Giorgio spedicato_Keyword advertising e disciplina dei marchi

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KEYWORD ADVERTISING E DISCIPLINA DEI MARCHI Avv. Giorgio Spedicato Professore a contratto di Diritto della proprietà intellettuale Facoltà di Giurisprudenza dell’Università di Bologna (polo di Ravenna)

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KEYWORD ADVERTISING

E DISCIPLINA DEI MARCHI

Avv. Giorgio SpedicatoProfessore a contratto di Diritto della proprietà intellettuale

Facoltà di Giurisprudenza dell’Università di Bologna (polo di Ravenna)

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I marchi: tensione tra «monopolio» sui segni e libertà dei terzi

Esiste indubbiamente un «rischio monopolistico» insito nella possibilità di esercitare un controllo proprietario su parole, disegni, lettere, cifre, suoni, forme, colori, impiegati da un soggetto in funzione di segni distintivi

Il rischio monopolistico, comunque immanente nella proprietà intellettuale, è tuttavia considerato moderato in relazione ai marchi per: la peculiare natura giuridica del bene protetto (non è un public

good, diversamente da opere dell’ingegno e invenzioni) la presenza di una disciplina tradizionalmente improntata ad un

bilanciamento tra potere di tipo dominicale e libertà di iniziativa economica e di concorrenza

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Il trend iper-monopolistico del diritto dei marchi: alcuni esempi

tutela ultramerceologica dei marchi notori (ma non solo…): dalla tutela del segno alla tutela del simbolo (come bene immateriale)

espansione del novere delle funzioni giuridicamente tutelate del marchio

dal rischio di «confusione» al rischio di «associazione»

assenza di una clausola generale per gli usi in funzione meramente descrittiva o informativa

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L’uso del segno come “parola chiave”: i meta-tags

I meta-tags sono dati che possono essere inseriti all’interno del codice HTML di una pagina e che non vengono visualizzati direttamente dall’utente (ma possono essere visualizzati accedendo al codice HTML stesso).

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L’uso del segno come “parola chiave”: i meta-tags

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L’uso del segno come “parola chiave”: i meta-tags

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La giurisprudenza ha sempre considerato illeciti i meta-tags corrispondenti ad un marchio altrui:

in quanto il loro uso integra una fattispecie di concorrenza sleale (ex art. 2598, n. 1 e 3, cod. civ.)

in alcuni casi, per violazione di marchio (in base alla teoria del c.d. invisible trademark infringement)

L’uso del segno come “parola chiave”: i meta-tags

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Vi sono tuttavia differenze rilevanti tra le due pratiche…

i meta-tags sono “nascosti”

i meta-tags alterano i risultati naturali della ricerca

L’uso del segno come “parola chiave”: dai meta-tags al keyword advertising

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Come funziona il keyword advertising

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Come funziona il keyword advertising

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Come funziona il keyword advertising

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Il keyword advertising nella giurisprudenza italiana

Trib. Milano, 26 febbraio 2009 ha ravvisato:«un indebito agganciamento del sito della titolare del marchio, volto a sfruttare l’indubbia notorietà del segno», comportante, «non solo un’indubbia attività confusoria, appropriativa di pregi altrui e, nel complesso, professionalmente scorretta e idonea, per confusione e sviamento della clientela, a danneggiare l’altrui azienda, ma anche una violazione del marchio, che in quanto utilizzato per distinguere servizi, finiva per contraddistinguere, nell’ambito del collegamento sponsorizzato, anche i servizi, indubbiamente affini» del concorrente con un conseguente concreto «pericolo di confusione tra i due segni, se non altro sotto il profilo dell’associazione».

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Il keyword advertising nella giurisprudenza comunitaria

Negli ultimi due anni la ECJ ha emanato diverse sentenze in materia di keyword advertising: C 324/09, ‑ L’Oréal C-323/09, Interflora C-91/09, Eis.de C-558/08, Portakabin C-278/08, BergSpechte C-236/08, Google France (causa riunita con C-237/08 e C-238/08)

Il leading case, ancora oggi, è costituito dal caso Google France premessa: Google condannata da TGI e da CdA di Parigi per contraffazione del

marchio “Louis Vuitton” commessa tramite il suo sistema AdWords.

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IL LEADING CASE

GOOGLE FRANCE

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Prima questione pregiudiziale

Costituisce contraffazione di marchio l’utilizzo di una parola chiave identica o simile ad un marchio registrato altrui nell’ambito di un «servizio di posizionamento»:

da parte dell’inserzionista?il quale seleziona la parola chiave

da parte del provider?la quale consente di selezionare la parola chiavela quale consente la visualizzazione dell’annuncio

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Il potere dominicale del titolare dei diritti sul marchio

In applicazione dell’art. 5, n. 1, lett. a), della direttiva 89/104 (ora codificata nella direttiva 2008/95/CE) il titolare di un marchio può vietare che un terzo, senza il proprio consenso, faccia uso di un segno identico a detto marchio qualora:

tale uso abbia luogo nel commercio

tale uso avvenga per prodotti o servizi identici a quelli per i quali il marchio è registrato

tale uso pregiudichi ovvero sia idoneo a pregiudicare le funzioni del marchio

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Uso nel commercio?

Per l’inserzionista:

«la selezione della parola chiave identica al marchio ha per oggetto e per effetto la visualizzazione di un link pubblicitario verso il sito sul quale egli mette in vendita i propri prodotti o i propri servizi. Dal momento che il segno selezionato come parola chiave è lo strumento utilizzato per rendere possibile tale visualizzazione pubblicitaria, non si può contestare che l’inserzionista ne faccia un uso nel contesto delle proprie attività commerciali»

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Uso nel commercio?

Per il provider:

«è pacifico che quest’ultimo esercita un’attività commerciale e mira a un vantaggio economico quando memorizza, per conto di taluni suoi clienti, segni identici a marchi come parole chiave e, a partire dalle stesse, organizza la visualizzazione di annunci»

MA «l’uso di un segno identico o simile al marchio del titolare da parte di un terzo comporta, quanto meno, che quest’ultimo utilizzi il segno nell’ambito della propria comunicazione commerciale. Nel caso del prestatore di un servizio di posizionamento, quest’ultimo consente ai propri clienti di usare segni identici o simili a marchi, senza fare egli stesso uso di detti segni»

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Uso per prodotti o servizi identici?

Per l’inserzionista:

NB le fattispecie di cui è causa sono caratterizzate dall’assenza, nell’annuncio del terzo, del segno identico al marchio

MA «la circostanza che il segno utilizzato dal terzo a fini pubblicitari non compaia nella pubblicità stessa non può significare, di per sé, che tale uso sia escluso dalla nozione di «us[o] (…) per i prodotti o servizi» ai sensi (…) della direttiva 89/104»

E in una «situazione caratterizzata dal fatto che un segno identico a un marchio è selezionato come parola chiave da un concorrente del titolare del marchio al fine di offrire agli utenti di Internet un’alternativa rispetto ai prodotti o ai servizi di detto titolare, sussiste un uso di detto segno per i prodotti o i servizi di detto concorrente»

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Uso idoneo a pregiudicare le funzioni del marchio?

Per l’inserzionista:

vi è violazione della funzione di indicazione di origine?

vi è violazione della funzione pubblicitaria?

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Vi è violazione della funzione di indicazione di origine?

DIPENDE «sussiste violazione della funzione di indicazione di origine del marchio quando l’annuncio non consente o consente soltanto difficilmente all’utente di Internet normalmente informato e ragionevolmente attento di sapere se i prodotti o i servizi a cui l’annuncio si riferisce provengano dal titolare del marchio o da un’impresa economicamente connessa a quest’ultimo o, al contrario, da un terzo»

Uso idoneo a pregiudicare le funzioni del marchio?

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Vi è violazione della funzione pubblicitaria?

l’uso del segno corrispondente al marchio altrui come parola chiave «può produrre alcune ripercussioni sull’utilizzo a fini pubblicitari di detto marchio da parte del suo titolare nonché sulla strategia commerciale di quest’ultimo»

MA «tali ripercussioni dell’uso del segno identico al marchio da parte di terzi non costituiscono di per sé una violazione della funzione di pubblicità del marchio»

Uso idoneo a pregiudicare le funzioni del marchio?

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Vi è violazione della funzione pubblicitaria?

SEGUE «quando l’utente di Internet inserisce il nome di un marchio quale parola da ricercare, il link verso la pagina iniziale e verso il sito sponsorizzato del titolare (…) comparirà nell’elenco dei risultati naturali e, di regola, tra i primi posti di tale elenco. Tale visualizzazione (…) comporta che all’utente di Internet è garantita la visibilità dei prodotti o servizi del titolare del marchio (…). Alla luce di tali circostanze, si deve concludere che l’uso di un segno identico a un marchio altrui nell’ambito di un servizio di posizionamento quale quello di cui trattasi nelle cause principali, non è idoneo a pregiudicare la funzione di pubblicità del marchio».

Uso idoneo a pregiudicare le funzioni del marchio?

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Uso idoneo a pregiudicare «altre» funzioni del marchio?

Nella causa Interflora la ECJ si è chiesta:

Vi è violazione della funzione di investimento?

ECJ ha affermato che «[q]ualora l’uso da parte di un terzo, come ad esempio un concorrente del titolare del marchio, di un segno identico a quest’ultimo per prodotti o servizi identici a quelli per i quali detto marchio è stato registrato intralci in modo sostanziale l’utilizzo, da parte del suddetto titolare, del proprio marchio per acquisire o mantenere una reputazione idonea ad attirare i consumatori e renderli fedeli, si deve considerare che il predetto uso violi la funzione di investimento del marchio».

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Uso idoneo a pregiudicare «altre» funzioni del marchio?

Nella causa Interflora la ECJ si è chiesta:

Vi è violazione della funzione di investimento?

SEGUE «[p]er contro, non si può ammettere che il titolare di un marchio possa opporsi a che un concorrente faccia, in condizioni di concorrenza leale e rispettosa della funzione di indicazione d’origine del marchio, uso di un segno (…), qualora siffatto uso abbia come sola conseguenza di costringere il titolare dello stesso marchio ad adeguare i propri sforzi per acquisire o mantenere una reputazione idonea ad attirare i consumatori e a renderli fedeli»

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Seconda questione pregiudiziale

Il prestatore di un servizio di posizionamento su Internet, che memorizza come parola chiave un segno identico a un marchio e organizza, a partire dalla stessa parola chiave, la visualizzazione di annunci, fa un uso di tale segno che il titolare di detto marchio può vietare?

Secondo la ECJ «tali atti del prestatore non costituiscono un uso ai sensi degli artt. 5 della direttiva 89/104 e 9 del regolamento n. 40/94»

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Keyword advertising e marchi notori

Nella causa Interflora, la ECJ ha stabilito che:

«il titolare di un marchio che gode di notorietà ha il diritto di vietare ad un concorrente di fare pubblicità a partire da una parola chiave corrispondente a tale marchio che il suddetto concorrente, senza il consenso del titolare del marchio, ha scelto nell’ambito di un servizio di posizionamento su Internet, qualora detto concorrente tragga così indebitamente vantaggio dal carattere distintivo o dalla notorietà del marchio (parassitismo) oppure qualora tale pubblicità arrechi pregiudizio a detto carattere distintivo (diluizione) o a detta notorietà (corrosione)»

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Keyword advertising e marchi notori

Nella causa Interflora, la ECJ ha stabilito che:

SEGUE «[u]n annuncio pubblicitario a partire da una parola chiave siffatta arreca pregiudizio al carattere distintivo del marchio che gode di notorietà (diluizione), in particolare, ove contribuisca a trasformare la natura di tale marchio rendendolo un termine generico»

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Keyword advertising e marchi notori

Nella causa Interflora, la ECJ ha stabilito che:

MA «il titolare di un marchio che gode di notorietà non può vietare, in particolare, annunci pubblicitari fatti comparire dai suoi concorrenti a partire da parole chiave che corrispondono a detto marchio e propongono, senza offrire una semplice imitazione dei prodotti e dei servizi del titolare di tale marchio, senza provocare una diluizione o una corrosione e senza peraltro arrecare pregiudizio alle funzioni di detto marchio che gode di notorietà, un’alternativa rispetto ai prodotti o ai servizi del titolare di detto marchio»

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L’Europa in movimento..

Il 15 dicembre 2010 il Parlamento europeo ha approvato una Relazione sull’impatto della pubblicità sul comportamento del consumatore, con cui:

«chiede alla Commissione di analizzare i vari strumenti (legislativi e non) e di verificare le soluzioni tecniche disponibili a livello di Unione europea ai fini dell’efficace attuazione delle seguenti misure:

(…)rivedere il regime di responsabilità limitata dei servizi della società

dell’informazione onde garantire che la vendita del nome di un marchio depositato a titolo di parola chiave da un motore di ricerca a fini pubblicitari sia soggetto all’autorizzazione preventiva del proprietario del marchio»

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Nubi all’orizzonte per i provider?

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