Gennaio 2014gliante al rinoceronte, come il Me-galodonte, che misurava 17 metri di lunghezza e...
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Gennaio 2014
G&d G
abia
no e
din
torn
i Il periodico dal Nost Munfrà
Foto Enzo GinoFoto Enzo GinoFoto Enzo GinoFoto Enzo Gino
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Elezioni: una occasione da non perdere
Affronteremo un tema che ritenia-
mo molto importante: le elezioni
comunali.
Quest’anno infatti si terranno in
molti comuni Italiani le elezioni am-
ministrative che coinvolgeranno
anche gran parte dei comuni del
nostro Monferrato.
E’ una occasione importante nella
quale si andranno ad eleggere con-
sigli e giunte, molte delle quali
vedranno ricandidature di quelle
uscenti e in altri casi, come Gabia-
no, essendo stati esauriti i mandati
amministrativi previsti per il sinda-
co, si proporranno volti nuovi.
Come sanno bene i nostri lettori,
l’iniziativa di G&d è particolarmente
attenta a tutte quelle attività orien-
tate alla valorizzazione del territorio
ed a favorire il recupero e lo svilup-
po di una conoscenza e coscienza
comunitaria fra i compaesani dei
tanti comuni e frazioni sparse sulle
nostre belle colline.
Le elezioni possono quindi diventa-
re una importante occasione per le
liste di cittadini che, nelle diverse
realtà comunali si candideranno ad
amministrare la res pubblica, e do-
vranno quindi redigere programmi
elettorali in cui verranno indicate le
politiche amministrative che, in
caso di elezione, intendono attuare.
In tal senso G&d si ripromette di
dare il proprio contributo di idee e
di proposte che ciascuna lista e
candidato sindaco potranno libera-
mente far proprie.
Ampio spazio verrà anche dato sui
nostri strumenti di comunicazione
(giornale, internet, Tv streaming ed
altro fra cui, forse, anche una edi-
zione speciale di G&d per le elezio-
ni) a tutti coloro che si faranno por-
tavoce delle esigenze del Monferra-
to.
Iniziamo da queste righe a eviden-
ziare alcuni aspetti importanti: qua-
le dovrebbe essere lo spirito di chi
si vorrà candidare, ed anche alcuni
dei criteri, che crediamo importanti
da considerare, da parte degli elet-
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tori. Crediamo che per il rilancio del
nostro territorio sia essenziale la
presenza di una classe di ammini-
stratori locali coscienti, disponibili,
che sappiano cosa vuol dire dedi-
carsi ad iniziative senza scopo di
lucro, come è per l’appunto l’attivi-
tà di amministratore pubblico, at-
tenti alle tradizioni ed aperti all’in-
novazione, che sappiano guardare
anche al di là dei meri confini co-
munali e siano disponibili a formare
un fronte comune con le realtà che
li circondano superando barriere
ideologiche, di partito e di campa-
nile, mettendo al primo posto l’inte-
resse generale della propria gente.
E’ importante avere consapevolezza
che da sole le piccole realtà non
vanno da nessuna parte e rischiano
seriamente di scomparire. Da qui la
necessità di lavorare insieme non
solo a livello istituzionale ma anche
territoriale, fra associazioni di vo-
lontariato, pro-loco, parrocchie,
enti ed anche aziende. Fortunata-
mente sono ancora presenti tante
realtà vive, potenzialmente in gra-
do di sviluppare sinergie e collabo-
razioni che ci auguriamo trovino
occasione per cooperare insieme al
più presto.
Ovviamente occorrono proposte
iniziative, confronti, informazione,
su questi temi. Le idee non manca-
no come abbiamo ampiamente do-
cumentato in questi anni dalle no-
stre pagine; vi sono sindaci, ammi-
nistratori, cittadini che hanno sapu-
to sviluppare iniziative interessanti
e utili al territorio anche se spesso
non adeguatamente valorizzate.
Questo è un altro importante com-
pito che le amministrazioni si do-
vranno assumere al di là dell’impre-
scindibile ordinario e straordinario
quotidiano: ci riferiamo alla gestio-
ne dei contributi, alla sicurezza
pubblica, alla manutenzione delle
strade, tutti compiti diventati oggi
assai più complessi del passato.
Vi sono molte persone che, in asso-
luta buona fede, non hanno ben
presente cosa si “va a fare” in co-
mune: alcuni pensano che sia il
luogo dove curare i propri interessi,
altri credono di poter accedere a
strumenti in grado di rivoluzionare
la vita o i destini della collettività
che si amministrano. Né l’una né
l’altra cosa.
La burocrazia (e chi scrive da
trent’anni la vive dall’interno) costi-
tuisce e costituirà ancora per molto
tempo un potente ostacolo per
fare “rivoluzioni” dall’interno dei
Palazzi, un ostacolo con cui tutti gli
amministratori continueranno a
fare, volenti o nolenti, i conti, ciò
non significa che nulla i possa fare,
anzi… Diventa sempre più necessa-
rio l’impegno dei cittadini, dei vo-
lontari come è stato nei secoli pas-
sati. Se ci andiamo leggere gli Sta-
tuti del Comune di Gabiano vedia-
mo come sin dal 1400 il Libero
comune si assumeva oneri ben più
gravosi di quelli che oggi sarebbe
utile e necessario e lo faceva coin-
volgendo la gente dei propri borghi
e cascine. E’ necessario ristabilire
una rinnovata intesa fra le istituzio-
ni locali ed i paesani ed anche fra
le istituzioni stesse. Il municipio
non può essere solo un centro di
raccolta delle tasse locali, stretto
fra i compiti di istituto imposti dagli
enti superiori e i fabbisogni insod-
disfatti dei suoi abitanti che vedo-
no perdere servizi essenziali con
un territorio sempre più abbando-
nato a sé stesso per carenza di
fondi o sperperi di risorse pubbli-
che.
Le realtà rurali collinari, come ogni
territorio hanno punti di forza e di
debolezza che devono essere sfrut-
tati e corretti e gli enti locali a loro
più vicini: i comuni, insieme, de-
vono esser in grado di costruire
proposte e soprattutto farle diven-
tare realtà attraverso leggi e politi-
che incisive. Per vincere le buro-
crazie, abito sotto cui spesso si
celano gli interessi dei forti, oltre
alla forza dei numeri e del consen-
so occorre anche la conoscenza di
leggi, interpretazioni, oltre a buoni
rapporti con chi quelle leggi spesso
ha scritto ed è chiamato ad appli-
care, i funzionari e dirigenti delle
istituzioni pubbliche sovraordinate.
Se come pare il processo di sop-
pressione delle Province procede,
gli assessorati della Regione Pie-
monte sono destinati a diventare i
principali interlocutori dei comuni.
Per costruire tutto questo è neces-
Gabiano e dintorni
Autorizzazione n° 5304 del 3-9-99 del Tribunale di Torino; Direttore Responsabile Enzo GINO - Sede: via S. Carpoforo 97 - Fraz. Cantavenna 15020 Gabiano - Stampato presso A4 di Chivasso (TO) - Associazio-ne Piemonte Futuro: P. Iva 02321660066; Distribuzione gratuita; Per informazioni e pubblicità; cell. 335-7782879; e-mail: [email protected] www.gabianoedintorni.net www.collinedelmonferrato.eu
sario quindi fare sistema, essere
pragmatici, collaborativi, consolida-
re rapporti orizzontali (fra comuni)
per influire su quelli verticali (con
istituzioni sovraordinate), essere
liberi da vincoli e interessi superare
pregiudizi che finiscono inevitabil-
mente per dividere e condizionare
le già limitate possibilità di ottenere
risultati concreti. Per questo è ne-
cessaria la trasparenza che si tra-
duce in una parola: comunicare
che significa informare, far sapere
perché si fanno certe scelte anzi-
ché certe altre, spiegando perché
quelle fatte sono le più utili alla
comunità. Su questo G&d potrà
diventare lo strumento ideale.
E’ necessario, come qualcuno tanti
anni fa scriveva, il pessimismo del-
la regione e l’ottimismo della vo-
lontà, è necessaria la fede che
smuove le montagne, è necessario
sentire che non siamo soli, che
tanti altri, come ciascuno di noi,
vogliono e pretendono di continua-
re a vivere bene fra le nostre ma-
gnifiche colline, come hanno fatto
generazioni prima di noi e come
vogliono continuare a fare anche
per il futuro, aperti a tutti coloro
che vorranno venire solo a visitarci
per un vacanza o meglio ancora a
risiedere con noi nel Monferrato,
una terra che nonostante gli errori
commessi continua a darci tanto:
basta guardarci intorno.
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I ragazzi in età scolare certamente
rappresentano e guardano al futu-
ro, anche se questo tempo di pro-
fonda crisi economica, di riferimenti
e di valori, non li aiuta ad avere
una visione ottimistica. Fra questi,
Elia De Duonni, un bambino di 9
anni che vive con i genitori e il fra-
tello Alessio di 22 in frazione Pian-
cerreto di Cerrina, è una lodevole
eccezione. Come tutti i suoi coeta-
nei ama giocare e trascorrere il
tempo libero con gli amici, pratica
sport, come portiere nella squadra
di calcio Junior
asd di Ponte-
stura, ma si
distingue per
una grande
passione che
proviene dal
passato, un
passato più che
remoto, che
viene addirittu-
ra dal Giurassi-
co: i dinosauri.
Questa precoce
e insolita pas-
sione è nata già
intorno ai 3 anni quando, non sa-
pendo ancora leggere, Elia ascolta-
va affascinato le letture dei suoi
genitori, memorizzando di qualun-
que animale peso, lunghezza, ca-
ratteristiche e classificazione, poi il
suo interesse si è focalizzato sui
grandi rettili della Preistoria. A 4
anni aveva già imparato a leggere,
rendendosi “autonomo” nelle ricer-
che. La sua conoscenza dei dino-
sauri non è affatto marginale, ma
sorprendentemente approfondita e
ricca di nozioni precise.
Ne possiede circa 400 modelli, di
cui un centinaio di tale pregio da
essere considerati da collezione.
Con le uscite delle dispense di una
rivista ha costruito, aiutato dal fra-
tello, un modello in scala di Tyran-
nosaurus rex lungo 1,65 metri. “Se
dovessi dargli un nome lo chiame-
rei Aggressore, perchè i T-Rex era-
no i predatori perfetti”. Elia descri-
Una passione lunga... 160 milioni di anni
ve con precisione particolari scien-
tifici e caratteristiche di alcuni dino-
sauri da lui preferiti.
“L’Albertosaurus aveva una partico-
lare colorazione e sfumatura della
pelle, il Gallimimus era il più velo-
ce, con la stazza di ben 6 metri
raggiungeva comunque i 100 km
orari. Del Deinocheirus non si sono
mai trovati i resti completi, ma solo
delle zampe anteriori che misura-
vano 2,40 metri”. Ricorda anche le
molte affinità di alcuni dinosauri
con animali odierni: “Il Brontothe-
rium era un antenato molto somi-
gliante al rinoceronte, come il Me-
galodonte, che misurava 17 metri
di lunghezza e arrivava a pesare 25
tonnellate, lo era dello squalo bale-
na. Gli erbivori erano molto più
numerosi dei carnivori, almeno il
doppio, e vivevano molti più ani-
mali terrestri che acquatici”. Elia
parla con entusiasmo di questo
argomento e volentieri offre spie-
gazioni a chiunque interessato, con
maestria e piglio da navigato divul-
gatore. I compagni di “Estate ra-
gazzi” di Mombello, dove frequenta
la quarta elementare, sono stati
attenti ed interessati ospiti di una
“conferenza” tenuta a casa sua,
nella quale Elia ha anche spiegato
quanto i dinosauri sono vissuti e
come si sono estinti, come si riesce
a ricavare dai resti ritrovati le di-
mensioni reali e l’età dell’esempla-
re, che il T-Rex femmina era più
grande del maschio e aveva una
sorta di cresta che serviva a ripara-
re il cranio dal sole, che l’uovo di
dinosauro più grande aveva le di-
mensioni di un pallone da calcio ed
apparteneva al Diplodonte. E’ su-
perfluo domandare ad Elia cosa
vorrebbe fare da grande: “Sono
indeciso tra l’archeologo e il pa-
leontologo”.
Il suo sogno? “Visitare il museo di
storia naturale di Londra, dove so-
no esposti i più importanti ritrova-
menti dei resti degli animali che
furono gli antichi Padroni della Ter-
ra per oltre 160 milioni di anni”.
Elia De Duonni con il suo T-Rex
di Giuliana Scagliotti
9 anni: “Sono indeciso tra l’archeologo e il paleontologo”
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Giornata Mondiale del malato
L'11 febbraio la chiesa cattoli-
ca celebra la XXII Giornata
mondiale del Malato. Un mo-
mento importante, che serve
a sensibilizzare le persone su
di un fenomeno, quello della
malattia, che l'universo socia-
le contemporaneo tende a
nascondere, occultare, porre
tra quegli eventi che è bene
far finta di dimenticare. Per il
malato (e per i suoi familiari)
tutto ciò ha ripercussioni gra-
vi, in primo luogo il sentirsi
espulso dal contesto sociale,
dimenticato, marginalizzato.
La malattia invece, e il dolore
che essa porta con sé, sono
parte dell'esistenza umana,
parte integrante; celebrare
quelle persone che soffrono
per la malattia significa resti-
tuire a loro e a noi stessi il
senso del nostro essere al
mondo, nel bene come nel
male, e fondare un sostegno di
solidarietà.
I consigli pastorali, il comune
di Camino i circoli e le associa-
zioni del territorio, trasversal-
mente, sostengono l'iniziativa
di don Claudy's: domenica 9
febbraio, dalle ore 16 presso il
capannone polifunzionale del
comune a Camino, una festa
per i nostri malati vedrà la
benedizione del parroco, l'in-
canto delle torte, giochi, ani-
mazione e un apericena. Il
ricavato andrà a beneficio del-
le opere di manutenzione dei
nostri edifici sacri.
Il Picchio
Il Picchio (http://ilpicchiocamino.it) ci ha inviato questa la mail sulla giornata mondiale del malato che volentieri pubblichia-mo. Approfittiamo anche per iniziare a scrive-re delle diverse associazioni di volontariato che operano nel Nost Munfrà partendo pro-prio da Il Picchio.
Viviamo nel comune di Camino, una costella-
zione di frazioni e cantoni abbarbicata sulle
prime colline del basso Monferrato a guarda-
re dall’alto il Po e la pianura del riso piemon-
tese.
Alla fine del 2008 alcuni amici che volevano
cominciare a fare qualcosa per il luogo dove
vivevano, creato un gruppo di persone, si è
messo a pubblicare Il Picchio, un piccolo gior-
nale locale che oggi, tra alti e bassi, ancora
continua la sua avventura.
Al di là dello scrivere e della comunicazione,
si è poi via via presentata l’esigenza di dare
vita a una struttura più organizzata, in grado
di essere attiva anche praticamente, tramite
l’organizzazione di eventi, il coinvolgimento di
attori territoriali e, non ultimo, la possibilità di
offrire un supporto economico a un’attività
che vive di solo volontariato.
Il nostro territorio è stato per lungo tempo
marginalizzato, ha vissuto decenni di spopo-
lamento e di perdita di patrimonio umano e
culturale. Ancora oggi questa minuta porzio-
ne di Monferrato affacciata sul Po, selvatica e
aspra, dove le boscaglie sono quel che rima-
ne di vigne e coltivi abbandonati, resta ap-
partata rispetto alle aree limitrofe, che hanno
saputo valorizzare le proprie risorse e farne
un motore sociale ed economico.
La nostra associazione, preso atto di questa
situazione, vuole offrire un contributo alla
preservazione del patrimonio locale, fatto di
eventi, persone, beni materiali che sono testi-
moni di un passato la cui memoria quotidiana
è sempre più affievolita. Ma vuole anche par-
tecipare alla costruzione di una rinnovata
coscienza di appartenenza e di attenzione nei
confronti di ciò che ci circonda, nella convin-
zione che solo la cura verso il proprio orizzon-
te di vita e d’azione possa generare una so-
cietà migliore.
La nostra sede è nel comune di Camino
(15020, AL), fraz. Brusaschetto, via Vittorio
Emanuele 37.
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Ristorante Italia di Cerrina Valle
Su questa edizione di G&d tornere-
mo a parlarvi di un ristorante, ma
questa volta, oltre alle solite valuta-
zioni, sul menù e le portate, dare-
mo anche spazio ad altri aspetti
che fanno del ristorante Italia un
esercizio un po’ particolare. Ci rife-
riamo alla gestione di quegli aspet-
ti, come la Green economy o la
valorizzazione del territorio, che di
solito i titolari dei locali di ristoro,
sempre concentrati solo a fornire
buone pietanze, non considerano.
Cominciamo come sempre dal cibo
Noi abbiamo pranzato al ristorante
Italia domenica 8 dicembre u.s.
quando nella non lontana Moncal-
vo, si celebrava come ogni anno la
festa del bue grasso, una manife-
stazione che richiama un tipico
piatto monferrino: il bollito misto.
Già in passato abbiamo scritto su
queste pagine di questo gustosa
portata, non ci ripeteremo, se non
per dire che qui ne abbiamo gusta-
to uno che è certamente fra i mi-
gliori, non solo fra quelli della no-
stra zona, ma anche rispetto a
quelli del cuneese famosi per le
loro carni, ci vengono in mente il
Bue Grasso o L’Osteria de Borgo,
di Carrù altra sede di manifestazio-
ni analoghe a quelle della vicina
Moncalvo. Un elemento da non
sottovalutare quando si serve il
bollito è: come lo si serve. Il fatto
di proporlo sugli appositi carrelli
che lo mantengono caldo e fuman-
te e di tagliarlo di fronte al cliente
che può scegliere se lo vuole più o
meno grasso, servirlo poi appena
uscito dalla pentola, non è solo
questione di forma ma anche di
sostanza. Cotte e mangiate, noto-
riamente sono la risposta ideale per
questa come per tante altre porta-
te. Meglio ancora se poi il bollito è
accompagnata da un po’ di teneris-
sima testina e soprattutto dal più
classico e tipico bagnet verde. Mol-
te persone amano pranzare o cena-
re facendosi servire un solo piatto
di portata, siano essi agnolotti, ma-
gari con diversi condimenti o solo
fritto misto o solo bollito e nient’al-
tro. Crediamo sia il modo migliore
per apprezzare una ricetta, la si
può gustare nelle sue varianti, sen-
za farla competere con altri gusti
che inevitabilmente condizionano il
palato e strafocano lo stomaco spe-
cie se, come gli “anti-pasti” (mai
nome è stato più azzeccato), sono
preparati da quel grandissimo cuo-
co che si chiama fame e rende tut-
to particolarmente appetitoso. Per
gli amanti del genere una abbuffa-
ta di bollito con tutte le sue carni e
salsine al ristorante Italia è possibi-
le ed anche consigliata. Ma ovvia-
mente non c’era solo bollito quan-
do abbiamo pranzato. Il repertorio
tipico monferrino era al completo e
preparato a puntino, secondo i ca-
noni affinati da una esperienza fa-
migliare consolidata in tanti anni di
attività. Vediamolo un po’: salumi
di Cantavenna direttamente dalla
salumeria Colombano che dopo
tanti anni di allevamento e macella-
zione di maiali sta diventando sem-
pre più nota in questo settore, Co-
techino fumante con purè sempre
dello stesso fornitore, Tortino con
Cardi e fonduta seguito da un altro
Tortino ma questa volta a base di
Topinambur, classici abbinamenti a
base di verdure stagionali con gli
ottimi formaggi locali, Frittatina di
porri e verdure e per finire con gli
antipasti caldi, i più classici e per-
fetti peperoni in bagna cauda: sodi,
spessi, conservati in agrodolce,
conditi con una bagna cauda tradi-
zionale.
A seguire carne cruda, vitello ton-
nato e una originale e gustosa
insalata di faraona con le mele.
Inutile evidenziare, oltre alla quali-
tà delle materie prime, l’ottima pre-
Dove la a tradizione e il territorio incontrano la Green economy
Venerdì 14 febbraio Cena degli innamorati con menù alla carta, omaggio floreale alle coppie preno-tate, buon San Valentino…
———— Venerdì 31 gennaio
Cena della Trippa alla vec-chia maniera
Via Nazionale 78
15020 Cerrina Valle (AL)
Tel. +39 0142 94113
www.ristoranteitalia.it
email: [email protected]
Chiuso mercoledì; domenica sera
aperto su prenotazione
Rosso Maurizio: titolare
Rosso Gian Mario: Chef
Giorcelli Alessia: sommelier
Da sinistra: Alessia, Gian Ma-rio, Ortensio, Franca, (Paola compagna di Maurizio ma che non lavora al ristorante) e Maurizio
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Sua Maestà il bollito del ristorante Italia
parazione da parte dello chef che,
viste le radici Monferrine unite alla
lunga esperienza di ristoratore, non
poteva che prepararle al meglio.
Siamo passati poi ai primi, abbiamo
optato per i tagliolini fatti in casa
con burro fuso e trifole bianche
(trovate dall’Ortensio) distribuite a
pioggia in foglie sottili. Grazie alla
collaborazione degli altri commen-
sali abbiamo anche assaggiato gli
agnolotti al sugo d’arrosto: inecce-
pibili, ma erano disponibili anche in
brodo e visto il gran bollito prepa-
rato dovevano essere davvero ec-
cezionali. A seguire il bollito prepa-
rato con un bel pezzo di Punta di
petto da molti considerata la parte
ideale per il bollito. E’ costituita dal
muscolo pettorale superficiale
(quello profondo fornisce il fiocco).
Su questo portata abbiamo già ab-
bondantemente scritto, ma tornia-
mo a sottolineare la sua prepara-
zione eccezionale al ristorante Ita-
lia. Infine i dolci: un tris con il clas-
sico Bunet, una eccezionale Torta
di Castagne, una fetta della più
tradizionale Torta di Nocciole ed
infine, giusto per placare i più golo-
si un denso, caldo, zabaione con
Moscato d’Asti. Il vino che ha ac-
compagnato le prelibatezze è stato
un buon Grignolino doc locale (di
Massa da Mombello) del 2011. In 4
persone abbiamo pagato 157 €,
vini compreso e trifola a parte 30 €.
Merita ora spendere qualche parola
sulla storia di questo ristorante tipi-
camente a conduzione famigliare.
Aperto nel 1969 da Franca ed Or-
tensio, sposi novelli, entrambi origi-
nari di Murisengo, lui agricoltore ed
allevatore insieme ai numerosi fra-
telli, lei aiuto cuoca nel ristorante
della cognata Lucia, decidono insie-
me di intraprendere la strada della
ristorazione. Di ritorno dal viaggio
di nozze rilevano il bar-trattoria
"Italia" a Cerrina Monferrato, nes-
sun corso di cucina, nessuna scuola
alberghiera, solamente tanta voglia
di lavorare e tanto spirito di sacrifi-
cio. I primi anni non sono stati pu-
ramente dedicati alla ristorazione la
trattoria era un punto di ritrovo e
svolgeva un vero e proprio ruolo
all'interno della comunità dove i bar
e le trattorie erano dei veri punti di
ritrovo nei paesi dove chiacchierare
e fare una partita alle carte, a bi-
liardo o per guardare semplicemen-
te la televisione, che non tutte le
famiglie allora, avevano la fortuna
di possedere. Così per decenni il
ruolo di ristorante è stato margina-
le: il bar era grandissimo e sempre
pieno di personaggi pittoreschi che
giocavano alle carte bevendo im-
probabili liquori, fumando sigarette
senza filtro e litigando animata-
mente tra loro, mentre la sala da
pranzo era più piccola e meno fre-
quentata.
Nel tentativo di vendere qualche
amaro e qualche caffè in più si fa-
cevano le ore piccole, la chiusura
serale del locale spettava sempre
ad Ortensio, mentre la moglie dopo
i lavori in cucina saliva ai piani su-
periori nel tentativo di mettere a
letto i giovani figli, impresa tutt'al-
tro che facile visto che gli avventori
erano chiassosissimi e litigavano
regolarmente tra loro giocando a
carte, urla e schiamazzi non cessa-
vano fino a tarda notte. Nel corso
dei decenni l’esperienza di mamma
Franca in cucina cresceva ed il
locale iniziava lentamente ad affer-
marsi nella zona come ristorante
vero e proprio, sempre più clienti
venivano, anche da lontano, per
gustare i suoi bolliti, i fritti misti e
gli agnolotti. Così nel 1991 i coniugi
Rosso, attraverso importanti modi-
fiche strutturali, diedero al ristoran-
te uno spazio centrale, mentre al
bar veniva dedicata un'area più
marginale: addio biliardi ed addio ai
giocatori di carte. Oggi, così come
accadeva più di quarant'anni fa,
Franca è il cuore pulsante della
cucina insieme al figlio più giovane
Gian Mario, Ortensio è un felice
pensionato campagnolo dedito
all'orto ed ai tartufi, Maurizio, il
primogenito, si dedica all'ammini-
strazione del locale mentre Alessia,
moglie di Gian Mario, si occupa
della sala da pranzo ed ovviamente
della cantina, in qualità di somme-
lier. Ma i gestori hanno introdotto
anche altre novità nella conduzione
dell’esercizio, novità importanti e
originali he meritano di essere valo-
rizzate e proposte come buone pra-
tiche da diffondere. Ambiente e
territorio sono due aspetti comple-
mentari, valorizzare o danneggiare
l’uno vuol dire valorizzare o dan-
neggiare l’altro, per questo credia-
mo che la Green Economy, econo-
mia attenta all’ambiente, possa
dare un grande contributo al nostro
Monferrato. Oltre ai pannelli solari
sul tetto del ristorante Italia, si cer-
ca di ottimizzare al massimo i viag-
gi in automobile con i fornitori, ac-
quistando il maggior quantitativo
possibile di prodotti per ogni tra-
sporto. Si utilizza il forno quasi
sempre a pieno carico, cucinando
contemporaneamente tutti quegli
alimenti che presentano simili mo-
dalità di cottura. Si utilizza solo
frutta e verdura di stagione prove-
niente da aziende locali e sulla car-
ta dei vini ci sono soltanto produt-
tori locali o piemontesi, nessuna
delle bottiglie presenti nella nostra
cantina attraversa l'Italia su un
camion. Dove possibile sono state
installate lampadine a led o a bas-
so consumo ed i rifiuti vengono
accuratamente separati durante le
lavorazioni e destinati a raccolta
differenziata cercando quando
possibile di ridurre gli imballaggi
acquistando i prodotti in grandi
confezioni. In cucina si utilizzano
piastre ad induzione che riducono
la dispersione di calore ed è stato
installato un depuratore per l’acqua
da bere: buona acqua e soprattutto
riduzione dei volumi di rifiuti anche
se riciclabili.
Al ristorante Italia anche una sem-
plice, essenziale, funzione vitale
come mangiare, assume una veste
ecologica realizzando la perfetta
sintesi fra tradizione, ambiente e
territorio: più unico che raro!.
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Errata Corrige Di solito non fa piacere essere corretti quando si commettono degli
errori, ma, visto che sbagliare è umano, anche quando si fa del
proprio meglio per esser precisi, non può che esser di conforto
scoprire che qualcuno ci legge con attenzione e quindi interesse e
ci segnala sviste ed errori. Se poi a farlo è Roberto Maestri del cir-
colo Culturale I marchesi del Monferrato, indiscussa autorità sulla
storia delle nostre colline, che fra l’altro ha pubblicato due volumi e
numerosi articoli proprio su Bonifacio I del Monferrato non ci rima-
ne che ringraziare provvedere alle dovute correzioni. Le segnalazio-
ni riguardano l’articolo comparso sullo numero di dicembre 2013 di
G&d relativo all’articolo della conquista proprio da parte di Bonifacio
I del Monferrato, della Grecia. Due sono gli errori segnalati e ri-
guardano la didascalia alla fotografia riportata a pagina 6 (e ripresa
qui a fianco). Il dipinto raffigurato non è l’Incoronazione di Costan-
tinopoli come erroneamente riportato ma bensì l’Incoronazione
di Bonifacio a capo della quarta Crociata. Evento tenutosi a
Soissons nel 1201. Il dipinto di Henri Decaisne degli inizi
del 1840 si trova in una delle Sale delle Crociate a Versail-
les. L’altro errore, più grave, riguarda la descrizione della balzana
del Monferrato, sempre nel dipinto, descritta erroneamente a
bande orizzontali rossa e bianca, in verità è rossa e argento. Oltre
che per la segnalazione ringraziamo il dott. Maestri anche per l’ap-
prezzamento espresso: “Il tutto non inficia assolutamente la bontà
del Vostro lavoro e l’attenzione che riservate al territorio”. Natural-
mente le nostre pagine sono a disposizione del dott. Maestri qualo-
ra volesse scrivere del nostro Monferrato, e non solo.
Domenica 22 dicembre u.s. si è
tenuto alla Piagera di Gabiano il
mercatino di Natale.
Lo scorso
anno è stato organizzato a
Varengo, e il prossimo anno lo pro-
porremo in un’altra delle frazioni
Gabianesi, magari a Cantavenna.
Pur essendo stato organizzato con
relativa fretta, in appena 10 giorni,
ha riscosso un notevole successo:
una quindicina le bancarelle pre-
senti che, ci dicono, hanno fatto
anche buoni affari, grazie alla con-
comitanza con il consueto e ormai
tradizionale mercato ortofrutticolo
che si tiene nel padiglione coperto
della Piagera e che attira molti gen-
te dai dintorni. Buon successo an-
che per la Mostra dei bellissimi pae-
saggi Monferrini fotografati da Pier-
giuseppe Bollo e quella sul Tambu-
rello, per
l ’ o c c a -
s i o n e
esposte
sempre
n e l
mer ca-
t o . Un do-
veroso ringraziamento da parte di
G&d a coloro che hanno collaborato
alla riuscita dell’iniziativa: dal co-
mune di Gabiano che ha patrocina-
to l’evento, al sindaco di Ponzano
che, come Unione Collinare ha for-
nito i gazebo, a Marinella di Varen-
go con tutta la famiglia a Mono
Carrasco e Piergiuseppe Bollo che
Il mercatino di Gabiano
ci hanno aiutato a trasportare,
montare e smontare mostre e ga-
zebo (questi ultimi con una certa
difficoltà visto che dopo tanti anni
di servizio sono un po’ malridotti).
Un ringraziamento che vale il dop-
pio visto che diversamente da una
consolidata tradizione che vede
impegnati in queste iniziative solo
volontari che abitano nelle propria
frazione, questi amici, pur residenti
in altre frazioni, (il fotografo Pier
Giuseppe è originario di Cerrina e
residente a Casale) hanno saputo
andare al di là dei limitati confini di
campanile, collaborando anche ad
iniziative che non si tenevano da-
vanti all’uscio di casa. Un ringrazia-
mento anche a tutti gli standisti
che hanno partecipato alla iniziati-
va ed ai visitatori che in alcuni mo-
menti hanno affollato le bancarelle,
specie quella della AIB di Cerrina
che offriva buon Vin Brulè a tutti.
La mostra sul tamburello
9
gare, sapevano quando era il mo-
mento giusto del raccolto.
Se andava a fuoco una casa sape-
vano cosa fare, anche perché i
pompieri esistevano solo nelle città,
e certamente sapevano che era un
dovere aiutarsi fra vicini, perché
sapevano anche che tutti potevano
aver bisogni degli altri.
Sapevano, sapevano, sapevano
eppure tanti di loro, non sapevano
né leggere, né scrivere… erano
ignoranti?
Certo che no! Anzi crediamo che
quello che essi possedevano fosse
il “vero” sapere la “vera” cultura;
esiste quindi una cultura “finta” o
“falsa” ? e quale sarebbe la diffe-
renza?
I nostri antenati imparavano a co-
noscere, e soprattutto a fare in
prima persona, gran parte delle
cose che a loro servivano per vive-
re e migliorare la loro vita, quella
dei famigliari e della comunità, era
un sapere dettato dalla necessità
non dalla moda o dal caso. In un
certo senso era un sapere che li
aiutava a vivere meglio il quotidia-
no. Pare che oggi invece il nostro
fare sia delegato ad istituzioni,
pubbliche o private, specifiche, a
professionisti specializzati e non sia
più consentito a nessuno far da sé.
La nostra vita, il nostro benessere
dipende sempre più da… burocra-
zie o da merci prodotte da altri.
La recente crisi economica interna-
zionale che stiamo ancora vivendo
è un bell’esempio di come, al di là,
e nonostante il nostro lavoro, impe-
gno, parsimonia,
attenzione di
sempre, ci si
trovi in difficoltà
per decisioni e
scelte prese al-
trove, spesso
nemmeno in
Italia. Una so-
cietà che, un po’
per convenienza
e un po’ per
inganno, da an-
ni ha subito una
sorta di invisibile espropriazione
della capacità di fare, nelle grandi
cose come nelle piccole. Tutto que-
ste riflessioni per introdurre alcuni
articoli che scriveremo sul nostro
mensile sui saperi cari ai nostri vec-
chi ma oggi dimenticati o quasi.
La Cognà Cominciamo dalla cucina. Quanti
sanno preparare la Cugnà o Co-
gnà?. Molti non sanno nemmeno
cos’è. Era una salsina a base di
mosto di vino che qualcuno chiama
anche mostarda, da accompagnare
alle carni.
Ne esistono tante ricette, noi ve ne
raccontiamo una che, crediamo, più
di altre appartenga di diritto alla
nostra tradizione.
Partiamo da tre litri di mosto d’uva:
lo si fa bollire schiumandolo quan-
do è necessario, si aggiungono 150
gr. di vino, 100 gr. di zucchero un
pizzico di sale e chiodi di garofano,
cannella, noce moscata, secondo i
gusti ma precedentemente ben
polverizzate in un mortaio.
Si continua a bollire sinché il quan-
titativo si dimezza causa evapora-
zione. Fatto!. Se poi la Cognà viene
utilizzata come base per l’aggiunta
di frutta da cuocere insieme a pez-
zettoni o anche intera come pere
Cotogne, Martin sec, fichi, nocciole,
noci, ecc. allora crediamo sia più
corretto parlare di mostarda che è
ancora altra cosa dalla Cognà.
Il marcatemp Un esempio di genialità contadina è
data dal… barometro igroscopico o
meglio Marcatemp, che in passato
veniva realizzato dai nostri avi par-
ticolarmente interessati a prevede-
re il clima.
Si basava sulla sensibilità di taluni
materiali ai cambiamenti di umidità
atmosferica, la quale a sua volta
era strettamente legata alla pres-
sione atmosferica e, come ci rac-
contano i telegiornali, clima secco/
alta pressione/bel tempo; umidità/
bassa pressione/pioggia e maltem-
po. Da sempre, chi viveva a stretto
Ignorante a chi?
Viviamo in un universo di informa-
zioni e di sapere come mai è avve-
nuto nella storia dell’umanità: gior-
nali, libri, Tv, internet, Dvd, scuo-
le, corsi di formazione… Potremmo
affermare che un giovane di buona
volontà, oggi può disporre di più
conoscenza di tanti vecchi di un
tempo messi insieme.
Quindi siamo salvi dall’ignoranza?
Manco per sogno. Pare che anche
la cultura, la tanto osannata cultura
sia divenuta un genere di consumo,
o se preferite di commercio, come
le saponette o i telefonini.
Pochi infatti operano distinzioni
nella qualità della cosiddetta cultu-
ra, basta sapere, non importa cosa,
perché possedere un buon sapere
è sempre “cosa buona e giusta e
fonte di salvezza” a prescindere.
Poi ci capita di sfogliare qualche
vecchio libro dei nostri nonni, ci
capita di ricordare certe abitudini,
certe cose che essi sapevano fare
e ci sorge qualche dubbio.
Un tempo, qualche generazione
addietro, specialmente chi viveva
nelle campagne sapeva fare un
sacco di cose: i nostri avi si costrui-
vano da soli le case, scavando e
segando il tufo per fare i cantun,
poi aravano, seminavano, spesso
con semi selezionati e preparati da
loro stessi prelevandoli dai raccolti
dell’anno precedente. E se la vacca
si ammalava avevano qualche ri-
medio, sapevano quando era ora di
prendere il letame da spargere nei
campi e se ci si feriva sapevano
farsi una fasciatura, sapevano irri-
Continua in ultima pagina
Marcatemp
10
artisti della sua città, dove apre
una galleria d’arte in cui espongono
fra gli altri Giacometti, Bacon e Bal-
thus.
Osteggiato dai genitori che non ne
volevano sapere della sua passione
per l’arte, alla loro scomparsa, con i
fratelli decide di vendere l’azienda
di famiglia grazie alla quale potrà
permettersi una vita agiata viag-
giando per il mondo e conoscendo i
più grandi artisti del secolo scorso:
Jean Genet, Max Ernst, Leonor Fini,
John Houston, Eugene Jonesco,
Wharol, Becker e il regista Fellini.
Non si contano le mostre nel mon-
do a cui ha partecipato.
Il suo stile certamente originale, è
stato influenzato dalle esperienze
della sua vita: la non comunicazio-
ne con il padre “che non mi ha mai
voluto perché sentiva che ero un
bambino diverso” , né con il fratello
“mentre io leggevo lui sollevava
pesi”, le ricerche condotte sul cor-
po umano svolte anche frequentan-
do il Cottolengo di Torino, un volu-
to isolamento che, come lui stesso
racconta nelle sue interviste, “è
stata la mia formazione” così come
la libertà espressiva di chi non do-
veva soggiacere alle esigenze del
mercato per produrre arte commer-
ciale. Infaticabile “lavoratore” dedi-
cava alla pittura tutto il tempo di-
sponibile passando intere giornate
dall’alba al tramonto a creare le sue
opere: “Per quello che riguarda il
mio lavoro credo di aver descritto
migliaia di fogli d’inchiostro, ci sa-
rebbero voluti 800 pittori per pro-
durre ciò che ho prodotto io”. Basta
pensare che Enrico detiene proba-
bilmente il Guinness dei primati in
fatto di dipinti avendo realizzato
un’opera lunga... un chilometro
realizzata con fogli di 4 metri per 2
con l’inchiostro di china a cui ha
dato titolo: Ossessione, rappresen-
tante nudi: i nudi come lui li vede-
va. Ha impiegato un intero anno, il
1992, per realizzarla e non è mai
ancora stata esposta per l’evidente
difficoltà di trovare una location
idonea, è rimasto uno dei sogni
non realizzati di Enrico. Così come
non è mai stato fatto un libro con
le 500 tavole con cui ha illustrato la
notissima raccolta di poesie: Le
Fleur du mal di Baudelaire.
Non è facile definire con i vocaboli
ordinari dell’arte le sue opere, la
definizione che amava di più, era
quella di una critica tedesca che lo
definì come uno dei pochi artisti
che lavora in stato di inconscio ip-
notico, senza progettare.
E non si può che condividere que-
sto giudizio, le sue figure riportano
ad una umanità non terrena, ver-
rebbe da dire exraterrestre nel sen-
so di al di là del terreno, come lo
sono l’inconscio, il sogno o l’incubo.
Figure indefinite, deformate, spes-
so disarticolate, dai lineamenti poco
o per nulla riconoscibili, con occhi
chiusi, espressioni cupe: dormienti,
urlanti, silenziose, spesso con le
bocche aperte, immerse più che
emerse da fondi a tinte forti in cui
spesso il rosso è il colore dominan-
te, seguito dal nero, metafore del
sub-conscio. Sono opere la cui
estetica (dal greco: sensazione)
rappresentano pace, serenità, ar-
monie, silenzi o grida ma sempre
travagliati, sofferenti, doloranti che
non lasciano spazio alla semplice,
banale bellezza esteriore, formale,
canonica, di moda, di superficie. La
bellezza nasconde sempre una sto-
ria di sofferenza che, se ci pensate
bene, passa sempre e inevitabil-
mente attraverso un travaglio, co-
me la farfalla trasformazione del
bruco uscita a fatica dal suo bozzo-
lo, il feto che cresce nel grembo
materno prima del parto finale, il
pulcino che schiude l’uovo. Co-
lombotto Rosso rappresenta, nelle
sue forme, quei momenti evoluzioni
essenziali verso la bellezza compiu-
ta, passaggi di vita sofferta verso il
perfetto. Se volete rilassarvi, di-
menticare, vedere rappresentazioni
idilliache, bucoliche, pastorali, ele-
giache, probabilmente la sua arte
non fa per voi. Ma se cercate ciò
Questo mese abbiamo visitato a
Pontestura la mostra dedicata a
Enrico Colombotto Rosso l’artista,
recentemente scomparso, che da
tantissimi anni aveva eletto le no-
stre colline: quelle di Camino, co-
me sua residenza permanente.
Abbiamo incontrato alcuni suoi ca-
rissimi amici e parenti, la nipote
Barbara, Antonio Attini che oltre a
curare il sito internet di Enrico ha
organizzato l’incontro, Ermanno
Barovero altro artista e insegnante
all’Accademia delle Belle arti di To-
rino; anche lui da anni ha acquista-
to una casa nei nostri paesi, ed
Emanuele Demaria sindaco di Con-
zano oltre alla Sig.ra Bianca di Pon-
testura che cura la mostra ed ac-
compagna i visitatori.
E’ stata l’occasione per raccogliere
informazioni inedite su uno dei più
noti, forse il più noto artista con-
temporaneo vissuto nel nostro
Monferrato, tanto apprezzato che
si sta costituendo una Associazione
degli Amici di Colombotto Rosso
per valorizzare la storia e la vita
dell’artista anche facendo conosce-
re le sue opere raccolte nella sua
“casa-romitorio” di Camino, nella
mostra permanente a Pontestura
ed a Conzano nella splendida corni-
ce di Villa Vidua.
Barbara la nipote ci ha parlato a
lungo dei momenti trascorsi insie-
me a lui, delle sue vicende umane,
artistiche e familiari.
Nato nel 1925, abita a Torino, non
ha mai frequentato scuole d’arte, è
un autodidatta che frequenta gli
Colombotto Rosso
Enrico Colombotto Rosso
11
che dentro ciascuno di noi abbia-
mo, consciamente o inconsciamen-
te nascosto, o abbiamo vissuto, nei
suoi quadri lo potete ritrovare.
E’ bello?, è brutto?, non sapremmo
dire, dipende dai gusti; ma è certa-
mente vero, come vera per quel
che riusciamo a intuire è la Verità
che ha una sua intrinseca bellezza,
anche se quasi mai piacevole.
Ed adesso che crediamo di avere
qualche vago sentore della sua
personalità, stupiamoci, perché
Colombotto Rosso è anche uno
spirito idilliaco, bucolico, dolce, ca-
rino, come non appare dalla sua
arte dipinta ma dimostra invece
con la sua collezione di… bambole.
Sì, perché sempre nei locali del
Comune di Pontestura, si può am-
mirare la splendida raccolta di
bambole che l’artista ha colleziona-
to nella sua vita. Un passione che
ci consente di vedere autentici pez-
zi ormai introvabili, come una delle
prime Barbie che venne realizzata
in dimensioni naturali, alta circa 1
metro per poi scoprire che non era
propriamente adatta alle bambine,
o un raro esemplare di Pinocchio...
femmina, o una rappresentazione
in bambola della nota Marilin Monroe. Qua e là poi qualche
quadretto realizzato da Enrico
con le perline per le collane ed i
filati o con tante piccole bam-
boline. E tutto torna a confon-
dersi: la bella e la bestia. Ma
chi è la bestia: è quel corpo
deforme o il volto scomposto
che prima e dopo la vita tutti
noi assumiamo? E la bella chi
è? la Barbie studiate nei centri
di marketing per assecondare
l’immaginario collettivo di ciò
che tanti vorrebbero essere?
Quale personalità contradditto-
ria, quale spirito versatile, qua-
le sensibilità policroma può
amare insieme la perfetta rap-
presentazione iconografica del-
la bellezza di moda, raffigurata
da una bambolina bionda con
gli occhi azzurri e contempora-
neamente raffigurare corpi de-
formi ispirati dal Cottolengo!
L’Associazione Ci racconta Demaria sindaco di Conzano,
comune che gli ha conferito ad Enrico la
cirttadinanza onoraria, che si sta costituen-
do l’Associazione amici di Colombotto Ros-
so che vede fra i promotori oltre al Comune
di Conzano, Antonio Attini, Chicca Morone,
la nipote Brabara Colombotto Rosso e tanti
altri: sono già un centinaio coloro che hanno
aderito alla iniziativa. Scopo dell’associazio-
ne è quello di valorizzare e non disperdere il
cospicuo patrimonio di opere prodotte dal
generoso artista, che solo a Conzano ne ha
donate 102. Con Camino e Pontestura si
potrà così realizzare un percorso culturale
e artistico fra le nostre colline. L’adesione è
aperta a tutti e chi è interessato può contat-
tare il sindaco di Conzano (0142-925132) o
Attini (347-9756902). L’associazione sta
raccogliendo anche lettere, note, bozze,
scritti, fotografie che Colombotto Rosso in-
viava agli amici da rendere disponibili alle
molti persone stanno sviluppando ricerche
su Enrico ma incontrano difficoltà a reperire
il materiale documentario necessario.
contatto con la natura, aveva impa-rato a conoscere i comportamenti di questi materiali. Aveva notato che con l’umidità i capelli si arricciano, così come il legno gonfia e si defor-ma, analogamente alle pelli, alle membrane animali o alle unghie e alle... corna. Ci piace immaginare che per arrivare a rendere funzionali quelle invenzioni popolari molti nostri avi avranno fat-to un sacco di tentativi, di prove, dedicando il tempo disponibile nelle uggiose giornate autunnali e inver-nali quando i lavori in campagna si fermavano; il tutto senza attendersi finanziamenti per la ricerca o spera-re negli utili provenienti di qualche brevetto. Il piacere probabilmente veniva loro dalla soddisfazione di raccontare con un po’ di orgoglio agli amici in piola come riuscissero a pre-vedere il tempo meglio di loro. Ma ecco come funzionava il Marca-temp (vedi figura a sinistra a pag 9): il cuore del sistema era una lametta di materiale sensibile all’umidità: come ad esempio legno, chiamata arco o lunetta lungo una sessantina di centimetri (più lungo era più era sensibile), largo 5 millimetri, che veniva fissata ad un estremo analo-gamente ai moderni bimetallo. Bastava aver l’accortezza che essa fosse sottile 1 o 2 millimetri con le fibre longitudinali sulle quali veniva-no incollati con colla animale tante tesserine sempre di legno ma con venatura perpendicolare a quella della lamella di supporto. Il legno, si sa, assorbe l’umidità, le fibre gonfia-
vano e la lamella composita si flette-va. In base a questa flessione si risa-liva all’umidità e quindi alla pressione e quindi al clima. Conoscevano an-che il legno ideale per questi oggetti: l’Abete bianco “morto in piedi” . La versione più primitiva (figura a destra a pag. 9) che sembra fosse nota sino agli uomini delle caverne, prevedeva banalmente un rametto secco scortecciato al posto della la-mina. Un barretta dritta o ricurva portava una scala indicante la defor-mazione e la possibilità di segnalare la posizione della lunetta per poterne vedere anche le piccole variazioni. Ma esistevano un sacco di altre ma-niere per prevedere il tempo. La na-tura, a chi aveva imparato a cono-scerla, raccontava (e racconta anco-ra oggi) un sacco di cose. Ad esempio la Carlina Comune spi-nosa ed il Camaleone hanno fiori che al variare dell’umidità si chiudono. Il Fiorrancio o Calendola pluviale selva-tica ha i fiori che si aprono, costante-mente, dalle sette di mattina alle sedici, se il tempo è secco e quindi bello. In vista di pioggia si chiude prima o non si apre affatto. Ma siamo appena all’inizio: se cam-bia il tempo le mucche al pascolo, tendono a stravaccarsi sui prati ed a leccarsi le zampe anteriori, le mo-sche diventano moleste, le lumache escono dai loro nascondigli, le mar-motte stridono con un certo vigore, e le trote tendono a guizzare fuori dall’acqua per catturare quegli insetti che invece tendono in quelle circo-stanze a volare a pelo d’acqua. Stesso motivo che spinge le rondini a volare radenti al suolo. Se il tempo è al bello invece: gli uc-celli tendono a volare alto nel cielo, i
pipistrelli svolazzano sino a notte inoltra-ta, le rane gracidano in coro, gli imenot-teri: api, bombi, vespe, al mattino sono numerosi. E le ragnatele nei campi? Se hanno fili allenta-ti il tempo è secco, se è umido sono tese e c’è da aspet-tarsi la pioggia. Ma esistevano ancora altri sistemi. Basta infatti del banale sale da cucina sul davanzale. Notoria-mente il Cloruro di sodio è un composto
Fiorrancio o Calendola volgare
Carlina comune spinosa
igroscopico, se c’è dell’umidità nell’a-ria vedrete formarsi una macchia d’acqua condensata dal sale. Se in-vece l’aria è secca, tempo bello, i cristalli resteranno asciutti. E per i più sofisticati c’è anche il sale che cambia colore: il Cloruro di Co-balto. Un po’ di polvere di questo sale incollata su un cartoncino o altro supporto (molti ricorderanno bambo-line ed altri oggettini “pitturati” con questo sale diffuso anche in Piemon-te). Se diventerà rosa allora siamo in presenza di umidità, con clima secco resterà di un bel blu Cobalto... ap-punto. E noi, oggi, senza la “sentenza” di un meteorologo non sappiamo che fare e come vestirci per uscire di casa. Ma non sappiam nemmeno quanto ci toccherà pagar di tasse, in compen-so sappiamo che una certa attrice ha le tette rifatte! Ci siamo persi qualcosa?
Ignorante a chi? da pagina 9
Il ragno ci dice che tempo farà