GianCarlo Signore...vano il paese avito in cerca di lavoro e, in molti casi, anche di dignità....

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GianCarlo Signore

I SEGRETI PER VIVERE BENE

E A LUNGODalla medicina alla tavola

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È con molto piacere che presento la pubblicazione del dottor GianCarlo Signore, mio carissimo allievo che ha voluto dedicare questo suo lavoro all’alimentazione sa-lutare che assicura vita e benessere per lunghissimi anni.

L’opera è completa e illustra tutti i vari aspetti dell’alimentazione: dalla compo-sizione degli alimenti, al loro metabolismo quando introdotti e consumati giornal-mente, a come devono essere conservati e cotti per mantenere il più possibile il loro valore nutritivo.

Da considerare con attenzione sono i suggerimenti per prevenire le più gravi pa-tologie causate da errate abitudini alimentari e che interessano organi vitali come il cuore, il sistema nervoso e quello endocrino.

Molto opportuna trovo la conclusione del testo, dove viene dettagliatamente il-lustrato quel modello di alimentazione mediterranea salutare che ho ultimamente presentato nei convegni tenuti nel Cilento e che è impostata sul piatto unico da con-sumare sia a pranzo sia a cena.

Importante è anche il suggerimento di integrare l’alimentazione con complessi vitaminici dove siano presenti tutte le vitamine nei dosaggi protettivi.

Alberto Fidanza

Professore di Fisiologia della nutrizione presso l’Università ‘la Sapienza’ di Roma

Presentazioni

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Presentazioni

Con molto piacere presento l’ultima fatica scientifico-letteraria di GianCarlo Signore, caro amico e collega, che, con competenza e cultura, vuole trasmettere ai suoi lettori le giuste raccomandazioni per conquistare la longevità; longevità che, come sottolinea nell’Introduzione, deve essere considerata un premio da conqui-stare attraverso un’attenta educazione alimentare e comportamentale. Tra nume-rose citazioni di diversi e importanti personaggi storici, come Epicuro, Cicerone, Ippocrate, Petronio e Durante, l’autore conduce il lettore, tra ricordi di fisiologia e raccomandazioni sulla cottura dei cibi, a riflettere sul proprio stile di vita, auspi-cando una salutare attività fisica e una scelta attenta degli ingredienti da utilizzare. Commenta e illustra gli sforzi che l’ONU e l’OMS stanno compiendo per scalzare le cattive abitudini sia alimentari sia di stile di vita e che sono causa o concausa di molte patologie e, quindi, di scarsa longevità. Ricordando al lettore i temi fonda-mentali che verranno trattati durante l’edizione dell’Expo di Milano del 2015 sul corretto impiego del cibo, GianCarlo Signore, con sagacia, autorevolezza e garbo, lo informa sul valore dei nutrienti, sull’impiego degli integratori, sul ruolo che medici e farmacisti devono ricoprire nella veste di educatori sanitari e sull’impor-tanza vitale dell’attività fisica. La profonda cultura farmaceutica dell’autore risalta particolarmente nella parte dedicata alla fitoterapia e all’impiego delle tante piante medicinali che possono coadiuvare la dieta per il raggiungimento di uno stato di salute ottimale. Infusi, decotti ed estratti fluidi sono illustrati e consigliati al lettore, con professionalità rigorosa e puntuale, affinché li possa impiegare con sicurezza. Particolarmente interessante ho trovato sia la raccomandazione di esaminare con cura ciò che la nostra pelle rivela e quanta attenzione si debba riservare a essa, sia le pagine che contengono le notizie riguardanti diete diverse da seguire. Il libro si conclude con una corposa disamina dell’alimentazione mediterranea, erronea-mente definita dieta, e con preziosi consigli riguardanti la composizione dei pasti, dalla colazione al pranzo e alla cena, intervallati con rigorosi e opportuni ‘spuntini’ del mattino, del pomeriggio e prima di coricarsi per la notte.

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VII

Presentazioni

Le ultime pagine racchiudono alcune riflessioni che confermano e confortano il mio più che lusinghiero giudizio sul testo. Infatti, partendo da una citazione di J.W. Goethe, il collega Signore ricorda a tutti noi le parole chiave necessarie per comprendere appieno e fare nostra la longevità: alimentazione mediterranea, cu-riosità e voglia di conoscenza, attività fisica, amore per il mondo che ci circonda. Parole più appropriate e dense di significato non potevano essere scritte e, condi-videndole appieno, ringrazio GianCarlo del suo encomiabile lavoro che tornerà molto utile a tutti i suoi lettori.

Giulio Cesare Porretta

Docente di Tecnologia socioeconomica e legislazione farmaceutica

presso l’Universita ‘la Sapienza’ di Roma

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Prefazione

È sin dai primissimi anni Sessanta del Novecento che mi appassionai agli stu-di che allora presentava il professore svedese Gailor Hauser, studi che intendevano promuovere un nuovo tipo di alimentazione, la quale guardava con maggiore atten-zione ai nutrienti anziché ai diversi tipi di cibo, e questo proprio in un momento nel quale, abbandonata l’alimentazione tradizionale, si stava affermando quella offerta dall’industria alimentare, che in barba alle restrizioni patite durante la seconda guer-ra mondiale, offriva cibo in abbondanza, pronto per essere consumato. Si vennero a conoscere così cibi e sapori nuovi, dove il dolce non mancava e sotto il nome di ‘margarine vegetali’ venivano millantati grassi che in seguito sarebbero stati criticati e, infine, l’offerta delle proteine cominciò a essere larga ed invitante: carni in scatola, insaccati di ogni tipo, bovini, suini e polli allevati in batteria offrivano proteine, final-mente, per la prima volta nella storia dell’alimentazione, a prezzi invitanti.

Va ricordato che allora l’inurbamento era pressante, migliaia di persone lascia-vano il paese avito in cerca di lavoro e, in molti casi, anche di dignità. Trovare tanto cibo ‘pronto’ e a disposizione illudeva di trovarsi nel paese di ‘ben godi’ e tutti ne approfittarono come è giusto che fosse.

Ma, nel frattempo, alcuni ricercatori provenienti dalle diverse discipline, conflui-rono in una scienza che diverrà fondamentale per tutta l’umanità, che saprà indagare nella biochimica, in alcune patologie, nei comportamenti ecocompatibili, nel sociale. Gailor Hauser si limitò a far comprendere la differenza che c’è tra mangiare e nutrir-si, sottolineando l’importanza dei ‘nutrienti vivi’, come li definiva lui a scapito delle ‘calorie bianche’ che allora cominciarono a imperversare.

Al professore Hauser fecero seguito Ancel Keys, per i suoi studi sull’alimenta-zione mediterranea e il professore Alberto Fidanza, per aver individuato in maniera esaustiva i valori delle vitamine.

Il professor Alberto Fidanza sarà anche il mio docente di fisiologia nel corso di laurea in Farmacia presso l’università La Sapienza di Roma e certamente da lui ho appreso (e ancora apprendo) quell’entusiasmo che mi ha portato allo studio della Scienza della alimentazione.

Il desiderio di scrivere questo, che ampollosamente voglio chiamare ‘testo’, na-sce dalla constatazione, durante le mie lezioni, che anche nei professionisti della

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IX

Prefazione

salute a volte viene a mancare una cultura, che definirei ‘consequenziale’, mirata al conseguimento e alla tutela della salute. Uno zucchero, un aminoacido, una vi-tamina, un oligoelemento, non sono pagine a sé stanti di un libro o monografie da mandare a memoria, bensì ‘biocostituenti’ strettamente collegati tra loro, e tutti insieme danno la vitalità, quella Ippocratica Vis Sanatrix Naturae che ci consente di amare la vita per tutti i suoi molteplici aspetti. Le cose peggiorano sensibilmente nel sentire parlare quelle persone che hanno costruito la loro sedicente cultura su riviste di ogni genere e questo dispiace, perché arrecano danno a se stesse, quando con semplici, ma corrette informazioni potrebbero educarsi a essere i primi tutori e artefici della loro salute.

Questo testo ha appunto l’ambizione di inferire nella cultura del lettore, profes-sionista o semplice interessato, un maggior rispetto di se stesso, con l’osservanza di poche norme comportamentali; di maturare quindi quell’educazione alimentare la cui risultante dovrà essere: più vitalità, più vita.

Il lavoro scientifico che presento, spesso indulge in ricordi storici, perché interes-santi e divertenti ritengo, ma anche per lasciar comprendere come la salute in tutti i suoi aspetti sia una conquista che ha impegnato duramente l’uomo. E ancora oggi è una conquista, ricordando però che il premio va meritato.

Per potere avere una funzione educativa, necessariamente il mio lavoro inizia con lo studio (sia pure in maniera coinvolgente) dei nutrienti, senza la conoscenza dei quali non è possibile operare le nostre scelte alimentari quali-quantitative; parliamo infatti della Scienza della alimentazione, ma più correttamente dovremmo definirla Scienza della nutrizione.

Seguono la descrizione di alcuni alimenti che più caratterizzano la nostra alimen-tazione, con l’intento di evidenziare la loro valenza nutrizionale, ma anche di sfata-re quelle affermazioni ripetute dai più, che trovano il loro terreno fertile nella non conoscenza. Ho menzionato anche la corretta cottura, perché anch’essa concorre a conservare la valenza nutrizionale di un alimento.

Certo non poteva mancare un capitolo sulle vitamine, senza l’integrazione delle quali oggi non è possibile alimentarsi correttamente e proprio questa costatazione è stata messa in risalto.

L’OMS definisce la salute «una condizione di completo benessere fisico, mentale e sociale di un individuo» e quindi ho voluto parlare di tutti quegli aspetti che concor-rono a darci ‘la soddisfazione di se stessi’, dalla cosmesi, agli integratori, alla nocività del fumo, alle droghe di casa nostra (cacao, caffè, the) allo stile di vita in genere; alcune volte nel trattare questi argomenti sono stato dissacrante, in altre ho minimizzato, ma sempre per il rispetto del lettore.

Largo spazio è stato dato alla fitoterapia e all’attività fisica. Per la prima, ho par-lato solo di alcune piante officinali ampiamente sperimentate dalla tradizione, le cui virtù sono state confermate dalla moderna ricerca, le quali hanno una duplice valen-za: ci aiutano a migliorare le funzioni fisiologiche e, nella loro scelta, nel preparare l’infuso o il decotto, ci rendono artefici e responsabili del nostro stato di salute.

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X

L’attività fisica è forse il perno, insieme all’alimentazione, di quel ‘premio’ chiamato longevità e quindi ha meritato pienamente il mio interesse; naturalmente ho voluto parlare a coloro che nell’attività fisica vogliono vedere un gioco salutare e vitalizzante, invitando tutti gli altri sedicenti atleti all’osservanza di un programma sportivo con-cordato con il proprio medico e allenatore. A tal riguardo, preciso che in questo lavoro volutamente non sono stati trattati casi di particolari patologie che riteniamo debbano essere di competenza del medico e del farmacista educatore sanitario, ognuno per le sue competenze. Anche nel trattare la sindrome metabolica ho indicato solo il compor-tamento che si deve avere rispetto alla patologia, alla terapia e allo stile di vita.

Riconosco di aver peccato con qualche ripetizione, ma solo perché memore del vecchio adagio dei padri: repetita iuvant!

Il testo è rivolto a tutti, quindi ai giovani che devono imparare a rimanere tali, agli adulti, a chi ha superato gli ‘anta’, a coloro che sono avanti con gli anni (la parola vecchiaia è bandita) ed è proprio a costoro che mi rivolgo con affetto e con accorate parole, non solo perché sono un loro coetaneo, ma in quanto sono convinto che essere avanti con gli anni può riservare grandi gioie, nuova conoscenza e tante altre novità; dobbiamo riscoprire l’Ulisse che è in noi. Questo è un potente longevizzante!

Oggi, parlando della Scienza della alimentazione, sempre più vengono affrontati problemi sociali di rilevante importanza, perché investono esigenze che appartengo-no alla Terra intera, all’umanità. Nel 2015 all’Expo di Milano si parlerà:

* dell’abbattimento del 50%, entro il 2020, del cibo sprecato nel mondo

* di come realizzare un’agricoltura sostenibile ed ecocompatibile

* di intensificare la lotta all’obesità che oggi, a sottolineare il problema, viene defi-nita ‘globesity’

* della valorizzazione dell’educazione alimentare

Questo mio lavoro affronta i problemi denunciati e altri ancora, alcuni per sensi-bilizzare il lettore altri per educarlo a superarli.

L’alimentazione, come la serenità e l’attività fisica è il primum officium per meri-tare una vita sana e longeva, quindi ho voluto sensibilizzare il lettore su quattro stili alimentari che ritengo i più longevizzanti:

* le Linee Guida per una Sana Alimentazione Italiana, che meritano attenzione

* l’alimentazione vegetariana e quella vegana

* l’alimentazione adottata dai centenari di Okinawa

* quella chiamata dallo stesso Ancel Keys Alimentazione Mediterranea

Nel trattare questi quattro indirizzi alimentari non ho forzato il lettore a una scelta anziché a un’altra, ritenendo che debba essere lui a maturare una preferenza; anche se

Prefazione

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XI

Prefazione

devo ammetterlo, lascio trasparire la mia preferenza per l’antica e profumata Alimen-tazione Mediterranea.

Ho trattato anche la dieta dimagrante (lo fece pure Galeno scrivendo De Diaeta Subtiliante), non con accenti sensazionalistici, bensì mettendo in guardia il lettore più sui danni che sui vantaggi. Qualunque siano le scelte, le esigenze dell’organismo vanno rispettate! L’assunto di questo lavoro è proprio in quest’ultima affermazione.

Auguro una proficua lettura, ricordando, ancora una volta, che la sana longevità è un premio che va conquistato attraverso l’osservanza di un’attenta educazione ali-mentare e comportamentale. Il mio intento e la mia ambizione sono che questo testo sappia accompagnare il lettore alla meritata conquista: la longevità.

GianCarlo Signore

Presidente emerito del Nobile Collegio Aromatariorum Urbis

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Indice

Presentazioni V

Prefazione VIII

Introduzione 1

Capitolo 1 - L’evoluzione della longevità 5

Le donne vivono più a lungo 21Per chi è avanti con gli anni 21

Capitolo 2 - La digestione 25La masticazione 25La digestione gastrica 27La digestione enterica 29La funzione del colon 30

Capitolo 3 - I nutrienti 33Le proteine 36I grassi alimentari 43I carboidrati 50Le vitamine 52La fibra 54L’acqua 56

Capitolo 4 - Radicali liberi e antiradicali 61

Capitolo 5 - La cottura 65

Capitolo 6 - L’attività fisica 69

Capitolo 7 - Sapidizzanti e alimenti 75

Cloruro di sodio 75Caffè 78The 80Cacao 80Fruttosio 82Miele 83Formaggio 85Yogurt 86Pasta 87Pane 90Patate 91Legumi 93Peperoncino e aglio 94Vino 96

Capitolo 8 - Come fare la spesa 101

Capitolo 9 - Gli integratori alimentari 105

Capitolo 10 - La fitoterapia 109Piante officinali con azione antigastalgica e digestiva 111Piante officinali con indicazione coleretica 114Stimolanti la peristalsi intestinale 114Droghe depurative 115

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XVI

Indice

Antisettici polmonari 116Sedativi 117Vasoprotettivi 121

Capitolo 11 - Liberiamoci degli umori peccanti 125

Capitolo 12 - Considerazioni sulla stipsi e sulla sindrome metabolica 133

La sindrome metabolica 140

Capitolo 13 - Sul medico e il farmacista 145

Capitolo 14 - Sul sonno ristoratore 149

Capitolo 15 - La nostra pelle 155

Capitolo 16 - Sull’inopportunità del fumo 159

Capitolo 17 - Le diete 163La dieta vegetariana 176La dieta dimagrante 189

Capitolo 18 - I pasti fast food 201

Capitolo 19 - La saggezza viene dall’oriente 205

Capitolo 20 - L’alimentazione mediterranea 211

Riflessioni 221

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Sempre più spesso sentiamo parlare di Attesa di Vita, oppure definire un pro-dotto, sia esso un alimento o un integratore, Longevizzante. La prima perifrasi, a volte, viene espressa con maggiore sentimento: Speranza di Vita; entrambe stan-no ad indicare quanto tempo, secondo le statistiche, potrà durare la vita media di un popolo, di una Comunità, di una persona. Il termine Longevizzante non compare nei vocabolari eppure viene usato per indicare un alimento, un compor-tamento o una pratica salutistica che recenti studi hanno asserito essere capace di aumentare la nostra speranza di vita.

A dire la verità, in proposito vengono presentati due ordini di pensiero: il primo asserisce che tutto è già scritto nel nostro DNA e quindi della nostra at-tesa di vita bisogna ringraziare i genitori. Ma a questa riflessione, in gran parte vera, dobbiamo aggiungere che solo con un comportamento virtuoso, o meglio, rispettoso delle esigenze fisiologiche dell’organismo, si potrà godere pienamente (e felicemente) di quanto ci è concesso. L’altra riflessione ci invita a considerare la nostra speranza di vita una Conquista frutto di una Educazione, che senza ri-nunciare alle gioie della vita, sa scegliere quei comportamenti, tra i tanti, che non danneggiano l’organismo con veleni o sovraffaticandolo; la risultante di questa Educazione sarà una vita più longeva e più vitale.

Ci corre subito l’obbligo di precisare che la nostra longevità non può essere acquistata in farmacia né legata ad una speranza, bensì è una Conquista, come detto, frutto di una cultura specifica, dove fisiologia, scienza dell’alimentazione, cosmesi, rispetto dei Valori che caratterizzano l’Uomo, concorrono ad uno stile di vita che si farà garante della nostra longevità, o per dirlo con un aforisma, sa-prà donare: Vita agli anni ed anni alla vita.

Le statistiche ci informano che oggi l’attesa di vita, almeno in Italia, è di 80 anni per gli uomini ed 84 per le donne, non appaiano questi dati statistici una in-giustizia perpetrata dalla natura ai danni del maschio, c’è chi ipotizza che quando la donna avrà (meritatamente ne siamo certi) conquistato la completa parità dei doveri ed il medesimo stile di vita dei maschi, i due dati saranno sovrapponibili, nonostante la diversa natura.

Introduzione

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Introduzione

Giova sapere, nel frattempo, che attenti studi hanno accreditato all’Uomo una vita ipotetica, ma possibile, di 120 anni; come ricordava il premio Nobel Levi Montalcini il problema non è una protratta longevità, bensì una vita ragionevol-mente lunga, vissuta pienamente, della quale si è ancora in grado di apprezza-re gran parte delle sue gioie, da protagonisti. Appare ancora doveroso precisare che molte Comunità o Popoli non godono della statistica sopra riportata, infatti Finlandesi e Russi, solo per citarne alcuni, hanno una attesa di vita decisamente inferiore a Italiani, Greci, Spagnoli e Giapponesi, questo ci porta a costatare come tanto diversi siano tra loro gli stili di vita che determinano la speranza di vita.

Come detto, saper invecchiare è frutto di una educazione che Medici e Far-macisti dovrebbero, come primo loro dovere, voler dispensare, ma oggi un più diffuso acculturamento, un maggior desiderio di quello che i Padri chiamavano: vivere vitam ci permettono di auto educarci e di conoscere quelle regole, facili, che in fine risulteranno longevizzanti.

Corre l’obbligo, però, di definire la vecchiaia: «È una condizione di età avan-zata per lo più caratterizzata dal decadimento delle funzioni organiche». Una risposta corretta ma sibillina, perché non ci dice in quale momento della nostra vita inizia il decadimento, né in effetti può dircelo, infatti si può essere anziani a 65 anni e sentirsi giovani e vitali a 80. Le prime avvisaglie di questo processo si hanno quando ci danno del ‘giovanile’: è questo il momento di pensare al nostro futuro, sia pure con entusiasmo.

Oggi le età si dividono in più momenti: adulto, giovane, piena maturità, giova-nile, terza età; ma già prepotentemente si parla di quarta età. Sono tutti momenti in realtà che possono regalarci doni, basta avere la saggezza di saperli individuare ed apprezzare dimenticando le scorribande giovanili. Basta avere la saggezza di non rinunciare mai all’Ulisse che è in Noi, di essere sempre resi entusiasti dalla curiosità. Saggiamente Seneca dirà: «Non rinunzierò alla vecchiaia, perché per-mette gioie conosciute e nuove, l’importante è volerle!» Non vuole essere facile retorica, bensì è la prima delle regole per essere sempre partecipi alla vita. Un buon libro, un film appassionante, un museo, una piacevole conoscenza, la cura e la ricerca per il proseguimento di una apprezzata collezione, la scoperta del ‘navigare’ in Internet e tante, tante altre iniziative, tutte possono concorrere a creare in noi curiosità, stupore ed interesse a desiderare (il desiderio è una forte componente della vita).

A volte la vita ci prova con eventi che rattristano l’animo, come la perdita di un congiunto1, eppure è con la vita stessa che si deve sedare il dolore ed andare oltre, oltre le Colonne d’Ercole, direbbe Ulisse.

1 La perdita di un congiunto a noi caro è la prima causa di ansiogenicità.

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Introduzione

Chi scrive consiglia il lettore di andare a visitare Parco Sigurtà (Valeggio sul Mincio – Verona), un enorme parco-giardino allestito con l’amore di chi sa leg-gere nella natura: arte e bellezza. È un parco dove la maestà delle piante secolari fa ombra ad aiuole fiorite con coinvolgenti colori e profumi. In un punto di tan-ta meraviglia si erge una roccia sulla quale è stata riportata la riflessione di un anonimo, poetica e sommamente vera, della quale desidero farne parte il lettore. Si intitola:

La giovinezza

«È uno stato d’animoChe consiste in una certa forma della volontàIn una disposizione dell’immaginazioneIn una forza emotivaNel prevalere dell’audacia sulla timidezzaE della sete dell’avventura sull’amore per le comodità.Non si invecchiaPer il semplice fatto di aver vissuto un certo numero di anniMa solo quando si abbandona il proprio ideale.Se gli anni tracciano i loro solchi sul corpoLa rinuncia all’entusiasmo li traccia sull’anima.La noia, il dubbio, la mancanza di sicurezzaIl timore e la sfiduciaSono lunghi anni che fanno chinare il capoE conducono lo spirito alla morte.Essere giovani significa conservare a sessanta settant’anniL’amore del meravigliosoLo stupore per le cose sfavillanti e per i pensieri luminosi.La sfida intrepida lanciata agli avvenimentiIl desiderio insaziabile del fanciullo per tutto ciò che è nuovoIl senso del lato piacevole e lieto dell’esistenza.Resterete giovani finché il vostro cuore saprà ricevereI messaggi di bellezza, di audacia, di coraggioDi grandezza e di forza che vi giungono dalla terraDa un Uomo o dall’infinito.Quando tutte le fibre del vostro cuore saranno spezzateE su di esse si saranno accumulati Le nevi del pessimismo e il ghiaccio del cinismoÈ solo allora che diverrete vecchiE possa Iddio aver pietà della vostra anima.»

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Introduzione

È questa una esortazione poetica che parla all’animo, alla nostra volontà, ma una volta fatta propria, nel nostro quotidiano deve essere accompagnata dall’osservanza di un costume comportamentale ed alimentare che va sotto il nome di Comportamento Virtuoso, l’osservanza del quale è già premio a se stes-so, perché con esso prende forma un atteggiamento fiducioso, autorevole oltre che di autostima.

Abbiamo, correttamente, definito l’arte di non invecchiare una Conquista, ma prima ancora vediamo come questa sia una aspirazione che nasce con l’Uomo nel corso del suo periodo convenzionalmente definito ‘storico’.

Seguiamo l’evoluzione di questa Conquista, soprattutto per trarne un inse-gnamento.

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L’uomo primitivo, ma già il tipo definito di Cro-Magnon, vissuto 30.000 anni fa, ha appreso che il suo stato di malattia poteva essere curato con la preghiera, con il fuoco, i bagni e con erbe da lui ritenute medicinali. La costatazione che allontanando la malattia riusciva a scongiurare la morte deve avere attivato una ‘ricerca’ che per lo più va sotto il nome di storia della medicina e della farmacia. A ben osservare questa disciplina, si legge che anche i popoli primitivi, nel rivolgersi ai loro dei, sentivano il desiderio di purificarsi e non solo in senso mistico, bensì anche con l’intento di elimi-nare quelle scorie metaboliche che frenavano la loro vitalità. Sarà questa una pratica che giungerà, e con successo, sino ai nostri giorni.

Il popolo egiziano (3000 a.C.) si dedicò con particolare interesse alla medicina e alla preparazione dei farmaci, elaborò due farmacopee concedendo anche ampio spazio alla cosmesi, della quale disciplina Cleopatra diverrà indiscussa Magistra. La storia ci tramanda le sue capacità cosmetiche affidate alle tante droghe1 allora conosciute, ma anche ai bagni di latte di capra2 che prendeva regolarmente; non appaia questa una stra-vaganza, era una pratica finalizzata a proteggere il film idro-lipidico della cute, essen-ziale per la sua elasticità. Erodoto, nella sua Historia, ci tramanda che gli Egizi dovevano il loro stato di salute alle avanzate cure mediche certamente, ma anche all’osservanza di pratiche che li rendevano particolarmente sani, quindi più longevi di altri popoli me-diterranei. Infatti curavano l’igiene personale, digiunavano almeno una volta al mese, curando le funzioni intestinali con blandi lassativi, inoltre praticavano un’alimentazio-ne dove prevalevano cereali, legumi, verdure, pesce e poca carne.

La ratio di tenere pulito l’intestino era quella di allontanare quelle scorie proteiche che, in ambiente colico, la flora putrefattiva avrebbe trasformato in autentici veleni; ma su questa pratica ritorneremo con dovizia di particolari. Tutti questi consigli sa-lutistici si leggono nel papiro di Edward Smith, databile al 1600 a.C., dove, tra l’altro, figura una ‘monografia’ intitolata: Come trasformare un uomo vecchio in un giovane. Segno che l’intento era atteso con grande speranza anche allora.

1 Per ‘droga’ si intende la parte della pianta farmacologicamente attiva. Per esempio, la droga del ginepro sono le sue coccole.2 La divina Poppea Sabina (30-65 d.C.), seconda moglie di Nerone, preferiva i bagni di latte di asina.

L’evoluzione della longevità

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L’evoluzione della longevità

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A qualche braccio di mare dal delta del Nilo, a Cipro, si producevano profumi apprez-zati in tutto il Mediterraneo e, dopo la seconda guerra punica finita nel 202 a.C., anche nella severa Roma repubblicana. Va ricordato che la divina Venere, la ‘ciprigna’ dea em-blema della bellezza, era nata appunto dalla spuma del mare di Cipro, da qui forse la vo-catio dell’isola di produrre industrialmente i profumi, affinché la bellezza fosse completa e percepita da tutti i sensi, anche se va detto che per lo più erano adoperati dagli uomini.

Tanta saggezza fu raccolta dalla Grecia (XIII secolo a.C.) e per essa da Esculapio, che tra l’altro ebbe il pregio di divulgare il sapere medico al punto che questo sempre più verrà inteso come un diritto sociale. La terapia prescritta era pressoché la stessa: igiene del corpo anche con bagni di mare, alimentazione appropriata, la somministrazione di erbe medi-cinali e ipnoinducenti, che facilitassero il sonno, durante il quale il dio concedeva la gua-rigione o rivelava la definitiva terapia da osservare. La bravura di Esculapio era tale che, con l’arroganza tipica dell’uomo, volle risuscitare un suo amico dalla morte. L’esperimento riuscì, ma Giove, ritenendo l’operato pericolosamente innaturale, lo punì con la morte, fulminandolo. Apollo, amorevole verso Esculapio, non dimentichiamo che era suo figlio, lo assunse all’Olimpo con le sue figlie Igea e Panacea3 perché accogliessero le preghiere a loro rivolte da un’umanità dolente, per una pronta guarigione e feconda longevità.

Esculapio praticava la sua professione in ospedali-sacrari e le sue pratiche medi-che non devono essere minimizzate, in quanto riscuoteva un successo tale che persi-no a Roma giungerà l’eco della sua scuola.

Certo non è sfuggito al lettore che un’importante componente della medicina egizia e asclepiadea era teurgica, ovvero affidata alle preghiere e all’intervento salvifico degli dei; ma è nel 459 a.C. che nasce Ippocrate: un medico, oggi diremmo un luminare, che ha rivoluzionato la medicina e la farmacia enunciando un metodo di indagine, oltre che terapeutico, che sarà adottato sino al XIX secolo e, per certi aspetti, è ancora seguito ai giorni nostri, in particolare dalla scienza omeopatica. Il suo paradigma, senza troppo inoltrarci nelle sue teorie, è quello di creare equilibrio, armonia nei fluidi (umori) e nel metabolismo dell’organismo malato, potenziando quindi la forza sanatrice della natura che è in noi e della quale il medico deve solo cogliere e seguire gli insegnamenti. In estrema sintesi, Ippocrate vuole esaltare le difese naturali dell’organismo, le uniche ca-paci di proteggerlo e di garantirgli una lunga e salubre vita. Oggi la teoria della longevità raccomanda, appunto, di conservare quanto più possibili integre le difese dell’organi-smo. Il concetto, come accennato, verrà ripreso alla fine del XVIII secolo da Samuel Hahnemann nel formulare la sua teoria sulla scienza omeopatica. La terapia ippocrati-ca consigliava un’attenta dieta, bagni di mare, norme igieniche e farmaci ‘evacuativi’ che eliminassero, attraverso gli emuntori naturali (urina, sudore, feci, saliva e bile epatica) quelle scorie metaboliche e infettive che alteravano l’armonia dell’organismo.

Sempre nel V secolo a.C. il filosofo ateniese Platone afferma che la musica, la paro-la, la preghiera sono medicine giovevoli al benessere psico-fisico dell’uomo. Proprio ai

3 Sono due dee salutifere: Igea era tutrice della salute; Panacea della guarigione.

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giorni nostri due ricercatori inglesi hanno perfezionato il pensiero affermando che tutte le iniziative capaci di indurre sensazioni piacevoli o appaganti aumentano il potenziale anticorpale, la forza vitale. Questo deve indurci a riflettere che una serena condizione dell’animo è essenziale per il raggiungimento del desiderato benessere psico-fisico. A ben riflettere, niente è più indisponente che sentirsi dire: stai calmo! Ma il pensiero di Platone vuole suggerirci di elaborare in noi stessi una filosofia di vita che ci trovi partecipi alle sue gioie e distaccati dagli eventi spiacevoli; non è cosa facile, ciò non di meno è un compor-tamento decisamente longevizzante, non a caso la tradizione popolare ci ricorda che ‘il riso fa buon sangue’!

I Romani erano stoici e quindi sopportavano gli eventi della vita con la forza del loro carattere. Le stesse malattie erano sopportate e demandate alla benevolenza degli dei, quanto poi a pratiche intese a migliorare lo stile di vita, nemmeno a parlarne; Catone a tal proposito tuonava contro le mollezze greche invocando il Mos Maiorum (il costume degli antichi Padri). Ma, evidentemente, anche per gli austeri Romani infine varrà l’aforisma: ‘toglietemi tutto, ma lasciatemi il superfluo’. Infatti, dopo la seconda guerra punica furono attratti dai profumi, dall’arte e dalla scienza anche medica, che i Greci, inseguendo il loro ideale di vigore e grazia, avevano raggiunto. Pertanto, i non più rudi Romani si fecero interpreti con entusiasmo di tale salutare aspirazione, divenendo così un popolo che dedi-cava particolare attenzione al proprio corpo con bagni frequenti, massaggi, oli profumati e un’attenta e non eccessiva alimentazione. Non si creda a quei banchetti che Hollywood ci propone! Sicuramente in alcune circostanze non saranno mancati, ma in genere gli stessi imperatori, consoli, senatori, compreso il popolo, si alimentavano quotidianamente con molta parsimonia; quest’ultimo poi, abitando nelle insule (palazzine), dove non c’era il punto di fuoco con la necessaria cappa (angolo cottura), preferiva comprare la sua por-zione nella rosticceria sotto casa. Normalmente le preferenze andavano a: una polenta di grano duro (puls), verdure e tra queste il cavolo, e ancora l’uovo, il formaggio. La carne veniva consumata prevalentemente in occasioni religiose, al di fuori di queste si preferiva, di quando in quando, il pollame. È proprio con i Romani di età imperiale che si cominciò a riflettere su come riuscire a tutelare la salute e a pensare a una vita lunga e piacevolmente vissuta. Il medico da loro preferito era un tale di nome Asclepiade, amico di Cicerone, che suggeriva di osservare una vita serena e, per quanto possibile, sportiva, poi con il suo fascino personale aggiungeva «tuto et iucunde», ovvero rapidamente, con sicurezza e gio-iosamente; prescriveva anche copiose coppe di vino a garanzia del iucunde.

Capita a volte di sentire che la vita media dei Romani non superasse i 40 anni, questo non perché non raggiungessero età rispettabili, ma perché la mortalità infan-tile era molto elevata, sino al 50% delle nascite, cosa che abbassava drasticamente la media. In realtà, il popolo romano, e per esso quello italico, era considerato sano e particolarmente interessato a quelle pratiche ritenute longevizzanti.

La caduta dell’impero Romano sprofondò di fatto tutta la società occidentale in quelli che verranno definiti ‘secoli bui’. Periodo nel quale i problemi, data la diffusa povertà, erano di semplice sussistenza e dove le scienze mediche e farmaceutiche era-no demandate, nel migliore dei casi, ai monasteri e ai loro monaci, che pur nel loro

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lodevole intento di tutelare le arti sanitarie, certo non pensavano a elaborare pratiche cosmetiche e longevizzanti.

Furono gli arabi già dal VI secolo d.C. che, lanciati dal Profeta Maometto4, conquistaro-no terre e conoscenza, prima tra tutte quella medica, che fu oggetto di studi osservati con quell’amore per la vita che fece di nuovo pensare, e con entusiasmo, a pratiche igieniche lon-gevizzanti, alcune delle quali presenti nel Corano, come l’osservanza del digiuno e la rinun-cia ai cibi ritenuti insalubri. In realtà, questo loro ‘rinascimento culturale’ fu di grande im-portanza, perché restituì all’Europa e a tutto il mondo occidentale il sapere greco-romano.

A questo punto della storia non possiamo dimenticare, anche grazie agli studi degli arabi, gli alchimisti che, con il loro intento di perfezionare la natura e con essa l’uomo, iniziarono quegli studi che dobbiamo definire ‘pro longevità’ e che porteran-no alla formulazione di terapie sempre più complesse ed efficaci.

Intorno all’anno mille, in Italia si verificò un certo incremento economico, grazie a un risveglio dell’iniziativa imprenditoriale e quindi dei commerci. Questo risveglio prese vita in particolare nel meridione dell’Italia che con i suoi porti, primo fra tutti quello di Amalfi, così vicini alle coste islamiche, con maggiore facilità sostenevano un remunerativo commercio. Tutto questo benessere portò un incremento demo-grafico, una ripresa dell’artigianato e una superiore esigenza culturale. Questa infine, raccogliendo le culture sanitarie latina, araba ed ebraica, diede vita nella fiorente città di Salerno a un ‘centro di studi medici’ che presto diventerà la Schola Salernitana, la prima università europea dove era possibile studiare l’arte medica e farmaceutica. Questo evento culturale a noi interessa perché produsse, destando grande interesse, un libello che passerà alla storia con titoli diversi5, ma a noi piace maggiormente De conservanda bona valetudine, per il fatto che rispecchia l’ontologia di questo scritto.

Figura 1.1 - Regimen Sanitatis. La prima edizione a stampa fu pubblicata nel 1480 con i commenti di Arnaldo da Villanova.

4 Il profeta Maometto nacque a La Mecca nel 570 - Medina 6325 I titoli con i quali verrà dato alle stampe dopo il 1455 (scoperta della stampa) sono: Regimen Sanitatis Salernita-num; Medicina Salernitana; Flos Medicinae Scholae Salerni.

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Fu un’opera che inferì così nel lettore e nel medico quella cultura sanitaria indi-spensabile in chiunque voglia fare della sana prevenzione. Riportiamo solo il primo nucleo di versi leonini per lasciar meglio intendere lo spirito dell’opera. Lo riportia-mo tradotto dal latino:

«Di Salerno la Scuola al Re Britanno6

Scrive: Se vuoi tua sanità perfettaEd immune serbar da tutti i mali,Scaccia le gravi cure, e non dar luogoAll’ira passion truce, e profana,A’ calici di bacco il labro accostaSobrio e di rado, ad una parca cenaSiediti, e sorgi in piè dopo la mensa,Su l’ore del meriggio al pigro sonnoNon ti donar, non ritener l’orina,E la parte né men posterioreComprimere tu dei, né farle forza.Così osservando ben questi precettiLungamente godrai vita felice.»

L’ultimo verso, potremmo prenderlo come l’assunto di questo lavoro che vuole educarci a essere longevi!

Del De Conservanda bona valetudine cogliamo ancora qualche consiglio, come la-varsi le mani prima e dopo i pasti, un primo accenno all’igiene; sconsiglia di riposare dopo aver mangiato in quanto rallenta la digestione; avere quindi somma cura della digestione. Questi due versi, intitolati De Coena, li riportiamo in latino in quanto comprensibili e musicali:

Ex magna coena stomacho fit maxima poenaUt sis nocte levis, sit tibi coena brevis

Consiglia ancora l’uso dell’aglio e delle noci e del vino, come ha precisato in mo-derata misura, purché bianco. Oggi, al contrario, per i suoi benefici polifenoli, si sug-gerisce quello rosso. L’intera opera pone in risalto quanto opportuna e benefica sia una facile digestione, quindi tra l’altro sconsiglia il consumo del pane caldo, della carne di pecora e dei cibi grassi, suggerendo l’uso dell’anice e della salvia ritenuta questa un vero toccasana e il finocchio, del quale precisa:

Semen foeniculi fugat spiracula culi

6 Non si sa bene chi sia questo Re Britanno, probabilmente Roberto il diavolo, XI secolo.

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Tra le carni raccomanda, ovviamente, quelle più facilmente digeribili, quindi: vi-tella, gallina, cappone, ma anche, in quanto magre, il colombo, la pernice e in genere i volatili selvatici (ruspanti) perché magri e nutrienti (così come raccomandava Gale-no). Al gruppo di versi numero LIV raccomanda a tavola l’uso del sale, cosa oggi for-temente sconsigliata in quanto può sostenere l’ipertensione, non a caso viene definito ‘assassino silenzioso’! Termina le norme dietetiche, precisando quanto importante sia osservare una dieta salubre, ma che non ecceda il fabbisogno dell’organismo. Strana-mente sconsiglia tra l’altro Venere e i suoi doni: il coito; probabilmente in ossequio alla religione che reclamava temperanza. Ma riteniamo che abbia più ragione il di-vino Alceo, quando canta: «Qual vita mai senza gli aurei doni di Afrodite». Infatti l’amore è un formidabile longevizzante che sa donare entusiasmo e desiderio di vita.

Sulla scia della Schola Salernitana altri produssero lavori scientifici analoghi, ma siccome tutti avevano come presupposto gli insegnamenti ippocratici, poco tra loro si differenziarono; comunque correttamente posero in risalto quanto opportuna fosse una dieta corretta, anche se su alcune loro osservazioni oggi ci troviamo in disaccor-do. Infatti, per tutto il Medio Evo e il Rinascimento i cibi che oggi definiamo inte-grali, oltre che i legumi, venivano definiti ‘per i poveri e rozzi’ e quindi sconsigliati, precisando che sarebbero stati indigesti e flatulenti7. Oggi invece tali cibi vengono vivamente raccomandati per le loro valenze nutrizionali, oltre che stimolanti fisiolo-gicamente le funzioni intestinali.

Un pensiero va rivolto al mirabile Federico II, Sacro Romano Imperatore, re di Si-cilia e di tutto il territorio che dalla bassa Ciociaria giungeva sino appunto alla Sicilia. La sua versatilità nelle arti, nella guerra, nel diritto, nelle più disparate scienze, medi-cina e farmacia comprese, gli valsero la più ampia ammirazione e venne definito Stu-por mundi, ‘stupore del mondo’, per il suo magnifico stile di vita, per la sua curiosità e la sua poliedrica conoscenza. Per quanto lui non si imponesse una particolare dieta, perché già morigerato per sua abitudine, elevando l’università Salernitana e avendo a cuore la sanità del popolo, promosse quegli studi che arricchiranno ulteriormente la conoscenza sanitaria che sarà propedeutica a studi più approfonditi di fisiologia.

Sulla scia degli insegnamenti del grande Federico, Pietro Hispanico nel 1276 di-venne papa con il nome di Giovanni XXI, divenendo così l’unico papa medico, che non rinunciò nemmeno dopo la tiara ai suoi studi medici. Tra questi, vogliamo ri-portare il Liber De Conservanda Sanitate; di superiore spessore scientifico rispetto al Regimen Salernitanum. Esordisce con un’ovvietà, così almeno appare oggi, ma che all’epoca aveva una sua funzione educativa:

«…Infatti prevenire i malanni è più conveniente che andare a cercare un rimedio forse impossibile dopo che essi sono stati contratti.»

7 Per flatulenza si intende un’eccessiva produzione di gas intestinale.

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Nell’elencare ciò che fa bene allo stomaco, così precisa:

«Lo stomaco è il padre di famiglia che quando sta male fa sì che tutti gli altri or-gani stiano male e viceversa.»

Ed elenca una serie di spezie che ‘cuociono gli alimenti’, quindi che stimolano la digestione: cannella, zenzero, ginepro, alloro, noce moscata, rosmarino; inoltre il ra-barbaro e i mirabolani (sorta di prugne) che stimolano le funzioni intestinali.

Nel capitolo ‘Chi Vuole Conservare la Salute’, è possibile leggere una serie di afori-smi ancora oggi validi e che sono parte integrante delle norme longevizzanti.

«Chi vuole conservare sempre lo stomaco in buone condizioni di salute, vigili perché esso assuma regolarmente il cibo necessario e non in quantità maggiore di quella che possa digerire.

Parimenti Galeno afferma: l’astinenza è il rimedio perfetto…la gola è una tra le cause di morte. Infatti essa uccide più che la spada ed il coltello.»

Il Liber termina con trattamenti specifici e cure terapeutiche. Ciò che di igienico ci ha voluto dare Papa Giovanni XXI sono consigli assolutamente semplici, ma ancora validi, che sono tra le prime regole igieniche da osservare: alimentazione moderata, digestione curata al massimo, funzioni intestinali fisiologiche. In seguito ne conosce-remo le motivazioni.

Nel Rinascimento, il periodo più fantastico dell’umanità, l’uomo prende coscienza di sé e del suo potenziale. La parola d’ordine è: ‘Conoscere’. L’Aldrovandi, un medico ricercatore, appunto del XVI secolo, affermerà che la scienza è in continuo divenire e ne dobbiamo essere artefici con la ricerca continua, suffragata dal coraggio di voler sapere. Da non dimenticare, inoltre, che nel 1492 Cristoforo Colombo scopri l’Ame-rica, fatto che tra l’altro, con l’importazione in Europa di nuove droghe medicinali, favorirà una più attenta ricerca farmacologica. In questo fervore culturale, l’uomo rinascimentale sente di dover curare la sua persona, valorizzarla con una migliore salute, la quale più che un messaggio salutistico vuole essere una forma di comunica-zione che intende comunicare efficienza e autorevolezza.

Un guida a tanta esigenza viene scritta dal medico Castore Durante da Gualdo Tadino, in Umbria: la sua statura professionale glielo permetteva. L’opera intitolata Il Tesoro della Sanità (il sottotitolo è nel quale si dà il modo da conseruar la sanità e prolungare la vita) fu scritta nel luglio del 1586 e disserta di ogni cosa che riguarda il quotidiano dell’uomo, dall’aria che respira, che deve apportare vita ai polmoni e al cuore, al dentifricio per la salute dei denti, alla vecchiezza per la quale invita ad abi-tare in luoghi ‘alti’, ben arieggiati, riparati da correnti umide «…ma habitare luochi vicini a terra, o sotterranei, oscuri, non è bene, perché la vita si mantiene a cielo aper-to, al lume…». La novità è che spesso dichiara: «ritarda la vecchiezza», volendo dire al lettore che questo è il fine ultimo del libro, cosa peraltro che aveva già anticipato.

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«La sanità e la vita lunga non solo si promette a Noi dal Cielo nel principio del nascer Nostro, ma la nostra diligenza ancor ce la procura…»

Castore Durante ci parla doverosamente dell’attività fisica tanto salutare anche per le persone anziane, ma con grande conoscenza dell’uomo ci induce, anche lui, agli esercizi della mente e dell’animo perché si acquista vigore e «…molti per gli esercizi dell’animo, si sono liberati da infirmità grandissime.» Credo che questo consiglio sia sommamente vero, perché ci dà la forza della conoscenza, della partecipazione alla vita nelle sue molteplici forme, ma soprattutto ci aiuta a comprenderci e ad elevarci al di sopra dei limiti che la longevità comporta. Termina questa sua presentazione ricordando che:

«lo studio della sanità consiste: in non saziarti de i cibi, in non esser pigro alle fati-che; che l’esercizio, il cibo, il bere, il sonno, l’altre cose tutte debbono essere mediocri … per conseruar la sanità e prolungar la vita.»

Nel giudicare ancora ogni aspetto della vita, invita drasticamente a un coito mo-derato perché:

«l’immoderato indebolisce lo stomaco, la testa, tutti i sensi, i nerui, le gionture e accelera la morte.»

Affermazione dalla quale chi scrive prende le distanze!In molti punti il testo di Durante riporta i pensieri del Flos Salernitanus e in realtà

ogni cosa è filtrata da una filosofia approvata dalla Chiesa, non a caso il libro è dedi-cato a Camilla Peretti sorella di Papa Sisto V.

Per quanto il testo si dilunghi nel giudicare la salubrità di ogni alimento, in realtà non apporta particolari novità, ispirandosi ai dettami ippocratici per i quali, durante i pasti, a un alimento di umore caldo deve corrispondere un altro freddo, e questo principio veniva rispettato anche nei banchetti principeschi che davano spettacolo con oltre quarantacinque portate, ma il Rinascimento intendeva meravigliare, al di là dell’essere morigerati come veniva prescritto.

Nel Seicento i criteri riguardanti l’alimentazione e lo stile di vita rimangono gli stes-si, anche se l’Italia viene penalizzata dall’invasione spagnola che in quel momento inse-guiva il suo sogno di grandezza. Questo secolo si impone all’attenzione della storia per due mirabili figure: Galileo Galilei e Cartesio. Entrambi impongono al mondo scientifi-co un rigore scevro da qualsiasi pregiudizio sia esso di carattere religioso o dettato dalla tradizione, che nel caso della ‘scienza della alimentazione’ risaliva ai tempi di Galeno. Galileo e Cartesio pretendono nella ricerca scientifica l’osservanza di un metodo e la riproducibilità di una reazione o di un effetto. Ricerca sistematica quindi, guidata dalla conoscenza e dalla ragione; entrambi possiamo definirli i padri della moderna ricerca scientifica, che con il loro rigore ispireranno i presupposti dell’Illuminismo.

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Si affacciano ora, da prima timidamente, i prodotti che giungono dal Medio Oriente, caffè e the, e dalle Americhe: il pomodoro, il mais, le patate, il peperoncino, il cacao; un più consolidato consumo di questi prodotti si avrà nel secolo successivo, si pensi che la prima polenta di mais nel Veneto si preparerà nella seconda metà del XVIII secolo.

Il caffè viene preceduto da una ‘promozione’, diremmo oggi, di non poco conto; infatti si affermava che il profeta Maometto dopo averlo bevuto ebbe la possanza di disarcionare quaranta cavalieri e fare felici quaranta donne.

Il the non vantava simili prestazioni, ma risultò lo stesso gradito, particolarmente nel mondo anglosassone, che tramite la Compagnia delle Indie lo importava dall’O-riente. In quel particolare momento storico, la cultura della longevità non fu partico-larmente presente all’attenzione del mondo scientifico: guerre, miseria, fame e scarso interesse per la cultura non alimentarono questa mal celata speranza, ma fu presa conoscenza di un fatto di vitale importanza.

Nei vascelli oceanici, quindi con lunghe traversate, si manifestava inesorabile tra i membri dell’equipaggio lo scorbuto8, con esiti quasi sempre mortali. Questa mani-festazione che vedeva il corpo coprirsi di piaghe a causa una forte fragilità capillare, altro non era che la carenza alimentare della vitamina C (acido ascorbico). Il coman-dante Jacques Cartier non lo poteva sapere, ma, mentre navigava al largo di Terra-nova, sbarcato momentaneamente a terra, alcuni nativi (indiani) gli consigliarono di far bere ai suoi malati un infuso di aghi di pino ancora verdi. La terapia si rivelò provvidenziale e permise di comprendere che lo scorbuto si manifestava in carenza di un ‘principio’ che doveva essere assunto con la dieta. Fu un’intuizione di grande importanza salutistica, perché avviò osservazioni e ricerche che portarono nel 1911 a isolare e identificare le vitamine, nutrienti di rilevante importanza longevizzante.

Anche il Settecento non è di particolare interesse per le esigenze del lettore, salvo che per i cambiamenti introdotti nell’arte culinaria e con essa nei sapori. Si tende a non gradire più l’agrodolce; si riduce l’uso delle spezie, favorendo così i sapori sem-plici propri delle vivande; il pepe, vero re della tavola, lascia spazio al peperoncino, economico in quanto coltivabile con facilità nel proprio orticello. Su alcune tavole appare il tacchino, un ‘pollo’ che viene dall’America. Prende forma una cucina molto simile a quella dei giorni nostri, piatti poveri che caratterizzano ogni regione e che rendono la cucina italiana tra le più gustose, variate e salubri del mondo.

Aumenta l’uso dell’olio di oliva. Va precisato che in Italia dell’olio di oliva non si è mai fatto un grande uso, perché costoso, oltre al fatto che la pianta dell’olivo, lenta nella crescita, garantiva una magra resa economica rispetto al terreno impie-gato. Un sistematico e apprezzato consumo arriverà solo dopo la seconda guerra mondiale, quando l’industria alimentare ne consentirà un più vasto utilizzo e se ne scopriranno le virtù salutari.

8 Si diceva che morivano più marinai con lo scorbuto che con le battaglie navali.

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Come pura curiosità storica, riportiamo che nel 1756 tale Armand de la Porte, duca di Richelieu, assediando gli inglesi asserragliati a Port Mahón (nelle Baleari), per non essere fatto oggetto di fucilate da parte dei cecchini durante le ore notturne, dispose al suo cuoco di non accendere fuochi la sera e di preparare una vivanda fred-da, ma gustosa. Lo chef, il signor Alain, fedele al suo mandato, ideò la salsa maionese. Il comandante, il signor Duca, la trovò piacevole, nutriente e, a suo dire, afrodisiaca, e volle chiamarla ‘maionese’ in onore del luogo dove fu ideata: Port Mahón. Chi scrive, pur apprezzando la salsa maionese, sente il dovere di declinarne alcuni valori: 20 g equivalgono a 130 kcal e 14 mg di colesterolo, dati preoccupanti che consigliano di gustarla con morigeratezza.

Di rilevante, da un punto di vista storico, dobbiamo ricordare l’avvento dell’Illu-minismo, una corrente di pensiero che valorizzando la ragione e auspicando la vera Conoscenza, riconoscendo l’alto potenziale dell’uomo, cambiò la visione della vita e con essa della scienza. Emblematico è quanto dirà il grande filosofo Immanuel Kant: «l’illuminismo è l’uscita dell’uomo da uno stato di minorità, da imputare a se stesso.» Questa concezione non concede scusanti all’uomo ignorante; l’ignoranza è una col-pa! Sarà questo nuovo pensiero che fomenterà e sosterrà la Rivoluzione Francese, la quale vorrà inferire nell’uomo molte cose, una per tutte: la dignità.

Un pensiero grato dobbiamo rivolgerlo a Christian Friedrich Samuel Hahne-mann, un medico tedesco fondatore dell’omeopatia, che respingendo la materia me-dica tradizionale, con il suo similia similibus curantur volle curare ‘il malato’ (non la malattia) con la somministrazione di rimedi (omeopatici) il cui principio attivo è presente in dosi infinitesimali. Ma enunciando anche il pensiero: «la malattia è alte-razione spirituale della forza vitale, pure di tipo spirituale.» Invita, allora, il paziente, sia nell’osservare la sua terapia, come anche nella prevenzione, a un comportamento igienico e morale che infine risulterà sicuramente longevizzante.

Il XIX secolo è caratterizzato dalle guerre napoleoniche e da quelle risorgimentali italiane, ma anche da innumerevoli invenzioni e scoperte che hanno accresciuto la conoscenza e, con essa, il progresso industriale che consentirà un’innegabile crescita sociale. Ci limitiamo a elencarne solo qualcuna che ancora oggi rende migliore la nostra vita:1800 – Alessandro Volta realizza la pila elettrica1805 – Il farmacista tedesco Friedrich Sertürner isola la morfina dal laudano.

«Divinum est sedare dolorem»1814 – L’ingegnere britannico George Stephenson realizza la prima locomotiva a

vapore, chiamata Rocket1879 – L’americano Thomas Edison realizza la lampadina (lampada a incandescenza)1895 – Guglielmo Marconi costruisce il primo telegrafo senza fili

Ma altre sono le scoperte che ci riguardano più da vicino.Nel 1827 William Prout, un chimico britannico, compiendo uno studio sui nu-

trienti individua i carboidrati, i lipidi e le proteine, gettando così le basi per quella

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che verrà chiamata scienza della alimentazione; bromatologia9 compresa. Una cono-scenza questa che a breve consentirà nei ragazzi una crescita corporea più armonica e un migliore stato di salute.

Una più approfondita conoscenza dei diversi continenti e dei prodotti che arriva-vano da essi, unitamente allo spirito tipico dell’età romantica, furono alla base della fondazione della Vegetarian Society, fondata in Inghilterra alla metà del XIX secolo. Il vegetarianesimo divulgò un tipo di dieta che, se ben compresa, risulta salubre e longevizzante, ma su questo tema dovremo ritornare.

Nel 1860 il medico olandese Christiaan Eijkman individua la tiamina (vitamina B1), il nutriente capace di prevenire e curare il beri-beri, una malattia causata dal consumo continuato di riso brillato, privato cioè della cuticola che contiene la vi-tamina in questione; questa è la ragione per la quale è consigliabile preferire il riso integrale. Tale scoperta indirizzerà la ricerca su questo tipo di nutrienti che, come già detto, nel 1911 verranno chiamati vitamine.

Un sincero ringraziamento è dovuto a due ricercatori, Louis Pasteur e Robert Koch, che scoprirono i batteri, microrganismi patogeni che causano il carbonchio, la tubercolosi, il colera, la setticemia e molte altre malattie. La loro scoperta ha salvato la vita a migliaia di persone, in particolare a coloro che dovevano subire interventi chirurgici. La loro scoperta, di fatto, coincide con la nascita dell’igiene, una disciplina accademica che saprà proteggere la vita e donare un costume più dignitoso all’uomo.

Nel secolo XX – e siamo ormai ai giorni nostri – le scoperte e le invenzioni si sus-seguono in maniera esponenziale, portandoci rapidamente dall’aeroplano alla Luna, dal fucile alla bomba atomica, dalla macchina da scrivere al computer, da una attesa di vita bassa a una speranza di oltre 80 anni. Anche il lettore probabilmente è stato un protagonista di questa epopea, quindi mi limito a ricordare solo gli eventi scientifici che hanno dato ‘anni alla vita e vita agli anni’.

Nel 1911 il chimico di origine polacca Casimir Funk, forte, come abbiamo già visto, degli studi fatti da Eijkman, intensifica le ricerche e scopre i fattori nutrizionali che chiama ‘amine per la vita’, vitamine.

Fu una scoperta sensazionale dal punto di vista salutistico e sociale. Non dimenti-chiamo che a quell’epoca in Estremo Oriente si moriva ancora di beri-beri per caren-za di vitamina B1, ma non solo; in Italia si moriva di pellagra per carenza di vitamina PP, in quanto i nostri contadini, particolarmente nelle regioni del nord-est, si ali-mentavano esclusivamente di polenta di mais, monofagia carente appunto di questa vitamina. Per non parlare dello scorbuto (vitamina C) e del rachitismo (vitamina D) e di senescenza precoce per la carenza di più nutrienti, vitamine comprese.

Le vitamine si dividono in idrosolubili, perché si sciolgono in acqua: C, PP, H10 e tutte quelle del gruppo B. Le altre sono liposolubili, così chiamate appunto perché si solubilizzano nei grassi: A, D, E, K, vitageno o fattore vitaminico F.

9 La bromatologia è quella disciplina che studia la composizione, le alterazioni e la conservabilità degli alimenti.10 La vitamina H viene indicata anche come vitamina B8 o biotina.

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Anche se torneremo sul tema, abbiamo voluto presentare il comportamento chimi-co-fisico delle vitamine per porre subito una domanda: quando assumere le vitamine?

Il momento migliore è la mattina, dopo aver consumato una buona colazione, oppure a pranzo dopo un pasto completo. Chi la mattina prende due caffè e fugge via non dà alle vitamine liposolubili la possibilità di sciogliersi nei grassi, perché nello stomaco non ci sono; per questo motivo è opportuno che la compressa del polivita-minico ‘cada’ su di un pasto bilanciato, dove i lipidi sono presenti almeno per un 30% delle kilocalorie assunte. Le vitamine vengono correttamente definite anche ‘bioat-tivatori’, perché favoriscono le reazioni che avvengono nell’organismo; sono quindi più necessarie la mattina o al massimo a pranzo, quando ferve il lavoro o magari si intende praticare dell’attività sportiva.

Oggi le vitamine – anche grazie agli studi del prof. Alberto Fidanza, direttore dell’Istituto di Fisiologia Umana della Sapienza di Roma – sono ritenute essenziali per una vita sana e longeva; questo proprio per la loro azione protettiva, che attiva le funzioni fisiologiche e potenzia le difese organiche. Basti riflettere su di una costata-zione: alimentarsi bene in ossequio alle esigenze del nostro organismo e metabolismo oggi è difficile, per questo motivo si consiglia di assumere giornalmente un comples-so vitaminico. Ma ritorneremo su questo tema.

Nel 1928 il medico scozzese Alexander Fleming osservò che le muffe nate su un substrato infettato avevano ucciso i germi infettanti. A partire da questa osservazio-ne, dodici anni dopo verrà perfezionata e commercializzata la penicillina, aprendo così l’era degli antibiotici.

La ricerca farmacologica e le pratiche mediche hanno debellato patologie tremen-de, pestilenze che per secoli hanno flagellato l’umanità, basti pensare al chinino, di cui possiamo affermare che ha restituito la vita in molte zone dell’Italia infestate dalla malaria11, e ancora alla pratica della vaccinazione che ha cancellato patologie mortali: vaiolo, rabbia, febbre gialla, tifo, poliomielite e tante altre. Dobbiamo doverosamen-te rendere omaggio agli studiosi che hanno dedicato la vita alla scoperta di questi farmaci e vaccini. Riducendo drasticamente le morti, hanno contribuito a elevare la speranza di vita.

Verso la fine del XIX secolo, il francese Nicolas Appert intuì la rilevante oppor-tunità sociale, oltre che commerciale, di conservare i cibi in contenitori di vetro; il problema era quello di trovare il modo di non farli deteriorare, evitando salmonellosi e botulismo che avevano esiti anche mortali. Il ricercatore francese ideò un sistema che in Italia prenderà il suo nome: metodo Appert. Consisteva nel trattare con il calore, a più riprese, il cibo già chiuso nel contenitore, in modo che fossero distrutti enzimi, microrganismi, muffe, spore, rendendo così il contenuto esente da processi fermentativi e putrefattivi. L’intuizione ebbe successo, ma si pensò di sostituire il con-tenitore di vetro (troppo fragile nel trasporto) con scatolette di ferro dolce stagnato.

11 La malaria ancora oggi è la più diffusa parassitosi al mondo, seconda solo alla tubercolosi.

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La scoperta incontrò il più grande entusiasmo per la sua praticità, tanto che fu subito adottata dagli eserciti, ma anche da tutte quelle persone che, per i motivi più dispa-rati, non potevano dedicarsi alla cucina. Il mondo si stava sempre più industrializ-zando, costringendo lavoratori e lavoratrici a orari di lavoro che oggi apparirebbero impensabili.

Anche in Italia sorsero industrie conserviere, prime fra tutte la Cirio e la Simmen-thal che ancora oggi incontrano il meritato consenso. Quella del cibo conservato non fu una scoperta di importanza minore, perché consentì a un largo strato sociale di nutrirsi a basso costo, con alimenti apportatori di proteine nobili e altri nutrienti fino a quel momento eccessivamente dispendiosi e poco disponibili. Oggi, da un punto di vista salutistico, si ritiene che i cibi conservati, almeno alcuni, pur pratici e di ot-timo sapore, contengano troppo sale (cloruro di sodio), coloranti, antifermentativi; per questa ragione vengono consigliate preferibilmente derrate fresche e di stagione, dove la presenza di alcuni nutrienti è superiore.

Delle nuove opportunità di conservazione alimentare fece tesoro il biologo e fisio-logo statunitense Ancel Keys (che conosceremo più da vicino), il quale, con precisi criteri nutrizionali, studiò per l’esercito USA le ‘razioni K’, che offrivano ai militari al fronte provviste in scatola bilanciate nei loro nutrienti.

Subito dopo la Seconda guerra mondiale, Paesi nemici e amici si vollero conosce-re meglio, forse per carpire qualche idea, qualunque essa fosse, o più semplicemente per dare un corretto senso alla pace. Si cominciò con l’osservare i reciproci usi e co-stumi. Si osservò che i Giapponesi erano particolarmente longevi; essi erano parchi nel mangiare e molto contribuiva a questa peculiarità il loro carattere, che potremmo definire ‘stoico con poesia’ che li portava a rispettare ossequiosamente i propri va-lori. Per quanto il loro stile di vita e alimentare potesse essere oggetto di uno studio proficuo, e lo sarà ancor di più in seguito, non era facilmente esportabile nel mondo occidentale, né, tanto meno, negli USA.

Con la guerra di Corea, a partire dal 1950, i medici militari statunitensi ebbero occasione di eseguire autopsie su giovani appena diciottenni e si accorsero che le loro arterie mostravano pericolose placche ateromatose, che ben presto avrebbero provocato un ictus o un infarto. Si comprese subito che responsabile del danno era una alimentazione scorretta (troppi zuccheri e grassi saturi), anche se ormai radicata nel costume. Si pose subito attenzione al problema con un’eco che interessò tutto il mondo occidentale. La ricerca trovò nuovo entusiasmo nel fatto che ci si accorse che gli Eschimesi non conoscevano le malattie cardiovascolari e avevano un tempo di sanguinamento superiore agli occidentali; in breve, avevano il sangue più fluido, che scorreva liberamente anche nelle più piccole arteriole, irrorando, ossigenando e nutrendo meglio tutti i tessuti. Si comprese che il fenomeno dipendeva dall’ali-mentazione ricca di pesce e di mammiferi che a loro volta si erano nutriti di pesce, in sostanza una nutrizione ricca del complesso vitaminico F, del quale si sottolineò subito l’importanza degli acidi grassi polinsaturi della serie omega-3, promotori di tanta salubrità. Ma neppure questo era uno stile alimentare esportabile, troppo naïf.

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A questo punto, il ricercatore Ancel Keys, che già abbiamo conosciuto per le sue razioni K, si mise a girare il mondo al fine di studiare virtù ed errori che i vari popoli vantavano o commettevano nel loro costume di vita e alimentare. Pose sotto studio il comportamento alimentare di sette nazioni: USA, Finlandia, Olanda, Jugoslavia, Italia, Giappone e Grecia.

Nel frattempo, ripresero le osservazioni12 di un popolo di pastori sui monti del Daghestan (Caucaso), tutti ultracentenari e ancora partecipi alla vita. Questa loro facoltà venne attribuita all’alimentazione e allo stile di vita, che possiamo riassumere come segue. Si sposavano a diciotto anni e la loro unica incombenza era quella di procreare e pascere le loro greggi, in un ambiente di montagna incontaminato. Non avevano altra preoccupazione, in quanto vivendo in una società strettamente patriar-cale ogni decisione spettava non al padre, che avendo solo quaranta anni era ritenuto un ragazzo, bensì al capo famiglia che certamente era centenario con innumerevoli nipoti e pronipoti. Tutto questo significava trascorrere gran parte della vita spensie-rata, cosa che, non essendo logorante, risultava longevizzante. L’alimentazione poi era costituita da cereali integrali, tanto yogurt, verdure, latte e derivati, pochissima carne. Sembrò allora di avere scoperto il paese dell’eterna giovinezza. Ma presto l’en-tusiasmo fu ridimensionato, infatti ci si rese conto che in queste comunità pastorali non esisteva un ufficio dell’anagrafe e che i pastori anziani si aumentavano l’età al fine di meritare attenzione e anche un compenso, per rispondere alle domande che gli venivano rivolte da giornalisti e ricercatori. Gli entusiasmi scomparvero quando ci si accorse che i longevi pastori non disdegnavano larghe sorsate di vodka. I ricercatori, delusi, si rimisero di nuovo in marcia.

Al di là dello sconcerto, considerando solo gli aspetti positivi, il loro stile di vita era ed è sicuramente longevizzante. Chi scrive ha avuto l’occasione di fare amicizia con un regista russo che aveva girato per il suo governo un documentario su queste Comunità di pastori caucasici; fondamentalmente egli mi confermò quanto già sape-vo, ma aggiunse altre due osservazioni. Con la prima confermò che realmente erano comunità longeve, restava da comprendere quanto! Io gli chiesi da cosa lo deducesse, considerato che la data di nascita non era certa, lui mi rispose che se in una famiglia erano presenti nipoti, nonni e bisnonni, se ne deduceva che quest’ultimi dovevano essere almeno ultranovantenni. Riflessione che ritenni giusta. La seconda osservazio-ne riguardò l’alimentazione; è vero che i pastori si corroboravano con larghe sorsate di vodka, ma osservavano un costume alimentare particolare: si nutrivano con molto yo-gurt, tanto prezioso per la sua funzione nutriente e probiotica (sulla quale torneremo) e inoltre mangiavano ai pasti una sola vivanda per volta, quindi solo latte e derivati o grano o verdure o frutta, oppure solo carne, per quel poco che ne consumavano. Questo costume alimentare oggi viene apprezzato dai ricercatori perché garantisce una rapida e fisiologica digestione, che è il primo dei fattori longevizzanti, infatti

12 La loro osservazione iniziò nel 1908 ad opera del premio Nobel Metchnikoff, un fisiologo russo che intuì come la longevità fosse dovuta all’azione salutare dei fermenti lattici da loro consumati in gran quantità con lo yogurt.

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gli enzimi digestivi sono specializzati, quelli proteici richiedono un ambiente acido, mentre quelli glucidici basico. Aceto, limone, frutta acidula in genere, vino, essendo acidi, abbassano il pH in ambiente gastrico rallentando la digestione dei carboidrati, che in questo caso generano gonfiore; per questo motivo oggi si consiglia di mangiare la frutta lontano dai pasti.

Va ricordato ancora che, nel 1951, Ancel Keys fu invitato dalla FAO a Roma a un convegno internazionale, dove incontrò il professor Bergami, parlando con il quale venne a sapere che nell’Italia meridionale le malattie cardiovascolari erano ridotte al minimo e in alcune regioni sconosciute (Campania, Lucania, Calabria). Questa rivelazione confermò alcune sue intuizioni e fu catalizzatrice di un amore per l’Italia che durò tutta vita. Keys si fece costruire una villetta nell’amena cittadi-na di Pioppi nel Cilento (Salerno), che chiamò Minnellea, in ricordo della sua città, Minneapolis. Qui perfezionò i suoi convincimenti scientifici e scrisse Mangiar bene e stare bene (con la dieta mediterranea). Si tratta di un testo fondamentale, con forte valenza sociale, il cui fine è di vincere, il più possibile, le cardiopatie e le patologie cardiovascolari in genere, oltre che la Sindrome Metabolica; con questo termine, relativamente recente, si indica il pericoloso insieme di disturbi che appaiono in soggetti i quali, in linea generale, non hanno osservato un costume alimentare igie-nico. I disturbi sono: ipertensione, diabete di tipo 2, dislipidemia, obesità. Tutte pa-tologie, appunto, metaboliche ad alto rischio di eventi cardiovascolari. Ancel Keys morirà all’età di 101 anni.

È interessante ricordare che nei primi anni Sessanta del Novecento lo svedese Gailor Hauser, chiamato il ‘medico delle dive’ (tra queste Greta Garbo), divulgò, più che una dieta, una serie di avvertimenti che ponevano in risalto i nutrienti, quindi metteva in guardia dal consumare ‘alimenti bianchi’ ricchi di calorie, ma non di nutrienti. Consigliava: verdure, le più fresche possibili, consumate crude perché così conservano inalterati i nutrienti, molto yogurt parzialmente scremato, germe di grano e il suo olio per la vitamina E, cibi integrali, una dieta parca e una sana attività fisica, per allenare i muscoli, senza affaticarli. Oggi questi consigli pos-sono apparire ovvi, ma, a prescindere dal fatto che sono sommamente salutari, ci confermano come a quell’epoca si affacciasse o, se si vuole, si sentisse l’esigenza di una disciplina che sapesse guidarci in salute oltre la terza età.

Nel 1970 il prof. Alberto Fidanza, che abbiamo già presentato, fondando di fatto una nuova disciplina - la Vitaminologia - organizza il I Symposium Internazionale di vitaminologia (le azioni fisiologiche delle vitamine). Egli dedicherà tutta la vita a que-sti studi, scoprendo la funzione protettiva sulle cellule e sugli apparati dell’organismo esercitata da queste sostanze.

Questo genere di studi risulterà determinante per il nostro assunto, perché, come detto, porranno in evidenza l’aspetto fisiologico, nutrizionale, terapeutico e protettivo delle vitamine. In commercio si trovano molti prodotti di cui viene vantata l’azione longevizzante; sicuramente un complesso vitaminico, arricchito con sali e oligoele-menti, è il più raccomandabile.

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Oggi la dieta mediterranea gode della più ampia considerazione, basti ricordare che il Senato USA l’ha definita ‘il miglior modo di alimentarsi’; in realtà è molto di più: come vedremo, è uno stile di vita che meriterebbe ‘sul campo’ un’ulteriore riflessione.

Il fine dell’educazione alimentare è proprio questo: educarsi a scelte e comportamenti igienici che oggi solo la dieta mediterranea, ben compresa, può garantirci. Forte di que-sto convincimento, nel luglio del 2007 il Ministero dell’Agricoltura spagnolo avanzò alla Commissione Europea la richiesta di includere nel patrimonio culturale immateriale dell’umanità la dieta mediterranea. Ci dispiace che non ci abbiano pensato i responsabili italiani. In ogni caso, l’Unione Europea sposò l’iniziativa e Spagna, Italia, Grecia, Marocco, con comunione di intenti, ottennero che nel 2010, a Nairobi (Kenya), l’UNESCO acco-gliesse la dieta mediterranea nella lista del patrimonio culturale immateriale dell’umanità.

Ne riportiamo, almeno in parte, la motivazione:

«La dieta mediterranea rappresenta un insieme di competenze, conoscenze, pra-tiche e tradizioni che vanno dal paesaggio alla tavola, alle colture, alla raccolta, alla pesca, alla conservazione, alla trasformazione, alla preparazione e, in particolare, al consumo di cibo. La dieta mediterranea è caratterizzata da un modello nutrizionale che è rimasto costante nel tempo e nello spazio, che consiste principalmente di olio di oliva, cereali, frutta fresca o secca e verdure, una moderata quantità di pesce, latticini e carne, condimenti e spezie, tutti accompagnati da vino, sempre rispet-tando le convinzioni di ogni comunità. Tuttavia la dieta mediterranea (dal Greco stile di vita) comprende più di un semplice alimento. Essa promuove l’interazione sociale, dal momento che i pasti comuni sono la pietra angolare dei costumi sociali e degli eventi festivi. Il sistema si fonda sul rispetto per il territorio e la biodiversità e garantisce la conservazione e lo sviluppo delle attività tradizionali e artigianali collegate alla pesca e all’agricoltura nelle comunità del Mediterraneo, di cui Soria in Spagna, Koroni in Grecia, il Cilento in Italia e Chefchaouen in Marocco.»

La ratio della motivazione, oltre all’indirizzo alimentare, ci vuole educare al rispetto per la natura e all’osservanza di antiche tradizioni, che hanno saputo garantire nel tempo cultura e benessere, ma il vero ‘rimedio’ consigliato è: «…i pasti comuni sono la pietra angolare dei costumi sociali…». Consumare il pasto in armonia con la famiglia o con gli amici, lontani dalla televisione, da eventi fastidiosi o da problemi di lavoro, predispo-ne l’animo a una serenità veramente benefica. Non sembri questa una raccomandazione bucolica, buona per i poeti che tirano quattro paghe per il lesso! In realtà il pasto è un momento ricreativo, di compiacimento, è sacrale («…Ti ringraziamo Signore del cibo che ci hai donato…») che deve garantirci forza e certezza e non ansie, gastriti e ulcere. Il compiacimento della famiglia, constatare come il tuo lavoro la alimenti, dividere un buon bicchiere di vino rosso con un amico, tutto questo è un insuperato longevizzante.

Recentemente negli USA, con l’intento di parafrasare gli studi di Keys, un dietologo volle chiamare la dieta mediterranea ‘la dieta di Cristo’, invitando, con ciò, i suoi clienti a

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consumare i cibi propri dell’epoca di Cristo in Palestina, Egitto e nelle zone mediterranee limitrofe. Per quanto suggestiva fosse la decantata ‘dieta di Cristo’, non sappiamo quanto successo abbia ottenuto. Forse, così come presentata, aveva un sapore troppo commercia-le e poco spirituale, che invece ha l’autentica dieta mediterranea dei nostri Padri.

Le donne vivono più a lungoAbbiamo affermato che in Italia le donne vivono più a lungo, 3-4 anni più dei

maschi che si devono accontentare di un’aspettativa di vita di soli 80,1 anni. Ma è una disparità presente in tutto il mondo, infatti, tra le cento persone più longeve, con data di nascita accertata, 93 sono donne e solo 7 uomini. Jeanne Calmet era un’arzilla vecchietta francese che ci ha lasciato alla felice età di 122 anni, mentre tra i più longevi in Italia figurano quattro signore che, loro malgrado, ci hanno lasciato tra i 113 e i 115 anni. Il primato spetta alla signora Dina Manfredini, con 115 anni e 257 giorni; certo è una statistica che rende felice il sesso debole e meno quello forte; ma non è facile comprendere la ragione di questa invidiabile peculiarità!13

Intanto va chiarito che il sesso debole, anche se ha una minore muscolatura striata, non è affatto tale, anzi sopporta in tutto il mondo fatiche estenuanti e sempre di più va assumendo responsabilità che gli fanno onore; tutto questo senza parlare della gravi-danza che richiede un gravoso impegno fisico e metabolico. Le cause sono certamente da ricercare nel suo istinto, forse nella sua femminilità, nel bagaglio cromosomico; la natura, infatti, ha voluto dotare chi è responsabile della vita di una Vis vitae superiore. Taluni autori sostengono che le cellule dell’embrione e del feto inferiscono nella madre un ringiovanimento metabolico che le garantisce una maggiore longevità.

Comunque, ripetiamo, le statistiche parlano chiaro e a noi, primo chi scrive, non rimane che complimentarci, senza dimenticare di ricordare come tale premio, che la natura ha voluto concedere alle donne, vada tutelato e accresciuto!

Per chi è avanti con gli anniSi identifica la salute in uno stato di completo benessere fisico,

psichico e sociale e non in semplice assenza di malattia.

Organizzazione delle Nazioni Unite 1948

Se qualche lettore ben oltre gli ‘anta’ teme che ormai sia troppo tardi e che il testo sia rivolto solo a uomini o donne giovani che vogliano prepararsi a costruire la loro longevità, chiariamo che assolutamente non è così; questo libro è rivolto a tutti, tutti coloro che amano la vita considerandola un’opportunità meravigliosa.

13 Con un pizzico di orgoglio e di compiacimento, vogliamo ricordare che l’Italia è la più longeva in Europa, secon-da solo ai cittadini di Okinawa (Giappone).

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Riconsiderare il proprio stato, scoprirne gli aspetti positivi, le opportunità può inferire nel nostro modus vivendi una vitalità insospettata.

Poniamo di essere alla soglia della pensione, certo sarà un cambiamento non da poco sul quale dovremo riflettere. Per prima cosa non dobbiamo pensare che sia finito il fervore della vita e che stiamo per entrare in un periodo il cui epilogo è inesorabile; al contrario dobbiamo riflettere sul fatto che per noi si sta aprendo un lungo periodo di piena libertà, che dovremo imparare a programmare. Sen-tirsi vecchi, nell’accezione più spiacevole del termine, è cosa ingiusta, non vera. Dobbiamo pensare che abbiamo un’altra età, ognuno la chiami come vuole, ma è solamente un’altra età, nella quale, avendo più tempo a disposizione, si pos-sono e si debbono realizzare tutte quelle cose alle quali spesso abbiamo dovuto rinunciare. Per altro, se ne convenga, sarebbe innaturale e rattristante ritenere di voler fare o conservare quelle responsabilità che si avevano in un’età più giovane. I rimpianti non giovano!

Cicerone, ormai avanti negli anni, dice nel suo De Senectute che trova letizia nella filosofia; non ci resta che invidiarlo, ma va notato che nel II paragrafo affer-ma: «Tutti sono desiderosi di giungere alla vecchiezza e poi una volta raggiunta se ne dolgono». Una constatazione antitetica che così Cicerone bolla: «Tanta est inconstantia stultitia atque perversitas».

Per conservare o, meglio, rendere più volitiva la nostra personalità, la prima cosa da fare è coltivare la Curiosità. Ciò significa voler conoscere, sapere, dalle cose più semplici a quelle che più sentiamo coinvolgerci; questa piacevole ansia ci interessa certo, ma soprattutto ci rende partecipi. I nostri padri dicevano «me-moria minuitur nisi exerceas», cosa vera, intendendo però per ‘memoria’ l’attività cerebrale, ma anche la curiosità e il piacere di conoscere, di divertirsi attraverso la conoscenza. Usare quindi la maggiore libertà che si ha a disposizione per sco-prire nuovi interessi. Il quotidiano, un libro, fosse anche un giallo, un museo, par-tecipare alla politica, scoprire il piacere di un’attività fisica, se possibile dedicarsi al giardinaggio, allevare un cucciolo, viaggiare sono tutte pulsioni longevizzanti.

Sempre Cicerone afferma: «Grato sono alla vecchiaia che mi ha fatto più avido del conversare e meno del bere e del mangiare… non esserci cosa al mondo più soave che una disoccupata vecchiezza». Ma va ricordato che l’otium romano non consisteva nel dolce far nulla, bensì era dedicato al pensiero e a tutte quelle inizia-tive frutto del pensiero stesso. Per costruire questo otium dobbiamo riflettere su di un imperativo (o se si vuole un sentito consiglio) che era scritto sul tempio di Delfi: «Conosci te stesso». È questa una riflessione fatta propria da molti filosofi, primo fra tutti Socrate, che invita a guardarci dentro per approdare alla prima delle virtù: la Conoscenza. Lo stesso Cicerone con il suo ‘conversare’ ci invita a un confronto costruttivo e ad un proficuo rapporto umano.

Ma senza giungere ai vertici della filosofia dobbiamo ‘conoscerci’ per formu-lare programmi, aspirazioni, ambizioni, per conoscere i nostri limiti e accettarli senza nessun rimpianto; tutto questo i padri greci lo chiamavano ‘eudemonia’, la

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ricerca della felicità. Dobbiamo essere consapevoli del fatto che la terza età non è un evento incombente, dominante, al quale dobbiamo assistere passivi, bensì da artefici dobbiamo costruirla per forgiarla secondo le nostre volontà.

Essere avanti negli anni richiede precisi doveri: avere cura di se stessi, rendere piacevole la propria persona14 sarà appagante per noi e per chi avrà la fortuna di avvicinarci. È opportuno anche rispettare le terapie farmacologiche che ci vengono prescritte, essendo rigorosi nella posologia, ma anche imparando i nomi dei farmaci, l’azione terapeutica e, se possibile, il meccanismo d’azione dei farmaci da assumere (ritorneremo sul tema). È bene instaurare un rapporto privilegiato con il medico e il farmacista, non di sudditanza, ma di reciproca umanità, dove rispetto, educata confi-denza, diritto e dovere sono i valori che devono ispirare il rapporto.

L’uomo è un animale sociale, il che significa che istintivamente cerca la com-pagnia dei suoi simili per amarli, per confrontarsi con loro, per litigare ‘garbata-mente’ con loro. Possiamo affermare che niente è più vivificante di un bel litigio con il proprio compagno/a di passeggiata, se non altro per il piacere di fare pace il giorno dopo e quindi essere pronti per un’altra bella litigata. Quanto sopra non deve apparire troppo umoristico, bensì è il racconto di un ricordo vissuto. Confrontarsi, asserire teorie o confutarle, affermare con fermezza sedicenti verità (rapporti socio-culturali), sono quanto di più longevizzante ci possa essere.

Parlare dell’amore è cosa difficile, certo omnia vincit amor15, è un sentimento vivificante, caldo, che si indirizza alla propria compagna, ai figli, a un amico sin-cero. Innamorarsi? È l’augurio sincero di chi scrive.

Questo lavoro, con funzione educativa, proseguirà toccando gli aspetti più scientifici e utili all’assunto di nostro interesse. Ho desiderato descrivere in ante-prima alcune ‘norme’ che ho ritenuto propedeutiche a giuste riflessioni (ma sono consigli di un coetaneo) per colui che si sta avvicinando alla soglia della terza età. Non ho toccato molti aspetti come la dieta, l’attività fisica, le norme igieniche intese anche come stile di vita: saranno tutti aspetti che verranno affrontati in seguito nei prossimi capitoli; intanto: conosciamo noi stessi!

Prima di iniziare la nostra educazione sanitaria propedeutica all’auspicata lon-gevità, appare corretto conoscere i non pochi sforzi che L’ONU e L’OMS stanno compiendo in campo mondiale per scalzare quelle cattive abitudini che, sia nello stile di vita, sia nell’alimentazione determinano patologie e scarsa longevità. Ne possiamo trare giuste riflessioni pur generiche.

Gli obiettivi sono:

* Ridurre del 10% il consumo dell’alcol

* Ridurre il consumo del cloruro di sodio (sale da cucina) di almeno il 30%

14 È questo un aspetto ritenuto molto longevizzante.15 Virgilio: «Tutto vince l’amore.»

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* Educare a incrementare, per quanto possibile, l’attività fisica

* Abolire drasticamente il fumo nei ragazzi e ridurlo fortemente negli adulti

* Combattere l’obesità, fonte di disagi e patologie fortemente limitanti

* Rendere accessibili le terapie per contrastare le patologie comprese nella sindrome metabolica: diabete di tipo 2; dislipidemie; ipertensione; obesità

Da quanto sopra, possiamo trarre giuste riflessioni, in rispetto a noi e all’umanità.

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