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GESÙ MAESTROLuglio-Agosto-Settembre 2013 - Trimestrale anno 17Istituti Paolini “Gesù Sacerdote” e “Santa Famiglia”DIRETTORE: Don Olinto CrespiDIREZIONE: Circonvallazione Appia, 162 - 00179 Roma

Tel. 06.7842609 - 06.7842455 - Fax 06.786941AUTORIZZAZIONE TRIBUNALE DI ROMA n° 76/96 del 20/02/1996 Fotocomposizione e stampa: Tipolitografia Trullo s.r.l. - www.tipolitografiatrullo.it

Via Ardeatina, 2479 - 00134 Santa Palomba Roma - Tel. 06.6535677

Grafica di copertina: Mario Moscatello sspIn copertina: Cristo Trasfigurato. Mosaico di M. Rupnik

Sala Capitolare di S. Maria Reale dell’Almudena Madrid-Spagna

EDITORIALE“Di qui voglio illuminare” . . . . . . . . . . 3

Magistero Chiesa“Custodire il Creato, non sprecareil cibo, rispettare la persona” . . . . . . . 5

La famiglia educa alla custodia delCreato . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 7

Il pensiero del Fondatore“Lettera di Dio all’umanità” . . . . . . . 9

ISTITUTO “GESÙ SACERDOTE”Comunicazione del Delegato“Ministero apostolico paolino” . . . . . 11

La mistica apostolica di san Paolo e didon Alberione . . . . . . . . . . . . . . . . . . 14

ISTITUTO “SANTA FAMIGLIA”Lettera del Delegato“Il valore spirituale del tempo estivo” . 17

“Andate a spargere la Parola” . . . . . 20

La vera perseveranza è la preghierache non si stanca . . . . . . . . . . . . . . . . 21

La famiglia: Settimana sociale . . . . . 23

S O M M A R I O

Note di liturgia“Fate questo in memoria di me” . . . . 24

Liturgia delle OrePreghiera di Cristo Sacerdotee del popolo sacerdotale . . . . . . . . . . 26

Elementi di formazione“La fiducia, linfa d’amoredi ogni relazione” . . . . . . . . . . . . . . . 28

Iniziativa dei cittadini europei“UNO DI NOI” . . . . . . . . . . . . . . . . . 30

Animazione dei GruppiStimolarsi a vicenda . . . . . . . . . . . . . 31

I doni dello Spirito . . . . . . . . . . . . . . 33

Animazione formativaSentieri verso la vita vera . . . . . . . . . 34

Testimonianze . . . . . . . . . . . . . . . . . . 36

Libri – Novità . . . . . . . . . . . . . . . . . . 38

Ricordo dei defunti . . . . . . . . . . . . . . 42

Uniti nel suffragio e nell’intercessione . 44

Il valore della Messa . . . . . . . . . . . . . 47

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Editoriale

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È la luce, infatti, il primo nome di Dio edè nella luce che avviene la sua prima ri-

velazione: “Dio è luce, in lui non vi sono te-nebre” (cf 1Gv 1,5). A questa prima rivela-zione di Dio attraverso la luce della creazio-ne, don Alberione ha ancorato il suo impegnodi “creare” qualcosa per gli uomini del suotempo, che egli voleva riscattare dalle “tene-bre” del male con lo splendore della luce deinuovi mezzi di evan-gelizzazione.

Don Alberione,dopo aver ricordatole parole del DivinMaestro “mi serviròdi voi per illumina-re”, presenta la con-segna carismaticache egli ha fatto neltempo a tutti noi innome di Cristo Mae-stro: “Vi do questamissione e voglioche la compiate”(AD 157).

Camminare nella luce è il programma divita che Paolo stesso indica ai cristiani di tut-ti i tempi, ma è anche la regola pastorale del-la Chiesa nei confronti della evangelizzazio-ne di un’umanità che rischia di “camminarenelle tenebre” (intese nel loro significatosimbolico di peccato, lontananza da Dio, dal-la verità, dal Vangelo, dalla vita…).

“Dare agli uomini Gesù Cristo Via, Veritàe Vita” è stato il programma apostolico del

Beato Alberione. Egli sapeva che solo “daGesù” è possibile irradiare la luce e la forzadel Vangelo che salva e rende liberi.

Il “suo” Gesù (quello di don Alberione)viene perciò presentato nei lineamenti delMaestro e del Pastore, due titoli che, secondoil Fondatore, esprimono meglio il suo ruolodi “luce” dei cuori e delle menti (il Maestro)e di “guida” dell’uomo lungo il suo “cammi-

nare nella luce” (il Pastore che giuda il greg-ge).

“Protendersi in avanti” è stato il primo slo-gan programmatico del Fondatore fin dal 1954(Quarantesimo di fondazione) e, ora, nel Cen-tenario, richiama tutti noi per diventare comeFamiglia una presenza profetica nel mondodella evangelizzazione. In parole semplici, sia-mo tutti chiamati a portare avanti questo impe-gno apostolico-pastorale per focalizzare sem-

“Di qui voglio illuminare”Dal 20 agosto 2013 al 2014 la Famiglia Paolina celebra e annuncia una meravigliosa storia di sal-vezza donata dal Divin Maestro al Fondatore don Giacomo Alberione: “Di qui voglio illuminare”,cioè “Io sono la luce vostra e mi servirò di voi per illuminare” (cfr. Abundantes divitiae 157).

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pre più e meglio la convergenza degli apostola-ti della Famiglia Paolina e per essere disponi-bili, sempre, a “fare qualcosa per il Signore eper l’umanità di ogni tempo”.

Pertanto, richiamare alla nostra mente ealla nostra azione apostolica i grandi testi diriferimento per il ricco pensiero di don Albe-rione: Appunti di teologia pastorale (1912),La donna associata allo zelo sacerdotale(1911-1915) e L’Apostolato dell’Edizione(1944) non solo ci porta ad apprezzare lagrande apertura di mente e di cuore del no-stro Fondatore, ma ci aiuta a riscoprire e at-tualizzare il nostro impegno apostolico-spe-cifico in una ampia visione pastorale: esserevicini e rispondere ai tanti bisogni dell’uma-nità di oggi.

Inoltre, l’ideale apostolico del Beato Fon-datore aiuta a capire, come Istituti “Gesù Sa-cerdote” e “Santa Famiglia”, aggregati allaSocietà San Paolo, il valore carismatico del“sacerdozio paolino” inteso come ministeroefficace, sacramentale, di evangelizzazionevera anche con gli strumenti della comunica-zione sociale: “La Società San Paolo, per ilsacramento dell’Ordine, esercita verso la Fa-miglia Paolina il servizio del sacerdozio mi-nisteriale che è principio di unità. Scrivedon Alberione: «La Società San Paolo, lamadre degli altri Istituti, deve dare lo spiritopaolino, poiché il calore e la luce vitale de-vono discendere dal Sacerdozio paolino cheha qui un grande e delicato ministero…Grande responsabilità! Deve essere lo spiri-to, quello contenuto nel cuore di San Paolo equello di dare Gesù Cristo al mondo in modocompleto, come Egli si è definito: “Io sono laVia, la Verità, la Vita”» (UPS I, 19-20).

Dieci istituzioni unite fra loro dallo stessoideale di santità e di apostolato: “l’avvento di

Cristo Via, Verità e Vita” nel mondo, me-diante gli strumenti della comunicazione so-ciale.

È significativo quanto don Alberione scri-veva cercando di dare solidi riferimenti teo-logico-spirituali alla sua opera apostolica.

Nel suo libro “L’apostolato dell’edizione”legava l’attività apostolica dei Paolini in tutto ilmondo alla parola “edizioni” derivandola dalverbo “edere”, produrre, dare, generare… Co-sì per il Fondatore: Maria è la Editrice del Ver-bo umanizzato: “edidit Salvatorem”. A riprovadi questa valenza spirituale, si consideri cheogni opera “prodotta” dai Paolini - per voleredel Fondatore - doveva essere denominata“edizione” e ciò in quanto - commentava - ilPadre edidit il Figlio, che la Vergine Maria“edidit” come Dio-Uomo dal suo seno.

Questo è l’apostolato-pastorale paolinoche noi dobbiamo esercitare sull’esempiodell’apostolo Paolo: “Vivere e dare al mondoGesù Cristo Via, Verità e Vita”.

E noi daremo Cristo in quanto noi vivia-mo e apparteniamo a Lui! Nessuno può darequello che non ha. Dare, generare Cristo nelcuore delle famiglie, dei figli…

Carissimi, in questo anno di grazia 2013-2014, che conduce noi, i dieci rami germo-gliati da un “albero fiorente” con un’unicaradice, a celebrare il Centenario della nostrapresenza nella Chiesa e nel mondo, preghia-mo incessantemente perché la nostra “Fami-glia”, con la luce dello Spirito Santo possauscire rinnovata, aperta alle esigenze del-l’umanità di oggi e, trasformata dalla caritàapostolica di San Paolo, continui a comuni-care all’umanità Gesù Cristo, unico Signore,Via Verità e Vita.

Don Olinto CRESPI

Roma, 30 giugno 2013

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Magistero della Chiesa

della creazione; e così non riu-sciamo più a leggervi quello cheBenedetto XVI chiama «il ritmodella storia di amore di Dio conl’uomo». Perché avviene que-sto? Perché pensiamo e viviamoin modo orizzontale, ci siamo al-lontanati da Dio, non leggiamo isuoi segni.

Ma il “coltivare e custodire”non comprende solo il rapportotra noi e l’ambiente, tra l’uomoe il creato, riguarda anche i rap-porti umani. I Papi hanno parla-to di ecologia umana, stretta-

mente legata all’ecologia am-bientale.

Noi stiamo vivendo un mo-mento di crisi; lo vediamo nel-

Oggi vorrei soffermarmi sulla questione dell’ambiente,come ho avuto già modo di fare in diverse occasioni. Me

lo suggerisce anche l’odierna Giornata Mondiale dell’Am-biente, promossa dalle Nazioni Unite, che lancia un forte ri-chiamo alla necessità di eliminare gli sprechi e la distruzionedi alimenti.

Quando parliamo di ambiente, del creato, il mio pensierova alle prime pagine della Bibbia, al Libro della Genesi, do-ve si afferma che Dio pose l’uomo e la donna sulla terra per-ché la coltivassero e la custodissero (cf 2,15). E mi sorgono ledomande: Che cosa vuol dire coltivare e custodire la terra?Noi stiamo veramente coltivando e custodendo il creato? Op-pure lo stiamo sfruttando e trascurando?

Il verbo “coltivare” mi richiama alla mente la cura chel’agricoltore ha per la sua terra perché dia frutto ed esso siacondiviso: quanta attenzione, passionee dedizione! Coltivare e custodire ilcreato è un’indicazione di Dio, datanon solo all’inizio della storia, ma a cia-scuno di noi; è parte del suo progetto;vuol dire far crescere il mondo con re-sponsabilità, trasformarlo perché sia ungiardino, un luogo abitabile per tutti.

Benedetto XVI ha ricordato più vol-te che questo compito, affidatoci da DioCreatore, richiede di cogliere il ritmo ela logica della creazione. Noi invecesiamo spesso guidati dalla superbia deldominare, del possedere, del manipolare, dello sfruttare; nonla “custodiamo”, non la rispettiamo, non la consideriamo co-me un dono gratuito di cui avere cura. Stiamo perdendo l’at-teggiamento dello stupore, della contemplazione, dell’ascolto

Custodire il Creato, non sprecareil cibo, rispettare la persona

Richiamando la Giornata Mondiale dell’Ambiente, promossa dalle Nazioni Unite, PapaFrancesco all’Udienza generale in piazza san Pietro il 5 giugno 2013 ha ribadito il doverenon solo cristiano ma anche sociale di rispettare la natura, condannando in modo deciso la“cultura dello spreco”.

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Custodire il Creato, non sprecare il cibo, rispettare la persona

la mensa di chi è povero, di chiha fame!

Invito tutti a riflettere sulproblema della perdita e dellospreco del cibo per individuarevie e modi che, affrontando se-riamente tale problematica, sia-no veicolo di solidarietà e dicondivisione con i più bisogno-si.

Pochi giorni fa, nella Festadel Corpus Domini, abbiamoletto il racconto del miracolo deipani: Gesù dà da mangiare allafolla con cinque pani e due pe-sci. E la conclusione del brano èimportante: «Tutti mangiarono asazietà e furono portati via ipezzi avanzati: dodici ceste»(Lc 9,17). Gesù chiede ai disce-poli che nulla vada perduto:niente scarti!

E c’è questo fatto delle dodi-ci ceste: perché dodici? Che co-sa significa? Dodici è il numerodelle tribù d’Israele, rappresentasimbolicamente tutto il popolo.Questo ci dice che quando il ci-bo viene condiviso in modoequo, con solidarietà, nessuno èprivo del necessario, ogni comu-nità può andare incontro ai biso-gni dei più poveri. Ecologiaumana ed ecologia ambientalecamminano insieme.

Vorrei allora che prendessi-mo tutti il serio impegno di ri-spettare e custodire il creato, diessere attenti ad ogni persona, dicontrastare la cultura dello spre-co e dello scarto, per promuove-re una cultura della solidarietà edell’incontro.

l’ambiente, ma soprattutto lo vediamo nell’uomo. La personaumana è in pericolo: questo è certo, la persona umana oggi èin pericolo, ecco l’urgenza dell’ecologia umana! E il perico-lo è grave perché la causa del problema non è superficiale, maprofonda: non è solo una questione di economia, ma di eticae di antropologia. La Chiesa lo ha sottolineato più volte; emolti dicono: sì, è giusto, è vero… ma il sistema continua co-me prima, perché ciò che domina sono le dinamiche diun’economia e di una finanza carenti di etica.

Quello che comanda oggi non è l’uomo, è il denaro, il de-naro, i soldi comandano. E Dio nostro Padre ha dato il com-pito di custodire la terra non ai soldi, ma a noi: agli uominie alle donne. Noi abbiamo questo compito! Invece uomini edonne vengono sacrificati agli idoli del profitto e del consu-mo: è la “cultura dello scarto”.

Se si rompe un computer è una tragedia, ma la povertà, ibisogni, i drammi di tante persone finiscono per entrare nel-la normalità. Se una notte di inverno, qui vicino in via Otta-viano, per esempio, muore una persona, quella non è notizia.Se in tante parti del mondo ci sono bambini che non hanno damangiare, quella non è notizia, sembra normale. Non può es-sere così! Eppure queste cose entrano nella normalità: che al-cune persone senza tetto muoiano di freddo per la strada nonfa notizia. Al contrario, un abbassamento di dieci punti nelleborse di alcune città, costituisce una tragedia. Uno che muo-re non è una notizia, ma se si abbassano di dieci punti le bor-se è una tragedia! Così le persone vengono scartate, come sefossero rifiuti.

Questa “cultura dello scarto” tende a diventare mentali-tà comune, che contagia tutti. La vita umana, la persona nonsono più sentite come valore primario da rispettare e tutelare,specie se è povera o disabile, se non serve ancora – come ilnascituro –, o non serve più – come l’anziano. Questa cultu-ra dello scarto ci ha resi insensibili anche agli sprechi e agliscarti alimentari, che sono ancora più deprecabili quando inogni parte del mondo, purtroppo, molte persone e famigliesoffrono fame e malnutrizione.

Una volta i nostri nonni erano molto attenti a non gettarenulla del cibo avanzato. Il consumismo ci ha indotti ad abi-tuarci al superfluo e allo spreco quotidiano di cibo, al qualetalvolta non siamo più in grado di dare il giusto valore, che vaben al di là dei meri parametri economici. Ricordiamo bene,però, che il cibo che si butta via è come se venisse rubato dal-

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«L a donna saggia costruisce la sua casa,quella stolta la demolisce con le proprie

mani» (Prv 14,1). Questa antica massima dellaScrittura vale per la casa come per il creato,che possiamo custodire e purtroppo anche de-molire. Dipende da noi, dalla nostra sapienzascegliere la strada giusta.

Dove imparare tutto ciò? La prima scuola dicustodia e di sapienza è la famiglia. Così ha fat-to Maria di Nazaret che, con mani d’amore, sa-peva impastare «tre misure di farina, finché nonfu tutta lievitata» (Mt 13,33). Così pure Giusep-pe, nella sua bottega, insegnava a Gesù ad esse-re realmente “il figlio del falegname” (Mt13,55). Da Maria e Giuseppe, Gesù imparò aguardare con stupore ai gigli del campo e agliuccelli del cielo, ad ammirare quel sole che il Pa-dre fa sorgere sui buoni e sui cattivi o la pioggiache scende sui giusti e sugli ingiusti (cf Mt 5,45).

Perché guardiamo alla famiglia come scuo-la di custodia del creato? Perché la 47ª Setti-mana Sociale dei Cattolici Italiani, che si svol-gerà dal 12 al 15 settembre 2013 a Torino, avràcome tema: La famiglia, speranza e fu-turo per la società italiana.

Nel cinquantesimo anniversariodell’apertura del Concilio Vati-cano II, poi, rileggiamo la co-stituzione pastorale Gau-dium et spes, che allafamiglia, definita «unascuola di umanità piùcompleta e più ric-ca», dedica una spe-ciale attenzione. Essa

«è veramente il fondamento della società perchéin essa le diverse generazioni si incontrano e siaiutano vicendevolmente a raggiungere una sag-gezza umana più completa ed a comporre conve-nientemente i diritti della persona con le altreesigenze nella vita sociale» (n. 52).

In questo cammino ci guida il luminoso ma-gistero di Papa Francesco, che ha esortato piùvolte, fin dall’inizio del suo pontificato, a «colti-vare e custodire il creato: è un’indicazione diDio data non solo all’inizio della storia, ma a cia-scuno di noi; è parte del suo progetto; vuol direfar crescere il mondo con responsabilità, trasfor-marlo perché sia un giardino, un luogo abitabileper tutti… Il “coltivare e custodire” non com-prende solo il rapporto tra noi e l’ambiente, tral’uomo e il creato, riguarda anche i rapportiumani. I Papi hanno parlato di ecologia umana,strettamente legata all’ecologia ambientale.

Noi stiamo vivendo un momento di crisi; lovediamo nell’ambiente, ma soprattutto lo ve-diamo nell’uomo… Questa “cultura delloscarto” tende a diventare mentalità comune,

che contagia tutti. La vita uma-na, la persona non sono piùsentite come valore prima-rio da rispettare e tutela-re, specie se è povera odisabile, se non serveancora – come il na-scituro –, o non servepiù – come l’anzia-no. Questa culturadello scarto ci ha re-si insensibili anche

Dal Magistero dei Vescovi

Il 7 giugno 2013, Solennità del Sacratissimo Cuore di Gesù, la “Commissione Episcopale peri problemi sociali e il lavoro, la giustizia e la pace” ha comunicato il messaggio per celebra-re l’8ª Giornata per la salvaguardia del creato, in programma il 1 settembre prossimo.

La famiglia educaalla custodia del creato

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La famiglia educa alla custodia del creato

agli sprechi e agli scarti alimentari, che sonoancora più deprecabili quando in ogni parte delmondo, purtroppo, molte persone e famigliesoffrono fame e malnutrizione» (Udienza Ge-nerale, 5 giugno 2013).

«Come la famiglia può diventare una scuolaper la custodia del creato e la pratica di questo va-lore?», chiede il Documento preparatorio per la47ª Settimana Sociale. Come Vescovi che hannoa cuore la pastorale sociale e l’ecumenismo, indi-chiamo tre prospettive da sviluppare nelle nostrecomunità: la cultura della custodia che si appren-de in famiglia si fonda, infatti, sulla gratuità, sul-la reciprocità, sulla riparazione del male.

GratuitàLa famiglia è maestra della gratuità del do-

no, che per prima riceve da Dio. Il dono è il suocompito e la sua missione nel mondo. È il suovolto e la sua identità. Solo così le relazioni sifanno autentiche e si innesta un legame di li-bertà con le persone e le cose. È una prospetti-va che fa cambiare lo sguardo sulle cose. Tuttodiventa intessuto di stupore.

Da qui sgorga la gratitudine a Dio, cheesprimiamo nella preghiera a tavola prima deipasti, nella gioia della condivisione fraterna,nella cura per la casa, la parsimonia nell’usodell’acqua, la lotta contro lo spreco, l’impegnoa favore del territorio. Viviamo in un giardino,affidato alle nostre mani.

«L’essere umano è fatto per il dono, che neesprime e attua la dimensione di trascenden-za», ricorda Benedetto XVI nella Caritas inveritate (n. 34), in «una gratuità presente nellasua vita in molteplici forme, spesso non rico-nosciute a causa di una visione solo produttivi-stica e utilitaristica dell’esistenza».

Reciprocità La famiglia ha un’importanza decisiva nel-

la costruzione di relazioni buone con le perso-ne, perché in essa si impara il rispetto della di-versità. Ogni fratello, infatti, è una persona di-versa dall’altra. È in famiglia che la diversità,invece che fonte di invidia e di gelosia, può es-sere vista fin da piccoli come ricchezza.

Già nella differenza sessuale della coppiasponsale che genera la famiglia c’è lo spazio

per costruire la comunione nella reciprocità.La purificazione delle competizioni fra il ma-schile e il femminile fonda la vera ecologiaumana. Non l’invidia (cf Gen 4,3-8), allora, mala reciprocità, l’unità nella differenza, il rico-noscersi l’uno dono per l’altro.

«Questa era la nostra gara – attesta san Gre-gorio Nazianzeno parlando della sua amiciziacon san Basilio Magno. – Non chi fosse il pri-mo, ma chi permettesse all’altro di esserlo». Èla logica della reciprocità che costruisce il tes-suto di relazioni positive. Non più avversari,ma collaboratori. In questa visione nasce quel-lo spirito ci cooperazione che si fa tessuto vi-tale per la custodia del creato, in quella logicapreziosa che sa intrecciare sussidiarietà e soli-darietà, per la costruzione del bene comune.

Riparazione del maleIn famiglia si impara anche a riparare il ma-

le compiuto da noi stessi e dagli altri, attraver-so il perdono, la conversione, il dono di sé. Siapprende l’amore per la verità, il rispetto dellalegge naturale, la custodia dell’ecologia socia-le e umana insieme a quella ambientale. Si im-para a condividere l’impegno a “riparare le fe-rite” che il nostro egoismo dominatore ha in-ferto alla natura e alla convivenza fraterna.

Da qui, dunque, può venire un serio e tena-ce impegno a riparare i danni provocati dallecatastrofi naturali e a compiere scelte di pace edi rifiuto della violenza e delle sue logiche. Èun impegno da condurre avanti insieme, comecomunità, famiglia di famiglie. Perché i proble-mi di una famiglia siano condivisi dalle altre fa-miglie, attenti a ogni fratello in difficoltà e ogniterritorio violato. Con la fantasia della carità.

Un segno forte di questa cultura, appresa infamiglia, sarà infine operare affinché vengacustodita la sacralità della domenica. Anche“il profumo della domenica”, infatti, si imparain famiglia. È soprattutto nel giorno del Signo-re che la famiglia si fa scuola per custodire ilcreato. Si tratta di una frontiera decisiva, su cuisiamo attesi, come famiglie che vivono sceltealternative. La preghiera fatta insieme, la lettu-ra in famiglia della Parola di Dio, l’offerta deisacrifici fatti con amore rendano profumate digratuità e di fraternità vera le nostre case.

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“Lettera di Dio all’umanità”

I l Libro di Dio, esposto in tutti gli ambientidi preghiera, di vita e di lavoro, la stampa di

moltissime edizioni di Vangelo e di Bibbia,l’istituzione delle feste del Vangelo e delle set-timane bibliche, la diffusione domiciliare delleFiglie di San Paolo che egli amava chiamarele “postine di Dio”, la visita al SS.mo Sacra-mento basata sulla lettura biblica: tutto ricor-da che la sorgente del pensiero spirituale e del-l’azione apostolica paolina è stata, continua-mente, la Parola di Dio. Una breve rassegnadei testi più significativi del Beato don Albe-rione sulla centralità della Parola di Dio nel-la missione e nell’apostolato paolino, rivelatutta l’importanza della dimensione biblicanella nostra vita.

“Le anime dei credenti sanno che ogni pa-rola, ogni azione del Maestro contiene unagrazia speciale, che agevola la pratica dellavirtù di cui leggono il racconto; adorano ilVerbo di Dio nascosto sotto la scorza della let-tera e lo supplicano di illuminarle, di far lorointendere, gustare e praticare i suoi insegna-menti. Questa lettura è come una meditazionee un pio colloquio con Gesù; e le anime esco-no da questa conversazione più risolute a se-guire Colui che ammirano e amano…

La Bibbia è l’Epistola Dei ad homines. Es-sa è la prima e principale lettura, per acquista-re il pensiero di Dio; specialmente il NuovoTestamento” (CISP 1155). “L’amore al Vange-lo è il segno e la caratteristica delle anime cheDio riserva a grandi imprese” (Don Alberione,

1932). “È chiaro che chi fonda la sua spiritua-lità sulla Bibbia ha una preghiera intera, com-pleta: quella che piace a Dio” (Pr VI 38).

“Che cosa potete dunque dare? Dio, la suaparola! Quanto siete potenti, quando citate una

frase del Vangelo! La Parola di Dio è la massi-ma autorità. Si legge nel Salmo: “Per mezzodella tua Parola, io sono più sapiente e potentedei tuoi nemici…! E quando portate la parola

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Il pensiero del Fondatore

Il Beato don Alberione ci ricorda, alla vigilia del Centenario, che nella vita spirituale e nel-l’apostolato occorre far sempre leva sulla Bibbia. La sua predicazione è costantemente ispi-rata al Vangelo e alle Lettere di San Paolo, che sono stati il fondamento della formazione spi-rituale-apostolica da lui data alla sua Famiglia religiosa.

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di Dio e quando la parola vostra è accompa-gnata ed avvalorata dalla frase scritturale, chivi si potrà opporre? (Pr A 188).

“Siccome noi dobbiamodare la dottrina divina, dob-biamo da una parte essereben illuminati e dall’altraparte comunicare la sapien-za di Dio. Citiamo questoautore e quell’altro… CitareDio! Dio ha insegnato così!Gesù Cristo ha predicatocosì! Alle volte si vuol farvedere quello che si sa…Facciamo vedere quello chesa Dio e quello che Dio ciha insegnato perché è venu-to a insegnare all’umanità. Quelle verità chedevono essere seguite Egli le ha manifestate:nella sua predicazione, nel suo insegnamen-to” (Pr B 268).

“La Bibbia è il libro modello al quale deveconformarsi lo scrittore apostolo. Dio ha crea-to l’uomo e sa bene come il cuore dell’uomo esa bene come il cuore dell’uomo si fatto, e per-ciò la sua parola corrisponde alle necessità in-time del cuore umano; così come una madreche prepara l’abito per il suo bambino, lo con-feziona secondo la statura” (UPS III, 10).

“La Bibbia è il libro che dobbiamo dare. Olo diamo con le pellicole, o lo diamo con lastampa, o lo diamo con la voce che darà la ra-dio, o lo diamo per mezzo dei dischi, o lo dia-mo per mezzo di filmine, o in altro modo:usando tutti i mezzi che il Signore ci ha forni-to. Come ci vestiamo e ci nutriamo di quelloche Egli ha creato” (Pr A 284).

“È proibito per voi portare l’Eucaristia inviaggio, ma la S. Scrittura potete portarla sem-pre: essa è come il Viatico che vi accompagna,è la compagnia che sempre dovete portarvi ap-presso” (Pr CB 277).

“Eucaristia e Bibbia si accordano moltobene, così si accordano bene Apostolato-stam-pa e Eucaristia. Nella Scrittura è la presenza

della Sapienza di Dio, cosicché l’Eucaristia ela Bibbia si completano, come afferma l’Imita-zione di Cristo. Eucaristia e Bibbia formanol’apostolato della stampa. Siano queste duecose inseparabili nei vostri cuori” (HM II, 1(1941), p. 80).

“Queste sono le promesse che devono faregli apostoli delle Edizioni, particolarmentequelli che si dedicano alla redazione:

• Prometto di onorare il Vangelo col culto do-vuto;

• di prestare al Vangelo un ossequio intero dimente, di volontà, di cuore;

• di considerare il Vangelo come la Verità, laVia, la Vita per il mio apostolato;

• di leggere il Vangelo e meditarlo secondo lospirito della Chiesa Cattolica;

• di diffonderlo e attendere a moltiplicare lecopie e diffonderlo in costante carità;

• di uniformarvi tutta la vita, volerlo vicino inmorte, e sopra il mio petto nella bara” (RS87-88).

A cura di don Olinto CRESPI

Lettera di Dio all’umanità

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Ministero apostolico paolino

“Avrete forza dallo Spirito Santo”È sempre attuale la domanda che gli apostoli rivol-

gono a Gesù: “È questo il tempo in cui ricostituirai ilregno di Israele?” (At 1,21). Può capitare anche a noipreti di porre al Signore una domanda simile sulla re-altà e il futuro della Chiesa tenendo presente il vivaceentusiasmo che papa Francesco sta suscitando tra lagente e un certo risveglio di fede per le molteplici ini-ziative nell’Anno della fede. La risposta data da Gesù:“Non spetta a voi conoscere i tempi e i momenti che ilPadre ha riservato alla sua scelta…”, aiuta gli aposto-li e noi, oggi, a discernere che la missione non è fina-lizzata a restaurare il regno, ma ha ben altre caratteri-stiche. Gesù lo spiega unendo alla spiegazione unapromessa: “Lo Spirito Santo scenderà e darà forza, eallora voi sarete testimoni fino ai confini estremi del-la terra”: la forza liberante della salvezza, la consola-zione, la fecondità apostolica potremo sempre speri-mentarle anche noi, ma solo se sapremo familiarizzar-ci con lo Spirito Santo che sostiene il nostro ministeroe lo rende fecondo, secondo la logica del mistero pa-squale di Cristo.

Lo Spirito Santo “fa uscire”La missione che Gesù affida ai suoi è una forza di-

namica. Attrae (cf At 2,48) e mette in movimento, nonlascia fermi a guardare il cielo (cfr At 1,10-11). Gesùnon si ferma mai troppo in un villaggio perché altrepersone attendono la liberazione; così Paolo nelle sue

comunità. Gesù ci offre l’immaginedel pastore che “va in cerca”, prestan-do molta attenzione a chi è smarrito.Mangia con i peccatori, anche se i ben-pensanti rimangono scandalizzati, per-ché è venuto per salvarli e quindi licerca. Manda i suoi ad annunciare eguarire, perché si moltiplichi attraver-so di loro il suo annuncio e la sua ope-ra redentrice.

Si tratta, però, di un andare guidatodallo Spirito e non tanto da strategieumane. Gli Atti e i viaggi apostolici diPaolo sono percorsi da questa solida fi-ducia nella guida dello Spirito chechiude certe porte per aprirne altre, chetrasforma le persecuzioni in occasioniper spargere la semente di grazia in al-tre località, che illumina la comunitàdi Antiochia a mandare Paolo e Barna-ba in missione, che prepara Pietro aentrare nelle case dei pagani e Corne-lio a invitare Pietro e poi a ricevere ilBattesimo.

Una cosa è evidente nel libro degliAtti e nella vita dei santi: lo Spiritoopera dentro i cuori degli apostoli, maanche prima di loro. È prorompente,va oltre i loro progetti. Lo stesso Pao-lo capisce che questa è la sua missio-ne: grazie alle difficoltà con le sinago-ghe, lo Spirito lo orienta altrove.Quanti avvenimenti guidati dalla Prov-videnza, che agiva fortiter e suaviter,possiamo contemplare nella vita delBeato Alberione (cf AD 43-47).

ISTITUTO“GESÙ SACERDOTE”

Istituto di vita consacrata per Sacerdoti diocesani

Comunicazione del Delegato

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Siamo invitati a ravvivare la consapevolezza chequesto avviene anche oggi, nelle nostre Parrocchie e intutti gli ambienti dove siamo chiamati a svolgere la no-stra attività apostolica. Abbiamo bisogno di una fedeche abbia questa freschezza, che creda nella “dyna-mis” creativa dello Spirito.

“Apostolo è colui che porta Dionella sua anima e lo irradia attorno a sé”

La missione autentica, alla luce dell’esperienzaapostolica di san Paolo in Atti e del Beato Alberione,consiste nel testimoniare e portare a tutti gli uomini lasalvezza per grazia che deve “avvolgere, coinvolgere estravolgere positivamente” (2Cor 5, 14) la vita di ognicristiano ed apostolo. La testimonianza risulta fecondaquando emerge che ciò che si dice, si fa e si è; lo si di-ce, lo si fa ed è compiuto nel nome del Signore e conla forza dello Spirito.

Gli apostoli credono grazie allo Spirito Santo e par-lano con franchezza - loro che sono ignoranti - con lastessa forza, per questo le loro parole non sono un’opi-nione, ma un atto di fede che testimonia la grazia libe-rante del Vangelo riversata nei loro cuori e porta bene-dizione. Pietro e Giovanni dicono allo storpio: “Nelnome di Gesù, cammina”; per questo testimoniano at-traverso quella guarigione. Stefano parla e poi perdonanel nome di Gesù e con la forza dello Spirito Santo, perquesto la sua morte è testimonianza come la morte incroce di Gesù. Paradossalmente, là dove ci sono piùdifficoltà e più fragilità - e quindi una notevole “preca-rietà” umana - la testimonianza è più forte e limpida,perché emerge con chiarezza che lì opera lo Spirito,che ciò che si fa è solo nel nome del Signore.

Dunque risulta fondamentale per ogni apostolo te-nere aperto il cuore all’azione dello Spirito che guida eprecede, testimoniando la vita nuova di Cristo senzapreoccuparsi dei risultati, ma piuttosto della “qualitàevangelica” del proprio stile di vita, del proprio pensa-re, sentire, parlare e operare secondo la sapienza di Cri-sto; è fondamentale la testimonianza della logica deldiscorso della montagna (Beatitudini) e non tantomontagne di discorsi.

Portare il Vangelofino “ai confini della terra”

Questa espressione non è da inten-dere solo in senso geografico, ma vaapprofondita ed estesa. “Confine del-l’umano” si potrebbe dire, là dove ilnostro essere uomini perde le sueconnotazioni fondamentali e non puòesprimersi né crescere, ponendo in-terrogativi radicali: per esempio làdove non giunge alcun segno di sal-vezza intesa nel suo significato piùampio, e dove Dio sembra del tuttoassente, muto, distorto, sostituito daldemonio muto, dagli idoli, dal vuoto,dal divisore che genera odio; luoghidi sofferenza di alienazione, di totaleinsofferenza, di schiavitù a forme re-ligiose oppressive e idolatre. Ci sonoconfini “esterni” ma anche “inter-ni”: le profondità insondabili dellafollia, della solitudine, della dispera-zione, delle molteplici schiavitù dellavita e delle persone.

Come preti IGS, se vogliamo ma-nifestare una delle dimensioni piùsignificative del dono carismaticopaolino che abbiamo ricevuto, dob-biamo raggiungere anche questiconfini. Andare come seminatori,predicando a tutti con i mezzi mo-derni, sapendo che ovunque c’èqualcuno che il Signore ha chiama-to. “Paolo è apostolo per chiamarealla fede gli eletti” (così inizia lalettera a Tito) e in Atti 2,39 si dice:“Per voi è la promessa e per i vostrifigli e per tutti quelli che sono lonta-ni, quanti ne chiamerà il SignoreDio nostro”. Quanti sono? Dove so-no? Tanti, ovunque, ma lo sapremodopo e poi chi valuta e raccoglie i

Ministero apostolico paolino

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COMUNICAZIONE DEL DELEGATO

frutti è solo il Signore: ora è il tempo di andare, cer-care, seminare, annunciare il Vangelo; e tocca a noifarlo, perseverando nel bene e mettendo nel contofatiche e tribolazioni (At 20, 23).

Contemplativi nell’azione apostolicaColtivando una mentalità aperta e una visione uni-

versale come quella di Paolo, vedremo, purtroppo, at-torno a noi errori, ingiustizie, idolatrie, ma non ci la-sceremo condizionare dai mali del mondo, perchéavremo anche modo di scorgere il fuoco sotto la ce-nere, la vita nell’apparente morte, i segni dei tempiforieri di speranza. Cioè avremo modo di contempla-re e scoprire che Dio si preoccupacon benevolenza divina della salvez-za degli abitanti di Ninive: anche se anoi, come il profeta Giona, possonorisultare antipatici e vorremmo che ilfuoco divino distruggesse la loro cit-tà. Perché lo stesso Spirito che operain noi, è all’opera ovunque. Non è unaltro, non ha altri piani: opera manda-to da Cristo, per ricondurre tutto etutti a Cristo, in tempi e modi che nonsta a noi conoscere.

Noi dobbiamo andare, cercare,obbedire (Pietro battezza Cornelioquasi controvoglia!) e lodare Dio. La Chiesa, ancheoggi è in missione e fa molto per obbedire al manda-to di Gesù, ma si pensa ancora troppo poco comemissione ampia, totale, paolina sulla linea di quantosta testimoniando e proponendo papa Francesco.Siamo ancora troppo poco attenti e protesi verso iconfini del mondo: le periferie, dice il Papa. La no-stra responsabilità non consiste nel convertire tutti,ma nel liberare il messaggio, riproporlo continua-mente come giudizio e insieme come misericordiache risana e dà vita. La nostra missione non è quel-la di soffocare lo Spirito effuso dopo l’avvenimentodella Pasqua, ma di seminare a piene mani perché ifrutti possano venire da tutti i terreni, anche quellifinora mai coltivati.

Ravvivare il dono ricevuto

Propongo queste considerazioni suuna dimensione fondamentale del no-stro ministero pastorale, secondo laspiritualità paolina, per disporre me-glio il cuore di ogni membro dell’IGSa coinvolgersi pienamente, quando,cominciando dai Corsi di Esercizi2013 e dai Ritiri (anno 2013-2014), sa-rà chiamato a ravvivare il dono ricevu-to, rivisitando l’identità dell’IstitutoGesù Sacerdote, secondo una modalità

e un itinerario pensato e proposto dal-la commissione nominata ad hoc.

Avremo modo anche di curare unaspetto importante di formazione perma-nente, alla luce di quanto indicato dalloStatuto dell’IGS: “…I membri dell’Isti-tuto si preoccuperanno di perfezionaresempre adeguatamente la propriascienza teologica e la propria cultura,in modo da essere in condizione da ren-dere onore al loro ministero e di potersostenere con buoni risultati il dialogocon gli uomini del loro tempo” (9, A 6).

Don Emilio CICCONI, Del. [email protected]

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L’itinerario di cristificazione, secondo l’in-segnamento del beato Alberione, è un pel-

legrinaggio di conoscenza e di trasformazioneinteriore, che permette a Paolo di donarci laprima autentica testimonianza cristiana diquell’esperienza di unione mistica che sarà poivissuta da numerosi testimoni nella storia cri-stiana della santità cristificata.

È possibile tracciare un quadro sinteticodell’itinerario apostolico-spirituale di san Pao-lo considerando come l’evento di Damascopossa aver caratterizzato l’inizio di un passag-gio di conversione e trasformazione, che gli hapermesso di giungere a vivere ed incarnarequello che lui descrive autobiograficamente inFil 1,21: “Per me vivere è Cristo e morire unguadagno”, e questo si caratterizza per esserel’esperienza fondante e fondamentale, una sor-ta di Principio e Fondamento, della sua rela-zione intima con il Signore Gesù come AmoreCrocifisso e Risorto.

San Paolo si incammina in questo itinera-rio di unione, che lo porta a desiderare di co-noscere solamente il Cristo, suo Signore eCristo Crocifisso (cf 1Cor 2,2 e Fil 3,8). Laconoscenza che Paolo sperimenta è caratteriz-zata dalla semantica esistenziale dello jada‘ebraico, che implica e porta con sé la stessaesperienza di amore unitivo della sposa e del-lo sposo del Cantico dei Cantici. In questomodo anche per Paolo è sperimentabile e vi-vibile la stessa dinamica della ferita d’amore(cf Ct 2,5; 5,8), che lo porta a vivere semprepiù quella immedesimazione con il suo Si-gnore, che lo fa pervenire a desiderare di da-re compimento a ciò che dei patimenti di Cri-sto manca nella sua carne, a favore del suo

corpo che è la Chiesa (cf Col 1,24) chiedendodi vivere quella piena e totale koinonía con lesue sofferenze (cf Fil 3,8).

La manifestazione di Damasco diviene, inquesto modo, la presenza in Paolo dell’Io Cro-cifisso e Risorto di Cristo, che entra semprepiù dentro di lui e gli chiede di dilatare il suocuore e tutto il suo essere nel suo stesso essereAmore, che si dona fino alla fine e si consegnaper la salvezza di ogni uomo.

La passione di Gesù è la passione di Paolo

Il mistero pasquale di Gesù è il misteropasquale di Paolo. Paolo così vive quel-l’esperienza unitiva d’amore con Gesù, chelo introduce e lo fa vivere di quella misticache lo fa apostolo del Cristo perché questoAmore unitivo di Cristo lo possiede e lo spin-ge (cf 2Cor 5,14).

Allora l’esperienza mistica di Paolo è in-dissolubilmente legata al suo essere “apostoloed ostensorio di Cristo”. Il gesuita p. CharlesAndré Bernard conferma e ribadisce questa te-si: Paolo è mistico ed apostolo. E noi osiamoaggiungere che egli è: apostolo perché misti-co…! Questa espressione potrebbe con facili-tà introdurci nel tema dell’affinità di Ignaziodi Loyola con Paolo di Tarso, che il fondatoredella Compagnia di Gesù rivendica già nel1532 in una lettera al fratello Martín da Pari-gi, dove era studente, dopo l’esperienza di Lo-yola e di Manresa, e che si depositerà con for-za nell’animo di don Alberione con la sua po-tenza e trasfigurante sinergia contemplativa edapostolica.

La mistica apostolicadi Paolo e di Alberione

Spiritualità paolina

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La mistica apostolica di Paolo e di Alberione

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Questa affinità ci introduce, quindi, nellospessore di un’esperienza comune seppur di-stinta della originalità dei due santi di una mi-stica apostolica, o come la chiama p. MaurizioCosta, del servizio, che può far dire al Nadal diIgnazio e quindi potremmo dire per analogiatraslata nel tempo anche di Paolo che era con-templativus in actione.

In questo contesto di continuità si situa ilsentire di don Alberione. Infatti nell’osservarel’esperienza di alcuni mistici dell’azione, p.Bernard constata che un’esperienza misticaprolungata prepara ad un impegno apostolico eche la conoscenza scaturita dalla preghiera il-lumina l’azione che è da intraprendere. Anchel’azione apostolica di Paolo e di Ignazio, equindi di Alberione, è sottomessa alle mozionidello Spirito Santo, che è lo stesso Spirito San-

to che orienta il Primo Maestro acompiere delle scelte secondo ilprogetto di Dio, nella notte dellafede e nello slancio della speran-za, a seconda delle necessità dellaChiesa e del contesto culturale incui egli vive; ma sempre a partiredall’impulso iniziale. Infatti perparlare di “mistica apostolica” ènecessario che l’impegno inizialecomporti sempre e sostanzialmen-te un riferimento al Cristo, e unimpulso spirituale ricevuto passi-vamente. Le forme e la fenomeno-logia di questo, poi, chiaramentesono innumerevoli ed originalissi-me a secondo dell’intervento delSignore nella vita di ciascuno cre-dente caratterizzato dalla sua ori-ginale, unica ed irrepetibile voca-zione personale.

Per quanto si riferisce a don Al-berione noi non conosciamo moltoi dettagli della sua relazione intimacon il Signore, il Maestro Divino,

Verità, Via e Vita, perché egli non amava pren-dere annotazioni delle sue esperienze interiorima preferiva lasciare tutto a Dio ed in Dio, cheben conosce ogni cosa.

Contemplativi nell’azione

Così, come in genere, i mistici dediti al-l’apostolato, don Alberione non desidera affat-to parlare di se stesso e comunicare e condivi-dere la traiettoria della sua vita spirituale permetterla in relazione con le intuizioni avutenella preghiera.

L’essere in Cristo e il desiderio di servire laChiesa era esclusivamente per lui la garanziadel valore spirituale e trasfigurante del suoapostolato e di quello dell’intera Famiglia Pao-lina.

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Spiritualità paolina

In questo modo l’ apostolato della vita in-teriore, anima di ogni apostolato vissuto ed in-carnato nella preghiera vitale e di tutto l’esse-re, permette a don Alberione e ad ogni paolinae paolino di essere un perenne contemplativonell’azione nell’esperienza di vertice della Vi-sita quotidiana, nella quale la vita si trasformain preghiera e la preghiera dà la vita (cf UPS,II, 110).

Accogliamo a riguardo alcuni testi del Fon-datore: “La vita interiore precede l’azione.Prendere da Gesù per dare alle anime, prende-re dal cielo per dare alla terra. La vita di apo-stolato senza la vita interiore è inutile e danno-sa, ma unita e pervasa dalla vita interiore èvantaggiosa e per l’apostolato e per le anime”(Esercizi alle Maestre, ottobre 1941). “Il primoapostolato è la vita interiore ben praticata. Chisantifica se stesso contribuisce al bene di tuttala Chiesa immettendo in questo corpo sanguepuro ed immacolato. La vita interiore è l’animadi ogni apostolato” (predica del Beato Giaco-mo Alberione al Congresso Internazionale dei

Religiosi, dicembre 1950 in Spiritualità Paoli-na, p. 447).

Il vissuto esperienziale e spirituale, che lamistica apostolica alberioniana ci dona allascuola di Paolo, è quell’esperienza del cristia-no, che vivendo e realizzando la sua cristifica-zione permanente, derivante dall’immersionebattesimale, gli consente di realizzare la suavocazione personale.

Si tratta di una vocazione personale di cri-stificazione, quale frutto e approdo continuo equotidiano dell’unificazione del proprio io conl’Io di Cristo. Paolo ci comunica e ci testimo-nia che essa è la caratteristica precipua e fon-damentale di ogni vera ed autentica esperienzadi mistica cristiana come unione di amore tra-sformante e cristificante il mondo.

In questo modo ogni cristiano ed ogni espe-rienza cristiana può ricevere il monito e l’invi-to amico di Paolo: “Fratelli fatevi miei imita-tori, come io lo sono di Cristo” (1Cor 11,1).

Don Fabrizio PIERI igs

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Riprendo a larghi stralci la riflessione didon Primo Gironi, biblista paolino, sulsenso biblico del “riposo”, affinché ancheil nostro periodo estivo sia caratterizzatoda una attiva programmazione spirituale.

Le tappe, che scandiscono la crescita dellavita cristiana e la spiritualità della Famiglia

Paolina, vengono collocate da don Alberionenella cornice evangelica della formazione cheGesù riserva ai suoi discepoli storici.

Nella citazione di Mc 6,31: «Venite in di-sparte, in un luogo solitario e riposatevi unpo’» il beato Fondatore ha offerto alle diversecomunità paoline alcune di meditazioni/istru-zioni dettate nei Ritiri spirituali, mediante lequali formava l’interiorità delle comunità ap-pena fondate, perché potessero accogliere lesfide del moderno carisma che avrebbe caratte-rizzato nella Chiesa la Famiglia Paolina.

Al ritmo della produzione editoriale, allorafortemente impegnativa nei tre grandi settoriormai codificati della “redazione-tecnica-dif-fusione”, il Fondatore amava alternare la pau-sa mensile del Ritiro e della contemplazione,una pausa rigeneratrice per le sue comunità eper la loro attività apostolica.

Egli modellava la sua opera formatrice su

quella di Gesù, come è presentata nel vangelodi Marco, l’evangelista che focalizza la forma-zione del Maestro nei confronti dei Dodici (edei discepoli) nell’espressione programmatica“stare con lui” («Ne costituì Dodici che stesse-ro con lui»: Mc 3,14).

Stare con Gesù

In questa espressione l’evangelista Marcofissa l’intensa esperienza di vita di comunioneche ha caratterizzato i discepoli con il loroMaestro Gesù. Con Gesù i discepoli vivono,pregano, camminano, dialogano, si impegnanonella missione dell’annuncio del Regno. Masoprattutto essi “stanno” con Gesù. Nel vange-lo di Marco il verbo “stare” non ha il signifi-cato di verbo inerte, privo di azione e di movi-mento. Esso delinea invece il ritratto spiritua-le del discepolo.

“Stare” con Gesù designa l’atteggiamentodi ascolto, di attenzione e di accoglienza neiconfronti della sua parola, del suo insegnamen-to e del suo stile di vita. È un verbo che espri-me l’attività spirituale del discepolo che assi-mila, interiorizza e rende vita della propria vi-ta la parola del Maestro. È, quindi, il verbo del-la meditazione e della riflessione, della sosta edel riposo, che la tradizione monastica medie-vale identificava con la ruminatio (“ruminare”è il verbo tipico degli animali che lentamenterimasticano nel lungo scorrere delle ore nottur-ne il cibo accumulato nella fretta del giorno).

Uomo di molta azione e di grandi progetti,don Alberione ha per primo vissuto l’esperien-za dello “stare con Gesù”, caratterizzata dal-l’intensa preghiera, dalla profonda assiduità

Lettera del Delegato

Il valore spiritualedel tempo estivo

ISTITUTO“SANTA FAMIGLIA”

Istituto paolino per coppie di Sposi consacrati

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Lettera del Delegato

con la Parola di Dio, dalla sosta quotidianadell’esame di coscienza, per attingere la forzadi protendere sempre più in avanti se stesso ele sue fondazioni.

«Riposatevi un po’»

Ecco il contesto di questo invito di Gesù,che solo l’evangelista Marco contiene: «Gliapostoli si riunirono intorno a Gesù e gli riferi-rono tutto quello che avevano fatto e insegna-to. Ed egli disse loro: “Venite in disparte, in unluogo solitario, e riposatevi un po’. Era infattimolta la folla che andava e veniva e non aveva-no più neanche il tempo di mangiare. Allorapartirono sulla barca verso un luogo solitario,in disparte» (Mc 6,30-34).

Per l’uomo della Bibbia il “riposo” si apri-va su due orizzonti decisivi della sua esistenza.

a) Il primo era quello racchiuso nel signi-ficato del termine menuchàh (“riposo”, “pau-sa” in ebraico). Esso allude alla pace e alla si-curezza che l’antico popolo di Israele, noma-

de nel deserto, aveva finalmente raggiuntopossedendo la terra che Dio gli aveva promes-so, entrando nelle sue città e abitando le suecase. Il simbolo di questo “riposo” era la cit-tà di Gerusalemme, che il Salmista vede av-volta dalla protezione del Signore e circonda-ta dalle sue cure: «Ha rinforzato le sbarre alletue porte… ha messo pace nei tuoi confini»(Sal 147). Nella sua terra e nelle sue città,lontano dalle minacce dei nemici esterni,Israele conosce la pienezza del “riposo” diDio (nel Salmo 95 Dio ama chiamare tutta laPalestina “il mio riposo”).

In questo primo significato, il “riposo”, cuiaspira l’uomo biblico, diventa per il cristiano ilsimbolo della salvezza definitiva, del compi-mento del Regno di Dio annunciato da Gesù. Inemici esterni che minacciano il popolo bibli-co sono l’immagine di una minaccia più temi-bile che incombe sull’uomo, il peccato, che hail potere di ostacolare l’uomo nel camminoverso la salvezza e verso il Regno.

La sosta della preghiera e della contempla-

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zione è necessaria per addestrarci al combatti-mento contro il peccato (ricordiamo che è pro-prio l’uomo della Bibbia a invocare Dio come«colui che addestra le mie mani alla battaglia»,per indicare la lotta quotidiana contro il male;vedi Sal 18,35).

b) Il secondo orizzonte, delineato dal “ripo-so” biblico, è quello racchiuso nel significatodel termine “sabato”, oggi così in contrastocon la mentalità del vissuto attuale. In ebraicoil verbo shabàt indica il “cessare da ogni atti-vità”. È il verbo che la Bibbia riferisce in mo-do particolare a Dio, che entra in questo “ripo-so” dopo aver completato l’opera della crea-zione: «Dio benedisse il settimo giorno e loconsacrò, perché in esso aveva cessato da ognilavoro che egli creando aveva fatto» (Gn 2,3).

In questo secondo significato il “riposo” siinnesta con la contemplazione e la lode, lo stu-pore e la gratitudine che l’uomo avverte da-vanti all’opera delle sue mani (e della suamente), mediante la quale ha contribuito a farcrescere e a rendere più perfetta la creazione.Gli antichi maestri d’Israele affermavano cheil sabato è «l’immagine del mondo che devevenire».

L’uomo che sa dedicare tempo e spazio aquesto “riposo” anticipa quel “mondo che de-ve venire”, perché, sostando a contemplare ilproprio agire, migliorandolo e perfezionandoloporta a compimento il progetto che Dio ha avu-to sulla creazione. Ma soprattutto porta a com-pimento, di tappa in tappa, l’immagine e la so-miglianza di Dio che ha in sé, crescendo nelconformarsi al suo Signore nella preghiera,nel silenzio e nella lode, «finché arriviamo tut-ti all’unità della fede, e della conoscenza delFiglio di Dio, fino all’uomo perfetto, fino araggiungere la misura della pienezza di Cri-sto» (Ef 4,13).

Ecco, carissimi, l’augurio per qualificarequesto periodo estivo: riscoprire come coppia

l’esperienza gioiosa di “stare con Gesù”. Lui,chiamandoci nella vita di “Istituto Santa Fami-glia”, fin dall’inizio ci ha promesso: «Non te-mere. Io sono con te. Sono sempre dalla tuaparte». Così, nonostante la nostra limitatezza,continua a “guardarci” con occhi di benevolen-za: «Ha guardato l’umiltà della sua serva» (Lc1,48). A condizione che anche noi siamo fede-li alla vocazione cui ci ha chiamato.

Oggi viviamo in molti affanni tra tanti im-pegni, quasi che la vita ci piombi addosso. Ab-biamo bisogno allora di difenderci, conservan-do quel tempo necessario per capire chi siamoe la nostra vocazione e missione ponendoci da-vanti al Signore.

Allora fa bene quella coppia che agli Eser-cizi spirituali si è ripromessa di trascorrerequalche giorno in montagna con il Vangelo inmano, così che tra una passeggiata nella natu-ra e uno sguardo alla Parola insieme si possadare orientamento alla vita familiare. Il mondoe la società ci trascinano spesso lontani da unvissuto feriale, resi incapaci di mettere ordinenella nostra vita sociale di impegni, lavoro, ri-poso e preghiera.

Così ci allontaniamo, in modo disordinato,dal grande progetto di Dio perdendo il sensodella domenica, della festa, della gioia di starein famiglia… Anche i Vescovi per l’8° Giorna-ta per la salvaguardia del creato (1° settembre2013) invitano la famiglia ad operare perché«“venga custodita la sacralità della domenica”.Anche il “profumo della domenica” si imparain famiglia». Che i centri commerciali sianoaperti anche la domenica non vuol dire che sia-mo autorizzati a frequentarli. La domenica ci èstata indicata per il riposo, per l’incontro euca-ristico con il Signore. Come la domenica serveper tutta la settimana, così un po’ di riposoestivo dà senso a tutto l’anno.

Don Olinto CRESPI, Delegato [email protected]

IL VALORE SPIRITUALE DEL TEMPO ESTIVO

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Il mandato missionario ai Paolini della prima ora

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Anno della fede

Gesù continua la sua catechesi sulla preghie-ra sovrapponendo un paradosso all’altro; è

già la preghiera un paradosso per se stessa.Gesù racconta anzitutto la parabola del-

l’amico importuno, il quale insiste così tantopresso l’amico che questi, pur di toglierselo ditorno, soddisfa la sua richiesta. Gesù vuole in-vitarci a una preghiera perseverante che ci por-ta ad insistere finché non sperimentiamol’esaudimento. Notiamo due cose:

• l’amico importuno non è andato a scuoladi perseveranza per imparare ad insisterebene. Nessuna scuola. Aveva un bisogno einsiste. Così è la preghiera;

• anche se l’oggetto dell’insistenza del-l’amico era il pane per calmare i morsidella fame, Gesù ci fa capire che la verainsistenza non è quella di chiedere qualco-sa di specifico, pestando i piedi come ibambini. La vera perseveranza è l’insi-stenza stessa, perché si riconosce che Diosa meglio di noi quello di cui abbiamo bi-sogno, e non può rifiutarci quello che saessere il nostro bene.

Ecco un altro paradosso evangelico: la veraperseveranza è l’insistenza. Una preghiera in-sistente, che non è fatta necessariamente di pa-role, ma certo di prolungate adorazioni, di mu-

ta contemplazione; è fatta di lungo tempo datoal Signore. Questa è la vera insistenza che pie-ga il cuore di Dio.

Due passi dell’AT rivelano la forte bellezzadi questa insistenza: «La preghiera di chi veneraDio giungerà fino alle nubi. La preghiera del po-vero attraversa le nubi; né si quieta finché non siaarrivata: non desiste finché l’Altissimo non siaintervenuto» (Sir 35,21-22). «Voi che rammenta-te le promesse del Signore, non prendetevi mairiposo e neppure a lui date riposo» (Is 62,6-7).

Si potrebbero portare stupende esemplifica-zioni bibliche sulla natura e il valore di questapreghiera insistente e perseverante. Una fra tut-te: la figura del profeta Elia. La sua perseve-ranza è nel nome stesso che porta; difatti Eliasignifica “colui che sta alla presenza di Dio” elui si presenta come l’inviato di Jahvé, «allacui presenza io sto». Risulta chiaro, dalla vi-cenda del profeta, che la perseveranza non èvissuta per piegare Dio alle nostre richieste,ma per entrare nella logica di Dio, e così ritro-varsi a chiedere quello che Dio vuole (meritaleggere il “ciclo di Elia” in 1Re 17-19).

Tre imperativi senza oggetto

Gesù spiega la natura di questa insistenzacon tre imperativi: «Chiedete e vi sarà dato,

La vera perseveranza è lapreghiera che non si stanca

Continuiamo la nostra riflessione sul cap. 11 di Luca. Nei due numeri precedenti abbiamoevidenziato “la forza salvifica della preghiera” e l’evidente paradosso evangelico che “siimpara a pregare pregando”; appunto perché, se si aspetta a pregare quando si è imparato,ci troviamo a non pregare mai. Ora Gesù qualifica la preghiera come “perseveranza”, chePapa Francesco definisce “un guardare Gesù nella coscienza di essere guardati”.

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cercate e troverete, bussate e vi sarà aperto».Sono importanti i tre imperativi: “chiedete”,“cercate” e “bussate”; ciascuno è seguito dauna promessa esplicita: «e vi sarà dato; ...tro-verete; ...e vi sarà aperto».

Ebbene, notiamo un successivo paradossoevangelico: sono tre imperativi senza oggetto;vale a dire, non ci è detto che cosa è opportu-no chiedere, che cosa cercare e dove bussare.Eppure, sarebbe stato importante dircelo; ap-punto perché, per la debolezza che è in noi,spesso non siamo oculati nel chiedere, cerchia-mo cose che non sono il nostro vero bene ebussiamo soventissimo a porte sbagliate. San-t’Agostino, a cui piacciono i sapienti “giochi diparole”, esprime bene questa nostra incapacitàcon tre paroline. Afferma che normalmente noichiediamo mala, male, malo.

• mala, cioè chiediamo cose cattive, o al-meno non buone per noi, nel senso che inquel momento non sono il nostro vero be-ne. L’esempio del bambino che chiede ilcoltello: il coltello è una cosa buona, main quel momento e per quell’età non è unbene per il bambino; così pure noi: a vol-te chiediamo cose che pensiamo un beneper noi, ma non lo sono nel pensiero diDio, che vede il nostro vero bene;

• male, cioè malamente, con molte distrazio-ni, privi perciò di quella tensione interioreche ci farebbe entrare nella logica di Dio;

• malo, cioè in malo modo, facendo i ca-pricci, al pari dei bambini che pretendono;al pari di colui che, avendo messo la mo-neta nella macchinetta distributrice dellastazione per avere la pallina, si ritrova anon riceverla; allora, saggiamente arrab-biato, si mise a scuotere la macchinettacon una tale energia da poterla quasi sra-dicare dal pavimento. Ecco il malo modo:pretendere che Dio ci esaudisca perchéabbiamo inserito il gettone delle buone

opere, e quindi possiamo esigere la graziarichiesta, quando sappiamo che la parola“grazia” deriva da “gratuito”.

A motivo di questa nostra debolezza sareb-be stato opportuno che Gesù specificasse inqualche modo l’oggetto dei tre imperativi cheesaltano la forza della preghiera. Quale la ra-gione di questa oscurità, di questi tre imperati-vi senza oggetto? La ragione è l’esigenza diuna fede che si abbandona nelle braccia del Pa-dre; una fiducia dal duplice volto:

• la prima l’attesta Gesù stesso: Dio non cidarà mai cose cattive; non permetterà maiche la sofferenza ci raggiunga senza unoscopo, senza che questa ci faccia crescere.Se sul momento quello che ci fa soffrire ciappare non buono (malattia, disgrazia, in-giustizia), non lo sono in realtà. Occorresaper scommettere sulla bontà di Dio;

• in secondo luogo la certezza che Dio si fapresente comunque e dovunque vi è unacreatura che prega. La sua attuale azione èsottolineata dalla conclusione della cate-chesi di Gesù (conclusione solo lucana):«Se voi dunque, che siete cattivi, sapetedare cose buone ai vostri figli, quanto piùil Padre vostro del cielo darà lo SpiritoSanto a coloro che glielo chiedono».

Nel medesimo contesto, in Matteo Gesù di-ce: «...darà cose buone a quelli che gliele chie-dono». In Luca Gesù ci rivela che la cosa buonain assoluto, indispensabile, è lo Spirito Santo.

La necessità dello Spirito Santo

La conclusione di Gesù illumina straordina-riamente i tre imperativi: dobbiamo chiedere loSpirito Santo e ci sarà dato; dobbiamo cercarelo Spirito Santo non lassù nell’alto dei cieli, mascoprendone la presenza nelle persone e nei fat-

Anno della fede

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ti della vita, e lo troveremo certamente e in mo-do sempre più chiaro, perché si affina man ma-no in noi lo spirito di discernimento; dobbiamobussare alla porta del luogo dove lo SpiritoSanto ha posto la sua dimora, perché lo scrignodella sapienza ci sia aperto; maquesto luogo è il nostro cuore,che ha la porta che si apre solodall’interno; tu solo puoi bussarea questa porta e nello stesso tem-po aprirla. È un paradosso anchequesto: tu puoi bussare alla portadel tuo cuore e aprirla per lascia-re che lo Spirito vi abiti.

Questa ultima puntualizza-zione pone in risalto l’importan-za dell’interiorità. Di solito nonsi ama stare con noi stessi, in noi stessi. Comescusa affermiamo che questo è egoismo; percui siamo sempre proiettati fuori di noi.

Invece è proprio il contrario. L’egoismo èpensare sempre a noi stessi, decidere e fare te-nendo presente sempre il nostro interesse, ilnostro comodo. L’egoismo non fa vivere in noistessi, ma sempre proiettati fuori di noi a cer-care il proprio piacere, il proprio interesse.

Invece l’interiorità ci fa gustare il “rimanere”in noi, perché si vive la gioia di stare con lo Spi-

rito che abita nel nostro cuore. Agostino lo ave-va capito molto bene, quando affermava pensan-do alla sua vita prima della conversione: «Tu ericon me, ma io non ero con te»; ora invece senti-va che proprio lo “stare in compagnia dello Spi-

rito” lo proiettava verso gli altricon un amore totalmente disinte-ressato e senza riserve.

Non soffochiamo, non rattri-stiamo il dolce Ospite del nostrocuore; continuiamo a cercarlobussando alla porta del nostrocuore.

Questo invito risuona nelcuore di te che hai letto questeriflessioni. Per questo «oggi – tisi dice – nell’ascoltare questa

parola non indurire il tuo cuore» (cf Sal 95,8);per cui l’autore della lettera agli Ebrei ci esor-ta: «Incoraggiatevi a vicenda ogni giorno, pertutto il tempo che dura questo lungo “oggi” dicui parla la Bibbia» (3,13); e più avanti: «Perquesto Dio stabilisce di nuovo un giorno chia-mato “oggi”» (4,7). Quindi “oggi” la tua fami-glia ha bisogno di far risuonare questa stupen-da verità e di accogliere l’insegnamento che neconsegue.

Don Venanzio FLORIANO ssp

La famiglia: una risorsa per l’intera societàPer la quarta volta la famiglia sarà al centro della Settimana sociale dei cattolici italiani

che si terrà a Torino dal 12 al 15 settembre prossimo.Nel documento preparatorio dell’evento viene ben sottolineato il valore “laico” e univer-

sale della famiglia, risorsa preziosa non solo per il mondo cattolico, ma per l’intera società eindiscutibile mezzo per il superamento di tutte le crisi.

Il testo, dal titolo La famiglia, speranza e futuro per la società italiana, è articolato in treparti: nella prima (La famiglia e la persona umana) emerge una riflessione sull’identità dellapersona colta nella sua differenza fondamentale tra uomo e donna. Nella seconda parte (La fa-miglia, bene per tutti) viene approfondito in modo particolare il ruolo sociale della famiglia eil suo essere funzionale al bene comune. La terza parte (Famiglia, società ed economia) con-tiene richieste non più rinviabili che la famiglia pone alla società e che dovrebbero segnaresempre più l’agenda politica.

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LA VERA PERSEVERANZA È LA PREGHIERA CHE NON SI STANCA

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La Consacrazione

Con la Preghiera eucaristica, che è preghie-ra di rendimento di grazie e di consacrazione,si arriva al cuore e al culmine della Celebrazio-ne. Tale preghiera inizia con il Prefazio, concui la Chiesa rende grazie al Padre, per mezzodi Cristo, nello Spirito Santo per tutte le sueopere, per la creazione, la redenzione e la san-tificazione. In questo modo l’intera comunitàsi unisce alla lode incessante che la Chiesa ce-leste, gli angeli e tutti i santi cantano al Dio trevolte Santo.

Quindi si entra nell’atto consacratorio attra-verso quattro momenti:

• nelle epiclesi o invocazioni preghiamoperché il Padre mandi il suo Spirito Santoe la potenza della sua benedizione sul pa-ne e sul vino, affinché diventino per la suapotenza il Corpo e il Sangue di Gesù Cri-sto e perché coloro che partecipano al-l’Eucaristia diventino un solo corpo e unsolo spirito;

• nel racconto dell’istituzione l’efficaciadelle parole e dell’azione di Cristo e la po-tenza dello Spirito Santo rendono sacra-mentalmente presenti sotto le specie delpane e del vino il suo Corpo e il suo San-gue, il suo sacrificio offerto sulla croceuna volta per tutte;

• nell’anamnesi o ricordo che segue laChiesa fa memoria della Passione, dellaRisurrezione e del ritorno glorioso di Ge-sù Cristo presentando al Padre l’offerta disuo Figlio che ci riconcilia con lui;

• nelle intercessioni la Chiesa manifestache l’Eucaristia viene celebrata in comu-nione con tutta la Chiesa del cielo e dellaterra, dei vivi e dei defunti e nella comu-nione con i pastori quali il Papa, il Vesco-

vo della propria diocesi, il suo Presbiterioe i suoi Diaconi, ma anche tutti i Vescovidel mondo con le loro comunità.

Dio ti dona Gesù

Non è un simbolo, un’ipotesi o un significa-to. Gesù, quando ha preso il pane tra le mani eha reso grazie, non ha detto: «Questo è co-me…, o questo significa…, o questo assomi-glia…». Ha detto: «Questo è il mio corpo, que-sto è il mio sangue». E poiché Gesù è il Figliodi Dio, è Dio in persona, quel corpo è il corpodi Dio, quel sangue è il sangue di Dio.

Nessun’altra religione ti dà un bene più vi-vo, più vero, più prezioso. Nessuna religione tinutre del corpo e del sangue di Dio. Nessun al-tro Dio ti dà il suo corpo e il suo sangue comecibo e come bevanda. Nessun altro Dio ti toc-ca, entra nel tuo corpo, nella tua anima, nellatua vita in modo concreto, reale, completo. Seitoccato dal corpo e dal sangue di Dio, seiasperso, lavato, benedetto, santificato, consa-crato dal sangue di Dio!

Quello che vedi non è un’ostia, quello chevedi non è vino. Non è opera di uomo. Il sacer-dote con le sue mani consacrate invoca lo Spi-rito Santo. È lo Spirito Santo, Dio stesso, cheopera quel miracolo e trasforma la sostanzadel pane in corpo del Figlio di Dio e la sostan-za del vino in sangue del Figlio di Dio. Ti ap-pare allo stesso modo di prima, ma la sostanza,l’essenza, è totalmente trasformata. Si chiama“transustanziazione” (“trans” = attraversamen-to, mutamento, passaggio; “sustantia” = so-stanza).

Ma non è possibile! A te e agli uomini no,ma a Dio sì! Dio è nella dimensione divina eLui può tutto. Ma perché non lo vedo anche dafuori? Se si vedesse anche da fuori, saresti co-

Note di Liturgia

“Fate questo in memoria di me”

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stretto a credere in Dio, saresti privato dellatua libertà di cercarlo, saresti obbligato ad ac-cettarlo per forza. Non sarebbe più una scelta,non sarebbe più una conquista. Dio ti rispettaveramente, come nessun altro mai. Lui, che èDio, non si vuole imporre, Lui che potrebbe ene avrebbe tutto il diritto. Perché sa che ognirapporto vero di amore parte dal rispetto e dal-la libertà di scegliere.

Il sangue è l’elemento più vitale, più pro-fondo, più autentico di una persona e quello diDio si unisce al tuo, entra nel tuo, nella tua par-te più vitale e più essenziale.

«Prendete e mangiate...». Si offre come ci-bo per nutrirti di Lui. Per nutrirti di Dio, di Co-lui che ci ha creato. Che ha inventato lo sguar-do di tua moglie, che ha plasmato il viso di tuofiglio, che ti ha donato il mondo. Il tuo Creato-re si fa cibo e bevanda per stare con te, per en-trare nella profondità del tuo essere, per parte-cipare della tua vita, della tua storia. Per sal-varti e aprirti al divino.

La Consacrazione si chiude con la dossolo-gia alla quale rispondiamo un deciso e gioioso:“Amen!”.

In quell’“amen” per Cristo, nello SpiritoSanto verso il Padre sta tutta la nostra dignità,il nostro futuro e la nostra gioia. L’“amen” cirende più umani, capaci di fecondare la terradel nostro pellegrinaggio.

A cura di don Roberto ROVERAN ssp

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FATE QUESTO IN MEMORIA DI ME

Per crescereL’ “amen” della Chiesa, che risuona in ogniazione della Liturgia, s’innesta sul “sì” fedeledi Dio: “amen” è la risposta della fede chechiude sempre la nostra preghiera personalee comunitaria, e che esprime il nostro “sì” al-l’iniziativa di Dio. Spesso rispondiamo perabitudine col nostro “amen” nella preghiera,senza coglierne il significato profondo. Questo termine deriva da aman che, in ebrai-co e in aramaico, significa “rendere stabile”,“consolidare” e, di conseguenza, “essere cer-to”, “dire la verità”. Se guardiamo alla Sacra Scrittura, vediamoche questo “amen” è detto alla fine dei Sal-mi di benedizione e di lode, come, ad esem-pio, nel Salmo 41: «Per la mia integrità tu misostieni e mi fai stare alla tua presenza persempre. Sia benedetto il Signore, Dio d’Israe-le, da sempre e per sempre. Amen, amen» (vv.13-14). Oppure esprime adesione a Dio, nelmomento in cui il popolo di Israele ritornapieno di gioia dall’esilio babilonese e dice ilsuo “sì”, il suo “amen” a Dio e alla sua Leg-ge. Nel Libro di Neemia si narra che, dopoquesto ritorno, «Esdra aprì il libro (della Leg-ge) in presenza di tutto il popolo, poichéstava più in alto di tutti; come ebbe apertoil libro, tutto il popolo si alzò in piedi. Esdrabenedisse il Signore, Dio grande, e tutto ilpopolo rispose: “Amen, amen”, alzando lemani» (Ne 8,5-6).Sin dagli inizi, quindi, l’“amen” della liturgiagiudaica è diventato l’“amen” delle primecomunità cristiane. E il libro della liturgiacristiana per eccellenza, l’Apocalisse di SanGiovanni, inizia con l’“amen” della Chiesa:«A Colui che ci ama e ci ha liberati dai nostripeccati con il suo sangue, che ha fatto di noiun regno, sacerdoti per il suo Dio e Padre, alui la gloria e la potenza, nei secoli dei seco-li. Amen» (Ap 1,5b-6). Così nel primo capito-lo dell’Apocalisse. E lo stesso libro si chiudecon l’invocazione «Amen, vieni, Signore Ge-sù» (Ap 22,21) (Benedetto XVI, udienza del30 maggio 2012).

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Nella liturgia delle Ore spazio e tempo con-corrono a esercitare il sacerdozio di Cristo edel suo popolo santo

Principi e normeIn questo appuntamento vi invito ad avere in

mano i Principi e Norme della Liturgia delleOre – Prenotanda (= Introduzione) – per legge-re in modo ragionato il capitolo I: “Importanzadella celebrazione della Liturgia delle Ore oUfficio Divino, nella vita della Chiesa”.

Il testo ci offre la teologia e cioè il signifi-cato ed il valore della preghiera oraria della co-munità cristiana. Lo seguiamo, presentandonelo schema ed i numeri di riferimento.

1. Pregare in Cristo - Capitolo di grandis-sima importanza perché fonda questa preghie-ra in Cristo sommo sacerdote e mediatore del-la nostra fede e preghiera (3), ricordandoci che«la sua attività quotidiana era strettamentecongiunta con la preghiera» (4); continua pre-sentando la Chiesa, “corpo-tempio” del Si-gnore (9), che obbedisce al precetto della pre-ghiera (5) da lui ricevuto e continua in se stes-sa la preghiera di Cristo (6). Questo fa sì chela Liturgia delle Ore sia riconosciuta comeeminente “Preghiera della Chiesa”, nello Spi-rito Santo (7).

Essa viene presentata (nel titolo III) comemomento forte della vita, per la santificazione

del tempo (10), in rapporto privilegiato conl’Eucaristia (12) «centro e culmine della vitadella comunità cristiana» (documento del Con-cilio sul Ministero Pastorale dei Vescovi, Chri-stus Dominus, 30), così da realizzare l’ufficiosacerdotale di Cristo nella Liturgia (13) con lasantificazione dell’uomo (14) – dimensione di-scendente dell’ellisse liturgica – la lode di Dioin unione alla Chiesa celeste (15) – dimensio-ne ascendente - e l’esercizio del ministero disupplica e intercessione (17). Notiamo che al-la supplica e intercessione, si arriva solo ora.

2. Culmine e fonte. - Alla luce di queste in-dicazioni la Liturgia delle Ore (e non solo la li-turgia in genere) risulta culmine e fonte del-l’azione pastorale della Chiesa (18), che è co-munità orante, cultuale1, nella quale l’uomo èchiamato, con vocazione specifica, ad essere –unitariamente, spirito, anima e corpo – consa-crato alla preghiera. Ogni persona e la comuni-tà tutta è Corpo del Signore (20).

3. Uomini e donne di preghiera. - A questopunto sono esplicitamente invitate e motivatealla preghiera oraria (e ad ogni preghiera) lecomunità parrocchiali (21), perché manifestinola Chiesa che celebra il Mistero di Cristo (22);per questo sono raccomandate la catechesi sul-la preghiera e sul senso dei Salmi pregati inprospettiva cristiana (23).

La Liturgia delle Ore

Preghiera di Cristo Sacerdotee del popolo sacerdotale

——————1 Comunità cultuale: la Chiesa è tale quando in essa tutti e ognuno, unendo preghiera e vita (la preghiera sifa vita vissuta, perché la vita diventi preghiera autentica), rende culto (cioè lode, gloria, adorazione) al Pa-dre, per mezzo del Figlio, nello Spirito Santo, ottenendo così che la salvezza operata dal Signore Gesùgiunga a concretizzarsi nella vita degli uomini.

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PREGHIERA DI CRISTO SACERDOTE E DEL POPOLO SACERDOTALE

Vengono esortati an-che religiosi e religiose(24; 26), ministri ordinati(25) e laici (27) a celebra-re insieme, il più stabil-mente possibile. Religiosie ministri sono, partico-larmente, uomini e donnedi Preghiera, e questospiega il mandato eccle-siale di celebrare la Litur-gia delle ore loro affidato(28-32), secondo la strut-tura ufficiale (33) e lo spi-rito della preghiera datacidalla Chiesa.

Cristo Sacerdote

Fin qui, quasi una “scheda di lettura” del ca-pitolo I dei Prenotanda. Torniamo ora alla teo-logia della Liturgia delle Ore presente nel testo.

Ritengo che sia veramente significativo edimportante il fatto di partire da Cristo Sacerdo-te. È lui il centro della nostra fede e della no-stra preghiera. La prospettiva sacerdotale diCristo è esplicitamente proclamata nella Lette-ra agli Ebrei ed è sottesa alla teologia liturgicadel NT e della Chiesa.

Nell’esercizio della Liturgia delle Ore, que-sta prospettiva è fondamentale e qui è messabene in luce. Pregando con la Liturgia dei Sal-mi, che attualizza la preghiera del Signore Ge-sù attestataci nei vangeli, noi ci uniamo a lui edesercitiamo – sperimentandola a nostro favoree per il bene di tutti – la sua mediazione sacer-dotale.

La Liturgia delle Ore diviene così luogo pri-vilegiato dell’esercizio del Sacerdozio di Cristo:Egli è vivo nella nostra preghiera, intercedendoa nostro favore presso il Padre nello Spirito.

1. La Chiesa sua sposa. - C’è ancora del-l’altro: la Chiesa suo corpo e sua sposa, suo

tempio, è comunità sacerdotale, «popolo adu-nato dall’unità del Padre e del Figlio e delloSpirito Santo» (S. Cipriano) nella lode e nel-l’intercessione.

La preghiera – e quella dei Salmi, scanditanel tempo e celebrata comunitariamente, inmodo specifico – la qualifica come «modo diessere suo proprio», tanto che Paolo VI, nellaCostituzione Apostolica che promulga la Li-turgia delle Ore rinnovata dopo il Concilio, lapresenta come la «continuazione sulla terradel cantico di lode», che risuona dall’eternitànelle sedi celesti.

2. Il canto di lode. - La Chiesa è comunitàcultuale, che unisce la propria voce e la propriavita a Cristo Sacerdote, Salvatore e Mediatore,del Padre e presso il Padre.

È a partire dalla preghiera che si sperimen-ta l’essere Chiesa, se ne fa l’esperienza salvifi-ca e ne nasce l’attuazione della missione. Pre-gando si sostanzia la vita e la si orienta ad en-trare dinamicamente nel mistero di Dio, nelsuo cuore di Padre.

In quel cuore vi do appuntamento orante.

P. Nino FAZIO

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«In una famosa storiella ebraica, un padrechiede al figlio di saltare dalla finestra.

All’inizio il ragazzo, spaventato, esita. – Non tifidi di tuo padre? – gli chiede quest’ultimo perrassicurarlo. E il ragazzo si decide a saltare.Cadendo, si ferisce. – Ecco, adesso lo sai – di-ce il padre al figlio in lacrime, – non devi fidar-ti di nessuno. Nemmeno di tuo padre! Questastoriella è inquietante, ma ci permette di for-mulare domande fondamentali».

Così Michela Marzano nel volume Avere fi-ducia. Perché è necessario credere negli altri(Mondadori 2012) dà avvio alla sua riflessionesul senso e valore della fiducia negli altri nellasocietà contemporanea in cui, da tempo, domi-nano paura e sfiducia.

La crisi economica, sociale e politica cheinveste tutto l’Occidente deriva, infatti, da unamancanza di fede-fiducia negli altri. Le storied’amore che non reggono o i legami affettivilacerati segnalano una reale patologia sulla fi-ducia. Incapace di credere agli altri, di guarda-re con fiducia alla società, di sperare nel doma-ni di questa terra, l’uomo si ritrova debole nel-la capacità di amare.

Secondo il filosofo Salvatore Natoli, la fi-ducia rimane un elemento in bilico, perchéapre e chiude al nuovo. Apre nel senso che cipermette di andare verso l’ignoto come neces-sità di allargare la nostra rete di assegnamento,ma allo stesso tempo, se si sedimenta nella cer-tezza congelata della routine, limita l’uomo al-l’interno di patti e legami che forse diamo trop-po per scontati; se da un lato lo tutelano, dal-l’altro ne limitano l’azione.

Un individuo – prosegue Natoli – ha conna-turato in sé il concetto di fiducia perché nasce dalsommo degli atti di affidamento, il venire almondo. L’essere umano nasce indifeso e quindigli si deve garantire la sopravvivenza; questa pri-

ma condizione gliela offrono coloro che lo han-no generato e che fiduciosamente lo accolgono.

La fiducia è quindi un indispensabile vinco-lo di vita, un legame, un’etica, in cui il recipro-co affidarsi diviene un atto necessario che va danoi agli altri per poi tornare indietro; è così chela fiducia si scompone e si ricompone, predi-sponendoci al credere e al fondamento dei pat-ti o vincoli sociali. La fiducia è la base costitu-tiva dei legami: per essere nella vita e progredi-re autenticamente in essa bisogna affidarsi ecrescere nella fiducia, ma ad un certo punto bi-sogna anche rischiare in direzione dell’ignoto,fare atto di fede nei confronti del mondo eaprirsi a quello sconosciuto che, a sua volta, ciporta al progresso.

Meritarsi la fiduciaDa bambini partiamo con la fiducia totale,

il completo affidamento agli altri. Nel corsodella vita evolviamo: se ciò avviene in modoequilibrato impariamo a non essere ingenui, asospendere il giudizio, ad accettare i limiti de-

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Elementi di formazione: le piccole virtù umane

La fiducia, linfa d’amore di ogni relazione

DefinizioneFiducia significa dar credito a qualcuno. Laparola “credito” contiene la radice “credere”,come la parola fiducia deriva da fides, fede,e richiama anche foedus, patto. Se mi fido diqualcuno significa che non pretendo un con-tratto, che non potrò impugnare una norma,far ricorso a una autorità o a un giudice.Mi fido, dunque scommetto, sapendo chepotrei anche essere tradito. Citando la Trec-cani, la fiducia è un «atteggiamento versoaltri o verso se stessi, che risulta da una va-lutazione positiva di fatti, circostanze, rela-zioni, per cui si confida nelle altrui o propriepossibilità, e che generalmente produce unsentimento di sicurezza e tranquillità».

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gli altri, e comunque a fidarci. Se ciò non av-viene in modo equilibrato possiamo continua-re ad abbandonarci ciecamente agli altri, eprenderemo sonore legnate, oppure possiamoessere sospettosi, non fidarci veramente di nes-suno, e vivremo male.

Molti affermano che per avere fiducia neglialtri occorre avere fiducia in se stessi. Ma perfidarsi degli altri è altrettanto o forse più im-portante meritarsi la fiducia degli altri. Quan-do i nostri comportamenti, pensieri e senti-menti sono tali che ci accreditano verso le per-sone che incontriamo o con cui stiamo, meri-tiamo fiducia. Di solito sono comportamenti disufficiente coerenza, comportamenti etici, au-tentici. Ad esempio, manteniamo la parola da-ta, non parliamo alle spalle, non diciamo bugieneanche “a fin di bene”, facciamo in gran par-te quello che diciamo agli altri di fare, ci espri-miamo senza falsità e senza affettazione, nonmillantiamo e altre cose di questo genere.

Quando siamo così meritiamo fiducia. Equesto ci aiuta a fidarci degli altri, perché inter-rompe quel circolo vizioso che gira all’incircacosì: io non mi comporto in modo da meritarestima e fiducia, cerco di nascondere quello chefaccio, cerco di mostrarmi meglio di quello chesono, … dunque gli altri faranno altrettanto.

Evitare i sospettiIn una coppia che scoppia l’elemento “fidu-

cia” è il primo a venir meno, e la relazione sisgretola sotto il peso dei «non mantieni la pa-rola… non sei una persona affidabile… avevidetto una cosa, ma ne hai fatta un’altra…». Inuna relazione di coppia giocano a sfavore queicomportamenti che danno adito a sospetti, percui andrebbero evitati.

Una volta un amico mi raccontò di aver avu-to una forte lite con la fidanzata perché, mentreerano seduti in auto, questa gli impedì di apriree guardare nel cassettino del cruscotto. Entram-bi s’impuntarono: lui voleva guardarci dentro elei voleva impedirglielo. Il sospetto in lui fuforte, come pure la reazione di lei. Lui sostene-va: «Se non hai nulla da nascondere fammi ve-dere cosa c’è nel cassettino». Lei replicava:«Nel cassettino non c’è nulla e, se vuoi guar-darci dentro, vuol dire che non hai fiducia inme». La stessa sera si lasciarono.

Dare fiducia è come fare un regalo. Se dofiducia al mio bambino e lascio che porti unatazzina di caffè sperando che non la rovesci, sepresto un libro speciale a un collega contandoche me lo restituisca, se confido un segreto adun amico augurandomi che non lo divulghi,faccio dei regali. Dono alle persone un getto-ne-fiducia, comunico: sì, tu sei capace, sei de-gno di fiducia, lo puoi fare. Quindi allargo leloro possibilità e miglioro l’immagine chehanno di se stessi.

Certo, fidandomi, mi rendo vulnerabileperché il segreto potrebbe essere divul-

gato, il caffè rovesciato e il librosparire per sempre. Ma è proprioquesta vulnerabilità, il fatto che ciandiamo di mezzo noi, che ci po-trebbero essere conseguenze spia-cevoli, ma nonostante ciò siamodisposti ad andare avanti che ren-de la fiducia così preziosa.

LA FIDUCIA, LINFA D’AMORE DI OGNI RELAZIONE

Ci voglionoanni per costruirela fiduciae solo pochi secondiper distruggerla

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Lasciarsi andareLa capacità di scommettere e di avere fiducia

ha su di noi un effetto profondo e rivoluzionario:capiamo che non possiamo avere tutto sotto con-trollo, che la vita è insicura e che siamo pronti ametterci in gioco.

Una storia tibetana narra di un uomo checerca l’illuminazione. Un saggio passa per ilpaese e lui gli chiede di essere guidato nell’ar-te di meditare. Il saggio gli spiega che deve ri-tirarsi dal mondo e meditare ogni giorno in unmodo particolare. L’uomo va a vivere in unacaverna e segue le indicazioni ricevute. Passa iltempo, ma niente illuminazione: due, cinque,dieci, vent’anni. Dopo questo lungo periodo ilsaggio passa di nuovo per il villaggio. L’uomogli racconta che nonostante gli sforzi non haconcluso nulla. Il saggio gli chiede:

– Che tipo di meditazione ti avevo assegna-to? – L’uomo riferisce. E il saggio: – Oh, cheterribile errore ho fatto! Quella non era la me-ditazione giusta per te. Ne dovevi fare un’altracompletamente diversa, ma ora è troppo tardi.

L’uomo ritorna sconsolato alla sua caverna.

Ormai non ha più nulla in cui sperare: ha abban-donato ogni desiderio, ogni sforzo e tentativo dicontrollo. Non sapendo cosa fare si mette a me-ditare. E di lì a poco, sorpresa delle sorprese,raggiunge l’illuminazione. Uscito felice dalla ca-verna vede il mondo trasfigurato: le vette inneva-te, l’aria purissima, il cielo azzurro, il sole splen-dente. È felice e gli sembra di vedere il sorrisobenevolo del saggio. Egli è riuscito quando nonci provava più perché si è lasciato andare.

Un mistico indiano diceva che dobbiamoessere come una foglia che si stacca dall’albe-ro e volteggia per l’aria cadendo: senza più ag-grapparci a nulla. Anche noi possiamo decide-re di perdere il controllo. Staccati dalla sicu-rezza, ci lasciamo andare come la foglia nel-l’aria, galleggiamo senza peso, planiamo e in-fine ci posiamo sulla terra.

In fondo non è forse questa la dinamica del-la nostra fede religiosa? La fede non è quel la-sciarsi andare, pieni di fiducia, tra le braccia te-nere e amorevoli di Dio nostro Padre? «Beatol’uomo che ha posto la sua fiducia nel Signo-re» (Sal 40,5).

Don Roberto ROVERAN ssp

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Elementi di formazione: le piccole virtù umane

Iniziativa dei cittadini europei “UNO DI NOI”L ’iniziativa dei cittadini europei denominata “UNO DI NOI”, attraverso la raccolta di firme in tutti gli

Stati membri dell’Unione Europea, serve per sostenere il riconoscimento, in via di principio, della di-gnità della vita soprattutto nei momenti di maggiore fragilità e difficoltà, cioè soprattutto agli inizi (con-cepito) e nella parte finale (gli anziani).

I cittadini europei vogliono chiedere alla commissione europea, cioè al governo dell’Unione Europea,di formulare una nuova legge apportando negli articoli 1 e 2 della Carta dei Diritti Fondamentali del-l’Unione Europea la dizione: “tutela della vita del concepito non ancora nato”, al fine di rendere l’em-brione titolare di diritti. Es.: diritto a non essere distrutto per fini di produzione di cellule staminali em-brionali, oppure diritto a non essere manipolato…

Perché uccidere “UNO DI NOI”? Proponiamo invece di favorire la ricerca sulle cellule staminali “adul-te” (per esempio quelle ricavate dal cordone ombelicale) che già oggi permettono di curare diverse ma-lattie…

La coerenza di famiglia consacrata, la coerenza di medico cattolico e di semplice umano mi ha por-tato anima e corpo a sostenere la campagna per “UNO DI NOI”.

Partecipiamo con forza e con nuovo slancio a questa bellissima iniziativa, per custodire la creaturaumana.

Chiedo con umiltà e con tutta la forza di firmare a favore di tale iniziativa con la ragione e con il cuo-re, ringraziando Dio, Unico Autore della vita (Dott. Fiorita Giuseppe).

Nota importante

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Il titolo è un versetto della Lettera agli Ebrei(10,24), che è stato oggetto del Messaggio di

papa Benedetto XVI per la Quaresima 2012. Miè venuto in mente questo testo dopo la visita conil Delegato ad alcuni Gruppi dell’Istituto “SantaFamiglia”, presenti sul territorio nazionale.

Si è notata tanta voglia di crescere in santi-tà da parte delle coppie insieme ad un radicatosenso di appartenenza al comune carisma emissione della Famiglia Paolina. Tutti sonoben consapevoli dell’importanza dell’invito diGesù: «Da questo tutti sapranno che siete mieidiscepoli, se avrete amore gli uni per gli altri»(Gv 13,35) e quindi del valore apostolico dellatestimonianza, come recita lo Statuto al n. 33.

Sembra, però, che anche i nostri Gruppi sof-frano della stessa sindrome sociale che va per lamaggiore oggi, la “liquidità” nelle relazioni.Per arginare questo fenomeno e dare testimo-nianza di vero amore fraterno ci vogliamo im-pegnare a costruire un tessuto solido di auten-tiche relazioni interpersonali, dove diventa rile-vante la stima reciproca e la valorizzazione vi-cendevole senza pregiudizi e distanze.

Insieme desideriamo lavorare a promuovereun clima fraterno di comunione e unità in for-za della comune fede in Cristo Maestro e del-l’unica vocazione nell’Istituto. Ci diamo ri-spetto, stima e amore reciprocamente, perchéfigli dello stesso Padre Celeste e beneficiari atitolo gratuito dell’abbondante misericordia di-vina per opera di Cristo Signore. Non ci siamoscelti come avviene per i fidanzati, ma Dio ciha posti accanto per salvarci insieme ad altricome famiglia, gruppo e comunità.

Ed ecco allora i suggerimenti di papa Bene-detto per la solidarietà nella carità e nelle ope-

re buone. Ne possiamo fare oggetto di rifles-sione e dialogo nei nostri Gruppi.

1. Prestare attenzione. Vogliamo fissare losguardo prima di tutto su Gesù, ma poi esse-re attenti gli uni verso gli altri superandol’indifferenza e il disinteresse per prendercicura di loro. Dio ci chiede di essere custodidei nostri fratelli, di instaurare relazioni ca-ratterizzate da premura reciproca, da atten-zione al bene dell’altro e a tutto il suo bene.L’essere fratelli in umanità e nella fede deveportarci a vedere nell’altro un vero alter ego,amato in modo infinito dal Signore. Colti-vando questo sguardo di fraternità, la solida-rietà, la giustizia, la misericordia e la com-passione scaturiranno naturalmente dal no-stro cuore.

2. Usare misericordia. La responsabilità ver-so il prossimo significa volere e fare il benedell’altro, desiderando che anch’egli si apraalla logica del bene; interessarsi al fratellovuol dire aprire gli occhi sulle sue necessità.Facciamo attenzione al cuore indurito dal-l’anestesia spirituale che ci rende ciechi allesofferenze altrui o all’essere troppo assorbi-ti dai nostri interessi e preoccupazioni, di-ventando così sordi al grido del povero. In-vece proprio l’umiltà di cuore e l’esperienzapersonale della sofferenza possono rivelarsifonte di risveglio interiore alla compassionee all’empatia.

3. Ammonire i peccatori. Nella Chiesa, comenel tempo antico, ci si prende cura anchedella salute spirituale dei fratelli. Possiamo

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Animazione dei Gruppi

«Stimolarsi a vicenda nella carità e nelle opere buone»

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mettere in atto la cosiddetta “correzione fra-terna”, vera opera di misericordia spirituale.Non bisogna tacere di fronte al male né perrispetto umano né per comodità. Il rimpro-vero cristiano deve, però, essere mosso dal-l’amore e dalla misericordia e deve sgorgareda vera sollecitudine per il bene del fratello.Nel nostro mondo impregnato di individua-lismo, vogliamo riscoprire l’importanza del-la correzione fraterna per camminare insie-me verso la santità. È un grande servizioaiutare e lasciarsi aiutare a leggere con veri-tà se stessi per migliorare la propria vita ecamminare più rettamente nella via del Si-gnore.

4. Riconoscere il bene. Come discepoli delSignore, uniti a Cristo mediante l’Eucari-

stia, viviamo in una comunione che ci legagli uni agli altri come membra di un solocorpo. Ciò significa che l’altro mi appartie-ne, la sua vita, la sua salvezza riguardano lamia vita e la mia salvezza. Nella Chiesa,corpo mistico di Cristo, si verifica una reci-procità: chiediamo perdono per i peccati deifratelli, ma ci rallegriamo anche di continuoper le testimonianze di virtù e carità che inessa si manifestano. Attenzione agli altrinella reciprocità è riconoscere il bene che ilSignore compie in essi e ringraziare con lo-ro per i prodigi di grazie che Dio continuaad operare nei suoi figli. Quando un cristia-no scorge nell’altro l’azione dello SpiritoSanto non può che gioirne e dare gloria alPadre Celeste.

A cura di don Roberto ROVERAN ssp

Stimolarsi a vicenda nella carità e nelle opere buone

L’unità di gruppo si costruisce attraverso la stima reciproca

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I doni dello SpiritoLa Sacra Scrittura lascia immaginare il rovescio di un

mondo senza lo Spirito di Dio: sarebbe un mondo… allarovescia! Il mondo senza lo Spirito, senza la sua presenzatrasfigurante nella vita e nella storia sarebbe una Babeledivisa e rissosa.

La Chiesa senza la sua anima interiore, lo Spirito il «si-lenzioso respiro della santità» (Henry de Lubac), cosa sa-rebbe? Sarebbe una comunissima istituzione umana, e ne-anche la più organizzata ed efficiente. Chiediamoci allora,in positivo: quali regali di nozze fa lo Spirito Santo allasposa di Cristo, la Chiesa?

Sono tre doni, simmetrici rispetto ai tre grandi simboli, con cui lo Spirito Santo alza il velo sull’abis-so della sua misteriosa identità: i simboli sono la lluuccee,, il vveennttoo, il ffuuooccoo.

Lo Spirito è luce di verità; è il gran vento della libertà; è il fuoco inestinguibile della carità. Ecco itre doni, che lo Spirito fa alla Chiesa: verità, libertà, fraternità.

La Scrittura ci sbilancia, definendo quasi con martellante ostinazione lo Spirito del Risorto propriocome “Spirito della verità”. È Gesù stesso ad operare questo collegamento: «Quando verrà lui, lo Spiri-to della verità, vi guiderà a tutta la verità». Questo fa lo Spirito del Signore, dalla Pentecoste in poi, econtinua a fare ancora oggi con incessante, infaticabile determinazione: condurre la famiglia dei cre-denti alla verità tutta intera. E perché è innanzitutto Spirito della verità che il Paraclito è anche lo Spi-rito della libertà.

Infatti il primo frutto della verità è la libertà, come Gesù stesso aveva detto: «La verità vi farà libe-ri». Rivelandoci il vero volto di Dio come Padre nostro, lo Spirito Santo opera in noi un’autentica “sa-natio in radice”: sradica la radice velenosa dell’egoismo e trapianta in noi la radice sana dell’amore. Nonsiamo più schiavi che eseguono gli ordini per costrizione, né per convenienza come mercenari unica-mente preoccupati del proprio tornaconto, ma siamo figli che agiscono per attrazione, interiormenteattirati e calamitati, come Gesù, dall’amore per Dio Padre e per tutti i suoi figli, nostri fratelli.

Il Padre e il Figlio hanno voluto che noi fossimo uniti tra di noi per mezzo di quello stesso vincoloche unisce loro due, e cioè l’amore, che è lo Spirito Santo. Anche oggi ogni cristiano parla tutte le lin-gue! Infatti appartiene a quel corpo, la Chiesa, che parla tutte le lingue, e in ogni lingua annuncia laverità del vangelo. Non tutte le membra del nostro corpo vedono, non tutte camminano, eppure noinon diciamo: il mio occhio vede, il mio piede cammina, ma diciamo: io vedo, io cammino, perché ognimembro agisce per tutti e tutto il corpo agisce in ogni membro.

Cosa sarebbero le nostre comunità cristiane, cosa saremmo noi, se spalancassimo le “porte chiuse”dei nostri cenacoli per accogliere l’irruzione dello Spirito Santo?

Non ci sono dubbi. Sperimenteremmo di meno la paura di dare le nostre cose e proveremmo di piùla gioia impagabile di dare noi stessi. Si registrerebbe tra le nostre file meno voglia di gettare la spu-gna e di leccarci le piaghe, e più spinta a faticare e a strapazzarci per il vangelo; meno depressione epiù audacia. Saremmo meno preoccupati dell’immagine e dell’audience, ma più occupati con l’annun-cio del vangelo. Ci sarebbero meno miopie bloccate sui difetti degli altri o sulle rughe della madre Chie-sa, ma più coraggio e cordialità nell’andare incontro a quelli che non credono.

Se lo lasciassimo “scatenare” per davvero – se lasciassimo risplendere la sua verità, sprigionare ilvento della sua libertà, avvampare il fuoco del suo amore – riusciremmo a dire forte a tutti, in modocredibile e convincente, che è impossibile essere cristiani senza la sua luce, ed è quantomeno improba-bile essere umani senza la sua forza (Francesco Lambiasi, Sorpresi dalla gioia, EDB, Bologna 2012).

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La relazione molto formativa umanamente espiritualmente, è stata divisa in due parti.

Nella prima, attraverso la rilettura delle vicendeumane e spirituali di Mosè, il Relatore ci ha aper-to delle possibilità di riflessione sulle nostre at-tuali vicende, per renderci fiduciosi protagonistidella nostra storia e della storia della salvezza,nella logica del “seme che diventa grano e paneche dà la vita”. Nella seconda parte, attraverso 4parole, che il prof. Negri ha identificato comeSENTIERI, ci ha presentato una modalità dicammino per raggiungere la vita vera.

Le parole: RELAZIONI - RITI/RITUALI -REGOLE/VALORI - RACCONTI/RICORDI,mi hanno fatto molto riflettere! Per brevità misoffermo solo sul primo “sentiero”.

Il valore della relazioneCiò che mi ha particolarmente risuonato a

proposito di sentieri è la RELAZIONE! Relazio-ne con Dio e relazione con il coniuge, perché è aqueste che Gesù-Sposo ha donato i Sacramenti,così che con la potenza dello Spirito Santo si po-tesse rendere divino l’umano.

In questa ottica, il cuore non può che cantaretutta la gioia e la riconoscenza per questo grandeAmore che ci precede e ci avvolge e cambia l’in-tera esistenza. L’amore di Gesù, lo Sposo per ec-cellenza, che nel Battesimo ci chiama a questa re-lazione divina, che nella Penitenza ci purifica,che nella Confermazione ci fidanza, che ci fa toc-care il vertice dell’Amore nell’Eucaristia, che ciprepara al grande incontro trinitario nel sacra-mento dell’Unzione, ci permette di essere “attua-lizzazione simbolica” del suo amore, nel mondo,con il sacramento del Matrimonio!

Come è vero che l’acqua bagna e il fuocobrucia, è altrettanto vero che il matrimonio sa-

cramento di un uomo ed una donna porta in-scritto nella relazione coniugale l’essenza tri-nitaria: la Comunione di Vita e Amore. La re-lazione coniugale sacramentale diventa la luceposta sul monte per dire e dare Dio agli uomi-ni; ci rende testimoni dell’Amore di cui siamoframmento e a cui siamo chiamati a dare rispo-sta in coppia, senza fare nulla di particolare,semplicemente incarnando nella quotidianità,attraverso i comuni gesti che ogni coppia vivedalla mattina alla sera, l’Amore.

Dentro questa chiamata sacramentale, la vo-cazione all’I.S.F. acquista una modalità specificadi santificazione da attuare attraverso l’aiuto deivoti di castità, povertà e obbedienza, lente di in-grandimento per capire sempre più la nostraidentità sponsale.

Sponsalità e relazionalità“Sponsale” e “nuziale” è la capacità di en-

trare in relazione con l’altro, nella piena liber-tà, attraverso il “dono totale di sé” sull’esem-pio del Cristo Sposo che si è totalmente dona-to all’Umanità Sposa; vuol dire che non si puòmai pensare alla persona umana come asessua-ta, ma sempre una persona incarnata, comemaschio o come femmina, relativa a… quindi,una persona relazionata.

Dovremmo svegliarci sotto il profilo antropo-logico e filosofico: non esiste l’individuo fine asé stesso, esiste l’uomo e la donna! Per cui la co-noscenza di me implica la consapevolezza del-l’altro, la presenza dell’uno implica l’altra, ri-manda all’altra! Si tratta di una fecondazione direciprocità che ci fa passare dall’essere indivi-duo all’esistere nella pienezza della nostra iden-tità maschile o femminile. Nasciamo relazionati,in relazione a …, che non vuol dire relazione ge-

Animazione formativa

Sentieri verso la vita veraNel ritiro mensile dell’Istituto Santa Famiglia a Spicello (PU), domenica 9 giugno, abbia-mo vissuto una giornata di grazia speciale. Allietati dalla presenza dei fratelli di altri grup-pi I.S.F., siamo stati guidati nella riflessione “Un cammino di fede sulle orme di Mosè” dalprof. Fausto Negri.

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nitale, ma che la nostra essenza è identità rela-zionata. Concepirsi come individuo, è esserefuori dal disegno di Dio, perché Dio ha voluto larelazione, perché Lui è relazione. Siamo ad im-magine di Dio non solo come persona, ma inquanto maschio e femmina!

La sponsalità è il dono di sé che realizza l’al-tro. È il dono di me (sposa) che specifica e portaa compimento l’altro (sposo) poiché attraverso larelazione coniugale specifico (il maschile e fem-minile acquistano piena identità) e compio (ilmaschile e femminile raggiungono la pienezzadel loro significato umano e spirituale).

Dalla relazione coniugalealla comunione trinitariaChe realtà grande il Signore ci ha affidato! La

possibilità di fare esperienza dentro la nostra vitaconiugale della comunione trinitaria, del rappor-to Cristo/Chiesa, del mistero eucaristico. Infattise la coscienza di me, nel rapporto sponsale, im-plica la coscienza-conoscenza dell’altro distintoda me, la nuzialità diventa l’autostrada per capireDio, fare esperienza di Dio.

Io sono, tanto quanto dono. La nuzialità è lacapacità di poter essere “uno” in coppia; ma que-sto non è forse ciò che Cristo vuol fare con cia-scuno di noi nell’Eucaristia? Non richiama il rap-porto Cristo-Chiesa? Non è ciò che dall’eternità èrealizzato nella Trinità, perenne comunione diVita e Amore, dove l’unità perfetta non è mai ascapito dell’identità delle tre divine persone?

La vita di coppia è esercizio alla nuzialitàeterna, alla danza nuziale trinitaria che vivre-mo in Paradiso. Gli sposi sono chiamati ad es-sere non solo coloro che qui sulla terra sonoimmagine della Trinità, ma coloro che antici-pano, annunciano verso quali orizzonti siamodestinati. Amare oltre i limiti di mio marito, èdare spazio a quella capacità di infinito amoreche è scritta dentro ciascuna coppia di sposi,per cui si “produce” più amore di quanto si“consuma”.

Gli sposi sono portatori d’infinito; sannodare il nome in questo mondo, al richiamod’infinito che tutti cercano… Cristo allora non

è lo sconosciuto dell’umanità, ma colui che ciha indicato la via: “Io sono la via, la verità e lavita, perché sono colui che ti conduce alla pie-nezza; perché mediante l’Eucaristia, sonoquello che ti conduce a pascoli eterni”.

La relazione nuziale sacramentale riempieil cuore degli sposi di una ricchezza tale di Dioal punto d’essere effettivamente, come coppia,città posta sul monte, fonte di comunione, fon-te di amore e di vita. Questo è il grande dono.

Prima di chiudere, molto brevemente, mi pia-ce rileggere gli altri tre “SENTIERI” alla lucedella nostra sequela nell’Istituto Santa Famiglia.

• RITI/RITUALI = Adorazione, Ritiromensile, Esercizi spirituali annuali.

• REGOLA/VALORI = metodo paolinoVia, Verità, Vita: Gesù Sposo è il Maestro del-la relazione coniugale.

• RACCONTI/RICORDI = la relazione co-niugale è Parola Immagine, Parola Carne, Pa-rola Parabola del mistero di Dio Amore, unitàe trinità, per i figli, la Chiesa, la società e, nelnostro specifico, per i confratelli dell’IstitutoSanta Famiglia. Importante diventa allora lacomunicazione e risonanza di tutte le meravi-glie che il Signore ha operato, opera e opererànelle nostre famiglie, allo scopo di edificarci edare a Lui gloria.

Maria Pia e Paolo Ambrosini, ISFLucrezia (PU)

SENTIERI VERSO LA VITA VERA

Un Gruppo di Esercitanti a Spicello

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Dopo un esaltante cammino nell’Istituto Santa Famiglia, iniziato nel 2006 grazie al suggeri-mento dei Responsabili del Gruppo di Camerano, Luisella e Paolo Menghini, siamo giunti

quest’anno alla professione dei voti perpetui.Considerata l’importanza dell’evento, ci siamo adeguatamente preparati, senza omettere anche

la scelta del luogo ove praticare gli Esercizi Spirituali e conseguentemente fare la consacrazione.Senza perplessità alcuna, abbiamo optato per il Santuario di Spicello, perché volevamo che l’impor-tante cerimonia si svolgesse anche sotto il patrociniodi San Giuseppe, quasi a volerci visibilmente garanti-re la presenza di quel trinomio che ha dato vita allaSanta famiglia di Nazaret e che ha ispirato il BeatoAlberione.

I nostri attuali Responsabili di Gruppo, Marcellae Massimo Baldoni, si sono premurati a prenotarci aquesto Corso. Come sempre accade, però, per quel-lo che noi non abbiamo nemmeno immaginato, haprovveduto il Signore.

A Spicello abbiamo colto con gioia che la dome-nica 16 maggio 2013, quella stabilita per la Profes-sione perpetua, si sarebbe celebrata la Solennitàdella Pentecoste. Quale meravigliosa coincidenza!

Raccontare i sentimenti e le emozioni spirituali è quasi impossibile. Qui basta sottolineare co-me veramente fa tutto Dio. Noi dobbiamo soltanto dare il nostro consenso, perché egli rispettaprioritariamente la nostra libertà, e una volta lasciato entrare in casa, sarà lui a gestire il tutto eguidarci dove i nostri occhi concupiscenti non riescono a vedere e dove le nostre gambe, sclero-tizzate dal consumismo, non riescono ad andare.

Non possiamo concludere senza accennare al calore dei fratelli presenti ed alle preghiere diquelli assenti. E’ stata una vera festa. Non è mancato nulla, nemmeno gli anelli, gentilmente of-ferti dai fratelli del nostro Gruppo di Camerano e un bel mazzetto di fiori offerto dal Responsa-bili del Corso, a suggello di un evento che abbiamo subito definito simile al matrimonio. Ringra-ziamo tutti e, ancora una volta ringraziamo Dio per averci fatto segno di tanta grazia (Filippinae Antonio REHO).

Tre giorni sulla Comunicazione

Nei giorni 7-9 maggio scorso il Gruppo “Santa Famiglia” di Canicattì, con l’aiuto di don Giu-seppe Argento e don Nino Catanzaro, ha organizzato una tre giorni, all’interno della Setti-

mana della Comunicazione sociale, per portare nella propria città il messaggio del Papa sull’im-portanza della conoscenza e del corretto uso delle nuove reti sociali, strumenti di evangelizzazio-ne e canali di verità e di fede.

Il paolino don Agatino Gugliara ha spiegato ai giovani quanto sia importante conoscere ciò

Consacrati per sempre nel mondo

Testimonianze

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che oggi sembra essere diventato “luogo di incontro e di scambio di idee”, le cosiddette reti so-ciali (Facebook, Twitter, You tube ecc.).

Attraverso incontri al mattino con gli studenti delle scuole superiori e al pomeriggio con lemamme, i genitori e insegnanti ha fatto riflettere con spunti e argomentazioni relative alla bellez-za del messaggio evangelico che tutti può raggiungere mediante la moderna tecnologia che quin-di non va mai demonizzata. Qualsiasi mezzo, attraverso un corretto uso e un nobile scopo, puòdiventare canale di grazia che entra nelle case della gente e riversa pensieri e riflessioni positive.

Il beato Alberione stimolava ad arrivare a tutti con i nuovi mezzi annunciando il Cristo e lasua Parola evangelica per cui gli ascoltatori si sono sentiti tutti investiti di un grande compito eresponsabilità (Barbara e Paolo CURTO PELLE).

Settimana della comunicazionecon Maria, Stella dell’evangelizzazione

Grande festa il 5 maggio scorso al porticciolo di Torregrande, Oristano. È arrivata via mare la sta-tua del Cuore Immacolato di Maria, da Fatima, dove era stata benedetta. Dono di un benefatto-

re del Nord Italia alle parrocchie della Cattedrale e di San Sebastiano di Oristano, ove per volontàdell’arciprete, mons. Giuseppe Sanna, si intese così dare inizio ad una Settimana tutta paolina.

Dopo l’intronizzazione di Maria, Stella dell’evangelizzazione, ha avuto inizio la Settimanadella comunicazione per l’evangelizzazione.

Ogni giorno Adorazione dopo la santa Messa e il santo Rosario delle ore 9,00 fino a pranzo.Nel pomeriggio Adorazione dalle ore 15,30 fino all’ora del Rosario e Santa Messa alle ore 18.

Dopo cena, conferenze, cineforum, tavole rotonde, concerto in preghiera.Perché Maria e l’Adorazione nella stessa settimana? Perché così è nata tutta l’evangelizzazio-

ne paolina, come è stata ispirata al beato Alberione, cui si è dedicato la prima giornata della set-timana: Messa votiva del Beato e conferenza del giornalista e cooperatore paolino dott. AngeloMontonati, che ha illustrato magistralmente la figura del Fondatore. “Tutto è nato dal tabernaco-lo” e Maria è l’apostola, senza la quale non si dà nessuna evangelizzazione.

Tra le manifestazioni, molto seguita la tavola rotonda del giovedì, aperta da una relazione sultema della Giornata mondiale delle Comunicazioni dell’arcivescovo di Oristano, mons. IgnazioSanna e interventi del Superiore Provinciale, don Vincenzo Marras, la scrittrice Annalisa Colzi edon Mario Madeddu dell’ufficio diocesano di Cagliari.

Molto partecipato e vissuto con vero spirito di preghiera il concerto della pastorella suorPiera Cori.

Ammirevole la partecipazione all’Adorazione notturna che ha mantenuto un ritmo molto altoin tutte le ore della notte, dalle 22,00 alle 7,30 del mattino.

Da notare, infine, le file di penitenti ai confessionali ininterrotte per tutta la settimana; moltihanno recuperato, dopo anni di dismissioni, la pratica religiosa. C’erano ben tre confessori co-stantemente impegnati.

La Settimana della Comunicazione ha dato slancio ed entusiasmo per proseguire e dare vitaad un Centro Culturale San Paolo, ad un Sito internet, all’Adorazione notturna mensile.

(Don Gigi MELOTTO, ssp).

TESTIMONIANZE

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Il sorridere è la gioia del cuore! Meglio: la gioia è il sorriso del cuore. In questo libro sonoraccolti, per capitoli rispettosi di una personalità che cresce alla scuola di Cristo, gli aneddoti piùsignificativi della vita del beato Giacomo Alberione, Fondatore della “mirabile Famiglia Paoli-na”, come lui stesso ha definita e chiamata.

È scritto nella “presentazione”: «Sono un “cuore a cuore” del suo modo di affrontare la vitanelle relazioni con i suoi figli e figlie, nelle più varie circostanze della vita, esercitando la pazien-za e proponendosi la calma. Rivelano la gioiosa vicinanza, la cortese attenzione, la feconda pa-ternità nel vivere la comunione con tutti. Sono il luogo relativo della sua personalità, sempre gui-data da compassione e giustizia, da amore e tenerezza, da buon umore e buon senso. Essi ispira-no, incoraggiano e illuminano».

Una biografia sul Beato (ne sono uscite uncerto numero) ci fa conoscere il curriculum di unuomo, chiamato da Dio a un’opera fondazionaleche suscita sempre di più meraviglia non solo perla sua complessità (5 Congregazioni, 4 Istituti eun’Associazione), ma soprattutto per la profondaunità nell’impegno apostolico di «vivere e dare almondo Gesù Cristo Via Verità e Vita» con ognimezzo, soprattutto con i mezzi della Comunica-zione Sociale.

Questo libro, invece, nella varietà degli episo-di raccontati, ci fa gustare il vero volto del Fonda-tore, facendo emergere le qualità quotidiane dellasua vita nel rapporto con le persone; soprattuttopongono in luce vivissima il suo rapporto di fedecon Dio.

Esemplificando, circa il suo rapporto con Dio,faceva dire al can. Francesco Chiesa, suo Diretto-re spirituale, rispondendo alle preoccupazioni deisuoi figli sulla sua salute: «Questo uomo se stabene fa per uno, se sta male fa per dieci» (p. 65).

A motivo del fascino che emanava, il sig. Pie-tro, fondatore della Ditta dolciaria Ferrero, famo-sa in tutto il mondo, alla sua richiesta di restitu-zione della somma consistente che aveva prestato

al Fondatore, richiesta che si tramutò in un nuovo prestito, diceva: «Se avessi un viaggiatore co-me don Alberione conquisterei l’Europa» (p. 120).

Simpatico l’ultimatum dato da Mariettina alle galline che non facevano uova: «Se non faretecome ha detto il signor Teologo vi metteremo tutte in padella»; alla sera ne raccolse un canestropieno (p. 133).

Tre flash di una biografia ricca di colpi di scena, dove la Divina Provvidenza ha veramente ilprimo posto.

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Novità-Libri

I “fioretti” di don Alberione

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Novità

NELLE TERREDELL’EDUCAZIONENon si educa bene

che col cuoredi Marco Pappalardo - San Paolo

Il diario di un educa-tore salesiano digrande esperienza,un utile sussidio pergenitori, educatori echiunque si occupidella formazione dei

giovani presso gli oratori e dellaloro direzione spirituale. Il libro èformato da venti agili capitolettiche toccano tutti i temi della vitadei ragazzi di oggi: dalle amicizie,al telefonino, alle sconfitte, allavocazione…

BELLA DENTRO E FUORIDal Libro di Ester

di M. Zattoni e G. Gillini - San Paolo

Come accordare labellezza dell’animacon quella del cor-po? Una questioneimportante per lacoppie che pensanodi sposarsi o che già

vivono insieme. Il tema del corpo,della fisicità, dell’aspetto fisico inrelazione a quello interiore è quimesso a fuoco attraverso un per-corso biblico. Il libro di Ester si presta molto be-ne ad approfondire il tema: infattiviene scelta per essere regina inuna specie di concorso di bellez-za… Ovviamente tra le domandeda porsi c’è quella se la bellezzasia una fortuna o no, e quale sia ilrapporto tra bellezza interiore eesteriore. Ester comunque dimo-stra di saperci fare e soprattutto disaper non rinunciare alla sua fede.

COME SI DIVENTA COPPIADal libro di Tobia

di M. Zattoni e G. Gillini - San Paolo

Questo libretto – che ha come rife-rimento continuo il libro biblico di

Tobia – mette in luce nella primatappa il necessario distacco dallerispettive famiglie di origine percreare una nuova coppia. Successivamente vengono appro-

fonditi temi qualil’aiuto di Dio allacoppia, il percorso dimaturazione che lacoppia intraprende, lescelte della coppia, lanecessità di non gra-

vare la vita di coppia di false aspet-tative, come vivere una sessualitàsana, e infine i progetti e le apertu-re della coppia perché sia vitale.

EROS AMORE FECONDITÀUna sessualità attenta

alla totalità della personaa cura di M. Tortalla - Paoline

Questo testo nasce daun pluriennale lavorodi équipe di personeche operano in unprogetto culturale(Progetto AMOS) chesi occupa di affettivi-

tà, sessualità, amore e fecondità dicoppia, secondo un’antropologiacristiana ma aperta a un confrontolaico serio.Il testo parte da una riflessione suche cosa è la sessualità; perché èstata pensata così; come può esserecapita e vissuta dagli uomini e ledonne di oggi; che cosa significa ecome è possibile costruire un veromaschile e femminile oggi; che co-sa significa relazione affettiva e ses-suale e come può essere comunica-ta a adolescenti e giovani; che cosavuol dire fare incontrare l’eros el’amore in un incontro duale; qualespazio per una fecondità di coppia einfine una riflessione dal punto divista etico sulle tematiche sessualipiù dibattute nel mondo di oggi.La seconda parte del testo è dedi-cata ai workshop. Per ogni temati-ca vi è una scheda in cui si illustra-no le tecniche, gli strumenti pertradurre in ambiti diversi questi

contenuti e facilitare il passaggiodagli obiettivi teorici a un progettodi formazione educativa.

SIAMO TUTTI CHIESASacerdoti e famiglie

insieme nella pastoraleComunità di Caresto

Quale collaborazionepuò esserci tra Chiesae famiglia? Preti e lai-ci (specialmente sposie famiglie) da sempresi incontrano in par-rocchia, nelle occa-

sioni festose o faticose della vita.Tuttavia non mancano difficoltà eincomprensioni.Nella costituzione sulla Chiesa“Lumen gentium” si mette al pri-mo posto il Popolo di Dio: tutti icristiani sono ritenuti importanti enecessari, anche se ciascuno con ilproprio specifico ruolo. Quindi an-che i laici e le famiglie non posso-no più essere considerati elementipassivi ma attivi, non più assisten-ti ma protagonisti.Alla relazione “sacerdoti-fami-glie” è dedicato questo volume,che invita a lavorare insieme,unendo le menti, le volontà, i ta-lenti di ciascuno. Il libro non trattasoltanto dei fondamenti della spiri-tualità cristiana in questo campo,ma riporta anche esperienze con-crete realizzate in diverse diocesi.

PADRE PINO PUGLISIProfeta e Martire beato

di Vincenzo Bertolone - San Paolo

Il 15 settembre 1993 padre PinoPuglisi, parroco di Brancaccio,

quartiere perifericodi Palermo, venivaassassinato dalla ma-fia. Era il giorno delsuo 56° compleanno.Cosa Nostra non eramai arrivata a tanto:

uccidere un uomo di Chiesa sul sa-grato della sua parrocchia. LaChiesa ne ha riconosciuto il marti-

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In Libreria

rio e il 25 maggio 2013 padre PinoPuglisi è beatificato a Palermo. Questa è la biografia ufficiale del-la beatificazione, scritta da monsi-gnor Bertolone, appassionato po-stulatore della tappa finale dellaCausa di beatificazione. Il testo ri-costruisce con amore e impegnogli ultimi anni della vita e del mi-nistero di don Pino Puglisi, sacer-dote vittima della mafia, in un rac-conto arricchito da profonde vena-ture spirituali, che tratteggia la fi-gura di un prete martire: per le pa-role di Vangelo che pronunciava,per la fede che sottraeva spazi allacriminalità, per le sue opere chesapevano reinventare la speranza.

QUATTRO CHIACCHIERECON DIO

Lo sapevate che Dio si fumadei sigari grossi così?

di Diego Goso – San Paolo

Questo libro raccontadi un viaggio fuoridal tempo e dallo spa-zio, tra effetti specialie apparizioni inaspet-tate; un viaggio attra-verso il quale Dio (in

persona! e… fuma i sigari!) condu-ce con bonaria sapienza un giovanesacerdote, sveglio, ma un po’ sac-cente (e un tantino sovrappeso…).Dio, che in questa pagine apparenelle sembianze di un simpatico earzillo vecchietto (con tanto di ba-stone), al semplice schioccare del-le dita (è Dio, può!) “teletrasporta”il giovane don Marco: prima in Pa-radiso, in riva al mare, nella suachiesa parrocchiale, poi in piazzaSan Pietro, nella cappella Sistina,negli appartamenti papali, nel Ce-nacolo di Gerusalemme… e da ul-timo al momento della Crocifissio-ne, sul Golgota… Ogni cambiamento di scena mera-viglia don Marco e crea il contestoidoneo perché ponga a Dio 10 do-mande, alle quali Lui (in persona!)dà risposte, semplici nella loro invi-

sibile (per chi ha gli occhi accecatidall’orgoglio…) ovvietà, e profon-de nella loro ineluttabile verità…Il tutto raccontato con un linguag-gio lieve e luminoso spruzzato diironia e con alcune trovate “sceni-che” accattivanti e insolite.

VIVERE LE RELAZIONIParole di luce

di Vito Spagnolo - San Paolo

Il libro propone sei temi che tratta-no di relazioni. La prima relazioneè con se stessi, è la relazione del-l’armonia che nasce da una sanaautostima (cap. I). La seconda è

con gli altri: l’uomonasce dalla relazionee per la relazione(cap. II). Espressionespeciale di queste re-lazioni è l’amicizia(cap. III).

La relazione ha luogo poi nel libe-ro gioco delle singole libertà (cap.IV). Le tensioni che nascono dal-le relazioni trovano la loro medi-cina nel perdono (cap. V). Possia-mo vivere, così, in pienezza le no-stre giornate, le nostre ore, il mo-mento presente (cap. VI). A far dasottotraccia a tutto il volume la re-lazione con Dio, presente – comelinfa vitale – nei sei argomenti af-frontati.

PIÙ LO CONOSCIPIÙ LO FREQUENTI

il Vangelodi Pierluigi Plata - San Paolo

In ognuno di noi visono delle parole,delle frasi che sonotalmente sedimentatedentro la nostra men-te e che fanno partedel nostro patrimo-

nio culturale fino al punto da con-dizionare, spesso inconsapevol-mente, il nostro modo di pensare,di parlare, di interpretare la realtà etutto quanto ci succede.Tra queste espressioni, molte più

di quante pensiamo sono tratte dalVangelo. In questo testo sono stateselezionate e analizzate quelle chesolitamente si utilizzano nel rap-porto con gli altri, così che final-mente si possa acquisire una mag-giore consapevolezza del loro pro-fondo e originario contenuto.Lo scopo finale non vuole esseresolo saperle utilizzarle più oculata-mente, ma farlo perché, illuminatidall’autentico significato, si ri-scontra che non è poi così difficilemetterle in pratica nella vita quoti-diana.

NASCO,CRESCO E DICO GESÙPastorale pre e post

battesimale per genitorie bambini da 0 a 2 anni

di Fabio Narcisi – Paoline

Questo sussidio pro-pone un possibile iti-nerario per riempireil vuoto di iniziativeche lascia sole le fa-miglie nella trasmis-

sione della fede ai bambini di 0-2anni, quando cioè il potenziale re-ligioso dei piccoli è particolarmen-te vivo. Si tratta di un approccio per un pro-fondo ripensamento della pastoralepre e post battesimale, che proponeun percorso di accompagnamentodei bambini, in cui i genitori sono iprimi coinvolti e, quindi, i primi ca-techisti dei propri figli.Tale sussidio propone anche unaserie di iniziative da attuare in par-rocchia, attraverso catechisti ededucatori preposti, con schede pergli incontri ed esempi pratici di at-tività da eseguire con i genitori, peraccompagnarli nella trasmissionedella fede ai propri figli, in una fa-se della vita particolarmente fragi-le e delicata. Non mancano idee per incontri inparrocchia, per un graduale inseri-mento dei piccoli nella vita dellaChiesa locale.

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Film

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In Libreria

PERCHÉ NON C’È PIÙ?Un libro per spiegare

la mortedi Linus Mundy

illustr. di A. FitzGerald - Paoline

Per i bambini può di-ventare un momentomolto difficile quan-do si trovano ad af-frontare la perdita di

una persona che amano. Per loro èdifficile comprendere il significatodella morte. Perché accade? Dove è andata la per-sona che è morta? Tornerà i nuovo?Chi si prenderà cura di me adesso? Sono questi i tristi interrogativi cheun bambino si pone, anche se non liesprime a voce.Questo libretto offre un pratico aiutoper comprendere i loro sentimentiquando vivono un lutto e per rassicu-rarli che questo tempo verrà supera-to e potranno tornare a sorridere.

CHE PAURA!Un libro per superarla

di Michaelene MundyIllustr. di A. FitzGerald - Paoline

Desideriamo che i“nostri ambini” cre-scano bene e sianofelici. Ma spesso oc-corre affrontare diffi-

coltà e sfide: una di queste è lapaura. Sebbene sappiamo che oc-corre affrontare la paura manife-stando molto amore e prendendosimolta cura dei bambini che ci sonoaffidati, tuttavia si avverte il biso-gno di suggerimenti qualificati, incampo psicologico e pedagogico,adeguati alla situazione che ci tro-viamo a dover gestire.In questo libretto siamo aiutati acomprendere che cosa significhi,per i bambini, avere paura e co-me trovare le modalità per af-frontarla.

Famiglia nuovao in frantumi?

Marco Di Brita - Ed. Domenicana It.

Il matrimonio si tro-va oggi a una svoltadecisiva. Resisteràsotto l’incalzare deitempi nuovi? L’au-tore intende dare

una risposta a questo cruciale in-terrogativo a partire dai docu-menti del Concilio EcumenicoVaticano II e giungendo ai più re-centi interventi del Magisterosull’argomento. Con uno stile semplice e accatti-vante egli presenta la famiglia co-me scuola di santità, dalla qualepromanano l’amore coniugale intutta la sua purezza e grandezza, ilrinnovamento dei rapporti tra levarie famiglie, la ripercussione suvasta scala dell’autentica conce-zione cristiana del matrimonio.

A simple lifeRegia di Ann Hui

Anno 2011; durata: 117’

Il film racconta lastoria della colf AhTao e del giovaneRoger, produttorecinematografico diHong Kong. Il lororapporto è come tra

madre e figlio con sfumature cari-

che di gratuità. Ma l’equilibrio del-la loro relazione si rompe quandoAh Tao viene colpita da ictus e de-cide di andare in un ospizio. Quilega con tutti gli anziani regalandogentilezze e Roger le sta molto vi-cino visitandola spesso e portando-la a vedere la prima del suo film. La vicenda narrata è di estremasemplicità, vissuta da due soli pro-tagonisti. Parla al pubblico con in-finita grazia e delicatezza, con raf-

finato e al tempo stesso maturoequilibrio emotivo. Nel macro contesto della società se-colarizzata la regista ci suggerisceche occorre rinnovare il patto tra legenerazioni, attingere al patrimonioculturale della propria civiltà, nonsfaldare l’essere a vantaggio del-l’avere e che è indispensabile ritro-vare una modalità di lenire la soffe-renza, di accudire amorevolmente,di far sentire calore umano.

Ernest & CelestineRegia di S.Aubier,V.Patar, B.Renner

Anno 2012; durata: 79’

In un mondo po-polato solo da orsie topolini, i primivivono in superfi-cie e i secondi sot-toterra. Ai topiviene insegnatoche gli orsi sono

esseri cattivi, famelici e pericolosi. I

roditori invece, sono considerati dailoro “nemici” come piccoli scoccia-tori, sporchi e inutili. I condiziona-menti però non toccano Celestine,una graziosa topolina con la passio-ne per il disegno e per la pittura. Un giorno incontra Ernest, un orsogrande e grosso che vive tutto soloin una baita in montagna. Per unaserie di vicissitudini, tra i due na-scerà un rapporto solidissimo eCelestine si trasferirà a casa delsuo nuovo amico. I due protagonisti ne combinano di

tutti i colori e sono ricercati dallapolizia di entrambe le fazioni conl’accusa di aver creato scompiglioe fatto danni in città ma, soprattut-to, di essere diventati amici: ad or-si e topi non è permesso. Un film d’animazione per un pub-blico infantile che si rivela interes-sante e carico di significati ancheagli occhi di un adulto. Ernest eCelestine è una bellissima storiasulla diversità, sulla tolleranza e lavoglia di cambiare l’antico corsodelle cose.

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LUGLIOSABETTA Antonio 02/07/1988 Montefalcone (CB)DE STAVOLA Giovanna 04/07/2010 BrindisiGIORGI Giuseppe 04/07/1978 TriesteBARRIA Ada 05/07/2007 Macomer (NU)TISBI Luigi 05/07/2009 Rocca Priora (RM)LUPERTO Donata 06/07/1993 Veglie (LE)CALAMITA Caterina 07/06/2012 Palo del Colle (BA)CAPOCCIA Arcangelo 08/07/2006 Veglie (LE)MARTINES Giuseppe 09/07/2002 Canicattì (AG)COSTANTINI Massimo 10/07/2007 Mezzane (VR)BENELLI Efisio 12/07/1978 Serra S. Abbondio (PU)MARTINA Salvatore 12/07/2010 Veglie (LE)PATI Damiano 12/07/1986 Veglie (LE)AIRÒ Arcangela 15/07/1982 TarantoGOTTI Demos 15/07/2007 BolognaCORIGLIANO Maria Raffaella 16/07/1977 Salice Salentino (LE)GIBELLA Francesca 16/07/2012 Caltanissetta (CL)BUTTARONI Mirco e Monica 18/07/1996 Lucrezia (PU)MARTUCCI Francesco 18/07/1997 TarantoSECCI Maria 20/07/1999 Mogorella (OR)LEANDRI Angelo 21/07/2004 Città Di Castello (PG)MARONGIU Giovanni 22/07/2004 S. Nicolò D’arcidano (OR)IORIO Giovanni 23/07/2002 Termoli (CB)DI MALTA Rosina 25/07/2006 S. Vero Milis (OR)PARENZAN Ines 25/07/1998 TriesteVALENZA Giuseppe 25/07/2000 S. Giusta (OR)GNACCARINI Sesto 26/07/1988 Bozzolo (MN)ARIXI Chiaro 27/07/2001 San Gavino (CA)RUGGIERO Angelo 27/07/1992 SalernoFINA Domenica 29/07/2001 Salice Salentino (LE)SANTUS Uras Angelica 29/07/1973 Solarussa (OR)SPEGNE Wilma 29/07/2000 AnconaDI ROCCO Guerino 31/07/2010 Moscufo (PE)

AGOSTOFAIS Isabella 02/08/2008 Mogorella (OR)GRANDI Maria 02/08/1996 Moncalieri (TO)FAI Palma 06/08/2009 Veglie (LE)BERTI Giuseppe 06/08/2005 Longare (VI)CAGNAZZO Gioconda 06/08/1986 Veglie (LE)MOCCI Antonio 06/08/1999 S. Gavino (CA)MATTICCHIO Maria 07/08/2009 TriesteMICCO Antonino 07/08/2011 Benevento

Ricordo dei Defunti

Anniversari

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MOLERI/LAMERA Angela 08/08/2010 Bariano (BG)PIANELLA Ileano 08/08/2006 AnconaBELLAVISTA Rosalia 10/08/2009 Bagheria (PA)FALAPPI Raimondo 10/08/1981 MilanoMADEDDU Luigi 13/08/1990 OristanoDESSÌ Anna Maria 15/08/2002 CagliariDI CAMILLO Donato 15/08/2003 Castel Frentano (CH)ALUIGI Domenica 16/08/2004 Lucrezia (PU)SPALLACCI Claudina 18/08/2010 Orciano (PU)MANCA Raimondo 18/08/1991 MilisCIERI Ilva 19/08/2008 RomaROSSINI Vermignana 19/08/2003 Lugo (RA)PIROLO Luigi 20/08/2003 Aversa (CE)RUSSO Paola 20/08/2012 Agrigento (AG)ROMANO Filippo 24/08/2010 CaltanissettaLA ROCCA Carmela 26/08/2008 SalernoFERRI Goffreda 28/08/2010 Savignano Sul Rubicone (FO)MARTINET Raimondo 28/08/2005 AostaPENDINELLI Cosimo 30/08/2005 Veglie (LE)SANTINI Vittorio 30/08/2008 S. Giorgio (PU)MESSANA Filomena 31/08/1986 Delia (CL)STRACCIATI Guglielmo 31/08/1986 RomaVIRDIS Antonio 31/08/1991 Solarussa (OR)

SETTEMBREVISCONTI Ninfa 01/09/2009 SalernoBOSIO Luigia 02/09/1986 VeronaFABRIZIO Gabriele 02/09/2008 Termoli (CB)CANNARSA Luigi 05/09/2011 Termoli (CB)MICCO Ferdinando 05/09/1997 BeneventoILARDO Rosalia 07/09/2009 PalermoBRINDISI Crescenza 16/09/2001 Bitetto (BA)D’AMANZO Gina 17/09/2012 Veglie (LE)PASCALIS Bruno 17/09/1995 TriesteVASSALLO Vincenza 19/09/1992 PalermoCREMA Savino 21/09/1993 Luzzara (RE)GIORDANO Giuseppe 21/09/2005 RomaCABIDDU Amalia 23/09/1982 Talana (OG)GIULIETTI Silvestro 23/09/2012 San Giorgio di Pesaro (PU)VALPIANI Natalina 24/09/1991 S. Romualdo (RA)CHECCHETTI Jolanda 26/09/2007 Grottaferrata (RM)CORONA Sebastiano 27/09/2003 San Vero Milis (OR)ROMANO Angela 27/09/2010 CaltanissettaVERBO Arturo 27/09/1984 Allumiere (RM)FARA Anna Maria 28/09/1985 Milis (OR)PALADINO Francesco 28/09/1992 CaltanissettaBELLULOVICH Mario 29/09/1992 TriesteVALENZA Antonietta 29/09/2004 S. Giusta (OR)

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Ricordo dei Defunti

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Uniti nel suffragio e nell’intercessione

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FIORENTINI ENRICO* 11-02-1927 – † 12-03-2013

del Gruppo di Rocca Priora

Righetto, come tutti lo conoscevano, era entrato nell’Istituto “Santa Famiglia” nel 1983 adAriccia, Casa “Divin Maestro”, e aveva emesso la Professione dei voti perpetui a Lourdes nel1990. Noi del Gruppo di Rocca Priora vogliamo ricordare “Righetto” così:

Ad un caro amico. Con la forza della fede hai superato i dubbi che continuamente ti assalivano. Con la forza della fede hai affrontato le dure prove che hai trovato sulla tua strada.Con la forza della fede hai intrapreso il cammino nell’Istituto “Santa Famiglia” esaudendo il

desiderio della tua amatissima Anna, che il Signore ha chiamato a sé prematuramente e che tu haisentito sempre fortemente al tuo fianco.

Sei stato un padre fedele e forte, “una madre” che, con la tenerezza dell’aquila, ha portato lasua creatura sul collo perché non la insidiassero i pericoli del mondo. E con tanto abbandono fi-ducioso, dopo aver combattuto la buona battaglia, con l’aiuto della fede, tua costante compagna,sei andato via lasciandoci un poco più poveri. Grazie Righetto, per il grande esempio che ci haidato e lasciato in eredità! (I fratelli del Gruppo di Rocca Priora).

SANNA GIOVANNI* 11-09-1939 – † 25-03-2013

del Gruppo di Oristano-San Gavino

Il 25 marzo, festa dell’Annunciazione, dopo tre giorni di agonia, la Madonna è venuta a pren-dere Giovanni e l’ha portato con sé. Non poteva essere che così, dato che in tante occasioni hamostrato la sua protezione per questo figlio che l’amava tanto.

Siamo grati all’Istituto per tutto quello che ci ha insegnato e ai fratelli che hanno pregato, fa-cendoci superare i momenti più difficili. Giovanni amava tanto l’Istituto Santa Famiglia e lo ve-deva come un dono grande che il Signore ci aveva fatto, amava tutti e pregava per tutti, gioiva perogni incontro, soffriva se qualche incomprensione rompeva l’armonia del Gruppo.

Quando ci hanno detto che un tumore al polmone più un mieloma multiplo minavano la sua sa-lute, ha solo chiesto: “Cosa devo fare”?, poi “Siamo nelle mani di Dio”. Con tanta serenità ha ini-ziato le terapie. Quando andavamo ai Ritiri o agli Esercizi, i fratelli gli dicevano: “Giovanni, nonsembri nemmeno malato”, e lui sorrideva. Ha tanto pregato per tutti e per l’Istituto in particolare.

Le sue esequie sembravano una festa, la Chiesa era stracolma, come nelle grandi occasioni,tanti giovani sono accorsi per cantare la Messa per il loro “zio Gianni”, come lo chiamavano i ra-gazzi.

Ora siamo sicuri che è andato a rinforzare il gruppo dei fratelli che sono già arrivati nel luo-go della pace.

Caro Giovanni, ora pensa a me e preparami un posto vicino a te, come lo siamo stati qui interra per 59 anni (Tua Annetta).

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SIMBULA ELISABETTA* 08-12-1935 – † 13-04-2013

del Gruppo di Oristano-San Gavino

Un’altra cara sorella lascia il nostro Gruppo per tornare alla casa del Padre. Elisabetta avevaconosciuto l’Istituto agli Esercizi dell’ottobre 1998. Ha amato subito l’Istituto e ne ha abbraccia-to in pieno lo spirito.

Donna di grande fede e preghiera, ogni evento lo vedeva nella luce di Dio. Il Santo Rosario ela Messa quotidiana erano la sua forza. Donna di grande carità, se sapeva di una famiglia in dif-ficoltà si faceva presente in qualsiasi modo. Ai figli e alle nipotine lascia un esempio di donnaforte e coraggiosa. Uno dei figli ci ha confidato che tanto aveva imparato dalla madre soprattut-to sul piano della fede.

Se ne va lasciando un ricordo indelebile in coloro che l’hanno conosciuta.La Mamma Celeste che invocava tutti i giorni l’accolga e la presenti a suo figlio Gesù.Ai figli Marco, Renzo e Gianni assieme alla nuora Tiziana alla quale era tanto legata, alle care

nipotine vanno le nostre più vive condoglianze (I fratelli del gruppo di Oristano - San Gavino).

BOTTIN LINO* 17-07-1925 – † 23-05-2013

del Gruppo di Trieste

Lino Bottin era nato a Crocetta del Montello il 17 luglio 1925 ed a Biadene, sempre nel tre-vigiano, aveva conosciuto e sposato Andreina nel 1948. Ambedue impiegati nella locale industriatessile.

Lino, per il lavoro, si trasferì a Trieste negli anni in cui nella città giuliana si sviluppò l’areadel porto industriale e dal 1952 al 1965 fece il pendolare, ritornando a casa, a Biadene ogni finesettimana. Nacquero due figliole. Finalmente nel 1965 tutta la famiglia poté trasferirsi a Trieste.Non immaginando quali meraviglie di grazia il Signore preparava per loro in questa città. Furo-no presto coinvolti nella vita attiva di una nuova parrocchia intitolata a “Gesù Divino operaio”,appena sorta accanto ai nuovi stabilimenti industriali. Ne era parroco il sottoscritto che ha benpresenti sia Lino e Andreina, sia le figlie, impegnati nell’Azione Cattolica, nell’apostolato litur-gico, nell’apostolato stampa e nella cooperazione missionaria. Non c’era iniziativa a cui non fos-sero partecipi.

Nel 1974 Lino e Andreina furono fra le prime coppie di coniugi che, da Trieste, il Signorechiamò a far parte dell’Istituto “Santa Famiglia”. Glielo proposi ben conoscendo il grado delleloro virtù coniugali e familiari. Ed essi, con tanta fede, senza poter ancora vedere nulla di costi-tuito, dissero di “sì”. Quasi contemporaneamente, Renata e Bruna, le loro figlie entrarono tra leFiglie di San Paolo.

Da allora la storia della famiglia Bottin si è inserita nella storia dell’Istituto “Santa Famiglia”e della più ampia Famiglia Paolina.

Giunto all’età della pensione Lino pensò di ritornare con sua moglie a Biadene, dove li atten-

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Uniti nel suffragio e nell’intercessione

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Mentre siamo in attesa dei necrologi,ricordiamo altri defunti di quest’anno:

FFuurrllaannii VViittttoorriioo -- 2211//0022//22001133 ddii BBeelllloocccchhii ddii FFaannoo ((PPUU))

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deva la loro casetta. Fu un distacco sofferto, per loro e per tutte le famiglie consacrate triestine.Seguirono anni di gravi problemi di salute per Lino.

Le Figlie di San Paolo non abbandonano i propri genitori in difficoltà. Così sr. Renata e sr.Bruna si avvicendarono in famiglia nell’assistenza ai propri genitori anziani. Fino all’ultimo. Li-no è spirato, nella propria casa, letteralmente abbracciato alle proprie figlie.

Al funerale, a Biadene, ha potuto essere presente il figlio di un’altra coppia triestina fra leprime dell’Istituto, don Giorgio Parenzan, missionario di Villaregia attualmente in Italia (Sac.Furio Gauss igs).

ZAMBRANO NATALE* 07-01-1925 – † 23-06-2013

del Gruppo di Salerno

Il nostro caro Natalino è tornato alla casa del Padre, nel suo silenzio operoso e in punta di pie-di, come era sempre vissuto, lasciandoci l’esempio di come ci si mette al servizio di chiunque ènel bisogno, con umiltà e generosità.

È stato uno dei primi membri entrati a far parte, con sua moglie Rosetta, dell’Istituto SantaFamiglia e nella sua vita terrena è stato un fedele imitatore delle virtù di S. Giuseppe, come spo-so e come padre.

La sua perseveranza nella preghiera, l’assiduità alla S. Messa quotidiana, la fedeltà agli ap-puntamenti programmati - finché ha potuto -, i Rosari recitati con tutti noi nella sua casa anchequando la sofferenza negli ultimi anni ha messo a dura prova lui e sua moglie, resteranno per noiun luminoso esempio di come si vive nella volontà di Gesù Maestro Via, Verità e Vita.

Pur lasciando in tutti noi un grande vuoto, ci consola la certezza che un giorno ci ritroveremotutti insieme in Cielo per vivere giorni senza più tramonto (I fratelli del Gruppo di Salerno).

Uniti nel suffragio e nell’intercessione

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ATTENZIONE – Accogliendo l’espresso desiderio di molti membri della “Santa Famiglia”

per continuare a offrire un contributo, secondo le proprie possibilità,

all’Istituto e all’Opera di S. Giuseppe di Spicello, comunichiamo le modalità di offerta:

Conto corrente postale intestato a “Istituto Santa Famiglia” - n° 95135000

intestato a “Santuario San Giuseppe” - n° 14106611

Banca di Credito Cooperativo di Roma - Agenzia n. 1 - c/c bancario “Istituto Santa Famiglia”

IBAN: IT34K0832703201000000034764

IL VALORE DELLA SANTA MESSA

«La Chiesa, che è il Corpo di Cristo, partecipa all’offerta del suo Signore. Il sacrificio

di Cristo presente sull’altare offre a tutte le generazioni di cristiani la possibilità di essere

uniti alla sua offerta» (Catechismo della Chiesa Cattolica, n. 1368).

«Niente è più grande dell’Eucaristia!... Quando noi vogliamo liberare dal Purgatorio

una persona cara e invocare la benedizione sulle nostre famiglie, offriamo a Dio il santo

Sacrificio del suo Figlio diletto, con tutti i meriti della sua passione e della sua morte. Egli,

Dio Padre, non potrà non ascoltarci…» (Santo Curato d’Ars).

OPERA SANTE MESSE PERPETUE

Si tratta di 2400 Messe che ogni anno vengono celebrate dai Sacerdoti Paolini per tutti gli

iscritti vivi e defunti. Tale Opera è stata voluta da don Giacomo Alberione come segno di

riconoscenza verso tutti coloro che aiutano gli apostolati della Famiglia Paolina.

Norme per l’iscrizione1. Ogni iscrizione si riferisce a una singola persona, sia viva che defunta.

2. Per ogni iscritto si rilascia una pagellina-ricordo con il nome e la data d’iscrizione.

3. Gli iscritti godono del beneficio di sei Sante Messe che ogni giorno vengono cele-

brate esclusivamente per loro.

4. L’offerta per ogni iscrizione è di Euro 20,00 ed ha valore perpetuo.

Nota bene

• Celebrazione di Sante Messe secondo le intenzioni dell’offerente: € 10,00.

• Celebrazione di un Corso di Messe Gregoriane l’offerta è di € 350,00.

Inoltrare le prenotazioni delle intenzioni di Messe all’Istituto “Santa Famiglia”

Circonvallazione Appia 162 – 00179 ROMA – ccp n. 95135000.

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Page 48: Gesù Maestro imp 1 2011 ok - PaolinItalia · Dal 20 agosto 2013 al 2014 la Famiglia Paolina celebra e annuncia una meravigliosa storia di sal- vezza donata dal Divin Maestro al Fondatore