Giochi Di Carte Italiani - Giampaolo Dossena [184]

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Gli Oscar la biblioteca per tutti: la più completa, la più organica, la più economica

Negli Oscar: opere classiche e di narrativa contemporanea, testi di poesia e teatro, libri di storia e testimonianze, antologie, saggi, fumetti e manuali, romanzi gialli e di fantascienza, per ogni esigenza di lettura, di studia, d'informazione, di orientamento

Negli Oscar manuali potete leggere,

Imparo la Dama di C,A. Fatter

Imparo gli scacchi di Adolivio Capece

Il bridge facile di Corrado de Martino

Giochi di guerra napoleonici di Paddy Griffith

Matemagica e giochi matematici di Carlo Sintini

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Oscar giochi

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Giampaolo Dossena

Giochi di carte italiani

Arnoldo Mondadori Editore

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© 1984 Arnoldo Mondadori Editore S.p.A., Milano l edizione Oscar manuali ottobre 1984

I edif.ione Dscar giochi maggio 1988

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Giochi di carte italiani

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Introduzione

Le carte da gioco. L'uso di carte da gioco è documentato in Cina sotto la dinastia Tang (618-906 d.C.). Verso la metà del XIV secolo si hanno le prime testimonianze della loro diffusione in Europa.

Tratto fondamentale, la presenza di alcune carte « numerali» (quelle che per noi vanno dall'Asso al Sette, o dall'Asso al Dieci) e di alcune «figure» (quelle che per noi sono Fante, Cavallo o Donna, Re) in quat­tro serie contraddistinte da vari « semi» (quelli che per noi sono coppe denari bastoni spade o cuori quadri fiori picche).

Fm verso il 1550 i semi hanno una grande varietà iconografica, spesso legata al tema della caccia. Esaminiamo per esempio il più antico mazzo di carte completo che si conosca, andato all'asta a Londra da Sotheby's il 6 dicembre 1983 e acquistato dal Metropolitan Museum di New York per 99.000 sterline.

Fatto a Lilla verso il 1470-1485, è composto da 52 carte, 40 carte numerali e 12 figure: 10 carte numerali (dall'Asso al Dieci) e 3 figure (Fante, Donna, Re) per ognuno dei 4 semi.

I 4 semi sono comi da caccia, collari da cane, rotoli di corda da intendere probabilmente come lunghi guinzagli e «strangolini» (lac­ciuoli appendi~selvaggina quali ancora si portano alla cintura in so­stituzione del carniere per piccoli capi come tordi. scoiattoli).

Verso il 1550 si consolidano i tipi di semi ancor oggi diffusi in Europa e nel mondo: italospagnoli, francesi, tedeschi.

I semi italospagnoli sono quelli che ancor oggi noi chiamiamo coppe, denari, bastoni, spade.

I semi propriamente italiani hanno bastoni rappresentati come astic­ciole sottili e diritte, spade rappresentate da asticciole sottili e curve.

I semi propriamente spagnoli hanno bastoni rappresentati da randelli

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più o meno nodosi oppure da manganelli, spade rappresentate come gladii, daghe, pugnali.

I semi francesi, i più diffusi nel mondo, sono quelli che ancor oggi noi chiamiamo cuori, quadri, fiori, picche.

I semi tedeschi sono cuori, campanelli, ghiande, foglie. Un sottotipo diffuso in Svizzera ha rose gialle, campanelli, ghiande, stemmi mono­cromi.

La corrispondenza « interlinguistica li> tra i semi è stata garantita nei Secoli da giochi che si praticavano con regole uniformi in aree diverse, e per i quali i semi avevano valori di punteggio diversi, o diverse capa­cità di presa.

La corrispondenza tra semi italospagnoli e semi francesi è la seguente: coppe = cuori, denari = quadri, bastoni = fiori, spade = picche. In particolare, badando a forma e colore, semi cc corti» (coppe e de­nari) corrispondono a semi cc rossi» (cuori e quadri); semi cc lunghi» (bastoni e spade) corrispondono a semi cc neri» (fiori e picche).

La corrispondenza tra semi tedeschi e semi francesi è la seguente: cuori = cuori, campanelli = quadri, ghiande = fiori, foglie = picche. Nel sottotipo diffuso in Svizzera le rose gialle. corrispondono ai cuori.

Sul cc significato li> dei vari semi e fra le loro possibili o reali corri­spondenze si sono architettate fantasie incontrollabili. René Guénon (Simboli della scienza sacra, Adelphi, Milano 1975) rincorre attraverso culture disparate le connessioni fra il Sacro Cuore di Gesù (cuore), il Graa1 (coppa) e la Rosa (fiore). Guénon si accorge con un brivido che le coppe delle carte di semi italospagnoli corrispondono ai cuori delle carte di semi francesi. Guénon sarebbe cascato in ginocchio se avesse conosciuto le carte svizzere, che saldano il cerchio dei tre sim­boli: qui alle coppe o cuori corrispondono appunto le rose. Ma veniamo a noi.

Per giocare a carte oggi in Italia si usano tanti mazzi di carte diversi. Fondamentalmente si usano o mazzi anglofrancesi di 52 carte o mazzi italiani di 40 carte. Vediamoli attentamente.

n mazzo anglofrancese. Si chiama « anglofrancese li> perché ha qualcosa di francese e qualcosa di inglese.

Di francese ha i semi (cuori quadri fiori picche), di inglese ha gli « indici ». Sono «indicizzate» le carte che riportano agli angoli (ai quattro angoli, o agli angoli in alto a sinistra e in basso a destra) il seme e la cifra per le carte numerali, il seme e la sigla per le figure.

Il seme e la cifra sono uguali in tutto il mondo.

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Il seme e la sigla variano a seconda dei paesi. Il seme è sempre quello, la sigla corrisponde all'iniziale del nome della figura nelle varie lingue e nei vari alfabeti, latino, greco, cirillico.

Le sigle in Italia sono (come nei paesi anglosassoni) J, Q, K, corri­spondenti alle iniziali di Jack (Fante), Queen (Regina o Donna), King (Re).

Il mazzo anglofrancese ha 52 carte. Può averne 54 (52 più due matte, o jolly). Può essere variamente ridotto, scartando alcune carte numerali.

I mazzi italiani. Sia l'ultima ricchezza che ci resta, in Italia abbiamo una varietà di mazzi come non si trova in nessun altro paese.

Abbiamo (diffuso nel Bergamasco e negli Abruzzi) un antichissimo mazzo di carte che sta a sé, e che ha qualche parente nel Nordeuropa. 2 il mazzo del Cucù, che il lettore trova descritto nel capitoletto dedi­cato al Cucù nel corpo del presente libro.

Abbiamo (diffusi in Piemonte, a Bologna e in Sicilia) tre diversi mazzi di Tarocchi che il lettore trova descritti nei rispettivi capitoletti del presente libro.

Abbiamo mazzi italiani a semi italiani, mazzi italiani a semi spagnoli, mazzi italiani a semi francesi, un mazzo italiano a semi tedeschi.

Mazzi italiani a semi italiani. Sono parenti stretti del Tarocco Piemon­tese e del Tarocchino di Bologna. Hanno i quattro semi di coppe, denari, bastoni (asticciole sottili e diritte), spade (asticciole sottili e curve). Hanno tutti (tranne un certo mazzo trevisano e il mazzo bre­sciano) 40 carte, coi valori Asso, Due, Tre, Quattro, Cinque, Sei, Sette, Fante, Cavallo, Re. Ce ne sono 5 tipi.

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1. Mazzo trevisano o trevigiano o veneto. Diffuso nelle province di Belluno, Udine, Pordenone, Treviso, Vicenza, Verona, Venezia, Padova, Rovigo (cioè nella maggior parte del Friuli-Venezia Giu­lia, con.le sole eccezioni di Gorizia e Trieste; e in tutto il Veneto): mazzo di 40 carte (formato mm 51 X 103) che si distingue per i motti «per un punto Martin perse la capa [sic] » sull'Asso di coppe e «non ti fidar di me se il cuor ti manca» sull 'Asso di spade; figure a due teste. Sono diffusi anche mazzi trevisani di 54 carte (questi hanno anche gli 8, i 9, i lO, e due matte; oltre ai motti citati, l'Asso di bastoni reca: «se ti perdi tuo danno ». I

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motti del mazzo trevisano sono ~ntrati nella storia della lettera­tura italiana con Andrea Zanzotto, Il galateo in bosco, Mondadori, Milano 1978, pagg. 18·20). L'Italiana A.C. Carte di Alpiani O. e Cavallini E., Crema, stampò un mazzo di «Carte Duplex: ve­nete-piacentine» di cui posseggo un esemplare con timbro del 1968. Sono chiaramente una specie di Lapide di Rosetta, un pro­dotto rozzamente bilingue che non a caso è stato ideato e prodotto in una zona di confine. Crema infatti rientra amministrativamente nella provincia di Cremona, dove è diffuso iI mazzo piacentino: ma storicamente (e ancora per iI dialetto) è legata alla terraferma di San Marco dove è diffuso iI mazzo trevisano.

2. Mazzo trentino. Diffuso nella provincia di Trento: 40 carte (for­mato mm 54 X 100), senza motti: figure intere.

3. Mazzo bergamasco. Diffuso in provincia di Bergamo: 40 carte (formato mm 51 X 94). Si distingue per iI motto «vincerai» sull'Asso di bastoni: ha inoltre due carte ciascuna delle quali reca i numeri dall'l all'8 e due carte ciascuna delle quali {eca i numeri dall'l al lO: figure a due teste.

4. Mazzo bresciano. Diffuso in provincia di Brescia: 52 carte (for­mato mm 43 X 89). Analogo al trevisano da 54 ma senza motti: figure intere. :t il mazzo più piccolo d'Italia (iI più grande è la variante fiorentina del mazzo toscano).

5. Mazzo triestino. Diffuso nelle province di Gorizia e di Trieste (cioè nell'estremo peduncolo sudorientale del Friuli-Venezia Giulia), oltre che in Istria e Dalmazia: 40 carte (formato mm 54 X 100). Si distingue per i motti «una coppa di buon vin fa coraggio fa morbin» sull'Asso di coppe: « son gli amici molto rari quando non si ha danari» sull'Asso di denari: « molti volte le giuocate van finire a bastonate» sull'Asso di bastoni: «il giuoco della spada a molti non aggrada» sull'Asse di spade: figure a due teste. Queste carte recano agli angoli un indice da 1 a 7 e (sulle figure) da Il a 13; con le Sarde dunque fanno eccezione ai valori numerali correnti (e non « indicizzati») dei mazzi regionali italiani, che è, per le figure, da 8 a lO.

Mazzi italiani a semi spagnoli. Hanno i quattro semi di coppe, denari, bastoni (randelli più o meno nodosi, o manganelli), spade (gladii o

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Illustrazione n. 2

Mazzi italiani a semi spagnoli.

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daghe). Hanno tutti 40 carte come descritto per i mazzi italiani a semi italiani. Ce ne sono 5 tipi.

l. Mazzo piacentino. Diffuso da nord a sud e da ovest a est nelle province di Cremona, Mantova, Piacenza, Parma, Reggio Emilia, Modena, Bologna, Pesaro e Urbino, Ancona, Macerata, Perugia, Ascoli Piceno, Temi, Viterbo, Rieti, Roma. Città del Vaticano, Frosinone, Latina (cioè nella Lombardia sudorientale, nell'Emilia­Romagna occidentale e centrale, nelle Marche, nell'Umbria e nel Lazio). Formato mm 50 X 91; figure (da qualche decennio) a due teste.

2. Mazzo romagnolo. Diffuso nelle province di Ferrara, Ravenna, Forlì, e nella Repubblica di San Marino (cioè nella parte orientale dell'Emilia-Romagna). Formato mm 51 X 87. Simili alle piacen­tine; figure intere.

3. Mazzo napoletano. Diffuso da nord a sud e da ovest a est nelle province di Teramo, Pescara, L'Aquila, Chieti, Isernia, Campo­basso, Foggia, Benevento, Bari, Caserta, Avellino, Napoli. Saler­no, Potenza, Matera, Brindisi, Taranto, Lecce, Cosenza, Catan­zaro, Reggio Calabria (cioè negli Abruzzi, nel Molise, nella Puglia, nella Campania, nella Basilicata e in Calabria). Formato mm 52 X 83. Tutti i bastoni hanno una decorazione trasversale a foglia di quercia gialla. Figure intere.

4. Mazzo siciliano. Diffuso in Sicilia. Formato mm 51 X 82. I ba­stoni hanno un manico tomito; varie carte hanno disegni supple­mentari (un cane con lettera in bocca sul 5 di spade, p. es.). Figure intere.

5. Mazzo sardo. Diffuso in Sardegna (assieme al mazzo genovese). Formato mm 58 X 88. I bastoni hanno virgulti. Figure intere. Queste carte recano agli angoli un indice da l a 7 e (sulle figure) da lO a 12; con le triestine dunque fanno eccezione ai valori nu­merali correnti (e non cc indicizzati ») dei mazzi regionali italiani. Questi valori numerali sardi corrispondono a quelli dei mazzi ca­stigliani di 40 carte, e a quelli dei mazzi catalani di 48 carte.

Mazzi italiani a semi francesi. Hanno i quattro semi di cuori, quadri, fiori, picche. Hanno tutti (tranne certi mazzi piemontesi) 40 carte coi valori numerali dall'Asso al Sette, e con le figure Fante, Donna o Regina. Re. Ce ne sono di quattro tipi.

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1. Mazzo piemontese. Diffuso nelle province di Aosta, Torino, Asti e Cuneo (cioè solo nella parte occidentale del Piemonte: nelle province orientali sono diffuse le carte genovesi). Formato mm 51 X 82. Figure a due teste, con taglio orizzontale. Come le trevisane, oltre il mazzo di 40 carte, ne hanno uno di 54, così le piemontesi, oltre il mazzo di 40, ne hanno uno di 36 (man­canti i valori dal 2 al 5) e uno di 52.

2. Mazzo lombardo o milanese. Diffuso nelle province di Sondrio, Varese, Como, Milano e Pavia (cioè solo nella parte nordocci­dentale della Lombardia: nel Bergamasco e nel Bresciano ci sono carte bergamasche e bresciane, nel Cremonese e nel Mantovano sono diffuse le carte piacentine). Formato mm 51 X 93. Figure a due teste, con taglio orizzontale come le piemontesi (ma la Donna di quadri regge una lettera con la destra, e il Re di quadri ha un pappagallo sul polso sinistro). Nel Canton Ticino le lom­barde sono indicizzate.

3. Mazzo genovese. Diffuso nelle province di Novara, Vercelli, Ales­sandria, Imperia, Savona, Genova, La Spezia e in Sardegna (cioè nelle province orientali del Piemonte, in tutta la Liguria, e in Sardegna - dove però sono diffuse anche le carte sarde). Formato mm 58 X 88. Figure a due teste, con taglio diagonale.

4. Mazzo toscano. Diffuso in Toscana. Formato mm 58 X 88. Figure intere. Si sta perdendo la distinzione fra toscane e fiorentine (stes­so disegno, formato mm 67 X 100).

Mazzo italiano a semi tedeschi. Le carte di seme tedesco hanno varietà regionali che prendono nome dalla Baviera, dalla Sassonia, dalla Prus­sia, dal Wiirttemberg, dalla Franconia. Una sottovarietà austriaca di bavaresi sono le salisburghesi. Queste salisburghesi sono diffuse in pro­vincia di Bolzano, cioè nell'Alto Adige, ossia nel Tirolo meridionale, hanno un mazzo di 40 carte (formato mm 57 X 101). Valori: A, 5, 6, 7, 8, 9, lO, Under, Ober, Koenig; figure intere. II Koenig è il Re; Under e Ober sono due valletti o vassaIIi (diremmo due analoghi del Fante), Valletto Inferiore e Valletto Superiore; si distinguono per la posizione del seme nella loro carta, in basso o in alto.

Storia dei giochi di carte italiani. Questa varietà di mazzi era ancor più

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variegata qualche decennio fa. E con tanti vari mazzi di carte è ovvio che in Italia negli ultimi secoli si siano giocati giochi molto vari.

Di questi giochi e della loro storia non sappiamo quasi niente perché non se ne è quasi mai' occupato nessuno, e le opere di chi per caso se ne sia occupato dove sono finite? Dove stanno nascoste?

Nelle Osservazioni che accompagnano la descrizione di alcuni giochi diamo le poche notizie che siamo venuti racimolando negli ultimi anni, occupandoci di giochi e scrivendone su vari periodici, « L'Espresso », « L'Europeo» e dal 1980 «La Stampa» di Torino. Molti lettori ci hanno aiutato e ci stanno aiutando, ma su cento lettere che riceviamo una sola, in media, riguarda i giochi di carte, quando va bene; altri giochi sollecitano e solleticano ben più diffuse curiosità.

Vorremmo sperare che questo libro possa servire da traccia per avviare una ricerca tutta da fare, tutta da cominciare. Apposta abbiamo dato rilievo a certi giochi locali, «folkloristici », che non ci risulta siano mai stati descritti da nessuno. Certissimamente in Italia ce ne sono ancora centinaia. Chissà che qualcuno si metta a descriverne un po'. Vorremmo raccomandare rigore di linguaggio nelle descrizioni. Dopo aver scritto per tanti anni e in tanti modi sui giochi di carte crediamo di aver trovato alcune formule per rendere chiare certe distin­zioni: valori di punteggio, capacità di presa. modalità di presa ...

E vorremmo raccomandare tanto tanto di non trascurare le varianti. La Scopa in quattro senza distribuzione iniziale di 4 carte in tavolo non è una cosa da cretini o da babbei, come credono alcuni: è una variante dello Scopone. E la Cirulla è un'altra, estremistica variante dello Scopone.

La proposta che rivolgiamo ai lettori di studiare, di collezionare (e magari di segnalarci) non solo giochi diversi da quelli descritti nel presente libro, ma anche e soprattutto le varianti dei giochi più noti, ha uno scopo conoscitivo e uno scopo (scusate la parola) educativo.

Lo scopo conoscitivo è evidente: crediamo che esistano tante va­rianti, e, per amor del sapere, vorremmo aggiungerle alla nostra colle­zione. Apparteniamo infatti alla razza di coloro che vogliono cono­scere e possedere il mondo, non alla categoria di coloro che vogliono cambiarlo.

Lo scopo educativo è questo: crediamo che una persona civile debba dire: «io a Scopone gioco così », «questo Scopone è il mio », e non « questo è lo Scopone giusto ». Direte che sarebbe ovvio, come è ovvio dire « io parlo così », « questo dialetto è il mio », e non «questo è il modo giusto di parlare ». Ma le cose non stanno così. Chiedete a una signora, magari laureata e con soggiorni all'estero, come si fa la pasta

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Illustrazione n. 3

Distribuzione approssimativa delle cosiddette "carte regionali italiane".

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1. bergamasco

2. bresciano

3. trentino mazzi a semi Italiani

4. trevisano

5. triestino

6. piacentino

7. romagnolo

8. napoletano mazzi a semi spagnoli

9. siciliano

10. sardo

11. piemontese

12. genovese

13. tlcinese mazzi a semi francesi

14. milanese

15. toscano

16. salisburghese mazzo a semi tedeschi

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frolla. Non vi dirà mai che si può farla con o senza tuorlo d'uovo: vi dirà che il tuorlo d'uovo ci vuole, oppure non ci vuole, con una durezza da inquisitore che giudichi i seguaci dell'infame Basilide. Con la fragilità morale che si sente franare la terra sotto i piedi, se sono messe in forse le Verità fondamentali della Fede.

Regole e cerimoniale. In un gioco di carte c'è sempre un cerimoniale, e ci sono regole per giocare e regole per vincere.

Regole per giocare sono quelle che riguardano il mazzo da usare, il numero dei giocatori, i valori di presa, le modalità di presa, i valori di punteggio ecc.

Regole per vincere sono quelle che riguardano la strategia di gioco (per esempio nello Scopone la regola dello spariglio). Questo libro non dà regole per vincere.

Norme di cerimoniale sono quelle che riguardano la scelta del maz­ziere, la disposizione dei giocatE>ri attorno al tavolo, i modi del loro accoppiamento, il senso in cui avvengono distribuzione e gioco (senso orario, senso antiorario), il modo di mescolare e tagliare il mazzo, il num!ro di carte da dare. volta per volta durante la distribuzione ecc.

Le norme di cerimoniale hanno generalmente codificazioni locali molto minuziose. Interessanti (forse) da un punto di vista antropolo­gico, non sono essenziali per lo svolgimento del gioco e pertanto nel presente libro non se ne è fatto cenno se non per certi giochi « folkloristici ». Indichiamo qui di seguito, solo per dare qualche esempio, alcune possibilità generali e alcune norme particolarmente curiose.

Scelta del mazziere. Si può fare con qualsiasi criterio di sorteggio. Affidando il sorteggio alle carte si può procedere a una distribuzione preliminare di carte scoperte: è mazziere chi riceve la carta più bassa (<< bass fa mass» in Lombardia), chi per primo riceve un Re ecc. Nel Mercante in fiera., se giocato con bambini, il mazziere (mercante o banditore) è un adulto. Nell'Uta Garuta è mazziere (recitatore) una persona di prestigio (un uomo ricco, una bella donna).

Disposizione dei giocatori attorno al tavolo. Può essere una conse­guenza del sorteggio praticato per la scelta del mazziere (sta in coppia col mazziere la seconda persona che riceve un Re), può rispecchiare una situazione di fatto (si resta seduti come lo si era quando si è deciso di mettersi a giocare, p. es. dopo cena), può essere decisa di

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comune accordo (costituiscono coppia i coniugi, e pertanto si mettono a sedere affrontati).

Accoppiamento dei giòcatori. Può dipendere come sopra dalla dispo­sizione attorno al tavolo o può essere determinata da altri fattori. Dopo una partita si può decidere di alterare la combinazione delle coppie. Giocando al Hombre se si è in due donne e un uomo, o due uomini e una donna, nella prima partita fanno coppia le persone dello stesso sesso.

Giro. Nei giochi tradizionali italiani si gira sempre in senso anti­orario, cioè il mazzi ere dà carte per primo al suo vicino di destra, ed è questo il primo a giocare. A Poker e a Bridge invece si gira in senso orario. Alcuni credono che il giro in senso antiorario caratterizzi i giochi più antichi; così si gira p. es. a Mancala, a Pachisi ecc.

Modo di mescolare e far tagliare il mazzo. Generalmente il mazziere mescola il mazzo e lo fa tagliare a chi sta alla sua destra se si gira in senso antiorario e viceversa, cioè a persona diversa da quella che avrà carte per prima. La cerimonia è molto più complessa in giochi come il Baccarà.

Modo di distribuire le carte. Quando le carte a testa siano più di una si può scegliere fra distribuirle una alla volta o raggrupparle, dandone tre per volta, due o più per volta, con infinite varianti nel numero di carte distribuite per volta se sono molte. Nel Tressette p. es. se ne possono dare 5 + 5, o 3 + 5 per volta a due riprese, o 3 e 2, o 2 e 3 ecc., e il mazziere può servire per primo chi gli sta a sinistnl, per secondo chi gli sta a destra, per terzo chi gli sta di fronte, per ultimo se stesso, seguendo non un moto circolare bensì il tracciato di una croce.

Bibliografia essenziale. Elenchiamo qui di seguito alcuni testi ai quali nel corso del presente libro facciamo riferimento più frequentemente.

Lensi 1892. ~ un opuscolo di 46 pagine, autore un Alfredo Lensi che fu direttore della Biblioteca Braidense a Milano, e di cui né alla Braidense né in altre biblioteche milanesi resta tracçia. L'opuscolo si intitola Bibliografia italiana di giuochi di carte; stampato a Firenze pei tipi di Salvatore Landi nel 1892, ne furono verosimilmente tirate pochissime copie. Uno è a Firenze alla Marucelliana. La Classense di Ravenna ha in programma di farne un reprint con integrazioni a cura di Giampaolo Dossena e Dino Silvestroni. Queste integrazioni si arre­steranno al 1901: l'anno del Gelli.

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Gelli 1901. 't un libro pubblicato per la prima volta a Milano da Hoepli nel 1901, appunto, col titolo Come posso divertirmi? Piccola enciclopedia di giuochi mossi e tranquilli da eseguirsi in città e in campagna. Viene tuttora ristampato dall'editore Hoepli col titolo Come posso divertirmi e divertire gli altri. Piccola enciclopedia dei giuochi e passatempi di ieri e di oggi. 't il libro più longevo sui giochi che si sia avuto in Italia, e la prima edizione, del 1901, che tenne conto del Lensi, si trova allo spartiacque del secolo, quando già molti giochi stavano morendo e moltissimi si stavano diffondendo, che avrebbero trionfato nei decenni successivi. L'autore, Jacopo Gelli (1857-1935) è un personaggio che si trova sulle enciclopedie.

Girardi 1905. 't un miserabile opuscolo pubblicato per la prima volta nella «Biblioteca del popolo» da Sonzogno di Milano. Ciò che rende l'opuscolo del prof. Emilio Girardi, I giuochi con le carte, interessapte, è che veniva ristampato ancora nel 1962 e nel 1966.

Librex 1969. Due volumi anonimi, Giochi di carte, Edizioni Librex, Milano 1969. 't il repertorio più recente e più ricco che siamo riusciti a rintracciare.

Parlett 1979. David Parlett è un inglese che da anni si occupa profes­sionalmente di giochi, e ha scritto libri eccellenti, in particolare sui gio­chi di carte. Questo che diciamo, Card Games, Penguin, Harmondworth 1979, più volte ristampato, è un ottimo repertorio di giochi di carte internazionali, con preziose notizie storiche. Ci serve per vedere quali giochi di carte italiani siano conosciuti all'estero e abbiano attirato, per le loro regole, l'attenzione di un esperto che li sa collocare nel quadro oggi più vasto possibile.

Dummett 1980. Michael Dummett, professore di filosofia a Oxford, è il massimo esperto di tarocchi. Nel 1980 ha pubblicato due libri, ai quali di volta in volta ci riferiamo distintamente: The Game 01 Tarot Irom Ferrara to Salt Lake City, Duckworth, London 1980, e Twelve Tarot Games, Duckworth, London 1980. Molti suoi contributi si sono letti e si leggono in «The Playing Card », Journal (1972 sgg.) of The Intemational Playing Card Society (188 Sheen Lane, East Sheen, Lon­don SW14 8LF) di cui è stata prima animatrice Sylvia Mann.

Lozupone 1981. Questo è l'esempio del modo in cui andrebbero spiegati nelle loro possibili ramificazioni i tipi fondamentali di giochi italiani. Il libro del Tressette e giochi affini, di Vitantonio Lozupone, è stato pubblicato nel 1981 a Milano dall'editore Mursia, nella collana « I Giochi » che si raccomanda per la sua ricchezza di temi.

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La presente ristampa riproduce il testo della prima edizione, con po­che correzioni. "t in preparazione una seconda edizione, che terrà con­to dei materiali raccolti grazie alla posta coi miei lettori della c Stam­pa. (fino al settembre 1987) e ora della c Repubblica •. Nuovi capi­toli verranno dedicati a Cascina, Cavallino, Coneina, Diavolo, Maletto, Marafon-Beccaceino, Marianna, Mariaccia, Miseria, S'cera, Tontina. Truco o Trucco (importato dall' Argentina); e a molti giochi per bam­bini; e a nuove varianti del Cucù (Zifulì) e del Gilé. Nuove notizie verranno date sul Faraone, sull'Ombre e sulle Minchiate; per il Mer­cante in fiera verrà proposta una retro datazione (lettera di Mozart alla sorella, 5 dicembre 1772).

Le due nuove edizioni dell'Ortes e del Lensi preannunciate alle pagg. 62, 19, sono state pubblicate nel 1984 (Costa e Nolan, Genova) e nel 1985 (Longo, Ravenna). ~ imminente la pubblicazione degli studi di Sandro Chizzoli e Lucia Maffioli su antichi giochi di carte bergama­schi e bresciani.

G.D. Milano, 15 aprile 1988

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Baccarà

Lo descriviamo nel volume di questa stessa collana Giochi di carte internazionali.

Secondo il DELI la voce cc baccarà » è attestata in italiano dal 1892. Il Lensi 1892 registra un titolo relativo al Baccarà (n. 124) stampato sei anni prima, nel 1886 a Palermo. Registrato nel Gelli 1901 compare anche in repertori successivi.

Un « Baccarà all'italiana» si chiama Macao.

Ballotta o Bellotta

Analogo alla Belote francese che descriviamo nel volume di questa stessa collana Giochi di carte internazionali.

Bassetta

• Persone 3 (ciascuno per sé) contro 1 banchiere . • Mazzo Anglofrancese di 52 carte.

Distribuzione. Il mazzi ere o banchiere (B) dà 13 carte coperte a

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ognuno dei tre avversari (A), disponendole davanti a ciascuno. Il B dà anche a sé 13 carte, coperte, impilate.

Svolgimento. Il B sceglie a caso due carte, fra le sue, senza guar­darle, e ne pone una alla propria sinistra, coperta, e una alla pro­pria destra, coperta, lasciando le rimanenti impilate al centro, sem­pre tutte coperte.

Il B colloca una posta sulla propria carta di sinistra dicendo per me e un'altra su quella di destra dicendo per voi.

Gli A collocano pari poste su 2 delle proprie carte scelte a caso, senza guardarle.

Il B scopre le sue due carte. Se sono dello stesso valore, p. es. Otto, gli A scoprono quelle

su cui hanno puntato, passando al B la posta collocata su carta che sia Otto, e la smazzata è finita. Se si vuoI continuare la par­tita si procede a nuova distribuzione (raccogliendo tutte le carte, mescolandole, facendo tagliare il mazzo).

Se le 2 carte del B sono di valore diverso, p. es .. un Sette quella per me e un Nove quella per voi, gli A, avendo scoperto quelle su cui avevano puntato, passano al B la posta collocata su propria carta che sia un Sette, e ricevono dal B una posta pari a quella collocata su carta che sia un Nove. Le poste collocate su carte che non siano né Sette né Nove vengono spostate su altre carte scelte a caso fra quelle che ciascuno ha davanti a sé, e la smazzata continua, con nuove puntate del B ecc.

Osservazioni. Secondo il DELI la voce «bassetta» è registrata fin dal sec. XV, e correntemente dal 1533-1535. Aggiunge il DELI: «Pare da basso, perché basato sulle carte basse, ma descrizioni precise del gioco, che convalidino l'ipotesi, mancano ». Da quel che ne sappiamo noi le carte basse sembra non c'entrino proprio. Il Lensi 1892 registra tre ti­toli relativi alla Bassetta (nn. 118, 183, 18) stampati fra il 1710 e il 1757 a Venezia; poi un paio di titoli (nn. 181, 130) stampati a Torino e Napoli. Il GelIi 1901 non ne parla.

Senza documentazione precisa, si dice comunemente che la Bassetta sia più antica del Faraone, derivando direttamente dal Lanzichenecco; che per qualche tempo Bassetta e Faraone abbiano convissuto; che poi il Faraone abbia soppiantato la Bassetta.

Sembra di capire che la differenza essenziale della Bassetta rispetto

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al Faraone stia nel fatto che alla Bassetta il B dichiara la somma che vuoI mettere in gioco come nello Chemin de fer, mentre al Faraone so­no gli avversari a dichiarare la somma che vogliono mettere in gioco come nel Baccarà à deux tableaux.

Battaglia (1)

• Persone 4 o più, ciascuno per sé . • Mazzo Italiano di 40 carte o anglofrancese di 52.

Ordine di sequenza. Asso, Re ecc., in valore decrescente. Preliminari. Ciascun giocatore mette una posta prestabilita nel piat­to; la posta del mazziere è più alta (p. es. è doppia). Distribuzione. Il mazziere dà una· carta scoperta a ciascun gioca­tore, e a se stesso.

Se nessuno dei giocatori riceve una carta di valore pari a quella del mazziere, questi ritira quanto si trova nel piatto; si rinnova la posta e si procede a una nuova distribuzione.

Se uno O più giocatori hanno una carta di valore pari a quella del mazziere, si attacca battaglia. Il mazziere dà un'altra carta al giocatore o ai giocatori in questione, e un'altra a se stesso. Se escono due o più carte di pari valore, la distribuzione si ripete finché le carte risultano tutte di valore diverso tra loro. Chi ha ricevuto la carta di valore più alto ritira quanto si trova nel piatto; si rinnova la posta e si procede a una nuova distribuzione.

Osservazioni. Descritto con questo nome dal Gelli 1901 e da Librex 1969. Più complesso il meccanismo della Battaglia (2), per due persone.

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Battaglia (2)

• Persone 2. • Mazzo Anglofrancese di 52 carte.

Ordine di sequenza. Asso, K ecc., in valore decrescente. Valore di punteggio. Asso = 13 punti, K, Q, J = 12, Dieci = lO ... Due = 2. Distribuzione. li mazziere dà 20 carte all'avversario e a se stesso, coperte. Svolgimento. L'avversario del mazziere mette in tavolo, scoperta, la sua prima carta; cosi fa il mazziere. Se una delle due carte è di valore più alto, chi l'ha giocata le prende entrambe e le pone accanto a sé, coperte. Se sono di valore pari, se ne scoprono altre due (impilandole sulle precedenti), e si ripete l'operazione fin che una delle due è di valore più alto: chi l'ha giocata le prende tutte e le pone accanto a sé, coperte. Conclusione. Ciascuno conta i punti delle carte che ha preso. Il totale dei due giocatori deve essere pari a 416 in ogni smazzata. Si va ai 600 punti. Qualora nella terza smazzata entrambi i gioca­tori abbiano superato i 600 punti vince chi ha ricevuto il pun­teggio più alto. In caso di pareggio la partita è nulla.

Osservazioni. Descritta con questo nome in Tutti i giochi, Edizioni Sac­se. Milano 1942.

Bàzzica

• Persone 2. • Mazzo Anglofrancese di 32 carte (A, K, Q, J, Dieci, Nove,

Otto, Sette).

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Capacità di presa. In ordine decrescente, Asso, Dieci, Re, Donna, Fante, Nove, Otto, Sette. Distribuzione. In modo analogo alla Brìscola, il mazziere (scelto a sorte) dà 6 carte all'avversario e 6 a se stesso, coperte.

Poi mette scoperta in tavolo la tredicesima carta: è la carta di brìscola per questa smazzata, il seme di questa carta è il seme di brìscola. Si dice anche seme di atout (parola francese che si pronuncia atù).

Le carte rimanenti (tallone) vanno, impilate come sono, coperte, sopra la carta di brìscola in modo da nasconderla solo in parte (in modo che restino evidenti seme e valore).

Si è mazzieri a turno, smazzata per smazzata. Modalità di presa. Sono diverse nella prima parte della smazzata (fin che c'è tallone) e nella seconda (a tallone esaurito).

Fin che c'è tallone le regole sono quelle della BrÌscola. A tallone esaurito interviene un obbligo alternativo: a) o rispondere al seme (come a Tressette) sormontando (<< for­

zando »), cioè rispondere al seme giocando, se la si ha, una carta più forte di quella messa in tavolo dall'avver­sario (come in certi giochi di tarocchi);

b) oppure tagliare, cioè giocare una brìscola. Valori di punteggio. Si considerano 4 elementi:

1. Il Sette di brìscola. 2. Combinazioni da dichiarare, nella prima fase della smaz­

zata. 3. Punti da conteggiare alla fine della smazzata. 4. Premio per chi fa l'ultima mano.

Il Sette di brìscola. Se la tredicesima carta scoperta in tavolo a indicare il seme di brìscola è un Sette, il mazziere segna lO punti a proprio vantaggio.

Se tale carta non è un Sette, chi si troverà ad avere il Sette di brìscola potrà, dopo aver fatto una presa, prendere tale carta e sostituirla col Sette, segnando lO punti a proprio vantaggio. Combinazioni da dichiarare. Le combinazioni si dichiarano nella prima parte della smazzata, fin che c'è tallone. Sono lO. Vedi illustrazione n. 4.

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combinazioni punti

1. quattro Dieci 20

2. quattro Fanti 40

3. quattro Donne 60

4. quattro Re 80

6. quattro Assi 100

6. quinta maggiore di un seme qualsiasi. (Asso, Dieci, Re, Donna, Fante) 250

7. quinta maggiore del seme di briscola 500

8. bàzzica (Donna di quadri e Fante di picche) 40

9. matrimonio di un seme qualsiasi (Re e Donna) 20

10. matrimonio del seme di briscola 40

Illustrazione n. 4 Bàzzlca. Le 10 combinazioni che si possono dichiarare nella prima parte della smazzata (fin che c'è tallone).

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La formazione di combinazioni e la dichiarazione di combina­zioni sotto stanno a 5 regole.

1. Si ha diritto a dichiarare una combinazione per volta. 2. Si ha diritto a dichiarare una combinazione dopo aver fatto

una presa e prima di prendere la carta dal tallone. 3. La combinazione dichiarata si mette in tavolo, e resta in ta­

volo. Ciascuno, quando deve giocare una carta, la prende fra quelle che ha in mano o fra quelle che ha messo in tavolo per dichiarare una combinazione.

4. Appena si è dichiarata e messa in tavolo una combinazione, si segnano a proprio vantaggio i punti che vale.

5. Le combinazioni messe in tavolo sono vasi comunicanti. Una stessa carta, usata una prima volta in una combina­zione, può successivamente essere usata per un'altra combi­nazione, o per altre combinazioni. P. es. chi dichiara bàzzica in una mano, segnando così 40 punti, può, in una mano successiva, adoperare la Donna di picche per formare e di­chiarare una combinazione di quattro Donne, segnando cosi altri 60 punti; e può, in una mano successiva, adoperare la Donna di picche per formare e dichiarare una quinta mag­giore, segnando così altri 250 punti - oppure segnando altri 500 punti, se in quella smazzata la brìscola è picche.

Punti da conteggiare alla fine della smazzata. Si contano, fra le carte prese durante la smazzata, gli Assi e i Dieci. Ciascuno vale lO punti. Premio per chi fa l'ultima mano. 10 punti. Prima fase del gioco. In modo analogo alla Brìscola, gioca per primo l'avversario del mazziere, mettendo in tavolo una carta scoperta.

Il mazziere ne mette un'altra, a scelta. Chi prende può fare la prima dichiarazione, poi prende la prima

carta del tallone. L'altro prende la seconda carta del tallone. Le carte che si vincono facendo una presa stanno coperte davanti

al giocatore, le carte che si prendono dal tallone si inseriscono fra quelle che si hanno già in mano.

Chi ha fatto la presa (dopo aver fatto l'eventuale dichiarazione

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e aver preso la carta dal tallone) mette in tavolo una nuova carta scoperta, e così via fino a esaurimento del tallone. Seconda fase del gioco. Esaurito il tallone:

a) ciascuno riprende in mano le carte che aveva messo in ta­volo per dichiarare combinazioni;

b) cambiano le modalità di presa, come detto sopra. Scopo. Nella prima fase del gioco fare il maggior numero possi­bile di prese per accumulare punti da conteggiare alla fine della smazzata, ma soprattutto per poter dichiarare combinazioni, ba­dando però a non consumare carte che permettano di accumulare punti anche nella seconda fase del gioco e che permettano di ag­giudicarsi l'ultima mano. Conclusione della smazzata. Ciascuno ha già registrato i valori di punteggio relativi al Sette di brìscola e alle combinazioni. Si ag­giungono il premio per chi ha fatto l'ultima mano e i punti conteg­giati alla fine della smazzata. Conclusione della partita. Vince chi per primo raggiunge i 500 punti.

Se alla fine di una smazzata entrambi i giocatori hanno supe­rato i 500 punti, vince chi ne ha fatti di più.

Se alla fine della smazzata entrambi i giocatori hanno superato i 500 punti, e si trovano pari, vince chi ha fatto l'ultima mano.

Se un giocatore alla prima mano dichiara quinta maggiore del seme di brìscola o due quinte maggiori d'altro seme, ha vinto e la smazzata si interrompe. Varianti. Sono diffuse molte varianti. La più terribile è quella per cui le combinazioni dichiarate si mostrano ma non si mettono in tavolo.

Osservazioni. Gioco certamente antico, probabilmente più antico della Briscola. Secondo il DELI la voce « bàzzica » è registrata fin dal 1532. Il Lensi 1892 registra una ventina di titoli relativi alla Bàzzica, stam­pati fra il 1729 e il 1888, prevalentemente fra Firenze e Milano, con una puntata a Roma e una a Verona. Registrata dal Gelli 1901 e da repertori successivi.

Alcuni scrivono Bàzica o Bàziga con una zeta sola. Altri chiamano la

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Bàzzica col nome francese, che è Bézique (maschile), scrivendolo in vari modi (Bezigue, Besigue).

Della Bàzzica parla Lorenzo Lippi (Firenze 1606 - ivi 1665) nel poe­ma burlesco Il Malmantile racquistato (postumo, 1676, con lo pseudo­nimo anagrammatico di Perlon Zipoli; importanti note di Paolo Mi­nucci, con lo pseudonimo anagrammatico di Puccio Lamoni). Due so­netti sulla Bàzzica, ricchi di termini tecnici, nei sonetti di Giuseppe Gioacchino Belli (Roma 1791 - ivi 1863), n. 927 (anno 1833) e n. 2185 (anno 1847), secondo l'edizione del Vigolo (Mondadori, Milano 1952); altri riferimenti alla Bàzzica nei sonetti nn. 1056,2116.

Gioco tuttora diffuso come si legge in Carlo Cassola (nato a Roma nel 1917): «Andò a prendere un mazzo di carte allo chalet e fece di­verse partite con Anna. Anna conosceva soltanto la brìscola e la scopa Umberto si stancò presto di quei giochi e pensò bene di insegnarle la bàzzica ».

Le cose tra Umberto e Anna non si mettono bene: la Bàzzica è ancor più noiosa della Brìscola e della Scopa. Chissà se Cassola vuoi far capire che Umberto era noioso, o se il più noioso è lui, Carlo Cassola, che non fa giocare Umberto e Anna a Pizzichino.

Bàzzica in Due con due mazzi. È la forma di Bàzzica più diffusa in Francia (ma anche in Francia è soggetta a varianti).

In Italia corrisponde alla Bàzzica in due con un mazzo, fatte salve le seguenti differenze:

1. Due mazzi francesi di 32 carte ciascuno, a dorso identico. 2. Distribuzione di 8 carte a testa. 3. In certe combinazioni possono essere presenti carte identiche

(p. es. i quattro Assi possono essere due Assi di cuori e due Assi di quadri).

4. La Bàzzica doppia (due Donne di quadri e due Fanti di picche) vale 500 punti.

Bàzzica in Tre. Corrisponde alla Bàzzica in due con un m~o, fatte salve le seguenti differenze:

1. Tre mazzi francesi di 32 carte ciascuno, a dorso identico. 2. Distribuzione di 8 carte a testa, come nella Bàzzica doppia. 3. In certe combinazioni possono essere presenti carte iden­

tiche, come nella Bàzzica doppia.

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4. Oltre alla combinazione di bàzzica doppia (500 punti) c'è quella di bàzzica tripla (1000 punti).

5. La partita va a 2000 punti

Bàzzica in Quattro. Corrisponde alla Bàzzica in due con un maz­zo, fatte salve le seguenti differenze:

1. Quattro mazzi francesi di 32 carte ciascuno, a dorso identico. 2. Si gioca a coppie. 3. Quando un giocatore fa una presa può fare una dichiara­

zione, o permettere al compagno di fare una dichiarazio­ne; sarebbe una decisione da prendere senza consultare il compagno.

4. In certe combinazioni possono essere presenti carte identi­che, come nella Bàzzica doppia.

5. Oltre alla combinazione di bàzzica doppia (500 punti) e di bàzzica tripla (1000 punti) c'è quella di bàzzica quadrupla (2000 punti).

6. La partita va a 2500 punti.

Bestia

• Persone 3 (A, B, C), ciascuno per sé . • Mazzo Francese di 36 carte (dal mazzo anglofrancese di 52 car­

te si eliminano Assi, Due, Tre, Quattro, Cinque, Sei).

Distribuzione. Ciascun giocatore, compreso il mazziere, riceve 5 c~rte coperte. Una carta scoperta in tavolo a indicare il valore di brìscola. Le rimanenti costituiscono il tallone. Ordine di sequenza. In ordine decrescente, K, Q, J, Asso, Dieci, Nove, Otto, Sette. Capacità di presa. Quando non sia giocata carta di briscola, prevale il seme della prima carta giocata, e all'interno di tale seme vige l'or­dine di sequenza. Una carta di brìscola ha capacità di presa asso-

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Iuta nei confronti di qualsiasi carta d'altro seme. Quando siano gio­cate due o più carte di brìscola, vige tra esse l'ordine di sequenza.

Come nel Tressette, c'è obbligo di rispondere al seme Come nei Tarocchi, rispondendo al seme si ha l'obbligo di for­

zare, cioè di giocare la carta più forte di cui si dispone in quel seme. Chi, potendo rispondere, non lo fa, «rinuncia ». Chi, potendo

forzare, non lo fa, « sottoforza ». Se uno dei due giocatori ha « rinunciato» o « sottoforzato », per­

de i punti che ha guadagnato in quella smazzata, e in più fa guada­gnare un punto a ciascuno degli avversari. Svolgimento. A distribuzione avvenuta, il giocatore A, che è primo di mano, ha due possibilità:

1. Ess-endo soddisfatto delle proprie carte, dà inizio alla prima mano giocando la sua prima carta; il secondo (8) e il terzo (C) giocano la loro prima carta; chi fa presa raccoglie; gioca la seconda carta chi ha raccolto; e così via fino alla quinta carta. Il punteggio si calcola come segue: Se A fa 5 prese A guadagna 2 punti (+ 2), 8 e C perdo­

no 1 punto a testa (-1, -1). Se A fa J o 4 prese A guadagna 1 punto (+ 1), 8 e C per­

dono mezzo punto a testa (- lf2, - ~2). Se A fa 2 prese A perde 1 punto (- 1); fra i suoi avver­

sari, guadagna un punto (+ 1) chi ha fatto più prese.

Se A fa l presa A perde 1 punto (-1); fra i suoi avver­sari, guadagna un punto (+ 1) chi ha fatto più prese. Se han fatto due prese a testa, guada­gnano mezzo punto a testa (+ 1/2, + V2).

Se A fa zero prese Fra i suoi avversari guadagna 2 punti (+ 2) chi ha fatto 5 prese; con altri nu­meri di prese guadagnano 1 punto (+ 1) a testa.

2. Non essendo soddisfatto delle proprie carte, A può chiedere di cambiarle tutte o in parte; 8 ha due possibilità: a) essendo soddisfatto delle proprie carte, 8 si oppone alla

richiesta di A; tutto si svolge come al punto 1, e il pun-

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teggio si calcola come sopra, applicando a B quanto detto per A;

b) non essendo soddisfatto delle proprie carte, B si associa alla richiesta di A: C ha a sua volta due possibilità come sopra.

Se tutti si sono accordati per cambiare le carte, ciascuno scarta e il mazziere dà nuove carte attingendo al tallone: dopo di che tutto può cominciare daccapo, con nuove richieste di cambiare carte, e nuove dichiarazioni per respingere o accettare tali richieste.

Per cambi successivi di carte si può giungere a esaurire il tallone. Chi avesse chiesto da ultimo di sostituire più carte di quante riman­gano nel tallone, si accontenta di sostituirne quante nel tallone ne rimangono. La carta scoperta che determina il seme di brìscola non è disponibile.

Se la mano ha inizio dalla situazione « di parità» (tutti sono stati d'accordo di cambiare carte, e chi è primo di mano non chiede di cambiarne altre) il punteggio si calcola come segue:

chi fa 5 prese guadagna 2 punti chi fa 4 o 3 prese guadagna 1 punto non si segnano punti al passivo.

Possibilità di passare. Quando un giocatore chiede di cambiare carte il seguente, anziché respingere o appoggiare la sua richiesta, può passare, uscendo dal gioco per quella smazzata. Punti supplementari. Ai punti calcolati in uno dei due modi descrit­ti, se ne possono aggiungere altri come segue:

1. Un punto per il mazziere, se la carta scoperta in tavolo è un Re.

2. Un punto per il giocatore che in qualsiasi distribuzione riceve il Re di brìscola. Chi ha il Re di brìscola deve giocarlo in prima mano, o deve annunciarlo prima di giocare in seconda mano.

3. Terminata la prima distribuzione, o terminate le distribuzioni di nuove carte, la mano non si svolge se uno dei giocatori ha « colore» (cinque carte dello stesso seme). Costui guadagna 2 punti. Non si segnano punti al passivo. Se più di un gioca­tore ha « colore », vince il seme di brìscola, oppure vince chi ha la carta più alta, o le due carte più alte.

Conclusione. Vince la partita chi raggiunge i 5 punti.

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Pagamenti. Prima di cominciare la partita i giocatori versano in un piatto una posta convenuta. Il totale costituisce « la bestia ». « Fa bestia» chi perde una smazzata. Chi vince una partita prende « la bestia », tutta o in parte, e riceve o no altre poste dagli avversari. Varianti. Fra le molte varianti, la principale riguarda gli scarti: che non si eliminano, bensì vanno inseriti sotto il tallone, rispettando l'ordine di scarto.

Altre varianti riguardano l'ordine di sequenza, il calcolo dei pun­teggi, e soprattutto le modalità di versamento delle poste. In più di 3 persone. Con le stesse regole di base, e adattando op­portunamente i calcoli di punteggio, si può giocare

- in 4 persone con 36 carte (aggiungendo i Sei) - in 5 persone con 40 carte (aggiungendo Sei e i Cinque) - in 6 persone con 44 carte (aggiungendo Sei, i Cinque, i

Quattro). Giocando in 5 persone, se 4 passano si chiede « la curiosa» (l'ul­

tima carta del tallone, che viene scoperta a costituire nuova brìscola).

Osservazioni. Il DELI sembra credere che l'introduzione del gioco in Italia (dalla Francia) sia recente. Il Lensi 1892 registra vari titoli rela· tivi a un gioco di questo nome, stampati dal 1753 in poi tra Bologna e Milano. Registrato nel Gelli 1901 compare anche in repertori succes­sivi. Non sembra abbia mai raggiunto una codificazione soddisfacente. Presenta punti di contatto coll'Ecarté.

Boston

Lo descriviamo nel volume di questa stessa collana Giochi di carte in­ternazionali. Il Lensi 1892 registra vari titoli relativi al Boston stampati a partire dal 1863 tra Milano, Venezia e Trieste. Registrato nel Gelli 1901 compare anche in repertori successivi.

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Bridge

Non descriviamo il Bridge nemmeno nel volume di questa stessa col­lana dedicato ai Giochi di carte internazionali: al Bridge, che è oggi di gran lunga il gioco più diffuso in tutto il mondo (nota bene: diffuso in tutto il mondo in modo uniforme, secondo regole stabilmente codifi­cate a livello internazionale) è dedicato un libro specifico in questa stes­sa collana: Il Bridge facile di Corrado de Martino.

Qui diciamo solo che la parola « Bridge» secondo il DELI è già registrata dai vocabolari della lingua italiana nel 1908; non se ne ha ancora traccia nel Lensi 1892, né nel Gelli 1901. Sotto il fascismo lo si chiamò « Brigge » o « Ponte ».

Un testo importante per la storia della diffusione del Bridge in Italia negli anni '30 è l'elzeviro intitolato Il Bridge, di Anna Banti, pubblicato nel volume di autori vari Giuochi e sports (ERI, Torino s.a., 1949 ca.): uno degli ultimi libri italiani in cui si sia scritto « giuochi » col trittongo IUa e « sports » con la S finale.

Brìscola

Con la Scopa e il Tressette è il più diffuso gioco italiano. Meglio della Scopa e del Tressette si può considerare codificato a livello nazionale.

Presenta varianti notevoli: la Mariaccia, la Marianna, e soprattutto il Briscolone e il Madrasso, ibridi di Brìscola e di Tressette. Una va­riante di interesse particolare è la BrÌscola chiamata in cinque, che ha qualche elemento in comune col Quintiglio; una variante della Brì­scola chiamata in quattro si chiama Tressette lucchino.

I seguenti giochi di Briscola, che compaiono nel presente volume in ordine alfabetico, vanno logicamente considerati in quest'ordine:

Briscola in due BrIscola scoperta Briscola coperta Briscola in tre Briscola in quattro Briscola chiamata. ~ generalmente considerata un gioco « antico ». Però, se si fa un

confronto con la Bàzzica, si vengono a sapere delle cose che fanno

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ritenere la Briscola un gioco abbastanza recente. Sembra che cc Bàz· zica» sia parola italiana, e che dall'italiano cc Bàzzica» venga il frano cese cc Bézique» (così il Battaglia), mentre sembra al contrario che cc Brìscola» venga dal francese « Brisque ». Le testimonianze più ano tiche sulla Bàzzica ci portano al 1532, mentre la parola « Brìscola » è attestata per la prima volta solo nel 1828 (DELI).

Nei titoli considerati dal Lensi, la prima testimonianza letteraria sulla Briscola è in un sonetto del Belli (uno degli ultimissimi, ed. Vi· golo n. 2229, anno 1847; altri riferimenti probabili alla Brìscola nei sonetti nn. 390,438, 537, 608, 977), e la prima trattazione tecnica della Brìscola ci porterebbe addirittura al 1888 (n. 119). t curioso che il Gelli 1901 parli della Briscola come di ,m gioco profondamente radi· cato nelle tradizioni popolari, come se fosse stato codificato anche a stampa un bel po' più di 13 anni prima ...

Senza offendere nessuno, si tratta di un gioco molto semplice e po­vero, che ha tutta l'aria di nascere dalla semplificazione, dall'impove­rimento di giochi pià antichi, complessi, ricchi.

Brìscola Chiamata

• Persone 5, generalmente 2 contro 3, ma a volte 1 contro 4 . • Mazzo Italiano di 40 carte.

Distribuzione. 8 carte coperte a testa. Capacità di presa, modalità di presa, valori di punteggio. Come nella Brìscola in due. Licitazione. A partire dal primo alla destra del mazziere, in senso antiorario, ogni giocatore chiama una carta: quella che pià gli servirebbe, se il seme di brìscola fosse un certo seme in cui si sente già abbastanza forte.

La chiama solo per valore numerico, senza indicarne il seme. P. es.: «un Tre» o « un Cavallo ».

La licitazione può partire da un qualsiasi gradino, nella scala della capacità di presa.

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Chi non vuole entrare nella licitazione (o vuole uscirne) dice passo.

Nel giro (o in più giri successivi) si deve chiamare una carta con capacità di presa sempre inferiore alla precedente. Conclusione della licitazione. La licitazione si ferma quando, dopo una chiamata, tutti dicono passo, o dopo che qualcuno ha chia­mato il Due.

A questo punto chi ha chiamato dichiara il seme, che sarà il seme di brìscola. P. es. aveva chiamato « un Sei »: a questo punto dice « il Sei di denari» (o di quadri). Conseguenze della licitazione. Chi ha la carta chiamata diventa il compagno di chi l'ha chiamata.

Nota bene. Diventa il suo compagno segreto. Potrà dare indizi attendibili, col comportamento di gioco, ma si rivelerà solo al momento di mettere in tavolo la carta chiamata. Fino a quel momento il chiamato gioca segretamente in coppia con chi ha chiamato (che non sa di averlo a compagno) contro gIi altri tre (ciascuno dei quali non sa chi siano i suoi compagni, né chi sia il secondo avversario). Chiamarsi in mano. Un giocatore può decidere di chiamare una carta che già possiede, una delle otto che ha in mano.

Qualora la licitazione si arresti su tale carta, il chiamante gioca da solo contro gli altri quattro (che per un po' non sanno di essere in quattro anziché in tre). Conclusione della smazzata. Chi ha chiamato, se vince segna 2 punti a proprio vantaggio, e 1 punto a vantaggio del chiamato (-1 a ciascuno dei tre avversari); l'inverso se perde.

Chi si è chiamato in mano, se vince segna 4 punti a proprio vantaggio (- 1 a ciascuno dei quattro avversari); l'inverso se perde.

Col cappotto questi punteggi si raddoppiano. Conclusione della partita. Vince chi per primo raggiunge gli Il punti. Varianti.

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1. Si può giocare, meno bene, in quattro anziché in cinque, con lO carte a testa. Una variante di questa Brìscola chia­mata in quattro si chiama Tressette lucchino.

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2. Nella licitazione, arrivato un giocatore al Due, un altro glielo può contendere. Questa nuova licitazione si fa sulla base del numero minimo di punti che ci si impegna ad accumulare.

Osservazioni. La Brìscola chiamata si può apparentare al Quintiglio, ma non ha nulla di quella serietà di fondo che permane nei giochi della famiglia del Tressette, anche nei più brillanti.

Il rovesciamento dei valori, il mondo all'incontrario, l'aria più eu­forica che porta una smazzata a Rovescino durante una partita di Terziglio sono già spiragli carnevaleschi? Sì, ma con la Brìscola chia­mata entriamo in una dimensione teatrale, istrionica, comica e burle­sca, risaliamo alle feste dei folli, ai saturnali.

Il chiamato, se è una persona seria, che gioca perseguendo assoluta­mente la vittoria, può palesarsi al momento opportuno, tatticamente anche nelle primissime mani.

Ma se non è una persona seria, se non gioca per vincere bensl per il piacere di giocare, può seguire una diversissima strategia.

Il chiamato si fa imbroglione, escogita trucchi, tesse inganni, ar­chitetta trappole, ordisce frodi. Quando prende il compagno gli dà una scartina, quando prende uno degli avversari gli dà un carico, quando prende lui chiede a gran voce: «Caricate!» (cioè te datemi dei ca­richi »).

Reincarna il trickster, lo schnorrer, il trasgressore ispirato, il te bric· cone divino» impudente tracotante smargiasso. Il gusto del camuffa­mento e della beffa lo porta a rivelarsi il più tardi possibile. Il conse­guimento della vittoria non è più valore preminente. Il punto d'onore sta semmai nel vincere di strettissima misura, avendo dimostrato di saper correre il rischio di una perdita quasi voluta.

Se la compagnia è ben affiatata, e se ci sono un paio almeno di per­sone allegre, spiritose, tornare dalla Brìscola chiamata al Quintiiio è come lasciare la sala del cenone per andare un momento a lavarsi le mani, sbagliar porta e trovarsi all'obitorio.

Queste osservazioni stavano in un libro del 1979 e si sente. Ma ab­biamo ritenuto utile riportarle perché, da un lato, è in gioco una figura mitologica fondamentale (Caillois, l giochi e gli uomini, Bompiani, Mi­lano 1981, pagg. 162,234), e perché, dall'altro lato, fra i trattatisti ita­liani la Brìscola chiamata gode di una considerazione, se possibile, an­cor minore del Rovescino. Uno dei pochi a parIarne ampiamente è stato

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il Fulgi Zaini, Giochi di carte, Corticelli, Milano 1934. La chiamava Briscola pazza.

Brìscola Coperta

n un gioco di pura fortuna che si fa in due, tenendo coperte davanti a sé le 3 carte, giocandone una a caso, e sostituendola con una coperta tirata dal tallone coperto.

Brìscola in Due

• Persone 2. • Mazzo Italiano di 40 carte.

Distribuzione. Il mazziere (scelto a sorte) dà 3 carte all'avversario e 3 a se stesso, coperte. Poi mette una carta scoperta in tavolo: è la carta di briscola per questa smazzata, il seme di questa carta è il seme di briscola, ossia il seme dominante (atout).

Le carte rimanenti (tallone) vanno, impilate come sono, coperte, sopra la carta di briscola in modo da nasconderla solo in parte (in modo che restino evidenti seme e valore).

Si è mazzieri a turno, smazzata per smazzata. Capacità di presa. In ordine decrescente, per ogni seme, compreso quello di briscola: Asso, Tre, Re, Cavallo o Donna, Fante, Sette, Sei, Cinque, Quattro, Due. Modalità di presa.

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t. Le carte di un seme che non sia di briscola hanno capacità di presa in ordine decrescente solo su quelle del loro stesso seme. Assi e Tre si chiamano « càrichi ». Re, Cavallo, Fante si chiamano « carte vestite ». Le altre sono « scartine ».

2. Le carte del seme di briscola hanno capacità di presa in

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ordine decrescente come sopra su quelle del loro stesso se­me, e hanno capacità di presa assoluta su tutte le rimanenti: il seme di briscola è il seme dominante (atout). Asso e Tre si chiamano « briscoloni ». Re, Cavallo, Fante si chiamano « briscole vestite ». Le altre sono « briscolini» o « brisco­line » o « briscolette ».

Far presa su una carta dello stesso seme, che non sia briscola, si dice « strozzare ».

Non « strozzare », e non intervenire con carta di briscola, si dice « andar liscio ». Valori di punteggio. Senza distinzione di seme, l'Asso vale 11 punti, il Tre = lO, il Re = 4, il Cavallo = 3, il Fante = 2. Le carte rimanenti hanno valore di punteggio pari a zero. Svolgimento. Gioca per primo (<< esce») l'avversario del maz­ziere, mettendo in tavolo una carta a sua scelta.

Anche il mazziere ne mette in tavolo una a sua scelta (senza obbligo di rispondere al seme, come avviene invece a Tressette). I casi sono quattro:

a) si trovano in tavolo due briscole: « prende» chi ha gio­cato la briscola « più alta» (con maggior capacità di presa); « prendere» vuoI dire raccogliere le due carte e porle c0-

perte davanti a sé; la pila delle carte che si prendono si chiama bazza;

b) si trovano in tavolo una briscola e una carta d'altro seme: prende chi ha giocato la briscola;

c) si trovano in tavolo due carte, nessuna delle quali è brìscola, ma sono dello stesso seme: prende chi ha giocato la carta più alta;

d) si trovano in tavolo due carte, nessuna delle quali è briscola, e non sono dello stesso seme: prende chi ha giocato per primo.

Chi ha preso tira dal tallone la carta sovrastante e la mette fra le altre che ha in mano, senza mostrarla all'avversario. Così fa l'altro, di modo che ciascuno si ritrovi in mano tre carte come all'inizio della smazzata.

Chi aveva preso mette in tavolo una carta a sua scelta, e così via fino a esaurire il tallone.

Prima dell'ultima mano ogni giocatore ha diritto di esaminare la

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propria bazza, che fino a quel momento non avrà in nessun modo guardato o manipolato. Conclusione della smazzata. Fatta l'ultima presa, ciascuno conta i propri punti.

Poiché i valori del mazzo completo portano a un totale di 120 punti, vince la smazzata chi ne ha fatti almeno 61.

A differenza della Scopa e del Tressette, non è corretto inter­rompere il gioco quando uno dei giocatori ha raggiunto i 61.

Se i giocatori fanno 60 punti ciascuno, la smazzata è nulla e si ripete, senza cambiare mazziere. Conclusione della partita. Vince la partita chi ha vinto 3 smazzate (chi ha marcato a proprio vantaggio 3 « segni »).

Brìscola in Quattro

• Persone 4, a coppie affrontate . • Mazzo Italiano di 40 carte.

Svolgimento. Si decide l'abbinamento dei giocatori. Al tavolo, ciascuno siede di fronte al proprio compagno. Si gira in senso antiorario.

Valgono le stesse regole della Briscola in due. Le carte prese da una coppia vanno in un'unica bazza, che sta di fronte a chi ha preso per primo.

Turni di gioco e rotazione del mazziere come nella Brìscola in tre.

Durante la prima mano i giocatori non possono parlare né scam­biarsi segni convenzionali (e così devono comportarsi per tutta la partita, se si è deciso di giocare a « Brìscola muta »).

Dopo che si è fatta la prima presa, ogni giocatore può segnalare al compagno le brìscole che ha in mano, e che viene via via pescando, con gesti convenzionali:

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Asso: stringendo le labbra; Tre: storcendo la bocca; Re: alzando gli occhi al cielo; Cavallo: mostrando la punta della lingua; Fante: alzando una spalla.

Fatta la penultima presa, e pescate le ultime quattro carte, i compagni si mostrano le carte (passandosele e restituendosele coperte).

Se con l'ultima smazzata ciaScuna coppia raggiunge esattamente i 60 punti, si ripete la smazzata, mantenendo i punteggi prece­denti, senza cambiare mazziere.

Osservazioni. Una smazzata di Brìscola in quattro è descritta in un so­netto di Giuseppe Gioacchino Belli del 1847 (ed. Vigolo n. 2229). I due giocatori di una coppia parlano liberamente fra loro. Spesso si fa cosi (solo nella prima mano si dovrebbe tacere); certo, questi chiacchierano smodatamente.

« Càrico », « briscola vistita », « andar liscio» corrispondono alla terminologia ancor oggi corrente. Per « strozzare» il Belli dice « am­mazzare ». E chiama «miggnetta» quella che per noi è un « brisco­lino ».

Sette de coppe? Ammazza, Margherita. -Nun posso. - Passa un carico. - D'uetta. -Ma ddunque in mano cosa sciai? puzzetta?­Cosa sciò! cciò una bbriscola vistita. -

E nemmanco pòi mette una miggnetta? -Oh, inzomma io vado lisscio, ecco finita. -E accusi averno perzo la partita. -Cosa te sciò da fà co sta disdetta? -

Su, mmostramo le carte. Eh, un ber tesoro! Un fante! Ebbè? che tte ne fai, sorella? Cianno asso, tre erre: ssò ttutte lòro.

E sséguita a ddurà la svenarella! A bbaiocc' a bbaiocco, pe ddio d'oro, Ggià ssò ar papetto. ~ una gran porca jjella!

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Brìscola in Tre

~ uguale a quella in due, salvo che all'inizio il mazziere elimina il due di coppe (o di picche). Ciascuno gioca per sé. Si gira in senso antiorario. Nella prima mano gioca chi è a destra del mazzierej nelle successive pesca e gioca per primo chi ha preso nella mano precedente. Smazzata per smazzata è mazziere un gio­catore dopo l'altro, in senso antiorario. ~ nulla la smazzata in cui ciascuno fa 40 punti.

Brìscola Scoperta

~ un gioco per bambini che si fa in due, tenendo scoperte davanti a sé le 3 carte, e tirando carte scoperte dal tallone scoperto.

Briscolone

• Persone 2 • • Mazzo Italiano di 40 carte.

Distribuzione. Il mazziere (scelto a sorte) dà 5 carte all'avver­sario e 5 a se stesso, coperte.

Le carte rimanenti (tallone) vanno, impilate come sono, coperte, in tavolo.

Si è mazzieri a turno, smazzata per smazzata. Capacità di presa. Come nella Brìscola in due. Modalità di presa. Fermo restando che le capacità di presa corri­spondono a quelle della Brìscola (e non a quelle del Tressette), non c'è seme di brìscola, e c'è obbligo di rispondere al seme, come a Tressette.

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Valori di punteggio. Come a Briscola. Svolgimento. Come a Briscola (fatte le debite differenze per mo­dalità di presa). Conclusione della smazzata e della partita. Come a Briscola. Ma le smazzate che terminano col punteggio di 60 a 60 non si annullano. Si va ai 121 punti.

Osservazioni. :t descritto con questo nome nel Gelli 1901 e in testi suc­cessivi. Si tratta di un ibrido di Brlscola e Tressette; ma, mancando proprio l'elemento distintivo della Brìscola (la briscola), il nome è fuor­viante.

Calabresella

Altro nome del Terziglio. Secondo il DELI la voce « calabresella» sa­rebbe registrata dal 1825. Il Lensi 1892 registra un titolo relativo alla Calabresella stampato a Firenze nel 1822. Altri titoli sulla Calabresella vanno dal 1844 al 1889, tra Modena, Roma, Siena, Firenze.

Il DELI dice: «La calabresella è detta cosi forse perché orig. della Calabria ». :t vero che un altro titolo registrato dal Lensi 1892 (n. 136) dice «la Calabrese» come sinonimo di Tressette (e siamo a Palermo nel 1860). Ma allo stato presente delle ricerche la Calabresella ha a che fare con la Calabria non più chiaramente di quanto abbia a che fare col Kalabriasz (altro nome del Klabberjass registrato da Parlett 1979).

Camicia

• Persone 2. • Mazzo Italiano di 40 carte.

Distribuzione. Il mazziere, scelto a sorte, distribuisce 20 carte

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coperte all'avversario e a sé. Ciascuno tiene il pacchetto delle proprie carte con la sinistra e le gioca una alla volta con la destra, scoprendole in tavolo. Valori. Il Re « chiede» 3 carte, il Cavallo o Donna 2, il Fante 1. Sono carte « richiedenti ». Tutte le altre valgono zero. Svolgimento. L'avversario del mazziere gioca per primo. Se gioca una carta di valore zero, ne gioca un'altra il mazziere, e cosÌ di seguito.

Quando Tizio gioca una carta di valore, che ne « chiede» altre, per esempio 3, Caio scopre 3 carte una dopo l'altra. Se nessuna delle 3 carte giocate da Caio ha valore diverso da zero, Tizio prende tutte le carte che sono state giocate da Caio e le inserisce sotto le altre che ha in mano. Se invece una delle 3 carte ha valore diverso da zero, il primo deve giocarne tante quante la carta ne richiede. Le richieste si possono incrociare, ma arriva sempre un momento in cui l'ultima richiesta è stata interamente soddisfatta, e allora chi ha giocato l'ultima carta « richiedente» prende tutte le carte che sono state giocate e le inserisce sotto le altre che ha in mano.

Perde chi per primo resta senza carte.

Osservazioni. Né il Lensi 1892, né il Gelli 1901, né il DEI, né il DET, né il DEll, né (sembra) altri dizionari registrano questo gioco né sotto questo nome né sotto i sinonimi Cavacamicia, Cavarsi in Camicia. De­scritto da Librex 1969 risale a memoria d'uomo almeno agli anni '30 del sec. XX.

Forse da identificare col Calabrache che il DELI dice registrato dal 1545.

Canasta

La descriviamo nel volume di questa stessa collana Giochi di carte in­ternazionali. Secondo il DELI la voce « canasta» è registrata in italiano dal 1949. Quella che generalmente da noi si chiama Canasta corrispon­de più o meno alla Canasta internazionale; quello che generalmente si chiama Canastone è una variante che il Parlett 1979 chiama « Italian

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Canasta », e che sta accanto alla Cl;lnasta Boliviana, alla Brasiliana, alla Cilena, alla Cubana, alla Hollywoodiana, alla Messicana, alla Urugua­iana ecc.

La Canasta è inventata a Montevideo durante la seconda guerra mon­diale, arriva negli Stati Uniti (e di lì nell'Occidente) nell'immediato do­poguerra. Pertanto, se è vero, come mi dicono, che nel romanzo Ara­coeli (1982) di Elsa Morante (nata nel 1915), c'è un personaggio che gioca a Canasta negli anni '30, questo è un anacronismo.

Chemin de jer

Lo descriviamo nel volume di questa collana dedicato ai Giochi di carte internazionali.

Secondo il DELI « chemin de fer» entra nell'uso italiano col 1905. In effetti manca al Lensi 1892 e manca al Gelli 1901.

Cirulla

• Persone 4, a coppie affrontate . • Mazzo Italiano di 40 carte.

Capacità di presa. In ordine decrescente: - per le figure, Re = lO, Cavallo o Donna = 9, Fante = 8 - per le carte numerali, secondo il valore facciale: Sette = 7, ...

Due = 2, Asso = 1 - inoltre l'Asso ha anche capacità di presa assoluta, pari a

x + y + z ecc. Modalità di presa.

a) una carta in tavolo è presa con carta di ugual valore; b) più carte in tavolo sono prese con una carta che ne assommi

i valori; c) se sono in tavolo più carte, si può prendere quella di valore

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pari alla carta di presa oppure altre carte assommandone i valori;

d) con un Asso si possono prendere tutte le carte in tavolo (segnando scopa: vedi oltre), anche se fra queste c'è un Asso;

e) una carta in tavolo di valore x o più carte in tavolo di valore complessivo pari a x possono essere prese con una carta il cui valore, sommato a x, dia 15.

Valori di punteggio. Quattro elementi fissi come a Scopa (carte, settebello, denari, primiera) e sei variabili:

1. Carte: l punto alla coppia che nel corso della smazzata ha preso il maggior numero di carte; in caso di parità il punto non viene assegnato.

2. Settebello: l punto a chi ha preso il Sette di denari o di quadri.

3. Denari o quadri: 1 punto alla coppia che ha preso il mag­gior numero di carte di questo seme; in caso di parità (5 a testa) il punto non viene assegnato.

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4. Scaletta bassa: 3 punti alla coppia che abbia preso Asso, Due e Tre di denari; la scaletta bassa può estendersi al di là del Tre fino al Cinque compreso, con 1 punto in più per ogni carta in più.

5. Scaletta alta: 5 punti alla coppia che abbia preso Re, Cavallo O Donna, Fante di denari; la scaletta alta può estendersi al di là del Fante, fino al Sei compreso, con 1 punto in più per ogni carta in più.

6. Tutti i denari: la coppia che fa « scala intera» (tutti i denari dall'Asso al Re) vince per cappotto.

7. Primiera: 1 punto a chi ha preso le 4 carte di diverso seme di maggior valore a tale effetto, come descritto per il gioco della Scopa.

8. Scopa: 1 punto per ogni volta che un giocatore prende con una propria carta l'uniCa carta rimasta in tavolo O tutte le carte rimaste in tavolo; non si può fare scopa con l'ultima presa nell'ultima mano della smazzata.

9. Carte in mano: tre sottocasi; in tutti e tre le carte si mo­strano e restano scoperte davanti al giocatore fino alla fine della mano; in tutti e tre il Sette di coppe (o di cuori) vale

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quanto si vuole (anche Asso); tale carta mantiene poi il valore assegnatole, sia agli effetti delle possibili prese da parte del giocatore che la possiede, sia quando sia stata messa in tavolo e debba esser soggetta a presa da parte di altro giocatore: a) qualora un giocatore riceva 3 carte il cui valore com­

plessivo sia 9 o meno di 9, al suo turno le mostra e segna 1 punto;

b) qualora un giocatore riceva 3 carte di pari valore il cui valore complessivo sia 9 o meno di 9, segna 3 punti;

c) qualora un giocatore riceva 3 carte di pari valore, qualun­que sia il loro valore complessivo, segna 2 punti.

lO. Carte in tavolo: due sottocasi; in entrambi il Sette di coppe (o di cuori) vale come descritto per il caso 9 (carte in mano): a) qualora le 4 carte in tavolo abbiano valore complessivo

inferiore a 9, il mazziere che le ha appena messe in tavolo subito se le prende, a costituir l'inizio del suo mucchietto di prese, e segna 1 punto;

b) qualora le 4 carte in tavolo abbiano valore complessivo pari a 30, il mazziere le prende come sopra e segna 2 punti

Distribuzione. Ciascuno dei giocatori è mazziere a turno. Il maz­ziere della prima smazzata dà 3 carte coperte agli altri e a se stesso e ne mette 4 scoperte in tavolo Svolgimento. Come descritto per lo Scopone. Conclusione della smazzata. Come descritto per la Scopa in due. Conclusione della partita Si va ai 100 punti, o ai 150.

Osservazlom. :t diffusa a Genova e in Liguria. Le regole sembrano com­plicatissime, ma chi sa giocare a Scopone le impara subito, e le memo­rizza facilmente: basta pensare sempre al massimo assurdo possibile; a pensar male ci s'indovina.

:t un gioco da fare in una compagnia affiatata, allegra e rissosa. Non si devono porre argini alle possibilità di parlare, urlare, dare suggeri­menti, proibire di dare suggerimenti, protestare per suggerimenti in­debiti.

Non solo come atmosfera, ma proprio come struttura di gioco la Cirulla è l'anti-Scopone per eccellenza. C'è da chiedersi se lo Scopone

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sia stato inventato da giocatori di Cirulla invecchiati, rinsecchiti, anchi· losati, mutilati, ammutoliti, o se la Cirulla sia stata inventata da gioca· tori di Scopone dionisiacamente euforici. Secondo noi è stata inventata per dispetto e dileggio dei giocatori di Scopone più compassati, dolenti, sussiegosi e sofIerenti

Conchino o Conquian

Lo descriviamo nel volume di questa stessa collana Giochi di carte internazionali.

Coteccio O Cotecchio

Nome regionale che può abbracciare numerose varianti del Rovescino. La forma « Coteccio » è registrata per esempio in Girardi 1915, la foro ma «Cotecchio» nel'Encic/opedia pratica Bompiani (prima edizione 1938; le successive sono da seguire come un buon filo d'Arianna).

Descriviamo quello alla Carpigiana, che si gioca a Modena e nel Mo­denese (dove si dice « Cotecchio »).

Mentre il Rovescino è più facile e distensivo del Tressette, il Cotec· chio alla Carpigiana risulta, se possibile, più difficile e impegnativo del Tressette.

Nella stessa Modena, accanto al Cotecchio alla Carpigiana, sono dif· fuse altre varianti del Cotecchio, più simili al Rovescino; una di queste prevede per esempio un punto in più per il Fante di spade, detto cc pio gugnino ».

Cotecchio alla Carpigiana

• Persone 4, ciascuno per sé . • Mazzo Italiano di 40 carte.

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Capacità e modalità di presa. Come al Tressette. Valori di punteggio. Pari a quelli del Tressette, ma moltiplicati per 3:

Asso = 3 punti. Due, Tre, Re, Cavallo, Fante = 1 punto. Le carte rimanenti «( flinghe ») = zero punti.

L'ultima mano vale 3 punti. Pertanto il valore totale dei punti in gioco in ogni mano è 35.

Obbligo di rispondere. Come al Tressette e come al Rovescino, l'obbligo di rispondere al seme è il primo dovere di ogni gioca­tore. Penalità di tipo diverso possono essere stabilite ai danni di chi non risponde al seme, ma tra giocatori appena decenti non si prende nemmeno in considerazione una simile eventualità. Chi non risponde al seme può non essere espulso dalla partita in corso, ma verrà emarginato dalla civile convivenza per alcuni decenni. Un giudizio etico molto duro viene tacitamente pronunciato anche nei confronti di chi gioca una « carta franca », cioè esce in un seme dove nessuno gli può più rispondere. Questo si dice tirare « un cavurèn », a Modena. Altrove si dice tirare «un s'ciupètt ». Distribuzione. Non ha importanza chi sia mazziere per primo. Dieci carte a testa in due gruppi di cinque, in senso antiorario. Nella prima mano gioca per primo chi ha il Cinque di denari (ovviamente non è obbligato né a giocarlo di prima mano né a mostrarlo). Nelle mani successive è mazziere chi ha segnato « busca» o « busche » (vedi oltre) e gioca per primo chi è alla sua destra. Scopo. Vincere la partita, risultando uno dei due vincitori (vedi oltre). A tal fine, in ogni smazzata:

a) fare almeno una presa; b) prendere il minor numero possibile di punti. Mentre « prendere il minor numero possibile di punti» è chiaro

per chi conosca il Rovescino, « fare almeno una presa» va chia­rito. Non significa « fare almeno un punto» (come a Rovescino per evitare il cappotto): significa letteralmente prendere almeno una volta quattro carte, siano pur « flinghe» con valore di pun­teggio pari a zero.

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Inoltre scopo eventuale del giocatore in ogni smazzata può essere:

c) «far ballare» un avversario (vedi oltre); d) « far ballare» due avversari (vedi oltre); e) «far ballare» i tre avversari (vedi oltre).

Conteggio dei punti. Si traccia una grande croce sul tavolo col gesso o su un foglio di carta con la matita.

Alla fine di ogni smazzata si segnano sul braccio di croce di ciascun giocatore un certo numero di « busche », o nessuna « bu­sca », a seconda del risultato ottenuto in quella smazzata.

Ogni busca è rappresentata da un segmento perpendicolare al braccio di croce del giocatore. Ogni gruppo di 5 busche è serrato in quadrato.

Nell'illustrazione n. 5 contrassegnamo i quattro bracci di croce coi punti cardinali come al Bridge; nella realtà basta l'orientamento della croce a render chiara l'appartenenza dei bracci, o si segnano le iniziali dei giocatori. Il disegno mostra un finale di partita in cui N ha segnato l busca, E 5 busche, S 6 busche, W 12 busche.

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Per segnare le busche si distinguono 6 casi. 1. Quando tutti hanno fatto almeno una presa, e i punti presi

da ciascuno ammontano a totali diversi, chi ha totalizzato più punti « prende la busca », cioè marca uno o più segni a proprio svantaggio sul proprio braccio di croce. E preci­samente: fino a 14 punti - l busca 15, 16 o 17 punti - 2 busche 18, 19 o 20 punti = 3 busche 21, 22 o 23 punti = 4 busche 24 punti - 5 busche 25 punti - 6 busche 26 punti - 7 busche 27 punti - 8 busche 28 punti 9 busche 29 punti = lO busche E cosi via. Ma chi marca lO busche ha perso, come vedremo. E non s'è mai visto che un giocatore appena decente faccia più di 29 punti in una smazzata senza che scatti un altro

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N

w E

s

Illustrazione n. 5

Cotecchio alla Carplglana. Conteggio dei punti.

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meccanismo, che vediamo più avanti, al punto 4. Gli altri tre non marcano nulla.

2. Quando tutti hanno fatto almeno una presa, e i punti presi da due giocatori ammontano a totali uguali da 9 in su (quando due giocatori fanno in una smazzata esattamente lo stesso punteggio da 9 in su), marcano 2 busche ciascuno fino a 14 punti, 4 busche se han fatto tutti e due 15 punti a testa. Dovrebbero marcare 8 busche ciascuno se han fatto 16 punti a testa, ma questo non s'è mai visto fra giocatori appena decenti. Gli altri due non marcano nulla.

3. Quando tutti hanno fatto almeno una presa, e i punti presi da tre giocatori ammontano a totali uguali da 9 in su, mar­cano 3 busche a testa. Il quarto non marca nulla.

4. Quando un giocatore non ha fatto almeno una presa, «balla» e marca una busca. Gli altri tre non marcano nulla. Gli altri tre « lo hanno fatto ballare ».

5. Quando due giocatori non hanno fatto almeno una presa, « ballano» e marcano 2 busche a testa. Gli altri due non marcano nulla. Gli altri due « li hanno fatti ballare ». Ciò può avvenire per caso, o, come vedremo nel paragrafo sulla conclusione della partita, può avvenire per sottilissima stra­tegia.

6. Quando tre giocatori non hanno fatto almeno una presa, « ballano» e marcano 3 busche a testa. Il quarto non marca nulla. Il quarto « li ha fatti ballare ».

Conclusione della partita. Devono vincere in due, quindi ci vo­gliono due perdenti. Ne consegue che chi ha segnato lO o più busche è nominalmente il « primo perdente », il primo dei due per­denti. Ma la partita prosegue, sempre giocando in quattro, fino a che un secondo giocatore non abbia raggiunto o superato la soglia delle lO busche. E prima di arrivare a questo risultato può avvenire che debbano svolgersi una, due o più smazzate. Qui, se il cosid­detto « primo perdente» riesce a non spostarsi dal livello delle 1 O busche, le sorti della partita possono capovolgersi. Non solo se il cosiddetto « primo perdente» riesce a « far ballare» gli altri tre (caso numero 6), così che per esempio due avversari attestati sulle 8 busche arrivino di colpo a essere i veri perdenti definitivi, rag-

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giungendo il livello di 11 busche o superandolo: può avvenire qualcosa di più emozionante. Massima sottigliezza strategica, rara, suprema vetta del Cotecchio alla carpigiana, può avvenire che il cosiddetto « primo perdente» riesca a stabilire una tacita, rischiosa intesa con chi è più lontano dalla soglia delle 10 busche, così da incastrare gli altri due nel caso numero 5, portandoli per esempio da 9 a Il busche. Può avvenire cosi romanzescamente che il cosid­detto « primo perdente» risulti uno dei due vincitori.

Cribbage

Lo descriviamo nel volume di questa stessa collana Giochi di carte in­ternazionali. Non compare in nessuno dei titoli registrati dal Lensi 1892, ma ha largo spazio nel Gelli 1901 e in repertori successivi.

Cucù

Mazzo di carte che sopravvive in area bergamasca e negli Abruzzi, ha rare corrispondenze altrove (per esempio nel « Gnav » danese). ~ con­siderato antichissimo, forse anteriore alla introduzione delle carte da gioco in Europa: in Danimarca, accanto alla forma in carte da gioco, se ne ha una forma in piccoli birilli, simili ai pedoni degli scacchi, che recano i valori e le figure incisi sulle basi. Il mazzo attuale del Cucù è composto da 40 carte, due serie identiche di 20 carte, dai valori pro­gressivi: « mascherone manco di secchia », « secchia manco di nulla », «nulla »; seguono lO carte senza immagini, numerate in cifre romane da I a X; seguono quattro carte con immagini e motti, numerate da XI a XV; la XV reca l'immagine di un gufo coronato col motto « cucco »; vi sono inoltre un « matto» e una figura di leone con stemma. Si gioca in un numero illimitato di persone che ricevono una carta a testa. Av­vengono scambi forzosi di carte col vicino di destra, a cui si chiede « accontentatemi ». Paga un certo numero di poste chi, finiti gli scambi forzosi, risulta avere la carta di valore più basso. Si gioca a Cucù anche con mazzi regionali di 40 carte.

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Un gioco di questo nome compare in una quindicina di titoli registrati dal Lensi 1892, stampati tra il 1722 e il 1768, tra Bologna e Milano. ~ descritto nel Gelli 1901 e in repertori successivi, ma sempre come gioco da giocare con mazzo italiano di 40 carte.

Il riferimento al mazzo di carte speciali che sopravvive in area ber­gamasca e nel Nordeuropa è stato fatto da Roger Tilley (A History 01 Playing Cards, Studio Vista, London 1973) e da Alfredo Castelli (Viag­gio curioso nel mondo delle carte, Fabbri, Milano 1975).

Domino con le Carte

• Persone 3, ciascuno per sé . • Mazzo Anglofrancese di 51 carte: si elimina l'A di picche.

Distribuzione. 17 carte a testa, coperte. Ordine di sequenza. Dall'A al K. Scopo. Mettere in banco tutte le proprie carte, in ordinata se­quenza seme per seme, cercando di bloccare le possibilità degli avversari. Svolgimento. Chi è primo di mano mette in banco una carta scoperta. Giocando il 2 di picche si deve dichiarare se valga in quanto 2, o se tenga il posto di una A. Il giocatore alla sinistra del primo ha tre possibilità:

a) mettere in tavolo una carta dello stesso seme, di valore contiguo (accostandola a destra o a sinistra della prima);

b) mettere in tavolo una carta di altro seme, ma dello stesso valore (allineandola sopra o sotto la prima); quando la prima carta è un A, si può mettere in tavolo il 2 di picche;

c) passare. La scelta fra le possibilità a) e b) è libera; si può passare solo

se non si può fare diversamente. Variante. Chi è primo di mano può desiderare che il gioco co­minci con una data carta che egli non possiede. In questo caso la annuncia e passa.

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Fine deUa smazzata. Chi per primo riesce a mettere in banco tutte le proprie carte segna a proprio vantaggio il numero di carte restate in mano agli avversari; ciascuno di essi segna a proprio svantaggio il numero di carte che gli san restate in mano. Fine deUa partita. Si fanno tre smazzate, sommando i punteggi; in caso di parità si fanno altre tre smazzate. Asta per la prima mano. Chi è primo di mano offre di cedere i propri diritti a chi gli offra un certo numero di punti. Se qualcuno tra gli avversari si aggiudica tali diritti i punti vengono subito segnati a vantaggio di chi li ha ceduti. Nella smazzata successiva il turno del primo di mano procede regolarmente come se l'asta non ci fosse stata. In 4 persone. Con mazzo angloamericano di 52 carte, 13 a testa; con mazzo italiano di 40 carte, lO a testa. Questa variante si chiama Asino.

Dùbito

• Persone Da 4 a 12, ciascuno per sé . • Mazzo Italiano di 40 carte o anglofrancese di 52.

Sequenza. Dall'Asso al Re. Non si tien conto dei semi. Distribuzione. Un numero uguale di carte a ciascun giocatore, se possibile, oppure qualche carta in più a chi vien subito dopo il mazziere, tanto da esaurire il mazzo. Svolgimento. A partire da chi sta alla destra del mazziere, girando in senso antiorario, ciascun giocatore a turno mette una carta c0-

perta in tavolo, annunciandone il valore. Il primo parte dalla carta che preferisce, gli altri devono rispettare l'ordine di sequenza. Dopo che è stato annunciato un Re si deve ricominciare dal­l'Asso.

Se i giocatori sono pochi e dunque hanno ricevuto molte carte, è facile che nelle prime mani ciascuno sia in grado di giocare effetti-

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vamente la carta che gli tocca di annunciare; poi è sempre più probabile che questo o quello dei giocatori non abbia la carta che annuncia.

A questo punto uno qualsiasi degli altri può dire: «dùbito ». Chi ha giocato la carta la scopre. Se era quella annunciata, il dubitatore la prende, e prende con essa tutte le carte giocate fino a quel momento; se non era quella annunciata, la riprende chi l'aveva giocata, e prende con essa tutte le carte giocate fino a quel momento.

Vince chi riesce a liberarsi di tutte le proprie carte.

Osservazioni. Né il Lensi 1892, né il Gelli 1901, né il DEI, né il DET, né il DELl, né (sembra) altri dizionari registrano questo gioco, né sotto il nome di Dùbito né sotto i sinonimi di Bugia, Bugiardo. Descritto da Librex 1969 risale a memoria d'uomo almeno agli anni '30 del XX sec.

Ecarté

Lo descriviamo nel volume di questa stessa collana Giochi di carte in­ternazionali. Il Lensi 1892 registra alcuni titoli relativi all'Ecarté, stam­pati fra il 1831 e il 1844, tra Firenze, Macerata e Milano. Descritto dal Gelli 1901 e da vari repertori successivi.

Famiglie

• Persone Da 4 a lO, ciascuno per sé . • Mazzo Italiano di 40 carte o anglofrancese di 52.

Distribuzione. Un numero uguale di carte a ciascun giocatore. Per pareggiare i conti, o per facilitare il gioco, si possono eliminare i quattro Assi, i quattro Due ecc.

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Svolgimento. Il primo di mano chiede a un giocatore qualsiasi una carta, specificandone il seme, per esempio « il Re di coppe ». L'in­terpellato, se ce l'ha, gliela dà; il richiedente deve dire « grazie », e può chiedere un'altra carta a un altro giocatore o allo stesso di prima. Se l'interpellato non ce l'ha, passa a lui il diritto di chiedere (un'altra carta o la stessa, a chi ha fatto la prima richiesta o a un altro giocatore).

Per chiedere una carta, bisogna averne almeno una dello stesso valore (della stessa «famiglia»).

Alcuni giocatori riescono, ottenendo le carte che richiedono, ad avere tutte quelle di uno stesso valore, cioè la « famiglia» com­pleta (o il « quartetto» completo).

Quando tutte le « famiglie» sono state completate, non si chie­dono più carte singole, bensì « i Cinque », « i Fanti» ecc.

Se, in una fase qualsiasi del gioco, chi riceve la carta o la « famiglia» dimentica di dire « grazie» deve restituirla, e il diritto di chiamare passa a chi non è stato ringraziato. Esercizio cerimo­niale mnemonico modesto, ma non facilissimo per tutti.

Vince chi riesce a ricordarsi dove stanno tutte le « famiglie », a chiederle nel modo giusto, a ringraziare opportunamente, e a rac­cogliere così nelle proprie mani tutte le carte in gioco.

Osservazioni. Questo gioco si fa anche con mazzi di carte speciali, chia­mati Quartetti o in modo analogo.

Né il Lensi 1892, né il Gelli 1901, né il DEI, né il DET, né il DEll, né (sembra) altri dizionari registrano questo gioco, né sotto il nome di Famiglie né sotto quello di Quartetti. Descritto da Librex 1969 risale a memoria d'uomo almeno agli anni '30 del XX sec.

Faraone

• Persone Da 4 alO, ciascuno per sé contro 1 banchiere. • Mazzo Anglofrancese di 52 carte.

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Tavoliere. :f: necessario disporre di un secondo mazzo, da cui estrarre le 13 carte di un dato seme (generalmente picche) ordina­tamente disposte sul tavolo, o incollate su un'assicella o sul ta­volo stesso. Ci riferiamo a questa seconda ipotesi, parlando di « tavoliere ». Svolgimento. Ogni avversario del banchiere (A) colloca una posta su una carta del tavoliere a sua scelta.

Il banchiere (B) tira dal mazzo tre carte. La prima viene scartata. La seconda viene posta in tavolo, scoperta, alla destra del B.

:f: la carta del B. :f: la carta perdente, per gli A. La terza viene posta in tavolo, scoperta, alla sinistra del B.

:f: la carta degli A. :f: la carta vincente per gli A. Il B ritira dal tavoliere le poste collocate su carta di valore

uguale a quello della perdente e paga alla pari chi ha scommesso sull'altra. Non si tien conto dei semi.

Gli A collocano nuove poste, il B tira nuova coppia di carte (fa un nuovo « taglio »), e cosi fino all'esaurimento del mazzo. Marginalia. Anziché collocare nuove poste gli A possono lasciare le stesse somme (che non abbiano perso) sulle stesse carte, o spostare le somme (che non abbiano perso) su altre carte, o ritirare le som­me (che non abbiano perso) uscendo dal gioco. Unico vincolo: se io punto una somma su una data carta, e quella non esce, posso lasciare quella somma su quella carta per il tiro successivo; se quella carta non esce nemmeno la seconda volta, devo spostare la somma su un'altra carta, o ritirarla.

Propriamente il meccanismo non va «fino all'esaurimento del mazzo» ma fino a che nel mazzo restano tre carte. A questo punto il gioco è finito, oppure a questo punto gli A scommettono sul­l'ordine in cui usciranno la terzultima e la penultima carta. Doppietto. Se il B tira coppia di carte di ugual valore (scopre due volte di seguito la stessa carta, « fa doppietto»), ritira la metà di quanto è stato puntato su quella carta. Faccia vecchia. Se il B tira due volte di seguito in due «tagli» successivi la stessa carta come vincente o come perdente (<< dà la faccia vecchia») ritira solo la metà di quanto collocato su quella carta se perdente, e ritira la metà anche se vincente.

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Pace. Un A può chiedere al B che una puntata già effettuata non valga per il prossimo « taglio» bensl per il successivo. Questo si dice chiedere « pace ». Il B può concedere « pace» oppure no. Paroli. Un A può rinnovare la scommessa appena risultata vin­cente, raddoppiandola. Questo si dice « far paroli ». Paroli si pro­nuncia alla francese, tronco. Libretto. Può essere assente il tavoliere. Fermo restando che il B manovra il suo mazzo di 52 carte, se gli A sono quattro a ciascuno di loro vengono date le 13 carte di un seme di un secondo mazzo (e cosi se gli A sono più di quattro, ricorrendo a un terzo mazzo, ecc.)

L'insieme di queste 13 carte si chiama libretto. Ogni A mette in tavolo una delle sue 13 carte a scelta, scoperta,

e su quella colloca la sua posta. Giocando con libretto, l'A che voglia far paroli lascia la somma

che ha appena vinto su quella carta, piegandone un angolo all'insù (evitando al B il fastidio di passare all'A fresco di vittoria l'equiva· lente della prima scommessa).

Osservazioni. Secondo il DELI la parola italiana «faraone» è regi. strata dagli inizi del sec. XIV; non parla del «faraone» come gioco. Secondo il DEI la voce «faraone» per indicare gioco di carte si data al XVIII sec. e verrebbe dal francese Pharaon (1725).

Il Lensi 1892 registra una decina di titoli riguardanti il Faraone, stam· pati fra il 1753 e il 1868, fra Bologna, Venezia e Milano. ~ notevole il fatto che Gelli 1901 non parli del Faraone. Questa è

una goccia nel mare del convincimento generale che il Faraone sia gio­co estinto dalla fine del Settecento.

Dare per estinto o anche solo in via di estinzione un gioco è sem· pre dire blablabla.

Intanto, chi vuole, può rimettersi a giocare a Faraone oggi, e ci ri· sulta che qualcuno l'abbia fatto dopo aver letto un nostro articolo pub­blicato su « La Stampa» di Torino il 24 settembre t 983 (supplemento del sabato, « Tuttolibri »).

Poi chi leggerà vecchi libri stando attento a queste cose potrà fare tante scoperte.

Per esempio Lord Byron dice che in quel buco di Ravenna gioca­vano ancora a Faraone nel 1820. Guido Piovene dice con tono incre­dulo·ironico che forse si giocava ancora a Faraone a Gubbio nel nostro

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dopoguerra. A parte i titoli registrati dal Lensi 1892, la «Biblioteca del popolo» del Sonzogno ristampava ancora nel 1962 e nel 1966 il Girardi 1915, comprendente una degenerata descrizione del Faraone con libretto.

Più che blaterare statisticamente sulle estinzioni, è ragionevole ba­dare alle trasformazioni.

Alla fine del Settecento il Faraone varca l'oceano e col nome di Faro ha nuova vita rigogliosa sui battelli a ruota del Mississippi e nel Far West. Giocavano a Faro i giocatori di cui parla Mark Twain. Qualche tavolo di Faro c'è ancora nel Nevada. Descriviamo il Faro nel volume dei Giochi di carte internazionali.

Per confondere sempre più le carte annotiamo che se il DEI data il francese Pharaon al 1725, lo Oxlord English Dictionary data Faro o Farroon al 1713. E in ogni caso il Faraone-Faro non mostra se non esili parentele con il Pharaon di cui parlano recenti repertori francesi (Dic­tionnaire des jeux publié sous la direction de René Alleau, Tchou, Paris 1964; Frans Gerver, Le Guide Marabout de tous les jeux de cartes, Edi­tions Gérard, Verviers 1966).

Altro discorso meritano due testi citati dal Lensi 1892. Del Faraone scrissero due economisti flemmatici, il veneziano Giammaria Ortes (1713-1790) e il milanese Cesare Beccaria (1738-1794).

Il Calcolo sopra i giuochi della Bassetta e del Faraone dell'Ortes è del 1757. Il Lensi 1892 non era riuscito a rintracciame una copia. Men­tre scrivo la casa genovese Costa & Nolan ne sta curando una nuova edizione (d'in su una copia rintracciata alla Marciana di Venezia, con correzioni autografe), nella collana Testi della cultura italiana diretta da Edoardo Sanguineti: Giammaria Ortes, Calcolo sopra le verità del­l'istoria e altri scritti a cura di Bartolo Anglani, presentazioni di Italo Calvino e Giampaolo Dossena.

Il Faraone del Beccaria è del 1764 e fu lo scritto inaugurale della rivista « Il Caffè ».

Tanto è il disinteresse per i giochi in Italia che i due massimi spe­cialisti dell'Ortes e del Beccaria hanno accennato a queste due ope­rette in tono sorvolante e imbarazzato, senza considerare che l'interesse per i giochi aveva allignato anche nelle più rispettabili menti di un Pascal, di un Leibnitz, con più notevoli esiti nel progresso della mate­matica.

Matematica a parte, come fatto di costume il Faraone è personaggio di primo piano nella Histoire de ma vie del Casanova (1725-1798). E il Lensi 1892 registra Idee di un americano su gioco del Faraone, ossia lettera a Zima, stampato nel 1786, di Francesco Zacchiroli (1750-1826).

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Un titolo che manca al Lensi (Idee di un orientale sul gioco del Faraone - Almanacco per il 1795, stampato dal Manini a Genova, forse da at­tribuire a Isidoro Bianchi, 1731-1805) è l'opuscolo dello Zacchiroli volto in prosa, o più spesso sono gli endecasillabi dello Zacchiroli stampati di seguito, senza « a capo ».

Gilé di Soarza

• Persone 2 . • Mazzo Italiano di 40 carte.

Valori di punteggio. Non esiste differenza di valore fra semi. All'interno di ogni seme i valori sono:

Cinque = 12 punti Tre =9 Asso = 11 Quattro =8 Re

~ Sette =7

Cavallo Sei =6 Fante - lO

Due

Combinazioni vincenti. Di due tipi: sommativa e gilé. 1. La sommativa si ha con carte dello stesso seme. P. es.

Cinque e Asso dello stesso seme valgono 23. Nella somma­tiva di carte a pari valore prevale la sommativa di Re e Cavallo su quella di Cavallo e Fante, e così via.

2. Il gilé si ha con carte dello stesso valore facciale. Un gilé di Cinque (2 Cinque) batte un gilé d'Assi (2 Assi) e cosi via. Nel gilé di carte a pari valore prevale il gilé di Re su quello di Cavalli e così via.

Pareggio. Una sommativa p. es. di Cinque e Quattro (12 + 8 = 20) di qualunque seme pareggia con una sommativa p. es. di Asso e Tre (11 + 9 = 20). Un gilé p. es. di Cinque di un dato seme pareggia con un gilé di Cinque d'altro seme. In caso di pa-

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reggio non si tien conto delle puntate, e si procede a una nuova distribuzione. Prima distribuzione. Si è mazzieri a turno. Il mazziere distribuisce una carta coperta a testa. Prima dichiarazione. L'avversario del mazziere ha due possibilità: fare una puntata (vedi oltre) o passare. Nel caso di una puntata il mazziere può accettare o rilanciare. Nel caso in cui l'avversario passi, il mazziere può passare o puntare. Se il mazziere punta l'av­versario può accettare o rilanciare.

1. Se entrambi sono passati il mazzo passa di mano. 2. Se uno dei due ha puntato (e se eventualmente uno dei due

ha rilanciato) si procede alla seconda distribuzione. Seconda distribuzione. Il mazziere distribuisce una seconda carta coperta a testa. Seconda dichiarazione. La parola è a chi ha puntato o a chi ha rilanciato. Le possibilità sono come per la prima dichiarazione.

l. Se entrambi sono passati il mazzo passa di mano e non si tiene conto della prima dichiarazione.

2. Se uno dei due ha puntato (e se eventualmente uno dei due ha rilanciato) si mostrano le carte, si segnano i punti (vedi oltre) e il mazzo passa di mano.

Modalità di dichiarazione e di conteggio. Prima di cominciare la partita si disegna la « tavola» col gesso: vedi illustrazione n. 6.

Ciascuno dei 16 segmenti verticali si chiama « raggio ». L'ovale al centro si chiama «brogna» (prugna, con chiara implicazione sessuale). I numeri che compaiono nella nostra illustrazione sono sottintesi quando si disegna la « tavola» col gesso. Il lato inferiore della tavola appartiene a uno dei due giocatori, il lato superiore all'altro (che gli siede di fronte).

Le dichiarazioni si fanno puntando dal 5 in su e non si supera mai il 100, di mano in mano. Quando uno punta o rilancia, appog­gia il gesso nello spazio fra i raggi o sul raggio in corrispondenza alla puntata che intende effettuare. Avvenuta la seconda dichiara­zione, « si sporca la tavola» facendo un segno nello spazio fra i raggi o sul raggio corrispondente alla puntata perdente. Puntare 50 o aver vinto puntando 50 si dice «stare sulla prugna », che è anche espressione corrente per indicare l'essere a metà d'un'impresa.

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Illustrazione n. 6

Gilé di Soarza. Modalità di con-

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Chi intende puntare 100 o rilanciare fino a 100 dice « va 'l rest » (va il resto, punto o rilancio tutto quel che manca per andare fino a 100). Quando un giocatore raggiunge una vincita di 100 l'avver­sario cancella un raggio. Conclusione della partita. La partita finisce quando da uno dei lati della « tavola» sono stati cancellati tutti i raggi. Stile di gioco. A differenza del veloce Poker (dove sono obbligatori rilanci immediati) il Gilé può essere gioco lentissimo, stiracchiato. Prima di decidere se passare o puntare o rilanciare si possono fare silenzi o soliloqui o dialoghi interminabili, con minacce sfide e irrisioni, a cui partecipano gli spettatori. Un possibile stile di gioco può consistere nel non guardare nessuna delle proprie carte, o nel non guardare la prima, o la seconda, puntando al buio per svilire l'avversario. A discrezione del mazziere il tallone può essere posto in banco scoperto, cosÌ che l'avversario veda la carta che gli tocche­rebbe per seconda, e veda la carta che tocca per seconda al maz­ziere, e la terza.

Osservazioni. Del Gilé di Soarza ha parlato Mirko Maffini in Mito e realtà di Soarza (<< Presenza» a. II n. 5, Milano aprile-giugno 1959), cito in Claude Aveline, Il codice dei giochi, Rizzoli, Milano 1964, pagg. 367-368 (Nota all'edizione italiana).

Resta da vedere che rapporti si possano stabilire fra questo Gilé di Soarza (paese di 500 anime in provincia di Piacenza) coi giochi di no­me uguale o simile registrati dal Lensi 1892.

Lanzichenecco

• Persone Da 4 a 14, ciascuno per sé contro un banchiere . • Mazzi Tre, quattro, cinque o sei mazzi anglofrancesi di 32

carte (A, K, Q, J, Dieci, Nove, Otto, Sette) se si gioca fino a 8 persone. Tre, quattro, cinque o sei mazzi anglofrancesi di 52 carte se si gioca in più di 8 persone.

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Svolgimento. Il mazziere o banchiere (B) annuncia la somma che intende mettere in gioco; l'avversario (A) alla sua destra accetta l'intera scommessa (dicendo: « tengo tutto »), o ne copre una parte, o passa. Così gli altri avversari (A), fin che si completa la coper­tura (fin che «il gioco è fatto »).

Il B prende dal mazzo una carta e la pone alla propria sinistra dicendo «per me »; un'altra carta e la pone alla propria destra dicendo « per voi ».

Poi prende dal mazzo una carta dopo l'altra fin che ne trova una uguale alla sua (e ha vinto) oppure una uguale a quella degli A (e ha perso).

Se prendendo dal mazzo le prime due cprte le trova dello stesso valore, il B ha subito vinto (<< ha fatto gioco ») e passa il banco.

Il B passa il banco anche quando perde. Fin che vince, il B tiene banco o cede il banco all'incanto.

Osservazioni. Secondo il DEI la voce «Ianzichenecco» per indicare gioco di carte è attestata solo dal 1874. Il Lensi 1892 registra un titolo (n. 123) stampato a Milano, s.a. ma probabilmente non anteriore al XVIII sec. data la compresenza di Whist e Boston (che sembra si da­tino al 1765 e al 1863). Descritto in Gelli 1901 e in repertori suc­cessivi.

Si ritiene comunemente che il Lanzichenecco sia diffuso in Italia dal XVI sec. (quando sarebbe stato introdotto dai lanzichenecchi, onde il nome). Certamente dalla parola « lanzichenecco » deriva la parola « zec­chinetta ». Che siano rimasti stretti i rapporti fra le regole del Lanziche­necco e le regole della Zecchinetta, è un altro discorso.

Gioco analogo al Lanzichenecco sarebbero i Fiorentini, o Topaia, o Toppa. Il gioco della Toppa s'intitola un quadro di Ottone Rosai. Piero Chiara dice «Zecchinetta (o Toppa) ».

Dal Lanzichenecco sarebbe derivata la Bassetta. Sembra di capire che caratteristica fondamentale del Lanzichenecco,

della Zecchinetta, della Toppa, della Bassetta sia il fatto che spetta al banchiere dichiarare la somma che vuoI mettere in gioco (come nello Chemin de fer), mentre nel Faraone sono gli avversari a dichiarare le somme che vogliono mettere in gioco (come nel Baccarà à deux ta­bleaux).

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Macao

• Persone Da 4 a 12, ciascuno per sé contro un banchiere . • Mazzo Italiano di 40 carte o anglofrancese di 52.

Valori. Ciascuna delle figure (Re, Cavallo o Donna, Fante) e ciascun Dieci vale zero; ciascuna delle altre carte numerali ha il suo valore facciale (Asse = 1, Due = 2, ... Nove = 9). Si som­mano i valori indipendentemente dal seme. Scopo. Raggiungere con una o più carte il massimo valore possi­bile, che è Nove, o avvicinarsi ad esso senza superarlo (senza sballare). Svolgimento. Il mazziere o banchiere (B) scelto a caso dà una carta coperta a ciascuno degli avversari (A) e a se stesso.

Ciascuno degli A punta una somma a piacere sulla propria carta senza guardarla o prima di riceverla. Generalmente si fissa un minimo e un massimo per le puntate. Guardata la carta:

a) chi ha un Nove secco o «d'emblée» lo mostra subito e potrà ricevere dal B il triplo di quanto ha puntato;

b) chi ha un Otto lo mostra subito e potrà ricevere dal B il dop­pio di quanto ha puntato;

c) chi ha un Sette lo mostra subito e potrà essere pagato alla pari dal B;

d) chi ha meno di Sette ha due possibilità. Le possibilità di chi ha meno di Sette sono:

a) «stare », senza mostrare la carta; b) chiedere che il B gliene dia un'altra, anche più volte (mostra

la carta e chiede carta scoperta; non mostra la carta e chiede carta coperta; non può tener coperta più di una carta), fin che decide di « stare» o sballa.

Chi fa più di Nove sballa e passa subito la posta al B. Quando ciascuno degli A ha mostrato la carta, o «è stato »,

o ha sballato, il B scopre la propria. Se ha un Nove, o un OttQ, o un Sette, istituisce rapporti di con-

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fronto bilaterale con chi aveva mostrato la carta o con chi «era stato ». In caso di parità il confronto è nullo.

Se ha una carta inferiore al Sette può darsi una o più carte dopodiché istituisce come sopra rapporti di confronto bilaterale.

Il B se sballa non restituisce la posta a chi aveva già sballato. Variante. La differenza essenziale del Macao dal Sette e mezzo sta nel fatto che qui in caso di parità il confronto è nullo, mentre nel Sette e mezzo in caso di parità vince il B. Una variante accentua la differenza dal Sette e mezzo: ciascuno degli A punta una somma a piacere sulla propria carta dopo averla guardata.

Osservazioni. Secondo il DELI la voce « macao » è attestata dal 1846; la variante« maceà » dal 1863; la variante « maceao» dal 1879. Il Lensi 1892 registra un titolo (n. 121) relativo al «Maccao» stampato a Fi­renze nel 1890. t il Gelli 1901 che dice «Macao o Baccarà all'italia­na ». Registrato anche in repertori successivi.

Madrasso

• Persone 4, a coppie affrontate . • Mazzo Italiano di 40 carte.

Capacità di presa. Come a Brìscola, in ordine decrescente Asso, Tre, Re, Cavallo o Donna, Fante, Sette, Sei, Cinque, Quattro, Due. Modalità di presa. Curioso incrocio di Brìscola e Tressette:

1. Come a Brìscola e come a Tressette, una carta di capacità superiore prende quelle di capacità inferiore dello stesso seme.

2. Come a Tressette, c'è l'obbligo di rispondere al seme (sen­za obbligo di sormontare, com'è invece in certi giochi di Tarocchi).

3. Come a Brìscola, una carta di briscola ha capacità di presa assoluta su quelle degli altri semi, e capacità di presa relativa

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all'ordine decrescente su quelle dello stesso seme. L'obbligo di rispondere al seme vale anche per il seme di brìscola (e anche in questo caso non c'è l'obbligo di sormontare).

Valori di punteggio. l. Come a Brìscola, Asso = 11, Tre = lO, Re = 4, Caval­

lo = 3, Fante = 2; le rimanenti hanno valore di punteggio pari a zero.

2. Come a Tressette, c'è un premio per chi fa l'ultima mano. Ma mentre a Tressette il premio è di 1 punto, qui è di lO punti.

3. Cappotto: se una coppia fa tutte le mani di una smazzata, vince la partita. Per evitare il cappotto non è necessario fare un punto: basta fare una presa qualsiasi, anche di scartine. Questo cappotto del Madrasso è dunque identico al cappotto del Tressette; ma mentre a Tressette lo stramazzo vale più del cappotto, qui si ha o cappotto o niente. La possibilità di cappotto determina l'obbligo che vedremo, per la fine della partita, di un minimo di lO mani.

Distribuzione. Il mazziere dà lO carte coperte a ciascuno degli avversari; a sé, 9 carte coperte e 1 scoperta. Come mostra la illu­strazione n. 7, ciò avviene in 5 giri antiorari (numerati in cifre romane; le lettere A, B, C, M indicano il primo, il secondo e il terzo giocatore alla destra del mazziere, e il mazziere).

La carta scoperta che il mazziere dà a se stesso indica il seme di brìscola (detto a Venezia seme di « trionfo ») e resta in tavolo, scoperta, accanto al mazziere, finché:

a) viene da lui stesso giocata, oppure b) viene presa da uno degli avversari, il quale gli dà in cambio

il Sette dello stesso seme; questo scambio (tanto più utile quanto più alto è il valore della carta) si può attuare solo durante la prima mano, quando è venuto il turno di chi vuole fare lo scambio; egli deve fare lo scambio prima di giocare.

Scopo. Fare il maggior numero possibile di prese, badando a pren­dere le carte che hanno valori di punteggio e a vincere l'ultima mano. Svolgimento. Chi è di mano mette in tavolo, scoperta, una carta a sua scelta, d'un seme a sua scelta (brìscola o no). I casi sono due.

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Madrasso. Distribuzione.

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1. Il primo gioca una carta di brìscola. Tutti devono giocare una brìscola (senza obbligo di sormontare). Chi non ha brìscole può giocare una carta qualsiasi. Prende chi ha giocato la brìscola più alta.

2. Il primo gioca una carta di seme diverso da quello di brìscola. Tutti devono giocare una carta di quello stesso seme (senza obbligo di sormontare). Chi non ha carte di quel seme può giocare una carta qualsiasi, sia brìscola o no. Se nessuno gioca brìscola, prende chi ha giocato la carta più alta nel seme d'apertura. Se qualcuno gioca brìscola, prende chi ha giocato la brìscola più alta.

Il membro di una coppia che per primo vince una mano raccoglie le carte e le mette coperte davanti a sé; le prese successive di quella coppia vanno impilate sulle carte della prima presa.

A chi ha fatto una presa tocca di mettere per primo la carta in tavolo nella mano successiva.

Così fino all'esaurimento delle carte. Segnali. A differenza del Tressette, non sono permessi segnali di nessun tipo. Fine della smazzata. Il membro di una coppia conta i punti fatti da lui stesso e dal compagno. I membri dell'altra coppia non guar­dano nemmeno le proprie carte: sanno di avere la differenza fra il totale dei punti (che è 120, come a Brìscola) e i punti accumulati dagli avversari. Anzi, tutti sanno benissimo i punti che hanno fatto, perché li si conta mentalmente man mano.

Conta lO punti in più a proprio vantaggio la coppia uno dei cui membri ha vinto l'ultima mano. Penalità. Chi ha trasgredito all'obbligo di rispondere al seme «fa cassone» e riceve un addebito di 130 punti negativi. Fine della partita. Dopo un minimo di lO mani (che a Venezia si chiamano «battute ») vince la coppia che per prima raggiunge i 777 punti. Che si debbano concludere un minimo di lO mani dipen­de dal fatto che, quand'anche in 9 mani una coppia avesse accu­mulato più di 1000 punti, durante la decima mano la coppia avver­saria avrebbe pur sempre la possibilità di far cappotto, e quindi di vincere la partita.

Solo durante la decima smazzata (o una successiva) la partita

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può concludersi (come al Tressette, e diversamente dalla Briscola) se una coppia sa di aver raggiunto i 777 punti e « si dichiara fuori» o « si chiama fuori ».

Osservazioni. Questo gioco si chiama a Venezia Madrasso o Mandrasso o Magrasso. Ivi è tuttora largamente praticato, e si considera il gioco più diffuso. Nell'ultimo mezzo secolo ha soppiantato in popolarità lo Scarabociòn.

Ci sembra giusto classificarlo fra i giochi affini al Tressette, definen· dolo un Tressette briscolato in quattro. Manca al Lozupone 1981.

Ce l'ha insegnato a Venezia Alex Randolph, a cui rinnoviamo i rin· graziamenti.

Mediatore

• Persone 4, 1 contro 3 o 2 contro 2 . • Mazzo Italiano di 40 carte.

S un Tressette in quattro con licitazione, ossia un Terziglio in quattro.

Anche i Ouadrigliati sono un Terziglio in quattro: ma nei Ouadrigliati non c'è monte. Nel Mediatore invece il monte c'è, e dunque l'analogia col Terziglio è più forte.

Teniamo come punto di riferimento il Terziglio. Elenchiamo gli elementi per i quali il Mediatore differisce dal Terziglio. Distribuzione. 9 carte coperte a testa; monte di 4 carte coperte. Dichiarazioni. Passo ha lo stesso significato che a Terziglio. Le altre dichiarazioni non sempre hanno lo stesso significato:

a) chiamo: intende che (se tutti diranno sta bene) chiamerà un Tre per far coppia con chi ce l'ha;

b) mediatore: intende che (se tutti diranno sta bene) chiamerà un Tre per farselo dare (restituendo una carta coperta) e per giocare da solo, prendendo il monte;

c) solo: stesso significato che a Terziglio (prende il monte);

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d) solissimo: stesso significato che a Terziglio, ma col vantaggio di poter vedere le carte del monte;

e) arcisolissimo: corrisponde esattamente al solissimo del Ter-ziglio.

Conclusione della partita. Ovviamente ogni smazzata costituisce partita conclusa perché sarebbe troppo complicato coordinare gli esiti di smazzate condotte a coppie e di smazzate condotte a uno contro tre.

La posta è fissata in una misura che la renda divisibile per 4. Esaminiamo i cinque casi che abbiamo visto per le dichiarazioni: a) lo sfidante che aveva detto chiamo e il suo compagno, se

hanno vinto, ricevono da ciascuno degli avversari 1 posta per un totale di 2 poste e se le dividono in proporzione di 1 + 14 e 3/4 ; altrettanto pagano se perdono;

b) lo sfidante che aveva detto mediatore, se ha vinto, riceve 1 posta e V2 dal giocatore che gli ha dato il Tre e 2 poste da ciascuno degli altri due; altrettanto paga se perde;

c) lo sfidante che aveva detto solo, se ha vinto, riceve 3 poste da ciascuno degli avversari; altrettanto paga se perde;

d) lo sfidante che aveva detto solissimo, se ha vinto, riceve 4 poste da ciascuno degli avversari; altrettanto paga se perde;

e) lo sfidante che aveva detto arcisolissimo, se ha vinto, riceve 4 poste e V2 da ciascuno degli avversari; altrettanto paga se perde.

Col cappotto tutti i valori indicati crescono di V2 posta.

Osservazioni. Mentre per il Tressette sembra che la priorità del Chitar­rella vada controllata, sembra che per il Mediatore effettivamente il Chi­tarrella sia il testo più antico.

Mentre però sembra ragionevole pensare che col nome di Tressette ci si sia sempre riferiti a un gioco ben preciso, non sembra affatto certo che sotto il nome di Mediatore non si siano giocati altri giochi, per esempio i Ouadrigliati.

Dubbi analoghi avanza Lozupone 1981, che seguiamo per distin­guere il Mediatore dai Ouadrigliati, e in particolare per questa descri­zione del Mediatore.

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Memoria

• Persone 2 o più, ciascuno per sé . • Mazzo Italiano di 40 carte, o anglofrancese di 52, purché con

dorso in ottimo stato, che non permetta di riconoscere le carte coperte.

Distribuzione. Si dispongono in tavolo tutte le carte, coperte, in modo vario e ordinato, o a casaccio, in modo però che nessuna si sovrapponga ad altre neppure in parte.

La disposizione caotica rende il gioco più difficile; quanto più è ordinata (p. es. in modo da formare figure geometriche) tanto più facilita il gioco.

In qualsiasi gioco di carte le persone di buon senso stendono sul tavolo un panno morbido; qui il panno morbido è indispensabile. Svolgimento. Chi è primo di mano scopre una carta qualsiasi, a caso, e poi una seconda, pure a caso.

Se le due carte sono di ugual valore (due Sette, due Re ... ) egli le prende e le mette davanti a sé come le carte che si siano prese, facendo presa, in un qualsiasi altro gioco di carte.

Se no, le rimette al loro posto, coperte. Quando un giocatore prende due carte uguali, tocca ancora a

lui giocare, anche per più mani successive. Se no, tocca giocare al suo vicino di destra.

Anche il secondo giocatore scopre una carta qualsiasi, a caso. Se è diversa dalle precedenti, scoprirà anche lui una seconda carta a caso. Ma se è di valore uguale a una delle due già scoperte dal giocatore precedente, avendo buona memoria andrà a prendere quella giusta, cosÌ da costituire la coppia e impadronirsene.

Man mano che il gioco procede e il numero di carte in tavolo si riduce si hanno sempre più numerosi e chiari indizi - e sempre più cocente è il disappunto per gli errori.

Il gioco finisce quando non ci sono più carte in tavolo. Vince chi ne ha prese di più.

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Osservazioni. Descritto in Librex 1969. Si pratica generalmente con carte speciali, prodotte col marchio Memory dalla Otto Maier di Ravens­burg. Nei paesi anglosassoni questo gioco non si chiama Memory bensì Concentration.

A memoria d'uomo questo gioco, praticato con un mazzo di carte qualsiasi, risale in Italia almeno agli anni '50 del secolo XX.

Qualche punto di contatto con «un gioco giapponese» è stato no­tato in Librex 1969. Il paragone con l'Uta Garuta (che descriviamo nel volume Giochi di carte internazionali) è stato da noi fatto in un libro del 1978.

Si tratta di un gioco di memoria visiva dove un bambino di quattro anni può prendersi le sue prime soddisfazioni, grosse, giocando contro gli adulti.

Per agevolare l'apprendista si gioca con 20 carte, eliminando due Assi, due Due ecc. dal mazzo italiano; o con 26 dimezzando l'anglo­francese.

Mercante in fiera

• Persone Da 5 a 12, ciascuno per sé più un capogioco . • Mazzo Due mazzi italiani di 40 carte con dorso diverso, o due

mazzi anglofrancesi di 52, con dorso diverso. Uno è il mazzo delle « estrazioni », l'altro è il mazzo dei « biglietti ».

Scelta del Mercante. ! opportuno che, giocando con bambini, il Mercante (M) o Banditore sia un adulto. Giocando tra adulti, si è M a turno. Preliminari. Ciascun giocatore (tranne il M) riceve un certo nu­mero di gettoni (a cui può corrispondere o no un equivalente in denaro).

Ciascun giocatore mette nel piatto un numero di gettoni pre­fissato.

A ciascun giocatore il M distribuisce un certo numero di carte

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coperte dal mazzo dei «biglietti »: una carta se i giocatori sono 12 o più; 2 carte se i giocatori sono meno di 12.

In ogni caso il M non distribuisce tutte le carte-« biglietti ». Ciascun giocatore tiene tale carta o tali carte scoperte davanti

a sé. Prima fase del gioco. Il M mette all'asta le carte-« biglietti» ri­manenti.

In questa fase può avvenire che il M (specie giocando con bambini) assuma toni più o meno teatrali, invitando all'acquisto con lodi della carta in vendita, come facevano i vecchi mercanti alle fiere di paese - e questa frase ha senso soprattutto se si gioca con il mazzo speciale del Mercante in fiera (vedi oltre, nelle Osservazioni).

Il M può mettere in vendita gruppi di carte-« biglietti» senza precisarne l'entità, cosi che un giocatore possa aggiudicarsi magari una decina di carte per una somma esigua, e inversamente un altro venga a pagar cara una carta isolata.

Qui si possono scatenare forme primigenie di simpatia-antipatia, grandi matrici di superstizione. Il settebello viene sempre quotato più del Due di coppe; e ancora questa fase acquista maggior senso se si gioca col mazzo speciale di Mercante in fiera. Nessuno vuole le Calendule, tutti si scannano per il Gatto o per il Sorbetto.

Si procede così fin che tutte le carte-« biglietti» sono aggiudicate. Giocando con bambini, un M oculato può far intervenire altri

metodi di pagamento, proponendo piccole penitenze burlesche. Se il criterio delle penitenze viene adottato giocando fra adulti, il Mer­cante in fiera degenera in jeu idiot.

Tutti i ricavati dell'asta vanno nel piatto. A questo punto ciascun giocatore ha davanti a sé, scoperte e

ben evidenti, tutte le proprie carte: quelle ricevute nella distribu­zione iniziale e quelle che ha acquistato. Seconda fase del gioco. Tra i giocatori può avvenire ogni genere di baratto e compra-vendita. Gli eventuali versamenti di gettoni vanno al venditore.

Si può decidere che una percentuale dei ricavi vada nel piatto. Terza fase del gioco. Il M prende il mazzo delle «estrazioni» e mette in banco, coperte, quattro o più carte, sulle quali suddivide

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i gettoni del piatto (generalmente il 50% su una carta, il rimanente sulle altre in proporzione scalare). Ouarta fase del gioco. Il M prende le rimanenti carte delle « estrazioni» e lentamente le impila davanti a sé, scoprendole e annunciandole.

Man mano che una carta-« estrazione » viene scoperta e annun­ciata, chi possiede la carta-« biglietto» corrispondente la scarta (coprendola, o mettendola in un mazzo di scarti comuni, o conse­gnandola al M).

Anche in questa fase del gioco sono possibili baratti e compra­vendite come quelli descritti per la seconda fase del gioco. Questo nuovo momento di « mercato» è tanto più avvincente in quanto, ad ogni scarto, aumenta il valore delle carte che via via riman­gono in gioco.

In questa fase del gioco inoltre sono possibili scommesse bila­terali su coppie di carte appartenenti a due diversi giocatori, o allo stesso giocatore: si può scommettere che il Cinque di spade verrà chiamato prima del Cavallo di bastoni (meglio, col mazzo speciale del Mercante in fiera: che la Chiave verrà chiamata prima dell'Oro­logio; e sono possibili scommesse multiple: chi ha la Mela, può scommettere che usciranno prima i Piselli, la Banana, i Fagioli).

Gli eventuali versamenti di gettoni per questo nuovo momento di « mercato », e i versamenti di gettoni per le scommesse di ogni tipo vanno al venditore e al vincitore della scommessa. Conclusione. Scoperte e annunciate tutte le carte del mazzo delle « estrazioni », e scartate le corrispondenti carte-« biglietti », restano davanti ai giocatori più fortunati le carte-« biglietti» vincenti.

Il Mercante scopre le carte-« estrazione» su cui aveva suddiviso i gettoni del piatto, e assegna le varie somme a chi possiede le carte­« biglietti» corrispondenti.

Osservazioni. Nelle Confessioni di un Italiano Ippolito Nievo (1831-1861) scrive: «Quando la conversazione non era che di famiglia, due tavolini di tressette bastavano; ma se vi erano visite od ospiti, allora si invadeva la gran tavola col mercante in fiera, col sette e mezzo, o colla tombola ».

Sulla base di questa frase il DEL! data « mercante in fiera» al 1857-1858 (data di composizione delle Confessioni; pubblicate nel 1867).

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Il Lensi 1892 però registra (n. 176) un titolo relativo al Mercante in fiera, pubblicato a Macerata venticinque anni prima, nel 1832.

Il Gelli 1901 dice « Mercante in fiera o Lotteria ». Descritto in molti repertori successivi, il Mercante in fiera sale agli

onori della cronaca per esempio negli ultimi anni '70 del sec. XX quando il maresciallo Cristallo fa irruzione al Club Cristallo di Piacen­za, dove mediatori di bestiame e padroni di caseifici si giocavano vac­che, cascine, colline e figlie: giocando a Mercante in fiera. Del resto diceva Alfredo Panzini (1863-1939): «La sera, poi, facevano la partita con le carte; delle carte cosÌ belle per fare il mercante in fiera, e per­devano tanti soldi! ».

Resta il problema delle « carte così belle ». Sembra che solo in Italia (da quando?) si stampinq mazzi speciali, detti « Mercante in fiera », che servono solo per giocare a Mercante in fiera.

Abbiamo già detto che giocare col mazzo speciale può rendere più saporito e vivace il gioco. Dobbiamo dire che da molti anni sono in commercio in Italia mazzi di Mercante in fiera con « carte così brutte » che fan passare la voglia di giocare. Belle sono quelle disegnate da Piero Crida per Pomellato; purtroppo, fuori commercio.

Minchiate

Il mazzo delle Minchiate o dei Gèrmini nasce a Firenze verso il 1530 per un deliberato gonfiamento del mazzo dei Tarocchi. Questa elefan­tìasi artificiosa, letteralmente mostruosa, determina una diffusione limi­tata del mazzo (che non sembra sia mai stato adoperato più in là di Genova a nord, di Roma a sud), poi la sua estinzione.

Qui « estinzione » vuoI dire in senso proprio che a un certo momento non c'è più stato nessun cartaio il quale abbia ritenuto redditizio stam­pare le Minchiate. Il più recente mazzo di Minchiate s'è visto a Londra nel 1978, a un'asta da Stanley Gibbons. Era del genovese Salesio e reca­va il bollo del 1929.

Dei 22 trionfi piemontesi che conosciamo, le Minchiate ne avevano 21, con corrispondenza d'immagini più o meno evidente. In alcuni casi c'era corrispondenza numerica, o corrispondenza nella serie numerica. Il Papa non aveva corrispettivi.

A questi 21 trionfi si aggiungevano i 12 segni dello zodiaco, i 4 ele­menti (Fuoco, Acqua, Terra, Aria), le 3 virtù teologali (Fede, Speranza,

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Carità) e la quarta virtù cardinale (Prudenza); la successione dei segni zodiacali e delle virtù era casuale.

Diamo nella colonna di sinistra l'elenco dei trionfi delle Minchiate, coi nomi che ci sono stati tramandati da varie fonti in varie epoche; si presume che il nome « Granduca» sia posteriore al 1569. Tra paren­tesi una definizione iconografica.

La colonna di destra fa riferimento ai Tarocchi piemontesi.

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I L'Uno o Papa Uno o Papino o II Bagatella o II GaneIIino

Il Papa Due o Regina o Granduca III Papa Tre o Imperatore Occi­

dentale IV Papa Quattro o Imperatore

Orientale

V Papa Cinque o L'Amore o Gli Amanti

VI (Temperanza) VII (Forza)

VIII La Giustizia IX La Ruota X II Carro Trionfale o La Car­

retta XI Il Gobbo o II Tempo

XII L'Impiccato o II Traditore o Giuda o Gano

XIII La Morte XIV II Diavolo o II Demonio XV La Casa del Diavolo o La Ma­

gion di Plutone XVI (Speranza)

XVII (Prudenza) XVIII (Fede)

XIX (Carità) XX (Fuoco) La Fiamma

XXI (Acqua) La Barca XXII (Terra) II Giardino

XXIII (Aria) XXIV II Libra o Le Bilance XXV II Vergine

1. Bagatto 2. La Papessa

3. L'Imperatrice

4. L'Imperatore 5. Il Papa

6. Gli Amanti 14. La Temperanza 11. La Forza 8. La Giustizia

lO. Rota di Fortuna

7. Il Carro 9. L'Eremita

12. Il Penduto 13. (La Morte) 15. II Diavolo

16. La Torre

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XXVI Lo Scorpio o Lo Scorpione XXVII L'Ariete

XXVIII Il Capricorno XXIX Il Sagittario o Chirone XXX Il Cancro

XXXI Il Pesce o Il Tincone XXXII L'Acquario

XXXIII Il Leo XXXIV Il Tauro o Il Bue XXXV Il Gèmini

(XXXVI) Stella (XXXVII) Luna

(XXXVI I I) Sole (XXXIX) Mondo

(XL) Trombe o L'Angelo Matto o Folle

17. Le Stelle 18. La Luna 19. Il Sole 21. Il Mondo 20. L'Angelo o. Il Matto

In G.M. Cecchi (1518-1587) « diventare il ventotto di gèrmini» vale diventar becco, e « parere un undici di gèrmini» vale sembrare un ne­gromante, secondo il Battaglia. In A.A. Casotti (prima metà del sec. XVIII) « contare men del sei nelle minchiate » vale avere poco credito.

Si chiamavano « Papi» i cinque trionfi dall'I al V, o anche i dodici trionfi dall'I al XII. I trionfi dal XXXIII al (XL) si chiamavano « Ros­si ». I trionfi dal (XXXVI) al (XL) si chiamavano « Arie ».

Michael Dummett nel suo maggior libro The Game 01 Tarot Irom Fer­rara to Salt Lake City, 1980, ricostruisce vari modi in cui si giocava col mazzo delle Minchiate. Erano modi complicatissimi: molto più complicati dei modi in cui si giocava una volta al Tarocchino di Bolo­gna: che a sua volta era più complicato del modo in cui lo si gioca oggi, e già il Tarocchino di Bologna d'oggi è di una complicazione in­tollerabile.

Il DEI registra una frase scritta a Velletri nel XVI sec.: «Iudus chartarum, smenchiate seu tarochi et ronfae », che si capisce abbastan­za bene: parla in generale dJ giochi di carte, e distingue « Minchiate o Tarocchi» (sinonimi o quasi) da « Ronfa» (che è sinonimo di Picchet­to, o gioco analogo al Picchetto). Lo stesso DEI aggiunge: «etimologia incerta ». Nessuno ci proibisce di pensare che « minchiate » abbia a che fare (all'origine della parola) o abbia avuto a che fare (a un certo mo­mento della storia della parola) con «minchia » e che dunque polemi­camente o autoironicamente voglia significare «cazzate ».

Il sinonimo Gèrmini (testimoniato solo in testi cinquecenteschi) se-

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condo il Dummett vien da «gemmI» (ultimo trionfo prima delle «Arie »); secondo il DEI e il Battaglia va visto come plurale di « gèr­mine », « germe », « seme ». Altri sinonimi registrati dal Dummett so­no Ganellini in Liguria, Gallerini in Sicilia. «Minchiate» ha la va­riante di forma « Menchiatte », e s'è già visto « Smenchiate ».

Un libro sui Gèrmini ha scritto Pietro Aretino (1492·1556): Le carte parlanti. Dialogo nel quale si tratta del giuoco con moralità piacevole (1543 o 1545). Il dialogo ha per interlocutori un cartaio operante a Firenze, detto « il Padovano », e le sue carte. Queste carte sono Gèr­mini, ma sembra che a volte l'Aretino le confonda coi Tarocchi (o forse il dialogo si svolge in un momento in cui la differenziazione dei Gèrmini dai Tarocchi non è ancora avvenuta per i trionfi I-IV).

Nella nota all'edizione delle Carte parlanti curata dal Campi nel 1914, si hanno alcune notizie sul Padovano. Va aggiunto che egli compare in uno scritto anonimo, stampato a Firenze pochi anni dopo: I Gèrmini sopra Quaranta Meretrici della Città di Firenze (1553). Qui quattro Ruffiane (corrispondenti ai trionfi dal XVI al XIX) introducono le loro lavoranti (corrispondenti ai trionfi dall'I al XV e dal XX al XL). Dai discorsi di queste si deduconò alcuni nomi che abbiamo registrato (altri vengono dall'Aretino, altri da fonti note al Dummett). Nomi a parte, l'identificazione iconografica è possibile per quasi tutti i trionfi.

La bibliografia del Lensi 1892 (che ignora l'Aretino e il citato ano­nimo fiorentino) registra una quindicina di titoli relativi alle Minchiate, stampati fra il 1683 e il 1876, prevalentemente a Firenze e Roma. Già il Gelli (1901) di Minchiate non ne parla più.

Mitigàti

• Persone 3, sempre 1 contro 2 . • Mazzo Tarocco piemontese di 78 carte.

Ordine di sequenza, capacità di presa, obbligo di rispondere, com­portamento del Matto. Come nel Tarocco Piemontese. Valori di punteggio. Vince chi fa il maggior numero di punti, indi­pendentemente dal numero di mani in cui li ha fatti. Due sono

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gli elementi da considerare: le combinazioni speciali (vedi oltre) e i valori delle carte:

punti

L'Angelo (20) 5 Bagatto (1) 5

Ciascuno dei 4 Re 5 Il Matto (O) 4

Ciascuna delle 4 Donne 4 Ciascuno dei 4 Cavalli 3

Ciascuno dei 4 Fanti 2 Ciascuna delle rimanenti 59 carte l

Modalità di conteggio dei punti. I punti in totale sono 129 e si ripartiscono sulla base di una media di 43 per ciascun giocatore. Ciascun giocatore segnerà dunque come proprio punteggio la dif­ferenza, positiva o negativa, fra i punti effettivamente guadagnati e l'ipotetico 43. Ad es. se un giocatore totalizza 54 punti segna a proprio favore + 54 - 43 = + Il; se un altro totalizza 17 punti segna a proprio svantaggio - 17 + 43 = - 26. Prima distribuzione. Il mazziere (scelto con un sistema qualsiasi), dopo aver mescolato il mazzo e averlo fatto tagliare dal giocatore che sta alla sua sinistra, dà lO carte coperte a ciascun giocatore, compreso se stesso, cominciando da quello che sta alla sua destra: 2 giri di 5 carte ciascuno. Prima licitazione. I giocatori sanno che potranno ricevere altre 15 carte ciascuno, ma devono scommettere sull'esito della partita ba­sandosi ragionevolmente su queste prime lO che hanno ricevuto. Tenuto conto che alla fine della smazzata avranno un punteggio positivo o negativo, possono fare una delle seguenti dichiarazioni: il giocatore primo di mano (quello alla destra del mazziere) può fare una delle seguenti dichiarazioni:

a) passo: pensa di accumulare un punteggio pari a zero; b) oOro x punti: pensa di accumulare un punteggio negativo di

x punti;

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c) chiedo x punti: pensa di accumulare un punteggio positivo di x punti;

d) vedo: chiede un'ulteriore distribuzione di carte. Dopo il primo giocatore, parlano in senso antiorario il secondo

e il terzo (che è il mazziere). Quando uno qualsiasi dei giocatori dice vedo, la licitazione si

ferma e si passa alla seconda distribuzione. Altrimenti la licitazione continua, girando sempre in senso anti­

orario, anche per più giri, finché qualcuno modifica il proprio offro o il proprio chiedo cosÌ che offerte (negative) e richieste (positive) si pareggino raggiungendo lo zero. In questo caso la smazzata si annulla e si torna alla prima distribuzione, con lo stesso mazziere. Ulteriori distribuzioni e licitazioni. Il mazziere distribuisce a cia­scuno altre 5 carte coperte.

Segue una seconda licitazione. In questa (e così nelle successive): a) chi aveva detto passo può passare di nuovo o dire offro (non

può dire chiedo né vedo); b) chi aveva detto offro può solo aumentare .l'offerta; c) chi aveva detto chiedo può solo aumentare la richiesta. Se nessuno dice vedo, alla seconda distribuzione-e-licitazione ne

segue una terza (altre 5 carte a testa). Se nessuno dice vedo, alla terza distribuzione-e-licitazione segue

la quarta ed ultima distribuzione: il mazziere distribuisce 5 carte a ciascuno degli altri giocatori, e 8 a se stesso. Scarto. Il mazziere sceglie 3 carte fra le 28 che ha in mano, e, senza mostrarle, le mette da parte, coperte, a costituire il monte.

Nel monte non può mettere nessun Re, né l'Angelo (20) né il Matto (O); può mettere Bagatto (1) se è l'unico trionfo che possiede.

Alla fine della smazzata il monte sarà del mazziere. Dichiarazioni di combinazioni speciali. Durante la prima mano ciascun giocatore può dichiarare le speciali combinazioni che si trovi in mano. Non è obbligato a dichiararle tutte; se vuole, può non dichiararne nessuna. Le eventuali dichiarazioni vanno fatte prima di mettere in tavolo la prima carta. Le combinazioni speciali che si possono dichiarare sono:

a) lO o più tarocchi (anche il Matto vale in questo caso come

84

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un tarocco); chi li dichiara segna a proprio vantaggio 20 punti per lO tarocchi, + 2 punti per ogni tarocco in più; ciascuno degli avversari segna a proprio svantaggio - 20 punti per lO tarocchi, e-l per ogni tarocco in più (p. es. chi dichiara 12 tarocchi segna a proprio vantaggio 24 punti; cia­scuno degli avversari segna a proprio svantaggio - 12 punti);

b) i 4 Re: chi li dichiara segna a proprio vantaggio 40 punti; ciascuno degli avversari segna a proprio svantaggio - 20 punti;

c) mitigàti: l'Angelo (20), Bagatto (1), il Matto (O); chi dichiara queste tre carte segna a proprio vantaggio 30 punti; ciascuno degli avversari segna a proprio svantaggio - 15 punti;

d) onori: almeno 4 fra queste 7 carte: i 4 Re, l'Angelo (20), Bagatto (1), il Matto (O). - Chi ha 4 onori segna a proprio vantaggio 20 punti; cia­

scuno fra gli avversari segna a proprio svantaggio - lO punti.

- Chi ha 5 onori segna a proprio vantaggio 30 punti; cia­scuno degli avversari segna a proprio svantaggio - 15 punti.

- Chi ha la combinazione i 4 Re più x onori oppure la com­binazione mitigàti più x onori, segna a proprio vantaggio il punteggio spettante a tale combinazione e inoltre 20 punti per ogni onore supplementare; ciascuno degli avversari segna a proprio svantaggio il punteggio negativo spettante a tale combinazione e inoltre - lO punti per ogni onore sup­plementare; è ovvio che le combinazioni complete si calco­lano distintamente.

La combinazione lO o più tarocchi, se dichiarata, va mostrata. Le altre combinazioni vanno solo dichiarate, senza mostrarle.

Non si può usare una stessa carta per costituire più combinazioni, tranne che per la combinazione mitigàti, la quale può valere di per sé e contribuire anche alla dichiarazione lO o più tarocchi. Svolgimento del gioco, Seconda e terza smazzata, Conclusione della partita. Come nel gioco dello Scarto.

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Ombre

Si tratta del gioco spagnolo Hombre che descriviamo nel volume di questa stessa collana Giochi di carte internazionali.

Il DEI registra «ombre », femminile plurale, come «nome di giuoco di carte venuto dalla Spagna, derivante da erronea interpretazione del­lo spagnolo hombre uomo ».

Il Lensi 1892 registra una trentina di testi relativi all'Ombre (ma­schile singolare) o alle Ombre (femminile plurale) stampati fra il 1674 e il 1879 in tutt'Italia da Roma in su. Forse più antichi un trattato latino De ludo noncupato homo, seu hombre, eiusque legibus et ordine (n. 89) e una cantata in dialetto padovano (n. 14).

A Venezia questo gioco si chiamava anche Ròcolo (n. 57, anno 1862) o Ròccolo (n. 83, s.a.).

Il Gelli 1901 diceva che questo gioco era estinto, ma lo si trova descritto anche in repertori successivi.

Ottigliati

• Persone 8. • Mazzo Italiano di 40 carte.

Generalità. ! un Tressette in otto, con licitazione, senza monte; dunque propriamente un Ouintiglio in otto.

Teniamo come punto di riferimento il Ouintiglio. Elenchiamo gli elementi per i quali gli Ottigliati differiscono dal Ouintiglio. Distribuzione. 5 carte coperte a testa. Conclusione della partita. Ogni smazzata costituisce partita conclusa.

Al chiamante 4 poste, al chiamato 3 (1 posta da ogni avversario). Al solo 14 poste (2 poste da ogni avversario). Il cappotto comporta un aumento del 50%.

Osservazioni. Descritto in Lozupone 1981.

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Peppa Scivolosa

• Persone 4, ciascuno per sé . • Mazzo Anglofrancese di 52 carte.

Distribuzione. 13 carte a testa. Valori di presa. In ordine decrescente A, K, ... 2. Valori di punteggio. Negativi: Q di picche (- 26) e tutte le carte di quadri (A = - 14, K = - 13, ... 2 = - 2). Scopo. Fare il maggior numero possibile di prese accumulando il minor numero possibile di punti negativi. Prima fase. Ciascuno scarta 2 carte coperte e le passa all'avver­sario di sinistra (ricevendone 2 dall'avversario di destra). Seconda fase. Chi è di mano « esce» mettendo in tavolo una carta scoperta a sua scelta. Gli altri pure, con l'obbligo di rispondere al seme. Chi ha giocato la carta più forte nel seme d'uscita raccoglie tutte le carte, le mette davanti a sé (facendo mazzetti separati per ogni presa) e mette in tavolo una nuova carta scoperta. Gli altri rispondono al seme, e così fino all'esaurimento delle carte. Variante: si può uscire a quadri solo quando non si hanno carte d'altro seme. Conclusione della smazzata. Ciascuno segna a proprio vantaggio + 10 punti per ogni presa; a proprio svantaggio i punti delle carte negative che ha preso. Chi fa cappotto si segna a proprio vantaggio + 30, ciascuno degli altri - lO. Conclusione della partita. Vince chi per primo supera i + 50 punti. Ciascuno degli altri paga la differenza di punteggio.

Osservazioni. Analogo al gioco francese Sans Coeurs. Il nome è chiara­mente milanese (come quello della Peppa Tencia, sorella dell'Uomo Nero).

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Picchetto

• Persone 2, mazziere (M) contro avversario (A) . • Mazzo Anglofrancese di 32 carte (A, K, Q, J, Dieci, Nove,

Otto, Sette).

Capacità di presa. In ordine decrescente Asso, Re, Donna, Fante, Dieci, Nove, Otto, Sette. Modalità di presa. Come al Tressette, una carta di capacità supe­riore prende quella di capacità inferiore dello stesso seme. Se s'in­contrano due carte di seme diverso, vince quella che è stata giocata per prima.

Come al Tressette, c'è obbligo di rispondere al seme, ma non di sormontare. Valori di punteggio. Servono solo per la prima dichiarazione di onori (vedi più avanti): Asso = 11, Re Donna Fante = 10 ciascuna, carte numerali secondo il valore facciale. Distribuzione. 12 carte coperte a testa. Le 8 rimanenti (tallone) coperte in tavolo, divise in due mazzetti di 3 (sottostanti) e 5 (sovrastanti) . Articolazione. Ci possono essere o non essere dichiarazioni iniziali; deve seguire uno scarto; si passa poi ad altre possibili dichiarazioni, secondo uno schema ben ordinato; infine si svolge il gioco. Dichiarazione di « bianco» dell'A. L'A, esaminate le proprie carte, può annunciare «bianco ~ (sinonimo: «mano bianca ») se non ha nessuna figura (Re Donna Fante). Mostra tutte le carte (non le mette in tavolo) e segna 10 punti a proprio vantaggio. Scarto dell'A. Fatta o no la dichiarazione di «bianco » l'A scarta (coperta) almeno una delle proprie carte; può scartarne più di una, fino a un massimo di 5. Sostituisce tale carta o tali carte attingendo al tallone. Se prende meno di 5 carte può guardare quelle che avrebbe potuto prendere dal tallone, fino a un massimo di 5 senza mostrarle a M. Dichiarazione di «bianco» del M. Come sopra per l'A. Scarto del M. Fatta o no la dichiarazione di « bianco» il M scarta

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(coperta) almeno una delle proprie carte; può scartarne più di una, fino a un massimo di 5 (sempre che la mole del tallone superstite glielo consenta). Sostituisce tale carta o tali carte attingendo al tallone. Se prende meno di 5 carte può guardare quelle che avrebbe potuto prendere dal tallone, fino a un massimo di 5, senza mostrarle all'A. Varianti: può guardare tutte le carte rimaste senza mostrarle all'A; può guardarle tutte mostrandole all'A. Prima dichiarazione di onori. Riguarda il « colore », cioè il massimo numero di carte che ciascuno ha in un dato seme. Si sommano i valori di punteggio.

L'A dichiara il proprio punteggio in un seme, senza dire il seme. Il M ha tre possibilità: a) dichiara« va bene» (avendo punteggio inferiore); l'A mostra

le carte con cui ha raggiunto quel punteggio, e segna a proprio vantaggio non il punteggio dichiarato, bensì il numero di carte che ha in quel seme;

b) dichiara «uguale» (avendo punteggio pari); l'A mostra le carte come sopra; nessuno segna alcunché;

c) dichiara «non basta» (avendo punteggio superiore); il M mostra le carte e segna a proprio vantaggio, come sopra.

Seconda dichiarazione di onori. Riguarda la « scala », cioè il mas­simo numero di carte che ciascuno ha in un dato seme, in sequenza ordinata secondo la capacità di presa. L'A dichiara il numero di carte in « scala» che ha in un dato seme, senza dire il seme, ma precisando la carta più alta (p. es. «cinque al Re »). Il M ha tre possibilità come nella prima dichiarazione di onori. Chi è più forte mostra le proprie carte e segna a proprio vantaggio il totale. secondo i valori di questa tabella:

punti

8 carte in scala (<< diciottesima ») 18 7 carte in scala (<< diciassettesima ») 17 6 carte in scala (<< sedicesima ») 16 5 carte in scala (<< quinta ») 5 4 carte in scala (<< quarta ») 4 3 carte in scala (<< terza ») 3

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Se entrambi hanno lo stesso numero di carte in scala, vince chi al culmine della propria scala ha la carta con capacità di presa più alta. Se anche in questo sono pari, nessuno segna punti a proprio vantaggio. Variante. Chi si aggiudica la seconda dichiarazione di onori segna a proprio vantaggio anche i punteggi delle scale che ha in altri semi, mostrandola. Terza dichiarazione di onori. RigUarda il possesso di 3 o 4 carte dello stesso valore purché superiori al Nove.

L'A dichiara «tre» o «quattro» senza dire che carte siano. Il M ha due possibilità: a) «va bene» (se non arriva a tanto): allora l'A mostra le carte

in questione e segna a proprio vantaggio 14 punti per 4 carte, 3 punti per 3 carte;

b) «vediamo» (se arriva allo stesso livello): allora entrambi mostrano le carte in questione; segna i punti corrispettivi chi ha le carte più alte secondo la capacità di presa, nella misura suddetta.

Variante. Chi si aggiudica la terza dichiarazione di onori segna a proprio vantaggio anche i punteggi delle carte dello stesso valore che ha in altri semi, mostrandola. Andare sott'acqua. Le dichiarazioni di onori non sono obbligatorie. Si può non dichiarare una combinazione posseduta, o dichiararne una minore. Questa astuzia si dice « andare sott'acqua ». Svolgimento. L'A. mette una carta in tavolo, scoperta, e così fa­cendo segna un punto a proprio vantaggio (<< punto d'uscita» O

«punto di battuta »). Il M mette una carta scoperta in tavolo cercando di rispondere

al seme. Fa la presa chi ha giocato la carta con maggior valore di presa

se entrambe sono dello stesso seme; fa la presa chi ha giocato per primo, se le carte sono di seme diverso.

Chi fa la presa segna un punto a proprio vantaggio (<< punto di presa »).

Cosi fino all'esaurimento delle 12 carte, segnando sempre per ogni mano un « punto d'uscita» e un « punto di presa ».

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Conclusione della smazzata. Chi fa l'ultima presa segna 2 «punti di presa ».

Se ciascuno ha fatto 6 prese, « le carte sono uguali » e non si aggiunge nulla ai punteggi accumulati fino a quel momento.

Chi fa più di 6 prese «vince le carte» e segna a proprio van­taggio lO punti.

Chi fa tutte le prese (<< cappotto») segna 40 punti. Conteggio dei punti. Durante la smazzata ciascuno memorizza il proprio punteggio progressivo annunciando ad alta voce il nuovo

Illustrazione n. 8

PiccheHo: un segnapunti. Ciascuno dei giocatori aveva il proprio. in legno o in avorio. Dalla posizione delle alette si capisce che in questo esempio il giocatore aveva raggiunto 71 punti.

totale, sia per le dichiarazioni, sia durante lo svolgimento del gioco. In alternativa si usa uno speciale marcapunti (vedi illustrazione

n. 8), oppure carta e matita. In ogni caso ciascuno segna con carta e matita il proprio punteg­

gio alla fine di ogni smazzata.

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Picca e ripicca. Se durante lo svolgimento del gioco uno dei due giocatori arriva a totalizzare 30 punti quando l'altro è ancora a zero, non dice o non registra 30 bensì 60 (<< picca »).

Se prima dell'inizio del gioco uno dei due giocatori arriva a totalizzare 30 punti d'onori mentre l'altro è ancora a zero, non dice o non registra 30 bensì 90 (<< ripicca »). Conclusione della partita. Si va ai 150 punti. Chi sa di aver supe­rato i 150 punti « si chiama fuori» interrompendo la smazzata (sia durante le dichiarazioni, sia durante lo svolgimento del gioco). Picchetto in tre o Picchetto normanno. Ciascuno riceve IO carte. Solo il M scarta. Per «picca» si passa da 20 punti a 60; per « ripicca» da 20 punti a 90. Per «mezzo cappotto », quando un giocatore fa zero prese gli altri segnano a proprio vantaggio 20 punti ciascuno. Picchetto in quattro o Picchetto ladro. Ciascuno riceve 8 carte. Si gioca a coppie affrontate. Le dichiarazioni di «bianco» di due compagni possono assommarsi. Nella seconda dichiarazione di onori il compagno di chi si è aggiudicato il punteggio per la scala più alta assomma i valori di tutte le proprie scale. Così per la terza dichiara­zione di onori.

Osservazioni. Secondo il DEI la voce « picchetto» è attestata dal 1607; il sinonimo cc ronfa» dal XVI secolo. Il Lensi 1892 registra una ventina di titoli relativi al Picchetto o Pichetto o Ronfa stampati in tutt'Italia (da Roma in su) dal 1674 alla fine del secolo scorso. Registrato dal Gelli 1901 compare anche in repertori successivi, ma oggi sembra po­co diffuso.

Di origine probabilmente francese (Piquet o Ronfle), diffuso anche nei paesi anglosassoni (Rubicon Piquet, con penalizzazioni per chi non varca il confine, il « Rubicone », dei 100 punti).

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Pinnàcolo

• Pe.rsone 4, a coppie affrontate. • Mazzo 2 anglofrancesi di 52 carte ciascuno.

Distribuzione. 13 carte coperte a testa, una scoperta in tavolo a costituire l'inizio del pozzo, le rimanenti coperte in tavolo (tallone). Ordine di sequenza. Dall'A al 2 ecc. fino al K; dopo il K si può collocare l'A e solo l'A. Combinazioni.

1. Tris: 3 carte di ugual valore, di seme diverso. 2. Poker: 4 carte di ugual valore, di seme diverso. 3. Scala: 3 o più carte dello stesso seme in ordine di sequenza. 4. Pinnàcolo: scala di 7 o più carte. 5. Pinnacolone: scala di 14 carte, da A a A.

Valori di punteggio.

Scopo.

Dal 2 al 5 Dal 6 al K A Poker dal 2 al 5 Poker dal 6 al K Poker d'A Pinnàcolo

Pinnacolone

punti

5 lO 15 40 80

120 il doppio del valore complessivo delle carte che lo compongono 600

a) Chiudere: formare combinazioni da mettere in tavolo e attac­carsi alle combinazioni in tavolo (alle proprie o a quelle del compagno) cosi da liberarsi progressivamente di tutte le proprie carte;

b) nella migliore delle ipotesi, chiudere in mano: formare com­binazioni così da mettere in tavolo in un colpo solo tutte le proprie carte.

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Prima fase. Ciascuno a turno pesca una carta dal tallone o dal pozzo, la inserisce fra le carte che ha in mano, e ne scarta una scoperta nel pozzo. Si può scartare subito la carta che si è pescata dal tallone. Se nel pozzo ci sono due carte uguali una sopra l'altra, il giocatore può prenderle entrambe: una delle due deve servire a formare una combinazione da mettere subito in tavolo; l'altra può essere scartata solo in giri successivi. Apertura. Chi ha una o più combinazioni le mette in tavolo quando vuole, anche alla prima mano, indipendentemente dal valore di punteggio: apre o cala. Successione delle operazioni: pescare, met­tere in tavolo, scartare. Seconda fase. Chi ha aperto può:

1. Mettere in tavolo altre combinazioni. 2. Attaccare una o più carte, fra' quelle che ha in mano, a una

combinazione che lui stesso o il compagno hanno messo in tavolo.

Conclusione deUa smazzata. Quando un giocatore ha chiuso: 1. Egli stesso marca a vantaggio (proprio e del compagno, in un

conto unico) il punteggio delle carte che ha messo in tavolo. 2. Il suo compagno marca a vantaggio (come sopra) il punteg­

gio delle carte che ha messo in tavolo, detraendo il punteggio delle carte che gli sono rimaste in mano.

3. Ciascuno degli avversari marca a vantaggio (in un conto unico) il punteggio delle carte che ha messo in tavolo, de­traendo il punteggio delle carte che gli sono rimaste in mano.

I punteggi di cui al punto 2 e al punto 3 possono risultare negativi.

Quando un giocatore chiude in mano, mettendo in tavolo in un sol colpo tutte le proprie carte:

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1. Egli stesso raddoppia il punteggio delle carte che ha messo in tavolo, e acquisisce 200 punti in più.

2. Il suo compagno: a) se ha aperto raddoppia il punteggio delle carte che ha

messo in tavolo, detraendo il punteggio delle carte che gli sono rimaste in mano;

b) se non ha aperto paga una penale di 100 punti (indipen-

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dentemente dal punteggio delle carte che gli sono rima­ste in mano).

3. Ciascuno degli avversari: a) se ha aperto sottrae al punteggio delle carte che ha messo

in tavolo il doppio del punteggio delle carte che gli sono restate in mano;

b) se non ha aperto paga una penale di 200 punti (indipen­dentemente dal punteggio delle carte che gli sono rima­ste in mano).

Conclusione della partita. Vince la coppia che per prima raggiunge i 1~00 punti.

Osservazioni. Diffuso in Italia fra le due guerre mondiali, il Pinnàcolo O Pinàcolo o Pinàcola è ancor meno codificato del Ramino a livello nazionale. A titolo puramente indicativo, abbiamo descritto il modo in cui si gioca al circolo « La Stampa» di Torino. ~ diffuso convincimento (rispecchiato da alcuni dizionari) che « pin­

nàcolo» sia un adattamento dell'inglese pinocle. In realtà i giochi dif­fusi in Francia e nei paesi anglosassoni col nome di pinochle (con l'h), e il gioco tedesco Binockel da cui derivano, non hanno quasi nulla a che vedere con le regole del Pinnàcolo italiano (o almeno, ripetiamo, con le regole delle varianti a noi note).

Poker all'italiana

• Persone Da 3 a 6 o plU, ciascuno per sé . • Mazzo Anglofrancese di 52 carte.

Formato. Le vere carte da Poker (mm 63 X 88) sono più qua­drotte di quelle da Bridge (mm 57 X 88). Ciò facilita un'operazione fondamentale, che si chiama « spillare »: scoprire a poco a poco le carte che si hanno in mano aprendole a ventaglio (Zingarelli). Riduzione del mazzo. Si eliminano progressivamente i Due, i Tre ecc. a seconda del numero dei giocatori. La carta di minor valore

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che resta nel mazzo corrisponde alla differenza tra il numero fisso Il e il numero dei giocatori. Giocando in 4 la carta minima è il Sette. Valori. In ordine crescente per le carte numerali; poi vengono le figure J (Jack), O (Oueen), K (King); poi viene l'A (Asso); ma l'A viene anche prima della carta minima. Giocando in quattro la successione è A, Sette, Otto, Nove, Dieci, J, Q, K, A. Valori dei semi. In ordine decrescente cuori quadri fiori picche. Questa successione è memorizzata con la formula acrostica « Come Quando Fuori Piove ». Va sottolineato che questo valore dei semi è una fra le caratteristiche salienti del Poker all'italiana; non si trova niente di simile nelle varie forme di Poker internazionale. Qualcosa di simile si trova in ben altri giochi, come per esempio il tedesco Skat. Combinazioni. In ordine di valore crescente:

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1. Coppia: 2 carte di valore uguale; all'incontro di due coppie uguali (p. es. due K) si tien conto del valore dei semi (vince quella che ha il seme di cuori).

2. Doppia coppia o semplicemente doppia: due coppie; all'in­contro di due doppie coppie uguali (p. es. due K e due Sette) si tien conto del valore dei semi (vince quella che ha il seme di cuori nella coppia più alta).

3. Tris: 3 carte di valore uguale. 4. Scala: 5 carte di vario seme ordinate secondo il valore in

ordine crescente; la scala minima varia a seconda del numero dei giocatori (giocando in quattro è A, Sette, Otto, Nove, Dieci); la scala massima è sempre Dieci, J, Q, K, A; all'in­contro di due scale vince quella che termina con la carta di valore più alto; all'incontro di due scale uguali si tien conto del valore dei semi (vince quella che ha il seme più forte nella carta più alta); si chiama scala buca o semplice­mente buca la scala che presenti un intervallo di una carta nell'ordinata successione dei valori; si chiama scala bilaterale o semplicemente bilaterale una ordinata successione di tre carte che non comprenda l'A e che dunque si presti ad essere completata dall'eventuale arrivo di due carte che possano col­locarsi alla sua provvisoria base e alla sua provvisoria som-

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mità: la buca e la bilaterale sono progetti di combinazioni che valgono 5010 in vista della seconda distribuzione.

5. Full: un tris e una coppia; lull è parola inglese ma questa combinazione in inglese si chiama full house.

6. Colore: 5 carte dello stesso seme, non ordinate per valore. 7. Poker: 4 carte dello stesso valore; poker è la parola inglese

che indica il gioco ma in inglese questa combinazione si chiama lour 01 a kind.

8. Scala reale: 5 carte dello stesso seme ordinate secondo il va­lore in ordine crescente; come per la scala non reale, c'è una reale minima e c'è una reale massima; all'incontro di due scale reali (che pochi hanno visto) non si tien conto del valore dei semi: la massima è vinta dalla minima, la minima da una media, una media dalla massima; pertanto nel Poker all'italiana non esiste combinazione vincente in senso asso­luto. Dovessero un giorno, prima della fine del mondo, incon­trarsi due scale reali di identico valore, si terrà conto del valore del seme.

Preliminari. Il mazziere (scelto a sorte; nelle smazzate successive si è mazzieri a turno, in senso orario) versa una posta minima (cip), e, se vuole, una posta ulteriore (invito, generalmente doppio del cip), nel qual caso tutti versano nel piatto una posta pari all'invito. Quando qualcuno si dimentica di rispondere all'invito, glielo si rammenta in modo impersonale, dicendo, senza rivolgersi a nessuno in modo particolare, « il piatto piange ». Prima distribuzione. Il mazziere procede a una prima distribu­zione di cinque carte coperte a testa, una per volta, in senso orario. Le carte rimanenti (tallone) stanno coperte accanto al mazziere. Buio. Chi è primo di mano può aprire il gioco senza guardare le proprie carte. Questa apertura al buio, o semplicemente buio, si fa versando una posta (generalmente pari a quanto già sta nel piatto, cioè a quanto già versato come cip o come invito e risposte al­l'invito). Controbuio. In caso di buio, chi è secondo di mano può - sempre senza guardare le proprie carte - cc fare il controbuio », raddop­piando l'importo del buio.

Cosi potrebbero fare a turno gli altri, se si gioca in più di

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quattro persone. Generalmente non si riconosce il diritto all'enne­simo raddoppio a chi è penultimo di mano. Quando per caso si gioca in otto persone o più i raddoppi sono consentiti solo fino a che si raggiunga il limite massimo di 64 volte la posta d'origine (come col dado del raddoppio al Backgammon). Apertura. In caso di buio o controbuio ciascuno guarda le proprie carte e decide se stare al gioco o rinunciare al gioco per quella smazzata. Stare al gioco si dice starci (<< ci sto»); rinunciare al gioco si dice andarsene (<< me ne vado; non ci sto »). Per stare al gioco bisogna versare nel piatto una posta pari al buio o al più alto dei controbui.

In assenza di buio può aprire (<< apro »), versando una posta libe­ra (o vincolata da intese preliminari) il primo di mano che abbia almeno una coppia di J. Gli altri a turno possono rinunciare, accet­tare o rilanciare (aumentando la posta d'apertura). Si possono avere rilanci successivi. Alla fine ciascuno deve uniformarsi (versando posta pari al massimo rilancio) o andarsene.

Consimili rilanci sono possibili in caso di buio solo da parte di chi ha fatto il buio (e dagli altri solo dopo di lui); così in caso di controbuio. Seconda distribuzione. Il mazziere procede a una seconda distribu­zione nella quale ciascuno può chiedere di sostituire fino a quattro delle proprie carte. Chi non chiede carte si dice servito (<< servito; le mie; fumo »).

Chi ha aperto e scarta intaccando l'apertura deve dirlo e tener presso di sé gli scarti per mostrarli, a eventuale richiesta in caso di vittoria finale.

Se nel tallone non restano carte sufficienti per servire tutti quelli che hanno scartato, il mazzi ere racoegIie gli scarti (tranne quelli di chi abbia scartato intaccando l'apertura) e prosegue la distribu­zione usando tali scarti come nuovo tallone dopo averli mischiati e fatti alzare al vicino di destra.

Il mazziere distribuisce dal tallone a ciascuno tante carte quante ne scarta fino a un massimo di tre; poi serve se stesso, annunciando chiaramente quante carte scarta e quante se ne dà; infine dà la quarta carta a chi ne aveva scartate quattro.

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Scontro. Chi ha aperto (o chi ha fatto l'ultimo rilancio, o il primo di mano dopo chi ha fatto il buio o l'ultimo dei controbui) può passare dicendo parole (vedi oltre) oppure può puntare una posta (generalmente pari a quanto sta nel piatto).

Gli altri, a turno, possono rinunciare, o accettare (dicendo « vedo» e versando la stessa posta) o rilanciare.

Si possono avere più rilanci successivi. Generalmente si richiede che i rilanci siano immediati, mentre qualche attimo di meditazione è concesso prima di andarsene o di dire « vedo ».

Se qualcuno (o più di uno) dice « vedo », chi ha fatto l'ultima puntata mostra le carte. Chi « ha visto» mostra le proprie solo se ha combinazione più forte.

Se nessuno « vede », vince senza mostrare le carte chi ha puntato, o chi ha fatto il rilancio più alto. Parole. Se chi ha aperto (o chi ha fatto l'ultimo rilancio, o il primo di mano dopo chi ha fatto il buio o l'ultimo controbuio) passa, dicendo parole (pronunciato alla francese: «paròl») gli altri, a turno, possono a loro volta confermare il parole o puntare.

Se tutti dicono parole si procede a una nuova smazzata, lasciando intatto il piatto (il mazziere mette cip ma non invito).

Dopo un parole non si può fare il buio e si può aprire solo par­tendo da coppia di K.

Osservazioni. Le prime testimonianze sul Poker risalgono al 1829 negli Stati Uniti. Diffuso in Gran Bretagna già verso il 1855, attestato in Francia dal 1858, sembra arrivi in Italia negli ultimi anni del secolo. Il DEI dice nel 1893, ma già il Lensi nel 1892 registra un titolo (n. 123), stampato a Milano (s.a.) in cui si parla del « pocker» (sic), e molto spazio gli dedica il Gelli nel 1901.

Diffuso in tutto il mondo, il Poker è secondo solo al Bridge per inter­nazionalità. Ma mentre il Bridge ha raggiunto e perfezionato una codi­ficazione rigorosa, del Poker si conoscono e si elaborano ancor oggi, nei paesi anglosassoni in specie, varianti innumerevoli.

Descriviamo nel volume di questa stessa collana Giochi di carte inter­nazionali le due famiglie fondamentali di Poker: lo Stud Poker (corri­spondente grosso modo all'italiano Teresina o Telesina) e il Draw Poker (corrispondente grosso modo al Poker all'italiana).

Il Poker all'italiana si può ritenere codificato da alcuni decenni, ma

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non è diffusa la consapevolezza della sua peculiarità. Né all'estero né in Italia.

All'estero, il Poker all'italiana non sembra sia registrato nei grandi repertori. Per esempio il Parlett 1979 non fa cenno al Poker all'italiana, benché per esempio nella famiglia della Canasta descriva la I talian Canasta e nella famiglia del Gin Rummy accenni a quella creatura lin­fatica rachitica focomelica che è il Ramino.

In Italia è diffusa la convinzione di star giocando a Poker mentre si gioca a un Poker all'italiana che in un domani, con stranieri, può gene­rare equivoci rovinosi.

Il Poker all'italiana è il più provinciale, il più nazionalpopolare dei giochi di carte italiani. Leggiamo Piero Chiara (nato nel 1915), Il piatto piange (1962):

Doveva essere la fine di febbraio o i primi di marzo. Sulle piante ancora nude, davanti all'albergo, pigolavano gli uccelli: cip, cip, cip. Il Poldino si voltò di scatto: erano più di cin­quanta ore che al tavolo sentiva dire cip al suo vicino di destra.

Cip, parole, vedo, buio, controbuio, passo, il piatto piange, servito, e poche altre sono le parole del poker.

~ altresl diffuso il convincimento che il Poker sia il miglior esempio di gioco impossibile a praticarsi senza preciso impegno finanziario: « senza soldi perde sugo ». Sembra invece sostenibile l'ipotesi che qual­che buona, lineare partita di Poker si possa fare anche usando gettoni senza corrispettivo monetario, specie con bambini, ai quali un apprendi­mento precoce del Poker può solo giovare.

Giovevolissimo è l'apprendimento del cerimoniale del Poker, sia quanto ai diversi «tempi» concessi per il rilancio o per il «vedo », quanto a casi più importanti come quelli che accenniamo nelle ultime righe del paragrafo sullo scontro. Chi chiede di vedere senza aver detto « vedo» appartiene alla razza di chi spara alla volpe, fuma i sigari senza togliere l'anello di carta e si pettina a tavola con la forchetta. Egli con­fonde il bluff con la bugia.

Secondo il DELI bluff entra nell'uso italiano nel 1908; e cip nel 1931 (dall'inglese chip, gettone).

Sembra che una delle primissime pubblicazioni particolareggiate su questo gioco in Italia sia Poker. Strutture, leggi e norme pratiche di C. Volenzani, stampato a Napoli nel 1924.

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Primiera

• Persone 4 o più, fino a 8, ciascuno per sé . • Mazzo Italiano di 40 carte.

Distribuzione. 4 carte coperte a testa. Le rimanenti, coperte, costi­tuiscono il tallone. Valori di punteggio. Sette = 21 punti; Sei = 18; Asso = 16; Cinque = 15; Quattro = 14; Tre = 13; Due = 12; ciascuna delle figure (Re, Cavallo o Donna, Fante) = 10.

Come sottolineeremo nelle Osservazioni, questi valori corrispon­dono a quelli validi oggi nella Scopa per il conteggio della combina­zione chiamata « primiera ». Scopo. Fare (avendola servita, o cercando di procurarsela col chie­dere carte) una combinazione vincente. Combinazioni. Si considerano tre combinazioni, ma la seconda sfuma nella terza:

1. Primiera: 4 carte di seme diverso, i cui valori di punteggio si sommano.

2. Cinquantacinque: Sette, Sei e Asso dello stesso seme: il valore totale è appunto 55; la quarta carta non conta; se anche la quarta carta è dello stesso seme, si ha un flusso.

3. Flusso o flussi: 4 carte dello stesso seme, i cui valori di punteggio si sommano.

Confronto fra combinazioni. Prevale sempre la somma dei valori di punteggio. Qualora i valori di punteggio siano pari, prevale il seme, in un ordine decrescente che non sembra sia mai stato codifi­cato stabilmente. I trattati più recenti dicono cuori-quadri-fiori­picche (coppe-denari-bastoni-spade). Svolgimento. Il meccanismo di poste (versate da ogni giocatore in un piatto comune) e di scommesse è soggetto a molte varianti.

Se nessuno ha una combinazione valida agli effetti del gioco, ciascuno può scartare quante carte vuole, e altrettante ne riceve dal mazziere, che le distribuisce usando il tallone.

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Se dopo la seconda distribuzione ancora nessuno ha una com­binazione valida agli effetti del gioco, si procede a una nuova smazzata.

Osservazioni. Il gioco della Primiera è importante nella storia dei giochi di carte italiani perché sembra si possa dire che la combinazione·chiave, la primiera, si è innestata nella tradizione di altri giochi antichi (come per esempio quello che sopravvive a Venezia sotto il nome di Scara­bociòn) dando luogo a quella che oggi si chiama Scopa. "t veramente importante il fatto che i valori della primiera a Scopa corrispondano ancor oggi ai valori della primiera a Primiera.

Il gioco della Primiera però è ancor più importante nella storia dei giochi di carte europei come antenato del Poker. Il Parlett 1979 sottoli­nea come la Primiera fosse descritta da Girolamo Cardano (Pavia 1501 -Roma 1576) come « il più nobile dei giochi »; diffusa in Inghilterra col nome di primero sotto Enrico VIII (1491-1547) ed Elisabetta I (1533-1603) - entrambi giocatori di notevole accortezza; citata da Shakespeare (1564-1616); comunemente ritenuto gioco italiano; ma già Rabelais (1499 ca. - 1553) parlava di un prime che potrebbe essere a sua volta un antenato della Primiera.

Il DEI cita un ludus primere datato al 1532 lasciando intendere che venga dallo spagnolo primera, e dallo spagnolo, non dall'italiano, ver­rebbe l'inglese primero (1533).

Il Lensi 1892 segnala un poemetto di 365 esametri latini, di epoca non precisata (n. 2). Della Primiera scrisse Sperone Speroni (Padova 1500 - ivi 1588) (Lensi n. 167). Sulla Primiera si pubblicavano e ristam­pavano trattati ancora nel 1874-1885 (Lensi DD. 125, 129).

Si dice che altri nomi della Primi era siano « Goffo » e «Bambara» ma può darsi che il Goffo e la Bambara siano varianti autonome.

A parole, per sentito dire, è famoso nella storia della letteratura italiana il Capitolo della primiera di Francesco Berni (Lamporecchio 1497 o 1498 - Firenze 1535). Ricco di allusioni erotiche, pubblicato per la prima volta a Roma nel 1526 con un ampio commento scritto da Berni stesso sotto lo pseudonimo di Pietropaulo da San Chirico, eb­be una seconda edizione a Venezia nel 1534. Questa seconda edizione ha avuto un reprint (Leschiera, Milano 1969) ma ho paura che il com­mento non lo legga più nessuno da qualche secolo.

Di fatto non lo leggono gli editori moderni, i quali lasciano senza commento proprio i versi (31-42) più ricchi di termini tecnici. Li ripor­tiamo anche noi senza commento. Ci vorrebbe un mezzo libro apposta,

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e sarebbe un mezzo libro fondamentale per la storia dei giochi di carte:

Nella primiera è mille buon partiti, mille speranze da tenere a bada, come dir « carte a monte» e « carte e 'nviti »,

«chi l'ha» e «chi non l'ha », «vada» e «non vada », star a flusso, a primiera, e dire « a voi », e non venir al primo a mezza spada:

ché, se tu voi tener l'invito, puoi; se tu no'l vuoi tener, lasciarlo andare, metter forte e pian piano, come tu vuoi;

puoi far con un compagno anche a salvare, se tu avessi paura del resto, et a tua posta fuggire e cacciare.

Quadrigliati

• Persone 4, sempre 1 contro 3 . • Mazzo Italiano di 40 carte.

Generalità. t un Tressette in quattro con licitazione, ossia un Terziglio in quattro.

Anche il Mediatore è un Terziglio in quattro: ma nel Mediatore c'è il monte. Nei Quadrigliati invece il monte non c'è, e dunque l'analogia col Terziglio è meno forte.

Teniamo come punto di riferimento il Terziglio. Elenchiamo gli elementi per i quali i Quadrigiiati differiscono dal Terziglio. Distribuzione. lO carte coperte a testa. Licitazione. Ci si limita al passo, al chiamo, al solo (con esclu­sione del solissimo). « Chiamo». Lo sfidante che ha detto un chiamo seguito da tre sta bene annuncia valore e seme della carta. Questa carta può essere solo un Tre o un Due. Vanno attentamente distinte due possibilità:

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a) lo sfidante si limita ad annunciare la carta; chi ha la carta richiesta si palesa subito, e gioca in coppia con lui contro gli altri;

b) lo sfidante annuncia la carta mettendo contemporaneamente in tavolo, coperta, una carta di scambio; in questo caso chi ha la carta richiesta gliela passa, e prende la carta di scam­bio; lo sfidante gioca solo contro gli altri tre.

« Solo ». Se la licitazione arriva al solo lo sfidante gioca da solo contro gli altri quattro, senza scambio di carta. Per amor di sim­metria si potrebbe dire che il chiamo di tipo a) è un vero chiamo; il chiamo di tipo b) è una specie di solo; e questo solo è una specie di solissimo. Conclusione deUa partita. Ovviamente ogni smazzata costituisce partita conclusa perché sarebbe troppo complicato coordinare gli esiti di smazzate condotte a coppie e gli esiti di smazzate condotte a uno contro tre.

A) Lo sfidante che aveva detto il chiamo di tipo a) e il suo compagno, se hanno vinto ricevono da ciascuno degli avver­sari una posta convenuta e se la dividono in proporzione di 2 al; la posta che cresce con il rilievo della vincita può essere fissa o le si può applicare un addendo convenuto cosi che cresca con il rilievo della vincita (x se vincono per 6 punti a 5; x. + y se vincono per 7 punti a 4, ... x + z se vin­cono per lO punti a O); inversamente pagano se hanno perso.

B) Lo sfidante che aveva detto il chiamo di tipo b) se ha vinto riceve da ciascuno degli avversari il doppio della posta con­venuta (che cresce con il rilievo della vincita come sopra); inversamente paga se ha perso.

C) Lo sfidante che aveva detto solo, se ha vinto riceve come sopra il triplo; inversamente paga se ha perso.

Per delirio di complicazione, come nel Terziglio, ulteriori molti­plicatori si possono applicare nei casi di cappotto e di stramazzo.

Osservazioni. Ouesto gioco si chiama anche Ouadriglio (e, con variante formale, Ouatriglio).

Il Lensi 1892 cita quattro testi relativi ai Ouadrigliati o Tre Sette Ouadrigliati o Ouatriglio stampati tra Firenze e Napoli fra il 1821 e

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il 1889, ma è probabile che non sempre sia stata chiara la distinzione fra Ouadrigliati e Mediatore, che attuiamo seguendo Lozupone 1981.

Merita di essere ricordato il Girardi 1905 che, dopo una descrizione a dir poco lacunosa dei Ouadrigliati, scriveva:

« I quadrigliati sono rimasti ai giorni nostri relegati in alcune società di gente che conservano le tradizioni del buon tempo antico, casalinghe, tranquille, solite a passar le sere in compagnia di vecchi amici, tanto per far l'ora d'andare a letto.

« Infatti è ben raro che in qualche luogo pubblico si oda giuocare ai quadrigliati.

« Ed anche nei clubs o nelle società le più frequentate da persone di mondo, son pochissime le persone che a questo giuoco si dedicano.

« Ciò dipende dalla moda, che anche nei passatempi è sovrana e impone le sue leggi. »

In un libro pieno di notizie pubblicato dalle Edizioni Dedalo, Bari 1982, intitolato Le regole dello scopone e del tressette, recante come indicazione d'autore il solito Chitarrella, ma dovuto a Edgardo e Fran­cesco Pellegrini, è descritto un Ouadrigliato briscolato col nome di Tres­sette Lucchino. Con buona pace del prosatore Girardi, questo gioco ha una carica di vitalità intrinseca che non ci permette di considerarlo estinto.

Quintiglio

• Persone 5, 1 contro 4 o 2 contro 3 . • Mazzo Italiano di 40 carte.

Generalità. ~ un Tressette in cinque con licitazione, ossia un Ter­ziglio in cinque. Segue le regole del Terziglio, con esclusione del monte, e con le altre diversità seguenti. Distribuzione. 8 carte coperte a testa. Licitazione. Ci si limita al passo, al chiamo, al solo (con esclusione del solissimo).

Lo sfidante che ha detto un chiamo seguito da quattro sta bene annuncia valore e seme della carta. Questa carta può essere solo un

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Tre o un Due. Chi ce l'ha si palesa subito (differenza essenziale dalla Brìscola chiamata) e gioca in coppia con lui contro gli altri tre.

Se la licitazione arriva al solo lo sfidante gioca da solo contro gli altri quattro. Conclusione della smazzata:

a) lo sfidante che aveva detto chiamo, se ha vinto la smazzata segna + 2 per sé e + 1 per il compagno (- 1 a ciascuno degli av­versari); se ha perso segna - 2 per sé e-l per il compagno (+ 1 per ciascuno degli avversari);

b) se lo sfidante aveva detto solo questi valori si raddoppiano. Come nel Terziglio, ulteriori moltiplicatori si applicano nei casi

di cappotto e di stramazzo.

Osservazioni. Questo gioco si chiama anche Bellora (e, con variante formale, Quintilio).

Secondo la bibliografia del Lensi 1892 la più antica descrizione del Quintiglio si daterebbe al 1868 (n. 128).

La più completa descrizione è nel Lozupone 1981.

Ramino

• Persone 2 . • Mazzo Anglofrancese di 54 carte (con due jolly).

Distribuzione. 7 carte coperte a testa, una scoperta in tavolo a costituire l'inizio del pozzo, le rimanenti coperte in tavolo (tallone). Variante: 8 carte coperte all'avversario del mazziere (A), 7 al maz­ziere (M); le rimanenti, coperte in tavolo (tallone); l'A scarta subito una delle proprie carte e la pone scoperta in tavolo accanto al tal­lone a costituire l'inizio del pozzo. Ordine di sequenza. Dall'A al 2 ecc. fino al K; dopo il K si può collocare l'A e solo l'A. Valori di punteggio (per le carte rimaste in mano). A = 1; valore facciale per le carte numerali; figure = lO; jolly = 20 (oppure Il).

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Scopo: a) chiudere: formare combinazioni da mettere in tavolo e attac­

carsi alle combinazioni in tavolo (solo alle proprie) così da liberarsi progressivamente di tutte le proprie carte;

b) nella migliore delle ipotesi, chiudere in mano: formare combi­nazioni così da mettere in tavolo in un colpo solo tutte le proprie carte.

Variante: nel caso a) come nel caso b) può esserci o non esserci l'obbligo di scartare l'ultima nel pozzo. Combinazioni senza jolly:

1. Terzetto o tris: 3 carte di ugual valore. 2. Quartetto o quadriglia o quadrato: 4 carte di ugual valore 3. Scala: 3 o più carte di stesso seme, in ordine di sequenza.

Combinazioni con jolly: 1. Terzetto: 2 carte di ugual valore e un jolly. 2. Quartetto: 3 carte di ugual valore e un jolly. 3. Scala: 2 carte dello stesso seme in ordine di sequenza più un

jolly (p. es. 3-4-j o j-3-4); oppure 2 carte di stesso seme che, con un jolly frapposto, costituiscano ordinata sequenza (p. es. 3-j-5); in una scala, per lunga che sia, non possono entrare 2 jolly.

Prima fase del gioco. Ciascuno a turno pesca una carta dal tallone o dal pozzo, la inserisce fra le carte che ha in mano, e ne scarta una scoperta nel pozzo. Si può scartare subito la carta che si è pescata dal tallone. Apertura. Chi ha formato una o più combinazioni con o senza jolly le mette in tavolo: apre. Successione delle operazioni: pescare, mettere in tavolo, scartare. Seconda fase del gioco. Chi ha aperto:

1. Può mettere in tavolo altre combinazioni. 2. Può attaccare una o più carte fra quelle che ha in mano a

una combinazione fra quelle che lui stesso ha messo in tavolo. 3. Se attacca o inserisce una carta fra quelle che ha in mano al

posto di un jolly, preleva il jolly e lo inserisce fra le carte che ha in mano.

Eventuale esaurimento del tallone. Quando uno dei giocatori ha preso l'ultima carta del tallone, e ha scartato nel pozzo, l'altro capo-

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volge il pozzo, trasformandolo in nuovo tallone. Per quella mano egli non ha scelta fra tallone e pozzo. Il nuovo pozzo comincia a costituirsi con il suo scarto. Variante: a esaurimento del tallone si contano e addebitano i punti come a conclusione della smazzata. Conclusione della smazzata. Quando un giocatore ha chiuso, l'altro mette in tavolo tutte le carte che gli erano restate in mano, ne conta i punti, e se li vede addebitati (punti passivi). Se un giocatore chiude in mano, il punteggio dell'altro raddoppia. Conclusione della partita. Si va a un numero prefissato di punti (p. es. 101). Chi per primo raggiunge questo numero sballa, e ha perso. Paga al vincitore una posta o un tanto al punto. In più di 2 persone. Fino a un massimo di 5. Sempre 7 carte a testa. Ciascuno gioca per sé. Chi arriva al numero prefissato di punti può rientrare pagando una posta e ripartendo coi punti del giocatore più passivo. Si può rientrare solo un certo numero di volte (p. es. 3 volte). Man mano che qualcuno sballa e decide di non rientrare o non può più rientrare il numero dei giocatori diminuisce fin che si arriva a una partita finale tra due persone. Chi vince questa ha vinto l'insieme di tutte le partite. Con 2 mazzi. In 2 o più persone fino a un massimo di 6. Carte a testa: 7 oppure lO. Ciascuno gioca per sé. Possibilità di rientrare come sopra. Si hanno altre possibilità di chiusura, oltre a quella sin qui considerata di mettere in banco tutte le proprie carte:

1. Scala reale: quando tutte le carte messe in banco costituiscono un'unica sequenza.

2. Pokerissimo (con 7 carte a testa): quando tutte le carte sono dello stesso valore.

3. Tutte le carte sono figure (anche se non combinate in tris e quadriglie) .

4. Tutte le carte sono dello stesso seme (anche se non ordinate in scala). Queste 4 combinazioni danno diritto ad accrediti di punti positivi. Si può chiudere anche quando restino in mano una o due carte dal valore complessivo non superiore a 5 o 7 punti: «chiudere a x punti» (contrapposto a «chiudere a zero »).

Ramino pokerato. In 4 o più persone, con 2 mazzi. Distribuite le

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carte, ciascuno a turno può parlare, o passare, o rilanciare, o ritirarsi dal gioco: chi parla (o rilancia) fissa la posta da mettere in gioco. Si ammette solo chiusura in mano. Chi chiude realizzando combi­nazioni particolari, riceve dagli avversari una posta opportunamente moltiplicata.

Osservazioni. Il DEI data la parola «ramino» al 1930 circa: il DET lo dice « in voga negli anni successivi alla prima guerra mondiale »; il DEI dice «etimologia sconosciuta »; il DET dice « etimo incerto ». Si pensa che provenga dal francese rami il quale viene a sua volta dal­l'americano rummy.

Non sembra abbia raggiunto una codificazione a livello nazionale. L'armonico sviluppo della creatura fu interrotto dalla moda successiva della Scala Quaranta e poi della Canasta. Creatura da non rimpiangere. lo non mi sono mai annoiato tanto come quando ho dovuto giocare a Ramino (con gente che parlava in dialetto e lo chiamava esattamente ramì). Il Parlett 1979 accenna al Ramino come a variante tipicamente italiana del Rummy.

Rovescino

• Persone Da 3 a 8, ciascuno per sé . • Mazzo Italiano di 40 carte.

Capacità di presa. modalità di presa, valori di punteggio, modalità di conteggio. Come a Tressette. Distribuzione.

- In tre: 13 carte a testa scartando un Quattro o lasciando l'ultima coperta come un piccolo monte ai danni di chi farà l'ultima mano.

- In quattro: 10 carte a testa. - In cinque: 8 carte a testa. - In sei: 6 carte a testa lasciando le ultime 4 come vero monte

ai danni di chi farà l'ultima.

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- In sette: 5 carte a testa, monte di 5. - In otto: 5 carte a testa.

Scopo. Fare il minor numero possibile di prese, badando a non prendere le carte che hanno valori di punteggio, e a non lasciarsi accollare l'ultima mano, letale in presenza di monti. Svolgimento. Come a Tressette (tranne che non ci sono mai coppie). Fine della smazzata. Ciascuno conta i propri punti; c'è sempre 1 punto in più per chi ha fatto l'ultima mano, e in certi casi c'è anche un monte. Fine della partita. Perde chi per primo raggiunge i 21 punti.

Se si gioca in tre, il perdente paga una posta a ciascuno degli avversari.

Se si gioca in quattro o più, si può scegliere se: a) proseguire con un giocatore in meno, eliminando via via chi

raggiunge la soglia dei 21 punti, finché si resta a due super­stiti (o, come può accadere, a uno solo);

b) permettere a chi man mano risulta perdente di rientrare in gioco, pagando una nuova posta; si rientra al livello più alto (p. es. se giocando in quattro A ha 15 punti, B 12, C 2, e D è stato eliminato, D rientra in gioco con 15 punti).

Osservazioni. Il gioco qui descritto ha la caratteristica di non avere un unico nome in tutt'Italia; c'è chi lo chiama appunto Rovescino, come abbiamo scelto di fare noi per uniformarci al Lozupone 1981, che ne dà la descrizione più completa; c'è chi lo chiama Traversone, o Tres­sette a non prendere, o Tressette a perdere, o Perdivinci, o Vinciperdi, o (bellissimo nome milanese, abbastanza diffuso anche fuori di Milano) Ciapanò. Forse c'è stato anche chi lo chiamava Riversino (ammenoché questo fosse il nome italiano del gioco di carte francese Reversi); se così fosse, in base alla bibliografia del Lensi il primo trattato sul Rovescino si daterebbe al 1756 (n. 9). Famiglia di varianti: Cotecchio, Cotecio.

Sembra che si debba aggiungere alla lista dei nomi di questo gioco (notando bene come a differenza di altri non abbia raggiunto una deno­minazione codificata) quello di « peggiorino» che compare nell'Herma­phrodito (1918) di Alberto Savinio (1891-1952):

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Ma, oltre tutte le briscole, sopra tutti i mariacci, e gli sco­poni, e i tressette, e i pizzichini, e le toppe, e i settemezzo,

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e le bazzicole, e i trentacinque, e i peggiorini, sovrasta la voce d'un gioco sovrano, truce e magnifico, vincono le cifre impe­rative, i numeri vigorosi e scanditi, lanciati come frombole, della nostra Mora Nazionale, vecchia quanto l'annosa Italia.

Presente in quasi tutti i repertori di giochi in generale e di giochi di carte, a cominciare dal Gelli 1901, è generalmente trattato con suffi­cienza. I trattatisti non arrivano a stabilire fra Tressette e Rovescino un rapporto analogo a quello che si potrebbe stabilire fra Scopa e Ruba­mazzo, ma poco ci manca.

Anche il Lozupone 1981, pur riservando al Rovescino la massima attenzione, ha molti dubbi, e conclude:

« Il Rovescino riesce peraltro utile quando, giocandosi al Terziglio, Mediatore, Quartiglio ecc., tutti i giocatori dovessero dire passo; in tal caso, anziché annullare la distribuzione, rimescolare il mazzo di carte e fare una nuova distribuzione, può ben giocarsi a Rovescino ... »

Al contrario sembra di poter dire che il Rovescino non è solo più semplice e meno impegnativo del Tressette e di altri giochi affini: ha connotazioni liberatorie, il biasimo dei trattatisti è avvertito a livello subliminare, si sente che si sta facendo un gioco poco serio, l'atmosfera è subito più allegra, con una sfumatura di teppismo. Non solo si but­tano via i punti, con piccolo potIach; c'è anche la possibilità di scari­care un Asso sulle prese di Tizio piuttosto che di Sempronio, con breve brivido di malvagità soddisfatta.

Rubamazzo

• Persone 2 . • Mazzo Italiano di 40 carte.

Capacità di presa. Come a Scopa. Modalità di presa. Come a Scopa, ma le carte prese dal giocatore vanno impilate scoperte davanti al giocatore, e la carta con cui ha fatto la presa va sovrapposta ad esse, pure scoperta.

Ciò rende possibile una modalità di presa che nella Scopa manca: si può prendere l'intero mucchietto di prese dell'avversario, con carta di valore uguale a quella che lo sovrasta.

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Valori di punteggio. Solo quello che a Scopa si chiama carte: vince chi ne ha prese di più.

Osservazioni. Né il Lensi 1892, né il Gelli 1901 né il DEI registrano questo gioco, né sotto questo nome né sotto i sinonimi Rubamazzetto, Rubamonte. Compare però nel DET e in altri dizionari.

Sul «Corriere dei Piccoli» alla fine degli anni '30 c'era un perso­naggio, truce pirata, che si chiamava Coso. Le sue storie cominciavano cosi: « Coso gioca al gioco pazzo / che si chiama rubamazzo ». Ebbero poco successo, e le si vide per poco tempo.

Scala Quaranta

• Persone 2 . • Mazzi Due mazzi anglofrancesi di 54 carte ciascuno (con 2

jol1y ciascuno).

Distribuzione. 13 carte coperte a testa; una scoperta in tavolo a costituire l'inizio del pozzo; le rimanenti, coperte in tavolo (tallone). Ordine di sequenza. Dall'A al 2 ecc. fino al K; dopo il K si può collocare l'A e solo l'A. Valori di punteggio per l'apertura. Valore facciale per le carte nume­rali; figure = lO; A = 1 nelle scale in cui precede il 2; A = Il nelle scale in cui precede il K; il jolly ha il valore della carta che sostituisce. Valori di punteggio per n pagamento (delle carte restate in mano). Carte numerali e figure come sopra; A = Il; jolly = 25. Scopo:

a) chiudere: formare combinazioni da mettere in tavolo e attac· carsi alle combinazioni in tavolo (proprie o degli avversari) cosi da liberarsi progressivamente di tutte le proprie carte, scartando l'ultima nel pozzo;

D) nella migliore delle ipotesi, chiudere in mano: formare combi·

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nazioni cosi da mettere in tavolo in un colpo solo tutte le proprie carte tranne una che si scarta nel pozzo.

Combinazioni senza jolly. 1. Terzetto o tris: 3 carte di ugual valore, di seme diverso. 2. Quartetto o quadrato: 4 carte di ugual valore, di seme di­

verso (variante: quando si è completato un quadrato senza jolly lo si elimina; allora si può mettere in tavolo un altro terzetto o un altro quartetto di quel seme).

3. Scala: 3 o più carte dello stesso seme, in ordine di sequenza (variante: non si possono mettere in tavolo due scale dello stesso seme; quando si è completata una scala da A a K o da 2 a A la si elimina; allora si può cominciare in tavolo un'altra scala di quel seme).

Combinazioni con jolly. Come al Ramino. Prima fase del gioco. Ciascun giocatore a turno pesca una carta dal tallone, la inserisce fra le carte che ha in mano, e ne scarta una, scoperta, nel pozzo. Si può scartare subito la carta che si è pescata dal tallone. Apertura. Chi ha formato una o più combinazioni senza jolly i cui valori di punteggio assommati diano 40 o più punti (di qui il nome del gioco) la/le mette in tavolo: apre. Successione delle ope­razioni: pescare dal tallone, mettere in tavolo, scartare. Variante: si può aprire mettendo in tavolo una o più combinazioni con jolly. Seconda fase del gioco. Chi ha aperto:

1. Può scegliere tra il pescare una carta dal tallone e il pescare una carta dal pozzo.

2. Può mettere in tavolo altre combinazioni, con o senza jolly. 3. Può attaccare una o più carte di quelle che ha in mano a

una combinazione in tavolo (che sia stata messa in tavolo da lui o dall'avversario).

4. Se attacca o inserisce una carta di quelle che ha in mano al posto di un jolly, preleva il jolly e lo inserisce fra le carte che ha in mano (variante: chi preleva un jolly dal tavolo deve immediatamente utilizzarlo per mettere in tavolo una nuova combinazione).

Eventuale esaurimento del tallone. Quando uno dei giocatori ha preso l'ultima carta del tallone, e ha scartato nel pozzo, l'altro

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capovolge il pozzo, trasformandolo in un nuovo tallone. Per quella mano egli non ha scelta fra tallone e pozzo. Con il suo scarto comincia a costituirsi il nuovo pozzo. Conclusione della smazzata. Quando un giocatore ha chiuso (libe­randosi di tutte le proprie carte, e scartando l'ultima), l'altro mette in tavoi.! tutte quelle che gli erano restate in mano, ne conta i punti, e se li vede addebitati. Se un giocatore chiude in mano, il punteggio dell'altro raddoppia. Conclusione della partita. Si va a un numero prefissato di punti (p. es. 101). Chi per primo raggiunge questo numero ha perso e paga all'altro una posta, o un tot al punto. In più di due persone. Fino a un massimo di cinque, ciascuno per sé. Chi raggiunge i 101 punti può rientrare, come a Ramino.

Osservazioni. Diffusa in Italia nel periodo fra le due guerre mondiali (e proveniente secondo alcuni autori dall'Ungheria) soppiantò il Ra­mino; a sua volta fu soppiantata nel secondo dopoguerra dalla Ca­nasta. Non è descritta nei maggiori repertori di giochi francesi e anglo­americani.

Scaraboci6n

• Persone 4, a coppie affrontate . • Mazzo Trevisano di 52 carte.

Capacità di presa. 1. Le figure si prendono solo fra sé (Re prende solo Re e può

essere preso solo da Re o da Asso; così Cavallo e Fante). 2. Per le carte numerali, capacità di presa in ordine decre­

scente secondo il valore facciale: Dieci = 10, ... Due = 2. 3. L'Asso ha capacità di presa assoluta, come vedremo più

avanti. Modalità di presa. Non per superiorità (come nella Brìscola, nel Tressette. nei vari Tarocchi ecc.) bensì per parità, come nella

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Scopa. Posto però che in linea di massima è corretto istituire un paragone fra Scarabociòn e Scopa, è poi importante dare risalto alle differenze tra i due giochi:

1. Va considerata la capacità di presa assoluta dell'Asso, a cui abbiamo accennato e su cui torneremo; fatta salva l'ecce­zione dell'Asso.

2. Una carta in tavolo diversa dall'Asso può sempre essere presa con carta di ugual valore (questa è l'unica possibilità per le figure, ed è una delle possibilità per le carte numerali).

3. Più carte numerali in tavolo possono essere prese con una carta che ne assommi i valori facciali: a differenza della Scopa, se sono in tavolo più carte, si può prendere quella di valore pari alla carta di presa, oppure si possono prendere altre carte assommandone i valori (se sono in tavolo un Cin­que, un Tre, un Due, a Scopa è obbligatorio prendere il Cinque con un Cinque, mentre a Scarabociòn si può libera­mente scegliere di prendere o il Cinque, o il Tre e il Due).

4. Quando più carte numerali in tavolo vengono prese con una carta che ne assommi i valori facciali, se tali carte e la carta di presa risultano dello stesso seme, la presa acqui­sta «valore nominale» che viene immediatamente conteg­giato: p. es. se il Nove di bastoni prende il Cinque di bastoni e il Quattro di bastoni (oppure il Quattro di bastoni, il Tre di bastoni e il Due di bastoni), si conteggiano 9 punti a favore di chi ha fatto tale presa; vedremo più avanti che questi punti si raddoppiano nel caso la presa costituisca scopa.

5. L'Asso ha capacità di presa assoluta come in certi tipi di Scopa d'Asso: con un Asso si raccolgono tutte le carte in tavolo senza segnare scopa; questo modo di raccogliere tutte le carte in tavolo senza segnare scopa si chiama «scara­bociàr» (donde il nome del gioco); «scarabociàr» si tra­duce «scarabocchiare »; si dice che «l'Asso ha scaraboc­chiato », che «Tizio ha scarabocchiato con l'Asso ».

6. Volendo, «l'Asso può prendere se stesso »: un giocatore, venuto il suo turno, può mostrare l'Asso e inserirlo diretta­mente nel mucchietto delle proprie spese. Questo comporta-

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mento dell'Asso è analogo a quello del Matto in certi gio­chi di Tarocchi. L'Asso può comportarsi così anche se non ci sono carte in tavolo. Anche se chi lo gioca in questo modo non ha ancora fatto nessuna presa.

Valori di punteggio. Cinque elementi fissi (contro i quattro della Scopa) e due variabili (contro uno della Scopa). Elementi fissi nei valori di punteggio.

t. Carte: 2 punti a chi nel corso della smazzata ha preso 27 carte o più; in caso di parità (26 carte a coppia) questi 2 punti non vengono assegnati. Questo elemento di punteg­gio corrisponde a quello delle carte a scopa, con la differenza che comporta 2 punti e non t.

2. Spade: 1 punto a chi ha preso 7 spade o più. Questo ele­mento di punteggio corrisponde a quello degli ori a scopa.

3. Due di spade: t punto a chi ha preso il Due di spade; questo elemento di punteggio corrisponde a quello del sette­bello a scopa.

4. Fante di spade: come al punto 3. 5. Dieci di denari: come al punto 3.

NOTA BENE: mentre è possibile stabilire una corrispondenza fra Scopa e Scarabociòn per quello che riguarda 3 elementi fissi della Scopa (carte, ori, settebello), manca totalmente nello Scarabociòn il quarto elemento fisso della scopa: la primiera. Questo può dare adito ad alcune Osservazioni. Somma degli elementi fissi. Chi si aggiudica tutti i 5 elementi sud­detti registra a proprio vantaggio non 6 punti, bensì 48. Elementi variabili nei valori di punteggio.

1. Napoletane: 3 punti a chi ha preso Asso-Due-Tre di un dato seme; 4 punti a chi ha preso Asso-Due-Tre-Quattro di un dato seme; e così via fino a un massimo teorico di t3 punti per chi abbia preso tutte le carte di un dato seme. Chi si aggiudica tutti i 5 elementi fissi di punteggio, e in più si aggiudica qualche napoletana, «fa 48 con le campanelle ».

2. Scopa: ogni volta che un giocatore prende con una propria carta l'unica carta rimasta in tavolo, o tutte le carte rimaste in tavolo, segna a proprio vantaggio non 1 punto come a Scopa, bensì tanti punti quanto è il valore della carta con

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cui ha fatto la presa (un Re che fa scopa con un altro Re vale 13 punti; un Dieci che fa scopa con un Quattro e con un Sei vale lO punti). a) La scopa con omogeneità di seme vale il doppio (cfr.

quanto detto per le modalità di presa, punto 4: se p. es. sono in tavolo il Cinque di bastoni e il Quattro di bastoni, e si fa scopa con il Nove di bastoni, si conteggiano 18 punti).

b) A differenza della Scopa, si può fare scopa con l'ultima presa nell'ultima mano della smazzata.

Distribuzione. Il mazziere (scelto a caso) distribuisce agli altri gio­catori, e a se stesso, 13 carte, in senso antiorario, cominciando dal giocatore alla propria destra, in due giri di 6 e 7. Dunque non ci sono carte in tavolo, esattamente come nello Scopone senza carte in tavolo. Svolgimento. Come nella Scopa. Fine della partita. Si fanno tante smazzate quante sono necessarie perché una delle coppie superi i 120 punti.

La coppia che per prima supera i 120 punti ha vinto. Come nella Scopa (e come nel Tressette, e a differenza dalla

Brìscola) uno dei giocatori può interrompere lo svolgimento del­l'ultima smazzata «chiamandosi fuori », quando sa di aver supe­rato, col compagno, i 120 punti. Se « chiamandosi fuori» sbaglia (se si «chiama fuori» quando non ha ancora superato i 120 punti), perde la partita. Questo modo di perdere la partita si chiama « perdere a tavolino ».

Osservazioni. Fino a mezzo secolo fa, lo Scarabociòn era il gioco più praticato a Venezia. Soppiantato dal Madrasso, si gioca oggi quasi solo in Terraferma. Sembra sia l'unico gioco che si pratica con il mazzo trevisano di 52 carte.

Il signor Paolo Cinque di Venezia (che ce l'ha descritto, e che ha gentilmente riveduto la nostra descrizione: ma si intende che per even­tuali errori gli unici responsabili siamo noi) scrive: «Lo Scarabociòn assomiglia allo Scopone scientifico, ma è molto più complesso: potrem­mo definirlo un suo polimero, dato che ne utilizza la struttura arric­chendola e integrandola in un quadro composito e molto pittoresco ».

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Sembra notevole il fatto che fra tutte le numerose varianti della Scopa lo Scarabociòn sia l'unico a non considerare fra gli elementi di pun­teggio quella combinazione che a Scopa si chiama primiera.

Sappiamo che la primiera era elemento essenziale in un gioco chia­mato a sua volta Primiera o Goffo.

Le testimonianze sulla Primi era o Goffo sono più antiche di quelle sulla Scopa. Su questa base si potrebbe ipotizzare che la Scopa sia più recente della Primiera.

D'altro lato lo Scarabociòn presenta vari segni di arcaicità (a comin­ciare dal mazzo). Su questa base si potrebbe ipotizzare che la Scopa sia più recente dello Scarabociòn.

Sommando le due ipotesi (in senso genetico, se non cronologico) si potrebbe ipotizzare che due siano gli archetipi: Primiera e Scarabociòn, e che la Scopa ne sia un ibrido.

Scarto

• Persone 3, sempre 1 (mazziere) contro 2 . • Mazzo Tarocco piemontese di 78 carte.

Ordine di sequenza, capacità di presa, obbligo di rispondere, com­portamento del Matto. Come nel Tarocco Piemontese. Valori di punteggio. Vince chi fa il maggior numero di punti, indi­pendentemente dal numero di mani in cui li ha fatti. Due sono gli elementi da considerare:

1. Carte speciali: 19 carte che hanno i valori qui di seguito indicati:

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L'Angelo Bagatto (1)

Il Matto (O)

Ciascuno dei 4 Re Ciascuna delle 4 Donne Ciascuno dei 4 Cavalli Ciascuno dei 4 Fanti

punti 5 5 4 5 4 3 2

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2. Carte qualsiasi: le rimanenti 59 carte: - valgono 1/3 di punto se combinate fra loro - valgono in linea di massima zero se conteggiate in ap-

poggio a una delle 19 carte speciali.

Modalità di conteggio dei punti. 1. Le 19 carte speciali e le 59 carte qualsiasi vanno conteg­

giate 3 a 3:

- per prime si conteggiano le 19 carte speciali, accompa­gnando ciascuna con due carte qualsiasi (p. es. il Re di denari + il Dieci di spade + il Tre di bastoni = 5 + O + O = 5)

- solo dopo aver terminato questo conteggio si costituiscono i terzetti di carte qualsiasi, e ciascuno dei terzetti vale l punto

- se un giocatore non ha un numero di carte qualsiasi suffi­ciente per accompagnare le carte speciali, deve comunque costituire dei terzetti, e i casi sono due: a) 1 carta speciale + 1 carta speciale + l carta qualsiasi:

si sommano i valori delle due carte speciali e si sot­trae 1 (p. es. la Donna di spade + il Fante di denari + la Ruota di Fortuna = 4 + 2 - 1 = 5);

b) l carta speciale + 1 carta speciale + 1 carta speciale: si sommano i valori delle tre carte e si sottrae 2 (p. es. la Donna di spade + il Cavallo di denari + Bagatto = 4 + 3 + 5 - 2 = lO).

2. Chi ha fatto la mano in cui un aItro ha giocato il Matto non ha un numero di carte divisibile per 3: gliene avanzano 2. Queste 2 vengono contate come se fossero 3, e valgono 1 punto.

3. I punti in totale sono 78 e si ripartiscono sulla base di una media di 26 per ciascun giocatore. Ciascun giocatore segnerà dunque come proprio punteggio la differenza, positiva o ne­gativa, fra i punti effettivamente guadagnati e l'ipotetico 26. Ad es. se un giocatore totalizza 33 punti segna a proprio

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favore + 33 - 26 = + 7; se un altro totalizza 17 punti segna a proprio svantaggio + 17 - 26 = - 9.

Distribuzione. Il mazziere (scelto con un sistema qualsiasi), dopo aver mescolato il mazzo e averlo fatto tagliare dal giocatore che sta alla sua sinistra, dà 25 carte coperte a ciascun giocatore, compreso se stesso, cominciando da quello che sta alla sua destra: 5 giri di 5 carte ciascuno.

Nell'ultimo giro, a se stesso il mazziere non ne dà 5 bensì 8. Scarto. Il mazzi ere sceglie 3 carte fra le 28 che ha in mano, e, senza mostrarle, le mette da parte, coperte, a costituire il monte.

Nel monte non può mettere nessun Re, né l'Angelo (20), né il Matto (O). ~ tecnicamente consentito scartare Bagatto (1), ma non la si considera mossa avveduta.

Alla fine della smazzata il monte sarà del mazziere. Svolgimento. Il giocatore che sta alla destra del mazziere mette in tavolo una carta a sua scelta, scoperta.

Così -fanno il giocatore alla sinistra del mazziere, e il mazziere, rispettando l'obbligo di rispondere e badando al comportamento del Matto (O).

Il giocatore che ha vinto la mano prende le tre carte e le mette coperte davanti a sé; poi mette in tavolo una carta a sua scelta, scoperta, e così fin che nessuno ha più carte in mano.

Si conteggiano i punti e li si segna. Seconda e terza smazzata. Segnati i punti, il compito di mazziere passa al giocatore che sta alla destra del primo mazziere. Tutto si svolge come nella prima smazzata. Identicamente, alla seconda smazzata ne segue una terza, in modo che ciascun giocatore sia mazziere una volta. Conclusione della partita. La partita è chiusa con la terza smazzata. Chi ha il punteggio totale più basso paga agli altri due una posta convenuta.

Osservazioni. Questo gioco si chiama Scarto a Pinerolo e semplice­mente Tarocchi a Torino. La descrizione che ne dà il Dummett 1980 è stata controllata in loco.

Secondo il Dummett questa è la forma basilare di ogni gioco di Taroc-

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co in tre persone; da esso deriverebbero le versioni più elaborate. Proba­bilmente ha lo stesso schema del Tarocco che si giocava nel XV secolo a Milano (donde poi si diffuse in Francia, in Svizzera e in altri paesi europei).

Scopa

• Persone 2, 3 o 4. Distinguiamo più avanti i vari giochi deter­minati dal numero di persone, dando qui di seguito le regole fondamentali, che in linea di massima sono comuni alla Scopa in Due, alla Scopa in Tre e alla Scopa in Quattro.

• Mazzo Italiano di 40 carte.

Capacità di presa. In ordine decrescente: - per le figure, Re = lO, Cavallo o Donna = 9, Fante = 8 - per le carte numerali, secondo il valore facciale: Sette = 7,

... Due = 2, Asso = 1. Modalità di presa. Non per superiorità (come nella Brìscola, nel Tressette, nei vari Tarocchi ecc.) bensl per parità:

a) una carta in tavolo è presa con carta di ugual valore; b) più carte in tavolo sono prese con una carta che ne assommi

i valori; c) se sono in tavolo più carte, è obbligatorio prendere quella di

valore pari alla carta di presa, e non altre carte assomman­done i valori.

Le carte prese dal giocatore, e la carta con cui le ha prese, vanno impilate, coperte, davanti al giocatore. Le prese successive si impi­lano uniformemente, senza tenerle distinte con raggruppamenti di nessun tipo. Valori di punteggio. Quattro elementi fissi e uno variabile:

1. Carte: 1 punto a chi nel corso della smazzata ha preso il maggior numero di carte; in caso di parità (20 carte a testa) il punto non viene assegnato.

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2. Settebello: un punto a chi ha preso il Sette di denari o di quadri.

3. Denari o quadri: 1 punto a chi ha preso il maggior numero di carte di questo seme; in caso di parità (5 a testa) il punto non viene assegnato.

4. Primiera: 1 punto a chi ha preso le 4 carte di diverso seme di maggior valore a tale effetto; i valori di primiera sono:

punti

Sette 21 Sei 18 Asso 16 Cinque 15 Quattro 14 Tre 13 Due 12 Re lO Donna o Cavallo lO Fante lO

Non si può conquistare il punto di primiera se si è total­mente privi di un seme. Il conteggio delle componenti della primiera è spesso fatto a spanne, tenendo genericamente conto dei Sette e dei Sei, o al massimo degli Assi. Se ci si mette a discutere, la que­stione diventa sempre più di lana caprina, e si arriva allo spartiacque. Irriducibili sono le posizioni della Federazione Internazionale Italia-Svizzera Gioco Scopa e della Associa­zione Napoletana Scopone: agli ultimi tre gradini della scala, secondo gli uni il Fante vale 8, la Donna 9, il Re lO, secondo gli altri le cose stanno come abbiamo detto noi nell'elenco più sopra.

5. Scopa: 1 punto per ogni volta che il giocatore prende con una propria carta l'unica carta rimasta in tavolo, o tutte le

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carte rimaste in tavolo, spazzando ossia « scopando» il tavolo (onde il nome del gioco). Non si può fare scopa con l'ultima presa nell'ultima mano della smazzata. Ogni scopa si segna tenendo scoperta la carta che è servita a farla e inserendola nella bazza così che ne fuoriesca in parte.

Scopo. Prendere il maggior numero possibile di carte valide ai fini del punteggio. Carte in tavolo. Come vedremo parlando della distribuzione, nella Scopa in Due, nella Scopa in Tre e in un tipo di Scopa in Quattro vengono messe in tavolo scoperte 4 carte.

Se tra queste ci sono 3 o 4 Re, si procede a una nuova smaz­zata senza cambiare mazziere.

Alcuni procedono a una nuova smazzata anche nel caso che il valore complessivo delle 4 carte sia lO o meno di lO. Varianti. Sembra che la Scopa sia oggi il gioco italiano più ricco di varianti. Ne diamo qui di seguito alcune. Il lettore osserverà da sé come certe varianti siano alternative (cioè possano escluderne altre) e come molte varianti possano essere compresenti. Varianti deUa modalità di presa. Si possono suddividere in due famiglie che fanno capo alla Scopa d'Assi e alla Scopa di Quindici. Scopa d'assi o Asso pigliatutto. Con un Asso si prendono tutte le' carte in tavolo, senza segnare scopa. Oppure: con un Asso si prendono tutte le carte in tavolo, e si segna scopa.

Se fra le carte in tavolo si trova un altro Asso, si prende solo questo. Oppure: con un Asso si prendono sempre tutte le carte in tavolo, anche se fra queste c'è un Asso.

Se nella distribuzione iniziale fra le 4 carte scoperte in tavolo compaiono uno o più Assi, si procede a una nuova distribuzione.

Chi abbia in mano un Asso e non voglia giocarlo in modo nor­male può mostrarlo all'avversario e inserirlo senz'altro nella pro­pria bazza. In ciò l'Asso assume un comportamento analogo a quel­lo che ha il Matto in certi giochi di Tarocchi. Scopa di Ouindici. Una carta in tavolo di valore x o più carte in tavolo di valore complessivo pari a x possono essere prese anche con una carta il cui valore, sommato a x, dia 15.

Oppure: una carta in tavolo di valore x, o più carte in tavolo

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di valore complessivo pari a x possono essere prese solo con una carta il cui valore, sommato a x, dia 15, restando esclusa la possi­bilità di prese per parità previste dalle regole generali.

In ogni caso si elude la regola generale che dice: «se sono in tavolo più carte, è obbligatorio prendere quella di valore pari alla carta di presa, e non altre carte assommandone i valori ». P. es. con un Quattro si possono prendere un Quattro e un Sette (4 + 4 + 7 = 15).

La Scopa di Quindici genera la Scopa d'Undici se al criterio di somma pari a 15 si sostituisce il criterio di somma pari ali. Varianti relative ai valori di punteggio: carte. Non si conosce nes­suna variante: questo elemento sembra assolutamente fondamentale. Varianti relative ai valori di punteggio: settebello. Può valere 1 punto, oltre al settebello, anche il rebello (Re di denari, o di quadri).

Lo stesso valore si può attribuire ad altre carte, o a più carte. In particolare nello Scarabociòn hanno valore di 1 punto ciascuna delle 3 carte (Due di spade, Fante di spade, Dieci di denari). Varianti relative ai valori di punteggio: denari. Non si conoscono varianti sostanziali: questa combinazione è presente anche nello Scarabociòn, con l'unica differenza che ai denari si sostituiscono le spade.

Fermo restando il concetto di «seme privilegiato », ci possono essere combinazioni particolari, che privilegiano la sequenza di alcune carte all'interno di tale seme.

Per esempio, qualora, alla fine della smazzata, un giocatore abbia preso Asso, Due e Tre di denari, segna a proprio vantaggio 3 scope. Questa combinazione si chiama scaletta o bàzzica o napoletana o nApola.

La scaletta può estendersi al di là del Tre, con una scopa per ogni carta in più.

La scaletta non può estendersi al di là del Cinque. Oltre a questa scaletta, detta « scaletta bassa », ci può essere la

« scaletta alta »: Re, Cavallo o Donna, Fante. La « scaletta alta» vale 3 scope. Oppure: vale 5 scope. La « scaletta alta» può comprendere, con una scopa in più per

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ogni carta in più, anche le carte sottostanti, scendendo fino al Sei compreso.

Chi al termine di una smazzata non ha preso neanche una carta di denari perde subito l'intera partita.

Invertendo i termini, vince per cappotto chi fa la « scala mas­sima» o « scala intera» dall'Asso al Re (grande nàpola, o napolone, o « Napoleone »). Varianti relative ai valori di punteggio: primiera. Questo elemento sembra presente in tutte le varianti conosciute, tranne le più infan­tili, come il Rubamazzo, e tranne lo Scarabociòn. L'assenza di pri­miera nello Scarabociòn (che sembra sia più antico della Scopa) potrebbe far pensare che la Scopa nasca da un incrocio fra lo Scarabociòn e la Primiera o Goffo. Varianti relative ai valori di punteggio: scopa. Alcune discussioni possono sorgere anche a livelli di campionati. Se si fissa la regola per cui le prime quattro carte in tavolo debbono assommare un valore superiore a lO (si rifà la smazzata, senza cambiare mazziere, quando le prime quattro carte in tavola assommano a un valore pari a lO o inferiore a lO), non nasce nessuna discussione. Ma se non si fissa tale regola può nascere la discussione: è valida la scopa di prima mano?

Quanto alla scopa d'ultima mano, generalmente non la si ritiene valida; ma è valida nello Scarabociòn.

Nelle Scope d'Asso è elemento fondamentale decidere se chi rac­coglie tutte le carte in tavolo con un Asso segna scopa oppure no. ! notevole che nella Cirulla si segna scopa con presa d'Asso, proprio perché la Cirulla tende a moltiplicare freneticamente le possibilità di scopa. Varianti relative alle 3 carte in mano. Qualora un giocatore riceva 3 carte il cui valore complessivo sia 9 o meno di 9, al suo turno di gioco le mostra e segna 1 scopa (o 2, o 3). Le 3 carte restano scoperte davanti al giocatore fino alla fine della mano.

Qualora un giocatore riceva 3 carte di pari valore il cui valore complessivo sia 9 o meno di 9, segna 3 scope (o 5 scope), come sopra.

Qualora un giocatore riceva 3 carte di pari valore. qualunque

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sia il loro valore complessivo, segna 2 scope (o 3 scope), come sopra.

Nei tre casi appena descritti il Sette di coppe (o di cuori) vale quanto si vuole (anche Asso). Tale carta mantiene poi il valore assegnatole, sia agli effetti delle possibili prese da parte del gioca­tore che la possiede, sia quando sia stata messa in tavolo e debba esser soggetta a prese da parte di altro giocatore. Varianti relative alle 4 carte in tavolo. La variante di maggior im­portanza è quella già accennata nel paragrafo sulle varianti nei va­lori di punteggio: scopa.

Altre varianti tendono non a limitare le possibilità di far scopa, bensì a moltiplicarle, come segue.

Qualora le 4 carte in tavolo abbiano valore complessivo inferiore a 9, il mazziere che le ha appena messe in tavolo subito se le prende, a costituir l'inizio del suo mucchietto di prese, e segna 1 scopa.

Qualora le 4 carte in tavolo abbiano valore complessivo pari a 30, il mazziere le prende come sopra e segna 2 scope.

Al fine di questi conteggi il Sette di coppe (o di cuori) può valere come descritto per le varianti relative alle 3 carte in mano.

Osservazioni. Il Tommaseo-Bellini registra « scopa» senza esempi e il DEI data « scopa» al XIX sec. Il Lensi cita un titolo (n. 26) stampato a Tolentino nel 1886. Nel capitolo sullo Scarabociòn avanziamo alcune ipotesi sulla tardività della Scopa, ma è difficile credere che abbia alle spalle solo un secolo di vita. Ha alle spalle la Escoba spagnola, la Shkuba araba ...

Scopa in Due

• Persone 2 • • Mazzo Italiano di 40 carte.

Capacità di presa, Modalità di presa, Valori di punteggio, Carte in tavolo. Secondo quanto detto per la Scopa in generale.

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Distribuzione. Ciascuno dei giocatori è mazzicre a turno. Il maz­ziere della prima smazzata (scelto con un sistema qualsiasi), dopo aver mescolato il mazzo e averlo fatto tagliare all'avversario, dà 3 carte coperte all'avversario e a se stesso; poi mette le 4 scoperte in tavolo.

Le carte rimaste (tallone) stanno coperte alla destra o alla sinistra del mazziere. Svolgimento. Gioca per primo l'avversario del mazziere cercando di prendere qualche carta dal tavolo, con una delle carte che ha in mano, o di fare scopa. Se non può prendere nessuna carta (o se non lo ritiene opportuno) deve mettere in tavolo una delle sue, scoperta.

Il mazziere si comporta a sua volta come l'avversario, e così fino all'esaurimento delle carte che ciascuno ha in mano.

Il mazziere ne distribuisce altre 3 a ciascuno, e così di seguito fino all'esaurimento del tallone. Conclusione della smazzata. Chi ha fatto l'ultima presa raccoglie tutte le carte in tavolo.

Ciascuno conta e segna i propri punti. Conclusione della partita. Si fanno tante smazzate quante sono necessarie perché uno dei due giocatori raggiunga gli Il punti (o 16, o 21).

Chi per primo raggiunge gli Il punti ha vinto. Come nel Tres­sette (e a differenza della Brìscola) uno dei giocatori può interrom­pere lo svolgimento dell'ultima smazzata «chiamandosi fuori », quando sa di aver raggiunto il punteggio necessario alla vittoria. Varianti. Molte fra le varianti descritte per la Scopa in generale si possono applicare alla Scopa in Due.

Inoltre nella Scopa in Due si possono distribuire 9 anziché 3 carte a testa. Questa variante è molto limitativa (p. es. esclude le varianti relative alle 3 carte in mano), e introduce nella Scopa in Due elementi di seriosità paragonabili a quelli dello Scopone con 4 carte in tavolo.

Alla prima distribuzione di 9 carte a testa può seguire una seconda distribuzione di 9 carte a testa, oppure si può decidere che dopo ogni mano ciascun giocatore prenda una carta dal tallone (senza mostrarla all'avversario, o mostrandola all'avversario). Pren-

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de sempre per primo dal tallone l'avversario del mazziere, mentre nel Tressette in Due a Metà Mazzo prende per primo dal tallone chi ha fatto presa. Manata. Si gioca a Savona. Come la Scopa in Due, 4 carte in tavolo, 18 carte a testa. Cicia la Bigia. Si gioca a Rovato (Brescia). Come la Scopa in Due con mazzo bresciano (52 carte) o con mazzo trevisano di 52 carte.

4 carte in tavolo. 4 carte a testa (dunque, sei mani). Capacità di presa. Il Re non può prendere Fante e Due, o Cavallo e Asso. Il Cavallo non può prendere Fante e Asso. Cioè le figure si prendono solo pulite, pari con pari, senza contaminazione di somme. Valori di punteggio. Ori, settebello e primiera come a scopa; inoltre:

1. Due punti anziché uno per chi fa più carte. 2. Un punto per « la picchiata »: quando tu giochi una carta,

e io subito la prendo. 3. Un punto per chi fa « colore », cioè per chi con una carta

ne prende due dello stesso seme (p. es. Quattro e Cinque di coppe col Cavallo di coppe).

4. Un punto per chi fa «quadriglia », cioè per chi con una carta (non importa di qual seme) ne prende tre (non imo porta di qual seme).

5. Un punto per chi prende il Fante Cagnolino (Fante di denari).

6. Un punto per chi prende il Re Bello (Re di denari). 7. Un punto per chi prende il Due di spade. 8. Un punto per chi prende più spade. 9. Quattro punti per chi fa la nàpola di spade (Asso, Due, Tre).

lO. Cinque punti per chi fa la nàpola di spade e in più il Quattro; sei per nàpola di spade fino al Cinque. e così via.

Lasciamo al lettore il piacere di confrontare questo gioco con quello dello Scarabociòn; siamo sempre in terra di San Marco, ossia negli antichi confini della Serenissima.

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Scopa in quattro o Scopone

• Persone 4, a coppie affrontate . • Mazzo Italiano di 40 carte.

Distribuzione. Ciascuno dei giocatori è mazziere a turno. Il maz­ziere della prima smazzata (scelto con un sistema qualsiasi) dopo aver mescolato il mazzo e averlo fatto tagliare dal vicino di sinistra dà 9 carte coperte agli altri e a se stesso, in gruppi di 3 per volta, in senso antiorario, cominciando dal vicino di destra; poi ne mette 4 scoperte in tavolo. Variante. Il mazziere dà lO carte a testa; non ci sono carte sco­perte in tavolo. Generalmente questa variante è chiamata Scopone scientifico, ma alcuni ritengono che sarebbe più corretto chiamare Scopone scientifico quello con le solite 4 carte in tavolo. Svolgimento. Girando in senso antiorario gioca per primo chi è alla destra del mazziere, poi chi è di fronte al mazziere, poi chi è alla sinistra del mazziere, infine il mazziere.

Ciascuno si comporta come descritto per la Scopa in due. Le carte prese da una coppia vanno in un unico mucchietto che

sta davanti a chi, della coppia, ha fatto presa per primo. Conclusione della smazzata e della partita. Come nella Scopa in Due.

Osservazioni. Lo Scopone con le 4 carte in tavolo e lo Scopone senza le 4 carte in tavolo sono due giochi diversi perché l'assenza delle 4 carte in tavolo introduce nella prima mano un elemento di fortuna che riduce le possibilità di calcolo.

Fra le molte regole (alcune di estrema complessità) elaborate per rammentare le carte giocate e per prevedere le possibilità di presa proprie e degli avversari, fondamentale è quella del pariglio e dello spariglio: alla coppia comprendente il mazziere conviene mantenere pari le carte dello stesso valore, mentre all'altra conviene spaiarle continua­mente (prendendo p. es. con un Fante un Cinque e un Tre).

Nella recente storia della letteratura italiana lo Scopone ha avuto

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una sorte che forse non meritava. t stato fatto oggetto costante di elogi nazionalistici, maschilisti e arroganti.

Per quel che ne sappiamo, si può risalire almeno al 1940, anno del­l'entrata in guerra. Una rivista di argomenti teatrali, «La scena illu­strata », pubblica un « almanacco dei giochi» intitolato La matta. Qui Arturo Marescalchi, Senatore del Regno, tuona: « Sono decisamente per lo Scopone, fra i giuochi con le carte: Scopone scientifico o comune, ma sempre Scopone italianissimo ».

Per chi non capisse cosa vuoI dire « italianissimo », un altro autore, Ivon De Begnac, spiega: « Giocavamo lo Scopone nelle lunghe sere del­la stagione delle piogge, in Africa, e ci ricongiungeva a casa nostra, alla campagna romagnola e alle sue eterne ricordanze. Lo Scopone dovrebbe essere sostituito al Ponte [nome italianissimo del Bridge, n.d.r.], to­gliendo cosi dalla pratica quotidiana dei salotti e dei salottieri un gioco che, per le sue origini esotiche e per lo snobismo dal quale è circondato, meriterebbe di essere messo alla porta ».

Passano pochi anni, e le Edizioni Radio Italiana pubblicano un'altra specie di almanacco, intitolato Giuochi e sports (Torino 1949). Qui Paolo Monelli ripete l'elogio nazionalistico e strapaesano delle «virtù originarie» dello Scopone, «quel suo odore di campagna e di vino rosso ». E, poiché Paolo Monelli era anche una brava persona, un gior­nalista intelligente, un notevole scrittore, oltre alle solite baggianate dice anche una mezza verità. Vedete come si solleva questo periodo, verso la fine:

lo scopone è un gioco severo e serio, oltre che fonte di com­mozioni fortissime; è un gioco per uomini, uomini veri, non per fannulloni o frivole donne o gente che con le carte vuole arricchire o pagare il pedaggio per essere ammessi nella buona società. E conoscere lo scopone è uno di quei presupposti invisibili e necessari della scienza della vita, come conoscere il latino, saper leggere un orario, saper caricare un mulo, nuotare cento metri, e simili, che fanno il carattere; e magari stanno inutilizzati per anni finché viene il giorno che te ne servi per salvarti l'anima o crescere di grado in carriera.

Illustre, durissimo nemico dello Scopone fu Antonio Gramsci. Una lunga tirata contro questo gioco, caratteristico, secondo Gramsci, delle «società arretrate economicamente, politicamente e spiritualmente» avrebbe forse meritato di restare nell'ombra degli Scritti sotto la mole 1916-1920, ma vediamo che è stata riproposta con grande rilievo da

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cc l'Unità» il 20 febbraio 1984 e quindi sarebbe inutile cercar di far finta di non sapere che è stata scritta.

Passano gli anni. Nessuno dice più «italianissimo» e quasi non si dice più neanche « nazionalpopolare». Legionari d'Africa e ufficiali degli alpini sono specie estinte o in via di estinzione, sostituite da altre specie animali, per esempio quella degli architetti socialisti. Questi oggi giocano a Scopone con faccette compunte, ciucciando iI toscano e sor­bendo Cartize. Mario Soldati e Maurizio Corgnati pubblicano un libro a quattro mani intitolato Lo scopone (Mondadori, Milano 1982). Piace agli architetti socialisti, sarebbe piaciuto a Paolo Monelli, Ivon De Be­gnac, Arturo Marescalchi Senatore del Regno.

Soldati e Corgnati sono maniaci dello Scopone, e fanatici dello Sco­pone con quattro carte in tavolo. Hanno crisi isteriche concordi, simul­tanee. Lo Scopone senza quattro carte in tavolo è definito da Soldati cc cretino », da Corgnati « per babbei ». Salti, il lettore, alla nostra de­scrizione della Cirulla per rifarsi la bocca.

O leggano Giocare e vincere a Scopone e a Tressette di Luciano Volponi (Edizioni Anthropos, Roma 1983). La differenza tra lo Sco­pone con quattro carte in tavolo e lo Scopone senza le quattro carte in tavolo è descritta lucidamente, garbatamente.

Scopa in Tre

• Persone 3, ciascuno per sé . • Mazzo Italiano di 40 carte.

Capacità di presa, Modalità di presa, Carte in tavolo. Secondo quanto detto per la Scopa in generale. Valori di punteggio. Per carte, ori o quadri, primiera, il punto viene assegnato a chi prevale. Distribuzione. Ciascuno dei giocatori è mazziere a turno. Il maz­ziere della prima smazzata (scelto con un sistema qualsiasi) dopo aver mescolato il mazzo e averlo fatto tagliare dal vicino di sinistra dà 3 carte coperte agli altri e a se stesso, in senso antiorario, comin­ciaIido dal vicino di destra; poi mette le 4 scoperte in tavolo.

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Le carte rimaste (tallone) stanno coperte alla destra o alla sinistra del mazziere. Svolgimento. Gioca per primo chi è alla destra del mazziere, com­portandosi come descritto per la Scopa in due. Segue chi è alla sinistra del mazziere. Poi il mazziere. Poi di nuovo chi è alla destra del mazziere e così fino all'esaurimento delle carte che ciascuno ha in mano.

Il mazziere ne distribuisce altre 3 a ciascuno, e così di seguito fino all'esaurimento del tallone. Conclusione della smazzata e della partita. Come nella Scopa in Due.

Sestiglio

• Persone 6, 2 contro 4 o 1 contro 5 . • Mazzo Italiano di 40 carte.

Generalità. ~ un Tressette in sei, con licitazione, con monte; dun­que propriamente un Mediatore in sei.

Teniamo come punto di riferimento il Mediatore. Elenchiamo gli elementi per i quali il Sestiglio differisce dal Mediatore. Distribuzione. 6 carte coperte a testa; monte di 4 carte, coperte. La smazzata si ripete se un giocatore senza pizzichi non ha almeno 2 figure. Licitazioni. Le stesse del Mediatore, senza quella di mediatore. Fermo restando il valore del passo:

1. Chiamo per giocare due contro quattro. 2. Solo. 3. Solissimo. 4. Arcisolissimo.

Conclusione della partita. Ogni smazzata costituisce partita conclusa. In riferimento ai quattro possibili esiti della licitazione: 1. Al chiamante 2 poste e 1/2, al chiamato 1 posta e 1/2 (1 posta

da ogni avversario).

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2. Al solo lO poste (2 da ogni avversario). 3. Al solissimo 15 poste (3 da ogni avversario). 4. A11'arcisolissimo 17 poste e V2 (3 poste e h da ogni av­

versario). Il cappotto comporta V2 posta in più da ogni avversario.

Osservazioni. Descritto con questo nome nel Lozupone 1981.

Sette e mezzo

• Persone Da 3 a 12, ciascuno per sé contro un banchiere . • Mazzo Italiano di 40 carte.

Valori. Ogni carta numerale ha il suo valore facciale (Asso = l, Due = 2, ... Sette = 7). Ciascuna delle figure (Re. Cavallo o Donna, Fante) vale mezzo punto. Si sommano i valori indipenden­temente dal seme. Il Re di denari (o la Donna di cuori) è la matta e può valere sia mezzo punto, sia quanti punti interi si vuole. Scopo. Raggiungere con due o più carte il massimo valore possi­bile, che è sette e mezzo (onde il nome del gioco) o avvicinarsi ad esso senza superarlo (senza sballare). Svolgimento. Il mazziere o banchiere (B) dà una carta coperta a ciascuno degli avversari (A) e a se stesso.

Ciascuno degli A punta una somma a piacere sulla propria carta senza guardarla o prima di riceverla. Generalmente si fissa un mi­nimo e un massimo per le puntate.

Guardata la carta, ciascuno degli A può: a) « stare », senza mostrare la carta; b) chiedere che il B gliene dia un'altra, anche più volte (mostra

la carta e chiede carta coperta; non mostra la carta e chiede carta scoperta; non può tener coperta più di una carta), fin che decide di « stare » o sballa.

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Chi arriva a fare sette e mezzo (con due carte, ossia ({ d'emblée »; o con più di due carte) lo annuncia, mettendo tutte le carte scoperte in tavolo.

Chi fa più di sette e mezzo sballa e passa subito la posta al B. Quando ciascuno degli A ({ è stato» o ha sballato, il B scopre

la propria carta e decide se « stare» o se prendere a sua volta una o più carte.

Quando il B ({ è stato» tutti gli A scoprono le loro carte. Il B ritira le poste di chi ha fatto meno punti di lui e paga alla

pari chi ne ha fatti di più. In caso di parità vince il B. Il B se sballa non restituisce la posta a chi aveva già sballato.

Il sette e mezzo fatto ({ d'emblée » (con due sole carte) comporta pagamento doppio del B all'A o degli A al B.

Quando uno degli A fa sette e mezzo ({ d'emblée» diventa B: il B gli passa il tallone, che il nuovo B continua a usare, senza modificarne l'assetto.

Quando è comparsa la matta si fa una nuova smazzata. Varianti. All'atto di chiedere carte, chi ha ricevuto un Quattro può chiedere al B che glielo sostituisca con altra carta.

Chi si trova ad avere un Sette e la matta non fa sette e mezzo « d'emblée» bensì fa ({ triplé », che comporta pagamento triplo. Si può considerare « triplé» anche la combinazione di due Sette.

Osservazioni. Non compare nel Lensi 1892 ma è descritto nel Gelli 1901 come tradizionale. :t tra i pochi giochi di carte italiani descritti da Parlett 1979. Ha tutta l'aria di una semplificazione del Macao~ ma non è detto che sia più recente del Macao.

Settiglio

~ un Sestiglio giocato in sette: il mazziere non partecipa al gioco. Descritto in Lazupone 1981.

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Tarocchi

Come ha dimostrato Michael Dummett nel suo maggior libro (The Tarot Game, 1980), i Tarocchi nascono fra Ferrara e Mantova verso il 1430 come arricchimento del mazzo di sotto tipo italiano.

Conservano le connotazioni del sottotipo italiano nel Tarocco Pie­montese e nel Tarocchino di Bologna, mentre hanno assunto le conno­tazioni del tipo spagnolo nel Tarocco Siciliano. Estinto dal 1930 circa è il mazzo del Tarocco Fiorentino o Minchiate o Gèrmini.

In Francia sono diffusi sia tarocchi analoghi a quello piemontese (Tarot de Marseille) sia tarocchi con semi francesi (Nouveau Tarot Français). Tarocchi con semi francesi sono diffusi nei paesi di lingua tedesca.

Mentre le testimonianze sull'uso divinatorio delle carte da gioco so­no antichissime, l'uso divinatorio dei tarocchi si data al 1781; l'uso divinatorio delle carte da gioco, però, è quasi tramontato, mentre l'uso divinatorio dei tarocchi si è enormemente diffuso negli ultimi decenni. Le 22 carte speciali dei tarocchi divinatori non si chiamano « trionfi » bensl « arcani ».

Il francese Tarot de Marseille è diffuso come strumento divinatorio nei paesi anglosassoni. Diamo qui di seguito le corrispondenze onoma­stiche fra il Tarocco Piemontese e il Tarot de Marseille (e le sue edi­zioni anglosassoni).

1. Bagatto 2. La Papessa 3. L'Imperatrice 4. L'Imperatore S. Il Papa 6. Gli Amanti 7. Il Carro 8. La Giustizia 9. L'Eremita

lO. Rota di Fortuna

11. La Forza 12. Il Penduto 13. (senza nome) 14. La Temperanza 15. Il Diavolo

I. Le Bateleur (The Magician) II. La Papesse (The High Priestess)

III. L'lmpératrice (The Empress) IV. L'Empereur (The Emperor) V. Le Pape (The Pope)

VI. L'Amoureux (The Lover) VII. Le Chariot (The Chariot)

VIII. La Justice (Justice) VIIII. L'Hermite (The Hermit)

X. La Roue de Fortune (The Wheel of Fortune)

XI. La Force (Force) XII. Le Pendu (The Hanged Man)

XIII. La Mort (Death) XlIII. Tempérance (Temperance)

XV. Le Diable (The DeviI)

13S

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16. La Torre

17. Le Stelle 18. La Luna 19. Il Sole 20. L'Angelo 21. Il Mondo

O. Il Matto

XVI. La Maison Dieu (The Tower of Des­truction)

XVII. L'~toile (The Star) XVIII. La Lune (The Moon)

XVIIII. Le Solei! (The Sun) XX. Le Jugement (Judgement)

XXI. Le Monde (The World) (s.n.) Le Mat (The Fool)

Tarocchino di Bologna

• Persone 4, in coppie affrontate. • Mazzo Tarocchino bolognese. Il mazzo di 62 carte (non 78

come nel Tarocco Piemontese) comprende 4 semi ordinari (spade, bastoni, coppe, denari) e un seme speciale (trionfi), come segue: t. Spade: lO carte (4 figure e 6 carte numerali) 2. Bastoni: come sopra 3. Coppe: come sopra 4. Denari: come sopra 5. Trionfi: 22 carte.

Ordine di sequenza decrescente. 1. Spade, bastoni, coppe, denari: unico ordine per le figure:

Re, Donna, Cavallo, Fante. 2. Spade e bastoni: per le carte numerali, Dieci, Nove, Otto,

Sette, Sei, Asso. 3. Coppe e denari: per le carte numerali, Asso, Sei, Sette, Otto,

Nove, Dieci. 4. Trionfi: diamo in prima colonna, tra parentesi, l'effettivo

ordine di sequenza discendente; in seconda colonna la nume­razione in cifre arabe che compare su alcune carte; in corsivo

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i nomi di uso corrente (nessuno compare stampato sulle carte), tra parentesi una definizione essenziale dell'immagine. Alcune di tali immagini hanno una corrispondenza probante con quel­le del Tarocco Piemontese: per queste diamo tra parentesi quadre il numero dell'immagine piemontese in questione.

(21) L'Angelo [20] (20) Il Mondo ([21] (19) Il Sole [19] (18) La Luna [18] (17) 16. (Le Stelle) [17] (16) 15. (La Torre) [16] (15) 14. (Il Diavolo) [15] (14) 13. (La Morte) [13] (13) 12. (Il Penduto) [12] (12) 11. (L'Eremita) [9] (11) IO. (La Ruota di Fortuna) [10] (10) 9. (La Forza) [11]

(9) 8. (La Giustizia) [8] (8) 7. (La Temperanza) [14] (7) 6. (Il Carro) [7] (6) 5. (Gli Amanti) [6] (5) Moro (con turbante e lancia) (4) Moro (con orecchini e lancia) (3) Moro (con orecchini e lancia) (2) Moro (con tre lance) (1) Bègato [1] (O) Il Matto [O]

L'Angelo, il Mondo, Bègato e il Matto si chiamano « tarocchi ». I quattro Mori hanno valore identico (anche se solo due sono

iconograficamente identici). Le loro immagini colmano i vuoti la­sciati dalla eliminazione di quelle che nel Tarocco Piemontese sono la Papessa [2]. l'Imperatrice [3], l'Imperatore [4] e il Papa [5]. Capacità di presa. Come nel Tarocco Piemontese. Obbligo di rispondere. Come nel Tarocco Piemontese. Comportamento del Matto. Come nel Tarocco Piemontese.

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Valori di punteggio. Vince chi fa il maggior numero di punti, indi­pendentemente dal numero di mani in cui li ha fatti. Tre sono gli elementi fissi da considerare:

1. Carte speciali: 20 carte che hanno i valori qui di seguito indicati:

punti

L'Angelo 5 Il Mondo 5 Bègato 5 Il Matto 5 Ciascuno dei 4 Re 5 Ciascuna delle 4 Donne 4 Ciascuno dei 4 Cavalli 3 Ciascuno dei 4 Fanti 2

2. Carte qualsiasi: le rimanenti 42 carte - valgono 1/2 punto se combinate fra loro - valgono in linea di massima zero se conteggiate in appog-

gio a una delle carte speciali. 3. Per chi fa l'ultima mano, 6 punti.

Modalità di conteggio dei punti fissi. Le carte speciali e le carte qualsiasi si conteggiano 2 a 2.

Per prime si conteggiano le 20 carte speciali, accompagnando ciascuna con una carta qualsiasi.

Solo dopo aver terminato questo conteggio si costituiscono le coppie di carte qualsiasi, e ciascuna coppia vale 1 punto.

Se un giocatore non ha un numero di carte qualsiasi sufficiente per accompagnare le carte speciali, deve comunque costituire delle coppie. Una coppia di carte speciali vale la somma dei valori delle due carte meno 1.

In ogni caso il totale dei punti fissi (carte speciali, carte qual­siasi, 6 punti dell'ultima mano) è sempre pari a 93. Distribuzione. Il mazziere (scelto con un sistema qualsiasi), dopo aver mescolato il mazzo e averlo fatto tagliare dal giocatore che sta alla sua sinistra, dà 15 carte coperte a ciascun giocatore, compreso

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se stesso, cominciando da quello che sta alla sua destra: 3 giri di 5 carte ciascuno. Nell'ultimo giro, a se stesso non ne dà 5 bensì 7. Scarto. Il mazziere sceglie 2 carte fra le 18 che ha in mano, e, senza mostrarle, le mette da parte, coperte, a costituire il monte.

Nel monte non può mettere né Re né « tarocchi» (Angelo, Mon­do, Bègato, Matto).

Alla fine della smazzata il monte sarà del mazziere, purché abbia fatto almeno una presa. Combinazioni. Sono di due tipi: cricche e sequenze. Cricche. Le cricche possibili e i loro valori sono:

punti 3 «Tarocchi» 18 4 «Tarocchi·» 36 3 Re 17 4 Re 34 3 Donne 14 4 Donne 28 3 Cavalli 13

4 Cavalli 26 3 Fanti 12 4 Fanti 24

La compresenza di tre o più cricche forma un criccone. All'in­terno di un criccane i punti delle singole cricche si raddoppiano. P. es. 4 « tarocchi» e 3 Donne totalizzano 36 + 14 = 50 punti. Ma 4 «tarocchi », 3 Donne e 3 Fanti totalizzano 36 + 14 + 12 = 62; 62 X 2 = 124. Sequenze. Una sequenza è formata da 3 o più carte secondo uno schema che non permette definizione unitaria. Le sequenze possibili sono 7, e va detto che la prima sembra una cricca:

304Assi 3 o 4 Mori 3 o più trionfi secondo certe condizioni 3 o più figure di spade secondo certe condizioni 3 o più figure di bastoni come sopra

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3 o più figure di coppe come sopra 3 o più figure di denari come sopra.

Sequenza di trionfi. Per costituirla è indispensabile la presenza del­l'Angelo e di almeno 2 dei 3 trionfi che lo seguono (il Mondo, il Sole, la Luna).

Assicurate le presenze indispensabili, la sequenza di trionfi può essere di lunghezza indeterminata, a partire dal trionfo numero 16 e via calando senza salti.

Non si dice «sequenza di trionfi »: si dice «grande» (<< avere una grande di x carte »). Sequenza di un dato seme. Per costituirla è indispensabile la pre­senza del Re e di almeno 2 delle altre figure.

Assicurate le presenze indispensabili, la sequenza di un dato seme può comprendere anche l'Asso. Punteggio delle sequenze. lO punti per una sequenza di 3 carte; 15 per una di 4; 20 per una di 5 e cosi via, aggiungendo sempre 5 punti per ogni carta in più.

Come la compresenza di tre o più cricche forma un criccone, e all'interno del criccone si raddoppia il punteggio totale delle cric­che, cosi se le sequenze sono tre o più di tre il loro punteggio totale si raddoppia. Intervento dei contatori. Bègato e il Matto possono intervenire nel­le sequenze come «contatori », cioè possono «contare» (valere) per altre carte, alla stregua di jolly. Ci sono varie restrizioni al­l'uso dei « contatori », a seconda dei vari tipi di sequenze:

I. Sequenza d'Assi: devono essere pr~senti almeno 2 Assi; a questi si può aggiungere un «contatore »; a 3 Assi si pos­sono aggiungere 2 «contatori ».

2. Sequenza di Mori: come sopra. 3. «Grande »: devono essere presenti l'Angelo e almeno I dei

3 trionfi che lo seguono (il Mondo, il Sole, la Luna); l'inser­zione di un « contatore» in una « grande », salva questa con­dizione, non pone problemi; salva sempre questa condizione, si possono inserire due «contatori» solo a patto che il primo sostituisca un trionfo non numerato, e il secondo sosti­tuisca un trionfo numerato; non si può avere una sequenza

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in cui 2 «contatori» si aggiungano all'Angelo, al Mondo, al Sole, alla Luna.

4. Sequenza di un seme: devono essere presenti il Re e 1 delle altre 3 figure per aggiungere un « contatore »; basta che siano presenti il Re, 1 delle altre 3 figure e 1 Asso (o il Re e 2 delle altre 3 figure) per aggiungere 2 «contatori ».

Cricche e sequenze come vasi comunicanti. Una stessa carta può essere usata più volte: un Re può entrare a costituire una cricca, di cui si segna il punteggio; poi il Re esce dalla cricca (il cui punteggio resta irreversibilmente aggiudicato) per entrare a costi­tuire una sequenza del suo seme.

Anche i « contatori» hanno questa dote di ubiquità. Dichiarazioni. Il giocatore a destra del mazzi ere è il primo a dichiarare le cricche e le sequenze che possiede, e deve farlo prima di mettere in tavolo la carta scoperta con cui s'inizia lo svolgi­mento del gioco.

Anche gli altri devono fare cosi. Non si è obbligati a dichiarare tutte le cricche e tutte le se­

quenze che si hanno in mano. Si può dichiararne solo qualcuna. Si può anche non dichiararne nessuna, pur avendone.

Prima si fa la dichiarazione, poi si mostrano le combinazioni dichiarate.

Il punteggio totale di ciascuna dichiarazione si segna a favore delle singole coppie, ma ciascuna dichiarazione è fatta dal gioca­tore singolo, non dalla coppia: per esempio se un giocatore ha una cricca e il suo compagno ha due cricche, essi non hanno un criccane. Segnali. Sono permessi 4 segnali. Devono essere palesi (è vietato far segnali quando gli avversari non guardano).

1. Busso: picchiando un pugno sul tavolo si chiede al compagno di giocare la carta più alta di quel seme, e di tornare appena possibile, se possibile, in quel seme.

2. Volo: facendo planare la carta sul tavolo si comunica che è l'ultima di quel seme.

3. Volo e busso: facendo planare la carta sul tavolo e pic­chiando subito dopo un pugno sul tavolo si chiede al com­pagno di tornare in quel seme per salvare carte pericolanti.

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4. Striscio: facendo strisciare un trionfo sul tavolo, accompa­gnandolo con la mano al centro del tavolo, si invita il com­pagno a giocare quanti più trionfi possibile.

Svolgimento. Il giocatore che sta alla destra del mazziere è primo di mano. Fa le eventuali dichiarazioni e mette in tavolo una carta scoperta, a sua scelta.

Ciascuno degli altri, a turno, in senso antiorario, fa le eventuali dichiarazioni e mette in tavolo una carta scoperta obbedendo al­l'obbligo di rispondere e badando al comportamento del Matto.

Cosi in mani successive (salvo che per le dichiarazioni, esaurite nella prima mano), fin che tutte le carte sono state giocate.

Ciascuno starà attento non solo a conquistare più punti possibile, ma anche e soprattutto ad assicurare a sé e al compagno il maggior numero possibile di combinazioni, e a impedire che se ne assicurino gli avversari (spezzando le loro combinazioni: «scavezzandole »). Conteggio delle combinazioni. Il mazziere aggiunge alle carte che ha preso le 2 del monte.

I compagni di ogni coppia uniscono le carte che hanno preso. Una delle due coppie, a caso, dispone sul tavolo le carte utili

per le combinazioni secondo lo schema della illustrazione n. 9. La disposizione in quattro colonne delle carte di seme ordinario,

spade, bastoni, coppe, denari, avviene secondo un incasellamento fisso.

La disposizione dei trionfi nella prima colonna avviene secondo un incasellamento fisso per i trionfi non numerati, partendo dal­l'alto con l'Angelo, il Mondo, il Sole, la Luna, e partendo dal basso con il Matto, Bègato, i Mori. Fra il nucleo superiore e il nucleo inferiore a incasellamento fisso si lascia tanto spazio quanto basta per accogliere i trionfi numerati che la coppia ha preso.

Nello spazio riservato ai semi ordinari si leggono orizzontal­mente le cricche, per quello che riguarda le figure; si legge anche orizzontalmente la sequenza d'Assi; si leggono verticalmente le sequenze per quel che riguarda figure e Assi.

Nello spazio riservato ai trionfi si leggono verticalmente le cric­che, e si legge orizzontalmente anche la sequenza di Mori.

Ovviamente non esiste nessun rapporto fra le combinazioni di­chiarate (il cui punteggio è già stato conteggiato) e le combinazioni

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Bègato

il Matto

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che si ottengono con le carte prese. In linea di massima il punteg­gio per combinazioni di carte prese è sempre più alto del punteggio per combinazioni dichiarate.

Mentre le dichiarazioni sono fatte dal giocatore singolo in ba­se alle carte che ha in mano lui, senza rapporto con le carte che ha in mano il compagno, il punteggio per combinazioni di carte prese si calcola unendo le carte che hanno preso i due compagni di una coppia.

Consideriamo nella illustrazione n. lO il modo in cui una coppia ha disposto sul tavolo le carte utili per le combinazioni. Questa coppia ha:

Combinazioni punti

1. Cricca di 3 «tarocchi» (l'Angelo, il Mondo, Bègato) 18

2. Cricca di 3 Cavalli 13 3. « Grande» di 6 (l'Angelo, il Mondo, la Luna,

16, Bègato, 14) 25 4. Sequenza di 4 spade (Re, Bègato, Cavallo,

Asso) 15 5. Sequenza di 4 Assi (3 Assi e Bègato) 15

Le cricche danno 31 punti. Le sequenze danno 55 punti, rad­doppiati perché le sequenze sono 3, dunque 110 punti.

Questa coppia totalizza 31 + 110 = 141 punti per combinazioni. In base alla stessa disposizione della illustrazione n. lO si cal­

cola il punteggio della seconda coppia, badando ai vuoti. La seconda coppia ha:

Combinazioni punti

1. Cricca di 3 Donne 14 2. Sequenza di 3 bastoni (Re, Donna, il Matto) lO 3. Sequenza di 4 Mori (3 Mori e il Matto) 15

Questa coppia totalizza 39 punti per combinazioni. Conteggio del totale dei punti. Si sommano:

1. I punti delle combinazioni eventualmente dichiarate.

144

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Tarocchlno di Bologna. Disposizione sul tavolo delle carte utili per le combinazioni.

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2. Per chi fa l'ultima mano, 6 punti. 3. I punti delle combinazioni ottenute con le carte prese. 4. I punti fissi delle carte speciali e delle carte qualsiasi.

Arrotondamento del totale. Il totale si arrotonda, con l O 2 punti in più o in meno, al più vicino multiplo di 5 (p. es. 192 o 191 si arrotonda a 190; 193 o 194 si arrotonda a 195). Conclusione della partita. Si fanno più smazzate, fin che una cop­pia raggiunge il totale di 800 punti. Da qui il nome Ottocento che si dà al gioco qui descritto. Propriamente non si gioca al Taroc­chino di Bologna: si gioca a Ottocento col mazzo del Tarocchino di Bologna. Con lo stesso mazzo si fanno anche altri giochi, a Bologna e dintorni.

Se una coppia raggiunge gli 800 punti con le dichiarazioni nella prima mano di una smazzata, tale smazzata non si gioca.

Se le due coppie raggiungono insieme il livello degli 800 punti vince chi ha il totale più alto.

Osservazioni. Il mazzo del Tarocchino di Bologna sembra si possa far risalire direttamente alla fine del Cinquecento. Si data al 1725 la sosti­tuzione di Papessa, Imperatrice, Imperatore e Papa con le figure dei 4 Mori. Già allora le quattro carte in questione non avevano un ordine di successione bensì un valore unico (ed avevano il nome collettivo di « Papi », plurale di « Papa »).

Fermo restando che a Bologna e dintorni sopravvivono vari giochi che si fanno col mazzo del Tarocchino di Bologna, sembra che i tratti salienti del gioco da noi descritto (Ottocento) possano pure farsi risa­lire alla fine del Cinquecento. Ciò è tanto più probabile in quanto questa tradizione si è conservata in modo lineare senza venir a contatto con altre (non risulta che a Bologna si siano mai usati altri mazzi di tarocchi e non risulta che il mazzo del Tarocchino di Bologna sia mai stato usato fuor dai confini del Bolognese).

Sembra che il gioco tuttora vivo, che pur già presenta complica­zioni incomparabili, sia una semplificazione del gioco che si faceva alla fine del Settecento.

Ringraziamo Paolo Settimio Cavalli e Luisa Minelli che ci hanno combinato alcuni incontri con superstiti anziani giocatori in vecchie osterie. «Bègato ha scavezzato criccane» ci disse come primo com­mento un giocatore, quando arrivammo a partita avviata. Questa frase ci resta scolpita nella memoria.

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Meno profondamente scolpite nella memoria e nei nostri annosi appunti sono le regole del gioco, per le quali ci siamo rifatti alla de­scrizione che ne ha dato Michael Dummett nel suo Twelve Tarot Games, 1980, rielaborandola liberamente.

Abbiamo il grande piacere di aggiungere sulle bozze quanto segue. La Banca Popolare di Bologna e Ferrara ha recentemente curato l'edi­zione fuori commercio di un opuscolo intitolato Il gioco dei tarocchi bolognesi, autore Gianfranco Laghi. A un progetto di libro analogo stanno anche lavorando Franco Guccini e Giulio Predieri.

Tarocco Piemontese

Generalità. Il mazzo di 78 carte comprende 4 semi ordinari (spade, bastoni, coppe, denari) e un seme speciale (trionfi o tarocchi pro­priamente detti), come segue:

1. Spade: 14 carte (4 figure e lO carte numerali). 2. Bastoni: come sopra. 3. Coppe: come sopra. 4. Denari: come sopra. 5. Trionfi: 22 carte.

Ordine di sequenza decrescente. 1. Spade, bastoni, coppe, denari: unico ordine per le figure:

Re, Donna, Cavallo, Fante. 2. Spade e bastoni: per le carte numerali, Dieci, Nove, Otto,

Sette, Sei, Cinque, Quattro, Tre, Due, Asso. 3. Coppe e denari: per le carte numerali, Asso, Due, Tre, Quat­

tro, Cinque, Sei, Sette, Otto, Nove, Dieci. 4. Trionfi: come da numerazione in cifre arabe, con una inver­

sione per i numeri 21 e 20; mettiamo fra parentesi i nomi che non vanno memorizzati; senza parentesi, in corsivo, quelli di uso corrente. Tutti questi nomi compaiono stampati sulle carte.

20. L'Angelo 21. Il Mondo

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19. (Il Sole) 18. (La Luna) 17. (Le Stelle) 16. (La Torre) 15. (Il Diavolo) 14. (La Temperanza) 13. (La Morte) 12. (Il Penduto) 11. (La Forza) 10. (La Ruota di Fortuna) 9. (L'Eremita) 8. (La Giustizia) 7. (Il Carro) 6. (Gli Amanti) 5. (Il Papa) 4. (L'Imperatore) 3. (L'Imperatrice) 2. (La Papessa) 1. Bagatto O. Il Matto

Capacità di presa. 1. Le carte di spade, bastoni, coppe, denari, hanno capacità di

presa, ciascuna all'interno del proprio seme, secondo l'ordine di sequenza decrescente (nota bene: tale ordine è invertito per le carte numerali in coppe e denari).

2. I trionfi da 20-21 a 1 hanno: - capacità di presa l'uno sull'altro secondo l'ordine di se­

quenza discendente - capacità di presa assoluta su tutte le carte di spade, bastoni,

coppe, denari. 3. Il Matto (O) non ha nessuna capacità di presa, e in un certo

senso non può essere preso. Obbligo di rispondere. Il primo di mano può giocare la carta che vuole. Chi gioca dopo di lui deve seguire regole precise. I casi sono due:

a) il primo di mano ha giocato una carta di seme ordinario (spade o bastoni o coppe o denari):

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- gli altri devono giocare una carta dello stesso seme (senza obbligo di sormontare in capacità di presa)

- se non hanno carte dello stesso seme, devono giocare una carta di trionfi

- se non hanno né carta dello stesso seme né carta di trionfi, possono giocare la carta che vogliono;

b) il primo di mano ha giocato una carta di trionfi: - gli altri devono giocare una carta di trionfi (senza obbligo

di sormontare in capacità di presa) - se non hanno carte di trionfi, possono giocare la carta che

vogliono. Comportamento del Matto (O). Il Matto (O), non avendo capacità di presa, e non potendo, in un certo senso, essere preso, non viene posto in tavolo: chi lo possiede, quando lo vuoI giocare, lo mostra agli avversari e lo inserisce fra le carte che ha già preso.

Ciò implica che il Matto (O) non può essere giocato se non quando chi lo possiede ha già fatto almeno una presa. Conseguenza: se chi possiede il Matto (O) non fa nessuna presa fino alla fine della smazzata, è costretto a giocare il Matto (O) nell'ultima mano, e in questo caso lo perde.

In linea di massima il Matto (O) non viene giocato quando si è primi di mano. Se chi possiede il Matto (O) lo gioca essendo primo di mano (s'intende, in una mano successiva alla prima, quan­do chi possiede il Matto (O) ha già fatto almeno una presa), i giocatori seguenti sono costretti a comportarsi come se fosse stata giocata una carta di trionfi.

In linea di massima il Matto (O) viene giocato quando chi lo possiede non è primo di mano. Salva sempre la condizione di aver già fatto almeno una presa, lo si può giocare quando si vuole, eludendo l'obbligo di rispondere.

In linea di massima il Matto (O) viene giocato per salvare una carta importante che altrimenti andrebbe perduta. Valori di punteggio. Possono essere diversi a seconda del gioco. Vedi Mitigati e Scarto. Variante. Il mazzo di tarocco piemontese può essere costituito non di 78, bensì di 54 carte.

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Tarocco Siciliano

Generalità. Il mazzo di 63 carte (non 78 come nel Tarocco Pie­montese) comprende 4 semi ordinari (spade, bastoni, coppe, denari) e un seme straordinario (trionfi o briscole o numeri), come segue:

1. Spade: lO carte (4 figure e 6 carte numerali). 2. Bastoni: come sopra. 3. Coppe: come sopra. 4. Denari: Il carte (4 figure e 7 carte numerali) 5. Trionfi: 22 carte.

Ordine di sequenza decrescente. 1. Spade, bastoni, coppe: Re, Regina, Cavallo, Fanta (un Fante

femminile), Dieci, Nove, Otto, Sette, Sei, Cinque. 2. Denari: Re, Regina, Cavallo, Fante, Dieci, Nove, Otto, Sette,

Sei, Cinque, Quattro. 3. Trionfi: diamo in prima colonna, tra parentesi, l'effettivo 'or­

dine di sequenza discendente; in seconda colonna la nume­razione in cifre arabe che compare su 20 delle 22 carte; diamo in corsivo i nomi di uso corrente (nessuno compare stampato sulle carte, tranne quello della Miseria); diamo tra parentesi una definizione essenziale dell'immagine (solo al­cune immagini hanno una corrispondenza con quelle del Ta­rocco Piemontese): diamo tra parentesi quadre il numero dell'immagine piemontese con cui si può stabilire una cor­rispondenza.

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(21) 20. Giove (20) 19. La Palla o Atlante [21] (19) 18. Il Sole [19] (18) 17. La Luna [18] (17) 16. Le Stelle [17] (16) 15. (La Torre) [16] (15) 14. (Una nave a vela) (14) 13. (La Morte) [13] (13) 12. (L'Eremita) [9] (12) 11. (Un impiccato) [12] (11) lO. (La Ruota di Fortuna) [lO]

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(lO) 9. (Il Carro) [7] (9) 8. (Gli Amanti) [6] (8) 7. (La Giustizia) [8] (7) 6. (La Forza) [11] (6) 5. (La Temperanza) [14] (5) 4. (Una figura femminile con scudo e lancia) (4) 3. (L'Imperatore) [4] (3) 2. (L'Imperatrice) [3] (2) 1. Picciotti [1] (1) non numerata. Miseria (O) non numerata. Fuggitivo [O]

Le carte numerate da 20 a 16 compreso si chiamano arie. Le immagini della nave a vela (14), della figura femminile con

scudo e lancia (4) e della Miseria (non numerata) colmano i vuoti lasciati dalla eliminazione di quelle che nel Tarocco Piemontese sono le figure della Papessa [2], del Papa [3], del Diavolo [15]. Capacità di presa. Come nel Tarocco Piemontese. Obbligo di rispondere. Come nel Tarocco Piemontese. Comportamento del Fuggitivo. Pari al comportamento del Matto nel Tarocco Piemontese, con due differenze:

1. Non si può giocare il Fuggitivo quando si è primi di mano. 2. Si può giocare il Fuggitivo quando non si è ancora fatta nes­

suna presa: chi lo ha giocato lo pone accanto a sé, scoperto. Alla prima presa (o alla prima presa del compagno) il Fug­gitivo va, coperto, sopra tale presa. Giocando in tre: se, alla fine della smazzata, chi ha giocato il Fuggitivo non avrà fatto nessuna presa, lo darà a chi aveva fatto quella presa in cui lui aveva giocato il Fuggitivo. Giocando in quattro: se non avrà fatto nessuna presa né chi ha giocato il Fuggitivo né il compagno, il Fuggitivo verrà dato agli avversari.

Valori di punteggio. Vince chi fa il maggior numero di punti, indi­pendentemente dal numero di mani in cui li ha fatti. Tre sono gli elementi fissi da considerare:

1. Carte speciali: 19 carte che hanno i valori qui di seguito indicati:

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punti Giove (n. 20) lO Picciotti (n. 1) lO Il Fuggitivo (non numerato) lO La Palla (n. 19) 5 Il Sole (n. 18) 5 La Luna (n. 17) 5 Le Stelle (n. 16) 5 Ciascuno dei 4 Re 5 Ciascuna delle 4 Regine 4 Ciascuno dei 4 Cavalli 3 Ciascuna delle 4 Fante 2

2. Carte qualsiasi: le rimanenti 40 carte - valgono 1/3 di punto se combinate fra loro - valgono in linea di massima zero se contate in appoggio

a una delle carte speciali. 3. A chi vince l'ultima mano, 5 punti.

Modalità di conteggio dei punti fissi. 1. Le 23 carte speciali e le 40 carte qualsiasi vanno conteg­

giate 3 a 3:

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- per prime si conteggiano le 23 carte speciali, accompa­gnando ciascuna con due carte qualsiasi

- solo dopo aver terminato questo conteggio si costituiscono i terzetti di carte qualsiasi, e ciascun terzetto vale 1 punto

- se un giocatore non ha un numero di carte qualsiasi suffi­ciente per accompagnare le carte speciali, deve comunque costituire dei terzetti, e i casi sono due: a) 1 carta speciale + 1 carta speciale + una carta qual­

siasi: si sommano i valori delle due carte speciali e si sottrae 1 (p. es. Giove + il Re di spade + il Dieci di spade = lO + 5 - 1 = 14);

b) 1 carta speciale + 1 carta speciale + 1 carta speciale: si sommano i valori delle tre carte e si sottrae 2 (p. es. il Fuggitivo + la Regina di denari + il Cavallo di bastoni = lO + 4 + 3 - 2 = 15).

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2. Se il numero di carte prese da un giocatore non è divisibile per 3, i casi sono due: a) avanzano 2 carte: queste 2 carte valgono 1 punto; b) avanza 1 sola carta: questa carta vale zero punti.

3. In ogni caso il totale dei punti fissi (carte speciali, carte qualsiasi, 5 punti per l'ultima mano) è sempre pari a 109.

Osservazioni. Queste sono le regole di base per i giochi di Tarocco Siciliano che si conoscono. Diamo più avanti la descrizione di due diversi giochi, praticati l'uno a Calatafimi, l'altro a Tortorici.

Sembra che sia nato nel 1663 come frutto di una importazione di giochi di Tarocchi e di Minchiate, e che lo si sia giocato fin nel cuore del nostro secolo senza che nessuno mai vi facesse caso: né studiosi di tradizioni popolari, né collezionisti di carte da gioco, né autori di opere di qualsiasi tipo sui giochi di carte.

Sembra che gli ultimi mazzi originali di Tarocco Siciliano siano stati prodotti a Catania da Concetta Campione negli anni '40 o '50.

Negli anni '60 un mazzo di Tarocco Siciliano, ridisegnato, e desti­nato apparentemente ai collezionisti, fu prodotto dalla Modiano, ed è tuttora in commercio.

Nel 1974 Michael Dummett pubblicò l'articolo Sicilian Tarocchi sul « Joumal of the Playing Card Society» di Birmingham (oggi Inter­national Playing Card Society di Londra), frutto di ricerche sul terreno nell'interno della Sicilia e di ricerche d'archivio a Palermo.

Le notizie fondamentali sul Tarocco Siciliano che precedono, e la descrizione dei due giochi, di Calatafimi e di Tortorici, che seguono, sono liberamente rielaborate sulla base dell'articolo del Dummett del 1974, cit., e del Twelve Tarot Games del Dummett 1980.

Tarocco Siciliano di Calatafimi

• Persone 4, ciascuno per sé o 1 contro 3. • Mazzo Tarocco siciliano di 63 carte.

Ordine cii sequenza decrescente. Come nel Tarocco Siciliano.

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Capacità di presa e obbligo di rispondere. Come nel Tarocco Pie­montese. Comportamento del Fuggitivo e valori di punteggio. Come nel Ta­rocco Siciliano. Modalità di conteggio dei punti. Come nel Tarocco Siciliano, con qualche complicazione. Prima distribuzione. Il mazziere (scelto con un sistema qualsiasi), dopo aver mescolato il mazzo e averlo fatto tagliare dal giocatore che sta alla sua sinistra, dà lO carte coperte a ciascun giocatore, compreso se stesso, cominciando da quello che sta alla sua destra: 2 giri di 5 carte ciascuno. Licitazione. I giocatori sanno che potranno ricevere aItre 5 carte ciascuno, ma devono scommettere sull'esito della partita basandosi ragionevolmente su queste prime lO che hanno ricevuto.

Questa licitazione ha qualche punto di contatto con quella del Mitigàti piemontese, con tre differenze:

1. C'è un'unica licitazione. 2. I giocatori non partecipano alla licitazione in un ordine

determinato. 3. All'interno dell'unica licitazione, ciascun giocatore può pren­

dere la parola un'unica volta. Le dichiarazioni possibili sono: offro, vado, piglio, tengo. Il primo a parlare, appena viste le carte, o dopo breve rifles­

sione, è generalmente il giocatore che pensa di aver pessimo gioco. Egli può dire offro x punti (generalmente non più di 8): è tanto sicuro di perdere, che preferisce mandare a monte la smazzata e vedersi aggiudicare x punti negativi, nella paura di doverne accu­mulare ancor di più, se dovesse giocare con quelle pessime carte. Oppure lo stesso giocatore, o un altro giocatore, che pensa di aver cattivo gioco, dice vado: propone di mandare a monte la smazzata.

Dopo una o più dichiarazioni pessimistiche di tipo offro o vado, dopo riflessioni più o meno lunghe (non c'è clessidra, non c'è fretta) possono venire lè dichiarazioni ottimistiche. Se qualcuno ha detto offro, ci può essere un altro, abbastanza convinto di vincere, che accetta quell'offerta: accetta che si mandi a monte la smazzata, che vengano aggiudicati x punti negativi a chi ha detto offro, e che altrettanti punti positivi vengano aggiudicati a lui. Ma, se qualcuno

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ha detto offro, o anche se tutti han detto vado, ci può essere un altro ancor più convinto di vincere, che vuoI giocare a tutti i costi, e dice tengo.

C'è un'altra possibilità. Dopo due dichiarazioni pessimistiche, una delle quali almeno sia un offro, può esserci una pausa più lunga del solito. La situazione si sblocca se un terzo giocatore ac­cetta un'offerta inferiore: p. es. uno ha detto offro 8 punti, e il terzo dice: ne accetto 6. A questo punto il quarto può a sua volta accet­tare i 2 punti rimanenti, o dire vado, o, per un soprassalto di orgoglio, dire tengo. Conclusione della licitazione. Se tutti i giocatori han detto vado la smazzata si rifà, senza cambiar mazziere.

Se almeno uno ha accettato un'offerta che sia stata fatta, o se almeno uno ha detto tengo, si procede alla seconda distribuzione. Seconda distribuzione. Il mazziere dà altre 5 carte coperte a ciascun giocatore, compreso se stesso, cominciando da quello alla sua destra, e mette le ultime 3 al centro del tavolo, coperte, a costituire il monte. Impegno al «solo )). Il mazziere chiede se qualcuno vuoI fare il solo, cioè giocare da solo contro gli altri tre.

Il diritto di impegnarsi a fare il solo spetta nell'ordine al primo giocatore a destra del mazziere; se questo rifiuta, spetta al secondo; se anche questo rifiuta, spetta al terzo.

Chi si impegna a fare il solo prende le 3 carte del monte; senza mostrarle, le inserisce fra le proprie; ne mette da parte 3 coperte senza mostrarle a ricostituire il monte, che alla fine della smazzata saranno sue.

Se nessuno chiede di fare il solo, il mazziere prende il monte come sopra, e gode di tutti i vantaggi suddetti, senza però fare il solo. Formazione delle coppie. In base ai valori di punteggio, si pren­dono in considerazione solo i quattro trionfi che valgono lO punti, i quattro trionfi che valgono 5 punti, e i 4 Re (che valgono 5 punti). Chi ha in mano alcune di queste sedici carte, così da poterne som­mare i valori raggiungendo o superando il totale di 20 punti, può, se vuole, dire venti. Chi non può, o non vuole, dice zero.

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Cominciando dal primo giocatore alla destra del mazziere, si ha, o non si ha, una dichiarazione di venti.

Se non si ha una dichiarazione di venti si raccolgono le carte e si procede a una nuova smazzata, senza cambiar mazzi ere.

Appena si ha una dichiarazione di venti, si procede a una seconda dichiarazione, partendo dal primo giocatore alla destra di chi ha detto venti.

Qui si tratta di dire quindici. Ma mentre per dire venti bisogna raggiungere o superare i 20 punti nel modo sopra descritto, per dire quindici bisogna avere esattamente 15 punti (in base alle sedici carte suddette).

Se uno dice quindici, questo è iI compagno di chi ha detto venti, e gioca in coppia con lui. Ancora una volta si intende che uno può dire quindici se ce l'ha, e se ha voglia di dirlo. Se ce l'ha e non ha voglia di dirlo non lo dice.

Se nessuno dice quindici, questo Tarocco Siciliano di Calatafimi si trasforma in una specie di Brìscola chiamata: chi aveva detto venti chiama un Re, specificandone il seme. Chi ha questo Re è il suo compagno nascosto. Ma le complicazioni non sono ancora finite. Scelta del Re da chiamare. Chi deve chiamare un Re:

a) se ne ha già tre, chiama il quarto; b) se ne ha due o uno deve chiamare il Re del seme in cui ha

meno carte; c) se è senza Re in due semi nei quali ha lo stesso numero di

carte, deve chiamare il Re del seme in cui ha la figura più forte; d) altre eventualità possibili non sono considerate; e) se ha già tutti e quattro i Re, deve chiamare una Regina,

alle stesse condizioni dei punti a), b), c); altre eventualità possibili non sono considerate.

Svolgimento. Se qualcuno ha fatto il solo, costui gioca per primo. Se no, è primo di mano chi sta alla destra di chi ha detto venti. Chi è primo di mano mette in tavolo una carta scoperta, a sua

scelta. Ciascuno degli altri, a turno, in senso antiorario, mette in tavolo

una carta scoperta obbedendo all'obbligo di rispondere e badando al comportamento del Fuggitivo.

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Così in mani successive, fin che tutte le carte sono state giocate. Segnali. Chi ha Giove (20) o la Palla (19) può, se vuole, segnalare questo fatto al compagno O ai compagni picchiando col pugno sul tavolo. Questo segnale può essere fatto solo quando il giocatore è primo di mano, e va fatto giocando la carta di quella mano.

Nell'atto di picchiare col pugno sul tavolo si può, volendo, speci­ficare a voce se si ha Giove (20) oppure la Palla (l9).

Chi si trova ad avere sia Giove (20) sia la Palla (19) può segna­larli solo uno per volta (specificando a voce o no), in due diverse mani, sempre quando sia primo di mano. Conclusione della smazzata. Giocate le ultime carte, si assegnano le 3 carte del monte. Se qualcuno ha fatto solo, spettano a lui. Se no, spettano al mazziere. Modalità di conteggio dei punti. Come nel Tarocco Siciliano. Dato che il totale dei punti (compresi i 5 per chi ha fatto l'ultima mano) è pari a 109, li si ripartisce sulla base di una media di 54 O 55, distinguendo il caso in cui un giocatore abbia fatto il solo dal caso in cui si sia giocato a coppie contrapposte.

a) Con solo. Chi ha fatto il solo segna come proprio punteggio il triplo della differenza, positiva o negativa, fra i punti che ha effettivamente accumulato e l'ipotetico 55; ciascuno degli avversari segna come proprio punteggio la differenza, positiva o negativa, fra i punti che hanno effettivamente accumulato fra tutti e l'ipotetico 54. P. es. chi ha fatto il solo ha accumu­lato 59 punti, calcola + 59 - 55 = 4 e segna a proprio van­taggio 4 X 3 = 12; gli avversari hanno accumulato 50 punti, calcolano + 50 - 54 = - 4 e ciascuno segna a proprio svan­taggio - 4. Altro es., chi ha fatto il solo ha accumulato 49 punti, calcola + 49 - 55 = - 6 e segna a proprio svantaggio - 6 X 3 = - 18; gli avversari hanno accumulato 60 punti, calcolano + 60 - 54 = 6 e ciascuno segna a proprio van­taggio 6.

b) A coppie contrapposte. Come sopra: l'ipotetico 55 tocca alla coppia che comprende il mazziere, l'ipotetico 54 tocca al­l'altra coppia.

Conclusione della partita. Si fa un numero prefisso di smazzate,

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tenendo un conto cumulativo dei punteggi personali. Alla fine il perdente o i perdenti pagano una posta prefissata (relativa al pun­teggio) ai vincitori o al vincitore.

Tarocco Siciliano di Tortorici

• Persone 3, 1 contro 2, o ciascuno per sé . • Mazzo Tarocco siciliano di 63 carte.

Ordine di sequenza decrescente. Come nel Tarocco Siciliano. Capacità di presa e obbligo di rispondere. Come nel Tarocco Piemontese. Comportamento del Fuggitivo, valori di punteggio, modalità di conteggio dei punti. Come nel Tarocco Siciliano. Distribuzione. Il mazziere (scelto con un sistema qualsiasi), dopo aver mescolato il mazzo e averlo fatto tagliare dal giocatore che sta alla sua sinistra, dà 20 carte coperte a ciascuno dei partecipanti, compreso se stesso, cominciando dalla persona alla sua destra: 5 giri di 4 carte ciascuno.

Le 3 carte rimanenti si mettono da parte, coperte, a costituire il monte. Licitazioni. Parlano nell'ordine il primo giocatore (a destra del mazziere), il secondo giocatore (a sinistra del mazziere), il terzo giocatore (il mazzi ere ).

Il primo può dire unicamente chiamo. Il secondo può dire o sta bene o solo. Se il secondo ha detto sta bene il terzo 'può dire sta bene o solo.

Se il secondo ha detto solo, il terzo può dire unicamente sta bene. Se il secondo e il terzo han detto entrambi sta bene, il primo può

dire sta bene o solo. Se il primo o il secondo han detto solo, il terzo può dire sta bene o solo io.

Paragonare queste dichiarazioni a quelle del Terziglio può solo confondere le idee. Il chiamo iniziale del primo giocatore ha un puro valore di prenotazione per l'eventuale solo o solo io finale.

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lo sta bene significa adesione al progetto che ciascuno giochi per sé. Il solo significa letteralmente come a Terziglio che il giocatore vuoI giocare da solo contro gli altri due, prendendo le 3 carte del monte. Non c'è possibilità di assumere una posizione che corrisponda al « solissimo» del Terziglio (con rinuncia al monte). Né esiste la possibilità, come al Terziglio, che tutti passino e che si rifaccia la smazzata. Ultima peculiarità di questa licitazione, se il secondo gio­catore dice solo il terzo è definitivamente escluso dalla possibilità di dire solo a sua volta.

Questa licitazione dunque si chiude alla seconda dichiarazione del primo giocatore, e le possibilità conclusive sono due:

a) tutti han detto sta bene: ciascuno gioca per sé; b) il secondo o il terzo o il primo han detto solo, oppure il primo

ha detto solo io: c'è un giocatore che gioca da solo contro gli altri due alleati fra loro.

Svolgimento del gioco con « solo ». Chi ha detto solo prende le 3 carte del monte; senza mostrarle le inserisce fra le proprie; ne mette da parte 3 coperte, senza mostrarle, a ricostituire il mon­te, che alla fine della smazzata sarà suo.

Chi ha detto solo gioca per primo mettendo in tavolo una carta scoperta, a sua scelta.

Ciascuno degli altri, a turno, in senso antiorario, mette in tavolo una carta scoperta obbedendo all'obbligo di rispondere e badando al comportamento del Fuggitivo.

Così in mani successive, fin che tutte le carte sono state giocate. Svolgimento del gioco « ciascuno per sé ». Il giocatore a destra del mazziere prende le 3 carte del monte, come sopra.

Chi è alla sinistra del mazziere gioca per primo mettendo in tavolo una carta scoperta, a sua scelta.

Il gioco procede come sopra, fin che tutte le carte sono state giocate. Modalità del conteggio dei punti nel gioco con « solo ». Come nel Tarocco Siciliano. Dato che il totale dei punti (compresi i 5 per chi ha fatto l'ultima mano) è pari a 109, li si ripartisce sulla base di una media di 54 o 55.

Chi ha fatto il solo segna come proprio punteggio il doppio del­la differenza, positiva o negativa, fra i punti che ha effettivamente

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accumulato e l'ipotetico 55; ciascuno degli avversari segna come proprio punteggio la differenza, positiva o negativa, fra i punti che hanno effettivamente accumulato insieme e l'ipotetico 54. P. es. chi ha fatto il solo ha accumulato 58 punti, calcola + 58 - 55 = 3 e segna a proprio vantaggio 3 X 2 = 6; gli avversari hanno accu­mulato 51 punti, calcolano + 51 - 54 = - 3 e ciascuno segna a proprio svantaggio - 3. Modalità del conteggio dei punti nel gioco «ciascuno per sé ». Come nel Tarocco Siciliano. Dato che il totale dei punti (compresi i 5 per chi ha fatto l'ultima mano) è pari a 109, li si ripartisce sulla base di una media di 36 o 37.

Il giocatore a destra del mazziere segna come proprio punteggio la differenza, positiva o negativa, fra i punti che ha effettivamente accumulato e l'ipotetico 37; ciascuno degli altri due segna come proprio punteggio la differenza, positiva o negativa, fra i punti che ha effettivamente accumulato e l'ipotetico 36. P. es. il giocatore a destra del mazziere ha accumulato 40 punti, calcola + 40 - 37 = 3 e segna a proprio vantaggio 3; il giocatore a sinistra del maz­ziere ha accumulato 30 punti, calcola + 30 - 36 = - 6 e segna a proprio svantaggio - 6; il mazziere ha accumulato 39 punti, cal­cola + 39 - 36 = 3 e segna a proprio vantaggio 3. Il totale 3 - 6 + 3 è pari a zero, e cosÌ deve risultare sempre, alla fine di ogni smazzata. Conclusione della partita. Come nel Tarocco Siciliano di Calatafimi.

Teresina

• Persone Da 3 a 6 o più, ciascuno per sé. • Mazzo Anglofrancese di 52 carte.

Riduzione del mazzo, Valori, Valori dei semi, Combinazioni, Pre­liminari. Come nel Poker all'italiana. Prima distribuzione. Una carta coperta e una scoperta a testa.

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Buio, Controbuio. Non si fanno né buio né controbuio. Svolgimento. Ciascuno guarda la propria carta coperta senza ma­strarla. Parla per primo chi ha la carta scoperta più alta (in valore; a parità di valore, secondo i valori dei semi). Parlare vuoI dire enunciare l'entità di una scommessa, e mettere il corrispettivo nel piatto. Gli altri, a turno, possono rinunciare, accettare (versando pari somma nel piatto) o rilanciare.

Il mazziere dà una terza carta a testa, coperta. Ciascuno guarda questa carta coperta senza mostrarla, e, a turno,

decide se scoprire questa nuova carta, lasciando coperta la prima, o viceversa.

Chi aveva parlato, o chi aveva fatto il rilancio più alto, parla come sopra. Gli altri si comportano come sopra.

Il mazziere dà una quarta, e poi una quinta, carta coperta a testa, e di volta in volta tutto si svolge come dopo la distribuzione della terza carta, come sopra. Ciascuno ha sempre una carta coperta, e due carte scoperte, tre carte scoperte, finalmente quattro carte scoperte.

Da ultimo, se qualcuno (o più di uno) dice « vedo », chi ha fatto l'ultima puntata scopre la carta rimasta coperta, la quinta carta. Chi « ha visto» mostra la propria quinta carta solo se ha la com­binazione più forte.

Se nessuno « vede », vince (senza mostrare la quinta carta) chi ha puntato, o chi ha fatto il rilancio più alto.

Osservazioni. Questo gioco si chiama Teresina con la r O Telesina con la l. Lo Zingarelli scrive Teresina con la r ma Miro Dogliotti mi diceva di essere stato molto incerto prima di scegliere la r. Da dove venga questo nome (forse dalla città brasiliana di Teresina, dicono), e quando entri nell'uso, è tutto da vedere.

Mentre il Poker all'italiana si avvicina grosso modo al Draw Poker, la Teresina si avvicina grosso modo allo Stud Poker, che descriviamo nel volume di questa stessa collana Giochi di carte internazionali.

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Terziglio

• Persone 3, sempre 1 contro 2. • Mazzo Italiano di 40 carte.

Capacità di presa, Modalità di presa, Valori di punteggio, Scopo. Come nel Tressette. Distribuzione. 12 carte coperte a testa. Le ultime 4 carte, coperte, si mettono da parte a costituire il monte. Licitazione. Chi è primo di mano può dire passo o chiamo o solo o solissimo.

Dopo un passo anche gli altri due hanno le stesse possibilità: possono ripetere passo o dire chiamo o solo o solissimo.

Dopo un chiamo si può scegliere solo fra il dire sta bene o il passare a un impegno superiore (solo o solissimo).

La licitazione prosegue, anche per più giri, finché a una dichia­razione d'impegno (chiamo, solo o solissimo) segue da parte di entrambi gli altri giocatori l'accettazione (sta bene).

Il giocatore la cui dichiarazione d'impegno viene accettata è lo sfidante, e gioca da solo contro gli altri due. Triplice «passo ». Se il primo di mano dice passo e passo ripe­tono gli altri due, si raccolgono le carte distribuite ai giocatori, si lascia intatto il monte, si procede a una nuova smazzata senza cam­biare mazziere, e alla prima mano della nuova smazzata ci si può impegnare unicamente con un solo o un solissimo (saltando il chiamo). « Chiamo ». Lo sfidante che ha detto un chiamo seguito da due sta bene annuncia valore e seme della carta che giudica essenziale per assicurarsi maggiori probabilità di vittoria. La riceve scoperta da chi l'aveva, e la inserisce fra quelle che ha in mano, trovandosi così ad averne 13.

Poi prende, mostrandole, le 4 carte del monte, e le inserisce fra quelle che ha in mano, trovandosi cosÌ ad averne 17.

Se non ha ricevuto da nessuno degli altri due la carta che ha

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chiesto, la trova nel monte. In questo caso si trova in mano 16 carte.

Restituisce una carta, scoperta, a chi gli aveva dato quella chiamata.

Infine mette da parte, senza mostrarle, 4 carte coperte a rico­stituire il monte, che toccherà a chi prenderà l'ultima mano. « Solo ». Lo sfidante che ha detto un solo seguito da due sta bene prende, mostrandole, le 4 carte del monte, le inserisce fra quelle che ha in mano, e mette da parte, senza mostrarle, 4 carte coperte a ricostituire il monte, che toccherà a chi prenderà l'ultima mano. « Solissimo». Lo sfidante che ha detto solissimo non tocca e non guarda le 4 carte del monte, che toccherà a chi prenderà l'ultima mano. « Solissimo» aggravato. Per aumentare il rischio, chi ha detto solissimo può soggiungere dividete o scegliete.

Se dice dividete gli avversari si dividono il monte prendendo 2 carte a testa, senza averle guardate; le inseriscono fra le proprie; ne mettono da parte, senza mostrarle, 2 a testa, coperte, a ricosti­tuire il monte, che toccherà a chi prenderà l'ultima mano.

Se dice scegliete gli avversari scoprono le 4 carte del monte e decidono chi le prenda, tutte o in parte; poi ciascuno ne mette da parte tante quante ne ha prese, coperte, senza mostrarle, a rico­stituire il monte, che toccherà a chi prenderà l'ultima mano. Svolgimento. Gioca per primo chi è primo di mano, non lo sfidante (ma si può aver deciso che abbia diritto a giocare per primo chi ha detto solissimo).

Tutto procede come nel Tressette. Chi fa l'ultima mano segna sempre 1 punto in più. Inoltre, chi fa l'ultima mano prende le 4 carte del monte e le conteggia fra le proprie. Conclusione della smazzata:

a) lo sfidante che aveva detto chiamo, se ha vinto la smazzata (cioè se ha fatto 6 o più punti) segna per sé + 2 (- l a cia­scuno degli avversari); se ha perso segna per sé - 2 (+ 1 a ciascuno degli avversari);

b) lo sfidante che aveva detto solo, se ha vinto la smazzata segna per sé + 4 (- 2 a ciascuno degli avversari); se ha perso segna per sé - 4 (+ 2 a ciascuno degli avversari);

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c) lo sfidante che aveva detto solissimo, se ha vinto la smazzata segna per sé + 8 (- 4 a ciascuno degli avversari); se ha perso segna per sé - 8 (+ 4 a ciascuno degli avversari);

d) lo sfidante che aveva detto solissimo soggiungendo dividete, se ha vinto la smazzata segna per sé + t 6 (- 8 a ciascuno degli avversari); se ha perso segna per sé - 16 (+ 8 a ciascuno degli avversari);

e) lo sfidante che aveva detto solissimo soggiungendo scegliete, se ha vinto la smazzata segna per sé + 32 (- 16 a ciascuno degli avversari); se ha perso segna per sé - 32 (+ 16 a cia­scuno degli avversari);

f) nel caso di cappotto (tutte le prese) ogni punteggio si rad­doppia;

g) nel caso di stramazzo (tutti i punti ma non tutte le prese) ogni punteggio si triplica.

Conclusione della partita. Si fanno tante smazzate quante bastano perché uno dei giocatori raggiunga i 21 punti (o i 31, o i 51).

Osservazioni. Il Terziglio o Terzilio o Tersilio o Calabresella è uno dei più brillanti giochi di carte italiani; è uno dei pochi giochi di carte italiani descritti in importanti repertori stranieri come per esempio Parlett 1979.

Secondo il Lensi la più antica testimonianza sulla Calabresella sa­rebbe da datare al 1822 (n. 137), sulla Calabresella o Terziglio al 1844 (n. 131). In modo semplificato lo descrivono il Gelli 1901 e moHi repertori successivi. Una descrizione accurata si trova in Lozupone 1981.

C'è una variante per cui chi ha in mano 2 Tre o 3 Due è obbligato a dire chiamo. Ci sembra una limitazione di libertà che snatura un gioco il quale invece fa proprio appello al massimo d'estro. Il Terziglio può essere giocato, al meglio delle sue possibilità, con uno spirito analogo a quello della Brìscola chiamata; con la variante dell'obbligo di chia· mata diventa un gioco serioso, più vicino al Tressette.

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Tressette

• Persone 4, a coppie affrontate . • Mazzo Italiano di 40 carte.

Capacità di presa. In ordine decrescente Tre, Due, Asso, Re, Ca­vallo o Donna, Fante, Sette, Sei, Cinque, Quattro. Modalità di presa. Una carta di capacità superiore prende quelle di capacità inferiore dello stesso seme.

C'è obbligo di rispondere al seme, ma non obbligo di sormon­tare (si deve giocare una carta dello stesso seme di quella che ha giocato chi è primo di mano, se la si ha; ma, all'interno di quel seme, si può giocare la carta che si vuole; se non si hanno carte per rispondere, si gioca una carta qualsiasi, di un seme qualsiasi). Valori di punteggio. La gerarchia non corrisponde a quella della capacità di presa.

Asso l punto Tre, Due, Re, Cavallo,. Fante 1/3 di punto Le altre (cartine o scartine) O

A certe condizioni, l punto in più per chi prende l'ultima mano. Modalità di conteggio. Si raggruppano a 3 a 3 le carte che valgono 1/3 di punto e si tien conto solo delle unità, trascurando le even­tuali frazioni residue di 1/3 e 2/3. Distribuzione. lO carte coperte a testa.

Se il valore totale delle lO carte che un giocatore ha ricevuto è inferiore a l punto, il giocatore può chiedere che si proceda a una nuova smazzata, purché lo chieda prima dell'inizio del gioco. Scopo. Fare il maggior numero possibile di prese, badando a pren­dere le carte che han valori di punteggio, e a vincere l'ultima mano. Svolgimento. Chi è di mano mette in tavolo una carta a sua scelta, scoperta.

Ciascuno degli altri fa altrettanto, rispettando l'obbligo di rispon­dere al seme.

Se nessuno risponde al seme vince la mano chi ha giocato per primo.

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Se qualcuno risponde al seme vince la mano chi ha giocato la carta con capacità di presa più alta in quel seme.

Il membro di una coppia che per primo vince una mano raccoglie le carte e le mette coperte davanti a sé in un mucchietto. Le prese successive di quella coppia vanno impilate sulle carte della prima presa.

A chi ha fatto una presa tocca di mettere per primo la carta in tavolo nella mano successiva.

Cosi fino all'esaurimento delle carte. Segnali. Dopo la prima mano chi gioca per primo può dire:

a) busso o « la meglio» (cioè « la migliore ») per invitare il compagno a giocare la carta con maggior capacità di presa che ha in quel seme, e, nel caso che il compagno prenda, a uscire nella mano successiva con carta dello stesso seme; invece di dire busso può picchiare un pugno sul tavolo, o un pugno su quella carta;

b) volo o « piombo » per indicare che la carta che sta giocando è l'unica che ha o l'ultima che gli resta in quel seme; invece di dire volo può lasciar cadere la carta sul tavolo in modo che vi si posi planando.

Alcuni permettono un terzo segnale: striscio o « liscio» per indi­care che posseggono varie carte di quel seme; invece di dire striscio si può giocare la carta facendela strisciare verso il centro del tavolo. Fme della smazzata. Ciascuna coppia conta i propri punti.

Tranne che nei casi di stramazzo e stramazzone (vittorie speciali) conta l punto in più chi ha fatto la « dietra », cioè chi ha vinto l'ultima mano. Fine della partita. Vince la coppia che per prima raggiunge 21 punti. La coppia perdente paga ai vincitori una posta convenuta.

Come nella Scopa (e a differenza della Brìscola) la partita può concludersi durante una smazzata, interrompendo la smazzata, quan­do una coppia sa di aver raggiunto i 21 punti e « si dichiara fuori » o « si chiama fuori ». Vittorie speciali. Indipendentemente dal punteggio che ciascuna coppia ha raggiunto in quel momento, la partita si tronca con:

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1. Cappotto o «colIada» (2 volte la posta) se una coppia fa tutte le mani in una smazzata.

2. Stramazzo (3 volte la posta) se una coppia fa tutti i punti e l'altra coppia fa almeno una presa ma nessun punto (non vale la regola del punto per l'ultima mano).

3. Cappottone o « colladone » (6 volte la posta) se un giocatore da solo fa tutte le mani.

4. Stramazzone (8 volte la posta) se un giocatore da solo fa tutti i punti e l'altra coppia fa almeno una presa ma nessun punto (non vale la regola del punto per l'ultima mano).

Per un quinto tipo di vittoria particolare, il collatondrione, vedi le dichiarazioni di onori. Dichiarazione di onori. Terminata la distribuzione, chi possiede certe combinazioni speciali può dire « buon gioco ».

Al termine della prima mano annuncerà (<< accuserà ») tali com­binazioni registrando subito a vantaggio proprio e del compagno i punti corrispettivi.

Le combinazioni speciali del Tressette sono 7 e si chiamano « onori ». Vedi illustrazione n. 11.

Nei casi 4, 5, 6 il dichiarante precisa in quale seme sia sguarnito (p. es. « 3 Assi senza bastoni»).

Nel caso 7 annuncia « napoletana» specificando il seme (p. es. t( napoletana a coppe »). Chi ha una « napoletana decima» (tutte le carte di un dato seme) annuncia collatondrione e vince 16 volte la posta. Il collatondrione è diverso dal cappottone: si vince per cappottone avendo giocato l'intera smazzata, si vince per collaton­drione per via di semplice annuncio. Si può vincere per collatondrio­ne solo se si è deciso di giocare con dichiarazione di onori.

Se si gioca con dichiarazione di onori la partita va non ai 21 punti bensì ai 31 o ai 51.

Si può decidere di giocare senza dichiarazione di onori. La dichiarazione di onori non è obbligatoria anche se si sia

deciso di praticarla.

Giochi affini. 1. Tressette in Due a metà mazzo. 2. Tressette in Due a Pizzichino.

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3. Terziglio (Tressette in tre con licitazione; con monte; sempre uno contro due).

4. Tressette con la Guercia (Tressette in tre, senza licitazione; sempre uno contro due).

5. Tressette con la Chiamata del Tre (Tres sette in quattro con formazione inconsueta delle coppie).

6. Madrasso (Tressette briscolato in quattro a coppie). 7. Ouadrigliati (Tressette in quattro con licitazione; senza monte;

a coppie o uno contro tre). 8. Mediatore (Tressette in quattro con licitazione; con monte; a

coppie o uno contro tre). 9. Ouintiglio (Tressette in cinque con licitazione; senza monte; due

contro tre o uno contro quattro). lO. Sestiglio (Tressette in sei con licitazione; con monte; famiglia

del Mediatore; due contro quattro o uno contro cinque).

onori punti

1 4 Tre

2 4 Due 4

3 4 Assi

4 3 Tre

5 3 Due 3

6 3 Assi

7 Tre, Due e Asso dello stesso seme

Illustrazione n. Il

Tressette. Dichiarazione di onori.

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Il. Ottigliati (Tressette in otto con licitazione; senza monte; fami­glia dei Ouadrigliati; due contro sei o una contro sette).

12. Tressette a non prendere in cinque, ciascuno per sé (Rovescino, Cotecchio).

Il lettore troverà questi giochi sparsi nel libro, in ordine alfabetico. Il Terziglio, il Rovescino e la Brìscola chiamata sono classici, bisogna conoscerli come bisogna conoscere il Tressette (e anzi il Terziglio è il più geniale dei giochi italiani, e la Brìscola chiamata è ii più diver­tente che ci sia). Madrasso, Ouadrigliati e Mediatore sono interessanti. Se si è in due, il Tressette a Pizzichino fa allegria. Tutte le altre sono invenzioni da disperati, recuperabili all'uso solo in caso di naufragio su isola deserta.

Nomenclatura. Nel Tressette e in tutti i giochi affini hanno nomi particolari alcune combinazioni:

- napoletana (già vista per le dichiarazioni di onori: Tre, Due, Asso dello stesso seme

- ventinove: Tre e Asso dello stesso seme - ventotto: Due e Asso dello stesso seme - venticinque: Tre e Due dello stesso seme. I tre nomi numerali fanno riferimento ai valori della Primiera

(intesa come gioco, sinonimo di Goffo, e non come combinazione speciale di carte nel gioco della Scopa): Tre = 13 punti, Due = 12, Asso = 16.

Tre, Due, Asso si chiamano pìzzichi o stilli. Stillo secondo, terzo, quarto e più è lo stillo accompagnato da

1, 2, 3 e più carte dello stesso seme.

Osservazioni. Con la Brìscola e la Scopa, il Tressette è il gioco più diffuso in Italia, secondo regole che si possono considerare codificate a livello nazionale. Si può considerare codificato a livello nazionale an­che il nome, Tressette con due s e due t (forme desuete Tresette, Tressete, Tressetti, Trissetti).

Il Tressette e giochi affini si possono ritenere il nucleo più originale e brillante delle tradizioni italiane nei giochi di carte.

La più antica menzione del Tressette potrebbe essere quella che si legge nel Ricciardetto di Niccolò Forteguerri (scritto a Roma fra il 1716 e il 1725, ma rimaneggiato fino alla morte, 1735, dal suo autore, e pubblicato postumo nel 1738:

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E quando in casa si son ritirati, ora da questa, ora da quella signora cortesemente sono visitati e trattenuti all'ombre, a' tarocchini, a primiera, a tresette, a trlonfini. (XII 46)

La datazione del Ricciardetto dunque è elastica, 1716-1725-1735-1738.

Secondo la bibliografia del Lensi 1892 il trattato più antico sul Tressette sarebbe piacentino, del 1726 (n. 13), seguito da un testo letterario veneziano del 1756 (n. 180) e da un trattato modenese del 1760 (n. 127).

Prescindendo da un testo s.d., s.l. (n. 20). il più antico trattato napoletano sul Tressette sarebbe del 1777, ristampato fino al 1827 (nn. 108-111). Seguirebbero ancora trattati veneziani del 1832 e 1834 (nn. 106, 178) prima di arrivare al famoso Chitarrella in latino maca­ronico, che sarebbe stato pubblicato con traduzione italiana a fronte a Napoli nel 1846 (n. 27), e con traduzione in napoletano da Luigi Chiurazzi nel 1886 (n. 30). Seguirebbero testi letterari veneziani del 1883 (n. 103) e napoletani del 1886 (n. 168).

Sembra che tutta la questione debba essere ristudiata a fondo. Del Chitarrella intanto si hanno innumerevoli ristampe, anche recentissime.

Fra i trattati « storici» va ricordato Il Tressette e il TerzigIio di M. Elevi, stampato dalla Hoepli nel 1931 e ristampato anastaticamente dalla Cisalpino nel 1976. Ma il testo fondamentale è quello del Lozu­pone 1981, di cui s'è detto nella introduzione.

Dall'opuscolo anonimo Cento vere regole per ben giuocare in quattro il Tresette in genere con indice alfabetico, Bonvecchio, Venezia 1843, riportiamo L'essenza del giuoco di Tresette del celebre R.M., sonetto:

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Se nel gentil tresette io non uguaglio i fini giocator di primo grido, noto i miei punti, ave son forte io sfido, gli 'nviti osservo e dei compagni il faglio.

Se dar cappotti o riparar non vaglio, se un tre non vibro a tempo, o un asso fido non passo con franchezza, almen non sgrido gli altri, e confesso umìle il proprio sbaglio.

Ma non vo consumar la miglior parte dei spirti miei nello star sempre attento, e far d'un gioco un serio affare. un'arte:

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ciò fora opporsi al liberaI talento del giocoso inventor, che, nelle carte, volle darci un piacer, non un tormento.

Non sono versi eccelsi, ma il concetto ci sembra da raccomandare ai lettori del presente volume.

Tressette con la Chiamata del Tre

t un Tressette in quattro nel quale non si prestabilisce l'abbinamento delle coppie. Ci si siede al tavolo, fronteggiandosi due a due, in modo casuale. Chi è a destra del mazzi ere deve subito chiedere un Tre, specificandone il seme.

Chi ha quel Tre è il compagno, e non si palesa. Le conseguenze sono due. 1. Per un certo numero di mani, fin che il compagno non ritiene

opportuno svelarsi, vuoi per condotta di gioco, vuoi giocando il Tre chiamato, questo Tressette può assumere un po' un'aria da Brìscola chiamata.

2. Svelatosi il compagno, possono risultare interessanti le conse· guenze della posizione dei compagni al tavolo, se non risulta « incrociata », cioè se non si fronteggiano. Avere il compagno contiguo, sopramano (a sinistra) o sottomano (a destra) altera la strategia del gioco.

Descritto in Lozupone 1981.

Tressette con la Guercia

t un Tressette in cui si distribuiscono le carte normalmente, come se si fosse in quattro, ma si gioca in tre, uno contro due.

Chi è solo manovra le carte del compagno inesistente, che vengono scoperte.

Variante: chi manovra le carte scoperte (le carte della guercia) scopre anche le proprie.

Il Tressette con la Guercia si chiama anche Tressette col Morto. Descritto in Gelli 1901 e in Lozupone 1981.

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Tressette in Due a M età Mazzo

~ un Tressette che si gioca in due distribuendo a ciascuno lO carte. Le rimanenti vengono messe, impilate, coperte, in mezzo al ta­

volo, a costituire il tallone. Gioca l'avversario del mazziere, e il mazziere risponde, obbe­

dendo alle regole. Chi ha fatto la presa la pone davanti a sé, coperta; poi prende

la carta sovrastante del tallone, la mostra e la inserisce fra le pro­prie. Cosi fa l'avversario.

Chi ha fatto la presa gioca, l'altro risponde. Così fino all'esauri­mento del tallone e, esaurito il tallone, fino all'esaurimento delle lO carte restate in mano a ciascuno.

Se si gioca con dichiarazione di onori, si deve dire «buon gioco» come a Tressette prima di mettere la carta in tavolo, e si deve dichiarare l'onore appena giocata la carta (prima che giochi l'avversario). Gli onori che si vengono a costituire prendendo la carta dal tallone vanno dichiarati immediatamente.

Il modo di prender carte dal tallone corrisponde a quello della Brìscola in due, con la differenza che nella Brìscola in due la carta pescata non si mostra. Sia nel Tressette in due a metà mazzo, sia nella Briscola in due prende la carta sovrastante del tallone chi ha fatto la presa; nella Scopa in due invece prende sempre la carta sovrastante del tallone chi è stato primo di mano nella prima mano.

Osservazioni. Descritto in Lozupone 1981, che chiaramente distingue questo tipo di Tressette in due da quello detto a pizzichino. Altri autori attribuiscono il nome di Pizzichino o Spizzichino alla variante testé descritta.

Tressette in Due a Pizzichino

~ un Tressette che si gioca in due con un tipo di distribuzione particolare.

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Il mazziere dà all'avversario e a sé le carte, coperte, in mazzetti di 5, che stanno allineati davanti a ciascuno.

L'avversario prende due mazzetti a caso e li capovolge, cosi che se ne veda la prima carta. Prende gli altri due mazzetti e li apre, tenendoli in mano, senza mostrarli all'avversario. Se le carte sc~ perte dei mazzetti sono pìzzichi (Tre, Due Asso), li prende e li inserisce fra le carte che ha in mano. Se così facendo scopre altri pizzichi, prende via vla anche questi.

Altrettanto fa il mazziere. L'avversario gioca una carta, scegliendola fra quelle che ha in

mano e le due scoperte dei suoi due mazzetti; se cosi facendo scopre altri pìzzichi si comporta come sopra.

Altrettanto fa il mazziere. Per la dichiarazione di onori ci si deve comportare come nel

Tressette in due a metà mazzo. Peculiare di questo gioco è il fatto che i due giocatori, nelle prime

10 mani, possono trovarsi a disporre di un numero di carte diverso, o diversissimo.

Osservazioni. Descritto in Lompone 1981, è gioco di grande diverti­mento, almeno nelle prime lO mani; dopo, diventa serio come un Tressette qualsiasi.

Tressette in Nove

Sono gli Ottigliati giocati in nove: ii mazziere non partecipa al gioco, ma si può studiare un modo perché partecipi al pagamento delle poste.

Descritto in Lompone 1981.

Tressette in Sette

~ il Sestiglio giocato in sette: il mazziere non partecipa al gioco, ma si può studiare un modo perché partecipi al pagamento delle poste.

Descritto in Lozupone 1981.

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Trisac

• Persone 4, ciascuno per sé . • Mazzo Bresciano di 52 carte.

Valori di punteggio. 1. Assi, Re, Cavalli, Fanti, Dieci, Due = Il punti. 2. Nove, Otto, Sette = valore facciale. 3. Il Cavallo di denari, i Fanti di ogni seme e il Dieci di denari

sono i « concìni »: hanno il valore di jolly, ma in qualsiasi combinazione entrino, qualsiasi carta sostituiscano, valgono sempre Il punti.

4. Sei, Cinque, Quattro, Tre sono le «piccoline» e valgono come gettoni di penalizzazione.

Combinazioni. In ordine ascendente: 1. Conta: 2 carte dello stesso seme. 2. Terna: 3 carte dello stesso valore. 3. Fluss: 4 carte dello stesso seme. 4. Quaterna: 4 carte dello stesso valore. Nel confronto fra due combinazioni uguali prevale quella le cui

carte assommano il maggior valore di punteggio. Se si incontrano due combinazioni uguali di pari punteggio la mano va a monte. Scopo. Affibbiare agli avversari i gettoni di penalizzazione, scom­mettendo sulla forza della propria combinazione, in modo d'uscire al più presto dal gioco. Preliminari. Il mazziere toglie dal mazzo le piccoline e le mette scoperte al centro del tavolo, a ventaglio. Le 36 carte rimanenti sono il tallone. Prima distribuzione. 2 carte coperte a testa. Prima fase del gioco. Chi è primo di mano può passare o chia­mare. Se il primo è passato, anche i successivi possono passare o chiamare. Se tutti passano, ciascuno mette in banco coperte le proprie carte (nel pozzo degli scarti) e si fa una nuova distribu-

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zione. Chi chiama, lo fa annunciando il numero di piccoline che scommette di poter affibbiare agli avversari, confidando sulla forza della propria combinazione e sulla possibilità di rafforzarla ulterior­mente con la seconda distribuzione. Non si può chiamare un numero di piccoline superiore a quello delle piccoline in tavolo: e questo vale anche per la seconda fase del gioco. Dopo che uno ha chia­mato, gli avversari, alloro turno, possono:

a) chiamare un numero di piccoline più alto (come sarebbe rilanciare al Poker), se possibile per il rapporto fra la chia­mata e il numero di piccoline in tavolo;

b) accettare la chiamata senza modificarla (come sarebbe vedere al Poker);

c) rinunciare alla mano (come sarebbe andarsene al Poker); chi rinuncia prende una piccolina e la tiene scoperta davanti a sé.

Se qualcuno chiama dopo che uno o più giocatori erano passati, questi devono a loro volta scegliere fra le tre possibilità su elencate. Seconda distribuzione. Altre 2 carte a testa a tutti (tranne a chi aveva rinunciato): questa volta, scoperte. Restano in tavolo davanti a ciascuno. Seconda fase del gioco. "B primo di mano chi aveva chiamato il numero di piccoline più alto. Egli può:

a) chiamare un numero di piccoline più alto ancora, sempre se possibile;

b) mantenere la precedente dichiarazione (dicendo « per quelle », come sarebbe far cip al Poker).

Gli altri hanno tre possibilità, come nella prima fase del gioco. Chi sceglie la terza possibilità, rinunciando al gioco, prende il nu­mero di piccoline che era stato scommesso nella prima fase del gioco. Terza fase del gioco. Chi ha chiamato il numero di piccoline più alto scopre le prime due carte, così da mostrarle tutte e quattro. Così fanno gli altri restati in gioco. Vince chi ha la combinazione più forte. Gli altri prendono il numero di piccoline per il quale ave­vano accettato la scommessa. Se a qualcuno toccano più piccoline di quante siano in tavolo, se ne tien conto. Azzeramento delle piccoline. Se tutti i giocatori hanno una o più piccoline in mano, chi ne ha di meno se ne libera mettendole in tavolo. Gli altri ne mettono Ìn tavolo un numero uguale.

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Uscire dal gioco. Chi resta senza piccoline esce dal gioco: è già uno dei vincitori. Si dice che « è staccato». Gli altri sono ancora « attaccati ». Chi esce dal gioco deve estraniarsene completamente. Se il mazziere gli passa il mazzo da tagliare, ed egli lo fa per distra­zione, rientra in gioco. Conclusione del gioco. Uscito un primo giocatore, si gioca in tre. Uscito un secondo giocatore, si gioca in due. Uscito un terzo gioca­tore, il quarto è il perdente e paga agli altri la posta convenuta. Esaurimento del tallone. Quando nel tallone restano solo quattro carte, il mazzi ere raccoglie gli scarti, li mischia, fl.'l tagliare, e se ne serve immediatamente come nuovo tallone. Ciò può avvenire dopo una prima distribuzione, dopo una seconda distribuzione, o nel corso di una distribuzione.

Osservazioni. Questo gioco è stato descritto come tipico del Bresciano e in particolare delle terre gardesane da Alessandro Chizzoni e Lucia Maffioli sul mensile «Pergioco », a. III n. l, Milano gennaio 1982, pagg. 26-28. Gli autori lo collegano al «gilé mantovano e zaratino» (citando «un libro degli inizi del secolo che parla dei divertimenti e dei giochi della città di Zara »). Lo paragonano al Brag e al francese Quattrocentoventuno.

Uomo nero

• Persone Da 4 a 8, ciascuno per sé . • Mazzo Italiano di 40 carte.

Distribuzione. Si tolgono dal mazzo tutti i Fanti, tranne quello di picche o di spade. Le carte rimanenti si distribuiscono, coperte, ai giocatori, in modo che ciascuno ne abbia lo stesso numero (o ne abbiano una in più i giocatori immediatamente alla destra del mazziere). Svolgimento. Ciascuno osserva le proprie carte e scarta a due a due quelle di pari valore (due Assi, due Re ecc.).

Il primo di mano porge il ventaglio delle proprie carte, coperte,

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al vicino di destra, che ne prende una a caso. Effettuato, se possi­bile, lo scarto di una nuova coppia che si sia fonnata fra le sue carte, questo giocatore porge a sua volta il ventaglio delle proprie, coperte, al vicino di destra.

Cosl, anche per molti giri, finché, scartata l'ultima coppia, resta in mano a un giocatore il Fante di picche o di spade. Costui ha perso.

Osservazioni. Il Gelli 1901 descrive questo gioco chiamandolo « L'Orno nero! » con punto esclamativo. E commenta: « Questo giuoco è proibito perché è origine di dispute e risse; perché si presta a trucchi disonesti e a perdite rilevanti, quando vi si fanno scommesse, o si condanna il perdente a pagare somme vistose ».

Già desta un certo stupore trovare nella cronaca nera il Mercante in fiera; leggere queste cose sul conto dell'Uomo nero fa riflettere sul concetto di «gioco d'azzardo» e sulle sue connotazioni intrinseche di inCantilità, o sulla «discesa» dei giochi d'azzardo a livelli inCantili. Mai visto giocare l'Uomo nero se non da bambini.

Roger Caillois (1913-1978) ha avuto delle idee sui giochi come « riti svuotati del loro significato profondo ». :t sembrato di poter verificare queste idee sia all'interno di una stessa cultura per i labirinti e gli indovinelli, sia, meglio, nel passaggio da una cultura all'altra per Moksa-Patamu e Snakes and Ladders. Forse la « discesa» di un gioco dall'azzardo adulto al trastullo inCantile è Cenomeno analogo (con pos­sibilità di «risalita» dal trastullo infantile all'azzardo adulto all'in­terno della stessa cultura, in una stessa generazione). Vedi Roger Caillois, J giochi e gli uomini, con note di Giampaolo Dossena, Bom­piani, Milano, 1981, pagg. 75, 239-40. Vedi anche una mia intervista a Alessandro Catalano Rovaglioli, autore dell'aggiornamento del Libro completo dei giochi di casinò di Lorenzo Della Moglie, Mursia, Milano 1983, pubblicata su « La Stampa» di Torino del 4 giugno 1983 (sup­plemento del sabato, « Tuttolibri »).

Sinonimi di Uomo Nero: Orno Nero, Ornino Nero, Valletto Nero, Peppa Tencia (a Milano: «la sudicia Giuseppa »; in questo caso non è letale il Fante di picche bensi la Donna di picche; trovo attestata la Corma Peppa Tencia già in Girardi 1905).

Cercando sui dizionari leggiamo nel DEI: «omonero: servitore ve­stito di nero che segue il feretro ». Allegria!

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Whist

Lo descriviamo nel volume di questa stessa collana Giochi di carte internazionali.

Secondo il DEI la voce «whist» compare in Italia nel 1780 circa. Il Lensi 1892 registra una dozzina di titoli relativi al Whist, stampati in tutt'Italia tra il 1765 (quindici anni prima) e il 1890. Descritto dal Gelli 190 l e in repertori successi vi.

Zecchinetta

Il DEI e altri dicono che «zecchinetta» è forma alterata di «lanzi­chenecco »: ne conseguirebbe che le regole della Zecchinetta siano quelle del Lanzichenecco.

Questo è improbabile, col passar dei secoli, e coll'andar da Venezia alla Sicilia.

Il DEI data la voce «zecchinetta» al XVIII sec. e registra forme locali come il milanese Lanzinèt, il piemontese Schiné, il veneziano Zechinéto, il calabrese Zichinèttu.

Il Lensi 1892 regIstra un titolo napoletano del 1886 relativo allo Zecchinetto.

Leggiamo ne Il giorno della civetta (1961) di Leonardo Sciascia (nato nel 1921):

Il capitano guardò interrogativamente la donna. Lei fece di no più volte scuotendo la testa. Il maresciallo, con gli occhi che tra le palpebre parevano diventati due acquose fessure, violentemente si protese a guardarla: e lei precipitosamente, come se il nome le fosse venuto su con un singulto improv­viso, disse « Zicchinetta ».

« Zecchinetta » tradusse subito Sposito «giuoco d'azzardo: si fa con carte siciliane ... »

Il maresciallo gli diede un'occhiataccia: ché il momento della filologia era passato, ora avevano il nome; e che signi­ficasse giuoco di carte o santo del paradiso non aveva im­portanza (e nella sua testa talmente squillavano i segnali della caccia, eccitandolo, che il santo del paradiso si trovò a battere il naso sulle carte siciliane).

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Questo volume è stato ristampato nel mese di maggio 1988 presso Arnoldo Mondadori Editore S.p.A.

Stabilimento Nuova Stampa Mondadori - Cles (TN) Stampato in 1talia - Printed in ltaly I edizione OSC(lJ' giochi maggio 1988

Oscar Mondadori Periodico trisettimanale: 19 ottobre 1984

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59!J Questo volume è stato ristampato nel mese di maggio 198/1

presso A moldo Mondadori Editore S.p.A. Stabilimento Nuova Stampa Mondadori - Cles (TN)

Stampato in Italia - Printed in ltaly l edizione Oscar giochi maggio 1988

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