Gesù Cristo, è il vero protagonista -...

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Gesù Cristo, è il vero protagonista di questo Cammino della Croce:

Lui è Dio che si consuma d'amore per noi.

Pregare la Via Crucis è mettersi in adorazione davanti a tanto Mistero.

Ci lamentiamo, a volte della nostra vita:

la paragoniamo alla Via Crucis con quella fatica del salire, il peso della croce,

la solitudine nella sofferenza e la paura della morte.

In questo libretto

abbiamo raccolto la testimonianza di tanti poveri cristi:

scriviamo di te, amico immigrato, albanese, ruandese

perché tutti sappiano… e ti vogliano bene!

don Lucio Donghi – Giulio Baroni

Comunità Ruah Centro Accoglienza Immigrati

Patronato San Vincenzo - Bergamo

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GESÚ ENTRA IN GERUSALEMME Ti adoriamo, o Cristo, e ti benediciamo perché con la tua santa croce hai redento il mondo.

Dal Vangelo secondo Luca Gesù e i discepoli stavano avvicinandosi a Gerusalemme. La folla era grandissima. Alcuni stendevano sulla strada i loro mantelli, altri invece e facevano come un tappeto con i ramoscelli tagliati dagli alberi. La gente che camminava davanti a Gesù e quella che veniva dietro grida-va: “Osanna! Gloria al Figlio di Davide! Benedetto colui che viene nel no-me del Signore! Gloria a Dio nell’alto dei cieli!”. BENVENUTI testimonianza sull’immigrazione

Madre Teresa chiamava Case della misericordia quegli ambienti dove le sue suore accolgono e hanno cura dei poveri. Noi, al nostro paese, abbiamo adattato uno spazio di 25 mq attiguo alla chiesa fornendolo di bagno/doccia, un letto a castello, un tavo-lo, tre sedie, un fornello… e l’abbiamo chiamata Piccola Casa della misericordia. Il povero che passa ad elemosinare, lì può sostare: giusto il tempo “per prendere fiato” nella corsa affannosa della vita. Il nostro paese è gemellato con il mondo intero e il cartello di Ben-venuto è scritto nel linguaggio universale della solidarietà. SE QUALCUNO BUSSA ALLA PORTA testimonianza dall’Albania

Don Carmelo è un sacerdote che vive in Albania dal 1992. Quando sono andato a trovarlo, mi raccontava di un caso pietoso, capitato proprio nella sua parrocchia di Mamurras. Diceva: “Una ragazza con un bambino è parcheggiata in un alber-go. Nessuno la vuole, la famiglia la rifiuta. É appena tornata dall’Italia.

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Vaticana che ha per sigla la melodia del Cristus vincit. Ora gli argini del silenzio e della paura hanno ceduto: si risente in piazza ciò che in tanti anni hanno ascoltato nel segreto.

RINASCERE A VITA NUOVA testimonianza sull’immigrazione

Era proprio l’8 marzo, festa della donna, quando ho avuto l’occasione di conoscere suor Lourdes e le sue consorelle dell’Ordine religioso Adoratrici Ancelle del SS. Sacramento e della Carità (fondato in Spagna nel 1856 con il carisma proprio della ado-razione all’Eucarestia e anche l’amore verso il corpo desolato della donna prostituta). Da anni lavora a favore delle ragazze di strada: in Colombia, in E-cuador e ora a Bergamo. La Diocesi le ha messo a disposizione u-na casa e questo Centro porta il nome di Kairos, parola greca che significa “momento propizio”, momento buono per il bene, momento opportuno per un cambiamento. In Kairos, suor Lourdes e le consorelle fanno vita comune con sette ragazze: condividendo i vari momenti e i percorsi formativi proposti ogni giorno, le ragazze vengono aiutate a costruire relazioni positi-ve e ad occupare attivamente il loro tempo. Quella sera dell’8 marzo proprio loro hanno guidato la preghiera della Via Crucis, dando a tutti noi una bella testimonianza di femmi-nilità e di voglia di vivere.

PREGHIERA

Signore, aiutaci a vedere nella tua crocifissione e risurrezione un esempio di come dobbiamo sopportare e morire

nell’agonia e nei conflitti della vita quotidiana. Facci capire che solo morendo continuamente a noi stessi

diventeremo capaci di vivere più pienamente, perché solo morendo con te possiamo con te risorgere.

Amen.

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RISURREZIONE Ti adoriamo, o Cristo, e ti benediciamo perché con la tua santa croce hai redento il mondo. Dal Vangelo secondo Marco Passato il sabato, Maria di Maddalena, Maria, madre di Giacomo, e Salo-me comprarono olio e profumi per andare a ungere il corpo di Gesù. La mattina presto del primo giorno della settimana, al levar del sole, anda-rono alla tomba e videro che la grossa pietra, molto pesante, era stata spostata. Allora entrarono nella tomba. Piene di spavento, videro, a de-stra, un giovane seduto, vestito di una veste bianca. Ma il giovane disse: “Non spaventatevi. Voi cercate Gesù di Nazaret, quello che hanno crocifis-so. É risuscitato, non è qui. Ora andate e dite ai suoi discepoli e a Pietro che Gesù vi aspetta in Galilea. Là, lo vedrete come vi aveva detto lui stesso”. CRISTUS VINCIT testimonianza dall’Albania

Appena finita la Veglia del Sabato Santo con trenta battesimi di gio-vani e ragazzi, le note del Cristus vincit risuonano nella valle. Ini-zialmente tutti rimangono in silenzio, poi accompagnano il suono con il canto, alla fine un lungo applauso. É Pasqua: la vita dopo la morte, il canto dopo il silenzio. La gente partecipa con numerosi spari di fucili. Notte di festa, finalmente fuori dalla catacombe e nella libertà. Le campane erano state tolte dai campanili, usate nelle caserme, trasformate in strumenti bellici, portate nei musei, nascoste, rubate, vendute... Il popolo è rimasto legato al campanile, sente la campa-na come segno esterno della fede. Ascoltare oggi il suono delle campane è come svegliarsi da un lun-go sonno, prendersi la rivincita su molti eventi tristissimi, ritornare bambini nel ricordo della campanella del villaggio. In molti e per molti anni - alle quattro del mattino - si sono appartati in angoli re-moti della casa per ascoltare il programma albanese della Radio

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Mi ha chiesto aiuto. Che fare? Ne ho parlato alla gente, in chiesa: ho presentato il problema di tutte quelle ragazze che ritornano… e dei loro bambini che nessuno rivuole. Che fare? Ne ho parlato con i giovani e mi hanno detto che è difficilissimo affrontare l’opinione”. Ho pensato di chiedere aiuto a una famiglia povera, già con tante figlie, prospettando che poteva essere anche una fonte di aiuto per-ché c’era chi pagava per i due; e poi 7 o 9, cosa cambiava? Con amicizia e con garbo il padre mi ha detto di no: “Anche se fos-se mia figlia non la accetterei”. Accoglienza: parola stupenda! Se bussa un uomo di notte, le porte si aprono. E se bussa una donna? E se bussa una donna con un bambino?

PREGHIERA

Un manifesto degli anni ’70 con il volto di Cristo e la scritta:

WANTED Ricerchiamo Gesù Cristo

detto anche il Messia, il Figlio di Dio, principe della pace… Per le seguenti ragioni: pratica la medicina,

distribuisce pane e vino senza autorizzazione; ce l’ha con i notabili della Chiesa;

dichiara di avere il potere di trasformare le persone in figli di Dio. Il suo ritratto:

tipicamente hippy, capelli lunghi, barba, vestito e sandali come loro.

Porta scompiglio nelle periferie, ha pochi amici ricchi e si ritira spesso nel deserto.

Il suo messaggio è rivoluzionario. Cambia gli uomini e li incita alla liberazione.

Attenzione: non si è mai riusciti a prenderlo!

Sulle tracce del Figlio di Dio… per tutto il tempo della Quaresima

con l’augurio che il Cristo WANTED sia solo… per amore!

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GESÚ É TRADITO DA GIUDA Ti adoriamo, o Cristo, e ti benediciamo perché con la tua santa croce hai redento il mondo. Dal Vangelo secondo Luca Poi, Giuda Iscariota, uno dei dodici discepoli, andò dai capi dei sommi sa-cerdoti per aiutarli ad arrestare Gesù. Essi furono molto contenti della sua proposta e promisero di dargli dei soldi. Allora Giuda si mise a cercare un’occasione per fare arrestare Gesù. UN AFFARE DA TRENTA DENARI testimonianza dall’Albania

Milot è una cittadina a nord dell’Albania dove operano i padri Bar-nabiti: da subito hanno incontrato diffidenza e anche violenza. Il Vescovo di Tirana, mons. Rrok Mirdita, venuto per rincuorare i sa-cerdoti, rivolgendosi ai fedeli raccolti in chiesa, così si è espresso: “Per cinquant’anni abbiamo dato colpa alla dittatura comunista, ma oggi, nel tempo della libertà e della democrazia, a legare un sacer-dote al letto rivolgendo le armi contro di lui, non si è più spinti dalle autorità ma solo da interessi materiali ed egoistici. Le armi saccheggiate nei depositi e nelle caserme, oggi sono cadu-te nelle mani del popolo e non c’è più da lottare contro un nemico immaginario, rinchiusi nei bunker: in piazza vi siete messi a lottare l’uno contro l’altro! Mi rivolgo a voi, giovani: se non vi fonderete sui comandamenti di Dio per essere basamento di una nuova società, il popolo albanese passerà da una crisi all’altra, senza mai imparare a vivere”. BAMBINI DI STRADA testimonianza dal Rwanda

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Percorrendo le piste sterrate che si inerpicano su per le mille colline ruandesi, diverse volte abbiamo incontrato gruppi di persone che trasportavano i loro malati adagiati sulle barelle: un viaggio fatto di corsa, senza soste, alternandosi in quattro nel portare all’ospedale più vicino quella vita. Il servizio sanitario in Rwanda è affidato soprattutto alla Chiesa cat-tolica che gestisce, grazie ai missionari, molti ambulatori periferici e alcuni ospedali. A Kiziguro, piccola località della Diocesi di Biumba, lavora il dottore Alì Cassidy, zairese, di religione musulmana. Quando lo andiamo a salutare, è impegnato con suor Ester a visita-re una donna che proprio quella notte avevano portato da un villag-gio vicino: purtroppo il bambino che aveva in grembo era morto. L’ospedale di Kiziguro non ha il telefono e neppure la radio per co-municare con gli ambulatori dislocati sulle colline. Il tam tam della foresta batte il ritmo per il passo veloce dei barellie-ri che depongono i loro malati in quella stuoia che sa già di croce.

PREGHIERA

Si raccolgono i morti sul campo di battaglia. Si estraggono da sotto le macerie

o dalle lamiere di un incidente stradale. Si ha cura, delicatezza nel ricomporre, ordinati, quei corpi.

La loro identità è certificata dal bene che hanno fatto: un bene che solo ora appare sincero.

Gesù, sei sempre con noi!

- Il nostro corpo è tempio dello Spirito Santo…

- Nessuna violenza fatta su noi stessi potrà togliere il segno di Dio…

- A chi è fuggito lontano, tu Signore, tendi sempre la mano…

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GESÚ DEPOSTO DALLA CROCE Ti adoriamo, o Cristo, e ti benediciamo perché con la tua santa croce hai redento il mondo.

Dal Vangelo di Luca Giuseppe d’Arimatea si presentò a Pilato e chiese il corpo di Gesù. Lo calò dalla croce e lo avvolse in un lenzuolo.

SIGNORE DEI MATERASSI testimonianza dall’Albania

Centinaia di materassi, giunti dall’Italia, sommergevano la chiesa e io contemplavo stupito come questa diventava sempre più piccola, sempre più piena e sempre più santa. Chiesa di materassi che sostano in essa una notte! Domani prenderanno il volo verso le varie parti della città, si ferme-ranno nelle case della povera gente. Materassi inquieti: quanti viaggi avete ancora da fare, quante case dovete cambiare, quale sarà la vostra ultima dimora? Domani rallegrerete tante famiglie, vecchi stanchi, bambini malati, donne incinte che benediranno il Signore e la solidarietà questa chiesa che si abbassava e scompariva gradualmente, vedevo Cri-sto trionfante, sempre più maestoso… ed allora, ecco l’invocazione: “Il Signore dei materassi!”. Pensando all’immagine del “Signore delle cime” sono passato dalle vette della natura alle vette della generosità. La solidarietà si è fatta montagna dove si erge Cristo che trionfa sulla guerra e sul dolore. Cara mia chiesa, Chiesa di materassi: voi siete il sollievo del dolore del mondo. MANI PIETOSE testimonianza dal Rwanda

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Kigali, capitale del Rwanda, conta 300mila abitanti. Punto d’incontro delle quattro strade principali che collegano i confini della nazione, ospita ambasciate, palazzi governativi e uffici. La bellezza di Kigali è la sua gente che ogni giorno esce dalle ca-panne, percorre come un fiume in piena le piste sterrate delle colli-ne e fa ressa nei mercati. Moltissimi sono i bambini: per la maggior parte frequentano la scuo-la; altri sono abbandonati a se stessi e sopravvivono mendicando. Sono loro, i bambini della strada, quella parte di umanità che ha bi-sogno non solo di un pane ma soprattutto di affetto. L'abbè Cle-ment, sacerdote belga in Rwanda dall’84, ha fondato un club che si chiama Rafiki (amico): una tessera di iscrizione dà libero accesso alla biblioteca, alla sala giochi, al teatro, ai campi di gioco; alcuni animatori organizzano attività coinvolgendo un po’ tutti e valorizzan-do le singole capacità. L’abbè Clement cerca di farsi amici questi ragazzi: l’esperienza di lavoro e di vita comunitaria nella fattoria di Butamwa, poco distante dalla città potrebbe essere un’ulteriore possibilità di riscatto, quasi una scommessa per una nuova vita.

PREGHIERA

Monete gettate per terra e neppure raccolte tanto sono sporche di equivoci e violenza.

Invece, come è grande la tua bontà, Signore, che conservi per chi ti teme

e fai grandi cose per chi ha fiducia in Te, per chi ama solo Te.

Gesù, perdonaci!

- Per le amicizie tradite e l’odio che radica nei nostri cuori… - Per la bramosia di denaro e potere che coviamo dentro…

- Per la disperazione che ci assale…

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GESÚ CELEBRA L’EUCARESTIA Ti adoriamo, o Cristo, e ti benediciamo perché con la tua santa croce hai redento il mondo. Dal Vangelo secondo Luca Quando venne l’ora per la cena pasquale, Gesù si mise a tavola con i suoi discepoli. Prese un calice, ringraziò Dio e disse: “Prendete questo calice e fatelo passare tra voi: è la nuova alleanza che Dio stabilisce per mezzo del mio sangue offerto per voi”. Poi prese il pane, fece la preghiera di rin-graziamento, spezzò il pane, lo diede ai suoi discepoli e disse: “Questo è il mio corpo, che è offerto per voi. Fate questo in memoria di me”. TI VOGLIO BENE testimonianza sull’immigrazione

Tutte le sere don Fausto è alla stazione per incontrare il popolo del-la notte: poveri ed emarginati che forse solo a quell’ora della gior-nata riescono a parlare con qualcuno che sentono amico. L’occasione è un piatto di pasta offerto loro come cena: quel pane spezzato si fa confidenza e fiducia. Don Fausto non li giudica, non li rimprovera, non li bastona: i ragaz-zi lo sentono “vicino” e in ascolto delle loro storie di vita. Davvero la stola e il grembiule… come augurava l’amico sacerdote don Toni-no. SOLIDARIETÁ testimonianza sull’immigrazione

Abbandonati in mare e comunque al loro destino, umanità sofferen-te alla deriva, i profughi giungono a noi. Il sole che ogni giorno sorge su buoni e cattivi riscalda questo pre-sepio che sa di salsedine. Per la drammaticità del viaggio il corpo è sfinito e solo le onde ac-carezzano quella donna e il suo bambino. Che ingenui sono stati a credere che la libertà fosse facile da rag-giungere, solo al di là del mare… !

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Rwanda”. Il Papa si affaccia dalla finestra e annuncia al mondo l’assassinio di un uomo, un missionario. Giovanni Paolo II ha rimesso sotto gli oc-chi della gente la drammatica situazione in cui la Chiesa si trova ad operare nel cuore dell’Africa. Pochi giorni prima, a Kigali, avevamo incontrato l’abbè Augustin Karrekesi, un gesuita responsabile del Centro culturale: a lui aveva-mo chiesto una analisi della situazione attuale del Rwanda. Le sue parole, che attendevamo significative e illuminanti, sono sta-te drammaticamente dure: si vive nella memoria della morte o nell’angoscia della morte. Si vive con l’interrogativo: “Chi ha ucciso i miei cari?” o “Chi mi ucciderà domani?”. Dal genocidio (primavera 1994) ad oggi, il pensiero di gran parte della gente del Rwanda è rivolto sempre alla morte.

PREGHIERA

Cristo non ha più mani, ha soltanto le nostre mani per fare oggi le sue opere.

Cristo non ha più piedi, ha soltanto i nostri piedi per andare oggi agli uomini.

Cristo non ha più voce, ha soltanto la nostra voce per parlare oggi di sé.

Cristo non ha più forze, ha soltanto le nostre forze per guidare gli uomini a sé.

Cristo non ha più vangeli che essi leggano ancora. Ma ciò che facciamo in parole e in opere

è l’evangelo che si sta scrivendo.

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GESÚ MUORE Ti adoriamo, o Cristo, e ti benediciamo perché con la tua santa croce hai redento il mondo. Dal Vangelo secondo Luca Era verso mezzogiorno, quando il sole si eclissò e si fece buio su tutta la terra fino alle tre del pomeriggio. Gesù gridando a gran voce, disse: “Padre, nelle tue mani consegno il mio spirito”. Detto questo, spirò. L’ufficiale romano che stava di fronte alla croce, vedendo come Gesù era morto, disse: “Quest’uomo era davvero Figlio di Dio”. ROSE ROSSE E CANTI NIGERIANI testimonianza sull’immigrazione

Lilyan Uyi, arrivata da Benin City in Italia alla ricerca del benessere è morta in un incidente stradale. Le altre giovani che erano con lei in macchina, sono fuggite per non farsi identificare. Lilyan, invece, è rimasta, “fantasma” senza nome, due giorni nella camera mortuaria: sono stati due nigeriani ad identificarla. L’ultimo saluto, nella chiesa del cimitero di Bergamo C’erano molti nigeriani al funerale: con la fotografia di Lilyan appun-tata sul petto, hanno pianto la ragazza con i canti della loro terra e ascoltato la funzione, tradotta in inglese da un loro connazionale. Hanno accompagnato Lilyan fino alla tomba: sulla bara, altre ragaz-ze nigeriane hanno appoggiato un mazzo di rose rosse. ANNUNCIO DI MORTE testimonianza dal Rwanda

“Mi è giunta poco fa – ha detto il papa ai fedeli radunati in piazza San Pietro domenica 2 febbraio 1997 – la notizia della tragica scomparsa del padre Guy Pinard, barbaramente assassinato sta-mani durante la celebrazione della Messa nella sua parrocchia in

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Ma pure noi che abitiamo la costa non sappiamo bene cosa sia. E intanto quel bambino che la solidarietà umana ha raccolto, lui che non sa ancora parlare la nostra lingua, tende le mani per un ab-braccio.

PREGHIERA

“Ho bisogno di te” è lo slogan di una iniziativa RAI che dà voce alla Caritas e alla Croce Rossa.

Gli occhi di quel bambino ogni giorno ci guardano per invocare attenzione e amore.

Nella loro dolcezza, vanno dritti al cuore perché sono specchio di un’anima innocente

coinvolta nella guerra dei grandi.

Un grande uomo che ora dal cielo incoraggia gli operatori di pace, don Tonino Bello, scrisse una volta: “Ho letto da qualche parte

che gli uomini sono angeli con un’ala soltanto: possono volare solo rimanendo abbracciati.

Ho bisogno di te… ci gridano tanti fratelli che sono rimasti con l’ala, l’unica ala, impigliata nella rete della miseria e della solitudine.

Soprattutto per questo fratello sfortunato:

Dammi, Signore, un’ala di riserva!

- Emergono grandi quegli occhi: lo sguardo dell’innocente ha il colore scuro del bambino africano che piange

accanto al corpo della sua mamma uccisa da una violenza tribale…

- Ha la pelle bianca, come slavata, della gente dell’Est che per troppo tempo non ha goduto il sole della libertà…

- Ha la dolcezza asiatica di chi vorrebbe convincere il soldato

a non usare il carrarmato per far tacere sulla piazza la protesta…

- Ha addosso i vestiti larghi e sformati del fratello più grande ma è il costume zingaro di chi danza la vita sulle strade del mon-

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GESÚ PREGA NEL GETSEMANI Ti adoriamo, o Cristo, e ti benediciamo perché con la tua santa croce hai redento il mondo. Dal Vangelo secondo Luca Gesù uscì e andò verso il monte degli Ulivi e i suoi discepoli lo accompa-gnarono. Quando giunse sul posto disse loro: “Pregate per resistere nel momento della prova”. Poi si allontanò da loro alcuni passi, si mise in gi-nocchio e pregò così: “Padre, se vuoi, allontana da me questo calice di dolore. Però non sia fatta la mia volontà, ma la tua”. In quel momento di grande tensione pregava più intensamente e il suo su-dore cadeva a terra come gocce di sangue”. PREGHIERA testimonianza dall’Albania

Cinquant’anni di regime comunista in Albania hanno seminato l’ateismo nel cuore di alcune generazioni. Ma se anche le bocche non vogliono o non sanno più parlare, i ru-deri delle antiche chiese hanno sempre annunciato la gloria di Dio. Non s’è mai interrotto il cammino devozionale della gente che sale alla chiesa di Sant’Antonio, appena sopra Laç. La gente è andata lassù in tutte le stagioni, sotto il sole e sotto la pioggia, quando era possibile andare e quando era proibito, quando c’era la chiesa e quando è stata distrutta. Sant’Antonio è ritornato anche visibilmente nella sua montagna: u-na statua è collocata nel fondo del perimetro dell’antica chiesetta. La montagna, le folle, il desiderio della Verità: il Vangelo si rende visibile, ancora una volta, nella terra delle aquile. IL SILENZIO DEGLI INNOCENTI testimonianza dal Rwanda

La parrocchia di Muhura è al nord del Rwanda, nella diocesi di

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“Cara Albania… ” vorremmo avere anche noi sensibilità nel leggere su questi volti stanchi un disperato bisogno d’amore. PAROLE ULTIME testimonianza sull’immigrazione

L’algerino Hajji lo hanno trovato una mattina, riverso in un canale alla periferia della città, stroncato da un’overdose. É stato con noi in Comunità per alcuni anni; lo conoscevamo bene e di lui conserviamo il diario con quello scrivere di se stesso così intenso e sofferto: “… Per strada, con occhiali neri, uno zingaro ran-dagio sporco di solitudine cercava il futuro in uno sballo passato di alcool. Come un pazzo vagabondo cercava la fortuna per le vie di Bergamo dove il dattero ed il cammello risvegliavano la nostalgia dell’originale, della Tunisia. Modello del ribelle pacifista, coccola l’amico come un padre festoso, incisivo, che con orgoglio ed umiltà, coraggio e carattere, deve fare la scalata per risalire a vivere nei giardini della sua oasi, che presto fioriranno”.

PREGHIERA

Da mezzogiorno alle tre del pomeriggio… Ecco le sponde che delimitano il fiume delle lacrime umane.

Solo allora è consentita la sosta sul Golgota. Una permanenza più lunga

sarà considerata abusiva anche da Dio. La mia, la tua, le nostre croci sono provvisorie.

Mio Signore e mio Dio!

- Che io possa invocarti sempre…

- Nei momenti belli e in quelli più impegnativi della vita… - Come atto di fede e impegno di vita…

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IL TEMPO DELL’AGONIA Ti adoriamo, o Cristo, e ti benediciamo perché con la tua santa croce hai redento il mondo. Dal Vangelo secondo Matteo Quando fu mezzogiorno, si fece buio su tutta le regione, fino alle tre del pomeriggio. Verso le tre Gesù gridò molto forte: “Elì, Elì, lema sabàctani”, che significa “Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?”. Un tale corse a riempire una spugna d’aceto: postala su una canna gli da-va da bere, dicendo: “Vediamo se viene Elia a salvarlo!”. Gesù, gridando ancora a gran voce, disse: “Padre, nelle tue mani affido il mio spirito”. PAROLE AFFETTUSE testimonianza dall’Albania

“Cara Albania… ” parole affettuose, rivolte dal Papa alla gente di quella terra. Un popolo fiero, quello albanese, che ha voluto chia-mare il proprio Paese “Schipare” che significa “Terra delle aquile” e l’aquila nera bicipite sta al centro di un rettangolo rosso nella ban-diera nazionale. Ma anche “chi abita in una fortezza tra le rocce, aggrappato ai luo-ghi più alti, chi ha la sua casa in alto come un nido d’aquila prima o poi viene buttato giù dalla storia, che non sopporta l’inganno dell’arroganza e dell’orgoglio” (Geremia 49,16). Oggi i nostri fratelli albanesi non sanno più costruire in alto i loro ni-di. Le immagini della televisione mostrano corpi stanchi e invec-chiati; la cronaca li descrive in fuga dalla loro terra verso un futuro che non conoscono ma per il quale hanno scommesso tutti i loro soldi e gli anni più belli della vita.

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Byumba. Ci si arriva percorrendo una strada sterrata di 40 km trac-ciata sulla dorsale di alcune delle mille colline che fanno onore alla nazione. La folta vegetazione fa solo intuire la presenza di capanne che accolgono in quella zona circa 60mila persone. Si esce come d’incanto dalla boscaglia e, immensa, ci appare la chiesa, costruita su una spianata grande come uno stadio. Ad accoglierci, padre Mario Falconi, sacerdote bergamasco. É lì a Muhura dal 1990 e in questi anni ha condiviso con la sua gen-te il dramma della guerra, l’orrore delle stragi e l’umiliazione dell’esilio. Trascorriamo insieme la giornata e l’amico sacerdote ci confida il suo smarrimento: come annunciare la Verità del Vangelo? Più volte è stato invitato a non usare parole come “riconciliazione” nelle sue omelie. Si sente solo, abbandonato forse anche dai con-fratelli; intorno a sé un clima di sospetto e paura. Padre Mario veste l’abito bianco del missionario perché vuol essere segno di speranza in mezzo a quelle tenebre di morte. Non ha la forza di alzare la voce… ma non per paura di morire, solo perché questo è l’unico modo per restare, da vivo, punto di riferi-mento per chi crede ancora in Dio. La chiesa di Muhura, quella fatta di mattoni, ci è parsa una catte-drale nel deserto; ma ancor più impressionante è il silenzio dei suoi cristiani.

PREGHIERA

Padre mio, io mi abbandono a te: fa’ di me ciò che ti piace! Qualun-

que cosa tu faccia di me, ti ringrazio. Sono pronto a tutto, accetto tutto

perché la tua volontà si compia in me e in tutte le tue creature. Non desidero niente altro, mio Dio.

Rimetto la mia anima nelle tue mani, te la dono, mio Dio, con tutto l’amore del mio cuore, perché ti amo.

Ed è per me una esigenza d’amore il donarmi, il rimettermi nelle tue mani senza misura,

con una confidenza infinita poiché tu sei il Padre mio.

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GESÚ VIENE ARRESTATO Ti adoriamo, o Cristo, e ti benediciamo perché con la tua santa croce hai redento il mondo. Dal Vangelo secondo Luca Mentre Gesù ancora parlava con i discepoli arrivò Giuda, uno dei Dodici, accompagnato da molti uomini armati di spade e bastoni. Il traditore si era messo d’accordo con loro. Aveva stabilito un segno e aveva detto: “Quello che bacerò è lui. Voi prendetelo e portatelo via con decisione”. VIOLENZA testimonianza sull’immigrazione

“Caro Direttore de L’Eco di Bergamo, ho letto con attenzione l’ampio articolo del 6 dicembre titolato “Blitz a Cologno, scovati 40 clandestini”. Il pezzo ricostruisce con dovizia di particolare l’operazione dei carabinieri avvenuta la notte precedente mirante a controllare un centinaio di immigrati che vivono in quel paese. Francamente sono sconcertato dal tono, i sostantivi, gli aggettivi, i verbi usati nel testo che decine di migliaia di bergamaschi hanno letto. Innanzi tutto il titolo: “scovati”. Scovati, direttore? Le persone identificate dai carabinieri non si nascondevano, la maggior parte di loro lavora regolarmente nelle fabbriche della zo-na, non fanno del male a nessuno. Anche gli immigrati trovati sprovvisti della documentazione completa, e quindi con documenti irregolari, non sono “clandestini”. Molti di loro non hanno ultimato la pratica per il rilascio del permesso di soggiorno, comunque a nes-suno di loro sono stati contestati reati. Credo che sia necessario fare una riflessione seria e approfondita sul fenomeno dell’immigrazione nel nostro paese. Senza retorica, senza pregiudizi. Perché raccontare un’operazione di controllo co-me se si trattasse di un blitz contro la criminalità organizzata, o di una importante retata antidroga?

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ritas tedesca: sono molto in dubbio, non ci capisco. Mi chiedono su-bito di firmare la ricevuta ma mi rendo disponibile a farlo alla fine dello scarico, dopo averli contati. L’autista pretende di avere per se dieci pacchi… siamo costretti a lasciar fare. Ci incuriosisce la dimensione di un pacco: conteneva asciugamani. Con un controllo più accurato, vi trovo dentro una statua della Ma-donna. Ci siamo preoccupati per l’ambiguità che poteva assumere la cosa: qualcuno poteva pensare ad una propaganda religiosa e a una strumentalizzazione degli aiuti. Abbiamo aperto tutti i pacchi, uno per uno, ma non c’era più niente. Quello era un pacco singolare ed era stato il primo capitato nelle mie mani. Un dono per me. In un clima di stanchezza esasperata, in un contesto di bisogno e di abbandono, la Vergine Maria ci viene incontro nell’imprevedibilità di un gesto che sa di consolazione e di speranza. Madre Addolorata: rendici capaci di cogliere il dolore e saperci ingi-nocchiare dinanzi ai tuoi figli crocifissi.

PREGHIERA

É un incontro fatto di sguardi: occhi limpidi, bagnati dalla commozione

di chi si sente amato. Tra mille persone che stanno attorno e guardano,

madre e figlio si parlano con il linguaggio del cuore che, a volte, è fatto di lunghi silenzi di contemplazione.

Gesù, fa’ che ti guardi sempre negli occhi!

- Quando devo parlarti di me stesso…

- Ogni volta che ti incontro nei Sacramenti… - Nell’intimità di un incontro d’amore…

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GESÚ CON MARIA E GIOVANNI Ti adoriamo, o Cristo, e ti benediciamo perché con la tua santa croce hai redento il mondo. Dal Vangelo secondo Giovanni Presso la croce di Gesù stavano sua madre e la sorella di sua madre, Ma-ria di Cleopa e Maria di Maddalena. Gesù, dunque, vedendo sua madre e lì vicino il discepolo che amava, disse alla madre: “Donna, ecco tuo figlio”. Poi disse a Giovanni: “Ecco tua madre”. E da quel momento il discepolo la prese in casa sua. INTIMITÁ testimonianza sull’immigrazione

Il martedì è un giorno speciale per Mohammed: la giornata trascor-re veloce nell’impegno del lavoro al cantiere ma poi, alla sera, lo vedi Mohammed più felice, come euforico con quella scheda telefo-nica da 20mila lire in mano, pronto a collegarsi con la sua famiglia in Marocco. La cabina del telefono è posta in un angolo del corridoio: una sedia, un tavolino per scrivere appunti, una luce soffusa… creano quell’atmosfera degna di un incontro tra persone che si amano. Mo-hammed, con gli occhi lucidi dall’emozione e il cuore che batte for-te, adesso parla a noi, suoi amici, con un linguaggio ricco di imma-gini perché l’ha come vista la sua terra e il volto caro dei suoi bam-bini. MADRE ADDOLORATA testimonianza dall’Albania

Nei giorni dell’emergenza, si presenta un camion con un mucchio di pacchi da destinare ai profughi e mi dicono che me li manda la Ca-

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La cronaca pubblicata dal suo giornale sull’episodio di Cologno, a me pare approssimativa, semplificata e solo in parte veritiera… ”. LACRIME DI PIOMBO testimonianza dall’Albania

Strana guerra, quella albanese! Un popolo armato, un popolo che spara: ma contro chi? chi è il nemico? Spara in alto con rabbia o nell’euforia della festa ma questo cielo non trattiene i colpi: per la legge fisica di gravità essi tornano indie-tro, provocando danni, molto spesso, irreparabili. Un papà bussa alla porta della Caritas, racconta di suo figlio: ha un proiettile in testa, uno dei tanti proiettili in ricaduta. I medici non sanno cosa fare. “Un intervento all’estero può salvarlo!” dicono. O-gni giorno il papà di Dorian è lì, accovacciato per terra e aspetta. Poi, un ospedale italiano si rende disponibile: nove ore d’intervento lo restituiscono alla gioia dei suoi genitori. Questo, uno dei tanti casi di cui siamo testimoni. Ne soccorri uno ne restano cento: un problema che non si risolve. Resta, però, l’aver teso la mano, l’aver fatto proprio il dramma di questi nostri fratelli che faticano a ritrovare la giusta rotta. L’aquila, simbolo dell’Albania, deve stendere le sue ali e spiccare il volo ma deve essere lei a volerlo. Dobbiamo infondere questa cer-tezza: solo allora verranno riposte le armi. E il cielo, fatto non più tiro a segno, sorriderà su un popolo in mar-cia verso un futuro migliore...

PREGHIERA

La violenza di spade e bastoni e il bacio dell’inganno

avvolgono il Maestro. Quando il nemico e la violenza sembrano prevalere, la vita donata per amore diventa seme di speranza.

Gesù, fa’ di me uno strumento della tua pace!

- Dov’è odio, fa’ che io porti il perdono… - Dov’è l’offesa, fa’ che io porti l’amore… - Dov’è il dubbio, fa’ che io porti la fede…

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GESÚ É CONDANNATO A MORTE Ti adoriamo, o Cristo, e ti benediciamo perché con la tua santa croce hai redento il mondo. Dal Vangelo di Luca Le autorità del popolo, i capi dei sacerdoti e i maestri della legge condus-sero Gesù da Pilato. Là cominciarono ad accusarlo: “Quest’uomo noi lo abbiamo trovato mentre metteva in agitazione la nostra gente: ha comin-ciato a diffondere le sue idee in Galilea; ora è arrivato fin qui e va predi-cando per tutta la Giudea: non vuole che si paghino le tasse all’imperatore romano e pretende di essere il Messia promesso da Dio”. Pilato ordinò che Gesù fosse portato dal governatore Erode. Questi lo interrogò con insistenza, ma Gesù non gli rispose nulla. Intanto i capi dei sacerdoti che erano presenti lo accusavano con rabbia. DELINQUENTI testimonianza sull’immigrazione

Quasi non bastassero le forze dell’ordine, ora anche gruppi di per-sone organizzano come delle ronde, di giorno e di notte, violentan-do, con la luce della torcia, la privacy del povero che vaga nella not-te. La cronaca racconta dei bliz, degli accertamenti in questura e del fenomeno del disagio di strada quasi che loro, i poveri, non avesse-ro il diritto di dire qualcosa o anche solo lamentarsi. Anche gli sguardi, a volte, fanno male come pure i giudizi temerari, taglienti come pugnalate alle spalle. Una detenuta scriveva agli amici: “… a volte l’ignoranza fa paura ed il silenzio è uguale a morte”. CARCERE testimonianza dal Rwanda

Il carcere di Kigali è una struttura del 1930 opera del governo belga

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periferia di Tirana e perfino sulle baracche che costellano la campa-gna, fanno da pendant con le cupole dei bunker. Quelle cupole di cemento armato sono state imposte in cin-quant’anni di regime comunista come ossessivo segno fisico e ide-ologico della chiusura verso lo straniero da temere, da cui difender-si. Oggi, le antenne paraboliche, sono l’esatto opposto: simbolo dell’apertura, della ricerca di altri mondi, della sete di contatto con l’esterno. Stanno in alto, appartengono al cielo, mentre i bunker sono ormai interrati nel fango. É come se una mano potente, quella del popolo, abbia sradicato le cupole dei bunker dalla loro solida base e le abbia issate, capovol-te, sui tetti.

PREGHIERA

Dall’alto della croce, Signore, raduni tutti gli uomini in un abbraccio di perdono.

Dono a noi un cuore grande per accogliere quanti sono nella solitudine e nella disperazione.

Gesù, ricordati di me!

- Gloria a te, che accogli non i sani ma i malati…

- Gloria a te, che liberi dal peccato chi si crede dannato… - Gloria a te, che ascolti chi ti grida “Pietà!”…

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ALTRE DUE CROCI Ti adoriamo, o Cristo, e ti benediciamo perché con la tua santa croce hai redento il mondo. Dal Vangelo secondo Luca Insieme a Gesù, erano stati inchiodati sulla croce anche due malfattori. Uno di loro insultandolo diceva: “Non sei tu il Messia? Salva te stesso e noi!”. L’altro, invece si mise a rimproverare il suo compagno e disse: “Tu che stai subendo la stessa condanna non hai proprio nessun timore di Dio? Per noi due è giusto scontare il castigo per ciò che abbiamo fatto, lui invece non ha fatto nulla di male”. Poi aggiunse: “Gesù, ricordati di me quando sarai nel tuo regno”. Gesù gli rispose: “Ti assicuro che oggi sarai con me in paradiso”. IL BACIO DELLA BUONANOTTE testimonianza sull’immigrazione

Nel dormitorio della Caritas ci sono venti posti e tutte le sere c’è la fila davanti al cancello per trovare da dormire. Letti a castello avvicinano l’uno all’altro storie di povertà e di mise-ria. Prima che si spengano le luci, il don passa e saluta tutti per nome, rivolgendo a ciascuno parole buone. La Legge farà il suo corso e chissà un giorno quel dormitorio si tra-sformerà in cella… ma nessuno potrà mai togliere dalla mente quei gesti delicati, quelle parole care come il bacio della mamma quando si era bambini. Appesi sulla croce della vita, si è pur sempre figli di Dio. ALTRE DUE CROCI testimonianza dall’Albania

Le antenne paraboliche sistemate in quantità sulle abitazioni della

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allora colonizzatore. Da lontano, pare un fortino con quelle torrette, il muro di cinta e la bandiera sul pennone. Progettato per accogliere duemila detenuti oggi ne rinchiude diecimila, come ben si può leg-gere sulla tabella delle presenze appesa nell’ufficio del direttore. Come Caritas italiana siamo potuti entrare in giorno di domenica nel penitenziario per celebrare la Messa: davanti a noi s’è presenta-ta una umanità sofferente, uomini e donne, tutti con la divisa di co-lore rosa e il capo rasato. Sicuramente tra di loro ci sono ladri e assassini ma lo sguardo della maggior parte ci è sembrato umile e buono: persone colpevoli solo di essere di un’altra etnia che non quella dominante. Al ritmo dei tamburi e del battito delle mani hanno cantato le lodi di Dio: il Kirje eleison ci è parso comunque più indicato per i loro a-guzzini. L’annuncio del Vangelo e il gesto della consacrazione sono stati accolti con un applauso sincero di chi vede in Cristo la salvez-za e vive nell'attesa della sua venuta. Poi la Messa è finita... ma come potremo andare in pace finché quelle persone e mille altre ancora in ogni angolo della terra non potranno godere dei diritti dovuti ad ogni uomo?

PREGHIERA

Gli uomini rifiutano la presenza di Dio. Ogni scusa è buona per non parlare di lui

e per non accettarlo nella propria vita. Dopo la bestemmia, l’indifferenza e l’ateismo. Dio è morto!

Gesù, ho nostalgia di te!

- In mezzo alla folla degli amici, tra mille cose da fare…

- Nella solitudine di un carcere, di un ospedale, della mia casa…

- Dopo una giornata passata nel silenzio e in preghiera…

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GESÚ É SPOGLIATO DELLE VESTI Ti adoriamo, o Cristo, e ti benediciamo perché con la tua santa croce hai redento il mondo. Dal Vangelo secondo Matteo Allora i soldati del governatore, portato Gesù nel pretorio, radunarono at-torno a lui tutta la coorte. E, dopo averlo spogliato, gli misero indosso un mantello scarlatto, e intrecciata una corona di spine, gliela posero sul ca-po, e una canna nella destra. Poi, inginocchiandosi dinanzi a lui, lo scher-nivano dicendo: “Salve, re dei Giudei!”. E sputando su di lui, presero la canna e lo percuotevano sulla testa. UMILIAZIONE testimonianza dall’Albania

I fari della macchina puntati sulla strada che da Milot scende a Ma-murras, quella sera hanno illuminato l’interno di un carro kosovaro. I profughi. Povera gente con la quale avevamo trascorso l’intera giornata nei campi di Scutari: i loro occhi gonfi di stanchezza e di lacrime sono apparsi improvvisi… e dentro di me il ricordo è andato ad Au-schwitz. Ho indugiato nel sorpasso: avrei voluto fare chissà che cosa per lo-ro. Mi sono sentito impotente. Li ho salutati con un bacio, inviato nel gesto tenero della mano. POVERA AFRICA testimonianza dal Rwanda

Quella sera si era deciso di andare a cena fuori, in qualche ristoran-te tipico di Kigali. L’amico che ci faceva da guida, aveva deciso per l’Hotel des Mille Collines. Abbiamo parcheggiato la nostra Toyota

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Mentre con alcuni amici ero impegnato in un viaggio umanitario a Mostar, in Croazia, una telefonata sul cellulare ci avvisava che, al porto di Spalato c’era ad aspettarci una ragazza bosniaca: chiede-va di essere portata in Italia. Da alcuni giorni vagava nella città cro-ata; grazie alle sue telefonate a nostri comuni amici, si era cercato di rincuorarla e alla fine si era studiato anche un “piano di recupe-ro”. Noi però, di lei, sapevamo solo il nome: Samira. Abbiamo viaggiato nella notte per raggiungere al più presto la città di Spalato: certo che era proprio una bella impresa trovare la ragaz-za giusta in un porto così grande! Abbiamo percorso più volte la banchina prima di adocchiare, sedu-ta al tavolino di un bar, la “nostra” ragazza. Mi sono avvicinato e gli ho detto: “Samira?”. Lei ha sorriso ed è scoppiata in lacrime. Oggi, Samira, vive in Italia; è sposata e ha un bambino di nome De-nis.

PREGHIERA

Potessimo cantaree queste parole… suggeriscono una preghiera

e il desiderio di conoscere sempre meglio chi era Lui.

“Ed abbiamo riso di Lui perché era diverso da noi non abbiam pensato che Lui era meglio di noi non abbiam capito che Lui era meglio di noi.

Quando quella sera arrivò

Lui sorrise a tutti però non ci fu nessuno di noi che lo guardò. E pensare che Lui morì, morì per noi.

Ed ora voi chiedete a me: chi era Lui?

Dopo duemila anni voi non sapete ancora chi era Lui. Dopo tutto quello che Lui ha fatto per noi

ora voi chiedete a me chi era Lui”.

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I.N.R.I. Ti adoriamo, o Cristo, e ti benediciamo perché con la tua santa croce hai redento il mondo. Dal Vangelo secondo Giovanni Pilato scrisse un cartello e lo fece mettere sulla croce. C’era scritto: Gesù di Nazaret, il re dei Giudei. Molti lessero il cartello, perché il posto dove avevano crocifisso Gesù era vicino a Gerusalemme, e il cartello era scritto in tre lingue: in ebraico, in latino e in greco. Perciò i capi dei sacerdoti dis-sero a Pilato: “Non scrivere: Il re dei Giudei; scrivi che lui ha detto: Io sono il re dei Giudei”. Ma Pilato rispose: “Basta; quello che ho scritto, ho scrit-to”. PUTTANA testimonianza sull’immigrazione

Lilly lavora in un laboratorio di confezioni. La sua pelle è chiara ma l’accento da straniera tradisce le origini slave. La catena di lavorazione è impegnativa e succede a volte di litigare con le colleghe o di ricevere osservazioni. Quel giorno Lilly è tornata a casa sconvolta: una donna le aveva detto con cattiveria: “Stai zitta, tu che sei stata una puttana!”. Come un giudizio di condanna le veniva rinfacciata una esperienza passata. Lilly non ha ancora raggiunto una personalità forte: il suo animo è delicato, fragile… Si è sentita umiliata più ancora di quan-do era in strada. L’ho abbracciata, tenendola vicino, tanto che i miei capelli asciuga-vano le sue lacrime. CHIAMATI PER NOME testimonianza sull’immigrazione

Sentirsi chiamare per nome, soprattutto nei momenti in cui ti senti abbandonato e vivi una esperienza difficile, è certamente una sen-sazione molto bella di conforto.

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accanto a decine di altre auto con la sigla dell’ONU e Ong stranie-re. Al quarto piano dell’albergo, la sala da pranzo: un ambiente ampio e lussuoso, con luci soffuse, un ricco self service e terrazza panora-mica sulla città. I tavoli sono quasi tutti occupati da funzionari stra-nieri, uomini d’affari e belle donne; pure noi ci accomodiamo e subi-to due camerieri versano da bere augurandoci una buona serata. Abbiamo mangiato onorando così la cucina ruandese ma, onesta-mente, se avessimo potuto abbandonare quell’ambiente così falso, irreale rispetto al Rwanda conosciuto durante la giornata, l’avremmo fatto volentieri. Quanta tristezza guardando dalla terrazza le luci della città: 300mila poveri, che dopo aver mangiato un pugno di riso, ora dormono di-stesi sulla stuoia nell’attesa di un nuovo giorno! Scendendo le scale dell’albergo, incrociamo un uomo che sale alle camere in compagnia di una donna di colore: povera Africa, umilia-ta e offesa.

PREGHIERA

Signore, ti vediamo nudo tra gli uomini e le donne del nostro tempo,

spogliati della loro dignità. Soccorrici nella nostra povertà

e coprici con il manto della tua misericordia.

Gesù, la tua presenza mi illumini!

- A volte non capisco cos’è bene e cos’è male… - Le persone sono trattate come cose, pezze da piedi…

- Ci si crede capaci di sentenze su tutto e su tutti…

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ECCE HOMO Ti adoriamo, o Cristo, e ti benediciamo perché con la tua santa croce hai redento il mondo. Dal Vangelo secondo Giovanni Pilato uscì un’altra volta dal palazzo e disse: “Ora ve lo porto qui fuori, per-ché sappiate che io non trovo nessun motivo per condannarlo”. Gesù ven-ne fuori, con la corona di spine e il mantello rosso. Pilato disse: “Ecco l’uomo!”. I capi dei sacerdoti e le guardie lo videro e cominciarono a grida-re: “Crocifiggilo! Mettilo in croce!”. ALBANESE testimonianza dall’Albania

Quante se ne son dette sugli albanesi, a torto e a ragione! Albanese spesso vuol dire “povero disperato”… Un amico, al sentir dire che in Albania si organizzava un concorso di pittura, non riusciva proprio ad immaginare la scena: un albanese con il pennello in mano! Eppure è vero: nel Comune di Mamurras, si sono presentati quattro pittori, con opere significative, al concor-so indetto dal locale Club degli Artisti. Non solo pezzenti, non solo omicidi, prostitute e ladri ma soprattutto persone di grande intelligenza, vivacità intellettuale, talento artisti-co: un popolo tutto da scoprire, soffocato e impedito a esprimere le sue potenzialità dalla povertà, mancanza di libertà e democrazia. Beati i puri di cuore perché… vedranno l’uomo, l’albanese, il fratel-lo, senza pregiudizi! La mostra di pittura dice al mondo: “Ecce Ho-mo!”, ecco il volto autentico dell’Albania. CLANDESTINI testimonianza sull’immigrazione

Clandestino, non significa sempre delinquente. Per fermare e prevenire fenomeni legati a comportamenti non cor-retti rispetto alle norme sull’immigrazione, sono stati potenziati negli ultimi mesi i servizi di controllo. Giusti, quando servono a scoprire «casi di delinquenza». Necessari, anche per dare all’opinione pub-blica maggiore sensazione di sicurezza.

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LA POLIZIA ALBANESE testimonianza dall’Albania

Un uomo è sulla strada con il pollice alzato per chiedere un passag-gio. Una macchina si ferma. Entra: prima ripone il kalashnikov poi si siede. L’autista non si spaventa perché il suo passeggero è un po-liziotto. Uno dei tanti che presta servizio nei grandi centri dell’Albania e che la sera torna al villaggio. Gente semplice, a volte poverissima. Sono i rappresentanti della legge, i difensori dello Stato: si occupa-no dell’ubriaco che rompe i bicchieri in un bar, del ladro, degli ado-lescenti che girano al volante di macchine che vanno come razzi, che si occupano di assassini e delle loro vendette quotidiane. I poliziotti fanno parte della stragrande maggioranza degli albanesi che alla fine di ogni mese contano i giorni rimasti per avere lo sti-pendio. Guadagnano poco più di 100 dollari e devono impedire traffici di mi-liardi. Non hanno macchine, né scorte, a volte neppure giubbetti an-tiproiettile, e devono arrestare assassini con i mitra e contrabban-dieri con l’anticarro. Sembrano quasi impotenti di fronte all’esercito della criminalità, ai gestori della droga, della prostituzione, del traffi-co clandestino e delle armi.

PREGHIERA

Le braccia allargate tra cielo e terra

sono come un abbraccio all’umanità. E poi quel sussurro all’amico: “Ti voglio bene!”…

Gesù, abbracciami forte, forte!

- Quando sono capace di offrirti la giornata

secondo la tua volontà… - Nei momenti di preghiera,

quando in ginocchio cerco il tuo volto… - Nell’indifferenza che circonda chi s’impegna per la verità

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GESÚ É IN CROCE Ti adoriamo, o Cristo, e ti benediciamo perché con la tua santa croce hai redento il mondo. Dal Vangelo secondo Luca Quando giunsero al luogo detto Cranio, crocifissero Gesù. E Gesù diceva: “Padre, perdonali, perché non sanno quello che fanno”. I soldati, quand’ebbero crocifisso Gesù, presero le sue vesti e ne fecero quattro parti, una per ciascun soldato; presero anche la tunica. Ma la tuni-ca era senza cuciture, tessuta da cima a fondo tutta d’un pezzo. Dissero perciò tra loro: “Non la strappiamo, ma tiriamo a sorte a chi tocca”. MESSO IN CROCE testimonianza dal Rwanda

Hanno aspettato che il parroco di Nyamata si allontanasse per qualche giorno dalla parrocchia per scavare all’interno della chiesa una grande fossa, larga e profonda dieci metri; dal campo vicino hanno riesumato centinaia di cadaveri raccogliendo le loro ossa in sacchi di plastica e li hanno ammassati all’interno del tempio. Li avrebbero sotterrati in chiesa se l’abbè Giampierre non fosse tor-nato in tempo a convincere il capo villaggio a non trasformare la ca-sa di Dio in un cimitero. Il giovane sacerdote ruandese ci ha portato a visitare la sua chiesa nella quale ogni domenica celebrava l’Eucarestia. É lui per primo a rassicurarci dicendo che ben presto tutto tornerà in ordine: la fossa verrà riempita ancora di terra, i cadaveri troveranno degna sepoltu-ra all’esterno e la gente tornerà a radunarsi per cantare la vita. Ma i suoi occhi sono gonfi di lacrime e, mestamente, ci confida la sua impotenza di fronte a tanta follia. Quando nei mesi scorsi ban-de di ribelli entrarono nel villaggio, uccisero migliaia di persone, lui con pochi altri soccorreva i feriti e recuperava per strada i cadaveri per dar loro sepoltura. Quante volte, proprio in quella chiesa, aveva fatto celebrazioni inneggianti al perdono e alla riconciliazione! Ma poi la situazione gli era sfuggita di mano e lui, uomo della spe-ranza, era stato messo in croce.

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Ma questo accanirsi sugli immigrati con ripetuti blitz, non è forse e-sagerato ed esasperante? A noi, come Comunità Ruah, gli immigrati raccontano anche di vio-lenze gratuite da parte delle forze dell’ordine: in alcuni casi abbia-mo provveduto a chiedere spiegazioni alle Autorità competenti. Spesso succede che in case diroccate visitate nottetempo dalla po-lizia si trovino persone immigrate ma con permesso di soggiorno, che vivono in situazioni precarie solo perché nessuno affitta loro u-na casa. Tutti vogliamo vivere in una società sicura, ma il desiderio è anche quello di vivere in una società tollerante e non prevenuta: purtrop-po, i continui controlli generano, tra la gente, sempre più forte l’idea che clandestino equivale a delinquente. E tra gli immigrati crescono timore, diffidenza e tensione. E hanno ragione a lamentarsi. Infine, ci si dovrebbe anche chiedere: forse quella clandestina che hanno fermato è la mia colf, la cameriera che faccio lavorare in ne-ro? O forse è il falegname che mi ha sistemato il mobile a poco prezzo perché lavora senza essere assunto dall’artigiano che cono-sco da tempo? Forse è l’uomo delle pulizie che tira a lucido le scale del condominio? Forse è il cameriere che mi serve le pietanze nel ristorante cinese che mi piace tanto? E tutti questi clandestini, sono criminali?

PREGHIERA

Signore, perdona le nostre colpe che sono la causa della tua condanna. Liberaci dalla violenza dei giudizi insani

e suscita in noi l’amore per la vita.

Gesù, sei tu la mia salvezza!

- Uomo innocente sacrificato per la nostra salvezza… - Redentore dell’umanità,

immagine del Padre ricco di misericordia… - Uomo dei dolori che insegni a donare la vita…

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GESÚ SALE AL CALVARIO Ti adoriamo, o Cristo, e ti benediciamo perché con la tua santa croce hai redento il mondo. Dal Vangelo secondo Giovanni Allora le guardie presero Gesù e lo fecero andare fuori della città costrin-gendolo a portare la croce sulle spalle; giunsero al posto chiamato Cranio, che in ebraico si dice Golgota; e lo inchiodarono alla croce. IL PESO DELLA CROCE testimonianza dal Rwanda

É vero che ognuno deve “portare la propria croce” ma che peso la vita per coloro che già vivono situazioni di povertà ed emarginazio-ne! Il pensiero va agli ammalati dell’ospedale psichiatrico di Ndera, l’unico su tutto il territorio del Rwanda. Accompagnati da Sabin Van de Verne, un “frere de la charitè”, con-gregazione belga a servizio dei malati, entriamo nel cortile interno e poi nelle camerate. L’unica divisione è quella tra maschi e femmine; per il resto bambini handicappati vivono accanto a giovani soldati traumatizzati dalla guerra e a vecchi disabili. L’emozione per così tanta sofferenza e forse anche il rispetto che si deve a queste persone, impedisce di registrare immagini. Nella sezione femminile le donne si fanno at-torno a noi e cercano loro stesse la fotografia: un segno di umanità e di voglia di vivere, malgrado la povertà del loro stato e l'effetto dei sedativi spenga il sorriso sul volto. Nel silenzio delle corsie dell'ospedale, la voce di un malato grida al cielo il suo dolore. Gli fanno eco pugni e calci sferrati alla porta da un internato in cella di sicurezza. UN CALVARIO

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co a cui fare riferimento. Suor Antony l’abbiamo incontrata al mercato di Kigali, intenta a comperare pane per gli ospiti della Casa della misericordia, nella quale vive insieme ad altre cinque consorelle e un centinaio di bam-bini e anziani. Sapeva della nostra presenza in città e dello scopo della nostra missione: ci ha salutato con un sorriso e una dolcezza nello stringere le mani tale da emozionare il cuore. La sua grande famiglia vive sul pendio della collina appena sotto la strada principale che attraversa il centro della città: le suore della carità fanno da mamma a bambini molto piccoli abbandonati da ge-nitori; alcuni sono malati di aids e per loro non c’è più speranza. Queste suore di Madre Teresa le vedi proprio come angeli in mez-zo alla miseria e alla disperazione: ti inchini davanti a tanto amore! Salutiamo con le mani gli ospiti più anziani: seduti nel cortiletto in-terno trascorrono il loro tempo e attendono con dignitosa povertà la sera della vita. Il volto di suor Antony ha l’espressione dolce del suo Gesù appeso al sari.

PREGHIERA

Quanta femminilità in quel gesto. Gesù avrà lasciato un sorriso su quel fazzoletto:

è la firma autentica di chi sa amare con delicatezza e con affetto il suo prossimo.

Gesù, fammi sorridere come te!

- Nell’impegno quotidiano del mio lavoro… - Nel dire ”Grazie” a chi mi offre un aiuto…

- Nel sostenere un ragionamento, nel commentare i fatti della vita…

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VERONICA ASCIUGA IL VOLTO DI GESÚ Ti adoriamo, o Cristo, e ti benediciamo perché con la tua santa croce hai redento il mondo.

Dal Vangelo secondo Marco Allora alcuni cominciarono a sputargli addosso, a coprirgli il volto, a schiaf-feggiarlo e a dirgli: “Indovina?”. I servi intanto lo percuotevano.

L’INTENSITÁ DI UNO SGUARDO testimonianza dal Rwanda

Gli amici chiedono se le donne africane sono belle: noi abbiamo vi-sto solo la gente del Rwanda e possiamo dire che i loro lineamenti sono graziosi, il corpo asciutto. Portano i loro figli più piccoli in spal-la avvolto pure loro nell’abito dai mille colori; hanno forza e dignità per zappare la terra e vendere al mercato il frutto del loro lavoro. A differenza dei bambini sempre così allegri e sorridenti, le loro mamme hanno uno sguardo triste: bisogna capirle dopo questi anni di violenza e ancor più nel clima di incertezza che permane. Ma forse, nell’animo femminile, solo un’altra donna può entrare con quella delicatezza e spontaneità. É molto bello l’affetto con il quale Adelia, Marisa, Clara, Angela e Virginia consorelle dell’ordine mari-sta, avvicinano queste donne: quelle malate di aids che numerose frequentano la loro casa di Butare e tante mamme, molte delle quali ormai vedove. Le donne africane sono belle. Ma pure ogni creatura capace di a-mare risplende di una luce che affascina. SIGNORE DOLCE VOLTO testimonianza dal Rwanda

Le riconosci subito le missionarie della carità con quel sari bianco bordato di blu e quel crocifisso appeso sulla spalla come volto ami-

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testimonianza dal Rwanda

Nyamata e Ntarama sono divenuti luoghi simbolo del genocidio. A Ntarama, un comune abitato da 120mila persone, il 7 aprile 1994, centinaia di Tutsi si erano rifugiati nella chiesa da una settimana. Il 15 aprile 1994 l’armata ruandese tolse i mattoni sotto le finestre della chiesa per buttare all’interno bombe a mano. Una volta entrati, finirono i feriti con machete, lance, sassi. La chiese di Ntarama è rimasta come allora: i resti dei corpi sul pa-vimento del tempio, i teschi in un capannone all’esterno. Il luogo di-venterà un macabro sacrario. Raccapriccianti sono i racconti dei sopravvissuti di Nyamata. C’è chi ha visto i cani mangiare cadaveri per strada. Gli animali, as-suefatti alla carne umana, assalivano poi le persone. In una scuola ci sono 1400 bambini, l’80% orfani. A ridosso della chiesa, la tomba di Antonia Locatelli, bergamasca di Fuipiano, assassinata nel 1992. Tutto quanto riuscì a realizzare, un complesso vastissimo per bimbi poveri, oggi è desolatamente vuo-to. Se morte e distruzione sono il tragico epilogo di ogni conflitto, non meno drammatico è il destino dei sopravvissuti: orfani e profu-ghi; ma anche militari impazziti finiti nei manicomi e bambini-soldato che hanno imbracciato kalshnikov e ora vengono “rieducati.

PREGHIERA

La condanna dev’essere esemplare e c’è sempre qualcuno che paga per tutti gli altri.

La trave del peccato, che tante volte accieca la vista, e lì, sulle spalle di Cristo.

Un cammino impegnativo quello del perdono.

Gesù, scusa!

- Per quelle volte che ho deriso il mio prossimo… - Quando ho fatto pagare ad altri la mia rabbia…

- Per ogni mia cattiveria e menzogna…

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LA FOLLA LUNGO LA VIA Ti adoriamo, o Cristo, e ti benediciamo perché con la tua santa croce hai redento il mondo. Dal Vangelo secondo Luca Erano in molti a seguire Gesù: una gran folla di popolo e un gruppo di donne che si battevano il petto e facevano lamenti su di lui. Gesù si voltò verso di loro e disse: “Donne di Gerusalemme, non piangete per me. Pian-gete piuttosto per voi e per i vostri figli. Ecco verranno giorni nei quali si dirà: Beate le donne che non possono avere figli e quelle che non ne han-no mai allattato. PROFUGHI testimonianza di accoglienza

Albanesi, kosovari, curdi, iracheni e tanti altri ancora. Cambiano solo i nomi dei Paesi di provenienza ma la strada che seguono per sfuggire a guerre, fame e povertà è sempre la stessa: lo stretto corridoio del Canale d’Otranto, un ponte di appena 80 chi-lometri che dall’Albania porta in Puglia, frontiera dell’Europa. Questo stesso mare che allieta le nostre vacanze, per molti clande-stini è l’unica via percorribile verso la salvezza. Scendono dalle montagne fredde e tristi del Kosovo, dove tuonano i cannoni, scavalcano l’arido Kurdistan o abbandonano il deserto egi-ziano. Sono migliaia di disperati dallo sguardo triste, bambini senza sorriso; sotto la pioggia o in mezzo alla neve camminano a piedi o viaggiano stipati sui camion dei contrabbandieri. Sono giorni e notti interminabili prima di raggiungere le spiagge na-scoste lungo la costa Meridionale dell’Albania, dove ad attenderli ci sono avidi criminali per l’ultimo salto a bordo di un gommone. CANTO DI PACE

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medici dell’Ospedale e da tutto il personale. La mia degenza è stata lunga e alcune volte mi sono sentito triste ma subito qualche persona si è resa disponibile ed è riuscita ad al-leggerire la mia solitudine e a far rinascere in me la speranza. Ho poi subìto il trapianto con ottimo successo, grazie a mio fratello Baskim che mi ha donato il suo rene. Ora, dopo undici mesi, ritorno a casa. Sento dentro il mio cuore di voler ringraziare la Caritas e tante persone, una per una: spero con questa mia lettera che appare sul giornale, di raggiungerli tutti. In Italia ho trovato amici, fratelli, mamme e papà che mi hanno re-galato affetto e un sorriso. Grazie! Dirò sempre bene di voi. Agim Meta

PREGHIERA

Quante persone, come il Cireneo, hanno riscoperto il prossimo e fors’anche il volto di Cristo

coinvolte nell’entusiasmo di iniziative umanitarie di solidarietà!

Gesù, sei imprevedibile!

- Pensavo di valere ben poco, eppure mi hanno ringraziato per quello che avevo fatto…

- Adesso quelle persone mi salutano e mi vogliono bene… - La mia vita ha ripreso colore

da quando ho incontrato quegli amici… .

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GESÚ É AIUTATO A PORTARE LA CROCE Ti adoriamo, o Cristo, e ti benediciamo perché con la tua santa croce hai redento il mondo. Dal Vangelo secondo Luca Lungo la strada, fermarono un certo Simone, originario di Cirene, che tor-nava dai campi. Gli caricarono sulle spalle la croce e lo costrinsero a por-tarla dietro a Gesù. UN ABBRACCIO testimonianza di immigrazione

Alma adesso ha una casa dove trascorrere le ultime settimane di gravidanza. Non poteva più stare sulla strada con quel bambino di sette mesi nel grembo. Ma come è stato difficile accettare di essere aiutata: orgogliosa com’è, davvero figlia di quel Paese che vuole tutti aquile, fieri e libe-ri in ogni prova della vita. Adesso è seduta sul letto a sfogliare una rivista… ma chissà a cosa pensa? “Va dove ti porta il cuore” titolava un libro… e il pensiero di Alma è certo alla sua terra di Albania, dove papà e mamma la ricordano ancora bambina. GRAZIE: MI AVETE SALVATO LA VITA testimonianza sull’immigrazione

Carissimi amici, eccomi alla vigilia del ritorno alla mia cara terra, l’Albania, che il 26 ottobre dell’anno scorso mi ha consegnato a voi in condizioni di salute molto gravi: dovevo farmi togliere i due reni e riceverne uno in dono, da impiantare. Sono stato accolto in Italia con mille attenzioni da parte di moltissime persone. Sono stato seguito con grande professionalità e competenza dai

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testimonianza dal Rwanda

Mukarange è un villaggio costruito proprio a ridosso della strada principale, quella che provenendo dalla capitale si divide ora in due direzioni: a nord verso l'Uganda e a sud verso la Tanzania. In questa zona, via vai di veicoli umanitari e percorso obbligato per migliaia di profughi in fuga dalla guerra, un semplice cartello indica una direzione sicura: Amahoro (Pace) Casa della carità. Quando eravamo in Italia, alcuni amici ci avevano parlato di questa esperienza in terra ruandese della diocesi di Reggio Emilia. Ed ecco infatti Anna, Gianlorenzo, Paolo e Giovanna subito ci rico-noscono e insieme facciamo festa. Loro sono a Mukarange dal ’95 per un progetto di solidarietà: vivono con lo stesso stile della gente, condividendo con loro la fatica del lavoro nei campi, la povertà del cibo e l’essenzialità delle cose. Seppure in mezzo a tanta sofferenza, questi giovani vogliono esse-re un segno di speranza: la fede in Gesù Cristo che sotto le speci dell’Eucarestia abita con loro, è un canto di pace in quella valle di lacrime.

PREGHIERA

Quelle donne non sono “belle” come Maria, come Veronica… Loro sono capaci solo di piangere,

senza la volontà di asciugarsi poi le lacrime e rialzare la testa guardando in faccia il futuro.

Gesù, rimproverami ogni volta che non ho speranza!

- A volte sono un peso in famiglia e con gli amici…

- Le giornate trascorrono veloci, fra mille cose da fare… - Mi chiudo in me stesso e non voglio sentir ragioni…

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GESÚ CADE Ti adoriamo, o Cristo, e ti benediciamo perché con la tua santa croce hai redento il mondo. Dalla prima Lettera di San Pietro apostolo Oltraggiato non rispondeva con oltraggi, e soffrendo non minacciava ven-detta, ma rimetteva la sua causa a Colui che giudica con giustizia. Egli portò i nostri peccati nel suo corpo sul legno della croce, perché, non vi-vendo più per il peccato, vivessimo per la giustizia. IN PIEDI, COSTRUTTORI DI PACE testimonianza dal Rwanda

Cadere a terra da il senso del limite, forse anche della umiliazione. Don Antonio Ferri responsabile in Rwanda di un progetto della Cari-tas italiana, quella sera in riunione esortava noi tutti ma soprattutto Silvio, Giovanni, Paolo e Dario i suoi più stretti collaboratori, a non essere orgogliosi, ma come Gesù caduto più volte nel salire il Cal-vario, uomini che assaporano la polvere. Gesù non si nasconde. Lui vince in un altro modo! Nei pochi giorni trascorsi in terra d’Africa, abbiamo condiviso spe-ranze e la preoccupazione per l’evolversi degli avvenimenti, l’analisi sincera e a volte severa sulle difficoltà e le incomprensioni tra gli stessi operatori. Silvio, Dario, Antonio, Paolo e Giovanni ci reste-ranno sempre nel cuore: sono da ammirare per quello che fanno ma soprattutto perché hanno ben chiaro in mente l’incitamento di un amico sacerdote, don Tonino Bello, che un giorno ebbe a dire: “In piedi… costruttori di pace!”. CADUTE testimonianze sull’immigrazione

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Arrivano in città con la sacca sulle spalle e camminano lenti, inde-boliti dalla fame e dalla stanchezza. Inizia così il loro pellegrinaggio metropolitano: la Caritas, il Centro accoglienza, l’Ufficio Stranieri, la mensa dei poveri, la stazione, una casa abbandonata… Come trot-tole vagano qua e là illudendosi di trovare subito una soluzione ai bisogni. Il loro portafoglio è gonfio di biglietti su cui appuntare nu-meri di telefono e indirizzi utili. Il peso del vagare non è tanto quello di ritrovarsi senza soldi in ta-sca, quanto l’incertezza dell’oggi e del domani; e quella strada della solidarietà così burocratica e formalista che li fa cadere, esausti, sulle panchine del viale.

PREGHIERA

Quando la pace arriva ai primi tornanti del Calvario, non cerca deviazioni di comodo ma vi si inerpica fino alla croce.

La pace è un cammino: ha le sue tabelle di marcia, i suoi ritmi; i suoi rallentamenti e le sue accelerazioni.

Forse anche le sue soste.

Gesù, tienimi sempre in corsa!

- Quando non ho più voglia di far niente, sono deluso… - Nei momenti di amarezza,

quando non ho più fiducia di nessuno… - Quando auguro la morte a me stesso e agli altri…