Gennaio 2014gliante al rinoceronte, come il Me-galodonte, che misurava 17 metri di lunghezza e...

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Gennaio 2014 G&d Gabiano e dintorni Il periodico dal Nost Munfrà Foto Enzo Gino Foto Enzo Gino Foto Enzo Gino Foto Enzo Gino

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Gennaio 2014

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i Il periodico dal Nost Munfrà

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Elezioni: una occasione da non perdere

Affronteremo un tema che ritenia-

mo molto importante: le elezioni

comunali.

Quest’anno infatti si terranno in

molti comuni Italiani le elezioni am-

ministrative che coinvolgeranno

anche gran parte dei comuni del

nostro Monferrato.

E’ una occasione importante nella

quale si andranno ad eleggere con-

sigli e giunte, molte delle quali

vedranno ricandidature di quelle

uscenti e in altri casi, come Gabia-

no, essendo stati esauriti i mandati

amministrativi previsti per il sinda-

co, si proporranno volti nuovi.

Come sanno bene i nostri lettori,

l’iniziativa di G&d è particolarmente

attenta a tutte quelle attività orien-

tate alla valorizzazione del territorio

ed a favorire il recupero e lo svilup-

po di una conoscenza e coscienza

comunitaria fra i compaesani dei

tanti comuni e frazioni sparse sulle

nostre belle colline.

Le elezioni possono quindi diventa-

re una importante occasione per le

liste di cittadini che, nelle diverse

realtà comunali si candideranno ad

amministrare la res pubblica, e do-

vranno quindi redigere programmi

elettorali in cui verranno indicate le

politiche amministrative che, in

caso di elezione, intendono attuare.

In tal senso G&d si ripromette di

dare il proprio contributo di idee e

di proposte che ciascuna lista e

candidato sindaco potranno libera-

mente far proprie.

Ampio spazio verrà anche dato sui

nostri strumenti di comunicazione

(giornale, internet, Tv streaming ed

altro fra cui, forse, anche una edi-

zione speciale di G&d per le elezio-

ni) a tutti coloro che si faranno por-

tavoce delle esigenze del Monferra-

to.

Iniziamo da queste righe a eviden-

ziare alcuni aspetti importanti: qua-

le dovrebbe essere lo spirito di chi

si vorrà candidare, ed anche alcuni

dei criteri, che crediamo importanti

da considerare, da parte degli elet-

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tori. Crediamo che per il rilancio del

nostro territorio sia essenziale la

presenza di una classe di ammini-

stratori locali coscienti, disponibili,

che sappiano cosa vuol dire dedi-

carsi ad iniziative senza scopo di

lucro, come è per l’appunto l’attivi-

tà di amministratore pubblico, at-

tenti alle tradizioni ed aperti all’in-

novazione, che sappiano guardare

anche al di là dei meri confini co-

munali e siano disponibili a formare

un fronte comune con le realtà che

li circondano superando barriere

ideologiche, di partito e di campa-

nile, mettendo al primo posto l’inte-

resse generale della propria gente.

E’ importante avere consapevolezza

che da sole le piccole realtà non

vanno da nessuna parte e rischiano

seriamente di scomparire. Da qui la

necessità di lavorare insieme non

solo a livello istituzionale ma anche

territoriale, fra associazioni di vo-

lontariato, pro-loco, parrocchie,

enti ed anche aziende. Fortunata-

mente sono ancora presenti tante

realtà vive, potenzialmente in gra-

do di sviluppare sinergie e collabo-

razioni che ci auguriamo trovino

occasione per cooperare insieme al

più presto.

Ovviamente occorrono proposte

iniziative, confronti, informazione,

su questi temi. Le idee non manca-

no come abbiamo ampiamente do-

cumentato in questi anni dalle no-

stre pagine; vi sono sindaci, ammi-

nistratori, cittadini che hanno sapu-

to sviluppare iniziative interessanti

e utili al territorio anche se spesso

non adeguatamente valorizzate.

Questo è un altro importante com-

pito che le amministrazioni si do-

vranno assumere al di là dell’impre-

scindibile ordinario e straordinario

quotidiano: ci riferiamo alla gestio-

ne dei contributi, alla sicurezza

pubblica, alla manutenzione delle

strade, tutti compiti diventati oggi

assai più complessi del passato.

Vi sono molte persone che, in asso-

luta buona fede, non hanno ben

presente cosa si “va a fare” in co-

mune: alcuni pensano che sia il

luogo dove curare i propri interessi,

altri credono di poter accedere a

strumenti in grado di rivoluzionare

la vita o i destini della collettività

che si amministrano. Né l’una né

l’altra cosa.

La burocrazia (e chi scrive da

trent’anni la vive dall’interno) costi-

tuisce e costituirà ancora per molto

tempo un potente ostacolo per

fare “rivoluzioni” dall’interno dei

Palazzi, un ostacolo con cui tutti gli

amministratori continueranno a

fare, volenti o nolenti, i conti, ciò

non significa che nulla i possa fare,

anzi… Diventa sempre più necessa-

rio l’impegno dei cittadini, dei vo-

lontari come è stato nei secoli pas-

sati. Se ci andiamo leggere gli Sta-

tuti del Comune di Gabiano vedia-

mo come sin dal 1400 il Libero

comune si assumeva oneri ben più

gravosi di quelli che oggi sarebbe

utile e necessario e lo faceva coin-

volgendo la gente dei propri borghi

e cascine. E’ necessario ristabilire

una rinnovata intesa fra le istituzio-

ni locali ed i paesani ed anche fra

le istituzioni stesse. Il municipio

non può essere solo un centro di

raccolta delle tasse locali, stretto

fra i compiti di istituto imposti dagli

enti superiori e i fabbisogni insod-

disfatti dei suoi abitanti che vedo-

no perdere servizi essenziali con

un territorio sempre più abbando-

nato a sé stesso per carenza di

fondi o sperperi di risorse pubbli-

che.

Le realtà rurali collinari, come ogni

territorio hanno punti di forza e di

debolezza che devono essere sfrut-

tati e corretti e gli enti locali a loro

più vicini: i comuni, insieme, de-

vono esser in grado di costruire

proposte e soprattutto farle diven-

tare realtà attraverso leggi e politi-

che incisive. Per vincere le buro-

crazie, abito sotto cui spesso si

celano gli interessi dei forti, oltre

alla forza dei numeri e del consen-

so occorre anche la conoscenza di

leggi, interpretazioni, oltre a buoni

rapporti con chi quelle leggi spesso

ha scritto ed è chiamato ad appli-

care, i funzionari e dirigenti delle

istituzioni pubbliche sovraordinate.

Se come pare il processo di sop-

pressione delle Province procede,

gli assessorati della Regione Pie-

monte sono destinati a diventare i

principali interlocutori dei comuni.

Per costruire tutto questo è neces-

Gabiano e dintorni

Autorizzazione n° 5304 del 3-9-99 del Tribunale di Torino; Direttore Responsabile Enzo GINO - Sede: via S. Carpoforo 97 - Fraz. Cantavenna 15020 Gabiano - Stampato presso A4 di Chivasso (TO) - Associazio-ne Piemonte Futuro: P. Iva 02321660066; Distribuzione gratuita; Per informazioni e pubblicità; cell. 335-7782879; e-mail: [email protected] www.gabianoedintorni.net www.collinedelmonferrato.eu

sario quindi fare sistema, essere

pragmatici, collaborativi, consolida-

re rapporti orizzontali (fra comuni)

per influire su quelli verticali (con

istituzioni sovraordinate), essere

liberi da vincoli e interessi superare

pregiudizi che finiscono inevitabil-

mente per dividere e condizionare

le già limitate possibilità di ottenere

risultati concreti. Per questo è ne-

cessaria la trasparenza che si tra-

duce in una parola: comunicare

che significa informare, far sapere

perché si fanno certe scelte anzi-

ché certe altre, spiegando perché

quelle fatte sono le più utili alla

comunità. Su questo G&d potrà

diventare lo strumento ideale.

E’ necessario, come qualcuno tanti

anni fa scriveva, il pessimismo del-

la regione e l’ottimismo della vo-

lontà, è necessaria la fede che

smuove le montagne, è necessario

sentire che non siamo soli, che

tanti altri, come ciascuno di noi,

vogliono e pretendono di continua-

re a vivere bene fra le nostre ma-

gnifiche colline, come hanno fatto

generazioni prima di noi e come

vogliono continuare a fare anche

per il futuro, aperti a tutti coloro

che vorranno venire solo a visitarci

per un vacanza o meglio ancora a

risiedere con noi nel Monferrato,

una terra che nonostante gli errori

commessi continua a darci tanto:

basta guardarci intorno.

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I ragazzi in età scolare certamente

rappresentano e guardano al futu-

ro, anche se questo tempo di pro-

fonda crisi economica, di riferimenti

e di valori, non li aiuta ad avere

una visione ottimistica. Fra questi,

Elia De Duonni, un bambino di 9

anni che vive con i genitori e il fra-

tello Alessio di 22 in frazione Pian-

cerreto di Cerrina, è una lodevole

eccezione. Come tutti i suoi coeta-

nei ama giocare e trascorrere il

tempo libero con gli amici, pratica

sport, come portiere nella squadra

di calcio Junior

asd di Ponte-

stura, ma si

distingue per

una grande

passione che

proviene dal

passato, un

passato più che

remoto, che

viene addirittu-

ra dal Giurassi-

co: i dinosauri.

Questa precoce

e insolita pas-

sione è nata già

intorno ai 3 anni quando, non sa-

pendo ancora leggere, Elia ascolta-

va affascinato le letture dei suoi

genitori, memorizzando di qualun-

que animale peso, lunghezza, ca-

ratteristiche e classificazione, poi il

suo interesse si è focalizzato sui

grandi rettili della Preistoria. A 4

anni aveva già imparato a leggere,

rendendosi “autonomo” nelle ricer-

che. La sua conoscenza dei dino-

sauri non è affatto marginale, ma

sorprendentemente approfondita e

ricca di nozioni precise.

Ne possiede circa 400 modelli, di

cui un centinaio di tale pregio da

essere considerati da collezione.

Con le uscite delle dispense di una

rivista ha costruito, aiutato dal fra-

tello, un modello in scala di Tyran-

nosaurus rex lungo 1,65 metri. “Se

dovessi dargli un nome lo chiame-

rei Aggressore, perchè i T-Rex era-

no i predatori perfetti”. Elia descri-

Una passione lunga... 160 milioni di anni

ve con precisione particolari scien-

tifici e caratteristiche di alcuni dino-

sauri da lui preferiti.

“L’Albertosaurus aveva una partico-

lare colorazione e sfumatura della

pelle, il Gallimimus era il più velo-

ce, con la stazza di ben 6 metri

raggiungeva comunque i 100 km

orari. Del Deinocheirus non si sono

mai trovati i resti completi, ma solo

delle zampe anteriori che misura-

vano 2,40 metri”. Ricorda anche le

molte affinità di alcuni dinosauri

con animali odierni: “Il Brontothe-

rium era un antenato molto somi-

gliante al rinoceronte, come il Me-

galodonte, che misurava 17 metri

di lunghezza e arrivava a pesare 25

tonnellate, lo era dello squalo bale-

na. Gli erbivori erano molto più

numerosi dei carnivori, almeno il

doppio, e vivevano molti più ani-

mali terrestri che acquatici”. Elia

parla con entusiasmo di questo

argomento e volentieri offre spie-

gazioni a chiunque interessato, con

maestria e piglio da navigato divul-

gatore. I compagni di “Estate ra-

gazzi” di Mombello, dove frequenta

la quarta elementare, sono stati

attenti ed interessati ospiti di una

“conferenza” tenuta a casa sua,

nella quale Elia ha anche spiegato

quanto i dinosauri sono vissuti e

come si sono estinti, come si riesce

a ricavare dai resti ritrovati le di-

mensioni reali e l’età dell’esempla-

re, che il T-Rex femmina era più

grande del maschio e aveva una

sorta di cresta che serviva a ripara-

re il cranio dal sole, che l’uovo di

dinosauro più grande aveva le di-

mensioni di un pallone da calcio ed

apparteneva al Diplodonte. E’ su-

perfluo domandare ad Elia cosa

vorrebbe fare da grande: “Sono

indeciso tra l’archeologo e il pa-

leontologo”.

Il suo sogno? “Visitare il museo di

storia naturale di Londra, dove so-

no esposti i più importanti ritrova-

menti dei resti degli animali che

furono gli antichi Padroni della Ter-

ra per oltre 160 milioni di anni”.

Elia De Duonni con il suo T-Rex

di Giuliana Scagliotti

9 anni: “Sono indeciso tra l’archeologo e il paleontologo”

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Giornata Mondiale del malato

L'11 febbraio la chiesa cattoli-

ca celebra la XXII Giornata

mondiale del Malato. Un mo-

mento importante, che serve

a sensibilizzare le persone su

di un fenomeno, quello della

malattia, che l'universo socia-

le contemporaneo tende a

nascondere, occultare, porre

tra quegli eventi che è bene

far finta di dimenticare. Per il

malato (e per i suoi familiari)

tutto ciò ha ripercussioni gra-

vi, in primo luogo il sentirsi

espulso dal contesto sociale,

dimenticato, marginalizzato.

La malattia invece, e il dolore

che essa porta con sé, sono

parte dell'esistenza umana,

parte integrante; celebrare

quelle persone che soffrono

per la malattia significa resti-

tuire a loro e a noi stessi il

senso del nostro essere al

mondo, nel bene come nel

male, e fondare un sostegno di

solidarietà.

I consigli pastorali, il comune

di Camino i circoli e le associa-

zioni del territorio, trasversal-

mente, sostengono l'iniziativa

di don Claudy's: domenica 9

febbraio, dalle ore 16 presso il

capannone polifunzionale del

comune a Camino, una festa

per i nostri malati vedrà la

benedizione del parroco, l'in-

canto delle torte, giochi, ani-

mazione e un apericena. Il

ricavato andrà a beneficio del-

le opere di manutenzione dei

nostri edifici sacri.

Il Picchio

Il Picchio (http://ilpicchiocamino.it) ci ha inviato questa la mail sulla giornata mondiale del malato che volentieri pubblichia-mo. Approfittiamo anche per iniziare a scrive-re delle diverse associazioni di volontariato che operano nel Nost Munfrà partendo pro-prio da Il Picchio.

Viviamo nel comune di Camino, una costella-

zione di frazioni e cantoni abbarbicata sulle

prime colline del basso Monferrato a guarda-

re dall’alto il Po e la pianura del riso piemon-

tese.

Alla fine del 2008 alcuni amici che volevano

cominciare a fare qualcosa per il luogo dove

vivevano, creato un gruppo di persone, si è

messo a pubblicare Il Picchio, un piccolo gior-

nale locale che oggi, tra alti e bassi, ancora

continua la sua avventura.

Al di là dello scrivere e della comunicazione,

si è poi via via presentata l’esigenza di dare

vita a una struttura più organizzata, in grado

di essere attiva anche praticamente, tramite

l’organizzazione di eventi, il coinvolgimento di

attori territoriali e, non ultimo, la possibilità di

offrire un supporto economico a un’attività

che vive di solo volontariato.

Il nostro territorio è stato per lungo tempo

marginalizzato, ha vissuto decenni di spopo-

lamento e di perdita di patrimonio umano e

culturale. Ancora oggi questa minuta porzio-

ne di Monferrato affacciata sul Po, selvatica e

aspra, dove le boscaglie sono quel che rima-

ne di vigne e coltivi abbandonati, resta ap-

partata rispetto alle aree limitrofe, che hanno

saputo valorizzare le proprie risorse e farne

un motore sociale ed economico.

La nostra associazione, preso atto di questa

situazione, vuole offrire un contributo alla

preservazione del patrimonio locale, fatto di

eventi, persone, beni materiali che sono testi-

moni di un passato la cui memoria quotidiana

è sempre più affievolita. Ma vuole anche par-

tecipare alla costruzione di una rinnovata

coscienza di appartenenza e di attenzione nei

confronti di ciò che ci circonda, nella convin-

zione che solo la cura verso il proprio orizzon-

te di vita e d’azione possa generare una so-

cietà migliore.

La nostra sede è nel comune di Camino

(15020, AL), fraz. Brusaschetto, via Vittorio

Emanuele 37.

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Ristorante Italia di Cerrina Valle

Su questa edizione di G&d tornere-

mo a parlarvi di un ristorante, ma

questa volta, oltre alle solite valuta-

zioni, sul menù e le portate, dare-

mo anche spazio ad altri aspetti

che fanno del ristorante Italia un

esercizio un po’ particolare. Ci rife-

riamo alla gestione di quegli aspet-

ti, come la Green economy o la

valorizzazione del territorio, che di

solito i titolari dei locali di ristoro,

sempre concentrati solo a fornire

buone pietanze, non considerano.

Cominciamo come sempre dal cibo

Noi abbiamo pranzato al ristorante

Italia domenica 8 dicembre u.s.

quando nella non lontana Moncal-

vo, si celebrava come ogni anno la

festa del bue grasso, una manife-

stazione che richiama un tipico

piatto monferrino: il bollito misto.

Già in passato abbiamo scritto su

queste pagine di questo gustosa

portata, non ci ripeteremo, se non

per dire che qui ne abbiamo gusta-

to uno che è certamente fra i mi-

gliori, non solo fra quelli della no-

stra zona, ma anche rispetto a

quelli del cuneese famosi per le

loro carni, ci vengono in mente il

Bue Grasso o L’Osteria de Borgo,

di Carrù altra sede di manifestazio-

ni analoghe a quelle della vicina

Moncalvo. Un elemento da non

sottovalutare quando si serve il

bollito è: come lo si serve. Il fatto

di proporlo sugli appositi carrelli

che lo mantengono caldo e fuman-

te e di tagliarlo di fronte al cliente

che può scegliere se lo vuole più o

meno grasso, servirlo poi appena

uscito dalla pentola, non è solo

questione di forma ma anche di

sostanza. Cotte e mangiate, noto-

riamente sono la risposta ideale per

questa come per tante altre porta-

te. Meglio ancora se poi il bollito è

accompagnata da un po’ di teneris-

sima testina e soprattutto dal più

classico e tipico bagnet verde. Mol-

te persone amano pranzare o cena-

re facendosi servire un solo piatto

di portata, siano essi agnolotti, ma-

gari con diversi condimenti o solo

fritto misto o solo bollito e nient’al-

tro. Crediamo sia il modo migliore

per apprezzare una ricetta, la si

può gustare nelle sue varianti, sen-

za farla competere con altri gusti

che inevitabilmente condizionano il

palato e strafocano lo stomaco spe-

cie se, come gli “anti-pasti” (mai

nome è stato più azzeccato), sono

preparati da quel grandissimo cuo-

co che si chiama fame e rende tut-

to particolarmente appetitoso. Per

gli amanti del genere una abbuffa-

ta di bollito con tutte le sue carni e

salsine al ristorante Italia è possibi-

le ed anche consigliata. Ma ovvia-

mente non c’era solo bollito quan-

do abbiamo pranzato. Il repertorio

tipico monferrino era al completo e

preparato a puntino, secondo i ca-

noni affinati da una esperienza fa-

migliare consolidata in tanti anni di

attività. Vediamolo un po’: salumi

di Cantavenna direttamente dalla

salumeria Colombano che dopo

tanti anni di allevamento e macella-

zione di maiali sta diventando sem-

pre più nota in questo settore, Co-

techino fumante con purè sempre

dello stesso fornitore, Tortino con

Cardi e fonduta seguito da un altro

Tortino ma questa volta a base di

Topinambur, classici abbinamenti a

base di verdure stagionali con gli

ottimi formaggi locali, Frittatina di

porri e verdure e per finire con gli

antipasti caldi, i più classici e per-

fetti peperoni in bagna cauda: sodi,

spessi, conservati in agrodolce,

conditi con una bagna cauda tradi-

zionale.

A seguire carne cruda, vitello ton-

nato e una originale e gustosa

insalata di faraona con le mele.

Inutile evidenziare, oltre alla quali-

tà delle materie prime, l’ottima pre-

Dove la a tradizione e il territorio incontrano la Green economy

Venerdì 14 febbraio Cena degli innamorati con menù alla carta, omaggio floreale alle coppie preno-tate, buon San Valentino…

———— Venerdì 31 gennaio

Cena della Trippa alla vec-chia maniera

Via Nazionale 78

15020 Cerrina Valle (AL)

Tel. +39 0142 94113

www.ristoranteitalia.it

email: [email protected]

Chiuso mercoledì; domenica sera

aperto su prenotazione

Rosso Maurizio: titolare

[email protected]

Rosso Gian Mario: Chef

[email protected]

Giorcelli Alessia: sommelier

[email protected]

Da sinistra: Alessia, Gian Ma-rio, Ortensio, Franca, (Paola compagna di Maurizio ma che non lavora al ristorante) e Maurizio

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Sua Maestà il bollito del ristorante Italia

parazione da parte dello chef che,

viste le radici Monferrine unite alla

lunga esperienza di ristoratore, non

poteva che prepararle al meglio.

Siamo passati poi ai primi, abbiamo

optato per i tagliolini fatti in casa

con burro fuso e trifole bianche

(trovate dall’Ortensio) distribuite a

pioggia in foglie sottili. Grazie alla

collaborazione degli altri commen-

sali abbiamo anche assaggiato gli

agnolotti al sugo d’arrosto: inecce-

pibili, ma erano disponibili anche in

brodo e visto il gran bollito prepa-

rato dovevano essere davvero ec-

cezionali. A seguire il bollito prepa-

rato con un bel pezzo di Punta di

petto da molti considerata la parte

ideale per il bollito. E’ costituita dal

muscolo pettorale superficiale

(quello profondo fornisce il fiocco).

Su questo portata abbiamo già ab-

bondantemente scritto, ma tornia-

mo a sottolineare la sua prepara-

zione eccezionale al ristorante Ita-

lia. Infine i dolci: un tris con il clas-

sico Bunet, una eccezionale Torta

di Castagne, una fetta della più

tradizionale Torta di Nocciole ed

infine, giusto per placare i più golo-

si un denso, caldo, zabaione con

Moscato d’Asti. Il vino che ha ac-

compagnato le prelibatezze è stato

un buon Grignolino doc locale (di

Massa da Mombello) del 2011. In 4

persone abbiamo pagato 157 €,

vini compreso e trifola a parte 30 €.

Merita ora spendere qualche parola

sulla storia di questo ristorante tipi-

camente a conduzione famigliare.

Aperto nel 1969 da Franca ed Or-

tensio, sposi novelli, entrambi origi-

nari di Murisengo, lui agricoltore ed

allevatore insieme ai numerosi fra-

telli, lei aiuto cuoca nel ristorante

della cognata Lucia, decidono insie-

me di intraprendere la strada della

ristorazione. Di ritorno dal viaggio

di nozze rilevano il bar-trattoria

"Italia" a Cerrina Monferrato, nes-

sun corso di cucina, nessuna scuola

alberghiera, solamente tanta voglia

di lavorare e tanto spirito di sacrifi-

cio. I primi anni non sono stati pu-

ramente dedicati alla ristorazione la

trattoria era un punto di ritrovo e

svolgeva un vero e proprio ruolo

all'interno della comunità dove i bar

e le trattorie erano dei veri punti di

ritrovo nei paesi dove chiacchierare

e fare una partita alle carte, a bi-

liardo o per guardare semplicemen-

te la televisione, che non tutte le

famiglie allora, avevano la fortuna

di possedere. Così per decenni il

ruolo di ristorante è stato margina-

le: il bar era grandissimo e sempre

pieno di personaggi pittoreschi che

giocavano alle carte bevendo im-

probabili liquori, fumando sigarette

senza filtro e litigando animata-

mente tra loro, mentre la sala da

pranzo era più piccola e meno fre-

quentata.

Nel tentativo di vendere qualche

amaro e qualche caffè in più si fa-

cevano le ore piccole, la chiusura

serale del locale spettava sempre

ad Ortensio, mentre la moglie dopo

i lavori in cucina saliva ai piani su-

periori nel tentativo di mettere a

letto i giovani figli, impresa tutt'al-

tro che facile visto che gli avventori

erano chiassosissimi e litigavano

regolarmente tra loro giocando a

carte, urla e schiamazzi non cessa-

vano fino a tarda notte. Nel corso

dei decenni l’esperienza di mamma

Franca in cucina cresceva ed il

locale iniziava lentamente ad affer-

marsi nella zona come ristorante

vero e proprio, sempre più clienti

venivano, anche da lontano, per

gustare i suoi bolliti, i fritti misti e

gli agnolotti. Così nel 1991 i coniugi

Rosso, attraverso importanti modi-

fiche strutturali, diedero al ristoran-

te uno spazio centrale, mentre al

bar veniva dedicata un'area più

marginale: addio biliardi ed addio ai

giocatori di carte. Oggi, così come

accadeva più di quarant'anni fa,

Franca è il cuore pulsante della

cucina insieme al figlio più giovane

Gian Mario, Ortensio è un felice

pensionato campagnolo dedito

all'orto ed ai tartufi, Maurizio, il

primogenito, si dedica all'ammini-

strazione del locale mentre Alessia,

moglie di Gian Mario, si occupa

della sala da pranzo ed ovviamente

della cantina, in qualità di somme-

lier. Ma i gestori hanno introdotto

anche altre novità nella conduzione

dell’esercizio, novità importanti e

originali he meritano di essere valo-

rizzate e proposte come buone pra-

tiche da diffondere. Ambiente e

territorio sono due aspetti comple-

mentari, valorizzare o danneggiare

l’uno vuol dire valorizzare o dan-

neggiare l’altro, per questo credia-

mo che la Green Economy, econo-

mia attenta all’ambiente, possa

dare un grande contributo al nostro

Monferrato. Oltre ai pannelli solari

sul tetto del ristorante Italia, si cer-

ca di ottimizzare al massimo i viag-

gi in automobile con i fornitori, ac-

quistando il maggior quantitativo

possibile di prodotti per ogni tra-

sporto. Si utilizza il forno quasi

sempre a pieno carico, cucinando

contemporaneamente tutti quegli

alimenti che presentano simili mo-

dalità di cottura. Si utilizza solo

frutta e verdura di stagione prove-

niente da aziende locali e sulla car-

ta dei vini ci sono soltanto produt-

tori locali o piemontesi, nessuna

delle bottiglie presenti nella nostra

cantina attraversa l'Italia su un

camion. Dove possibile sono state

installate lampadine a led o a bas-

so consumo ed i rifiuti vengono

accuratamente separati durante le

lavorazioni e destinati a raccolta

differenziata cercando quando

possibile di ridurre gli imballaggi

acquistando i prodotti in grandi

confezioni. In cucina si utilizzano

piastre ad induzione che riducono

la dispersione di calore ed è stato

installato un depuratore per l’acqua

da bere: buona acqua e soprattutto

riduzione dei volumi di rifiuti anche

se riciclabili.

Al ristorante Italia anche una sem-

plice, essenziale, funzione vitale

come mangiare, assume una veste

ecologica realizzando la perfetta

sintesi fra tradizione, ambiente e

territorio: più unico che raro!.

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Errata Corrige Di solito non fa piacere essere corretti quando si commettono degli

errori, ma, visto che sbagliare è umano, anche quando si fa del

proprio meglio per esser precisi, non può che esser di conforto

scoprire che qualcuno ci legge con attenzione e quindi interesse e

ci segnala sviste ed errori. Se poi a farlo è Roberto Maestri del cir-

colo Culturale I marchesi del Monferrato, indiscussa autorità sulla

storia delle nostre colline, che fra l’altro ha pubblicato due volumi e

numerosi articoli proprio su Bonifacio I del Monferrato non ci rima-

ne che ringraziare provvedere alle dovute correzioni. Le segnalazio-

ni riguardano l’articolo comparso sullo numero di dicembre 2013 di

G&d relativo all’articolo della conquista proprio da parte di Bonifacio

I del Monferrato, della Grecia. Due sono gli errori segnalati e ri-

guardano la didascalia alla fotografia riportata a pagina 6 (e ripresa

qui a fianco). Il dipinto raffigurato non è l’Incoronazione di Costan-

tinopoli come erroneamente riportato ma bensì l’Incoronazione

di Bonifacio a capo della quarta Crociata. Evento tenutosi a

Soissons nel 1201. Il dipinto di Henri Decaisne degli inizi

del 1840 si trova in una delle Sale delle Crociate a Versail-

les. L’altro errore, più grave, riguarda la descrizione della balzana

del Monferrato, sempre nel dipinto, descritta erroneamente a

bande orizzontali rossa e bianca, in verità è rossa e argento. Oltre

che per la segnalazione ringraziamo il dott. Maestri anche per l’ap-

prezzamento espresso: “Il tutto non inficia assolutamente la bontà

del Vostro lavoro e l’attenzione che riservate al territorio”. Natural-

mente le nostre pagine sono a disposizione del dott. Maestri qualo-

ra volesse scrivere del nostro Monferrato, e non solo.

Domenica 22 dicembre u.s. si è

tenuto alla Piagera di Gabiano il

mercatino di Natale.

Lo scorso

anno è stato organizzato a

Varengo, e il prossimo anno lo pro-

porremo in un’altra delle frazioni

Gabianesi, magari a Cantavenna.

Pur essendo stato organizzato con

relativa fretta, in appena 10 giorni,

ha riscosso un notevole successo:

una quindicina le bancarelle pre-

senti che, ci dicono, hanno fatto

anche buoni affari, grazie alla con-

comitanza con il consueto e ormai

tradizionale mercato ortofrutticolo

che si tiene nel padiglione coperto

della Piagera e che attira molti gen-

te dai dintorni. Buon successo an-

che per la Mostra dei bellissimi pae-

saggi Monferrini fotografati da Pier-

giuseppe Bollo e quella sul Tambu-

rello, per

l ’ o c c a -

s i o n e

esposte

sempre

n e l

mer ca-

t o . Un do-

veroso ringraziamento da parte di

G&d a coloro che hanno collaborato

alla riuscita dell’iniziativa: dal co-

mune di Gabiano che ha patrocina-

to l’evento, al sindaco di Ponzano

che, come Unione Collinare ha for-

nito i gazebo, a Marinella di Varen-

go con tutta la famiglia a Mono

Carrasco e Piergiuseppe Bollo che

Il mercatino di Gabiano

ci hanno aiutato a trasportare,

montare e smontare mostre e ga-

zebo (questi ultimi con una certa

difficoltà visto che dopo tanti anni

di servizio sono un po’ malridotti).

Un ringraziamento che vale il dop-

pio visto che diversamente da una

consolidata tradizione che vede

impegnati in queste iniziative solo

volontari che abitano nelle propria

frazione, questi amici, pur residenti

in altre frazioni, (il fotografo Pier

Giuseppe è originario di Cerrina e

residente a Casale) hanno saputo

andare al di là dei limitati confini di

campanile, collaborando anche ad

iniziative che non si tenevano da-

vanti all’uscio di casa. Un ringrazia-

mento anche a tutti gli standisti

che hanno partecipato alla iniziati-

va ed ai visitatori che in alcuni mo-

menti hanno affollato le bancarelle,

specie quella della AIB di Cerrina

che offriva buon Vin Brulè a tutti.

La mostra sul tamburello

Page 9: Gennaio 2014gliante al rinoceronte, come il Me-galodonte, che misurava 17 metri di lunghezza e arrivava a pesare 25 tonnellate, lo era dello squalo bale-na. Gli erbivori erano molto

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gare, sapevano quando era il mo-

mento giusto del raccolto.

Se andava a fuoco una casa sape-

vano cosa fare, anche perché i

pompieri esistevano solo nelle città,

e certamente sapevano che era un

dovere aiutarsi fra vicini, perché

sapevano anche che tutti potevano

aver bisogni degli altri.

Sapevano, sapevano, sapevano

eppure tanti di loro, non sapevano

né leggere, né scrivere… erano

ignoranti?

Certo che no! Anzi crediamo che

quello che essi possedevano fosse

il “vero” sapere la “vera” cultura;

esiste quindi una cultura “finta” o

“falsa” ? e quale sarebbe la diffe-

renza?

I nostri antenati imparavano a co-

noscere, e soprattutto a fare in

prima persona, gran parte delle

cose che a loro servivano per vive-

re e migliorare la loro vita, quella

dei famigliari e della comunità, era

un sapere dettato dalla necessità

non dalla moda o dal caso. In un

certo senso era un sapere che li

aiutava a vivere meglio il quotidia-

no. Pare che oggi invece il nostro

fare sia delegato ad istituzioni,

pubbliche o private, specifiche, a

professionisti specializzati e non sia

più consentito a nessuno far da sé.

La nostra vita, il nostro benessere

dipende sempre più da… burocra-

zie o da merci prodotte da altri.

La recente crisi economica interna-

zionale che stiamo ancora vivendo

è un bell’esempio di come, al di là,

e nonostante il nostro lavoro, impe-

gno, parsimonia,

attenzione di

sempre, ci si

trovi in difficoltà

per decisioni e

scelte prese al-

trove, spesso

nemmeno in

Italia. Una so-

cietà che, un po’

per convenienza

e un po’ per

inganno, da an-

ni ha subito una

sorta di invisibile espropriazione

della capacità di fare, nelle grandi

cose come nelle piccole. Tutto que-

ste riflessioni per introdurre alcuni

articoli che scriveremo sul nostro

mensile sui saperi cari ai nostri vec-

chi ma oggi dimenticati o quasi.

La Cognà Cominciamo dalla cucina. Quanti

sanno preparare la Cugnà o Co-

gnà?. Molti non sanno nemmeno

cos’è. Era una salsina a base di

mosto di vino che qualcuno chiama

anche mostarda, da accompagnare

alle carni.

Ne esistono tante ricette, noi ve ne

raccontiamo una che, crediamo, più

di altre appartenga di diritto alla

nostra tradizione.

Partiamo da tre litri di mosto d’uva:

lo si fa bollire schiumandolo quan-

do è necessario, si aggiungono 150

gr. di vino, 100 gr. di zucchero un

pizzico di sale e chiodi di garofano,

cannella, noce moscata, secondo i

gusti ma precedentemente ben

polverizzate in un mortaio.

Si continua a bollire sinché il quan-

titativo si dimezza causa evapora-

zione. Fatto!. Se poi la Cognà viene

utilizzata come base per l’aggiunta

di frutta da cuocere insieme a pez-

zettoni o anche intera come pere

Cotogne, Martin sec, fichi, nocciole,

noci, ecc. allora crediamo sia più

corretto parlare di mostarda che è

ancora altra cosa dalla Cognà.

Il marcatemp Un esempio di genialità contadina è

data dal… barometro igroscopico o

meglio Marcatemp, che in passato

veniva realizzato dai nostri avi par-

ticolarmente interessati a prevede-

re il clima.

Si basava sulla sensibilità di taluni

materiali ai cambiamenti di umidità

atmosferica, la quale a sua volta

era strettamente legata alla pres-

sione atmosferica e, come ci rac-

contano i telegiornali, clima secco/

alta pressione/bel tempo; umidità/

bassa pressione/pioggia e maltem-

po. Da sempre, chi viveva a stretto

Ignorante a chi?

Viviamo in un universo di informa-

zioni e di sapere come mai è avve-

nuto nella storia dell’umanità: gior-

nali, libri, Tv, internet, Dvd, scuo-

le, corsi di formazione… Potremmo

affermare che un giovane di buona

volontà, oggi può disporre di più

conoscenza di tanti vecchi di un

tempo messi insieme.

Quindi siamo salvi dall’ignoranza?

Manco per sogno. Pare che anche

la cultura, la tanto osannata cultura

sia divenuta un genere di consumo,

o se preferite di commercio, come

le saponette o i telefonini.

Pochi infatti operano distinzioni

nella qualità della cosiddetta cultu-

ra, basta sapere, non importa cosa,

perché possedere un buon sapere

è sempre “cosa buona e giusta e

fonte di salvezza” a prescindere.

Poi ci capita di sfogliare qualche

vecchio libro dei nostri nonni, ci

capita di ricordare certe abitudini,

certe cose che essi sapevano fare

e ci sorge qualche dubbio.

Un tempo, qualche generazione

addietro, specialmente chi viveva

nelle campagne sapeva fare un

sacco di cose: i nostri avi si costrui-

vano da soli le case, scavando e

segando il tufo per fare i cantun,

poi aravano, seminavano, spesso

con semi selezionati e preparati da

loro stessi prelevandoli dai raccolti

dell’anno precedente. E se la vacca

si ammalava avevano qualche ri-

medio, sapevano quando era ora di

prendere il letame da spargere nei

campi e se ci si feriva sapevano

farsi una fasciatura, sapevano irri-

Continua in ultima pagina

Marcatemp

Page 10: Gennaio 2014gliante al rinoceronte, come il Me-galodonte, che misurava 17 metri di lunghezza e arrivava a pesare 25 tonnellate, lo era dello squalo bale-na. Gli erbivori erano molto

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artisti della sua città, dove apre

una galleria d’arte in cui espongono

fra gli altri Giacometti, Bacon e Bal-

thus.

Osteggiato dai genitori che non ne

volevano sapere della sua passione

per l’arte, alla loro scomparsa, con i

fratelli decide di vendere l’azienda

di famiglia grazie alla quale potrà

permettersi una vita agiata viag-

giando per il mondo e conoscendo i

più grandi artisti del secolo scorso:

Jean Genet, Max Ernst, Leonor Fini,

John Houston, Eugene Jonesco,

Wharol, Becker e il regista Fellini.

Non si contano le mostre nel mon-

do a cui ha partecipato.

Il suo stile certamente originale, è

stato influenzato dalle esperienze

della sua vita: la non comunicazio-

ne con il padre “che non mi ha mai

voluto perché sentiva che ero un

bambino diverso” , né con il fratello

“mentre io leggevo lui sollevava

pesi”, le ricerche condotte sul cor-

po umano svolte anche frequentan-

do il Cottolengo di Torino, un volu-

to isolamento che, come lui stesso

racconta nelle sue interviste, “è

stata la mia formazione” così come

la libertà espressiva di chi non do-

veva soggiacere alle esigenze del

mercato per produrre arte commer-

ciale. Infaticabile “lavoratore” dedi-

cava alla pittura tutto il tempo di-

sponibile passando intere giornate

dall’alba al tramonto a creare le sue

opere: “Per quello che riguarda il

mio lavoro credo di aver descritto

migliaia di fogli d’inchiostro, ci sa-

rebbero voluti 800 pittori per pro-

durre ciò che ho prodotto io”. Basta

pensare che Enrico detiene proba-

bilmente il Guinness dei primati in

fatto di dipinti avendo realizzato

un’opera lunga... un chilometro

realizzata con fogli di 4 metri per 2

con l’inchiostro di china a cui ha

dato titolo: Ossessione, rappresen-

tante nudi: i nudi come lui li vede-

va. Ha impiegato un intero anno, il

1992, per realizzarla e non è mai

ancora stata esposta per l’evidente

difficoltà di trovare una location

idonea, è rimasto uno dei sogni

non realizzati di Enrico. Così come

non è mai stato fatto un libro con

le 500 tavole con cui ha illustrato la

notissima raccolta di poesie: Le

Fleur du mal di Baudelaire.

Non è facile definire con i vocaboli

ordinari dell’arte le sue opere, la

definizione che amava di più, era

quella di una critica tedesca che lo

definì come uno dei pochi artisti

che lavora in stato di inconscio ip-

notico, senza progettare.

E non si può che condividere que-

sto giudizio, le sue figure riportano

ad una umanità non terrena, ver-

rebbe da dire exraterrestre nel sen-

so di al di là del terreno, come lo

sono l’inconscio, il sogno o l’incubo.

Figure indefinite, deformate, spes-

so disarticolate, dai lineamenti poco

o per nulla riconoscibili, con occhi

chiusi, espressioni cupe: dormienti,

urlanti, silenziose, spesso con le

bocche aperte, immerse più che

emerse da fondi a tinte forti in cui

spesso il rosso è il colore dominan-

te, seguito dal nero, metafore del

sub-conscio. Sono opere la cui

estetica (dal greco: sensazione)

rappresentano pace, serenità, ar-

monie, silenzi o grida ma sempre

travagliati, sofferenti, doloranti che

non lasciano spazio alla semplice,

banale bellezza esteriore, formale,

canonica, di moda, di superficie. La

bellezza nasconde sempre una sto-

ria di sofferenza che, se ci pensate

bene, passa sempre e inevitabil-

mente attraverso un travaglio, co-

me la farfalla trasformazione del

bruco uscita a fatica dal suo bozzo-

lo, il feto che cresce nel grembo

materno prima del parto finale, il

pulcino che schiude l’uovo. Co-

lombotto Rosso rappresenta, nelle

sue forme, quei momenti evoluzioni

essenziali verso la bellezza compiu-

ta, passaggi di vita sofferta verso il

perfetto. Se volete rilassarvi, di-

menticare, vedere rappresentazioni

idilliache, bucoliche, pastorali, ele-

giache, probabilmente la sua arte

non fa per voi. Ma se cercate ciò

Questo mese abbiamo visitato a

Pontestura la mostra dedicata a

Enrico Colombotto Rosso l’artista,

recentemente scomparso, che da

tantissimi anni aveva eletto le no-

stre colline: quelle di Camino, co-

me sua residenza permanente.

Abbiamo incontrato alcuni suoi ca-

rissimi amici e parenti, la nipote

Barbara, Antonio Attini che oltre a

curare il sito internet di Enrico ha

organizzato l’incontro, Ermanno

Barovero altro artista e insegnante

all’Accademia delle Belle arti di To-

rino; anche lui da anni ha acquista-

to una casa nei nostri paesi, ed

Emanuele Demaria sindaco di Con-

zano oltre alla Sig.ra Bianca di Pon-

testura che cura la mostra ed ac-

compagna i visitatori.

E’ stata l’occasione per raccogliere

informazioni inedite su uno dei più

noti, forse il più noto artista con-

temporaneo vissuto nel nostro

Monferrato, tanto apprezzato che

si sta costituendo una Associazione

degli Amici di Colombotto Rosso

per valorizzare la storia e la vita

dell’artista anche facendo conosce-

re le sue opere raccolte nella sua

“casa-romitorio” di Camino, nella

mostra permanente a Pontestura

ed a Conzano nella splendida corni-

ce di Villa Vidua.

Barbara la nipote ci ha parlato a

lungo dei momenti trascorsi insie-

me a lui, delle sue vicende umane,

artistiche e familiari.

Nato nel 1925, abita a Torino, non

ha mai frequentato scuole d’arte, è

un autodidatta che frequenta gli

Colombotto Rosso

Enrico Colombotto Rosso

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che dentro ciascuno di noi abbia-

mo, consciamente o inconsciamen-

te nascosto, o abbiamo vissuto, nei

suoi quadri lo potete ritrovare.

E’ bello?, è brutto?, non sapremmo

dire, dipende dai gusti; ma è certa-

mente vero, come vera per quel

che riusciamo a intuire è la Verità

che ha una sua intrinseca bellezza,

anche se quasi mai piacevole.

Ed adesso che crediamo di avere

qualche vago sentore della sua

personalità, stupiamoci, perché

Colombotto Rosso è anche uno

spirito idilliaco, bucolico, dolce, ca-

rino, come non appare dalla sua

arte dipinta ma dimostra invece

con la sua collezione di… bambole.

Sì, perché sempre nei locali del

Comune di Pontestura, si può am-

mirare la splendida raccolta di

bambole che l’artista ha colleziona-

to nella sua vita. Un passione che

ci consente di vedere autentici pez-

zi ormai introvabili, come una delle

prime Barbie che venne realizzata

in dimensioni naturali, alta circa 1

metro per poi scoprire che non era

propriamente adatta alle bambine,

o un raro esemplare di Pinocchio...

femmina, o una rappresentazione

in bambola della nota Marilin Monroe. Qua e là poi qualche

quadretto realizzato da Enrico

con le perline per le collane ed i

filati o con tante piccole bam-

boline. E tutto torna a confon-

dersi: la bella e la bestia. Ma

chi è la bestia: è quel corpo

deforme o il volto scomposto

che prima e dopo la vita tutti

noi assumiamo? E la bella chi

è? la Barbie studiate nei centri

di marketing per assecondare

l’immaginario collettivo di ciò

che tanti vorrebbero essere?

Quale personalità contradditto-

ria, quale spirito versatile, qua-

le sensibilità policroma può

amare insieme la perfetta rap-

presentazione iconografica del-

la bellezza di moda, raffigurata

da una bambolina bionda con

gli occhi azzurri e contempora-

neamente raffigurare corpi de-

formi ispirati dal Cottolengo!

L’Associazione Ci racconta Demaria sindaco di Conzano,

comune che gli ha conferito ad Enrico la

cirttadinanza onoraria, che si sta costituen-

do l’Associazione amici di Colombotto Ros-

so che vede fra i promotori oltre al Comune

di Conzano, Antonio Attini, Chicca Morone,

la nipote Brabara Colombotto Rosso e tanti

altri: sono già un centinaio coloro che hanno

aderito alla iniziativa. Scopo dell’associazio-

ne è quello di valorizzare e non disperdere il

cospicuo patrimonio di opere prodotte dal

generoso artista, che solo a Conzano ne ha

donate 102. Con Camino e Pontestura si

potrà così realizzare un percorso culturale

e artistico fra le nostre colline. L’adesione è

aperta a tutti e chi è interessato può contat-

tare il sindaco di Conzano (0142-925132) o

Attini (347-9756902). L’associazione sta

raccogliendo anche lettere, note, bozze,

scritti, fotografie che Colombotto Rosso in-

viava agli amici da rendere disponibili alle

molti persone stanno sviluppando ricerche

su Enrico ma incontrano difficoltà a reperire

il materiale documentario necessario.

Page 12: Gennaio 2014gliante al rinoceronte, come il Me-galodonte, che misurava 17 metri di lunghezza e arrivava a pesare 25 tonnellate, lo era dello squalo bale-na. Gli erbivori erano molto

contatto con la natura, aveva impa-rato a conoscere i comportamenti di questi materiali. Aveva notato che con l’umidità i capelli si arricciano, così come il legno gonfia e si defor-ma, analogamente alle pelli, alle membrane animali o alle unghie e alle... corna. Ci piace immaginare che per arrivare a rendere funzionali quelle invenzioni popolari molti nostri avi avranno fat-to un sacco di tentativi, di prove, dedicando il tempo disponibile nelle uggiose giornate autunnali e inver-nali quando i lavori in campagna si fermavano; il tutto senza attendersi finanziamenti per la ricerca o spera-re negli utili provenienti di qualche brevetto. Il piacere probabilmente veniva loro dalla soddisfazione di raccontare con un po’ di orgoglio agli amici in piola come riuscissero a pre-vedere il tempo meglio di loro. Ma ecco come funzionava il Marca-temp (vedi figura a sinistra a pag 9): il cuore del sistema era una lametta di materiale sensibile all’umidità: come ad esempio legno, chiamata arco o lunetta lungo una sessantina di centimetri (più lungo era più era sensibile), largo 5 millimetri, che veniva fissata ad un estremo analo-gamente ai moderni bimetallo. Bastava aver l’accortezza che essa fosse sottile 1 o 2 millimetri con le fibre longitudinali sulle quali veniva-no incollati con colla animale tante tesserine sempre di legno ma con venatura perpendicolare a quella della lamella di supporto. Il legno, si sa, assorbe l’umidità, le fibre gonfia-

vano e la lamella composita si flette-va. In base a questa flessione si risa-liva all’umidità e quindi alla pressione e quindi al clima. Conoscevano an-che il legno ideale per questi oggetti: l’Abete bianco “morto in piedi” . La versione più primitiva (figura a destra a pag. 9) che sembra fosse nota sino agli uomini delle caverne, prevedeva banalmente un rametto secco scortecciato al posto della la-mina. Un barretta dritta o ricurva portava una scala indicante la defor-mazione e la possibilità di segnalare la posizione della lunetta per poterne vedere anche le piccole variazioni. Ma esistevano un sacco di altre ma-niere per prevedere il tempo. La na-tura, a chi aveva imparato a cono-scerla, raccontava (e racconta anco-ra oggi) un sacco di cose. Ad esempio la Carlina Comune spi-nosa ed il Camaleone hanno fiori che al variare dell’umidità si chiudono. Il Fiorrancio o Calendola pluviale selva-tica ha i fiori che si aprono, costante-mente, dalle sette di mattina alle sedici, se il tempo è secco e quindi bello. In vista di pioggia si chiude prima o non si apre affatto. Ma siamo appena all’inizio: se cam-bia il tempo le mucche al pascolo, tendono a stravaccarsi sui prati ed a leccarsi le zampe anteriori, le mo-sche diventano moleste, le lumache escono dai loro nascondigli, le mar-motte stridono con un certo vigore, e le trote tendono a guizzare fuori dall’acqua per catturare quegli insetti che invece tendono in quelle circo-stanze a volare a pelo d’acqua. Stesso motivo che spinge le rondini a volare radenti al suolo. Se il tempo è al bello invece: gli uc-celli tendono a volare alto nel cielo, i

pipistrelli svolazzano sino a notte inoltra-ta, le rane gracidano in coro, gli imenot-teri: api, bombi, vespe, al mattino sono numerosi. E le ragnatele nei campi? Se hanno fili allenta-ti il tempo è secco, se è umido sono tese e c’è da aspet-tarsi la pioggia. Ma esistevano ancora altri sistemi. Basta infatti del banale sale da cucina sul davanzale. Notoria-mente il Cloruro di sodio è un composto

Fiorrancio o Calendola volgare

Carlina comune spinosa

igroscopico, se c’è dell’umidità nell’a-ria vedrete formarsi una macchia d’acqua condensata dal sale. Se in-vece l’aria è secca, tempo bello, i cristalli resteranno asciutti. E per i più sofisticati c’è anche il sale che cambia colore: il Cloruro di Co-balto. Un po’ di polvere di questo sale incollata su un cartoncino o altro supporto (molti ricorderanno bambo-line ed altri oggettini “pitturati” con questo sale diffuso anche in Piemon-te). Se diventerà rosa allora siamo in presenza di umidità, con clima secco resterà di un bel blu Cobalto... ap-punto. E noi, oggi, senza la “sentenza” di un meteorologo non sappiamo che fare e come vestirci per uscire di casa. Ma non sappiam nemmeno quanto ci toccherà pagar di tasse, in compen-so sappiamo che una certa attrice ha le tette rifatte! Ci siamo persi qualcosa?

Ignorante a chi? da pagina 9

Il ragno ci dice che tempo farà