chirurgia endoscopica

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44 TopSalute MEDICINA CHIRURGIA ENDOSCOPICA: la nuova frontiera della medicina Top Salute ha incontrato il professor Emanuele Lezoche, Professore Ordinario di Chirurgia, Direttore della Cattedra di Chirurgia Generale Sapienza Università di Roma e Direttore della Scuola di Specializzazione in Chirurgia Apparato Digerente ha al suo attivo circa 700 pubblicazioni, delle quali gran parte su riviste internazionali di grande rilievo scientifico, frutto della collaborazione con prestigiose istituzioni estere. Nell’ultimo decennio, con lo sviluppo della chirurgia mini invasiva, si é dedicato a problematiche cliniche e tecnico-chirurgiche. Abbiamo fatto il punto sui progressi fino a oggi raggiunti e sulle prospettive immediate e future.

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CHIRURGIA ENDOSCOPICA:

la nuova frontiera della medicina

Top Salute ha incontrato il professor Emanuele Lezoche, Professore Ordinario di Chirurgia, Direttore della Cattedra di Chirurgia Generale Sapienza Università di Roma e Direttore della Scuola di Specializzazione in Chirurgia Apparato Digerente ha al suo attivo circa 700 pubblicazioni, delle quali gran parte su riviste internazionali di grande rilievo scientifico, frutto della collaborazione con prestigiose istituzioni estere. Nell’ultimo decennio, con lo sviluppo della chirurgia mini invasiva, si é dedicato a problematiche cliniche e tecnico-chirurgiche. Abbiamo fatto il punto sui progressi fino a oggi raggiunti e sulle prospettive immediate e future.

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di Antonio Sassone

S ono passati 18 anni dalla prima colectomia laparascopica e i chi-rurghi specialisti italiani ed europei (ma non solo) hanno definito le linee degli interventi da compiere mediante la più avanzata tec-nologia, cioè sonde, fibre, bisturi, forbici e pinze che penetrano

nel corpo umano e agiscono come robot, evitando ferite, sanguinamenti e conseguenti cicatrici, lunghe degenze e assenze dal lavoro e dalla vita attiva. È la nuova frontiera. Leader dell’”European Association for Endo-scopie Surgery” è Emanuele Lezoche, docente e direttore della scuola di specializzazione del Policlinico dell’Università “La Sapienza” di Roma, che ha promosso e organizzato convegni mondiali a Venezia, a Città del Messico e a Roma. Abbiamo così potuto fare il punto sui progressi fin qui raggiunti e sulle prospettive immediate e future. “Oggi – ci ha detto abbracciando in forma globale questa grande sfera della scienza medico e chirurgica – sta emergendo la chirurgia mini inva-siva. È il futuro. Si utilizzano le vie d’accesso naturali, evitando incisioni e cicatrici. Ad esempio, nelle forme non avanzate di tumore del retto, la chirurgia “endoluminale” transanale, con l’impiego della chemioradiote-rapia, assicura risultati clinici ed oncologici sovrapponibili a quelli della chirurgia tradizionale, che però è demolitiva. Si assicura la conservazione degli organi e si evitano protesi temporanee o definitive. La qualità della vita del paziente è nettamente migliore.

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Come si procede?Abbiamo modelli matematici tecno-logicamente perfetti che simulano gli interventi e assumono la funzione di pinza o di forbice o bisturi. Quando penetriamo nel corpo del paziente con le fibre ottiche abbiamo nel computer il quadro della situazione e possiamo procedere tra varie opzioni, tagliando un vaso o un dotto biliare. È un siste-ma fortemente innovativo. Si pensi ai piloti. Prima di guidare l’aereo fanno training sul simulatore. Lo vidi la pri-

ma volta in un museo a Minneapolis. Nell’avionica questo processo è stato avviato da tempo. Noi siamo ancora all’alba. Però è molto valido nella di-dattica. Oggi è così che insegniamo agli studenti. Sullo schermo c’è la realtà del paziente. Quindi il campo è virtuale sì ma corrisponde a una realtà oggettiva.

Quali sono i vantaggi? Non c’è intervento addominale che non possa essere eseguito con queste tecniche. In termini di fattibilità non

ci sono dubbi. In termini di utilità al-cuni interventi sono diventati “gold standard”, ottimali. Sono quelli dei vasi biliari, della colecisti, del colon.

Questi interventi sono anche eti-ci? Chi ci guadagna tra il medico e il paziente? Per il medico è stressante operare con queste tecniche anzi che con quelle tradizionali. Faccio un esempio che non deve sembrare assurdo: è più facile mangiare con le mani, con la forchetta, o con le bacchette cinesi? Comunque la pensiamo noi italiani, con le bacchette che sono l’evoluzio-ne tecnologica. E ancora più con le mani, come accadeva fino al Seicento e come fanno i bambini.

E la struttura è stressata?Dal punto di vista finanziario, dei capi-tali, sì. Però la vita è una continua evo-luzione tecnologica. Ma anche i sistemi e le tecniche di tutela della vita si evol-vono. Quindi la tecnologia in campo medico-chirurgico non si ferma.

Le difficoltà quindi possono es-sere superate? Sì, perché alla lunga i costi si ridur-ranno. Con la chirurgia tradizionale, il paziente stava quasi un mese in conva-lescenza. Oggi appena una settimana. Quindi è reinserito nel ciclo produtti-vo. Che significa? Che il costo sociale di 3-4 settimane risulta sempre minore

L’endoscopia (dal greco ἔνδον èndon, “dentro, in-terno” e σχοπή skopê, “osservazione”) è un meto-do di esplorazione dal punto di vista medico che permette di visualizzare l’interno del corpo. È un metodo di esplorazione che permette di visua-lizzare l’interno di un organo o una cavità attra-verso un sistema ottico o endoscopico (un tubo illuminato connesso a una videocamera e ad uno schermo), che viene introdotto negli orifizi naturali o nella parete addominale. In questo modo si ot-tiene un’informazione più fedele a quelle ottenute da esplorazioni esterne, come una visita, un’eco-grafia o con tecniche radiologiche.Il suo utilizzo assicura il massimo rendimento e af-fidabilità nell’interpretazione delle immagini, mini-mizzando allo stesso tempo il rischio di complica-zioni. Le tecniche endoscopiche permettono una

diagnosi corretta e un trattamento delle patologie ginecologiche in una forma meno aggressiva; un punto questo di fondamentale importanza nei trat-tamenti chirurgici dei problemi di fertilità.È necessario rimanere in ospedale solo alcune ore, rientrando al domicilio lo stesso giorno dell’in-tervento. I disturbi post-operatori sono inferiori a quelli chirurgici comuni, questo permette una re-golare attività lavorativa e sociale della paziente.La chirurgia endoscopica provoca solo una leggera emorragia e perdita sanguinea, allo stesso tempo riduce la formazione di aderenze. Inoltre i risultati estetici sono migliori con tecniche endoscopiche che con la chirurgia aperta convenzionale.Per tutti questi motivi, la chirurgia endoscopica viene proposta e se fattibile, è la tecnica chirurgi-ca migliore.

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fino ad essere completamente abolito in termini globali. Dopo 36 ore dall’in-tervento vai a casa.

A queste nuove tecnologie come sono interessati ospedali e cliniche?Dipende dalla lungimiranza delle am-ministrazioni. Spesso qui in Italia si spende male, oltre che poco, perché la logica della spesa non sempre nasce da esigenze ma da altri fattori, magari di tipo politico.

C’è un censimento delle attrez-zature?Quando si passò dalla carrozza alla macchina, la macchina è arrivata dap-pertutto. In medicina in alcuni posti si fanno alcune cose, in altre di più. Ma la standardizzazione, sebbene gra-dualmente, arriverà.

Qui al Policlinico della Capita-le, spesso indiziato di degrado, quale è la situazione?Le cliniche universitarie sono dotate di attrezzature acquisite con i fondi della ricerca. Purtroppo qui per mol-ti anni non si è proceduto al rinno-vo tecnologico. Quindi siamo rimasti arretrati. Sta alla capacità di ognuno organizzarsi con forme di finanzia-mento alternative per portare un be-neficio sociale che oggi non si può non dare al paziente. Ma non si può non ricordare che abbiamo avuto ge-stioni non delle migliori. Con altret-tanta chiarezza devo dire che qui ci sono competenze eccezionali, spesso sottostimate dai massmedia.

Altrove che succede?All’Estero in certe cose gli Stati Uniti sono più indietro di noi. Molto dipen-

de dagli amministratori e dalle strut-ture. Ad esempio, si fa più chirurgia colonrettale innovativa in Italia che non in Usa, proporzionalmente alle due realtà numericamente diverse.

E il medico, infine, come si pone di fronte alla nuova tecnologia?Con un atteggiamento positivo, con sa-pienza e ingegno e, in certo qual modo, anche con un senso di sfida. La nuova tecnica, infatti, è solo una diversa via d’accesso. Per entrare in una caverna, prima si faceva un buco e si andava a ta-stoni o con fiaccole, oggi per esplorare le piramidi, le tombe e altri monumenti si introducono le fibre ottiche e poi si cer-cano le porte d’ingresso. Per ora questa tecnica non è si esaurisce nell’accesso, come all’inizio, ma diventa operativa, diventa atto chirurgico. Siamo in una nuova dottrina, in una nuova era.