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LE PAROLE DEL TEATRO MUSICALE A cura di Fabrizio Della Seta e del Dottorato di ricerca in Musicologia dell’Università di Pavia Carocci editore

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LE PAROLE

DEL TEATRO MUSICALE

A cura di Fabrizio Della Seta

e del Dottorato di ricerca in Musicologia

dell’Università di Pavia

Carocci editore

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Ia edizione, giugno 2010

© copyright 2010 by Carocci editore S.p.A., Roma

Finito di stampare nel giugno 2010

per i tipi delle Arti Grafiche Editoriali Srl, Urbino

isbn 978-88-430-5418-3

Riproduzione vietata ai sensi di legge

(art. 171 della legge 22 aprile 1941, n. 633)

Senza regolare autorizzazione,

è vietato riprodurre questo volume

anche parzialmente e con qualsiasi mezzo,

compresa la fotocopia, anche per uso interno

o didattico.

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Premessa

Questo volume costituisce un primo adempimento della promessa, fat-ta nel Breve lessico musicale (2009), di completare quest’ultimo construmenti simili per impianto ma dedicati ad aspetti più specifici dellacultura musicale. Ed è parso ovvio iniziare con l’ambito del teatro,date l’ampia diffusione e popolarità dei prodotti artistici che in essosi possono includere. Sia consentito sottolineare in apertura l’unicitàdi una pubblicazione come la presente, almeno nel panorama italianoe probabilmente anche al di fuori di esso: se non mancano repertoridi autori e titoli, e se la spiegazione di molti termini si può trovarenelle enciclopedie e dizionari di taglio più ampio, questo lessico pre-senta per la prima volta in maniera sistematica e in uno spazio ri-stretto una varietà di concetti, molti dei quali appartenenti a linguag-gi specialistici (per es. “tempo di mezzo”) o addirittura a gerghi set-toriali (“pertichino”).

Come attesta la voce qui dedicatagli, quello di “teatro musicale” èun concetto ampio e sfuggente. Si è deciso di assumerlo in un’acce-zione estese, includendovi molte forme di spettacolo accomunate dalfatto che in esse la componente musicale (o semplicemente sonora) visvolge una funzione strutturale importante. Pure così, il lettore potrànotare compromessi, esclusioni, sconfinamenti che potrebbero essereoggetto di discussione. Per esempio, non si parla, o quasi, di teatroantico, di Shakespeare e di Brecht, nonostante l’importanza in essidell’espressione musicale, e anche se i concetti di “teatro di parola” o“letterario” sono ormai considerati del tutto inadeguati a definirli;così pure, non sono prese in considerazione tradizioni teatrali diverseda quella occidentale, non certo per sminuirne l’importanza, ma anziper evitare l’impressione di marginalità che sarebbe stata inevitabilein una trattazione sintetica. Resta il fatto che tali forme di teatro sonol’oggetto di una tradizione di studi specialistici assai più ricca e anticarispetto a quella musicologica, che ha prodotto strumenti di consulta-zione di alto livello nei quali, soprattutto nei più recenti, la musica

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trova adeguata collocazione accanto agli altri mezzi di espressionenon verbale; è sembrato che sarebbe stato poco produttivo, e forsepresuntuoso, cercare di dar conto sommariamente di tali aspetti nelbreve spazio di questo volumetto.

Viceversa, nel suo impianto ha un grande rilievo la forma d’artecon cui, nella mente della maggior parte degli appassionati, soprattut-to in Italia, s’identifica senz’altro l’idea di “teatro musicale”: l’opera omelodramma che dir si voglia. Tuttavia si è cercato di evitare unatrattazione “centripeta”, in cui l’opera italiana (e quella tedesca dal-l’Ottocento in poi), fondata sulla centralità del canto, fungesse da ter-mine di confronto rispetto al quale tutto il resto è derivazione o peri-feria. Lo attesta l’attenzione riservata alle tradizioni francese, spagno-la, inglese e americana, qui trattate con una ricchezza di dettagli in-consueta per strumenti divulgativi come questo, e anche quella riser-vata alla molteplicità delle forme di espressione (verbale, gestuale,scenografica, non escluse quelle offerte dalle tecnologie multimediali)e alle loro infinite possibilità d’interazione, che attraversano tutto l’ar-co storico considerato, dal medioevo all’attualità, con numerosissimigeneri e sottogeneri.

Un lessico è un repertorio di termini/concetti e non una storia: imolti titoli e nomi di autori citati servono soprattutto come esem-plificazione per i vari lemmi, e non sono stati sempre scelti per laloro rilevanza storico-estetica. Tuttavia la storia ne è il tacito presup-posto, e per questo si è pensato di completare la trattazione con unaCronologia conclusiva, che assolve una duplice funzione: da una par-te costituisce una sorta di indice generale delle opere che nelle vocisono citate più volte e in contesti diversi, riportandone i dati com-pleti (autori, luogo e data della prima rappresentazione, anche dicomposizione quando molto distante dalla precedente); dall’altra lecolloca nella corretta prospettiva temporale aggiungendovi titoli diopere ed eventi storicamente importanti che gli autori dei lemmi nonhanno avuto occasione di ricordare. Sono state omesse informazioni,quali le date di nascita e di morte degli autori, che il lettore puòfacilmente trovare in altri strumenti di consultazione generale, segna-lati nella Bibliografia.

Il lavoro è stato realizzato con le stesse modalità di quello chelo ha preceduto: gli autori sono iscritti al Dottorato di ricerca inMusicologia (appartenente alla Scuola di dottorato in Scienze uma-nistiche) dell’Università di Pavia, con sede in Cremona, oppure exdottorandi che hanno ormai conseguito il titolo; essi hanno indivi-duato i campi da trattare, hanno scelto i lemmi decidendone il re-lativo “peso” nell’economia dell’insieme, li hanno scritti e riveduti

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LE PAROLE DEL TEATRO MUSICALE

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in costante dialogo tra di loro e col curatore. Quest’ultimo ringra-zia tutti per la collaborazione, ma vuole aggiungere un ringrazia-mento particolare alla dottoressa Federica Rovelli per l’aiuto nell’o-pera di coordinamento e redazione e per aver assemblato e com-pletato la Cronologia a partire dai dati forniti dai collaboratori; alladottoressa Kitti Messina, che ha riveduto una parte del testo; e alledottoresse Angela Ida De Benedictis ed Elena Previdi per alcunipreziosi chiarimenti.

FABRIZIO DELLA SETA

PREMESSA

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Collaboratori

Giacomo Albert (GAl)Nicola Bizzaro (NBi)Emanuele Bonomi (EBo)Alessandro Bratus (ABr)Angela Carone (ACa)Andrea Faini (AFa)Federico Fornoni (FFo)Paolo Giorgi (PGi)Matteo Giuggioli (MGi)Marco Gurrieri (MGu)Carlo Lanfossi (CLa)Federico Lazzaro (FLa)Federica Rovelli (FRo)Francesco Saggio (FSa)

Abbreviazioni

cor. coreografia, coreograficoes. esempiofr. francesegr. grecoingl. ingleselibr. librettoit. italianolat. latinolyr. lyricsmus. musica, musicaleorch. orchestra, orchestralepl. pluralesec. secolorappr. rappresentazionesp. spagnoloscen. scenografiastrum. strumento, strumentaleted. tedescovers. versione

Le abbreviazioni valgono anche per il plurale.

Il simbolo c sta per “vedi”, cc sta per “vedi anche”, → rinvia al Brevelessico musicale, Carocci, Roma 2009. Non sono segnalati i rimandi ai lemmi“opera” e “teatro musicale”.

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il genere si era diffuso in tutta Europa, piantando salde radici soprat-tutto in Danimarca con Auguste Bournonville e in Russia con MariusPetipa, dove diede origine al nuovo stile del cb. classico. (FLa)

BALLETTO SINFONICO (fr. ballet symphonique) Termine adottato neglianni trenta del Novecento per definire i cb. del coreografo russoLéonide Massine su mus. sinfoniche, concepite quindi per esecuzioniesclusivamente strum. Caratteristica principale del b. s. è quella ditradurre in linguaggio corporeo le strutture formali della mus., evi-tando qualsiasi riferimento narrativo. (FRo)

BALLO cballetto

BANDA SUL PALCO Complesso strumentale, prevalentemente di stru-menti a fiato e a percussione, collocato sul palcoscenico o dietro lequinte, usato nell’opera it. dell’Ottocento per eseguire cmus. in scenain situazioni che prevedevano marce militari, cerimonie sacre e simili. Atale scopo venivano spesso usate le bande dei reggimenti militari distanza nelle varie città. La pratica voleva che nella partitura di un’operail compositore annotasse solo la melodia principale (a volte con somma-ri cenni di armonizzazione), lasciando al capobanda locale il compito diarmonizzarla completamente e di orchestrarla in relazione alle consue-tudini locali e agli organici effettivamente disponibili. (FLa)

BARCACCIA Nel cteatro all’it., cpalco di grandi dimensioni che si af-faccia direttamente sul cproscenio. (CLa)

BARCAROLA (anche “barcaruola”, fr. barcarolle) Brano solistico o apiù voci presente in opere fr. e it. di ambientazione marinara; è nor-malmente composta in 6/8, in forma strofica e in tempo moderato(Andantino o Allegretto). Es. celebri sono contenuti in La Muette dePortici (1828) e nell’atto veneziano di Les Contes d’Hoffmann (1881),ma è anche una b., seppure non espressamente dichiarata, “Di’ tu sefedele” in Un ballo in maschera (1859); in L’elisir d’amore (1832) èpresente una “Barcaruola a due voci” (“Io son ricco, tu sei bella”)composta nel →metro di 2/4. (FRo)

BARITENORE Voce di ctenore caratterizzata da →timbro pieno e→tessitura sviluppata soprattutto nel registro medio-grave. Quasi tut-te le parti di tenore dell’copera seria it. fino all’inizio del XIX sec.furono di fatto scritte per b.; erano quasi sempre parti secondarie(antagonista, padre), salvo i casi in cui erano destinate a specifici in-

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BALLETTO SINFONICO

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terpreti con doti vocali particolari: emblematico è il caso dell’Otellorossiniano (1816), il cui protagonista (intepretato da Manuel García,1775-1832) è un b., mentre il rivale Rodrigo (Giovanni David,1790-1864) è un ctenore contraltino. Anche nell’opera fr., avversa al-l’uso dei castrati, al b. (detto taille) era affidata una parte di carattere,mentre il protagonista era di solito un chaute-contre. Dopo il 1830,con lo sviluppo del tenore moderno e la nascita del cbaritono, il b.scomparve gradualmente; oggi le parti scritte per b. vengono di solitointerpretate da baritoni con voce leggera o da tenori con un registrograve sviluppato. (PGi)

BARITONO (dal gr. barytonos: “[parola] con accento grave”) cVocemaschile intermedia tra quelle di cbasso e ctenore. Il termine era usa-to fin dal Quattrocento nell’ambito della mus. polifonica, ma il tipovocale moderno si definì in ambito operistico solo dopo il 1830, di-stinguendosi progressivamente dal cbasso cantante e dal cbaritenore.Oggi si distinguono due tipi fondamentali di b.: “leggero”, con vocemolto agile che spazia verso l’acuto, adatto a ricoprire i ruoli protago-nisti di copere buffe; “drammatico”, dal →timbro pieno e ricco, cate-goria in cui rientra la maggior parte dei b. delle opere di Verdi. Visono anche tipologie vocali intermedie tra quella di b. e quella di bas-so, quali il cbasso-b. o il cbasso cantante, e tipi legati a tradizioniparticolari come il b. Martin (da Jean-Blaise Martin [1768-1837], can-tante fr. specializzato in ruoli comici di copéra-comique), dal registroacuto molto esteso e dal timbro piuttosto chiaro: un es. è fornito daEscamillo in Carmen (1875). Nell’opera it. del pieno Ottocento il b.era solitamente antagonista della coppia protagonista soprano-tenore;successivamente la voce di b. fu usata per il protagonista della vicen-da, in opere sia it. (Falstaff, 1893), sia di altre tradizioni (Hans Sachsin Die Meistersinger von Nürnberg, 1868). Nel teatro mus. it. dellacgiovane scuola ricorre spesso la denominazione di “b. brillante”,connotato non tanto da una specifica fisionomia vocale, quanto piutto-sto dall’associazione a personaggi dal carattere estroverso e positivo,che supera la convenzionale figura del b. come “cattivo” (Marcello inLa Bohème, 1896); nel teatro mus. del Novecento compaiono ruoliprotagonisti per b. di diverso carattere, dal comico al tragico. (PGi)

BASSO La cvoce maschile più grave. Fin dalle prime opere a questoregistro vocale furono associate principalmente due tipologie di ruoli:personaggi maschili anziani o dotati di una certa autorità e ruoli concaratterizzazione comico-grottesca (rispettivamente Plutone e Carontein L’Orfeo, 1607). Nell’copera seria settecentesca il b. ricopriva gene-

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ralmente ruoli secondari, mentre nell’copera buffa giunse spesso aessere il protagonista della vicenda (Figaro in Le nozze di Figaro,1786). Tale consuetudine verrà mantenuta anche nel repertorio buffoe semiserio del primo Ottocento, in cui a ruoli che richiedevano unavoce di b. timbrata e potente nel registro medio-grave (Mustafà inL’italiana in Algeri, 1813) cominciarono ad affiancarsi parti di b. ca-ratterizzate da tessiture sempre più acute e dall’impiego di agilità diccoloratura (Figaro in Il barbiere di Siviglia, 1816), parti dalle quali sisvilupperà la nuova tipologia vocale del cbaritono. Nel corso dell’Ot-tocento al b. verranno affidati anche ruoli drammatici e tragici: perso-naggi complessi e tormentati (Filippo in Don Carlos, 1867), figure ditiranni e despoti (il Grande Inquisitore nella stessa opera) o anchefigure demoniache (il protagonista del Mefistofele, 1868-75). Sono co-munque rari i casi in cui il b. è protagonista assoluto (Boris nel BorisGodunov, 1874). (PGi)

BASSO-BARITONO Tipo di cvoce maschile che unisce la facilità nelregistro acuto del cbaritono al →timbro pieno del cb.; il terminecompare nella seconda metà del XIX sec. per definire alcune parti perb. nelle opere di Wagner (Wotan in Der Ring des Nibelungen, 1876),parti che Wagner stesso definì di hoher Bass (“b. acuto”). Il termineviene però usato anche per indicare, in opere precedenti, ruoli concaratteristiche vocali ibride, come Don Giovanni nell’opera omonima(1787). (PGi)

BASSO BUFFO (anche “buffo”) Tipologia di cb. impiegato per particomiche tra XVIII e XIX sec., caratterizzato da voce ben timbrata nelregistro medio e da una scrittura vocale che fa spesso uso di una ra-pida sillabazione. I ruoli di b. b. più conosciuti si trovano nelle operedi Mozart (Bartolo in Le nozze di Figaro, 1786; Leporello in DonGiovanni, 1787), Rossini (Don Magnifico in La Cenerentola, 1817) eDonizetti (Don Pasquale nell’opera omonima, 1843). (PGi)

BASSO CANTANTE Denominazione ottocentesca utilizzata per indicareuna voce di cb. comoda nel registro medio e con un →timbro piùchiaro e leggero rispetto a quello del cb. profondo. Molte parti scrit-te per b. c. (Riccardo in I puritani, 1835) sono oggi affidate a uncbaritono. (PGi)

BASSO PROFONDO (fr. basse noble) Voce di cb. dotata di un registrograve particolarmente sonoro e potente. Es. di parti, sia serie sia buf-fe, che richiedono questo tipo di voce si trovano in opere di Mozart

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BASSO BARITONO

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(Osmin in Die Entführung aus dem Serail, 1782; Sarastro in Die Zau-berflöte, 1791) e di Verdi (il Grande Inquisitore in Don Carlos, 1867),oltre che in diverse opere di compositori russi dell’Ottocento (Borisnel Boris Godunov, 1874). (PGi)

BELCANTO Espressione usata per indicare lo stile di canto it. preva-lente dalla fine del Seicento al 1840 circa, sentito come “bello” rispet-to all’enfasi sentimentale e al realismo drammatico che prevalsero suc-cessivamente. In realtà in questo lungo periodo lo stile di canto cam-biò più volte in misura considerevole, tanto che a ogni generazione vifu chi accusò compositori e cantanti di aver abbandonato lo spirito del“vero” b. Con b. oggi s’intende soprattutto lo stile vocale del primoOttocento (Rossini, Donizetti, Bellini), caratterizzato da una vocalitàleggera e agile, adatta a realizzare la ccoloratura richiesta da questotipo di crepertorio, ma anche da raffinatezza di emissione ed eleganzadi dizione; questa tradizione si perse nel secondo Ottocento causandola scomparsa dal repertorio della maggior parte delle opere di quegliautori (le poche sopravvissute erano eseguite secondo lo stile più re-cente, che in parte ne travisava lo spirito). Nella seconda metà delNovecento si è assistito a una “rinascita” del b. ottocentesco, dappri-ma per iniziativa di interpreti isolati (Maria Callas, Joan Sutherland)che divennero poi sempre più numerosi e furono sostenuti dalle acqui-sizioni della ricerca musicologica; la riscoperta si è in seguito estesaprogressivamente al repertorio sei-settecentesco. (FSa)

BOUFFONS, QUERELLE DES (fr.: “disputa dei Buffi”) Locuzione concui è passata alla storia la polemica scatenatasi a Parigi fra il 1752 e il1754 tra i sostenitori dell’opera it. e di quella fr. Le diede avvio larappr., nel 1752, dell’cintermezzo La serva padrona (1733) da partedi una ccompagnia itinerante it. diretta da Eustachio Bambini, notain Francia con l’appellativo di Bouffons. Il clamoroso successo riscos-so da tale rappr. presso una nutrita parte del pubblico parigino su-scitò un vivacissimo dibattito sulla stampa locale, che interessò moltiesponenti dell’illuminismo fr. Si formarono due partiti opposti: il coindu roi (angolo del re), sostenitore dell’eleganza del recitativo e delforte impatto drammatico offerto dalla ctragédie-lyrique, e il coin dela reine (angolo della regina), con cui si schierò la maggior parte degliintellettuali illuministi (Denis Diderot, Melchior Grimm, Jean-JacquesRousseau), che prediligeva il potere di commuovere della melodia it.,sostenuta da un’armonia estremamente semplice. Lo scambio di opi-nioni fra le due fazioni avvenne principalmente attraverso la pubbli-cazione di lettere e opuscoli (se ne contano non meno di sessanta), in

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cambiamenti nel corso del tempo, seguendo le evoluzioni del sistemaproduttivo. Di ogni opera, attualmente il c. segnala in genere le datedelle rappr. e le informazioni principali: titoli, autori dei libr. e dellemus., nomi dei cantanti e ballerini principali, dei direttori d’orch., deiregisti, dei coreografi e degli scenografi, eventuali sponsor (antica-mente i committenti e gli cimpresari). A volte, ma impropriamente, iltermine viene usato per indicare il manifesto (detto anche “locandi-na”) di ciascuna delle singole opere che compongono il c.; in questocaso, le informazioni relative alle opere sono molto più dettagliate.(ACa)

CAST (ingl.) Insieme dei cantanti e degli attori che partecipano allarealizzazione di uno spettacolo operistico o teatrale, solitamente com-posto da interpreti dalle caratteristiche fisiche e performative diverse,in modo da potersi adattare a tutte le parti necessarie alla rappr.drammatica. Viene formato cercando di armonizzare le necessità delregista e dei produttori, per assicurare il migliore risultato in terminidi preparazione, di resa tecnica e di attrazione nei confronti del pub-blico. (ABr) cccompagnia

CASTRATO (anche “evirato”, “musico”) Cantante di sesso maschileche ha subito l’evirazione prima della pubertà, in modo da evitare lamuta della voce, mantenendo →timbro e →tessitura simili a quellifemminili (di csoprano o ccontralto), uniti però a una maggiore po-tenza vocale, ottenuta grazie a una cassa toracica più sviluppata, e aun registro di petto più esteso verso gli acuti (cvoce). Le prime noti-zie circa l’impiego di cantori c. risalgono alla Spagna della secondametà del XVI sec., ma ben presto l’Italia divenne il centro del fenome-no, dato che nel corso del Cinquecento e del primo Seicento i c. sop-piantarono i pueri cantores nelle cappelle mus. di Roma e delle nume-rose corti it., grazie alle loro voci più gradevoli e musicalmente piùeducate. La Chiesa applicava in tal modo il divieto, attribuito a SanPaolo, a che le donne cantassero in chiesa. Dalla mus. sacra i c. sidiffusero presto anche sulla scena operistica: a partire dagli anni tren-ta/quaranta del Seicento, prima a Roma e poi a Venezia, i c. domina-rono la scena fino a tutto il Settecento impersonando il “primouomo” e il “secondo uomo” (cconvenienze) nell’intreccio tipico del-l’copera seria (mentre erano più raramente impiegati nell’coperabuffa). Grazie alle loro straordinarie doti canore e sceniche e alle loropersonalità spesso stravaganti, intorno ai c. si svilupparono leggendee fenomeni di cdivismo; il più famoso in assoluto fu Farinelli (CarloBroschi, 1705-1782), altri c. importanti furono il Senesino (Francesco

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CAST

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Bernardi, 1680-1750) e il Cusanino (Giovanni Carestini, 1705-1760).A partire dal tardo Settecento il gusto per i c. andò scemando, siaper motivi di verosimiglianza drammatica, sia per il maturare di unaconsapevolezza umanitaria contro la pratica dell’evirazione (diffusa,per motivi sociali, nelle regioni più povere dell’Italia meridionale),ora sentita come barbara e iniqua, denunciata anche in testi poeticiquale l’ode di Giuseppe Parini La musica (1769). L’impiego dei c. inteatro scomparve del tutto nel primo trentennio dell’Ottocento, quan-do il melodramma romantico (dominato dai ruoli di ctenore) imposeun diverso gusto vocale; esso continuò solo per il servizio liturgiconella Cappella Sistina del Vaticano, fino all’abolizione definitiva de-cretata nel 1903 da Pio X. Oggi le parti di opere sei-settecentescheconcepite per c. vengono affidate a voci maschili (trasposte verso ilgrave), a ccontrotenori o a cantanti donne en ctravesti, soluzione chenegli ultimi anni si è imposta sulle altre per la maggior resa mus. enaturalezza scenica. (PGi)

CAVATA/CAVATINA (1) Nell’opera del Seicento e del primo Settecen-to il temine indicava una frase melodica (carioso) intonata su uno odue versi sciolti “cavati” (ossia “estratti”) da un crecitativo, spessoun motto sentenzioso, allo scopo di conferir loro maggior risalto.(CLa) (2) Nella seconda metà del Settecento la forma diminutiva c.napassò a indicare una breve caria dal carattere affettuoso, compostada una sola strofa e distinta dalla grande aria in più movimenti; nesono es. le c.ne della Contessa e di Barbarina, all’inizio rispettivamen-te del secondo e del quarto atto di Le nozze di Figaro (1786). Conquesto significato il termine si incontra ancora nell’Ottocento, soprat-tutto nelle opere fr. e ted., mentre nell’opera it. finì per indicare piùla posizione di un’aria che la sua configurazione formale: si chiamavac.na l’aria con cui un personaggio compare per la prima volta in sce-na, e poteva presentarsi sia come cnumero autonomo sia all’internodi una struttura più ampia (c. di Silva, “Infelice, e tu credevi” nelFinale primo di Ernani, 1844). (FFo)

CENSURA Controllo preventivo esercitato da autorità ecclesiastiche ocivili sui testi delle opere letterarie e teatrali, allo scopo di eliminareda esse elementi ritenuti sconvenienti o pericolosi sul piano religioso,morale o politico. Fino al tardo Settecento la c., particolarmente at-tenta agli spettacoli teatrali dato il loro carattere pubblico, non eraregolata da disposizioni costanti ed era soggetta alle decisioni presenei vari concili o agli umori dei pontefici e dei governanti locali (inFrancia essa era esercitata direttamente dal re). Nel periodo della Re-

CENSURA

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vera e propria fioritura cominciò negli anni sessanta; gli es. più im-portanti sono Cabaret (1966) e Company (1970). (GAl)

CONCERTATO Sezione di un’opera cui partecipano più personaggi,ed eventualmente il ccoro, che cantano alternativamente da soli, inpiccoli gruppi o tutti insieme. Presente sporadicamente nel tardo Sei-cento, il c. si affermò nel corso del sec. successivo soprattutto nel-l’copera buffa, mentre l’copera seria lo accolse più tardi e con parsi-monia. Alla fine del Settecento il c. era il principio costruttivo fonda-mentale dei cfinali, come si può vedere in tutte le opere maggiori diMozart, influenzate da decenni di esperienze it.: la crescita della ten-sione drammatica propria dei c. è ottenuta con l’ingresso in scena diun numero sempre maggiore di personaggi e culmina nella cstrettaconclusiva. Il c. è una componente indispensabile dei finali del cme-lodramma ottocentesco, secondo modelli fissati negli anni dieci daRossini e validi fino alla tarda produzione di Verdi. In essi il c. sipresenta di norma due volte, in situazioni tipiche ricorrenti: prima intempo lento (Largo), per esprimere una situazione di stupore colletti-vo per un avvenimento imprevisto (da cui l’espressione “c. di stupo-re”), poi, dopo un capovolgimento della situazione, in tempo assaimosso (stretta) per comunicare sentimenti di sgomento, furore, dispe-razione. Tali modelli influenzarono anche la struttura delle opere fr.;lo stesso Wagner non disdegnò di farvi ricorso quando le esigenzedrammatiche lo richiedevano (per es. in Tannhäuser, 1845, 1847,1861, 1867), così come vari compositori del Novecento (Hindemith,Cardillac, 1926; Stravinskij, The Rake’s Progress, 1951). (ACa)

CONCERTAZIONE La preparazione mus. di uno spettacolo teatrale,consistente nel coordinare (concertare) in sede di cprova l’esecuzionedelle diverse componenti vocali (solisti, ccoro) e strum. (orch., ban-da). Tale compito è proprio del cdirettore d’orch., che prende perciòil nome di “maestro concertatore e direttore”, ma nella pratica èspesso svolto dal cmaestro sostituto.

CONCERTO, ESECUZIONE IN FORMA DI Esecuzione di un’opera mus.senza l’ausilio di un callestimento scenico. A volte viene usata con lostesso significato l’espressione “in forma oratoriale” (coratorio). (CLa)

CONTRALTISTA Termine usato nella didattica e critica mus. settecen-tesche per designare un ccastrato con →tessitura di ccontralto; negliultimi decenni il termine è stato recuperato per indicare un ccon-trotenore che canta nel registro di contralto. (PGi)

CONTRALTISTA

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CONTRALTO La cvoce femminile più grave. Nell’copera seria delSei-Settecento al c. (donna o ccastrato) erano affidati diversi tipi diruolo: l’eroe maschile, l’antagonista maschile, una figura femminilenon principale. Dopo l’epoca rossiniana, in cui al c. poteva ancoraessere affidato il ruolo di primo uomo (Tancredi, 1813) o di primadonna (cconvenienze), la voce di c. cominciò a essere sempre menorichiesta per ruoli protagonisti, anche a causa dell’impiego semprepiù esteso del cmezzosoprano come voce alternativa a quella di so-prano. Il c. continuò a essere utilizzato in ruoli caratteristici (perso-naggi femminili anziani o dotati di una certa autorità) in opere sia it.(la Cieca in La Gioconda, 1876; Quickly in Falstaff, 1893) sia di altretradizioni (Erda in Der Ring des Nibelungen, 1876). Nel teatro mus.del Novecento i ruoli per c. puro sono ancora più rari, limitandosialla caratterizzazione di figure femminili di grande spessore dramma-tico (Klytämnestra in Elektra, 1909) oppure a figure di contorno. Perla rarità di vere voci di c., oggi i ruoli scritti per questo registro voca-le vengono spesso interpretati da cmezzosoprani dotati di →timbroparticolarmente scuro. (PGi)

CONTROTENORE Termine usato in origine per designare una lineavocale più acuta di quella del →tenor in una composizione polifoni-ca, poi passato a indicare il cantante maschio che, utilizzando la tec-nica del cfalsetto, riesce a cantare parti scritte per voci femminili(cfalsettista). Il termine c. indica solitamente un cantante con un re-gistro equivalente a quello di ccontralto (detto anche ccontraltista),ma alcuni cantanti (chiamati talvolta csopranisti) riescono a raggiun-gere anche il registro di csoprano. Presenti già dal tardo Cinquecen-to in diverse cappelle mus. europee, fino ai primi dell’Ottocento i c.non vennero impiegati nel teatro mus., nel quale erano preferiti iccastrati. Proprio la scomparsa di questi ultimi e il successivo movi-mento di recupero della “musica antica” hanno prodotto nel XX sec.un ritorno in auge di questo tipo di voci, che sono state impiegateper eseguire parti scritte originariamente per castrati e, a volte,espressamente per loro (Oberon in A Midsummer Night’s Dream,1960). (PGi)

CONVENIENZE Insieme di regole non scritte che nei sec. XVIII-XIX

presiedevano alla distribuzione gerarchica dei ruoli vocali di un’ope-ra. Già nella seconda metà del XVII sec. la centralità dei cantanti nelsistema produttivo operistico era cresciuta al punto di consentir lorodi reclamare dagli cimpresari un riconoscimento proporzionale allaloro fama (e al prestigio dei loro protettori), consistente in compensi

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CONTRALTO

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sitori, soprattutto quando, come nel caso di Verdi, erano dotati diuna propria forte concezione drammaturgica, in Italia la loro stesuraera di solito affidata a cdirettori di scena (Giuseppe Cencetti per Unballo in maschera, 1859), quando non se ne occupava direttamentel’editore, come fece Giulio Ricordi per Aida (1872) e Otello (1887);in Francia era compito del metteur en scène (fr.: “regista” [cregia]),da Palianti (1810-1875) ad Albert Carré (1852-1938). La funzionedelle d. s. a stampa si esaurì nei primi decenni del Novecento, conl’avvento della cregia teatrale moderna. Oggi esse sono documentipreziosi per lo studio di una parte del repertorio operistico dell’Otto-cento nella sua dimensione propriamente teatrale. (ABr)

DIVERTISSEMENT (fr.: “divertimento”, nel senso di “digressione”) Ge-nere drammatico, fiorito in ambito fr. a partire dal XVII sec., che inte-grava elementi dell’opera e del cballetto. Dedicato abitualmente atemi mitologici e allegorici, poteva costituire uno spettacolo autono-mo, di norma in un catto unico con un ruolo predominante delladanza, oppure una digressione drammatica integrata in un lavoro tea-trale più ampio, composta da interventi solistici dei cantanti, sezionid’insieme, interventi corali e balletti. In questa seconda forma, il d.era di norma inserito nell’atto centrale di una ctragédie-lyrique; nellastessa posizione e con funzioni analoghe, nel cgrand-opéra ottocente-sco il d. si presentava come un’azione esclusivamente coreografica,collegata in maniera più o meno stretta alla vicenda principale.(AFa)

DIVISMO Fenomeno di costume, riferito all’intero ambito dello spet-tacolo (teatro e cinema), che consiste nel processo di “divinizzazione”di un artista la cui immagine diventa un’icona simbolica e onnipre-sente nella vita quotidiana. Sebbene il termine “diva” sia stato conia-to soltanto nel 1911, in riferimento alle attrici del cinema muto it., inambito mus. il fenomeno è particolarmente legato al mondo dell’ope-ra: iniziò già nel Seicento col successo internazionale di alcuni can-tanti, e fu portato al parossismo nei confronti dei ccastrati settecen-teschi. Anche oggi il titolo di divo è attribuito a cantanti celebri eidolatrati, che hanno segnato la storia dell’opera, del cmusical e delrock, e che hanno impresso un’impronta decisiva sulla moda, sul gu-sto e sull’immagine femminile e maschile di intere generazioni. (EBo)

DO DI PETTO Denominazione popolare della nota do appartenente alregistro acuto di un ctenore, emessa a cvoce piena; il termine è peròimproprio, dato che l’emissione dell’acuto avviene in realtà utilizzan-

DO DI PETTO

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do il registro “di testa”, ampliando i risuonatori e scurendo intenzio-nalmente il →timbro per ottenere un suono molto potente. Tale tec-nica di emissione degli acuti fu diffusa dal tenore Gilbert Duprez,che passò alla storia per aver cantato il do a voce piena nel 1831durante una rappr. del Guillaume Tell (1829), senza ricorrere all’allo-ra più consueta tecnica del cfalsettone. (PGi)

DRAMATURG (ted.: “drammaturgo”) Nei teatri e nelle ccompagnieteatrali di area germanica, il consulente letterario addetto alla compo-sizione del ccartellone. Fra i suoi compiti figurano la selezione deititoli di ogni cstagione, la ricerca della documentazione storica relati-va ai testi (letterari e mus.) in programma, la loro analisi, il loro even-tuale adattamento e la produzione di commenti critici destinati ai re-sponsabili dell’allestimento, ai cantanti e al pubblico. Sorta nel XVIII

sec., la figura del D. svolgeva inizialmente svariate mansioni, dettatedalle esigenze del teatro presso cui operava; per es., era spesso chia-mato a istruire i cantanti sulla corretta interpretazione dell’opera (at-tività che gli attribuiva una notevole responsabilità diretta sui risultatiestetici della rappr.). Nel periodo fra le due guerre mondiali, la pro-gressiva razionalizzazione dello staff di collaboratori stabili dei princi-pali teatri europei provocò la sua diffusione anche al di fuori del con-testo ted., stimolando contemporaneamente la cristallizzazione dellasua funzione accanto a quella del regista (cregia) e del cdirettore discena. In Italia, la figura del D. è quasi completamente assente e lesue funzioni sono assolte da diversi operatori (cdirettore artistico, re-gisti e assistenti alla regia, responsabili editoriali). (NBi)

DRAME LYRIQUE (fr.: “dramma lirico”) (1) Tra XVIII e XIX sec. il ter-mine designava un’opera, spesso in forma di copéra-comique, simileal coevo dramma parlato per soggetto (moderno, con personaggi diestrazione borghese e ambientazione europea) e per tono (serio, mo-ralizzante). In forte contrapposizione alla ctragédie-lyrique, le cui tra-me erano desunte dalla mitologia o dalla storia antica, e al carattereleggero della comédie, il d. l. conobbe un periodo di grande fortunanegli anni della Rivoluzione. (2) Tra la fine del XIX e i primi del XX

sec. il termine d. l. venne applicato alle opere fr. che, influenzate dal-le teorie wagneriane sul dramma (cMusikdrama), presentavano untrattamento sinfonico dell’orch. e un ricco vocabolario armonico. Pe-culiarità dei d. l. di questo periodo è il rifiuto dei tratti magniloquentidel cgrand-opéra storico in favore di una concezione intimista e spes-so sentimentale; emblematica in questo senso è la produzione di Mas-senet, soprattutto con Werther (1892). (MGu)

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DRAMATURG

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F

FALSETTISTA Cantante di sesso maschile, impiegato specialmente nel-la polifonia sacra del XVI e XVII sec., che utilizzava il cfalsetto percantare parti di ccontralto o csoprano (soprattutto nella polifonia sa-cra). Il termine è oggi usato come sinonimo di ccontrotenore. (PGi)

FALSETTO Tecnica di emissione usata dalle voci maschili al fine diinnalzare di un’ottava l’altezza della nota emessa, per ottenere →tessi-tura e →timbro simili a quelli della voce femminile. La voce di f. usaesclusivamente i risuonatori di testa, ossia gli stessi impiegati nei regi-stri più acuti dalle voci liriche (cvoce). La tecnica del f., mai usataper ruoli solistici nel teatro mus. fino al XX sec. (ccontrotenore), futalvolta prescritta in partitura per ottenere effetti comico-parodistici,come accade in alcuni passaggi cantati da Don Magnifico in La Cene-rentola (1817) o dal protagonista di Falstaff (1893). (PGi)

FALSETTONE Tecnica impiegata dalle voci di ctenore nel canto liricoper emettere le note più acute della propria →tessitura amplificandole risonanze di testa (tipiche del cfalsetto) pur continuando a usareanche le risonanze di petto; ne risultano note acute di timbro chiaro,emesse con minor sforzo rispetto all’emissione a voce piena. Tecnicatipica del primo Ottocento, per cui fu famoso il tenore Giovanni Bat-tista Rubini (1794-1854), fu soppiantata dall’impiego anche negli acu-ti dell’emissione a voce piena (cdo di petto). (PGi)

FARSA (fr. farce, dal lat. tardo farcia, “ripieno”, “farcitura”; ted. Pos-se) Opera in un catto unico, impiegata in Italia tra la fine del Sette-cento e i primi decenni dell’Ottocento. Il termine indicava fin dalmedioevo un genere di teatro profano “farcito” di cchansons, di ca-rattere comico, a volte triviale (da cui l’aggettivo “farsesco”) e conpersonaggi di bassa estrazione sociale. Spettacoli del genere furonousati fino all’inizio dell’Ottocento in diversi paesi europei, e in parti-

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H

HAPPENING (ingl., da to happen: “accadere”) Forma di esibizionemultimediale, di carattere improvvisativo o semi-improvvisativo, con-traddistinta dalla produzione simultanea, spesso non coordinata, dieventi riferibili a differenti linguaggi artistici, fra i quali forme dicgestualità e produzione di suoni più o meno musicalmente orga-nizzati. Espressione tipica dell’arte sperimentale americana, lo h. fuinaugurato all’inizio degli anni cinquanta del Novecento dalle im-provvisazioni collettive promosse da John Cage, Merce Cunninghame David Tudor, e conobbe l’apice della propria fortuna nei due de-cenni successivi con complessi quali Fluxus e il Living Theater, perpoi disperdersi e frammentarsi in una miriade di sotto-generi e for-me. La natura istituzionalmente aleatoria (→aleatoria, mus.), paratat-tica, asemantica dello h. rende assai difficile definirne in modo unita-rio la struttura e le regole: gli eventi che si sovrappongono o si avvi-cendano al suo interno possono essere accomunati da un progettoestetico più o meno definito e condiviso, e intrattenere fra loro rela-zioni direttamente percepibili o completamente astratte (fino ad arri-vare alla totale assenza di un programma unitario), l’unica regola es-sendo che ciascun evento accada, appunto, in un contesto spaziale etemporale unitario. Come forma di arte ai confini tra diversi generi,lo h. ha influenzato molte espressioni dell’avanguardia (fra i più im-portanti in ambito mus. Aventures et nouvelles aventures, 1966, diLigeti) (NBi) ccperformance

HAUTE-CONTRE (fr.) Voce maschile tipica dei ruoli principali delleopere fr. tra XVII e XVIII sec., caratterizzata da una →tessitura moltoacuta all’interno della quale il cantante utilizzava il cfalsetto, tecnicache permetteva di fondere in maniera omogenea il registro di testacon quello cosiddetto di petto (cvoce). Es. dell’uso di questo tipo divoce si trovano nelle opere di Rameau e di Gluck. (PGi)

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HELDENTENOR (ted.: “tenore eroico”) Denominazione usata per leparti dei protagonisti di alcune opere di Wagner (Tristan und Isolde,1865; Siegfried, 1876), per le quali sono richieste grande potenza eresistenza vocale. (PGi)

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HELDENTENOR

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ne auf Naxos, 1775; Medea, 1775), che entusiasmarono Mozart; questisi cimentò nel m. con Semiramis (1778, perduta) e con due numeridel cSingspiel incompiuto Zaide (1780). Il m. costituì una notevole ri-sorsa drammatica per un gran numero di compositori, da Beethoven,che lo usò nel secondo atto di Leonore/Fidelio (1805, 1806, 1814), aBerlioz, Richard Strauss, Schönberg e Stravinskij. (MGi)

MELOMANE (dal gr. mélos, “canto” e manía, “furore”) Appassionatodell’opera, e in particolare del canto lirico, che, pur non essendo disolito un musicista, conosce a memoria molte opere (a volte con pre-dilezione esclusiva per determinati crepertori, per es. quello sei-sette-centesco o il cmelodramma del primo Ottocento), nonché tutte lediverse interpretazioni che di esse sono state date. Sovente riuniti fisi-camente nel cloggione, i m. si distinguono per l’atteggiamento pole-mico nei confronti dei cantanti, che tendono a confrontare coi loromodelli ideali e ai quali non perdonano il minimo errore interpretati-vo (cstecca); per questo motivo il termine è spesso usato con unaconnotazione negativa. (ABr)

MESSA IN SCENA callestimento, regia

MEZZOCONTRALTO Denominazione ottocentesca usata per cantantidonne dotate di caratteristiche timbriche che combinavano quelle delccontralto e del csoprano, con una spiccata capacità virtuosistica enotevole →estensione verso l’acuto, doti richieste soprattutto dalleprotagoniste delle opere di Rossini (da cui anche la denominazionealternativa di “contralto rossiniano”). L’es. più noto di questo tipo dicantante fu Maria Malibran (1808-1836). (PGi)

MEZZOSOPRANO La cvoce femminile intermedia tra quelle di ccon-tralto e csoprano, dalle quali fu riconosciuta come distinta, anchenella trattatistica, nel corso dell’Ottocento. Oggi si distinguono tretipi fondamentali di m.: “leggero”, con voce molto agile che spaziaverso l’acuto, adatto a ricoprire i ruoli originariamente scritti percmezzocontralto (Angelina in La Cenerentola, 1817); “lirico” o “cen-trale”, con timbro pieno e adatto a una vocalità più legata e cantabile(Laura in La Gioconda, 1876,); “drammatico” o “grave”, con →tim-bro molto scuro e appropriato a ruoli drammatici (Eboli in Don Car-los, 1867). Nell’opera it., il m. è solitamente l’antagonista della coppiasoprano/tenore (Amneris in Aida, 1871), mentre nella tradizione fr. èpiù spesso la protagonista della vicenda (Carmen, 1875). (PGi)

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MELOMANE

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ternazionale ed elevata a principio analitico valido per tutto il cmelo-dramma ottocentesco, da Rossini a Puccini. (FFo)

SONG (ingl.: “canzone”) Brano vocale solistico in forma strofica, im-piegato nel teatro di lingua ingl. Benché l’impiego di s., soprattuttocon funzione di canto “realistico”, sia diffuso in tutti i generi di tea-tro dal XVI al XX sec., sia parlato sia mus., con funzioni analoghe aquelle dell’caria e della cromanza nel teatro it. e fr., esso ha acquisi-to un’importanza particolare nel cmusical, dove rappresenta il mo-mento lirico, dedicato all’espressione dei sentimenti dei personaggi,che interagisce con le altre componenti dello spettacolo (dialoghi,balletti) nello svolgimento della trama. Nel suo impiego teatrale lastruttura tipica (leggermente diversa da quella adottata nella →popu-lar music degli anni sessanta-settanta del Novecento, →song) prevedeun verse introduttivo seguito dalla canzone vera e propria; quest’ulti-ma è contraddistinta nella maggioranza dei casi da una struttura ditrentadue battute (chorus) formata da due sezioni contrastanti dalpunto di vista melodico e armonico (A e B), per un totale di quattrosezioni di otto battute disposte secondo lo schema AABA. Nelle ri-prese di s. non direttamente legate alla performance scenica, per es.come standard nel jazz, il verse non viene ripetuto e le improvvisazio-ni si svolgono sul chorus di trentadue battute. (ABr)

SOPRANISTA Termine usato nella didattica e critica mus. settecente-sca per indicare un ccastrato csoprano; negli ultimi decenni il termi-ne è stato recuperato per indicare un ccontrotenore capace di rag-giungere il registro di soprano. (PGi)

SOPRANO La cvoce femminile più acuta. Sino al XVII sec. il termineera usato per indicare indifferentemente una cantante di sesso femmi-nile o un ccastrato, ai quali nell’copera seria erano affidate partifemminili o en ctravesti. Nell’copera buffa il s. era utilizzato per rap-presentare personaggi femminili di vario tipo (nobili, di bassa estra-zione o di mezzo carattere: rispettivamente la Contessa, Susanna eMarcellina in Le nozze di Figaro, 1786). Durante l’Ottocento, quandoil s. divenne la voce elettiva per le protagoniste assolute delle opere,ne furono teorizzati diversi tipi in base all’impegno vocale richiestodalla parte: s. di ccoloratura o leggero, lirico (caratterizzato da un→timbro chiaro e capace di spaziare verso l’acuto), drammatico (contimbro scuro e pieno, che privilegia il registro medio-grave); si indivi-duano anche voci con caratteri intermedi, quali il s. lirico-drammati-

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SONG

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co, lirico-leggero e drammatico d’agilità, oltre ad altre sotto-categorie,utili per designare particolari crepertori o tradizioni operistiche,come il s. wagneriano o il s. Falcon (dal nome di Cornélie Falcon[1812-1897], interprete elettiva di ruoli di questo tipo nel cgrand-opéra). Queste definizioni ottocentesche sono ancora correntementeusate dalla critica mus. e dalla moderna didattica del canto, nono-stante la loro natura più o meno arbitraria, anche per descrivere partisopranili di opere pre-ottocentesche. Nel XX sec. il s. rimase la voceprivilegiata per le protagoniste femminili delle opere di ogni genere.(PGi)

SORTITA caria di sortita

SOSTITUTO cmaestro sostituto

SOVRINTENDENTE Manager responsabile della gestione economica diun teatro pubblico, che divide con il cdirettore artistico la funzioneprima assolta dall’cimpresario. Nominato dal consiglio d’amministra-zione, spesso anche sulla base di indicazioni politiche, pur avendo uncompito prevalentemente amministrativo, ha un’influenza decisiva suirisultati artistici del teatro, in quanto gli competono le scelte fonda-mentali circa l’acquisizione e l’impiego delle risorse economiche.

SPARTITO Riduzione di una partitura operistica (ma anche di cora-torio o cballetto), consistente nelle parti vocali originali e in una sin-tesi per pianoforte delle parti orch. Nacque come strum. professiona-le per cantanti e cmaestri accompagnatori alla fine del Settecento, maconobbe grande diffusione nei due secoli successivi, in funzione delsuccesso mondiale del genere operistico e dell’allargamento dellacomposizione sociale del pubblico, grazie all’abbassamento dei costidella stampa mus. consentito da tecniche quali la litografia. In questocontesto lo s. era destinato prevalentemente al consumo domesticodei lavori teatrali più recenti e popolari: si usava infatti pubblicaredapprima solo le sezioni di maggior successo e di più facile esecuzio-ne (carie e cduetti), e solo se l’opera si affermava stabilmente nelcrepertorio veniva pubblicato lo s. completo. Tali pubblicazioni rap-presentavano spesso l’unico tramite tra il mondo del teatro e quantiavevano difficilmente accesso a esso, sia perché abitavano lontano daimaggiori centri di produzione sia per motivi economici; esse costitui-vano quindi un fondamentale mezzo di diffusione e popolarizzazionedel repertorio operistico. (ABr)

SPARTITO

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studi dedicati alle forme operistiche ottocentesche (csolita forma),non senza controversie, tanto che alcuni studiosi preferiscono parlaredi “primo tempo”, termine che però è a volte applicabile anche alccantabile. Funzione tipica del t. d’a. è presentare una situazione diconflitto tra i personaggi o di tensione interiore, che prepara la pausalirica costituita dal successivo cantabile. Nei duetti di Rossini, che nepropongono la forma divenuta paradigmatica, il t. d’a. prevede spessodue strofe simili cantate a vicenda dai due personaggi, seguite da unasezione di dialogo più concitato; lo stesso Rossini e i compositori suc-cessivi usarono questo modello come punto di partenza, variandoloin molti modi. La condotta del discorso mus. è affidata prevalente-mente all’orch. (cparlante), mentre nelle parti vocali momenti dipura declamazione si alternano ad altri melodicamente più definiti.(FFo)

TEMPO DI MEZZO Nel cmelodramma ottocentesco, sezione centraledi un cnumero chiuso (caria, cduetto, cterzetto, cquartetto, cfina-le) che collega il ccantabile alla cstretta. Il più delle volte il t. d. m.introduce un cambiamento di situazione drammatica causato dal so-praggiungere di un personaggio latore di una notizia, oppure da unevento non visto annunciato da cmus. in scena (cerimonie religiose opolitiche, esecuzioni capitali). In questa sezione l’azione riprende ascorrere dopo la pausa lirica del cantabile, e la mus. ne esprime ilprocedere con mezzi simili a quelli usati nel ctempo d’attacco.(FFo)

TENORE La cvoce maschile più acuta. Nei primi decenni della for-tuna dell’opera si incontrano spesso t. protagonisti (Ulisse in Il ritor-no di Ulisse in patria, 1639-40), ma di fatto queste parti avevano una→tessitura che oggi definiremmo baritonale ed erano interpretate daun cbaritenore. Nel secondo Seicento e per buona parte del Sette-cento al t. vennero attribuite parti di carattere: figure comiche didonne anziane en ctravesti, oppure tiranni e despoti. Anche nell’co-pera buffa tardosettecentesca il t. era di solito un ruolo secondario,quello del giovane innamorato, e nel primo Ottocento conservò taleconnotazione, aggiungendovi però una →tessitura acutissima e note-vole virtuosismo (Lindoro in L’italiana in Algeri, 1813); questa tipolo-gia, detta t. contraltino, fu presto soppiantata da nuove forme di vo-calità tenorile, anche se il carattere leggero rimase in alcuni protago-nisti di opere successive, definiti come t. di grazia. Nel cmelodrammaserio il t. divenne un protagonista verso la fine degli anni venti del-l’Ottocento, quando il ruolo dell’innamorato passò in primo piano

TENORE

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per formare con il csoprano la coppia principale. Fin da subito sidelinearono i due tipi fondamentali di carattere che può assumere ilt. moderno: quello eroico, connotato da slancio passionale e grandeveemenza vocale (Edgardo in Lucia di Lammermoor, 1835), e quellopiù languido, caratterizzato da una vocalità più cantabile (Nemorinoin L’elisir d’amore, 1832). Nella ccritica e nella trattatistica it. questidue tipi verranno poi denominati rispettivamente t. drammatico (o“di forza”) e t. lirico. La preminenza del t. rispetto alle altre voci ma-schili perdurò per tutto l’Ottocento, anche in tradizioni operistichedifferenti da quella it. (le parti di protagonista nel cgrand-opéra e locHeldentenor wagneriano), e ancor oggi il t. è la voce maschile chepiù spesso dà origine a fenomeni di cdivismo. È probabilmente colle-gato a questo “abuso” del mito tenorile il fatto che nel teatro mus.del Novecento al t. vengono sempre meno spesso affidate parti diprotagonista positivo, ma piuttosto di personaggi nettamente malvagi(Aegisthus in Elektra, 1909) o equivoci e interiormente tormentati(Captain Vere in Billy Budd, 1951). (PGi)

TERZETTO cPezzo d’assieme per tre voci sole. Il t., i cui primi im-pieghi si trovano a partire dal XVII sec. (L’incoronazione di Poppea,1642-43), compare nel corso dell’opera e/o in conclusione di uncatto ed è generalmente eseguito da una coppia di amanti e un anta-gonista (quest’ultimo contraddistinto da una scrittura mus. differenterispetto a quella dei primi due), o da tre personaggi animati da senti-menti contrastanti. Raro nell’copera seria del Settecento, il t. fu inve-ce impiegato spesso nell’copera buffa, in quanto particolarmenteadatto a rappresentare momenti d’azione, e nell’Otto e Novecentonelle opere di tutti i generi delle diverse tradizioni nazionali. Nell’ar-co della sua storia, la struttura mus. del t. si adeguò progressivamentealle mutevoli convenzioni del cnumero. (ACa)

TINTA Termine usato dai compositori e critici it. dell’Ottocento (chea volte parlavano anche di “colorito”), divulgato principalmente daalcune lettere di Verdi. Definiva il carattere drammatico peculiare diun brano o di un’intera opera identificato da un insieme di caratteri-stiche mus. (andamento melodico, →armonia, →timbro orch.) cheerano percepite in maniera intuitiva e unitaria dal pubblico. SecondoVerdi, individuare la t. costituiva il primo e fondamentale passo delprocesso creativo di un’opera. (MGu)

TONADILLA (sp.) Genere del teatro mus. sp. fiorito tra la metà delXVIII e l’inizio del XIX sec. È indicato anche come t. escénica (“t. sce-

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TERZETTO

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VERISMO Corrente letteraria della fine dell’Ottocento, vers. it. delnaturalismo fr., il cui principale esponente fu Giovanni Verga. In am-bito mus. il termine v. fu adottato dai critici coevi per definire operequali Cavalleria rusticana (1890) e Pagliacci (1892). Caratteristiche delv. in mus. sono: la rappr. delle classi sociali più umili e dei loro senti-menti, anche quelli più crudi; la raffigurazione della realtà, filtrataperò attraverso una lente melodrammatica; la rappr. di trame violen-te, che includono assassinii in scena; l’impiego di mus. popolareschein una struttura saldamente basata sul linguaggio mus. operistico; l’u-so del pittoresco; la brevità del dramma; la rinuncia al cbelcanto infavore di un’espressione melodica appassionata, spesso enfatica, chepuò sfociare nell’urlo e nel parlato. Il v. mus. è tuttavia una categoriastilistica vaga, che si attaglia ad alcune opere di autori quali Masca-gni, Leoncavallo, Cilea, Giordano, ma non all’intera loro produzionee tanto meno alle opere coeve di Puccini. Per questo la critica attualepreferisce definire l’insieme dell’opera it. del periodo 1890-1910 conl’espressione, pure coeva al fenomeno, cgiovane scuola. Nell’ambitodel v. sono a volte fatte rientrare anche opere di autori non it. qualiLouise (1900) o Jenufa (1904), alle quali si addice meglio il concettodi “realismo”. (GAl)

VOCE Il suono prodotto dalla vibrazione delle corde vocali per effet-to dell’aria espirata dai polmoni mediante occlusione della glottide;nel canto è caratterizzata dalle risonanze della trachea, della faringe,della bocca e delle altre cavità (i cosiddetti “seni”) facciali e craniali(la “testa”), della cassa toracica (il “petto”). I →timbri vocali che siottengono dipendono anche dalla particolare tipologia di emissioneimpiegata: è detta “impostata” la v. utilizzata nel canto lirico, caratte-rizzata dall’impiego controllato del diaframma per la respirazione eda un uso dell’apparato fonatorio tale da produrre suoni timbrica-mente più omogenei, emessi senza sforzo su tutta la gamma dell’→e-stensione vocale; è detta invece “di gola” la v. non impostata normal-mente utilizzata per parlare, sfruttando la maggior o minore tensionedelle corde vocali per variare tono e inflessione, usando la faringecome unico risuonatore: usare tale meccanismo durante il canto liricocrea affaticamento per il cantante e impedisce un corretto controllodel suono, con conseguente scarsa intonazione e un timbro opaco epoco vibrante. Le v. liriche si dividono in femminili (csoprano,cmezzosoprano, ccontralto) e maschili (ctenore, cbaritono, cbasso),suddivise poi in acute, medie o gravi e classificate secondo varie cate-gorie particolari (cbaritenore, cmezzocontralto, cbasso cantante e al-tre). Fino al XVIII sec. era diffuso anche il ccastrato, mentre il recu-

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Page 26: GIORGI 2010 Le parole del teatro musicale completo · con cui, nella mente della maggior parte degli appassionati, soprattut- to in Italia, s’identifica senz’altro l’idea di

pero della tecnica del cfalsetto anche per i cantanti solisti ha portatonel secondo Novecento allo sviluppo di nuove tipologie vocali soliste(ccontrotenore). Ciascuna v. lirica ha solitamente un’estensione dicirca due →ottave abbondanti, all’interno delle quali si possono indi-viduare generalmente tre diversi “registri”, distinti dal diverso risuo-natore utilizzato durante l’emissione: “grave” o “di petto” (che com-prende la parte più grave dell’estensione vocale, inclusa la voce parla-ta), “centrale” o “misto”, e “acuto” o “di testa”; vengono dette “dipassaggio” le note intermedie tra un registro e l’altro, di esecuzioneparticolarmente difficile perché il cantante non deve far percepire ilrelativo cambiamento di →timbro che ne risulta. (PGi)

VOCE BIANCA Denominazione della cvoce impostata dei bambini(maschi o femmine); si può classificare in base alla →tessitura comev. b. ccontralto, cmezzosoprano e csoprano, e si distingue dallavoce adulta per il →timbro chiaro e penetrante dovuto al minore svi-luppo dei risuonatori. Nel teatro mus. è impiegata soprattutto neiccori; gli sporadici impieghi solistici si riferiscono sempre a parti in-fantili, siano esse di contorno alla vicenda (i tre Geni in Die Zauber-flöte, 1791; il Pastorello in Tosca, 1900), o di protagonisti (Miles eFlora in The Turn of the Screw, 1954). (PGi)

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