geometria algebrica

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Note di Geometria Algebrica Roberto Paoletti 1 1 Address: Dipartimento di Matematica e Applicazioni, Universit` a degli Studi di Milano Bicocca, Via R. Cozzi 53, 20125 Milano, Italy; e-mail: [email protected]

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Buone dispense di una materia molto complicata, non del tutto esaustive ma molto chiare.

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Note di Geometria Algebrica

Roberto Paoletti1

1Address: Dipartimento di Matematica e Applicazioni, Universita degliStudi di Milano Bicocca, Via R. Cozzi 53, 20125 Milano, Italy; e-mail:[email protected]

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1Ringrazio Paolo N. Cerea per avermi segnalato numerosi errori e Alessandro Ghigi peralcune preziose osservazioni.

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Capitolo 1

Varieta Affini

Nel seguito, K denota un campo algebricamente chiuso (quindi infinito).

Definizione 1.0.1. Sia n ≥ 1 un intero. Diremo spazio affine n-dimensionalesu K, e lo denoteremo An = AnK, l’insieme delle n-uple (x1, . . . , xn) conxi ∈ K.

Osservazione 1.0.1. Insiemisticamente AnK = Kn; la definizione pone enfasisul fatto che AnK e stato spogliato della struttura di spazio vettoriale di Kn.

1.1 La topologia di Zariski

Definizione 1.1.1. Un sottoinsieme Z ⊆ AnK si dice un chiuso affine see il luogo delle soluzioni di una collezione di equazioni polinomiali. In altreparole, Z e un chiuso affine se esiste una collezione {Fα}α∈A ⊆ K[X1, . . . , Xn]tali che

Z ={

(x1, . . . , xn) ∈ AnK : Fα(x1, . . . , xn) = 0 ∀α ∈ A}.

Detto altrimenti, Z e il luogo degli zeri comuni degli {Fα}. Scriveremo

Z = Z({Fα}

).

Osservazione 1.1.1. Non comporta perdita di generalita supporre che l’in-sieme {Fα}α∈A sia finito. Sia infatti I ⊆ K[X1, . . . , Xn] l’ideale generatodagli Fα. Quindi, I consiste di tutti i polinomi della forma

F (X1, . . . , Xn) =∑α

Gα(X1, . . . , Xn) · Fα(X1, . . . , Xn),

dove Gα(X1, . . . , Xn) ∈ K[X1, . . . , Xn] per ogni α e quasi tutti i Gα sono nulli(quindi, la somma e finita). Chiaramente, Z e anche il luogo degli zeri comuni

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4 CAPITOLO 1. VARIETA AFFINI

di tutti gli elementi di I. D’altra parte, essendo K[X1, . . . , Xn] un anelloNoetheriano, l’ideale I e finitamente generato. Se quindi P1, . . . , Pk ∈ I e unsistema di generatori, Z e il luogo degli zeri comuni dei Pj.

Esempio 1.1.1. An e un chiuso affine; infatti e il luogo degli zeri del poli-nomio nullo.

Esempio 1.1.2. Viceversa, l’unico sistema di equazioni polinomiali il cuiluogo nullo e An e quello dato dal solo polinomio nullo: si dimostri infattiinduttivamente che se F (X) ∈ K[X1, . . . , Xn] si annulla in ogni P ∈ An,allora F (X) = 0 (questo e vero su ogni campo infinito, falso su un campofinito).

Esempio 1.1.3. Il sottoinsieme vuoto di An e il luogo degli zeri del polinomio1, pertanto e un chiuso affine. Per converso, il Teorema degli Zeri di Hilbert,che discuteremo tra poco, inverte parzialmente questo asserto.

Esempio 1.1.4. Se ϕ : Am → An e una funzione polinomiale (ossia dellaforma ϕ =

(F1, . . . , Fn

), ove ogni Fi ∈ K[X1, . . . , Xm]), allora l’immagine in-

versa ϕ−1(Z) ⊆ Am e un chiuso affine, per ogni chiuso affine Z ⊆ An. Infatti,se Z e definito da equazioni polinomiali Gα (Y) = 0 (qui Y = (Y1, . . . , Yn))allora ϕ−1(Z) e definito dalle equazioni

(ϕ(X)

)= Gα

(F1(X), . . . , Fn(X)

)= 0,

che sono ancora polinomiali.

Esempio 1.1.5. Un sottoinsieme finito Z = {a1, . . . , ar} ⊆ A1 e un chiusoaffine; infatti, Z e il luogo degli zeri del polinomio P (X) =

∏ri=1(X − ai).

Viceversa, il luogo degli zeri comuni in A1 di una collezione finita di polinominon tutti nulli in K[X] e un sottoinsieme del luogo degli zeri di uno qualsiasinon nullo di essi, quindi e un insieme finito (eventualmente vuoto). Pertanto:

1. i chiusi affini di A1 sono tutti e soli i sottoinsiemi finiti di A1.

2. ogni chiuso affine di A1 e il luogo degli zeri di un singolo polinomio (ilmassimo comun divisore degli Fα).

Esempio 1.1.6. Un sottoinsieme finito di Ar e un chiuso affine, per ognir ≥ 1. Per esempio:

• Il punto (a, b) ∈ A2 e il luogo degli zeri comuni dei due polinomi X −a, Y − b ∈ K[X, Y ].

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1.1. LA TOPOLOGIA DI ZARISKI 5

• L’unione di due punti distinti {(a1, b1), (a2, b2)} ⊂ A2 con a1 6= a2 e illuogo degli zeri comuni dei polinomi (X − a1) (X − a2) e (X − a1) (Y −b2) + (X − a2) (Y − b1). Se invece a1 = a2 allora b1 6= b2 e si possonoscambiare i ruoli di X e Y .

• L’unione di r punti distinti {(a1, b1), . . . , (ar, br)} ⊂ A2 con ai 6= aj perogni i 6= j e il luogo degli zeri comuni dei polinomi

∏ri=1(X − aj) e∑r

i=1

(X − a1

)· · ·(X − ai−1

) (Y − bi

) (X − ai+1

)· · ·(X − ar

).

• La stessa costruzione si estende a dimostrare che

{(a1, b1, . . . , c1), . . . , (ar, br, . . . , cr)} ⊂ An

con ai 6= aj per ogni i 6= j e il luogo nullo dei polinomi ????? (esercizio).

Esercizio 1.1.1. Dimostrare che ogni sottoinsieme finito R = {P1, . . . , Pr}di An e un chiuso affine, seguendo i seguenti passi.

1. Si dimostri che se P1, . . . , Pr ∈ An, esiste un funzionale lineare L1 :Kn → K tale che L1(Pj) 6= L1(Pk) se j 6= k (si veda la dimostrazionedel Lemma 1.2.1).

2. Si estenda L1 a una base (L1, . . . , Ln) del duale (Kn)∗.

3. Si consideri la trasformazione lineare invertibile

ϕ : Kn → Kn, P 7→(L1(P ), . . . , Ln(P )

).

4. Si applichi l’esempio precedente all’immagine ϕ(R).

5. Si applichi infine l’esempio 1.1.4.

Esempio 1.1.7. Sia f(X, Y ) ∈ K[X, Y ] un polinomio di grado positivo esia C ⊆ A2 il luogo f(x, y) = 0. Allora C e un chiuso affine, detto curvaalgebrica piana. Supponiamo che Y non compaia in f ; se t0, . . . , tk sono leradici distinte di f(X), allora C e l’unione disgiunta delle rette {tj} × A1.Analogamente se X non compare in f . Altrimenti, sia d > 0 il grado di f inY , cosı che

f(X, Y ) = ad(X)Y d + ad−1(X)Y d−1 + · · ·+ a0(X),

ove ogni aj e un polinomio in X. Per gli infiniti valori di x tali che ad(x) 6= 0vediamo che f(x, Y ) e un polinomio in Y di grado d > 0, quindi ammettequalche radice yx. Pertanto, C contiene gli infiniti punti distinti (x, yx).

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6 CAPITOLO 1. VARIETA AFFINI

Prima di discutere il prossimo esempio, e d’uopo un riepilogo sulle pro-prieta dei polinomi.

Innanzitutto, ricordiamo che l’anello di polinomi in una variabile K[X] eun dominio a ideali principali, mentre in generale K[X1, . . . , Xr] e un dominioa fattorizzazione unica. Quindi, dati due polinomi F,G ∈ K[X1, . . . , Xr] eben definito il loro massimo comun divisore; se questo e 1, i due polinomi sidicono primi tra loro.

Sia F (X, Y ) ∈ K[X, Y ] un polinomio di grado positivo. Dopo avereeventualmente scambiato i ruoli di X e Y , possiamo supporre che X compiain X con grado positivo d. Quindi, possiamo scrivere

F (X, Y ) = ad(Y )Xd + ad−1(Y )Xd−1 + · · ·+ a0(Y ), (1.1)

ove aj(Y ) ∈ K[Y ] per ogni j = 0, . . . , d.Sia ora K(Y ) il campo delle frazioni del dominio di integrita K[Y ], ossia

il campo delle funzioni razionali in Y su K; esplicitamente, K(Y ) consiste ditutte le frazioni p(Y )/q(Y ), con p(Y ), q(Y ) ∈ K[Y ] e q(Y ) 6= 0 (con le soliteidentificazioni e operazioni). Stante (1.1), possiamo intepretare F come unelemento di K(Y )[X].

Lemma 1.1.1. Dato che F (X, Y ) e irriducibile in K[X, Y ], tale rimaneanche in K(Y )[X].

Dim. Supponiamo che F non sia irriducibile in K(Y )[X]. Quindi esistono`(X), λ(X) ∈ K(Y )[X] di grado positivo tali che F (X, Y ) = `(X)λ(X).Possiamo scrivere, per certi interi l, k > 0,

`(X) =l∑

i=0

Pi(Y )

Qi(Y )X i, λ(Y ) =

k∑j=0

Rj(Y )

Sj(Y )Xj,

ove Pi, Qi, Rj, Sj ∈ K[Y ] e Qi 6= 0, Sj 6= 0. Moltiplichiamo allora la relazione

F (X, Y ) =

(l∑

i=0

Pi(Y )

Qi(Y )X i

(k∑j=0

Rj(Y )

Sj(Y )Xj

)

per il polinomio L(Y ) =:(∏l

i=0Qi(Y ))·(∏k

j=0 Sj(Y ))∈ K[Y ]. Otteniamo

L(Y ) · F (X, Y ) =

(l∑

i=0

Ai(Y )X i

(k∑j=0

Bj(Y )Xj

)Dato che K[X, Y ] e un dominio a fattorizzazione unica, esistono C(X, Y )e D(X, Y ) fattori irriducibili di

∑li=0Ai(Y )X i e

∑kj=0 Bj(Y )Xj, rispetti-

vamente, aventi entrambi grado positivo in X. Dal momento che L(Y ) ha

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1.1. LA TOPOLOGIA DI ZARISKI 7

grado zero in X, nessuno di essi divide L(Y ), quindi il loro prodotto divideF (X, Y ). Cio contraddice l’irriducibilita di F in K[X, Y ].

C.V.D.

Lemma 1.1.2. Siano F (X, Y ), G(X, Y ) ∈ K[X, Y ], con F irriducibile. Sup-poniamo che F abbia grado positivo in X. Se F non divide G in K[X, Y ],non lo divide nemmeno in K(Y )[X].

Dim. Supponiamo per assurdo che F (X, Y ) divida G(X, Y ) in K(Y )[X].Abbiamo quindi

G(X, Y ) =

(l∑

i=0

Ai(Y )

Bi(Y )X i

)· F (X, Y ),

oveAi(Y ), Bi(Y ) ∈ K[Y ], Bi(Y ) 6= 0. Moltiplicando perB(Y ) =:∏l

i=0 Bi(Y ),otteniamo la relazione

B(Y ) ·G(X, Y ) =

(l∑

i=0

Ci(Y )X i

)· F (X, Y )

con Ci(Y ) ∈ K[Y ]. Quindi il polinomio irriducibile F (X, Y ) divide il pro-dotto a primo membro in K[X, Y ], ma chiaramente non divide B(Y ), dalmomento che per ipotesi F ha grado positivo in X. Quindi F (X, Y ) divideG(X, Y ), assurdo.

C.V.D.

Siano ora C,D ⊂ A2 due curve piane affini, date dagli zeri dei polinomiF (X, Y ), G(X, Y ) ∈ K[X, Y ], rispettivamente, entrambi di grado positivo.Possiamo supporre senza perdita di generalita che F (X, Y ) e G(X, Y ) nonabbiano fattori ripetuti, cioe che nella fattorizzazione in polinomi irriducibilidistinti ciascun fattore compaia con molteplicita 1; infatti polinomi che hannogli stessi fattori irriducibili determinano evidentemente lo stesso luogo nullo.

Esercizio 1.1.2. Dimostrare l’ultima affermazione.

L’intersezione C ∩ D e il luogo dove sono soddisfatte le due equazioniF (X, Y ) = G(X, Y ) = 0. Distinguiamo vari casi.

Esempio 1.1.8. Supponiamo innanzitutto che F sia irriducibile e non dividaG. Eventualmente scambiando X e Y , possiamo supporre che F abbia gradopositivo in X. Allora F rimane irriducibile in K(Y )[X], e non divide Gin K(Y )[X]. Percio F e G sono relativamente primi nel dominio a idealiprincipali K(Y )[X], quindi l’ideale generato da F e G in K(Y )[X] e tutto

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8 CAPITOLO 1. VARIETA AFFINI

K(Y )[X]. Ne segue che esistono H,L ∈ K(Y )[X] tali che H · F + L ·G = 1.Come sopra, scriviamo esplicitamente tale relazione in termini di funzionirazionali:

1 =

(l∑

i=0

Ci(Y )

Di(Y )X i

)· F (X, Y ) +

(k∑j=0

Rj(Y )

Sj(Y )Xj

)·G(X, Y ).

Moltiplicando per T (Y ) =:(∏l

i=0Di(Y ))·(∏k

j=0 Sj(Y ))

, ricaviamo

T (Y ) =

(l∑

i=0

Ei(Y )X i

)· F (X, Y ) +

(k∑j=0

Uj(Y )Xj

)·G(X, Y ),

con Ei, Uj ∈ K[Y ]. Sia ora (α, β) ∈ C ∩ D; allora F (α, β) = G(α, β) = 0,quindi

T (β) =

(l∑

i=0

Ei(β)αi

)· F (α, β) +

(k∑j=0

Uj(β)αj

)·G(α, β)

= 0.

Pertanto, β e una radice di T . Vi sono cosı solo un numero finito di possibilivalori che β puo assumere sull’intersezione C ∩ D, diciamo β1, . . . , βr. Siaβ = βs per qualche 1 ≤ s ≤ r. La condizione F (α, βs) = G(α, βs) = 0implica in particolare che α e una radice del polinomio Fs(X) = F (X, βs).Scriviamo

F (X, Y ) =d∑i=0

Fi(Y )X i,

ove d > 0 e il grado di F in X. Se fosse F (X, βs) = 0, avremmo Fi(βs) = 0per ogni i, quindi Y − βs dividerebbe ogni Fi(Y ) e pertanto dividerebbeF (X, Y ); questo e assurdo posto che F e irriducibile e di grado positivo inX. Quindi, per ogni s = 1, . . . , r vi sono solo un numero finito di possibiliαsi ∈ K tali che (αsi, βs) ∈ C ∩ D; ne segue che C ∩ D e un insieme finito(eventualmente vuoto) di punti.

Esempio 1.1.9. Supponiamo ora che F (X, Y ) sia irriducibile e dividaG(X, Y ).Quindi, per l’ipotesi che F e G non hanno fattori ripetuti, G(X, Y ) =F (X, Y ) ·H(X, Y ), ove F (X, Y ) e H(X, Y ) sono primi tra loro. ChiaramenteG(α, β) = 0 se e solo se vale almeno una delle due condizioni F (α, β) = 0,H(α, β) = 0; pertanto, D = C ∪D′, ove D′ e il luogo nullo di H. Vediamocosı che

C ∩D =(C ∩ C

)∪ (C ∩D′) = C ∪ (C ∩D′) = C.

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1.1. LA TOPOLOGIA DI ZARISKI 9

Per inciso, per l’esempio precedente C∩D′ e un insieme finito (eventualmentevuoto).

Esempio 1.1.10. Consideriamo il caso generale. Sia F (X, Y ) =∏r

i=1 Fi(X, Y )la fattorizzazione di F in polinomi irrducibili distinti. Per ogni i sia Ci =Z(Fi). Quindi,

C = Z(F ) = Z

(r∏i=1

Fi

)=

r⋃i=1

Z(Fi) =r⋃i=1

Ci.

Pertanto,

C ∩D =

(r⋃i=1

Ci

)∩D =

⋃i

(Ci ∩D

).

Quindi C ∩D e un insieme finito di punti se F e G non hanno fattori irridu-cibili comuni (sono cioe primi tra loro); per contro ogni fattore irriducibilecomune contribuisce di una curva piana affine all’intersezione. Quindi C ∩De l’unione di una certa collezione di curve algebriche piane, una per ognifattore irriducibile comune a F e G, e un certo insieme finito.

Esercizio 1.1.3. Procedendo per induzione, generalizzare al caso C1∩· · ·∩Crper ogni r ≥ 1.

Proposizione 1.1.1. I chiusi affini di An soddisfano gli assiomi di unatopologia.

Dim. Abbiamo gia visto che il vuoto e An sono chiusi affini.Dimostriamo che un’unione finita di chiusi affini e un chiuso affine. Siano

Z1, . . . , Zk ⊆ An chiusi affini. Supponiamo che Zj sia il luogo degli zeri di

polinomi{F

(j)i

}i∈Ij

. Allora l’unione Z =:⋃kj=1 Zj e il luogo degli zeri dei

polinomi

Fi1i2···ik(X) =:k∏j=1

F(j)ij

(X)(

(i1, . . . , ik) ∈ I1 × · · · × Ik).

Se infatti P ∈ Z allora P ∈ Zj per qualche j; quindi F(j)ij

(P ) = 0 per ogniij ∈ Ij e pertanto tutti i prodotti qui sopra si annullano in P . Se d’altraparte P 6∈ Z, allora P 6∈ Zj per ogni j; quindi per ogni j = 1, . . . , k esiste

ij ∈ Ij tale che F(j)ij

(P ) 6= 0. Pertanto∏k

j=1 F(j)ij

(X) non si annulla in P .Dimostriamo infine che l’intersezione di famiglie arbitrarie di chiusi affini

e un chiuso affine. Sia Zj ⊆ An un chiuso affine per ogni j ∈ J , dato come il

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10 CAPITOLO 1. VARIETA AFFINI

luogo degli zeri comuni di una collezione di polinomi Rj =:{F

(j)ij

}. Allora

il luogo degli zeri comuni dell’unione R =⋃j Rj e chiaramente l’intersezione

Z =⋂j Zj (dimostrare).

Q.E.D.

Definizione 1.1.2. La topologia cosı determinata si dice la topologia di Za-riski su An. La topologia di Zariski su un chiuso affine V ⊆ An e la topologiaindotta per restrizione.

Esercizio 1.1.4. Discutere le seguenti uguaglianze:

1. Z(⋃

j Ij

)=⋂j Z(Ij);

2. Z(⋂

j Ij

)=⋃j Z(Ij),

ove gli Ij ⊆ K[X1, . . . , Xn] sono sottoinsiemi. Sono sempre vere? Semprefalse? Vere o false sotto certe ipotesi?

La topologia di Zariski e molto povera; nel caso K = C essa e ovviamentecontenuta nella topologia Euclidea di AnC, ma e molto meno fine. In partico-lare, come vedremo ora, la topologia di Zariski non e separata (di Hausdorff),dal momento che qualsiasi aperto non vuoto di AnK e denso.

Teorema 1.1.1. Siano Z, F ⊆ An chiusi propri. Allora Z ∪ F 6= An.

Dim. Supponiamo Z ∪ V = An per certi chiusi affini Z, V ⊆ An edimostriamo che almeno uno di essi e tutto An. Se Z = Z

({Pα}A

)e

V = Z({Qβ}B

), con Pα, Qβ ∈ K[X1, . . . , Xn], allora

An = Z ∪ F = Z({Pα ·Qβ}A×B

).

Quindi, ogni prodotto Pα ·Qβ si annulla identicamente su An e pertanto e ilpolinomio nullo (esercizio 1.1.2). Se V 6= An allora Qβ 6= 0 per qualche β.Dal momento che K[X1, . . . , Xn] e un dominio di integrita abbiamo

Pα ·Qβ = 0 ⇒ Pα = 0 ∀α;

dunque Z = An. C.V.D.

Corollario 1.1.1. Siano U, V ⊆ An aperti non vuoti. Allora U ∩ V 6= ∅.

Page 11: geometria algebrica

1.1. LA TOPOLOGIA DI ZARISKI 11

In altre parole, ogni aperto non vuoto in An e denso.

Dim. Supponiamo U ∩V = ∅. Sia U = Zc e V = F c, ove Z, F ⊂ An sonochiusi propri. Allora

Z ∪ F = U c ∪ V c = (U ∩ V )c = An,assurdo.

C.V.D.

Corollario 1.1.2. Sia U ⊆ An un aperto non vuoto. Allora U e denso inAn.

Esercizio 1.1.5. Per r ≥ 1 intero, sia B ⊆ ArC una qualsiasi palla aperta diraggio δ > 0. Dimostrare che B e densa nella topologia di Zariski (osserva-zione: B non e un aperto di Zariski, quindi questa non e una riformulazionedel Corollario 1.1.2).

Costruiamo ora una particolare base per la topologia di Zariski. SiaU ⊆ An un aperto di Zariski. Quindi, Z =: An \ U e un chiuso affine,pertanto esiste una famiglia di polinomi {Fα}α∈A ⊆ K[X1, . . . , Xn] tali cheZ = Z

({Fα}

). In altre parole,

U ={P ∈ An : Fα(P ) = 0∀α ∈ A

}c=

{P ∈ An : ∃α ∈ A t. c. Fα(P ) 6= 0

}=

⋃α∈A

{P ∈ An : Fα(P ) 6= 0

}=

⋃α∈A

UFα ,

ove abbiamo posto

UFα =: An \ Z(Fα) ={P ∈ An : Fα(P ) 6= 0

}.

Definizione 1.1.3. Sia F ∈ K[X1, . . . , Xn]. Il luogo

UF =: Z(F )c ={P ∈ An : F (P ) 6= 0

}si dice aperto affine principale associato a F .

Quindi ogni aperto di Zariski e unione di aperti affini principali, in effet-ti di una collezione finita di questi. Possiamo riassumere le considerazioniprecedenti come segue:

Corollario 1.1.3. La collezione degli aperti affini principali e una base dellatopologia di Zariski.

Osservazione 1.1.2. La topologia di Zariski su An induce per restrizioneuna topologia su qualsiasi sottoinsieme V ⊆ An, che chiamaremo ancora ‘latopologia di Zariski di V ’.

Page 12: geometria algebrica

12 CAPITOLO 1. VARIETA AFFINI

1.1.1 Teorema degli Zeri e quasi compattezza

Qualsiasi chiuso affine (in particolare, An stesso) e compatto nella topologiadi Zariski. In questo contesto, per evitare fraintendimenti con la topologiaanalitica nel caso K = C si usa il termine quasi-compatto: un chiuso affine diAnC e quasi-compatto (compatto nella topologia di Zariski) ma non e compattonella topologia analitica, a meno che non sia un insieme finito. Per semplicita,consideriamo prima il caso di An:

Teorema 1.1.2. An e quasi-compatto (compatto nella topologia di Zariski).

Dim. Supponiamo innanzitutto (per semplicita) che U = {Uα}α∈A siaun ricoprimento di An mediante aperti affini principali. Quindi, per ogni αesiste Fα ∈ K[X1, . . . , Xn] tale che Uα = {P ∈ An : Fα(P ) 6= 0}. Pertanto,se I E K[X1, . . . , Xn] e l’ideale generato dagli Fα, si ha Z(I) = ∅. Per laNoetherianita, possiamo estrarre dagli Fα un insieme finito di generatori di I,esistono cioe I =

(Fα1 , . . . , Fαk

)per certi αj (vedremo piu sotto che l’ideale

I e tutto K[X1, . . . , Xn]). Allora Z(I) =⋂kj=1Z(Fαj), sicche passando ai

complementari abbiamo

An =k⋃j=1

UFαj .

Abbiamo dimostrato che da ogni ricoprimento di An mediante aperti affiniprincipali e possibile estrarre un sottoricoprimento finito.

Supponiamo ora che V ={Vβ}β∈B sia un ricoprimento aperto di An me-

diante aperti affini arbitrari. Poiche la collezione degli aperti affini principalie una base della topologia di Zariski, per ogni β esiste un ricoprimento

Vβ =⋃α∈Aβ

U (β)α

di Vβ mediante aperti affini principali. Quindi,

An =⋃β∈B

⋃α∈Aβ

U (β)α

e un ricoprimento aperto di An mediante aperti affini principali.Esistono pertanto U

(β1)α1 , . . . , U

(βr)αr , con αi ∈ Aβi , tali che

An =r⋃i=1

U (βi)αi

.

Page 13: geometria algebrica

1.1. LA TOPOLOGIA DI ZARISKI 13

Dato che U(βi)αi ⊆ Vβi , si ha allora anche

An =r⋃i=1

Vβi ,

ovvero abbiamo estratto da V un sottoricoprimento finito.C.V.D.

Piu in generale:

Teorema 1.1.3. Qualsiasi sottoinsieme di An e quasi-compatto (per la to-pologia di Zariski).

Dim. Dimostriamo innanzitutto che ogni aperto di Zariski U ⊆ An equasi-compatto. Sia U =

⋃α Uα un ricoprimento aperto. Per ogni α esistono

un numero finito di polinomi Pαj ∈ K[X1, . . . , Xn] tali che Uα =⋃j U

Pαj , ove

UPαj e l’aperto affine principale associato a Pαj. Abbiamo quindi

U =⋃α

⋃j

UPαj .

Sia Z = U c; passando ai complementari abbiamo

Z =⋂α

⋂j

(UPαj

)c=⋂α

⋂j

Z(Pαj)

= Z({Pαj}α,j

)= Z(I),

ove I =:({Pαj}α,j

)e l’ideale generato da tutti i Pα,j.

Per la Noetherianita, possiamo estrarre da {Pαj}α,j una collezione finitadi generatori di I, diciamo I =

(Pα1j1 , . . . , PαN jN

). Ne discende cosı che

Z = Z(I) =N⋂l=1

Z(Pαljl

),

sicche

U = Zc =N⋃l=1

Z(Pαljl

)c=

N⋃l=1

UPαljl .

Dal momento che per costruzione UPαljl ⊆ Uαl abbiamo a maggior ragione

U =N⋃l=1

Uαl ,

sicche abbiamo estratto un sottoricoprimento finito da quello dato.

Page 14: geometria algebrica

14 CAPITOLO 1. VARIETA AFFINI

Sia ora R ⊆ An un sottoinsieme arbitrario e sia R ⊆⋃α Uα, ove gli

Uα ⊆ An sono aperti di Zariski. Sia U =:⋃α Uα; allora U e un aperto

di Zariski e per quanto detto possiamo estrarre un sottoricoprimento finitoU =

⋃Nl=1 Uαj , che quindi sara anche un sottoricoprimento finito di R.

C.V.D.

Possiamo interpretare algebricamente la nozione di ricoprimento apertodi An in luce del Teorema degli Zeri di Hilbert:

Teorema 1.1.4. Dati F1, · · · , Fk ∈ K[X1, . . . , Xn], siano U E K[X1, . . . , Xn]l’ideale da essi generato e V ⊆ An il luogo degli zeri comuni degli Fi. SeG ∈ K[X1, . . . , Xn] si annulla in ogni P ∈ V , allora per qualche intero r ≥ 1si ha Gr ∈ U .

Prendendo G = 1 ricaviamo:

Corollario 1.1.4. Se F1, · · · , Fk ∈ K[X1, . . . , Xn] non hanno zeri comuni(cioe V = ∅), allora essi generano K[X1, . . . , Xn].

Osservazione 1.1.3. E cruciale che K sia algebricamente chiuso. Ad esem-pio, X2 + 1 ∈ R[X] non ha radici reali, ma non genera R[X].

Prima di dare una riformulazione del Corollario, premettiamo la seguente

Definizione 1.1.4. Dati un ideale I E K[X1, . . . , Xn], diciamo Z(I) ⊆ Anil luogo nullo di I (ovvero degli zeri comuni degli elementi di I).

Corollario 1.1.5. Se I E K[X1, . . . , Xn] e un ideale tale che Z(I) = ∅,allora I = K[X1, . . . , Xn].

Riassumendo:

Proposizione 1.1.2. Siano Pα ∈ K[X1, . . . , Xn]. Allora le seguenti condi-zioni sono equivalenti:

• An =⋃α U

Pα:

• L’ideale generato dai Pα e tutto K[X1, . . . , Xn];

• Esistono Gα ∈ K[X1, . . . , Xn] quasi tutti nulli tali che∑

αGα Pα = 1.

Esercizio 1.1.6. Rivisitare la dimostrazione del Teorema 1.1.2 invocando ilTeorema degli Zeri anziche la Noetherianita.

Page 15: geometria algebrica

1.1. LA TOPOLOGIA DI ZARISKI 15

1.1.2 Chiusi affini e ideali radicali

A un insieme di polinomi, o equivalentemente all’ideale I da essi generato,abbiamo associato il chiuso affine Z(I). Tale corrispondenza non e iniettiva,dato che ad esempio gli ideali (X) e (X2) in K[X] hanno entrambi 0 ∈ A1

come spazio nullo.La Geometria Algebrica si propone di creare un dizionario tra ideali e

‘spazi algebrici’, o tra certe classi di questi. Nel solco della geometria alge-brica ‘classica’, adotteremo gli spazi, intesi insiemisticamente, come oggettifondamentali; per avere una buona corrispondenza tra ideali e chiusi affinirestingeremo la classe degli ideali agli ideali radicali.

Notiamo per inciso che, al contrario, in geometria algebrica moderna glioggetti fondamentali sono gli ideali; quindi per mantenere una buona corri-spondenza si estende e raffina la classe degli spazi. Uno ’spazio’ non e specifi-cato solo insiemisticamente (ad esempio, come luogo nullo), ma possiede unastruttura algebrica aggiuntiva, descritta dal cosiddetto fascio di struttura.Per esempio, all’ideale (X2) E K[X] si associa uno ‘spazio’ che coincide insie-misticamente con l’origine, ma e dotato di un’ opportuna struttura algebricanilpotente. Tale punto di vista conduce alla teoria degli schemi, che nondiscuteremo. Limitamoci pero a menzionare che il punto di vista moderno enaturale nello studio di famiglie di spazi algebrici: ad esempio, si considerila famiglia di chiusi affini di A1 definiti dall’equazione X2− ε, ove ε ∈ K e unparametro; il modo sensato di vedere lo spazio algebrico (comunque definito)associato all’ideale X2 deve in qualche modo avere memoria del fatto che essopuo ottenersi come limite dei chiusi affini definiti dalle equazioni X2 = ε, perε → 0, quindi consitenti di due punti. Tale memoria consiste in una strut-tura algebrica aggiuntiva sullo spazio (non piu concepito unicamente comeinsieme).

Illustriamo ora la corrispondenza biunivoca tra ideali radicali e chiusiaffini.

Definizione 1.1.5. Sia A un anello (commutativo, con unita) e sia I E Aun ideale. Il radicale di I, denotato

√I, e l’insieme degli a ∈ I tali che an ∈ I

per qualche intero n ≥ 1.

Esercizio 1.1.7. Dimostrare le seguenti affermazioni:

1. I ⊆√I;

2.√I e un ideale di A;

3.√√

I =√I;

Page 16: geometria algebrica

16 CAPITOLO 1. VARIETA AFFINI

4. il quoziente A/√I non possiede elementi nilpotenti 6= 0.

Esercizio 1.1.8. Dimostrare che per ogni I E K[X1, . . . , Xn] si ha Z(√

I)

=

Z (I).

Definizione 1.1.6. Diremo che l’ideale I e un ideale radicale se I =√I.

In particolare, per ogni ideale I il suo radicale√I e un ideale radicale.

Proposizione 1.1.3. Siano I, J E K[X1, . . . , Xn] ideali. Le seguenti affer-mazioni sono equivalenti:

1. Z(I) = Z(J);

2.√I =√J .

Dim. Supponiamo che valga 1. Se F ∈ I, allora F (P ) = 0 per ogniP ∈ Z(J). Per il Teorema degli Zeri, esiste un intero positivo r tale cheF r ∈ J , quindi F ∈

√J . Pertanto,

I ⊆√J.

Sia ora G ∈√I: esiste quindi un intero positivo p tale che Gp ∈ I. Per

quanto appena visto, Gp ∈√J , pertanto esiste un intero positivo r tale che

(Gp)r ∈ J ; equivalentemente, Grp ∈ J , quindi G ∈√J . In definitiva,

√I ⊆√J.

Scambiando i ruoli di I e J otteniamo√I =√J.

Viceversa, supponiamo che valga 2. Allora (vedi Esercizio 1.1.8)

Z(I) = Z(√

I)

= Z(√

J)

= Z (J) .

C.V.D.

Osservazione 1.1.4. Abbiamo in effetti dimostrato l’implicazione

I ⊆√J ⇒

√I ⊆√J.

Corollario 1.1.6. Siano I, J E K[X1, . . . , Xn] ideali radicali. Allora

Z(I)

= Z(J)⇔ I = J.

Page 17: geometria algebrica

1.1. LA TOPOLOGIA DI ZARISKI 17

I chiusi affini sono i luoghi degli zeri degli ideali di K[X1, . . . , Xn]; perl’Esercizio 1.1.8 possiamo anzi dire che i chiusi affini sono i luoghi degli zeridegli ideali radicali di K[X1, . . . , Xn]. Quindi

Corollario 1.1.7. La corrispondenza α : I 7→ Z(I) e biunivoca tra la colle-zione degli ideali radicali di K[X1, . . . , Xn] e i chiusi affini di An. Inoltre αinverte le inclusioni, cioe se I, J E K[X1, . . . , Xn] sono ideali radicali alloraI ⊆ J se e solo se Z(I) ⊇ Z(J).

Definizione 1.1.7. Sia C ⊆ An un sottoinsieme arbitrario. Definiamo

I(C) =:{F (X1, . . . , Xn) ∈ K[X1, . . . , Xn] : F (P ) = 0, ∀P ∈ C

}.

Esercizio 1.1.9. Dimostrare le seguenti affermazioni:

• I(C) e un ideale radicale;

• I(C) ⊆ I(D) se D ⊆ C;

• Z(I(C)

)e la chiusura di C nella topologia di Zariski (ovvero il piu

piccolo chiuso affine di An contenente C.

Corollario 1.1.8. La corrispondenza inversa della α e la β : V 7→ I(V ).

Dim. Dobbiamo dimostrare che se V ⊆ An e un chiuso affine e se J el’unico ideale radicale tale che V = Z(J), allora J = I(V ). Ma chiaramenteJ ⊆ I(V ), dato che ogni F ∈ J si annulla in ogni punto di V , per definizionedi V . D’altra parte, per definizione di I(V ) ogni F ∈ I(V ) si annulla in ognipunto di V ; per il Teorema degli Zeri, pertanto, esiste r = rF > 0 intero taleche F r ∈ J , onde I(V ) ⊆

√J = J .

C.V.D.

1.1.3 Chiusi affini conici e ideali omogenei

Una classe importante di chiusi affini e data dai chiusi affini conici :

Definizione 1.1.8. Un chiuso affine V ⊆ An si dice conico se e l’unione diuna certa collezione di rette passanti per un dato punto P ∈ An. Dopo unatraslazione, possiamo supporre che P sia l’origine, nel qual caso V e conicose λP ∈ V per ogni P ∈ V e ogni λ ∈ K.

Esempio 1.1.11. L’unione degli assi coordinati in An e un chiuso affineconico, per n ≥ 2 descritto dalle equazioni

XiXj = 0 i, j = 1, . . . , n, i < j.

Page 18: geometria algebrica

18 CAPITOLO 1. VARIETA AFFINI

La controparte, a livello di ideali, della definizione 1.1.8 e la seguente:

Definizione 1.1.9. Un ideale I E K[X1, . . . , Xn] si dice omogeneo se con-tiene le componenti omogenee di ogni suo elemento, ossia se per ogni F ∈ Ie per ogni l = 0, 1, 2, . . . si ha Fl ∈ I, ove Fl denota la componente omogeneadi grado l di F .

Quindi, se I E K[X1, . . . , Xn] e un ideale omogeneo proprio, allora ogniF ∈ I ha termine di grado zero nullo.

La relazione tra chiusi affini conici e ideali omogenei e precisata dallaseguente:

Proposizione 1.1.4. Sia V ⊆ An un chiuso affine e sia

I = IV E K[X1, . . . , Xn]

il suo ideale radicale. Allora le due seguenti condizioni sono equivalenti:

1. V e conico.

2. I e omogeneo.

Dim. Sia V conico e sia F ∈ I. Se d e il grado di F , scriviamo F comesomma delle sue componenti omogenee: F =

∑dk=0 Fk. Sia P ∈ V ; dal

momento che V e conico, abbiamo allora λP ∈ V per ogni λ ∈ K, quindi

0 = F(λP ) =

d∑k=0

Fk(λP)

=d∑

k=0

λk Fk(P ).

Intepretando F(λP ) come un polinomio in λ, questo deve essere il polinomio

nullo, quindi avere tutti i coefficienti identicamente nulli. Pertanto,

F ∈ I, P ∈ V ⇒ Fk(P ) = 0, k = 1, 2, . . .

siccheF ∈ I ⇒ Fk ∈ I, k = 1, 2, . . . ;

quindi I e omogeneo.Viceversa, supponiamo che I sia omogeneo e sia P ∈ V . Se λ ∈ K, per

ogni F ∈ I abbiamo allora

F (λP ) =d∑

k=0

Fk(λP)

=d∑

k=0

λk Fk(P ) =d∑

k=0

λk 0 = 0,

dal momento che, essendo I omogeneo, si ha anche Fk ∈ I e quindi Fk(P ) = 0.Pertanto, λP ∈ Z(I) = V , ossia V e conico.

C.V.D.

Page 19: geometria algebrica

1.1. LA TOPOLOGIA DI ZARISKI 19

Esercizio 1.1.10. Dimostrare che un ideale I E K[X1, . . . , Xn] e omogeneose e solo se e generato da una collezione finita di polinomi omogenei; quindi unchiuso affine conico e sempre descrivibile da una collezione finita di equazioniomogenee.

Esempio 1.1.12. L’unione V degli assi coordinati in A2 e descritta dallasingola equazione XY = 0. Se F ∈ IV , allora per il Teorema degli Zeri XYdivide F k per qualche k ≥ 1, pertanto XY divide F . Ne segue che I e l’idealegenerato da XY .

Esercizio 1.1.11. Sia F (X1, . . . , Xr) ∈ K[X1, . . . , Xr] omogeneo. Supponia-mo F = GH con G,H ∈ K[X1, . . . , Xr]. Allora G e H sono omogenei.

Esempio 1.1.13. Piu in generale, ci aspettiamo geometricamente che unchiuso affine conico in A2 sia l’unione di una collezione finita di rette passanteper l’origine. In effetti, sia F (X, Y ) un polinomio omogeneo di grado d. Datoche i fattori irriducibili di un polinomio omogeneo sono ancora omogenei(Esercizio 1.1.11), possiamo supporre senza perdita di generalita che F nonabbia fattori ripetuti; in particolare, Xd e Y d compaiono con coefficienti inF non nulli. Supponiamo senza perdita di generalita che F sia monico in X,ossia che il coefficiente di Xd sia 1. Scriviamo

F (X, Y ) =d∑i=0

aiXi Y d−i = Y d

d∑i=0

ai

(X

Y

)d−ie definiamo P (T ) =:

∑di=0 ai T

i. Allora P (T ) e monico di grado d; siano

λ1, . . . , λd le radici di P (T ), cosı che P (T ) =∏d

i=1(T − λi). Ricaviamo

F (X, Y ) = Y d P

(X

Y

)=

d∏i=1

(X − λi Y ).

In particolare, i λi sono tutti distinti per le ipotesi su F e Z(F ) =⋃di=1 Li,

ove Li ⊂ A2 e la retta X − λiY = 0. Il caso di un sottoinsieme conico di A2

definito da piu equazioni polinomiali omogenee e lasciato come esercizio.

Esempio 1.1.14. Il chiuso affine S = Z (X2 + Y 2 − Z2) interseca il pianoZ = 1 nel ‘cerchio ’definito dall’equazione X2 + Y 2 = 1 (in particolare, none un insieme finito di rette).

Portiamo ora un esempio di un chiuso affine che puo essere definito in-siemisticamente da due equazioni, ma il cui ideale non puo essere generatoda due polinomi.

Page 20: geometria algebrica

20 CAPITOLO 1. VARIETA AFFINI

Esempio 1.1.15. In A3, insiemisticamente l’unione W degli assi coordinatie descritta dalle equazioni

XY = 0, (X − Y )Z = 0.

Naturalmente W e anche definito dalle equazioni

XY = 0, Y Z = 0, XZ = 0.

Affermo che l’ideale radicale I = IW e precisamente l’ideale (XY, Y Z, ZX).Sia infatti F (X, Y, Z) ∈ I e scriviamo

F (X, Y, Z) = F1(X, Y ) + Z F2(X, Y, Z),

cosı che F1(X, Y ) = F (X, Y, 0).Allora F1(X, Y ) si annulla sul luogo XY = 0 del piano XY , quindi per

il Teorema degli Zeri XY divide F k1 per qualche intero k ≥ 1. Ne discende

chiaramente che XY divide F1, ossia F1(X, Y ) = XY F3(X, Y ) per qualcheF3 ∈ K[X, Y ].

Scriviamo ora

F2(X, Y, Z) = F4(Y, Z) +X F5(X, Y, Z),

quindi

F (X, Y, Z) = XY F3(X, Y ) + Z[F4(Y, Z) +X F5(X, Y, Z)

].

Nel piano Y Z (ossia X = 0), sul luogo Y Z = 0 abbiamo

Z F4(Y, Z) = 0

quindi Y |F4 e pertanto F4 = Y F6(Y, Z). In definitiva, abbiamo

F (X, Y, Z) = XY F3(X, Y ) + Z[F4(Y, Z) +X F5(X, Y, Z)

]= XY F3(X, Y ) + Z

[Y F6(Y, Z) +X F5(X, Y, Z)

]= XY F3(X, Y ) + ZY F6(Y, Z) + ZX F5(X, Y, Z).

Quindi,(XY, Y Z, ZX) ⊆ I ⊆ (XY, Y Z, ZX),

ossia I = (XY, Y Z, ZX).Ci possiamo chiedere se tre e il numero minimo di generatori: e possibile

trovare polinomi F,G ∈ K[X, Y, Z] tali che I = (F,G)?

Page 21: geometria algebrica

1.1. LA TOPOLOGIA DI ZARISKI 21

Siano Fi, Gj le componenti omogenee di F e G, rispettivamente. Datoche W e conico (equivalentemente, I e omogeneo) Fi, Gj ∈ I per ogni i, j.Si ha F0 = G0 = 0 perche I e proprio. Se F1 6= 0, sia Π = Z(F1) ⊆ A3

il piano passante per l’origine determinato dall’equazione F1 = 0. SiccomeF1 ∈ (F,G), abbiamo

(F1) ⊆ (F,G) ⇒ Z(F1) ⊇ W = Z(F,G),

ossia Π contiene gli assi coordinati, assurdo. Quindi F1 = 0 e analogamenteG1 = 0. Pertanto, F = F2 + · · · , G = G2 + · · · , ove · · · denota la somma dipolinomi omogenei di grado ≥ 3.

Supponiamo ora

XY = A12(X, Y, Z)F (X, Y, Z) +B12(X, Y, Z)G(X, Y, Z);

passando alle componenti omogenee di grado due a entrambi i membri dob-biamo avere

XY = a12 F2(X, Y, Z) + b12G2(X, Y, Z),

ove a12 = A(0, 0, 0), b12 = B(0, 0, 0) ∈ K. Analogamente avremo

Y Z = a23 F2(X, Y, Z) + b23G2(X, Y, Z),

XZ = a13 F2(X, Y, Z) + b13G2(X, Y, Z).

Ne segue che F2 e G2 generano il sottospazio vettoriale 3-dimensionale diK2[X, Y, Z] generato da XY, Y Z, XZ, assurdo (K2[X, Y, Z] e lo spazio deipolinomi di grado ≤ 2).

Quindi, l’ideale di W non puo essere generato da due equazioni.

1.1.4 Noetherianita e componenti irriducibili

Conseguenza immediata della Noetherianita di K[X1, . . . , Xn] e che ognicatena decrescente di chiusi affini e stazionaria (in altri termini, An euno spazio topologico Noetheriano):

Proposizione 1.1.5. Sia C1 ⊇ C2 ⊇ C3 ⊇ · · · una catena di chiusi affini inAn. Allora esiste N > 0 intero tale che CN = CN+1 = · · · .

Dim. La catena decresente di chiusi affini Cj determina una catenacrescente di ideali radicali associati:

I(C1) ⊆ I(C2) ⊆ · · · .

Dal momento che K[X1, . . . , Xn] e un anello Noetheriano, tale catena e sta-zionaria, quindi esiste N > 0 intero tale che I(CN) = I(CN+1) = · · · ; datoche Cj = Z

(I(Cj)

), concludiamo che CN = CN+1 = · · · .

C.V.D.

Page 22: geometria algebrica

22 CAPITOLO 1. VARIETA AFFINI

Osservazione 1.1.5. La stessa affermazione non vale sostituendo ⊇ con ⊆;per esempio, sia FN =: {0, 1, 2, . . . , N} ⊆ A1, o sia CN ⊆ A2 l’unione dellerette Y − k X = 0 per 0 ≤ k ≤ N . Cio naturalmente corrisponde al fattoche l’anello K[X1, . . . , Xn] e Noetheriano, ma non Artiniano.

Corollario 1.1.9. Se F 6= ∅ e una collezione arbitraria di chiusi affini, esisteun elemento minimale di F .

La dimostrazione e lasciata per esercizio.Abbiamo visto, come conseguenza del fatto che K[X1, . . . , Xn] e un domi-

nio di integrita, che non esistono due sottoinsiemi chiusi affini propri di Anla cui unione sia tutto An.

Questa non e una proprieta generale dei chiusi affini, anche se connessi;per esempio, il luogo XY = 0 in A2 e l’unione delle rette X = 0 e Y = 0.

Definizione 1.1.10. Un chiuso affine C ⊆ An si dice irriducibile se nonesistono chiusi affini A,B ⊆ An propriamente contenuti in C tali che C =A ∪B.

Proposizione 1.1.6. Ogni chiuso affine di An puo scriversi in modo unico(a meno di un riordinamento) come unione finita non ridondante di chiusiaffini irriducibili.

Dim. Dimostriamo innanzitutto che ogni chiuso affine e esprimibile comeunione finita di chiusi affini irriducibili. Sia F la famiglia di tutti i chiusiaffini che non sono unione finita di chiusi affini irriducibili e supponiamo, perassurdo, che F sia non vuota. Per il Corollario 1.1.9, F contiene un elementoC ⊆ An minimale in F rispetto all’inclusione. Dal momento che C non eunione finita di chiusi affini irriducibili, in particolare C non e irriducibile; perdefinizione, esistono chiusi affini A,B propriamente contenuti in C tali cheC = A ∪ B. Per la minimalita di C, abbiamo A,B 6∈ F ; quindi sia A che Bpossono essere espressi come unioni finite A = A1∪· · ·∪Ar e B = B1∪· · ·∪Bs

di chiusi affini irriducibili. Ma allora C = A1∪ · · · ∪Ar ∪B1∪ · · · ∪Bs e pureunione finita di chiusi affini irriducibili, assurdo.

Supponiamo ora di poter esprimere il chiuso affine C come unione finitanon ridondante di chiusi affini irriducibili nei due modi C = C1 ∪ · · · ∪ Cr eC = C ′1 ∪ · · · ∪ C ′s. Per ogni j = 1, . . . , r, abbiamo allora

Cj =s⋃i=1

(Cj ∩ C ′i) .

Ogni Cj ∩ C ′i e un chiuso affine; essendo Cj irriducibile, deve essere Cj =Cj ∩C ′i, quindi Cj ⊆ C ′i, per qualche i = 1, . . . , s. Analogamente, invertendo

Page 23: geometria algebrica

1.1. LA TOPOLOGIA DI ZARISKI 23

i ruoli, avremo C ′i ⊆ Ck per qualche k = 1, . . . , r, ossia Cj ⊆ C ′i ⊆ Ck. Maper la supposta non ridondanza delle unioni deve allora essere Cj = Ck equindi Cj = C ′i. Pertanto, ogni Cj e uguale a qualche C ′i e analogamente,per simmetria del ragionamento, ogni C ′i e uguale a qualche Cj. Quindi, ameno di un riordinamento, i Cj e i C ′i sono gli stessi chiusi affini irriducibili.Abbiamo cosı anche stabilito l’unicita della decomposizione.

C.V.D.

Esempio 1.1.16. Sia C ⊆ A2 la curva piana affine definita dall’equazioneF (X, Y ) = 0, ove F non ha fattori ripetuti. Allora C e irriducibile se e solose il polinomio F e primo.

Se infatti F non e primo, abbiamo F (X, Y ) = G(X, Y ) · H(X, Y ), oveG e H sono relativamente primi; poniamo A = Z(G), B = Z(H), cosı cheC = A ∪ B. Ora A e B sono curve piane che si intersecano in un numerofinito di punti, quindi A B e B A; pertanto, C non e irriducibile.

Supponiamo, viceversa, che F sia primo. Sia C = A∪B, con A e B curvepiane affini. Sia G il polinomio che definisce A e H il polinomio che definisceB, sicche GH si annulla su C. Per il Teorema degli Zeri, F divide GkHk perqualche intero positivo k. Dato che F e primo, F |Gk o F |Hk, ovvero F |G oF |H (le due eventualita non si escludono). Nel primo caso, C ⊆ A, mentrenel secondo C ⊆ B. Quindi, C = A o C = B se C = A ∪ B. Pertanto, Ce irriducibile. Conclusione analoga si ottiene osservando che per il Teoremadegli zeri deve essere GH|F k per qualche k.

Piu in generale, si ha:

Proposizione 1.1.7. Il chiuso affine C ⊆ An e irriducibile se e solo se ilsuo ideale I(C) e primo.

Dim. Se C non e irriducibile allora C = A∪B ove A,B ⊆ An sono chiusiaffini propriamente contenuti in C. Siano P ∈ A \ B e Q ∈ B \ A. Perdefinizione di chiuso affine, possiamo trovare F ∈ I(A) tale che F (Q) 6= 0 eG ∈ I(B) tale che G(Q) 6= 0. Allora F,G 6∈ I(C), dal momento che F e Gnon si annullano identicamente su C, ma F · G ∈ I(C); quindi I(C) non eprimo.

Supponiamo che C sia irriducibile. Se F,G ∈ K[X1, . . . , Xn] e F · G ∈I(C), allora A =: Z(F ) eG =: Z(G) sono chiusi affini e C = (C∩A)∪(C∩B).Essendo C irriducibile, deve essere C = C∩A o C = C∩B (o entrambe). SeC = C ∩A, allora C ⊆ A; quindi F (P ) = 0 per ogni P ∈ C, ossia F ∈ I(C).Analogamente, se C = C ∩ B allora G ∈ I(C). Pertanto, I(C) e un idealeprimo.

C.V.D.

Page 24: geometria algebrica

24 CAPITOLO 1. VARIETA AFFINI

Esercizio 1.1.12. Si dimostri che se C ⊆ A2 e definita dal polinomio senzafattori ripetuti F , allora I(C) e l’ideale principale generato da F .

Esercizio 1.1.13. Piu in generale, una ipersuperficie S ⊆ An e il luogonullo Z(F ) di un singolo polinomio F ∈ K[X1, . . . , Xn], o equivalentementedell’ideale principale (F ) da esso generato. Chiaramente, senza perdita digeneralita, nella determinazione di S possiamo supporre che F non abbiafattori ripetuti. Dimostrare:

1. Se F non ha fattori ripetuti, allora I(S) = (F );

2. Supponiamo che F non abbia fattori ripetuti e sia F =∏r

i=1 Fi la suafattorizzazione in irriducibili. Per ogni i = 1, . . . , r sia Si =: Z(Fi).Allora gli Si sono le componeni irriducili di S.

3. I(S) =⋂ri=1(Fi).

Esempio 1.1.17. Sia

R =: Z(X2 + Y 2 + Z2, X2 − Y 2 − Z2 + 1

)⊆ A3.

Quindi

2X2 + 1 =(X2 + Y 2 + Z2

)+(X2 − Y 2 − Z2 + 1

)∈ I(X).

Pertanto, su R abbiamo x = ±i/√

2 e y2 + z2 = 1/2. Dato che il ‘cerchio’C =: Z (Y 2 + Z2 − 1/2) nel piano Y Z e irriducibile (dimostrare), si concludefacilmente che

R =

({i√2

}× C

)⋃({− i√

2

}× C

)e la decomposizione in componenti irriducibili (completare l’argomento).

Esempio 1.1.18. Sia

S =: Z(Y 2 −XZ,Z2 − Y 3

)⊆ A3.

Si ha allora(XY − Z)Z = XY Z − Z2 ∈ I(S),

quindi su S vale z = 0 o z = xy.Se z = 0, otteniamo y = 0 mentre x e arbitrario. Quindi l’asse X e

contenuto in S.Ove z = xy, y2 − x2y = 0, ossia y (y − x2) = 0; quindi y = 0 o y = x2.

Page 25: geometria algebrica

1.1. LA TOPOLOGIA DI ZARISKI 25

Ove z = xy, y = 0, abbiamo anche z = 0; quindi riotteniamo l’asse x.Ove z = xy, y = x2, abbiamo z = x3. Pertanto, (x, y, z) = (x, x2, x3).

Quindi

S =:{

(x, 0, 0) : x ∈ K}⋃{(

x, x2, x3)

: x ∈ K}

e la decomposizione in componenti irriducibili, che risultano entrambe iso-morfe a A1 (si veda oltre per la nozione di isomorfismo). La prima compo-nente e S1 = Z(Y, Z), la seconda S2 = Z (Y −X2, Z −X3).

Possiamo trasporre algebricamente il risultato della Proposizione 1.1.6.Premettiamo:

Lemma 1.1.3. Siano I1, . . . , Ik E K[X1, . . . , Xn] ideali. Allora

k⋃i=1

Z(Ii) = Z

(k⋂i=1

Ii

).

Dim. Sia p ∈⋃ki=1Z(Ii), ossia p ∈ Z(Ij) per qualche j. Allora F (p) = 0,

∀F ∈ Ij ⇒ F (p) = 0 ∀F ∈⋂ki=1 Ii ⊆ Ij ⇒ p ∈ Z

(⋂ki=1 Ii

).

Quindi,⋃ki=1Z(Ii) ⊆ Z

(⋂ki=1 Ii

).

Sia p 6∈⋃ki=1Z(Ii), ossia p 6∈ Z(Ii) per ogni i. Quindi per ogni i esiste

Fi ∈ Ii tale che Fi(p) 6= 0. Sia F =:∏k

i=1 Fi; allora F (p) 6= 0 e F ∈∏k

i=1 Ii ⊆⋂ki=1 Ii. Pertanto, p 6∈ Z

(⋂ki=1 Ii

).

Concludiamo allora⋃ki=1Z(Ii) ⊇ Z

(⋂ki=1 Ii

).

C.V.D.

Corollario 1.1.10. Ogni ideale radicale I E K[X1, . . . , Xn] e esprimibi-le in modo unico (a meno dell’ordinamento) come intersezione finita nonridondante di ideali primi.

Dim. Sia V = Z(I), cosı che I = I(V ); allora V puo esprimersi in modounico (a meno dell’ordinamente) come unione di componenti irriducibili Wi,V =

⋃ri=1Wi. Per ogni i, sia Pi E K[X1, . . . , Xn] l’ideale radicale di Pi.

Allora Pi e primo, e quindi l’intersezione P =:⋂ri=1 Pi e un ideale radicale

(infatti, xr ∈ P ⇒ xr ∈ Pi ∀ i ⇒ x ∈ Pi ∀i ⇒ x ∈ P ).D’altra parte, V =

⋃ri=1Z(Pi) = Z (

⋂ri=1 Pi) = Z(P ), quindi P = I

(essendo entrambi ideali radicali con lo stesso luogo nullo); pertanto I eintersezione di ideali primi.

Se fosse Pi ⊆ Pj per qualche i 6= j, avremmo Wi ⊇ Wj, contro l’ipotesiche l’intersezione sia nonridondante. Quindi anche l’intersezione dei Pi e nonridondante.

Page 26: geometria algebrica

26 CAPITOLO 1. VARIETA AFFINI

Se poi I =⋂sj=1Qj e un’intersezione non ridondante, ove anche i Qj sono

primi, avremmo anche l’unione non ridondante V =⋃sj=1 Tj, ove Tj = Z(Qj)

e irriducibile per ogni j. Percio i Tj sono i Wi, a meno dell’ordinamento, equindi i corrispondenti ideali radicali Qj sono, a meno dell’ordinamento, i Pi.

C.V.D.

Esercizio 1.1.14. Si enunci e dimostri l’asserto analogo per arbitrarie K-algebre finitamente generate.

1.1.5 Prodotti Cartesiani

Siano V ⊆ Al e W ⊆ Ak due chiusi affini. Identificando Al+k con Al×Ak nelmodo standard, possiamo vedere V ×W ⊆ Al ×Ak come un sottoinsieme diAl+k.

Esercizio 1.1.15. Dimostrare che se V e definito da equazioni polinomialiFi(X) = 0 e W da equazioni polinomiali Gj(Y ) = 0, allora con la preceden-te identificazione V × W ⊆ Al × Ak e il luogo nullo in Al+k dei polinomiFi(X) e Gj(Y ), al variare di i e j, visti in modo naturale come elementi diK[X1, . . . , Xl, Y1, . . . , Yk].

Quindi, V ×W e un chiuso affine di Al+k.

Proposizione 1.1.8. Supponiamo che V e W siano irriducibili. Allora talee anche V ×W .

Dim. Premettiamo la seguente osservazione. Per ogni v ∈ V , il luogo

Wv =: {v} ×W ={

(v, w) : w ∈ W}⊆ V ×W

e un chiuso di Zariski: se W e definito dalle equazioni Gj(Y1, . . . , Yk) = 0 peropportuni Gj ∈ K[Y1, . . . , Yk], allora Wv ⊆ Al+k e definito dalle equazioniXi − vi = 0, Gj(Y1, . . . , Yk) = 0 (qui vi sono le coordinate di v e Xi sono lecoordinate lineari su Al, sicche vi = Xi(v)).

Inoltre la mappa αv : w ∈ W 7→ (v, w) ∈ Wv e ovviamente un omeo-morfismo per la topologia di Zariski, con inversa la mappa βv : (v, w) 7→w.

Se infatti R ⊆ Wv e un chiuso di Zariski, definito come il luogo nullo inWv di polinomi

Ri(X1, . . . , Xl, Y1, . . . , Yk) ∈ K[X1, . . . , Xl, Y1, . . . , Yk],

allora α−1v (R) e il luogo nullo comune in V dei polinomi

Ri(v1, . . . , vl, Y1, . . . , Yl) ∈ K[Y1, . . . , Yk].

Page 27: geometria algebrica

1.1. LA TOPOLOGIA DI ZARISKI 27

Viceversa, se C ⊆ W e un chiuso di Zariski, definito come il luogo nullo inW di polinomi

Si(Y1, . . . , Yk) ∈ K[Y1, . . . , Yl],

allora β−1v (C) e il luogo nullo comune in Wv dei polinomi

Si(Y1, . . . , Yk) ∈ K[X1, . . . , Xl, Y1, . . . , Yk].

In particolare, Wv e irriducibile per ogni v ∈ V .Siano ora Z1, Z2 ⊆ V ×W chiusi di Zariski tali che V ×W = Z1 ∪ Z2;

vogliamo dimostrare che necessariamente V ×W = Z1 o V ×W = Z2.Per ogni v ∈ V abbiamo

Wv =(Wv ∩ Z1

)∪(Wv ∩ Z2

).

Dal momento che Wv e irriducibile, deve essere Wv = Wv∩Z1 o Wv = Wv∩Z2;equivalentemente, Wv ⊆ Z1 o Wv ⊆ Z2.

Definiamo ora per j = 1, 2

Vj =:{v ∈ V : (v, w) ∈ Zj ∀w ∈ W

}={v ∈ V : Wv ⊆ Zj

}.

Abbiamo quindi V = V1 ∪ V2. Se sapessimo che i Vj sono chiusi di Zariski,l’irriducibilita di V implicherebbe V = V1 o V = V2; nel primo caso, avremmoV ×W = Z1, nel secondo V ×W = Z2.

Rimane quindi da dimostrare che i Vj sono chiusi di Zariski.Ora per ogni w ∈ V sia

V wj =:

{v ∈ V : (v, w) ∈ Zj

}.

Sia Vw =: V × {w}; come sopra, si verifica che Vw e un chiuso di Zariskiomeomorfo a V , mediante la γw : (v, w) 7→ v. Allora

V wj = γw

(Vw ∩ Zj

)e un chiuso di Zariski di V . Pertanto

Vj ={v ∈ V : (v, w) ∈ Zj ∀w ∈ W

}=

⋂w∈W

{v ∈ V : (v, w) ∈ Zj

}=

⋂w∈W

V wj

e anch’esso un chiuso di Zariski.C.V.D.

Esercizio 1.1.16. Generalizzare al prodotto Cartesiano di un numero finitoarbitrario di chiusi affini.

Page 28: geometria algebrica

28 CAPITOLO 1. VARIETA AFFINI

1.2 Funzioni regolari

Definizione 1.2.1. Sia V ⊆ An un chiuso affine. Una funzione f : V → Ksi dice regolare se e la restrizione a V di un polinomio F ∈ K[X1, . . . , Xn].In altre parole, f(P ) = F (P ), per ogni P ∈ V .

Lemma 1.2.1. Le funzioni regolari sul chiuso affine V ⊆ An separano ipunti di V . Piu precisamente, per ogni P1, . . . , Pr ∈ V e λ1, . . . , λr ∈ Kesiste f : V → K regolare tale che f(Pi) = λi.

Dim. Identifichiamo An con Kn e denotiamo con X · Y =∑n

i=1 xi yi ilprodotto scalare standard di X, Y ∈ Kn. Affermo che esiste A ∈ Kn tale cheA · Pj 6= A · Pk se j 6= k. In effetti, se j 6= k la condizione A · (Pj − Pk) = 0determina un iperpiano

Hjk = Z(X · (Pj − Pk)

)⊆ An.

Essendo irriducibile, An non puo essere unione di una collezione finita di sot-toinsiemi chiusi propri, quindi An 6=

⋃nj,k=1 Hjk; (piu prosaicamente, P (X) =:∏r

i=1

(X · (Pj −Pk)

)6= 0, quindi il suo luogo nullo e contenuto propriamente

in An). Sia allora

A ∈ An \n⋃

j,k=1

Hjk,

cosı che A · Pj 6= A · Pk se j 6= k.Chiaramente il polinomio

F (X) =n∑i=1

λi∏j 6=i

A · (X− Pj)A · (Pi − Pj)

,

soddisfa F (Pi) = λi per ogni i = 1, . . . , r, quindi basta porre f = F |V .C.V.

Lemma 1.2.2. Una funzione regolare f : V → K ∼= A1 e continua per latopologia di Zariski.

Dim. Sia C ⊆ A1 un chiuso affine, ossia il luogo nullo di un polinomioP ∈ K[X]. Allora f−1(C) e il luogo nullo della funzione P ◦ f : V → A1. SiaF ∈ K[X1, . . . , Xn] un’estensione di f ; allora chiaramente

f−1(C) = ZV (P ◦ f) = V ∩ Z(P ◦ F

).

Ora P ◦ F : An → A1 e una composizione di funzioni polinomiali, quindie una funzione polinomiale. Pertanto, Z

(P ◦ F

)⊆ An e un chiuso affine,

sicche f−1(C) e Zariski-chiuso in C.C.V.D.

Page 29: geometria algebrica

1.2. FUNZIONI REGOLARI 29

Proposizione 1.2.1. Sia V un chiuso affine irriducibile. Sia f : V → Kuna funzione regolare tale che f(P ) = 0 per ogni P ∈ U , ove U ⊆ V e unaperto non vuoto di V . Allora f = 0, ossia f(P ) = 0 per ogni P ∈ V .

Dim. Sia T ⊆ V il luogo ove f 6= 0. Allora T e aperto in V , per definizionedi topologia di Zariski e di funzione regolare. Inoltre, per ipotesi, T ∩U = ∅.Ma essendo V irriducibile, ogni sottoinsieme aperto non vuoto di V e denso,quindi T = ∅.

C.V.D.

Corollario 1.2.1. Sia V un chiuso affine irriducibile. Siano f, g : V → Kfunzioni regolari tali che f(P ) = g(P ) per ogni P ∈ U , ove U ⊆ V e unaperto non vuoto di V . Allora f = g.

Dim. Si applichi la Proposizione a f − g.C.V.D.

Data la struttura di anello di K, la collezione delle funzioni regolari suV forma un anello O(V ) (esercizio); per definizione, abbiamo un morfismosuriettivo di anelli K[X1, . . . , Xn] → O(V ), il cui nucleo e l’ideale radicaleI(V ) di tutti i polinomi identicamente nulli su V . Quindi

O(V ) ∼= K[X1, . . . , Xn]/I(V ).

Pertanto:

Corollario 1.2.2. Per ogni chiuso affine V ⊆ An l’anello O(V ) e Noethe-riano.

Corollario 1.2.3. Il chiuso affine V ⊆ An e irriducibile se e solo se l’anelloO(V ) delle funzioni regolari su V e un dominio di integrita.

Il campo K e isomorfo in modo naturale al sottoanello delle funzioni co-stanti V → K. Chiamiamo V : K → O(V ) l’inclusione di K in O(V );scrivendo λ = V (λ), identifichiamo λ ∈ K con la funzione costante ugua-le a λ. Quindi O(V ) e una K-algebra e la restrizione di funzioni regolariK[X1, . . . , Xn]→ O(V ) e un epimorfismo di K-algebre. Piu precisamente:

Proposizione 1.2.2. Sia A un anello. Le seguenti affermazioni sono equi-valenti:

1. Esiste un chiuso affine V ⊆ An tale che A ∼= O(V ).

2. A e una K-algebra commutativa finitamente generata senza elementinilpotenti (6= 0).

Page 30: geometria algebrica

30 CAPITOLO 1. VARIETA AFFINI

Prop. Valga 1. Allora A ∼= K[X1, . . . , Xn]/I(V ) e una K-algebra com-mutativa finitamente generata, perche quoziente di K[X1, . . . , Xn], senzaelementi nilpotenti, perche I(V ) e un ideale radicale.

Valga 2. Allora A e un quoziente di K[X1, . . . , Xn], in quanto K-algebracommutativa finitamente generata; sia p : K[X1, . . . , Xn]→ A la proiezione.Allora ker(p) E K[X1, . . . , Xn] e un ideale radicale, dal momento che A nonha nilpotenti. Se C = Z

(ker(p)

), abbiamo cosı I(C) = ker(p) e quindi

A ∼= O(C).

C.V.D.

Osservazione 1.2.1. Sia V ⊆ An un chiuso affine. Un sottoinsieme W ⊆ Ve Zariski-chiuso (ossia, chiuso per la topologia di Zariski) se e solo se esistonofunzioni regolari fi ∈ O(V ) tali che W = Z

({fi}) (il luogo nullo comune in V

delle fi). Basta infatti segliere una famiglia di generatori dell’ideale radicaledi W , Fi ∈ I(W ) (si noti che W stesso e Zariski-chiuso in An: esercizio) eporre fi = Fi|V .

Il Teorema degli Zeri si applica anche agli anelli O(V ). Per vederlo,premettiamo qualche osservazione e terminologia.

Innanzitutto, se R ⊆ O(V ) diremo ZV (R) il luogo nullo di R, ovverol’insieme dei P ∈ V tali che f(P ) = 0 per ogni f ∈ R.

Inoltre, vi e una corrispondenza biunivoca tra gli ideali di O(V ) e gli

ideali di K[X1, . . . , Xn] contenenti I(V ), data da J 7→ J =: π−1(J); qui

π : K[X1, . . . , Xn]→ O(V ) ∼= K[X1, . . . , Xn]/I

e la proiezione (ossia la mappa di restrizione a V , F 7→ F |V ). Questa cor-rispondenza porta ideali radicali in ideali radicali (esercizio). Chiaramente,

essendo I ⊆ J =: π−1(J), vale anche V = Z(I) ⊇ Z(J). In effetti,

Lemma 1.2.3. ZV (J) = Z(J)

.

Dim. sia J = (g1, . . . , gk), l’ideale generato da g1 . . . , gk ∈ O(V ); alloraf ∈ J se e solo se esistono p1, . . . , pk ∈ O(V ) tali che

f =k∑j=1

pj gj.

Page 31: geometria algebrica

1.2. FUNZIONI REGOLARI 31

Siano G1, . . . , Gk ∈ K[X1, . . . , Xn] tali che gi = π(Gi) per ogni i. Alloraper F ∈ K[X1, . . . , Xn] si ha

F ∈ J ⇔ f =: π(F ) ∈ J

⇔ ∃ p1, . . . , pk ∈ O(V ) : f =k∑i=1

pi gi

⇔ ∃P1, . . . , Pk ∈ K[X1, . . . , Xn] : F −k∑i=1

PiGi ∈ I

⇔ F ∈ (G1, . . . , Gk, I),

ove (G1, . . . , Gk, I) e lideale di K[X1, . . . , Xn] generato dai Gi e I. Quindi

J = (G1, . . . , Gk, I).

Ne segue che

x ∈ ZV (J) ⇔ x ∈ V e f(x) = 0 ∀f ∈ J⇔ F (x) = 0, ∀F ∈ I e gi(x) = 0∀i = 1, . . . , k

⇔ F (x) = 0, ∀F ∈ I eGi(x) = 0 ∀i = 1, . . . , k

⇔ F (x) = 0, ∀F ∈ J

⇔ x ∈ Z(J).

C.V.D.

Proposizione 1.2.3. Sia V ⊆ An e J E O(V ) un ideale. Sia h ∈ O(V ) esupponiamo che h(x) = 0 per ogni x ∈ ZV (J). Allora hr ∈ J per qualcheintero r ≥ 1.

Dim. Sia H ∈ K[X1, . . . , Xn] tale che h = π(H); si ha quindi

H(x) = h(x) = 0, ∀x ∈ ZV (I) = Z(J).

Pertanto, per il Teorema degli Zeri in K[X1, . . . , Xn], esiste k ≥ 1 intero taleche

Hk ∈ J = π−1(J).

Quindi,hk = π(H)k ∈ J.

C.V.D.

Corollario 1.2.4. Sia I E O(V ) un ideale e supponiamo che ZV (I) = ∅.Allora I = O(V ).

Dim. Si applichi la Proposizione con h = 1.C.V.D.

Page 32: geometria algebrica

32 CAPITOLO 1. VARIETA AFFINI

1.2.1 Punti e ideali massimali

Esiste un dizionario tra le proprieta geometriche dei chiusi affini e le proprietaalgebriche dei corrispondenti anelli di funzioni regolari. Innanzitutto:

Proposizione 1.2.4. Sia V ⊆ An un chiuso affine. Allora esiste una cor-rispondenza biunivoca naturale tra i punti di V e gli ideali massimali diO(V ).

Dim. Consideriamo inanzitutto il caso V = An. Affermo che ogni idealemassimale m E O (An) = K[X1, . . . , Xn] ha la forma

m =(X1 − a1, . . . , Xn − an

),

per un unico A = (a1, . . . , an) ∈ An.In effetti, dal momento che m 6= K[X1, . . . , Xn] si ha Z(m) 6= ∅ per il

Teorema degli Zeri. Sia A = (a1, . . . , an) ∈ Z(m).Essendo il nucleo del morfismo di anelli K[X1, . . . , Xn] → K dato dalla

valutazione in A, F 7→ F (A),(X1 − a1, . . . , Xn − an

)e massimale (infatti

il quoziente K[X1, . . . , Xn]/(X1 − a1, . . . , Xn − an

) ∼= K e un campo). Dalmomento che

Z((X1 − a1, . . . , Xn − an

))= {A} ⊆ Z(m)

deve essere m ⊆(X1−a1, . . . , Xn−an

); essendo entrambi gli ideali massimali,

concludiamo chem =

(X1 − a1, . . . , Xn − an

).

L’unicita e lasciata come esercizio.Se poi V ⊆ An e un chiuso affine con ideale radicale I, gli ideali massimali

di O(V ) = K[X1, . . . , Xn]/I sono in corrispondenza biunivoca con gli idealimassimali massimali di K[X1, . . . , Xn] contenenti I; pertanto, per quantovisto, sono in corrispondenza biunivoca con i punti A ∈ An tali che(

X1 − a1, . . . , Xn − an)⊇ I,

ossia tali che {A} ⊆ V ossia, piu amichevolmente, tali che A ∈ V .C.V.D.

1.2.2 Chiusi e ideali radicali; chiusi irriducibili e idealiprimi

Piu in generale, abbiamo:

Page 33: geometria algebrica

1.2. FUNZIONI REGOLARI 33

Proposizione 1.2.5. Sia V ⊆ An un chiuso affine e sia I E K[X1, . . . , Xn] ilsuo ideale radicale. Esiste una corrispondenza biunivoca naturale tra seguentiinsiemi:

a : L’insieme dei sottoinsiemi chiusi di V per la topologia di Zariski.

b : L’insieme di tutti gli ideali radicali J E O(V ).

c : L’insieme di tutti gli ideali radicali di K[X1, . . . , Xn] contenenti I.

Tale corrispondenza associa a ogni chiuso W di V l’ideale radicale delle fun-zioni regolari che si anullano identicamente su W ; nella direzione inversa, aogni ideale radicale J E O(V ) associa il suo luogo nullo ZV (J).

Dim. L’insieme dei sottoinsiemi chiusi di V per la topologia di Zariskie ovviamente l’insieme di tutti i chiusi affini W ⊆ An tali che W ⊆ V .Se associamo a ogni chiuso affine il suo ideale radicale in K[X1, . . . , Xn],tale insieme e in corrispondenza biunivoca con l’insieme degli ideali radicaliJ E K[X1, . . . , Xn] contenenti I. D’altra parte, mediante la mappa J 7→J = π−1(J) gli ideali radicali J E O(V ) sono in corrispondenza biunivoca

naturale proprio con gli ideali radicali J E K[X1, . . . , Xn] contenenti I (quiπ : K[X1, . . . , Xn]→ O(V ) e la mappa di restrizione o, equivalentemente, laproiezione sul quoziente per I).

C.V.D.

Proposizione 1.2.6. La corrispondenza biunivoca della Proposizione 1.2.5si restringe a una corrispondenza biunivoca naturale tra seguenti insiemi:

a : L’insieme dei sottoinsiemi chiusi irriducibili di V per la topologia diZariski.

b : L’insieme di tutti gli ideali primi p E O(V ).

c : L’insieme di tutti gli ideali primi di K[X1, . . . , Xn] contenenti I.

Dim. Esercizio.

Esempio 1.2.1. Il polinomio Y 2 − X3 e irriducibile. Infatti (dopo avereeventualmente moltiplicato i fattori per un opportuno λ 6= 0) una sua fat-torizzazione ha necessariamente la forma (Y 2 +R(X)) · S(X) oppure

(Y +

P (X))·(Y + Q(X)

), ove P,Q,R, S ∈ K[X]; nel primo caso, confrontando

i coefficienti di Y 2 ricaviamo S(X) = 1, quindi la fattorizzazione e triviale.Nel secondo caso, abbiamo Y 2−X3 = Y 2 +

(P (X)+Q(X)

)Y +P (X)Q(X),

onde P (X) = −Q(X) e quindi X3 = −Q(X)2, assurdo.

Page 34: geometria algebrica

34 CAPITOLO 1. VARIETA AFFINI

Quindi, il chiuso affine V ⊆ A2 definito dall’equazione Y 2 = X3 e irridu-cibile, sicche O(V ) e un dominio di integrita; in effetti, l’ideale radicale di Ve proprio l’ideale principale generato da Y 2 −X3.

Siano x, y ∈ O(V ) le funzioni indotte per restrizione da X e Y , rispet-tivamente. Possiamo scrivere ogni f ∈ O(V ) come f = P (x) + y Q(x), peropportuni unici polinomi Q,P ∈ K[X], con la regola di moltiplicazione(

P (x) + y Q(x))·(R(x) + y S(x)

)=

(P (x)R(x) + x3Q(x)S(x)

)+ y(Q(x)R(x) + P (x)S(x)

).

Esempio 1.2.2. Il polinomio XY − 1 e irriducibile, quindi

D =: Z(XY − 1) ⊆ A2

e un chiuso affine irriducibile e

O(D) ∼= K[X, Y ]/(XY − 1)

e un dominio di integrita. Esplicitamente, O(D) ∼= K [X,X−1], la localiz-zazione di K[T ] rispetto al sistema moltiplicativo (T n) (equivalentemente,l’anello delle serie di Laurent finite in X).

In dettaglio, consideriamo l’epimorfismo

α : K[X, Y ]→ K[X,X−1

], P (X, Y ) 7→ P

(X,X−1

).

Ora P (X, Y ) =∑

i,j pi,jXiY j ∈ K[X, Y ] puo essere riscritto

P (X, Y ) =+∞∑

a=−∞

(∑k

pa+k,kXa+k Y k

)

=+∞∑

a=−∞

Xa

(∑k

pa+k,kXk Y k

)

ove si intende che pl,k = 0 se almeno uno dei due indici e negativo. Pertanto,

α(P ) =+∞∑

a=−∞

(∑k

pa+k,k

)Xa

(naturalmente la somma e finita).Quindi α(P ) = 0 se e solo se

∑k pa+k,k = 0 per ogni a, se e solo se il

polinomio Ra(T ) =∑

k pa+k,k Tk soddisfa Ra(1) = 0, se e solo se Ra(T ) =

(T − 1)Qa(T ) per qualche Qa ∈ K[T ].

Page 35: geometria algebrica

1.2. FUNZIONI REGOLARI 35

Pertanto,∑k

pa+k,kXk Y k = Ra(XY ) =

(XY − 1

)Qa(XY ),

onde per cui

P (X, Y ) =+∞∑

a=−∞

XaRa(XY )

=(XY − 1

) +∞∑a=−∞

XaQa(XY ) ∈(XY − 1

).

Ne discende facilmente che ker(α) = (XY − 1), quindi O(D) ∼= K [X,X−1].

1.2.3 L’anello di un prodotto di chiusi affini

Si pone il problema di descrivere la K-algebra O(V ×W ) in termini di O(V )e O(W ).

Proposizione 1.2.7. Esiste un isomorfismo naturale

O(V ×W ) ∼= O(V )⊗K O(W ).

Dim. Si consideri la funzione ψ : O(V )×O(W )→ O(V ×W ) data da

ψ(f, g)(P,Q) =: f(P ) g(Q).

Mostriamo innanzitutto che ψ e ben definita.Chiaramente, ψ(f, g) : V ×W → K e ben definita; per verificare che ψ

prende effettivamente valori in O(V × W ), occorre dimostrare che ψ(f, g)e una funzione regolare su V × W , per ogni (f, g) ∈ O(V ) × O(W ). Perdefinizione di funzione regolare su un chiuso affine, cio significa che ψ(f, g) ela restrizione a V ×W di un polinomio su Ak+l.

Ora, sempre per definizione, esistono F ∈ K[X1, . . . , Xl], G ∈ K[Y1, . . . , Yk]tali che f(P ) = F (P ) per ogni P ∈ V e g(Q) = G(Q) per ogni Q ∈ W . Ilpolinomio prodotto

F ⊗G(X, Y ) =: F (X)G(Y ) ∈ K[X1, . . . , Xl, Y1, . . . , Yk]

soddisfa allora f(P ) g(Q) = F (P )G(Q) = F ⊗ G(P,Q) per ogni (P,Q) ∈V ×W . Quindi ψ(f, g) ∈ O(V ×W ) per ogni (f, g) ∈ O(V )×O(W ).

Page 36: geometria algebrica

36 CAPITOLO 1. VARIETA AFFINI

Evidentemente ψ e una funzione bilineare di K-spazi vettoriali, quindiper la proprieta universale del prodotto tensoriale induce un’applicazioneK-lineare Ψ : O(V )⊗K O(W )→ O(V ×W ). Inoltre, ψ soddisfa

ψ(f, g)ψ(f ′, g′) = ψ(ff ′, gg′),

dal che segue che Ψ e un morfismo di K-algebre.Mostriamo ora che ψ e un epimorfismo. Sia g ∈ O(V×W ) e siaG(X, Y ) ∈

K[X1, . . . , Xl, Y1, . . . , Yk] un polinomio che induce g per restrizione a V ×W .Scriviamo

G(X, Y ) =∑I,J

gI,J XI Y J ,

ove se I = (i1, . . . , ik) si pone XI =: X i11 · · ·X

ikk , e analogamente per Y J . La

somma e su una collezione finita di multi-indici (I, J).Per ogni i, sia xi ∈ O(V ) la funzione su V indotta per restrizione da

Xi, e definiamo xI =: xi11 · · ·xilk ; chiaramente, xI e la funzione regolare su V

indotta per restrizione da XI . Evidentemente, possiamo vedere xi, xI come

funzioni regolari su V ×W , e lo stesso vale per yj, YJ . Abbiamo cosı

g =∑I,J

gI,J xI yJ = Ψ

(∑I,J

gI,J xI ⊗ yJ

).

E’ forse piu chiaro riformulare l’argomento precedente come segue. Ten-sorizzando gli epimorfismi

πV : K[X1, . . . , Xl]� O(V ), πW : K[Y1, . . . , Yk]� O(W )

si ottiene l’epimorfismo

πV : K[X1, . . . , Xl]⊗K[Y1, . . . , Yk]� O(V )⊗O(W ).

D’altra parte abbiamo l’isomorfismo (esercizio)

γ : K[X1, . . . , Xl]⊗K[Y1, . . . , Yk] ∼= K[X1, . . . , Xl, Y1, . . . , Yk],

P (X)⊗Q(X) 7→ P (X)Q(X).

Pertanto, nel diagramma commutativo (esercizio: verificare che lo e)

K[X1, . . . , Xl]⊗K[Y1, . . . , Yk]γ−−−→ K[X1, . . . , Xl, Y1, . . . , Yk]yπV ⊗πW yπV×W

O(V )⊗O(W )ψ−−−→ O(V ×W )

Page 37: geometria algebrica

1.2. FUNZIONI REGOLARI 37

tutte le frecce, a parte eventualmente ψ, sono suriettive; ma allora anche ψlo e.

Mostriamo infine che ψ e un monomorfismo, cioe ker(Ψ) = (0).A tal fine, basta dimostrare che ker(Ψ) non contiene sottospazi vettoriali

finito-dimensionali non nulli. Dato R siffatto contenuto in ker(Ψ), sianoA ⊆ O(V ) e B ⊆ O(W ) sottospazi vettoriali finito-dimensionali tali cheA⊗ B ⊇ R. Siano (ai) e (bj) basi (finite) di A e B, rispettivamente; quindi(ai ⊗ bj) e una base di A⊗B (si noti che dim

(A⊗B

)= dim(A) · dim(B)).

Sia r ∈ R. Dato che r ∈ R ⊆ A⊗B, esistono unici cij ∈ K tali che

r =∑ij

cijai ⊗ bj.

Allora la condizione Ψ(r) = 0 significa

Ψ(r)(P,Q) =∑ij

cijai(P ) bj(Q) = 0

per ogni P ∈ V e Q ∈ W .Fissiamo quindi Q0 ∈ W . Abbiamo per restrizione a V ∼= V × {Q0} che

la funzione regolare

Ψ(r)(·, Q0) =∑ij

cijbj(Q0) ai =∑i

(∑j

cijbj(Q0)

)ai ∈ O(V )

e identicamente nulla. Pertanto, data l’indipendenza lineare degli ai, deveessere

∑j cijbj(Q0) = 0. Ora questo vale per ogni Q0 ∈ W , quindi

∑j cijbj =

0 ∈ O(W ). Quindi cij = 0 per l’indipendenza lineare dei bj. In conclusione,r = 0.

C.V.D.

In virtu delle Proposizioni 1.2.2 e 1.1.8, otteniamo

Corollario 1.2.5. Supponiamo che A e B siano K-algebre finitamente ge-nerate senza nilpotenti. Se A e B sono domini di integrita, tale e anche illoro prodotto tensoriale A⊗K B.

Dim. Siano V e W chiusi affini tali che A ∼= O(V ) e B ∼= O(W ). AlloraA⊗K B ∼= O(V ×W ).

Ora V e W sono irriducibili, dal momento che A e B sono domini diintegrita. Data la Proposizione 1.1.8, anche V ×W e irriducibile e pertantoA⊗K B e un dominio di integrita.

C.V.D.

Esercizio 1.2.1. Generalizzare al prodotto Cartesiano di un numero finitoarbitrario di chiusi affini.

Page 38: geometria algebrica

38 CAPITOLO 1. VARIETA AFFINI

1.3 Morfismi

Definizione 1.3.1. Sia V ⊆ Al un chiuso affine. Una funzione f : V → Aksi dice regolare se f = (f1, . . . , fk), ove fi ∈ O(V ) per ogni i = 1, . . . , k.

Quindi, una funzione regolare f : V → Ak e la restrizione a V di unafunzione polinomiale F : Al → Ak.Definizione 1.3.2. Siano V ⊆ Al e W ⊆ Ak chiusi affini. Un morfismof : V → W e una mappa regolare f : V → Ak la cui immagine e contenutain W , ossia tale che f(V ) ⊆ W .

Osservazione 1.3.1. L’esempio 1.1.4 mostra che le applicazioni polinomialiAl → Ak sono continue per la topologia di Zariski; tale e allora qualsiasimorfismo f : V → W , dato che topologie di Zariski su V e W sono indotteper restrizione.

1.3.1 Morfismi di varieta e morfismi di K-algebre

Teorema 1.3.1. Sia f : V → W un morfismo di chiusi affini. Allorag ◦ f ∈ O(V ) per ogni g ∈ O(W ).

Dim. Basta verificare che g ◦ f si estende a una funzione polinomialeAn → K.

Per definizione di funzione regolare, esistono polinomi

F1, . . . , Fk ∈ K[X1, . . . , Xn]

tali chef(P ) =

(F1(P ), . . . , Fk(P )

)∈ W

per ogni P ∈ V . Sempre per definizione, esiste un polinomio

G ∈ K[X1, . . . , Xk]

tale cheg(Q) = G(Q)

per ogni Q ∈ W . La funzione H : An → K

H(P ) =: G(F1(P ), . . . , Fk(P )

)(P ∈ An)

e chiaramente polinomiale. Inoltre, per ogni P ∈ V si ha(F1(P ), . . . , Fk(P )

)∈

W , quindi

H(P ) = G(F1(P ), . . . , Fk(P )

)= g(F1(P ), . . . , Fk(P )

)= g(f(P

)= g ◦ f(P ).

C.V.D.

Piu in generale, essenzialmente lo stesso argomento dimostra:

Page 39: geometria algebrica

1.3. MORFISMI 39

Teorema 1.3.2. Siano U, V, W chiusi affini e f : U → V , g : V → Wmorfismi. Allora g ◦ f : U → W e un morfismo.

Dim. Esercizio.

Quindi un morfismo f : V → W di chiusi affini induce un morfismo dianelli di funzioni regolari

f ∗ : O(W )→ O(V ),

che chiameremo il tirato-indietro di f . Piu precisamente, f ∗ e un morfismodi K-algebre, dato che f ∗(λ) = λ per ogni λ ∈ K. Vedremo ora che f e f ∗

sono completamente equivalenti.

Esercizio 1.3.1. Nelle ipotesi del Teorema 1.3.2, si dimostri che (g ◦ f)∗ =f ∗ ◦ g∗.

Se P ∈ V , siano mP E O(V ) e mf(P ) E O(W ) gli ideali massimaliassociati a P e f(P ). Possiamo ricostruire f da f ∗ mediante la seguenteosservazione:

Proposizione 1.3.1. Per ogni P ∈ V , si ha

mf(P ) = (f ∗)−1 (mP

).

Dim. Si ha

(f ∗)−1 (mP

)= {F ∈ O(W ) : f ∗(F ) ∈ mP}= {F ∈ O(W ) : F ◦ f ∈ mP}=

{F ∈ O(W ) : F

(f(P )

)= 0}

= mf(P ).

C.V.D.

Viceversa, dati chiusi affini V ⊆ Al e W ⊆ Ak, supponiamo dato un mor-fismo di K-algebre ψ : O(W ) → O(V ). Ci chiediamo se esiste un morfismodi chiusi affini f : V → W tale che ψ = f ∗.

Supponiamo di sapere che per ogni P ∈ V l’immagine inversa ψ−1(mP ) eun ideale massimale di O(W ). Allora tale ideale massimale corrisponde a ununico punto QP ∈ W , sicche otteniamo una mappa insiemistica f : V → W ,P 7→ QP .

Ora dato un morfismo di anelli f : A→ B e un ideale I E B, l’immagineinversa f−1(I) e un ideale di A e si ha un morfismo di anelli iniettivo

fI : A/f−1(I)→ B/I.

Page 40: geometria algebrica

40 CAPITOLO 1. VARIETA AFFINI

In particolare, se I e primo allora A/f−1(I) e un sottoanello di un dominiodi integrita, quindi e esso stesso un dominio di integrita. Pertanto, f−1(I) eun ideale primo di A se I e un ideale primo di B.

Tuttavia, in generale f−1(I) non e massimale anche se tale e I. Peresempio, sia f : Z→ Q l’inclusione e sia I = (0).

Nel nostro caso, il fatto che f sia un morfismo di K-algebre ci permetteinvece di concludere:

Teorema 1.3.3. Per ogni P ∈ V , ψ−1(mP ) e un ideale massimale di O(W ).

Dim. Abbiamo visto che O(W )/ψ−1(mP ) e (isomorfo a) un sottoanel-lo di O(V )/mP

∼= K; pertanto basta dimostrare che l’applicazione natu-rale O(W ) → O(V )/mP e suriettiva (quest’ultima e la composizione diψ : O(W ) → O(V ) e di evP : O(V ) → K). Infatti in tal caso si ha unisomorfismo O(W )/ψ−1(mP ) ∼= O(V )/mP

∼= K, sicche ψ−1(mP ) E O(W ) emassimale.

A tal fine, basta dimostrare che la restrizione al sottoanello K ⊆ O(W ),evP ◦ ψ ◦ V : K → O(V )/mP

∼= K, e suriettiva. Dal momento che ψ e unmorfismo di K-algebre, ψ ◦ V = W ; quindi,

evP ◦ ψ ◦ V = evP ◦ W = idK.

Q.E.D.

Pertanto, un morfismo di K-algebre ψ : O(W ) → O(V ) induce una fun-

zione ψ : V → W , tale che per ogni P ∈ V il trasformato f(P ) ∈ W eunivocamente determinato dalla condizione

m′ψ(P )

= ψ−1 (mP ) ,

ove m′Q E O(W ) e mP E O(V ) sono gli ideali masismali associati a puntiQ ∈ W e P ∈ V , rispettivamente.

Naturalmente, ci chiediamo se ψ : V → W e un morfismo di chiusi affini.Per rispondere a tale domanda, affrontiamo la questione in modo leggermentediverso.

Supponiamo che W sia un chiuso affine di Ak e siano Y1, . . . , Yk le coor-dinate lineari su Ak, con restrizioni yi = Yi|W . Per ogni i = 1, . . . , k, siaαi = ψ(yi) ∈ O(V ); definiamo quindi α : V → Ak ponendo

α =(α1, . . . , αk

).

Per costruzione, α e un morfismo.

Page 41: geometria algebrica

1.3. MORFISMI 41

Lemma 1.3.1. Abbiamo α(V ) ⊆ W , pertanto α e un morfismo V → W .

Dim. Sia F ∈ I(W ); dato che la restrizione K[Y1, . . . , Yk] → O(W ) e unmorfismo, abbiamo

F (y1, . . . , yk) = F (Y1|W , . . . , Yk|W ) = F (Y1, . . . , Yk)|W = 0.

Inoltre, dato che ψ e un morfismo, abbiamo anche

F (α1, . . . , αk) = F(ψ(y1), . . . , ψ(yk)

)= ψ

(F (y1, . . . , yk)

)per ogni F ∈ K[Y1, . . . , Yk].

Se p ∈ V e F ∈ I(W ), pertanto,

F(α(p)

)= F

(α1(p), . . . , αk(p)

)= F

(ψ(y1), . . . , ψ(yk)

)(p)

= ψ(F (y1, . . . , yk)

)(p)

= ψ(0)(p) = 0.

Quindi, α(p) ∈ Z(I(W )

)= W per ogni p ∈ V ; restringendo il codominio

abbiamo allora una mappa regolare α : V → W .C.V.D.

Lemma 1.3.2. α∗ = ψ.

Dim. Dal momento che α∗ e ψ sono entrambi morfismi diK-algebre, bastaverificare che coincidono sui generatori yi di O(W ). Ma questo e ovvio, datoche per costruzione di α

ψ(yi) = αi = Yi ◦ α = yi ◦ α = α∗(yi).

C.V.D.

Corollario 1.3.1. ψ = ψ.

Dim. Per ogni P ∈ V , abbiamo

m′ψ(P )

= ψ−1(mP ) =(ψ∗)−1

(mP ) = m′ψ(P )

.

Quindi, ψ(P ) = ψ(P ).C.V.D.

In definitiva, abibamo dimostrato quanto segue:

Page 42: geometria algebrica

42 CAPITOLO 1. VARIETA AFFINI

Teorema 1.3.4. Siano V e W chiusi affini. Esiste una corrispondenza biu-nivoca naturale f 7→ f ∗ tra i morfismi V → W e i morfismi di K-algebreO(W )→ O(V ). Tale corrispondenza definisce un funtore controvariante trale categorie dei chiusi affini e delle K-algebre finitamente generate.

Si pone il problema di legare le proprieta geometriche di un morfismodi chiusi affini alle proprieta algebriche del corrispondente morfismo di K-algebre.

1.3.2 Morfismi dominanti

Definizione 1.3.3. Un morfismo di chiusi affini f : V → W si dice dicedominante se f(V ) e denso in W , ossia f(V ) = W .

Osservazione 1.3.2. Sia W ⊆ An un chiuso affine e sia A ⊆ W un sottoin-sieme arbitrario.

Esercizio 1.3.2. Dimostrare (usando il fatto che W e un chiuso affine) chela chisura di Zariski di A in An coincide con la chiusura di Zarisi di A in W .

Sia

I(A) =:{F ∈ K[X1, . . . , Xn] : F (a1, . . . , an) = 0∀ a = (a1, . . . , an) ∈ A

},

IW (A) =:{f ∈ O(W ) : f(a) = 0, ∀ a ∈ A

}.

Esercizio 1.3.3. Dimostrare che I(A) E K[X1, . . . , Xn] e IW (A) E O(W )sono ideali radicali.

Si rammenti che la chiusura di Zariski di A in An e A = Z(I(A)

).

Esercizio 1.3.4. Se

π : K[X1, . . . , Xn]→ O(W ) ∼= K[X1, . . . , Xn]/I(W )

e la proiezione, dimostrare che

IW (A) = π(I(A)

)= I(A)/I(W ).

Se J E O(W ) e un ideale, sia

ZW (J) =:{w ∈ W : f(w) = 0∀ f ∈ J

}.

il corrispondente luogo nullo in W .

Page 43: geometria algebrica

1.3. MORFISMI 43

Esercizio 1.3.5. Dimostrare che

A = ZW(IW (A)

).

Piu in generale, dato un ideale J E O(W ) si definisca

J =: π−1(J) E K[X1, . . . , Xn],

allora J ⊇ I(W ) e J = J/I(W ).

Esercizio 1.3.6. Dimostrare che ZW (J) = Z(J).

Esempio 1.3.1. Un morfismo suriettivo e dominante, ma in generale nonvale il viceversa. Ad esempio, sia f : A2 → A2 dato da f(x, y) = (x, xy).Allora f (A2) = A2 \ {(0, y) : y 6= 0}. Evidentemente, se F ∈ K[X, Y ] eF (X, Y ) = 0 ogniqualvolta X 6= 0 allora F = 0. Quindi, If(A2) = (0) e

pertanto f (A2) = A2.

Proposizione 1.3.2. Sia f : V → W un morfismo di chiusi affini. Allorale seguenti proprieta sono equivalenti:

1. f e dominante;

2. f ∗ e iniettivo.

Prima di passare alla dimostrazione, osserviamo che

ker (f ∗) ={F ∈ O(W ) : F ◦ f = 0

}=

{F ∈ O(W ) : F

(f(P )

)= 0∀P ∈ V

}=

{F ∈ O(W ) : F (Q) = 0 ∀Q ∈ f(V )

}= If(V ).

Dim. Se f e dominante, allora If(V ) = If(V ) = IW = (0). Quindi

ker(f ∗) = (0) e pertanto f e iniettiva. Viceversa, supponiamo che f ∗ siainiettiva, sicche ker(f ∗) = (0). Allora If(V ) = (0) e quindi f(V ) = Z(0) = W ,ossia f e dominante.

C.V.D.

Esempio 1.3.2. Nel caso dell’esempio 1.3.1, f ∗(F (X, Y )

)= F (X,XY ).

Se F non contiene Y , si ha f ∗(F ) = F . Altrimenti, se gradoY (F ) > 0 e ilmassimo grado di Y in F , chiaramente gradoY (F ) = gradoY (f ∗(F )). Quindi,f ∗(F ) 6= 0. Quindi, f ∗(F ) 6= 0 se F 6= 0, ossia ker(f ∗) = (0).

Page 44: geometria algebrica

44 CAPITOLO 1. VARIETA AFFINI

Esempio 1.3.3. Sia f : A2 → A2 data da (x, y) 7→ (x2y2, x3y3). L’imma-gine di f e contenuta nel luogo x3 = y2, quindi f non e dominante. Si haf ∗ (X3 − Y 2) = X6Y 6 −X6Y 6 = 0, quindi ker(f ∗) 6= (0).

Esempio 1.3.4. Sia C ⊆ A2 l’iperbole XY = 1. La proiezione π : C →A1 sulla prima componente, (x, y) 7→ x, e dominante, ma non suriettiva -l’immagine e A1 \ {0}. Il morfismo π∗ : K[X] = O (A1) → K [X,X−1] =O (C) porta F (X) ∈ K [X] in F (X) ∈ K [X,X−1], ossia realizza K [X] comesottoanello di K [X,X−1].

Esempio 1.3.5. Siano V ⊆ Ak, W ⊆ Al chiusi affini e sia π1 : V ×W → Vla proiezione sulla prima componente. Allora π1 e un morfismo, dato che eindotta per restrizione dalla proiezione sulla prima componente π1 : Ak+l ∼=Ak×Al → Ak; e evidente che π1 e suriettivo. Abbiamo chiaramente π∗

(f)

=f , per ogni f ∈ O(V ), ove O(V ) e visto in modo naturale come sottoanellodi O(V ×W ). Piu esplicitamente, per ogni f ∈ O(V ) abbiamo

π∗(f) = f ⊗ 1 ∈ O(V ×W ) ∼= O(V )⊗K O(W ).

1.3.3 Isomorfismi

Definizione 1.3.4. Un isomorfismo di chiusi affini V e W e una funzionef : V → W soddisfacente le seguenti condizioni:

• f e un morfismo;

• f e biunivoca;

• la funzione inversa f−1 : W → V e un morfismo.

Proposizione 1.3.3. Sia f : V → W un morfismo di chiusi affini. Leseguenti condizioni sono equivalenti:

1. f e un isomorfismo;

2. f ∗ e un isomorfismo di K-algebre.

Dim. Supponiamo che f sia un isomorfismo, quindi (f−1) ◦ f = idV ,f ◦ (f−1) = idW . Allora

f ∗ ◦(f−1)∗

=((f−1)◦ f)∗

= id∗V = idO(V )

e (f−1)∗ ◦ f ∗ =

(f ◦(f−1))∗

= id∗W = idO(W ),

Page 45: geometria algebrica

1.3. MORFISMI 45

sicche f ∗ e un isomorfismo di K-algebre, e(f−1)∗

= (f ∗)−1 .

Viceversa, se f ∗ e un isomorfismo di K-algebre, sia g = (f ∗)−1. Siah : W → V l’unico morfismo di chiusi affini tale che g = h∗. Vogliamodimostrare che h = f−1.

Se V e chiuso in An, siano x1, . . . , xn ∈ O(V ) le restrizioni a V dellefunzioni coordinate X1, . . . , Xn su An. Quindi, per ogni P ∈ An si ha

P =(X1(P ), . . . , Xn(P )

)=(x1(P ), . . . , xn(P )

).

Dato che f ∗ ◦ g = idO(V ) per ogni j = 1, . . . , n si ha xj = f ∗ ◦ g(xj), siccheper ogni P ∈ V concludiamo

xj(P ) =(f ∗ ◦ g(xj)

)(P )

=(

(f ∗ ◦ h∗)(xj))

(P )

=(

(h ◦ f)∗(xj))

(P )

= xj ◦ (h ◦ f)(P )

= xj

(h(f(P )

)).

Quindi, dal momento che h(f(P )

)e P hanno le stesse coordinate, essi sono

lo stesso punto di An: h(f(P )

)= P . Questo vale per ogni P ∈ V , quindi

h ◦ f = idV .Allo stesso modo, si ha f ◦ h = idW , quindi h = f−1.

C.V.D.

Definizione 1.3.5. Due chiusi affini V ⊆ Ak e W ⊆ Al si dicono isomorfi seesiste un isomorfismo f : V → W .

Corollario 1.3.2. Due chiusi affini V W sono isomorfi se e solo se esisteun isomorfismo di K-algebre O(V ) ∼= O(W ).

Esempio 1.3.6. Sia C ⊆ A2 l’iperbole XY = 1. Se x, y ∈ O(C) sono lefunzioni indotte da X e Y per restrizione, allora xy = 1 in O(C); quindiO(C) contiene elementi invertibili non constanti (cioe non in K). QuindiO(C) � K[X] come K-algebre, pertanto C � A1 come chiusi affini.

Esempio 1.3.7. Consideriamo per k = 0, 1, 2, . . . il chiuso affine C : Y −Xk = 0. Abbiamo i morfismi

ψ : C → A1, (x, y) 7→ x,

Page 46: geometria algebrica

46 CAPITOLO 1. VARIETA AFFINI

ϕ : A1 → C, x 7→(x, xk

);

chiaramente ψ = ϕ−1, onde C ∼= A1.A livello di K-algebre, O(C) = K[X, Y ]/

(Y −Xk

), e l’isomorfismo indot-

to ψ∗ : K[X] ∼= O(C) e P (X) 7→ [P (X)] ∈ K[X, Y ]/(Y −Xk

), ove K[X] e

visto in modo naturale come sottoanello di K[X, Y ]. Nella direzione opposta,l’isomorfismo inverso ϕ∗ : O(C) ∼= K[X] e

[P (X, Y )

]7→ P

(X,Xk

). Si noti

che tale morfismo e ben posto perche P e definito a meno di un polinomiomultiplo di Y −Xk.

Esempio 1.3.8. La curva algebrica piana C =: Z (X2 − Y 3) non e isomorfaad A1. Per assurdo, sia infatti dato un isomorfismo f : A1 → C; componendocon un opportuna traslazione in A1, possiamo supporre f(0) = (0, 0). Oraf ∗ e un isomorfismo di K-algebre O(C) ∼= K[T ]; siano

P (T ) =: f ∗(x), Q(T ) =: f ∗(y) ∈ K[T ],

ove x = X|C e y = Y |C . Dato che x2 = y3, si ha P (T )2 = Q(T )3, dal chesi deduce (esercizio) che P (T ) = λA(T )3, Q(T ) = µA(T )2, ove λ, µ ∈ Ksoddisfano λ2 = µ3 e A ∈ K[T ] e un polinomio monico. Dato che f portaorigine in origine, deve essere

(T ) = IA1

({0})

= f ∗(IC({(0, 0)}

))= f ∗

((x, y)

)=(P (T ), Q(T )

).

Quindi, esistono F,G ∈ K[T ] tali che

T = F (T )P (T ) +G(T )Q(T )

= λA(T )3 F (T ) + µA(T )2G(T )

= A(T )2 [λA(T )F (T ) + µA(T )G(T )] .

Ne discende che A(T ) = 1 e quindi che f e costante, assurdo.

1.3.4 Inserzioni

Definizione 1.3.6. Un morfismo f : V → W di chiusi affini si dice un’in-serzione di V in W , o semplicemente un’inserzione, o anche un embedding,se valgono le seguenti condizione:

1. f(V ) ⊆ W e un chiuso affine;

2. il morfismo indotto per restrizione del codominio, f ′ : V → f(V ), e unisomorfismo di chiusi affini.

Page 47: geometria algebrica

1.3. MORFISMI 47

Esempio 1.3.9. Sia W un chiuso affine e sia V ⊆ W un chiuso affine inesso contenuto. Allora l’inclusione : V → W e ovviamente un’inserzione e∗ : O(W )→ O(V ) identifica O(V ) con il quoziente O(W )/I, ove I E O(W )e l’ideale radicale di V in W .

Proposizione 1.3.4. Sia f : V → W un morfismo di chiusi affini. Leseguenti condizioni sono equivalenti:

1. f e un inserzione;

2. f ∗ e suriettiva (ossia, un epimorfismo di K-algebre).

Osservazione 1.3.3. La Proposizione 1.3.4 e l’interpetazione geometricadella passaggio al quoziente in un morfismo di K-algebre: se ϕ : A → B eun epimorfismo, il nucleo I =: ker(f) e un ideale e ϕ induce per passaggio alquoziente un isomorfismo ϕ : A = A/I → B.

Dim. Supponiamo che f sia un’inserzione. Sia V ′ =: f(V ) e sia : V ′ →W l’inserzione inclusione di V ′ in W . Per ipotesi f = ◦ f ′.

Se I =: IW (V ′) E O(W ) e l’ideale radicale di V ′ in W , allora ∗ : O(W )→O(V ′) e la restrizione di funzioni, quindi un epimorfismo con nucleo I. Datoche f = ◦f ′, si ha f ∗ = (f ′)∗◦∗; poiche ∗ e suriettiva e (f ′)∗ un isomorfismo,f ∗ e un epimorfismo con nucleo I.

Viceversa, sia f ∗ un epimorfismo. Dato che O(V ) non ha elementi nil-potenti, il nucleo I =: ker(f ∗) E O(W ) e un ideale radicale. Pertanto,V ′ =: ZW (I) e un chiuso affine contenuto in W e con anello delle funzio-ni regolari O(V ′) ∼= O(W )/I. Se : V ′ → W e l’inclusione, allora ∗ e laproiezione O(W )→ O(W )/I.

Dato che per ogni F ∈ I = ker(f ∗) e ogni v ∈ V abbiamo

F(f(v)

)= F ◦ f(v) = f ∗(F )(v) = 0,

si ha f(V ) ⊆ V ′. Restringendo il codominio, ricaviamo un morfismo f ′ : V →V ′ di chiusi affini, tale che f = ◦ f ′. Allora evidentemente (f ′)∗ = ψ, oveψ : O(V ′) = O(W )/I → O(V ) e l’isomorfismo indotto da f ∗ per passaggioal quoziente, cosı che f ′ e un isomorfismo di chiusi affini. Per costruzione,f ∗ = ψ ◦ ∗ = (f ′)∗ ◦ ∗, quindi f e un’inserzione.

C.V.D.

Esempio 1.3.10. Se f : A1 → A2 e data da f(x) =(x, xk

), si ha f ∗

(F (X, Y )

)=

F(X,Xk

); in particolare, f ∗

(F (X)

)= F (X), quindi f ∗ e un epimorfismo

e pertanto f e un’inserzione. E evidente che l’immagine di f e la parabola

Page 48: geometria algebrica

48 CAPITOLO 1. VARIETA AFFINI

generalizzata Y = Xk; quindi f induce un isomorfismo f : A1 → C e laproiezione C → A1 sulla prima componente e un morfismo inverso a f .

In particolare, ker(f ∗)

= I(C) =(Y −Xk

). Verifichiamolo direttamen-

te. Sia F (X, Y ) ∈ ker(f ∗)

, cosı che F(X,Xk

)= 0. Intepretiamo F (X, Y )

come un elemento di K(X)[Y ], l’anello dei polinomi in una variabile Y acoefficienti nel campo K(X). L’ipotesi e quindi che Xk ∈ K(X) sia una ra-dice di F (X, Y ), pertanto per il Teorema di Ruffini Y −Xk divide F (X, Y )in K(X)[Y ]. In altre parole, vale una relazione della forma

F (X, Y ) =(Y −Xk

) ( l∑i=0

Ai(X)

Bi(X)Y i

),

ove Ai, Bi ∈ K[X] e Bi 6= 0 per ogni i. Moltiplichiamo entrambi i membriper B(X) =:

∏li=0 Bi(X); ricaviamo

B(X)F (X, Y ) =(Y −Xk

)A(X, Y ),

ove ora tutti i fattori coinvolti sono in K[X, Y ]. Quindi, il polinomio irridu-cibile Y − Xk divide il prodotto B(X)F (X, Y ); dato che non puo dividereB(X) (che non contiene Y ), deve allora dividere F (X, Y ) (alternativamente,avremo potuto invocare il Teorema degli Zeri).

Esempio 1.3.11. Sia g : A1 → A2 data da g(t) = (t2, t3). Supponiamog(t) = g(u). Allora t2 = u2 e t3 = u3 = t2 u implicano t2 (t− u) = 0. Se fosset 6= u per la legge di cancellazione in K avremmo t = 0 e quindi u2 = 0 ossiat = u = 0, assurdo. Ne segue che g e iniettiva.

Inoltre l’immagine di g e il chiuso affine C ⊆ A2 definito dalla condizioneX3 = Y 2. E chiaro infatti che (t2, t3) ∈ C per ogni t e che g(0) = 0. Se poi(x, y) ∈ C \ {0} allora x 6= 0; allora si verifica subito che (x, y) = g(y/x).

Tuttavia, g non e un’inserzione di chiusi affini. Per vederlo, si osservi cheper F (X, Y ) ∈ K[X, Y ] e f = [F ] ∈ O(C) = K[X, Y ]/ (Y 2 −X3) si ha

g∗(f)

= F(T 2, T 3

)∈ K[T ].

Peranto l’immagine di g∗ e il sottoanello di K[T ] dato dai polinomi con termi-ne omogeneo di grado uno nullo (ossia la cui derivata si annulla nell’origine).In particolare, T 6∈ g∗

(O(C)

).

Esempio 1.3.12. Sia h : A1 → A2 data da h(t) = (t2 − 1, t (t2 − 1)). Allorah(1) = h(−1) = 0; in particolare, h non e un’inserzione. Supponiamo poih(t) = h(u) con t 6= ±1. Si ha u2 − 1 = t2 − 1 6= 0, quindi t (t2 − 1) =u (u2 − 1) = u (t2 − 1) implica t = u. Pertanto, h e iniettiva su A1 \ {±1}.

Page 49: geometria algebrica

1.3. MORFISMI 49

Affermo che l’immagine di h e precisamente il luogo descritto dal’equazio-ne Y 2 − (X2 +X3) = 0. Innanzitutto, e facile verificare che per ogni t ∈ Ksi ha h(t) ∈ C. Viceversa, se (x, y) ∈ C con x 6= 0 si verifica subito che

(x, y) = h(y/x). Ne segue che ker (h∗) = I(C) = (Y 2 − (X2 +X3)).Quindi, il morfismo indotto h′ : A1 → C e suriettivo, pertanto dominante,

e (h′)∗ : O(C) = K[X, Y ]/I(C) → K[X] e iniettivo, ma non suriettivo:altrimenti h′ sarebbe un isomorfismo e h sarebbe un’inserzione.

Precisamente, l’immagine di (h′)∗ (che coincide ovviamente con l’immagi-ne di h∗) consiste dei polinomi della forma P (X) = F (X2 − 1, X (X2 − 1)),al variare di F (X, Y ) ∈ K[X, Y ]. Questi sono tutti e soli i polinomi dellaforma

P (X) = c+(X2 − 1

)Q(X) (1.2)

con c costante e Q(X) ∈ K[X]. Infatti da una parte e evidente che ogniF (X2 − 1, X (X2 − 1)) puo scriversi in questo modo. D’altra parte, se

F (X, Y ) =∑ij

fijXiY j,

alloraF(X2 − 1, X

(X2 − 1

))=∑ij

fij(X2 − 1

)i+jXj,

quindi l’imagine di h∗ contiene tutti i monomi della forma (X2 − 1)kX l co

k ≥ l. Abbiamo tuttavia

X2(X2 − 1

)=(X2 − 1

) (X2 − 1

)+(X2 − 1

)∈ h∗

(K[X, Y ]

),

X3(X2 − 1

)= X X2

(X2 − 1

)= X

(X2 − 1

) (X2 − 1

)+X

(X2 − 1

)= X

(X2 − 1

)2+X

(X2 − 1

)∈ h∗

(K[X, Y ]

);

piu in generale, per ogni k ≥ 2 si ha

Xk(X2 − 1

)= Xk−2X2

(X2 − 1

)= Xk−2

(X2 − 1

) (X2 − 1

)+Xk−2

(X2 − 1

)= Xk−2

(X2 − 1

)2+Xk−2

(X2 − 1

),

dal che segue facilmente per induzione che l’immagine di h∗ contiene tutti imonomi divisibili per X2 − 1.

Ora ogni polinomio come in (1.2) soddisfa evidentemente P (1) = P (−1).Viceversa, se P (1) = P (−1) = c, allora P (X)− c ha due radici in ±1, sicchee divisibile per X2 − 1. Quindi l’immagine di h∗ consiste del sottoanelloA ⊆ K[X] dei polinomi P (X) tali che P (1) = P (−1).

Page 50: geometria algebrica

50 CAPITOLO 1. VARIETA AFFINI

Diamo un’ulteriore illustrazione della corrispondenza tra le proprieta geo-metriche dei morfismi di chiusi affini e le proprieta algebriche dei corrispon-denti morfismi di K-algebre.

Dato un morfismo di anelli h : A → B e un ideale I E B, il morfismoindotto per passaggio al quoziente A/h−1(I) → B/I e iniettivo, quindi rea-lizza A/h−1(I) come sottonanello di B/I. Se B/I non ha elementi nilpotenti,nemmeno puo averne A/h−1(I); quindi h−1(I) e un ideale radicale se tale eI. Applicando cio a f ∗ : O(W )→ O(V ), ricaviamo che (f ∗)−1 (IV (R)

)e un

ideale radicale di O(W ), per ogni chiuso affine R ⊆ V . Piu precisamente:

Proposizione 1.3.5. Siano V e W chiusi affini e f : V → W un morfismo.Siano R ⊆ V un chiuso e IV (R) E O(V ) il rispettivo ideale radicale. Allora(f ∗)−1 (IV (R)

)E O(V ) e l’ideale radicale della chiusura

f(R) ⊆ W.

Dim. Abbiamo

(f ∗)−1 (IV (R))

={g ∈ O(W ) : f ∗(g) ∈ IV (R)

}=

{g ∈ O(W ) : g ◦ f(r) = 0 ∀ r ∈ R

}=

{g ∈ O(W ) : g(w) = 0 ∀w ∈ f(R)

}= IW

(f(R)

)= IW

(f(R)

)C.V.D.

Esercizio 1.3.7. Dimostrare che, in generale, f(R) non e un chiuso di W .

Corollario 1.3.3. Siano V e W chiusi affini, R ⊆ V e S ⊆ W chiusiaffini in essi contenuti (ossia, sottoinsiemi Zariski-chiusi di V e W ). SianoIV (R) E O(V ) e IW (S) E O(W ) i rispettivi ideali radicali. Sia f : V → Wun morfismo di chiusi affini. Allora le seguenti proprieta sono equivalenti:

1. f(R) ⊆ S;

2. (f ∗)−1 (IV (R))⊇ IW (S).

3. IV (R) ⊇ f ∗(IW (S)

).

Page 51: geometria algebrica

1.3. MORFISMI 51

Dim. Evidentemente 2. e 3. sono equivalenti. D’altra parte, dal momentoche S e un chiuso affine si ha

f(R) ⊆ S ⇔ f(R) ⊆ S

⇔ IW

(f(R)

)⊇ IW (S)

⇔ (f ∗)−1 (IV (R))⊇ IW (S).

C.V.D.

Osservazione 1.3.4. Avremmo anche potuto ragionare direttamente:

IV (R) ⊇ f ∗(IW (S)

)⇔ f ∗(h) ∈ IV (R)∀h ∈ IW (S)

⇔ f ∗(h)(r) = 0∀r ∈ R, ∀h ∈ IW (S)

⇔ h(f(r)

)= 0∀r ∈ R, ∀h ∈ IW (S)

⇔ f(r) ∈ ZW(IW (S)

)∀r ∈ R

⇔ f(r) ∈ S ∀r ∈ R⇔ f(R) ⊆ S.

Prima di venire al prossimo enunciato, premettiamo un’osservazione. Da-to un morfismo h : A → B di anelli, in generale l’immagine h(I) ⊆ B di unideale I E A non e un ideale di B (esempio, A = Q[X], I = (X), B = R[X]e h l’inclusione). La saturazione di I in B (mediante h) e l’ideale h(I) · Bgenerato da h(I), ossia l’insieme di tutte le somme finite

∑i h(ai) · bi con

ai ∈ I e bi ∈ I. Se {ai}i∈I e un sistema di generatori di I in A da, allora{h(ai)}i∈I e un sistema di generatori di h(I) ·B in B.

Proposizione 1.3.6. Siano V e W chiusi affini, S ⊆ W un chiuso di Zariskidi W con ideale radicale IW (S) E O(W ), f : V → W un morfismo di chiusiaffini. Allora l’immagine inversa f−1(S) ⊆ V e un chiuso di Zariski, conideale radicale il radicale della saturazione in O(V ) di f ∗

(IW (S)

). In altre

parole,

IV(f−1(S)

)=√f ∗(IW (S)

)· O(V ).

Dim. Un morfismo di chiusi affini e continuo (Osservazione 1.3.1). Per-tanto, f−1(S) e Zariski-chiuso in V . Siano g1, . . . , gk ∈ O(W ) generatori perIW (S). Quindi, se w ∈ W allora w ∈ S se e solo se gi(w) = 0 per ognii; pertanto, se v ∈ V allora v ∈ f−1(S) se e solo se f(v) ∈ S se e solo segi ◦ f(v) = 0 per ogni i se e solo se f ∗(gi)(v) = 0 per ogni i. Ne discende chel’ideale

I =: (f ∗(g1), . . . , f ∗(gk)) E O(V )

Page 52: geometria algebrica

52 CAPITOLO 1. VARIETA AFFINI

definisce S insiemisticamente, sicche

IV(f−1(S)

)=√I.

Ma chiaramente I = f ∗(IW (S)

)· O(V ).

C.V.D.

Esercizio 1.3.8. Riformulare la dimostrazione del Corollario 1.3.3 comesegue. Data la Proposizione 1.3.6, si ha

f(R) ⊆ S ⇔ R ⊆ f−1(S)

⇔ IV (R) ⊇ IV(f−1(S)

)⇔ IV (R) ⊇

√ϕ(IW (S)

)· O(V ).

Dimostrare che in effetti

IV (R) ⊇√ϕ(IW (S)

)· O(V ) ⇔ IV (R) ⊇ ϕ

(IW (S)

).

Osservazione 1.3.5. Dimostriamo direttamente l’equivalenza di 2. e 1.usando la corrispondenza biunivoca tra punti di un chiuso affine e idealimassimali della K-algebra associata. Per v ∈ V e w ∈ W siano mr E O(V ) enw E O(W ) i corrispondenti ideali massimali, cosı che ϕ−1(mv) = nf(v), perogni v ∈ V .

Per il Teorema degli Zeri, un ideale radicale di O(V ) o O(W ) e l’interse-zione degli ideali massimali che lo contengono; pertanto

ϕ−1(I(R)

)= ϕ−1

(⋂r∈R

mr

)=

⋂r∈R

ϕ−1(mr

)=

⋂r∈R

nf(r).

Pertanto,

f(R) ⊆ S ⇔ f(r) ∈ S, ∀ r ∈ R⇔ nf(r) ⊇ S, ∀ r ∈ R⇔

⋂r∈R

nf(r) ⊇ S

⇔ ϕ−1(I(R)

)⊇ I(S).

Page 53: geometria algebrica

1.4. FUNZIONI RAZIONALI 53

1.4 Funzioni razionali

Definizione 1.4.1. Sia V ⊆ An un chiuso affine irriducibile (cosı che la K-algebra O(V ) e un dominio di integrita). Denoteremo con K(V ) il campodelle frazioni di O(V ) e lo chiameremo il campo delle funzioni razionali diV . Gli elementi di K(V ) verranno detti funzioni razionali su V .

Osservazione 1.4.1. Essendo il campo delle frazioni di una K-algebra fi-nitamente generata, K(V ) e un’estensione finitamente generata di K.Esplicitamente, nelle ipotesi della Definizione siano X1, . . . , Xn le coordinatelineari su Ak e poniamo xi =: Xi|V . Allora ogni elemento di O(V ) ha laforma G(x1, . . . , xn), con G ∈ K[X1, , . . . , Xn]. Quindi K(X) e l’insieme deiquozienti

F (x1, . . . , xn)

G(x1, . . . , xn)

con F,G ∈ K[X1, , . . . , Xn] e G(x1, . . . , xn) 6= 0 in O(V ). In altri termini,K(V ) = K(x1, . . . , xn). In particolare, K(V ) ha grado di trascendenza finitosu K, dato dal massimo numero di xi algebricamente indipendenti.

Osservazione 1.4.2. Segue immediatamente dalla definizione che il campodelle funzioni razionali e intrinseco rispetto alla relazione di isomorfismo:ogni isomorfismo ϕ : V → W induce un isomorfismi ϕ∗ : O(W ) → O(V ),quindi un isomorfismo ϕ∗ : K(W )→ K(V ).

In altre parole, una funzione razionale su V e una frazione h = f/g conf, g ∈ O(V ) e g 6= 0. In generale, tale rappresentazione non e unica, ancheuna volta eliminati eventuali fattori comuni a f e g.

Esempio 1.4.1. Sia C = Z(X3 − Y 2) ⊆ A2. Siano x, y ∈ O(C) le funzioniindotte da X, Y ∈ K[X, Y ] e definiamo h =: x/y. Allora h = y/x2.

Esempio 1.4.2. Sia C ⊆ A2 il ‘cerchio’ affine definito da X2 +Y 2 = 1. Sianox, y ∈ O(C) le funzioni indotte da X, Y ∈ K[X, Y ] e definiamo h =: (1−y)/x.Allora

h =1− yx

=(1− y)x

x2=

(1− y)x

1− y2=

x

1 + y.

Una funzione razionale non definisce, in generale, una funzione V → K,ma se h = f/g allora certamente h induce una ben definita funzione V → Ksull’aperto principale U g = {P : g(P ) 6= 0}. In generale, tuttavia, puoessere possibile scrivere h = f/g e h = f ′/g′ per diverse coppie di funzionif, g e f ′, g′ in O(V ), e puo capitare che U g ∪ U g′ contenga propriamentesia U g che U g′ ; dal momento che, per definizione di campo dei quozienti di

Page 54: geometria algebrica

54 CAPITOLO 1. VARIETA AFFINI

un dominio di integrita, f(P )/g(P ) = f ′(P )/g′(P ) per ogni P ∈ U g ∩ U g′ ,risulta ben definita una funzione U g ∪ U g′ → K. Quindi, h induce una bendefinita funzione Reg(h) → K, ove Reg(h) ⊆ V denota l’unione di tuttigli aperti affini principali U g, al variare delle possibili rappresentazioni di hcome frazione h = f/g, g 6= 0. Chiameremo Reg(h) il dominio di definizione,o luogo regolare, di h. Chiameremo luogo singolare di h il complementareSing(h) =: V \ Reg(h).

Definizione 1.4.2. Siano V un chiuso affine irriducibile, p ∈ V e h ∈ K(V ).Diremo che h e regolare in P se P ∈ Reg(h), ossia se h = f/g con f, g ∈ O(V )e g(P ) 6= 0. Dato U ⊆ V aperto, diremo che h ∈ K(V ) e regolare su U se eregolare in ogni p ∈ U (ossia se U ⊆ Reg(h)).

Esempio 1.4.3. Tornando all’esempio 1.4.2, chiaramente

Reg(h) ⊇ Ux ∪ U1+y = U1+y ={

(x, y) ∈ C : (x, 1 + y) 6= (0, 0)}.

Quindi, Sing(h) ⊆ (Ux)c ∩ (U1+y)c

= (U1+y)c

={

(0,−1)}

. Si noti che almomento non abbiamo eliminato la possibilita che Sing(h) = ∅.

Esempio 1.4.4. Sia D ⊆ A2 la curva irriducibile definita dall’equazioneX3 − Y 2 = 0. Siano x, y ∈ O(D) le funzioni indotte da X, Y ∈ K[X, Y ] edefiniamo g = y/x ∈ K(V ). Chiaramente, il luogo singolare di g e contenutoin {(0, 0)}. Affermo che g 6∈ O(D), ossia che Sing(g) =

{(0, 0)}.

Supponiamo per assurdo che g ∈ O(D), ossia che esista R(X, Y ) ∈K[X, Y ] che si restringe a g su D. Quindi,

y

x= R(x, y) ⇒ y = xR(x, y),

per ogni (x, y) ∈ D con x 6= 0, quindi ovunque su D. Pertanto,

Y −X R(X, Y ) ∈ I(D) =(X3 − Y 2

),

sicche esiste S(X, Y ) ∈ K[X, Y ] tale per cui

Y = X R(X, Y ) +(X3 − Y 2

)S(X, Y ).

Ricaviamo

Y[1 + Y S(X, Y )

]= X

[R(X, Y ) +X2 S(X, Y )

],

onde X divide 1 + Y S(X, Y ), assurdo.Dato che poi

y

x=y

x· x

3

y2=x2

y= x · x

y,

concludiamo anche che x/y 6∈ O(D).

Page 55: geometria algebrica

1.4. FUNZIONI RAZIONALI 55

Lemma 1.4.1. Sia V un chiuso affine irriducibile e sia r ∈ K(V ). Allora illuogo {

p ∈ Reg(r) : r(p) 6= 0}

e aperto in V .

Dim. Sia p ∈ Reg(r), r(p) 6= 0. Allora esistono h, g ∈ O(V ) tali che r =f/g, g(p) 6= 0 (dato che p ∈ Reg(r)) e f(p) 6= 0 (dato che r(p) = h(p)/g(p) 6=0). Chiaramente, il luogo in questione contiente allora l’intersezione U g ∩U f = U fg, un intorno aperto di p.

C.V.D.

Corollario 1.4.1. Nelle ipotesi precedenti, supponiamo che r(p) = 0 per ognip in un sottoinsieme aperto non vuoto A di Reg(r). Allora r = 0.

Dim. Se fosse r 6= 0, avremmo r = f/g con f, g ∈ O(V ) entrambi 6= 0.Quindi, il luogo in Reg(r) ove r 6= 0 conterrebbe l’aperto non vuoto U fg.Tale aperto e denso in V dato che V e irriducibile, tuttavia per l’ipotesiU fg ∩ A = ∅, assurdo.

C.V.D.

Corollario 1.4.2. Nelle ipotesi precedenti, supponiamo che r1, r2 ∈ K(V )e che r1(p) = r2(p) per ogni p in un sottoinsieme aperto non vuoto A diReg(r1) ∩ Reg(r2). Allora r1 = r2.

Una funzione razionale ovunque regolare e una funzione regolare:

Teorema 1.4.1. Sia V un chiuso affine irriducibile. Sia r ∈ K(V ) tale cheReg(r) = V . Allora r ∈ O(V ).

Dim. Per ipotesi, per ogni v ∈ V esistono fv, gv ∈ O(V ) tali che r = fv/gve gv(v) 6= 0. Sia U gv ⊆ V l’aperto affine principale ove gv 6= 0; quindi v ∈ U gv

e {U gv}v∈V e un ricoprimento aperto di V . Per la quasi-compattezza di V ,esistono allora v1, . . . , vk ∈ V tali che

V = U gv1 ∪ · · · ∪ U gvk .

Percio gv1 , . . . , gvk ∈ O(V ) non hanno zeri comuni in V ; per il Teorema degliZeri generalizzato, (

gv1 , . . . , gvk)

= O(V ).

Esistono cosı hv1 , . . . , hvk ∈ O(V ) tali che

1 = hv1 gv1 + · · ·+ hvk gvk .

Page 56: geometria algebrica

56 CAPITOLO 1. VARIETA AFFINI

Dato che V e irriducibile, l’intersezione

U =: U gv1 ∩ · · · ∩ U gvk

e un sottoinsieme aperto denso di V .Per ogni p ∈ U , abbiamo r(p) = fvi(p)/gvi(p) per ogni i, sicche

r(p) = 1 · r(p)

=

(k∑i=1

hvi(p) gvi(p)

)· r(p)

=k∑i=1

hvi(p) gvi(p)fvi(p)

gvi(p)

=k∑i=1

hvi(p) fvi(p).

Quindi, r =∑k

i=1 hvi fvi sull’aperto non vuoto U , onde

r =k∑i=1

hvi fvi ∈ O(V ).

C.V.D.

Definizione 1.4.3. Nelle ipotesi precedenti, se U ⊆ V e aperto O(U) ⊆K(V ) e il sottoanello delle funzioni razionali regolari su U .

Dato il Teorema 1.4.1, la Definizione e coerente con quella usata inprecedenza nel caso U = V .

Siano U ′ ⊆ U aperti non vuoti di V . Allora una funzione regolare su U eovviamente anche regolare su U ′, sicche O(U) ⊆ O (U ′).

Corollario 1.4.3. Sia U ⊆ V un aperto e sia r ∈ K(V ) tale che U ⊆ Reg(r).Allora la mappa indotta rU : U → K e continua.

Dim. Applicando il Lemma 1.4.1 a r−λ, concludiamo che per ogni λ ∈ Kil luogo in U ove r 6= λ e aperto. Dato che ogni aperto di Zariski di K e ilcomplementare di un sottoinsieme finito, concludiamo che l’immagine inversadi un aperto di K mediante rU e un’intersezione finita di aperti, quindi unaperto.

C.V.D.

Piu in generale, possiamo caratterizzare gli anelli delle funzioni regolarisugli aperti affini principali. Se V e un chiuso affine e s ∈ O(V ), s 6= 0, allora

Page 57: geometria algebrica

1.4. FUNZIONI RAZIONALI 57

sk 6= 0 per ogni intero k ≥ 0. Pertanto, la collezione Ms =:(sk)k≥0

dellepotenze di s forma un sistema moltiplicativo; possiamo quindi considerare ilmodulo delle frazioni O(V )s ⊆ K(V ) di O(V ) rispetto a Ms. Esplicitamente,

O(V )s =

{f

sr: f ∈ O(V ), r ≥ 0

}.

Teorema 1.4.2. Sia V un chiuso affine e sia s ∈ O(V ), s 6= 0. Sia U s ={P ∈ V : s(P ) 6= 0}. Allora O (U s) = O(V )s.

Dim. Chiaramente, ogni elemento di O(V )s e regolare in U s, dato ches(p) 6= 0 per ogni p ∈ U s; quindi, O(V )s ⊆ O (U s).

Viceversa, se r ∈ O (U s) per ogni v ∈ U s esistono fv, gv ∈ O(V ) tali cher = fv/gv e gv(v) 6= 0. Per v ∈ V sia U gv ⊆ V l’aperto affine principale ovegv 6= 0; quindi

U s ⊆⋃p∈Us

U gv .

Per la quasi-compattezza di U s, esistono v1, . . . , vk ∈ U s tali che

U s ⊆k⋃i=1

U gvi .

Passando ai complementari,

Z(s) ⊇k⋂i=1

Z(gvi) = Z(gv1 , . . . , gvk).

Per il Teorema degli Zeri generalizzato, si ha

sl ∈ (gv1 , . . . , gvk)

per qualche intero positivo l. Pertanto esistono hv1 , . . . , hvk ∈ O(V ) tali che

sl = hv1 gv1 + · · ·+ hvk gvk .

Dato che V e irriducibile, l’intersezione

U =: U s ∩ U gv1 ∩ · · · ∩ U gvk

e un aperto denso di V , contenuto in Reg(r).

Page 58: geometria algebrica

58 CAPITOLO 1. VARIETA AFFINI

Per ogni p ∈ U , abbiamo r(p) = fvi(p)/gvi(p) per ogni i, sicche

s(p)l r(p) =

(k∑i=1

hvi(p) gvi(p)

)· r(p)

=k∑i=1

hvi(p) gvi(p)fvi(p)

gvi(p)

=k∑i=1

hvi(p) fvi(p).

Quindi, r =(∑k

i=1 hvi fvi

)/sl su U , quindi su V . Cosı

r =1

sl

k∑i=1

hvi fvi ∈ O(V )s.

C.V.D.

Esempio 1.4.5. Per il Teorema,

O(A1 \ {0}

)= O

(UT) ∼= K

[T, T−1

].

Il caso di A2 \ {0} e ben diverso; per inciso, A2 \ {0} non e un apertoaffine principale di A2.

Precisamente, dal momento che K[X, Y ] e un dominio a fattorizzazioneunica, ogni R ∈ K (A2) = K (X, Y ) non nulla si puo scrivere in modo unicoa meno di fattori scalari 6= 0 nella forma R(X, Y ) = P (X, Y )/Q(X, Y ), oveP,Q ∈ K[X, Y ] sono primi tra loro (esercizio). Quindi,

Reg(R) = UQ = {Q 6= 0} ⇒ Sing(R) = Z(Q).

Quindi Sing(R) = Z(Q) contiene infiniti punti se Q non e costante, ossia seR non e regolare. In particolare, non esiste R ∈ K(X, Y ) regolare su A2 \{0}ma non su A2: una funzione regolare su A2 \ {0} e regolare su A2. Cosı,l’inclusione

resA2,A2\{0} : O(A2)→ O

(A2 \ {0}

)e un isomorfismo.

Un morfismo f : V → W di chiusi affini e associato in modo funtoriale aun morfismo di K-algebre f ∗ : O(W )→ O(V ). Esiste un analogo per i campidelle funzioni razionali? In generale, un morfismo di chiusi affini irriducibilif : V → W non induce un morfismo di campi di funzioni razionali: se

Page 59: geometria algebrica

1.4. FUNZIONI RAZIONALI 59

f(V ) ⊆ Z, ove Z ⊆ W e un chiuso di Zariski, allora f ∗(g) = 0 per ognig ∈ I(Z), cosı non esiste f ∗(1/g).

Possiamo tuttavia estendere f ∗ a un morfismo di K-algebre da un’ oppor-tuna sottoalgebra, massimale rispetto a tale proprieta, di K(W ) verso K(V ).Algebricamente, sia ϕ : A → B un morfismo di domini di integrita. QuindiI =: ker(ϕ) E A e un ideale primo, dato che il quoziente A/I e isomorfo aun sottoanello di B. Sia S(I) = Ic; quindi a, a′ ∈ S(I) ⇒ aa′ ∈ S(I), ossiaS(I) e un sistema moltiplicativo in A. Ne discende che

AS(I) =:{ aa′

: a′ 6∈ I}

e un sottonanello del campo delle frazioni di A, Frac(A). Il morfismo ϕ siestende a un morfismo

ϕ : AS(I) → Frac(B)

definito ponendo ϕ(a/a′) = ϕ(a)/ϕ(a′).Nel caso A = O(W ), B = O(V ), ϕ = f ∗ abbiamo I = ker

(f(V )

)=

ker(f(V )

)e f ∗ si estende alla sottoalgebra di K(W ) data dalle funzioni

razionali g/g′ con g′ non identicamente nulla su f(V ).In particolare, un morfismo di domini di integrita ϕ : A → B si estende

a un morfismo dei corrispondenti campi di frazioni se e soltanto se esso einiettivo (nel caso I = (0), S(I) = A \ {0} e quindi AS(I) = Frac(A)). Lacondizione da imporre su f affinche f ∗ si estenda a un morfismo di campiK(W )→ K(V ) e allora che f ∗ sia iniettiva, ossia che f sia dominante.

Esercizio 1.4.1. Siano V, W, U chiusi affini e siano f : V → W e g : W → Umorfismi dominanti; allora g ◦ f e dominante e (g ◦ f)∗ = f ∗ ◦ g∗ : K(U) →K(V ).

Esempio 1.4.6. Nella situazione dell’esempio 1.4.4, avremmo potuto argo-mentare come segue. Sia g : A1 → D il morfismo suriettivo, quindi domi-nante, g(t) =: (t2, t3). Chiaramente, g∗(y/x) = T ∈ O (A1), quindi se fossey/x ∈ O(D) il morfismo di K-algebre g∗ : O(D) → K[T ] = O (A1) sarebbesuriettivo (dimostrare). Ma cio e assurdo (Esempio 1.3.11).

Esempio 1.4.7. Consideriamo la curva affine irriducibile

C =: Z(Y 2 − (X2 +X3)

)⊆ A2.

Siano x, y ∈ O(C) le funzioni regolari indotte da X, Y ∈ K[X, Y ]. Definiamor = y/x ∈ K(C). Affermo che r 6∈ O(C), ossia che Sing(r) 6= ∅. Ovviamenteallora Sing(r) = {(0, 0)}.

Page 60: geometria algebrica

60 CAPITOLO 1. VARIETA AFFINI

Supponiamo infatti per assurdo che sia r ∈ O(C). Cio significa che esisteR(X, Y ) ∈ K[X, Y ] che induce r per restrizione, ossia tale che

R(xp, yp) =ypxp

per ogni p = (xp, yp) ∈ C con xp 6= 0. Pertanto, xpR(xp, yp) = yp perogni p ∈ C con xp 6= 0, sicche la funzione regolare xR(x, y) − y ∈ O(C) siannulla sull’aperto non vuoto di C ove x 6= 0; per l’irriducbilita tale aper-to e denso in C e quindi xR(x, y) − y = 0 in O(C). Dato che O(C) =K[X, Y ]/ (Y 2 − (X2 +X3)), cio significa che esiste Q(X, Y ) ∈ K[X, Y ] taleche

X R(X, Y ) = Y +(Y 2 − (X2 +X3)

)Q(X, Y ),

sicche

X[R(X, Y ) +

(X +X2

)Q(X, Y )

]= Y

(1 + Y Q(X, Y )

).

Dato che K[X, Y ] e un dominio a fattorizzazione unica e X e Y sono re-lativamente primi, cio implica che X divide il polinomio 1 + Y Q(X, Y ),assurdo.

Alternativamente, avremmo potuto usare la discussione dell’esempio 1.3.12.Se infatti r fosse regolare, la funzione T = h∗(r) apparterrebbe all’immagineh∗(O(C)

)⊆ K[T ], assurdo.

Ogni funzione razionale su V e indotta da una funzione razionale su An.Se infatti f = [F ], g = [G] ∈ O(V ) = K[X]/I(V ) allora

H = F/G ∈ K (An) = K(X)

definisce una funzione UG → K, che si restringe alla funzione U g = UG∩V →K indotta da h. E evidente che Reg(h) = Reg(H) ∩ V e che la funzioneReg(h)→ K indotta da h e la restrizione della funzione Reg(H)→ K indottada H.

Questa descrizione estrinseca puo essere precisata come segue: l’insiemedelle funzioni razionali sul chiuso affine irriducibile V ⊆ An e il campo re-siduo di un’opportuno anello locale. Innanzitutto, dal momento che V eirriducibile, l’ideale radicale I(V ) E K[X] e primo, quindi se S(V ) =: I(V )c

alloraG(X), G′(X) ∈ S(V ) ⇒ G(X)G′(X) ∈ S(V ).

In altre parole, l’insieme S(V ) dei polinomi in X = (X1, . . . , Xn) che nonsi annullano identicamente su V e un sistema moltiplicativo. Pertanto, pos-siamo costruire il corrispondente anello di frazioni, ossia il sottoanello di

Page 61: geometria algebrica

1.4. FUNZIONI RAZIONALI 61

K(X) dato dalle frazioni F/G con G 6∈ I(V ). Questo e la localizzazio-ne K[X]V =: K[X]S(V ), e risulta un anello locale Noetheriano, con idealemassimale la saturazione di I(V ):

mV =: I(V ) ·K[X]S(V ).

In altre parole, mV consiste di tutte le frazioni F/G con F ∈ I(V ) eG 6∈ I(V ).Si noti che K[X]V ⊆ K(X) e il sottoanello delle funzioni razionali il cui

dominio di definizione interseca V , e che quindi inducono per restrizione unafunzione razionale su V . L’ideale massimale mV consiste di quelle funzionirazionali in K[X]V che inducono la funzione razionale nulla su V .

Definizione 1.4.4. Il campo residuo di un anello locale (A,m) e il quozienteK(A) =: A/m.

Quindi il campo residuo di K[X]V e il quoziente K(K[X]V

)= K[X]V /mV .

Proposizione 1.4.1. Esiste un isomorfismo naturale di campi

K[X]V /mV∼= K(V ).

Dim. In effetti, esiste chiaramente un morfismo di anelli suriettivo

K[X]V → K(V ), F/G 7→ [F ]/[G],

ed e evidente che il nucleo e proprio mV .C.V.D.

Riassumento, possiamo costruire il campo delle funzioni razionali K(V )del chiuso affine V ⊆ An nei due seguenti modi:

A1 Consideriamo l’ideale primo I(V ) E K[X1, . . . , Xn];

A2 Costruiamo la K-algebra O(V ) = K[X1, . . . , Xn]/I(V );

A3 K(V ) =: Frac(O(V )

).

Se partiamo da A2, tale costruzione e intrinseca, ossia dipende solo dallaclasse di isomorfismo di V .

B1 Consideriamo il sistema moltiplicativo S(V ) = S(I(V )

)E K[X1, . . . , Xn]

dato dai polinomi che non si annullano identicamente su V ;

B2 Costruiamo la localizzazione K[X1, . . . , Xn]V =: K[X1, . . . , Xn]S(V ) diK[X1, . . . , Xn] in S(V ), ossia il sottonanello di K(X1, . . . , Xn) dato dal-le frazioni F/G con G ∈ S(V ) (cioe si invertono solo i polinomi nonidenticamente nulli su V ).

Page 62: geometria algebrica

62 CAPITOLO 1. VARIETA AFFINI

B3 Constatatiamo che K[X1, . . . , Xn]V e un anello locale, con ideale massi-male

mV =

{F

G: F ∈ I(V ), G 6∈ I(V )

}.

B4 Costruiamone il campo residuo,

K(V ) =: K[X1, . . . , Xn]V /mV .

1.4.1 Mappe razionali tra chiusi affini

In generale, una funzione razionale r ∈ K(V ) sul chiuso affine irriducibileV non e ovunque definita; tuttavia, essa induce una ben definita funzionea valori in K sull’aperto non vuoto Reg(f) ⊆ V . Si denota una funzionerazionale su V con r : V −−− > K.

Possiamo definire funzioni razionali a valori in qualsiasi chiuso affine, maancora non si tratta di funzioni propriamente dette. Piu precisamente:

Definizione 1.4.5. Sia V ⊆ Ak un chiuso affine irriducibile. Una mapparazionale f : V −− > Al e una l-upla ordinata f = (r1, . . . , rl) con ri ∈ K(V ).

Se f = (r1, . . . , rl) : V − − > Al e una mappa razionale, Reg(f) =:⋂li=1 Reg(ri) e un aperto denso di V , in quanto intersezione finita di tali; f

induce una ben definita funzione f : Reg(f)→ Al.

Definizione 1.4.6. Siano V ⊆ Ak e W ⊆ Al chiusi affini con V irriducibile.Una mappa razionale f : V −− > W e una mappa razionale f : V −−− > Altale che f(v) ∈ W per ogni v ∈ Reg(f).

Esercizio 1.4.2. Siano f : V −− > W funzioni razionali con V irriducibile.Supponiamo f(p) = g(p) per ogni p in un aperto non vuoto di Reg(f) ∩Reg(g). Dimostrare che allora f = g.

Lo spazio delle funzioni razionali V − − > W e un chiuso affine nellospazio affine AlK(V ) (K(V ) non e, in generale, algebricamente chiuso, ma la

nozione di chiuso affine ha comunque senso). Dato che K(V ) e un’estensionedi K, un polinomio a coefficienti in K e anche un polinomio a coefficientiin K(V ) (K[X1, . . . , Xl] e un sottoanello di K(V )[X1, . . . , Xl]). Sia I(W ) EK[X1, . . . , Xl] l’ideale radicale di W in Al e sia

I(W ) =: I(W ) ·K(V )[X1, . . . , Xl]

la sua saturazione in K(V )[X1, . . . , Xl]. Se I(W ) e generato da F1, . . . , Fn ∈K[X1, . . . , Xl], allora I(W ) e generato da F1, . . . , Fn in K(V )[X1, . . . , Xl].

Una mappa razionale f = (r1, . . . , rl) : V − − > Al e un elemento dellospazio affine AlK(V ).

Page 63: geometria algebrica

1.4. FUNZIONI RAZIONALI 63

Proposizione 1.4.2. Sia f = (r1, . . . , rl) : V −− > Al una mappa razionale,e sia W ⊆ Al un chiuso affine con ideale radicale I(W ). Allora le seguentiaffermazioni sono equivalenti:

1. f : V −− > W e una mappa razionale in W ;

2. f ∈ Z(I(W )

).

Dim. f e una mappa razionale V − − > W se e solo se f(v) ∈ W perogni v ∈ Reg(f), ossia se e solo se Fi

(f(v)

)= 0 per ogni i = 1, . . . , n e

v ∈ Reg(V ). Ora,

Fi(f(v)

)= 0∀i, ∀v ∈ Reg(f) ⇔ Fi

(r1(v), . . . , rl(v)

)= 0∀i, ∀v ∈ Reg(f)

⇔ Fi(r1, . . . , rl

)(v) = 0,∀i, ∀v ∈ Reg(f)

⇔ Fi(r1, . . . , rl

)= 0∀i

⇔ (r1, . . . , rl) ∈ Z(I(W )

).

C.V.D.

Definizione 1.4.7. Sia f = (r1, . . . , rl) : V −−− > W una mappa razionale;diremo immagine di f il luogo f

(Reg(f)

)⊆ W . Diremo che f e dominante

se la sua immagine e densa in W , ossia f(Reg(f)

)= W .

Quando non e un morfismo, f non induce un morfismo O(W ) → O(V ).Per esempio, se V = W = A1 e f(X) = 1/X, f ∗(X) = 1/X 6∈ O (A1). Tutta-via f definisce un morfismo f ∗ : O(W )→ K(V ), iniettivo se f e dominante.Solo in questo caso, f ∗ si estende a un morfismo di campi f ∗ : K(W )→ K(V ).

Piu precisamente, siano V ⊆ Ak e W ⊆ Al chiusi affini irriducibili e siadata f : V − − > W . Se W e chiuso in Al, abbiamo f = (r1, . . . , rl), percerte ri ∈ K(V ). Quindi Reg(f) =

⋂li=1 Reg(ri) e f induce una ben definita

funzione f : Reg(f)→ W .Sia h ∈ O(W ) e sia H ∈ K[Y1, . . . , Yl] tale che h = H|W , ossia h =

H(y1, . . . , yl), ove yi =: Yi|W . Allora la funzione composta h◦f : Reg(f)→ Ke

h ◦ f(v) = H(y1

(f(v)

), . . . , yl

(f(v)

))= H(r1, . . . , rl)(v) (v ∈ V ).

Ora H(r1, . . . , rl) ∈ O(Reg(f)

)⊆ K(V ).

Riaulta quindi ben definito un morfismo

f ∗ : O(W )→ K(V ), h = H(y1, . . . , yl) 7→ H(r1, . . . , rl).

Page 64: geometria algebrica

64 CAPITOLO 1. VARIETA AFFINI

Esercizio 1.4.3. Dimostrare che f ∗ e effettivamente ben definito, ossia in-dipendente dalla rappresentazione di h come restrizione di un polinomio H

(si ricordi che (r1, . . . , rl) ∈ Z(I(W )

)).

Abbiamo il seguente analogo del Teorema 1.3.4:

Teorema 1.4.3. Siano V e W chiusi affini irriducibili. Esiste una corri-spondenza biunivoca naturale f 7→ f ∗ tra le mappe razionali V −− > W e imorfismi di K-algebre O(W )→ K(V ).

Dim. Supponiamo che W sia un chiuso affine in Al. Se Xi sono lecoordinate lineari su Al, sia xi =: Xi|W , cosı che gli xi sono generatori dellaK-algebra O(W ).

Se f = (r1, . . . , rl) : V − − > W , abbiamo gia visto che f induce unmorfismo di K-algebre O(W ) → K(V ). In effetti, h ∈ O(W ) e indotta daun polinomio H(X1, . . . , Xl) ∈ K[X1, . . . , Xl], si ha H

(r1, . . . , rl

)∈ K(V );

inoltre, H(r1, . . . , rl

)= 0 per ogni H ∈ I(W ) ⊆ I(W ). Quindi e ben definito

per passaggio al quoziente un morfismo f ∗ : O(W )→ K(V ).Viceversa, dato α : O(W ) → K(V ), sia ri = α(xi), i = 1, . . . , l; allora

f =: (r1, . . . , rl) : V − − > Al e una mappa razionale. Se F ∈ I(W ), alloraF (x1, . . . , xl) = 0 e pertanto F (r1, . . . , rl) = 0, dato che α e un morfismo diK-algebre. Quindi, f : V − −− > W per restrizione del codominio. Datoche f ∗(xi) = ri = α(xi), f

∗ = α.C.V.D.

Esercizio 1.4.4. Completare i dettagli della dimostrazione.

Esercizio 1.4.5. Qual’e (se esiste) la piu grande sottoalgebra S ⊆ K(W )tale che f ∗ si estende a un morfismo S → K(V )?

Se f e dominante, f ∗ : O(W ) → K(V ) e un monomorfismo (eserci-zio), quindi si estende a un morfismo di campi f ∗ : K(W ) → K(V ) suK. Esplicitamente, se s = a/b ∈ K(W ), ove a, b ∈ O(V ) e b 6= 0, alloraf ∗(s) = f ∗(a)/f ∗(b).

Abbiamo:

Teorema 1.4.4. Siano V e W chiusi affini irriducibili. Esiste una cor-rispondenza biunivoca naturale f 7→ f ∗ tra le mappe V − − > W razio-nali dominanti, i monomorfismi O(W ) → K(V ) di K-algebre e i morfismiK(W )→ K(V ) di estensioni di K.

Dim. Esercizio.

Page 65: geometria algebrica

1.4. FUNZIONI RAZIONALI 65

Definizione 1.4.8. Se ϕ : V − − > W e una mappa razionale e S ⊆ W ,l’imagine inversa di S mediante ϕ e l’insieme dei punti del luogo regolare chesi mappano in S mediante ϕ:

ϕ−1(S) =: {v ∈ Reg(ϕ) : ϕ(v) ∈ S} .

Proposizione 1.4.3. Sia ϕ : V −− > W una mappa razionale dominante dichiusi affini irriducibili e sia ϕ∗ : K(W )→ K(V ) il corrispondente morfismodi campi di funzioni razionali. Allora per ogni s ∈ K(W ) si ha

Reg (ϕ∗(s)) ⊇ ϕ−1(Reg(s)

).

Dim. Sia s = f/g, ove f, g ∈ O(W ) e g 6= 0. Supponiamo W ⊆ Al ef = F |W , g = G|W , con F,G ∈ K[X1, . . . , Xl]. Se ϕ = (ϕ1, . . . , ϕl), allora

ϕ∗(s) = F (ϕ1, . . . , ϕl)/G(ϕ1, . . . , ϕl)

e regolare ove sono regolari le ϕi e G(ϕ1, . . . , ϕl) 6= 0.C.V.D.

Esempio 1.4.8. In generale, l’inclusione puo essere stretta; per esempio, sef : A1 → A1 e data da f(X) = 1/X e s(X) = 1/X, allora f ∗(s) = X.

Esempio 1.4.9. Consideriamo la mappa razionale f : A1−− > A2 data da

f(X) =:

(X2 − 1

X2 + 1,− 2X

X2 + 1

).

Si verifica subito che per ogni t ∈ A1 tale che t2 + 1 6= 0 si ha f(t) ∈ C,ove C e il ‘cerchio’X2 + Y 2 − 1 = 0. Quindi, col solito abuso di linguaggio,f : A1 − − > C. Cosı intesa, tale mappa razionale e dominante: infatti, se(x, y) ∈ C, x 6= 1, allora (x, y) = g

(y/(x− 1)

).

Sia h ∈ K(C) la funzione razionale definita da h = (1− y)/x = x/(1 + y);abbiamo visto che il luogo singolare di h e contenuto in {(0,−1)}. Dalmomento che h(1) = (0,−1), se tale luogo fosse vuoto, ossia se h fosse unafunzione regolare su C, f ∗(h) sarebbe regolare in 1. Abbiamo ora

f ∗(h)(X) =X + 1

X − 1.

Si noti che tale rappresentazione e essenzialmente unica, dato che K[X]e un dominio a fattorizzazione unica. Quindi, 1 ∈ Sing (f ∗(h)), dal checoncludiamo che

Sing(h) = {(0,−1)}.

Page 66: geometria algebrica

66 CAPITOLO 1. VARIETA AFFINI

Il tirato-indietro (pull-back) di una funzione razionale mediante una map-pa razionale dominante si generalizza chiaramente alla composizione di fun-zioni razionali. Precisamente, se f : V −− > W e g : W−− > T sono mapperazionali di chiusi affini irriducibili, di cui f dominante; allora e definita lacomposizione g ◦ f : V −− > T . Precisamente, se T ⊆ Aa e g = (s1, . . . , sa),si ∈ K(V ), allora

g ◦ f =: (s1 ◦ f, · · · , sa ◦ f) = (f ∗(s1), . . . , f ∗(sa)) . (1.3)

La (1.3) e proprio una definizione, dal momento che g e f non sono fun-zioni nel senso ordinario e quindi il simbolo di composizione va usato concautela. Tuttavia, su un aperto denso di V , g ◦ f e effettivamente una com-posizione di funzioni nel senso ordinario. Infatti, vale il seguente analogodella Proposizione 1.4.3:

Proposizione 1.4.4. Siano f : V −− > W e g : W−− > T mappe razionalicon f dominante. Allora

Reg(g ◦ f) ⊇ f−1(Reg(g)

).

Dim. Basta applicare la Proposizione 1.4.3 a ciascuna componente di g.I dettagli sono lasciati come esercizio.

C.V.D.

Osservazione 1.4.3. Il fatto che una funzione razionale non e ovunquedefinita nel senso ordinario porta a qualche ambiguita operando compo-sizioni. Per esempio, la funzione razionale h = 1/X ∈ K

(A1)

ha luo-go singolare {0}, quindi la composizione di funzioni 1/X ◦ 1/X e defini-ta solo su A1 \ {0}, e quivi coincide con l’identita idA1\{0}. D’altra parte,1/X ◦ 1/X = (1/X)∗(1/X) = X nel senso del Teorema 1.4.4 e della (1.3).Quindi

1/X ◦ 1/X = idA1

come composizione di funzioni razionali. Manipolando funzioni razionali sarasempre questo il senso da assegnare al simbolo di composizione.

Esercizio 1.4.6. Dimostrare che nelle ipotesi precedenti si ha (g ◦ f)∗ =f ∗ ◦ g∗ (basta verificarlo su un aperto denso ove la composizione e definitanel senso ordinario).

Se sostituiamo i morfismi con le mappe razionali, la nozione di isomorfi-smo viene sostituita da quella di isomorfismo birazionale.

Page 67: geometria algebrica

1.4. FUNZIONI RAZIONALI 67

Definizione 1.4.9. Siano V e W chiusi affini irriducibili e supponiamo datemappe razionali dominanti ϕ : V − − > W e ψ : W − − > V tali cheψ ◦ ϕ = idV , ϕ ◦ ψ = idW . Diremo allora che ϕ : V − − > W e unisomorfismo birazionale (ovviamente, allora anche ψ : W − − > V e unisomorfismo birazionale). Se esiste un isomorfismo birazionale V − − > W ,diremo che V e W sono birazionali, o birazionalmente isomorfi. Se un chiusoaffine V e birazionale allo spazio affine An per qualche n, diremo che V erazionale.

Piu esplicitamente, nella situazione della Definizione 1.4.9, ϕ e ψ soddi-sfano:

1. ϕ e dominante, ossia ϕ(Reg(ϕ)

)e denso in W ;

2. ψ e dominante, ossia ψ(Reg(ψ)

)e denso in V ;

3. sia V ′ = ϕ−1(Reg(ψ)

)(un aperto denso di V ); allora ψ ◦ ϕ = idV ′ nel

senso ordinario della composizione di funzioni;

4. sia W ′ = ψ−1(Reg(ϕ)

)(un aperto denso di W ); allora ϕ◦ψ = idW ′ nel

senso ordinario.

Esempio 1.4.10. La curva affine C : X3 − Y 2 = 0 e razionale. Infatti lemappe razionali

f : A1 → C, t 7→(t2, t3

),

g : C −− > A1, (x, y) 7→ y

x

sono l’una l’inversa dell’altra. Tuttavia y/x non e una funzione regolare(Esempio 1.4.4), quindi f e g non sono isomorfismi. In effetti, C non eisomorfo ad A1 (Esempio 1.3.8)

Esempio 1.4.11. Nella situazione dell’Esempio 1.4.9, le mappe f : A1 → Ce g : C − − > A1 data da g(x, y) = y/x − 1 sono l’una l’inversa dell’altra,quindi equivalenze birazionali.

Esercizio 1.4.7. Dimostrare che piu in generale una conica irriducibile C ⊆A2 e razionale; qui una conica e una curva piana definita da un polinomiodi grado due. Si osservi innanzitutto che traslando nell’origine possiamosupporre che l’equazione della conica sia Y 2+(αX+β)Y +(γ X2 + δ X) = 0,ove α, β, γ ∈ R. Quindi si ponga Y = tX per cercare una parametrizzazionein t, f : A1 − − > C, con funzione inversa g = y/x : C − − > A1. Qualeintepretazione geometrica potete dare?

Page 68: geometria algebrica

68 CAPITOLO 1. VARIETA AFFINI

Esempio 1.4.12. La curva affine definita dall’equazione X3 + Y 3 − 1 = 0 eirriducibile (esercizio) e non e razionale. Supponiamo infatti che esista unamappa birazionale dominante f : A1 −− > C, che avra la forma

f(T ) =

(P (T )

R(T ),Q(T )

R(T )

),

per certi P,Q,R ∈ K[T ] soddisfacenti

P (T )3 +Q(T )3 −R(T )3 = 0. (1.4)

Dalla relazione precedente segue immediatamente che possiamo supporreP,Q,R primi a due a due, dato che se ad esempio P e Q avessero un fattorein comune allora anche R dovrebbe averlo.

Inoltre, dato che f e dominante, si verifica immediatamente che P e Qnon possono essere identicamente nulli (altrimenti, se ad esempio P = 0, fprenderebbe valori nel sottoinsieme finito dei punti (0, y) con y3 = 1 - e anzisarebbe costante).

Allo stesso modo, si verifica che al di fuori di un sottoinsieme finito di A1

la matrice 2× 3 in (P Q −RP ′ Q′ −R′

)ha rango due. Altrimenti, per ogni t ∈ A1 i vettori riga della matrice sa-rebbero linearmente dipendenti, pertanto avremmo P (t)Q′(t) = P ′(t)Q(t),eccetera, per infiniti t ∈ K, ossia P (T )Q′(T ) = P ′(T )Q(T ), eccetera, inK[X]. Ma la prima relazione implica, ad esempio, che P divide P ′, assurdoa meno che P ′ = 0 ossia P sia costante. In tal caso avremmo allora ancheQ′ = 0, quindi anche Q′ e costante e pertanto anche R lo e; ma allora f e lafunzione costante, pertanto non puo essere dominante.

Derivando la (1.4), otteniamo

3[P (T )2 P ′(T ) +Q(T )2Q′(T )−R(T )2R′(T )

]= 0,

e le due relazioni possono essere riassunte nell’equazione matriciale(P Q −RP ′ Q′ −R′

) P 2

Q2

R2

= 0. (1.5)

Ove la matrice ha rango due, concludiamo allora che i due vettori P (t)2

Q(t)2

R(t)2

,

Q(t)R′(t)−Q′(t)R′(t)P ′(t)R(t)− P (t)R′(t)P (t)Q′(t)− P ′(t)R(t)

Page 69: geometria algebrica

1.4. FUNZIONI RAZIONALI 69

sono linearmente dipendenti. In luce delle considerazioni precedenti, dedu-ciamo le uguaglianze in K[T ]

P (T )2(P ′(T )R(T )− P (T )R′(T )

)= Q(T )2

(Q(T )R′(T )−Q′(T )R′(T )

),

eccetera. Quindi, P (T )2 divide Q(T )R′(T ) − Q′(T )R(T ), e cosı via. Ma sead esempio supponiamo grado(P ) ≥ grado(Q) ≥ grado(R), abbiamo

grado(Q(T )R′(T )−Q′(T )R(T )

)≤ 2 grado(P )− 1 < 2 grado(P ),

quindi deve essere Q(T )R′(T )−Q′(T )R(T ) = 0. Di nuovo, concludiamo cheQ divide Q′, a meno che R = 0, assurdo.

Esercizio 1.4.8. Estendere il risultato precedente alla curva C : Xn +Y n−1 = 0 per ogni n ≥ 3.

Due chiusi affini sono isomorfi se e solo se le corrispondenti K-algebre difunzioni regolari sono isomorfe.

Qual’e la caratterizzazione algebrica dell’equivalenza birazionale? Da-to che l’equivalenza birazionale e un indebolimento dell’isomorfismo, anchela corrispondente condizione algebrica dovra essere un indebolimento dellacondizione che O(V ) e O(W ) siano K-algebre isomorfe.

Ora se il dominio di integrita B e una K-algebra, il campo delle frazionidi B e un’estensione di K; se inoltre due domini A e B sono K-algebreisomorfe, anche i rispettivi campi delle frazioni sono isomorfi su K. Quindi,se O(V ) ∼= O(W ) come K-algebra, allora K(V ) ∼= K(W ) come estensioni diK.

Piu in generale,

Teorema 1.4.5. Siano V e W chiusi affini irriducibili. Allora le seguenticondizioni sono equivalenti:

1. V e W sono birazionalmente equivalenti;

2. K(V ) ∼= K(W ) come estensioni di K.

Dim. Sia ϕ : V −− > W un’equivalenza birazionale e sia ψ : W −− > Vl’equivalenza birazionale inversa. Siano V ′ ⊆ V e W ′ ⊆ W come nellaDefinizione 1.4.9.

Sia r ∈ K(W ). Per ogni p ∈ W ′, abbiamo

ψ∗ ◦ ϕ∗(r)(p) = r(ϕ ◦ ψ(p)

)= r(p),

quindi, dato che W ′ e un aperto denso di W , abbiamo ψ∗ ◦ ϕ∗(r) = r.

Page 70: geometria algebrica

70 CAPITOLO 1. VARIETA AFFINI

Analogamente ϕ∗ ◦ ψ∗(s) = s, ∀ s ∈ K(V ).Pertanto, i morfismi di campo indotti ϕ∗ : K(W )→ K(V ) e ψ∗ : K(V )→

K(W ) soddisfano ϕ∗ ◦ψ∗ = idK(W ), ψ∗ ◦ϕ∗ = idK(V ), quindi sono isomorfismi.

Inoltre, e evidente che se vediamo K come sottocampo di K(V ) e K(W ) nelmodo naturale, allora ϕ∗(λ) = λ, ψ∗(λ) = λ per ogni λ ∈ K, sicche ϕ∗ e ψ∗

sono isomorfismi di estensioni di K. Cosı 1) implica 2).Viceversa, sia α : K(W )→ K(V ) un isomorfismo di estensioni di K e sia

β = α−1.Se W e un chiuso affine di Ak, siano T1, . . . , Tk le coordinate lineari su Ak

(quindi, O(Ak)

= K[T1, . . . , Tk]) e siano t1, . . . , tk le corrispondenti funzioniregolari indotte su W . Poniamo ri =: α(ti) per i = 1, . . . , k e definiamoϕ =: (r1, . . . , rk) : V −− > Ak.

Per ogni F ∈ I(W ), abbiamo F (t1, . . . , tk) = 0; essendo α un morfismodi campi su K, abbiamo

0 = α(F (t1, . . . , tk)

)= F

(α(t1), . . . , α(tk)

)= F (r1, . . . , rk).

Quindi ϕ prende valori in W ove definita, ossia ϕ : V −− > W . Chiaramente,ϕ∗(ti) = ri = α(ti) per costruzione; due morfismi di campi che si accordanosu dei generatori sono uguali, ossia ϕ∗ = α.

Necessariamente, ϕ e dominante. Se cosı non fosse, infatti, esisterebbeun polinomio F 6∈ I(W ) che si annulla sull’immagine di ϕ, ossia tale cheF (r1, . . . , rk) = 0; dato che α e un isomorfismo di estensioni, avremmo ancheF (t1, . . . , tk) = 0, ossia F ∈ I(W ), assurdo.

Allo stesso modo, costruiamo ψ : W −− > V mappa razionale dominantetale che β = ψ∗.

A questo punto, ψ∗ ◦ ϕ∗ = β ◦ α = idK(W ) e ϕ∗ ◦ ψ∗ = α ◦ β = idK(V );quindi (nel senso delle mappe razionali) ϕ◦ψ = idW e ψ◦ϕ = idV (esercizio).

C.V.D.

Esempio 1.4.13. Sia C = Z(XY −1) ⊆ A2. Allora ϕ : C → A1, (x, y) 7→ x,e un morfismo birazionale, con equivalenza birazionale inversa

ψ = (X, 1/X) : A1 −− > C.

Tuttavia ϕ non e un isomorfismo (Esempio 1.3.6); in effetti, Sing(ψ) = {0}.

Prima di venire al prossimo Teorema, ricordiamo che se L ⊆ F e un’e-stensione di campi, allora

• f ∈ F si dice separabile su L se soddisfa un polinomio a coefficienti inL privo di radici multiple.

Page 71: geometria algebrica

1.4. FUNZIONI RAZIONALI 71

• F si dice separabile su L se ogni elemento di F e separabile su L.

• Sia F = K(x1, . . . , xl) un’estensione finitamente generata di un campoK; diremo che F e un’estensione separabilmente generata di K se esisteuna base di trascendenza (t1, . . . , tr) di F su K (quindi, r e il grado ditrascendenza di F su K) tale che F e separabile su K(t1, . . . , tr).

Osservazione 1.4.4. Ogni estensione algebrica e separabile in caratteristicazero. In particolare, ogni estensione finitamente generata di C e separabil-mente generata.

In caratteristica arbitraria, vale comunque il seguente Teorema:

Teorema 1.4.6. Ogni estensione finitamente generata di un campo algebri-camente chiuso e separabilmente generata.

In altre parole, se K e algebricamente chiuso e se F = K(x1, . . . , xl)e un’estensione finitamente generata di K, allora esistono t1, . . . , tr ∈ Falgebricamente indipendenti su K tali che

F ⊇ K(t1, . . . , tr) ∼= K(X1, . . . , Xr)

e un’estensione algebrica separabile. Pertanto F e algebrico e finitamentegenerato su K(t1, . . . , tr), quindi F ⊇ K(t1, . . . , tr) e un’estensione separabilefinita.

Ricordiamo il Teorema dell’elemento primitivo di Abel:

Teorema 1.4.7. Sia L ⊆ F un estensione separabile finita. Allora esisteα ∈ F tale che F = L[α].

Un α siffatto si dice elemento primitivo di F su L. Ovviamente, dato cheα e algebrico su L si ha L[α] = L(α). In definitiva, nelle ipotesi precedenti,abbiamo

F = K(t1, . . . , tr)[α]

per un certo α.In particolare, dato un chiuso affine irriducibile V il campo K(V ) e un’e-

stensione finitamente generata, quindi separabilmente generata, del campobase K. Quindi ricaviamo:

Corollario 1.4.4. Sia V un chiuso affine sul campo algebricamente chiusoK. Allora esistono z1, . . . , zt, zt+1 ∈ K(V ) tali che:

• z1, . . . , zt sono algebricamente indipendenti su K:

K(z1, . . . , zt) ∼= K(Z1, . . . , Zt),

ove le Zi sono indeterminate;

Page 72: geometria algebrica

72 CAPITOLO 1. VARIETA AFFINI

• zt+1 e algebrico su K(z1, . . . , zt) e K(V ) = K(z1, . . . , zt)[zt+1].

Chiaramente, (z1, . . . , zt) e una base di trascendenza di K(V ) e t e il gradodi trascendenza di K(V ).

Proposizione 1.4.5. Sia I E K[Z1, . . . , Zt, Zt+1] l’ideale dei polinomi taliche

F (z1, . . . , zt, zt+1) = 0.

Allora valgono le seguenti affermazioni.

1. I e un ideale primo.

2. I e un ideale principale.

3. Sia F un generatore di I e si veda K[Z1, . . . , Zt, Zt+1] come un sottoa-nello di K(Z1, . . . , Zt)[Zt+1]. Come polinomio in K(Z1, . . . , Zt)[Zt+1],F e, a meno di un multiplo scalare λ ∈ K \ {0}, il polinomio minimodi zt+1 su K(z1, . . . , zt) ∼= K(Z1, . . . , Zt).

Nel seguito, lasciamo implicito l’isomorfismoK(z1, . . . , zt) ∼= K(Z1, . . . , Zt).

Dim. Consideriamo l’applicazione

ψ : K[Z1, . . . , Zt, Zt+1]→ K(V )

data da

F (Z1, . . . , Zt, Zt+1) 7→ F (z1, . . . , zt, zt+1).

Dato che il codominio e un campo, l’immagine e un dominio di integrita equindi I = ker(ψ) e un ideale primo.

Analogamente, consideriamo il morfismo ψ : K(Z1, . . . , Zt)[Zt+1)→ K(V )dato dalla valutazione in (z1, . . . , zt, zt+1). Esplicitamente,

ψ :∑k

Ak(Z1, . . . , Zt)

Bk(Z1, . . . , Zt)· Zk

t+1 7→∑k

Ak(z1, . . . , zt)

Bk(z1, . . . , zt)· zkt+1;

qui Ak, Bk ∈ K[Z1, . . . , Zt], gli Ak sono quasi tutti nulli e ogni Bk 6= 0. Datoche (z1, . . . , zt) sono algebricamente indipendenti, Bk(z1, . . . , zt) 6= 0 e quindi

ψ e ben definito.Pertanto,

I =: ker(ψ)E K(Z1, . . . , Zt)[Zt+1]

e un ideale primo.

Page 73: geometria algebrica

1.4. FUNZIONI RAZIONALI 73

Quindi, attraverso l’isomorfismo K(Z1, . . . , Zt) ∼= K(z1, . . . , zt), I e l’i-deale dei polinomi a coefficienti nel campo K(Z1, . . . , Zt) che si annullano inzt+1, ossia tali che

F (z1, . . . , zt, zt+1) = 0.

Tale ideale e non nullo perche zt+1 e algebrico su K(z1, . . . , zt). Chiaramente,

I = I ∩K[Z1, . . . , Zt, Zt+1].

Poiche K(Z1, . . . , Zt)[Zt+1] e un dominio a ideali principali, esiste

F ∈ K(Z1, . . . , Zt)[Zt+1]

che genera I, ossia tale che I =(F). In particolare, F e irriducibile ed ha

grado positivo s in Zt+1.Possiamo scrivere

F (Zt+1) =s∑

k=0

Ak(Z1, . . . , Zt)

Bk(Z1, . . . , Zt)Zk

t+1

per certi Ak, Bk ∈ K[Z1, . . . , Zt] con Bk 6= 0. Poniamo

B =:s∏

k=0

Bk ∈ K[Z1, . . . , Zt];

alloraF =: B · F ∈ K[Z1, . . . , Zt, Zt+1]

e dal momento che B e invertibile in K(Z1, . . . , Zt) abbiamo anche I = (F ).Per costruzione, F e irriducibile in K(Z1, . . . , Zt)[Zt+1]. Affermo che in

realta possiamo modificare F in modo che sia irriducibile anche nel sottoa-nello K[Z1, . . . , Zt, Zt+1].

In effetti, supponiamo che F non sia gia irriducibile in K[Z1, . . . , Zt, Zt+1].Quindi esistono F1, F2 ∈ K[Z1, . . . , Zt, Zt+1] di grado positivo tali che F =F1 F2. Se entrambi F1 e F2 avessero grado positivo in Zt+1, avremmo unafattorizzazione non banale in K(Z1, . . . , Zt)[Zt+1], assurdo.

Lo stesso ragionamento mostra che esattamente uno dei fattori irriducibilidi F in K[Z1, . . . , Zt, Zt+1] contiene Zt+1; quindi possiamo supporre che F2

sia il prodotto di tutti i fattori irriducibili di F in K[Z1, . . . , Zt, Zt+1] che noncontengono Zt+1, mentre F1 e irriducibile in K[Z1, . . . , Zt, Zt+1] ed ha gradopositivo in Zt+1.

D’altra parte F2 e invertibile in K(Z1, . . . , Zt)[Zt+1] e F1 = (1/F2)F ;

quindi F1 e ancora un generatore di(I).

Page 74: geometria algebrica

74 CAPITOLO 1. VARIETA AFFINI

Affermo ora che F genera I in K[Z1, . . . , Zt, Zt+1], col che la Proposizionee dimostrata.

In effetti, sia G ∈ I ⊆ I. Allora F divide G in K(Z1, . . . , Zt)[Zt+1].Quindi esiste T ∈ K(Z1, . . . , Zt)[Zt+1] tale che G = T F . Scriviamo

T =a∑l=0

Rl(Z1, . . . , Zt)

Sl(Z1, . . . , Zt)Z l

t+1,

con Rl, Sl ∈ K[Z1, . . . , Zt], Sl 6= 0. Moltiplicando per S =:∏

l Sl, otteniamo

S(Z1, . . . , Zt)G(Z1, . . . , Zt, Zt+1) = R(Z1, . . . , Zt, Zt+1)F (Z1, . . . , Zt, Zt+1),

ove ora S,G,R, F ∈ K[Z1, . . . , Zt+1] e S non dipende da Zt+1. Necessaria-mente allora il polinomio irriducibile F , avendo grado positivo in Zt+1, divideG in K[Z1, . . . , Zt, Zt+1].

C.V.D.

Ricordiamo che un’ipersuperficie in An e il luogo nullo di un singolopolinomio non nullo. Consideriamo allora l’ipersuperficie irriducibile W =Z(F ) ⊆ At+1.

Lemma 1.4.2. K(W ) ∼= K(V ) come K-algebre.

Dim. Consideriamo il morfismo di K-algebre

α : K[Z1, . . . , Zt+1]→ K(z1, . . . , zt+1)

che porta Zi in zi. Per le considerazioni precedenti, ker(α) = (F ) (l’idealeprincipale generato da F ). Pertanto, α si fattorizza attraverso un mono-morfismo di K-algebre O(W ) → K(z1, . . . , zt+1), che quindi si estende a unmonomorfismo di campi

α : K(W )→ K(z1, . . . , zt+1).

Dato che evidentemente ogni elemento di K(z1, . . . , zt+1) si puo esprimerecome quoziente di due elementi nell’immagine di α, α e un epimorfismo,quindi un isomorfismo.

C.V.D.

In definitiva, abbiamo dimostrato:

Teorema 1.4.8. Ogni chiuso affine irriducibile e birazionale a un’ ipersu-perficie.

Page 75: geometria algebrica

1.5. MORFISMI FINITI 75

Veniamo ora a un’importante intepretazione geometrica dell’equivalenzabirazionale. Innanzitutto estendiamo la categoria degli spazi in considerazio-ne.

Definizione 1.4.10. Un aperto affine e un sottoinsieme aperto di un chiusoaffine. Siano V,W chiusi affini e siano V ′ ⊆ V , W ′ ⊆ W aperti affini. Unmorfismo f : V ′ → W ′ e la restrizione a V ′ di una funzione razionale f : V -−− > W tale che V ′ ⊆ Reg(f) e f(V ′) ⊆ W ′. Se f : V ′ → W ′ e g : W ′ → V ′

sono morfismi di aperti affini e f ◦ g = idW , g ◦ f = idV , diremo che V ′ e W ′

sono isomorfi (e che f e g sono isomorfismi).

Esercizio 1.4.9. Dimostrare che un aperto affine principale e isomorfo a unchiuso affine.

Teorema 1.4.9. Siano V e W chiusi affini irriducibili. Allora le seguenticondizioni sono equivalenti:

1. V e W sono birazionali;

2. V e W contengono aperti affini non vuoti isomorfi.

Dim. Siano ϕ : V −− > W e ψ : W −− > V mappe razionali inverse eV ′ =: ϕ−1

(Reg(ψ)

)⊆ Reg(ϕ), W ′ =: ψ−1

(Reg(ϕ)

)⊆ Reg(ψ). Se v ∈ V ′, la

composizione ψ ◦ ϕ e definita (nel senso ordinario) in v, e si ha ψ ◦ ϕ(v) =v perche ψ ◦ ϕ = idV come mappe razionali, quindi ψ ◦ ϕ = idV comefunzioni ordinarie ove sono entrambe definite. Pertanto, ϕ(v) ∈ W ′. Quindi(invertendo i ruoli di V ′ e W ′) per restrizione ϕ e ψ inducono morfismi diaperti affini ϕ′ : V ′ → W ′, ψ′ : W ′ → V ′ tali che ψ′ ◦ϕ′ = idV ′ , ϕ

′ ◦ψ′ = idW ′ .Pertanto V ′ e W ′ sono isomorfi mediante ϕ′ e ψ′.

Il viceversa e lasciato come esercizio.C.V.D.

1.5 Morfismi finiti

Se intepretiamo un isomorfismo di chiusi affini come l’analogo di un diffeo-morfismo nella categoria C∞, qual e l’analogo di un rivestimento ramificato?Con cio si intende, euristicamente, una mappa C∞ suriettiva, che su un aper-to del codominio e un rivestimento, mentre su una sottovarieta propria delcodominio si puo verificare una coalescenza di alcune componenti delle fibre;l’idea geometrica e che le fibre possono ‘fondersi’ ma non ‘scappare’. Quin-di, la mappa x→ x2 e un rivestimento ramificato C→ C, mentre la mappax 7→ 1/x non e un rivestimento ramificato C∗ → C.

La nozione algebrica che intepreta questo fenomeno geometrico e quelladi integralita. Ricordiamo che qui anello significa anello commutativo con 1.

Page 76: geometria algebrica

76 CAPITOLO 1. VARIETA AFFINI

Definizione 1.5.1. Sia B un anello e sia A ⊆ B un sottoanello (ossia, edato un monomorfismo A → B e identifichiamo A con la sua immagine).Diremo che b ∈ B e intero su A se soddisfa un’equazione polinomiale monicaa coefficienti in A, cioe se esistono un intero k ≥ 1 e elementi a1, . . . , ak ∈ Atali che

bk + a1 bk−1 + · · ·+ ak−1 b+ ak = 0.

Diremo che B e intero su A se ogni b ∈ B lo e.

Esercizio 1.5.1. Dimostrare le seguenti affermazioni:

1. Se x ∈ Q e intero su Z, allora x ∈ Z.

2. Se P ∈ K(X) e intero su K[X], allora P ∈ K[X].

3. Piu in generale, se A e un dominio di integrita a fattorizzazione unicae se b ∈ Frac(A) e intero su A, allora b ∈ A.

Piu in generale, abbiamo:

Teorema 1.5.1. Sia B intero sul sottoanello A, con A e B domini diintegrita. Allora A e un campo se e solo se B e un campo.

Dim. Sia A un campo e sia b ∈ B \ {0}. Allora b soddisfa un’equazione

bN + bN−1 a1 + bN−2 a2 + · · ·+ aN = 0, (1.6)

per un certo intero N ≥ 1 e ai ∈ A. Se supponiamo che tale equazione abbiagrado minimale, deve essere aN 6= 0; altrimenti avremmo infatti

b ·(bN−1 + bN−2 a1 + bN−3 a2 + · · ·+ aN−1

)= 0.

Dato che B e un dominio di integrita, deve essere

bN−1 + bN−2 a1 + bN−3 a2 + · · ·+ aN−1 = 0,

assurdo per la supposta minimalita di (1.6).Essendo aN 6= 0, aN e invertibile in A; pertanto, moltiplicando l’ugua-

glianza

aN = −(bN + bN−1 a1 + bN−2 a2 + · · ·+ b aN−1

)= −b

(bN−1 + bN−2 a1 + bN−3 a2 + · · ·+ aN−1

)per a−1

N deduciamo

1 = b ·(−a−1

N

)·(bN−1 + bN−2 a1 + bN−3 a2 + · · ·+ aN−1

).

Page 77: geometria algebrica

1.5. MORFISMI FINITI 77

Quindi b e invertibile in B, con inverso

b−1 =(−a−1

N

)·(bN−1 + bN−2 a1 + bN−3 a2 + · · ·+ aN−1

).

Viceversa, supponiamo che B sia un campo. Se x ∈ A \ {0}, x−1 esistein B e quindi e intero su A; pertanto, esiste una relazione della forma

x−N + x−(N−1) a1 + x−(N−2) a2 + · · ·+ aN = 0

per certi ai ∈ A. Moltiplicando per xN−1, otteniamo

x−1 + a1 + x1 a2 + · · ·+ xN−1 aN = 0,

da cui ovviamente x−1 ∈ A. Quindi anche A e un campo.C.V.D.

Lemma 1.5.1. Siano A ⊆ B anelli, con B intero su A. Sia b E B un idealee sia a = b ∩ A, cosı che A/a e un sottoanello di B/b. Allora B/b e interosu A/a.

Dim. Sia [y] ∈ B/b. Dato che B e intero su A, esiste una relazione

yk + x1 yk−1 + · · ·+ xk−1 y + xk = 0

con xi ∈ A. Passando al quoziente, abbiamo

[y]k + [x1] · [y]k−1 + · · ·+ [xk−1] · [y] + [xk] = 0

con [xi] ∈ A/a ⊆ B/b.C.V.D.

Corollario 1.5.1. Siano A ⊆ B anelli e sia B intero su A. Sia q E B primoe sia p = q ∩A (ovviamente un ideale primo di A). Allora q e massimale inB se e solo se p e massimale in A.

Dimostrazione. Per il Lemma 1.5.1, B/q e intero sul sottoanello A/p;quindi, dato il Teorema 1.5.1,

q e massimale ⇔ B/q e un campo ⇔ A/p e un campo ⇔ p e massimale.

C.V.D.

Ovviamente, se A ⊆ B e un sottoanello, B e in modo naturale un A-modulo. Dato b ∈ B, A[b] denota il sottoanello di B generato da b su A,ossia il piu piccolo sottoanello di B contenente A e b. In particolare, A[b] eun A-sottomodulo di B.

Chiaramente, A[b] consiste di tutti gli elementi di B della forma

a0 bl + a1 b

l−1 + · · ·+ al−1 b+ al = 0

per qualche l ≥ 0, con ai ∈ A.

Page 78: geometria algebrica

78 CAPITOLO 1. VARIETA AFFINI

Definizione 1.5.2. Se A e un anello, un A-modulo M si dice fedele se

a ∈ A, am = 0∀m ∈M ⇒ a = 0.

Teorema 1.5.2. Sia B un anello e sia A ⊆ B un sottoanello. Allora datob ∈ B, le seguenti condizioni sono equivalenti:

1. b e intero su A;

2. A[b] e un A-modulo di tipo finito (ossia, finitamente generato).

3. Esiste un sottoanello C ⊆ B finitamente generato come A-modulo taleche A[b] ⊆ C.

4. Esiste un A[b]-sottomodulo fedele M ⊆ B finitamente generato comeA-modulo.

Dim. Dimostriamo che 1⇒ 2. Sia b ∈ B intero su A e supponiamo che

bk + a1 bk−1 + · · ·+ ak−1 b+ ak = 0

per qualche k ≥ 1 e ai ∈ A. Quindi,

bk = −(a1 b

k−1 + · · ·+ ak−1 b+ ak)∈

k−1∑i=0

A · bj.

Di conseguenza, abbiamo anche

bk+1 = −a1 · bk +(a2 b

k−1 + · · ·+ ak b)∈

k−1∑i=0

A · bj;

piu in generale, concludiamo induttivamente che per ogni intero r ≥ 1

br ∈k−1∑i=0

A · bj.

Pertanto,

A[b] =k−1∑i=0

A · bj

e un A-modulo finitamente generato.Se vale 2, otteniamo 3 ponendo C =: A[b].Se vale 3, otteniamo 4 ponendo M = C, visto come A-modulo. Dato che

1 ∈ C, tale A modulo e fedele.

Page 79: geometria algebrica

1.5. MORFISMI FINITI 79

Se vale 4, siano x1, . . . , xN generatori di M come A-modulo. Per ipotesi,bx ∈M per ogni x ∈M ; quindi moltb : x ∈M 7→ b x ∈M e un endomorfismodi A-moduli. Per ogni j = 1, . . . , N esistono aij ∈ A tali che

b xj = moltb(xj) =N∑i=1

aijxi.

Pertanto, se Rt =[b δij − aij

]∈ MatN

(A[b]

), abbiamo

∑Ni=1 rjixi = 0 per

ogni j = 1, . . . , N , ossiaRx = 0,

essendo x = (x1, . . . , xN)t, 0 = (0, · · · , 0)t ∈ AN . Sia R† la matrice aggiunta(o dei cofattori) di R; per gli sviluppi di Laplace abbiamo quindi

det(R) x =(

det(R) IN)x =

(R†R

)x = R† (Rx) = 0.

In altre parole, det(R)xi = 0 per ogni i. Siccome gli xi generano M comeA-modulo, ricaviamo det(R)m = 0 per ogni m ∈ M , ossia det(R) ∈ A[b]annulla M . Dato che M e fedele, det(R) = 0. Sviluppando det(R) otteniamouna relazione

0 = det(R) = bN + a1 bN−1 + · · ·+ aN ,

con a1, . . . , aN ∈ A, sicche b e integrale su A.C.V.D.

Lemma 1.5.2. Siano A ⊆ B ⊆ C anelli e supponiamo che B sia un A-modulo finitamente generato e e C un B-modulo finitamente generato. AlloraC e un A-modulo finitamente generato.

Dim. Siano β1, . . . , βn generatori di B come A-modulo e γ1, . . . , γr ge-neratori di C come B-modulo. Allora per ogni c ∈ C esistono bi ∈ B taliche

c =r∑i=1

bi γi,

e d’altra parte per ogni i esistono aij ∈ A tali che

bi =r∑j=1

aij βj.

Quindi,

c =∑i,j

aij βj γi.

Quindi gli nr prodotti βj γi sono un sistema di generatori di C su A.C.V.D.

Page 80: geometria algebrica

80 CAPITOLO 1. VARIETA AFFINI

Corollario 1.5.2. Sia B un anello e sia A ⊆ B un sottoanello. Supponiamoche B sia finitamente generato come A-algebra. Allora le seguenti condizionisono equivalenti:

1. B e intero su A;

2. B e un A-modulo di tipo finito (ossia, finitamente generato).

Dim. Siano b1, . . . , bN ∈ B generatori di B come A-algebra. PoniamoA0 =: A, Ar =: A[b1, . . . , br] se r = 1, . . . , N ; quindi AN = B.

Se B e intero su A, bi e integrale su A, quindi su Ai−1 per ogni i = 1, . . . , r.Ne discende che Ar e un Ar−1-modulo finitamente generato. Pertanto, AN =B e un A-modulo finitamente generato per il Lemma 1.5.2.

Se B e un A-modulo di tipo finito e b ∈ B, considerando l’endomorfi-smo Mb : B → B dato dalla moltiplicazione per b otteniamo una relazioneintegrale argomentando come nella dimostrazione del Teorema 1.5.2.

C.V.D.

Corollario 1.5.3. Siano b1, . . . , bN ∈ B interi su A. Allora il sottoanelloA[b1, . . . , bN ] e un A-modulo finitamente generato.

L’asserto segue per induzione dal Teorema 1.5.2. Per esempio, A[b1] eun A-moduo finitamente generato, dato che b1 e intero su A, e A[b1, b2] e unA[b1]-finitamente generato, dato che b2 e intero su A[b1] ⊇ A. Ma allora, sex1, . . . , xk sono generatori di A[b1] come A-modulo e y1, . . . , yl sono genera-tori di A[b1, b2] come A[b1]-modulo, la collezione dei kl prodotti xiyj generaA[b1, b2]-come A-modulo.

Corollario 1.5.4. Sia B un anello e sia A ⊆ B un sottoanello. Sia A ⊆B l’insieme degli elementi di B integrali su A. Allora A e un sottoanello(contenente A).

Dim. Se x, y ∈ A allora A[x, y] e un A-modulo finitamente generato.Dato che x + y, xy ∈ A[x, y], il Teorema 1.5.2 implica che x + y e xy sonointeri su A, ossia x+ y, xy ∈ A.

C.V.D.

Esempio 1.5.1. Ovviamente X ∈ K[X] e intero su K [X2], dato che annullail polinomio monico T 2−X2 ∈ K [X2] [T ]. Pertanto K[X] e intero su K [X2].Per esempio, 1 + X annulla q(T ) = T 2 − 2T + (1 − X2), mentre X + X2

annulla r(T ) = T 2 − 2X2 T + (X4 −X2).

Definizione 1.5.3. Nelle ipotesi del Corollario 1.5.4, A si dice la chiusuraintegrale di A in B. Se A = A diremo che A e integralmente chiuso in B;naturalmente, B e intero su A se e solo se A = B.

Page 81: geometria algebrica

1.5. MORFISMI FINITI 81

Esempio 1.5.2. Z e integralmente chiuso in Q e K[X] e integralmente chiusoin K [X,X−1]; se V = Z (Y 2 −X3), allora O(V ) e intero su K[X] e su K[Y ].

Una chiusura integrale e integralmente chiusa:

Proposizione 1.5.1. Nelle ipotesi della Definizione 1.5.3, A e integralmentechiuso in B, cioe

A = A.

Dim. Supponiamo che b ∈ B sia intero suA. Allora esistono c1, . . . , cl ∈ Atali che

bl + c1 bl−1 + · · ·+ cl = 0.

Dato che ogni ci e intero su A (per definizione di A) A[c1, . . . , cl] e un A-modulo finitamente generato. Dato che b e intero su A[c1, . . . , cl],

A[c1, . . . , cl][b] = A[c1, . . . , cl, b]

e finitamente generato come A[c1, . . . , cl]-modulo. Quindi, A[c1, . . . , cl, b] efinitamente generato come A-moduo e pertanto b e intero su A, ossia b ∈ A.

C.V.D.

Geometrizzando, otteniamo la nozione di morfismo finito:

Definizione 1.5.4. Sia ϕ : V → W un morfismo dominante di chiusi affini,cosı che il morfismo di K-algebre ϕ∗ : O(W ) → O(V ) e iniettivo. Identifi-chiamo O(W ) con un sottoanello di O(V ) mediante ϕ∗. Diremo che ϕ e unmorfismo finito se O(V ) e intero su O(W ).

Esempio 1.5.3. Sia C = Z (Y −X2) ⊆ A2. Allora la proiezione sul primofattore e un isomorfismo p : C → A1 e induce un isomorfismo O(C) ∼= K[X].La proiezione q : C → A1 sul secondo fattore, per contro, descrive q∗ (O (A1))come il sottoanello K [X2] ⊆ K[X]. Quindi entrambe le proiezioni sonomorfismi finiti.

Esercizio 1.5.2. Sia C = Z (Y 2 −X3) ⊆ A2 e siano π1, π2 : C → A1 imorfismi indotti dalle proiezioni di A2 ∼= A1 × A1 sui due fattori. Stabilirese π1 e π2 sono interi.

Esercizio 1.5.3. Stabilire se e intero il morfismo C =: Z(XY − 1) → A1

indotto dalla prima proiezione.

Esempio 1.5.4. Sia C = Z (Y 2 −X3) ⊆ A2 e sia ϕ : A1 → A2 il morfismo

ϕ(t) =(t2, t3

).

Allora ϕ∗(O(C)

)= K [T 2, T 3] e O (A1) = K[T ] e evidentemente intero su

ϕ∗(O(C)

). Quindi ϕ e un morfismo finito.

Page 82: geometria algebrica

82 CAPITOLO 1. VARIETA AFFINI

Il Corollario 1.5.1 ammette la seguente intepretazione geometrica:

Corollario 1.5.5. Sia f : V → W un morfismo finito di chiusi affini. SiaV ′ ⊆ V un chiuso irriducibile. Allora f(V ′) e un punto se e solo se V ′ e unpunto.

Dim. Identifichiamo O(W ) con il sottoanello f ∗(O(W )

)di O(V ). Sia

I(V ′) l’ideale primo di V ′; per la Proposizione 1.3.5, la chiusura f(V ′) ⊆ Wha ideale primo I(V ′) ∩ O(W ). Pertanto, V ′ e un punto se e solo se I(V ′) emassimale, ossia se e solo se I(V ′) ∩ O(W ) e massimale, quindi se e solo sef(V ′) e un punto e quindi se e solo se f(V ′) e un punto.

C.V.D.

Vale in realta il seguente asserto piu forte:

Proposizione 1.5.2. Sia ϕ : V → W un morfismo finito di chiusi affini.Allora tutte le fibre di ϕ sono finite (ossia: per ogni w ∈ W , l’immagineinversa ϕ−1(w) e un insieme finito). Piu precisamente, esiste un intero Ntale che ogni fibra ha cardinalita ≤ N .

Dim. Supponiamo che V sia un chiuso affine di An; se T1, . . . , Tn sonole coordinate lineari su An, siano ti ∈ O(V ) le loro restrizioni. Allora peripotesi ogni ti e intero su O(W ), sicche per ogni i esistono un intero li ≥ 1 eg1, . . . , gli ∈ O(W ) tali che

tlii + g1 tli−1i + · · ·+ gli = 0.

Sia w ∈ W ; se v ∈ ϕ−1(w), abbiamo allora (si osservi che gi = ϕ∗(gi), con ilpresente abuso di notazione, sicche gi(v) = gi(w)):

ti(v)li + g1(w) ti(v)li−1 + · · ·+ gli(w) = 0.

Quindi ogni coordinata ti puo assumere solo un insiemo finito di valorisull’insieme immagine inversa ϕ−1(w), che quindi e finito di cardinalita ≤∏

i li.C.V.D.

Il seguente e un caso particolare del Teorema del going-up per estensioniintere:

Teorema 1.5.3. Siano A ⊆ B anelli con B intero su A. Sia p�A un idealeprimo. Allora esiste un ideale primo q�B tale che p = q ∩ A.

Corollario 1.5.6. Sia ϕ : V → W un morfismo finito di chiusi affini. Allora:

Page 83: geometria algebrica

1.5. MORFISMI FINITI 83

1. ϕ e suriettivo.

2. ϕ e una mappa chiusa.

3. Per ogni chiuso irriducibile W0 ⊆ W esiste un chiuso irriducibile V0 ⊆V tale che W0 = ϕ(V0) e il morfismo indotto per restrizione, ϕ0 : V0 →W0, e finito.

Dim. Sia B = O(V ), A = O(W ) e sia ϕ∗ : A → B; quindi ϕ∗ realizzaA come sottoanello di B e B e intero su A. Sia w ∈ W e sia p � A l’idealemassimale corrispondente a w. Per il Teorema del going-up, esiste un idealeprimo q � B tale che p = q ∩ A, ossia tale che p = ϕ∗(q). Per il Corollario1.5.1, q � B e necessariamente massimale, quindi corrisponde a un puntov ∈ V . Dato che l’ideale massimale in A corrispondente a ϕ(v) ∈ W e ϕ∗(q),concludiamo ϕ(v) = w. Cio dimostra che ϕ e suriettivo.

Sia poi V0 ⊆ V un chiuso di Zariski e sia I = I(V0) � B il suo idealeradicale. Sia J = I ∩ A. Allora J e un ideale radicale di A, il cui chiusodi Zariski corrispondente e la chiusura ϕ(V0) ⊆ W . Il morfismo di chiusiaffini indotto per restrizione, ϕ0 : V0 → ϕ(V0), corrisponde chiaramente almonomorfismo di anelli indotto per passaggio al quoziente, A/J → B/I.Per il Lemma 1.5.1, B/I e intero su A/J ; quindi ϕ0 e un morfismo finito,pertanto suriettivo per il punto precedente. Ne discende che

ϕ(V0) = ϕ0(V0) = ϕ(V0).

Quindi un chiuso di Zariski ha per immagine mediante ϕ un chiuso di Zariski.Dato un chiuso irriducibile W0 ⊆ W , V ′ =: ϕ−1(W0) e un chiuso affine di

V . Sia V ′ =⋃V ′j la sua decomposizione in componenti irriducibili. Quindi

W0 = ϕ(V ′) =⋃j ϕ(Vj) e dato che W e irriducibile avremo W0 = ϕ(Vj) per

qualche j, poniamo j = 0. Il resto segue come nel punto precedente.C.V.D.

Proposizione 1.5.3. La composizione di morfismi finiti di chiusi affini e unmorfismo finito.

Dim. Siano ϕ : X → Y e ψ : Y → Z morfismi finiti di chiusi affini.Siano A =: O(Z), B =: O(Y ), C =: O(X). Dato che ϕ∗ : B → C eψ∗ : A → B sono monomorfismi, otteniamo una torre di inclusioni A ⊆B ⊆ C, l’inclusione composta essendo (identificata con) il monomorfismo(ψ ◦ ϕ)∗ = ϕ∗ ◦ ψ∗. L’ipotesi, con queste identificazioni, e che B e intero suA e C e intero su B, l’asserto e che C e intero su A.

Quindi la Proposizione segue da:

Page 84: geometria algebrica

84 CAPITOLO 1. VARIETA AFFINI

Corollario 1.5.7. Siano A ⊆ B ⊆ C anelli, con B intero su A e C interosu B. Allora C e intero su A.

Dim. Sia c ∈ C. Per ipotesi esistono b1, · · · , bN ∈ B per qualche interoN ≥ 1 tali che

cN + cN−1 b1 + · · ·+ bN = 0.

SiaA′ = A[b1, . . . , bN ] ⊆ B.

Allora

1. A′ e un A-modulo finitamente generato, dal momento che ogni ai eintero su A;

2. c e intero su A′, quindi A′[c] e un A′-modulo finitamente generato.

Pertanto, A′[c] e un A-modulo finitamente generato, quindi c e intero su A.Abbiamo dimostrato che ogni c ∈ C e intero su A, ossia che C e intero

su A.C.V.D.

1.5.1 Quozienti finiti

Un esempio di particolare importanza e la proiezione di un chiuso affine suun quoziente finito. Precisamente, sia V ⊆ Ak un chiuso affine e sia G ungruppo finito di cardinalita n, con n primo con la caratteristica del campoK. Supponiamo data un’azione

µ : G× V → V, µ(g, v) = µg(v),

tale che per ogni g ∈ G l’applicazione µg : V → V e un morfismo. Pertanto,G agisce su O(V ) come un gruppo di automorfismi di K-algebra, mediantela (g, f) 7→ µ∗g−1(f) = f ◦ µg−1 . Possiamo allora considerare la sotto-K-

algebra O(V )G ⊆ O(V ) data dalle funzioni regolari invarianti per l’azione diG. Allora O(V )G e una K-algebra finitamente generata, chiaramente senzanilplotenti dato che O(V ) lo e. In effetti, vale il seguente:

Teorema 1.5.4. Sia B una K-algebra finitamente generata e il gruppo finitoG agisca su B come un gruppo di automorfismi di K-algebra. Sia BG ilsottoinsieme degli elementi invarianti per l’azione, ossia

BG =:{b ∈ B : g · b = b∀ g ∈ G

}.

Allora BG e una K-algebra finitamente generata.

Page 85: geometria algebrica

1.5. MORFISMI FINITI 85

Premettiamo il seguente Lemma:

Lemma 1.5.3. Sia A un anello e sia G un gruppo finito di cardinalita d cheagisce su A come un gruppo di automorfismi. Allora A e intero sul sottoanellodegli invarianti AG ⊆ A.

Dim. Infatti, sia a ∈ A e sia e ∈ G l’elemento neutro. Dato che 0 =a− a = a− e · a (qui g · a e l’azione di g ∈ G su a ∈ A) abbiamo

0 =∏g∈G

(a− g · a

)= ad − ad−1 s1(a) + · · ·+ (−1)d−1sd(a) = 0,

ove sj(a) e la j-ima funzione simmetrica elementare dei trasformati di amediante l’azione di G (non necessariamente tutti distinti). Quindi,

s1(a) =∑g∈G

g · a, s2(a) =1

2

∑g 6=h∈G

(g · a) (h · a), . . . , sd(a) =∏g∈G

(g · a).

Chiaramente, sj(a) ∈ AG per ogni j.C.V.D.

Veniamo alla Dimostrazione del Teorema 1.5.4:

Dim. Poniamo A =: BG. Lasciamo come esercizio verificare che A e unasotto-K-algebra di B. Per il Lemma 1.5.3, B e intero su A.

Siano b1, . . . , bk ∈ B generatori di B come K-algebra. Siano P1, . . . , Pk ∈A[X] polinomi monici soddisfatti da b1, . . . , bk, rispettivamente, e siano aij ∈A i loro coefficienti (aij e l’i-imo coefficiente di Pj). Riordiniamo in qualchemodo gli aij come al, l = 1, . . . , N per qualche N ≥ 1. Allora

A′ =: K[{aij}

]= K

[a1, . . . , aN

]⊆ A

e una K-algebra finitamente generata. Siccome Pj ∈ A′[X] per ogni j, ognibj e intero su A′; dato che B = K[b1, . . . , bk] = A′[b1, . . . , bk], B e intero suA′ e finitamente generato come A′-algebra, quindi anche come A′-modulo.

Consideriamo le inclusioni:

A′ ⊆ A ⊆ B.

Essendo una K-algebra finitamente generata, A′ e un anello Noetheriano.Inoltre, B e un A′-modulo finitamente generato, quindi Noetheriano; poicheA e un A′-sotto-modulo di B, e anch’esso finitamente generato come A′-modulo.

Page 86: geometria algebrica

86 CAPITOLO 1. VARIETA AFFINI

Sia (α1, . . . , αr) un sistema finito di generatori di A come A′-modulo. Perogni a ∈ A, esistono quindi xi ∈ A′ tali che

a =r∑i=1

xi αi.

Inoltre, per ogni i = 1, . . . , r esistono polinomi

Fi(X1, . . . , XN) =∑I

λiIXI ∈ K[X1, . . . , XN ]

tali chexi = F (a1, . . . , aN) =

∑I

λiIaI .

Pertanto,

a =∑i

∑I

λiIaI αI .

Quindi, A e generato come K-algebra da (a1, . . . , aN , α1, . . . , αr).C.V.D.

Di conseguenza, esiste un chiuso affine W tale che O(W ) ∼= O(V )G el’inclusione

ι : O(W ) ∼= O(V )G ⊆ O(V )

corrisponde a un morfismo dominante π : V → W , ossia ι = π∗. Per ilteorema, tale morfismo e finito.

Per interpretare tale morfismo, supponiamo innanzitutto che v1, v2 ∈ Vsiano equivalenti per l’azione di G, ossia che esista g ∈ G tale che v2 = µg(v1).Allora per ogni f ∈ O(V )G abbiamo

f(v2) = f(µg(v1)

)= µ∗g(f)(v1) = f(v1).

In altre parole, se scriviamo f = π∗(f)

con f ∈ O(W ) abbiamo

π∗(f)

(v1) = π∗(f)

(v2) ⇒ f(π(v1)

)= f

(π(v2)

)per ogni f ∈ O(W ), quindi π(v1) = π(v2); pertanto π mappa orbite di G inpunti di W .

Supponiamo, viceversa, che π(v1) = π(v2) e dimostriamo che allora v2 ∈G · v1. Supponiamo per assurdo v2 6∈ G · v1, ossia µg(v2) 6= µh(v1) per ognig, h ∈ G. Possiamo allora trovare una funzione regolare α ∈ O(V ) tale che

Page 87: geometria algebrica

1.5. MORFISMI FINITI 87

α(µg(v1)

)= 1 e α

(µg(v2)

)= 0 per ogni g ∈ G. Rammentando che n = |G|,

definiamo ora

α =:1

n

∑g∈G

µ∗g(α) =1

n

∑g∈G

α ◦ µg ∈ O(V ).

Allora α ∈ O(V )G, α(v1) = 1 e α(v2) = 0; scrivendo α = π∗(β) perun’opportuna β ∈ O(V ), deduciamo π(v1) 6= π(v2).

Pertanto, l’immagine di V in W e in corrispondenza biunivoca con leorbite dell’azione.

D’altra parte, essendo un morfismo finito, π e suriettiva:

Corollario 1.5.8. Sia V un chiuso affine e supponiamo che il gruppo finito Gagisca su V come un gruppo di isomorfismi. Sia W il chiuso affine associatoalla K-algebra finitamente generata O(V )G e sia π : V → W il morfismoassociato all’inclusione O(V )G ⊆ O(V ). Allora π e un morfismo finito,quindi suriettivo.

Pertanto W e in corrispondenza biunivoca con V/G. In generale, il quo-ziente di un chiuso affine rispetto all’azione di un gruppo finito si intendedotato della struttura di chiuso affine qui descritta.

1.5.2 Aspetti locali

Consideriamo ora il comportamento di un morfismo finito rispetto alla re-strizione ad aperti affini principali. Piu precisamente, sia ϕ : V → W unmorfismo di chiusi affini e sia g ∈ O(W ). Allora ϕ∗(g) ∈ O(V ) e

ϕ−1 (W g) = V ϕ∗(g).

Quindi l’immagine inversa di un aperto affine principale per un morfismo eancora un aperto affine principale. Pertanto, per ogni aperto affine principaleW g ⊆ W e indotto un morfismo di K-algebre

ϕ∗ : O (W g)→ O(V ϕ∗(g)

).

Supponiamo che ϕ sia dominante, cosı che ϕ∗ e iniettivo.

Lemma 1.5.4. Sia ϕ : V → W un morfismo dominante di chiusi affiniirriducibili. Sia V ′ ⊆ V un aperto non vuoto. Allora la restrizione di ϕ aV ′, ϕ′ : V ′ → W , e dominante.

Page 88: geometria algebrica

88 CAPITOLO 1. VARIETA AFFINI

Dim. Sia Z ⊆ W un chiuso di Zariski contenente ϕ′(V ′) = ϕ(V ′). AlloraZ ′ =: ϕ−1(Z) ⊆ V e un chiuso di Zariski tale che V ′ ⊆ Z ′. Dato che V eirriducibile, V ′ e denso in V , quindi Z ′ = V . Pertanto, Z ⊇ ϕ(V ); dato che ϕe dominante, Z = W . In definitiva, l’unico chiuso di Zariski di W contenenteϕ′(V ′) e W stesso, quindi ϕ′ e dominante.

C.V.D.

Pertanto, se ϕ : V → W e dominante e V ′ ⊆ V e W ′ ⊆ W sono apertitali che ϕ(V ′) ⊆ W ′, allora il morfismo indotto V ′ → W ′ e dominante, quindi(come nel caso dei chiusi affini) ϕ∗ : O(W ′)→ O(V ′) e un morfismo iniettivodi K-algebre.

Nel caso particolare in cui W ′ = W g e V ′ = V ϕ∗(g), cio si puo vederealgebricamente come segue: da un lato, O(W ′) = O(W )g, la localizzazionedi W rispetto alla parte moltiplicativa delle potenze di g. Dall’altra, O(V ′) =O(V )ϕ∗(g). Ora se vediamo O(W ) come un sottoanello di O(V ) mediante ϕ∗,possiamo vedere O(W ′) come il sottoanello O(W )g ⊆ O(V )g.

Supponiamo ora che ϕ sia intero, cosı che O(V ) e intero su O(W ). Pos-siamo concludere che O(V )g e intero su O(W )g, per ogni g ∈ O(W )? Che larisposta e positiva segue dal seguente risultato generale.

Lemma 1.5.5. Siano A ⊆ B anelli con B intero su A. Sia S ⊆ A una partemoltiplicativa. Allora S−1B e intero su S−1A.

Dim. Sia b/s ∈ S−1B, con b ∈ B e s ∈ S. Per l’ipotesi, b e intero su A,quindi esiste una relazione

bN + bN−1 a1 + · · ·+ aN = 0.

Dividendo tale relazione per sN , ricaviamo(b

s

)N+(a1

s

)·(b

s

)N−1

+ · · ·+ aNsN

= 0,

il che dimostra l’asserto.C.V.D.

Nella direzione opposta, abbiamo:

Teorema 1.5.5. Sia ϕ : V → W un morfismo di chiusi affini irriducibili.Supponiamo che esista un ricoprimento aperto {W gi}i∈I di W mediante aper-ti affini principali, tale che per ogni i ∈ I il morfismo indotto per restrizione,V ϕ∗(gi) → W gi, e un morfismo finito. Allora ϕ e un morfismo finito.

Page 89: geometria algebrica

1.5. MORFISMI FINITI 89

Dim. Per la quasi-compattezza di W , possiamo trovare una collezionefinita g1, . . . , gk ∈ O(W ) tale che gli aperti affini principali W gi ricoprono We V ϕ∗(gi) → W gi , e un morfismo finito per ogni i = 1, . . . , k.

Per ogni i, pertanto, il morfismo V ϕ∗(gi) → W gi e dominante, in quantofinito. Dal momento che W gi e denso in W perche W e irriducibile, concludia-mo che ϕ e dominante, quindi che ϕ∗ : O(W )→ O(V ) e un monomorfismo.Mediante ϕ∗, identifichiamo O(W ) con un sottoanello di O(V ), scrivendod’ora in avanti g in luogo di ϕ∗(g).

L’ipotesi e quindi che O(V ) [1/gi] e intero su O(W ) [1/gi] per ogni i.In particolare, essendo O(V ) [1/gi] una K-algebra finitamente generata, efinitamente generato come anello su O(W ) [1/gi]. Pertanto, concludiamo cheO(V ) [1/gi] e finitamente generato come O(W ) [1/gi]-modulo. Sia {ωiα}αuna collezione finita di generatori di O(V ) [1/gi] come O(W ) [1/gi]-modulo.Dato che gi e invertibile in O(V ) [1/gi], possiamo supporre senza perdita digeneralita che ωiα ∈ O(V ) per ogni i, α. Per ogni i, abbiamo

O(V ) ⊆ O(V ) [1/gi] =∑α

O(W ) [1/gi] · ωi,α.

Sia ora h ∈ O(V ). Per ogni i = 1, . . . , k, possiamo trovare hi,α ∈ O(W )e ni,α ∈ Z tali che

h =∑α

hi,αgni,αi

· ωi,α.

Dato che

hi,αgni,αi

=hi,αg

ki

gni,α+ki

,

possiamo prendere k � 0 e, ridefinendo eventualmente hi,α, supporre senzaperdita di generalita che ni,α = n per qualche n� 0 indipendente da i e daα. Quindi scriveremo

h =∑α

hi,αgni· ωi,α.

Le funzioni gni non hanno zeri comuni in W perche le gi non ne hanno. Peril Teorema degli Zeri, esistono `i ∈ O(W ) tali che

∑i

`igni = 1.

Page 90: geometria algebrica

90 CAPITOLO 1. VARIETA AFFINI

Otteniamo cosı

h = 1 · h=

∑i

`igni · h

=∑i

∑α

`i gni

hi,αgni· ωi,α

=∑i

∑α

(`i hi,α) · ωi,α.

Data la generalita di h ∈ O(V ), cio dimostra che

O(V ) =∑i,α

O(W ) · ωi,α,

sicche O(V ) e un O(W )-modulo finitamente generato.C.V.D.

Possiamo ora dimostrare una proprieta geometrica dei morfismi algebriciche li distingue nettamente dalle applicazioni C∞ tra varieta differenziali.L’immagine di un’applicazione C∞ di varieta differenziali puo essere densanel codominio ma avere misura nulla, quindi in particolare non contenerenessun sottoinsieme aperto del codominio. Questo non puo accadere permorfismi di chiusi affini.

Prima di dimostrarlo, premettiamo un’osservazione sulle basi di trascen-denza. Sia F ⊆ L un’estensione di campi finitamente generata, ossia L =F(`1, . . . , `u) per certi `i ∈ L.

Supponiamo che L sia il campo delle frazioni di un dominio di integritaB. Quindi `i = bi/b

′i per certi bi, b

′i ∈ B, b′i 6= 0. Se b =:

∏ui=1 b

′i, allora

˜i =: b `i ∈ B ∀ i = 1, . . . , u.

Per ogni ` ∈ L esistono F (X1, . . . , Xu), G(X1, . . . , Xu) ∈ F[X1, . . . , Xu] taliche G(`1, . . . , `u) 6= 0 e ` = F (`1, . . . , `u)/G(`1, . . . , `u); quindi

` =F (`1, . . . , `u)

G(`1, . . . , `u)

=

∑I fI`

I∑J gJ`

J

=

∑I fIb

−|I|˜I∑J gJb

−|J |˜J ∈ F(b, ˜1, . . . , ˜u) .

Page 91: geometria algebrica

1.5. MORFISMI FINITI 91

PertantoL = F

(b, ˜1, . . . , ˜u) .

Ora da qualsiasi sistema di generatori di L su F e possibile estrarre unabase di trascendenza. Se dunque t e il grado di trascendenza di L su F, esisteuna base di trascendenza (b′′1, . . . , b

′′t ) con b′′i ∈ B per ogni i.

Teorema 1.5.6. Sia ϕ : V → W un morfismo dominante di chiusi affini.Allora esiste un aperto non vuoto W ′ ⊆ W tale che ϕ(V ) ⊇ W ′.

Dim. Dato che ϕ e dominante, ϕ∗ e iniettivo e induce un monomorfi-smo di campi K(W )→ K(V ) su K, attraverso il quale considereremo K(W )come un sottocampo di K(V ). Dal momento che K(V ) e un’estensione fini-tamente generata di K, K(V ) ha grado di trascendenza finito t su K(W ). Sia(x1, . . . , xt) una base di trascendenza di K(V ) su K(W ). Per quanto visto,possiamo supporre senza perdita di generalita che xi ∈ O(V ) per ogni i.Abbiamo cosı una catena di estensioni di anelli

O(V ) ⊇ O(W )[x1, . . . , xt] ⊇ O(W ). (1.7)

Dal momento che gli xi sono algebricamente indipendenti su K(W ), si ha

O(W )[x1, . . . , xt] ∼= O(W )⊗K K[X1, . . . , Xt] ∼= O(W × At

).

Passando ai morfismi, la catena di estension (1.7) corrisponde cosı a unacomposizione di morfismi dominanti di chiusi affini,

Vf−→ W × At π−→ W, ϕ = π ◦ f,

ove π e la proiezione sul secondo fattore.Siano α1, . . . , αn generatori della K-algebra O(V ). Per costruzione, ogni

αi e algebrico su O (W × At). Sia ri ∈ O (W × At) il coefficiente direttoredi un polinomio non banale a coefficienti in O(W )[x1, . . . , xt] soddisfatto daαi; quindi per ogni i = 1, . . . , n abbiamo

ri · αNii + ri1 · αNi−1i + · · ·+ riNi = 0,

per certi rij ∈ O(W )[x1, . . . , xt].Allora, moltiplicando per rNi−1

i ,(ri αi)

Ni + ri1 ·(ri αi)

Ni−1 + · · ·+ riNi rNi−1i = 0, (1.8)

sicche riαi e intero su O(W )[x1, . . . , xt].

Page 92: geometria algebrica

92 CAPITOLO 1. VARIETA AFFINI

Sia ora R = r1 · · · rn ∈ O (W × At) e sia (W × At)R ⊆ W × At l’aperto

affine principale ove R 6= 0. Quindi R e invertibile in

O( (W × At

)R )= O(W )[x1, . . . , xt]

[1

R

].

Lo stesso vale percio per ogni ri, dato che

1

ri=

1

R

∏j 6=i

rj.

D’altra parte, V R = f−1(

(W × At)R)⊆ V e l’aperto affine principale

ove R = f ∗(R) e non nullo in V e

O(V R)

= O(V )

[1

R

]= O

( (W × At

)R )[α1, . . . , αn].

Lemma 1.5.6. Il morfismo V R → (W × At)R

indotto per restrizione da fe finito, quindi suriettivo.

Dim. Dividendo la (1.8) per rNii ricaviamo che αi e intero suO(

(W × At)R)

,

per ogni i = 1, . . . , n; quindi O(V R)

e intero su O(

(W × At)R)

.

C.V.D.

Percio,

f(V ) ⊇ f(V R)

=(W × At

)R.

Allora,

ϕ(V ) ⊇ π(f(V R) )⊇ π

( (W × At

)R );

rimane cosı da dimostrare che π(

(W × At)R)

contiene un aperto di W .

A tal fine, scriviamo R come un polinomio in X1, . . . , Xt a coefficienti inO(W ):

R(w,X) =∑I

RI(w)XI ,

ove I = (i1, . . . , it) e XI = xi11 · · · xitt . Sia W ′ =: W \⋂I Z(RI

)=⋃IW

RI .Allora per ogni w ∈ W ′ il polinomio R(w,X1, . . . , Xt) ∈ K[X1, . . . , Xt] e nonnullo, quindi esiste qualche (a1, . . . , at) tale che R(w, a1, . . . , at) 6= 0. Si haallora

(w, a1, . . . , at) ∈(W × At

)R ⇒ w = π(w, a1, . . . , at) ∈ π( (W × At

)R ).

Page 93: geometria algebrica

1.5. MORFISMI FINITI 93

Abbiamo quindi dimostrato che⋃I

WRI ⊆ π( (W × At

)R ).

C.V.D.

L’argomento precedente dimostra in effetti quanto segue:

Teorema 1.5.7. Sia ϕ : V → W un morfismo dominante di chiusi affiniirriducibili. Allora le seguenti condizioni sono equivalenti:

1. K(V ) e algebrico su K(W ).

2. Esiste R ∈ O(W ), R 6= 0, tale che il morfismo V ϕ∗(R) → WR indottoper restrizione e finito.

Dim. Dimostrare in dettaglio.

Page 94: geometria algebrica

94 CAPITOLO 1. VARIETA AFFINI

Page 95: geometria algebrica

Capitolo 2

Varieta Quasi-Proiettive

2.1 Spazi proiettivi

Definizione 2.1.1. Sia V uno spazio vettoriale finito-dimensionale su K. Lospazio proiettivo PV e la collezione dei sottospazi vettoriali 1-dimensionalidi V . Se V = Kr+1, scriveremo Pr per PV .

Esempio 2.1.1. Se dim(V ) = 1, PV consiste di un solo punto.

Esempio 2.1.2. Se W ⊆ V e un sottospazio, esiste una naturale inclusionedi spazi proiettivi PW ⊆ PV . Se W1,W2 ⊆ V sono sottospazi vettoriali insomma diretta, ossia W1 ∩W2 = (0), i corrispondenti spazi proiettivi sonodisgiunti in PV : PW1 ∩ PW2 = ∅. In generale, PW1 ∩ PW2 = P

(W1 ∩W2

).

Esempio 2.1.3. Se V ∨ = HomK(V,K) e lo spazio duale di V , PV ∨ e incorrispondenza biunivoca naturale con l’insieme dei sottospazi vettoriali dicodimensione 1 (iperpiani) di V .

Possiamo alternativamente descrivere PV come il quoziente di V ∗ =V \ {0} per l’ovvia azione libera del gruppo moltiplicativo K∗ = K \ {0}.Equivalentemente, PV e l’insieme quoziente di V ∗ per la relazione di equi-valenza: v ∼ v′ se esiste λ ∈ K∗ tale che v = λv′. Sia π : V ∗ → PV lamappa quoziente, e denotiamo π(v) = [v]. Se V = Kr+1, con coordinate(X0, · · · , Xr), la classe di equivalenza di v = (v0, . . . , vr) si denota

[v] = [v0 : · · · : vr].

Quindi se v, w ∈ V ∗ allora

[v0 : · · · : vr] = [w0 : . . . : wr] ⇔ viwj = vjwi ∀ 0 ≤ i, j ≤ r.

95

Page 96: geometria algebrica

96 CAPITOLO 2. VARIETA QUASI-PROIETTIVE

Le coordinate di v ∈ [v] sono determinate da [v] solo a meno di un multiploscalare non nullo e vengono chiamate le coordinate omogenee di [v]; taleterminologia e fuorviante: le coordinate omogenee non sono veramente dellecoordinate.

2.1.1 La topologia di Zariski

Fissiamo ora una base di V , cosı da determinare un isomorfismo di spazivettoriali V ∼= Kr+1 (che e anche un isomorfismo di chiusi affini) e pertantoun omeomorfismo PV ∼= PKr+1. L’isomorfismo lineare V ∼= Kr+1 permettedi dotare V di una topologia di Zariski, che risulta indipendente dalla sceltadella base (Esercizio). Dotiamo allora PV della topologia quoziente, chechiameremo ancora topologia di Zariski: un sottoinsieme S ⊆ PV e chiuso(aperto) se e solo se la sua immagine inversa π−1(S) e chiusa (aperta) inV ∗ per la topologia di Zariski. Ora i sottoinsiemi di V ∗ della forma π−1(S)per S ⊆ PV sono proprio le intersezioni di V ∗ con i sottoinsiemi conici diV e π−1(S) e chiuso in V ∗ se e solo se π−1(S) ∪ {0} e chiuso in V . Quindii chiusi di PV per la topologia quoziente sono in corrispondenza biunivocacon i sottoinsiemi chiusi conici di V , ossia con gli ideali radicali omogenei diK[X0, . . . , Xr].

Ora S ⊆ PV e chiuso se e solo se π−1(S) ⊆ V ∗ e un chiuso conico di Vprivato dell’origine se e solo se esiste una collezione finita di polinomi omo-genei Fi ∈ K[X0, . . . , Xr] tali che π−1(S) ∪ {0} = Z

({Fi}). Evidentemente,

[v] ∈ S se e solo se Fi(v) = 0 per ogni i.Riassumiamo e formalizziamo questa discussione con la seguente:

Definizione 2.1.2. Se F ∈ K[X0, . . . , Xr] e un polinomio omogeneo e [v] ∈PV , diremo che F si annulla in [v] se F (v) = 0. Tale definizione e ben postaperche se [v] = [w] allora v = λw per qualche λ 6= 0, sicche F (v) = λd F (w),ove d e il grado di F . Se {Fi} ⊆ K[X0, . . . , Xr] e una collezione di polinomiomogenei, denoteremo con Zpr

({Fi}

)il luogo nullo in PV di tutti gli Fi. Se

I e un ideale omogeneo, denoteremo con Zpr(I) il luogo nullo in PV di tuttii polinomi omogenei di I.

Definizione 2.1.3. La topologia di Zariski su PV e la topologia quozien-te per l’applicazione π. Equivalentemente, la topologia di Zariski su PV edefinita dichiarando che i chiusi sono i luoghi nulli di collezioni arbitrariedi polinomi omogenei. Un sottoinsieme chiuso per tale topologia si dice unchiuso proiettivo.

Esercizio 2.1.1. Dimostrare che questa e effettivamente una topologia senzal’intepretazione di topologia quoziente, adattando le argomentazioni gia usateper lo spazio affine.

Page 97: geometria algebrica

2.1. SPAZI PROIETTIVI 97

Gli aperti di Zariski di PV sono quindi in corrispondenza biunivoca congli aperti di Zariski conici (ovviamente definiti) di V ∗. Da questa osservazio-ne si puo per esempio dimostrare facilmente la quasi compattezza. Sia infattiS ⊆ PV un sottoinsieme arbitrario e sia Ui ⊆ PV una collezione di aperti diZariski che copre S. Allora π−1(Ui) e una collezione di aperti di Zariski in V ∗

che ricopre π−1(S). Dal momento che ogni sottoinsieme di V e quasi com-patto, possiamo estrarre un sottoricoprimento finito π−1(U1), . . . , π−1(Uk) diπ−1(S); evidentemente U1, . . . , Uk e un sottoricoprimento finito di S.

Analogamente, PV e irriducibile. Se cosı non fosse, esisterebbero A,B ⊆PV chiusi propri tali che PV = A ∪ B; ma allora V ∗ = π−1(A) ∪ π−1(B).Dato che π−1(A) e π−1(B) sono chiusi in V ∗ e V ∗ e irriducibile, deve essereπ−1(A) = V ∗ o π−1(B) = V ∗, ossia A = PV o B = PV .

Definizione 2.1.4. Sia S ⊆ Pr. Il cono affine su S e

C(S) = π−1(S) = π−1(S) ∪ {0} ⊆ Ar+1.

Quindi, M ⊆ Pr e un chiuso proiettivo se e solo se C(M) e un chiusoaffine.

Esercizio 2.1.2. Dimostrare che M e irriducibile se e solo se tale e C(M).

Definizione 2.1.5. Sia M ⊆ Pr un chiuso proiettivo. L’ideale radicale di S

Ih(M) �K[X0, . . . , Xr]

e l’ideale generato da tutti i polinomi omogenei che si annullano su M .

Esercizio 2.1.3. Nelle ipotesi precedenti, dimostrare che

Ih(M) = I(C(M)

),

deducendone che Ih(M) e effettivamente un ideale radicale.

Definizione 2.1.6. Sia M ⊆ Pr un chiuso proiettivo. L’anello delle coordi-nate omogenee di M e il quoziente

Oh(M) =: K[X0, . . . , Xr]/Ih(S).

In altre parole, Oh(M) = O(C(M)

).

Esercizio 2.1.4. Dimostrare che Oh(M) e in modo naturale un anello gra-duato.

Page 98: geometria algebrica

98 CAPITOLO 2. VARIETA QUASI-PROIETTIVE

Esercizio 2.1.5. SiaW ⊆ Kr+1 un sottospazio di codimensione 0 < c < r+1;allora

W =c⋂j=1

ker(Lj) = Z(L1, . . . , Lc),

per certi Lj ∈ V ∨ linearmente indipendenti. Dimostrare che:

1. C(PW

)= W ⊆ Kr+1;

2. PW ⊆ Pr e un chiuso proiettivo;

3. Ih(PW ) = I(W ) = (L1, . . . , Lc);

4. Oh(PW ) ∼= K[Y0, . . . , Yr−c].

Suggerimento: scegliere le coordinate in modo che Lj = Xr−c+j.

2.1.2 Il Teorema degli Zeri ‘proiettivo’

Il Teorema degli Zeri dice che se il luogo nullo in Ar+1 di un ideale I �

K[X0, . . . , Xr] e vuoto, allora I = K[X0, . . . , Xr]. Tuttavia e falso che seun ideale omogeneo I � K[X0, . . . , Xr] ha luogo nullo vuoto in Pr alloraI = K[X0, . . . , Xr], anche supponendo che I sia un ideale radicale: bastaconsiderare I = (X1, . . . , Xr). Piu in generale, Zpr(I) = ∅ se Xs

i ∈ I perogni i e qualche intero s ≥ 0, dato che allora Z(I) = {0}. Qual e allora il‘Teorema degli Zeri proiettivo’?

Per ogni s ≥ 0 l’ideale prodotto (X0, . . . , Xr)s � K[X0, . . . , Xr] e l’ideale

omogeneo generato dai monomi di grado s, ossia l’ideale dei polinomi il cuitermine omogeneo di grado minimo ha grado almeno s. La versione proiettivadel Teorema degli Zeri e il seguente Teorema.

Teorema 2.1.1. Sia I�K[X0, . . . , Xr] un ideale omogeneo. Allora le seguenticondizioni sono equivalenti:

1. Zpr(I) = ∅;

2. I ⊇ (X0, . . . , Xr)s per qualche s ≥ 0.

Dim. Abbiamo visto che 2) implica 1). Supponiamo che valga 1). SianoF1, . . . , Fk generatori omogenei per l’ideale I. Allora gli Fi non hanno zeri co-muni diversi da 0 ∈ Ar+1. Quindi, i polinomi Fi(1, T1, . . . , Tr) ∈ K[T1, . . . , Tr]non hanno zeri comuni in Ar. Per il Teorema degli Zeri, esistono polinomiGi(T1, . . . , Tr) ∈ K[T1, . . . , Tr] tali che∑

i

Fi(1, T1, . . . , Tr) ·Gi(T1, . . . , Tr) = 1. (2.1)

Page 99: geometria algebrica

2.1. SPAZI PROIETTIVI 99

Sia ora

Ar+10 =:

{(v0, . . . , vr) ∈ Ar+1 : v0 6= 0

}e definiamo ϕ0 : Ar+1

0 → Ar ponendo

ϕ0(v0, . . . , vr) =

(v1

v0

, . . . ,vrv0

).

Tirando indietro la (2.1) per la mappa razionale ϕ0 : Ar+1 − − > Ar,otteniamo la relazione tra funzioni razionali in K(X0, . . . , Xr):∑

i

Fi

(1,X1

X0

, . . . ,Xr

X0

)·Gi

(X1

X0

, . . . ,Xr

X0

)= 1. (2.2)

Usando il fatto che Fi e omogeneo di grado di, e facile vedere che

Fi

(1,X1

X0

, . . . ,Xr

X0

)=Fi(X0, . . . , Xr)

Xdi0

.

Inoltre, possiamo evidentemente scrivere

Gi

(X1

X0

, . . . ,Xr

X0

)=Gi(X0, . . . , Xr)

Xk0

per certi Gi ∈ K[X0, . . . , Xr] e k ≥ 0. In definitiva, ricaviamo

∑i

Fi(X0, . . . , Xr)

Xdi0

· Gi(X0, . . . , Xr)

Xk0

= 1,

da cui moltiplicando per un’opportuna potenza di X0:∑i

Fi(X0, . . . , Xr)Gi(X0, . . . , Xr) = X l00

per qualche l0 ≥ 0 e qualche Gi ∈ K[X0, . . . , Xr]. Ne discende che X l00 ∈ I

per qualche l0 ≥ 0.Analogamente, si ha X lk

k ∈ I per ogni k con lk ≥ 0 opportuno. L’assertosegue facilmente (esercizio).

C.V.D.

Osservazione 2.1.1. La dimostrazione precedente evidenzia il ruolo del rico-primento affine standard (vedi oltre). La seguente dimostrazione alternativautilizza la struttura conica di Kn+1\{0} ed e piu breve. Sia I�K[X0, . . . , Xr]

Page 100: geometria algebrica

100 CAPITOLO 2. VARIETA QUASI-PROIETTIVE

un ideale omogeneo con luogo nullo proiettivo vuoto. Allora il luogo nulloaffine Z(I) ⊆ Ar+1, per quanto visto, e vuoto oppure consiste della sola ori-gine. Nel primo caso, per il Teorema degli zeri I = K[X0, . . . , Xr], quindinon c’e nulla da dimostrare. Nel secondo caso, Xi si annulla su Z(I) perogni i; pertanto sempre per il Teorema degli zeri esiste si ≥ 1 intero tale cheXsii ∈ I. Ne discende che Xs

i ∈ I per ogni i se s = max(si), e quindi cheI ⊇ (X0, . . . , Xn)(n+1)s (esercizio).

2.1.3 Il ricoprimento affine dello spazio proiettivo

Facciamo alcune premesse di natura algebrica.

Definizione 2.1.7. Sia d ≥ 0 un intero e denotiamo con

K(d)[X0, . . . , Xr] ⊆ K[X0, . . . , Xr]

il sottospazio vettoriale dei polinomi omogenei di grado d e con

Kd[T1, . . . , Tr] ⊆ K[T1, . . . , Tr]

il sottospazio vettoriale dei polinomi di grado ≤ d.

Chiaramente, ogni F (X0, . . . , Xr) ∈ K(d)[X0, . . . , Xr] puo essere scritto

F (X0, . . . , Xr) =d∑i=0

X i0 Fi(X1, . . . , Xr),

ove Fi e omogeneo di grado d− i.L’applicazione lineare αd : K(d)[X0, . . . , Xr]→ Kd[T1, . . . , Tr] data da

αd : F (X0, . . . , Xr) 7→ F (1, T1, . . . , Tr) =d∑i=0

Fi(T1, . . . , Tr)

e un isomorfismo di spazi vettoriali, con isomorfismo inverso

βd : G(T1, . . . , Tr) 7→ Xd0 G

(X1

X0

, . . . ,Xr

X0

).

Chiaramente, se d = d′ + d′′ e

G′ ∈ Kd′ [T1, . . . , Tr], G′′ ∈ Kd′′ [T1, . . . , Tr]

Page 101: geometria algebrica

2.1. SPAZI PROIETTIVI 101

allora

βd (G′ ·G′′) = Xd0

[G′(X1

X0

, . . . ,Xr

X0

)G′(X1

X0

, . . . ,Xr

X0

)]=

[Xd′

0 G′(X1

X0

, . . . ,Xr

X0

)]·[Xd′′

0 G′(X1

X0

, . . . ,Xr

X0

)]= βd′ (G

′) βd′′ (G′′) .

Consideriamo ora l’aperto

Ar0 ={

[X0 : · · · : Xr] ∈ Pr : X0 6= 0}⊆ Pr

La mappa γ0 : Ar → Ar0 data da

(t1, . . . , tr) 7→ [1 : t1 : · · · : tr]

e una biiezione, con inversa

γ−10 : [X0 : · · · : Xr] 7→

(X1

X0

, . . . ,Xr

X0

).

Sia W = Zpr(F ), ove F ∈ K(d)[X0, . . . , Xr]. Allora

γ−10 (W ) = {(t1, . . . , tr) ∈ Ar | [1 : t1 : · · · : tr] ∈ Zpr(F )}

={

(t1, . . . , tr) ∈ Ar |F(1, t1, . . . , tr) = 0

}= Z

(αd(F )

).

Dato che ogni chiuso e intersezione di ipersuperfici, γ0 e continua per latopologia di Zariski.

Viceversa, se G ∈ Kd[X1, . . . , Xr] allora

γ0

(Z(G)

)= {[1 : t1 : · · · : tr] ∈ Pr : G(t1, . . . , tr) = 0}= Zpr

(βd(G)

)∩ Ar0.

Quindi anche γ−10 e continua cosı che γ0 e un omeomorfismo.

Analogamente per ogni i = 0, 1, . . . , r possiamo definire

Ari ={

[X0 : · · · : Xr] ∈ Pr : Xi 6= 0}⊆ Pr

e chiaramente {Ari} e un ricoprimento aperto di Pr; l’argomento precedentemostra che ogni Ari (con la topologia indotta) e omeomorfo a Ar.

In particolare, ogni sottoinsieme chiuso W ⊆ Ari possiede una chiusura Win Pr, che chiameremo la chiusura proiettiva di W . Identifichiamo Ar0 con Armediante γ0; allora se F ∈ K[T1, . . . , Tr] vedremo Z(F ) come un sottoinsiemedi Ar0.

Definiamo β : K[T1, . . . , Tr] → K[X0, . . . , Xr] ponendo β(F ) =: βd(F ) sed e il grado di F .

Page 102: geometria algebrica

102 CAPITOLO 2. VARIETA QUASI-PROIETTIVE

Osservazione 2.1.2. β non e additiva. Per esempio, per r = 1, β : K[T ]→K[X, Y ] soddisfa β(1) = 1, β(T ) = Y , β(T 2) = Y 2 e

β(1 + T + T 2

)= X2 +XY + Y 2.

In generale, se grado(F ) = d e

F (T1, . . . , Tr) =d∑i=0

Fi(T1, . . . , Tr)

ove Fi e omogeneo di grado d− i, allora

β(F )(X0, . . . , Xr) =d∑i=0

X i0 Fi(X1, . . . , Xr).

Teorema 2.1.2. Sia W ⊆ Ar0 = Ar un chiuso affine. Allora

W = Zpr

(β(I(W )

)).

Piu precisamente, l’ideale radicale di W e genererato da β(I(W )

).

Dim. Con l’identificazione descritta, per ogni F ∈ K[T1, . . . , Tr] si ha

F = βd(F )|Ar0 = β(F )|Ar0se grado(F ) = d. Quindi,

W ⊆ Z(F ) = Zpr

(β(F )

)∩ Ar0 ⊆ Zpr

(β(F )

)se F ∈ I(W ). Pertanto

W ⊆⋂

F∈I(W )

Zpr

(β(F )

)= Zpr

(β(I(W )

)).

Dato che ogni chiuso in Pr e intersezione di ipersuperfici, per dimostrarel’inclusione opposta basta verificare che ogni ipersuperficie che contiene W

contiene anche Zpr

(β(I(W )

)).

Sia allora R ∈ K[X0, . . . , Xr] omogeneo di grado d e tale che

Zpr(R) ⊇ W.

Prendiamo l’intersezione con Ar0 ∼= Ar; dal momento che R|Ar0 = αd(R),

Z(α(R)

)⊇ W.

Page 103: geometria algebrica

2.1. SPAZI PROIETTIVI 103

Quindi, α(R) ∈ I(W ); inoltre e facile verificare che per ogni polinomioomogeneo S ∈ K[X0, . . . , Xr] si ha grado(S) ≥ grado

(β ◦ α(S)

)e

S(X0, . . . , Xr) = Xgrado(S)−gradoβ◦α(S)0 · β ◦ α

(S).

Ne segue che

R = Xd−gradoβ◦α(R)0 β ◦ α(R) ∈ Xd−gradoβ◦α(R)

0 · β(I(W )

), (2.3)

ondeZpr(R) ⊇ Zpr

(β(I(W )

)).

La (2.3) implica anche l’ultima affermazione del Teorema.C.V.D.

Osservazione 2.1.3. Una conclusione analoga vale per ogni Ari .

Esempio 2.1.4. Sia W ⊆ Ar ∼= Ar0 un’ipersuperficie, definita dal polinomiosenza fattori irriducibili F ∈ K[T1, . . . , Tr] di grado d. Allora I(W ) = (F ).Quindi Ih

(W)� K[X0, . . . , Xr] e l’ideale generato dai polinomi delle forma

βe(G) al variare di G ∈ I(V ), ove e = grado(G). Ora se G = F ·H, con Hdi grado c, abbiamo

βd+c(G) = βd(F ) · βc(H),

pertanto Ih(W)

e l’ideale principale generato da F =: βd(F ); in particolare,

W e l’ipersuperficie Zpr

(F)

.

Per esempio, adottiamo su P2 le coordinate omogenee [X : Y : Z] edenotiamo A2

X = {X 6= 0} ecc gli aperti affini standard; su A2Z = {Z 6= 0}

adottiamo le coordinate affini X ′ = X/Z, Y ′ = Y/Z. Allora la chiusura inP2 della retta affine ` = Z (X ′ + 2Y ′ − 1) ⊆ A2

Z e la retta proiettiva

L = Zpr (X + 2Y − Z) .

Esempio 2.1.5. Su P1 adottiamo coordinate omogenee [X : Y ]. PoniamoA1

1 = {X 6= 0}, A12 = {Y 6= 0}. Un chiuso di Zariski di P1 interseca ogni

A1j in un chiuso di Zariski per la sua topologia di chiuso affine, quindi in un

insieme finito. Pertanto ogni chiuso di Zariski di

P1 = A11 ∪ A1

2

e un insieme finito. Sia viceversa A ⊆ P1 un insieme finito:

A ={

[λ1 : µ1], . . . , [λs : µs]}.

Page 104: geometria algebrica

104 CAPITOLO 2. VARIETA QUASI-PROIETTIVE

Allora A = Z(P ), ove

P (X, Y ) =s∏j=1

(µjX − λjY

).

Percio i chiusi di Zariski di P1 sono tutti e soli i suoi sottoinsiemi finitie possono essere sempre definiti da un solo polinomio omogeneo, di gradouguale alla cardinalita.

Esempio 2.1.6. Su P2 adottiamo le coordinate omogenee [X : Y : Z].Poniamo A2

X = {X 6= 0}, A2Y = {Y 6= 0}, A2

Z = {Z 6= 0}. La parabolaC = Z

(Y ′ −X ′2

)⊆ A2

Z ha chiusura proiettiva in P2

C = Zpr

(Y Z −X2

).

In particolare, C = C ∩ A2Z . Con la consueta identificazione,

C ∩ A2X = Z(Y Z − 1), C ∩ A2

Y = Z(Z −X2

).

Se operiamo il cambiamento di coordinate Y = Y + Z, Z = Y − Z abbiamo

C = Zpr

(Y′2 − X2 − Z ′2

), dal che vediamo che una parte affine di C (ove

Y ′ 6= 0) e il cerchio X′2+Z

′2 = 1. Quindi cerchi, parabole e iperboli appaionocome intersezioni di una medesima curva piana proiettiva con opportune‘carte affini’.

Quando si prende la chiusura proiettiva di un chiuso affine che non eun’ipersuperficie le cose sono meno semplici.

Esempio 2.1.7. (La cubica gobba). Consideriamo

C =: Z(Y ′ −X ′2, Z ′ −X ′3

)= Z

(Y ′ −X ′2, Z ′ −X ′Y ′

)⊆ A3.

Equivalentemente, C e l’immagine del morfismo ϕ : A1 → A2 dato da ϕ(x) =(x, x2, x3).

L’ideale radicale di C e

I(C) =(Y −X2, Z −X3

).

In effetti, dato P ∈ I(C) definiamo

P (X, Y, Z) =: P(X, Y +X2, Z +X3

).

Page 105: geometria algebrica

2.1. SPAZI PROIETTIVI 105

Allora P (X, 0, 0) = 0, dal che segue facilmente che

P (X, Y, Z) = Y A(X, Y, Z) + Z B(X, Y, Z)

per certi A,B ∈ K[X, Y, Z]. Quindi,

P (X, Y, Z) = P(X, Y −X2, Z −X3

)=

(Y −X2

)A(X, Y −X2, Z −X3

)+(Z −X3

)B(X, Y −X2, Z −X3

)∈(Y −X2, Z −X3

).

Ad esempio,

ZX − Y 2 =(Z −X3

)X −

(Y −X2

) (Y +X2

).

Adottiamo su P3 le coordinate omogenee [X : Y : Z : T ] e vediamoA3 = A3

T come l’aperto affine di P3 ove T 6= 0. Per il Teorema, l’idealeomogeneo Ih

(C)

della chiusura proiettiva di C in P3 e generato dai polinomi

βd(G), al variare di G ∈ I(C), con d il grado di G. Per esempio, Ih

(C)

contiene

β2

(ZX − Y 2

)= ZX−Y 2, β2

(Y −X2

)= Y T−X2, β3

(Z −X3

)= ZT 2−Z3.

Evidentemente, benche Y −X2 e Z −X3 generino I(C), le loro omo-genizzazioni β2 (Y −X2) e β3 (Z −X3) non generano Ih

(C).

Affermo che la chiusura proiettiva di C e il luogo

D ={[x t2 : x2 t : x3 : t3

]| [x : t] ∈ P1

}.

In effetti,

D ∩ A3T =

{[x t2 : x2 t : x3 : t3

]| [x : t] ∈ P1, t 6= 0

}=

{[x : x2 : x3 : 1

]|x ∈ A1

}= C.

Quindi, D ⊇ C. Sia HT = Z(T ) ⊇ P3 (l’iperpiano all’infinito di A3T ). Allora

D ∩HT = {[0 : 0 : 1 : 0]}.

Consideriamo

R =: Zpr

(Y T −X2, ZT −XY,ZX − Y 2

)Evidentemente, R ∩ A3

T = C; inoltre, ove T = 0 le tre equazioni impongonoX = Y = 0, quindi R ∩HT = D ∩HT . Ne segue che R = D, quindi D e unchiuso proiettivo. Dato che D ⊇ C, abbiamo D ⊇ C.

Page 106: geometria algebrica

106 CAPITOLO 2. VARIETA QUASI-PROIETTIVE

Consideriamo K2 con coordinate (R, S) e denotiamone il generico puntocon (r, s). Sia ψ : K2 → K4 data da

ψ(r, s)

=:(r s2, r2 s, r3, s3

).

Quindi ψ∗(F )(R, S) = F (RS2, R2S,R3, S3) se F (X, Y, Z, T ) ∈ K[X, Y, Z, T ].Se (r, s) 6= 0, chiaramente ψ(r, s) 6= 0 e pertanto possiamo condiderare la

restrizione

π ◦ ψ :(K2)∗ → P3, (r, s) 7→

[r s2 : r2 s : r3 : s3

];

qui π : (K4)∗ → P3 e la proiezione.

Su Z(S)c ⊆ K2,

π ◦ ψ(r, s)

=[r : r2 : r3 : 1

]∈ π−1(C).

Pertanto, se F ∈ Ih(C)

e omogeneo allora ψ∗(F ) si annulla sull’aperto densoZ(S)c ⊆ K2, quindi su tutto K2. In particolare, ψ∗(F ) si annulla in (1, 0),ossia F (0, 0, 1, 0) = F

(ψ(1, 0)

)= 0.

Quindi ogni polinomio in Ih(C)

si annulla in [0 : 0 : 1 : 0], onde

[0 : 0 : 1 : 0] ∈ C.

Dato che D = C ∪ {[0 : 0 : 1 : 0]}, concludiamo che D ⊆ C, ossia D = C.In particolare, C e l’immagine di P1 per la mappa

ϕ([x : y]

)=[x3 : x2y : xy2 : y3

].

Esercizio 2.1.6. Sia A = [aij] ∈ GL(r + 1) (0 ≤ i, j ≤ r). Allora l’auto-morfismo lineare LA : Kr+1 → Kr+1, X 7→ AX, preserva (Kr+1)

∗e commuta

con l’azione di K∗, pertanto discende evidentemente a una trasformazionebiunivoca del quoziente,

ϕA : Pr → Pr, [x0 : . . . : xr] 7→

[r∑j=1

a0jxj : . . . :r∑j=1

arjxj

].

Chiameremo ϕA la traformazione proiettiva indotta da A. Dimostrare:

1. ϕ−1A = ϕA−1 , per ogni A ∈ GL(r + 1);

2. ϕA ◦ ϕB = ϕAB, per ogni A,B ∈ GL(r + 1);

3. la corrispondenza A 7→ ϕA definisce un’azione di GL(r + 1) su Pr;

Page 107: geometria algebrica

2.1. SPAZI PROIETTIVI 107

4. l’insieme di tutte le trasformazioni proiettive ϕA : Pr → Pr costituisceun gruppo PGL(r + 1);

5. PGL(r + 1) ∼= GL(r + 1)/K∗ · I;

6. per ogni ideale omogeneo I �K[X0 : . . . : Xr] e per ogni A ∈ GL(r+ 1)si ha

ϕ−1A

(Zpr(I)

)= Zpr (L∗A(I)) .

Esempio 2.1.8. Se 0 ≤ k ≤ r, un k-piano proiettivo in Pr e il proiettivizzatoPU di un sottospazio vettoriale (k+1)-dimensionale U ⊆ Kr+1. Per esempio,una retta proiettiva ` ⊆ Pr e la proiettivizzazione di un sottospazio vettorialebidimensionale diKr+1. Se [v] 6= [w] ∈ Pr allora v, w ∈ Kr+1 sono linearmenteindipendenti e l’unico sottospazio vettoriale 2-dimensionale che li contieneentrambi e L =: span{v, w}; pertanto, l’unica retta proiettiva in Pr checontiene [v] e [w] e

` = PL=

{[λv + µw] : (λ, µ) 6= (0, 0)

}=

{[λv0 + µw0 : . . . : λvr + µwr] : (λ, µ) 6= (0, 0)

}.

In altre parole, l’asserto di algebra lineare che esiste un solo sottospazio vet-toriale 2-dimensionale di Kr contenente due vettori linearmente indipendentiassegnati si traduce nell’asserto di geometria proiettiva che esiste una solaretta in Pr passante per due punti distinti assegnati.

Esercizio 2.1.7. Dimostrare che per tre punti non allineati in Pn passa unoe un solo piano proiettivo.

Esempio 2.1.9. Se 0 ≤ k ≤ r e U ⊆ Kr+1 e un sottospazio vettorialedi dimensione k + 1, dato un chiuso proiettivo Z ⊆ Pr l’intersezione Z ∩PW e un chiuso proiettivo di PW . Qui PW ∼= Pk attraverso la scelta diuna base qualsiasi di W . Infatti, eventualmente applicando un’opportunatrasformazione lineare invertibile LA possiamo supporre che

W = Z(Xk+1, . . . , Xr

).

Equivalentemente, applicando un’opportuna trasformazione proiettiva ϕApossiamo supporre che

PW = Zpr

(Xk+1, . . . , Xr

).

Page 108: geometria algebrica

108 CAPITOLO 2. VARIETA QUASI-PROIETTIVE

Quindi,

PW ={

[X0 : · · · : Xk : 0 : · · · : 0] : [X0 : · · · : Xk] ∈ Pk}.

Sia ψ : Pk → PW l’ovvia identificazione,

[X0 : · · · : Xk] 7→ [X0 : · · · : Xk : 0 : · · · : 0].

SeZ = Zpr

(F1, . . . , Fs

),

ove gli Fj ∈ K[X0, . . . , Xr] sono omogenei, allora

ψ−1(Z ∩ PW

)= Zpr

(F1, . . . , Fs

),

oveFj(X0, . . . , Xk) = Fj(X0, . . . , Xk, 0, . . . , 0).

Per esempio, adottiamo su P3 le coordinate omogenee [X : Y : Z : T ] econsideriamo la chiusura in P3 dell’ipersuperficie affine

S = Z(X3 − Y 2 + Z

)⊆ A3

T .

Questa eS = Zpr

(X3 − Y 2 T + Z T 2

).

La sua intersezione con l’iperpiano all’infinito P2T =: P

(Z(T )

)e

Zpr(T,X3 − Y 2 T + Z T 2

)= Zpr (T,X) ,

ossia il luogo {[0 : Y : Z : 0] : [Y : Z] ∈ P1

}= PW,

ove W ⊆ K4 e il sottospazio vettoriale 2-dimensionale ove X = T = 0. La

sua intersezione con P2X =: P

(Z(X)

)(con coordinate omogenee [Y : Z : T ])

eZpr

(X,X3 − Y 2 T + Z T 2

)= Zpr

(X,(−Y 2 + Z T

)T),

ossia l’unione di una retta e di una conica nondegenere.

Esempio 2.1.10. Si consideri il caso particolare di un’ipersuperficie affineV ⊆ Ar0 definita da un’equazione omogenea in X1, . . . , Xr, quindi di un conoaffine con vertice nell’origine; allora la stessa equazione omogenea definiscela sua chiusura V ⊆ Pr. Pertanto, l’intersezione con l’iperpiano all’infinitoPr−1 = Zpr(X0) e ancora definita dalla medesima equazione nelle coordinate

Page 109: geometria algebrica

2.1. SPAZI PROIETTIVI 109

omogenee X1, . . . , Xr su Pr−1; pertanto, tale intersezione consiste propriodella ipersuperficie proiettiva associata al cono affine. Quindi l’ipersuperficieproiettiva in Pr associata a un polinomio omogeneo che non dipende da X0

e l’unione disgiuntaV = V ∪ V∞,

ove V ⊆ Ar0 e il cono affine definito da quel polinomio e V∞ ⊆ Pr−10 la sua

proiettivizzazione.

Esercizio 2.1.8. Sia Kr = Z(Xr) ⊆ Kr+1 e corrispondentemente

Pr−1 = Zpr(Xr) ⊆ Pr.

Si dimostri che ogni chiuso proiettivo di Pr−1 e in modo naturale un chiusoproiettivo di Pr. Si generalizzi al caso di chiusi proiettivi di PW , con W ⊆Kr+1 un sottospazio vettoriale arbitrario non banale.

Esempio 2.1.11. Sia W ⊆ Kr+1 un sottospazio vettoriale, dim(W ) = k+ 1.Sia T ⊆ PW un chiuso affine e sia p ∈ Pr \ PW . Il cono proiettivo CpT ⊆Pr con base T e vertice p e l’unione di tutte le rette proiettive `p,x ⊆ Prcongiungenti p con qualche punto x ∈ T .

Affermo che CpT e un chiuso proiettivo. Innanzitutto, l’ipotesi signifi-ca che p e i vettori di una qualsiasi base di W sono linearmente indipen-denti. Applicando il teorema della base incompleta, e chiaro che medianteun’opportuna trasformazione proiettiva possiamo assumere PW ⊆ Zpr(X0)e p = [1 : 0 : · · · : 0].

Ora Zpr(X0) = PH0∼= Pr−1 ha coordinate omogenee [X1 : · · · : Xr] e

pertantoT = Zpr

(F1, . . . , Fl

)⊆ Pr−1

per certi Fj ∈ K[X1, . . . , Xr] omogenei.Inoltre la retta proiettiva che congiunge p = [1 : 0 : · · · : 0] con x = [0 :

x1 : · · · : xr] ∈ Pr−1 e l’insieme

`p,x = Pspan{(1, 0, · · · , 0), (0;x1, . . . , xr)}=

{[λ : µx0 : · · · : µxr] : [λ : µ] ∈ P1

}.

Quindi

[v0 : · · · : vr] ∈ CpT ⇔ (v1, . . . , vr) ∈ CT ⇔ Fj(v1, . . . , vr) = 0,∀ j = 1, . . . , l.

Quindi,CpT = Zpr

(F1, . . . , Fl

)⊆ Pr,

ove adesso gli Fj sono considerati polinomi in K[X0, . . . , Xr].

Page 110: geometria algebrica

110 CAPITOLO 2. VARIETA QUASI-PROIETTIVE

Esercizio 2.1.9. Piu in generale, supponiamo che PW ∼= Pa e PV ∼= Pb sianoi sottospazi proiettivi associati ai due sottospazi vettoriali complementariW,V ⊆ Kr+1; quindi Kr+1 = V ⊕W e pertanto a + b = k − 1. Per ogni[v] ∈ PV , W+span(v) ⊆ Kr+1 e un sottospazio vettoriale di dimensione a+1.Definiamo il cono proiettivo CPWT con base un chiuso proiettivo T ⊆ PV evertice PA come l’unione di tutti gli a-piani proiettivi P

(W + span(v)

), al

variare di [v] ∈ T . Dimostrare che CPWT ⊆ Pr e un chiuso proiettivo.Se in particolare

W = Z(Xa+1, . . . , Xr), V = Z(X0, . . . , Xr−b−1

)e

T = Zpr(F1, . . . , Fl) ⊆ PV

oveFj(Xr−b, Xr−b+1, . . . , Xr) ∈ K[Xr−b, Xr−b+1, . . . , Xr],

sono polinomi omogenei, allora

CPWT = Zpr(F1, . . . , Fl) ⊆ Pr

(stesse equazioni, spazio ambiente diverso!).

Esempio 2.1.12. L’esempio 2.1.6 puo essere generalizzato considerandoipersuperfici quadriche in uno spazio proiettivo di dimensione arbitraria, ossiaun chiuso proiettivo della forma

S = Zpr(Q) ⊆ Pr+1,

ove Q ∈ K[X0, . . . , Xr] e un polinomio omogeneo di grado 2. L’unico inva-riante di una forma quadratica essendo il rango, ogni ipersuperficie quadricae l’immagine mediante un’opportuna trasformazione proiettiva di una delleseguenti:

Sj =: Zpr

(X2

0 + · · ·+X2j

)con 0 ≤ j ≤ r; quindi Qj =: X2

0 + · · ·+X2j ha rango j + 1.

In particolare Qr (equivalentemente, la forma bilineare simmetrica asso-ciata) ha rango massimo r + 1; diremo che Wr e non singolare.

Se j < r, Qj e degenere e Sj puo interpretatsi come un cono con verticeil sottospazio proiettivo PVj ∼= Pr−j−1 e base una quadrica nondegenere inPWj = Pj; qui Vj = Z(Xj+1, . . . , Xr), Wj = Z(X0, . . . , Xj).

Esplicitamente, in P1 abbiamo due possibilita:

S1 = Zpr

(X2

0 +X21

), S0 = Zpr

(X2

0

).

Page 111: geometria algebrica

2.2. FUNZIONI REGOLARI 111

Quindi S1 ={

[1 : i], [1 : −i]}

, S0 ={

[0 : 1]}

(punto doppio).

In P2 abbiamo tre possibilita:

S2 = Zpr

(X2

0 +X21 +X2

2

), S1 = Zpr

(X2

0 +X21

), S0 = Zpr

(X2

0

).

Quindi S2 ∩A20 e il cerchio complesso, S1 ∩A2

0 e una coppia di rette, S0 ∩A20

e un piano doppio.

Esercizio 2.1.10. Estendere a P3.

2.2 Funzioni regolari

Siano P,Q ∈ K[X0, . . . , Xr] polinomi omogenei dello stesso grado d; allora sex ∈ (Ar+1)

∗e Q(x) 6= 0 per ogni λ ∈ K∗ abbiamo

P (λx)

Q(λx)=λdP (x)

λdQ(x)=P (x)

Q(x).

Pertanto, il rapporto P/Q induce una ben definita funzione f : (Pr)Q → K,essendo (Pr)Q ⊆ Pr l’aperto ove Q 6= 0.

Definizione 2.2.1. Sia X ⊆ Pr e sia p ∈ X. Una funzione f : X → K si diceregolare in p se esistono P,Q ∈ K[X0, . . . , Xr] polinomi omogenei dello stessogrado tali che Q(p) 6= 0 e f(x) = F (x)/Q(x) per ogni x ∈ XQ =: X ∩ (Pr)Q.Una funzione f : X → K si dice regolare su X se e regolare in ogni punto diX. Le funzioni regolari su X formano una K-algebra O(X).

Lemma 2.2.1. Una funzione regolare f : X → A1 e continua.

Dim. Basta dimostrare che il luogo ove f 6= 0 e aperto. Sia x ∈ X taleche f(x) 6= 0. Sia Ux ⊆ X un intorno aperto ove f = Px/Qx, con Px eQx polinomi omogenei dello stesso grado e tali che Qx 6= 0 ovunque su Ux.Allora evidentemente f−1 (A1 \ {0}) contiene l’aperto X ∩ (Pr)PxQx .

C.V.D.

Chiariamo innanzitutto la relazione tra la presente nozione di regolaritae quella introdotta per i chiusi affini.

Innanzitutto,

Lemma 2.2.2. f : Ar0 → K e regolare nel senso della definizione 2.2.1 se esolo se f ◦ γ0 ∈ O (Ar).

Page 112: geometria algebrica

112 CAPITOLO 2. VARIETA QUASI-PROIETTIVE

Dim. Sia f ◦ γ0 ∈ O (Ar) = K[T1, . . . , Tr]. Quindi, esiste un unicopolinomio F (T1, . . . , Tr) tale che f ◦ γ0(t1, . . . , tr) = F (t1, . . . , tr) per ogni(t1, . . . , tr) ∈ Ar, ossia

f([1 : t1 : · · · : tr]

)= F (t1, . . . , tr).

Sia d il grado di F . Allora chiaramente f e indotta per restrizione dal quozien-

te: βd(F )/Xd0 , ove βd(F ) = Xd

0 F(X1

X0, . . . , Xr

X0

). Dato che βd(F ) e omogeneo

di grado d, f ∈ O (Ar0).Viceversa, supponiamo che f ∈ O (Ar0). Allora f e regolare in γ0(p) per

ogni p ∈ Ar. Quindi per ogni p ∈ Ar esistono polinomi omogenei dello stessogrado P,Q ∈ K[X0, . . . , Xr] tali che Q

([1 : p]

)6= 0 e f(x) = P (x)/Q(x) ove

Q(x) 6= 0.

Sia q ∈ (Ar)α(Q), l’aperto ove Q(1, q) 6= 0. Allora

f ◦ γ0(q) = f(1, q) =P(1, q)

Q(1, q) =

α(P )(q)

α(Q)(q).

In altre parole, f = α(P )/α(Q) su (Ar)α(Q). Pertanto, f ◦ γ0 e regolare (nelsenso delle funzioni razionali su Ar) in ogni p ∈ Ar.

Dato che una funzione razionale su Ar regolare in ogni punto e regolare,deduciamo

f ◦ γ0 ∈ O (Ar) .

C.V.D.

Corollario 2.2.1. La mappa f 7→ f ◦γ0 induce un isomorfismo di K-algebre

O (Ar0)→ O (Ar) = K[T1, . . . , Tr].

Piu in generale, sia X ⊆ Ar un chiuso affine e X0 =: γ0(X); sia γX0 : X →X0 la mappa indotta da γ0 per restrizione. L’argomento precedente, con lievimodifiche, dimostra anche:

Proposizione 2.2.1. f ∈ O(X0) se e solo se f ◦γX0 ∈ O(X). Di conseguen-za, f 7→ f ◦ γX0 e un isomorfismo di K-algebre O(X0)→ O(X).

La seguente proposizione illustra una netta differenza tra spazi proiettivie chiusi affini:

Proposizione 2.2.2. Le sole funzioni regolari su Pn sono le costanti: O (Pn) =K.

Page 113: geometria algebrica

2.2. FUNZIONI REGOLARI 113

Dim. Sia f ∈ O (Pn). Per definizione, per ogni x ∈ Pn esistono unintorno aperto Ux di x in Pn e polinomi omogenei dello stesso grado tali chePx, Qx ∈ K[X0, . . . , Xn] Qx(x

′) 6= 0 per ogni x′ ∈ Ux e f = Px/Qx su Ux.Dopo avere semplificato eventuali fattori comuni, possiamo supporre che Pxe Qx siano relativamente primi.

Dati x, y ∈ Pr, sull’aperto denso Ux ∩ Uy abbiamo f = Px/Qx = Py/Qy,per cui PxQy = PyQx. Per l’ipotesi che Px, Qx e Py, Qy siano primi a due adue, discende chiaramente che Px = λPy e Qx = λQy per qualche λ ∈ K∗.

Quindi la rappresentazione di f come quoziente di funzioni razionali e(essenzialmente) unica e pertanto deve essere Q(x) 6= 0 per ogni x ∈ Pn.In altre parole, l’ideale principale generato da Q non ha zeri nello spazioproiettivo; ne discende che Xk

i ∈ (Q) per ogni i e qualche k � 0, ossia Qdivide ogni Xk

i , assurdo se Q ha grado positivo. Percio Q ∈ K∗ e cosı f ecostante.

C.V.D.

Osservazione 2.2.1. Nel caso di P1, possiamo dare una dimostrazione piuesplicita, come segue. Sia f : P1 → K regolare. Abbiamo P1 = A1

X ∪ A1Y ,

ove [X : Y ] sono le coordinate omogenee e A1X = {X 6= 0}, A1

Y = {Y 6= 0}.Consideriamo gli omeomorfismi γX : A1 → A1

X , t 7→ [1 : t], e γY : A1 → A1Y ,

u 7→ [u : 1]. Dato che le sole funzioni regolari su A1 sono i polinomi, per laProposizione 2.2.1 esistono polinomi A,B ∈ K[T ] tali che

f([1 : t]

)= A(t), g

([u : 1]

)= B(u).

Su A1X ∩ A1

Y abbiamo [1 : 1/x] = [x : 1], quindi

A(1/x) = f([1 : 1/x]

)= f

([x : 1]

)= B(x)

per ogni x 6= 0.Supponiamo allora che

A(T ) = a0 + a1 T + · · ·+ ad Td,

B(T ) = b0 + b1 T + · · ·+ be Te,

con ad, be 6= 0.Per ogni x 6= 0 deve essere

a0 +a1

x+ · · ·+ ad

xd= A

(1

x

)= B(x) = b0 + b1 x+ · · ·+ be x

e.

Quindi, moltiplicando per xd otteniamo

a0 xd + · · ·+ ad−1 x+ ad = xd (b0 + b1 x+ · · ·+ be x

e) .

Page 114: geometria algebrica

114 CAPITOLO 2. VARIETA QUASI-PROIETTIVE

Visto che l’ugualglianza vale per ogni x 6= 0, vale per ogni x ∈ K e quindi eun’uguaglianza in K[X]:

a0Xd + · · ·+ ad−1X + ad = Xd (b0 + b1X + · · ·+ beX

e) .

Se fosse d > 0 avremmo allora una contraddizione, perche il primo membroha termine costante ad 6= 0, mentre il secondo e un multiplo di xd. Diconseguenza d = 0, pertanto f e costante su A1

X e quindi ovunque.

Corollario 2.2.2. Sia X ⊆ Ar e attraverso l’identificazione Ar ∼= Ar0 vedia-mo X come un sottoinsieme di Pr. Allora f : X → A1 e regolare se e solose per ogni x ∈ X esistono:

• un aperto X ′ ⊆ X tale che x ∈ X ′ e

• p, q ∈ O (Ar) con q(x′) 6= 0 per ogni x′ ∈ X,

tali che f(x′) = p(x′)/q(x′) per ogni x′ ∈ X ′.

Dim. Esercizio.

Esercizio 2.2.1. Si generalizzi supponendo X ⊆ V , con V ⊆ Ar Zariskichiuso.

Definizione 2.2.2. Sia X ⊆ Pr.

1. Una funzione f : X → Ak si dice regolare se tutte le sue componenti losono.

2. Una funzione f : X → Pk si dice regolare se:

• f e continua;

• Per ogni i = 0, . . . , k la restrizione

f : f−1(Aki)→ Aki

e regolare nel senso precedente.

3. Sia Y ⊆ Pk. Una funzione regolare f : X → Y e una funzione regolareda X in Pk che prende valori in Y .

4. Un isomorfismo f : X → Y e una funzione regolare da X in Y coninversa regolare.

Esempio 2.2.1. Una funzione regolare f : Pr → Ak e costante, dato cheogni sua componente lo e.

Page 115: geometria algebrica

2.2. FUNZIONI REGOLARI 115

Esempio 2.2.2. Siano F0, . . . , Fk ∈ K[X0, . . . , Xr] polinomi omogenei dellostesso grado d; allora la mappa ψ : Pr \ Zpr(F0, . . . , Fk)→ Pk definita da

ψ([X0 : · · · : Xr]

)=:[F0(X0, . . . , Xr) : · · · : Fk(X0, . . . , Xr)

]e ben definita (esercizio) e regolare. Infatti, se G ∈ K[X0, . . . , Xk] e omogeneodi grado e allora chiaramente

ψ−1 (Zpr(G)) = Zpr

(G(F0(X), . . . , Fk(X)

))∩ Zpr(F0, . . . , Fr)

c,

e G(F0(X), . . . , Fk(X)

)e un polinomio omogeneo di grado d · e. Inoltre,

abbiamo ad esempioψ−1

(Ak0)

= Pr \ Zpr(F0)

e la restrizione Pr \ Zpr(F0)→ Ak0 e la mappa

[x0 : . . . : xr] 7→(F1(X0, . . . , Xr)

F0(X0, . . . , Xr), . . . ,

Fk(X0, . . . , Xr)

F0(X0, . . . , Xr)

).

Alcuni casi particolari:

Esempio 2.2.3. Siano p 6= q ∈ Kr+1 linearmente indipendenti, cosı chex = [p] 6= y = [q]. Definiamo ψ : P1 → Pr ponendo

ψ([λ : µ]

)=: [λp+ νq] = [λp0 + µq0 : · · · : λpr + µqr].

Chiaramente, ψ e regolare, con immagine la retta congiungente x e y.

Esempio 2.2.4. La mappa ψ : P1 → Pd data da

ψ([λ : η]

)=[λd : λd−1η : · · · : λ ηd−1 : ηd

]e regolare. Chiaramente, l’immagine di ψ giace sul chiuso proiettivo

C =: Zpr

({XiXj −XlXk : i+ j = l + k

}). (2.4)

Infatti la s-ima coordinata omogenea di ψ([λ : η]

)e λd−s ηs, e(

λd−i ηi)·(λd−j ηj

)=

(λ2d−i−j ηi+j

)=

(λ2d−l−k ηl+k

)=

(λd−l ηl

)·(λd−k ηk

).

Viceversa, supponiamo [v] ∈ C. Allora

Page 116: geometria algebrica

116 CAPITOLO 2. VARIETA QUASI-PROIETTIVE

Lemma 2.2.3. v0 6= 0 o vd 6= 0.

Dim. Supponiamo v0 = vd = 0, d = 2k. Se 0 ≤ j ≤ k allora

0 = v0 v2j = v2j ,

quindi vj = 0. Se j = k + r, 0 ≤ r ≤ k, allora

0 = vd v2r = v2k+r,

quindi vk+r = 0.Quindi, vj = 0 per ogni j, assurdo.Supponiamo d = 2k + 1. Ancora vj = 0 se j ≤ k; altrimenti,

0 = vd vr−1 = v2k+r.

C.V.D.

Pertanto,C ⊆ AdX0

∪ AdXd .Se [v] ∈ C ∩ AdX0

, definiamo

ϕ0([v]) =: [v0 : v1] .

Se [v] ∈ C ∩ AdXd , definiamo

ϕd([v]) =: [vd−1 : vd] .

Se [v] ∈ C ∩ AdX0∩ AdXd , abbiamo

ϕ0([v]) = [v0 : v1] = [vd−1 : vd] = ϕd([v])

perche v1 vd−1 = v0 vd.Quindi abbiamo una mappa regolare globalmente definita ϕ : C → P1

che e l’inversa di ψ, dato il seguente.

Esercizio 2.2.2. Dimostrare che la matrice v0 v1 · · · vd−1 vdvd0 vd−1

0 v1 · · · v0vd−11 vd1

vdd−1 vd−1d−1vd · · · vd−1v

d−1d vdd

ha rango 1 se [v] ∈ C.

Pertanto, C e isomorfa a P1.La curva C si dice la curva normale razionale di grado d.

Page 117: geometria algebrica

2.2. FUNZIONI REGOLARI 117

Esempio 2.2.5. Per d = 2, ψ induce un isomorfismo tra P1 e la conica non-singolare C =: Zpr (X2

1 −X0X2). Dato che tutte le coniche non-singolari sonoproiettivamente equivalenti, in dimensione due esse sono tutte isomorfe a P1.Con un cambiamento di base, e dopo aver cambiato nome alle coordinate,abbiamo la mappa ψ : P1 → P2 data da

ψ([T0 : T1]

)=:[T 2

0 − T 21 : −2T0T1 : T 2

0 + T 21

],

la cui immagine e il cerchio C ′ =: Zpr (X2 + Y 2 − Z2) (cfr Esempio 1.4.9).

Possiamo generalizzare l’esempio precedente costruendo mappe regolaricon dominio Pr per ogni r.

Lemma 2.2.4. Siano n, d ≥ 1 interi e sia Vn,d lo spazio vettoriale su K deipolinomi omogenei di grado d in X0, . . . , Xn. Allora

dim(Vn,d) =

(n+ d

d

)=

(n+ d)!

n! d!.

Dim. Consideriamo il caso d = 1. Un elemento di Vn,1 e semplicementeun funzionale lineare su Kn+1, ossia Vn,1 = (Kn+1)

∗; pertanto,

dim (Vn,1) = n+ 1 =

(n+ 1

1

).

Consideriamo il caso n = 1. Se n = 1, i polinomi omogenei di grado d inX0, X1 sono combinazioni lineari dei monomi Xd

0 , Xd−10 X1, . . . , X0X

d−11 , Xd

1 ,che pertanto sono una base di V1,d. Quindi,

dim(V1,d) = d+ 1 =

(1 + d

d

).

Quindi l’asserto vale per n = 1 e per d = 1. Dati n′, d′ ≥ 1, supponiamolovero per ogni n ≤ n′ e d arbitrario, e per ogni d ≤ d′ e n arbitrario. Si ha

Vn,d = V ′n,d ⊕ V ′′n,d,

ove V ′n,d ⊆ Vn,d e il sottospazio dei polinomi divisibili per Xn e V ′′n,d e ilsottospazio generato dai monomi negli Xi che non contengono Xn.

Ora V ′n,d e l’immagine in Vn,d dell’applicazione lineare MXn : Vn,d−1 → Vn,ddata dalla moltiplicazione per Xn. Dato che MXn e evidentemente iniettiva,abbiamo allora

dim(V ′n,d

)= dim(Vn,d−1) =

(n+ d− 1

d− 1

)

Page 118: geometria algebrica

118 CAPITOLO 2. VARIETA QUASI-PROIETTIVE

per l’ipotesi di induzione.D’altra parte, V ′′n,d ⊆ Vn,d e il sottospazio dei monomi di grado d nelle

variabili X0, . . . , Xn−1, quindi per l’ipotesi di induzione abbiamo anche

dim(V ′′n,d

)=

(n− 1 + d

d

).

In definitiva, concludiamo

dim(Vn,d) = dim(V ′n,d

)+ dim

(V ′′n,d

)=

(n+ d− 1

d− 1

)+

(n− 1 + d

d

)=

(n+ d

d

).

L’ultima uguaglianza si dimostra con un facile argomento combinatorio.C.V.D.

Esempio 2.2.6. Poniamo Nn,d =:(n+dd

)e sia (P1, . . . , PNn,d) una base di

Vn,d; per ogni [v] ∈ Pn, si ha Pj(v) 6= 0 per qualche j (esercizio). Otteniamoquindi una mappa regolare

νn,d : Pn → PNn,d−1

ponendoνn,d([v]) =:

(P1([v]), . . . , PNn,d([v])

).

Questa e la celebre mappa di Veronese. L’immagine di νn,d e un chiusoproiettivo di PNn,d−1, il luogo nullo di una certa collezione di polinomi qua-dratici. Per descriverli, dopo avere composto con una trasformazione proiet-tiva di PNn,d−1, possiamo supporre senza perdita di generalita che la base diVn,d utilizzata sia data dai monomi XI = X i0

0 · · ·X inn ; penseremo a PNn,d−1

con coordinate omogenee YI , una per ogni multi-indice I = (i0, . . . , in) con|I| = i0 + · · ·+ in = d.

Con questa scelta della base, in coordinate omogenee l’inserzione di Ve-ronese e data da

νn,d([v]) =[vI],

col che si intende che la I-ima coordinata omogenea di νn,d([v]) e vI =vi00 · · · vinn .

Quindi, se [w] = νn,d([v]), ossia se wI = vI , allora

wI · wJ = wL · wK

se i0 + j0 = l0 + k0, . . . , in + jn = ln + kn.Generalizzando gli argomenti dell’esempio 2.2.4, si verifica che:

Page 119: geometria algebrica

2.2. FUNZIONI REGOLARI 119

• l’immagine di νn,d, detta la varieta di Veronese, e proprio il luogo nullodi questi polinomi:

νn,d (Pn) = Zpr

({XI XJ −XLXK : I + J = K + L

})⊆ PNn,d−1;

• la mappa indotta νn,d : Pn → νn,d (Pn) e un isomorfismo.

Osservazione 2.2.2. Ovviamente, νn,1 = idPn .

Esempio 2.2.7. Come caso particolare, consideriamo la superficie di Vero-nese quadratica; dato che (

2 + 2

2

)=

(4

2

)= 6,

questa e data dall’immagine di

ν2,2 : P2 → P5.

Se ordiniamo opportunamente i monomi quadratici nelle coordinate omo-genee [X0 : X1 : X2] di P2, la superficie di Veronese nelle corrispondenticoordinate omogenee [Z0 : · · · : Z5] di P5 e il luogo ove la matrice Z0 Z3 Z4

Z3 Z1 Z5

Z4 Z5 Z2

ha rango = 1, ossia il luogo nullo di tutti i minori due per due (le varieta chepossiedono una descrizione di questo tipo si dicono determinantali).

Problema 2.2.1. Dato che ν2,2 induce un isomorfismo di P2 con la sua imma-gine, che e chiusa in P5, un chiuso proiettivo di P2 si mappa isomorficamentesu un chiuso proiettivo di P5, ma quali sono le sue equazioni?

Teorema 2.2.1. Sia X ⊆ Pk e sia f : X → Pr. Allora le seguenti condizionisono equivalenti:

1. f e regolare;

2. per ogni x ∈ X, esistono:

(a) un aperto X ′ ⊆ X con x ∈ X ′;(b) polinomi omogenei F0, . . . , Fr ∈ K[X0, . . . , Xk] tutti dello stesso

grado senza zeri comuni in X ′,

Page 120: geometria algebrica

120 CAPITOLO 2. VARIETA QUASI-PROIETTIVE

tali che

f([v]) =[F0(v) : . . . : Fr(v)

](2.5)

per ogni [v] ∈ X ′.

Osservazione 2.2.3. Ovviamente, X ′ deve essere contenuto nel luogo ovequalche Fi 6= 0, per dare un senso alla (2.5). Inoltre, la (2.5) e ben definitacome funzione di [v], perche se v e sostituito con λ v per λ 6= 0 ogni Fi(v) emoltiplicato per λd, ove d e il grado comune degli Fi; quindi il punto in Pral secondo membro non cambia.

Dim. Che 2 implichi 1 e essenzialmente l’Esempio 2.2.2. In effetti, se vale2 allora, nella notazione dell’asserto, per ogni G ∈ K[X0, . . . , Xk] omogeneodi grado e si ha

f−1(Zpr(G)

)∩X ′ = Zpr

(G)∩X ′,

ove

G(X0, . . . , Xk) =: G(F0(X), . . . , Fr(X)

)∈ K[X0, . . . , Xk]

e omogeneo di grado d ·e. Dato che ogni chiuso di Zariski in Pr e intersezionedi ipersuperfici, f e continua su X ′; essendo continua nell’intorno di ognipunto di X, f e continua. Il resto della dimostrazione che 2 implica 1 e comenella discussione dell’esempio 2.2.2.

Viceversa, sia f regolare in x. Supponiamo f(x) ∈ Ar0. Quindi esisteun intorno aperto X ′ ⊆ X di x tale che f(X ′) ⊆ Ar0 e la mappa indottaf ′ : X ′ → Ar0 e regolare. Pertanto, esistono f1, . . . , fr : X ′ → A1 regolari taliche

f ′(y) =[1 : f1(y) : · · · : fr(y)

].

Dopo avere eventualmente ristretto X ′, possiamo supporre che ogni fi abbiala forma fi = Pi/Qi|X′ , ove Pi, Qi ∈ K[X0, . . . , Xr] sono omogenei dello stessogrado che non si annullano in X ′. Dopo aver moltiplicato per Q =

∏ri=1 Qi,

ricaviamo

f ′(y) =[Q(v) : F1(v) : · · · : Fr(v)

]∀ y = [v] ∈ X ′.

C.V.D.

Definizione 2.2.3. Sia X ⊆ Pk e sia f : X → Pr un morfismo (mapparegolare). Diremo che f e degenere se f(X) ⊆ H per qualche iperpianoproiettivo H ⊆ Pr. Altrimenti, diremo che f e non degenere.

Page 121: geometria algebrica

2.2. FUNZIONI REGOLARI 121

Lemma 2.2.5. Sia X ⊆ Pk un chiuso proiettivo e siano

F0, . . . , Fr ∈ K[X0, . . . , Xk]

polinomi omogenei di grado d senza zeri comuni in X. Sia f : X → Pr ilmorfismo

f(x) =:[F0(X0, . . . , Xk) : · · · : Fr(X0, . . . , Xk)].

Allora le seguenti condizioni sono equivalenti:

1. f e degenere;

2. Esistono λ0, . . . , λr ∈ K tali che

λ0 F0 + · · ·+ λr Fr ∈ Ih(X);

3. Le immagini di F0, . . . , Fr ∈ Oh(M) sono linearmente indipendenti.

Dim. Esercizio.

Esercizio 2.2.3. Dimostrare che il morfismo di Veronese νn,d : Pn → PNn,d−1

e non degenere.

Osservazione 2.2.4. Sia M ⊆ Pk e sia f : M → Pr regolare in m ∈ M esia M ′ ⊆M un intorno aperto di m sul quale f ha la forma

f(m′) =[F0(m′) : · · · : Fr(m′)

]per certi polinomi omogenei Fj ∈ K[X0, . . . , Xk]. Sia G ∈ K[Y0, . . . , Yr] e siaV = Zpr(G). Allora, come si e notato,

f−1(Zpr(G)

)= Zpr

(G)∩X ′,

oveG(X0, . . . , Xk) =: G

(F1(X), . . . , Fr(X)

).

Consideriamo il caso particolare f = νn,d : Pn → PN(n,d). Sia

P (X0, . . . , Xn) =∑I

aIXI

un polinomio omogeneo di grado d; chiaramente P = H, ove

H =∑I

aI YI

(essendo YI le coordinate omogenee su PN(n,d)). Quindi,

Zpr(P ) = f−1(Zpr (G)

).

In altre parole, ogni ipersuperficie di grado d in Pk e l’immagine inversa diun iperpiano in PN(n,d).

Page 122: geometria algebrica

122 CAPITOLO 2. VARIETA QUASI-PROIETTIVE

Esercizio 2.2.4. Stabilire se l’osservazione precedente determina una corri-spondenza biunivoca tra ipersuperfici di grado d e iperpiani di PN(n,d).

Esercizio 2.2.5. Sia nuovamente νn,d : Pn → PNn,d−1 la mappa di Veronese.Se V ⊆ Pn e un ipersuperficie di grado d, ossia il luogo nullo di un polinomioF ∈ K[X0, . . . , Xn] omogeneo di grado d, stabilire se la restrizione di νn,d adV , νV : V → PNn,d−1 e degenere o meno. Nel caso, esibire esplicitamente uniperpiano contenente νV (V ).

Sia M ⊆ Pn. Una mappa regolare f : M → Pr e quindi equivalenteall’assegnazione dei seguenti dati:

• Un ricoprimento aperto {Mi} di M ;

• per ogni i, una sequenza ordinata F(i)0 , . . . , F

(i)r ∈ K[X0, . . . , Xn] di

polinomi omogenei dello stesso grado di,

tali che:

1. se m ∈Mi allora F(i)l (m) 6= 0 per almeno un l, e inoltre

2. su ogni itersezione Mi ∩Mj si ha F(i)l F

(j)k = F

(i)k F

(j)l per ogni l, k.

E facile definire una relazione di equivalenza tra dati di questo tipo inmodo che assegnazioni equivalenti definiscono la stessa funzione regolare eviceversa (esercizio). Un approccio simile si applica alla definizione di fun-zione razionale (vedi oltre); in quel caso non si impone la condizione 1., ma

solo che per ogni i non tutti gli F(i)l siano identicamente nulli su Mi.

2.3 Varieta quasi-proiettive

Definizione 2.3.1. Una varieta quasi-proiettiva e un sottoinsieme localmen-te chiuso di uno spazio proiettivo (ossia l’intersezione di un chiuso proiettivoin Pk con un aperto di Pk, per qualche k). In altre parole, X ⊆ Pk e unavarieta quasi-proiettiva se

X = Y1 \ Y2,

ove Y1, Y2 ⊆ Pk sono chiusi proiettivi.

Piu esplicitamente, se Y1 = Zpr(F1, . . . , Fa) e Y2 = Zpr(G1, . . . , Gb) percerti polinomi omogenei Fi, Gj ∈ K[X0, . . . , Xk], allora

X = Zpr(F1, . . . , Fa) ∩

(b⋃

j=1

Zpr(Gj)c

)=

{x ∈ Pk : Fi(x) = 0 ∀ i e Gj(x) 6= 0 per qualche j

}.

Page 123: geometria algebrica

2.3. VARIETA QUASI-PROIETTIVE 123

Esempio 2.3.1. • Un chiuso proiettivo e una varieta quasi-proiettiva.

• L’immagine di un chiuso affine V ⊆ Ar in Ar0 ⊆ Pr e una varietaquasi-proiettiva; infatti, identificando Ar con Ar0, abbiamo

V = V \ Pr−10 ,

ove Pr−10 = Zpr(X0) e l’iperpiano all’infinito.

• Sottoinsiemi aperti di spazi proiettivi, chiusi proiettivi, spazi affini,chiusi affini sono varieta quasi-proiettive.

Lemma 2.3.1. Una varieta quasi-proiettiva e quasi-compatta.

Dim. Sia X ⊆ PN e per ogni i = 0, . . . , N sia Xi =: X ∩ ANi ; dato cheogni sottoinsieme dello spazio affine e quasi-compatto, tale e Xi (ovviamente,la topologia su Xi e la medesima sia che la si consideri come indotta dallospazio affine ANi che come da PN).

Sia {Yj} un qualsiasi ricoprimento aperto di X; per ogni i, possiamotrovare un sottoricoprimento finito {Yjk}k di Xi; l’unione di tutti gli {Yjk}ke un ricoprimento finito di X.

C.V.D.

Osservazione 2.3.1. Lo stesso ragionamento mostra che ogni sottoinsiemedi PN e quasi-compatto.

Esercizio 2.3.1. La dimostrazione precedente utilizza il ricoprimento affinestandard. Dimostrare che ogni sottoinsieme di PN e quasi-compatto utiliz-zando la proiezione π : KN+1 \ {0} → PN per ricondursi all’analogo assertoper KN+1.

Lemma 2.3.2. Una varieta quasi-proiettiva e uno spazio topologico Noethe-riano.

Dim. Innanzitutto PN e uno spazio topologico Noetheriano, dato che unasequenza decrescente Z1 ⊇ Z2 ⊇ . . . di chiusi proiettivi corrisponde a unasequenza crescente di ideali conici Ih(Z1) ⊆ Ih(Z2) ⊆ . . ., che quindi deveessere stazionaria.

Sia ora X ⊆ PN una varieta quasi-proiettiva e sia X1 ⊇ X2 ⊇ . . . unasequenza decrescente di chiusi di X; allora le chiusure proiettive fornisconouna sequenza X1 ⊇ X2 ⊇ . . . di chiusi di PN , che quindi deve essere stazio-naria. Ma evidentemente Xi = X i ∩X, quindi anche la sequenza degli Xi estazionaria.

C.V.D.

Page 124: geometria algebrica

124 CAPITOLO 2. VARIETA QUASI-PROIETTIVE

Osservazione 2.3.2. Come nel caso affine, ne discende che una varietaquasi-proiettiva puo essere decomposta, in modo essenzialmente unico, co-me unione non ridondante di sottovarieta irriducibili, che risultano esseresottovarieta quasi-affini.

Esercizio 2.3.2. Si dimostri che le seguenti affermazioni su una varietaquasi-proiettiva X sono equivalenti:

1. X e irriducibile;

2. quasiasi sottoinsieme aperto di X e irriducibile;

3. esiste un sottoinsieme aperto denso irriducibile di X;

4. la chiusura proiettiva di X e irriducibile.

Esempio 2.3.2. In generale, l’unione di varieta quasi-proiettive X1, X2 ⊆ Pknon e una varieta quasi-proiettiva. Per esempio, siano A2

X,Y =: Z(Z) ⊆ A3

il piano XY , A1X =: Z(Z, Y ) ⊆ A3 l’asse X e sia

V =: A2X,Y \ A1

X .

Essendo un aperto in un chiuso affine, V e una varieta quasi-proiettiva. Con-sideriamo ora l’unione W =: V ∪A1

Z , ove A1Z e l’asse X. Allora l’origine 0 ∈

W , ma W non e localmente chiuso in 0. Infatti, I(W ) = I(W ) = (ZX,ZY )(dimostrare), quindi W = A2

X,Y ∪ A1Z .

Esempio 2.3.3. Per contro, l’intersezione di varieta quasi-proiettive e unavarieta quasi-proiettiva. Infatti, possiamo scrivere Xi = Ci∩Ai, ove C1, C2 ⊆Pk sono chiusi e A1, A2 ⊆ Pk sono aperti. Pertanto

X1 ∩X2 = (C1 ∩ A1) ∩ (C2 ∩ A2) = (C1 ∩ C2) ∩ (A1 ∩ A2)

che ha la stessa forma. Equivalentemente, cambiando leggeremente notazio-ne, se

X = Zpr(F1, . . . , Fa) ∩

(b⋃i=1

Zpr(Gi)c

),

X ′ = Zpr(F′1, . . . , F

′d) ∩

(e⋃j=1

Zpr(G′j)c

)allora

X ∩X ′ = Zpr(F1, . . . , Fa, F′1, . . . , F

′d) ∩

(⋃i,j

Zpr

(GiG

′j

)c).

Page 125: geometria algebrica

2.3. VARIETA QUASI-PROIETTIVE 125

Definizione 2.3.2. Una varieta quasi-proiettiva si dice affine se e isomorfaa un chiuso affine, proiettiva se e isomorfa a un chiuso proiettivo. Per esten-sione di linguaggio, si dice varieta affine (rispettivamente, proiettiva) anchela classe di isomorfismo di una varieta affine (rispettivamente, proiettiva).

Osservazione 2.3.3. Vedremo che l’immagine di un chiuso proiettivo me-diante una mappa regolare e ancora un chiuso proiettivo; quindi una varietaproiettiva e necessariamente un chiuso proiettivo (altrimenti detto, nella clas-se di isomorfismo di un chiuso proiettivo ci sono solo chiusi proiettivi). Percontro, un chiuso affine puo essere isomorfo a una varieta quasi-proiettivache non e un chiuso affine (altrimenti detto, nella classe di isomorfismo di unchiuso affine non ci sono, in generale, solo chiusi affini).

Esempio 2.3.4. Sia V = Z(F1, . . . , Fk) ⊆ Ar, ove Fi ∈ K[T1, . . . , Tr], e siaf ∈ O(V ) \ {0}. Sia F ∈ K[T1, . . . , Tr] tale che f = F |V . L’aperto affineprincipale V f =: V \ ZV (f) di V e una varieta affine, dato che e isomorfo alchiuso affine

W = Zpr

(F1, . . . , Fk, Tr+1 · F − 1

)⊆ Ar × A1 ∼= Ar+1.

Esplicitamente, le mappe V F → W , v 7→(v, 1/f(v)

)e W 7→ V F , (v, λ) 7→ v

sono regolari e l’una l’inversa dell’altra (esercizio).

Esempio 2.3.5. A2 \ {0} e una varieta quasi-proiettiva che non e affine neproiettiva. Infatti non e proiettiva perche O (A2 \ {0}) = O (A2) 6= K. None affine perche se lo fosse l’isomorfismo

ι∗ : O(A2)→ O

(A2 \ {0}

)indotto per restrizione dall’inclusione ι : A2 \ {0} ↪→ A2 dovrebbe corri-spondere a un isomorfismo, il che evidentemente non e dato che ι non esuriettiva.

Esercizio 2.3.3. Sia x ∈ P2. Dimostrare che O (P2 \ {x}) ∼= K. Dedurredalle considerazioni precedenti che P2 \ {x} non e ne una varieta affine neuna varieta proiettiva.

Sia X ⊆ PN un chiuso proiettivo e sia{ANi}

il ricoprimento affinestandard di PN . Per ogni i, l’intersezione

Xi =: X ∩ ANie un chiuso di ANi , quindi una varieta affine, e un aperto di X. Dato che X =⋃Ni=1Xi, ogni chiuso proiettivo, e quindi ogni varieta proiettiva, ammette un

ricoprimento aperto costituito da varieta affini.Questa e una proprieta generale di ogni varieta quasi-proiettiva:

Page 126: geometria algebrica

126 CAPITOLO 2. VARIETA QUASI-PROIETTIVE

Lemma 2.3.3. Sia X una varieta quasi-proiettiva. Allora ogni x ∈ X ha unintorno aperto affine X ′ ⊆ X (ossia x ∈ X ′, X ′ e aperto in X e X ′ e unavarieta affine).

Dim. Per ipotesi, X ⊆ PN e localmente chiuso, ossia X = Z1 \ Z2, oveZ1, Z2 ⊆ PN sono chiusi proiettivi. Dopo avere eventualmente riordinatole coordinate omogenee, possiamo supporre senza perdita di generalita chex ∈ X ∩ AN0 .

Sia Yj = AN0 ∩ Zj, j = 1, 2; quindi ogni Yj e un chiuso affine e X ∩AN0 =Y1 \Y2. Sia I(Y2) E K[T1, . . . , Tr] l’ideale radicale di Y2 ⊆ AN0 e sia F ∈ I(Y2)tale che F (x) 6= 0. Infine sia Y F

1 ⊆ Y1 l’aperto affine principale di Y1 oveF 6= 0. Allora Y F

1 e un intorno aperto di x in X e d’altra parte un apertoaffine principale e una varieta affine.

C.V.D.

Osservazione 2.3.4. Nello studio di proprieta locali di varieta quasi-proiettive,possiamo quindi ridurci senza perdita di generalita al caso di una varietaaffine.

Se Z ⊆ X, la proprieta ‘Z e chiuso in X’ e una proprieta locale in X(non in Z!):

Lemma 2.3.4. Sia Z ⊆ X e sia {Xi} un ricoprimento aperto di X. Allorale seguenti affermazioni sono equivalenti:

1. Z e chiuso in X;

2. per ogni i, Z ∩Xi e chiuso in Xi.

Dim. Esercizio.

2.4 Proiezioni

Un importante caso particolare della costruzione dell’Esempio 2.2.2 si ottie-ne considerando polinomi omogenei di grado uno. Intrinsecamente, ossia aprescindere dalla scelta di basi, cio corrisponde a considerare un’applicazio-ne lineare ψ : V → W , ove dim(V ) = r + 1 e dim(W ) = k + 1, e a farladiscendere, ove possibile, a una mappa tra i corrispondenti spazi proiettivi.

Esercizio 2.4.1. Sia f : V → W un’applicazione lineare. Dimostrare che finduce in modo naturale una funzione regolare

[f ] : PV \ P ker(f)→ PW.

Page 127: geometria algebrica

2.4. PROIEZIONI 127

Un caso particolarmente importante si ottiene quando V = W ⊕ U ef = π : V → W e la proiezione lungo U . In questo caso, otteniamo unafunzione regolare [π] : PV \ PU → PW . Conviene dare un’interpretazionegeometrica di questa mappa.

Esempio 2.4.1. Siano p = [v] ∈ Pr e γ ⊆ Pr un (r− 1)-piano proiettivo taleche [p] 6∈ γ. Per ogni [z] ∈ Pr \ {[v]}, la retta proiettiva `[v],[z] congiungente[v] e [z] interseca Λ in un unico punto

π[v]([z]) = `[v],[z] ∩ γ.

Per vederlo, si osservi innanzitutto che siccome v e z sono linearmente indi-pendenti

Lv,z =: span {v, z} ⊆ Kr+1

e un sottospazio vettoriale 2-dimensionale di Kr+1, e naturalmente

`[v],[z] = PLv,z.

Sia Γ ⊆ Kr+1 il sottospazio vettoriale r-dimensionale tale che γ = PΓ. Dalmomento che [p] 6∈ γ, abbiamo

Kr+1 = Γ + span{v} = Γ + Lv,x.

Ne discendedim

(Γ ∩ Lv,x

)= r + 2− (r + 1) = 1;

passando ai proiettivizzati, γ∩ `p,x consiste di un unico punto. Abbiamo cosıuna mappa πp : Pr \ {p} → γ.

Affermo che πp e regolare. In effetti, possiamo applicare una trasforma-zione proiettiva e supporre senza perdita di generalita che p = (1, 0, . . . , 0),Γ = ker(X0) = {0} ×Kr. Identificando γ = PΓ con Pr−1 otteniamo

πp([x0 : · · · : xr]

)= [x1 : · · · : xr].

Chiaramente, πp e la proiettivizzazione della proiezione di Kr+1 su Γ lungospan{p}.

Esercizio 2.4.2. Dimostrare che πp(x) = πp(y) se e solo se i tre punti p, x, ysono collineari.

Esempio 2.4.2. Piu in generale, sia V = U ⊕ W , con dim(V ) = r + 1,dim(U) = a + 1 e dim(W ) = b + 1; quindi a + b = r − 1. Consideriamo idue sottospazi proiettivi disgiunti PU,PW ⊆ PV ; chiaramente, PU ∼= Pa ePV ∼= Pb. Per ogni z = [v] ∈ PV \ PU , abbiamo

dim (U + span{v}) = a+ 2.

Page 128: geometria algebrica

128 CAPITOLO 2. VARIETA QUASI-PROIETTIVE

Quindi,

dim(

(U + span{v}) ∩W)

= (a+ 2) + (b+ 1)− (r + 1) = 1.

Quindi,

P (U + span{v}) ∩ PW

consiste di un unico punto, chiamiamolo P ([v]).

Esercizio 2.4.3. Dimostrare che la mappa P : PV \PU → PW cosı definitae proprio la proiettivizzazione della proiezione di V su W lungo U .

Definizione 2.4.1. Nella situazione degli Esempi 2.4.1 e 2.4.2, diremo che f :PV \PU → PW e la proiezione di PV su PW con vertice PU , o semplicementeuna proiezione di PV su PW .

Consideriamo innanzitutto la proiezione da un punto su un iperpiano.Scegliendo una base opportuna di V , possiamo ridurci al caso PV = Pr,

PW = Zpr(Xr), p = [0 : · · · : 0 : 1]; quindi,

π([x0 : · · · : xr−1 : xr]

)= [x0 : · · · : xr−1].

Sia Z ⊆ Pr \ {p} un chiuso proiettivo e sia Ih(Z) il suo ideale radicale.Allora [x0 : · · · : xr−1] ∈ π(Z) se e solo se [x0 : · · · : xr−1 : xr] ∈ Z per qualchexr ∈ K. Ci chiediamo se π(Z) e ancora un chiuso proiettivo e nel caso sepossiamo descriverlo esplicitamente come un luogo di zeri.

Geometricamente, x′ = [x0 : · · · : xr−1] ∈ π(Z) se e solo se la retta `[x′:0],p

interseca Z, ossia se esiste un punto q ∈ `[x′:0],p nel quale si annullano tutti ipolinomi omogenei in Ih(Z). Concludiamo:

Proposizione 2.4.1. Dato [x0 : · · · : xr−1] ∈ Pr−1, le seguenti condizionisono equivalenti:

1. [x0 : · · · : xr−1] ∈ π(Z);

2. per ogni coppia di polinomi omogenei F,G ∈ Ih(Z), esiste uno zerocomune di F e G sulla retta

`[x0:···:xr−1:0],[0:···:0:1] ={

[λx0 : · · · : λxr−1 : η] : [λ : η] ∈ P1}.

Dim. Sia [x0 : · · · : xr−1] ∈ π(Z), ossia

[x0 : · · · : xr−1] = π(q)

Page 129: geometria algebrica

2.4. PROIEZIONI 129

per qualche q ∈ Z. In altre parole,

q ∈ `[x0:···:xr−1:0],[0:···:0:1] ∩ Z.

Quindi, q e uno zero di F su ` per ogni F ∈ Ih(Z), ovvero uno zero comunedi F,G su ` per ogni scelta di polinomi omognei F,G ∈ Ih(Z).

Viceversa, supponiamo che ogni coppia F,G ∈ Ih(Z) abbia uno zerocomune. Sia per assurdo [x0 : · · · : xr−1] 6∈ π(Z). Allora non esiste unozero comune su ` di tutti i polinomi omogenei in Ih(Z). Pertanto, possiamoinnanzitutto trovare F ∈ Ih(X) omogeneo che ha su `[x0:···:xr−1:0],[0:···:0:1] soloun numero finito q1, . . . , qN di zeri (uguale al massimo al suo grado). Perciascun qi possiamo quindi trovare Gi ∈ Ih(Z) tale che Gi(qi) 6= 0; senzaperdita di generalita possiamo supporli omogenei dello stesso grado. E facileallora verificare che per una scelta generale di coefficienti λi ∈ K il polinomioG =:

∑Ni=1 λiGi non si annulla in alcun qi. Pertanto, F e G non hanno zeri

comuni su `.C.V.D.

Dato che [0 : · · · : 0 : 1] 6∈ Z, chiaramente possiamo riformulare laproposizione come segue:

Corollario 2.4.1. Dato [x0 : · · · : xr−1] ∈ Pr−1, le seguenti condizioni sonoequivalenti:

1. [x0 : · · · : xr−1] ∈ π(Z);

2. per ogni coppia di polinomi omogenei F,G ∈ Ih(Z) esiste uno zerocomune di F e G su

`[x0:···:xr−1:0],[0:···:0:1] \{

[0 : · · · : 0 : 1]}.

3. per ogni coppia di polinomi omogenei F,G ∈ Ih(Z) tali che

F (0, . . . , 0, 1) 6= 0, G(0, . . . , 0, 1) 6= 0

esiste uno zero comune di F e G su

`[x0:···:xr−1:0],[0:···:0:1] \{

[0 : · · · : 0 : 1]}.

Ora dati F,G ∈ K[X0, . . . , Xr] omogenei, questi hanno uno zero comunein `[x0:···:xr−1:0],[0:···:0:1] \

{[0 : · · · : 0 : 1]} se e solo se i polinomi in K[X, Y ]

Fx′(X, Y ) =: F(x0X, · · · , xr−1X, Y ),

Page 130: geometria algebrica

130 CAPITOLO 2. VARIETA QUASI-PROIETTIVE

Gx′(X, Y ) =: G(x0X, · · · , xr−1X, Y )

hanno uno zero comune in P1 \ {[0 : 1]} (Fx′ e un polinomio in X, Y i cuicoefficienti sono polinomi omogenei nelle coordinate omogenee di x′ =: [x0 :· · · : xr−1]).

Quindi, F e G hanno uno zero comune su `[x0:···:xr−1:0],[0:···:0:1] \{

[0 : · · · :0 : 1]} se e solo se

Fx′(T ) =: F(x0, · · · , xr−1, T ), Gx′(T ) =: G

(x0, · · · , xr−1, T ) ∈ K[T ]

hanno uno zero comune in A1, quindi un fattore comune. Tale condizioneequivale all’annullamento del risultante

R(Fx′(T ), Gx′(T )

)= 0,

il quale e un polinomio in x0, . . . , xr.In conclusione, x′ ∈ π(Z) se e solo se Fx′ , Gx′ ∈ K[X, Y ] hanno uno zero

comune in P1 per ogni F,G ∈ Ih(Z), ossia se e solo se

x′ ∈ Zpr

({R(FX′ , GX′

): F,G ∈ Ih(Z)

}),

ove R(P,Q) ∈ K e il risultante di P,Q ∈ K[T ].In conclusione,

π(Z) = Zpr

({R(FX′ , GX′

): F,G ∈ Ih(Z)′

}),

ove Ih(Z)′ ⊆ Ih(Z) e il sottoinsieme dei polinomi tali che F (0, . . . , 0, 1) 6=0, G(0, . . . , 0, 1) 6= 0 e il risultante e fatto vedento F e G come polinomi inXr a coefficienti in K[X0, . . . , Xr−1].

Esempio 2.4.3. Sia C ⊆ P3 la cubica gobba, data dall’insieme dei punti[s3 : s2r : sr2 : r3

]∈ P3

al variare di [r : s] ∈ P1. Consideriamo la proiezione con centro

[0 : 1 : 0 : 0] 6∈ C,

ossia il luogo dei punti [s3 : sr2 : r3

]∈ P3

al variare di [r : s] ∈ P1.L’ideale radicale di C e generato dai polinomi

F1 =: Z0Z2 − Z21 , F2 =: Z0Z3 − Z1Z2, F3 =: Z2

2 − Z1Z3.

Page 131: geometria algebrica

2.4. PROIEZIONI 131

Per trovare le equazioni della sua proiezione su P2, con coordinate omogenee[X0 : X2 : X3], vediamo gli Fj come polinomi in Z1 con coefficienti polinomialiin (Z0, Z2, Z3) e determiniamo i risolventi R(Fi, Fj) ∈ K[Z0, Z2, Z3].

Abbiamo

R(F1, F2) =

∣∣∣∣∣∣Z0Z2 0 −1Z0Z3 −Z2 0

0 Z0Z3 −Z2

∣∣∣∣∣∣=

∣∣∣∣∣∣Z0Z2 0 −1Z0Z3 −Z2 0−Z0Z

22 Z0Z3 0

∣∣∣∣∣∣= −

(Z2

0Z23 − Z0Z

32

)= −Z0

(Z0Z

23 − Z3

2

),

R(F1, F3) =

∣∣∣∣∣∣Z0Z2 0 −1Z2

2 −Z3 00 Z2

2 −Z3

∣∣∣∣∣∣=

∣∣∣∣∣∣Z0Z2 0 −1Z2

2 −Z3 0−Z0Z2Z3 Z2

2 0

∣∣∣∣∣∣= −

(Z4

2 − Z0Z2Z23

)= −Z2

(Z3

2 − Z0Z23

),

R(F2, F3) =

∣∣∣∣ Z0Z3 −Z2

Z22 −Z3

∣∣∣∣ = Z32 − Z0Z

23 .

Quindi la proiezione π(C) ⊆ P2 (in coordinate omogenee [X : Y : Z]) e lacontenuta nella cubica C ′ definita dalla XZ2 − Y 3. Se d’altra parte

p = [x : y : z] ∈ C ′

con x = 0, allora y = 0 e pertanto p = [0 : 0 : 1] e l’immagine di [0 : 0 : 0 :1] ∈ C. Se invece x 6= 0, allora p = [1 : y : z] con z2 − y3 e l’immagine di[1 : 0 : 0 : 0] se y = z = 0, di [1 : z/y : (z/y)2 : (z/y)3] altrimenti. Quindiπ(C) = C ′. In A2

X , questa e la curva affine considerata nell’Esempio 1.4.10.

Corollario 2.4.2. Nella situazione dell’Esempio 2.4.2, sia V ⊆ PV \ PUuna sottovarieta proiettiva. Allora P (V ) ⊆ PW e un chiuso proiettivo.

Dim. Abbiamo verificato l’asserto nel caso di una proiezione su un iper-piano proiettivo PW ⊆ PV da un punto [p] ∈ PV \ PW . D’altra parte,

Page 132: geometria algebrica

132 CAPITOLO 2. VARIETA QUASI-PROIETTIVE

qualsiasi proiezione e la composizione di proiezioni in codimensione uno, cioesu iperpiani (come nell’Esempio 2.4.1). Per esempio,

[X : Y : Z : T : U ] 7→ [T : U ]

e la composizione

[X : Y : Z : T : U ] 7→ [Y : Z : T : U ] 7→ [Z : T : U ] 7→ [T : U ].

Quindi l’asserto segue in generale (i dettagli sono lasciati per esercizio).C.V.D.

Definizione 2.4.2. Coni....

2.5 Funzioni razionali.

2.5.1 Funzioni razionali a valori in KSu una varieta affine irriducibile M , una funzione razionale (a valori nelcampo base K) e un elemento del campo delle frazioni del dominio dellefunzioni regolari. Una funzione razionale definisce una funzione regolare suun aperto massimale non vuoto M ′ ⊆ M . Viceversa, per definizione, unaqualsiasi funzione regolare su un aperto non vuoto di M e indotta da unafunzione razionale su M .

Nel caso di una varieta quasi-proiettiva l’anello delle funzioni regolari puoessere molto piccolo (vedi il caso proiettivo) - o anche troppo grande. Perdefinire una funzione razionale, usiamo quindi la seconda interpretazione:

Definizione 2.5.1. (Provvisioria.) Sia M una varieta quasi-proiettiva ir-riducibile. Una funzione razionale su M a valori in K e una funzione regolaresu un qualche aperto non vuoto di M .

Ora se vogliamo fare operazioni sulle funzioni razionali su M incorriamoin un problema, dato che il dominio di definizione in generale sara diverso perfunzioni diverse. Raffiniamo quindi la Definizione precedente come segue:

Definizione 2.5.2. Dati aperti non vuoti U, V ⊆ M e funzioni regolarif ∈ O(U), g ∈ O(V ) diremo che le coppie (U, f) e (V, g) sono equivalenti sef = g su U ∩ V . Una funzione razionale su X e una classe di equivalenza[(U, f)] di coppie (U, f) con U ⊆M aperto non vuoto e f ∈ O(U). Sia K(M)l’insieme delle classi di equivalenza [U, f ].

Page 133: geometria algebrica

2.5. FUNZIONI RAZIONALI. 133

Possiamo quindi definire la somma e il prodotto su K(M):

[U, f ] + [V, g] =: [U ∩ V, f + g], [U, f ] · [V, g] = [U ∩ V, f · g];

si verifica facilmente che tali operazioni sono ben definite e inducono unastruttura di campo. In particolare, [M, 0] e [M, 1] sono elementi neutri perla somma e il prodotto, rispettivamente; inoltre, se U ⊆ M e un aperto nonvuoto e O(U) 3 f 6= 0 allora f 6= 0 su aperto non vuoto U ′ ⊆ U e

[U ′, 1/f ] = [U, f ]−1.

Sia U0 ⊆M un aperto non vuoto, quindi denso. Ogni funzione razionale[U, f ] ∈ K(M) e rappresentata da [U0∩U, f |U∩U0

]; in particolare, 0 = [U0, 0],1 = [U0, 1]. Ne segue facilmente che la mappa K(U0) → K(M) data da[U, f ] 7→ [U, f ] e ben definita e un isomorfismo di campi, ossia

K(M) ∼= K(U0)

per ogni aperto non vuoto U0 ⊆ M . Pertanto, nello studiare il campo dellefunzioni razionali non vi e perdita di generalita nel supporre che M sia affine(si ricordi che ogni varieta quasi-proiettiva ammette un ricoprimento apertoaffine) o proiettiva (sostituiamo M con la sua chiusura proiettiva M). Inparticolare, il campo delle funzioni razionali di una qualsiasi varieta quasi-proiettiva irriducibile e un’estensione finitamente generata di K.

Sia ora ϕ : V → W un morfismo dominante di varieta quasi-proiettive;allora ϕ induce un morfismo di campi ϕ∗ : K(W )→ K(V ), dato da

ϕ∗([W ′, f ]

)=:[ϕ−1(W ′), f ◦ ϕ

]. (2.6)

Esercizio 2.5.1. Dimostrare che ϕ∗ e ben definito e un morfismo di campi.

Nello studiare ϕ∗, si puo supporre che ϕ sia un morfismo di varieta affini.

Lemma 2.5.1. Sia ϕ : V → W un morfismo dominante di varieta quasi-proiettive iiriducibili e sia V ′ ⊆ V un aperto non vuoto (chiaramente, V ′

e anch’esso una varieta quasi-proiettiva). Allora la restrizione di ϕ a V ′,ϕ′ : V ′ → W , e ancora dominante.

La dimostrazione e la stessa del caso affine (Lemma 1.5.4).Sia ora W ′ ⊆ W un sottoinsieme aperto non vuoto che e una varieta

affine; per la continuita di ϕ, la controimmagine ϕ−1(W ) e un sottoinsiemeaperto di V , necessariamente non vuoto per l’ipotesi che ϕ sia dominante.Possiamo trovare un sottoinsieme aperto affine V ′ ⊆ ϕ−1(W ) non vuoto e leconsiderazioni precedenti mostrano che

Page 134: geometria algebrica

134 CAPITOLO 2. VARIETA QUASI-PROIETTIVE

• ϕ′ : V ′ → W ′ e dominante;

• K(V ′) = K(V );

• K(W ′) = K(W ).

Ora associato a un morfismo dominante di varieta affini irriducibili abbiamoun morfismo dei corrispondenti campi di funzioni razionali; pertanto, abbia-mo un morfismo ϕ∗ : K(W )→ K(V ) ed e chiaro che ϕ∗ e indipendente dallascelta di V ′ e W ′ e coincide con il morfismo (2.6).

Riducendoci ad aperti affini opportuni, o a partire dalla formula prece-dente, otteniamo che per ψ e ϕ entrambi dominanti si ha (ϕ ◦ψ)∗ = ψ∗ ◦ϕ∗,etc. In particolare, con ψ = ϕ−1 abbiamo:

Esercizio 2.5.2. Dimostrare che se ϕ : V → W e un isomorfismo di varietaquasi-proiettive, allora ϕ∗ : K(W )→ K(V ) e un isomorfismo di campi.

Se M ⊆ Pk e una varieta quasi-proiettiva irriducibile, possiamo chiara-mente descrivere le funzioni razionali su M in termini di rapporti di polinomiomogenei. Precisamente, dato che una funzione razionale e una funzione re-golare su un aperto non vuoto di M , possiamo esprimerla localmente nell’in-torno di ogni dato punto x del suo dominio di definizione come un rapportoF/G di polinomi omogenei dello stesso grado F,G ∈ K[X0, . . . , Xk], conG(x) 6= 0. In punti diversi del dominio di definizione puo essere necessarioutilizzare rapporti diversi.

Esempio 2.5.1. Sia T = Zpr (X2 + Y 2 − Z2) ⊆ P3. Allora sui punti di Tabbiamo

X

Y − Z=

X2

X(Y − Z)=Y + Z

X.

Si noti che, a differenza del caso affine, non stiamo assegnando un significatoalle restrizioni delle coordinate omogenee, ma solo ai loro rapporti. Natu-ralmente, sull’aperto A3

Z otteniamo il cerchio affine X2 + Y 2 − 1 = 0 e larelazione precedente e la stessa vista nell’Esempio 1.4.2. Quindi se U e Vsono gli aperti di T ove Y 6= Z e X 6= 0, rispettivamente, allora[

U,X

Y − Z

]=

[V,Y + Z

X

]∈ K(T ).

Come nell’Esempio precedente, dati polinomi omogenei F,G, F ′, G′ ∈K[X0, . . . , XN ] dello stesso grado a coppie, avremo che F/G e F ′/G′ induconola stessa funzione razionale su T se e solo se[

TG,F

G

]=

[TG

′,F ′

G′

].

Page 135: geometria algebrica

2.5. FUNZIONI RAZIONALI. 135

Quindi dobbiamo avere F G′ − GF ′ = 0 sull’aperto affine principale TG ∩TG

′= TGG

′. Dato che TGG

′e denso in T , tale condizione equivale alle

F G′ −GF ′ = 0 su T , ossia alla

F G′ −GF ′ ∈ Ih(T ).

Pertanto, se M ⊆ Pk e una varieta quasi-proiettiva irriducibile, una fun-zione razionale r ∈ K(M) puo essere descritta come una classe di equivalenzadi coppie (U, F/G), ove

• U ⊆M e un aperto non vuoto;

• F,G ∈ K[X0, . . . , Xk] sono omogenei dello stesso grado e G 6= 0 ovun-que su U ;

• (U, F/G) e (V, P/Q) sono equivalenti se e solo se FQ− PG ∈ Ih(M).

Il dominio di definizione di r = [U, F/G] e l’unione dei V con (V, P/Q) ∼(U, F/G). In particolare, r ∈ O(M) se e solo se tale unione e M .

Possiamo quindi costruire il campo delle funzioni razionali di una va-rieta quasi proiettiva irriducibile M ⊆ PN a partire dall’anello dei polinomiK[X0, . . . , XN ] e dall’ideale radicale omogeneo Ih(M) come segue:

1. consideriamo il sottocampo S0(X0, . . . , Xk) ⊆ K(X0, . . . , Xk) delle fun-zioni razionali omogenee di grado zero, ossia dei quozienti F/G con

F,G ∈ K(X0, . . . , Xk)

omogenei dello stesso grado.

2. In S0(X0, . . . , Xk), consideriamo il sottoanello

S(M)0 (X0, . . . , Xk) ⊆ S0(X0, . . . , Xk)

costituito dai quozienti F/G ove G non si annulla identicamente su

M ; equivalentemente, per ottenere S(M)0 (X0, . . . , Xk) avremmo potuto

considerare prima la localizzazione di K[X0, . . . , Xk] nell’ideale radicaleIh(M) del cono affine CM , che e primo e omogeneo, quindi prendere ditale localizzazione il sottoanello degli elementi omogenei di grado zero.In ogni caso, gli elementi di S

(M)0 (X0, . . . , Xk) sono i quozienti F/G con

F,G polinomi omogenei dello stesso grado e G non identicamente nullosu M (ossia G 6∈ Ih(M)).

Page 136: geometria algebrica

136 CAPITOLO 2. VARIETA QUASI-PROIETTIVE

3. Un elemento F/G ∈ S(M)0 (X0, . . . , Xk) e invertibile in S

(M)0 (X0, . . . , Xk)

se e solo se F 6∈ Ih(M); quindi l’ideale mM � S(M)0 (X0, . . . , Xk) dei

quozienti F/G ∈ S(M)0 (X0, . . . , Xk) tali che F ∈ Ih(M) e l’unico ideale

massimale. Il campo residuo S(M)0 (X0, . . . , Xk)/mM e proprio K(M).

In effetti e chiaro dalle considerazioni precedenti che vi e una sequenzaesatta corta

0→ mM → S(M)0 (X0, . . . , Xk)→ K(M)→ 0.

2.5.2 Mappe razionali

Definite le funzioni razionali a valori in K, possiamo evidentemente definireanche le mappe razionali tra varieta quasi-proiettive qualsiasi. Precisamente,

Definizione 2.5.3. Siano M e N varieta quasi-proiettive irriducibili. Unamappa razionale ϕ : M −− > N e una mappa regolare M ′ → N definita suun aperto non vuoto di M .

Conviene anche qui rappresentare una funzione razionale come una classedi equivalenza [U, f ], ove U ⊆M e un aperto non vuoto, mentre f : U → Ne una funzione regolare. Due coppie (U, f) e (V, g) si dicono equivalenti sef = g su U ∩ V .

Esempio 2.5.2. La funzione regolare

A2 \ {0} → P1, (x, y) 7→ [x : y]

puo essere considerata come una funzione razionale A2 −− > P2.

Esempio 2.5.3. Sia C ⊆ P3 la cubica gobba. La funzione regolare ϕ :A2 \ {0} → C data da

(x, y) 7→[x3 : x2y : xy2 : y3

]puo essere considerata una funzione razionale A2 −− > C.

Esempio 2.5.4. Una funzione razionale ϕ : M − − > An e una classe diequivalenza di coppie [U, (f1, . . . , fn)], ove fi ∈ O(U). Se N ⊆ An e unchiuso affine, ϕ : M − − > N se per qualche, e quindi per ogni coppia(U, (f1, . . . , fn)

)che rappresenta ϕ si ha

(f1(m), . . . , fn(m)

)∈ N per ogni

m ∈ U .

Esempio 2.5.5. Supponiamo M ⊆ Pr varieta quasi-proiettiva irriducibile.Una mappa razionale ϕ : M − − > Pk sia rappresentata da una coppia(U, f), ove f : U → Pk e regolare. Cio significa che per ogni m ∈ U possiamotrovare:

Page 137: geometria algebrica

2.5. FUNZIONI RAZIONALI. 137

1. U ′ ⊆ U aperto con m ∈ U ′;

2. F0, . . . , Fk ∈ K[X0, . . . , Xr] omogenei dello stesso grado senza zeri co-muni in U ′,

tali che per ogni m′ ∈ U ′ si ha

f(m′) = [F0(m′) : · · · : Fk(m′)] .

Quindi, una mappa razionale ϕ : M − − > Pk e anche descrivibile comeuna classe di equivalenza di coppie della forma

[U, (F0, . . . , Fk)

], ove gli Fj ∈

K[X0, . . . , Xr] sono omogenei dello stesso grado senza zeri comuni nell’apertonon vuoto U ⊆M ; due coppie siffatte

[U, (F0, . . . , Fk)

]e[V, (G0, . . . , Gk)

]si

dicono equivalenti se FiGj − FjGi = 0 su U ∩ V (e quindi su M !) per ognii, j = 0, . . . , k.

Il dominio di definizione della mappa e allora l’unione degli aperti U ⊆Mper i quali esiste una coppia

[U, (F0, . . . , Fk)

]nella ‘classe di equivalenza’ ϕ.

In particolare, la mappa razionale e regolare, ossia ovunque definita, se e solose tale unione e M .

Ovviamente, una mappa razionale ψ : M−− > An puo essere vista comeuna mappa razionale ψ : M − − > Pn; se viceversa una mappa razionaleψ : M−− > Pn non prende valori nell’iperpiano all’infinito, essa corrispondea una mappa razionale ψ : M − − > An. Per esempio, per n = 1, se [U, f ]rappresenta ψ con f = P/Q con P e Q polinomi omogenei dello stessogrado ristretti a U , con Q ovunque non nullo in U (f ha sempre questaforma su aperti abbastanza piccoli), allora

(U, (P,Q)

)rappresenta ϕ. Non

distingueremo tra ψ e ψ.

Esempio 2.5.6. In particolare un morfismo non costante M → P1 determinauna funzione razionale M −− > A1, ossia un elemento di K(M), quando siidentifichi A1 ∼= A1

0.

Esempio 2.5.7. Ogni mappa razionale ψ : A1 − − > A1 (ossia, ogni ψ ∈K(T )) si estende a un unico morfismo ψ : A1 → P1. Infatti, supponiamoψ = f(T )/g(T ), con f e g mutuamente primi. Allora basta porre

ψ(t) =:[f(t) : g(t)

].

Dato che f e g sono primi tra loro, non hanno radici comuni per il Teoremadi Ruffini. Pertanto, ψ e un morfismo ben definito.

A sua volta, ψ si estende a un morfismo Ψ : P1 → P1. Per vederlo, sianodf e dg i gradi di f e g rispettivamente; supponiamo ad esempio df ≥ dg.

Page 138: geometria algebrica

138 CAPITOLO 2. VARIETA QUASI-PROIETTIVE

Consideriamo le omogenizzazioni F =: βdf (f), G =: βdf (g) ∈ K[X.Y ] escriviamo d = df . Quindi:

F (X, Y ) =: f0 Yd + f1 Y

d−1X + · · ·+ fdXd,

G(X, Y ) =: g0 Yd + g1 Y

d−1X + · · ·+ gdXd,

ove fd 6= 0 (ma gd = 0 se dg < df ). Possiamo quindi porre

Ψ([X : Y ]

)=: [F (X, Y ) : G(X, Y )] .

In particolare, Ψ([1 : 0]

)=: [fd : gd].

Esempio 2.5.8. Il morfismo

ψ : P1 → P2, [X : Y ]→[X2 − Y 2 : −2XY : X2 + Y 2

]dell’esempio 2.2.5 si restringe al morfismo

α : A1 → P2, X →[X2 − 1 : −2X : X2 + 1

],

che corrisponde alla mappa razionale f : A1 → A2 dell’Esempio 1.4.9.

Esempio 2.5.9. Rivisitiamo l’Esempio 2.5.1 alla luce di queste considera-zioni. Siano

U1 =:{

[X : Y : Z] ∈ T : (X, Y − Z) 6= (0, 0)},

U2 =:{

[X : Y : Z] ∈ T : (X, Y + Z) 6= (0, 0)}.

Chiaramente, T = U1 ∪ U2 e(U1, (Y − Z,X)

)∼(U2, (X, Y + Z)

).

Quindi la classe di equivalenza[U1, (Y −Z,X)

]definisce una funzione rego-

lare ϕ : T → P1, data da ϕ([X : Y : Z]) = [Y − Z : X] se [X : Y : Z] ∈ U1, eda ϕ([X : Y : Z]) = [X : Y + Z] se [X : Y : Z] ∈ U2.

Componendo il morfismo ϕ con l’isomorfismo ψ : P1 → T dell’Esempio2.2.5 si ricava

ϕ ◦ ψ([X : Y ]

)= [X − Y : X + Y ].

Date mappe razionali ϕ : M − − > N e ψ : N → T , la composizioneψ ◦ϕ : M −− > T e definita solo se l’immagine inversa in M del dominio didefinizione di ψ e non vuota. Piu precisamente:

Page 139: geometria algebrica

2.5. FUNZIONI RAZIONALI. 139

Definizione 2.5.4. Sia ϕ : M−− > N una mappa razionale di varieta quasi-proiettive irriducibili. Il dominio di definizione, o di regolarita, Reg(f) ⊆Mdi ϕ e l’unione di tutti i sottoinsiemi aperti U ⊆ M tali per cui esiste unacoppia (U, f), con f : U → N regolare, che rappresenta ϕ. In altre parole, epiu semplicemente, Reg(f) e il sottoinsieme aperto massimale di M sul qualeψ definisce una funzione regolare.

Definizione 2.5.5. Nelle stesse ipotesi, sia R ⊆ N . Allora la controimmagi-ne ϕ−1(R) ⊆M e l’unione delle controimmagini f−1(R) ⊆ U , al variare dellecoppie (U, f) nella classe di equivalenza ϕ. Di nuovo, se ϕ : Reg(ϕ) → Ne la mappa regolare indotta da ϕ sul proprio dominio di definizione, alloraϕ−1(R) e la controimmagine di R mediante ϕ.

Esercizio 2.5.3. Se R ⊆ N e una varieta quasi-proiettiva, dimostrare chetale e anche la sua controimmagine ϕ−1(R).

Se quindi ϕ : M − − > N e ψ : N − − > T sono date, supponiamo cheϕ−1

(Reg(ψ)

)6= ∅. Quindi esiste una coppia (U, f) che rappresenta ϕ tale

che f(U) ∩ Reg(ψ) 6= ∅.Ne discende che U ′ =: f−1

(Reg(ψ)

)⊆ U e un aperto non vuoto, sul quale

possiamo considerare la composizione ψ ◦ f : U ′ → T .

Definizione 2.5.6. Nelle ipotesi precedenti, definiamo la composizione ψ◦ϕ :M −− > T come la classe di equivalenza della coppia (U ′, ψ ◦ f).

Esercizio 2.5.4. Dimostrare che ψ ◦ ϕ e indipendente dalle scelte fatte.

Corollario 2.5.1. La composizione ψ ◦ ϕ e definita per ogni ψ se ϕ edominante. Se anche ψ e dominante, allora

(ψ ◦ ϕ)∗ = ϕ∗ ◦ ψ∗ : K(T )→ K(V ).

Definizione 2.5.7. Diremo che due varieta quasi-proiettive irriducibili V eW sono birazionalmente equivalenti se esistono mappe razionali dominantiϕ : V − − > W e ψ : W − − > V tali che ψ ◦ ϕ = idV e ϕ ◦ ψ = idW(tali uguaglianze vanno interpretate nel senso delle mappe razionali, ossiauguaglianze su sottoinsiemi aperti non vuoti).

Esercizio 2.5.5. Nelle ipotesi precedenti, dimostrare che V e W sono bira-zionalmente equivalenti se e solo se K(V ) ∼= K(W ) su K (sugg.: ci si riducaal caso affine).

Page 140: geometria algebrica

140 CAPITOLO 2. VARIETA QUASI-PROIETTIVE

Esempio 2.5.10. Si consideri la cubica proiettiva

T =: Zpr

(XZ2 − Y 3

).

Abbiamo visto che

ϕ : P1 → C, [x : y] 7→[s3 : sr2 : r3

]e una mappa regolare suriettiva; la mappa razionale

ψ : C −− > P1, [x : y : z] 7→ [y : z]

e un inversa birazionale.

Esercizio 2.5.6. Dimostrare l’ultima affermazione, esprimendo C come clas-se di equivalenza [U, f ].

Esempio 2.5.11. La mappa razionale

ψ = [X0X1 : X1X2 : X2X0] : P2 −− > P2

ha luogo singolare{

[1 : 0 : 0], [0 : 1 : 0], [0 : 0 : 1]}

. Identificando A2 con A22

(per esempio), essa puo vedersi equivalentemente come una mappa razionale

ψ′ : A2 → A2

data da

ψ′ =

(Y,Y

X

),

con luogo singolare il luogo x = 0 (ma perche ψ′ ha luogo singolare una rettase quello di ψ e un’unione finita di punti? Meditare).

In particolare, ψ′ e dominante (esercizio), quindi tale e ψ (ri-esercizio).Inoltre, ψ e birazionale. Infatti, Y = ψ∗(X) ∈ ψ∗

(K(X, Y )

)e analogamen-

te X = Y (X/Y ) = ψ∗(X/Y ) ∈ ψ∗(K(X, Y )

). Quindi, ψ∗

(K(X, Y )

)=

K(X, Y ) e cosı ψ∗ : K(X, Y )→ K(X, Y ) e un isomorfsimo.ψ si dice la trasformazione di Cremona quadratica standard.

2.5.3 Mappe razionali di grado finito

Come si e detto, date varieta quasi-proiettive irriducibili V e W , una mapparazionale ϕ : V − − > W e un’equivalenza birazionale se e solo se induceper restrizione isomorfismi V ′ → W ′ tra opportuni aperti non vuoti di V eW , rispettivamente; cio equivale alla condizione algebrica che ϕ∗ : K(W )→K(V ) sia un isomorfismo di estensioni di K.

Piu in generale, poniamo la seguente:

Page 141: geometria algebrica

2.5. FUNZIONI RAZIONALI. 141

Definizione 2.5.8. Una mappa razionale dominante ϕ : V − − > W sidice di grado finito se il tirato-indietro ϕ∗ : K(W ) → K(V ) esprime K(V )come estensione finita (ossia algebrica, dato che tale estensione e comunquefinitamente generata) di K(W ); in tal caso, il grado dell’estensione [K(V ) :K(W )] si dice il grado di ϕ.

Chiaramente, ϕ e un’equivalenza birazionale se e solo se ha grado 1.

Esempio 2.5.12. Sia ϕ : A1 → A1 data da ϕ(t) = tn. Allora ϕ e unmorfismo e l’estensione K(X) ⊇ ϕ∗

(K(X)

)= K (Xn) ha grado n.

Esempio 2.5.13. Sia m ≥ 1 un intero e si consideri la mappa razionaleα : P2 −− > P2 data da data da

α =[X0X

m1 : Xm+1

2 : X2Xm1

].

Allora α corrisponde alla mappa razionale α′ : A2 → A2 data da

α′ =

(X,

1

Y m

),

quindiα∗(K(X, Y )

)= K (X, Y m)

e l’estensione

K(P2)

= K(X, Y ) = K (X, Y m) [Y ] ⊇ K (X, Y m)

ha grado m. Quindi, α ha grado m.

Esercizio 2.5.7. Adattando la dimostrazione del Teorema 1.5.6, dimostrareche se ϕ non ha grado finito allora ogni fibra su un aperto denso W ′ ⊆ W einfinita (e piu precisamente ha dimensione > 0, vedi seguito).

Assumendo che il campo base abbia caratteristica zero, ci proponiamo diinvestigare il significato geometrico del grado di ϕ.

Sia V ′′ ⊆ V il dominio di definizione di ϕ, ossia il luogo regolare; V ′′ eun aperto denso di V , quindi una varieta quasi-proiettiva irriducibile, e ϕ sirestringe a un morfismo ϕ′′ : V ′′ → W .

Ora gli aperti affini di qualsiasi varieta quasi-proiettiva sono una baseper la sua topologia di Zariski. Sia W ′ ⊆ W un aperto affine non vuoto.Analogamente, possiamo trovare un aperto affine non vuoto

V ′ ⊆ ϕ−1 (W ′) ⊆ V ′′.

Page 142: geometria algebrica

142 CAPITOLO 2. VARIETA QUASI-PROIETTIVE

In definitiva, ϕ induce per restrizione un morfismo dominante di varietaaffini irriducibili ϕ′ : V ′ → W ′. Il morfismo ϕ∗ : K(W ) → K(V ) si ottieneper passaggio ai quozienti dal monomorfismo di K-algebre

(ϕ′)∗

: O(W ′)→ O(V ′).

Con abuso di linguaggio, l’argomento precedente il Teorema 1.5.6 mostrache

K(V ) = K(W )(f1, . . . , fr),

per certe fi ∈ O(V ′) (naturalmente, K(V ) = K(V ′) e il campo delle frazionidi O(V ′)).

Ora l’estensione e separabile, quindi ammette solo un numero finito dicampi intermedi, e d’altra parte K e infinito; pertanto, l’usuale dimostrazionedel Teorema dell’elemento primitivo di Abel mostra che

K(V ) = K(W )(f),

con f = f1 + c2f2 + · · ·+ crfr e ci ∈ K opportuni. In particolare, f ∈ O(V ′).Siano ora t1, . . . , ta generatori di O(W ) come K-algebra e consideriamo

la sottoalgebraK[t1, . . . , ta, f ] = O(W ′)[f ] ⊆ O(V ′).

Dato che K[t1, . . . , ta, f ] e finitamente generata e senza nilpotenti, esiste una

varieta affine V tale che

K[t1, . . . , ta, f ] ∼= O(V).

L’inclusione O(V)⊆ O (V ′) corrisponde a un morfismo dominante ψ : V ′ →

V ; dato che tale morfismo induce un isomorfismo di campi dei quozienti, ψe in effetti birazionale.

Inoltre, la catena di inclusioni

O(W ′) ⊆ O(V)

= O(W ′)[f ] ⊆ O(V ′)

corrisponde a una composizione ϕ′ = ϕ ◦ ψ per un opportuno morfismodominante

ϕ : V → W ′.

Quindi, dopo avere sostituito V e W con aperti affini/modelli birazionaliopportuni, possiamo supporre che valgano le seguenti ipotesi:

• ϕ : V → W e un morfismo;

• O(V ) = O(W )[f ] per qualche f ∈ O(V)

algebrico su K(W );

Page 143: geometria algebrica

2.5. FUNZIONI RAZIONALI. 143

• K(V ) = K(W )[f ].

In particolare, il grado d = [K(V ) : K(W )] dell’estensione e il grado delpolinomio minimo di f su K(W ).

Se inoltre O(W ) = K[t1, . . . , ta], a meno di isomorfismi W e un chiusoaffine di Aa; analogamente, con f = ta+1, dato cheO(W ) = K[t1, . . . , ta, ta+1],a meno di isomorfismi V e un chiuso affine di Aa × A1 ∼= Aa+1 e ϕ e larestrizione della proiezione Aa × A1 → Aa.

Sia quindi p(X) ∈ K(W )[X] il polinomio minimo di ta+1 suK(W ), monicodi grado d ≥ 1. Dopo avere moltiplicato per un opportuno denumeratorecomune, possiamo sostituire p(X) con

q(X) = adXd + · · ·+ a1X + a0 ∈ O(W )[X],

per certe ai ∈ O(W ) con ad, a0 6= 0 (data l’irriducibilita di q(X)).Avremo quindi

ad tda+1 + · · ·+ a1 ta+1 + a0 = 0 (2.7)

in O(V ). In altri termini, se ai e la restrizione di un polinomio Ai ∈K[X1, . . . , Xa], allora

V ={

(t1, . . . , ta, ta+1) ∈ Aa+1 : (t1, . . . , ta) ∈ W,Ad(t1, . . . , ta) t

da+1 + · · ·+ A1(t1, . . . , ta) ta+1 + A0(t1, . . . , ta) = 0

}.

Pertanto, per ogni w ∈ W la controimmagine ϕ−1(w) consiste delle coppie(w, λ), ove λ ∈ K e una radice del polinomio

qw(X) =: ad(w)Xd + · · ·+ a1(w)X + a0(w).

Sia ora ∆(q) = R(q, q′) ∈ O(W ) il discriminante di q(X), ossia il risul-tante di q(X) e q′(X); se fosse ∆(q) = 0, q(X) e q′(X) avrebbero un fattorecomune di grado positivo in K(W )[X]. Cio e assurdo perche q e irriducibile.

Sia allora W 0 =: W ad+1 ∩W∆(q) = W ad+1·∆(q) l’aperto affine principaleove ad+1 ·∆(q) 6= 0. Se w ∈ W 0, qw(X) ha grado d e d radici distinte, percioϕ−1(w) ha cardinalita d. Quindi ϕ e genericamente d : 1.

Si noti che ogni altra fibra e o finita di cardinalita < d (eventualmentevuota, se a0(w) 6= 0 ma ai(w) = 0 per 1 ≤ i ≤ d), oppure contiene {w} ×A1

(se ai(w) = 0 per ogni i).Riassumendo:

Teorema 2.5.1. Sia K di carattersistica zero e sia ϕ : V − − > W unamappa razionale di varieta quasi-proiettive. Se ϕ ha grado finito d, allora ϕe genericamente d : 1, ossia esiste un aperto W ′ ⊆ W non vuoto tale cheogni w ∈ W ′ ha esattamente d controimmagini distinte.

Page 144: geometria algebrica

144 CAPITOLO 2. VARIETA QUASI-PROIETTIVE

Corollario 2.5.2. Se K ha carattersistica zero, le seguenti condizioni sonoequivalenti su ϕ : V −− > W :

1. ϕ ha grado finito d;

2. esistono aperti non vuoti V ′ ⊆ V e W ′ ⊆ W tali che ϕ induce unmorfismo V ′ → W ′ e ogni w ∈ W ′ ha esattamente d controimmaginidistinte in V ′.

2.6 Prodotti

Il prodotto Cartesiano di due chiusi affini e in modo naturale un chiusoaffine; pertanto, il prodotto di due varieta affini e in modo naturale unavarieta affine. Conseguentemente, il prodotto di due varieta quasi proiettivecontenute in uno spazio affine e in modo naturale una varieta quasi-proiettiva.Precisamente, consideriamo varieta quasi-proiettive Y1 \Y2 ⊆ Am e Z1 \Z2 ⊆An, ove Yj ⊆ Am e Zj ⊆ An sono chiusi affini; allora(

Y1 \ Y2

)×(Z1 \ Z2

)=(Y1 × Z1

)\(

(Y1 × Z2) ∪ (Y2 × Z1)),

chiaramente una varieta quasi-proiettiva in Am × An.Sul prodotto di due chiusi proiettivi o, piu in generale, sul prodotto di

chiusi proiettivi non vi e un’altrettanto ovvia struttura di chiuso proiettivo;questo perche Am×An ∼= Am+n, mentre non esiste una relazione altrettantonaturale tra Pm × Pn e Pm+n.

Il nostro proposito e realizzare il prodotto Cartesiano di una coppiaarbitraria X, Y di varieta quasi-proiettive come una varieta quasi-proiettiva.

Inoltre, richiederemo che tale costruzione sia localmente compatibile conla costruzione del prodotto di due varieta affini. Precisamente, se X ′ ⊆ X eY ′ ⊆ Y sono aperti affini allora la mappa X ′ × Y ′ → X × Y deve indurresul prodotto di varieta affini X ′ × Y ′ (che e definito come varieta affine!) unisomorfismo su un aperto di X × Y .

Consideriamo innanzitutto il prodotto di spazi proiettivi. Procederemosecondo questi passi:

1. a partire da naturali considerazioni di algebra lineare, produrremo unamappa iniettiva

µ = µm,n : Pm × Pn → PN(m,n),

per un opportuno N(m,n);

Page 145: geometria algebrica

2.6. PRODOTTI 145

2. mostreremo che l’immagine di tale mappa e un chiuso proiettivo diPN(m,n);

3. mostreremo infine che sui sottoinsiemi affini Ami × Anj ⊆ Pm × Pn larestrizione di µ induce un isomorfismo sull’immagine;

4. mostreremo che per ogni coppia di chiusi proiettivi R ⊆ Pm e S ⊆ Pnl’immagine del prodotto Cartesiano R × S in µ (Pm × Pn) e un chiusoproiettivo.

In termini intrinseci, consideriamo due spazi vettoriali V e W , di dimen-sione k + 1 e l + 1, rispettivamente. Il prodotto tensoriale V ⊗W ha alloradimensione (k+1) ·(l+1) e abbiamo evidentemente un’applicazione bi lineare

V ×W → V ⊗W, (v, w) 7→ v ⊗ w.

Tale applicazione ne induce chiaramente una a livello di spazi proiettivi.

Definizione 2.6.1. La mappa di Segre (per gli spazi vettoriali V e W ) el’applicazione (ovviamente ben definita)

µ : PV × PW → P(V ⊗W ), ([v], [w]) 7→ [v ⊗ w].

Lemma 2.6.1. L’immagine di µ e un chiuso proiettivo di P(V ⊗W ).

Dim. Introduciamo basi B = (vi) per V e D = (wj) per W , rispet-tivamente, cosı che E = (vi ⊗ wj) e una base per V ⊗W . In termini delleidentificazioni PV ∼= Pk, PW ∼= Pl, P(V ⊗W ) ∼= P(k+1)(l+1)−1 che ne derivano,µ e la mappa (

[xi], [yj])7→ [xi ⊗ yj],

ove si e scritto [xi] per [x0 : . . . : xk], eccetera.Indichiamo con Xij le coordinate omogenee su P(k+1)(l+1)−1 (ossia, le coor-

dinate lineari su V ⊗W associate alla base vi ⊗wj). Allora l’immagine di µe chiaramente contenuta nel luogo

T =: Zpr

({XijXkl −XilXkj : 0 ≤ i ≤ k, 0 ≤ j ≤ l

}).

Supponiamo, viceversa, che [zij] ∈ T . Siano A(k+1)(l+1)−1ij gli aperti affini

standard di P(V ⊗W ), ossia il luogo ove Xij 6= 0. Possiamo supporre senzaperdita di generalita che z00 6= 0. Dato che per ipotesi zijzkl = zilzkj per ogniscelta degli indici, ponendo k = l = 0 abbiamo

zijz00 = zi0z0j;

Page 146: geometria algebrica

146 CAPITOLO 2. VARIETA QUASI-PROIETTIVE

pertanto, se poniamo vi =: zi0 e wj =: z0j allora [zij] = µ([vi], [wj]

). Quindi

µ(Pk × Pl

)= T.

C.V.D.

Si ricordi che V ∗ =: V \ {0}, V ∨ =: Hom(V,K), etc.

Lemma 2.6.2. µ e iniettiva, quindi biunivoca sulla sua immagine.

Dim. Supponiamo che v, v′ ∈ V ∗ e w,w′ ∈ W ∗ siano tali che [v ⊗ w] =[v′ ⊗ w′], ossia v ⊗ w = λ v ⊗ w per qualche λ ∈ K∗. Allora se v =

∑i aivi,

v′ =∑

i a′ivi e w =

∑j bjwj, w

′ =∑

j b′jwj, avremo aibj = λ a′ib

′j per ogni i, j;

se quindi ai 6= 0 deve anche essere a′i 6= 0 e ricaviamo bj =(λ a′i/ai

)b′j per

ogni j; pertanto, [b] = [b′] ∈ Pl, onde [w] = [w′]. Analogamente, [v] = [v′].C.V.D.

Esplicitiamo la mappa inversa. In termini intrinseci, abbiamo

V ⊗W = Hom (W∨, V ) .

Sia R ⊆ Hom (W∨, V ) l’insieme degli operatori lineari di rango ≤ 1. Sescegliamo basi in V e W , come sopra, l’isomorfismo

Hom (W∨, V ) ∼= Matk+1,l+1(K)

descrive R come il luogo delle matrici R = [rij] (qui 0 ≤ i ≤ k, 0 ≤ j ≤ l)delle quali si annullano tutti i minori due per due, ossia tali che∣∣∣∣ rij ril

rkj rkl

∣∣∣∣ = rijrkl − rkjril.

Evidentemente, R e un cono affine e R \ {0} e il luogo delle matrici di rangoesattamente uno; inoltre, T = µ

(PV × PW

)⊆ PHom (W∨, V ) e la proietti-

vizzazione di R \ {0} (ossia la sua proiezione in PHom (W∨, V )). In parti-colare, se pensiamo agli spazi proiettivi come insiemi di sottospazi vettoriali1-dimensionali, abbiamo una mappa α : T → PV × PW ,

[R] 7→(Im(R), Im(Rt)

).

Qui Rt : V ∗ → W e l’applicazione trasposta. E evidente che α inverte µ.Equivalentemente, per A, B spazi vettoriali finito-dimensionali su K de-

notiamo Hom(1)(A,B) ⊆ Hom(A,B) \ {0} il cono delle applicazioni linea-ri di rango esattamente 1; come visto, si tratta di un cono Zariski-chiuso,

Page 147: geometria algebrica

2.6. PRODOTTI 147

quindi la sua immagine R1(A,B) ⊆ PHom(A,B) e un chiuso proiettivo.Se f ∈ Hom(1)(A,B), allora esistono α ∈ A∨ e b ∈ B non nulli tali chef(a) = α(a) b (a ∈ A). L’applicazione Hom(1)(A,B) → PA∨ × PB data daf 7→

([α], [b]

)e ben definita (esercizio) e discende a un’applicazione biunivo-

ca R1(A,B)→ PA∨×PB (ri-esercizio). Otteniamo la costruzione precedenteponendo A = W∨, B = V .

Consideriamo la situazione in carte affini. Innanzitutto, se [z] = [v ⊗ w],

allora [z] ∈ A(k+1)·(l+1)−1ij se e solo se zij = viwj 6= 0, ossia se e solo se

[v] ∈ Aki ⊆ Pk e [w] ∈ Alj ⊆ Pl. Pertanto,

µ(Pk × Pl

)∩ A(k+1)·(l+1)−1

ij = µ(Aki × Alj

).

In particolare, dal momento che

µ(Pk × Pl

)⊆ P(k+1)·(l+1)−1

e un chiuso proiettivo, concludiamo che

µ(Aki × Alj

)⊆ A(k+1)·(l+1)−1

ij

e un chiuso affine.Consideriamo senza perdita di generalita il caso i = j = 0. Se

[z] ∈ T ∩ A(k+1)·(l+1)−100 ,

allora in coordinate affini (facendo cioe z00 = 1) otteniamo zij = zi0z0j.Pertanto, la restrizione di µ

µ′00 : Ak0 × Al0 → A(k+1)·(l+1)−100

∼= Ak × Al × Akl

e il morfismo(r, s) 7→

(r, s, r⊗ s

).

Chiaramente, µ′00 e un isomorfismo sulla sua immagine, con morfismo inversola proiezione sui primi due fattori.

Pertanto abbiamo dimostrato:

Lemma 2.6.3. Per ogni coppia i, j con 0 ≤ i ≤ k e 0 ≤ j ≤ l, il morfismoindotto dalla restrizione di µ,

Ak × Al ∼= Aki × Alj −→ µ(Aki × Alj

)e un isomorfismo di varieta affini.

Page 148: geometria algebrica

148 CAPITOLO 2. VARIETA QUASI-PROIETTIVE

Pertanto, otteniamo la stessa struttura di varieta affine su Ak×Al sia chelo identifichiamo con Ak+l o con µ

(Aki × Alj

).

Quindi abbiamo realizzato il prodotto di due spazi proiettivi come unchiuso proiettivo, in modo che il prodotto di due affini standard venga map-pato isomorficamente sulla sua immagine.

Corollario 2.6.1. Pk × Pl e birazionale a Pk+l.

Dim. Pk × Pl contiene un aperto isomorfo a Ak × Al ∼= Ak+l e lo stessovale per Pk+l.

C.V.D.

Esercizio 2.6.1. Scrivere in coordinate omogenee un’esplicita equivalenzabirazionale tra Pk × Pl e Pk+l.

Osservazione 2.6.1. Vedremo in seguito che Pk × Pl e Pk+l non sonoisomorfe.

Ci proponiamo ora di esaminare la collezione dei chiusi proiettivi di Pk×Pl, con la topologia indotta da Pk+l+kl. Quindi S ⊆ Pk × Pl e un chiuso se esolo se esiste Z ⊆ Pk+l+kl chiuso proiettivo tale che S = µ−1(Z).

Con abuso di linguaggio, al fine di alleggerire la notazione, vediamo Pk×Plcome un sottoinsieme di Pk+l+kl, lasciando implicita la mappa di Segre µ. Conquesta identificazione, i chiusi di Pk × Pl sono le intersezioni di Pk × Pl con ichiusi di Pk+l+kl.

Supponiamo che il chiuso proiettivo Z ⊆ Pk+l+kl sia definito dai polinomiomogenei G1, . . . , Gr di grado d1, . . . , dr nelle coordinate omogenee Zij; allorala sua intersezione con Pk × Pl e

Z ∩(Pk × Pl

)=

{([v], [w]) ∈ Pk × Pl : Gs(viwj) = 0∀s = 1, . . . , r

}=

{([v], [w]) ∈ Pk × Pl : Gs(v, w) = 0 ∀s = 1, . . . , r

},

ove Gs(X, Y ) =: Gs(X ⊗ Y ). Ora Gs ∈ K[X0, . . . , Xk, Y0, . . . , Ys] e eviden-temente un polinomio biomogeneo nelle variabili Xi e Yj, nel senso che eomogeneo in entrambe, con lo stesso grado di omogeneita ds.

Viceversa, se e dato H ∈ K[X0, . . . , Xk, Y0, . . . , Ys] bimomogeneo nelleXi e nelle Yj, con lo stesso grado di omogeneita d in entrambi i gruppi di

variabili, allora H = P per un certo P ∈ K[Zij] omogeneo di grado d. Infattiin ogni monomio che compare in H le X e le Y hanno lo stesso grado e quindipossono essere raggruppate in modo da esprimere ogni tale monomio comeprodotto di d fattori XiYj; per ricavare P , basta quindi sostituire XiYj conZij.

In conclusione:

Page 149: geometria algebrica

2.6. PRODOTTI 149

Lemma 2.6.4. I chiusi di Zariski di Pk×Pl (la topologia di Zariski essendoquella indotta da Pk+l+kl attraverso la mappa di Segre) sono tutti e soli isottoinsiemi di Pk×Pl esprimibili come i luoghi nulli di una collezione finitadi polinomi biomogenei F (X, Y ) nelle coordinate omogenee X di Pk e Y diPl.

Dim. In effetti abbiamo dimostrato l’asserto con l’aggiunta che i polinomiF in questione devono essere biomogenei dello stesso grado in X e Y . Mase d’altra parte F ha grado r in X e grado s in Y e, poniamo, r > s,allora possiamo esprimere il luogo nullo di F come il luogo nullo dei polinomiY r−sj F (X, Y ), j = 0, . . . , l, riconducendoci al caso precedente.

C.V.D.

Corollario 2.6.2. Per ogni coppia di chiusi proiettivi X ⊆ Pk, Y ⊆ Pll’immagine del prodotto X × Y in P(V ⊗W ) e un chiuso proiettivo.

Dim. Supponiamo che X ⊆ Pk sia il luogo nullo di polinomi Fa(X) ∈K[X0, . . . , Xk], omogenei di grado da, e che Y ⊆ Pl sia il luogo nullo dipolinomi Gb(X) ∈ K[X0, . . . , Xk], omogenei di grado eb. Allora chiaramenteX × Y ⊆ Pk ×Pl e il luogo nullo dei polinomi biomogenei Fa(X) e Gb(Y ), alvariare di a, b.

C.V.D.

Corollario 2.6.3. Per ogni coppia di sottovarieta quasi-proiettive X ⊆ Pk,Y ⊆ Pl l’immagine del prodotto X × Y in P(V ⊗W ) e una varieta quasi-proiettiva.

Dim. Esercizio.

Chiediamoci quali sono i sottoinsiemi chiusi di Ak × Pl.

Corollario 2.6.4. Siano T1, . . . , Tk coordinate affini su Ak e X0, . . . , Xl coor-dinate omogenee su Pl. Allora S ⊆ Al × Pk e un chiuso di Zariski se e soloesiste una collezione finita di polinomi Fi(T,X) ∈ K[T1, . . . , Tl, X0, . . . , Xk],omogenei nelle variabili X, tali che S e il luogo nullo comune degli Fi (ossia,l’insieme delle coppie (t, [x]) ∈ Al × Pk tali che F (t, x) = 0).

Dim. Esercizio (si pensi all’inclusione Al × Pk ⊆ Pl × Pk e si applichi ilLemma 2.6.4.

Osservazione 2.6.2. Ci possiamo chiedere se i prodotti di aperti affini sonouna base per la topologia di X × Y . Piu precisamente, date X e Y varieta

Page 150: geometria algebrica

150 CAPITOLO 2. VARIETA QUASI-PROIETTIVE

quasi-proiettive ci chiediamo se per ogni (x, y) ∈ X × Y e ogni aperto U ⊆X × Y contenente (x, y) esistono aperti affini X ′ ⊆ X e Y ′ ⊆ Y tali che

(x, y) ∈ X ′ × Y ′ ⊆ U.

Cio e gia falso per X = Y = A1 (si prenda U = A2 \ Z(Y −X) e si ricordiche gli aperti di A1 sono i complementari degli insiemi finiti).

Lemma 2.6.5. Siano f : A → X e g : B → Y morfismi (mappe regolari)di varieta quasi-proiettive. Allora f × g : A × B → X × Y e un morfismoregolare.

Dim. Supponiamo A ⊆ Pr, B ⊆ Ps, X ⊆ Pk e Y ⊆ Pl; possiamointepretare f e g come mappe regolari a valori in Pk e Pl, rispettivamente.Analogamente, l’affermazione che f × g e regolare significa che e regolare lamappa µ ◦ (f × g) : A×B → Pk+l+kl, ove µ e la mappa di Segre.

Sia A ⊆ Pr e B ⊆ Ps. Sia (a, b) ∈ A × B. Possiamo trovare apertia ∈ A′ ⊆ A e b ∈ B′ ⊆ B e polinomi F0, . . . , Fk ∈ K[T0, . . . , Tr] omogeneidello stesso grado senza zeri comuni su A′, G0, . . . , Gl ∈ K[S0, . . . , Ss] senzazeri comuni su B′, tali che f = [F0 : · · · : Fk] su A′ e g = [G0 : · · · : Gl] su B′,rispettivamente. Chiaramente allora µ ◦ (f × g) = [Fi(T )Gj(S)] su A′ ×B′.

Sia d il grado comune degli Fi e e il grado comune dei Gi; supponiamoad esempio d ≥ e. Senza perdita di generalita, dopo avere eventualmenteriordinato le coordinate omogenee S0, . . . , Ss su Ps e sostituito B′ con B′∩As0,possiamo supporre B′ ⊆ As0. Sostituendo ogni Gj con Sd−e0 Gj, possiamoquindi ridurci al caso in cui d = e.

Ora Hij(T, S) =: Fi(T )Gj(S) e un polinomio biomogeneo in T e S, dellostesso grado in entrambi i gruppi di variabili. Per le considerazioni precedenti,possiamo trovare Kij ∈ K[Zrs] omogeneo di grado d tale che

Hij(T, S) = Kij(T ⊗ S) = Kij(TrSs).

Evidentemente, A′ × B′ ⊆ A × B e un intorno aperto di (a, b) e i Kij

sono una collezione di polinomi omogenei di grado d senza zeri comuni inA′ × B′, visto come sottoinsieme di Pr+s+rs attraverso la mappa di SegrePr × Ps → Pr+s+rs, tali che

µ ◦ (f × g) = [K00 : · · · : Kkl].

Quindi, µ ◦ (f × g) e regolare.

C.V.D.

Page 151: geometria algebrica

2.6. PRODOTTI 151

Lemma 2.6.6. Siano f : A → X e g : A → Y morfismi di varieta quasi-affini. Allora

(f, g) : A→ X × Y, a 7→(f(a), g(a)

)e regolare.

Dim. Come sopra, ma usando Fi(X)Gj(X).C.V.D.

Esercizio 2.6.2. Adattando l’argomento usato nel caso affine, dimostrareche il prodotto di varieta quasi-proiettive irriducibili e una varieta quasi-proiettiva irriducibile.

Corollario 2.6.5. Siano A, B varieta quasi-proiettive. Allora esiste unmonomorfismo naturale di K-algebre

γ : O(A)⊗K O(B)→ O(A×B).

Dim. Siano α ∈ O(A), β ∈ O(B); allora

(α, β) : A×B → K×K

e una funzione regolare. Componiamo con la funzione regolare K × K → Kdata dal prodotto, otteniamo la funzione regolare

γ(α, β) : (a, b) 7→ α(a) · β(b).

Che γ sia un morfismo di K-algebre si verifica facilmente; la dimostrazionedell’iniettivita e come nel caso affine. C.V.D.

Lemma 2.6.7. Sia f : M → N un morfismo di varieta quasi-affini. Allorail grafo

grafo(f) ={(m, f(m)

): m ∈M

}e un chiuso del prodotto X × Y .

Dim. Se N ⊆ Pl, possiamo vedere f come una mappa regolare M → Pl.Basta allora dimostrare l’asserto per una mappa regolare a valori in Pl, perchese grafo(f) e chiuso in X × Pl lo e anche in M ×N .

Sia M ⊆ Pk. Allora M e ricoperto da una collezione finita di apertiaffini Ma su ciascuno dei quali possiamo scrivere f = [F0 : · · · : Fl] per certipolinomi omogenei dello stesso grado Fi ∈ K[T0, . . . , Tk], senza zeri comunisull’aperto in questione; i polinomi sono nelle coordinate omogenee T diPk. In Ma × Pl, il grafo e definito dalle condizioni biomogenee Yi Fj(T ) −Yj Fi(T ) = 0, ove Y0 . . . , Yl sono le coordinate omogenee di Pl. Dato che{Ma × Pl} e un ricoprimento aperto di M × Pl, l’asserto segue dal Lemma2.3.4.

C.V.D.

Page 152: geometria algebrica

152 CAPITOLO 2. VARIETA QUASI-PROIETTIVE

2.7 Funzioni regolari su varieta proiettive

Su Pk le sole funzioni regolari a valori in K sono le costanti. Lo stesso valesu qualsiasi varieta proiettiva, come caso particolare di un asserto molto piugenerale:

Teorema 2.7.1. Sia M una varieta proiettiva e sia N una varieta quasi-proiettiva. Se f : M → N e una funzione regolare, allora f(M) ⊆ N e unsottoinsieme chiuso di N .

Prima di considerare la dimostrazione, illustriamo il Teorema con alcuneconseguenze e considerazioni.

Innanzitutto, niente di simile vale per le varieta affini.

Esempio 2.7.1. Non e vero che l’immagine di un morfismo di varieta affinie un chiuso dell’immagine: si consideri per esempio la mappa C → A1,(x, y) 7→ x, ove C = Z(XY − 1) ⊆ A2.

Inoltre:

Corollario 2.7.1. L’immagine di una varieta proiettiva mediante una mapparegolare e una varieta proiettiva.

Dim. Nelle ipotesi del Teorema 2.7.1, sia N ⊆ Pl. Possiamo allora vederef come una mappa regolare f : M → Pl, sicche il Teorema implica chef(M) ⊆ Pl e un chiuso proiettivo.

C.V.D.

Nel caso particolare in cui il codominio e A1, otteniamo:

Corollario 2.7.2. Sia M una varieta proiettiva irriducibile. Allora O(M) =K.

Dim. Sia f : M → A1 una funzione regolare. Dotiamo P1 delle coor-dinate omogenee [X : Y ]. Identificando A1 con l’aperto affine A1

X ⊆ P1,intepretiamo f come una funzione regolare f : M → P1 = A1

X ∪ {x∞}, ovex∞ = [0 : 1] e il punto all’infinito.

Allora f(M) ⊆ A1X e un sottoinsieme chiuso proprio di P1 e d’altra parte

i sottoinsiemi chiusi non vuoti di P1 diversi da P1 stesso sono tutti e solii sottoinsiemi finiti. Pertanto, f(M) ⊆ A1 e un insieme finito irriducibile,poiche per ipotesi M e irriducibile.

Ne discende che f(M) consiste di un solo punto, ossia che f e costante.C.V.D.

Page 153: geometria algebrica

2.7. FUNZIONI REGOLARI SU VARIETA PROIETTIVE 153

Corollario 2.7.3. Sia M una varieta proiettiva, f : M → N un morfismoverso una varieta affine. Allora f e costante.

Dim. Esercizio.

Corollario 2.7.4. Sia Y una varieta proiettiva; allora Y e un chiuso proiet-tivo (ossia, nella classe di un isomorfismo di un chiuso proiettivo ci sono solochiusi proiettivi). In particolare, un chiuso affine diverso da una collezionefinita di punti non e una varieta proiettiva.

Dim. Esercizio.

Veniamo alla dimostrazione del Teorema 2.7.1.

Dim. Se N ⊆ Pl, interpretiamo f cone una funzione regolare a valoriin Pl; basta allora dimostrare che f(M) ⊆ Pl e un chiuso proiettivo, dalmomento che allora f(M) = f(M)∩N e necessariamente chiusa in N . Quindisupponiamo d’ora innanzi che N = Pl.

Sia grafo(f) ⊆M × Pl il grafo di f ; come si e visto, la mappa

γ =: (idM , f) : M →M × Pl, m 7→(m, f(m)

)e regolare ed evidentemente induce un isomorfismo M → grafo(M). Inoltre,grafo(M) ⊆ M × Pl e un sottoinsieme chiuso e chiaramente f = π ◦ γ, oveπ : M × Pl → Pl e la proiezione sul secondo fattore.

Quindi, per dimostrare il Teorema siamo ridotti a dimostrare la seguenteProposizione.

Proposizione 2.7.1. Sia Y una varieta proiettiva e sia π : Y × Pl → Plla proiezione sulla seconda componente. Allora per ogni sottoinsieme chiusoZ ⊆ Y × Pl, la proiezione π(Z) ⊆ Pl e un sottoinsieme chiuso di Pl.

Dim. Dal momento che Y e una varieta proiettiva, Y e un chiuso pro-iettivo di qualche Pk. Per quanto visto, Y × Pl e un sottoinsieme chiuso diPk ×Pl; di conseguenza, Z e anch’esso un sottoinsieme chiuso di Pk ×Pl (unchiuso di un chiuso e un chiuso). Quindi basta dimostrare l’asserto nel casoY = Pk.

Sia dunque Z ⊆ Pk×Pl un sottoinsieme chiuso. Vogliamo dimostrare cheπ(Z) ⊆ Pl e chiuso e a tal fine basta dimostrare che per ogni aperto affinestandard Ali ⊆ Pl l’intersezione π(Z) ∩ Ali e un sottoinsieme chiuso di Ali.

Sia Zi =: Z ∩(Pk × Ali

). Allora Zi e un chiuso di Pk × Ali e se πi :

Pk × Ali → Ali e la proiezione, si ha π(Z) ∩ Ali = πi(Zi).Siamo quindi ridotti a dimostrare il seguente asserto:

Page 154: geometria algebrica

154 CAPITOLO 2. VARIETA QUASI-PROIETTIVE

Asserto 2.7.1. Sia Z ⊆ Pk×Al un sottoinsieme chiuso. Allora la proiezioneπ(Z) ⊆ Al sul secondo fattore e un sottoinsieme chiuso (ove ora π : Pk×Al →Al).

Dim. Siano X0, . . . , Xk le coordinate omogenee su Pk e T1, . . . , Tl lecoordinate affini su Al. Esiste una collezione finita di polinomi

Fi(X,T ) ∈ K[X0, . . . , Xk, T1, . . . , Tl] (1 ≤ i ≤ r),

omogenei nelle Xi, tali che Z e il luogo nullo comune degli Fi. Quindi eevidente che un dato t = (t1, . . . , tl) ∈ Al appartiene a π(Z) se e solo se

Zt =: Z ∩(Pk × {t}

)6= ∅.

Se identifichiamo Pk × {t} con Pk nel modo ovvio, e chiaro che

Zt = Zpr

(F1(X, t), . . . , F1(X, t)

)⊆ Pk;

pertanto, t 6∈ π(Z) se e solo se i polinomi omogenei Fi(X, t) ∈ K[X0, . . . , Xk]non hanno zeri comuni e quindi se e solo se l’ideale It � K[X0, . . . , Xk] daessi generato contiene (X0, . . . , Xk)

s per qualche s > 0.Sia allora Ts ⊆ Al il luogo dei t tali che It 6⊇ (X0, . . . , Xk)

s, per s =1, 2, . . .; abbiamo quindi

π(Z) =+∞⋂s=1

Ts,

pertanto basta dimostrare che Ts e un sottoinsieme chiuso di Al per ogni s.Sia ora di il grado di Fi nelle variabili X e sia

(Xβ)

una base monomialedello spazio vettoriale Vk,s−di dei polinomi omogenei di grado s−di; si intendeche per s < di questo e lo spazio nullo, quindi Xβ = 0 in questo caso,mentre in generale β percorre tutti i multiindici (b0, . . . , bk) di lunghezzab0 + · · ·+ bk = s− di.

Allora l’ideale It =(F1(X, t), . . . , Fr(X, t)

)contiene (X0, . . . , Xk)

s se esolo se i prodotti Fi(X, t)Xβ sono un sistema di generatori per Vk,s. Possiamoriesprimere tale condizione nel modo seguente.

Sia Bs =: (Xα) una base monomiale dello spazio vettoriale Vk,s, cosıche α = (a0, . . . , ak) percorre tutti i multiindici di lunghezza s, ordinati inun modo qualsiasi (per esempio, lessicografico); per ogni coppia (i, β), con1 ≤ i ≤ r e β multiindice di lunghezza s − di, sia MBs

(FiX

β)

la colonnadelle coordinate di FiX

β nella base Bs. Allora evidentemente i prodottiFi(X, t)Xβ sono un sistema di generatori per Vk,s se e solo se la matrice Aavente per colonne i vettori MBs

(FiX

β), ordinati in un modo qualsiasi, ha

Page 155: geometria algebrica

2.8. ESEMPI ED APPLICAZIONI 155

rango massimo, dato dalla dimensione di Vk,s. Detto altrimenti, t ∈ Ts se esolo se tutti i minori di rango massimo rk,s = dim(Vk,s) di A si annullano.

Ora i coefficienti di Fi(X, t) ∈ K[X0, . . . , Xk] sono funzioni polinomialidi t. Pertanto, tali sono anche i minori rk,s × rk,s e d’altra parte Ts ⊆ Al eproprio il luogo degli zeri comuni di tutti tali minori. Ne discende che Ts eun chiuso affine.

C.V.D.

2.8 Esempi ed applicazioni

Esercizio 2.8.1. Sia F ∈ K[X0, . . . , Xk] omogeneo di grado d; se F = GHcon G,H ∈ K[X0, . . . , Xk], allora G e H sono anch’essi omogenei.

Per ogni d ≥ 1, sia Vk,d lo spazio vettoriale dei polinomi omogenei digrado d. Evidentemente, la moltiplicazione Vk,d′ × Vk,d′′ → Vk,d′+d′′ induceuna mappa

αd′,d′′ : PVk,d′ × PVk,d′′ → PVk,d′+d′′ ,([G], [H]

)7→ [GH].

Esercizio 2.8.2. Dimostrare che αd′,d′′ e regolare.

Ne discende che l’immagine di αd′,d′′ e un chiuso proiettivo Pd′,d′′ ⊆PVk,d′+d′′ , irriducibile dato che PVk,d′ × PVk,d′′ lo e. L’unione

P =:⋃

d′+d′′=d

Pd′,d′′ ⊆ PVk,d

e chiaramente il luogo dei polinomi omogenei di grado d non irriducibili.Pertanto:

Proposizione 2.8.1. Il luogo dei polinomi omogenei riducibili di grado d eun chiuso proiettivo di PVk,d.

Dotiamo Ak+1 delle coordinate lineari (X0, . . . , Xk), che discendono acoordinate omogenee [X0 : · · · : Xk] su Pk. Sia (Xα) una base monoidale deipolinomi omogenei di grado d. Consideriamo la funzione di valutazione

val : Vk,d × Ak+1 → K, (F, v) 7→ F (v).

Sia Zd ⊆ PVk,d×Pk il luogo nullo di ev, ossia l’insieme delle coppie (F, [v]) taliche F (v) = 0 (tale luogo e ben definito, perche tale condizione e biomogeneain entrambe le variabili).

Proposizione 2.8.2. Zd e un chiuso di PVk,d × Pk.

Page 156: geometria algebrica

156 CAPITOLO 2. VARIETA QUASI-PROIETTIVE

Dim. Si tratta di osservare che Zd e definito da un’equazione polinomialebiomogenea. A tal fine, lavoriamo in coordinate identificando Vk,d ∼= Krk,d

mediante una base monoidale (Xα); quindi, F ∈ Vk,d corrisponde a(Fβ)∈

Krk,d se F (X) =∑

β FβXβ.

Allora con tale identificazione ev : Krk,d ×Kk+1 → K e la funzione

ev(

(Fβ) , v)

=∑β

Fβ vβ.

evidentemente polinomiale e biomogenea di grado di biomogeneita (1, d).C.V.D.

Siano p1 : Z → PVk,d e p2 : Z → Pk le mappe regolari indotte dalleproiezioni sui due fattori. Quindi, se [F ] ∈ PVk,d,

p2

(p−1

1

([F ]))

= Zpr(F ) ⊆ Pk,

un’ipersuperficie di grado d, mentre se [v] ∈ Pk

p1

(p−1

2

([v]))

= Zpr(evv) ⊆ PVk,d,

l’iperpiano proiettivo Hv definito dall’annullamento della valutazione in v.Possiamo quindi vedere Z simultaneamente come una famiglia di iperpiani

in PVk,d e come una famiglia di ipersuperfici di grado d in Pk (in effetti, Z echiamato l’ipersuperficie universale di grado d).

Piu in generale, dato un sottoinsieme chiuso Z ⊆ Pl × Pk, possiamovedere Z come una famiglia di sottoinsiemi chiusi Zy ⊆ Pk, parametrizzatada y ∈ Pl, ponendo Zy =: Z ∩

(Pk × {y}

).

Sotto queste ipotesi, abbiamo il seguente:

Lemma 2.8.1. Sia X ⊆ Pk una sottovarieta proiettiva. Poniamo

VX ={y ∈ Pl : Zy ∩X 6= ∅

}.

Allora VX e un chiuso proiettivo di Pl.

Dim. Siano p1 : Pl × Pk → Pl e p2 : Pl × Pk → Pk le proiezioni. Allora

VX = p1

(p−1

2 (X) ∩ Z).

Ora p−12 (X)∩Z e un chiuso di Pl×Pk, quindi un chiuso proiettivo; pertanto

tale e anche la sua immagine mediante p1.C.V.D.

Page 157: geometria algebrica

2.9. PROIEZIONI E MAPPE FINITE 157

Lemma 2.8.2. Sia X ⊆ Pk un sottoinsieme. Allora l’insieme IX ⊆ PVk,d ditutte le ipersuperfici di grado d che contengono X (ossia, l’insieme di tutti ipolinomi omogenei di grado d che si annullano identicamente su X, a menodi equivalenza) e un sottospazio proiettivo di PVk,d.

Dim. Sia Hv ⊆ PVk,d l’iperpiano dei polinomi di grado d che si annullanoin [v] ∈ Pk; allora chiaramente

IX =⋂

[v]∈X

Hv.

C.V.D.

2.9 Proiezioni e mappe finite

Definizione 2.9.1. Un morfismo di varieta quasi-proiettive ϕ : V → W sidice finito se esiste un ricoprimento aperto {Wi} di W tale che

• ogni Wi e affine;

• ogni Vi = ϕ−1(Wi) e affine;

• per ogni i, il morfismo di varieta affini indotto per restrizione, Vi → Wi,e finito.

Esercizio 2.9.1. Dimostrare che nel caso particolare in cui V e W sonoaffini, la Definizione equivale a quella data in precedenza per i chiusi affini.

Osservazione 2.9.1. Vale il seguente risultato: un morfismo di varietaquasi-proiettive ϕ : V → W e finito se e solo se per ogni aperto affineW ′ ⊆ W la controimmagine V ′ = ϕ−1(W ′) e affine e il morfismo indottoV ′ → W ′ e finito.

Esercizio 2.9.2. Sia ϕ : V → W un morfismo finito di varieta quasi-proiettive. Dimostrare, riducendosi al caso affine, che allora:

• ϕ ha fibre finite;

• ϕ e una mappa chiusa;

• ϕ e suriettiva.

Esercizio 2.9.3. Dimostrare che la composizione di morfismi finiti di varietaquasi-proiettive e a sua volta un morfismo finito.

Page 158: geometria algebrica

158 CAPITOLO 2. VARIETA QUASI-PROIETTIVE

Il risultato principale di questa sezione e che una proiezione induce unamappa finita da un chiuso proiettivo alla sua immagine, la quale risulta asua volta un chiuso proiettivo. Nel caso affine la situazione e meno semplice,come illustrato dai seguenti esempi.

Esempio 2.9.1. Sia C = Z(XY − 1) ⊆ A2 e sia π : C → A1 la proiezionesulla prima coordinata. Allora π non e un morfismo finito, dato che non esuriettivo; d’altra parte π induce un isomorfismo C → A2 \ {0}.

Esempio 2.9.2. SiaS = Z(Y −XZ) ⊆ A3.

Dato che Y − XZ e un polinomio irriducibile, S ⊆ A3 e una sottovarietairriducibile, in effetti isomorfa a A2 ((x, z) 7→ (x, xz, z)). Sia πXY : S → A2

la proiezione sul piano XY . Allora π non e un morfismo finito, perche adesempio

π−1XY

((0, 0)

)={(

0, 0, t)

: t ∈ A1},

mentre le fibre di un morfismo finito sono tutte finite. Equivalentemente,non e finito il morfismo ϕ : A2 → A2 dato da

ϕ(x, z) = (x, xz),

dato che esso mappa l’asse z in un punto.Inoltre, πXY non e nemmeno suriettiva, dal momento che, per esempio,

(0, 1, t) 6∈ πXY (A3) per ogni t ∈ A1.

Esempio 2.9.3. Sia

S = Z(X3 + Y 3 + Z3 − 1

)⊆ A3

e sia π la proiezione sul piano Π = Z(X − Y ) lungo la retta

L = span

1−10

.

Per ogni (x, y, z)t ∈ K3, abbiamo xyz

=1

2

x− y−(x− y)

0

+1

2

x+ yx+ y

2z

.

Ne discende che

π :

xyz

7→ (x+ y)/2

(x+ y)/2z

.

Page 159: geometria algebrica

2.9. PROIEZIONI E MAPPE FINITE 159

La proiezione πS : S → Π data dalla restrizione di π non e una mappa finitaperche, ad esempio, la retta ` = Z(X + Y, Z − 1) ⊆ S viene mappata in(0, 0, 1)t, quindi le fibre non sono tutte finite.

Teorema 2.9.1. Sia V = U⊕W e sia π : PV \PW → PU la proiezione. SiaM ⊆ PV \ PW un chiuso proiettivo. Allora la mappa indotta M → π(M) eun morfismo finito.

Osservazione 2.9.2. Nella dimostrazione faremo uso della seguente osser-vazione. Identifichiamo Ak ∼= Ak0 ⊆ Pk. Siano T1, . . . , Tk le coordinate affinisu Ak e X0, . . . , Xk le coordinate omogenee su Pk. Quindi Tj = Xj/X0 suAk0, per j = 1, . . . , k. Per ogni F (T1, . . . , Tk) ∈ K[T1, . . . , Tk] di grado d

β(F )(X0, . . . , Xk) =: Xd0 F

(X1

X0

, . . . ,Xk

X0

)∈ K[X0, . . . , Xk]

e un polinomio omogeneo di grado d. Quindi, il quoziente F (X0, . . . , Xk) =:β(F )(X0, . . . , Xk)/X

d0 e una funzione regolare su Ak0. Per costruzione,

F (1, T1, . . . , Tk) =: β(F )(1, T1, . . . , Tk)/1d = F (T1, . . . , Td).

In altre parole, O(Ak0)

e isomorfo all’anello dei quozientiQ/Xgrado(Q)i conQ ∈

K[X0, . . . , Xk] omogeneo (ossia al sottoanello K[X0, . . . , Xk](0)X0

degli elementiomogenei di grado zero nella localizzazione di K[X0, . . . , Xk] nell’ideale primogenerato da X0).

Esercizio 2.9.4. Precisare.

Sia ora R ⊆ Ak un chiuso affine e identifichiamo Ak ∼= Ak0 ⊆ Pk. Ognifunzione regolare su R e la restrizione di una funzione regolare su Ak, quin-di puo essere scritta come la restrizione a R di G/Xm

0 , per un’opportunopolinomio omogeneo in X0, . . . , Xk di grado m.

Dim. Denotiamo con p : M → π(M) la mappa indotta. Dobbiamoverificare che esiste un ricoprimento aperto affine {Ai} di p(M) = π(M), chesappiamo essere un chiuso proiettivo di PU , tale che per ogni i

1. la controimmagine Bi =: p−1(Ai) ⊆M e un aperto affine di M e inoltre

2. la mappa indotta per restrizione, Bi → Ai, e un morfismo finito divarieta affini.

Page 160: geometria algebrica

160 CAPITOLO 2. VARIETA QUASI-PROIETTIVE

Possiamo supporre senza perdita di generalita che V = Kn+1, U =span

{e0, . . . , en−d−1

}, W = span

{en−d, . . . , en

}, essendo (ej) la base stan-

dard. Quindi,π : [X0 : · · · : Xn] 7→ [X0 : · · · : Xn−d−1].

Identifichiamo PU con Pn−d−1 e sia An−d−1i = {Xi 6= 0} il ricoprimento affine

standard (i = 0, . . . , n− d− 1).Allora per ogni i = 0, . . . , n− d− 1

p−1(p(M) ∩ An−d−1

i

)= M ∩ Ani

e un aperto affine di M e un chiuso affine di Ani , sul quale ogni funzioneregolare e la restrizione di qualche quoziente della forma g = G/Xm

i , essendoG ∈ K[X0, . . . , Xn] omogeneo di grado m.

Sia g ∈ O (M ∩ Ani ) e dimostriamo che g e intera su O(p(M) ∩ An−d−1

i

).

A tal fine, se G e m sono come sopra, definiamo p1 : M → Pn−d ponendo (larestrizione a M e sottointesa)

p1 =:[Xm

0 : · · · : Xmn−d−1 : G

].

Denotiamo Z0, . . . , Zn−d le coordinate omogenee su Pn−d. OraX0, . . . , Xn−d−1

non hanno uno zero comune su M , perche altrimenti sarebbe M ∩ PW 6= ∅;pertanto, p1 e una mappa regolare e quindi p1(M) ⊆ Pn−d e un chiuso proiet-tivo, definito dall’annullamento di una collezione finita di polinomi omogeneiF1, . . . , Fr ∈ K[Z0, . . . , Zn−d].

Per la stessa ragione, il punto [0 : · · · : 0 : 1] ∈ Pn−d \ p1(M); in altreparole, i polinomi omogenei Z0, . . . , Zn−d−1, F1, . . . , Fr non hanno zeri comuniin Pn−d. Quindi, in virtu del Teorema degli Zeri proiettivo, l’ideale da essigenerato contiene (Z0, . . . , Zn−d)

s per qualche s > 0; in particolare, avremo

Zsn−d =

n−d−1∑j=1

Hj Zj +r∑j=1

Gj Fj.

Possiamo supporre chiaramente che ogni Hj e ogni Gj sia omogeneo e inparticolare che ogni Hj abbia grado s− 1. Quindi

Hj =s−1∑k=0

Hjk(Z0, . . . , Zn−d−1)Zkn−d.

Su p1(M) (o meglio, sul cono affine di p1(M)) otteniamo allora

Zsn−d =

n−d−1∑j=1

Hj Zj =s−1∑k=0

Ak(Z0, . . . , Zn−d−1)Zkn−d,

Page 161: geometria algebrica

2.9. PROIEZIONI E MAPPE FINITE 161

ove Ak(Z0, . . . , Zn−d−1) e omogeneo di grado s − k. Cio implica su M (omeglio, sul cono affine di M) la relazione

Gs =s−1∑k=0

Ak(Xm

0 , . . . , Xmn−d−1

)Gk,

dividendo la quale per Xmsi otteniamo

gs =s−1∑k=0

Ak(Tm0 , . . . , 1, . . . , T

mn−d−1

)gk,

ove Tj = Xj/Xi sono le coordinate affini su Ani . D’altra parte, T0, . . . , Tn−d−1

possono vedersi come coordinate affini su An−d−1i . Pertanto, abbiamo dimo-

strato che g e intera su O(p(M) ∩ An−d−1

i

).

C.V.D.

Esercizio 2.9.5. Generalizzare il Teorema come segue:

Corollario 2.9.1. Sia M ⊆ Pk proiettiva e siano F0, . . . , Fr ∈ K[X0, . . . , Xk]omogenei dello stesso grado d tali che M ⊆ Pk \ Zpr(F0, . . . , Fr). Sia

ψ =: [F0 : · · · : Fr] : Pk \ Zpr(F0, . . . , Fr)→ Pr.

Allora il morfismo indotto ϕ : M → ψ(M) indotto per restrizione e finito.

Suggerimento: Ci si riduca mediante un’opportuna mappa di Veronese alcaso d = 1, quindi si utilizzi il Teorema.

Sia ora M ⊆ Pk un chiuso proiettivo. Se M 6= Pk , sia x1 ∈ Pk \ Me sia π1 : M → Pk−1 la restrizione a M della proiezione con centro x1

(a meno di un automorfismo di Pk−1, questa dipende solo da x1). Alloraπ1 : M → M1 =: π1(M) e un morfismo finito di varieta proiettive. SeM1 = Pk−1, abbiamo quindi prodotto un morfismo finito di M su Pk−1. Seinvece M1 $ Pk−1, scegliamo x2 ∈ Pk−1 \M1 e consideriamo la proiezioneπ2 : π1(M) → Pk−2 con centro x2; la composizione π2 ◦ π1 : M → π2(M1) eun morfismo finito su un chiuso proiettivo. Il processo induttivo si arrestaquando otteniamo per composizione un morfismo finito da M su Pd, perqualche d ≤ k. Di conseguenza, abbiamo dimostrato:

Teorema 2.9.2. Sia M una varieta proiettiva. Allora esiste un morfismofinito suriettivo M → Pd per qualche intero d.

Consideriamo ora il caso di un chiuso affine V ⊆ Ak, V 6= Ak. Iden-tifichiamo Ak con Ak0 ⊆ Pk e sia Pk−1

0 = Zpr(X0) = Pk \ Ak0 l’iperpianoall’infinito.

Page 162: geometria algebrica

162 CAPITOLO 2. VARIETA QUASI-PROIETTIVE

Lemma 2.9.1. Sia V ⊆ Pk la chiusura proiettiva di V in Pk. Allora

V + Pk−10 .

Dim. Sia I(V ) � K[T1, . . . , Tk] l’ideale radicale di V e sia F ∈ I(V ),F 6= 0. Sia d il grado di F e sia Fd(T1, . . . , Tk) la componente omogenea digrado d in F . Allora β(F ) = Fd(X1, . . . , Xk) + X0 F

′(X0, . . . , Xk), per uncerto F ′ ∈ K[X0, . . . , Xk] omogeneo di grado d−1. Dal momento che β(F ) ∈Ih(V)

(l’ideale omogeneo di V ), l’intersezione V ∩Pk−10 e contenuta nel luogo

nullo di Fd(X1, . . . , Xk) (qui X1, . . . , Xk sono viste coordinate omogenee suPk−1

0 ). Pertanto, V ∩ Pk−10 6= Pk−1

0 .C.V.D.

Siano p1 ∈ Pk−10 \V e π1 : Pk → Pk−1 la proiezione con centro p1. Possiamo

identificare Pk−10 con la collezione delle rette passanti per l’origine in Ak0,

mediante la corrispondenza ` 7→ ` ∩ Pk−10 o, piu esplicitamente,

span{v} 7→ [0 : v] ∈ Pk−10 (v 6= 0).

In effetti, λ v ∈ Ak0 corrisponde a [1 : λ v] ∈ Pk. Quindi, se ` = span{v} ⊆ Ak0allora ` = {[η : λ v] : [η : λ] ∈ P1}.

Applicando un’opportuna trasformazione lineare invertibile in Ak0, pos-siamo allora supporre senza perdita di generalita che p = [0 : · · · : 0 : 1],cosicche

π1

([X0 : · · · : Xn−1 : Xn]

)= [X0 : · · · : Xn−1].

Ora π1

(V)⊆ Pk−1 e un chiuso proiettivo e la mappa p1 : V → π1

(V)

e

finita; inoltre, siccome V ∩ Ak0 = V perche V e un chiuso affine,

V = p−11

(π1

(V)∩ Ak−1

0

).

Percio la mappa indotta per restrizione

p1 : V → π1

(V)∩ Ak−1

0 = π1(V )

e un morfismo finito di varieta affini.Se π1(V ) = Ak−1

0 , abbiamo prodotto una mappa finita V → Ak−1; al-trimenti procediamo allo stesso modo. La costruzione continua fino a pro-durre una mappa regolare finita V → Al per qualche l ≥ 0. Abbiamo cosıdimostrato:

Teorema 2.9.3. Se V e una varieta affine, allora per qualche intero l ≥ 0esiste una mappa regolare finita ϕ : V → Al.

Page 163: geometria algebrica

2.9. PROIEZIONI E MAPPE FINITE 163

Quindi, O(V ) e intero su K[T1, . . . , Tl]; questo e il cosiddetto Lemma dinormalizzazione di Noether:

Corollario 2.9.2. Ogni K-algebra finitamente generata e intera su qualcheanello di polinomi.

Corollario 2.9.3. Sia A una K-algebra finitamente generata. Allora esisto-no a1, . . . , al ∈ A tali che:

1. a1, . . . , al sono algebricamente indipendenti su K;

2. A e intera su K[a1, . . . , al].

In altre parole, esistono al+1, . . . , ak ∈ A interi su A′ =: K[a1, . . . , al] ⊆ Atali che A = K[a1, . . . , al, al+1, . . . , ak].

L’argomento riportato dimostra in realta qualcosa di piu preciso. Sup-poniamo infatti che A = K[t1, . . . , tk]. Quindi, possiamo vedere A come unquoziente di K[T1, . . . , Tk] e pertanto A ∼= O(V ), ove V ⊆ Ak e il chiusoaffine con I(V ) = ker

(K[T1, . . . , Tk]→ A

).

La costruzione precedente costruisce una mappa finita ϕ : V → Al perqualche l come una composizione di proiezioni lineari, pertanto gli ai possonoessere supposti combinazioni lineari dei ti.

Nella situazione precedente, supponiamo che V sia irriducibile, cosı cheA risulta un dominio di integrita. Allora il campo K(V ) contiene il campoK(a1, . . . , al) ∼= K(T1, . . . , Tl); dal momento che ogni ai con i ≥ l+ 1 e interosu K(a1, . . . , al) concludiamo che l e il grado di trascendenza di K(V ), ossiadel campo delle frazioni di A. Concludiamo il seguente.

Corollario 2.9.4. Sia V una varieta affine irriducibile. Se ϕ : V → Al euna mappa regolare finita, allora l e il grado di trascendenza del campo dellefunzioni razionali K(A).

Page 164: geometria algebrica

164 CAPITOLO 2. VARIETA QUASI-PROIETTIVE

Page 165: geometria algebrica

Capitolo 3

Dimensione

3.1 Dimensione e grado di trascendenza

Per definire la dimensione di una varieta quasi-proiettiva irriducibile, muo-viamo dalle seguenti considerazioni.

1. la dimensione di M dovrebbe essere la dimensione di un qualsiasi sot-toinsieme aperto di M ; in particolare, basta determinare la dimensionedi un aperto affine non vuoto di M .

2. se M → N e una mappa finita (che e suriettiva ed ha fibre finite),allora M e N dovrebbero avere la medesima dimensione.

3. la dimensione di An dovrebbe essere n.

In particolare, se V e una varieta affine irriducibile e se ϕ : V → Al efinita, V dovrebbe avere dimensione l per la condizione 1; d’altra parte peril Corollario 2.9.4 l e in tal caso il grado di trascendenza di K(V ). Quindi,nel caso di una varieta affine irriducibile la dimensione dovrebbe coinciderecon il grado di trascendenza del campo K(V ).

Se poi M e una qualsiasi varieta quasi-proiettiva irriducibile allora perqualsiasi sottoinsieme aperto affine non vuoto V ⊆ M abbiamo K(V ) ∼=K(M), quindi per la condizione 1 la dimensione di M dovrebbe essere ilgrado di trascendenza di K(M).

Siamo cosı portati alla seguente:

Definizione 3.1.1. La dimensione di una varieta quasi-proiettiva irriduci-bile e il grado di trascendenza su K del suo campo delle funzioni razionali.La dimensione di una qualsiasi varieta quasi-proiettiva e il massimo delledimensioni delle sue componenti irriducibili.

165

Page 166: geometria algebrica

166 CAPITOLO 3. DIMENSIONE

Esercizio 3.1.1. Dimostrare, viceversa, che tale definizione soddisfa le con-dizioni 1,2 e 3.

Esempio 3.1.1. La dimensione di un punto e zero, dato che il suo campo e Kstesso. Viceversa, supponiamo che M ⊆ Ar sia una varieta quasi-proiettivadi dimensione zero. Allora le coordinate affini ristrette a V sono algebrichesu K, quindi assumono solo un insieme finito di valori. Pertanto, M e uninsieme finito.

Esempio 3.1.2. Una curva affine irriducibile C ⊆ A2 ha dimensione uno.Infatti dopo una trasformazione lineare invertibile possiamo suporre che l’e-quazione di C abbia la forma Y r+ termini di grado inferiore in Y , il chemostra chiaramente che K(C) ha grado di trascendenza 1 su K.

Esempio 3.1.3. Siano M e N varieta quasi-proiettive irriducibili. Allora

dim(M ×N) = dim(M) + dim(N).

Per vederlo, possiamo supporre che M e N siano affini. Sia d = dim(M),e = dim(N) e supponiamo che M sia un chiuso affine in Ak e che N siaun chiuso affine in Al. Siano T1, . . . , Tk e U1, . . . , Ul coordinate affini su Ake su Al, rispettivamente. Quindi se ti e uj sono le restrizioni a M e Nrispettivamente, abbiamo O(M) = K[t1, . . . , tk], O(N) = K[u1, . . . , ul]; dopoopportuni cambiamenti di coordinate affini, possiamo supporre senza perditadi generalita che

• t1, . . . , td siano algebricamente indipendenti su K e che O(M) sia interosu K[t1, . . . , td];

• u1, . . . , ue siano algebricamente indipendenti su K e che O(N) sia interosu K[u1, . . . , ue].

Allora M×N ⊆ Ak×Al, con coordinate affini T1, . . . , Tk, U1, . . . , Ul; pertanto,

O(M ×N) = K[t1, . . . , tk, u1, . . . , ul] ⊇ K[t1, . . . , td, u1, . . . , ue]

e un’estensione intera (in altre parole, dato che M → Ad e N → Ae sonomappe finite, anche la mappa prodotto M ×N → Ad×Ae e finita) e rimaneda dimostrare che t1, . . . , td, u1, . . . , ue sono algebricamente indipendenti.

Sia allora F (T1, . . . , Td, U1, . . . , Ue) ∈ K[T1, . . . , Td, U1, . . . , Ue] tale cheF (t1, . . . , td, u1, . . . , ue) = 0 identicamente. Scriviamo

F =∑I

aI(T1, . . . , Td)UI ,

Page 167: geometria algebrica

3.1. DIMENSIONE E GRADO DI TRASCENDENZA 167

ove U I = U i11 · · ·U ie

e e aI ∈ K[T1, . . . , Td]. Pertanto, per ogni m ∈M abbiamoF (m,n) = 0 identicamente in n ∈ N , ossia

F (m,u) =∑I

aI(t1(m), . . . , td(m)

)uI = 0 ∈ O(N).

Dato che u1, . . . , ue sono algebricamente indipendenti, cio implica

aI(t1(m), . . . , td(m)

)= 0

per ogni m ∈ M , onde aI(t1, . . . , td

)= 0 in O(M). Dato che t1, . . . , td sono

algebricamente indipendenti, ne discende infine che ogni aI = 0, quindi cheF = 0 ∈ K[T1, . . . , Td, U1, . . . , Ue].

Teorema 3.1.1. Sia Y una varieta quasi-proiettiva irriducibile e sia X ⊆ Yun chiuso. Allora dim(X) ≤ dim(Y ). Se dim(X) = dim(Y ), allora X = Y .

Dim. Possiamo chiaramente supporre che X sia irriducibile. Consideria-mo innanzitutto il caso in cui Y e una varieta affine; tale risulta allora ancheX e O(X) e un quoziente di O(Y ). In questo caso, d = dim(Y ) e il mas-simo numero di funzioni regolari algebricamente indipendenti che possiamotrovare su Y . Se u1, . . . , ud+1 ∈ O(X), esistono u1, . . . , ud+1 ∈ O(Y ) tali cheui = ui|X . Quindi esiste P ∈ K[X1, . . . , Xd+1] tale che

P (u1, . . . , ud+1) = 0 ∈ O(Y ).

Per restrizione a X, otteniamo

P (u1, . . . , ud+1) = 0 ∈ O(X).

Quindi ogni (d + 1)-upla di elementi di O(X) e algebricamente dipendentee pertanto dim(X) ≤ d = dim(Y ). La prima parte del Teorema e cosıdimostrata per Y (e quindi X) affine. In generale, sia Y ′ ⊆ Y un apertoaffine tale che Y ′ ∩ X 6= ∅, cosı che X ′ =: X ∩ Y ′ e un chiuso affine in Y ′.Allora

dim(Y ) = dim(Y ′) ≥ dim(X ′) = dim(X).

Supponiamo ora che Y sia affine e d = dim(X) = dim(Y ). Per dimostrareche X = Y basta verificare che se u ∈ O(Y ) e identicamente nullo su X,allora u = 0. Siano u1, . . . , ud ∈ O(X) algebricamente indipendenti e sianou1, . . . , ud ∈ O(Y ) tali che uj = uj|X ; in particolare, u1, . . . , ud sono anch’essialgebricamente indipendenti, perche una relazione algebrica (su K) tra di essisi restringerebbe a una tra u1, . . . , ud.

Page 168: geometria algebrica

168 CAPITOLO 3. DIMENSIONE

Per ipotesi, u1, . . . , ud, u sono algebricamente dipendenti, quindi esiste

P (X1, . . . , Xd, Xd+1) ∈ K[X1, . . . , Xd, Xd+1] = K[X1, . . . , Xd][Xd+1]

tale che P (u1, . . . , ud, u) = 0; necessariamente, P ha grado positivo in Xd+1.Scriviamo allora tale relazione nella forma

Pk (u1, . . . , ud) uk + · · ·+ P1 (u1, . . . , ud) u+ P0 (u1, . . . , ud) = 0.

Possiamo supporre P irriducibile, cosı che necessariamente P0 6= 0.Restringendo a X, otteniamo P0 (u1, . . . , ud) = 0; pertanto P0 = 0, data

la supposta indipendenza algebrica degli ui, assurdo.Quindi anche la seconda parte e dimostrata nel caso affine. In generale,

sia Y ′ ⊆ Y un aperto affine tale che X ′ =: X ∩ Y 6= ∅. Allora X ′ = Y ′

e quindi X ⊇ X ′ = Y ′ = Y , dato che Y ′ e denso in Y per l’ipotesi diirriducibilita.

C.V.D.

Proposizione 3.1.1. Sia M ⊆ Ar un’ipersuperficie. Allora dim(M) = r−1.

Dim. Supponiamo M = Z(F ), ove F ∈ K[T1, . . . , Tr] e un polino-mio senza fattori ripetuti. Siano ti ∈ O(M) le restrizioni dei Ti. AlloraO(M) = K[t1, . . . , tr] e F (t1, . . . , tr) = 0 e una relazione algebrica tra i ti,sicche dim(M) ≤ r − 1 (alternativamente, se fosse dim(M) = r dovremmoconcludere per il Teorema che M = Ar).

Supponiamo che F contenga la variabile Tr. Affermo che allora t1, . . . , tr−1

sono algebricamente indipendenti su K e quindi dim(M) = r − 1. Sup-poniamo, per assurdo, che esista G ∈ K[T1, . . . , Tr−1] non nullo tale cheG(t1, . . . , tr−1) = 0; ne discende che G si annulla su M e quindi F |Gs perqualche intero s� 0. Ma cio e assurdo perche F contiene Tr mentre G no.

C.V.D.

Corollario 3.1.1. Sia M ⊆ Pr un’ipersuperficie. Allora dim(M) = r − 1.

Dim. Dobbiamo dimostrare che ogni componente irriducibile di M ha di-mensione r−1; ma se M = Zpr(F ), ove F ∈ K[X0, . . . , Xr] e omogeneo senzafattori ripetuti, allora le componenti irriducibili di M sono Mi =: Zpr(Fi), ovegli Fi sono i fattori irriducibili di F , che risultano ancora omogenei. Possiamoquindi supporre che M e F siano irriducibili.

Per qualche i = 0, . . . , r, avremo M ′ =: M ∩ Ari 6= ∅; supponiamosenza perdita di generalita i = 0. Allora M ′ e un aperto della varietaproiettiva irriducibile M e pertanto dim(M ′) = dim(M). D’altra parte,M ′ = Z

(F (1, T1, . . . , Tr)

)e quindi la Proposizione implica dim(M ′) = r− 1.

C.V.D.

Page 169: geometria algebrica

3.1. DIMENSIONE E GRADO DI TRASCENDENZA 169

Teorema 3.1.2. Sia M ⊆ Ar un chiuso di Zariski le cui componenti irridu-cibili hanno tutte codimensione 1. Allora:

1. M e un’ipersuperficie, ossia esiste F ∈ K[X1, . . . , Xr] senza fattoriripetuti tale che M = Z(F );

2. I(M) = (F ).

Dim. Supponiamo che M sia irriducibile. Dato che M 6= Ar, esisteG ∈ I(M), G 6= 0. Quindi M ⊆ Z(G). Siano Gi i fattori irriducibili di G;allora

M = Z(G) ∩M =⋃i

Z(Gi) ∩M

e poiche M e irriducibile deve essere M = Z(Gi) ∩M per qualche i, ossiaM ⊆ Z(Gi). Pertanto, possiamo supporre senza perdita di generalita cheG sia irriducibile (equivalentemente, dato che I(M) e un ideale primo deveessere Gi ∈ I(M) per qualche i se G =

∏iGi ∈ I(M)).

Supponiamo allora cheG sia primo e sia Y = Z(G); allora Y e irriducibile,M ⊆ Y e dim(M) = r− 1 = dim(Y ) per la Proposizione; quindi M = Y peril Teorema 3.1.1. Pertanto M e un ipersuperficie.

Sia ora H ∈ I(M); quindi G|Hs per qualche s � 0. Essendo G irriduci-bile, G|H.

Supponiamo ora che M ⊆ Ar sia un chiuso affine le cui componenti irri-ducibili Mi hanno tutte codimensione uno; allora ogni Mi e un’ipersuperficiedefinita da un polinomio irriducibile Fi. Pertanto M = Z(F ), ove F =

∏i Fi.

Se G ∈ I(M), allora G ∈ I(Mi) e quindi Fi|G per ogni i. Di conseguenza,F |G perche gli Fi sono irriducibili distinti.

C.V.D.

Osservazione 3.1.1. Non e vero in generale che un chiuso di codimensioneuno in una varieta quasi-proiettiva e un’ipersuperficie, nemmeno nella ca-tegoria affine; la dimostrazione precedente suggerisce che un ruolo crucialee giocato dal fatto che l’anello delle funzioni regolari su Ar e un dominioa fattorizzazione unica. In effetti, se V e una varieta affine irriducibile, unchiuso affine irriducibile di codimensione uno corrisponde a un ideale primodi altezza uno di O(V ) (vedi oltre). D’altra parte, un’ipersuperficie in Ve il luogo nullo di un ideale principale non banale. Un risultato di algebracommutativa asserisce che un dominio di integrita Noetheriano e un dominioa fattorizzazione unica se e solo se ogni ideale primo di altezza uno e princi-pale. Quindi se V e una varieta affine irriducibile, le due seguenti proprietasono equivalenti:

1. Ogni chiuso irriducibile di V di codimensione 1 e un’ipersuperficie.

Page 170: geometria algebrica

170 CAPITOLO 3. DIMENSIONE

2. O(V ) e un dominio a fattorizzazione unica.

Analogamente al caso affine, l’affermazione 1. vale allora per qualsiasichiuso di codimensione 1, anche non irriducibile.

Un’altra classe di varieta (proiettive) in cui cio e vero e data dai pro-dotti di spazi proiettivi. Per semplicita consideriamo il caso di due fattori,lasciando il caso di un numero arbitrario l ≥ 1 di fattori come esercizio.

Consideriamo l’azione del gruppo moltiplicativo K∗ ×K∗ su Ar+1 ×As+1

data da

(λ1, λ2) · (v1, v2) =: (λ1v1, λ2v2).

Tale azione si restringe a un’azione libera su (Ar+1 \ {0}) × (As+1 \ {0}),il cui quoziente e chiaramente Pr × Ps. Un sottoinsieme di Ar+1 × As+1 ebiconico se invariante rispetto all’azione di K∗ × K∗. Un chiuso di ZariskiM ⊆ Ar+1 × As+1 e biconico se e solo se il suo ideale radicale

I(M) �K[X1, . . . , Xr, Y0, . . . , Ys]

e biomogeneo, ossia e generato da polinomi biomogenei nelle coordinate af-fini (X0, . . . , Xr) e (Y0, . . . , Ys) (equivalentemente, contiene le componentibiomogenee di ogni suo elemento).

Siano ora F1, . . . , Fk polinomi biomogenei nelle X e nelle Y e consideriamoil luogo M ⊆ Pr × Ps dove Fi = 0 per ogni i; il chiuso affine

M = Z(F1, . . . , Fk) ⊆ Ar+1 × As+1

e biconico (potremmo chiamare M il bicono affine su M e l’ideale radicale

I(M)�K[X0, . . . , Xr, Y0, . . . , Ys]

l’ideale biomogeneo di M).

Esercizio 3.1.2. Dimostrare quanto segue:

1. M e la chiusura affine in Ar+1 × As+1 della controimmagine di M in(Ar+1 \ {0})× (As+1 \ {0});

2. un polinomio biomogeneo appartiene a I(M) se e solo se si annulla suM ;

3. M e irriducibile se M lo e.

Page 171: geometria algebrica

3.2. CARATTERIZZAZIONI TOPOLOGICHE E GEOMETRICHE 171

In particolare, supponiamo che M ⊆ Pr × Ps sia definito da una singolaequazione F = 0 per un certo polinomio biomogeneo F , cosı che M e l’iper-superficie definita da F in Ar+1×As+1. Sia G un altro polinomio biomogeneoche si annulla identicamente su M ; allora evidentemente G si annulla su M(esercizio) e quindi il Teorema degli Zeri implica che F |Gs per qualche interos � 0. In particolare, se F e senza fattori ripetuti allora F |G per ogni G

siffatto, ossia genera l’ideale radicale di M .

Teorema 3.1.3. Sia M ⊆ Pr × Ps una sottovarieta le cui componenti irri-ducibili hanno tutte codimensione 1. Allora M e un’ipersuperficie, ossia e illuogo nullo in Pr×Ps di un opportuno polinomio biomogeneo F senza fattoriripetuti. Inoltre F divide ogni polinomio biomogeneo identicamente nullo suM .

Dim. Supponiamo dapprima che M sia irriducibile. Dato che M 6=Pr × Ps, abbiamo M 6= Ar+1 × As+1. Quindi esiste

F ∈ I(M)�K[X0, . . . , Xr, Y0, . . . , Ys], F 6= 0

biomogeneo. Dal momento che M e irriducibile, I(M)

e un ideale primo equindi contiene qualche fattore irriducibile di F ; inoltre ogni fattore di unpolinomio biomogeneo e ancora biomogeneo. Possiamo quindi supporre cheF sia irriducibile.

Sia allora Y ( Pr×Ps il luogo nullo di F ; quindi M ⊆ Y ( Pr×Ps e cosı

(r + s)− 1 = dim(M) ≤ dim(Y ) < r + s.

Ne deduciamo dim(Y ) = r + s, quindi M = Y . In particolare, M e l’iper-superficie irriducibile definita dal polinomio irriducibile F e pertanto il suoideale radicale e (F ).

Se quindi G e biomogeneo e si annulla su M , dal momento che G ∈I(M)

= (F ) abbiamo F |G.C.V.D.

Esercizio 3.1.3. Dimostrare che, viceversa, ogni ipersuperficie in Pr×Ps hacodimensione uno.

3.2 Caratterizzazioni topologiche e geometri-

che

Vediamo ora come la dimensione di una varieta quasi-proiettiva M puo es-sere caratterizzata in altri due modi alternativi: topologicamente, come la

Page 172: geometria algebrica

172 CAPITOLO 3. DIMENSIONE

massima lunghezza di una catena crescente di chiusi irriducibili di M ; ovverogeometricamente, supposto M ⊆ PN , come la minima codimensione di unsottospazio proiettivo disgiunto da M , diminuita di uno.

Cominciamo stabilendo un risultato ausiliario.

Proposizione 3.2.1. Sia M una varieta quasi-proiettiva non vuota. Alloraesiste un chiuso M ′ ⊆M con dim(M ′) = dim(M)− 1.

Dim. Consideriamo innanzitutto il caso in cui M e proiettiva.Sia quindi M = M0 ⊆ Pr un chiuso proiettivo e siano M0j le componenti

irriducibili di M0. Per ogni j, sia p0j ∈M0j \⋃i 6=jM0i. Tale scelta e possibile

perche la decomposizione in componenti irriducibili e non ridondante, quindiM0j $

⋃i 6=jM0i per ogni j.

Sia Vr1 ⊆ K[X0, . . . , Xr] lo spazio vettoriale (r + 1)-dimensionale dei po-linomi omogenei di grado 1 in X0, . . . , Xr; per ogni p ∈ Pr, l’insieme deipolinomi in Vr1 che si annullano in p e un iperpiano, quindi l’insieme dei po-linomi che si annullano in qualcuno dei p0j e unione di una collezione finita diiperpiani e pertanto non e tutto Vr1 (esercizio). Sia allora F0 ∈ K[X0, . . . , Xr]omogeneo di grado 1 che non si annulla in alcun p0j.

Sia M1 ⊆ M il luogo nullo di F0 in M , ossia M1 = Zpr(F0) ∩ M . SeM1 6= ∅, siano M1l le componenti irriducibili di M1; ogni M1l e contenutopropriamente in qualche M0j e pertanto dim(M1) < dim(M). Per ogni jscegliamo p1j ∈M1j \

⋃i 6=jM1i e scegliamo F1 ∈ Vr1 tale che F1(p1j) 6= 0 per

ogni j. Sia M2 =: M1 ∩ Z(F1); allora ogni componente irriducibile di M2 epropriamente contenuta in qualche componente irriducibile di M1 e pertantodim(M2) < dim(M1) < dim(M).

Supponiamo ora induttivamente di avere costruito una stringa F0, . . . , Fjdi polinomi lineari tali che, detto Mi+1 =: M ∩ Z(F0, . . . , Fi), si ha M =M0 % M1 % · · · % Mj+1 e inoltre ogni componente irriducibile di Mi+1 epropriamente contenuta in qualche componente irriducibile di Mi. In parti-colare, F0 6= 0 e nessun Fi e combinazione lineare dei precedenti; pertanto gliFi sono linearmente indipendenti. Inoltre, la sequenza delle dimensioni degliMi e strettamente decrescente.

Se Mj+1 6= ∅, scegliamo per ogni componente irriducibile Mj+1,k di Mj+1

un punto pj+1,k ∈Mj+1,k non appartenente all’unione delle altre componentiirriducibili; sia quindi Fj+1 un polinomio lineare che non si annulla in alcunpj+1,k e poniamo Mj+2 =: M ∩ Z(F0, . . . , Fj+1).

La costruzione non puo proseguire indefinitamente per ovvie ragioni di-mensionali e d’altra parte si arresta solo quando, per un d opportuno, ald-imo passo il luogo Md+1 degli zeri comuni in M dei polinomi F0, . . . , Fd evuoto. Chiaramente, 0 ≤ dim(Md) < · · · < dim(M1) < dim(M0) = dim(M),quindi d ≤ dim(M).

Page 173: geometria algebrica

3.2. CARATTERIZZAZIONI TOPOLOGICHE E GEOMETRICHE 173

Consideriamo la mappa regolare

ϕ = [F0 : · · · : Fd] : M → Pd,

indotta per restrizione dai polinomi Fi. Dato che gli Fi sono linearmenteindipendenti (e quindi d ≤ r), ϕ e (la restrizione a M di) una proiezionelineare con centro il sottospazio proiettivo di Pr definito dall’annullamentodi tutti gli Fi. In particolare,

1. la mappa indotta M → ϕ(M) e finita;

2. ϕ(M) ⊆ Pd e un chiuso e pertanto

3. d ≤ dim(M) = dim(ϕ(M)

)≤ d.

Ne concludiamo d = dim(M) e cio implica chiaramente dim(Mi+1) =dim(Mi) − 1 per ogni i; in particolare segue l’asserto della Proposizione nelcaso proiettivo.

Sia ora M ⊆ Pr una varieta quasi-proiettiva irriducibile e sia M la suachiusura proiettiva. Quindi M = M∩U , ove U ⊆ Pr e aperto (per definizionestessa di varieta quasi-proiettiva) e pertanto N =: M \M = M ∩ U c e unchiuso proprio della varieta irriducibile M . Ne discende

dim(M) = dim(M) > dim(N),

cosı che ogni componente irriducibile Nj di N ha dimensione ≤ dim(M) −1. Scegliamo ora punti pj ∈ Nj \

⋃i 6=j Ni e sia F un polinomio lineare

tale che F (pj) 6= 0 per ogni j; ne discende, visto il caso proiettivo dellaProposizione, che Z =: Zpr(F ) ∩ M e un chiuso proiettivo irriducibile didimensione dim(M)− 1.

Se ora Z1 e una componente irriducibile di Z di dimensione dim(M)− 1,Z1 non puo essere contenuto in alcun Nj; in tal caso infatti, visto che Fnon si annulla identicamente su Nj, Z1 avrebbe dimensione < dim(Nj) ≤dim(M)− 1, assurdo.

Quindi Z1 ∩ M 6= ∅ e percio Z1 ∩ M e un chiuso irriducibile di M didimensione dim(M)− 1 (si noti che Z1 ∩M e anche un aperto denso di Z1).

Questo completa la dimostrazione nel caso quasi-proiettivo irriducibile.L’estensione al caso non irriducibile e lasciata come esercizio.

C.V.D.

Essenzialmente lo stesso argomento dimostra:

Page 174: geometria algebrica

174 CAPITOLO 3. DIMENSIONE

Proposizione 3.2.2. Sia M ⊆ Pr una varieta proiettiva e sia

F ∈ K[X0, . . . , Xr]

un polinomio omogeneo che non si annulla identicamente su alcuna com-ponente irriducibile di M . Allora Zpr(F ) ∩ M ha dimensione dim(M) −1.

Osservazione 3.2.1. L’asserto e tautologico se dim(M) = 0, ossia se M eun insieme finito; l’ipotesi e che F non abbia zeri su M e la conclusione eche Zpr(M) ∩M = ∅.

In effetti, nel corso della dimostrazione della Proposizione 3.2.1 abbiamovisto il caso in cui F e lineare. Ci si riconduce a questo caso componendocon un’opportuna mappa di Veronese (esercizio).

Definizione 3.2.1. Se M e una varieta quasi-proiettiva, definiamo

`(M) =: max{n : ∃ una catenaM ⊇M0 %M1 % · · · %Mn 6= ∅,

con ogniMi chiuso inM e irriducibile}.

Che ogni catena siffatta sia finita segue dalla Noetherianita dello spaziotopologico M .

Teorema 3.2.1. Sia M una varieta quasi-proiettiva. Allora

dim(M) = `(M).

Dim. Basta evidentemente dimostrare l’asserto per M irriducibile. Orase M e irriducibile e N ⊆M e un chiuso proprio, allora dim(N) < dim(M).Pertanto, se e data una catena

M ⊇M0 %M1 % · · · %Mn 6= ∅

come nella definizione di `(M), allora

dim(M) ≥ dim(M0) > dim(M1) > · · · > dim(Mn) ≥ 0;

pertanto dim(M) ≥ `(M).Per dimostrare la disuguaglianza opposta, procediamo induttivamente.

L’asserto del Teorema e ovviamente vero per dim(M) = 0, ossia M finita.In generale, supponiamo dim(M) > 0 e l’asserto dimostrato in dimensioni< dim(M). Sia allora M ′ ⊆ M un chiuso di dimensione dim(M)− 1, la cuiesistenza e asserita dalla Proposizione. Possiamo evidentemente supporre che

Page 175: geometria algebrica

3.2. CARATTERIZZAZIONI TOPOLOGICHE E GEOMETRICHE 175

M sia irriducibile. Allora per induzione esiste una catena crescente di chiusiirriducibili di M ′ di lunghezza dim(M ′); estendendola con M stesso, ottenia-mo una catena crescente di chiusi irriducibili di M di lunghezza dim(M), ilche dimostra che dim(M) ≤ `(M).

C.V.D.

L’invariante ` introdotto sopra ha un corrispettivo algebrico.

Definizione 3.2.2. Sia A un anello e p�A un ideale primo. L’altezza alt(p)di p e il sup dell’insieme dei numeri naturali n per i quali esiste una catenastrettamente crescente

p0 ( p1 ( · · · ( pn = p (3.1)

di ideali primi distinti di A che termina in p. La dimensione di Krull dimkr(A)di A e il sup delle altezze degli ideali primi di p.

Sia ora A una K-algebra finitamente generata senza nilpotenti e sia V lavarieta affine associata, ossia tale che A = O(V ) (V e univocamente determi-nata a meno di isomorfismi). Allora la catena (3.2) corrisponde a una catenastrettamente decrescente di chiusi irriducibili di V ,

Z(p0) ) Z(p1) ) · · · ) Z(pn) = Z(p). (3.2)

E quindi chiaro che vale il seguente.

Lemma 3.2.1. Se V e una varieta affine, allora

dim(V ) = dimkr

(O(V )

).

Inoltre,

Teorema 3.2.2. Sia A una K-algebra finitamente generata senza divisori dizero e sia p� A un ideale primo. Allora

dimkr(A/p) = dimkr(A)− alt(p).

Corollario 3.2.1. Sia V una varieta affine irriducibile e sia W ⊆ V unchiuso irriducibile. Allora

dim(W ) = dim(V )− alt(I(W )

).

Page 176: geometria algebrica

176 CAPITOLO 3. DIMENSIONE

Consideriamo ora il caso di una varieta proiettiva ∅ 6= M ⊆ Pr. SeF ∈ K[X0, . . . , Xr] e omogeneo di grado positivo, abbiamo due possibilita:o F si annulla identicamente su qualche componente irriducibile di M didimensione massimale, oppure dim

(Zpr(F ) ∩M

)= dim(M) − 1. Quindi,

se d =: dim(M) > 0 e F1, . . . , Fl ∈ K[X0, . . . , Xr] sono omogenei di gradopositivo, abbiamo per induzione che

dim(M ∩ Zpr(F1, . . . , Fl)

)≥ d− l

e vale l’uguaglianza se e solo se a ogni passo (ossia, a ogni nuovo Fi) ladimensione diminuisce di 1). In particolare,

dim(M ∩ Zpr(F1, . . . , Fd)

)≥ d− d = 0.

Abbiamo quindi il seguente.

Corollario 3.2.2. Sia M ⊆ Pr una sottovarieta proiettiva di dimensione de siano V1, . . . , Vd ⊆ Pr ipersuperfici. Allora

M ∩ V1 ∩ · · · ∩ Vd 6= ∅.

D’altra parte, abbiamo dimostrato negli argomenti precedenti che se aogni passo scegliamo Fi+1 non identicamente nullo su alcuna componenteirriducibile di M ∩ Zpr(F1, . . . , Fd), supposta quest’ultima varieta proiettivanon vuota, allora la sequenza delle dimensioni e strettamente decrescente,fino a raggiungere il valore −1. Pertanto:

Corollario 3.2.3. Sia M ⊆ Pr una sottovarieta proiettiva di dimensioned e siano m1, . . . ,md+1 > 0. Allora esistono F1, . . . , Fd+1 ∈ K[X0, . . . , Xr]omogenei di grado m1, . . . ,md+1, rispettivamente, tali che

M ∩ Zpr(F1, . . . , Fd+1) = ∅;

in altre parole, se Vi = Zpr(Fi), allora

M ∩ V1 ∩ · · · ∩ Vd+1 = ∅.

Consideriamo il caso in cui mi = 1 per ogni i; allora gli Fi sono lineari eovviamente linearmente indipendenti. Pertanto, il luogo nullo degli Fi e unsottospazio proiettivo Λ ⊆ Pr di dimensione r− d− 1, ossia di codimensionec = d + 1 in Pr. In altre parole, abbiamo la seguente caratterizzazioneestrinseca della dimensione di una varieta proiettiva.

Corollario 3.2.4. Sia M ⊆ Pr una sottovarieta proiettiva e sia s la massimadimensione di un sottospazio proiettivo Λ ⊆ Pr disgiunto da M . Allora ladimensione di M e r − s− 1.

Esercizio 3.2.1. L’asserto si estende a sottovarieta quasi-proiettive? Medi-tare.

Page 177: geometria algebrica

3.2. CARATTERIZZAZIONI TOPOLOGICHE E GEOMETRICHE 177

3.2.1 Applicazioni

Come caso particolare, abbiamo:

Corollario 3.2.5. Se s ≤ r, allora s ipersuperfici in Pr hanno intersezionenon vuota.

Per esempio, due curve in P2 si intersecano. Cio puo vedersi piu sempli-cemente come segue. Supponiamo C = Zpr(F ) e D = Zpr(G) ove F,G sonoomogenei etc. Sia poi H un polinomio omogeneo di grado 1 che si annullain qualche punto di C ma non e identicamente nullo su C; ad esempio, se Ccontiene [1 : 0 : 0] e [0 : 1 : 0], prendiamo H = X. Se C e D fossero disgiunte,G non avrebbe zeri su C; pertanto Hm/G sarebbe una funzione regolare suC, ove m = grado(G), nulla in qualche punto di C ma non identicamentenulla su C. Dato pero che C e proiettiva, O(C) = K, assurdo.

Esercizio 3.2.2. Usare un’opportuna proiezione e la conclusione precedenteper dimostrare che P2 e P1 × P1 sono birazionamente equivalenti ma nonisomorfi.

Sia dato un polinomio

F (T,X0, . . . , Xr) ∈ K[T,X0, . . . , Xr] = K[T ][X0, . . . , Xr]

omogeneo di grado m nelle Xi. Quindi, e lecito considerare il chiuso di Zariski

Z =: Z(F ) ⊆ A1 × Pr.

Per ogni t ∈ A1, sia

Ft(X0, . . . , Xr) =: F (t,X0, . . . , Xr), Zt =: Zpr(Ft) ⊆ Pr.

Quindi

Zt = Z ∩ ({t} × Pr) , Z =⋃t∈A1

{t} × Zt.

Possiamo vedere {Zt} come una famiglia di chiusi affini parametrizzataalgebricamente da A1. Se scriviamo

F =∑|I|=m

aI(T )XI ,

per certi aI ∈ K[T ], allora Ft = 0 se e solo se aI(t) = 0 per ogni multi-indice I, ossia se e solo se T − t|aI(T ) per ogni I. Dividendo gli aI per il loromassimo comun divisore, possiamo quindi supporre che Ft 6= 0 per ogni t, nel

Page 178: geometria algebrica

178 CAPITOLO 3. DIMENSIONE

qual caso Zt e una famiglia di ipersuperfici di grado m in Pr parametrizzataalgebricamente da A1.

Abbiamo quindi due mappe regolari, indotte dalle proiezioni,

A1 π1←− Zπ2−→ Pr

e per ogni t ∈ A1 la controimmagine

π−11 (t) = {t} × Zt

si mappa isomorficamente su Zt mediante π2.Si noti che se x ∈ Pr, allora

π1

(π−1

2 (x))

={t ∈ A1 : x ∈ Zt

}.

Chiediamoci se la proiezione π1 : Z → A1 ammette una sezione, ossia unamappa regolare σ : A→ Z tale che π1 ◦ σ = idA1 . In altre parole, cerchiamouna mappa regolare σ : A1 → A1 × Pr della forma

σ(t) =(t, σ(t)

),

tale che σ(t) ∈ Zt per ogni t ∈ A1.Essendo σ : A1 → Pr regolare, essa puo scriversi

σ =: [P0 : · · · : Pr]

per certi Pi ∈ K[X0, . . . , Xr]: eventualmente dopo averli divisi per il loromassimo comun divisore, possiamo supporre senza perdita di generalita chei Pi non abbiano zeri comuni.

La condizione che σ(t) ∈ Zt per ogni t significa d’altra parte che

F (T, P ) =: F(T, P0(T ), . . . , Pr(T )

)= 0. (3.3)

Il Teorema di Tsen asserisce che una sezione esiste se il grado delleipersuperfici e relativamente basso:

Teorema 3.2.3. Sia m ≤ r e sia F ∈ K[T,X0, . . . , Xr] omogeneo di gradom nelle Xi. Allora esiste una mappa regolare ψ : A1 → Pr tale che ψ(t) ∈Zpr

(F (t)

)per ogni t ∈ A1.

Dim. Scriviamo F come

F (T,X0, . . . , Xr) =∑|I|=m

aI(T )XI ,

Page 179: geometria algebrica

3.2. CARATTERIZZAZIONI TOPOLOGICHE E GEOMETRICHE 179

ove aI ∈ K[T ] per ogni multiindice I. Sia k il massimo dei gradi dei polinomiaI ; allora

F (T,X0, . . . , Xr) =∑|I|=m

k∑j=0

aIjTj XI .

Sia l ≥ 1 intero e postuliamo una soluzione in cui i Pi hanno tutti grado≤ l, ossia hanno la forma

Pi(T ) =l∑

i′=0

pii′Ti′ , i = 0, . . . , r

per certi pii′ ∈ K.Si noti che i coefficienti pii′ sono in numero di (r + 1) (l + 1), quindi se

non tutti nulli definiscono un punto [pii′ ] ∈ Pr+l+rl.Dato che moltiplicare tutti i pii′ per un medesimo scalare 6= 0 non modifica

il morfismo σ, una soluzione del problema e un punto [pii′ ] ∈ Pr+l+rl tale percui vale la (3.3).

Ora (esercizio)

P I(T ) =: P i00 (T ) · · ·P ir

r (T ) =lm∑s=0

QIs(pii′)Ts,

ove ogni QIs e un polinomio omogeneo di grado m. Pertanto, sostituendoP I(T ) come sopra nell’espressione per F , otteniamo (ri-esercizio)

F (T, P ) =∑|I|=m

k∑j=0

aIjTj P I(T ) =

lm+k∑a=0

Wa(pii′)Ta,

ove ogni Wa e un polinomio omogeneo di grado m.Quindi nel Pr+l+rl che parametrizza la collezione di tutti i coefficienti

dobbiamo imporre le lm+ k+ 1 condizioni Wa(pii′) = 0; in altre parole, unasoluzione e punto dell’intersezione di lm+ k + 1 ipersuperfici

Zpr(W0) ∩ · · · ∩ Zpr(Wlm+k) ⊆ Pr+l+rl.

Tale intersezione e non vuota se

lm+ k + 1 ≤ r + l + rl = l(r + 1) + r,

sicuramente vero per l � 0 se r ≥ m. Se poi i corrispondenti polinomi Piavessero degli zeri comuni in t0, . . . , ta ∈ A1, poniamo, basta dividerli peropportune potenze di T − ti per ogni i e arrivare alla soluzione desiderata.

C.V.D.

Page 180: geometria algebrica

180 CAPITOLO 3. DIMENSIONE

Osservazione 3.2.2. I risultati precedenti sulla dimensione di una sezioneiperpiana, o piu in generale dell’intersezione con una ipersuperficie, posso-no essere significativamente migliorati facendo uso del Teorema dell’idealeprincipale di Krull.

Teorema 3.2.4. Sia A un anello Noetheriano e sia f ∈ A un elementoche non e ne invertibile ne un divisore dello zero. Allora ogni ideale primominimale contenente f ha altezza 1.

Geometricamente, possiamo trasporre tale enunciato come segue:

Corollario 3.2.6. Sia V una varieta affine e supponiamo che f ∈ O(V ) nonsia invertibile e non si annulli identicamente su alcuna componente irridu-cibile di V . Allora ogni componente irriducibile di ZV (f) (il luogo nullo dif) ha codimensione 1.

Gli argomenti dati sopra, in effetti, mostrano solo che qualche componentedi ZV (f) ha codimensione 1.

Corollario 3.2.7. Sia V ⊆ Pr una varieta quasi-proiettiva irriducibile e sia

F ∈ K[X0, . . . , Xr]

omogeneo di grado positivo. Se VF =: Zpr(F ) ∩ V e un sottoinsieme nonvuoto proprio di V , allora sua ogni componente irriducibile ha dimensionedim(V )− 1.

Dim. Sia S ⊆ VF una componente irriducibile non vuota e sia p ∈ S. SiaV ′ un aperto affine di p in V , contenuto in qualche Ari ; supponiamo i = 0.

Se h e il grado di F , allora f = F/Xh0 e una funzione regolare sulla varieta

affine V ′, il cui luogo nullo e V ′f = VF ∩ V ′. Ora S ∩ V ′ e una componenteirriducibile di tale luogo nullo e pertanto ha dimensione dim(V ) − 1 per ilCorollario precedente. Dato che S ∩ V ′ e aperto denso in S, abbiamo anchedim(S) = dim(V )− 1.

C.V.D.

Corollario 3.2.8. Sia V ⊆ Pr una varieta irriducibile quasi-proiettiva e sia-no F1, . . . , Fl ∈ K[X0, . . . , Xl] omogenei. Supponiamo V ∩Zpr(F1, . . . , Fm) 6=∅. Allora ogni componente irriducibile di V ∩Zpr(F1, . . . , Fm) ha dimensione≥ dim(M)−m.

Dim. Per induzione (esercizio).

Page 181: geometria algebrica

3.2. CARATTERIZZAZIONI TOPOLOGICHE E GEOMETRICHE 181

Esempio 3.2.1. Sia M ⊆ Pr una varieta proiettiva e sia CM ⊆ Ar+1 il suocono affine. Allora dim

(CM

)= dim(M) + 1.

Possiamo evidentemente ridurre la dimostrazione al caso irriducibile (eser-cizio). Inoltre l’asserto e ovvio se M e vuota se intendiamo il cono affine comel’origine. Per vederlo anche nel caso restante M 6= ∅, basta dimostrare che

dim(CM \ {0}

)= dim(M) + 1.

A tal fine, sia π : Ar+1 \ {0} → Pr la proiezione e poniamo Ar+1i =: π−1 (Ari ).

In altri termini,

Ar+1i =

{(X0, . . . , Xr) ∈ Ar+1 : Xi 6= 0

}.

Chiaramente{Ar+1i

}ri=0

e un ricoprimento aperto di Ar+1 \ {0}, quindi

CMi = CM ∩ Ar+1i e un ricoprimento aperto di CM \ {0}. Basta allora

dimostrare che ogni CMi ha dimensione dim(M) + 1 se Mi 6= ∅ (in effetti,vedremo tra breve anche che CM e irriducibile e quindi CMi e denso in CMse Mi 6= ∅).

Supponiamo senza perdita di generalita i = 0 e M0 =: M ∩ Ar0 6= ∅, cosıche M0 ⊆ M e un aperto denso di M . Siano F1, . . . , Fl generatori omogeneiper l’ideale omogeneo di M e siano al solito

α(Fj)(T1, . . . , Tr) =: Fj(1, T1, . . . , Tr) ∈ K[T1, . . . , Tr]

le loro immagini in O (Ar0), cosı che

M0 = Z(α(F1), . . . , α(Fr)

)⊆ Ar0.

Consideriamo le mappe γ : M0 × K∗ → CM0 \ {0} e η : CM0 \ {0} →M0 ×K∗ date da

γ :(

[1 : t1 : · · · : tr], λ)7→(λ, λ t1, . . . , λ tr

),

η : (u0, u1, . . . , ur) 7→([

1 :u1

u0

: · · · : uru0

], u0

).

Esercizio 3.2.3. Dimostrare che γ e η sono regolari e l’una l’inversa dell’al-tra.

Pertanto abbiamo un isomorfismo di varieta quasi-proiettive CM0 \{0} ∼=M0 ×K∗ ed e evidente che quest’ultima ha dimensione dim(M) + 1.

Page 182: geometria algebrica

182 CAPITOLO 3. DIMENSIONE

Consideriamo ora il problema di stimare la dimensione dell’intersezio-ne di due varieta quasi-proiettive M,N ⊆ Pr aventi dimensione m,n ri-spettivamente. Il problema si riduce chiaramente all’intersezione di varietaquasi-proiettive irriducibili.

Supponiamo allora M,N irriducibili con M ∩ N 6= ∅ e sia S una com-ponente irriducibile non vuota di M ∩ N . Supponiamo M = M1 \ M2 eN = N1 \N2, ove Mi e Nj sono varieta proiettive. Possiamo supporre M1 eN1 irriducibili, ossia che M1 e N1 siano le chiusure di M e N ; pertanto, M1

e N1 hanno dimensione m e n, rispettivamente. Sia U = Pr \ (M2 ∪N2), unaperto di Pr. Consideriamo p ∈ S ⊆M1 ∩N1. Evidentemente S e una com-ponente irriducibile di M1 ∩N1 ∩ U , quindi S e una componente irriducibiledi M1 ∩N1, della stessa dimensione di S.

Basta quindi considerare il caso in cui M e N sono proiettive. Suppo-niamo allora senza perdita di generalita che p ∈ Ar0 e siano M0 = M ∩ Ar0,N0 = N ∩ Ar0, S0 = S ∩ Ar0. Allora M0, N0, S0 ⊆ Ar0 sono chiusi affini eS0 e una componente irriducibile di M0 ∩ N0; inoltre, M0, N0, S0 hanno lastessa dimensione di M,N, S, rispettivamente, quindi siamo ridotti a stimarela dimensione di S0.

In definitiva, siamo ridotti a stimare la dimensione delle componenti irri-ducibili non vuote di M ∩N quando M,N ⊆ Ar sono chiusi affini irriducibili.

Lemma 3.2.2. Siano M,N ⊆ Ar chiusi affini (non necessariamente irridu-cibili) e sia ∆ ⊆ Ar × Ar la diagonale. Allora M ∩N e (M ×N) ∩∆ sonochiusi affini isomorfi.

Dim. Consideriamo la mappa regolare diag : Ar → Ar × Ar, t 7→ (t, t).Allora ∆ = diag (Ar) e diag induce un isomorfismo tra Ar e ∆, con applica-zione inversa la proiezione sulla prima componente. Basta allora osservareche

M ∩N = diag−1 (M ×N) .

Pertanto la restrizione di diag induce una mappa regolare

M ∩N → (M ×N) ∩∆,

con inversa la proiezione sulla prima componente.C.V.D.

Siamo ridotti infine a stimare le componenti irriducibili dell’intersezione diM×N con ∆. Siano (T1, . . . , Tr, T

′1, . . . , T

′r) le coordinate affini su Ar×Ar ∼=

A2r; dato che ∆ e definito da r equazioni Ti−T ′i = 0, concludiamo il seguente.

Corollario 3.2.9. Siano M,N ⊆ Pr varieta quasi-proiettive irriducibili didimensione m e n rispettivamente. Se M ∩N 6= ∅, ogni componente irridu-cibile di M ∩N ha dimensione ≥ m+ n− r.

Page 183: geometria algebrica

3.3. DIMENSIONE E MAPPE REGOLARI 183

Nel caso affine, possiamo avere m+n ≥ r ma M ∩N = ∅. Si consideri, adesempio, il caso di due iperpiani affini dati dalle equazioni T1 = 0 e T1 = 1,rispettivamente, con r ≥ 2. Nel caso proiettivo invece vale il seguente.

Corollario 3.2.10. Siano M,N ⊆ Pr varieta proiettive di dimensione m en rispettivamente. Allora M ∩N 6= ∅ se m+ n ≥ r.

Dim. Possiamo ridurci al caso irriducibile, sostituendo M e N con qualcheloro componente di dimensione massima. I coni affini CM, CN ⊆ Ar+1 hannodimensione m + 1 e n + 1 rispettivamente. Ora CM ∩ CN 6= ∅, poicheentrambi contengono l’origine; pertanto tale intersezione contiene qualchecomponente irriducibile, che per il Corollario precedente ha dimensione ≥(m + 1) + (n + 1) − (r + 1) ≥ 1. Ne discende che CM ∩ CN non consistedella sola origine e d’altra parte ogni punto di CM ∩ CN \ {0} si mappa inun punto di M ∩N mediante la proiezione Ar+1 → Pr.

C.V.D.

Esercizio 3.2.4. Adattare la dimostrazione del Lemma 3.2.2 per dimostrareche l’intersezione di due aperti affini e sempre un aperto affine.

3.3 Dimensione e mappe regolari

Data una mappa f : M → N , non necessariamente invertibile, denoteremola controimmagine di n ∈ N con il simbolo

f−1(n) =: {m ∈M : f(m) = n} ;

chiameremo talvolta f−1(n), con qualche abuso di linguaggio, la fibra di f inn.

Teorema 3.3.1. Siano M,N varieta quasi-proiettive irriducibili e sia f :M → N una mappa regolare dominante. Se n ∈ N e se F e una componenteirriducibile di f−1(n), allora

dim(F ) ≥ dim(M)− dim(N).

Dim. Poniamo dM = dim(M), dN = dim(N). Se f−1(n) = ∅, non c’enulla da dimostrare. Altrimenti, sia N ′ ⊆ N un aperto affine di n in N .Allora M ′ =: f−1(N ′) ⊆ M e un aperto non vuoto di M , quindi densoe irriducibile, e la mappa indotta per restrizione, M ′ → N ′, e ovviamenteancora dominante; inoltre f−1(n) ⊆ M ′. Possiamo quindi sostituire N conN ′ e supporre senza perdita di generalita che N sia affine e irriducibile.

Page 184: geometria algebrica

184 CAPITOLO 3. DIMENSIONE

Sia α1 ∈ O(N) tale che α1(n) = 0 e α1 6= 0; allora n ∈ ZN(α1) e tuttele componenti irriducibili di ZN(α1) ⊆ N hanno dimensione dN − 1. Siaora α2 ∈ O(N) tale che α2(n) = 0 ma α2 non si annulla identicamente sualcuna componente irriducibile di ZN(α1) (esercizio: dimostrarne l’esisten-za); allora n ∈ ZN(α1, α2) e d’altra parte ogni componente irriducibile diZ(α1, α2) ha dimensione dN − 2, etc. Dopo dN passi, perveniamo a una se-quenza (α1, . . . , αdN ) di funzioni regolari su N tali che Z =: Z(α1, . . . , αdN )ha dimensione zero e contiene n. Ora Z e un insieme finito e pertantoZ ′ =: Z \ {n}, in quanto finito (eventualmente vuoto), e chiuso. PercioN ′ = N \ Z ′ e un intorno aperto di n in N ; dato che gli aperti affini sonouna base per la topologia di Zariski, esiste un aperto affine n ∈ N ′′ ⊆ N ′.

Possiamo quindi sostituire N con N ′′ 3 n e M con M ′′ = f−1 (N ′′), cosıda supporre senza perdita di generalita che Z = {n}. Allora chiaramente

f−1(n) = ZM (f ∗(α1), . . . , f ∗(αdN )) .

L’asserto discende ora dal Corollario 3.2.9.C.V.D.

Esercizio 3.3.1. Estendere l’asserto al caso non dominante, considerando fcome un morfismo M → f(M).

Teorema 3.3.2. Nelle ipotesi del Teorema 3.3.1, esiste un aperto N ′ ⊆ Ntale che se n ∈ N ′ e F e una componente irriducibile di f−1(n), allora

dim(F ) = dim(M)− dim(N).

Dim. In virtu del Teorema 3.3.1, e sufficiente dimostrare che esiste unaperto non vuoto N ′ ⊆ N tale che se n ∈ N ′ e F e una componente ir-riducibile di f−1(n) allora dim(F ) ≤ dim(M) − dim(N); a sua volta, cioequivale evidentemente a dimostrare che se n ∈ N ′ allora dim (f−1(n)) ≤dim(M)− dim(N).

Cominciamo allora a sostituire N con un aperto affine non vuoto N ′ ⊆ Ne M con M ′ =: f−1(N ′), cosı da supporre senza perdita di generalita che Nsia affine. Sia poi M =

⋃rk=1 Vk un ricoprimento aperto affine; se n ∈ N ,

allora f−1(n) e ricoperto dai Vk, quindi basta dimostrare che esiste un apertonon vuoto N ′′ ⊆ N tale che per ogni n ∈ N ′′ si ha

dim(f−1(n) ∩ Vk

)≤ dim(M)− dim(N) ∀ k = 1, . . . , r. (3.4)

A tal fine, basta dimostrare per ogni k = 1, . . . , r esiste un aperto non vuotoNk ⊆ N tale che se n ∈ Nk allora

dim(f−1(n) ∩ Vk

)≤ dim(M)− dim(N),

Page 185: geometria algebrica

3.3. DIMENSIONE E MAPPE REGOLARI 185

poiche allora basta porre N ′ =:⋂rk=1 Nk. Infatti N ′ e un aperto denso di N

e per ogni n ∈ N ′ e soddisfatta la (3.4).Possiamo ora considerare un k alla volta e porre V = Vk. Poniamo come

sopra dM = dim(M), dN = dim(N). Per costruzione la mappa indotta perrestrizione f : V → N e dominante e quindi il morfismo indotto f ∗ : O(N)→O(V ) e iniettivo, pertanto rappresentabile come un’inclusione. Quest’ultimaa sua volta induce un’estensione di campi

K(N) ⊆ K(V ) = K(M),

la quale ha grado di trascendenza dM − dN .Possiamo quindi trovare v1, . . . , vs ∈ O(V ) tali che:

1. O(V ) = K[v1, . . . , vs];

2. v1, . . . , vdM−dN sono algebricamente indipendenti su K(N);

3. vdM−dN+1, . . . , vs sono algebrici su K(N)[v1, . . . , vdM−dN ].

Di conseguenza, esistono polinomi non nulli

Fi ∈ O(N)[v1, . . . , vdM−dN ][X]

tali che Fi(vi) = 0 per ogni i = dM − dN + 1, . . . , s. Scriveremo tali relazioninella forma

Fi(vi; v1, . . . , vdM−dN

)= 0,

ove ora Fi ∈ O(N)[Xi, X1, . . . , XdM−dN ]; esplicitamente,

Fi =∑l,I

ai,l,I ·X li X

I ∈ O(N)[Xi, X1, . . . , XdM−dN ].

Sia Ni ⊆ N l’aperto affine principale ove ai,l,I(n) 6= 0 per ogni l, I tale cheai,l,I 6= 0 in O(N) e sia

N ′ =:s⋂

dM−dN+1

Ni.

Allora N ′ ⊆ N e un aperto denso e se n′ ∈ N ′ allora gli Fi si restringono suf−1(n) ∩ V a relazioni algebriche∑

l,I

ai,l,I(w) · vli vI = 0,

ove vj ∈ O (f−1(n) ∩ V ) e la restrizione di vj. Ne discende chiaramente cheK [v1, . . . , vs] e algebrico su K [v1, . . . , vdM−dN ].

Page 186: geometria algebrica

186 CAPITOLO 3. DIMENSIONE

D’altra parte, f−1(n) ∩ V e un chiuso affine di V e pertanto

O(f−1(n) ∩ V

)= K [v1, . . . , vs] .

In conclusione,dim

(f−1(n) ∩ V

)≤ dM − dN .

C.V.D.

Osservazione 3.3.1. Dato che f e dominante, per il Teorema 1.5.6 f(M) ⊆N contiene un aperto densoN ′′ (l’estensione al caso quasi-proiettivo e lasciatacome esercizio). Quindi per ogni n ∈ N ′ ∩ N ′′ (aperto denso di N) si haf−1(n) 6= ∅ e ogni componente irriducibile di f−1(n) ha dimensione dim(M)−dim(N).

Esempio 3.3.1. Sia

S ={(

(t0, t1, t2), [x0 : x1 : x2])

: ti xj = tj xi ∀ i, j = 0, 1, 2}

= Z(TiXj − TjXi : i, j = 0, 1, 2

)⊆ A3 × P2

e sia π : S → A3 il morfismo indotto dalla proiezione sulla prima componente.Allora se t 6= 0 ∈ A3 abbiamo

f−1(t) =(t, [t]

),

mentref−1(0) = {0} × P2.

Quindi, f e suriettiva. Inoltre,

S ′ =: f−1(A2 \ {0}

) ∼= A2 \ {0}

e irriducibile. Sia poi t 6= 0 ∈ A3 e consideriamo la mappa

ψt : A1 → S, λ 7→(λt, [t]

).

Allora ψt(0) = (0, t), mentre ψt (A1 \ {0}) ⊆ S ′. Ne discende che S ′ e densoin S (dimostrare) e quindi che S e irriducibile.

In particolare, dim(S) = dim(S ′) = dim (A3 \ {0}) = 3.Questo esempio illustra il Teorema con M = S e N = A3; infatti

sull’aperto N ′ = A3 \ {0} le fibre hano tutte dimensione

dim(S)− dim(A3)

= 3− 3 = 0

mentre la fibra su 0 ∈ A3 ha dimensione 2.

Page 187: geometria algebrica

3.3. DIMENSIONE E MAPPE REGOLARI 187

Corollario 3.3.1. Nelle ipotesi del Teorema 3.3.1, supponiamo in aggiuntache M e N siano proiettive. Allora per ogni intero k il luogo

Nk =:{n : dim

(f−1(n)

)≥ k

}e chiuso in N .

Dim. Osserviamo innanzitutto che f e suriettiva perche e dominante ef(M) e un chiuso di N , essendo M proiettiva. Quindi, per ogni R ⊆ N si haR = f (f−1(R)).

Procediamo per induzione su dN = dim(N). Se dim(N) = 0, allora N eun punto e quindi Nk = N o Nk = ∅. In generale, abbiamo NdM−dN = Nper il Teorema 3.3.1; inoltre, per il Teorema 3.3.2 esiste un aperto non vuotoN ′ ⊆ N tale che N ′∩NdM−dN+1 = ∅. Quindi, il chiuso R = N \N ′ e proprio,ossia tale che dim(R) < dN , e se k > dM − dN allora Nk ⊆ R. Ora lamappa f−1(R) → R e suriettiva e ogni componente irriducibile di R e ognicomponente irriducibile di ogni immagine di qualche componente irriducibiledi f−1(R) ha dimensione < dim(N). Basta ora invocare l’ipotesi induttiva.

Piu precisamente, supponiamo per semplicita che R e S = f−1(R) sianoirriducibili. Applicando l’ipotesi induttiva alla restrizione S → R, ricaviamoallora che Nk = Rk e chiuso in R per ogni k, quindi e chiuso in N .

In generale, si procede considerando una componente irriducibile (soprae sotto) alla volta (esercizio).

C.V.D.

Esempio 3.3.2. E essenziale che M (e quindi N) sia proiettiva. Per esempio,sia f : A2 → A2 data da f(x, y) = (x, xy). Allora f e dominante, ma nonsuriettiva; quindi N0 = f (A2) non e chiuso in A2.

Teorema 3.3.3. Siano M e N varieta proiettive e sia f : M → N unamappa regolare soddisfacente le seguenti condizioni:

1. f e suriettiva;

2. N e irriducibile;

3. ogni fibra f−1(n) e irriducibile;

4. tutte le fibre hanno la stessa dimensione d.

Allora M e irriducibile.

Dim. Sia M =⋃kMk la decomposizione di M in componenti irriducibili.

Per ogni k, f(Mk) ⊆ N e un chiuso irriducibile e N =⋃k f(Mk). Quindi,

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188 CAPITOLO 3. DIMENSIONE

per almeno un k si ha f(Mk) = N . Per ogni k, sia fk : Mk → N la mappaindotta da f per restrizione.

Sia K ′ l’insieme dei k tali che fk(Mk) = N e K ′′ l’insieme dei k tali chefk(Mk) 6= N . Se k ∈ K ′, per il Teorema 3.3.2 esiste un aperto non vuotoVk ⊆ N tale che

dim(f−1k (n)

)= dk =: dim(Mk)− dim(N)

per ogni n ∈ Vk. Definiamo allora aperti Uk ⊆ N per ogni k ponendo

Uk =:

Vk se k ∈ K ′

N \ f(Mk) se k ∈ K ′′.

Infine poniamo N ′ =:⋂k Uk. Quindi N ′ ⊆ N e un aperto denso di N e per

ogni n ∈ N abbiamo:

1. f−1(n) ⊆⋃k∈K′Mk;

2. f−1(n) ∩⋃k∈K′′Mk = ∅;

3. dim(f−1k (n)

)= dk, ∀k ∈ K ′.

Fissiamo n ∈ N ′. Abbiamo f−1k (n) ⊆ f−1(n) per ogni k e d’altra parte

f−1(n) ⊆⋃k∈K′

(Mk ∩ f−1(n)

)=⋃k∈K′

f−1k (n).

Dato che per ipotesi f−1(n) e irriducibile, f−1(n) ⊆ f−1k0

(n) per qualche

k0 ∈ K ′ e pertanto f−1(n) = f−1k0

(n). Ne discende che d = dk0 .Infine, dato che fk0 : Mk0 → N e suriettiva perche k0 ∈ K ′, dati il

Teorema 3.3.1 e la costruzione di N ′ per ogni n ∈ N la fibra f−1k0

(n) ⊆f−1(n) e non vuota di dimensione ≥ dk0 = d; per la equidimensionalita el’irriducibilita delle fibre di f , abbiamo allora f−1

k0(n) = f−1(n) per ogni

n ∈ N . Quindi Mk0 ⊇ f−1(n) per ogni n ∈ N e pertanto Mk0 = M .C.V.D.

Esempio 3.3.3. Siano T0, . . . , Tr+1 e X0, . . . , Xr coordinate omogenee suPr+1 e Pr, rispettivamente e definiamo

M =:{

([t], [x]) ∈ Pr+1 × Pr : tixj = tjxi ∀ i, j = 0, . . . , r}

= Z(TjXi − TiXj : i, j = 0, . . . , r

).

Quiindi ([t], [x]) ∈M se e solo se (t0, . . . , tr) e x sono linearmente dipendenti,ossia se e solo se esistono λ, µ ∈ K tali che t = (λx, µ); chiaramente, λ, µ non

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3.3. DIMENSIONE E MAPPE REGOLARI 189

possono essere entrambi nulli, pertanto definiscono un punto [λ : µ] ∈ P1.

Consideriamo il morfismo indotto dalla proiezione, π2 : M → Pr. Allora perogni [x] ∈ Pr abbiamo

π−12 ([x]) =

{([λx : µ], [x]

)|[λ : µ] ∈ P1

}.

Quindi, π2 e suriettiva e tutte le fibre sono isomorfe a P1, quindi irriducibilidi dimensione 1. Ne segue che dim(M) = r+1 e che M e irriducibile. D’altra

parte, il morfismo π1 : M → Pr+1 e anch’esso suriettivo, ma soddisfa:

π−11

([(v, λ)

])={([

(v, λ)], [v]

)}se v 6= 0, mentre

π−11

([0 : 1]

)= {[0 : 1]} × Pr

(abbiamo scritto t = (v, λ) ∈ Ar × A1).In particolare, π1 induce un isomorfismo sugli aperti Pr+1 \ {[0 : 1]} e

M \ E, ove E =: {[0 : 1]} × Pr, quindi e un’equivalenza birazionale.

La varieta M cosı definita si dice lo scoppiamento di Pr+1 nell’origine0 ∈ Ar+1

r+1. L’immagine inversa M =: π−11

(Ar+1r+1

)⊆ M e lo scoppiamento di

Ar+1r+1∼= Ar+1 considerato sopra per r = 1.

Esercizio 3.3.2. Lo scoppiamento teste introdotto fornisce un primo esem-pio di risoluzione delle simgolarita di una mappa razionale. Precisamente,sia

f : Ar+1 −− > Pr, t 7→ [t],

una mappa razionale con luogo singolare l’origine. Allora f si ‘solleva’ allamappa regolare f = π2 : M → Pr (precisare e dimostrare).

Esercizio 3.3.3. Sia R ⊆ Ar+1 un chiuso affine irriducibile passante perl’origine e sia R′ = π−1

1 (R). Dimostrare che R′ = E ∪ R, ove R e irriducibile

e birazionale a R. Chiameremo R lo scoppiamento di R in 0.

Esempio 3.3.4. Siano A,B ⊆ Pr chiusi proiettivi irriducibili disgiunti e siaJ(A,B) ⊆ Pr l’unione delle rette proiettive congiungenti qualche punto di Aa qualche punto di B:

J(A,B) =:⋃a∈A

⋃b∈B

`a,b.

Allora J(A,B) ⊆ Pr e un chiuso proiettivo irriducibile.In effetti, si consideri il luogo Z(A,B) ⊆ Pr×Pr×Pr definito come segue:

Z(A,B) =:{

(a, x, b) : a ∈ A, b ∈ B x ∈ `a,b}

={(

[v], [u], [w])∈ Pr × Pr × Pr :

F (v) = 0∀F ∈ Ih(A), G(w) = 0∀G ∈ Ih(B), v ∧ w ∧ u = 0}.

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190 CAPITOLO 3. DIMENSIONE

Essendo il luogo nullo di una collezione di polinomi pluriomogenei, Z(A,B) eun chiuso di Pr×Pr×Pr. Se π2 : Z(A,B)→ Pr e la proiezione sulla secondacomponente, allora chiaramente J(A,B) = π2

(Z(A,B)

), il che dimostra che

J(A,B) e un chiuso proiettivo di Pr; inoltre, J(A,B) e irriducibile se tale eZ(A,B).

Ora la proiezione

π1,3 =: (π1, π3) : Z → Pr × Pr

soddisfa π1,3

(Z(A,B)

)= A×B, quindi induce per restrizione del codominio

un morfismo suriettivo p : Z(A,B)→ A×B. Inoltre, per ogni (a, b) ∈ A×Bsi ha

p−1((a, b)

)= {a} × `a,b × {b} ∼= P1.

Pertanto, le fibre di p sono tutte irriducibili e della stessa dimensione. Datoche A × B e irriducibile, ne discende che tale e Z(A,B) e quindi ancheJ(A,B).

Il chiuso proiettivo J(A,B) si dice la giunzione di A e B.