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Profilassi antibiotica, problemi di coagulazione e biopsia in endoscopia digestiva a cura di Paolo Pizzetti Massimo Primignani e Armando Gabbrielli 3 di un Servizio di Endoscopia Digestiva GESTIONE GESTIONE & diritti doveri 3

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Profilassi antibiotica,problemi di coagulazionee biopsia in endoscopia

digestiva

a cura di Paolo PizzettiMassimo Primignani e Armando Gabbrielli

3di un Servizio di Endoscopia Digestiva

GESTIONEGESTIONE&

diritti

doveri

3

in Endoscopia Digestiva

&diritti

doveri

il libro bianco dell’endoscopista

PROGETTARE , REALIZZARE

ORGANIZZARE e

GESTIRE

un Servizio di Endoscopia Digestiva

Felice CosentinoGiorgio BattagliaEnrico Ricci

&diritti

doveri

Profilassi antibiotica,problemi di coagulazionee biopsia in endoscopia

digestiva

a cura di Paolo PizzettiMassimo Primignani e Armando Gabbrielli

G E S T I O N E 3G E S T I O N E

© 2003 AREA QUALITÀ® S.r.l.Via Comelico, 3 - 20135 MILANOE-mail: [email protected]

Tutti i diritti riservati

Questo fascicolo è stato stampato dalla tipografia Vigrafica di Monza nel mese di maggio 2003

Impaginazione: il Bozzetto - Milano

AREA QUALITÀ

in questo fascicolodi GESTIONE 3GESTIONE

La profilassi antibiotica in endoscopia digestiva............................ 5a cura di: Paolo Pizzetti, Giovanni Ballardini

L’endoscopia in pazienti con problemi di coagulazione ............................................................................................................................................ 11

a cura di: Massimo Primignani, Federica Fabris, Giovanna Petazzi, Marco Moia

La biopsia nel tratto gastroenterico ...................................................................... 19a cura di: Armando Gabbrielli, F.M. Di Matteo

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INTRODUZIONEÈ documentato che le manovre endoscopichesia diagnostiche che terapeutiche comportanouna batteriemia [1,2].

Essa è legata soprattutto ad alcuni interventid’endoscopia operativa quali la dilatazione distenosi esofagea, sclerosi delle varici, ERCP inpazienti con stasi biliare, posizionamento digastrostomie endoscopiche percutanee.

D’altra parte anche semplici procedure medi-che come l’esplorazione rettale o il clisma opa-co, e addirittura atti della vita quotidiana comela pulizia dei denti (vedi TABELLA 1), possonoprovocare batteriemia [3].

La maggior parte di queste batteriemie sonoasintomatiche e la grande diffusione delle tec-niche endoscopiche, sia diagnostiche che ope-rative non è stata seguita da un aumento di in-cidenza delle endocarditi che rappresentano lapiù temibile delle complicanze infettive [1].

Per questo motivo vi è la necessità di definirein modo preciso le indicazioni alla profilassi,allo scopo di ridurre il più possibile le compli-canze degli atti endoscopici e al tempo stesso dievitare l’uso indiscriminato degli antibiotici.

Paolo Pizzetti, Giovanni BallardiniU.O. di Diagnostica e Chirurgia Endoscopica, Istituto Nazionale per lo Studio e la Cura dei Tumori di Milano

La profilassi antibiotica in endoscopia digestiva

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TAB. 1: INCIDENZA DI BATTERIEMIA

Lavaggio dei denti 25

Esplorazione rettale 4

Esofagogastroduodenoscopia 4

Varici esofagee- legatura elastica 6- scleroterapia 10-50

Dilatazioni/protesi esofagee 34-54

Laserterapia esofagea 35

ERCP - senza occlusione delle VB 6- con occlusione delle VB 11

Coloscopia 2-4

Sigmoidoscopia 6-9

Proctoscopia 5

Clisma opaco 11

Procedure Incidenza di batteriemia %

da: Mani V. e coll. Endoscopy 1997;29:114-119 [3]

Batteriemia in soggetti immunocompetenti a seguito di procedure coinvolgenti il tratto gastroenterico

• può comportare dei rischi allergicial paziente

• aumenta le resistenze batteriche

• dilata la spesa sanitaria

L’USO INDISCRIMINATODI ANTIBIOTICI

GLI OBIETTIVITra le complicanze infettive, l’endocardite è l’e-vento maggiormente studiato per la sua eleva-ta mortalità [4].

Oltre alle endocarditi possono essere correlatealle procedure endoscopiche altre complicanzeinfettive.

La profilassi antibiotica è finalizzata alla ridu-zione della loro incidenza come indicato nellaTABELLA 2 [2].

PROCEDURE E RISCHIOLa batteriemia è condizionata dalla flora batte-rica presente nel distretto attraversato dall’en-doscopio e le procedure a maggior rischio dicomplicanze sono elencate nella TABELLA 3 [2].

La gravità delle manifestazioni cliniche dellabatteriemia dipende dalla carica batterica, dallavirulenza del germe in causa e dalla presenzadi fattori di rischio nel soggetto sottoposto al-l’esame [5].

Tra questi si annoverano:

Per quanto riguarda i germi responsabili di en-docardite su valvole non operate sono, nellamaggior parte dei casi, lo Streptococcus viridans(50%) e lo Staphilococcus aureus (20%).

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TAB. 2: OBIETTIVI DELLA PROFILASSI

Prevenzione dell’endocardite

Prevenzione della batteriemia sintomatica

Prevenzione dell’infezione della ferita addominale dopo PEG

Prevenzione della sepsi pancreato-biliare dopo ERCP

Prevenzione della colonizzazione di protesi non cardiache

da: Rey J.R. et coll. Endoscopy 1998; 30:318-24 [2]

Finalità della profilassi antibiotica in endoscopia digestiva

• deficit immunitari

• vizi valvolari cardiaci

• presenza di protesi valvolari

• presenza di protesi vascolari direcente impianto

• shunt sistemico polmonare

TAB. 3: PROCEDURE ASSOCIATE CON AUMENTATO RISCHIO DI COMPLICANZE INFETTIVE

Dilatazione di stenosi esofagee

Scleroterapiaendoscopica

delle varici esofagee

ERCP per ostruzionebiliare nota epseudocistipancreatica

Posizionamento di PEG

Laserterapia nel tratto

gastroentericosuperiore

da: Rey J.R. et coll. Endoscopy 1998; 30:318-24 [2]

La profilassi antibiotica in endoscopia digestiva

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In presenza di protesi valvolari di recente im-pianto, il germe più frequentemente implicatoè lo Staphilococcus epidermis.

Altri batteri come l’Enterococco possono essereresponsabili di endocardite in pazienti neopla-stici o sottoposti a trattamenti sull’apparatogastroenterico o urinario.

Inoltre, recentemente, è stata riconosciutal’importanza del gruppo HACEK: Hemophilus,

Actinobacillus, Cardiobacterium, Eikenella e Kingellaspecies [6)].

Le condizioni di rischio per endocardite sonostate divise in 3 gruppi dettagliati nella TABEL-LA 4 [7].

In letteratura sono stati segnalati solo alcunicasi di endocardite dopo procedure endosco-piche [2].

TAB. 4: CONDIZIONI ASSOCIATE CON UN RISCHIO DI ENDOCARDITE O DI BATTERIEMIA SINTOMATICA

da: Mani V. et coll. Endoscopy 1997;29:114-119 [3]

RISCHIO ELEVATO RISCHIO MODERATOBASSO O TEORICO RISCHIO NON AUMENTATO

• Protesi valvolare cardiaca• Pregressa endocardite• Shunt chirurgico sistemico

polmonare• Protesi vascolare entro un anno

dall’impianto• Severa neutropenia

(neutrofili <100 x 109/l)

• Prolasso mitralico coninsufficienza

• Lesioni valvolari congenite o reumatiche

• Cardiomiopatia ipertrofica• Shunt ventricolo peritoneale• Trapianto di cuore• Neutropenia moderata

(neutrofili 100-500 x 109/l)

• Prolasso mitralico senzainsufficienza

• Difetto interatriale noncomplicato

• Pacemaker cardiaco• Bypass coronarico• Impianto di defibrillatore• Tutti gli altri pazienti

PROCEDURE GRUPPO DI RISCHIO PROFILASSI

Sulla base di quanto sopra esposto le principa-li società scientifiche sia cardiologiche che ga-stroenterologiche hanno codificato alcune li-nee di comportamento pratico per l’utilizzodella profilassi antibiotica, nonché le associa-zioni di antibiotici da utilizzarsi, come sintetiz-zato nelle TABELLE 5 e 6 [2].

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TAB. 5: INDICAZIONI ALLA PROFILASSI IN RELAZIONE ALLE PROCEDURE

PROCEDURE AD ALTO RISCHIO

• dilatazioni esofagee

• scleroterapia delle varici

• laserterapia del trattogastroenterico superiore

• Pazienti ad alto rischio• Severa neutropenia• Pazienti a rischio moderato• Pazienti a basso o normale rischio

• Schema A o B• Schema A o B più E• Schema A o B (discrezionale)• non necessaria

PROCEDURE A BASSO RISCHIO• Pazienti ad alto rischio• Pazienti a rischio moderato o

basso

• Schema A o B (discrezionale)• non necessaria

ERCP

ERCP terapeuticaTutti i pazienti con• occlusione biliare• pseudocisti pancreatiche• precedenti colangiti

Schema C

PEG Tutti i pazienti Schema D

modificata da: Rey J.R. et coll. Endoscopy 1998;30:318-24 [2]

La profilassi antibiotica in endoscopia digestiva

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CONCLUSIONIIn conclusione il rischio di infezioni dopo lamaggior parte delle procedure endoscopiche èmolto basso e non esistono dei trials controlla-ti che abbiano dimostrato l’efficacia della profi-lassi antibiotica e quindi l’uso indiscriminatodegli antibiotici è da scoraggiare.

Tuttavia esiste un sostanziale accordo da parte

TAB. 6: SCHEMI DEGLI ANTIBIOTICI RACCOMANDATI

A Pazienti non allergici alla penicillina

Adultiamoxicillina 1 g i.m. + gentamicina 120 mg i.m. subito prima dell’inizio della procedura, seguiti da amoxicillina 500 mg cp. per os 6 ore dopo

Bambini (sotto i 10 anni)amoxicillina 500 mg i.m. + gentamicina 2 mg/kg i.m. seguita da amoxicillina per os 6 ore dopo; bimbi 5-9 anni: 250 mg; bimbi 0-4 anni: 125mg

B Pazienti allergici alla penicillina o che l’hanno assunta più di una volta nel mese precedente

Adultivancomicina 1 g e.v. lenta in oltre 100 minuti + gentamicina 120 mg e.v. un quarto d’ora prima della procedura;oppure teicoplamina 400 mg e.v. + gentamicina 120 mg e.v. un quarto d’ora prima della procedura

Bambini (sotto i 10 anni) vancomicina 20 mg/kg e.v. lenta + gentamicina 2 mg/kg e.v.; oppure teicoplamina 6 mg/kg e.v. + gentamicina 2 mg/kg e.v.

C Procedure biliari

Ciprofloxacina 750 mg per os 60-90 minuti prima della procedura; oppure gentamicina 120 mg e.v. subito primadella procedura; oppure per via parenterale un chinolonico o cefalosporina o ureidopenicillina subito prima dellaprocedura

D Gastrostomia endoscopica percutanea

Cefotaxime 2 g (o equivalente) per via parenterale 30 minuti prima della procedura; oppure piperacillina 4 g +tazobactam 0,5 g per via parenterale; oppure amoxicillina/ac. clavulanico 1 g e.v.

E Pazienti con severa neutropenia

Adultiad ogni schema precedente aggiungere metronidazolo 7,5 mg/kg e.v.

Bambini ad ogni schema precedente aggiungere metronidazolo 7,5 mg/kg e.v.

da: Rey J.R. et coll. Endoscopy 1998; 30:318-24 [2]

delle società scientifiche nell’utilizzo della pro-filassi in situazioni selezionate.

Nelle situazioni a rischio intermedio l’indica-zione della profilassi è discrezionale; la sua at-tuazione dovrà essere valutata sulle caratteri-stiche del paziente e sul grado d’esperienzadell’operatore [8].

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BIBLIOGRAFIA1. Antibiotic Prophylaxis in Gastrointestinal Endoscopy. BSG Guidelines in Gastroenterology 2001:

1-10

2. Rey JR, Axon A, Budzynska A, Krouse A, Novak A. Guidelines of the European Society of Ga-strointestinal Endoscopy (E.S.G.E.) antibiotic prophylaxis for gastrointestinal endoscopy. EuropeanSociety of Gastrointestinal Endoscopy. Endoscopy 1998; 30:318-24

3. Mani V, Cartwright K, DooleyJ, Swarbrick E, Fairclough P, Oakley C. Antibiotic prophylaxis in ga-strointestinal endoscopy: a report by a Working Party for the British Society of GastroenterologyEndoscopy Committee. Endoscopy 1997; 29:114-119

4. Durack DT. Prevention of infective endocarditis. N Engl J Med 1995; 332: 38-44

5. Guidelines of the French Society of Digestive Endoscopy (SFED): Antibiotic Prophylaxis in Dige-stive Endoscopy. Endoscopy 1998; 30:873-875

6. Practice Parameters for Antibiotic Prophylaxis-Supporting Documentation. Dis Colon Rectum,2000; 43:1193-1200

7. Dajani AS, Taubert KA, Wilson W, et al. Prevention of bacterial endocarditis: racommendations bythe American Heart Association. JAMA 1997; 277 1794-801

8. Infection control during gastrointestinal endoscopy: guidelines for clinical application. From theASGE. American Society for Gastrointestinal Endoscopy. Gastrointest Endosc. 1999; 49:836-41

Massimo Primignani1, Federica Fabris1, Giovanna Petazzi1, Marco Moia2

1 Dipartimento di Medicina Interna, Servizio di Gastroenterologia, IRCCS Ospedale Maggiore di Milano2 Centro Emofilia e Trombosi “A. Bianchi Bonomi”, IRCCS Ospedale Maggiore di Milano

L’endoscopia in pazienti con problemi di coagulazione

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INTRODUZIONEL’utilizzo crescente della terapia anticoagulanteorale o dei farmaci antiaggreganti piastrinicinella profilassi primaria e secondaria degli ac-cidenti tromboembolici cardiovascolari e cere-brali e nella profilassi della flebotrombosi ve-nosa pone problemi di gestione quando sianecessario eseguire delle procedure endosco-piche.

Questi problemi riguardano il rischio di com-plicanze emorragiche correlato alla procedurain corso di terapia anticoagulante, o il rischio dicomplicanze tromboemboliche correlato allasospensione della terapia o, infine, il correttouso delle risorse (eventuale ospedalizzazione,utilizzo degli esami di laboratorio per control-lare e documentare la correzione della terapiaanticoagulante).

Analogamente, è frequente l’indicazione ad ese-guire procedure endoscopiche in pazienti condisordini congeniti o acquisiti dell’emostasi, peri quali è necessario valutare correttamente il ri-

schio di complicanze emorragiche e l’indicazio-ne all’utilizzo di terapie atte a correggere il difet-to emostatico, sempre costose, spesso non ne-cessarie e, se costituite da emoderivati, poten-zialmente pericolose.

La Società Americana di Endoscopia Gastroin-testinale (ASGE) ha prodotto linee guida perl’esecuzione delle procedure endoscopiche inpazienti in terapia anticoagulante, mentre nonesistono linee guida ufficiali per il trattamentodei pazienti con altri disordini emostatici.

In questa presentazione sono riassunte le lineeguida ASGE per la gestione dei pazienti in tera-pia anticoagulante orale o con antiaggregantipiastrinici, basate sulla revisione critica dei datidella letteratura e sul consenso di esperti, evengono proposte delle indicazioni per la ge-stione dei pazienti con disordini congeniti oacquisiti dell’emostasi, basate su una revisionedei dati disponibili in letteratura e sulla espe-rienza clinica.

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LINEE GUIDA PER LA GESTIONE DEL PAZIENTE IN TERAPIAANTICOAGULANTE O ANTIAGGREGANTE PIASTRINICA DA SOTTOPORRE A PROCEDURE ENDOSCOPICHE

ENDOSCOPIA D’URGENZAEMORRAGIA GASTROENTERICA NELPAZIENTE IN TERAPIA ANTICOAGULANTEIl tratto gastrointestinale è la sede più comunedi sanguinamento clinicamente significativonel paziente in Terapia Anticoagulante Orale(TAO).

Una storia pregressa di emorragia gastrointe-stinale, ma non di ulcera non complicata, è as-sociata con un aumentato rischio di emorragiain corso di TAO (30% a tre anni verso 5% deipazienti con anamnesi negativa).

Il rischio è aumentato in caso di InternationalNormalized Ratio (INR) superiore al range tera-

peutico e in caso di concomitante assunzionedi aspirina.

La sede del sanguinamento è più frequente-mente da un sito identificabile, solitamente dauna ulcera duodenale o gastrica.

PROCEDURE ENDOSCOPICHE ELETTIVE NEL PAZIENTE IN TERAPIA ANTICOAGULANTELe procedure endoscopiche possono essereraggruppate in due categorie: a basso o ad altorischio di sanguinamento.

Nel gruppo a basso rischio rientrano le ga-stroscopie e le colonscopie diagnostiche, le bio-psie superficiali e le polipectomie di polipi condiametro inferiore a 5 mm (limitate pertantoalla mucosa e comprendenti solo il microcirco-lo), le ERCP con posizionamento di stent pan-creatici o biliari senza sfinterotomia, l’ecoendo-scopia e la push-enteroscopy.

Tutte le altre procedure endoscopiche sono clas-sificabili come ad alto rischio emorragico.

Infatti, a seguito di polipectomia con asporta-zione di polipo con diametro maggiore di 5

mm, l’incidenza di sanguinamento riportata inletteratura è pari al 0.4-1.6% [1,2], mentre doposfinterotomia endoscopica varia dal 2.5 al 5%[3] (entro 7 giorni dalla procedura).

A loro volta le condizioni che richiedono unaterapia anticoagulante possono essere classifi-cate come a basso o ad alto rischio tromboem-bolico.

Le condizioni a basso rischio sono la trombo-si venosa profonda degli arti inferiori (dopoche sia trascorso almeno un mese di TAO), lafibrillazione atriale cronica o parossistica nonassociata a valvulopatia, le protesi valvolaribiologiche o le protesi valvolari meccanicheaortiche.

Il rischio assoluto di un evento embolico asso-ciato alla sospensione della TAO per 4-7 giorniin pazienti a basso rischio è intorno a 1-2 per1000 pazienti.

Ad alto rischio sono invece la fibrillazioneatriale associata a valvulopatia o alla presenzadi protesi valvolari meccaniche, la presenza diprotesi valvolare meccanica mitralica o la pre-senza di valvole meccaniche in pazienti conpregressi eventi tromboembolici.

Procedure a basso rischio di sanguinamento

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Raccomandazioni

• La decisione di interrompere la TAO, rischiandocomplicanze tromboemboliche, deve essere pesata controil rischio di un persistere dell’emorragia in caso dimantenimento della TAO.

• Devono perciò essere considerati la gravità dell’emorragia,il valore di INR e l’entità del rischio tromboembolico.

• L’entità della riduzione della TAO deve essereindividualizzata.

• In caso di INR superiore al range terapeutico si puòricorrere a infusioni di plasma fresco congelato. L’opzione alternativa, che consiste nella somministrazionedi vitamina K, ha una efficacia ritardata e comporta unallungamento del tempo richiesto per riportare in rangeterapeutico la TAO.

• Dopo efficace gestione endoscopica della emorragia laTAO può essere ripresa dopo alcuni giorni.

• In caso di necessità di una più rapida ripresa della terapiaanticoagulante è opportuno ricorrere alla eparina ininfusione o alle eparine a basso peso molecolare.

Raccomandazioni

• Se l’assunzione di TAO ètemporanea, ad esempio dopotrombosi venosa profonda ofibrillazione atriale dacardiovertire, le procedureendoscopiche, se non urgenti,dovrebbero essere rimandate al momento della sospensionedella terapia.

• Se l’assunzione di TAO è cronicao comunque l’endoscopia èurgente, le procedure a bassorischio di sanguinamentopossono essere eseguite senzamodifiche terapeutiche,limitandosi a controllare chel’INR non sia al di sopra delrange terapeutico.

L’endoscopia in pazienti con problemi di coagulazione

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Procedure ad alto rischio di sanguinamentoin pazienti a basso rischio tromboembolico

Procedure ad alto rischio di sanguinamento in pazienti ad elevato rischio tromboembolicoConsigliamo di procedere secondo il seguenteprotocollo:

La decisione di ripristinare più precocemente laTAO deve tenere in conto sia il rischio trom-boembolico che il rischio emorragico.

Dopo sfinterotomia, nei pazienti in cui la TAOsia stata ripristinata entro tre giorni dalla pro-cedura, il rischio emorragico è tra il 10 e il 15%. In questi casi è pertanto consigliabile utilizzarela terapia con eparina a basso peso molecolareper più tempo. Per procedure a minore rischio emorragico,come la polipectomia del colon, la TAO puòsolitamente essere ripresa la notte successivaalla procedura [12]. La terapia con eparina va comunque mante-nuta fino al raggiungimento del target terapeu-tico della TAO.

TERAPIA ANTIAGGREGANTEL’assunzione di aspirina o di farmaci antin-fiammatori non steroidei (FANS) causa deficitdell’aggregazione piastrinica tramite inibizione(irreversibile per l’aspirina, reversibile per iFANS) della cicloossigenasi piastrinica e conse-guente blocco della sintesi di trombossano A2. I dati finora pubblicati, tuttavia, indicano chel’assunzione cronica, a dosaggi standard, diaspirina o FANS non incrementa il rischio disanguinamento clinicamente significativo (ne-cessità di ricovero o di trasfusioni) dopo qual-siasi tipo di procedura endoscopica [9,10,11].

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• Per le procedure ad elevatorischio emorragico, nei pazienti abasso rischio tromboembolico ènecessario sospenderel’assunzione di warfarin 3 giorniprima dell’esame, assicurandosiche il valore di INR il giornoprima della procedura siainferiore a 1.8 e il giorno stessodella procedura sia inferiore a 1.5.

• Sospendere TAO tre giorni primae controllare l’INR il giornoprima: se INR ≥ 1.8 somministrarevit. K 2.5 mg per os.

• 12 ore prima della procedurasomministrare eparina a bassopeso molecolare (LMWH) 4000 U

• Il giorno della proceduracontrollare l’INR che non deveessere superiore a 1.5

• Dopo 12 ore dalla procedurainiziare profilassi con LMWH4000 U/die oppure eparina nonfrazionata in infusione continua,mantenendo un aPTT di 1.5-2 e riprendere la TAO in secondagiornata alla dose abituale delpaziente

• Embricare i due farmaci (TAO secondo INR, LMWH come sopra) fino a raggiungereun INR = 2 per due giorniconsecutivi e quindi sospendereLMWH o eparina non frazionatae continuare con la sola TAO

Raccomandazioni

• Pertanto tutte le procedureendoscopiche possono essereeseguite nei pazienti cheassumono aspirina o FANS a dosistandard, in assenza di altridisordini emostatici [12].

• I dati relativi ad altri farmaciattivi sulla funzione piastinica,quali ticlopidina, dipiridamolo,clopidogrel o indobufene sonoinsufficienti per offrire indicazioniaffidabili.

• In attesa di indicazionisostanziate da studi cliniciconsigliamo di interrompere lasomministrazione di questifarmaci pochi giorni prima diuna procedura ad alto rischio disanguinamento.

Prima di sottoporre un paziente ad esame en-doscopico, è fondamentale riconoscere i sog-getti che presentano alterazioni congenite o ac-quisite della coagulazione.

Una anamnesi positiva per sanguinamentispontanei (epistassi, gengivorragie, ecchimosi,petecchie, emottisi, ematemesi, melena, proctor-ragia, ematuria, emartri, ematomi, emorragie do-po estrazioni dentarie, menorragie, metrorragieetc.) o sanguinamenti eccessivi o difficilmentecontrollabili in corso di piccoli interventi chirur-gici rappresenta il mezzo più sensibile e a bassocosto per identificare pazienti con possibili di-sordini congeniti o acquisiti dell’emostasi [4].

Al tempo stesso, è improbabile che un pazien-te adulto che abbia subito interventi chirurgicio traumi significativi senza presentare sangui-namento anormale sia portatore di un’altera-zione congenita dell’emostasi.

Viceversa, i test di screening utilizzabili per lavalutazione dell’emostasi, tempo di protrombi-na (PT), tempo di tromboplastina parziale atti-vata (aPTT), tempo di emorragia e conta pia-strinica non sono in realtà più utili di una in-dagine anamnestica accurata e, sebbene utiliz-zati in molti centri, non sono accurati preditto-ri del rischio di emorragia.

La normalità dei test non è garanzia di assenzadi un difetto emostatico: pazienti con formelievi di malattia di von Willebrand, Emofilia Ao B o altri disordini emostatici più rari possonoavere test di screening normali, ma presentareun sanguinamento eccessivo in corso di proce-dure endoscopiche.

È perciò necessario, invece che eseguire i test discreening in modo indiscriminato in tutti i pa-zienti, eseguire i test ed ulteriori più approfon-dite indagini sulla funzione emostatica, even-tualmente facendo valutare il paziente in ambi-to specialistico ematologico, nei casi in cui l’a-namnesi avvalori il sospetto di un disordineemostatico.

DISORDINI CONGENITI DELL’EMOSTASII pazienti con disordini congeniti dell’emostasisufficientemente gravi da richiedere il tratta-mento con fattori sostitutivi, in caso di indica-

zione a procedure endoscopiche dovrebberoessere gestiti in cooperazione con l’ematologoo, preferibilmente, presso centri di riferimentoterziari dotati delle risorse necessarie.

Malattia di Von WillebrandLa malattia di Von Willebrand (vWD) è l’altera-zione congenita più frequente della coagula-zione; si manifesta con emorragie dalle muco-se, menorragie, ecchimosi ed ematomi.

È a trasmissione autosomica dominante ed ècaratterizzata da un’inefficiente interazione trapiastrine e parete dei vasi sanguigni secondariaa carenza parziale (tipo I) o completa (tipo III)o a disfunzione (tipo II) del fattore von Wille-brand (vWF).

Poiché il vWF è il carrier del FVIII nella circo-lazione, bassi livelli di vWF determinano ancheuna riduzione della coagulabilità, per deficit diFVIII.

Le tre forme di vWD sono diverse per gravitàed approccio terapeutico.

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INDICAZIONI PER L’ESECUZIONE DI PROCEDURE ENDOSCOPICHEIN PAZIENTI CON DISORDINI CONGENITI O ACQUISITIDELL’EMOSTASI

Raccomandazioni

• Nei pazienti con vWD di tipo I, lapiù comune e meno grave, incaso di endoscopia a bassorischio di sanguinamento, èindicata terapia profilattica condesmopressina (DDAVP), dasomministrare un’ora prima dellaprocedura e successivamentequotidianamente, se sono stateeseguite biopsie, per altri 2-3giorni.

• La dose di DDAVP (Emosint) è di0.3 mg/kg sottocute ogni 24 ore.

• La DDAVP, che è un analogosintetico della vasopressina,stimola la liberazionedall’endotelio di FVIII e vWF e nedetermina un incremento di 3-5volte dei livelli circolanti; può

L’endoscopia in pazienti con problemi di coagulazione

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Emofilia A e BI pazienti con deficit di fattore VIII (emofilia A) odi fattore IX (emofilia B), malattie geneticamentedeterminate, X-linked, oltre ad avere un’anam-nesi familiare suggestiva, presentano manifesta-zioni cliniche caratteristiche: massivi e spontaneisanguinamenti localizzati alle grosse articolazio-ni (emartri), ai tessuti molli e alle mucose.

Indicazioni per la posologia È sicuramente preferibile ottenere un consultoematologico. Qualora non sia possibile o, comunque si desi-deri comprendere i principi della terapia sosti-tutiva con fattori della coagulazione, occorreconsiderare i seguenti punti.Per definizione, 1 U di fattore è la quantità pre-sente in 1 ml di di plasma (100%).

I pazienti con Emofilia A o B in forma gravehanno, rispettivamente, attività di Fattore VIIIo IX inferiori a 1% (0.01 U/ml).

La dose richiesta può essere calcolata conside-rando le seguenti variabili:• la attività basale del fattore carente• la attività che si vuole ottenere (in funzione

del rischio emorragico della procedura)• il volume plasmatico stimato del paziente• il volume di distribuzione del fattore carente. 15

causare vasospasmo (va perciòconsiderata la coesistenza dicardiopatia ischemica) e, persomministrazioni ripetute,iponatriemia, causata dallariduzione della escrezione renaledi acqua libera.

• Se, invece, l’endoscopia è ad altorischio di sanguinamento, o inogni caso nei pazienti con vWDtipo II e tipo III [5,6], in cui laDDAVP è spesso inefficace, ènecessaria la terapia sostitutivacon infusione di fattore VIII,utilizzando preparazionicontenenti alte concentrazioni divWF alle dosi indicate perl’Emofilia A grave (vedi oltre).

• Va ricordato che le preparazionipiù purificate di Fattore VIII noncontengono vWF in quantitàsufficiente, mentre i preparatiricombinanti non ne contengonoaffatto. I concentrati trattati conmetodi di inattivazione dei virussono da preferirsi perché piùsicuri rispetto al crioprecipitato.

• Nel caso in cui un paziente conemofilia A o B grave (FVIII o FIX< 1%) o moderata (FVIII o FIX <5%) già diagnosticata debbaessere sottoposto a proceduraendoscopica, con la possibilitàche sia terapeutica, è necessariosomministrare, un’ora prima dellamanovra, concentrati di fattoreVIII o fattore IX in dosesufficiente a garantire un’attivitàdel fattore pari a 0.8-1.2 U/ml.

• È necessario misurare il livellobasale e post-infusione perdeterminare la risposta (èpossibile infatti che il pazientepresenti anticorpi contro il fattorecarente).

• Se l’endoscopia eseguita è statasolo diagnostica e senzacomparsa di complicanze, nonsono necessarie ulterioriinfusioni.

• Se è stata eseguita una biopsiadella mucosa, è necessariosomministrare l’equivalente del75% della dose iniziale ognigiorno, nei successivi 2-3 giorni.

• Se invece la proceduraendoscopica è stata di tipoterapeutico, occorre mantenerel’attività del fattore a 0.3-0.5 U/mlcon infusioni di concentrati percirca 14 giorni, controllandoquotidianamente i livelliplasmatici del fattore carente. Leinfusioni di Fattore VIII vannoeseguite ogni 8-12 ore. Neipazienti con Emofilia B, poichél’emivita del Fattore IX è di 18-24ore, è sufficiente una infusionegiornaliera.

Ad esempio, in un uomo di 70 kg con Emofi-lia A grave (Fattore VIII <1%), con volumeplasmatico di 40 ml/kg in cui si vuole otte-nere una attività normale del fattore VIII, ladose calcolata sarà di 2800 U (1U per 2800ml).

Poiché il volume di distribuzione del fattoreVIII è maggiore del volume plasmatico, la po-sologia andrà incrementata di circa il 20%.

Per un paziente con Emofilia B, poiché il vo-lume di distribuzione del Fattore IX è ancoramaggiore, la dose calcolata sulla base del vo-lume plasmatico dovrà essere circa raddop-piata.

Emofilia A lieveLa DDAVP può essere utilizzata nei pazienticon Emofilia A lieve (con livelli di Fattore VIII>5%) per le procedure endoscopiche a bassorischio.

Piastrinopatie e piastrinopenieLe alterazioni funzionali delle piastrine costitui-scono un raro gruppo di malattie congeniteche determinano emorragie prolungate neltempo.

Possono riguardare l’adesione delle piastrine(sindrome di Bernard-Soulier), l’aggregazionepiastrinica (trombo-astenia di Glanzmann),l’attività secretiva (deficit di alfa granuli, deficitdi granuli densi) o procoagulante.

Poiché in queste condizioni le piastrine nonsono funzionanti, sono indicate trasfusionipiastriniche secondo le modalità riportate perle piastrinopenie.

Molteplici sono, invece, le condizioni determi-nanti una alterazione quantitativa delle piastri-ne, mediante una riduzione della sintesi, un’au-mentata distruzione o per sequestro.

L’approccio terapeutico o profilattico è correla-to al valore della conta piastrinica.

Non esistono linee guida accettate a livello in-ternazionale, ma ciascun centro si regola se-condo criteri propri.

Secondo alcuni autori inglesi e americani latrasfusione profilattica di concentrati piastriniciè sempre indicata quando la conta piastrinica èinferiore a 10.000/μl.

PIASTRINOPENIA AUTOIMMUNELa gestione dei pazienti con piastrinopenia au-toimmune (malattia di Werlhof) presenta delleproblematiche differenti: le procedure elettivedovrebbero essere posposte per il tempo suffi-ciente a consentire alla terapia medica (cortico-steroidi, immunosoppressori, splenectomia) unapossibilità di successo (conta piastrinica di al-meno 20.000-30.000/μl).

&diritti

doveri

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GESTIONE

Raccomandazioni

• In presenza di fattori di rischioaddizionali (quali l’esecuzione diendoscopia a basso rischioemorragico con conta piastrinicainferiore a 20.000/ml, oppureendoscopia ad alto rischioemorragico con conta piastrinicacompresa tra 20.000 e 50.000/ml)la trasfusione è comunqueraccomandata [6,7].

Raccomandazioni

• Quando la procedura endoscopicaè di urgenza immediata è indicatala trasfusione piastrinica (6-8 U) ealtre piastrine dovrebbero essereinfuse successivamente in caso disanguinamento. In questi pazienti,il controllo della conta piastrinicadopo trasfusione non offrerisultati attendibili e non è quindinecessario.

• Se invece la proceduraendoscopica può essere rinviatadi almeno 48-72 ore si possonopraticare boli endovenosi di 60mg di metilprednisolone ogni 6ore e successivamente valutare laconta piastrinica.

• Alternativamente, lasomministrazione endovenosa digammaglobuline (1 g/kg/die perdue giorni), agendo attraverso ilblocco dei recettori piastrinici perle cellule endoteliali, ottieneincrementi della conta piastrinica,tuttavia di breve durata. Questa terapia è, inoltre,particolarmente costosa.

L’endoscopia in pazienti con problemi di coagulazione

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Cirrosi epaticaNei pazienti con insufficienza epatica le ano-malie emostatiche sono complesse e multifatto-riali; infatti sono implicate diverse alterazioni,tra cui una ridotta sintesi dei fattori procoagu-lanti e degli inibitori della fibrinolisi e un deficitdi piastrine dovuto a ridotta sintesi e a seque-stro splenico.

Prima di sottoporre un paziente epatopaticograve a manovra endoscopica è pertanto ne-cessario prendere alcuni provvedimenti percorreggere la piastrinopenia (indicazioni profi-lattiche sopra discusse) e ridurre il valore deltempo di protrombina.

Insufficienza renaleNei pazienti con insufficienza renale è presenteuna coagulopatia complessa dovuta, almeno inparte, ad un difetto qualitativo piastrinico ac-quisito.

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Raccomandazioni

• Se viene eseguita una proceduraa basso rischio emorragico èsufficiente che il PT ratio siainferiore a 2.5, mentre per lemanovre ad alto rischio ènecessario che il PT ratio siaminore di 1.5.

• Per tali correzioni coagulativeviene correntemente utilizzata lavitamina K; se inefficace, ilplasma fresco congelato [6,8].

Raccomandazioni

• È consigliabile eseguire la dialisipoco prima di una proceduraendoscopica ad alto rischioemorragico sia perché la sedutadialitica è in grado di correggeretale alterazione sia perché èmeglio evitare che l’infusione dieparina, necessaria durante ladialisi, sia successiva allaprocedura endoscopica.

• Anche la DDAVP è in grado dicorreggere parzialmente il difettoemostatico del paziente uremico.

&diritti

doveri

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GESTIONE

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Armando Gabbrielli, F.M. Di MatteoDipartimento di Malattie dell’Apparato Digerente, Servizio di Endoscopia Digestiva dell’Università “Campus Bio-Medico” di Roma

La biopsia nel tratto gastroenterico

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INTRODUZIONEIn corso di un esame endoscopico, al fine di in-crementare le informazioni diagnostiche oltrel’aspetto macroscopico, una varietà di accesso-ri possono essere impiegati attraverso il canaleoperativo dello strumento.

Senza dubbio quello di più frequente uso è lapinza bioptica.

Sebbene le pinze bioptiche siano simili, essevariano in diametro, in morfologia (se hanno omeno tra le valve l’ago al fine di ancorarsi altessuto bersaglio di biopsia, e se le valve sonochiuse o fenestrate) e sulla possibilità di esegui-re prelievi multipli con un solo passaggio.

LE PINZE BIOPTICHELa più comune pinza bioptica è quella da 2.2mm di diametro esterno delle valve chiuse, peruna lunghezza del “cup” variabile dai 3-4 mma seconda dei modelli ed una apertura comple-ta delle due valve di 6 mm; questo modello èutilizzabile attraverso un canale operatorestandard da 2.8 mm.

Il grado di profondità del morso, come succes-sivamente vedremo, è in relazione a diversi fat-tori inerenti al tipo di pinza utilizzata, tecnicaimpiegata ed al tipo di organo da biopsiare (es.il maggiore spessore delle pliche del corpo ga-strico).

LE PINZE “TWO-BITE” E “MULTIBITE”Le pinze “Two-bite” e “Multibite” consentonomultipli prelievi con un singolo passaggio.

Per il primo tipo di pinza non sono state rile-vate differenze statisticamente significative conla pinza “single-bite” riguardo all’adeguatezza,

integrità e profondità del prelievo, ma esiste unrischio significativo di perdita del campione (ilprimo in particolare) e questo incrementa laprobabilità di errore di campionamento [1].

La qualità dei prelievi bioptici ottenuti con pin-ze “Multibite” è comparabile a quella ottenutacon prelievi con pinze tradizionali.

L’impiego di questo tipo di pinza consente unesame più rapido poiché 4 campioni possonoessere prelevati con un singolo passaggio e ciòè utile nelle situazioni dove sono necessaricampionamenti bioptici multipli (es. mappag-gio dell’intero colon nelle pancoliti in rettoco-lite ulcerosa RCU) o nei casi in cui è necessa-rio ridurre il rischio di trasmissione di infezio-ni [2].

LA PINZA JUMBOLa pinza Jumbo è esclusivamente impiegatacon canali operativi da 3.6 mm.

L’apertura delle due valve è di 7-9 mm.

Le biopsie ottenute sono di superficie maggioredella pinza standard ma generalmente non piùprofonde [3].

Il loro impiego sembra essere sicuro al pari diogni altra pinza bioptica [4], e garantisce unamigliore qualità bioptica che consente al pato-logo un più agevole orientamento e sezione.

LE PINZE PEDIATRICHELe pinze pediatriche (1.8 mm) d’impiego neicentri di Endoscopia che usano correntementel’endoscopio trans-nasale sembrano garantireun’adeguatezza diagnostica paragonabile allepinze standard da 2.2 mm per la verifica di di-splasia nell’esofago di Barrett [5] e per l’eradica-zione da H. pylori [6] effettuata anche con Test-rapido all’ureasi.

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LA PINZA PER HOT-BIOPSYLa pinza per hot-biopsy viene impiegata per larimozione di piccoli polipi (generalmente delledimensioni <6 mm) e coagulazionedella loro base, attraverso il passaggiodi corrente di coagulazione attraversola gabbia formata dalle valve dellapinza.

L’azione dell’elettrocauterio rendespesso i prelievi bioptici non interpre-tabili dal patologo. L’impiego dell’hotbiopsy è sicuro secondo alcuni autori(7-8), ma deve essere posta cautela nelcaso dell’uso nel colon dx (9).

LE PINZE MONOUSONegli anni recenti vi è stato un incre-mento costante nell’impiego di mate-riale monouso.

Le pinze monouso hanno il vantaggiodi essere più sicure, per ciò che con-cerne la possibilità di trasmissioned’infezioni da un paziente all’altro, econsentono un risparmio sia di mate-riale umano che di consumo, utilizza-to nella loro pulizia e sterilizzazione.

Per contro l’ampio uso di componen-ti monouso impone un carico di la-voro nell’incenerimento dei materiali.

Studi effettuati per stabilire la qualitàdel campionamento bioptico con pin-ze monouso o pluriuso sono abba-stanza contrastanti.

Alcuni studi hanno rilevato una diffe-renza statisticamente significativa ri-guardo la grandezza del campione[10] senza però inficiare l’adeguatezzadello stesso per una corretta diagnosiistologica.

Per contro altri gruppi hanno eviden-ziato un maggiore volume e profon-dità della biopsia con pinza monousocomparata con una pluriuso di paridimensioni e tipo [11-12], sia in corsodi esame endoscopico condotto attra-verso il tratto digestivo superiore cheinferiore.

Riguardo ai costi, le pinze pluriusosembrano avere un preciso vantaggio,secondo uno studio diventano costo-efficaci già dopo appena 7 prelievi [13].

MODALITÀ DIMIGLIORAMENTO DELLATECNICA DI BIOPSIA [14]

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GESTIONE

Desufflare e non spingere. In alcuni tratti del tubogastroenterico al fine di ottenere biopsie profonde ènecessario desufflare aria dal lume intestinale perfare sì che le valve della pinza prendano il piùprofondamente possibile la mucosa [15].

Posizionamento dell’endoscopio con tecnica di rotazione.Nelle sedi anatomiche dove la pinza bioptica esce inmaniera tangente alla superficie da bioptizzare(esofago), la pinza viene retratta sino all’estremodell’endoscopio, la punta dell’endoscopio vieneflessa contro la parete così da ottenere con unaleggera spinta, il posizionamento delle valve dellapinza a ridosso della mucosa. Una leggera suzione èapplicata durante la chiusura della pinza.

Il trasferimento del campione dalla pinza allaformalina. Il sistema migliore è quello dellarimozione del pezzo con ago; l’agitamento dellapinza nella provetta compromette la qualità delcampione. Questo è valido soprattutto nelle lesioniessudative e dove è sospetta una genesi infettiva.Non da tutti è condiviso l’orientamento delcampione in particolare se non effettuato dapersonale allenato, poiché l’istologo lo farà megliodurante il fissaggio.

Non contaminare con altro materiale la provettache contiene il fissativo.

Non più di 4 biopsie a provetta. Salvo eccezioninon conviene fissare più di 4 biopsie in un blocchettoper poterle sezionare correttamente con un precisoorientamento per consentirne una buona lettura.

e

d

c

b

a

COME PROCEDERE

La biopsia nel tratto gastroenterico

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BIOPSIA DELL’ESOFAGOUna condizione nella quale la biopsia ha im-portanza sia nella diagnosi che nella sorve-glianza è l’esofago di Barrett (EB).

In tale affezione il normale epitelio squamosodell’esofago distale, è sostituito da epitelio co-lonnare di tipo gastrico e/o intestinale.

La componente intestinale può inoltre andareincontro a modificazioni displastiche e/o neo-plastiche.

La tradizionale definizione di EB è la presenzadi epitelio colonnare che dalla giunzione esofa-go-gastrica si estende per più di 3 cm prossi-malmente con aree o lingue di mucosa più omeno confluenti.

Crescente interesse è rivolto a quelle condizioniin cui l’estensione dell’epitelio colonnare è < 3cm (EB corto).

Recentemente l’utilizzazione di colorazioni vi-tali (Lugol ed Blu di Metilene) ha permesso l’e-secuzione di prelievi bioptici mirati.

L’EB e la possibile presenza di metaplasia inte-stinale e displasia è verificabile solo bioptica-mente e mediante la biopsia se ne può definirel’estensione.

Le più comuni infezioni esofagee sono da Can-dida Albicans, Herpes Simplex virus e Citomegalovirus.

Sebbene le prime due siano fattori causali di eso-fagite in pazienti immunocompetenti, tutti e tregli agenti sono comuni in soggetti immunocom-promessi, con AIDS, in stati di immunodeficien-za acquisita (trapiantati ed in chemioterapia).

Gli aspetti endoscopici mimano l’esofagite ero-siva con caratteristiche morfologiche differentinelle tre forme.

Nell’esofagite da Candida le lesioni sono costi-tuite da un essudato biancastro, intervallato damucosa di aspetto normale o eritematoso, chenelle fasi avanzate può rivestire completamen-te il lume esofageo con presenza di ulcerazioni.

Nell’esofagite erpetica le lesioni dapprima ve-scicolari, poi ben demarcate depresse al centrocon margini rilevati, nelle fasi avanzate tendo-no a confluire.

Le alterazioni citopatologiche sono più eviden-ti sui margini ed in tale sede devono essere ef-fettuate le biopsie.

Nell’esofagite da Citomegalovirus si rilevano le-sioni più superficiali (in genere erosioni) conaspetto centrale reticolato e con margini nonrilevati [19].

La diagnosi bioptica del carcinoma esofageo èestremamente accurata, nel 96% dei casi duebiopsie documentano la presenza di carcinomaraggiungendo il 100% di accuratezza diagnosti-ca con 6 biopsie [20].

Appare quindi superfluo l’impiego di colora-zioni eccezione fatta nel rilevare la metaplasiaintestinale, la displasia e l’early cancer esofageo.

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Le sedi su cui effettuare biopsiesono [16]:

• Biopsie ad intervallo di 1 cm per il EB corto o per la displasia;ad intervallo di 2 cm per l’EBlungo (da 2 a 4 per livello suiquattro quadranti, 4 per ladisplasia), iniziando 1 cm al disottodella giunzione gastro-esofagea (2 biopsie), ed estendendosi per 1 cm al di sopra della giunzionesquamo-colonnare (da 2 a 4biopsie).

Le biopsie dovrebbero essere inviate al patolo-go separatamente indicandone il livello dall’ar-cata dentaria, le lingue di mucosa e la lesionesospetta [17].

Per la sorveglianza le linee guida dell’ASGEraccomandano che gli intervalli siano determi-nati dalla presenza e grado di displasia comeindicato nella TABELLA 1 [18].

TAB. 1: SORVEGLIANZA NELL’E.B.

Nessuna Dopo due risultati negativi, ogni 2-3 anni

Lieve Ogni 6 mesi x 2 anni, poi ogni anno

Severa Conferma di un operatore più esperto;mucosectomia o endoscopia ogni 3 mesi

Grado di displasia Follow-up endoscopico

BIOPSIA DELLO STOMACOPiù che mai in questa sede è importante defini-re al Patologo la descrizione della sede in cuivengono effettuate le biopsie dal momento chetre sono le diverse aree morfo-funzionali: mu-cosa delle ghiandole sottocardiali, mucosaoxintica, mucosa delle ghiandole antrali.

Utili informazioni per il Patologo sono la de-scrizione della lesione, la terapia farmacologicain atto o pregressa (pregressa terapia eradican-te, uso di FANS, uso di IPP).

Nel corso di un esame routinario, due sono lebiopsie prese nell’antro e due nel corpo gastri-co, indipendentemente dalla patologia.

Le biopsie nel fondo sono in genere effettuatecon strumento in posizione d’inversione conun discreto grado d’insufflazione [21].

Le biopsie dell’antro gastrico dovrebbero esserefatte nell’area prepilorica poiché il terzo prossi-male dell’antro potrebbe essere costituito quasiinteramente da mucosa oxintica.

Le biopsie dell’area oxintica (corpo gastrico) ef-fettuate con il quesito di atrofia dovrebbero es-sere effettuate nel corpo lungo la grande curvadove le pliche gastriche sono maggiormenterappresentate e spesse.

Alcuni autori consigliano come sede di biopsie laporzione di corpo distante almeno 10 cm dal LES[22], anche se in certi pazienti (ad es. quelli conernia jatale) tale distanza potrebbe essere eccessi-va e ciò potrebbe comportare una sovrastimadell’atrofia proprio per la presenza di ghiandolemiste della zona di transizione antro-corpo.

Ci sono alcune patologie per le quali è necessa-rio un mappaggio dello stomaco:

Le sedi in cui effettuare le biopsie per un mappag-gio sono [26]:

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doveri

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GESTIONE

• Due biopsie effettuate nel fondo,da sei a otto lungo la grande curvadel corpo, da quattro a cinquelungo la piccola curva del corpo,da tre a quattro lungo la grande epiccola curva dell’antro.

Le biopsie da ciascuna delle suddette zonevanno poste in provette con fissativo, separatee non in numero maggiore di quattro per cia-scuna provetta [26].

QUANDO BIOPSIARE PER STABILIREL’ESISTENZA DI UNANEOPLASIA

ULCERA GASTRICA Circa il 5% delle ulcere gastriche di aspetto be-nigno è in realtà maligno.Da quattro a sei biopsie, se bene condotte, so-no sufficienti per la diagnosi di malignità. Il miglior sito per effettuare una biopsia è ilbordo del cratere ulceroso [27] ed in minormisura la base del cratere ulceroso.

POLIPI GASTRICILa maggior parte dei polipi gastrici (70-90%)sono iperplastici o di tipo fundico [28]. Solo i polipi adenomatosi hanno il rischio di

degenerazione maligna; questo ri-schio è direttamente proporzionalealla grandezza [29]. Dal momento che i polipi possonoessere la combinazione di una quo-ta iperplastica e adenomatosa lebiopsie endoscopiche possono mi-sinterpretare la natura di una for-mazione, possono quindi mancarefocolai di carcinoma in un polipoadenomatoso [30], di qui la neces-sità di procedere quanto più possi-bile a polipectomia. Alcuni studi mostrano un rischioincrementato di sviluppare un can-cro gastrico nella mucosa gastricadistinta da quella del polipo gastrico [31].

• in presenza di un adenoma o di displasia

• definizione istologica del margine prossimale diuna lesione neoplastica

•verifica del moncone gastrico residuo

•MALT pre e post-terapia

• Ci sono altre due condizioni in cui un possibileruolo della sorveglianza endoscopica è risultatocontraddittorio nelle conclusioni: lagastroresezione per patologia benigna (23) el’anemia perniciosa (24,25) in pazienti giovani o insoggetti con familiarità per cancro gastrico.

La biopsia nel tratto gastroenterico

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Questa associazione sembra essere più strettaper i polipi adenomatosi e sembra incrementa-re con l’età.

Corretto è effettuare biopsie sia nel corpo lun-go la grande curva per indagare una concomi-tante atrofia gastrica, sia in regione prepiloricae per stabilire una infezione da Hp.

PLICHE GASTRICHE GIGANTISotto questa forma è necessario escludere uncarcinoma o un linfoma, di qui la necessità dieffettuare un generoso campionamento biopti-co o un citologico con ago sottile, quest’ultimopreferibilmente nel corso di esame endosono-grafico.

Attualmente l’impiego di pinze jumbo per ca-nale da 3.6 mm sembra il sistema di più largouso, anche con la tecnica di morsi successivinella stessa sede.

MALT: Mucosa-Associated Lymphoid Tissue LymphomaNel sospetto clinico o endoscopico di tale for-ma è necessario un campionamento bioptico(>10 biopsie) in antro e corpo gastrico per ve-dere se il processo è esteso a più porzioni dellostomaco.

Dopo il programma terapeutico (eradicazionedell’Hp per il MALToma a basso-grado) deveessere effettuato un esteso mappaggio gastricoessendo la caratterizzazione della lesione pret-tamente istologica [32,33,34].

In questo caso, l’ausilio dell’Ecoendoscopia hapermesso di identificare i soggetti con lesionipiù profonde o quelli con interessamentolinfonodale perigastrcio per i quali è più diffici-le un successo con terapia medica.

Il follow-up endoscopico e bioptico dopo l’e-radicazione dell’Hp nei pazienti con MALTomaè mandatorio, ma il timing varia a seconda del-le scuole. Alcuni autori suggeriscono un con-trollo semestrale ad eradicazione avvenuta per1-2 aa, previa scomparsa delle alterazioni isto-logiche maggiori [26].

BIOPSIE GASTRICHE NELLA PATOLOGIABENIGNA DELLO STOMACO Scarsa è la correlazione tra l’aspetto cromaticodella mucosa e le alterazioni istologiche. L’eritema dello stomaco correla assai poco coni rilievi istologici [35].

Una severa gastrite atrofica del corpo gastricopuò essere presente anche con un normaleaspetto endoscopico.

L’aspetto discromico con salienza del reticolovasale sottomucoso tipico dell’atrofia oxinticasevera è presente solo in una minoranza deicasi.

Nei pazienti con dispepsia non-ulcerosa conquadro endoscopico macroscopicamente ne-gativo, contradditori sono i risultai circa il ruo-lo eziopatogenetico del germe nella genesi deisintomi [36,37].

Quando il sintomo cardine è la dispepsia per laquale non è sufficiente un’inibizione della se-crezione acida per il controllo della sintomato-logia, alcuni autori richiedono la ricerca del Hpal fine di eradicarlo.

Le biopsie in tale caso vanno effettuate in nu-mero di due in antro (2 cm dal piloro) e corpo(lungo la grande curva).

BIOPSIA DEL DUODENOSebbene un ampio spettro di patologie sia cau-sa di un appiattimento della superficie villare,per necessità di sintesi la nostra esposizioneverterà sulla più frequente causa di diarrea emalassorbimento: la malattia celiaca (MC).

Attualmente la moderna manifestazione clinicadella MC non è più così conclamata ma assu-me forme di presentazione molto più sottili (es.anemia sideropenica o riscontro di test discreening EMA o TGA positivi).

Il campionamento bioptico endoscopico è piùlargamente diffuso del campionamento per su-zione per la più semplice esecuzione.

Sebbene il materiale bioptico sia di dimensioniinferiori e più difficilmente orientabile, studiclinici hanno ormai dimostrato essere perfetta-mente adeguato per una valutazione istologica[38,39)]. Attualmente sono sufficienti almenotre biopsie con pinze bioptiche standard [40)] ocon la Jumbo [41,42] nella seconda o terzaporzione duodenale.

Numerose classificazioni sono state impiegateper descrivere le modificazioni patologiche del-le mucosa del piccolo intestino.

L’appiattimento (lesione severa) è definito comela scomparsa dei villi.

23

Endoscopicamente talvolta è possibile apprez-zare tale modificazione come appunto descrittoper la MC: scomparsa delle pliche di Kerckring,aspetto tubuliforme del digiuno, aspetto scallo-ped, e seghettato delle pliche [43,44].

Relativamente frequente è il riscontro acciden-tale di MC in corso di esame endoscopico conbiopsie su mucosa normale. Un recente studiol’iniziale diagnosi di MC era “inattesa” in un10% dei casi [39].

Un aspetto endoscopico normale non è suffi-ciente per escludere una malattia della mucosaduodenale, tantomento per la MC.

Le alterazioni istologiche della mucosa intesti-nale in corso di MC includono: un aumentodegli elementi linfoidi nella lamina propria, unaumento del numero dei linfociti intraepiteliali,aspetto cuboide (piuttosto che colonnare) del-l’epitelio superficiale, iperplasia cellulare dell’e-pitelio delle cripte o un incremento dell’indicemitotico dell’epitelio delle cripte (numero dimitosi cellulari per cripta).

Nella MC queste alterazioni bioptiche si nor-malizzano con la dieta aglutinata con ricom-parsa dei villi e normalizzazione dell’indice mi-totico delle cripte, ricomparsa dell’epitelio co-lonnare e diminuzione della cellularità della la-mina propria ed intraepiteliale [40].

Le alterazioni si sviluppano inoltre per la lun-ghezza dell’intestino, l’estensione e la severità diqueste correlano con la clinica del paziente; daldigiuno all’ileo le alterazioni istologiche posso-no anche avere, più raramente, una distribu-zione a zone [43].

BIOPSIA DEL COLONLe biopsie del colon sono di cruciale importan-za nella diagnostica della diarrea, nel distingue-re le varie forme di colite, nello stabilirne l’e-stensione, nel monitorizzare l’insorgenza dineoplasie nelle forme di malattia infiammatoriacronica, nella patologia neoplastica e nella lo-calizzazione colica di malattie sistemiche qualil’amiloidosi.

Nella valutazione del paziente con diarrea, unavolta che siano stati effettuati i più accurati testdi laboratorio per le feci, l’uso dell’esame endo-scopico è divenuto routinario [48-51].

In struttura di terzo livello nella valutazione re-trospettiva di pazienti con diarrea cronica

non-ematica, l’esame endoscopico ed il cam-pionamento bioptico hanno condotto ad unadiagnosi specifica in 1/5 dei casi [52].

Non esiste una convergenza sul numero e sedidi biopsie necessarie nella valutazione di unadiarrea con quadro endoscopico negativo. Nel-lo studio pocanzi citato due erano le sedi coli-che biopsiate con una media di cinque prelieviad esame endoscopico. Alcuni autori racco-mandano un minimo di due biopsie per colondiscendente, sigma e retto nel caso di sigmoi-doscopia, in caso di pancolonscopia in aggiun-ta cieco, ascendente e trasverso [53,54]. Nonesiste piena convergenza nell’eseguire biopsiein corso di esame colonscopico negativo effet-tuato nella valutazione di diarrea non-ematica.Mancano a tutt’oggi studi prospettici a riguar-do [52,55-57].

Minori dubbi insorgono nel caso di una valu-tazione di un paziente con diarrea ed esameendoscopico positivo.

La natura dell’infiltrato infiammatorio la distri-buzione più o meno superficiale, la preponde-ranza dei polimorfonucleati vs linfociti nellalamina propria spingono a distinguere unaforma self-limiting (acuta infettiva) da una for-ma di colite cronica. La modificazione dell’ar-chitettura delle cripte depone più verso unprocesso cronico [56].

Nel discriminare le varie forme di colite croni-ca l’esame endoscopico con biopsie riveste unruolo cruciale.

L’accuratezza diagnostica della colonscopia èdel 90% nel distinguere la RCU dal m. di Crohn(CD), con un 10% dei casi di diagnosi dubbiasoprattutto nelle forme severe rispetto alle for-me lievi-moderate [57]. La RCU è generalmentedeterminata da un infiammazione limitata allamucosa (in rari casi alla sottomucosa).

Alcuni autori hanno cercato di determinare laprobabilità in un campionamento bioptico didistinguere una RCU da CD.

Le tre caratteristiche bioptiche del CD con piùalto valore predittivo erano:

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• l’eccesso degli istiociti

• la superficie mucosa con aspettovilloso

• la presenza di granulomi

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Impiegando però queste tre caratteristiche, ve-nivano identificati solo il 70% dei pazienti conCD e il 75% di quelli con RCU [58].

La diagnosi di RCU richiede l’estensione di unaflogosi che interessa invariabilmente il retto e siestende prossimalmente in maniera continuasia sotto il profilo endoscopico che istologico.Il rilievo della distribuzione a segmenti, sia en-doscopici che istologici orienta più verso il CD.

Recentemente comunque, i criteri di continuitàdell’estensione della lesione e l’invariabile inte-ressamento del retto sono stati da più studisconfessati [59-60].

Alcuni autori hanno segnalato in RCU trattate,l’esclusione del retto e la distribuzione segmen-taria delle lesioni nel colon [61-63]. A favore diqueste osservazioni un gruppo di patologi hariportato un 46% di biopsie rettali negativizza-te in corso di follow-up endoscopico in pa-zienti con RCU long-standing [64].

Sebbene classicamente la RCU si estenda pros-simalmente durante le recidive è pur vero chele remissioni endoscopiche ed istologiche pos-sono essere pressoché totali.

Recentemente alcuni autori hanno riportatodopo 1 anno dalla diagnosi, su una popolazio-

ne di 384 pazienti, il 68% un’estensione prossi-male e distale della malattia [65].

Secondo alcuni questo comportamento condi-ziona l’impostazione della sorveglianza endo-scopica (più precoce sorveglianza nei casi dipancolite).

Sia il CD che la RCU sono associate ad un au-mentato rischio di sviluppare un cancro colo-rettale, in maggior misura nella RCU.

Dall’ottavo anno di malattia il rischio va au-mentando e quindi è generalmente accettato l’i-nizio della sorveglianza endoscopica.

Se una buona concordanza inter-observeresiste per la displasia di grado severo (70%),non altrettanto si può dire per la displasia dibasso-grado o per l’epitelio indefinito per di-splasia (40-50%).

Ci sono ampie variazioni nell’attuare la sorve-glianza endoscopica, dalle 2 alle 6 biopsie per lesei-dieci sedi coliche [66)], alle 2 biopsie ogni 10cm [67] come schematizzato nella TABELLA 2.

Particolare attenzione deve essere posta nel ri-levare lesioni displastiche associate a lesioni ri-levate della mucosa colica (DALM: dysplasiaassociated lesion or mass).

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TAB. 2: BIPOSIE IN PAZIENTI CON DIARREA O COLITE

Diarrea con endoscopia normale 2 biopsie per cieco, ascendente, trasverso medio, discendente prossimale, sigma e retto

Sospetta IBD 2 biopsie per cieco, ascendente, trasverso medio, discendente prossimale, sigma e retto

Mucosa diffusamente infiammata 2 biopsie per cieco, ascendente, trasverso medio, discendente prossimale, sigma e retto

Infiammazione rettale solo all’endoscopia Due serie di biopsie a due diversi livelli del retto. Assicurarsi un set di biopsie a 15-18 cm perdeterminare se c’è infiltrato microscopico prossimale al retto. Un set di biopsie del sigma

Lesioni focali Biopsie da mucosa affetta e sana in provette separate. Biopsie del retto. 2 biopsie per provetta

Sorveglianza displasia in RCU Se l’aspetto macroscopico conservato: 4 biopsie (una su ogni quadrante) nel cieco, ascendente,trasverso prossimale e distale, discendente prossimale, sigma prossimale e distale, retto prossimale edistale.Se l’aspetto macroscopico non é preservato: biopsie ogni 10 cm , ogni 5 cm begli ultimi 25 cm.In caso di RCU lato sn, 2 biopsie nel colon prossimale per restaging dell’estensione.

Condizione morbosa Colonoscopia

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saranno trattati i seguenti argomenti:

Ruoli, mansioni,responsabilità del personale

La gestione degli acquisti e delle apparecchiatureendoscopiche

nei prossimi fascicolidi GESTIONEGESTIONE

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CODICE ARTICOLO 33050034

LA REALIZZAZIONE DI QUESTO PROGETTO EDUCAZIONALE È RESA POSSIBILE GRAZIE AL CONTRIBUTO DI