Gilles Deleuze, Immanenza tr. it. a cura di F. Polidori, Mimesis, Milano 2010, pp. 45, € 3,90 Lo scritto di Deleuze Immanenza: una vita…compare sulla rivista “Philosophieˮ appena due mesi prima della sua morte. Si tratta di un testo breve, quasi un memorandum, nell'ordine di un testamento che concerne la filosofia futura. Essa, se vorrà raccogliere il lascito deleuziano, dovrà guardare nella direzione indicata dal gesto ultimo del filosofo, quella della vita. I due concetti di Immanenzae vitanon sono legati dalla congiunzione e, peraltro così presente nella titolazione deleuziana, ma da una precisa punteggiatura; l'uso dei due punti e dei puntini di sospensione non è affatto casuale. Elementi per una filosofia dell' interpunzione si trovano già in Heidegger, pensiamo al valore ermeneutico del trattino in espressioni come In-der-Welt-Sein, che articola la dialettica dell'unità nella separatezza. In Deleuze i due punti che seguono immanenza stanno a significare qualcosa in meno dell'identità, resa dal segno di uguaglianza, e qualcosa in più della connessione data dal trattino. Adorno nel suo trattato sulla punteggiatura afferma che i due punti sono il semaforo verde nel traffico del linguaggio, questo via libera sta allora a significare «una sorta di transito senza distanza né identificazione, qualcosa come un passaggio senza mutamento […] quel movimento che Deleuze, giocando sull'emanazione platonica, chiama immanazione» (Agamben, L'immanenza assoluta, in La potenza del pensiero, 2010, p. 389). I tre punti, invece, rinviano al virtuale, a una vita pensabile solo come “tutto non attualeˮ, come ciò che ha realtà senza avere attualità. Il virtuale è creazione di differenze, è ecceità, singolarità; ecco perché «una vita contiene solo virtuali» (Deleuze, Immanenza, 2010, p. 12). Che cos'è l'immanenza? Una vita…, risponde Deleuze. Come era facile prevedere i due punti hanno assunto la forma del predicato esistentivo è, e l'articolo indeterminativo singolarizza senza individualizzare. Dire che l'immanenza è una vita non significa in alcun modo attribuire l'immanenza alla vita come a un soggetto, al contrario l'immanenza è riferita se stessa, una vita è l'immanenza di un'immanenza, è vertigine filosofica. Nessuno meglio di Dickens, afferma Deleuze, ha narrato che cos'è una vita. Il rimando qui è ad Our mutual friend: Mr. Riderhood ha in sé una scintilla di vita che lo eccede, che non combacia con la sua individualità, con la canaglia che abita dentro di lui: «the spark of life within him is curiously separable from himself». La vita nella sua eccedenza si manifesta nel moribondo vituperato in vita e curato e sollecitato in punto di morte, o nel neonato che non possiede individualità ma caratteri singolari: un sorriso, uno sguardo, un'espressione del viso. In altre parole una vitasi palesa nel suo carattere impersonale, inassegnab ile, «vita singolare immanente a un uomo che non ha più nome, sebbene non si confonda con nessun'altro» (Deleuze, Immanenza, cit., p. 11).