me-lodia e senza gioia soffia unostrano, orribile spirito…cosicchéascoltiamo come affascinati esenza protestare fino alla fine –ma anche senza lodare: poiché questa non è musica”. @

INTERVISTA

alessio.gabriele
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ANNIVERSARI, NIENT’ALTRO CHE ANNIVERSARI

a vita musicale in Italia, come anche in buonaparte nel mondo, è quasi sempre scandita dal ritmodegli anniversari. Cade il secondo centenario dellamorte di Mozart ( 1791-1991), si programma l’esecu-zione di tutte le sue opere, si ripubblicano tutte leregistrazioni esistenti ecc.. (la qual cosa, visto il suc-cesso precedente, si ripete anche nel 2006, 250° an-niversario della sua nascita), come se ci fosse ancoraqualcosa di Mozart che non conosciamo, come se lasua musica non venisse eseguita con regolarità, e,perciò, si attendesse per farlo, la ricorrenza centena-ria. Mai che a qualcuno venga in mente di avviareuna iniziativa di divulgazione musicale presso ilpubblico più giovane, contando sulla popolarità delMozart di turno.E quando un anno è avaro di ricorrenze musicali, chesi fa? Si anticipano gli anniversari venturi o si prolun-gano quelli appena celebrati e ormai conclusi, se-condo logica. Naturalmente non tutti gli anniversarisono uguali. Qualche esempio.Prendiamo il caso dell’anno appena concluso,quando ricorrevano due importanti anniversari: bi-centenario della nascita di Frédéric Chopin(1810-1949) e Robert Schumann (1810-1856) - musicistiche non hanno più bisogno di simili ricorrenze, es-sendo la loro musica entrata in repertorio. Manco adirlo, è stata l’occasione per riascoltare, in quantitàmaggiore e con maggiore intensità, la loro musica - ipianisti erano in ritiro tecnico da qualche anno perprepararsi alla ricorrenza. Sempre nel 2010 ricorreva un altro anniversario pas-sato in sordina, il terzo centenario della nascita diGiovanni Battista Pergolesi(1710-1736), lo sfortunatocompositore marchigiano, nato a Jesi e morto a Na-poli a soli 26 anni. Di Lui si sono ascoltati qualche‘Stabat Mater’ in più, e magari s'è rivista - o no ? - ‘Laserva padrona’, e basta, almeno nelle grandi istitu-zioni. Per fortuna la sua città natale aveva deciso, in-vece, di fare le cose in grande, avviando - finalmente- l’edizione ‘nazionale’ delle sue opere, e program-mando già da quest’anno e per un triennio, grazieanche all’apporto di Claudio Abbado, la rappresenta-zione di tutte le sue opere ( ‘La serva padrona’,’ Il Fla-minio’,’ L’Olimpiade’, ‘ Lo frate’nnamurato’, ‘Il prigioniersuperbo’ ecc…). Senonchè l'inesorabile mannaia di

Bondi ha fatto cancellare buona parte della pro-grammazione.Ci sono poi anniversari extra large, per i quali unanno sembra non bastare, come per Franz Liszt(1811-1886) - di cui quest' anno ricorre il 2° centena-rio della nascita. Per lui la Italian Liszt Society, periniziativa del suo presidente Michele Campanella, li-sztiano doc, in collaborazione con l’Accademia diSanta Cecilia e l’Accademia Chigiana di Siena, haprogrammato addirittura una maratona pianistica,da svolgersi fra il 2010 -2011, all’Auditorium ‘Parcodella Musica’ di Roma, nel corso della quale in settegiornate - il calendario è già noto - una sessantina dipianisti italiani di diverse generazioni, e fra essianche alcuni neo diplomati dei Conservatori ita-liani, ma lisztianamente superdotati, eseguono, perla prima volta al mondo, la letteratura pianistica li-sztiana dalla prima all’ultima nota: 55 ore comples-sive di musica per i 300 pezzi dello sterminato, e inmolti casi anche impervio, catalogo pianistico diFranz Liszt. Le giornate-maratona, cadono tutte didomenica, la prima il 16 maggio 2010, la secondaquesto gennaio e l’ultima il prossimo 23 ottobre.Un’impresa da ascrivere doppiamente nel Guinness:per il primato musicale e per quello atletico. Buonanniversario! @

Fogli d’Album

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alessio.gabriele
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ANNIVERSARIO SCARLATTI

Amarcord Scarlattiano

ROMANZO DI UN ROMANZO. IVdi Roberto Pagano

Pace, pace mio Dio…

a risposta di Degrada non si fece attendere:Caro Pagano, mi affretto a risponderti, anche se sonorimasto un po’ frastornato, sorpreso e dispiaciuto daltuo tono. La intendo come lo sfogo di un amico a unamico e pertanto ti do i chiarimenti che desideri, nellamisura nella quale posso concretamente farlo. […] Per-mettimi di risponderti schematicamente, per punti, perevitare che ai fraintendimenti già esistenti se ne ag-giungano altri.Mi pare che il tuo sfogo nasca essenzialmente dal fattoche in una recensione di un paio di cartelle del libro diBoyd hai colto degli accenni critici al tuo libro. Attribui-sco a un momento di amarezza, che non è amico del-l’obiettività e dell’equilibrio, espressioni del tuttoinsensate quali quelle di aver voluto io “ridicolizzare ilfrutto del lavoro di tutta una vita”. In realtà non pen-savo al tuo libro, ma ad alcuni problemi più generali.”Quali, ci sarebbe da domandarsi, se la non richiestagiustificazione che segue immediatamente nonspiegasse molte cose (ma non tutte):Permettimi innanzitutto di dirti che non ho ancora re-censito la tua monografia esclusivamente perché essapone, proprio per la sua ricchezza e novità, una quan-tità di problemi sui quali non mi sono fatto ancora unaidea precisa; in altre parole, non sono preparato ab-bastanza per scrivere la recensione molto ampia e ar-gomentata che esso richiederebbe. A botta calda tiscrissi una lettera nella quale ti esprimevo il mio piùvivo apprezzamento per la tua fatica, insieme a qual-che riserva (che mi concederai di avere, spero).Non resisto alla tentazione di interrompere ancora lacitazione per mettere in opportuno rilievo un’umileconfessione d’inadeguatezza, in aperto contrastocon l’immediata discussione del testo di Boyd, con ilsuccessivo abbandono dell’idea di recensire, conl’involuzione e con la definitiva cessazione dei nostrirapporti.Seguiva un’analisi dello “stato attuale degli studiscarlattiani” ancora oggi in gran parte condivisibile,non ostante il quarto di secolo trascorso. Intanto lamonografia di Kirkpatrick era “stupenda”, anche se

“figlia dei suoi interessi di clavicembalista e figlia delsuo tempo”. Avrei avuto qualche riserva da fare sullapresunta ghettizzazione della produzione vocale set-tecentesca, ma è innegabile che in quegli anni la co-noscenza della materia fosse limitata. Non sembrache Degrada avesse difficoltà a riconoscere nel re-pertorio sonatistico “la sezione più importante del-l’attività scarlattiana”, dato che confessa: “io noncredo affatto che le musiche vocali di Domenico,globalmente considerate, presentino, su un pianopuramente estetico, una validità minimamente para-gonabile a quella delle Sonate”; né gli si poteva dartorto quando rilevò “una curiosa aporia sul piano fi-lologico delle fonti, della loro trasmissione e dellaloro cronologia”. Dimenticava però che il patrimoniovocale è pervenuto attraverso manoscritti raramentedatabili, disseminati in varie biblioteche e archivi,mentre la doppia serie di codici datati che hanno tra-mandato le Sonate fornirono a un Kirkpatrick incerca di cronologia una sorta di tavola apparecchiatanon sempre adatta a un commensale letteralmenteschiavo di concezioni metodologiche d’ispirazione

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positivistica, anche se disposto a sollevare dubbi chei suoi avversari continuano scorrettamente a igno-rare. Lucida, l’indicazione dell’itinerario da percor-rere:Ritengo che sia importante studiare a fondo e analiti-camente tutto il corpus vocale, per cercare di compren-dere meglio la formazione musicale, culturale,‘ideologica’ di Scarlatti e per cercare di capire quale maisia il nesso che unisce questo corpus davvero impo-nente (anche se nel complesso non di qualità eccelsa) aquello delle Sonate.Trovo infelicemente fumosa l’allusione alla forma-zione ‘ideologica’ di Domenico: ora sarò io a chiederela dimostrazione di una sua precoce emancipazionementale dai canoni estetici inculcatigli dal padre. Mala parte più interessante del progetto sarebbe statala seguente, se successivamente un patologico biso-gno di svalutare l’operato altrui non avesse visto cla-morosamente smentiti i buoni propositi:Se nel frattempo altri studiosi affronteranno i problemidelle sonate, studiando criticamente le nuove fonti chestanno emergendo continuamente dagli archivi porto-ghesi e spagnoli (questo fenomeno è davvero impres-sionante) e riconsiderando il problema globale dellacostituzione, delle cronologia e della trasmissione delcorpus sonatistico, ebbene, avremo fatto dei grossipassi avanti. Ipotizzo (mi auguro) che alla fine un qual-che rapporto fondato tra musiche vocali e strumentalisi possa trovare, in quanto la situazione di verticale dis-

sociazione tra i due ambiti è del tutto singolare. Sa-rebbe auspicabile anche affrontare finalmente il pro-blema della scrittura scarlattiana (intendo la pura esemplice grafia), perché siamo nella triste condizionedi non poter identificare musiche autografe, posto chene esistano (intrigantissimo è il confronto delle grafiedi padre e figlio). Non sto a dire a te che sei maestro inquesto campo, quanto sarebbero auspicabili nuove ri-cerche archivistiche, difficilissime, ne convengo, ma in-dispensabili per chiarire aspetti della biografia ancoradel tutto enigmatici.Ribadito il giudizio riduttivo della qualità comples-siva del corpus vocale, resta incredibile che il firma-tario di quella missiva sia la stessa persona che inseguito avrebbe attaccato furiosamente chi si per-mettesse di dedicare la prevalenza delle proprie at-tenzioni allo studio della produzione tastieristica;tanto più che nella stessa lettera è possibile leggere:La somma di queste ricerche non può essere svolta daun unico studioso, e davvero mi auguro che si crei unacomunità di ricercatori in sede internazionale, cia-scuno dei quali affronti alcuni settori specifici. Io mi stoingegnando di venire a capo del problema delle musi-che vocali: ripeto, un lavoro assai più lungo e com-plesso di quanto mi aspettassi in un primo momento. Seguiva una dichiarazione di “massima stima e mas-simo rispetto per i colleghi e per le loro metodolo-gie”, temperata dall’ovvio diritto a “condividere inmisura maggiore o minore il risultato delle loro ricer-che”. E qui tornava in ballo il mio libro: penso sia stato un contributo molto importante; al-cune ipotesi che tu affacci (in particolare quella cen-trale dei rapporti tra A. & D.) credo debbano attendereuna conferma documentaria (nel senso più lato del ter-mine); fermo restando che non devono essere statirapporti facili e pacifici sul piano esistenziale, michiedo se su quello artistico le cose andarono propriocome tu pensi. Per quello che emerge dai documenti edalle musiche sinora noti, ci sono segni che sembranoconfermare le tue ipotesi, altri del tutto opposti. Al-meno, così a me pare.Non capii che già in questa riserva c’era il germe difuture catastrofi, anche perché non avrei potuto maisupporre che il successivo ventennio sarebbe statocaratterizzato da tentativi di svalutazione di tutti idocumenti prodotti dal “maestro di ricerche archivi-stiche”: primo tra tutti quello - scoperto da Prota-Giurleo - che testimonia la riluttante e ritardatissimaemancipazione legale accordata da Alessandro altrentaduenne titolare di incarichi più prestigiosi diquanto fosse quello ricoperto a Napoli dal padre.Oggi avrei tutto il diritto di chiedermi a cosa serval’acquisizione di chiarissimi documenti, se poi leaure postmoderne della “decontestualizzazione” (ve-nute di moda senza che Degrada se ne appro-priasse, almeno palesemente) tendono a rendereinefficaci le testimonianze che qualsiasi lettore non

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prevenuto può ricavarne…Esauriti i chiarimenti, seguivano richieste di spiega-zioni su “larghe parti” della mia lettera ritenute asso-lutamente incomprensibili. A Siena Sheveloff avevaannunziato prossima la pubblicazione di un articolosu 'Musical Quarterly', ma al mio corrispondenteerano sfuggite le due corpose puntate di 'Frustra-tions', che mi affrettai a inviargli in fotocopia. Chiara-mente Degrada non poteva cogliere il senso dellemie allusioni e si preoccupava solo di proclamarsiestraneo a tutte le conventicole e vittima lui stessodella mancata attenzione critica della 'Rivista Ita-liana di Musicologia' nei confronti di ben dodici can-tate di Vivaldi da lui pubblicate e della scarlattiana'Dirindina'.Era venuto il mio turno di proclamarmi impressio-nato dal contenuto della lettera e per il momento lasua conclusione poteva essermi soltanto gradita:Caro Roberto, ti prego di riconsiderare quanto mi haiscritto alla luce delle mie spiegazioni, che spero sianobastanti a farti credere nella mia serenità di giudizio enella sincera stima e amicizia che ho sempre avuto perte. Da perfetto babbeo, non chiedevo di meglio efeci precedere la mia risposta da un ramoscellod’ulivo in forma di telegramma:GRATISSIMO PACATO CHIARIMENTO SPEDISCO FO-TOCOPIE SHEVELOFF DEPLORANDO CAPRICCIDELLA LONTANANZA.

Contento e gabbato

li articoli dell’Antikirkpatrick d’oltreoceanoviaggiavano in buona compagnia:Caro Degrada, ti confermo la gratitudine per la fran-chezza delle spiegazioni e per la diffusione dei dettagliche contrapponi e quello che, con encomiabile equili-brio, hai saputo leggere come "sfogo di un amico a unamico". Ammetto un certo coefficiente di paranoia me-ridionale (come vedi, non applico solo agli Scarlatti lemie "chiavi"...), alimentata dalla distanza geografica edalla rarità delle comunicazioni dirette. "Capricciosulla lontananza"! Permettimi di aggiungere, però, cheun po' più di chiarezza non avrebbe fatto sorgerel'equivoco, nel quale non sono stato il solo ad incor-rere. Seguivano spiegazioni sulle allusioni risultate inde-cifrabili, oltre ad alcune notizie sulle edizioni di So-nate in corso e sui correttivi che Degrada, in qualitàdi consulente della Ricordi, avrebbe dovuto sugge-rire perché l’edizione non fosse più esposta ai giustirilievi tecnici avanzati da Sheveloff. Dopo quanto miaveva scritto sulla catalogazione del repertorio vo-cale di Domenico Scarlatti ebbi l’ingenuità di pro-

porgli di compilarlo lui per la voce che Alberto Bassomi aveva richiesta per il DEUMM UTET; avevo già co-municato di non essere in grado di predisporlo, datal’imminenza della pubblicazione. Aggiungevo inge-nuamente: Anche se queste cose andrebbero fatte diversamente, èsempre un "monumento" italiano ad essere pubblicatoe tutti abbiamo interesse che appaia al meglio.La risposta lasciava sperare che ogni malinteso fossedefinitivamente chiarito:

Caro Pagano, ho ricevuto il tuo telegramma, la tua let-tera e le fotocopie del l'articolo di Sheveloff (delle qualiti ringrazio moltissimo). Mi rallegro anzitutto che lemie spiegazioni ti abbiano soddisfatto. Ho letto conestremo interesse l'articolo di Sheveloff, che ho trovatooltremodo stimolante, anche se devo ammettere chenon tutto mi convince (ma alcune cose sì) e che taloraha la mano pesante (anche inutilmente e gratuita-mente pesante). Ma io non sono responsabile di quelloche un musicologo americano scrive e nemmeno degliaccenni che fa a me stesso: accenni imbarazzanti, inquanto, come ti ho già spiegato, io non ho maiespresso l'intenzione (che comunque non ho) di voleressere il direttore di una nuova edizione critica di tuttoquanto Domenico Scarlatti ha pubblicato. Chi firma unarticolo si assume la responsabilità di quello che scrive,ed eventuali rimostranze vanno fatte all'autore. Ti ringrazio per la proposta, ma non sono proprio incondizioni di controllare l'elenco delle opere di Dome-nico per il DEUMM; a parte il periodo davvero non invi-diabile che sto passando e la quantità di impegni cuidevo far fronte, sono nel bel mezzo di un lavoro per de-finizione "in progress" sulle musiche vocali: il momentomeno indicato per dei consuntivi. Penso che Boyd po-trebbe firmare un ottimo elenco delle opere, strumen-tali e non, visto che ne ha appena elaborato uno per lasua monografia.Spero si dia nel prossimo futuro un'occasione per incon-trarci, anche per evitare deleteri "capricci della/sullalontananza". Mi auguro tu sia sempre disponibile persuggerimenti e consigli, quando i nodi del mio lavoro(che presumo saranno parecchi) verranno al pettine. Per ora tanti cari saluti e i migliori auguri di buon la-

voro. Francesco

Non potei frenare un sorriso di fronte alla pretesa diinfliggermi la rettifica dell’intitolazione di un branoche faceva parte del mio repertorio di clavicembali-sta: mi ero limitato ad adattarla alle circostanze. Se amia volta avessi voluto salire in cattedra avrei potutorilevare il lapsus che aveva indotto Degrada a parlaredi una “nuova edizione critica di tutto quanto Dome-nico Scarlatti ha pubblicato”: da un’iniziativa così cla-morosa sarebbe rimasta esclusa tutta la produzionevocale del musicista, per non parlare di cinque centi-naia di sonate…

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Non ebbi modo di fargli notare l’errore, comunque,in quanto da quel momento il rapporto diretto svanìnel nulla.

Dieci anni dopo

mmemore del proposito di tenere i contatti con ilpotenziale e auspicato “consulente di gran lusso”, De-grada lasciò passare dieci anni prima di uscire alloscoperto e lo fece – vedi caso – in area petroniana.Nel saggio dedicato a 'Tre “Lettere amorose” di Scar-latti', pubblicato ne 'Il Saggiatore musicale' (IV, 2 –1997, pp. 271-326) il nostro traeva spunto dalle mu-siche da lui esaminate per prodursi in aggressive re-criminazioni contro due studiosi - Sheveloff e, inmisura minore, il sottoscritto - rei di non aver fatto“nessun serio tentativo di comprendere il peso e so-prattutto il senso che per Domenico ebbe la compo-sizione di musiche non strumentali (per il teatro, lacamera, la chiesa).” Fummo accusati di partire “dalpresupposto (non verificato) che le sue musiche vo-cali non possedessero il valore estetico e l'impor-tanza storica delle Sonate per clavicembalo”.Riferendosi alla voce da me redatta per il DEUMM,poi, il mio ex amico ebbe la condiscendenza di giu-dicare il mio giudizio “più equilibrato” rispetto aquello di Sheveloff, “ma sostanzialmente su posizionitradizionali”: in verità non poteva perdonarmi di avermesso il coltello nella piaga deplorando gli irragio-nevoli radicalismi dei fautori di uno schizofrenicodoppio volto del musicista, ma considerandoli quasialla stessa stregua di quelli ostentati da “quanti vor-rebbero avvicinare i suoi due atteggiamenti fino aconfonderli, oltre ogni verisimiglianza”. Avrei potutolimitarmi a copiare il passo della lettera citata nellascorsa puntata di queste memorie, per chiedere cosafosse cambiato nel paragone estetico tra i due ge-neri che in almeno due occasioni lo stesso Degradaaveva definito in termini schiacciantemente favore-voli alla produzione strumentale, ma polemizzare sa-rebbe stata fatica inutile, in quanto la mascheradell’amicizia era caduta e una sola risorsa apparivainfallibile a una “faccia” stanca di fingere: il “volta-fac-cia”. Tutte le passate valutazioni riguardanti Roberto Pa-gano sembravano sprofondate nel dimenticatoio dichi aveva lodato “il giusto credito conferito a certetestimonianze settecentesche ingiustamente lasciatecadere in tempi recenti” ed era bastato che dall’altrolato dell’Atlantico Sheveloff si scatenasse nella suaradicale demonizzazione dell’operato di Kirkpatrickperché Degrada si rimangiasse l’anatema appenapronunciato contro di lui e abbracciasse frettolosa-mente la svalutazione di testimonianze giudicate

ANNIVERSARIO SCARLATTI

poco attendibili in quanto rese a qualche lustro didistanza dagli eventi, ma che invece hanno moltaimportanza, anche perché assolutamente prive dicontraddizioni.Dopo quello che ho narrato i miei lettori compren-deranno quanto m’infastidisse trovare relegata inuna nota a piè di pagina del ricordato articolo sulle'Lettere amorose' una stroncatura del mio volumeoccasionata dalla citazione di un passo nel qualeSheveloff diagnosticava che lungi dai condiziona-menti della "Neapolitan functional music" Dome-nico fosse più portato a improvvisare e comporrealla tastiera, «esplorando qualsiasi cammino le suedita fossero capaci di scoprire.» Scrivendo che il mu-sicista, “libero dalla personalità opprimente e criticadel padre, poteva sbagliare da solo e investire nelleproprie avventure” Joel aderiva all’ipotesi biograficapiù tradizionale. Leggendo che “lasciando dietro disé protettori italiani privi d'immaginazione, D.S. po-teva crogiolarsi nell'incoraggiamento di Maria Bar-bara e della sua corte” Degrada poteva dare insmanie, ma questo non avrebbe dovuto consentirglidi scrivere: In realtà il problema critico non si risolve stendendoastratte - e oziose - graduatorie di merito e stabilendo lapriorità estetica o l'importanza storica di questo o quelsettore della produzione scarlattiana (essendo ovvioche l'originalità delle Sonate e il loro impatto sulla sto-ria della musica europea non ha un corrispettivo possi-bile nelle opere vocali): l'indagine da compiere consistenell'analisi stilistica di un settore comunque fondamen-tale nello sviluppo della personalità creativa del musici-sta e determinante per comprenderne la psicologiacompositiva. Sui rapporti tra Alessandro e Domenico,affascinante e ricco di nuovi documenti, ma nella so-stanza poco convincente, appare il libro dello stesso R.PAGANO, Scarlatti, Alessandro e Domenico: due vite inuna, Milano, Mondadori. 1985. Ancora una volta la superiorità e l’importanza delleSonate non poteva essere messa in discussione mala scelta di dedicare ad essa le mie fatiche specialisti-che veniva sotterraneamente condannata, giustodalla persona che l'8 maggio 1987 si diceva convintadell’impossibilità che la somma delle ricerche fossesvolta da un unico studioso; dalla persona che si eraspinta addirittura ad auspicare la creazione di «unacomunità di ricercatori in sede internazionale, cia-scuno dei quali affronti alcuni settori specifici». Cosa voleva dire questa liquidazione del mio pur “af-fascinante” contributo biografico con un generico esemplicistico “ma nella sostanza poco convincente”?Aveva diritto di assumere un simile atteggiamentoun critico che precedentemente si era dichiarato“non abbastanza preparato per scrivere una recen-sione molto ampia e argomentata”? Se i tredici annitrascorsi furono impiegati a cercare il modo di insi-stere testardamente nella pretesa di “una conferma

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documentaria (nel senso più lato del termine)” dellasoffocante invadenza di Alessandro nella vita e nel-l'attività del più geniale tra i suoi figli, rispondo an-cora una volta di avere già prodotto documenti etestimonianze esaurienti e ripeto che nessuna ri-cerca d'archivio potrà mai fornirci un’attestazionemedica documentante le ecchimosi provocate sulleguance di Domenico dagli schiaffoni paterni, ancheperché più che probabilmente quegli schiaffi nonfurono mai dati. Sprofondati nelle nebbie (non soloclimatiche) alimentate da venefiche ciminiere e dalleevaporazioni del Po e del Tamigi, i miei critici conti-nuano a riservarsi il diritto di ignorare che ancora intempi a noi vicinissimi nel meridione d’Italia “ba-stava un quasi impercettibile cambiamento nel tonodella voce del padre-padrone per indurre a cieca ob-bedienza il più indocile dei figli”1 .Stupito e amareggiato, Boyd mi scongiurò di nonsprecare in polemiche il tempo che avrei fatalmentesottratto allo studio, ma oggi posso solo pentirmi diaver seguito il suo consiglio: portare immediata-mente a conoscenza degli specialisti del settore leragioni che oggi espongo avrebbe impedito la diffu-sione sotterranea dei veleni che continuano a pre-sentarmi sotto luce impropria a un pubblico ben piùvasto e meno specificamente competente. Non miavventuro a esplorare le cause che indussero a tantadoppiezza il mio diffamatore milanese, ma resta va-lida l'antichissima regola che in un contesto cultu-rale inadeguatamente informato vuole la gloriaaccademica legata a crociate in favore di aspetti ine-splorati o fraintesi di un’epoca, per non parlare dellarivalutazione di "minori". Sembrerebbe di essere tor-nati ai tempi ingloriosi che videro un Torrefrancacontrapporre Platti "il Grande" a Philip EmanuelBach "il piccolo", ma per buona sorte qui la giostraresta riservata a un unico cavaliere: Domenico Scar-latti, il quale negli anni immediatamente successivialla sospirata emancipazione ebbe tutte le ragionidel mondo per mantenersi ligio alla linea operativacara al padre. Altre considerazioni si aggiungono a quanto hoscritto e stupirò quanti mi considerano un sosteni-tore della cosiddetta linea-Kirkpatrick, dichiarandoche sbaglierebbe chi attribuisse esclusivamente allafamigerata subordinazione al patriarca le scelte ope-rate da Domenico restando ancorato all’area dellavocalità: i committenti ricchi e potenti dai quali di-pendevano i guadagni di un maestro di cappellanon avrebbero investito altrettanto danaro per go-dersi prodigi tastieristici che risultano pubblica-mente esibiti solo in tre occasioni (grazie atestimonianze settecentesche puntualmente messein dubbio dai nichilisti di moda). La rarità di eventiartistici di questo tipo non è parto della mia fantasiadi romanziere: anche se recentemente è stato sco-perto che in più di un’occasione Haendel si fece ap-

plaudire come clavicembalista nei concerti domeni-cali offerti dal marchese Ruspoli alla 'haute' romana,la rarissima presenza di resoconti specifici nei diari enelle gazzette del tempo è incontestabilmente le-gata al fatto che in quegli anni la pratica clavicemba-listica non avesse uno sviluppo pubblicolontanamente paragonabile all’attuale. Significativa-mente i documenti scoperti da Doderer nell’archivioSegreto Vaticano hanno chiarito che quando Dome-nico, impazientemente atteso alla corte portoghese,volle presentarsi ai sovrani non lo fece stupefacen-doli con il suo virtuosismo cembalistico, ma can-tando (il che gli procurò l’onore di essereaccompagnato al cembalo dalla regina in persona).Sapeva bene cosa i sovrani si attendessero da lui nel1719; molto probabilmente un omaggio rivolto aJoão V si sarebbe tradotto allora nella stampa di unaraccolta di cantate; vent’anni più tardi la dedica degli'Essercizi' potrà essere letta come monumento aduna pratica della musica strumentale, gradita alla re-gina e felicemente parallela all’insegnamento impar-tito da Scarlatti al fratello e alla primogenita del re. Non era stato certamente l'esito del certame ottobo-niano che vide Domenico gareggiare con Händel aspianargli la via alla direzione della Cappella Giulia;in precedenza Maria Casimira di Polonia non avevaingaggiato il clavicembalista, ma “l’altro DomenicoScarlatti”, incaricato di comporre e dirigere opere,oratori e verosimilmente cantate. Ho appreso recen-temente che dopo la liberazione di Vienna e la di-sfatta dell’esercito ottomano Marysienka,letteralmente tripudiante per la vittoriosa impresadel marito, lo accolse in Polonia suonando lei stessauna marcia trionfale sul cembalo donatole dall’Im-peratore; passato inosservato a tutti gli storici prece-denti, il suo rapporto con lo strumento di DomenicoScarlatti mi suggerisce possibile qualche forma dianticipazione romana di quelle esibizioni domesti-che che i biografi hanno immaginato caratteristica-mente legate agli svaghi dei principi delle Asturienel periodo che precedette la loro ascesa al trono diSpagna. Il silenzio degli 'Avvisi' e di Valesio dice peròchiaramente che se Maria Casimira si compiacque ditrasformare in 'Hausmusik' i prodigi cembalistici diScarlatti junior, dai relativi godimenti rimanevaescluso lo scelto pubblico che l’ex regina soleva invi-tare ad assistere alle rappresentazioni operistiche diPalazzo Zuccari.La ricostruzione di questa situazione è basata suquel contesto sociale e artistico della cui conoscenzaapprofondita in passato Degrada mi diede credito,ma che successivamente avrebbe voluto considerareaddirittura ignorato da me, se ha potuto accusarmidi "costruire” ipotesi farneticanti, prive di contattocon basi documentarie solide e controllabili. L’atteg-giamento nichilistico che recentemente ho avuto ra-gione e possibilità di contestare a Sutcliffe2 affonda

1Roberto PAGANO, “Penuria di fatti concreti? Premesse opportune alla celebrazione del duecentocinquantesimo anniversario della morte di Domenico Scarlatti (1757)” in Rivista Italiana di Musicologia, XLI, 2006 . n° 2,. pp. 333-338 (p335).2 PAGANO, “Penuria” cit., passim.

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le radici in questo brutale cambiamento di registrodi Degrada, passato disinvoltamente dall’antico rife-rimento alla “quantità di cose che sai e che io ignoro”all’insultante patente che mi consegnava fantasioso'novelist' a una sorta di braccio secolare britannicodal quale la scomparsa di Boyd mi ha lasciato indi-feso. Producendo i documenti di un così squallidovoltafaccia sono finalmente in grado di smascherarecome mendace l’individuo che nel 1987 dichiaròche le sue critiche non si riferivano al mio libro e de-finiva insensata una mia interpretazione del suocomportamento che la nuda ricostruzione dei fattirende inequivocabile.

* * *

Non contento della prodezza che ho appena de-scritta, il Professore tornò alla carica due anni dopo,sempre in area bolognese. Il Terzo Colloquio di Mu-sicologia del «Saggiatore Musicale», tenutosi dal 19al 21 novembre 1999, lo vide coordinatore di una ta-vola rotonda dedicata al tema "Biografia e composi-zione". Nella sua relazione di base Degrada non silasciò sfuggire l'occasione per stroncare ancora unavolta e con la solita genericità il risultato di studi ericerche che contribuivano solo in misura da lui rite-nuta insoddisfacente all'erezione di quel monu-mento a Domenico Scarlatti vocalista che stavaparticolarmente a cuore al revisore della 'Dirindina'."Biografia e composizione" è intitolazione infelicis-sima e forse volutamente imprecisa. Ho atteso in-vano una pubblicazione del testo integrale deicontributi per capire se a Bologna siano state indivi-duate norme-capestro alle quali i biografi dovreb-bero sottostare in futuro, quando non voglianoandare incontro a processi e condanne degni dell'In-quisizione. A giudicare dalla relazione di base si èdato un colpo al cerchio e uno alla botte, senza riu-scire a decidere se nella 'vexata quaestio' del biogra-fismo fosse nel giusto Sainte-Beuve o Proust, suointeressato (e perciò non molto attendibile) opposi-tore. L'occasione è apparsa comunque propizia pergettare ogni possibile discredito sull'opera del sotto-scritto, questa volta manzonianamente innominato.Lo spunto all'attacco veniva dalla mancata esten-sione di un’indagine approfondita alla produzionevocale del musicista, ma il delirio dell'accusatore si èfatto palese quando ha chiamato in causa la già ven-tilata invenzione di una biografia e di “un percorsostilistico privo di ogni fondamento storico”. Che la“biografia” non sia stata costruita su una documenta-zione solidissima è ipotesi diffamatoria, suggeritadalla più sfrontata malafede a chi non ha potuto farea meno di riconoscere, a denti stretti, che il mio libroè “ricco di nuovi documenti”. Per quanto riguarda ilpercorso stilistico, poi, l'immaginazione - veramentefervida - è quella del mio accusatore, il quale tra-

scura di prendere atto delle puntualizzazioni chetutti possono leggere chiaramente espresse nellamia lettera del 1° maggio 1987: gli è comodo conti-nuare a identificare le mie ipotesi con quelle a suotempo - e con un certo margine di dubbio, torno aripetere! - avanzate da Kirkpatrick.

“Con buona pace di Pagano...”Fondamenti di una carriera di romanziere

ià prima che Sutcliffe si producesse nei suoi co-nati diffamatori potei cogliere i riflessi del discreditoche continuava a essere sparso impalpabilmente sulmio libro e non riuscivo a fare due chiacchiere conun clavicembalista senza sentirmi rinfacciare la giàricordata Kirkpatrick-dipendenza; persino Emilia Fa-dini, che pur dovrebbe avere ogni elemento per va-lutare obiettivamente la mia posizione, si è lasciatasfuggire osservazioni che me la dicono convinta diquesto mio “vizietto”. All’estero non tutti erano statiin grado di leggere in italiano le centinaia di paginedei miei vari contributi scarlattiani e quindi ripete-vano a orecchio quello che alcuni miei cari colleghiandavano insinuando. Devo dire però che mi facevotroppe illusioni sull’effetto chiarificatore della pub-blicazione in inglese della doppia biografia: la co-struzione del mio discredito e l’antipatia neiconfronti delle mie ipotesi sono rimaste terribil-mente diffuse perché pochi hanno avuto la pazienzadi verificare il contenuto del testo, reso universal-mente accessibile dalla splendida traduzione di Fre-derick Hammond. In Inghilterra, ad esempio, hoappreso che quando Gerhard Doderer e CremildeRosado Fernandes pubblicarono gli importantissimirisultati delle loro ricerche nell’Archivio Segreto Vati-cano un affermato specialista non nascose la propriasoddisfazione nel riscontrare smentita una mia ipo-tesi con un tacitiano ”Pace Pagano!”: evidentementeuna cattiva digestione delle lodi profuse da Boyd la-sciava spazio al diffondersi di insidiosi contrappunti.Ne ebbi prova definitiva quando la redazione del'New Grove Dictionary' mi chiese due minuscolevoci biografiche dedicate… alle sorelle di Alessan-dro Scarlatti.Non persi la calma e inviai immediatamente quantomi veniva richiesto rifiutando il tenue compenso edichiarando che mi faceva piacere offrire quelle dueinezie a un’opera così importante. Mi permettevoperò di dichiararmi sorpreso da una scelta che giudi-cavo singolare: non foss’altro che per ragioni di età,non potevo essere considerato uno specialista inputtane… Avete presenti le riserve di Degrada sull’enfatizza-

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zione della sfera sessuale nella delineazione dellepersonalità degli Scarlatti? Non credo di avere tra-sformato in satiro nessuno dei personaggi principalidelle mie biografie e a chi mi accusa di fantasiosapornografia posso rispondere che le pagine che la-sciavano interdetto Degrada e che suscitano loscandalo di altri farisei della musicologia non na-scono da pruriginosa frenesia immaginativa, madalla consultazione di documenti scrupolosamentecitati e da me ritenuti essenziali alla ricostruzionedello sfondo ambientale e morale che giustifica leespressioni laudative estorte non solo all’entusiastaBortolotto ma al perplesso Degrada. La storia vascritta a tutto tondo, senza ammorbidimenti o puri-tane censure; specie in un’epoca nella quale i ragaz-zini finiscono per avere facile accesso apubblicazioni copiosamente illustrate, di un generedal quale un tempo la morale corrente avrebbe vo-luto tenere lontani anche gli adulti.I venticelli di Don Basilio avevano traversato la Ma-nica ma il senso della mia antifona fu recepito fino infondo, anche se non mi riesce difficile attribuire al-l’intervento di un Boyd travestito da deus ex ma-china il fatto che a stretto giro di posta mi venisserocommissionate le più importanti voci scarlattiane,per le quali ho la soddisfazione di poter contrap-porre ad una stroncatura del solito Sutcliffe il caldoapprezzamento manifestatomi da Stanley Sadie at-traverso il mio indimenticabile amico Malcolm. Ho già parlato della fortuna che mi fa conoscere ca-sualmente dettagli che dovrebbero restarmi nasco-sti: mi ha divertito molto apprendere che ancoraqualche tempo dopo la pubblicazione dell’enciclo-pedia i membri dello staff redazionale non si riferi-vano a me se non come al “well known whorespecialist”…

* * *

Non tutte le polemiche si risolvono in isterici irrigidi-menti o in ipocrite rappacificazioni apparenti:quando Paologiovanni Maione mi annoverò tra i bru-ciatori d’incenso alla “accreditata agiografia” del mu-sicista potei solo attribuire a influenze padane unabbaglio che capovolgeva di fatto quel mio atteggia-mento critico che inizialmente aveva lasciato scon-tento Boyd, determinando la lunga gestazione diDue vite e la nascita contestuale del nuovo libro edella grande amicizia già ricordata. Anche questavolta il caso si ripeté: bastò che facessi presentel’equivoco perché una memorabile lettera venisse adassicurarmi che non c’era stata intenzione di “scalfireminimamente” quella che Maione ha avuto l’amabi-lità di definire la mia “autorevole competenza suAlessandro Scarlatti – da tutti riconosciuta e da [lui]stesso ammirata”. Senza il commovente esordio ponticelliano che honarrato, senza lo straordinario rapporto che mi lega aquella persona in ogni senso superiore che è FredHammond e senza le cordiali relazioni con KennethGilbert, Gerhard Doderer, Joel Sheveloff e RosalindHalton, dovrei constatare che importanti amicizienate in area scarlattiana hanno preso avvio da un ini-ziale dissenso mentre altre che apparivano affettuose– alcune di quelle spagnole ad esempio - si sono dis-solte come neve al sole, andando ad arricchire la pa-rata di “facce” che i capricci di galleggiamentoinfluenzati dal moto ondoso di un mare particolar-mente agitato fanno emergere sulla livida scorzadell’iceberg… (Fine. IV puntata)

alessio.gabriele
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GiraMondo

rovateci.Vi serve un’attenta pianificazione e moltafortuna. Vilnius è una città intrisa di festival, demo-craticamente attenta ai repertori sia classici che spe-rimentali. Le due volte che ci sono andato nel 2010hanno coinciso con i due festival di musica contem-poranea più interessanti che la bella capitale lituanaoffre annualmente. Tra aprile e maggio, le 11 seratedi Jauna Muzika, il più grande festival di musicheelettroniche dell’area Baltica. Dei “nostri” c’era solol’eccellente Manuel Zurria, con il suo flauto e la suaomozigote somiglianza con Claudio Bisio, a presen-tare – tra gli altri – 'Portrait of Manuel Zurria' (2009),cucitogli su misura da Pauline Oliveros.Da un po’ di anni, queste manifestazioni (ufficial-mente “di sperimentazione”) sorprendono per il ri-corso abituale ad alcuni cliché compositivi. Labenedetta struttura “ad arco”, con climax a tre quartidel pezzo, ad esempio. Ma quante volte l’avremosentita? Il brano parte in pianissimo, e lentamente,lentamente, cresce. Tra la metà e la fine (Fibonacci?),eccolo toccare il picco entropico e dinamico, per poi,sempre lentamente – ma un po’ meno lentamente –riassestarsi sul pianissimo di partenza. Originale come una canzone di Venditti.E il “lieto fine”? La composizione esplora beatamentedissonanze e microtoni per tutta la sua durata, e poi– nella cadenza finale – si pente e si converte a unecumenico unisono (o intervallo di quinta al mas-simo). Come se ancor’oggi il dialogo consonanza-dissonanza sia una battaglia tra buoni e cattivi.Il fatto che questi ed altri cliché si presentino in unfestival come Jauna (che significa “giovane”), dicemolto di come anche le nuove generazioni optinoper un’accezione compositiva “canonica”, con codiciintelligibili, e una rinuncia consapevole alla missioneavanguardistica ad ogni costo (a meno di non soste-nere la bizzarra ipotesi che qualcuno, costruendo unclimax, si senta davvero originale).

Brutta o buona notizia che sia, ne ho trovato con-ferma nel mio secondo soggiorno a Vilnius, a fine ot-tobre, quando invece ha luogo quel meravigliosofestival che è Gaida. Meno “alternativo” e più etero-geneo dello Jauna Muzika, Gaida si muove leggiadroper tutti i repertori contemporanei, in una giurisdi-zione che parte dai grandi classici moderni (que-st’anno il prodigioso grandeur tematico della'Turangalîla-Symphonie') fino a una serie di “prime”. Giunto al ventennale, il festival si è celebrato conuna serie di commissioni e un focus sull’Italia. Sciar-rino e Romitelli, ma anche Giorgio Battistelli, RobertaVacca e l’Ensemble Icarus. E poi John Adams (che, aproposito di cliché, ci ha propinato per l’ennesimavolta quelle americanissime esplosioni di entusia-smo semi-jazzistico), Wolfgang Mitterer (un po’ criti-cata la sua Opera 'Massacre'), George Crumb e tantialtri. Ma forse sono proprio i lituani a offrire il meglio. Bro-nius Kutavičius, probabilmente il più importantecompositore lituano vivente (il cui '10 of April, Satur-day' fa sfigurare Adams, che lo segue in pro-gramma); Justė Janulytė, giovane, pluripremiatarappresentante della nuova leva (e residente a Mi-lano), il cui bel 'Sandglasses', in prima mondiale, hariscosso enorme successo (pur peccando sia di “cli-max” che di “lieto fine”, ma magari è solo un pro-blema mio); e infine Rytis Mažulis, che fosse nato inAmerica staremmo qui a venerare come uno dei piùgrandi minimalisti al mondo.Auspico un rinascimento musicologico di stampo'sinceramente' postcolonialista. Sarebbe ora.

Dario Martinelli

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Visitare Vilnius e non imbattersi in un festival musicale

alessio.gabriele
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Una nuova tecnica in musicoterapia

SCRIVIAMO UNA CANZONEdi Barbara Zanchi

Le canzoni non sono scritte soltanto per essere ascoltate con piacere. Talvolta hannoanche un utile lavoro da compiere. Come ha illstrato la prof. Jane Lings,

dell'Università di Bristol.

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l l'song writing' è una tecnica musicoterapica avan-

zata che richiede da parte del musicoterapeuta l’im-piego di competenze articolate (musicali, verbali,tecnico-informatiche) e che può essere proposta atipologie di pazienti con un livello di funzionamentocognitivo adeguato. Non è ancora largamente appli-cata nell’ambito della musicoterapia italiana a diffe-renza dell’improvvisazione e dell’approcciorecettivo.Jane Lings sottolinea come il 'song writing' sia di-ventato negli ultimi anni l’approccio più ampia-mente impiegato nell’ambito del suo lavoro con ipazienti dell’ Hospice.Come scrive Ken Bruscia, autore di numerose pub-blicazioni internazionali sulla musicoterapia, le can-zoni sono il modo con cui gli esseri umanisperimentano le loro emozioni. Esse riescono adesprimere ciò che noi siamo e ciò che noi proviamo,possono essere condivise con gli altri o possonofarci compagnia quando siamo soli.Le canzoni alimentano le nostre credenze e dannoforza ai nostri obiettivi, ci permettono di rivivere il

passato, di esaminare il presente e di dare voce aisogni del futuro. Esse riescono a raccontare le nostregioie ed i nostri dolori, rivelano i nostri più intimi se-greti, esprimono le nostre speranze o i nostri dubbi,le nostre sconfitte o i nostri trionfi.Sono i nostri personali diari musicali, sono i suoni delnostro sviluppo interiore.Il 'song writing', e in questo senso il canale musicale,risulta essere una possibile risorsa in grado di aiutarea dare voce a ciò che non si è in grado (inconscia-mente o volontariamente) di esprimere con le pa-role. Lo scrivere canzoni investe principalmente ilpercorso che il paziente ed il musicoterapeuta intra-prendono nella relazione terapeutica: le canzoni nonvengono composte semplicemente per essere ascol-tate o per il piacere di farlo, ma soprattutto per ilprocesso che permette dapprima l’elaborazioneemotiva e, successivamente, quella musicale.Nel corso del seminario, Jane Lings ha propostol’ascolto di numerosi brani composti da pazientidell’hospice in cui opera; ciò che si evince dagliascolti è che la musica, ed in particolar modo la can-zone, sono strumenti favorevoli ad esprimere il “non

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detto”, così come affermano anche i pazienti stessi.L’intensità delle canzoni ascoltate ha colpito tutti ipartecipanti al seminario non solo per l’aspetto so-noro – qualitativo delle stesse, quanto per i temi toc-cati: paure espresse, rabbie inespresse, amori dimadri per i propri figli, promesse per il futuro e ri-cordi del passato. Ciò che stupisce, inoltre, è chesiano state persone “normali” ad averle scritte. Nonsono musicisti, non eseguono brani col proprio stru-mento leggendo delle partiture: i loro unici stru-menti sono la voce, lo sperimentare le emozioni ed illegame terapeutico con Jane.Il percorso del 'song writing' è complesso: il terapi-sta deve proporre al paziente la possibilità di com-porre un brano e questa può essere accettata omeno; deve sapere ascoltare il paziente, le sue pro-poste testuali, metriche e musicali senza essere di-rettivo nei suoi confronti, ma al contempo, devepossedere solide competenze e conoscenze relativealle tecniche compositive che gli permettano di ar-monizzare, dare forma alla linea melodica propostadal paziente e costruire la canzone. Inoltre, la can-zone registrata deve avere una buona qualità sonoraper restituire una testimonianza di qualità.Naturalmente questa tecnica musicoterapica nonviene proposta da subito, ma si attende che la rela-zione con il terapista sia giunta al punto di poter af-frontare e sostenere nuove esperienze emotive e diconoscenza di Sé.Nella seconda parte del seminario, Jane Lings hapresentato il percorso clinico di un paziente affettoda una malattia neurologica degenerativa, seguitoin musicoterapia attraverso il 'song writing'. Le can-zoni ascoltate e analizzate hanno permesso di ap-profondire il significato emotivo di tale esperienza,la sua valenza espressiva e trasformativa.È emerso, quindi, come l’uso del 'song writing' edella canzone abbia facilitato il contatto con i conte-nuti delle emozioni, dando loro forma e struttura, edabbia inoltre permesso ai pazienti di riascoltarsi, diascoltare se stessi e di farsi ascoltare.Con una musica che dà vita alle parole, il contenutodi queste ultime è più facile da comprendere e daraccontare. Per concludere questo nostro brevecommento desideriamo citare una frase che è ritor-nata nel corso dello svolgimento del seminario eche, a nostro avviso, ben esemplifica il senso del la-voro proposto: “Le canzoni.....non sono compostesemplicemente per essere ascoltate con piacere.Esse hanno un lavoro da svolgere. @

*Barbara Zanchi è Direttrice del Corso di Formazionein Musicoterapia dell'Associazione MusicSpace Italy

Esperienze musicoterapia con adulti e bambini nelle cure palliative

Si è svolto a Bologna, presso la Sala Mozart dell’AccademiaFilarmonica, un seminario formativo sul tema “La musicote-rapia nell’ambito delle cure palliative: Esperienze con adultie bambini” tenuto dalla musicoterapeuta Jane Lings. Al seminario, proposto dall’Associazione MusicSpace Italynell’ambito del programma di formazione del Corso PostLaurea di Musicoterapia in collaborazione con il ProgettoTamino dell’Orchestra Mozart, hanno partecipato, oltre aglistudenti in formazione presso MusicSpace, i musicotera-peuti e gli operatori coinvolti nelle attività del Progetto Ta-mino e alcuni professionisti del settore.Ha introdotto il seminario la Vice Presidente dell’OrchestraMozart, Gisella Belgeri, che ha presentato l’iniziativa colle-gandola ai contenuti delle attività proposte dal Progetto Ta-mino. Di seguito Barbara Zanchi, Direttore del Corso diFormazione MusicSpace Italy, ha contestualizzato i temi af-frontati riferendoli all’ambito della musicoterapia italiana.Jane Lings, Senior Lecturer presso la University of the Westof England di Bristol (UK) e musicoterapeuta al St. Peter Ho-spice della stessa città, ha offerto un ampio panorama dellavoro svolto con i pazienti e i familiari dell’Hospice illu-strando gli elementi caratteristici dell’approccio palliativo,la nascita e lo sviluppo degli Hospice in Gran Bretagna, i di-versi metodi e le specifiche tecniche che il musicoterapeutapuò utilizzare nell’incontro con un paziente terminale,adulto o bambino, e nella cura del lutto con i familiari, laspecificità di tale approccio e il lavoro di équipe.Gli esempi clinici presentati hanno condotto con sensibilitàl’ascoltatore a comprendere come la musica possa “accom-pagnare” il paziente, talvolta con delicatezza talvolta conmolta enfasi, con gentilezza ma anche con forza e intensità,attraverso emozioni e sensazioni complesse, difficili da rico-noscere, da interiorizzare, da comprendere e alle quali è do-loroso e difficile dar voce.Attraverso l’improvvisazione musicale e il suonare insiemeliberamente, paziente e terapeuta danno forma ad un dia-logo musicale fatto di ritmi, di timbri, di intensità e di silenziche non ha bisogno di utilizzare le parole e che permettel’espressione diretta di stati d’animo, di tensioni, di ansie edesideri. Alle volte è attraverso un approccio più recettivo,attraverso l’ascolto di un brano che viene offerto dal musi-coterapeuta, che è possibile trovare sollievo dal dolore o or-dinare i pensieri. A tali approcci, che vengono utilizzati con flessibilità dalmusicoterapeuta a seconda dei bisogni del paziente, JaneLings accosta quello del song writing, la scrittura di canzonifatta insieme al paziente, un tipo di esperienza accoltaspesso favorevolmente e molto richiesta.

MUSICOTERAPIA

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ASCOLTA IL SILENZIO Quando iniziare l'educazione musicale delbambino ? Nove mesi prima della nascita

Musica &Filosofia

Chi educa all'ascolto? Dove? Da quando? E quanto conta il silenzio? A questedomande filosofi e sociologi rispondono con maggiore frequenza dei musicisti, ed anche con risposte più interessanti.

di Walter Tortoreto

icordo d’aver letto anni fa un’illuminante intervi-sta di Zoltan Kodály sull’educa-zione musicale. A unadelle prime domande del giornalista («Quando do-vrebbe co-minciare l’educazione musicale di unbambino?»), il musicista rispose: «Nove mesi primadella nascita di sua madre». Questa risposta fulmi-nante e per tanti aspetti elo-quente mette con evi-denza l’ascolto al centro dell’educazione musicale.Come si educa all’ascolto nel Conservatorio, scuolamusicale per eccellenza? Più provocatoriamente: neinostri Conservatori si educa all’ascolto? Un dibattitosu que-sta domanda sarebbe assai istruttivo.L’ascolto è un tema considerato quasi sempre dal

punto di vista filosofico. Non a ca-so, nell’intelligenteiniziativa dedicata qualche anno fa a problemi speci-fici dell’educazione musicale, con un ciclo di incontriorganizzato a Roma, il tema dell’ascolto fu affidato auna professoressa, ordinaria di filosofia all’Universitàdi Sa-lerno: Enrica Lisciani Petrini. E nella sua rela-zione, la studiosa prese le mosse da un testo del filo-sofo francese Jean-Luc Nancy, 'À l’écoute', che leiaveva tradotto in ita-liano ('All’a-scolto') nel 2004 perl’editore Raffaello Cortina. In effetti, è più facile im-battersi in questioni riguardanti l’ascolto in testi fir-mati da filosofi o sociologi, co-me Jankélévitch oAdorno, che non in libri di musica. Ciò succede pro-babilmente perché l’ascolto nasce da un atteggia-

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mento di generosità infrequente in chi è intento ascoprire la dimensione profonda della propria inte-riorità per carpirne il ritmo idoneo a tradursi in bel-lezza, bisogno che il compositore condivide conl’interprete.Il pensiero del Novecento si è interrogato spesso sulrespiro della creazione, in ciò fiancheggiando, tal-volta perfino nel modo di esprimersi, l’assillo crea-tivo degli artisti; e a tale riguardo appare più chegiustificata una possibile definizione della poesiacome filosofia in musica. Del resto, una ricognizioneanche superficiale della lirica moderna ci mostra unagalleria di poeti che creano distillando le loro paroleda un as-siduo pensiero, come fa il filosofo e comedovrebbe fare il legislatore, per offrirle alla nostra let-tura segnate dal ritmo che il palpito interiore sugge-risce. La poesia, dunque, nasce dalla simbiosi di unremoto luogo interiore ('but these – Society shall be– compared with that profounder site – that polarprivacy - a soul admitted to itself – Finite Infinity':“quel più profondo punto - quell’isolamento polaredi un’anima - ammessa alla presenza di se stessa –Infinito Finito”, Dickinson da 'Silenzi') con l’elementoesteriore dell’idea incarnata nella parola, il cui ritmosilenzioso si rivela allorché la parola poetica viene re-citata, come dovrebbe essere per statuto, e quindiascoltata. A questa idea di ascolto si addicono leconsiderazioni della Lisciani Petrini che defi-niscel’ascolto come “un vettore problematico connesso alsuono e alla musica, ma che va ben al di là del ri-stretto ambito specialistico musicale o compositivoo 'esteti-co' – all’interno del quale restano, pur con leloro importantissime, fondamentali ri-flessioni, altrifilosofi-musicologi rappresentativi del tempo – e chetocca invece una dimensione d’indagine concer-nente il nostro stesso rapporto con le cose, colmondo, col corpo, rimesso in questione 'al di qua' e'prima' degli apparati concettuali o senso-riali codifi-cati. Grazie, precisamente, all’indagine intorno alsuono, alla sonorità, al materiale fonico, alla musica –e dunque all’ascolto”. Sopraffatti da un incessante e implacabile brusìo difondo che non di rado diventa rumore, ignari o prividel silenzio anche nelle ore più solitarie della notte,umiliati come esseri pensanti dall’ininterrotto cica-leccio nel quale ormai si riduce qualsiasi espressioneverbale, appare sempre più diffusa la paura del silen-zio, la paura e il do-lore di sentirsi isolato, l’angosciadi quella solitudine pura che, al contrario, il pensierotradizionale considerava naturale per la condizioneumana: “und wie von Alters her, im stillen, - ein Lie-bewerk, nach eignem Willen, - der Philosoph, der Di-chter schuf „ (“e come già in antico, nel silenzio,un’opera d’amore al suo volere il filosofo, il poeta haconcepito”, Goethe da 'Lascito').L’ascolto ha bisogno di questo silenzio interiore;l’ascolto nasce dal nostro silenzio, dalla disposizione

a far tacere il tormento in noi delle cose per sentirsivivi in perfetta libertà fin nel più riposto e insonda-bile angolo della coscienza, cuori pronti ad acco-gliere il soffio vitale d’una presenza che ci rivela anoi stessi. In questa condizione, infatti, il silenzio sianima grazie alla vibrazione che intensifica il senti-mento della propria esistenza, al soffio che investe ilsentimento di sé. Ascoltare, dunque, è oggi ancheun tentativo di restauro giacché la condizione di vitada ascoltare in silenzio sembra ormai improponibilea causa di un’operosità febbricitante che ha cancel-lato quasi dappertutto il silenzio rendendolo estra-neo al nostro mondo.Un tempo, quando sulle cittàscendeva l’oscurità e nelle case entrava sovrano ilbuio profondo, la notte assorbiva anche i rumoridella vita. Le ricostruzioni della vita me-dievale fatteda Braudel, o da Le Goff e altri storici, dipingono sce-nari notturni che oggi è difficile anche immaginare,così come è difficile immaginare – e perfino com-prendere – l’assenza di ogni rumore. Spesso oscuritàe silenzio erano affratellati dal terrore provocato damostruose fantasie e solo soffocato dalla stanchezzadisumana che la fatica bestiale accumulava sui corpiprovati di questi poveri cristi fin dal balu-ginaredell’alba, primo indizio di un nuovo giorno.Il silenzio, ricostruito con la generosità di chi si di-spone con intelligenza all’ascolto, non soltanto mi-gliora le qualità dell’orecchio interiore, ma rendeanche assai sensibile l’orecchio della mente che lanostra civiltà tecnologica ha reso sordo ed ermetica-mente indisponibile a ogni emozione, perché lo haabituato soltanto alla comprensione “e dunque allacontinua ratifica dell’ordine intelligibile delle cose”.C’è infatti – allorché siamo avvolti da vibrazioni so-nore, come in genere dalle vibrazioni che la nostrasensibilità riesce ad avvertire quando la capacità diascolto non è neutralizzata – una sorprendente con-sonanza mentale con la sorgente acustica, nel sensoche la mente punta la sua attenzione anche alla ma-terialità sonora intrinseca dell’emissione acustica,cioè alla fonicità pura del suono, se di suono si tratta,o della voce o di un fenomeno sonoro purchessia.E si tratta di un aspetto vitale per l’educazione musi-cale in genere e, in particolare, per la storia dellamusica di tradizione occidentale, poiché in questomodo, come scrive Enrica Lisciani Petrini, “anche inmusica viene privilegiata «l’idea musicale», il «signifi-cato» di una composizione, o magari l’intrinseca sin-tassi logico-matematica (studiata dalla teoriaacustica), rispetto alla viva, concreta e vibrante so-norità”. L’aspetto della corporeità e della sensibilitàacustica spalanca lo scenario sui pilastri portantidella sistemazione teorica compiuta all’inizio del No-vecento, vale a dire su timbro, accento, rumore, riso-nanza eccetera, capitoli di un romanzo avventurosoche si dipana di anno in anno nelle aule del Conser-vatorio. @

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La rivoluzione vocale di Magda Olivero

LA VOIX HUMAINEdi Elio Battaglia

Del cammino artistico di Magda Olivero se ne è parlato e discusso - specialmente in questi ultimi fe-stosi tempi - in radio, televisione, manifestazioni celebrative ai migliori e qualificati livelli. Ora, invece,

ci si vuole soffermare su alcuni aspetti che fanno di Magda Olivero la più grande interprete vocale ita-liana del secolo appena trascorso.

e registrazioni 'ufficiali' che cercano di sintetizzare l’at-tività della Olivero non sono purtroppo numerose. Un CD(Lebendige Vergangeheit – Il Passato vivente) che con-tiene le prime esecuzioni degli anni ’30-’50, un Recital dimusica liederistica (Donaudy, Tosti, Hahn, Respighi) regi-strato a Dallas nel 1977 (Standing Room Only), 'AdrianaLecouvreur' di Cilea al Teatro San Carlo di Napoli (1959 -Fabbri Editori), 'Francesca da Rimini' di Zandonai, al Teatro

alla Scala di Milano (1959 - Myto),'I quattro rusteghi'di Wolf-Ferrari al Teatro Comunale di Torino (1969-Gala) e qualche altra molto difficile da reperire.Esistono tuttavia molte registrazioni in vecchi LP, na-stri e alcune cosiddette 'pirata' che attendono unareale revisione critico-tecnica che possa rappresen-tare per l’attuale generazione la prova definitiva diquanto desideriamo comunicare al lettore di buona

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RITRATTI

volontà!La Olivero ha letteralmente trasumanato la vocalitàda lei interpretata detta, a torto, 'Verista' , da pseudointenditori, storico-vociomani, dilettanti della storiadel canto e dei suoi stili, in pura Musica vocale clas-sica antica e soprattutto contemporanea.Durante gli Anni ’30 la Signora, a Torino, ebbeun’educazione musicale globale: diplomata in Canto,allieva del Maestro Luigi Gerussi, diplomata in Piano-forte, studi di alta Composizione alla Scuola di Gior-gio Federico Ghedini, studi raffinati e profondi diArte Scenica-Drammatica, Corso di Danza secondo ilMetodo 'Dalcroze'. Sarebbe interessante apprenderequante altre sue colleghe, soprattutto italiane, ab-biano ricevuto un simile Iter didattico-formativo! Seancora oggi possiamo leggere quanto un celebre so-prano quale Mirella Freni, ricordando la scomparsadel suo collega Luciano Pavarotti, dichiara testual-mente a 'La Repubblica' (7 Settembre 2007): ' El’analfabetismo musicale? C’è chi ha ricordato chePavarotti non sapeva leggere la musica! Anche ionon leggo bene la Musica! E non suono il pianoforte.Ma che c’entra! Le racconto una cosa: sia io che Lu-ciano abbiamo studiato con il maestro Ettore Cam-pogalliani, e quando dissi a quest’ultimo che sapevopoco di musica lui m’intimò: 'Guai a te se impari ilCanto scandendo UNO-DUE-TRE-QUATTRO!'No comment, non ne vale la pena!Tuttavia la grande cantante Mirella Freni sembraavere la sua ragione. Infatti la maggior parte dei can-tanti d’opera 'made in Italy' del secolo scorso nonbrillavano di certo per cultura musicale specifica cosìcome di norma avviene con i pianisti, direttori d’or-chestra ecc...Si affidavano al cosiddetto istinto e riuscivano moltospesso a realizzare un’interpretazione lirica modesta,passabile o addirittura strabiliante da un punto divista strettamente vocale, cioè: bellezza edonisticadel suono, fraseggio musicale, espressività sensualeanche se spesso banale. Infine conquistavano unpubblico, nei primi anni del secolo scorso, digiunodi educazione musicale con l’ausilio del direttored’orchestra o dei cosiddetti 'ripassatori al piano' dicui potevano servirsi durante la preparazione delruolo loro assegnato o per tutta la vita professionale!Tuttavia la qualifica di 'Interprete' era loro spesso ne-gato dai grandi studiosi della vocalità. Il celebre mu-sicologo Andrea Della Corte, nella sua opera'L’Interpretazione musicale e gli interpreti' (UTET,1951), giunto all’ultimo capitolo, quello dedicato a'Gli interpreti-cantanti' dichiara la sua 'scontentezzanel redigerlo' ammettendo quanto 'sia ben notocome sogliono procedere i cantanti nella prepara-zione delle loro 'parti', quanto siano aiutati dagliistruttori, dai concertatori, dai pianisti-maestrini'ecc...Naturalmente, facendo le debite eccezioni, il Della

Corte nega molto spesso al cantante, se non agli in-terpreti-cantanti 'da concerto', la dignità di 'Inter-prete'. E non a torto.Ebbene, una delle uniche interpreti-cantanti del se-colo scorso degne di tale suprema dignità di 'Inter-prete' è, senza alcun dubbio, Magda Olivero. Forsel’Unica. Una Musicista-cantante che con estremo econsapevole talento, cultura, eccezionale senso delritmo, padrona assoluta del gesto scenico dramma-tico, pur sempre 'in Musica', ha scoperto la gran-dezza 'globale' di Cherubini, Verdi, Puccini, Cilea,Mascagni trascendendo in tal modo il banale signifi-cato di 'Verismo' in musica! La sua rivoluzione, so-prattutto nel grande repertorio detto a torto 'Verista'consiste nel suo modus di interpretare i SUONI che,malgrado la pochezza letteraria dei libretti d’opera,nascono, in primis, dalla mente del compositore. LaOlivero canta sempre 'Recitando i Suoni' senza ba-nalizzarli con i soliti riferimenti o atteggiamenti'giornalieri' che nulla aggiungono al pensiero musi-cale, anzi lo involgariscono! Con una preparazionemusicale di altissimo, quasi irraggiungibile e inegua-gliato livello fra i cantanti d’Opera soprattutto ita-liani, data da una profonda preparazionestrettamente vocale-Musicale ( 'Port de voix' auten-tici, mai scadenti nei famigerati 'strisci vocali', Trillipreparati e non, Scale legate e mai trascinate, Messedi Voce - il graduale passaggio da un suono attac-cato sul PP, condotto gradualmente al FF e riportatoal PP iniziale - da manuale e, last not least, il calore diuna comunicazione drammatica di tipo pur sempreclassico!Non dobbiamo dimenticare che i meno 'veristi'erano, fra la fine del 1800 e il primo quarto del se-colo seguente, i compositori che combattevanostrenuamente simile etichetta! Ed a ragione.Non dimentichiamo che Leoncavallo nella primaedizione dei 'Pagliacci', in calce al preludio che pre-cede la 'Ballatella' di Nedda, sconsolato, avvisa: ' se lacantante non possiede il Trillo, lo ometta'! E l’atteg-giamento veristico del grande capolavoro è stato 'ri-veduto' dagli interpreti. Perfino la frase finale 'LaCommedia è finita!', di regola affidata dal Composi-tore al 'cattivo' Tonio (baritono) con 8 note 'da can-tare' fu inspiegabilmente 'rubata' dal marito diNedda, Canio (tenore) che, invece, la urla 'parlando'al pubblico…..E perfino i due protagonisti di 'Cavalleria Rusticana',Santuzza e Turiddu, alla fine del loro meraviglioso edrammatico Duetto ( da 'Bada! fino a 'A te la malaPasqua' NON parlano ma dovrebbero, secondo lapartitura originale, cantare a piena voce! E che diredel finale del secondo atto di 'Tosca' in cui la celebrefrase della protagonista - 'E avanti a lui tremava tuttaRoma' - è composta da ben 9 DO gravi da cantareNON da declamare!Caratteristica di qualche sporadica riserva 'critica'

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Magda Olivero

alla 'bellezza' dell’organo strettamente vocale dellaOlivero (come del resto lo fu ugualmente per la col-lega greca Maria Callas) fu espressa da coloro chevedono nel colore naturale della voce la base dellagrandezza di un interprete! Al contrario, i sommi compositori dell’800, fra i qualiVerdi e Wagner, non consideravano in alcun modogli aspetti 'banali' che in fondo non devono mai ca-ratterizzare o illustrare il cammino 'artistico' di unavoce, mettendo in evidenza falsi concetti di voce'bella' o 'estesa' o altre amenità del genere, bensì sa-pevano mettere a fuoco, con poche parole, il quiddella grandezza, in senso globale, nel campo este-tico dell’arte di cantanti celebri del loro tempo!Verdi giustamente spesso notava nei cantanti sol-tanto aspetti quali il seguente: 'I nostri cantanti nonsanno fare che la voce grossa ma mancano di ac-cento'. Dunque il giudizio del grande compositoreappare interessante poiché non allude alle caratteri-stiche di bellezza del suono o non, ma di un certomodus canendi (modo di cantare) che è ben altracosa!Wagner, della celebre Wilhelmine Schroeder-De-vrient, celebre interprete del 'Flauto magico' di Mo-zart o del 'Fidelio' di Beethoven nonché di ben treruoli wagneriani quali Adriano (Rienzi), Venere (Tan-nhauser) e Senta ( Der Fliegende Hollaender) non-ché 'Norma' di Bellini affermava testualmente '..forsenon aveva voce ma il suo modo di esprimere la mu-sica vocale era unico!'E ancora Verdi, ricordando Adelina Patti, metteva inevidenza 'il modo di sortire contaminata dal lettodel Conte in 'Sonnambula' di Bellini!'.La voce, dunque, deve esprimere situazioni global-mente 'musicali e drammatiche' facendo leva anchesui cosiddetti 'difetti', quelli a torto considerati daimelomani! Non si possono eseguire i vorticosi voca-lizzi di Violetta nel primo atto di 'La Traviata' pen-sando di sciorinare note e notine, discendenti oascendenti sempre 'belle'! Violetta è in uno stato diprivata follia, quella del nascere del primo veroamore! Quei meravigliosi vocalizzi verdiani espri-mono (o dovrebbero, ahimè) semplicemente 'amorein musica', indipendentemente se sono belle omeno belle, secondo gli stupidi stilemi..critici!Magda Olivero ha avuto come compagna ideale - intal senso - la collega Maria Callas la cui 'brutta voce',fra virgolette naturalmente, ha reso contenti e parte-cipi gli amanti dell’ideale di un Belcanto che in ef-fetti storicamente non è mai esistito nella storia epratica della didattica della vocalità, Non dimenti-chiamo che i primi storici trattatisti, Tosi e Mancini,usavano sempre dire 'Buoncanto' mai 'Belcanto'.Sappiamo che il repertorio di Magda Olivero è pas-sato alla storia dell’interpretazione di alcuni capola-vori del Teatro d’Opera tradizionale, classico emoderno, fra gli altri 'La Traviata'(Verdi), 'Mefisto-

fele'(Boito), 'Adriana Lecouvreur' (Cilea), 'Iris'(Masca-gni), 'Francesca da Rimini'(Zandonai), 'Manon Le-scaut', 'Tosca'(Puccini).Tuttavia il fattore che rende Magda Olivero, secondoil nostro modesto parere, la più grande cantante ita-liana del secolo scorso è dato soprattutto dall’esserestata l’interprete di ben 56 Opere di Autori a lei con-temporanei.

REPERTORIO CONTEMPORANEO

F.Alfano: Cyrano di BergeracLa leggenda di SakuntalaRisurrezioneL’ultimo Lord

M.Barbieri: Alcassino e Nicoletta (1937)

N.Cattozzo: I Misteri dolorosi (1933)F.Cilea: Adriana LecouvreurA.Costaguta: S.Rita da CasciaJ.Carvalho de Sousa: PenelopeG.von Einem: Der Besuch der alten

Damen (La visita della vecchia Signora) ( 1977)

S. Fuga: Confessione (1973)U.Giordano: Fedora

MarcellaMese Mariano

O.Gentilucci: Don CiccioL.Janacek: Jenufa (1974)F.Langella: Assunta SpinaA.La Rosa Parodi: Cleopatra

Il Mercante e l’AvvocatoF.Lattuada: La Caverna di SalamancaG.F.Malipiero: Filomena e l’Infatuato

Mondi celesti e infernaliMaria di NazarethOrfeide Sette canzoni (1972)

P.Mascagni: L’Amico FritzCavalleria rusticanaIris

G.Menotti: La mediumG.Mulè: La Monacella della fon

tana Errico Petrella: I Promessi sposiR.Pick Mangiagalli: Notturno romanticoFrancis Poulenc: I Dialoghi delle Carmeli

taneLa Voix humaine

G.Puccini: La BohemeLa Fanciulla del WestGianni SchicchiMadama ButterflyManon LescautSuor Angelica

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Il TabarroToscaTurandot (continua)

O.Respighi Maria EgiziacaR.Rossellini La GuerraNino Rota Il Cappello di paglia di Fi

renze (1976)R.Rusconi Lode alla TrinitàH.Sauget La Voyante (1970)R.Strauss Il Cavaliere della RosaF.Testi La Celestina (1963)E.Wolf-Ferrari L’Amore medico

Il CampielloI quattro rusteghiLa vedova scaltra

R.Zandonai Francesca da RiminiGiulietta e Romeo

REPERTORIO CLASSICO

G.Bizet: Carmen (Micaela)A.Boito: MefistofeleA Catalani: La WallyL.Cherubini: MedeaP.I.Ciajokowskj: La Dama di Picche (La

Contessa)Mazepa

G.Donizetti: La Favorita (Ines)C.Gounod: FaustJ.Massenet: Manon

WertherC.Monteverdi: Il Ballo delle ingrate

Il combattimento di Tancredi e ClorindaL’incoronazione di Poppea

W.A.Mozart: Don Giovanni (Zerlina)G.Verdi: La Traviata

RigolettoNabucco (Anna)Falstaff (Alice- Nannetta)

R.Wagner: Lohengrin (Elsa)

Ed è stato questo incredibile, rarissimo nel suotempo, talento che ha permesso alla Olivero la pra-tica, rendendola unica, della Musica operistica con-temporanea! Una cantante che è riuscita a cantare inmodo sublime 'La Traviata' e insuperabile (nel giudi-zio del celebre critico americano John Ardoin) 'LaVoix humaine', rimane unica nel panorama musicaledegli anni fra il 1940 e il 1980!Lottando contro ogni frusta tradizione esecutiva, èstata 'Maestra del Puro Suono': di ciò che il suono na-sconde all’interno delle parole che nell’Opera, crede-

temi, raramente diventano poetiche! Dunque unazione dello spirito attraverso l’uso 'musicale' dell’or-gano vocale senza alcun riferimento alla banale re-altà giornaliera! L’autore deve rivalutare,trasumanandola, la parola da tradurre in suono.Magda Olivero, da grande musicista, si distingue datutte le interpreti vocali del suo passato, del suotempo e del nostro presente! Posso tuttavia immagi-nare come questa nuova, rivoluzionaria, coltissimacantante potesse al suo tempo mettere KO colleghianche famosi e tanti direttori d’orchestra!Questo aspetto relativo al suono e al suo profondosignificato scenicamente drammatico, ci fa com-prendere il 'perché del continuare a vivere il perso-naggio' anche dopo molti minuti dalla caduta delsipario, in uno stato quasi di trance, da parte dellaNostra. E ci trasmette e illumina forse il suo 'segretointerpretativo': il vivere globalmente in 'musica edramma' il personaggio! Dunque una rivoluzionenello storia dell’interpretazione vocale! Avere rivolu-zionato il ruolo di voce “bella”, tomba della didatticadel canto!Una delle sue ultime creazioni , di cui attendiamo laprossima apparizione sul mercato discografico: lagrande opera di Gottfried von Einem 'Der Besuchder alten Damen' ('La visita della vecchia Signora')quale prima interprete italiana al Teatro di S. Carlo inNapoli nel 1977.Dal numero delle opere contemporanee interpre-tate in Italia e all’estero possiamo dedurre in qualeconsiderazione la Signora era tenuta dai composi-tori del suo tempo!Tuttavia eseguire come nessuna altra collega italianao straniera questo sterminato repertorio le fu possi-bile per il rarissimo modus nel saper usare la vocesecondo gli stilemi dei grandi compositori dei secolitrascorsi.Ad una nostra insigne didatta di canto, Rachele Ma-ragliano Mori, allorchè chiese ad Alban Berg qualefosse il modo migliore per approcciare la sua voca-lità, il grande Compositore le rispose semplice-mente: 'Studi Mozart!'Su queste basi la Nostra potè trionfare e in 'Medea'di Cherubini (Dallas, 1967) e, durante un indimenti-cabile concerto alla RAI (Milano, 18 gennaio 1958),diretta da Franco Mannino, nella wagneriana 'mortedi Isolde', prima italiana ad eseguirla.| Questo raris-simo ascolto ha portato all’entusiasmo un pubblicoattento e commosso a Saluzzo, suo splendido luogodi origine, e che avrebbe fatto felice, ne siamo sicuriRichard Wagner !Desideriamo chiudere questo breve Omaggio aMagda Olivero ricordando il suo 'tardo' debutto, nel1975 ,al Metropolitan Opera House di New York, conuna indimenticabile 'Tosca'. Alla chiusa di 'Vissid’Arte', gli applausi - documentati - durarono ininter-rottamente ben 20 minuti! @

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Presentato al Festival internazionale del cinema di Roma 2010

SCIOPEN ALLA TVdi Roberto Prosseda e Angelo Bozzolini

Come nasce un documentario. Gli autori svelano i segreti del loro lavoro, che, divenuto un format,vuole raccontare notissimi musicisti romantici per Rai Educational.

a presenza nella televisione generalista dellamusica classica, o, per dirla con Quirino Principe,“musica forte”, è sempre più limitata e confinata inorari notturni. La ragione di tutto ciò sta nella con-vinzione, purtroppo avvalorata dai dati dell’Auditel,secondo cui l’audience cala a picco quando vienetrasmesso un concerto, come se la visione di un vio-lino o di un pianoforte inducesse lo spettatoremedio a cambiare canale. Da qui il rischio di unbrutto circolo vizioso: più la musica classica scom-pare dai palinsesti pubblici, più sarà arduo farla co-noscere e comprendere alle giovani generazioni. Lequali, peraltro, non sembrano del tutto refrattarie alfascino della musica “forte”. Forse mai esisterà unaMTV che trasmetta videoclip beethoveniani (perchéno?), ma già oggi internet, con youtube in testa,consente di consultare liberamente un enorme ar-

chivio di filmati di ogni genere (anche preziose raritàcondivise da encomiabili collezionisti) che, a giudi-care dal numero di visite, sembrano attrarreun’utenza sempre più trasversale e libera di sce-gliere. Basta, poi, notare quanto movimento ed inte-resse abbia generato la trasmissione in streamingdel Concorso Chopin di Varsavia (il gruppo di discus-sione su Facebook in 7 giorni ha raccolto 15milaiscritti), per rendersi conto che la musica classica, eChopin in particolare, ancora oggi esercitano un fa-scino notevole anche nelle giovani generazioni cre-sciute ad ipod e MTV. In questo contesto è quindi encomiabile lo sforzoche RAI Educational sta attuando per produrre docu-mentari dedicati ai grandi compositori romantici.Tutto è nato nel 2008, quando abbiamo pensato direalizzare un documentario su Mendelssohn in occa-sione del bicentenario, vista la mancanza di prodotti

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audiovisivi su questo compositore. RAI Educational,nella persona di Maria Paola Orlandini, responsabiledi “Magazzini Einstein”, ha subito accolto il nostroprogetto, e nel novembre 2009 è stato trasmesso suRaitre “Mendelssohn inedito”, il primo prodotto dellaserie, che, contrariamente a tutte le aspettative, haraccolto più del 7% di share, nonostante la concomi-tanza di celebri film d’autore su altri canali. RAI Edu-cational ha così deciso di commissionarci ulterioriproduzioni, e la seconda, appena terminata, è statadedicata a Fryderyk Chopin e presentata al FestivalInternazionale del Cinema di Roma lo scorso 1 no-vembre. Raccontare al pubblico televisivo “generalista” la vitae la musica di un compositore romantico è certa-mente un’operazione complessa. Non si può, eviden-temente, mantenere lo stesso tono e lessicoadeguati ad un saggio monografico o ad un analogodocumentario proiettato su canali specifici comeSKY Classica o Arte. Da una parte, infatti, è indispen-sabile fornire informazioni precise e documentate, inmodo da tracciare un quadro coerente e convin-cente dell’identità e delle peculiarità artistiche delcompositore. Dall’altra, però, non si può indulgere intecnicismi, né – ahimé – in lunghi esempi musicali,poiché l’attenzione dello spettatore, anche del piùinesperto, non deve mai scemare. Considerandoqueste premesse, abbiamo ideato un format che rac-conta la vita e l’arte dei compositori attraverso l’in-treccio di tre elementi narrativi: - le “interviste impossibili” a personaggi dell’epoca,realizzate in forma di cartone animato e doppiate at-tori celebri (Paolo Villaggio è Wagner, Margherita Buyè George Sand, Giuliana De Sio è Fanny Mendel-ssohn); - le “interviste reali” a musicisti e intellettuali illustri ecompetenti (Argerich, Ashkenazy, Barenboim, Rosen,Chailly, Lonquich, Masur), che illustrano e argomen-tano le peculiarità artistiche della poetica del com-positore fornendo anche esempi musicali alpianoforte; le “cartoline musicali” che abbinano al-cune delle più importanti musiche dell’autore ad im-magini dei luoghi che egli ha vissuto, cercando dievocare la magia della sua arte in modo più direttoed intuitivo di qualsiasi spiegazione testuale. Il documentario su Chopin è intitolato “FryderykChopin”, ossia con il nome polacco del compositore(non il francesizzato “Frédéric”), per evidenziare lasua identità e il suo profondo legame con la culturadel suo Paese natio, che tanto lo ha condizionatonella parte della sua vita trascorsa lontano dalla pa-tria. Molto spazio è pertanto dedicato alla Polonia,con numerose riprese dei luoghi che Chopin ha vis-suto nella sua giovinezza. Ma “Fryderyk Chopin” nonvuole soltanto raccontare la vita di Chopin, né de-scrivere didascalicamente la sua musica. Natural-mente, sia gli aspetti biografici, sia la sua poetica

compositiva sono ampiamente trattati, ma per unoscopo diverso: fare scoprire allo spettatore l’animapiù profonda del mondo chopiniano attraverso lepotenzialità intrinseche del linguaggio audiovisivo. Il documentario si snoda attraverso varie aree tema-tiche reciprocamente collegate: la formazione giova-nile, il rapporto con i paesaggi e le tradizionipopolari della campagna polacca, l’identità patriot-tica, i retaggi della tradizione musicale di Bach e delbelcanto italiano, gli struggimenti esistenziali e vi-sionari dell’ultimo periodo. I nuclei narrativi sonoscanditi dalle apparizioni reiterate dello stesso Cho-pin sotto la forma di “intervista impossibile” (con lavoce di Fabrizio Bentivoglio) che rievoca alcuni mo-menti salienti della sua vita. La scelta delle musicheha volutamente escluso i brani più abusati (manca,non a caso, il celeberrimo Notturno op. 9 n. 2, cosìcome lo Studio op. 10 n. 3 “Tristesse”), dando ampiospazio, invece, alle composizioni più rappresentativedella complessa personalità di Chopin. Numerosesono, quindi, le Mazurke citate, così come è dato ri-salto alla Polacca-Fantasia e alle Ballate. Proprio iltema principale della quarta Ballata è costante-mente associato alla voce di Chopin: esso riappareogni volta in forma sempre più struggente e interio-rizzata, alimentando il senso drammatico e il coin-volgimento emotivo dello spettatore. Questo film si rivolge a tutti i tipi di pubblico, a pre-scindere dalla preparazione musicale: il fine conosci-tore di Chopin saprà certamente apprezzare ipreziosi e rari contributi d’archivio con alcune dellepiù intense interpretazioni chopiniane di Alfred Cor-tot, Arturo Benedetti Michelangeli e Martha Arge-rich, o sarà affascinato dalla sorprendentesomiglianza della musica folclorica polacca con lemazurke di Chopin; chi invece conosce solo superfi-cialmente la musica di Chopin sarà subito attrattodalla presenza di Bobby Mc Ferrin che canta un pre-ludio di Chopin, e potrà poi scoprire un universopoetico di impressionante attualità, in cui immedesi-marsi e commuoversi. @

MUSICA&TV

alessio.gabriele
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gli scatti mai più, perchè il mini-stro ha deciso di premiare il me-rito. Ma quando e con quali criterinon è dato sapere, certamentenon prima del 2013, e sempre chesi trovano i soldi. Poi con il re-cente rinnovo del contratto di la-voro (2006-2009), i professori diConservatorio si sono visti au-mentare le ore di impegno scola-stico da una media di 250 a 320per anno, senza il corrispondenteaumento di stipendio, per la qualragione ci saranno molto proba-bilmente ricorsi al TAR; ed , infine,ulteriore gratifica per questi pro-fessori, cosiddetti universitari,dall'inizio dell'anno accademico2010-2011, hanno l'obbligo ditimbrare il cartellino in entrata eduscita. Finalmente come tutti i co-muni impiegati. Con grande feli-cità di Brunetta e della Gelmini,anche i professori universitari -cosiddetti - dei Conservatori, che iministri vogliono 'impiegati', sa-ranno controllati attraverso il tes-serino magnetico. Per fare cosa?Alla ministra ed al probabile pros-simo sottosegretario all'Istru-zione, Renzo Bossi detto il 'trota',molto probabilmente interessameno.

ono partiti i licei musicali,nella confusione generale. Qua-ranta in tutto, un migliaio circa diallievi per un'intera nazione. Sa-rebbe questa la grande novità! Manon è l'unica. Una seconda ri-guarda gli insegnanti. Che non sitrovano e i presidi costretti a pub-blicare a pagamento annunci suigiornali, nelle pagine delle offertedi lavoro: 'cercasi docenti di stru-mento'. Non avrebbe dovuto for-nirglieli il Ministero? No, perchèquesta riforma si è attuata, soloperchè è a 'costo zero', e il Mini-stero non ha soldi neanche perchiamare telefonicamente gli in-segnanti e non sa dove reperirli.Ma c'è anche un'altra ragione checostringe i presidi a ricorrere agliannunci. Perchè - dicono i presidi- non possiamo prenderli da quelliche insegnano nei Conservatori,gli unici - sulla carta – ideonei.Perchè mai? Perchè, essendo iprofessori di Conservatorio pro-fessori 'universitari' non possonoinsegnare in una scuola seconda-ria. E sapete come sono messi iprofessori universitari, cosiddetti?Sono messi come i professoridelle secondarie, per lo stipendio.Non solo, come tutti i professoriavranno per un triennio lo stipen-dio bloccato - niente contratti eniente scatti fino al 2013, e forse

l Teatro di San Carlo, guidato dalCommissario Salvo Nastasi, dagennaio a giugno 2010, ha fattocomplessivamente quarantuno re-cite fra opera ( 25 recite), balletto(6 recite) e concerti (10, fra sinfo-nici, da camera e recital), come sievince dal sito ufficiale dell'Operanapoletana che, negli ultimitempi, produttività scarsa a parte,sta mostrando segni evidenti di ri-scatto. Come dimostra, secondoNastasi, il recente trionfale viag-gio in Cile al suono di 'O sole mio'!.

DOPO LA BEFFA IL DANNO

l maggior numero di offerte dilavoro per musicisti 'classici',anche del nostro paese, arriva dal-l'estero, la qual cosa dovrebbe farriflettere sulla deriva italiana nelsettore musicale. Il 'Corriere dellasera' del 16 luglio u.s. le ha con-tate, arrivando a quota 400. Tuttele informazioni possibili per que-sto tipo di offerte di lavoro pos-sono cercarsi su internet, al sito:

OFFRESI LAVORONELLA MUSICA

PRODUTTIVITÀ COMMISSARIATA

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www.musicalchairs.info . Tali of-ferte riguardanti gli strumentisti,riguardano soprattutto le famigliedegli archi (violino, viola, violon-cello) e provengono dai bandi diconcorso delle più note orchestre,anche extraeuropee.

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i sono luoghi che, nel sentiregenerale, sono considerati comesacri, e non perchè destinati adospitare riti religiosi. Luoghi chela storia o l'arte hanno consacratonei secoli e che meritano lostesso rispetto di quelli propria-mente sacri. Ve l'immaginate ilColosseo che ospita un concertodi scalmanati rockettari? La nostra Italia, troppo ricca diluoghi simili, sembra aver perso ilsenso della sacralità dei mede-simi. Quando pensiamo in qualimani i governanti hanno messoper anni Villa Adriana di Tivoli(ora fortunatamente riconsacratadall'attività patrocinata da Musicaper Roma); il Teatro Marcello (dove da molti anni ogni serad'estate si svolge un concerto,dove suonano e possono suo-nare tutti o quasi), il Cortile diSant'Ivo alla Sapienza (ched'estate ospita qualche concer-tino, mentre meriterebbe di es-sere assunto a luogo simbolo diun festival barocco a Roma), il Ca-stello sforzesco a Milano cheospita una stagioncina operisticache suona quasi di affronto allaScala, con la scusa del 'popolare'ed a tanti altri luoghi - l'Italia neha a migliaia - ci vengono i bri-vidi. Ci abitueremo mai a rispet-tarne la sacralità?

IL RISPETTO DEILUOGHI

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CD. CHOPINIANA

nche nel disco, con i suoicontenuti, ogni proposta di Gio-vanni Bellucci appare sotto la spe-

cie dell’evento (con tutta la pru-denza che oggi è d’obbligo nel-l’utilizzo di questo termineinflazionato e consumato arbitra-riamente) nel senso che le inten-zioni che sostengono i momentid’arte animati dal giovane piani-sta, storico, e ricercatore, si artico-lano e si legano con organicità disignificati, come mai da decenni Gli interessi che hanno animato laricerca di Bellucci nelle ultime sta-gioni, ma che non fanno dimenti-care i suoi contributi discograficial grande repertorio - Beethoven(Sonate, e Sinfonie nella trascri-zione di Franz Liszt, in corso direalizzazione), e il Liszt, anchedelle trascrizioni: come la Sinfoniafantastica di Hector Berlioz, in unamagistrale registrazione di qual-che anno fa - si focalizzano oggisu Schumann, e soprattutto suFrédéric Chopin (1810-1849), dicui, in questo CD “a tesi”, rivela almusicofilo pagine che la storia haignorato, o per ignavia (quietanon movere) tenuto nascoste, eche per la verità esaltano empati-camente, grazie all’opera di ese-geti curatori, i caratteri del testooriginale. Bellucci - che introducesul booklet le sue esecuzioni de-dicate alle metamorfosi chopi-niane con note puntuali per datistorici e considerazioni estetiche -apre la festa sonora con Sei Cantipolacchi tratti dall’op.74 dal-l’amico Franz Liszt, per proseguirecon l’inedita registrazione dellapregnante revisione di FerruccioBusoni della Polacca in labem.magg. op.53 (1909) e, sem-pre di Busoni, le Nove Variazionisu un Preludio di Chopin, affiorateda laboriosissimi precedenti. Con-clude il CD la prima registrazione,live, del Concerto n.1 per piano-forte e orchestra op.11, con la sor-prendente orchestrazione di CarlTausig, il virtuoso polacco, scom-parso trentenne nel 1871: per luinon fu “affatto un sacrilegio met-ter mano all’orchestrazione al-quanto scolastica eprobabilmente apocrifa del Con-certo”, e le sue ragioni appaiono

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oggi di grande interesse. Nell’im-possibilità di entrare nel dettagliodelle singole realizzazioni si in-tende almeno accennare al contri-buto culturale e artistico dellaproposta, tutta mirata alla esalta-zione delle potenzialità suggeritedal geniale fecondo dettato origi-nale; il generoso progetto di Bel-lucci, splendidamente realizzatocon il valore aggiunto del suo su-periore magistero, della sua artepianistica così nutrita di poeticoardore, oggi praticamente senzaconfronti da queste parti, prendela forma di una riflessione con-creta sulla evoluzione dei signifi-cati estetici, storici, poetici, e, conl’affermazione dell’occasione con-certistica, anche di costume; lasottolineatura “d’autore” (e qualiautori!) di alcuni aspetti, ancheprofetici, dell’arte di Frédéric Cho-pin è un atto d’amore, espressoda un pianista d’oggi davverogrande, che rivitalizza una dimen-ticata opera di esegesi, quella diTausig, in cui il canto e il tessutoarmonico del pianoforte sono va-lorizzati da un’orchestrazione per-tinente, devotamente sottesa. (Chopin, Métamorphoses. Bellucci,pf. Orch. Nat. de Montpellier AlainAltinoglu, dir. Accord 480 4109)

Umberto Padroni

L'ACCADEMIA DEI LINCEI PER

L'ABRUZZO

a Commissione della illustreAccademia ha ritenuto all’unani-mità di proporre l’attribuzione del'Premio Feltrinelli 2010 per unaimpresa eccezionale di alto valoremorale e umanitario' conse-

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guente al sisma in Abruzzo all’Isti-tuto Centrale per il Restauro e laConservazione del Patrimonio Ar-chivistico e Librario (ICPAL) perquanto già fatto all’Aquila e per ilsuo progetto REPAQ (Progetto peril restauro del patrimonioarchivistico e librario dell’Aquila).La Commissione ha valutatocome il ripristino dell’identità sto-rico-culturale dell’Aquila sia uncontributo di alto valore moraleed umanitario in un momentostorico ecivile in cui i valori della cultura,che sono essenziali per l’incivili-mento, si affievoliscono edessendo l’Accademia Nazionaledei Lincei una istituzione chedeve promuovere etestimoniare questi valori speciecon riferimento alle giovani gene-razioni, offrendo loroquanto necessario per poternefruire. Il premio prevede ancheuna somma in denaro: 250.000Euro.

LA BACCHETTA FA IL SUONO VIVO

E POTENTE

se la bacchetta - e chi la im-pugna, ovviamente - non c'è,come faranno ad ottenerlo ilsuono 'vivo e potente', i 35 baldigiovani musicisti, età media 26

anni e di diverse nazionalità, checompongono l'orchestra sinfo-nica 'Spira mirabilis' (il nome ri-manda alla spirale logaritmica chesi avvolge all'infinito su se stessa)che ha scelto di suonare senza di-rettore? Ma ciò che ci fa temere dipiù per loro, dopo aver letto il'Corriere' che parlava dell'Abbadocon la bacchetta che faceva ilsuono 'più vivo e potente' ( se-condo il quotidiano, dirigendosenza bacchetta, negli ultimi anni,il suono di Abbado si era fatto piùmoscio e fiacco!) è che non sap-piamo fornirgli un'alternativa perottenere quel suono vivo e po-tente di cui parla il giornale. In-somma, questi baldi giovani - dicui tutti i giornali hanno scritto,come dell' unica novità dell'estate- hanno deciso di incontrarsi pe-riodicamente, studiare per un pe-riodo insieme e, poi, far seguireuna tournée, breve o lunga chesia. Vogliono farcela da soli, queglistessi giovani che poi sono inna-morati dei loro idoli, dittatori conla bacchetta. Il loro impegno edentusiasmo sono certamente dalodare, ma come la mettiamo conil lavoro continuo, stabile, chesolo crea il suono di un'orchestra (pensiamo la stessa cosa - nega-tiva - anche della famosa orche-stra di fuoriclasse che Abbadoriunisce ogni anno a Lucerna), sedopo questi periodi che, per ne-cessità, saranno brevi, ciascuno diloro torna a suonare nelle orche-stre in cui sono, invece, stabili edove lavorano agli ordini del loroamato dittatore? Forse voglionoassumersi la responsabilità inprima persona del loro lavoro, equesto gli fa sicuramente bene.Ma come chiunque ha modo dipensare, riflettendo seriamente,non si può far musica - specie inuna grande compagine - senza uncapo. Quantomeno senza unoche, avanti negli anni e carico diesperienza, sappia dare, al mo-mento, opportuni consigli. Odanche, più semplicemente, senzaun leader capace di riflettere sullamusica, di proporre soluzioni ad

eventuali problemi. Perchè non èdetto che imbracciando uno stru-mento e sollecitandolo venga sol-lecitata, per simpatia, anche lamente, ammesso che ci sia. Certoun'abitudine può stimolarla. Ed èforse quello che i giovani musici-sti vogliono perseguire. In questocaso, non solo li capiamo ma liincoraggiamo anche.

E

CD. SCHUBERTIADE

uando si dice: le mode;sono alcuni decenni che la

musica “musicata” sembra eludereil Lied; è dagli anni '70, chiusa lafortunata stagione delle grandivoci, che il particolare, benedettogenere cameristico - affidato altimbro vibrante e alla culturadella parola, all’intelligenza del-l’arco melodico e al gioco degliaccenti - non chiama alla sottilesfuggente mimesi del teatro dacamera; è insomma davvero raroincontrare un’occasione liederi-stica. Due anni fa, negli storiciStudi londinesi di Abbey Road,Antonio Pappano, uomo-tutta-

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musica per fortuna attivo sulpodio a queste latitudini, e il lan-ciatissimo tenore inglese Ian Bo-stridge - alloraquarantaquattrenne, anche filo-sofo e storico oxfordiano - si sonoincontrati, per servire con la loroarte, con l’aiuto di un pianoforte,il volo estremo della fantasia diFranz Schubert (1797-1828), cheun pianoforte non ha mai posse-duto: i quattordici Lieder su testidi Ludwig Rellstab e di HeinrichHeine pubblicati a Vienna nel1829 sotto il titolo Schwanenge-sang, composti nell’Agosto 1828,e l’ultimo, Die Taubenpost, nel-l’Ottobre, a un mese dalla morte.Molta amarezza si prova osser-vando, in catalogo, le date di pub-blicazione delle opereschubertiane… Il testamento artistico del divinoFranz, che è qui incorniciato daquattro Lieder non organici a col-lane, ha, nel lirismo, anche un suopiglio drammatico intanto per lascelta agogica - talvolta orientatasu tempi più celeri della tradi-zione, ad esempio in Frühlin-gssensucht, e Abschied, talaltra sutempi afferenti al tragico, come Inder Ferne - poi per la duttilità ad-dirittura espressionistica di trasa-limenti segreti: artificiassolutamente pertinenti, e chevalorizzano, pur con qualche fugain avanti rispetto alle consacratetestimonianze del passato a me-moria d’uomo gli altissimi testi.

(Schubert, Schwanengesang.Bostridge, ten. Pappano, pf.

EMI 2 42639 2)U. P.

UN VESCOVO FA DISCORSI RAZZISTI E

SESSUOFOBICI

lton John non deve suonare ecantare nel piazzale antistante lacattedrale, perchè omosessuale,così ha sentenziato mons. Gia-como Babini, vescovo di Grosseto,una diocesi lontana dal luogo delconcerto, Trani. Ed ha anche ag-giunto, quasi non bastasse l'uscitarazzista e sessuofobica: 'meglionon nascere che vivere certe esi-stenze. I cattolici farebbero benead occupare la piazza...'. Al ve-scovo sfugge che, in Italia, novevolte su dieci, su una piazza im-portante e capiente si affacciasempre una chiesa. Intanto il con-certo sarebbe stato spostato inaltro luogo, e non per dar retta alvescovo; perchè, a dargli ascolto,la prossima volta potrebbe vietarela piazza ai neri, alle donne ecc...Da dimenticare l'uscita razzistadel presule.A proposito del concerto del 22settembre u.s.( ma poi c'è stato?)va detto che l'ha voluto GabriellaCarlucci, alla quale è stato fattonotare l'alto costo del cachet dell'artista ( 60.000 Euro circa. Macome mai a Napoli per un con-certo dello stesso cantautore in-glese si è speso 750.000 Euro?)per una amministrazione comu-nale che vanta fra i suoi primatianche quello negativo delle

strade dissestate. La Carlucci, chevorrebbe che la gestione dellacultura e spettacolo in Italia fossesimile a quella di un'azienda diqualsivoglia prodotto, ha risposto:quel concerto, pur costoso, rendein immagine alla città di Tranimille volte più di quanto costa.Ma perchè la Carlucci non ragionaallo stesso modo, quando si oc-cupa dei teatri d'opera e delle isti-tuzioni musicali? Forse non sacosa siano!

EREGGIO EMILIA

INVITA PLETNEV ACCUSATO

DI PEDOFILIA

l pianista e direttore d’orchestrarusso Mikhail Pletnev è stato arre-stato, in Thailandia, con l’accusa dipedofilia. Pletnev, secondo gli in-quirenti avrebbe stuprato un ra-gazzo di meno di 15 anni aPattaya, la località balneare sim-bolo dell’industria della prostitu-zione in Thailandia, dove ilmusicista trascorre alcuni mesiall’anno, ed ha alcune proprietàimmobiliari. Pletnev è stato poi ri-lasciato su cauzione e autorizzatoa lasciare il paese per parteciparea una tournée, con l’impegno dirientrare il 18 luglio per farsi pro-cessare. Pletnev, 53 anni, incriminato diviolenza sessuale su un minore, ilsuo nome è stato fatto alla poliziada alcuni suoi collaboratori thai-landesi, arrestati durante una re-tata e scoperti in possesso dimateriale pedopornografico. Leforze dell’ordine hanno prelevatoPletnev in un ristorante da lui ge-stito in comproprietà e la casa delmusicista è stata perquisita con la

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sua collaborazione: anche lì sonostati ritrovati filmati e immaginipornografiche che coinvolgereb-bero minori. Il musicista, che in una intervistaal quotidiano «Pattaya DailyNews» ha negato qualsiasi coin-volgimento, rischia una pena daquattro a venti anni di reclusione.Tenete a mente: il 6 maggio 2011è in programma un suo concertonel Teatro Municipale di ReggioEmilia. Ci auguriamo che la dire-zione artistica di quel teatro vorràcancellarlo. In caso contrario invi-tiamo tutti a disertare il concertodel pedofilo - se l'accusa verràconfermata ! - Pletnev. In nomedell'arte non si possono faresconti a nessuno. Il discorso valeanche per il regista americano,Roman Polanski, accusato di averviolentato una minorenne e poi'salvato' dalle autorità svizzere.

LE MUSICHE ORIGINALI DI PETRASSI PER RISO AMARO

ella cornice di Palazzo Ro-spigliosi di Zagarolo l'OrchestraPetrassi diretta da Francesco Vi-zioli in un concerto intitolato Ci-neclassica, ha riproposto lemusiche per il cinema scritte daalcuni dei piu' grandi compositoridel Novecento. Di particolare in-teresse, accanto a brani di Proko-fiev e Sciostakovic, la primaesecuzione della suite dalla co-lonna sonora di Goffredo Petrassiper 'Riso amaro' di Giuseppe DeSantis, uno dei capolavori delneorealismo. Completavano ilprogramma anche due brani che,senza essere destinati specifica-

mente a un film, sono stati usatipiu' volte dal cinema: l'Adagio perarchi di Samuel Barber e il cele-berrimo Concerto de Aranjuez diJoaquin Rodrigo, con il chitarristaMichele Greci.

NGRAZIE!

Vogliamo rivolgere anche dalle pagine di Music@ un sentito ringraziamento allaFondazione 'Donne in Musica' presieduta da Patricia Adkins Chiti per lo straordi-nario sostegno fornito al Conservatorio all’indomani del sisma del 6 aprile 2009. La Fondazione, attraverso l’iniziativa “Music for the mind” diffusa a livello inter-nazionale, ha raccolta una grande quantità di libri, partiture e riviste donate allaBiblioteca del Conservatorio e, successivamente, distribuite agli studenti delConservatorio che ne facevano richiesta.Le donazioni sono arrivate da decine di paesi sparsi nel mondo, a testimonianzadi una attenzione da parte del mondo musicale mondiale verso una tragediache ha colpito una delle più importanti realtà culturali musicali italiane.Un atto di generosità straordinario che ha consentito agli studenti del Conserva-torio che avevano perso, tra l’altro, anche il materiale fondamentale per prose-guire i loro studi, di ricominciare a progettare il proprio futuro di musicisti.Ancora grazie quindi a Patricia Adkins Chiti e a tutti coloro che hanno volutodare in questo modo il loro contributo per far risorgere il Conservatorio del-l’Aquila.

SPARIZIONI BAROCCHE

a XXXX edizione del FestivalBarocco di Viterbo quest'annonon c'è stata. Dopo numerosi rin-vii (il Festival aveva inizio, normal-mente, dopo ferragosto) ealtrettanti ridimensionamenti diprogrammi, le Amministrazioni vi-terbesi, e la stessa Regione Lazioevidentemente, hanno lasciatocadere la possibilità di finanziareper il 2010 il Festival Barocco.Viene così a mancare, dopo unquarantennio di prestigiosi suc-cessi, una delle manifestazionimusicali più significative per lamusica barocca non soltanto nelLazio ma nell'Italia intera. Tuttociò nonostante l'impegno profusodal suo ottimo direttore artistico,

maestro Riccardo Marini, e nono-stante le riduzioni di budget otte-nute grazie anche all'offerta digrandi solisti e direttori di com-plessi internazionali (come il bra-vissimo Jordi Savall) di autoridursiin modo consistente i compensi.E' un segnale molto grave per lamusica e per la cultura. Mentre,anche nella stessa Viterbo e nel-l'intero Lazio, si trovano fondi esponsor per manifestazioni musi-cali di livello decisamente medio-cre, si lascia deperire e, almenoper quest'anno, morire un festivalmusicale che ha portato opere econcerti del più alto livello in de-centramento in tutta la Tuscia, daTuscania a Montefiascone, da Tar-quinia a Nepi o a Castel Sant'Emi-lia, facendo perno su Viterbo e sulsuo Palazzo dei Papi. Per fare unesempio, l'anno scorso la XXXIXedizione si aprì a Tarquinia con unconcerto nella chiesa di SantaMaria di Castello del soprano in-glese Emma Kirby che col LondonConcert eseguì le Canzoni di Vi-gnanello composte da Haendelnegli anni del soggiorno romano,assieme ad alcuni brani strumen-tali. La musica barocca tace dun-que a Viterbo e nella Tuscia,mentre imperversano sagre econcertini.

Vittorio EmilianiComitato per la Bellezza

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ARIA DEL CATALOGO

i sono critici musicali metodici, ordinati cheogni giorno, e per tutta la loro esistenza, pubblicanorecensioni ma anche raccolte dei loro articoli rici-clati, libretti d’opera, saggi, ricettari. Alcuni, ormaisettantenni, hanno scaffali pieni delle loro caccoleospitate, a suo tempo, da quotidiani e settimanali,dove lodavano compositori famosi come il france-scone da rimini, il boccadoro in espansione, senzacontare le odi rimate in onore dei classici del Nove-cento come il nono duodecimo, il giacomo man-zoni leopardi e alcuni rificoloni stranieri che èmeglio non nominare. Al loro apparire, questi zibal-doni sembrarono capolavori: ne scrisse perfino ilprof. tartaruga, lodando lo stile e il profondo signifi-cato dei testi. Nonostante che le articolesse di que-sti forzati del punto e virgola siano fitte di nomi conalmeno tre w, due y e quattro x si capisce subito chesono opera di provinciali che vogliono mostrare laloro cultura inserendo qualche frecciata a composi-tori del passato come Leoncavallo o Giordano. La pubblicistica di costoro è sovente destinata ad es-sere compattata in un volume che, come il sac-chetto di spazzatura detto umido, viene inviato aquelle specie di discariche che son oggi le librerie.Gli avventurosi frequentatori di questi luoghi sinistrigirano alla larga da simili involucri maleodoranti,tanto che questi rifiuti tossici sono diventati un pro-blema per l’Unione Europea. In uno dei sacchettipresi in esame da un commissario tedesco è statorinvenuto un cartiglio dove si è letto che Wagner eraun genio. Ma grande scalpore ha suscitato un corto-metraggio dove un tuttofare italiano asserisce cheBeethoven non era nessuno e la 'nona' (sinfonia)una menata. Tuttavia non c’è giorno che Dio mettain terra senza che escano, a getto continuo, questeraccolte d’articoli di giornali infinitamente riciclati.Ma veri libri di musica non se ne scrivono da de-cenni. Mai come oggi c’è stato un vuoto così evi-

dente anche perché i compositori di musica classicasono estinti, a parte qualche brontosauro in do mag-giore che continua a mandare in fuga il residuopubblico sempre più sparuto, che una volta “an-dava”, spinto da parenti sempre più riluttanti, ai con-certi di musica contemporanea. Oggi la musicaelettronica e dodecafonica pare più vecchia di quelladel buon Pacini e le opere di Mercadante infinita-mente più moderne di quelle degli operisti attual-mente in scema.

Leporello

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CONCERTO BARICCO

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